Il Mio nome è Echo!

di jo_gio17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Numero Uno ***
Capitolo 2: *** Piacere di Conoscerti ***
Capitolo 3: *** Due giorni di silenzio ***
Capitolo 4: *** L'imprevisto ***



Capitolo 1
*** La Numero Uno ***


Prologo
La numero uno



Non si vedono le stelle, non si sente il vento... non nella Dollhouse. Nessuno sembra curarsene, tantomeno gli Actives, loro non conoscono o più propriamente, non ricordano il mondo esterno. Quel mondo fatto di alberi e di emozioni  ma soprattutto di persone, di parole. Vengono chiamate Dolls, menti fragili come quelle di bambini programmate solo per temere la Soffitta, adempiere agli impieghi e fidarsi del proprio addestratore. Nessun rapporto umano, nessuna passione è permessa alla Dollhouse, niente che possa sconvolgere l’equilibrio o danneggiare le Dolls che ora stanno dormendo nelle loro culle.

Un’altra giornata inizia, lei ora è la numero uno. Lei è speciale. Lei è Echo.

Dopo essersi lavata Echo segue il flusso delle altre Dolls verso la sala per fare colazione. Di solito siede al tavolo con Victor ma oggi non c’è, è in missione per una certa “donna vecchia piena di cuoricini e rughe”, così l’ha chiamata Topher, non capisce quasi mai quello che dice, ma gli sorride perchè lei è...gentile. Sierra invece, la sua amica, è andata a “fare una seduta” così a farle compagnia rimane solo Boyd. Il suo viso è buono, la fa sentire bene, tranquilla, si fida di lui anche se non ne conosce il motivo. Non si fa domande, non è stata programmata per farlo.

-Buongiorno Echo, come stai questa mattina?-

-Buongiorno a te Boyd, sto bene, cerco sempre di fare del mio meglio.-

-Perchè non vai a farti fare un bel massaggio appena hai finito? Subito dopo ti prometto che ti porto a fare una seduta.-

Il viso della ragazza si aprì in un limpido sorriso e rispose -Mi piacciono i massaggi, sono rilassanti e mi piaccio tanto anche le sedute.-

Boyd non rispose e si alzò dal tavolo, parlare con Echo in stato di doll era frustrante. Ad ogni domanda corrispondeva una determinata risposta. Capiva l’importanza di tenerli buoni e docili ma non vedeva perchè non dotarli di un briciolo di eloquenza in più! Salì le scale della sala centrale per raggiungere l’ufficio/laboratorio/sala dei cervelli insomma il mondo di Topher.

-Ehilà Boyd!! Come andiamo??- lo saluto con il solito sorrisetto ebete e continuò -sto giusto creando la nuova personalità da impiantare ad Echo.-

-Thoper... la DeWitt non c’è, quindi temo sia tuo il compito di mettermi al corrente sull’impiego. -

-Non essere impaziente amico, sto lavorando alla perfezione. In fondo sono io il genio giusto?? Sai dovrei comprare uno di quei cartellini da attaccare alle porte. Li conosci? Quelli con il simbolo delle radiazioni con su scritto “Genio a Lavoro” o un bel divieto “Non disturbate il Genio” potrebbe anche essere fosforescente, o forse no, il suo potenziale non sarebbe sfruttato le luci della Dollhouse sono sempre accese - brevissima pausa, giusto il tempo di infilare una caramella gommosa in bocca e... - Segnali luminosi! Delle carinissime lucine che sovrastino la luce naturale che ovviamente naturale non è, siamo sotto terra! - concluse sfoderando di nuovo il suo particolare sorriso. Solo due cose del suo strampalato monologo erano vere, le luci accese ventiquattro ore al giorno e che contro ogni logica è davvero lui il genio/scienziato della House.

Con questa consapevolezza Boyd represse ogni istinto omicida che solo Topher era in grado di fargli provare, una volta riacquistata la sua solita calma glaciale disse - L’impiego Topher.... di cosa si tratta...-

-Diciamo che ho inserito un po’ di “bambolina dolce” un po’ di “panterona sexy” una buona dose di intelligenza, curiosità, carisma e svariate abilità da “macchina da guerra”. Un intenso impiego romantico direi!-

-Potrsti definire queste svariate abilità da macchina da guerra?-

-Oh!!!! Speravo me lo chiedessi-  disse tutto compiaciuto sfegandosi le mani -Nessun addestratore si interessa in modo così approfondito al mio inestimabile lavoro è per questo che ti illustrerò con estremo piacere, amico mio, il mio nuovo impianto!-
Boyd alzò gli occhi al cielo quasi pentito di aver fatto quella domanda ma è devvero affezionato ad Echo e deve avere più dettagli possibili sulla personalità che gli verrà impiantata. Anche se questo significa ascoltare i deliri dello scienziato. Non avendo avuto nessuna risposta Topher continuò intonando la sigla della 20th century fox mentre appariva l’ologramma di un cervello in mezzo alla stanza. -Sono lieto di presentarti Kendra.-

Ok. Era molto meglio parlare con le Dolls. -Topher io vedo solo un cervello-

-Ehy!!!!! Come puoi dire “solo un Cervello”- disse scimmiottando la voce profonda dell’addestratore. -Kendra oltre ad essere un insieme tra un serial killer, un soldato
specializzato in qualsiasi arma e combattimenti corpo a corpo è praticamente la donna perfetta per Paul Ballard-.

Al suono di quel nome la lucidità di Boyd vacillò violentemente - Stiamo mandando Echo dritta nelle mani dell’unico agente federale che vuole distruggere la Dollhouse al costo della sua stessa vita! Questo non è un impiego romantico questo è un suicidio! Stiamo giocando col fuoco, non possiamo mandare un’altra dormiente nella sua vita, se ne accorgerà e così avrà finalmente le prove che cerca per distruggerci!-

-Calma calma Boyd. Non ho parlato di Kendra come dormiente! Anche perchè la strega meglio conosciuta come la DeWitt non mi direbbe mai il codice di attivazione! Noi mio caro Boyd, manderemo Echo come investigatrice privata, come un investigatrice privata assunta dalla Dollhouse per spiare, controllare Ballard. Il suo compito è quello di farci conoscere il nemico. L’impianto è programmato per non far saltare mai la copertura anche a costo della vita non può parlare del suo “datore di lavoro” ad accezione di te ed ovviamente me, modestamente il suo creatore e di Adelle! Forse dovrei aggiungere la dottoressa Saunders... no meglio di no, sai mi odia!-  -uuuuuhhh parli del diavolo...Ehm.... Dottoressa Saunders, oggi il camice le dona molto-

-Buongiorno Boyd- salutò la dottoressa ignorando completamente Topher.  -Echo è pronta per la sua seduta- disse scoscandosi per permettere alla doll di passare.

-Grazie Claire, buona giornata- rispose l’addestratore sorridendo. La dottoressa lanciò la sua solita occhiata d’odio allo scienziato prima di andarsene.

-Una donna davvero agghiacciante, agghiacciante- bofonchiò tra sè e sè Topher prima di concedere tutte le sue attenzioni ad Echo. -Echo hai voglia di fare una seduta?- disse con il tono dolce che riservava solo alle dolls, indicando la sedia per gli impianti.

-Certo mi piacciono le sedute, quando ho finito avrei proprio voglia di nuotare. Ieri ho fatto trentaquattro vasche. Ho fatto del mio meglio.- rispose Echo mentre si accomodava sulla sedia.
Mentre stava azionando la macchina Topher rispose -Ma certo Echo, tu sei la nostra numero uno!-

Meno di un minuto qualche lampo di luce e l’operazione è stata portata a termine. Echo ha lasciato spazio alla nuova sè... Kendra.

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Capitolo 2
*** Piacere di Conoscerti ***


Cap 1

Piacere di Conoscerti

Gli occhi risoluti di Kendra si aprirono.

- Salve signorina Jones, il mio nome è Boyd Langton – poi indicando lo scienziato con lo sguardo aggiunse – Lui è Topher Brink -

- Kendra Jones, ma pare che già lo sappiate – esclamò la ragazza tendendo la mano ai due uomini. Poi continuò – Suppongo dobbiamo parlare di affari e non posso farlo in pigiama. Dove posso cambiarmi? –

Boyd le passò un borsone che aveva fatto preparare per l’occasione  - Da questa parte –  e le fece cenno di seguirlo. 

I due ritrovarono nello studio della DeWitt. Kendra aveva un aria molto più seria senza gli abiti da doll. Indossava una camicia nera avvitata su un paio di jeans strettissimi e per completare il look ai piedi aveva un paio di stivali pericolosamente alti. Inoltre si era raccolta i capelli in una comoda coda alta che lasciava completamente scoperto il viso e metteva ancora di più in risalto le labbra dipinte di rosso. Tutto sembrava meno che un esperta investigatrice. Quindi era semplicemente perfetta!
La donna si accomodò sul bracciolo del divano prendendo il bicchiere che Boyd le stava offrendo. Lui rimase in piedi ed iniziò a parlare.

- Ha già lavorato sotto  copertura per la Dollhouse giusto? –

- Sa molte cose su di me, signor.....-

-Boyd, mi dia tranquillamente del tu. Sarò la sua spalla per le indagini.-

- In questo caso, Boyd – rispose soffermandosi sul nome – dovrebbe sapere anche che con me si parla prima del compenso, in base a quello si può parlare o meno del lavoro –

- Certamente, mi hanno permesso di offrirle al massimo un milione di dollari, direi di lasciar quindi perdere le contrattazioni e passare alla spiegazione del caso. –

Kendra prese una lunga sorsata e guardò con soddisfazione il suo socio – Sono tutta orecchi!-
Boyd prese dalla scrivania il fascicolo di Ballard e lo passò alla ragazza – Qui c’è tutto quello che sappiamo su quest’uomo. Il resto speriamo possa scoprirlo tu! –

- Vediamo.. Paul Ballard.. agente dell’FBI, a quanto vedo qui non gode di ottima fama. Vive in un buco sporco, la moglie è diventata ex.... – parlava tra sè Kendra, soffermandosi su ogni singola informazione per memorizzarla – Precisamente cosa volete da me? –

- Abitudini, pensieri  e se possibile ogni dettaglio che riguarda la House, devi interagire con lui far si che si fidi di te, insomma distrarlo da noi. Almeno per un po’! –

Kendra prese una foto dalla cartellina che aveva ancora in mano e disse – Sarà un piacere “distrarlo almeno per un po” –  rigirando l’immagine di Ballard fra le dita.

Ed ecco “la pantera sexy” pensò Boyd sorridendo alla ragazza.

Qualche ora più tardi, era tutto pronto per l’operzione “nice to meet you”. Kendra si trovava nel suo nuovo appartamento, un monolocale ben arredato con un enorme cabina armadio che rese particolarmente felice la donna e un grande letto con lenzuola di raso rosso cupo che contrastavano il bianco candico della testiera. La missione era appena iniziata e sarebbe stata immensamente piacevole o almeno così penso Kendra mentre si infilava nella doccia per prepararsi al loro primo incontro, assolutamente casuale.
Boyd era già sistemato nel solito furgone nero, si allentò la cravatta e iniziò a sorseggiare il suo caffè più per abitudine che per altro, la serata non doveva essere particolarmente lunga. “un aggancio veloce e tutti a nanna” così l’aveva salutato Echo... no non Echo, Kendra!

La seducente Kendra arrivo in sella ad una moto rigorosamente nera davanti al bar dove Paul stava bevendo dopo il lavoro, ovviamente da solo.  Il look era simile a quello del pomeriggio, stessi stivali, stesso rossetto ma scollatura più vertiginosa. Camminò lentamente verso lo squallido bar, una volta alla porta si voltò per controllare la posizione del suo collega ed entrò.
L’interno del locale era perfettamente come l’esterno, sporco e maleodorante ma questo non fermò Kendra, individuò la sua preda con estrema facilità. Paul era l’unico uomo in giacca e camicia, sedeva al centro perfetto del bancone, probabilmete per tenere sotto controllo la situazione dell’intero bar dallo specchio di fronte. “Mossa intelligente mister Paul” pensò la ragazza mentre a sua volta si dirigeva verso il bancone, si fermò a tre sgabelli di distanza da Ballard e si accomodò.

- Cosa prendi tesoro? -  le chiese il barista riservandole un sorriso semi-sdentato.

- Una Buddweiser, è stata una serata pesante! – rispose con gentilezza ricambiando il sorriso.

Data la quasi completa assenza di sesso femminile nel locale, la sua presenza aveva attirato particolarmente l’attenzione. Tanto che appena si poggiò la bottiglia alle labbra per dare un sorso le si avvicinarono un paio di ragazzi.

- Ehy bellezza! – escamò il più alto dei due – Io ti conosco, tu sei Kitty!! – finita la frase scoppiò a ridere.

- Mi spiace – rispose Kendra senza perdere la calma e senza guardare il suo interlocutore – ti stai sbagliando, non so chi sia Kitty –

- Jey – urlò il ragazzo più basso per chiamare un altro amico – guarda qua chi c’è, Sexy Kitty,  - continuò rivolgendosi di nuovo a Kendra – Dai bella non fare la difficile, ti abbiamo vista solo qualche ora fa al “Pink Panther”! –
Jey si unì alla conversazione – Oh cazzo hai ragione! – esordì sputacchiando birra.

- Vi ripeto che vi state sbagliando! Ora lasciatemi bere in pace! – rispose di nuovo Kendra con un po’ meno calma.

Ma Jey, evidentemente ubriaco continuò – Potresti essere più gentile con me, Kitty. Non si vedeno spesso venti dollari nelle mutandine in uno streep club squallido come il Panther!! –
Kendra rimase a bocca aperta, senza rispondere lasciò cinque dollari spiegazzati sul bancone e sparì dietro la porta del bar non senza essersi prima accertata che l’agente avesse assistito alla scena.

Appena fu uscita sentì la voce di Boyd direttamente nelle sue orecchie, grazie alla minuscola trasmittente nascosta nei suoi orecchini.

- Sei sicura che abbia funzionato? –

- Sta a vedere Boyd – sussurrò la ragazza in modo che solo il collega potesse udirla – tre.....due....uno.... –
Dalla porta del locale uscì Ballard.  Dando le spalle alla porta Kendra continuò – Se sono la migliore ci sarà un perchè....e poi soffre della sindrome del cavaliere senza macchia, non poteva resistere...-

Concluse girandosi verso “il cavaliere” sfoderando l’espressione triste che cancellò dal suo viso il sorrisetto di soddisfazione appena dedicato a Boyd.

I due rimasero a guardarsi per qualche secondo, poi Kendra attaccò – Ti serve qualcosa?-

- No, no... io....cioè a me... – rispose spiazzato dallo sguardo indagatore della ragazza minacciosamente inchiodato ai suoi occhi.

- Senti è stata una lunga serata e quei tre ragazzini non hanno contribuito a migliorarla – disse iniziando a salire lentamente sulla sua moto.

- Mi dispiace... io volevo solo dirti questo – fece una pausa e si avvicinò a Kendra – Kitty giusto? Io sono Paul Ballard. – aggiunse riacquistando lucidità e il suo bel faccino sorridente.

- Non proprio, il mio vero nome è Kendra, Kendra Jones –

- Allora spero di vederti presto Kendra –
Ridacchiando rispose – È stato un piacere anche per me Paul. – mise in moto e sfrecciò via senza girarsi.

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Capitolo 3
*** Due giorni di silenzio ***


Cap 2
Due giorni di silenzio

Echo passò i due giorni successivi a vivere la vita di Kendra che tutte le sere fingeva di essere Kitty. Boyd si ritrovò a pensare a Topher, aveva davvero superato se stesso, una doll che crede di essere una persona che interpreta un’altra persona senza mai perdere coscienza di sè. Inoltre approfittò di quei due giorni per riposare, si era talmente abituato ai ritmi della House che si era dimenticato quanto fosse bello dormire in un vero letto ma sapeva anche che il momento tranquillo non sarebbero durato molto. Già dalla sera dopo il primo incontro con Kendra, sorprese Ballard aggirarsi fuori dal “Pink Panther”, era solo questione di tempo, prima o poi sarebbe entrato e così facendo avrebbe dato inizio al vero gioco, per utilizzare le parole della ragazza.
Nel frattempo Kendra si stava preparando per il suo show, Sexy Kitty, avere quel lavoro senza domande e documenti era stato fin troppo facile ma soprattutto lo trovava estremamente divertente. Per quanto il club fosse l’essenza della decadenza c’era una netta distinzione tra “ballerine” e “nudiste”, ovvero le ballerine si limitano agli show e vengono pagate solo per ballare, le nudiste invece sono le regine indiscusse dei privè. Se tutto fosse andato secondo i piani non avrebbe dovuto lavorare lì ancora per molto, il suo cavaliere personale l’avrebbe salvata dalle mani dei mostri cattivi.

- K. Un minuto e si va in scena! Forza che stai aspettando!?! – La chiamò Jasmine. Una ragazza minuta, decisamente priva di intelligenza pensò Kendra. La prima volta che si parlarono fu agghiacciante...Kendra si era presentata con il suo nome più il nome di scena, la testolina bionda le rispose “mi spiace ti chiamerò solo K. tesoro, non posso mica ricordarmi due nomi!”

- Sono pronta arrivo! – rispose Kendra intenta a fissare gli ultimi ciuffi ribelli nell’acconciatura.

Il buio regnava sul palco, la musica anni ’20 già le risuonava nelle orecchie insieme agli schiamazzi degli uomini del locale. Il suo show non era spettacolare ma risultava molto erotico ballare dentro un enorme coppa da champagne ricoperta quasi solo da perle. “Si balla anche questa sera” penso Kendra con un sorriso mentre scivolava all’interno della coppa.
I primi fari cominciavano ad illuminarle le gambe, il volume della musica sovrastò il chiacchiericcio o semplicemente si zittirono tutti. Lei era lo spettacolo di punta della serata e questo non faceva che inalzare il suo ego in modo estremamente pericoloso. Il suo istruttore in Egitto le aveva detto “امرأةمتأكدجداإذاكانامرأةميتةالمشي” ovvero “una donna troppo sicura di se, è una donna morta che cammina” e Kendra cercava di ricordarselo, ogni tanto.

Non c’erano visi mentre ballava, non c’erano voci nè apprezzamenti. C’era lei, la musica e.... dopo meno di un minuto lo sguardo di Paul Ballard incollato al palco. “Perfetto” si disse mentalmente “il gioco comincia!” .

Per l’intera esibizione Kendra ricambiò gli sguardi di Paul che da bravo poliziotto si era seduto in ad un tavolino non lontano dal palco ma addossato al muro in compagnia solo del suo bicchiere. L’esibizione finisce di colpo insieme alla musica come da copione, sono concessi a Kitty ancora venti secondi di luce per uscire dal calice prima che il tecnico spenga le luci del palco per preparare gli ospiti al seguito dello show. Successe tutto in quel brevissimo lasso di tempo. Mentre Kendra si issava su un lato del calice, un uomo dal pubblico si avventò su di lei bramoso rigettandola violentemente nell’acqua. Il ragazzo con un balzo atletico la raggiunse anche nel calice, dato lo spazio decisamente ristretto, le atterrò sopra schiacciandola sul fondo del vasca in vetro. Un silenzio glaciale avvolse il locale. Uno dei buttafuori accorse immediatamente ma fu preceduto da Ballard che raggiunse il palco appena i suoi occhi realizzarono Kendra in pericolo. Senza pensare afferrò il ragazzo e lo gettò con estrema violenza a terra, tanto da lasciarlo tramortito per qualche secondo. Non appena cercò di alzarsi gli fu addosso il mastodontico buttafuori che lo inchiodò di nuovo al pavimento. Nel frattempo Paul tirò fuori Kendra dall’acqua ormai svenuta. Anche Boyd irruppe nel club estremamente preoccupato dai picchi di emozioni dati dal monitorato cervello di Echo. Non appena vide la scena il suo corpo si irrigidì. Questo incidente non rientrava minimamente nei piani di Kendra ed assolutamente non rientrava nei piani della Dollhouse. La DeWitt li avrebbe uccisi tutti, compreso lui o peggio li avrebbe spediti tutti in Soffitta senza troppi complimenti. Il filo dei suoi pensieri fu interrotto grazie allo spintone dei paramedici che probabilmente furono chiamati dal proprietario di quella bettola. Paul teneva ancora stretta Kendra e l’aveva coperta come meglio poteva con il suo giacchetto di pelle nera. In quel momento di semi-calma i pensieri di Ballard ricominciarono a fluire, “perchè mi sono messo in questo casino per te, in fondo sei una sconosciuta, molto bella ma comunque una sconosciuta” si diceva mentre la guardava, “una bellissima e problematica sconosciuta che mi è piombata tra le braccia”. I paramedici caricarono la ragazza su una barella mentre Paul li seguiva come un automa ancora immerso nei propri ragionamenti.
Nel mentre la mente di Boyd riuscì ad elaborare un piano salva-vita, se possibile definire così un piano assolutamente disperato. Si avvicinò sicuro al palco e al buttafuori che ancora teneva l’assalitore schiacciato a terra.

- Sono il detective John Franco, sto correndo dietro a questo tizio da mesi! – si presentò Boyd.

L’uomo lo guardò storto – Non mi piacciono i poliziotti – affermò con gli occhi sbarrati verso Boyd – soprattutto quelli amichevoli – continuò con aria truce l’uomo.

Senza battere ciglio Boyd rispose – Senti... io non voglio crearvi problemi. Mi serve solo il ragazzo e mi serve intero per il processo. –

- Bene – disse tirando su per la maglietta il piccolo uomo ormai sobrio e spaventato – Tutto tuo ora levatevi velocemente dalla palle! Chiaro? – finendo la frase con una specie di grugnito.

Boyd annuì prima di strattonare il ragazzo fuori dal locale. Appena usciti lo stordì e lo trascinò dentro al furgone. Prima di tutto doveva occuparsi di Echo, accese il localizzatore e lo seguì.

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Capitolo 4
*** L'imprevisto ***


Cap 3
L’imprevisto

 

Ballard salì sull’ambulanza senza riflettere infatti una volta all’ospedale si ritrovò solo, in una saletta delle pareti gialle, a giocherellare con la collana di perle di plastica che i paramedici avevavo sfilato a Kendra. “Devo sapere se sta bene” continuava a dirsi “poi vado a casa”. Dopo alcuni interminabili minuti gli si avvicinò un camice bianco seguito da un’infermiera.
 
- La ragazza è stabile, ha battutto la testa e molta acqua è finita nei polmoni. Questa notte la terremo in osservazione per il momento è sedata tra poco le affideremo una stanza – disse il medico con voce stanca– Se cortesemente può seguire Camille – disse indicando l’infermiera – avremmo bisogno di compilare alcuni documenti.- terminata la frase si congedò senza dare a Paul il tempo di rispondere. L’attenzione si spostò quindi alla ragazza paffutella dagli occhi dolci che teneva in mano svariate cartelle.
 
- Prego mi segua – prese im mano la situazione Camille. Quell’uomo aveva un’aria decisamente stralunata.
 
Ancora chiuso nel suo silenzio Paul si alzò e la seguì al piano di sotto.
 
Come previsto il localizzatore condusse Boyd all’ospedale più vicino. Non poteva irrompere come nel club e portare via Echo. Non senza un piano ed assolutamente non senza il consenso della DeWitt. Così a malincuore fece inversione e tornò verso la Dollhouse.
 
Il piano inferiore era decisamente meno tranquillo della stanzzeta gialla, Paul era in piedi davanti una sorta di scrivania dove dietro c’era Camille.
 
- Dovremmo compilare questa scheda per il ricovero, come si chiama la sua ragaz...amica? – chiese un po’ imbarazzata Camille dato che l’abbigliamento, o meglio dire il non-abbigliamento che portava Kendra non lasciava dubbi sul suo mestiere.
 
- Non è la mia fidanzata – rispose d’istinto Ballard ma quelle parole uscite dalla sua bocca sembrarono equivoche anche alle sue orecchie. Così continuò – Si chiama Kendra Jones, lei è... – fu di nuovo costretto ad interrompersi. “Ma che stai facendo Paul??” inveì tra sè “tu non sai chi è”. Sollevò lo sguardo dalla scheda agli occhi nocciola dell’infermiera e disse – Io in realtà non so chi è, so solo il suo nome e quello che è successo questa sera...il resto è....complicato. –
 
Camille annuì scrisse il nome sulla scheda con un enorme punto interrogativo accanto poi ricambiò lo sguardo di Paul e con un sorriso  aggiunse – Mi racconti cosa è successo –
 
Non sapendo come spiegare la sua presenza in quel locale, Paul iniziò direttamente dall’aggressione. Dopo il breve racconto Camille chiese le generalità di Ballard e le appuntò diligentemente su quella maledetta scheda. – La stanza è al quarto piano, numero 451. In caso volesse vederla. Nel frattempo cercherò di contattare qualche parente ma sarebbe un bene che non si svegliasse da sola dopo un’aggressione. –
 
Paul annuì  e ringraziò quella graziosa ragazza tanto dolce e gentile poi imboccò le scale.
 
 
Eccola lì... sdraiata sul letto in una piccola sala dalle pareti azzurrine. Paul entrò e si accomodò sulla scomoda sedia posta alla destra di Kendra. L’ospedale era stranamente silenzioso, guardò il display del cellulare segnava le tre e mezza del mattino, Ballard abbandonò sullo schienale e socchiuse gli occhi per quello che sembrò soltanto un momento.
Quando riaprì gli occhi la prima cosa che controllò fu di nuovo l’orario, le quattro, il suo sguardo volò distrattamente sul viso della ragazza. Era sveglia.
 
- Kendra – esclamò Ballard ancora insonnolito – come ti senti? –
 
La ragazza ricambiò lo sguardo con occhi vacui – Mi sono addormentata? –
 
- Beh si, non ti ricordi ti hanno aggredita –
 
Kendra aggrottò appena le sopracciglia e richiese con voce tranquilla – Mi sono addormentata? –
 
- Vuoi che chiami l’infermiera, non ricordi nulla? Sai almeno come ti chiami? – chiese seriamente preoccupato accostandosi ancora di più al letto.  
 
Finalmente negli occhi della giovane brillava una luce nuova e rispose risoluta –  Il mio nome è Echo -
 
 

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