THE COLLISION OF YOUR KISS

di Beautiful Disaster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** November Rain ***
Capitolo 2: *** Like a Past Sunday Afternoon ***
Capitolo 3: *** Angels ***
Capitolo 4: *** I Don’t Like the Drugs but the Drugs Like Me ***
Capitolo 5: *** Broken Wings ***
Capitolo 6: *** Hell & Heaven ***
Capitolo 7: *** My Chemical Romance ***
Capitolo 8: *** CAP.8 – HE’S REAL ***
Capitolo 9: *** CAP.9 – If You Want I’ll keep on Crying ***
Capitolo 10: *** CAP.10- …that made it so hard… ***
Capitolo 11: *** CAP.11 – Not Alone ***
Capitolo 12: *** CAP.12 – Picture of You ***
Capitolo 13: *** CAP.13 – So Fix Your Eyes and Get up ***
Capitolo 14: *** CAP.14 – Insane Thoughts ***
Capitolo 15: *** CAP.15 – Santa Through Back Door ***
Capitolo 16: *** CAP.16 – Waiting for the Light. ***
Capitolo 17: *** CAP.17 – So This Is Christmas. ***
Capitolo 18: *** CAP.18 – Mindly Chain ***
Capitolo 19: *** CAP.19 - The End’s Eve ***
Capitolo 20: *** CAP.20 - Famous Last Words [part.1] ***
Capitolo 21: *** CAP.20 - Famous Last Words [part.2] ***
Capitolo 22: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** November Rain ***


Non aveva mai piovuto così tanto, che io mi ricordi, da quando sono qui. Sembra che stia per venir giù il cielo. Accidenti. Corro con le mie tele sottobraccio con un lembo del mio misero cappotto che sto tenendo su cercando di riparare i miei lavori. Si, in effetti mi importa più di loro che della mia testa. Urto un passante, anche lui corre in cerca di un riparo “Mi scusi” dice distratto mentre continua la sua affannosa ricerca. Troppo tardi per far qualcosa, le mie tele sono già finite nell’unica pozza che ho cercato invano di evitare. Ore ed ore di lavoro andate. Il colore sciolto si mischia all’acqua piovana, colorando tutto intorno, arrivando alla punta dei miei scarponcini. Almeno ho avuto l’idea di metterli al posto delle solite, care, comode scarpe da ginnastica. Le raccolgo come posso, evitando di finire io stessa nella pozza…ci mancherebbe anche questa oggi. Continuo la mia ricerca terminata nell’infilarmi nel primo bar capitatomi a tiro. Entro, mi scrollo l’acqua di dosso stile cane infreddolito, le imprecazioni non le conto nemmeno più, scivolano via da sole come il colore dalle mie tele. I camerieri mi stanno praticamente uccidendo con gli occhi per aver inzuppato il pavimento…ma vadano al diavolo loro nelle loro uniformi strette e asciutte. Uno di loro si avvicina comunque per offrirmi aiuto “Mi dia il cappotto signorina, è fradicia. Vuole un asciugamani?” non sopporto questa finta premura “No, solo un caffè” continua a guardarmi come se avessi la peste. “Puo’ accomodarsi in fondo, il tavolo sulla destra” fa per prendere le tele “No, queste no. Grazie.! Sono gelosa, quasi ossessivamente, delle mie tele, specialmente quando sono ancora delle bozze ed io stessa evito di guardarle se non quando le appoggio sul cavalletto pronta a continuare, rivedere o modificare il mio lavoro. Mi avvio al tavolo indicatomi, mi siedo, poggio le tele sulla sedia di fianco alla mia e cerco invano di mettere apposto i capelli, che adesso cadono gocciolanti sulle mie spalle. Mi raggiunge una cameriera “vuole ordinare?” i capelli biondissimi raccolti in un toupè, qualche lentiggine sul naso e sulle gote “si, mi porti un caffè”. Mentre si allontana noto il suo corpo perfetto ed il passo aggraziato. Avrà più o meno 17 anni, a vederla così d’impatto e la prima cosa che mi passa per la testa è che sia una delle tante ragazze europee portata qui con la promessa del sogno americano, un film, una passerella importante…con la cruda realtà di esser poi buttata in mezzo ad una strada. Perlomeno le è andata bene. Non credo di vaneggiare, proprio per nulla, non mi faccio da tre giorni…sono solo i suoi occhi di un buio blu. Spenti. Rieccola che interrompe i miei pensieri e non saprà mai che erano incentrati su di lei…magari ci riderebbe anche su dicendomi di essere una ricca ereditiera ribelle che ha scelto quel lavoro per fare un torto al padre. “Ecco il suo caffè” “Grazie” le rivolgo un sorriso mentre si è già avviata verso un altro tavolo. Bevo un sorso, è bollente. Guardo le mie tele, avrebbero dovuto essere già a casa al sicuro. È tutto quello che ho, l’unica speranza perché possa continuare a star qui. I soldi, Dio santissimo sono quasi finiti…non posso nemmeno tornarmene in Italia in caso di fallimento. Fallimento. Non sarebbe una cosa tanto dolorosa da affrontare…terminare e ricominciare, come ho sempre fatto fin’ora qualsiasi cosa abbia fatto. Ho mal di testa, probabilmente avrò già qualche linea di febbre, ma il cielo non mi permette di andarmene da qui, sembra quasi lo faccia apposta. Mi incatena qui, in questo stupido bar di snob…non è nemmeno di classe, fa praticamente schifo. 

È già buio, sono le 7 passate e il bar è già semivuoto, solo due anziani nel tavolo vicino la porta mentre accanto al mio c’è ancora quel ragazzo che da quando sono arrivata non ha alzato un attimo gli occhi. Continua a tamburellare con le dita sul tavolo assorto nelle sue riflessioni, di tanto in tanto beve un sorso dalla sua tazza. Un ciuffo ribelle gli cade sul viso nascondendo i suoi occhi. Continua a fissare quei fogli, pensoso. Un pacchetto di Camel Light sul tavolo. Cristo, devo chiedergliene una. Non so se è il caso che mi avvicini, sembra stia facendo qualcosa di importante. Tanto, peggio di così non potrà mai andare questa giornata, al limite mi prenderà per una barbona e mi caccerà col gesto di una mano. Scosto la sedia, cerco di darmi un attimo un aspetto che sembri accettabile, mi preparo il sorriso più falso della mia vita. Tutto per una dannata sigaretta. Non fa una piega, non si è nemmeno accorto che c’è qualcuno in piedi davanti a lui. Non posso fare a meno di fissarlo per qualche secondo, quieto, chino sui suoi fogli. Note, frasi…è un musicista. Potrei rimanere impalata qui a guardarlo per ore se solo potessi e se solo il richiamo della nicotina me lo permettesse. Imbarazzo. Distolgo lo sguardo per tornare alla realtà. Che sciocchezze mi passano per la testa! Non ho proprio tempo per queste cose…cioè, una volta gli avrei anche chiesto il numero di telefono, ma la vecchia mè lo avrebbe fatto. Non io, non ne ho voglia. Non più. Attiro la sua attenzione con un finto colpo di tosse ed eccolo che alza il viso. Si scosta i capelli dagli occhi. Due occhi furbi, grandi e verdi. Nel momento stesso in cui il suo sguardo incontra il mio tutto diventa buio lasciando così modo a quei fari di esplodere di luce tutto intorno. Credo che potrei passare tutta la vita al suo fianco…fortuna per me che il cinismo sviluppato in questi ultimi due anni della mia vita non mi permette di credere nei colpi di fulmine. Ma in realtà, non ci ho mai creduto. E poi che sciocchezze vado pensando…guarda che cazzo di Rolex ha al polso. Povera disgraziata. Un sorrisone si fa spazio sul suo viso…non è da tutti accogliere in questo modo una perfetta sconosciuta, fradicia e che per giunta ti sta bagnando tutti gli appunti col gocciolare dei cappelli. “Scusami…io…non volevo…” mi ritraggo imbarazzata. Bene, questa figuraccia non era prevista nell’elenco delle sfighe di oggi. “No è tutto ok…” prende i fogli e li accartoccia “Tanto faceva pena”. Mi guarda. “Ciao!” mi tende la mano “Io sono Frank”. Accidenti, cioè…l’ho disturbato, ho rovinato il suo lavoro…e lui…incredibile. “Sai parlare?” la sua battuta mi coglie di sorpresa, ma almeno rompe il mio divagare. Sento che non posso continuare a sostenere questa situazione. La mia totale insicurezza davanti una persona così…bella in questa situazione imbarazzante e ridicola in un momento nel quale vorrei essere rintanata nel mio buco di casa, asciutta nel mio letto a lavorare sulle mie bozze non sciolte! Però trovo lo stesso il modo di rispondergli. Imbarazzata come prima. “Si…ehm…scusa, ti avevo scambiato per un’altra persona” Ma che scusa idiota! Si mette a ridere, sornione “Ma come, sei seduta lì da un’ora, davanti a me…” anche la beffa adesso. Però mi aveva vista…probabilmente allora era davvero un lavoro riuscito male se ha avuto il tempo di accorgersi di me. “Scusa, devo andare” volto le spalle per andar via. Meglio correre a casa. Piove ancora, tanto sono già bagnata…aspetterò l’autobus qualche fermata più vanti in questo stesso isolato. Imbraccio le mie tele, pago il conto mentre un cameriere mi restituisce il cappotto. Il ragazzo alle mie spalle cerca di dirmi qualcosa ma faccio finta di non sentirlo. Per stasera ne ho passate già troppe… mi ci mancava solo un piccolo angelo con gli occhi grandi e l’ironia serrata che mi svolazza intorno! 

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Capitolo 2
*** Like a Past Sunday Afternoon ***


Non accenna a calmarsi, maledetta pioggia. Ho i piedi gelati, mi sento la febbre e questo dannato autobus non vuole passare. E quel ragazzo, quel Frank. Dannato angel, mi ha rovinato una serata. Idiota. Ecco, adesso ho anche le allucinazioni…oppure è davvero lui che sta correndo verso di me. È davvero lui. Questa figura minuta, così buffa…non è altissimo, ha un giubbotto di jeans, probabilmente imbottito e il cappuccio della felpa in testa. Io morirei di freddo al suo posto, con queste temperature. Vengo dal Mar Mediterraneo, io. Mi chiedo ancora cosa ci faccio qui. Nemmeno mi volto, mi sento quasi indispettita mentre l’imbarazzo mi attanaglia le viscere. Le gocce sul mio viso stanno evaporando, ne sono sicura. Sono ridicola. Si avvicina per ripararsi sotto la cupola di plastica della fermata, è affannato. Cerca di dire qualcosa, poi si ferma e riprende fiato “Non mi…hai nemm…nemmeno detto…come…ti chiami…” riesce a sibilare tra i respiri affannati. È piegato sulle ginocchia, con le mani sulle coscie. Tenta di riprender fiato ancora una volta e d’istinto lo tiro su da un braccio “Ti senti bene?” sono quasi in ansia adesso. Per un tipo che ho conosciuto cinque minuti fa. Mi sorride quasi per rassicurarmi “Si, è tutto ok” sorride ancora. Sorride sempre, quasi avesse voglia di regalarmi un po’ della sua innata gioia. “Puoi chiamarmi Elo” “E’ un piacere Elo” afferra la mia mano destra con tutte e due le mani e la scuote gentilmente. Emana calora, sia dalle mani sia dai suoi bei sorrisi, sembra una stufetta, ma se sta qui si raffredderà anche lui. “Vieni con me” dice tirando fuori un mazzo di chiavi. “Scusa?” spero di aver ben simulato un finto tono sorpreso, perché ho capito che vuole offrirmi un passaggio. Angelo che non sei altro. Mi sembra di conoscerti da una vita. “Su, ti do un passaggio” “No aspetto l’autobus…grazie per il pensiero”. Non ho voglia di relazionarmi adesso, così, in un periodo che più storto di così non potrebbe essere. Non mi va di mostrare le mie debolezze, perché quello che ne uscirebbe sarebbe esclusivamente quello. Mi guarda quasi divertito “L’ultimo autobus è passato quasi un’ora fa” Accidenti. “Non sei della zona vero?” Quante cose vorrei dirti se solo… “In effetti no” “Dai andiamo” con una mano mi prende le tele, l’altra la tende a me. È un contatto che mi turberebbe non poco Frank. Con un movimento quasi incerto mi cinge il polso, lievemente, lasciando poi scivolare la sua mano nella mia. Adesso la stringe forte. La stringo forte. “Al mio tre inizia a correre più che puoi” dice sornione, quasi stessimo per fare una marachella. Mi sta quasi contagiando con la sua allegria. “Un, due, tre…VIA!”. Iniziamo a correre sotto la pioggia, manca un niente che scivoliamo arrivando col sedere nella famosa pozza, davanti la porta del bar dove il cameriere in ghingheri sull’uscio scruta il costante scendere della pioggia, sempre più intensamente cade giù. Lo sorprendiamo a guardarci impalato e scioccato, chi se l’immaginava che avrebbe detto qualcosa! “EHI! A LUI LE FAI TENERE LE TUE TELE PERO’!” mi urla contro. È così divertente che un dito medio alzato non glielo toglie nessuno! Adesso Frank sta ridendo a squarciagola mentre i capelli fradici gli si sono appiccicati sul volto. Ed io con lui. Sto ridendo. Per un momento, in questo dannato meraviglioso momento è come se fossi tornata dieci anni indietro, ai tempi dell’oratorio duranti quegli assolati pomeriggi domenicali passati a correre, ridere e giocare a calcio coi maschietti. Spensieratezza dove sei? Sarebbe tutto perfetto se tu fossi qui. Adesso le cose sono due: o rapisco quest’angelo e lo porto via con me o mi godo appieno questo momento come fosse l’ultimo della mia vita. Ma so già che non farò nessuna delle due cose.

Sono già le 8, sarà una mezz’oretta di strada da dove siamo adesso a casa mia. Siamo già partiti da una decina di minuti. La pioggia non accenna a fermarsi, continua asbattere sul parabrezza ad una velocità tale che i tergicristalli faticano a tirarla via tutta. “Dimmi qualcosa” esordisce lui dopo quasi un quarto d’ora di totale silenzio. “Cosa vuoi sapere?” non vorrei farlo, ma il mio muro sta per alzarsi nuovamente. Si volta verso di me e mi sta a guardare con la smorfia di chi si sta sforzando di trovare qualcosa di intelligente da dire. “Cosa ci facevi da queste parti?” Uhm, impiccione. Tenero impiccione. “dovevo far vedere le tele ad un…esperto” quell’attimo di scetticismo misto a titubanzabasta per permettergli di capire che l’incontro non è andato bene. No, tutt’altro. Bell’esperto mi ha lasciato anche il suo biglietto da visita ‘Pupa, chiamami se cambi idea’ è stata l’ultima cosa che mi ha detto mente sbattevo la porta del suo lurido appartamento alle mie spalle. È a pochi isolati da qui il suo locale a quanto ho capito. No, non sono ancora tanto disperata da andarmi a spogliare nel suo locale. Ma proprio per nulla. Che idiota! Se ci penso adesso, mi viene da ridere… “Perché sorridi?” mi dice Frank riportando la mia attenzione su di lui. Si acciglia leggermente mentre mi osserva incuriosito. È disarmante quando mostra queste piccole, intense movenze. “Niente, lascia stare…” gli dico sorridendo. “Sei proprio strana” mi dice annuendo vistosamente. “ Mi sarei stupita se non me l’avessi detto!” ecco di nuovo la sua risata, solare e infantile. Cattura.

“Accosta, siamo arrivati” gli dico prontamente facendolo saltare quasi in aria. Spegne l’auto e mi fissa preoccupato. “Ma non ci sono case qui…” dice guardandosi intorno mentre i suoi occhi cadono su fabbriche in disuso e vecchi hotel. “Si, nella traversina più avanti. È una strada senza uscita, per questo ti ho fatto fermare qui”. Mi guarda perplesso, ma non ribatte. Non ci penso minimamente ad espormi così…quel quartiere desolato, il mio buco. Non voglio che il ragazzo dal Rolex magico veda dove abito. “Aspetto che imbocchi il vicolo e poi vado”. Ha un tono apprensivo, quasi preoccupato. La sua mano ora è appoggiata sulla mia spalla. Mi volto a guardarlo mentre infila una mano nel taschino del giubbotto. Tira fuori le sigarette e ne sfila una dal pacchetto. “Tieni.” Il suo tono è estremamente dolce. E la mia mano titubante nel prenderla. “ Ma come facevi a…” sorride “Ho visto che le fissavi quando ti sei avvicinata al mio tavolo”. Tremendo! “Allora mi avevi vista?!” “Si…”mostra di nuovo quel sorrisino di chi la sa lunga. “Grazie” gli mostro una smorfia indispettita, prendo la sigaretta e scendo dall’auto. L’aria è ancora gelida, anche se ha appena smesso di piovere, come se il cielo aspettasse un mio…segno di vita per smettere di piangere.

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Capitolo 3
*** Angels ***


Come potrebbe avere inizio la giornata di una sfaccendata se non svegliandosi tardissimo? Sono le 11 passate, il sole è alto in cielo e dalle vetrate, o meglio, da quello che ne resta, filtra fino ad illuminare la mia sempre tetra mansarda. Non fa molto freddo, ma l’appartamento, se così possiamo chiamarlo, è di per sé umido, quindi mi vesto alla svelta indossando la mia felpona preferita. Strano che la signora Kholl non mi abbia svegliata di buon’ora con la sua solita finezza nel prendere a pugni la mia porta. L’affitto. Le devo un mese…che sarà mai! Mi gira la testa. Sudo fredda. No, non di nuovo, ti prego. Devo prendere aria. Cerco di aprire metà finestra facendo attenzione a non sbriciolarla visto che la ruggine ha quasi raggiunto i vetri. Guardo giù. Dei bambini stanno giocando a palla e all’angolo Johnny, il ragazzo di colore del secondo piano ride e scherza coi suoi “scagnozzi”, io li chiamo così. Ascoltano musica rap, tutto il giorno, mi sfracella il cervello, cazzo. Non è un cattivo ragazzo, ma perde le staffe facilmente. È uno scansafatiche un po’ come me, ma si da da fare. Di mestiere fa lo spacciatore. Dannazione a lui. Ma mi ha aiutata a superare i miei momenti bui e le mie lotte col passato. Devo sciacquarmi il viso. L’acqua è gelida visto che l’orario per quella calda è passato già da un pezzo…mi arriva dalle 8 alle 9. Non un minuto di più. Bussano. Eccola, è lei…scocciatrice. È in maledetto ritardo. Forse anche quella ‘simpatica’ anzianotta stamane non aveva nulla di meglio da fare ed è rimasta a crogiolarsi tra i suoi bei piumoni caldi coi suoi gatti pelosi a farle le fusa. Continua a bussare. “Arrivo! Arrivo!” dannata vecchiaccia. Mi asciugo il viso e con molta calma mi avvio alla porta. Cristo Santissimo. “Frank!” lo fisso sbigottita. “Buongiorno! Ti ho portato…” “Le mie tele!” le afferro stringendole al mio petto. “Grazie mille! Ieri ero davvero stanca e…” “Le hai dimenticate” sorride quasi commosso nel vedere la mia patetica scena con le mie patetiche tele. Poco alla volta mi rendo conto che lui è qui. Nel posto che ho volutamente evitato di mostrargli ieri sera anche solo da fuori. “Come hai fatto a trovarmi?” cerco di usare un tono cortese e nascondere l’impellente bisogno di urlare. “Ho chiesto ad uno dei ragazzini qui sotto” dannati mocciosi, un giorno o l’altro vi farò assaggiare l’acqua gelida del mio lavandino a secchiate. Piomba un silenzio imbarazzante. Frank ha un fogliettino in mano. “Ho trovato questo fuori dalla porta” me lo porge “credevo fosse importante”. Ordine di sfratto. Non riesco a controllare una risatina isterica stavolta. “Altroché…” dico mentre mi lascio cadere sulla sedia accostata alla scrivania, parte di quella spoglia camera insieme al letto e ad un armadio. Lui è visibilmente a disagio, ha capito che è nel posto sbagliato nel momento sbagliato. “Se posso esserti d’aiuto in qualche modo…”. Non voglio la tua compassione Frank. Non voglio farti pena, Cristo. Ora hai capito perché non volevo farti vedere dove abito? Angelo mio. Taglio subito il discorso, ma non voglio mandarlo via, non adesso. Lui l’ha capito, mi vede tra due fuochi e vede quanto sono sconsolata, non si perde d’animo. “Ho visto le tue tele, i tuoi dipinti” dice riprendendo il sorriso che aveva spezzato prima. “Oh no…sono solo delle bozze, sgualcite dalla pioggia…” il mio viso rimane basso, non voglio vedere il suo sguardo compassionevole, no, lo caccerei malamente. Ne prende una in mano. “Sono…bellissime” non resisto, alzo il volto e sembra davvero colpito. Si avvicina, mi prende per mano e mi fa alzare dalla sedia. Cosa vuoi fare? Cosa… Si siede e mi tira dolcemente su di sè, facendomi sedere sulle sue gambe. Appoggia il mento sulla mia spalla. Lo so, adesso il cuore mi esploderà schizzando via dal petto e sporcando tutta la stanza di un rosso venoso. Stai. Calma. Ora tiene la tela con tutte e due le mani. “E’ un angelo…” mi dice scostando la testa per guardare meglio il dipinto. “S-si” riesco a stento a parlare. “E’ un bellissimo angelo…” continua. Dio, sei tu un angelo. “Ha le ali nere” Si scosta un altro po’ per guardarmi negli occhi. Alzo le spalle come per dargli una giustificazione che non esiste. Non posso spiegare la mia arte, non c’è nulla di razionale nei miei quadri, se così non fosse non farei quello faccio. Mi fa alzare piano, si alza anche lui. Prende le mie mani, le avvicina al viso, le bacia, ma non distoglie lo sguardo, continua a guardarmi negli occhi. Si avvicina al mio orecchio, sento il suo respiro, caldo. Portatemi in ospedale. “Vediamo di farle diventare bianche” sussurra.

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Capitolo 4
*** I Don’t Like the Drugs but the Drugs Like Me ***


Sarà il contatto con la sua pelle, le sue labbra sulle mie mani, il suo profumo, lui…ma adesso non sto bene. Continuo a sudare, mi manca il respiro. Deve andare via. “Senti Frank…sei stato davvero gentile…ma…” ha già capito. “Si, ho da fare anche io, provo col gruppo stamattina…” immaginavo fosse un musicista, gli appunti i piercing, i tatuaggi…sarà uno stereotipo ma ci ho azzeccato. “Perché non passi…” tronco la sua frase “No, davvero, ho da fare” sorride sconsolato “è un peccato, Gerard impazzirebbe per i tuoi dipinti…” vorrei parlare di questo tale, probabilmente è un membro del tuo gruppo. Ma non adesso, ti prego. Mi manca il terreno, non sento più il pavimento. Sento che sto per svenire. “Stai bene?” mi chiede. Adesso è davvero preoccupato. Mi mette una mano in fronte. “Cazzo Frank sto bene! Ti prego vai via…” il suo viso non accenna a rilassarsi, annuisce. Prima di uscire dalla porta si avvicina alla scrivania, prende un foglietto e scrive il suo numero. “Chiamami. Per qualsiasi cosa, o anche solo per chiacchierare” me lo porge “Promettimelo…” Ok ok, basta che vai via. “Promesso” gli rispondo. Va via, a passo spedito. Come ho potuto trattarlo così?? Dio, non mi riconosco. Lo guardo dalla finestra raggiungere la sua auto…è una fortuna che l’abbia trovata intatta. Mette in moto e và. All’anglo ancora Johnny. Mio Johnny…adesso ho bisogno di te. Scendo di corsa, quasi fosse una questione di vita o di morte. Attraverso la strada e quasi mi faccio investire da un ragazzino in monopattino. “Ehi bellezza” sa dire solo questo il mio amico. “Cosa mi puoi dare tipo con…20 dollari?” riesce a notare il mio respiro affannato, più per l’impazienza che per la corsa. “Con quella cifra solo qualche anfetamina…” Cazzo. “No no no Johnny ti prego! Che cazzo me ne faccio di qualche anfetamina???” il mio tono è disperato, ma giuro che non me ne rendo conto. “Mi spiace ragazza”. Ok, non me ne esce nulla di più. Ho capito. Prendo quello che devo e torno su. Sbarro porte e finestre: è il mio momento. Ho resistito quattro giorni, ma è un bisogno impellente, altrimenti sto male. So che è sbagliato, ma non entrerò in quel tunnel, l’ho promesso a me stessa. Infondo non è cocaina stavolta, sono due capsule di anfetamine. Ok, non possono competere, ma non devo ingerirle, non stavolta. Sul letto gattoni, un libro davanti al mio viso. Apro piano le capsule, lascio che la polvere si disponga ordinatamente con tutti i granellini in fila indiana. Non si direbbe dall’ambiente nel quale vivo, ma sono meticolosa. Ne farei a meno, ma devo finire i miei quadri…e devo fare un ottimo lavoro. Cartoncino da disegno, perfetto. Strappo via una piccola parte di lembo e ne formo un tubicino da infilare nella narice destra. Il viso a pochi centimetri dal mio improvvisato piano d’appoggio. Si parte. Su, in una frazione di secondo. Alzo il viso, tiro un respiro, mi lascio cadere distesa sul letto supina. Mi sento una bomba, potrei sollevare il mondo con un dito, il mignolo! E sono improvvisamente sveglia, ho voglia di correre...una primavera di colori intorno a me e canto. Il mio respiro è sempre più veloce, il cuore sta per uscirmi fuori dal petto ed il sangue pulsa così forte che quasi viene fuori dalle vene. C’è caldo. Tiro via la maglia, rimango in reggiseno. Cazzo, sono fiera della mia quarta misura! Ho voglia di cantare... lo faccio. E dipingo. Balzo giù dal letto e prendo delle tele bianche. Al diavolo le mie bozze, in questo momento potrei dipingere l’Apocalisse ad occhi chiusi con la sola forza del pensiero!

È un massacro. Oddio il mio cervello sta per spappolarsi nella mia scatola cranica. Basta, per favore. La musica, quella dannata musica. E la porta bussano chissà da quanto tempo…ma che ore sono? E’ buio..sono le 8! Che cazzo è successo?? Le mie tele…tutte per terra..ed il colore è sparso su tutto il mio corpo…sono in reggiseno. Cristo. Continuano a bussare. Non ce la faccio, non ce la faccio nemmeno a mettere un piede giù. Le lacrime iniziano a sgorgare da sole, senza emozione negativa o positiva che possa dar loro un input. Ho un peso sul cuore. Mi metto a sedere. Respira, respira profondamente. Ho mal di stomaco. Qualcuno sta buttando giù la porta…non ho i soldi per farla riparare cazzo! Mi trascino dal letto alla maniglia della porta. Riesco a tirarla giù e la porta si apre mentre mi sento cadere. Tra le braccia di un angelo. “Elo…cazzo…ma che succede?” cerca di reggermi come puo’. Un tizio è con lui, lo sta aiutando. Sembra forte e vigoroso molto più di lui. “Frank…ciao” riesco a sibilare. Mi portano sul letto, mi fanno distendere. Lasciatemi in pace vi prego, ho solo bisogno di dormire. Vorrei protestare, ma le mie labbra non rispondono ai comandi del mio cervello. “E’ strafatta” dice l’amico a Frank. Ma come cazzo ti permetti? Chi ti conosce? Mi punta con quei suoi occhi verdi. Ma come fa a capire…come fa… “Ha preso delle anfetamine” dice scrutando una delle capsule trovate sul letto. “Ma cosa…” Frank sembra addolorato. Ha visto sin troppe volte questa scena. Aveva capito che stavo male, ma non poteva immaginare. È pietrificato in un angolo mentre l’amico cerca di darmi aiuto. “Vieni con me” dice a Frank. Mi prende di peso e mi porta in bagno. Mi siede nel piatto doccia e apre l’acqua su di me, gelata. Riesce a strapparmi un urlo mentre tutte le forze sembrano improvvisamente essermi tornate. “Che cazzo fai!!” urlo mentre cerco di venir via. “Stai ferma” mi serra polsi e caviglie, tenendomi schiacciata al muro, impedendomi di muovermi. “Lasciami idiota!” cerco invano di scalciare. “Zitta!” mi urla così vicino che riesce a bagnarsi i capelli. Mi arrendo. Lo guardo negli occhi con lo sguardo più minaccioso che possa fare. Ti prometto vendetta. “Chi sei tu?” almeno presentati, grandissimo maleducato. “Gerard” risposta fredda e secca. “Oh, sei quello a cui piacciono i quadri con gli angeli…” il mio tono sarcastico lo infastidisce parecchio. “ E tu sei quella che non rivedrà mai più il mio amico Frank” ha un tono severo, quasi gli credo. Dev’essere stato un despota nella sua vita passata. “Fottiti” è l’unica cosa che riesco a dire. Si, mi ha ferita. Sto già male per quello che ho fatto, sto da cani, vorrei sprofondare. Alle sue spalle vedo il viso di Frank. Non c’è nemmeno un briciolo di quella travolgente ilarità dei ventiquattro ore fa. Sei ancora il mio angelo? “Frank, prendi quell’asciugamani” come no, immediatamente esegue il comando. Si sente spaesato. Ancora una volta si fida dell’amico. Come sempre. Gerard chiude l’acqua e riavvolge nel panno di spugna. Mi prende in braccio “Non sono una disabile!” “Oh, si che lo sei” mi poggia sul letto. “Vestiti, ti aspettiamo fuori”. Nessuna replica, non ho la forza né morale né fisica. Chiudono la porta. Sono fuori. Mi guardo intorno sbigottita…le mie tele, i miei libri…il mio letto…questa non è casa mia. Cosa mi è successo…cosa cazzo sto facendo. Dio aiutami, ti prego. Seduta ai piedi del letto, porto le ginocchia al petto. I singhiozzi salgono violenti per poi morirmi in gola, le lacrime non hanno smesso di venir giù. Sto urlando. Sto piangendo. Imploro al cielo…uccidimi ti prego. Fuori dalla porta i due amici aspettano. Sentono i miei singhiozzi, il mio pianto, le mie urla. Frank vuole bussare, butterà giù la porta se è necessario, perché lui è il mio angelo. Gerard glielo impedisce. Sa bene come funzionano queste cose. Niente pena. Niente commiserazione. Pugno duro. Sa che tra cinque minuti sarò fuori. Perché dopo… si cerca un appiglio. Dopo… la paura di morire, soli, attanaglia le viscere. Ed io maledico me stessa.

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Capitolo 5
*** Broken Wings ***


Devo trovare il coraggio di varcare quella soglia. Non mi aspetto nulla, infondo sono degli sconosciuti e di me non sanno praticamente nulla. In effetti mi farà bene uscire un po’ da questo posto. È pesante l’aurea negativa che ha assorbito questo posto, se non fosse per il suo profumo rimasto nell’aria che mi consola. Il suo profumo. Adesso è dietro quella porta. Ce la posso fare, affronterò i loro sguardi di pena e giudizio senza abbassare lo sguardo. Non sto ancora bene, non mi reggo in piedi. Tiro un profondo respiro. Vado. Mi sta fissando, Frank mi fissa. Quella ragazza conosciuta il giorno prima, col quale è stato gentile è solo una tossica. Non mi stupisco, so già che si sta preparando per darmi il suo ultimo saluto. Lo sento, ha appena sospirato…si getta al mio collo. Mi stringe a se. Le mie mani a mezz’aria tremano, cercano di ricambiare ma sono bloccate, come il mio respiro. “Che scherzi mi fai?...” la sua voce è rotta dalla commozione. Riesco a cingergli la vita, non ho la forza fisica per stringerlo a me, davvero non ce la faccio. Sono solo sconvolta. Ci siamo conosciuti ieri, cazzo, ventiquattro ore fa e già mi regala tutto questo! Non so se posso continuare a vederlo ancora perché io non credo ai colpi di fulmine, non ci ho mai creduto e lui, angelo che non è altro, non deve farmi cambiare idea. “Andiamo??” idillio interrotto. L’ho conosciuto cinque minuti fa e già mi da sui nervi. Gerard. Getta la cicca sul pianerottolo… la signora Kholl penserà che sono stata io. Ci supera a passo spedito, lo seguiamo.

Non ho la minima idea di dove mi stiano portando. Seduti davanti, parlano sottovoce, ma non parlano di me. Probabilmente comunicano così, caspita devono avere un udito acutissimo. Sono in sintonia, avrei giurato che fossero fratelli se Gerard non avesse detto ‘il mio amico Frank’ a casa mia mentre mi procurava lividi a polsi e caviglie. Hanno tutti e due occhi bellissimi, questo è certo, per un motivo o per un altro li ho fissati entrambi. Il despota sembra più sicuro di sé, anche se non ne sono davvero certa.. ha ostentato tanta sicurezza in un momento delicato, ma i suoi occhi sono tristi.

Il parcheggio è semivuoto, quasi desolato sovrastato dall’insegna del fast food alla quale lampeggiano due neon, fa quasi impressione. “Hai mangiato?” chiede Gerard senza nemmeno voltarsi. Non ottiene risposta. “Allora??” si volta spazientito. Parla con me. Impertinente. “Ma che ti frega, scusa?” secca la mia risposta. Me ne pento subito, infondo mi ha aiutata a ‘risvegliarmi’ e mi ha portata a mangiare. In un fast food ma meglio che niente. Frank sembra divertito adesso. Rieccolo quel sorriso, cerco di catturarlo. È mio solo mio. Non devi sorridere mai più a nessuna persona che non sia io, chiaro? Un peso sembra abbandonare il mio cuore. Non posso perdonarmelo quello che ho fatto. L’ho deluso senza nemmeno dargli il tempo di conoscermi. Dovrei entrare di diritto nel Guinness dei Primati. Ci sediamo nell’ultimo tavolo del locale lungo e rettangolare, io e Frank affiancati, gerard di fronte a noi, anzi di fronte a me. Sfoglia già il menù. “C’è qualcosa per te Frankie…” come l’ha chiamato? Frankie. Adoro già questo nomignolo affettuoso. Troppo affettuoso. Caspita, mi trovo ad essere gelosa del suo amico…è grave, davvero grave. Ma la loro amicizia mi innervosisce e mi inquieta, è come se Frank pendesse dalle sue labbra. L’ho capito mentre ero fatta, figuriamoci adesso. “Fammi vedere…” gli passa il menù. “Ah però…ci sono insalate di tutti i tipi, benone” Frank scruta il menu con una faccina interessata. “Muoio di fame!” dice dandosi colpetti allo stomaco. È di nuovo lui. È tornato. In totale stato di venerazione il mio sguardo non lo molla un attimo. Scruta il suo musino dolce e l’anellino di metallo che lo attraversa. È troppo, è troppo…non posso già desiderar di baciarlo. Non adesso. Non dopo soltanto un giorno. “Lui è vegetariano…” eccolo Gerad il presuntuoso, oltre che despota. Lo dice quasi come per mostrare quanto lui conosce Frank e quanto io non lo conosco nemmeno un po’. E questa cosa mi pesa, già mi pesa. È lui che sta creando questa rivalità, non io. Giuro, non io. È lui che interrompe i miei pensieri proprio quando sono all’apice del mio coinvolgimento emotivo. Forse è un segno, forse è l’intervento divino che serve a distogliermi da lui. Da Frankie. “Frank vai tu a prendere la roba? È self service qui…” dice Gerard con tono dispettoso. “Uhmmm, vado!” risponde Frank con un finto tono scocciato. Ma io lo so perché ha mandato lui, so che deve dirmi qualcosa, lo sento. Appena Frank è abbastanza lontano da noi mentre si dirige al banco Gerard mi punta, sento i suoi occhi scrutare ogni singola parte di me. Appoggia i gomiti sul tavolo appoggiando il viso tra le mani. “Cosa gli hai fatto?...” mi dice in un tono quasi sconsolato. Non capisco. “Si…hai capito bene, cosa gli hai fatto?...è una giornata intera che parla di te, che sei un’artista che devo vedere le tue tele…non ha pensato ad altro tutto il giorno.” Caro Gerard, dopo quello che mi hai detto come pretendi che ti risponda? Mi hai mozzato il fiato, mi hai dato una speranza per continuare a lottare. “Ha parlato di me tutto il giorno…” ripeto sommessamente. Sottovoce. Si fa scuro in volto adesso, ha acquistato di nuovo quell’aria severa. “Gli ha fatto male vederti così…non so come hai fatto a catturarlo in meno di ventiquattro ore…ma so per certo che gli hai fatto male” non parlo, ma lo so, in cuor mio lo so. “Gli hai spezzato le ali” conclude distogliendo poi lo sguardo da me ritornando un perfetto estraneo… mentre Frank sta tornando con la nostra cena.

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Capitolo 6
*** Hell & Heaven ***


Siamo nuovamente qui, sotto casa mia. Cristo, il pensiero di dover affrontare ciò che troverò in casa, ciò che è successo qualche ora fa… mi sta logorando. Al solo vedere il palazzo sto male. I ragazzi se ne sono subito accorti, per questo non vogliono lasciarmi sola. “Ti facciamo compagnia per un po’, vuoi?” dice Frank con il suo dolce tono apprensivo al quale mi ha abituato nel giro di un niente. Ma io mi sento in colpa, non voglio trascinarmeli dietro, non voglio essere un peso per loro né tantomeno un pensiero. “No, ragazzi, meglio che vada a letto. Grazie di tutto” adesso la separazione è difficile. Frank scende con me, vuole accompagnarmi, mentre Gerard rimane in macchina ad aspettarlo. Mi mette un braccio intorno al collo, io intorno alla vita…camminiamo. Una folata di vento ci colpisce ed è così fredda da farci stringere istintivamente l’uno all’altra per poi fermarci dentro il portone, al riparo. È un lunghissimo momento nel quale ci guardiamo negli occhi. Sorridiamo. Lui mi sposta un ciuffo di capelli dagli occhi, io gli aggiusto il colletto del giubbotto. Siamo troppo vicini adesso.ho paura di svenire da un momento all’altro, non sento nulla, solo il cuore che mi batte fortissimo nelle orecchie. La punta del suo naso sfiora la mia. Ho paura. abbasso il volto, allontano le sue mani dal mio viso. Non sono ancora pronta. Mi sento in colpa. Troppe emozione tutte insieme una dietro l’altra, si susseguono. Così non riesco a respirare. Non ti sto respingendo angelo, cerca di capire ti prego. “Ti chiamo domani ok?” gli dico facendogli vedere che ho conservato il biglietto che mi ha scritto. “Ok…” sorride. Dolce. Un sollievo, è un sollievo…non voglio ferirlo di continuo e a distanza di così poco tempo. Mi schiocca un bacio in fronte senza nemmeno darmi il tempo di protestare. “Buonanotte” fa un cenno con la mano e va via. Sorride ancora. Posso anche essere serena adesso, almeno durante il tragitto che porta alla mia mansarda. Faccio le scale a piedi, sono cinque piani…non è che abbia tanta scelta visto che l’ascensore è fuori uso da chissà quanto tempo. Quando sono arrivata era già in disuso.
 
L’appartamento è buio, ma non aprirò la luce o tutto mi si fonderà nel cervello senza darmi la possibilità di dimenticare. Le tele tutte sparse…e quella. La prendo. Fuoco, ho dipinto fuoco e null’altro. Una grossa risata prorompe salendo dritta dritta dal mio stomaco. È il mio inferno…lo so. Vorrei gettarla via, ma qualcosa me la tiene incollata alle mani. Stai qui, sulla mia scrivania, a te penso dopo.
Non mi ricordavo di aver lasciato tutto questo caos. E non mi ricordavo nemmeno di aver dipinto le lenzuola. Le raccolgo, le porterò in lavanderia domattina. 
Bussano.
Bussano? Chi … cavoli sono quasi le 11, è notte cavolo. Non ho nemmeno uno spioncino. Mi avvicino piano alla porta. “Sono io, apri” la voce pronta di Gerard. Apro con ancora le lenzuola in mano. “Cosa ci fai qui? Non eravate andati via?” entra senza nemmeno chiedere il permesso. “Ho accompagnato Frank a casa, ne ha viste abbastanza per questa sera” dice mentre tira avidamente intense boccate dalla sua sigaretta. Si guarda intorno e si muove come se fosse casa sua. Sai Gerard, non mi stai antipatico, non più. Adesso capisco perché mi tratti così, perché sei duro con me, perché i tuoi occhi quando incrociano i miei sono un continuo invio di minacce celate. L’ho capito sai, tu vuoi bene a Frank fino a farti del male e sei così protettivo con lui perché vuoi che sia felice e che non soffra mai nella vita. Ma perché sei così ossessionato da me? Si vede che lo sei, si vede lontano un miglio. “Pensavo potessi avere bisogno di una mano qui…” mi dice distrattamente, ed il suo tono è gentile adesso che ha preso un attimino le misure. Porto le lenzuola in bagno, tirandole giù nel secchio della roba sporca. Torno da lui che nel frattempo ha iniziato a raccogliere fogli e pennelli dal pavimento. “Non ho bisogno di nulla Gerard, davvero…” la mano tra i miei capelli gli fa capire che non è davvero così. “So come ti senti. Punto. Ed io ti voglio solo dare una mano a rassettare ok? Poi vado via.” Quasi mi fa piacere. “Ok, come vuoi”. Continua il nostro lavoro, in silenzio.
Ho il terribile presentimento che anche lui abbia avuto dei problemi, altrimenti come farebbe a capirmi in un nano secondo ogni volta? Mi ha buttata sotto la doccia, mi ha portata a mangiare, mi aiuta a rassettare…sa ciò di cui ho bisogno. Capisce e non fa domande, ecco perché inizio a convincermi sempre di più che anche lui ha avuto problemi di questo tipo. “E questo?..:” interrompe i miei pensieri. Ha la mia tela in mano, l’inferno. “Buttalo via” lo prende con tutte e due le mani, sembra ipnotizzato. “Ero fatta…buttalo via ti prego” non mi risponde, non parla, si limita ad inclinare la testa a sinistra per squadrare il disegno, osservarlo anche da quell’angolazione. “Senti, se ti piace così tanto puoi prenderlo” dico mentre continuo a sistemare la roba sparsa sul pavimento. Sono agitata adesso, mi sento le palpitazioni.
“Lo compro” sbotta Gerard deciso. Mi tira via una risata “Ho detto che puoi prenderlo e portartelo via, non voglio più vederlo, te lo regalo” evito volutamente di guardarlo. “Ho detto che lo compro” ribatte Gerard stizzito. Eccolo il despota è tornato. Mette giù la tela, prende un foglio di carta e scrive il suo numero di telefono e un indirizzo. Me lo porge. “Si grazie, faccio la raccolta” il mio sarcasmo è davvero inopportuno certe volte, me ne rendo conto. “Se hai la possibilità vieni a questo indirizzo domani, troverai me, Frank e i nostri amici. È la nostra sala prove. Troverai solo noi, tranquilla” vuoi parlare di affari Gerard o vuoi tenermi sotto controllo in modo da non far pesare tutto a lui? “Non so se posso…” la mia scusa è banale quanto falsa. “Non hai un cazzo da fare! Almeno ti ascolti un po’ di sana musica rock…live!” mi fa l’occhiolino. Sembra quasi adorabile adesso, e non perché vuole comprare il mio quadro, e nemmeno perché l’ho visto sorridere per la prima volta e mi ha colto di sorpresa col suo fascino. E nemmeno perché mi ha dato un passaporto per il paradiso…potrò vedere il mio angelo. So dove trovarlo adesso, potrei anche appostarmi li tutto il giorno per vederlo passare, entrare e andare via. “E fammelo un cazzo di sorriso…” mi mette le mani sulle spalle e appoggia la fronte sulla mia. Perché no, ecco a te. Sorrido. “Si, ok, ma adesso vai via che ho sonno” con uan spintarella cerco di avviarlo verso la porta. Attraversa l’uscio e si volta un attimo quasi sapesse cosa sto per dirgli. “Grazie”.

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Capitolo 7
*** My Chemical Romance ***


Sveglia di buon’ora, non ho nessunissima voglia di incontrare la vecchiaccia e farmi insultare mentre vado via. Mi guardo intorno, ed in effetti questo posto mi mancherà. Ho vissuto momenti, belli e di grande ispirazione, ho vissuto i miei deliri, le mie paure. Oblio sconfinato. In soli due mesi ho sparso la mia essenza in tutte le sue parti sia positive che negative in ogni singolo mobile e soprammobile di questa umida mansarda. Ma è tempo di andare., i sentimentalismi non fanno per me. Ho ancora qualche soldo per potermi permettere un motel per qualche giorno, il più sporco ed economico, l’importante è che mi dia un metro quadro dove dipingere. Devo farcela, adesso ce la devo fare. Venderò la mia arte, perché adesso ho una ragione per rimanere e non posso fallire. Raccolgo la mia roba cercando di farla entrare nel borsone alla svelta, raccolgo le mie tele, le bozze e i dipinti già terminati sistemandole in ordine nella sacca. Avrei dovuto imballarle con più cura, ma ho solo voglia di andarmene adesso. In una mano il borsone e la sacca sulle spalle…ho tutto ciò che mi occorre. Varco la soglia, mi volto. Un’ultima occhiata, al letto, all’armadi con un’anta semi aperta, è vuoto, la scrivania sgombra e la porta del bagno…quel luogo, teatro di così tanti logoranti momenti, non meno importane la ‘doccia fredda’ di ieri sera. Chiudo la porta alle mie spalle. Non so a cosa sto andando incontro, per l’ennesima volta…ma adesso mi sento leggera ed eccitata come se stessi per affrontare una nuova avventura, ed in effetti è proprio quello che sto facendo.

C’è il sole, l’aria è fresca, i bambini con gli zaini in spalla salgono sui loro school bus, anche io sto aspettando il mio autobus e non c’è il rischio che non passi stavolta. Sorrido, non riesco a farne a meno. Tiro fuori il suo biglietto che avevo sistemato con cura, aggiungendo poi quello di Gerard. In realtà non li chiamerò, nessuno dei due, andrò direttamente all’indirizzo che mi ha scritto quest’ultimo sul foglietto. Ha una bella calligrafia.

Capisco che sono arrivata a destinazione quando mi ritrovo davanti un grande portone di ferro semichiuso con la musica che vien fuori, pompa al massimo…poco male tanto è una zona isolata e la sala e parecchio rientrata rispetto la strada. Tutto intorno è circondata da un cortile con alberi e aiuole…un posto davvero accogliente. Uhm, lo sto facendo apposta a scrutare ogni centimetrodi questo cortile, altrimenti arriverebbe subito il momento di bussare e oltrepassare quella soglia che mi separa da lui, dal mio angelo. Nemmeno finisco di pensarlo che la vista del portone che si apre mi riporta alla realtà facendomi sobbalzare. Il cuore batte all’impazzata, il borsone cade di fianco ai miei piedi quando i miei occhi scorgono una figura minuta venir fuori allegramente. “Ehy!” è sorpreso è sorridente, direi che sembra felice di vedermi. ‘Non ha fatto altro che parlare di te tutto il giorno’ evito davvero di pensare a quelle parole, ma riescono a darmi vita. “Ciao Frank” ricambio il suo sorriso con uno che sicuramente non ha niente a che vedere col suo. Mi viene incontro, mi stringe forte a sé ed io tra le sue ali mi sento in paradiso. Non sono ancora riuscita ad abituarmi ai suoi slanci d’affetto così genuini quanto dolci. “Come facevi a sapere che…” “L’ho invitata io” prorompe Gerard alle nostre spalle con una sigaretta già tra le labbra. Frank non riesce a trattenere una risatina “Non ci credo che l’hai invitata tu gee!...” continua a ridacchiare scuotendo il capo. Prende anche lui il pacchetto di sigarette e ne sfila due, una per me ed una per lui. Adesso mi sta puntando il dito indice contro “Tu!” io non posso fare a meno di ridere perché è dolcemente comico e questa parte del suo carattere mi piace tantissimo “Tu…hai accettato il suo invito e non il mio!” sbotta. Adesso stiamo ridendo tutti e tre. Io e Gerard ci rivolgiamo un cenno d’intesa “è una storia lunga…” gli dico “Si…” aggiunge Gerard. Adesso Frank ci scruta a braccia conserte, guarda prima me e poi il suo amico con aria divertita e sospettosa, so per certo che la curiosità lo sta divorando! “Hai portato quello che ti ho chiesto?” continua Gerard “Certo” dico imbracciando la sacca con le tele. “Bene, allora entriamo”. Spalanca la porta e mi ritrovo all’ingresso della loro sala prove. Aldilà di una vetrata riesco a vedere gli strumenti, gli amplificatori e le pareti insonorizzate. È una sala adibita quasi a studio di registrazione. Ancora a lato una piccola porticina che porta probabilmente ad una stanza più piccola che usano per le loro pause caffè, sigaretta e relax. Dalla posizione si direbbe che sporge sul retro del cortile. Questo è davvero un momento nel quale vorrei scomparire…e non perché aldilà del vetro ci sono tre tizi che mi stanno fissando…ma perché proprio davanti ai miei occhi compare una gigantografia rappresentante il loro gruppo, i My Chemical Romance. Dio che figuraccia…non li ho per nulla riconosciuti. Cioè, devo avere qualche loro cd con me e ho sempre viva in testa una loro meravigliosa canzone, Helena. Non riesco a trattenere una risatina imbarazzata mentre rimango fissa a guardare con i palmi appoggiati ora sulle guance. “Che ti prende?” chiede Frank divertito. Io tengo lo sguardo basso mentre continuo a ridere. Adesso scotto, sarò rossa come un pomodoro, ne sono sicura. “Niente…è che…” accidenti che vergogna. Fortuna che loro sono adorabili ed il mio disagio svanisce quasi subito. “Voi siete i My Chemical Romance…” ecco che hanno capito il perché di quella mia pantomima “Vi chiedo perdono…io davvero non…” imbarazzo. “Ma smettila!” dice Gerard tirandomi da un braccio. “Io…amo Helena…” Frank sembra stupito, non credeva li conoscessi. Adesso ho ripreso il mio colore naturale e le parole escon fuori un po’ meno rotte dall’imbarazzo “scusate se non vi ho riconosciuto…” Frank sta ridendo adesso, è davvero dolce, sarò ripetitiva ma è un angelo. Dolce e burlone. Gerard si acciglia un attimo “Fammi capire, ti stai scusando perché sei una delle poche persone che apprezza la nostra musicaper quello che è e non per i nostri bei faccini??” dice stringendo il viso di Frank con la mano destra mentre lui cercando di dire qualcosa fa dei versi incomprensibili. In effetti è un discorso che non fa una piegae a dire il vero mi sento quasi onorata. “Non ha senso.” continua. “Ha ragione lui stavolta!” dice Frank massaggiandosi le guance sgualcite dal gesto affettuoso quanto scherzoso dell’amico. Mi perdo nel guardarli adesso…la loro ‘chimica’ mi prende e mi tiene incollata gli occhi nei loro occhi e nelle loro labbra aperte in grandi sorrisi. Si intendono con uno sguardo, a volte nemmeno si parlano, hanno un modo tutto loro di comunicare con piccoli gesti, piccoli sguardi. Potrebbero sembrare una vera coppia per chi non li conosce bene, come me d'altronde. E mi trovo ad essere gelosa della loro amicizia e so che Gerard prova gli stessi sentimenti verso di me…il nostro è un continuo sfidarci con gli occhi. Lui vuole proteggerlo, io lo so. Inizio ad adorarli, tutti e due, insieme.

Entrati nell’area prove Gerard mi presenta i restanti componenti del suo gruppo partendo da suo fratello Mikey. Non avrei mai immaginato che fossero fratelli, giuro. Gerard è possente -quasi arrossisco nel pensare a ciò senza sapere il perché-, Mikey è esile e slanciato, ma qualcosa nei lineamenti del viso forse li riporta l’uno all’altro. E poi è dolcissimo, a differenza del despota. Fa un cenno con la mano per salutarmi. Mi presenta Ray, riccioluto col sorrisone simpatico a trentadue denti! Mi stringe la mano vigorosamente. Ed ultimo Bob il batterista con quei meravigliosi piercing e la barba folta. Adesso non credo parlerò più per un po’ finchè non riesco ad inquadrarli uno per uno, il mio lato diffidente e poco sociale purtroppo vien fuori al contatto con gente nuova. Gerard fa un cenno e gli altri si posizionano ai loro strumenti. Anche Frank che prende la sua chitarra bianca con quel buffo adesivo di Frankestein sul davanti. “Vai con Helena” dice Gerard al fratello. Io mi siedo in un angolo, li osservo, li ascolto e non vorrei essere in nessun altro posto se non qui in questo momento. Adesso. Vivo.

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Capitolo 8
*** CAP.8 – HE’S REAL ***


CAP.8 – HE’S REAL

È un’emozione indescrivibile vederli provare, è emozionante, un vero tuffo al cuore vedere Frank imbracciare la sua chitarra e pizzicare in maniera tanto intensa le corde. Si muove su e giù, leggero, a ritmo di musica, la sua musica. Accarezza la tastiera, poi torna sulle corde e viceversa, quasi stesse amoreggiando col suo strumento musicale. Le sue movenze, la concentrazione ed il trasporto che mostra mi tengono con gli occhi incollati a quel suo corpicino ben formato. Adesso riesco a vederlo con solo una maglia nera smaniata e i suoi tattooes sono infiniti…ed infinitamente splendidi…sarà che vorrei esserci io tatuata sulla sua pelle –o meglio sul suo cuore- ma un giorno dovrò farmeli spiegare uno per uno. Vedo anche lo scorpione che ha sul collo e sorrido…ne ho uno quasi identico sul braccio, però torno un attimo ad angosciarmi adesso…si, perché mi rendo conto che non so davvero niente di lui, non so nemmeno quanti anni ha, di certo siamo nati nello stesso periodo. Una lieve ma intensa speranza mi fa credere che avremo tempo di scoprirci, pian piano. Gerard ha padronanza di se anche con un microfono in mano, ma ciò non mi stupisce minimamente. Ha una voce eccezionale, che ti entra nel cuone prima che nei timpani…ma questo non glielo dirò mai, puo’ scordarselo se crede che prima o poi gli farò un complimento simile. Però stare ad ascoltarlo mi piace, si, decisamente lo ascolterei per ore.

Finita la prima parte di prove pranziamo insieme, dopo che Gerard ha ordinato al povero Ray di andare a prendere dei panini e qualcosa da bere. Ridendo e scherzando sento che posso anche iniziare a concedere qualcosa di me agli altri ragazzi che , chi in un modo chi in un altro, stanno cercando di mettermi a mio agio…a volte goffamente ma li trovo tremendamente teneri. La stanza dove mangiamo è quella che avevo visto entrando e come prevedevo dà nel cortile sul retro. Mangiamo, o meglio trangugiamo i panini e dopo usciamo per la sigaretta del dopo pranzo. Sembra ci sia quasi un tacito accordo…ci sono io, quindi quello spazio viene riservato a me e Frank, tra qualche sguardo perplesso che gira intorno a tutto ciò, capirò anche questo ma nel frattempo mi lascio rassicurare dallo sguardo ‘rassicurante’ che Frank rivolge uno per uno ai suoi amici…tranne a Gerard: lui sa e se non sa capisce. Raggiungiamo il muretto, ci sediamo e accendiamo una sigaretta…è tutto così piacevole! Per un quarto d’ora parliamo di un sacco di cose, ma ridotte infine ad un tutto ed un niente. Lui mi racconta aneddoti del loro ultimo tour mentre in totale trance io lo ascolto sognante e divertita. Mi viene da pensare che chissà quando potrò riaverlo per me tutto questo tempo… il cuore che mi batte non dalla tensione, dal rancore o dal rimorso, ma soltanto dalla felicità. “…poi quella volta che ho distrutto una parte della batteria di Bob!...” continua a raccontare tra le risa come un bambino divertito da una barzelletta “Si, è buffo!” cerco di fare attenzione a quello che dice, ma è difficile, adesso vorrei solo abbracciarlo…e forse i miei occhi tradiscono questo pensiero. Frank si zittisce improvvisamente, i suoi occhi puntano letteralmente le mie iridi, le sue labbra accennano un sorriso che da giocoso si trasforma in timido. Mi sento bruciare, non toccarmi ti prego. Si avvicina piano a me ancora seduta, le sue ginocchia si fanno spazio tra le mie, le sue mani mi accarezzano i fianchi, lievi. Le sue labbra sfiorano la mia guancia, piano, scendono, si spostano lente, fino a collidere le mie in un bacio prima lieve, poi sempre più intenso. Le sue braccia adesso mi stringono così forte che riesco a sentire il calore del suo corpo attraverso i vestiti. Credo di aver staccato la spina del cervello per un momento, incanalando tutto nelle vie del cuore…lo sento pulsare dentro di me, a ritmo insostenibile…credo che anche lui possa sentirlo questo tu-tum, incessante. Ride mentre mi bacia e piano mi accarezza. Il totale incalzare delle emozioni mi inebetisce così tanto che l’unica cosa che riesco a fare per tutto il tempo è accarezzargli i capelli…profumano di shampoo e riesco a percepire un sentore di tabacco. Adoro il suo profumo, adoro le sue labbra umide e morbide incollate alle mie, adoro la sua lingua che coccola la mia, adoro i suoi denti che mordicchiano giocosamente il mio labbro inferiore, adoro questo stato di euforia che nessuna droga ha mai saputo darmi. Adoro il mio angelo perché ho scoperto che è in carne e ossa, qui, tra le mie braccia.

“Cosa c’è…” mi chiede alzando il viso mentre mi scosto da lui. No, non sono pazza. “Ho solo bisogno di riprendere fiato un attimo” cerco di usare il tono più rassicurante che possoma è difficile col sangue che ti fa il centometrista nelle vene. Sorride malizioso, il suo sguardo tradisce il desiderio che ha di andare oltre, come le sue mani che percorrono il mio viso in una carezza che scende fino al collo per poi risalire dietro la nuca e fermarsi a giocare con l’attaccatura dei capelli. Adesso sto dannatamente a disagio, d’improvviso ho paura di non essere adatta a lui, ai suoi amici…adesso so chi sono…ed io con quel mondo non c’entro proprio nulla. E mi vergogno fottutamente nel dirgli che sto per andare alla ricerca del più squallido motel di Newark. Non riesco a credere che quasi mi legge nel pensiero spostando lo sguardo sul borsone che ho lasciato lì vicino alla porta “Hai lasciato la tua stanza…dove sei diretta?” adesso mi tiene strette le mani, quasi avesse paura che possa balzare giù da questo muretto e scappare via a gambe levate. “Devo cercare un posto dove stare, un ostello, un motel…qualche giorno, finchè non…” la solita voce che prorompe alle nostre spalle. È gerard che si avvicina a noi, passo lento ma sicuro, una diet coke in mano, la sta sorseggiando già da un po’, giusto il tempo di ascoltare la nostra conversazione. “Non ti permetteremo di andare in un motel, nemmeno provvisoriamente, vero Frank?”si gira verso l’amico poggiandogli la mano sulla spalla. Frank s’incupisce e per me è un colpo al cuore. Distoglie lo sguardo da me come se fosse mortificato del non potermi aiutare “Io abito qui vicino con mio fratello. Puoi stare da noi finchè non trovi qualcosa di più adatto” continua il cantante. Mi sta prendendo alla sprovvista, come ha preso alla sprovvista Frank. Non so cosa dire…vorrei solo scappare via davvero adesso. Frank che nel frattempo ha ritrovato un po’ di luce in viso mi fissa, speranzoso…mi sta quasi supplicando con lo sguardo. “Non accetto risposte negative” mi strizza l’occhio Gerard. Quando si tratta di rendere felice Frank sembra davero un agnellino. Sorride ed è felice. Lo vizia, ed è l’aspetto di lui che più amo e più temo allo stesso tempo. Ma sarò io a renderlo felice, non tu, quindi accetto. “D’accordo…ma solo per qualche giorno, non voglio disturbare” la mia risposta titubante dentro ma sicura nei toni fuori. I due amici si abbracciano “Ehy…è me che dovresti abbracciare!” dico a Frank tirandolo da una manica. Ridiamo tutti e tre…mi sento strana…troppe emozioni positive tutte insieme e tutte in una volta…non ero abituata a ciò. “Ehilà!” fa capolino Bob dalla porta col suo faccione “Frank sei tu di ordine oggi, vieni a sparecchiare!” “Arrivo, arrivo…” sbuffa il piccolo angelo mentre con una smorfia si appresta a rientrare. Io rimango un attimo fuori, appoggiata al muretto che ci ha visti scambiare il nostro ‘primo bacio’. Gerard sta cercando invano di ritrovare il suo sguardo severo adesso che siamo soli, fallendo però tutti i suoi tentativi. “andiamo, ti offro un caffè” mi porge la mano. Il despota che per un frangente diventa cavaliere…e questo mi piace non poco.

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Capitolo 9
*** CAP.9 – If You Want I’ll keep on Crying ***


CAP.9 – If You Want I’ll keep on Crying

È passata una settimana da quando mi sono trasferita a casa Way. Al mattino quando non vado con loro allo studio mi ritrovo sola e ne approfitto per buttare giù qualche bozza e finire qualche lavoro a metà. Gerard mi ha permesso di dividere con lui la sua ‘camera delle creazioni’… un posto davvero speciale, bello ed in un certo qual modo intimo, adiacente alla sua stanza. C’è sempre una tale confusione, tra appunti, spartiti…tutto ciò mi mette tremendamente a mio agio. E disegni. Si perché ho scoperto che ha un’arte affine alla mia…ed è anche bravo…ma questo è un altro complimento che preferisco serbare nel mio cuore. Il pomeriggio di solito siamo tutti e tre in casa, tranne quando il gruppo ha qualche impegno, tipo qualche intervista o qualche ospitata in varie tv e radio o quando hanno del lavoro arretrato che devono necessariamente terminare in studio. Frank finite le prove è solito venire a casa con noi, rimanere fino al tardo pomeriggio per poi andar via prima di cena. È strano e la cosa mi da molto da pensare…io gli ho raccontato tutto di me, o quasi, ma non abbiamo ancora parlato di lui, della sua vita, dei suoi interessi oltre la musica, della sua famiglia…sembra che ogni volta voglia volutamente evitare il discorso con qualche battutina o con uno dei suoi soliti gesti affettuosi. Non voglio forzarlo. Ammetto che questo mi fa male, ma attendo, paziente. Non voglio rischiare di perderlo cercando di farmi gli affari suoi o rischierei di ottenere l’effetto contrario, si chiuderebbe ancora di più. E non gli chiederò nemmeno perché non ha più cercato di baciarmi da quel giorno in sala prove…nonostante ci fossimo andati vicini decine di volte. Lo rispetto anche in questo, so attendere qualcosa per cui ne vale la pena, ma ho paura. ho paura che Frank non ‘senta’ quello che sento io. Poi mi guarda negli occhi ed ogni dubbio sembra svanirmi. Mi sorride, mi prende la mano, scherza nel modo dolce ed impertinente che gli riesce tanto bene. Ho tanta voglia di lui, adesso che è andato via ed è quasi ora di cena. Aspettiamo l’arrivo delle pizze. Mikey e Gerard sul divano guardano la tv, mentre io defilata, seduta a tavola li osservo. Parlano tra di loro, sornioni, si fanno i dispetti, a volte alzano la voce. Durante la mia permanenza qui sono riuscita a vedere quanto Gerard sia protettivo col fratello…a volte anche troppo, a volte un po’ insopportabile, ma sempre e comunque amorevole. Mikey accetta tutti i suoi consigli, sa quanto il fratello lo ami. È schivo, riservato ma soprattutto dolce. Mi piacerebbe che anche lui si aprisse con me visto che fin’ora è stato quello che lo ha fatto meno di tutti nonostante in pratica ci vivo a contatto da una settimana. Ha una fidanzata, Alicia, anche lei musicista e al momento è fuori per lavoro…forse sente semplicemente la sua mancanza. Mentre mangiamo non riesco a non fare nella mia mente un ‘bilancio’ settimanale. Gerard ha comprato il mio quadro anche se volevo regalarglielo…ovviamente non riuscirò a scambiare l’assegno che mi darà perché non ho un conto in banca qui, me lo terrò per ricordo... non riesco a non sorridere amaramente…ma questi soldi mi farebbero proprio comodo. Sto pian piano regalando il mio cuore a Frank pur non sapendo nulla di lui, sento solo di dovermi perdere nei suoi occhi e nei suoi sorrisi. Ho conosciuto meglio il resto del gruppo…potrebbero essere tutti fratelli tra loro per la confidenza e la complicità che li lega e ogni volta che vado alle prove per me è una giornata speciale, iniziano e chiudono sempre con Helena per farmi piacere. Lo apprezzo tanto e spero di dar loro quanto si meritano. Non ho nemmeno sentito il bisogno di farmi…è strano ma quando sento Frank, quando lo vedo o al solo pensarlo sento di non aver più bisogno di nulla al di fuori di lui.

Adesso, mentre fumo la mia sigaretta post cena sto pensando invano un modo per ripagare i fratelli Way per la loro ospitalità, ma non so davvero cos’altro fare più che cercare di tenergli la casa in ordine quando non ci sono e contro la loro voglia, mi sgridano sempre, dicono che gli ospiti vanno serviti e non il contrario. Li ammazzerei di baci davvero quando mi dicono queste cose, ma non sono brava a dimostrare il mio affetto, anche se Gerard mi capisce con un solo sguardo, quindi non c’è nemmeno bisogno che io dica nulla.. “Che fai qui tutta sola, al freddo?” Mikey che parla…accidenti. Mi raggiunge sul terrazzino interrompendo il fluire sconnesso del mio pensare dolceamaro. “No, sto bene…ho la mia sigaretta che mi tiene calda”sorrido. Lui è serio, non sembra abbia voglia di fare conversazione…ma allora perché è venuto? Continua fissare il vuoto davanti a sè, è pensieroso. Non gli chiederò nulla, se vorrà dirmi qualcosa sono qui. “Hai parlato con Frank in questi giorni?” eccolo che mi chide…di Frank. “Si…” “Non ti ha detto proprio nulla?” non riesco a capire, cosa vuol dire quello sguardo serio Mikey? Forse sei tu o forse stai cercando di dirmi qualcosa di troppo importante, ma adesso mi stai facendo preoccupare. “Mikey ma cosa…” cosa vuoi dirmi? Quella voce che sempre appare, onnipresente e onnipotente “Mikey” Gerard lo chiama, il suo tono è gelido. Mikey quasi sobbalza “Avevi detto che dovevi telefonare ad Alicia, ricordi?” si congeda con un cenno della testa mentre torna dentro, passando accanto al fratello quasi in modo servile. Odio Gerard quando si pone in questo modo, mi innervosisce. Si avvicina a me “Scusalo, a volte mio fratello parla a vanvera…” mostra il sorriso più falso del suo repertorio. Gerard quanto mi hai delusa stasera? “Buonanotte” tolgo l’occasione, non gli do il tempo di dirmi altro, perché so che sarebbero bugie. Rimane sorpreso, mi segue con lo sguardo finchè non scompaio dalla sua visuale, poi prende una sigaretta, si siede su di una sedia e rimane a guardare il cielo. Chissà a cosa pensa.

Non è ancora tempo di dormire per me, non sono abituata ad andare a letto alle dieci. Non ho voglia di guardare la tv, non ho nemmeno un briciolo di ispirazione stasera, eppure dovrei finire degli astratti iniziati avantieri. Mi getto sul letto di quella camera grande, pulita, le pareti di un rosso intenso…è bellissima. Sento la porta della camera di Gerard aprirsi, finalmente va a letto…spero che non ci metta troppo ad addormentarsi. Cinque, dieci, quindici minuti. Al diavolo, devo andare da Mikey. È già a letto da un pezzo, non voglio svegliarlo quindi spero che non stia dormendo. Busso, ma non ottengo risposta. Busso di nuovo. Nulla. Devo entrare ma devo far piano, perlomeno non rischio di fargli venire un infarto nel sonno. Da quello che mostra la lampada sul suo comodino la sua camera è ordinatissima, non ci sono vestiti sparsi in giro, tutti gli spartiti sistemati sulla scrivania, il basso nella sua custodia…tutto il contrario di suo fratello. Mi avvicino piano al suo letto e lui è sveglio e sorpreso di vedermi, si toglie l’i-Pod dalle orecchie “Ah, ecco perché non mi hai sentito bussare” gli sussurro mentre lui si sta per alzare “No, non alzarti…” mi inginocchio in modo da essere abbastanza vicina da farmi sentire mentre parlo sottovoce. “Scusa se ti ho disturbato…” continuo, ma lui abbozza un sorriso “Tranquilla, sapevo che saresti venuta” Ok alla luce lieve della lampada e coi capelli scompigliati sul viso sembra davvero bello, anzi direi che lo è. Il suo sguardo non ha nulla da invidiare a quello del fratello che mi aveva colpita mentre cantava. Il suo sussurrare mi fa ridere, è una scena davvero inusuale e divertente messa su per non farci scoprire dal despota Way Senor. Improvvisamente i toni tornano seri. Lui si mette a sedere, io davanti a lui. “Cosa volevi dirmi…” lui sospira…parla ti prego. “Mio fratello mi ucciderà…lo so” ride, adesso in maniera nervosa. Sto attendendo Mikey, non voglio metterti fretta, ma parla. “Lo so che ci conosciamo poco ed io come avrai notato non sono un chiacchierone…” che tenero. “Sei un po’ timido…” “Probabilmente si…” continua “Ma credo che tu debba sapere questa cosa perché non voglio che tu soffra” adesso sono davvero preoccupata. Ma il tono dolce di Mikey mi fa divagare un attimo, adesso mi ricorda quasi Frank nel suo atteggiamento protettivo e dolce. Anche lui riesce a mixare perfettamente le due cose. “Vai avanti Mikey” non riesco più a far finta di nulla, sono visibilmente preoccupata adesso e credo che anche lui se ne sia accorto. “Sei innamorata di Frank?” ecco, si tratta di lui, l’unica cosa che temevo. Mi viene da piangere senza sapere ancora di che si tratta. “Cosa c’entra…?” faccio finta di non capire, non voglio esporre subito la mia debolezza, come sempre. “Frank è fidanzato da tanti anni ormai, è quasi accasato.” Mi sta guardando negli occhi adesso, è sincero e lo dice solo perché vuole che non soffra, ne sono sicura è così plateale..ed è dolce da parte sua. Una dolce morte del mio cuore. Il gelo inizia a scorrermi nelle vene “Ha perso la testa per te, forse si è innamorato, ma è certo che Jamia non la lascerà mai” si chiama così, Jamia…la sua fidanzata…da anni. Cerco di deglutire, ma non riesco. “Stai bene?” si avvicina cingendomi le spalle “Si, sto bene”. Non riesco a respirare. “Non sembra…” si alza e prende i jeans “Ti va di andare a fare un giro?” sei davvero gentile, ma mi si congelerebbero le lacrime che pian piano stanno solcando il mio viso. Li mette via, sa che non andrò da nessuna parte e che probabilmente dovrà farmi da balia per tutta la notte. Ho gia il viso tra le mani mentre lui viene ad abbracciarmi stringendomi al suo petto.

nota: un ringraziamento particolare a Saphira87!!! :*

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Capitolo 10
*** CAP.10- …that made it so hard… ***


CAP.10 – …that made it so hard…

Il risveglio non è dei più piacevoli stamane, non sono nella mia camera, direi di no. È il letto di Mikey..la poltrona di fianco, vuota, con una coperta ed un cuscino in disordine. Non so quanto ho pianto stanotte, non mi sono nemmeno accorta di essermi addormentata, ero sfinita. E se davvero Mikey ha dormito su quella poltrona io non potrò mai perdonarmelo. Ho mal di testa, mi sento gli occhi piccoli piccoli. Devo sbrigarmi, non voglio che… devo fare in fretta. Mi alzo dal letto frettolosamente mentre Mikey entra in camera “Gerard sta ancora dormendo, tranquilla” sorride, ma sembra stanco…ed è tutta colpa mia. “Ho preparato la colazione, ti aspetto di là” non riesco a parlare, solo un cenno. Ma un cenno non basta per dimostrargli tutta la mia gratitudine. Il tempo di darmi una ripulita, cambiarmi i vestiti e lo raggiungo. È seduto a tavola, imburra una fetta di pane. Mi siedo di fronte a lui, anche se in realtà non credo toccherò cibo, lo vomiterei all’istante. Ma a questo penserò dopo. “Scusa Mikey, non volevo darti tutto questo disturbo…” “Non mi hai dato nessun disturbo sciocchina” mi strizza l’occhio mentre addenta la sua fetta di pane e marmellata. Il suo tono è rassicurante e davvero dolce…suo fratello non l’avrebbe mai fatto, o almeno me l’avrebbe fatto pesare a vita. Ma parli del diavolo… “Buongiorno” il suo profumo è forte, si unisce a noi, è già ben vestito e pettinato. Ho un dolore infondo allo stomaco, credo di non riuscire più a stare in questa stanza. Devo uscire a fumare una sigaretta. Mi alzò così di scatto che quasi faccio cadere la sedia all’indietro. Gerard mi fissa “Non mangi?” “No” secco. Esco dalla porta della cucina, sostando solo un attimo per aggiustarmi i capelli in un modo che vorrei sembrasse indifferente, sento parlare i due. “Gliel’hai detto?” Gerard non ottiene nessuna risposta dal fratello in un primo momento. “ Cazzo Mikey, gliel’hai detto??” è furioso adesso, il suo tono sembra voglia trattenersi da un’esplosione, è nero. “Si, gliel’ho detto…ho un cuore…io” “Ma come hai potuto??” la discussione si infiamma. Non capisco. Non capisco perché Gerard prende queste posizioni coaì…ambigue. Prima mi fa capire che è geloso dell’amico…poi lo copre per farlo stare con me. Davvero è incomprensibile il suo atteggiamento. Devo intervenire adesso, non voglio che aggredisca Mikey ancora. “Basta, smettetela!” si zittiscono. Gerard mi viene incontro, mi poggia una mano sulla spalla che prontamente gli scosto. Il suo profumo mi arriva al cervello. “Elo ascolta…” “Cosa dovrei ascoltare Gerard?…cazzo, perché mi hai tenuto nascosto tutto ciò? ?” i miei occhi rosso fuoco lo fissano, non riesce a tenere il mio sguardo, non stavolta. “Lo sai che non spettava a me dirtelo” ecco come se ne lava le mani, dovevo aspettarmelo. “Non spettava nemmeno a te farmi una doccia ghiacciata quella sera!” il suo tono si addolcisce smisuratamente nel rispondermi, ruffiano, mentre torna a poggiarmi nuovamente la mano sulla spalla “Lo sai che l’ho fatto per te…” puntualmente torno a scostargliela “Non attacca con me Gerard, non sono Frank”. Mi pento subito di quello che ho appena detto e so che Gerard non lo fa per me, ma solo per Frank. Solo per lui. Per il mio mio angelo che in reltà non è più il mio, anzi, non lo è mai stato.

Credo che non riuscirò ad avere un confronto con Frank, non sono ancora pronta. Avrei voluto essere alle prove con loro oggi, ma ho preferito evitare…non riesco ad immaginare la reazione che potrei avere vedendolo lì, bello come il sole, sorridere e suonare. Voglio evitare di star male, me ne starò buona buona in casa. Nulla puo’ consolarmi a desso…e non nego che penso che potrei farmi e risolvere tutti i miei problemi almeno per qualche ora. Non ho nessun motivo per cui non dovrei farlo adesso. Mi viene da piangere, non riesco a trattenere le lacrime…sono inchiodata qui su questo divano, la tv spenta mi fissa da ore. Mordo la manica della mia felpa, mi aiuta ad ingoiare le urla che ho in gola. Bussano. Sono le tre del pomeriggio…i ragazzi finiscono tra due ore. Bussano ancora. Non posso aprire in questo stato, non posso. Mi asciugo velocemente le lacrime, cerco di respirare a fondo. Non so chi sia, so solo che se non vado subito ad aprire butterà giù la porta. Respira ancora, respira ancora. “Frank…” non mi dice una parola, sembra turbato. Si fionda in casa chiudendo la porta alle sue spalle, mi stringe forte. E mi toglie il fiato. Vorrei picchiarlo, vorrei picchiarlo più che posso…ma non riesco ad aprir bocca e chiudo gli occhi, non voglio rendermi conto di avercelo tra le braccia. Immagino che i fratelli Way abbiano continuato la loro litigata in studio e che Frank li abbia lasciati in tredici per correre qui da me. Era meglio se restavi dov’eri Frank…non posso, non posso stare con te adesso. Mi prende il viso. “Guardami negli occhi” il suo tono adesso è preoccupato. Capisco subito a cosa sta pensando, vedo la paura nei suoi occhi, come quella sera “Non mi sono fatta, lasciami Frank” cerco di liberarmi ma non me lo permette, mi tiene stretta “Mi dispiace..” esce quasi un sibilo dalle sue labbra. I miei occhi ancora gonfi da una nottata di lacrime, continuano a versarne da stamattina, incessanti. “Io…” si blocca, ha la voce spezzata dal pianto. Il mio angelo sta piangendo, in silenzio, quasi non accorgendosene. Gli asciugo la lacrima “Vai via Frank” cerco di usare il tono più serio ed intransigente… “Non voglio parlarne, vai via, vai da lei” Mi stai fissando Frank, con quegli occhi supplichevoli che chiedono amore…ma io non posso dartene ora che so. E tu nemmeno. Ma non mi ascolti…mi prendi il viso, mi stai baciando. Le tue labbra premono le mie, salate di lacrime, tremano. Accarezzami ti prego. il tuo giubbotto cade giù, scusa, non ho trovato una sedia e il divano è così lontano. Non fermare le tue mani. La tua lingua è un fuoco mentre siamo ormai distesi. Mi abbracci, non mi dai tempo di protestare…ma hai ragione, non lo voglio, voglio solo amarti. Ti sento scivolare dentro di me, prima piano, poi intensamente. Non hai staccato un attimo le tue labbra dalle mie. Dovremmo respirare un po’ non credi? Ti muovi piano, mi fai sorridere tra le lacrime, riesco a sentire il tuo cuore, giuro che lo sento…non staccarlo dal mio, non ancora. Ti muovi più infretta a desso, e le tue labbra hanno lasciato le mie, hai il respiro affannato. E stiamo volando adesso. Non so a cosa pensi, adesso che giaci tra le mie braccia…ma non aprir bocca se non per baciarmi.

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Capitolo 11
*** CAP.11 – Not Alone ***


CAP.11 – Not Alone.

Non so quanto ho dormito, fuori è già buio. Cerco di mettere a fuoco l’ora nel grande orologio della cucina, sono le 7. Mi guardo intorno, il divano è ancora caldo lì dove ha dormito lui. È nella stanza a fianco, lo sento parlare al telefono, riaggancia, sento i suoi passi tornare da me. "Era Gerard, stanno arrivando con le pizze" sorride, e si tocca nervosamente la manica della maglia. Torno giù, affondo la testa nel cuscino del divano...mi sento scossa, sembra un incubo. Dolcissimamente amaro. Mi siede vicino, accarezza piano il mio braccio...il coraggio a volte tarda ad arrivare ma adesso non può. Prendo un respiro e riesco a direlo tutto d’un fiato “Non dobbiamo continuare…non possiamo…tu devi andartene e non dovremo più vederci” il mio tono che voleva esser fermo lascia spazio alle parole fredde e rotte da un pianto che sto cercando di trattenere con tutta me stessa. Il suo volto si illumina, di un sorriso triste quasi consolatorio, un sorriso che mai avrei voluto vedere sul suo volto perché è vero che mi sta facendo del male, ma è anche vero che quello che provo per lui è più vivo che mai e lo sarà ancora per molto dopo quello che è appena successo. “Non sono stato sincero con te…questa è l’unica cosa che mi fa star male…” Vuoi farmi credere che non sei pentito Frank? Che non ti dispiace di aver tradito la tua ragazza? No, non ti credo, tu non sei così. E scusa se non parlo, ma non so proprio cosa dirti. Sei li, mi guardi con quegli occhi grandi…mi hai presa in trappola e adesso mi stai liberando così, all’improvviso. Mi hai trascinata con te, in paradiso…ora vuoi rispedirmi sulla terra, sola. Non sono pronta. “C’è qualcosa che dovresti sapere” continua abbassando lo sguardo. Ormai hai colpito, non ti resta che affondare la lama. Fallo, in fretta. “Mi sposo in primavera”. Anche se sembra che la casa stia per crollarmi addosso e che il cuore si sia fermato poco cambia…è solo il sancire di una unione…la loro. Non gli chiederò cosa sono stata per lui, se davvero ho rappresentato qualcosa pari ad una briciola nella sua vita. Mi alzo dal divano asciugandomi quelle lacrime che non volevo scendessero giù, prendo la sciarpa ed il giubbotto. “Dove vai?” mi chiede preoccupato. “Ho solo voglia di prendere una boccata d’aria”. Dove andrei in questo momento? A cercare il mio amico Johnny. Lui saprebbe come lenire il mio dolore, come farmi dimenticare tutto anche se solo per poche ore. Mi aiuterebbe tanto, adesso….ma c’è qualcosa che mi trattiene. Sono stata così bene in questi giorni, ho lavorato, mi sono divertita, mi sono innamorata…tutto è già distrutto. Ho perso il mio angelo, ho il cuore spezzato…sarebbe una valida ragione per cercare un po’ di pace…e lo è. Ma non lo farò, non stasera. Apro la porta e mi ritrovo davanti Gerard e Mikey con le pizze in mano. Hanno l’aria stupita ma non troppo…in effetti hanno già capito cosa è successo e sanno che Frank mi ha detto tutto. Ho già sceso gli scalini dell’ingresso, ma puntualmente Gerard fa il suo intervento. Mi blocca da un braccio “Torna indietro” il suo tono autoritario è davvero inopportuno “Gerard tu sei davvero l’ultima persona che voglio ascoltare in questo momento” mi libero dalla sua presa e continuo a camminare, mi viene dietro. “Non ti lascerò andare alla ricerca di qualche spacciatore da due soldi!” adesso parla sottovoce, ma il suo tono non è cambiato. Mi volto di scatto, le lacrime stanno di nuovo rigando il mio volto, calde, contrastano col freddo che secca prepotentemente le gote. Eviterei di piangere, specie davanti a Gerard, lo eviterei volentieri. “Voglio solo…prendere un po’ d’aria” “Prima mangiamo, poi facciamo un giro se vuoi…in macchina però…” “ No.” La mia risposta secca lo spiazza, non è abituato a ricevere risposte negative. È nervoso, il fumo del suo fiato vien fuori più velocemente dalle sue labbra. “Non voglio…” arriva il fratello ad interromperlo, ha ancora il cappotto indosso. “Vado io con lei, tu e Frank mangiate. Mettete le nostre pizze in caldo” sembra che si siano invertiti i ruoli, i fratelli. Mikey, non so perché…dovrei essere sorpresa ma non lo sono, per niente. Gerard annuisce e raggiunge casa. Riesco ad incrociare lo sguardo di Frank prima che la porta si chiuda alle sue spalle…e non riesco a non desiderare di stringerlo forte, ancora una volta e dormire ancora e tutta la notte tra le sue braccia.

Imbocchiamo il vicolo di fianco casa, non c’è molto traffico ma voglio che sia una passeggiata tranquilla ed il buio mi tranquillizza, fin da bambina, non ne ho mai avuto timore. Non riuscivo a dormire se solo da fuori filtrava uno spiraglio di luce. L’aria è davvero gelida a Dicembre qui, sembra che debba nevicare da un momento all’altro…e Mikey, pazzo, è qui a congelarsi al mio fianco. Camminiamo, l’uno di fianco all’altro, la sciarpa fin su a coprirci le labbra, lui ha i guanti io non ho pensato a prenderli, era proprio una cosa superflua visto tutto il contorno. Nonostante ciò continua a sfregarsi le mani e mi viene da pensare che sia per il nervosismo e non per il freddo. “Non odiarlo” spezza il silenzio con la sua richiesta. Lo guardo sorpresa, come se non avessi capito che sta parlando di suo fratello “Gerard” mi guarda fisso. “Perché credi che lo odio?” sorride timidamente “State a beccarvi, tutti i giorni tutto il giorno…sembra quasi che ci troviate piacere!” “Magari è così…” ricambio il suo sorriso, lo merita davvero. Somigli tanto a tuo fratello Mikey…tu sei il fratello buono, questo è certo…però quando fai certe faccette sei esageratamente la sa copia. “Però quando entrate in quella camera vi trasformate…” la camera delle creazioni. C’è una magia che rende tutto empatico in quel luogo, i colori delle pareti, il disordine, i pennelli, le matite sparse sul pavimento, le cartacce… “Sembrate quasi la stessa persona” “Quasi…” sorridiamo entrambi. Ed io mi sento tanto stupida e inappropriata a quel posto e a quelle persone e non capisco perché una persona così dolce stia perdendo il suo tempo dietro una povera stupida. Mikey si ferma, mi viene davanti. Torniamo improvvisamente seri quasi volessimo evitare di dimenticare il perché stiamo camminando al freddo e al gelo verso nessuna meta. Mi guarda, sembra che stia per pronunciare il discorso più importante della sua vita…probabilmente non è facile trovarsi in questa situazione per una persona timida e riservata come lui. “Senti, io sono qui…puoi fare ciò che vuoi”. Sembra quasi un invito…e giuro che ti bacerei all’istante se solo non ti chiamassi Way! Ma so cosa vuoi dire…e non me lo farò ripetere due volte. Un singhiozzo viene fuori senza che riesca ad accorgermene…mi fiondo tra le sue braccia. È davvero alto…non ci avevo mai fatto caso.

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Capitolo 12
*** CAP.12 – Picture of You ***


CAP.12 – Picture of You

Non ci parliamo da una settimana, in realtà non ci siamo nemmeno visti se non di sfuggita quando un giorno ha riaccompagnato Gerard a casa ed io ero alla finestra. Non ho lavorato, non ho neppure preso in mano un pennello in questi giorni, nemmeno ci ho provato. Non ho voglia di alzarmi dal letto. La sveglia sul comodino mi dice che sono quasi le dieci. Il sole è alto in cielo, filtra dalle persiane e mi riscalda…mi avrebbe dato fastidio in altre occasioni, ma stamattina mi tiene compagnia. Il silenzio confortante che mi circonda mi permette di sentire la chiave che gira nella serratura della porta di casa…qualcuno dei ragazzi deve aver dimenticato qualcosa. Riconosco il passo pesante di Gerard che si ferma fuori dalla mia porta. Bussa. Gira la maniglia senza che nemmeno gli abbia detto di entrare…è incredibile come anche i piccoli gesti contraddistinguano il suo essere. “Buongiorno” ha un sacchetto in mano, lo appoggia sul comodino “sono passato dal bar, ti ho preso una brioche”sta sorridendo “lo sai che infondo non sono un mostro Elo”. È la prima volta che pronuncia il mio nome da quando ci conosciamo, ne sono sicura. “Smettila Gerard…” mi metto a sedere mentre lui mi fissa in modo impertinente. “Hai il pigiama uguale a quello di mio fratello!” continua a sorridere, ho il presentimento che mi stia prendendo in giro “Mi piaceva e me l’ha regalato…” “Si…certo…” il suo sguardo ammiccante mi disturba parecchio. Benché sia incredibilmente vicina a Mikey non c’è e non ci sarà mai niente e Gerard questo lo sa, lo capisce…in caso contrario mi avrebbe già cacciato da casa sua. “Non avevate un demo da incidere? Che ci fai qui?” “Registrano i pezzi di chitarra oggi, io non servo…sono passato a controllare se fosse tutto a posto e sono tornato a casa” si siede accanto a me e non so perché ma non mi sento minimamente a disagio. “devo farti vedere una cosa” ha l’aria di un bambino che ha appena ricevuto un bellissimo regalo e vuole mostrarlo agli altri. Rovista nelle tasche del giubbotto, tira fuori un volantino e me lo porge. “Una galleria d’arte?” Non capisco. “Si. Un mio caro amico sta organizzando una mostra…la notte di Natale.sta cercando artisti emergenti da lanciare ed io ho fatto subito il tuo nome”. Non parlo. Poggio il volantino sul comodino. “Hi due settimane di tempo per raccogliere e sistemare i tuoi lavori…” il suo tono è felice e devo dire la verità, coinvolgente. Per quanto la mia presa di posizione sia quella di contraddirti sempre e comunque stavolta è difficile dirti di no Gerard. Però non posso, non sono dell’umore giusto. “Non credo sia una buona idea Gerard” distolgo lo sguardo da lui “Perché no? È la tua grande occasione!” “Lo so…ma io…io non sono ispirata, non ho stimoli, i miei pennelli sono rinsecchiti nella loro custodia…” mi stringo nelle spalle, sono davvero sincera. Non ce la faccio. “Ti aiuto io” appoggia la sua mano sulla miaed è una sensazione strana. In effetti il nostro primo ‘approccio’ fisico è stato alquanto violento.. “Tu hai tanti impegni…” “Mi prendo una settimana, finiamo il lavoro in una settimana, te lo prometto”. Ecco, so che me ne pentirò, ma sento che sto per aprirgli il mio cuore. “la verità Gerard, è che non c’è più niente che mi trattiene qui…” riesco a ricacciare indietro il pianto con un respiro profondo. “Anche lui sta male”…non piangere Elo…non piangere. “La sua vita era perfetta prima che incontrasse te. Ha preso una sbandata che non l’ha solo mandato fuori strada, ma l’ha spinto fin giù nel precipizio” è inevitabile adesso, sto piangendo “non ride più, non scherza più, parla solo se interpellato…a monosillabi talaltro” stai zitto ti prego…non voglio sentire altro” e te lo urlerei in faccia se solo ne avessi la forza. “Adesso l’unica cosa che puoi fare per farlo star meglio è fargli vedere che stai bene, o almeno che ci provi, che continui a vivere e lavorare” Bravo Gerard, continui a colpire il mio punto debole, non hai pietà. Ma la cosa che più mi fa rabbia è l’essere così trasparente ai tuoi occhi…mi da fastidio che tu riesca a leggermi dentro. “Quindi adesso smettila di frignare, alzati e andiamo a finire quei cazzo di quadri!” la sua voce autorevole ma protettiva allo stesso tempo mi tira fuori un a lieve risata. Ma che persona sei Gerard? Riuscirò mai a capire chi sei veramente? Si alza e mi tira praticamente giù dal letto. Adesso siamo l’uno di fronte all’altra, mi stai guardando negli occhi. I tuoi sono bellissimi, davvero…ma mi sento in colpa solo a pensarlo. Mi asciuga le lacrime e non porta via le mani dal mio viso. Adesso puoi abbracciarmi se vuoi, giuro che stavolta non ti prendo a calci… gli sorrido. Deve aver letto anche questo nella mia mente visto che mi tira a se e mi stringe forte. Quasi mi stritola mentre cerco di ricambiare il suo abbraccio. Ho temuto che mi baciasse…mi sento sollevata. Restiamo appiccicati non so per quanto tempo, forse cinque minuti. Adesso si sta ricomponendo quasi volesse cancellare quel momento di debolezza. Troppo tardi Gerard, ho appena fatto in tempo ad accorgermi che anche tu hai un cuore. Si avvia verso il corridoio. Prima di uscire dalla mia camera si volta celando un piccolo sorriso “E vestiti…che col pigiama di mio fratello mi fai impressione”. Chiude la porta lasciandomi qualcosa di buono…non il cornetto sul comodino, ma un sorriso stampato sul viso.

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Capitolo 13
*** CAP.13 – So Fix Your Eyes and Get up ***


CAP.13 – So Fix Your Eyes and Get up

Sono distrutta, non mi reggo in piedi…le palpebre pesanti potrebbero venir giù da un momento all’altro grazie a questo comodo sedile e alla guida pulita di Gerard che mi culla, piano. È colpa sua, mi ha fatto andare a letto alle 4 per aiutarmi a terminare una bozza che andava già bene e stamane alle 6 mi ha svegliata con un’ ‘idea geniale’…non so come faccia a dormire praticamente niente. E non so nemmeno come mi sono lasciata convincere ad andare con lui in sala prove…forse il fatti di essermi sentita quasi serena in questi giorni mi ha dato l’illusione di essere già ‘pronta’ ad affrontarlo, ad affrontare Frank. Non mi ha lasciato scelta, ha usato la sua tattica di ricatto psicologico ‘me lo devi, son stato una settimana appresso a te ai tuoi quadri, non puoi dire di no…’ Gerard, sei sempre uno stronzo, sapevi che questa volta non ti avrei detto di no.

È stata dura ma sono riuscita a conoscerlo un po’ di più in questi giorni,sul piano lavorativo intendo, ma è sempre una parte di lui. Gerard ha un occhio particolare per l’arte ed una spiccata sensibilità nel percepire le cose, gli stati d’animo, i sentimenti. È riuscito a tirarmi fuori emozioni che nemmeno sapevo esistessero dentro me, forme particolari, intense e distorte di allegria e tristezza, rabbia e tranquillità..è riuscito a guidarmi grazie a lui i miei lavori adesso hanno una diversa impronta. Non so spiegare in che senso, perché non è una cosa che si percepisce a prima vista. Mi ha fatto vivere ogni segmento ed ogni pennellata che ho impresso alle mie tele e gliene sarò grata finchè vivo. Mi ha stremata, devo essere sincera. Mi permetteva di dormire poco e niente, mi faceva iniziare una bozza per poi decidere, a metà dell’opera, che non andava bene e accatastarla in mezzo agli altri centinaia di ‘scarti’, come li chiama lui. Mi sarei immaginata guerra e sangue dal primo sino all’ultimo minuto invece è stato fondamentalmente gentile per tutto il tempo. A vote era nervoso, fumava una sigaretta dietro l’altra, voleva portare a termine qualcuno dei suoi lavori ma non aveva la concentrazione giusta. Io lo capivo, lo lasciavo solo qualche minuto, andavo in cucina e tornavo con due tazze di tè e qualche biscotto. Ci sedevamo sul divanetto e consumavamo la nostra merenda in silenzio. Mi dispiaceva vederlo teso, probabilmente era colpa mia, anzi, sicuramente ma non me l’ha fatto mai pesare…era tanto concentrato sul mio lavoro che ha accantonato un attimo il suo. Secondo punto per cui gli sarò eternamente grata.

“Ehi…ehi svegliati” la sua mano mi scuote con la sua solita poca finezza “Grazie per l’infinita delicatezza Gerard…” mi strofino gli occhi “Siamo arrivati”. Tira via le chiavi dall’accensione e fa per aprire lo sportello mentre improvvisamente torno alla realtà ed il cuore rischia di fermarsi “Aspetta!” lo trattengo da un braccio, stringendolo così forte da trasmettergli buona parte del mio terrore. Richiude la portiera. “Devi stare tranquilla…” mi rassicura con uno sguardo così dolce che fatico a riconoscerlo come Gerard Way. In realtà vorrei scendere da quest’auto e correre a cercarlo il mio angelo, per saltargli al collo…e dirgli quanto violentemente mi ha strappato l’anima. Spasso spedito, il cortile che tanto mi ha colpito la prima volta è adesso completamente indifferente ai mieiocchi, potrebbe esserci passato un tir sopra mi interesserebbe poco. Prendo di petto la situazione, entro li dentro, mi comporto normalmente, chiacchiero coi ragazzi, prendiamo un caffè e tutto sembrerà normale. Io non starò male ma vedrò Frank e gli sorriderò ‘Hai visto? La mia cazzo di vita va avanti’. Appena Gerard apre il portone per farmi entrare crollano tutti i miei buoni propositi alla vista di Frank…e non è per nulla come lo descriveva, non sembra morire di tristezza, anzi, ride e scherza con Ray. È un attimo, i nostri occhi si incontrano…non saprei nemmeno descrivere la voglia che avrei di scappare perché dirlo così è proprio riduttivo. Pronta la pacca sulla spalla di Gerard mentre continua la sua camminata mettendo una mano intorno alle spalle di Ray portandoselo via, lasciando in quel piccolo corridoio Frank, proprio di fronte a me. Non si muove di un centimetro, io non trovo altra soluzione che quella di imitarlo. I nostri occhi rimangono a fissarsi e stiamo già stringendoci con lo sguardo, ma non mi basta Frank, credo che sia arrivato il mio momento di debolezza stavolta… Ti vengo incontro e non ti do nemmeno il tempo di fare quel passo che stavi per fare per venirmi incontro…ho già preso possesso del tuo, collo, le mie braccia non ti mollano. “Lo so Frank, lo so che eravamo d’accordo…ma non voglio fare nulla…mi basta abbracciarti un attimo” sorride piano, ma lo sento vicino al mio orecchio mentre mi stringe forte a se “Puoi abbracciarmi per tutto il tempo che vuoi” Sono una frignona, lo so, ma adesso giuro che sto piangendo se non di gioia di nostalgia…che è comunque un sentimento positivo perché è il ricordo di cose belle…che adesso mancano ma che sono state importanti. “Ti ha trattata bene Gerard in questi giorni?” si è scostato poco per accarezzarmi i capelli ed è tornato il Frank di quando l’ho conosciuto, per un attimo, un angelo dolce con lo sguardo dispettoso…ma quel velo di tristezza lo vedo e quasi mi consola vederlo star male perché forse vuol dire che almeno un pochino tiene a me. Schifoso egoismo…ma sono io quella che è stata imbrogliata…perché alla fine ha sbagliato lui, verso una, anzi, due persone che…lo amano. Si posso dirlo anche io perché questo dolore che provo sapendo di averti perso ancora prima di trovarti come si spiega? “Uhm…si, mi ha trattato benino. Una mattina mi ha anche portato una brioche…” ride di gusto. “Dimmi che ti sei confusa e stai parlando di Mikey ti prego…!” “Giuro…” la sua risata è contagiosa e lo è anche adesso che stiamo parlando di questa cazzata per non arrivare al punto, per non arrivare a parlare di Noi. “So che stai continuando a lavorare…che esporrai i tuoi dipinti ad una mostra…” non credo che sia Gerard a parlargli di tutto ciò, piuttosto credo che sia Mikey a spifferargli tutto in assenza del fratello. “Si…ho una paura tremenda, sarà un disastro” mi afferra dalle spalle “Sei una genetta, e le tue mani” le bacia “non dipingono soggetti su tela, ma emozioni. Pure e forti…come te” “Io non sono forte Frank…” “Si che lo sei…” mi abbraccia ancora, le sue labbra premono sulla mia guancia…si trasforma in un bacio, nascosto. Forse questo è il momento per dirgli…dirgli cosa provo. Forse starei ancora più male, forse rischierei di allontanarlo definitivamente ma i battiti del mio cuore mi dicono che sta per succedere l’irreparabile. Ti amo frank e forse è sbagliato dirtelo adesso dopo aver preso accordi differenti. “Frank, io devo dirti una cosa…” sento che le sue mani frenetiche che ora arruffano e ora stendono la mia maglia dietro la schiena…sei nervoso e probabilmente non vuoi sentire quello che sto per dirti, perché te l’ho già detto mille volte con gli occhi e tu mille volte lo hai sentito. ‘Ti ascolto, ti prego dimmelo’ me lo stai dicendo tu con gli occhi adesso ed io lo sto sentendo. Perché molti la chiamano telepatia, invece è solo un semplice ma complicato sentimento. “Frank…stiamo aspettando te…” Accidenti a te Gerard, non hai pietà. Devono iniziare. Mi avrebbe uccisa con gli occhi qualche settimana fa se mi avesse visto così vicina a Frank…ma adesso è un Gerard buono…o almeno così sembra, anche se c’è poco da fidarsi. Lui è geniale in tutto, anche nel manipolare le persone. Ma se c’è una cosa che ho capito di lui è che non lo fa mai per il solo piacere di farlo, vuole proteggere chi ama e la maggior parte delle volte sbaglia, a volte anche clamorosamente…ma se le intenzioni sono spinte dai sentimenti tutto viene poi annullato…ed io ho quasi portato a zero il rancore che provavo. Sei serio Frank, fin troppo serio, sai che ormai non dirò più nulla…e non farlo nemmeno tu…non dire nulla. Sorrido adesso, è un sorriso triste, ma forse è meglio così. “Mi sei mancata da morire…” ti stringo forte a me e d’impeto potrei anche dirtelo, adesso. Ma evito, ed evito di farmi vedere ancora una volta con le lacrime agli occhi. “Sei mancato più tu a me…e non posso nemmeno pensarti liberamente senza sentirmi in colpa…” e qui non voglio colpevolizzarti, lo giuro…anche se potrei tranquillamente farlo con tutte le ragioni del mondo. Respiro profondo per entrambi. È ora di tornare alla vita reale, quella che non ci vedrà mai insieme. “Su, andiamo” è bello sentirlo parlare al plurale ‘andiamo’ riferito a me e lui, a noi. “Andiamo”.

Le prove sono iniziate da quasi un’ora. Mi sembra di essere tornata indietro ad un mese fa…loro provano ed io li osservo estasiata. Aspetto impazientemente la mia Helena, la suoneranno alla fine,è certo. Ho bisogno di una sigaretta. Raggiungo il cortile sul retro, mi siedo su quel muretto che ha vissuto insieme a noi il nostro primo bacio. La sigaretta mi cade quasi dalle labbra che si aprono in un piccolo amaro sorriso. È tutto così identico a quel giorno…anche il profumo che c’è nell’aria…e se chiudo gli occhi rivedo la scena: lui che si avvicina, le gambe che si incrociano, le sue mani sui fianchi, le sue labbra che mi accarezzano le guance prima di arrivare a collidere le mie… “Si mamma, sarò a casa per cena, ciao!!” una figura nuova ai miei occhi compare quasi correndo urtandomi con una bustona strapiena di roba facendomi bruscamente e fastidiosamente tornare alla realtà e facendomi scappare di mano l’accendino. “Cazzo ma stai attenta!” le mie reazioni sono sempre alquanto esagerate me ne rendo conto e mene pento davanti l’infinita dolcezza di quella ragazza. “Scusami, non volevo” mette giù le buste e si china a raccogliere l’accendino “Ti ho fatto male?” me lo porge “No, è tutto ok…” che figura Elo, sei una gran cafona. Si apre in un sorrisone. Mora, rotondetta, viso tondo e sorriso dolce “Devo scappare, scusami ancora! Ciao!” nemmeno il tempo di risponderle un misero ‘ciao’ è già sparita all’interno.

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Capitolo 14
*** CAP.14 – Insane Thoughts ***


CAP.14 – Insane Thoughts

Frank sgranagli occhi. “Ja-Jamia…cosa ci fai qui?” gli si attacca letteralmente al collo. “Volevo farti una sorpresa!” sguardi sgomenti e preoccupati corrono nella sala. “Ho comprato delle cose che volevo farti vedere…ma non aprire questa busta perché c’è il tuo regalo e non voglio che tu lo veda!” Frank le sorride…quello che è presumibile è che senta una stretta al cuore…per felicità o tristezza…non lo sapremo mai. Gerard continua toccarsi nervosamente il ciuffo… “Vado a fumare una sigaretta”. Si defila in fretta. Trafelato esce dalla sala con in mano la mia giacca “Tieni,andiamo” non capisco, sembra che abbia una fretta assurda “Dove vuoi andare? Stai per perdere il treno?” cerca di mantenersi calmo ma i suoi occhi trapelano il volermi trascinare via con la forza “Ho pensato che potremmo andare a comprare i regali di Natale” dice poco convinto. “Adesso?” non capisco cosa gli stia passando per la testa. “Si…coraggio” mi prende da un braccio “Aspetta devo…” faccio segno col braccio libero verso l’interno della sala “Saluterai i ragazzi dopo…adesso dobbiamo andare”. Mi blocco a forza. Non mi convinci Gerard.”Che sta succedendo…?” mi fissa senza riuscire a darmi una risposta. Mi libero il braccio e vado per entrar dentro la sala, dalla quale provengono chiacchiere e risa. È un attimo un po’…strano. Sono confusa. La ragazza che poco prima stava per travolgermi è tra le braccia di Frank…gli aggiusta un ciuffo fuori posto. Lo bacia. È ironico come nel giorno in cui avrei dovuto mettermi alla prova e tagliare totalmente i ponti ho quasi ribaltato il tutto con la malsana idea di dichiarargli il mio amore…e adesso ringrazio il cielo per non averlo fatto. I miei piedi sono incollati al pavimento, sento le braccia pesanti, sudo. Si è accorto che sono qui e lo sto fissando…li sto fissando. Sa che ho capito, sa che non gli dirò nemmeno una parola, né ora né ogni altra volta che ci vedremo, per caso, da una finestra. I suoi occhi tradiscono malcontento…la ragazza che le sta attaccata sprizza amore e gioia da tutti i pori…ma lui non è colei, non sente la sua voce che gli racconta dei saldi pre-natalizi, non sente le sue mani che di tanto in tanto gli accarezzano i capelli, non sente nient’ altro che un profondo desiderio di prendere a calci il mondo. “Andiamo” una voce mi sta sussurrando all’orecchio mentre mi sento trascinare fuori, la presa è alle mie spalle forte e decisa. Non oppongo resistenza, anche perché non ho la forza fisica per farlo, il cervello ha disconnesso ed accantonato le mie attività motorie. Quasi mi accascio appoggiando le mani al tettuccio della macchina di Gerard. “Dai, sali…” mi aiuto tenendo lo sportello aperto mentre io prendo posto. Raggiunge il suo posto guida e partiamo.

“Dimmi qualcosa” … “e smettila di fissare il vuoto” È la terza volta che me lo chiedi Gerard…ma è l’unica volta che ti sento in apprensione. Accosta sulla strada che doveva essere quella del centro commerciale, ma invece è quasi mezzora che giriamo in tondo ad una vecchia superstrada che serve a collegare due zone alquanto periferiche del Jersey. Mi fissa mentre le mie mani corrono tra i capelli, poi aggiustano i lembi della giacca e poi vanno a controllare le unghie sfiorandole ad una ad una. “Mi dispiace…non sapevo venisse lei oggi…”. Silenzio. Mi blocca le mani. “Rilassati” E’ facile a dirlo quando l’unica cosa che vorrei fare è andare sul ciglio di un burrone per metter fine alle mie sofferenze. Si, sono tragica, lo son sempre stata... E ho bisogno di qualcuno che ha già…qualcuno. Dio Santissimo. Ormai piangere rientra nella routine della mia vita…a volte mi sembra anche di piangere mentre dormo, mentre mangio,mentre rido… talmente sono abituata ad avere le guance bagnate che quando non lo sono le sento secche. Le mie lacrime allontanano Gerard che molla le mie mani quasi fossero diventate insopportabili al tatto. “Dovresti fartene una ragione invece che continuare a piangere” le sue parole dure mi trafiggono il cuore e adesso sembra una persona totalmente diversa da quella che mi ha mostrato durante tutta questa settimana. Non ho la forza di risponderti, non lo farò. Non posso nemmeno dire o pensare che voglio tornare a casa, rintanarmi nel mio mondo, trovare un po’ di pace…perché una casa non ce l’ho…e non chiamerò casa…casa tua. Forse sarebbe ora di tornare in Italia, di tornare alla mia tranquilla vita da disoccupata a disegnare per hobby. “Andiamo a casa?” mi chiede addolcendo il tono, quasi si fosse pentito della durezza usata poco prima. “Si.” La strada di ritorno sembra decisamente più lunga di quella dell’andata...primo perché non riuscirei ad addormentarmi nemmeno sotto sedativi, secondo perché il disagio che mi tiene lontana da Gerard è insopportabile e siccome il mio destino è quello di soffrire è ovvio che la strada debba allungarsi perché ciò si adempia nel migliore dei modi. Ha iniziato a piovere, è quasi l’una quando arriviamo a casa. Corriamo fin sotto il portico coi giubbotti in testa, appena aperta la porta ci fondiamo in casa. L’umido entra sin nelle ossa, sono fradicia…dal parcheggio a qui sembra che abbia camminato un’ora sotto la pioggia… dannazione. “Tieni, asciugati” Gerard mi porge un asciugamani…non mi sono nemmeno accorta che si è allontanato per andare a prenderla. Solo che non riesco, devo sedermi un attimo. Prendo la prima sedia che trovo, metto giù l’asciugamani, ritengo la fronte. Forse ha ragione, devo rassegnarmi. Il solo pensiero mi da una quasi piacevole ma triste serenità. Mi si avvicina Gerard, si inginocchia davanti a me, le mani sulle mie ginocchia, le stringe come per darmi forza. “Basta piangere adesso”…un ciuffo di capelli sul volto copre parzialmente i suoi occhi ed è un peccato, perché sono particolarmente belli. So che è fuori luogo questo pensiero adesso, ma ad averli così vicini è un peccato non poterli ammirare. “Non piango più, è stata la pioggia” sto dicendo il vero, ho smesso di piangere varcata la soglia di ‘casa’. Non so come ma questo posto riesce ad avvolgermi...malgrado il mio orgoglio non mi permetta di affezionarmici troppo. “Aspetta…” prende un lembo dell’asciugamani che dopo essersi asciugato ha messo intorno al collo e asciuga il mio viso. Vorrei lamentarmi ma in realtà è così delicato che non so proprio cosa dire. Il contatto seppur attraverso un telo da bagno mi fa sussultare e mi rende nervosa…enon perché Gerad non è tipo da smancerie, perché è il tipo che mi ha sempre trattata a calci in culo…sento che non è questo il motivo…e ciò mi spaventa parecchio. Sono stanca probabilmente. Gli scosto la mano dal mio volto, piano “Basta così…” tengo gli occhi bassi e se lo conosco un tantino direi che come al solito ha letto e interpretato tutti i miei pensieri. Mi aspetto una frase sarcastica, una risata ironica, un insulto, si, anche quello…ma nulla di tutto questo vien fuori dalle sue intenzioni. Mi sta fissando, alzo lo sguardo per esserne sicura ed è proprio li guardare dritto dentro ai miei occhi…adesso posso aggiustare quel ciuffo bagnato e ribelle ch’egli cade sugli occhi mettendolo dietro il suo orecchio. Non fraintendere il fatto che mi piace guardarti negli occhi perchè non è proprio il caso. E non fraintendere nemmeno il fatto che dopo averti messo il ciuffo dietro le orecchie abbia raggiunto il tuo collo con una carezza…no, non devi. Forse è troppo tardi perché ti stai avvicinando, ma io sono pietrificata, non mi muovo, quindi ti prego, torna indietro. La tua mano destra adesso tiene salda la mia nuca mentre continui ad avvicinarti…sento il tuo fiato sul volto adesso… “Non ci provare nemmeno” quella frase che era solo un pensiero sconnesso vien fuori dalle mie labbra, dura. Gerard si ferma, ma non sembra mortificato…come potrebbe, non rientra nel suo ‘essere’. Si alza, come nulla fosse successo, continua ad asciugarsi un altro po’ i capelli, poi si avvia in camera, senza dire una parola. Cosa mi è preso?... Rido seduta su questa sedia.

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Capitolo 15
*** CAP.15 – Santa Through Back Door ***


CAP.15 – Santa Through Back Door

Manca un giorno alla vigilia di Natale, nonché alla vigilia della mostra. Sono più nervosa al pensiero dei regali che dovrei comprare che ai quadri che dovrò esporre…talaltro vengono a ritirarli stasera…sceglieranno quelli più adatti e non mi stupirei se decidessero di non esporne nemmeno uno. In fin dei conti hanno visto solo quello che ha comprato Gerard…e non credo ne vedranno altri di quel genere visto che non ho nessuna intenzione di ricadere nel baratro benché stia duramente lottando contro me stessa voglio fare una cosa buona nella mia vita.

In realtà come dicevo, la cosa che mi preoccupa davvero è il Santissimo Natale. Nonostante il paese si pieno di luci, addobbi e ‘Babbi Natali’ ad ogni angolo non riesco proprio a sentirne l’atmosfera, tanto meno dopo il sogno che ho fatto questa notte…Gesù…potessi cancellarlo lo farei senza indugio. Nemmeno adesso che sono in macchina con Mikey e stiamo andando a ‘comprare i regali’ …anzi, continuo a ripensare a quel sogno e non posso farne a meno perché determinati fotogrammi mi si sono stampati in testa col Super Attack.

Nell’allegra piazza troneggiava un gigantesco albero di Natale pieno di luci colorate, festoni e addobbi vari. Tanta gente intorno danzava e cantava mentre i musicisti ravvivavano la festa con cornamuse e tamburelli.

Io stavo seduta in un angolo, mi godevo la festa a modo mio, mentre Frank cercava in tutti i modi di convincermi…voleva ballare, voleva che lo seguissi nella sua festosità. Il suo sorriso era raggiante, i suoi occhi brillavano. Era il mio angelo immutato. Mi teneva per mano e mi tirava a sè finchè non riuscì a farmi alzare.

Ballammo tutta la notte l’uno nelle braccia dell’altra, fino all’alba, quando le nostre labbra si chiusero in un bacio caldo e intenso –giuro su Dio che l’ho ‘sentito’ davvero- poco dopo mi disse che aveva qualcosa per me. Uscì una scatolina dai pantaloni –ironia della sorte- …ed io piangevo di gioia davanti l’amore delle mia vita…e mentre un altro bacio si apprestava a nascere un vento intenso si abbattè su di noi, al che la folla si aprì mostrando Gerard che come una furia veniva verso di noi con una pistola in mano –giuro che a pensarci adesso potrei morire dal ridere- poi uno sparo.

Mi svegliai di soprassalto…voglio dire…decisamente un’esperienza da non ripetere! Un po’ per la nostalgia di Frank, di averlo avuto anche se per pochi minuti tra le mie braccia, sulle mie labbra…e tutto così fottutamente reale. Un po’ per il terrore di mister Way che mi perseguita anche nei sogni…ed è triste, perché dopo averci passato una settimana a stretto contatto mettendo a nudo la nostra più profonda sensibilità, dopo averci diviso la casa praticamente da più di un mese…ma soprattutto dopo quell’incomprensibile ‘tentativo’ si è nuovamente alzato un muro. Ed è comprensibile davanti ad un momento così…inopportuno,imbarazzante…ed emozionante al tempo stesso. Non chiedetemi di spiegare quest’ ultima affermazione perché non riesco nemmeno io a darle una spiegazione umanamente e sentimentalmente logica…talaltro non ci penso nemmeno, né vedo il motivo per cui dovrei.

Vorrei solo vedere il mondo con occhi diversi e vorrei che tutto fosse più facile.

Mikey sta canticchiando ‘Teenagers’ che sta passando in radio proprio in questo momento. È buffo come lui sia l’unica persona che riesca e darmi tranquillità e qualche rara voltachenon sono persa nei miei pensieri, serenità. ”Che succede?” mi chiede quando si accorge che finalmente torno alla realtà “In che senso Mikey?”…”Intendo con mio fratello, da rose e fiori a gelo totale…” come faccio a dirtelo? Tanto non mi crederesti. Il fatto è che sono un’idiota totale, ecco che succede…e tuo fratello lo è più di me. “Ma nulla, semplicemente non siamo d’accordo su una cosa…” non cercare di approfondire adesso, per favore. “Dev’essere una cosa abbastanza delicata viste le reazioni…” si, lo è. Anche troppo. “Ma no, vedrai che si sistema tutto”…”Bugiarda”. No eh, non leggermi in testa anche tu…ma è un vizio di famiglia? Gli sorrido, lui ricambia…sa che non gli dirò nulla di più. Nel frattempo abbiamo già parcheggiato e ci avviamo. Ci attende confusione e indecisione dietro quelle porte scorrevoli.

‘Jingle Bells’ risuona ad ogni piano mentre decine di bambini corrono avanti e indietro lungo tutti i corridoi. Maledetti. “Che ne pensi di questa per Gerard?” mi mostra una maglia nera bordata di rosso “Può andare…se ce l’hanno tre taglie in più…” scuote il capo per sottolineare la mia battuta acida. Ma non è mica una battuta.

Lui ha quasi finito, ha pensato proprio a tutti, in realtà non ho nemmeno fatto caso ai suoi acquisti, ho continuato a guardarmi intorno rispondendogli si o no distrattamente di tanto in tanto. Io non ho ancora iniziato a pensare, a farmi un’idea di quello che vorrei comprare… poco male, tanto sono le 5, abbiamo tutto il pomeriggio a disposizione. Prendiamo l’ascensore per recarci al reparto gioielleria dove suppongo che Mikey spenderà una fortuna per Alicia. Appena scatta il campanello di arrivo al piano e si aprono le porte ci accorgiamo di aver sbagliato: siamo approdati al reparto giocattoli. Ed è il delirio. Due elfi, o almeno avrebbero dovuto sembrare elfi, ci afferrano dalle braccia, a modo loro in modo simpatico trascinandoci in mezzo alla folla che attornia un Santa Claus che fa le foto con grandi e piccini “Oh no Mikey ti prego…” lui mi guarda, scoppia a ridere e non la finisce più. Sembra divertirsi davvero come tutti quei bambini, però mica per i regali…sta ridendo di me. “Io non mi faccio fotografare ti avverto…” continua a sorridere “Tocca a voi, su!” uno di quegli elfi viene a prenderci. Vorrei sparire, giuro che vorrei sparire in questo momento. “Su, fate Cheeeeese!” signorina che stai per scattare la foto, non sai quanto ti odio e quanto ti maledico. “Ora possiamo andar via?” il mio viso è in fiamme “Ma certo, andiamo”.

Continua a guardarmi e ride. “Adesso basta…” …”ma se stai ridendo anche tu!” è vero, ok, adesso che siamo già di ritorno verso casa posso anche ridere. Do un’occhiata alla foto, un’orribile polaroid dove sia Mikey che Santa stanno ridendo ed io…oh mamma mia, una smorfia d’indecisione, non sapevo se forzare un sorriso o rimanere seria…ed ecco il risultato. “Posso gettarla?” gli dico facendola sventolare fuori dal finestrino “ma nemmeno per sogno” me la strappa dalle mani “Ingrata”…”ma di che??” ride ancora. Meno male che siamo quasi arrivati a casa, carichi dei nostri regali. Io in realtà ne ho presi solo tre: Mikey, Gerard –glielo devo, senza storie…l’ho fatto anche col cuore- e Frank. Non so se è stata una buona idea…ma è come se fosse una specie di affettuoso addio. Gli darò il mio regalo, gli dirò che mi mancherà, che tornerò presto in Italia… o forse non glielo darò e non gli dirò nulla di tutto ciò.”Stai di nuovo viaggiando?” chiede Mikey ironico “No, sono qui” gli sorrido. Lo so che si preoccupa per me e quando lo fa è estremamente dolce. “E cerca di rimanerci”…poggia la foto sul cruscotto mentre cerco in tutti i modi di non commuovermi guardandola. Non è che adesso senta lo spirito del Natale ma almeno ho passato un pomeriggio piacevole…elfi a parte.

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Capitolo 16
*** CAP.16 – Waiting for the Light. ***


CAP.16 – Waiting for the Light.

La galleria è piena di gente, Gerard dice che sono tutti amici e ne sottolinea l’importanza di alcuni. Prima di questa sera non ci eravamo rivolti la parola, da quel giorno,nemmeno durante il tragitto per venire sin qui, niente, solo una veloce occhiata prima di salire in macchina come un reciproco scambio di pareri ‘ok, mi piaci’…’anche tu’. Siamo arrivati insieme, com’era giusto che fosse. Gerard è elegantissimo, tutto vestito in nero…pantaloni, giacca, camicia. È bello da mozzare il fiato, nonl’ho mai negato. Io ho scelto quest’abito nero, molto soft che mi arriva alle ginocchia…non che sia una ragazza sexy, anzi, tutt’altro, ma è l’unico che mi da una forma decente e la scollatura non è nemmeno troppo esagerata…poco importa, tanto la mia scarpina rossa non la tolgo manco morta, mi sento nuda senza. Non avevo voglia di andare dal parrucchiere tra le altre cose, così i capelli li ho raccolti in una coda alta e mi sento anche più a mio agio. Non ho mai avuto molta cura di me e del mio corpo…e non perché il mio hobby principale era sballarmi –si, parlo al passato- ma semplicemente perché l’esteriorità non è una cosa vitale per me,anzi,sarò prevenuta ma mi sa esclusivamente di superficialità, non tanto in un uomo quanto al cento per cento nelle donne. Mi ha presentata a tutti come la sua ‘scoperta’ e non è una cosa che mi garba molto in realtà, ma questo è l’ultimo dei miei pensieri adesso, mentre sto passando al setaccio ogni persona presenta in questa sala, che non è grandissima, ma da una sensazione dispersiva…talaltro non sono riuscita ancora vederlo. Dovrebbe essere già arrivato, con Jamia. Ebbene si, sono pronta a subire questo attacco frontale al cuore. Salutiamo tutti gli ospiti, tartine e convenevoli. Probabilmente si saranno accorti che non mi interessa proprio nulla se qualcuno comprerà i miei quadri o meno. Provo a distrarmi un attimo, a pensare ad altro, come ad esempio che tra un po’ finalmente conoscerò Alicia. L’ho vista parecchie volte, ma solo in foto… Mikey ne ha la camera piena.è una ragazza davvero carina a mio modesto parere, mala curiosità mi attanaglia, voglio conoscerla, vederla da vicino. Poco prima che arrivassimo Mikey ha chiamato Gerard dicendo che era appena arrivata e che avrebbero finito di sistemare le valigie per poi raggiungerci…ma io credo che avessero ben altro da fare. “A cosa pensi?” riesce a farmi quasi saltare in aria e…wow mi ha rivolto la parola. “Uhm…tu hai una pistola in casa Gerard?” si esibisce in una simpatica e quasi sincera risata “Cos’è, hail’incubo che possa ucciderti??” in pratica si. Continua a ridere e non nego che lo imito volentieri…se inizia a ‘vedere’ anche i miei sogni è la fine! “Beviamo qualcosa?” gli chiedo per tentare di sviare il discorso stupido…ma almeno è servito a ‘rompere il ghiaccio’…di nuovo e dopo ogni volta che torniamo punto e a capo, ma stavolta è diverso, cazzo se lo è. Non riesco guardarlo negli occhi, lui invece non ha nessun tipo di problema…vorrei avere la sua freddezza. “Acqua?” mi chiede “Si” … “Ok, anche se sarebbe opportuno brindare…i tuoi quadri sono quasi tutti venduti”. Venduti, lo so, ma non riesco ad entusiasmarmi e accidenti lo vorrei tanto. La gente elegante, il buffet, l’ambiente tutto…non fa per me. Certo, è un piacere vedere che c’è qualcuno di estroso che ravviva la serata, gente ricca, ma comunque con quel loro stile ‘new age’ , quasi anticonformista che mi affascina…e sinceramente trovo più conforto nel guardare un paio di trasandati jeans piuttosto che un completo di dolce e Gabbana, benché sia l’unico pezzetto di Italia che ci sia nel raggio di migliaia di chilometri. Gli sorrido e torno ai miei pensieri, sono io che voglio mantenere un distacco stasera. Si, distacco da lui e da tutto il resto a lui connesso. “Ci stai pensando vero?” irrompe ancora una volta nei miei pensieri dissolvendoli. E mi colpisce col suo tono, serio e quasi imbarazzato, ma comunque complice di un ‘qualcosa’ al quale stavamo evidentemente pensando tutti e due nello stesso momento, sebbene i miei intenti erano all’opposto. “A cosa?” …cerco di essere il più neutrale possibile, ma la voce mi trema quando mento. “Sai di cosa parlo” parla piano, la gente intorno al buffet potrebbe sentirci…che situazione.”Non…non mi va di parlarne…” metto giù il bicchiere ormai vuoto, voglio uscire un po’. Vado a prendere la borsa “Dove cazzo le ho messe…” trovate le sigarette mi avvio e vedo Mikey che scambiate due parole col fratello viene verso di me. Altra botta di vita, anche lui è bellissimo, molto più del fratello a mio avviso e anche lui non predilige i colori chiari o comunque vistosi. “Ciao Mikey!” di fianco a lui eccola, Alicia. “Ciao Elo…lei è…” mi fa segno verso la sua ragazza “Alicia, lo so. Ciao è un piacere” le stringo la mano. Bella come immaginavo ma il suo sguardo non mi propina nulla di buono e le sensazioni che provo ‘a pelle’ sono decisamente negative…ed è quasi fondamentale per me, quindi credo che sin da subito i rapporti con lei saranno pari a zero…anche se sono aperta a cambiare parere e anche felice se ciò avverrà in positivo. Poi lui è Mikey…ed io mi immagino per lui una ragazza perfetta…e decisamente Alicia non lo è, almeno dal mio punto di vista e almeno per il momento. “Grazie per essere venuti…temevo non arrivaste più” fisso Mikey negli occhi e non capsico perché –anzi si- arrossisce quasi immediatamente. “Non potevamo mancare, Mikey mi ha detto di aunto sei brava” eccola a dirmi che lui le ha parlato di me solo ed esclusivamente come artista…l’ho capito sai? Ma mi importa poco. “Godetevi la serata” prendo il mio pacchetto di sigarette ed esco fuori. Come sospettavo Gerard mi ha già preceduta. È appoggiato alla ringhiera del cortiletto, aspira già profonde boccate dalla sua sigaretta e fissa il cielo. Tentenno alla sua vista, ma mettermi lì accanto a lui è quasi l’effetto di una calamita, benché i miei gesti tentennino sempre quando si tratta di lui. Fisso il vialetto nell’attesa di vedere svoltare dall’angolo infondo due fari, spenti a confronto di quelli che il mio angelo mostra. Dove sei Frank? Ho bisogno di vederti, anche se sei con lei, non mi importa…voglio guardarti un secondo negli occhi…la tua mancanza mi blocca il respiro a volte. Sfortunatamente Gerard è un maestro nell’interrompere i miei pensieri, ma ormai è diventata una storia monotona…e diventa anche fastidioso quando lo fa con discorsi decisamente fuori luogo. “Pensi mai a me?” mi tira fuori un mezzo sorriso “In che senso scusa?” tira una boccata frettolosa dalla sigaretta “dai che hai capito…” … “No, non ho capito”mi preoccupi Gerard…che vuol dire questa domanda…? “Pensi mai di fare sesso con me?” oddio, se non fossi così dannatamente serio avrei riso di gusto dandoti una pacca sulla spalla… “ma…ma che domande sono?” e che faccia tosta! Credo di essere arrossita fino alle punte dei capelli e non capisco se per imbarazzo o per rabbia “Rispondi…” credo di aver fumato almeno metà della sigaretta che ho appena acceso in una sola boccata. Credo che le mie corde vocali stiano per restringersi sin quasi a scomparire mentre gli rispondo”S-si ci penso. Ma…” mi interrompe “Ok” ha ancora quell’aria seria di chi sta affrontando una questione di sicurezza nazionale “…era solo per curiosità”. Bugiardo. Tradisce un sorriso mentre termina la sua sigaretta “Sei uno stronzo Gerard”. Continui a sorridere. Vorrei picchiarti a sangue mentre mi guardi compiaciuto e forse lo farei se questi due fari non ci avessero raggiunto in questo preciso istante. È arrivato.

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Capitolo 17
*** CAP.17 – So This Is Christmas. ***


CAP.17 – So This Is Christmas.

Il fiato mi si blocca e la pelle d’oca pizzica il mio corpo. Un brivido. Lo vedo scendere dall’auto e, di una bellezza quasi insopportabile, raggiungere la sua compagna dal lato passeggero prendendola per mano, dal parcheggio si avvicinano pian piano…non riesco a descrivere come il mio corpo si sia paralizzato, tranne le mie mani che ora tremano. Ciao angelo, ben arrivato…colpisci qui, un po’ più a sinistra, ci sei quasi. “Andiamo dentro” Gerard sembra aver perso la vena scherzosa e maliziosa di poco prima quando mi parlava di…sesso…Dio, sembra volermi proteggere. Lo capisco e lo apprezzo ma non servirà a nulla ormai che lui è ad un passo da noi. Stringe la mano di Jamia quasi avesse paura di perderla, ci osserva mentre il suo sorriso, senza volerlo, perde colore. Un ‘ciao’ timido e impacciato, seguito da quello più veemente di lei. “Entrate pure, stiamo arrivando” ecco come Gerard mi salva la vita, mentre la coppia –dannatamente perfetta ai miei occhi- si appresta ad entrare. Cerco di respirare, non voglio entrare in crisi proprio adesso, durante quella che doveva essere la mia serata, la vigilia di Natale…e quel pacchettino che ho in borsa. Si, alla fine li ho comprati i regali…tra i quali uno anche per lui e non so se avrò mai il coraggio di darglielo, di certo non succederà stasera, qui, con il peso di lei sul mio cuore. Gerard mi osserva, cerca di capire se la mia prossima reazione sia piangere, ridere o scappare. Sle labbra mi stanno quasi per sanguinare, continuo a morderle mentre cerco le mani di Gerard per stringerle forte “Stammi vicino, ti prego” gli sussurro presa da un panico arrivato all’improvviso. “Sono qui, non ti mollo un attimo” mi passa i pollici sotto gli occhi, controlla se qualche lacrima ha intenzione di venir giù. “Andiamo”. Respiro, respiro profondamente. Andiamo. Stranamente sento di aver bisogno del Way ‘sbagliato’ stasera…ed è strano visto che sino a quel momento non avevo mai pensato nemmeno lontanamente di ricevere un supporto morale da Gerard e nemmeno ho mai pensato di chiederglielo…prima d’ora. Quello che fa è tenermi tutto il tempo lontana da lui, che per fortuna ha già intavolato una allegra discussione con Ray anche se è inevitabile, ho notato che spesso guarda verso di noi con la coda dell’occhio. Ancora un’ora, poi andremo a cena tutti insieme, io con i ragazzi e le loro consorti e festeggeremo il Natale insieme in un locale non molto distante da qui. No, lui e Jamia non ci saranno, hanno deciso di festeggiare insieme alle loro famiglie e so –qualcuno mi ha detto- che è stata un’idea di Frank…lo ringrazio e lo maledico al tempo stesso per questo. Ed è proprio il mio ‘informatore’ che di lì a poco mi si avvicina mentre sia il fratello che la fidanzata parlano di altro, qualchestarno gruppo musicale credo. “E’ tutto ok?” mi stringe una spalla con una mano “Uhm…potrebbe andar meglio…” gli rivolgo uno dei miei sorrisi amari che conosce molto bene. “Resisti, tra un po’ andiamo a casa…” continua sussurrare. Gli faccio un cenno con la testa e credo che abbia capito quanto gli sono grata, quanto la sua amicizia è importante per me e quanto lui stesso mi sta aiutando ad affrontare tutto ciò.

Più passa il tempo e più ho maledettamente bisogno di lui, anche adesso che sorseggia quel cocktail giocando con le labbra sul bordo del bicchiere e sorride appannandolo…è vero, non sorride di felicità e lo noterebbe chiunque come chiunque noterebbe anche il fatto che non ha scambiato una parola con la sua fidanzata e che ogni volta che lei le ha chiesto se è tutto ok –e lo ha fatto almeno quattro volte da quando sono arrivati- lui le ha risposto di si, distrattamente, senza nemmeno guardarla. Sarà per questo che tutta la vitalità che avevo notato in lei sembra essere svanita verso fine serata…è così vana che fatico a riconoscerla mentre si mette il suo cappotto e si aggiusta i capelli. Stanno per andare via. “Dovremmo andare…” “A salutarli” termino la frase di Gerard. Un tacito accordo ha fatto si che nessuno dei quattro si cercasse a vicenda, anche Jamia, ignara di tutto sembra aver aderito a questo ‘patto’. Non ci danno il tempo, rifanno un cenno con la mano e vanno via mentre Frank da lontano gesticola facendo capire a Gerard che lo chiamerà più tardi. Bene, anzi benissimo, un altro peso, un’altra situazione da non affrontare. Ma i miei occhi non si staccano un solo momento da lui che cinge le spalle di Jamia e si volta prima di varcare l’uscita. A presto angelo. Mi siedo quasi sfinita sul divano nella saletta che dovrebbe essere quella del custode, appoggio la testala muro, sento che potrei anche addormentarmi con tutte le notti in bianco che ho passato ma soprattutto con tutta la tensione che ho accumulato in questi giorni, stasera più di tutte le altre dannate volte che l’ho visto dopo aver ‘saputo’. Non riesco a crederci nemmeno io, ma ho una fame tremenda…è il corpo che mi chiede aiuto, ho mangiato davvero poco ultimamente. Sono passate le 10 già da un po’, la galleria sta chiudendo, gli ospiti sono già andati via quando Gerard mi raggiungerà gli dirò che che mi dispiace, che non mi unirò a loro per la cena di Natale, non ho nessuna voglia di buttarmi nella confusione di ristoranti e locali, prenderò qualcosa al take-away, andrò a casa e guarderò un film sul divano. “Non se ne parla, tu vieni con noi” il tono severo è quello di Mikey “Non ti lasciamo sola, non la notte di Natale…scordatelo” è logico che tenga più lui a me che suo fratello anche se da un lato non mi aspettavo una sua reazione così decisa. “Preferisco stare a casa, davvero…” cerco di convincerlo mentre con la coda dell’occhio cerco Gerard, è appoggiatola muro, gambe incrociate, si rosicchia un unghia…mi sento quasi offesa dal fatto che non abbia detto nulla, ma forse ha semplicemente capito. “Ma perché non le lasci fare quello che vuole? Mica è una bambina, non ha bisogno di un baby-sitter guarda…” Alicia si rivolge al suo fidanzato. Potrebbe sembrare una cosa saggia quella che ha detto se non si notasse spudoratamente che lei non desidera altro che liberarsi della mia presenza che non so per quale motivo la turba. E anche tanto…però quel ‘baby sitter’ potrebbe anche garbarmi se non fosse per certe cose che mi portano a non andar oltre e sono contenta così, anzi, siamo contenti così. “Giusto, dai ascolto ad Alicia. Andate,mangiatevi, divertitevi…ci vediamo domani” cerco di dire con un pizzico di allegria, ma ovviamente nessuno cade nella mia rete. Torno a sedermi sfinita dai vari tentativi. Gerard dalla sua nicchia mi sta guardando da almeno dieci minuti ormai quando si schioda dal muro e va a prendermi la giacca “Andiamo a casa”. Mi spiazzi Gerard, cos’hai in mente? Non ti rovinerò il Natale,anche perché non sarò di compagnia…nessun tipo di compagnia. Mi scappa un sorriso perplesso “Non ho secondi fini, sta tranquilla” mi fa all’orecchio. Che impertinente. I due fidanzati ci guardano, poi si scambiano un’occhiata “Ok, allora andiamo tutti a casa” vien fuori Mikey con un sorriso mentre prende per mano la sua ragazza “No no no davvero…” i miei tentavi sono comunque vani, i due fratelli si scambiano un cenno d’intesa e molto presto si uniscono al coro anche Ray e Bob sopraggiunti nella stanza…io non posso fare altro che commuovermi mentre Gerard chiama il ristorante per disdire la loro prenotazione. Cazzo, io non merito tutto ciò.

La serata passa velocemente, e più passa e più mi rendo conto di quanto tutti questi ragazzi siano nel loro piccolo un po’ speciali. Ho preparato degli spaghetti al peperoncino per tutti, per secondo abbiamo ordinato della roba dal ristorante cinese…non un granchè ma quando si è in compagnia, con le luci di Natale cheti entrano dentro casa e le risa degli amici che ti mettono allegria non hai bisogno di cibi prelibati per apprezzare questa Santa Notte. Ridiamo, scherziamo qualche birra di troppo ci permette di arrivare allegri alla mezzanotte che è alle porte. Guardo fuori dalla finestra, mi sento tanto piccola rispetto quel cielo pieno di stelle, rispetto quelle strade deserte e rispetto tutta questa meravigliosa gente alle mie spalle. Mi sento tanto piccola rispetto a Frank, il suo pensiero mi tortura, non mi da pace specialmente mentre sono qui, e mi sento quasi felice…penso che con lui avrei davvero toccato quelle stelle che vedo e che sembrano tanto lontane, ma nulla è impossibile per un angelo e con te ce l’avrei fatta. Mi volto perché un dito sta insistentemente battendo sulla mia spalla “Auguri” caspita, è già mezzanotte “Grazie Gerard…” prendo il pacchetto che mi porge. “Cos’è?” gli chiedo curiosa… “Se non lo apri non lo saprai mai…” un taccuino con una penna. Non è una cosa semplice, per nulla…è rifinito a mano e.. “L’ho fatto io, con le mie mani” mi guarda quasi imbarazzato “non so perché ma l’ho capito subito…” lo appoggio sul marmo freddo della finestra e mi appresto ad abbracciare il mio amico, si, perché adesso mi viene naturale chiamarlo così…ed è una sensazione talmente bella che non riesco a staccarmi dal suo collo e riesco a farlo preoccupare “Sei già ubriaca?” mi chiede sorridendo. “Non troppo…direi” … “Allora tieni, butta giù” mi riempie il bicchiere “ma sentilo…” lo guardo stupita mentre Mikey e Alicia si avvicinano, lei sarà avvinghiata al suo collo da almeno un’ora “Non credo a ciò che vedo…” sorride il fratello minore mentre fa un’espressione stupita…ed è tremendamente dolce. Ricambio il suo sguardo “Si, perché a Natale bisogna essere più buoni!” scoppiano in una risata. C’è un’atmosfera talmente bella che potrei vivere per sempre con loro in questa casa da ora in poi, ma sono già convinta che non sarà così. “Aspetta…” Mikey si stacca da Alicia, vanno a cercare qualcosa nella borsa di lei. Mentre Gerard mi fa cenni e smorfie strane “Che ti prende? Sei tu quello ubriaco adesso…” sorride sornione “No… guarda in alto” alzo la testa e quello che vedo è davvero divertente, un rametto di vischio appeso in alto in alto, che scende per il bordo della finestra. Lo guardo ad occhi sbarrati “…non ci pensare nemmeno…” …però stavolta sorrido “uhm…questa frase mi sembra di averla già sentita…” mi accarezza il volto…e so che non ha nessuna intenzione di baciarmi, è solo un siparietto simpatico che è riuscito in qualche modo a scaldarmi il cuore. “Questo è per te” un altro pacchetto, questa volta portomi dalle mani di Mikey “Da parte mia e di Alicia” ma come da parte tua e di Alicia?? Ok, sorriderò facendo finta di essere piacevolmente sorpresa “Ma graaazie…non dovevate”. Profumi e bla bla… è comunque un pensiero e se c’è di mezzo Mikey è comunque un bellissimo pensiero…uhm.

E mi manca, mentre torno a guardare fuori. Mi manca. Un telefono squilla, è quello di Gerard. Un brivido improvvisami percorre la schiena mentre ricordo il gesto eloquente che gli ha fatto Frank mentre se ne andava dalla galleria. Gerard si tappa un orecchio “Si, siamo tutti qui, ti aspettiamo”. Riaggancia e mi guarda dritto negli occhi “Sta arrivando”.

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Capitolo 18
*** CAP.18 – Mindly Chain ***


CAP.18- Mindly Chain

Entra in casa coperto fino alle orecchie, la prima cosa che fa è togliersi il giubbotto, stranamente ne ha uno più pesante stasera, probabilmente anche lui inizia a sentir freddo! Regala a tutti bellissimi sorrisi e sogghigna aprendo una busta che ha portato con se, una busta dalla quale poco dopo inizia a tirar fuori pacchetti, piccoli o grandi e sembra quasi Babbo Natale mentre li distribuisce ai suoi amici. È gioioso, non so come faccia ad avere sempre energia positiva da regalare a chiunque gli passi davanti, anche se in questa occasione tradisce un po’ di stanchezza, emotiva quanto fisica. Non riesco a distogliere lo sguardo dal suo fare giocoso e un po’ goffo, nemmeno adesso che viene verso di noi ancora appollaiati alla finestra. Fino a questa sera i miei sentimenti verso di lui avevano coperto totalmente quell’ombra di rancore causata dalle sue bugie, ma non adesso, in questo momento, in questo clima di festa dove vorrei che fosse tutto perfetto… e si, lo ammetto, forte di Gerard al mio fianco potrei anche troncare definitivamente ogni tipo di rapporto che ancora mi lega a lui…ma so già che non lo farò, è un pensiero che fatica a prender forma, figuriamoci realizzarlo, metterlo in atto. Come potrei? Abbraccia il suo amico in una stretta interminabile che mi provoca una fitta al cuore, vuoi perché è commovente vederli così ‘innamorati’, vuoi perché vorrei quell’abbraccio solo per me e infine perché il caro Frank oltre al cuore vuole rubarmi tutto quello che, tassello dopo tassello, ho ‘costruito’ con Gerard…senza intenzione alcuna, sia chiaro. O almeno lo spero. Stupidi pensieri… “Furfante ce l’hai fatta a venire” sorride Gerard rivolto all’amico che tiene ancora stretto a se. “Dovevo” è la risposta che riceveva Frank che staccandosi da lui si costringe a pensare a quello che deve avvenire subito dopo. Io attendo, impaziente e riluttante il suo rivolgersi a me e lo attraggo quasi come una calamita perchè mentre penso ciò rivolge a me i suoi occhi. Nessuna parola esce dalle sue labbra come nessuna parola esce dalle mie. Solo Gerard che ci invita ad andare a fumare una sigaretta fuori. La sua mano sulla spalla mi provoca un intenso senso di benessere e allo stesso tempo un tremore pervade il mio corpo mentre ci accomodiamo sugli scalini del cortile di casa Way. L’aria è fredda, ma non c’è vento, quindi si puo’ anche resistere il tempo di una sigaretta ed una chiacchierata. La fiamma dell’accendino mi manda un calore piacevole al viso ed aspiro dalla mia sigaretta per sentire un piacevole calore anche in bocca e giù per il petto. Il fumo nell’aria crea davanti ai nostri volti che non si rivolgono ancora l’uno all’altro delle spirali, forme strane e sinuose, bellissime…ma che si dissolvono troppo velocemente. Si sente tensione tra noi e quell’imbarazzo quasi inopportuno di due scolaretti indecisi se prendersi per mano o meno, indecisi se far pace dopo l’ennesima lite durante la ricreazione nel cortile della scuola. Sembra sciocco ma è così che mi sento… certo la situazione è ben diversa e i sentimenti in gioco sono forse più profondi ma di certo meno puri di una spensierata amicizia. “Ho fatto tanti errori nella mia vita” rompe il silenzio, si passa una mano tra i capelli. Si blocca mentre continua ad osservarsi le punte dei piedi. “e quello di aver tradito la mia donna dovrebbe essere il più grande…” prende fiato “ma non riesco a capire perché non riesco a starci male…per lei, per noi…nulla. L’unica cosa che mi fa star male è il pensiero di dover perdere te” avverto una sincera commozione nelle sue parole e ciò mi manda ancor di più in bestia. “oh cazzo perché mi stai dicendo queste cose?” Non riesco ad ascoltarti e non voglio Frank, non la notte di Natale, non qui. A dire il vero avrei voluto rimaner dentro casa, al caldo e circondata dai miei nuovi amici, dai tuoi vecchi amici. Non parla. Vede tutto il mio dolore in quella frase strozzata dal pianto. Una lacrima scende silenziosa, mi attraversa la guancia fin sotto il mento, dove tentenna, non sa se cadere giù o rimaner li ferma ad asciugarsi. “Scusami, non volevo aggredirti..” Scusami davvero Frank, anche se dovrei chiedere scusa a me stessa per non saper essere dura con te. E lo meriti…è palese però non ce la faccio, adesso che mi prendi e mi baci la mano sembra che la vita sia davvero bellissima e vorrei che questa notte non finisse mai. Appoggio piano la testa sulle sue ginocchia, mi accarezza i capelli. “Ascolta il silenzio…riesce ad arrivare al cuore più di mille parole” sussurra mentre continua a coccolare i miei capelli. Potrei stare per ore qui, così senza volere altro, anche se la voglia di lui è talmente tanta che mi fa star male, dannatamente male. È incredibile come gli indugi sono immediatamente caduti quando mi ha chiesto se potevamo salire in camera per stare un po’ insieme, soli, al caldo…un ‘si’ sommesso è seguito alla sua richiesta, i miei occhi dolci si sono riempiti di desiderio. Non faremo sesso, non faremo nemmeno l’amore…non so nemmeno come dovrei definirlo, ma ci siam ripromessi che non succederà più. Saremo reciprocamente onesti, per noi stessi e per ‘terzi’ implicati. Definizione squallida, lo so, ma fa meno male piuttosto che dire fidanzata o ancora peggio futura sposa. Seduti sul letto, io tra le sue gambe, la mia schiena si poggia al sio petto, le dita delle mani fittamente incrociate quasi come un’ancora di salvezza, quasi ci fosse un burrone sotto di noi e allentare la presa significherebbe cadere nel vuoto…nel vuoto di questo Natale da salvare, per quanto sia dolce e amaro in egual misura. Passano dolci i minuti, non esiste nient’altro che noi. E anche adesso che ci troviamo nudi su questo letto ad accarezzarci, la tua dolcezza è disarmante, rispetti il nostro patto. Anche adesso che le tue labbra morbide percorrono il mio braccio fino ad arrivare alle punta delle dita…e le baci una per una. Adesso che le mie mani stringono i tuoi fianchi e sono quasi sicura di farti male nel nostro cuore regna sovrana l’assoluta consapevolezza che non succederà nulla…perché un bacio, un abbraccio, un sorriso non erano sufficienti e forse tutto ciò ci farà star male domani, ma non adesso.

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Mi sveglio con un forte aroma di caffè, sublime ai miei sensi e letale allo stesso tempo perché mi tira giù dal letto mentre vorrei dormire fino a stasera. Sono appena le 10.00. Il ricordo di stanotte, del nostro dolce ‘addio’ è vivo più che mai e il cuore mi batte forte come se lui fosse ancora qui con me. Guardo il braccialetto che mi ha messo al polso poco prima di andarsene…e rido. Rido perché è lo stesso che gli ho regalato io!è stato un momento dolce, intenso, quasi uno scambio di pegni, una promessa a lungo termine...ed è forse è l’unica cosa cheoi legherà nel tempo…guarderemo il nostro bracciale e rideremo,come sto facendo io adesso, mamagari col passare del tempo questo sorriso amaro si trasformerà in un sorriso di nostalgica gioia. Mentre mi vesto sento le risa di Mikey ed Alicia provenire dalla cucina, ma non sento Gerard con loro. Li raggiungo appena finito di rimettermi in sesto…sono proprio un disastro stamani. “Buongiorno e buon Natale!” mi si fionda addosso Mikey “Auguri anche a te” ricambio il suo caloroso abbraccio mentre Alicia scruta la scena in attesa di una tanto attesa fine. Scambio di auguri anche con lei, ci mancherebbe…ok, non ci stiamo simpatiche, però che vuoi che sia…e poi è Natale. Tiro fuori un pacco, il mio regalo per Mikey. Lo scarta impaziente. Non l’ho mai visto così radioso, sono sicura che è l’effetto che la sua fidanzata ha su di lui e ne sono tanto contenta, anche se puo’ sembrare il contrario. “Nooo un piagiama!” ride divertito. “Un pigiama…che pensiero carino” sopraggiunge la vocina fintamente sorpresa di Alicia “Si, lo so” le rispondo spavalda. Non saprà mai il significato di questo regalo. Mikey mi regala un altro abbraccio e mi invita a prender parte alla colazione che ha preparato per me e Alicia. “E Gerard?” glielo chiedo, la curiosità è troppo forte. Ma lo faccio distrattamente mentre consumo il mio pasto mattiniero. “E’ uscito di buon ora con Bob e Ray, ci aspettano in studio” mi risponde in modo altrettanto distratto. “In studio?” Alicia gli da una botta sul braccio “Ma non posso dirti nient’altro…” Ride e mi prende alla sprovvista…cosa avranno in mente? Poco importa, io sento ancora il profumo di Frank nelle narici e il sol pensiero che tra poco lo rivedrò mi fa star male…o bene?

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Capitolo 19
*** CAP.19 - The End’s Eve ***


CAP.19 - The End’s Eve

I don't want a lot for Christmas / There's just one thing I need / I don't care about the presents / Underneath the Christmas tree / I just want you for my down / More than you could ever now / Make my wish come true / All I want for Christmas is... / You

Ricordo come fosse ieri quella mattina di Natale quando dopo aver fatto colazione io, Mikey ed Alicia raggiungemmo gli altri in studio. C’era un alone di mistero in tutto e solo appena arrivammo in studio capì che era una sorpresa, e non sono presuntuosa se dico che la sorpresa era per me. In pratica Gerard aveva voluto che i ragazzi ri-arrangiassero una cover natalizia fatta qualche hanno prima, All I Want for Christmas di Mariah Carey. la mia mente vagava tra dolci ricordi della sera prima e il mio umore non era proprio alle stelle a dire il vero, si mise di mezzo anche il terrore di rivedere Frank a distanza di così poco tempo… ma appena superai la piccola porta a vetri dell’altrettanto piccolo studio di registrazione fu inevitabile lasciarmi coinvolgere dall’aria frizzante che si respirava. Di certo contribuì il fatto che Frank fosse già andato via…di proposito mi vien da pensare ancora oggi…ed è stata la scelta più saggia. Gerard non era mai stato così socievole, così coinvolgente da quando lo conobbi, ad eccezione di quando mi parlò per la prima volta della possibilità di esporre i miei quadri alla mostra…ed è grazie alla sua idea che adesso ho abbastanza soldi da sopperire questi due mesi e mezzo di sterilità creativa. A dire il vero sono quasi tre mesi…da quella notte. Quella notte così intensa e bella da superare qualsiasi notte di sesso abbia mai passato nella mia vita. Gerard mi prese per mano, mi fece accomodare in una seggiola, mi diede un bacio in fronte e fece partire il nastro. Per poco non mi scesero le lacrime dalla commozione… Quel giorno seguì il pranzo di Natale con mamma Way, ospite a casa dei due figli. Ricordo come mi trattò…come fossi la sua terza figlia. E mi ringraziò per aver portato serenità e gioia nella vita di suo figlio…non mi disse chi dei due, entrambe sapevamo. Quando andò via mi abbraccio così forte e in modo così intenso che difficilmente dimenticherò finchè vivo.

Mi viene in mente lei adesso che spio Gerard dall’uscio della sua porta, intento a scrutare ogni minimo particolare del suo abito da cerimonia…i testimoni ci tengono sempre a far bella figura e lui particolarmente. È talmente buffo che non riesco a stare ancora qui nascosta. “L’avrai provato un centinaio di volte, hai ancora dei dubbi?” incrocio le braccia seguento con la testa i suoi movimenti “Decisamente si…” non toglie gli occhi dallo specchio “la cerimonia è domani, non hai più tempo di fargli fare delle modifiche…” “Posso sempre andare a comprarne un altro…” “Sei il solito esagerato” “Solo meticoloso” si guarda per l’ennesima volta allo specchio, pensoso, poi si volta verso di me “ Ma tu che fai, mi spii mentre mi cambio?” “Noooo! Ero solo salita per chiederti…ehm…se volevi un po’ di the…” “Fila via!” “Ok, ok ti chiamo quando è pronto!”Corro via dalla sua camera e riesco a sorridere dopo settimane.

Ifornelli di casa Way non hanno più segreti per me, ma il ripiano delle pentole decisamente si, infati rischio di morire col cranio sfracellato più di una volta! In effetti è quasi ora di cena, ma è stata necessaria la ehm scusa del the…non potevo mica dirgli che mi stavo divertendo da quasi un’ora a spiarlo! Poco male, tanto Mikey ed Alicia, che è tornata in città in occasione del matrimonio, sono usciti da poco meno di 10 minuti, quindi ceneremo comunque in ritardo… Sento un rumore, la porta sul retro si apre proprio di fianco a me facendomi sobbalzare dalla paura. Il bollitore mi scivola di mano inondando d’acqua il piano cottura. “Ti sei fatta male?” la sua voce dolce e premurosa come sempre…nonlasentivo da quanto? Mi sembra un secolo cazzo. “Frank…” mi scosto da lui quasi per inerzia “non dovresti essere preso da certi preparativi?…” evito volutamente di guardarlo negli occhi, raccolgo il bollitore e cerco di asciugare per quello che posso, le mie mani tremano. “Ho assolutamente bisogno di chiederti una cosa” “Cosa vuoi da me?” il mio sorriso ironico lo amareggia, lo so e lo vedo.. Prende fiato, deglutisce. “Se adesso, in questo preciso istante ti chiedessi di prendere la tua roba e venire via con me… tu cosa mi risponderesti?” riesco quasi a sentire il battito del suo cuore mentre mi tocca piano i capelli. “Che sei un pazzo. Un pazzo furioso…” le mie braccia non hanno la forza di muoversi, mi volto, butto via lo straccio che avevo tra le mani. Mi afferra il collo, costringendomi a voltarmi verso di lui. “E se ti dicessi che…” “Zitto, non dire un’altra parola!” gli tappo violentemente la bocca e mentre i miei occhi versano già lacrime i suoi sono dannatamente sul punto di farlo. No ti prego Frank…potrei anche cambiare idea…è troppo tardi cazzo, non si gioca con i sentimenti…maledetto. Toglie piano la mia mano dalle sue labbra, la stringe forte. Sorride, mi guarda dritta negli occhi e mi infilza il cuore con una lancia invisibile incollando le sue labbra alle mie per un’ultima, lunga e interminabile volta. Riprende fiato. “Ok” poggia per un attimo la sua fronte alla mia. “Domani sarà il giorno più terribile di tutta la mia fottutissima vita… fanculo” lo spingo via. “Credi che sia facile per me andare all’altare con il tuo sapore ancora in bocca??” “Piantala!” riesce a strapparmi un urlo mentre Gerard prontamente ci raggiunge. “Ma che cazzo…Frank…” i due si guardano in un modo che non avevano mai fatto e sento che tra loro c’è una tensione che va oltre questa discussione. Non dice una parola, va via. Lo vedo salire in macchina dalla finestra, rimane un po’ dentro prima di mettere in modo…i vetri sono scuri ma vedo che ha il capo chino…Gerard distoglie il mio sguardo da lui. “E’ tutto ok?” “No, non direi…” nota le mie lacrime, i miei occhi gonfi e quasi sta male quanto sto io, vedo in lui i comportamenti che aveva verso Frank quando l’ho conosciuto. “Direi che si è fatta ora di cena…usciamo” Indossa la sua giacca e mi aiuta ad indossare la mia, prende le chiavi e usciamo da casa. Ci dirigiamo verso il parcheggio, dove i miei occhi vagano , fugaci in cerca di un qualcuno che non c’è più… Gerard riporta su di se l’attenzione, è davanti a me adesso. “Non voglio vedere più lacrime nei tuoi occhi d’ora in poi o giuro che mi incazzo sul serio” ed è forse il primo rimprovero da parte sua che merita un abbraccio, sincero, affettuoso, disperato. Ho bisogno di te adesso Gerard, dammi un po’ della tua forza. Lo stringo come non mai, come se fosse un’ancora di salvezza. Mi accarezza i capelli “Andiamo piagnona…” … “Stupido”… ci sorridiamo e saliamo in macchina. Non so dove mi sta portando, non ne ho la minima idea, so solo che mi fido, ciecamente.

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Capitolo 20
*** CAP.20 - Famous Last Words [part.1] ***


CAP.20 - Famous Last Words [part.1]

“Vengo sempre qui quando ho voglia di stare un po’ da solo” dice appoggiandosi alla staccionata legno ai piedi del piccolo corso d’acqua. Si accende una sigaretta che brilla nel buio che ci circonda. L’aria non è fredda, ma a quest’ora inizia a pizzicarti sulla pelle. “Vieni qui, avvicinati, hai paura?” sorride, mi prende in giro… “Non resisti 5 minuti, devi per forza stuzzicarmi…” la mia risposta stizzita. Mi lancia il suo pacchetto di Marlboro rigorosamente rosse “Per l’accendino devi avvicinarti!” dice soddisfatto. Prendo una sigaretta dal pacco e mi avvicino a lui. Lo so che sta cercando di distrarmi qualche modo…il fatto è che non riesco mai a capirlo appieno, a capire le sue intenzioni e al suo contrario è dannatamente difficile leggere la sua mente e ancora non riesco a capacitarmi del fatto di aver conquistato la mia fiducia… ok è molto labile, però mi sento al sicuro quando ce l’ho nei paraggi. “Questo posto è bellissimo…” proprio in stile Gerard aggiungerei. “Dovresti vederlo di giorno, con l’ombra degli alberi…” “Come sei poetico…” “Adesso sei tu che mi prendi in giro o mi sbaglio??” mi tira un’occhiataccia scherzosa, si volta e continua ad aspirare dalla sua sigaretta. Ed è il silenzio, solo lo scrosciare dell’acqua vicino ai nostri piedi e lo scalpiccìo di qualche foglia secca. Lo osservo fumare e la sua espressione muta d’un tratto…capisco che deve dirmi qualcosa. “Te l’ha chiesto, vero?” dice soffiando del fumo nervosamente. E non ho bisogno di chiedergli a cosa si riferisce. Vorrei potergli rispondere con tranquillità, essere chiara e sincera, non lasciarmi prendere da questa frustrazione che mi fa tremare e le mie viscere si attanagliano senza chiedermi il permesso. “Tu lo sapevi, ecco perché vi guardavate in quel modo…” rido nervosamente “…ti guardava perché cercava invano la tua approvazione…” scuoto il capo, non riesco a soffocare la mia risata isterica. I suoi occhi mi colpiscono, e fanno male, lo fanno sempre. “Come posso dare l’approvazione a qualcuno che vuole portarti via da me…” non è èuna domanda, è quasi un’affermazione fatta tra sé e sé. Getto via la cicca dopo un ultimo profondo tiro. Mi manca l’aria. “Ne ho sentite già abbastanza per questa sera” mi avvio alla macchina a passo svelto e mi sento quasi in colpa, mi sento uno schifo…e pensare che forse sono l’unica a non aver fatto niente. Ma lui non ha mai parlato così e il fatto di aver spalancato così improvvisamente il suo cuore mi ha spiazzata, mi ha azzoppato il cuore se posso usare un blando eufemismo. Mi appoggio allo sportello della macchina, mi sento talmente inopportuna che prenderei a correre attraversando il vicolo buio fino ad arrivare alla strada. Lo guardo gettare la cicca e venire verso di me con lo sguardo basso, passo veloce. Mi circonda con le sue braccia e batte i pugni sul tettuccio dell’auto. “Perché mi fai questo?” i suoi occhi sono gonfi, nervosi. “Voglio solo un po’ di pace Gerard…” la mia voce è spezzata, non lo reggo. “Anche io!” “Non la troverai con me la tua pace, cazzo!” lo spingo via, ma torna indietro come niente, afferra la mia testa, la stringe tra le mani, ha gli occhi da cane bastonato, mi chiede aiuto ed io mi sento una merda. Sono consapevole che sta per succedere quello che ho temuto ed evitato per mesi e so per certo che stavolta non farò nulla per evitarlo. Spinge le sue labbra contro le mie così forte che non riesco a respirare, così forte che non mi da modo di muovere la lingua, così forte che mi blocca le mascella, non riesco nemmeno a ricambiare…benchè non dovrei volerlo. E cazzo lo sto odiando con tutta me stessa, ma è proprio come lo avevo immaginato, si, perché non nego di averci pensato a questo momento, forse inconsciamente, senza volerlo e ci ho sempre riso su…ma Dio, l’ho sempre immaginato (e voluto?) così, violento e disperato. Ho anche immaginato il ciuffo che mi sta solleticando il viso. E lo schiaffo, c’è anche quello e non tarda ad arrivare quando riesco a spingerlo via da me. Non protesta e se lo conosco bene come credo se lo aspettava. Ma mi fa incazzare il fatto che sappia prendersi certe libertà, potrebbe avere tutto ciò che vuole se solo non mi rispettasse così tanto. E mi fa incazzare il fatto che abbia decisamente sbagliato momento, cazzo non adesso, non stasera non dopo…quello che è successo. “Sei..il solito…idiota” riesco a sussurrare. Salgo in macchina, trattengo le lacrime che premono, vogliono uscire e non c’è un motivo ben preciso, credo solo di non riuscire a reggere tutto ciò e tutto in un paio d’ore. Sale in macchina anche lui, non mi degna di uno sguardo, mette in moto poi rigira la chiave e la spegne nuovamente. Si passa le mani tra i capelli. “Dimmi qualcosa Cristo…” il suo respiro è irregolare, ciò indica che il suo livello d’ansia è alle stelle. Passo sopra me stessa, calpesto i miei sentimenti e le mie esigenze di pace e gli sorrido…voglio solo che si tranquillizzi…il perché non lo so visto che dovrei essere io la vittima di questi uomini fino a prova contraria. “E’ solo che…non doveva andare così…” e glielo dico quasi sottovoce, cerco di nascondere il mio ambiguo sentimento rivolto a quel bacio che era come sognavo ma nel momento sbagliato…e non so spiegare altro, non so dire null’altro, nemmeno a me stessa. Probabilmente lui, Frank, è ancora troppo ‘vicino’…dannato uomo. Cosa credevi? “Andrò comunque via, mi sposterò forse in California, o tornerò in Italia, ancora non lo so…” trovo il coraggio per confessargli quello che per me era solo un vago pensiero ma che adesso, appena uscito dalle mie labbra, prende una forma definita, concreta. “Andiamo a casa” mette in moto l’auto, e non dice altro per tutto il viaggio di ritorno. Gli prendo la mano, gliela tengo stretta…è il mio modo di scusarmi, non so poi per cosa, forse è solo un appiglio per non pensare…a domani

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Capitolo 21
*** CAP.20 - Famous Last Words [part.2] ***


CAP.20 - Famous Last Words [part.2]

Il ticchettìo della sveglia sul comodino non mi fa chiudere occhio stanotte, fino a qualche tempo fa cullava il mio sonno ma non può nulla, stanotte. Ho già fumato quasi un pacchetto di Merit, ho bevuto due birre e l’inquietudine non va via, anzi, cresce ad ogni ticchettio. Raggiungo la finestra della camera, la spalanco e mi ci siedo su, accendo un’altra sigaretta mentre mi godo l’aria fredda e i lampioni che illuminano il viale deserto. Ripenso a quando sono approdata in questo posto, quel piovoso pomeriggio di Novembre, quando mi sono imbattuta nel mio ‘angelo’ risultato poi un demone per il mio cuore e non perché lui sia cattivo, oh no, non è certo il termine che caratterizza Frank, tutt’altro…però mi ha causato solo sofferenza tranne che in quei rari ma intensi momenti d’amore che mi ha regalato…anzi, sarebbe meglio dire che mi ha fatto sudare. E mento spudoratamente se dico che sto pensando solo ed esclusivamente a lui. Ok, mi ha segnata a fondo, ha ancora residui violastri del mio cuore tra le unghie ma c’è anche un’altra persona che Mi…turba. Dio sono tornata ad odiarlo. Sapevo che sarebbe successo prima o poi come in egual sicurezza so che non potrò mai provare qualcosa, ma sapevo che sarebbe successo…e mi ha fatto tremare le gambe. Probabilmente ognuno di noi ha trovato un qualcosa di importante nel momento più sbagliato della propria vita, nel mio caso, probabilmente, ho solo sbagliato persona…

E’ quasi giorno, sembra che mi sia stesa cinque minuti dopo l’ennesima sigaretta ed invece sono quasi le sei del mattino… per lo meno ho riposato un po’. Mal di testa…dovrei spegnere il cervello almeno quando dormo. Vado verso il bagno, mi ci vuole una doccia. Potrei incontrare chiunque nel lungo corridoio che si prospetta davanti ai miei occhi, ne sono consapevole, ma sono arrivata ad un tale stato di rassegnazione che credo potrei affrontare chiunque a viso aperto stamattina. Giro la maniglia del bagno, entro e chiudo la porta alle mie spalle…ed ecco che mi rimangio quanto appena detto ritrovandomi di fianco a Gerard che ha appena terminato di sbarbarsi. Mi volto e scappo o faccio finta di non vederlo, apro l’acqua e mi lavo tranquillamente il viso ignorando i suoi peli dentro il lavandino?? “Cosa fai sveglia a quest’ora?” “E tu?” Semplice, abbiamo dormito poco e niente probabilmente per le stesse ragioni. “Sei nervoso per la cerimonia?” “No, non proprio…” dice tornando ad asciugarsi il viso con l’asciugamani che ha attorno al collo. Poi si appoggia allo stipite della porta e mi da uno di quegli sguardi con quegli occhi che puoi contarci le lineette che ha nell’iride. “Non credi che io e te dovremmo…parlare un attimo?” D’impeto gli direi di no e correrei via…però ho preso una decisione e non torno indietro. “Si, dobbiamo parlare” lungo sospiro, prendo fiato, cerco di sostenere il suo sguardo “non sono innamorata di te Gerard. Non credo debba succedere altro tra noi. Parto.” In tre frasi gli ho detto quello che avevo programmato di dirgli durante una cena, o durante una passeggiata lunga probabilmente un intero pomeriggio…ma le circostanze mi ci hanno costretta. Scusami se ti faccio del male, scusami davvero. “Probabilmente ti porterò rancore per tutta la vita” dice mettendomi le mani sulle spalle “ma se è una tua scelta è giusto così, anche se…” sospira “sei egoista” trova la forza di attaccare e lo fa meglio quando i suoi sentimenti lo tradiscono, quando la sua fragilità viene fuori. Torna ad asciugarsi il viso, getta l’asciugamani ed esce dal bagno attraversando il corridoio a passo deciso. Li riconoscerei a distanza di miglia, i suoi passi. Torno in camera, metto su una giacca e raggiungo Gerard in camera sua. È seduto sul letto,si passa le mani tra i capelli in continuazione, poi accende una sigaretta. Entro piano, gli sono alle spalle, salgo sul letto e lo abbraccio “ti prego, non pensare che sono un’ingrata…” non mi risponde, ma ricambia il mio abbraccio. “Devi promettermi solo una cosa” sussurra “devi toglierti Frank dalla testa e dal cuore” mi stringe. “Ti giuro che ho iniziato a farlo” “Bene” La situazione è…di quelle situazioni ideali. Ideali per cosa?? No no, per niente, è solo la mia immaginazione che lavora più del dovuto. “Senti…sono ancora le sei, perché non ci rilassiamo un attimo?” accetta la mia proposta con un sorriso mentre mi tira giù, mi appoggio al suo petto.

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“Cazzone tra mezzora dobbiamo andare!” Mikey che rovina il nostro sonnellino stritolando il fratello. “Merda…sono le 9!!!” “Cazzo…” faccio eco con la mia voce rauca. Mikey probabilmente pensava che il fratello perfettino e meticoloso stava già mettendosi appunto da chissà quante ore e ha evitato di disturbarlo…avrei fatto anche io lo stesso. “Io vado a prendere Alicia, tu sbrigati che tra un po’ passa a prenderti Frank…” Frank?? Verrà qui?? Eh già, lo sposo ed il testimone arrivano in chiesa insieme…o almeno credo…sta di fatto che verrà qui ed io non voglio vederlo, non voglio nemmeno sentire il suo profumo a distanza di un miglio. Scendo in cucina, ho bisogno di un caffè, devo sbrigarmi. Corro giù per le scale e Cristo santo lui è davanti ai miei occhi! “Ciao…ho incrociato Mikey che usciva e sono entrato…” cerca di mascherare l’imbarazzo giustificandosi goffamente. Io credo di aver vagamente capito il senso delle sue parole ora che le forze mi abbandonano davanti ad uno spettacolo così bello. Capelli a posto, pettinati e gellati, occhi splendenti…ma non credo abbia fatto molto per quelli. Vestito chiaro in tinta unita, bracciale. Bracciale. Il mio, il nostro bracciale. Trattengo a forza le lacrime indicandolo “Quello… credo che dovresti toglierlo…” riesco a dirgli con un filo di voce. Alza il braccio, lo guarda, ci gioca e sorride “No” è la sua risposta secca mentre continua a sorridere. E avrei preferito che se lo strappasse dal polso tirandomelo contro con tutta la sua forza. “Tu non l’hai tolto…” continua facendo un cenno verso il mio braccio. “Io non devo sposarmi…” mi asciugo piano la lacrima che si è pian piano liberata “scusa, devo andare”. Non gli do il tempo di dire altro. È finita, così, in quella cucina…non lo rivedrò più. Adesso posso dare via libera a tutte le lacrime che ho in corpo. Raggiungo Gerard in camera che frettolosamente si appresta ad agghindarsi. “Ti aiuto” dico afferrando la cravatta per fargli il nodo, ma le mie mani tremano e non è per nulla facile. Me le prende tra le sue. “Lui è qui?” mi chiede piano “Si” la mia risposta sottovoce. Mi bacia le mani, mi stringe a se. “Lo porto via” si avvia verso la porta. Il pianto mi offusca la vista, non riesco nemmeno a godere appieno della bellezza di Gerard nel suo vestito scuro. Si volta un attimo “Torno presto”.

Spio da un angolino di finestra l’automobile tirata a lustro che lascia il viale, mi lascio cadere su una sedia e attendo che le ultime lacrime finiscano di cadere. Il borsone è già pronto, scappo, vado via da vigliacca… forse è meglio di no, aspetterò i ragazzi per salutarli e andrò via questa sera…anche se la tentazione di lasciare questo posto è fortissima. Salgo in camera, metto su un paio di jeans ed una maglia comoda, porto con me il giubbino, non si sa mai, le temperature sono variabilissime in primavera. Credo di ricordare come arrivare a quel posto di ieri sera… sarà una lunga passeggiata in compagnia dei miei fantasmi.

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Il sole, lieve, filtra attraverso i rami, il torrente scorre pacifico e melodico vicino ai miei piedi, sento il cinguettìo degli uccelli che se qualcuno tempo fa mi avesse chiesto se amo gli uccellini che cantano avrei riso per una settimana intera. Mi siedo su uno spazietto d’erba vicino all’acqua…vorrei le mie tele e i miei colori. Aveva proprio ragione, di giorno è un paradiso. Mentre apprezzo per la prima volta un qualcosa che non sia droga o sesso o…amore immenso e fugace, non faccio altro che pensare a quello che poco lontano da me sta succedendo, o meglio è già successo circa un‘ora fa. Fiori bianchi, risa allegre, sguardi commossi, canti felici, mani con anelli lucidi che si intrecciano, angeli che spiccano il volo… e angeli che qui cercano uno spiraglio di luce nel baratro. Ho deciso, torno a casa, prendo la roba e vado via. Non ho tempo di alzarmi, mi volto ed una figura troppo elegante per essere qui mi corre incontro per poi fermarsi vicino col respiro affannato. “Gerard ma cosa…” “Sapevo di trovarti qui…” continua a respirare affannosamente. “Ma la cerimonia?” “Ho fatto il mio dovere… però non mi piace la sala ricevimenti che hanno scelto…è per vegetariani…” la bugia più dolce che abbia mai sentito in tutta la mia vita. Scoppio in un pianto isterico “Stavo andando via senza salutarti, sono una stupida, stavo per andare a casa a prendere la mia roba e…” mi tappa la bocca. “Shhh…” sorride accarezzandomi i capelli “vorrà dire che mi abbandonerai un’altra volta…” mi strappa un sorriso, sincero “Andiamo” mi tende la mano. “Dove?” “A disfare le valigie…” la mano ancora tesa verso di me, gli occhi pieni di speranza. A questo punto della mia stupidissima vita tocca fare una scelta, neho fatte tante, qualcuna giusta, qualcun’altra sbagliata…qualcuna non l’ho ancora capita…come per esempio questa che ho appena fatto. Stringo la sua mano e mi tiro su, la tengo ben stretta, non la mollo.

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Capitolo 22
*** Ringraziamenti ***


Un grazie particolare va a 5 tizi che hanno salvato la mia vita e che mi accompagneranno fino alla morte:


(in ordine: Frank Iero, Ray Toro, Gerard Way, Bob Bryar, Mikey Way)

Un cenno particolare per questi due piccoli grandi uomini:


(Frank Iero)


(Gerard Way)

E poi la reale coppia che mi ha permesso di adottare la moglie di Frank come guest star (ndr.in realtà li adoro, tutti e due):


(Jamia Nestor & Frank Iero)

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E il testo della mia canzone ispiratrice:

MY CHEMICAL ROMANCE
"Cemetery Drive"


This night, walk the dead
In a solitary style
And crash the cemetery gates.
In the dress your husband hates
Way down, mark the grave
Where the search lights find us
Drinking by the mausoleum door
And they found you on the bathroom floor

I miss you, I miss you so far
And the collision of your kiss that made it so hard

Back home, off the run
Singing songs that make you slit your wrists
It isn't that much fun, staring down a loaded gun
So I won't stop dying, won't stop lying (are you there at all?)
If you want I'll keep on crying (do you care at all?)
Did you get what you deserve? (are you there at all?)
Is this what you always want me for?

I miss you, I miss you so far
And the collision of your kiss that made it so hard
Way down, way down
Way down, way down
Way down, way down
Way down, way down
I miss you, I miss you so far
And the collision of your kiss that made it so hard

When will I miss you, when will I miss you so far
And the collision of your kiss that made it so hard
Made it so hard
Way down, way down
Way down, way down
Way down, way down
Way down, way down
Way down...

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THAT'S ALL FOLKS, ALWAYS KEEP THE FAITH!

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