listen to me di _MrS_HyDe_ (/viewuser.php?uid=36283)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** no more moon, no more stars ***
Capitolo 2: *** the worst promise ***
Capitolo 3: *** despairing ***
Capitolo 1 *** no more moon, no more stars ***
CAPITOLO
1- no more Moon, no more Stars
“Ma
quanti anni vive l’uomo?
Vive
mille anni o uno solo?
Vive
una settimana o più secoli?
Per
quanto tempo muore l’uomo?
Che
vuol dire per sempre?”
PABLO
NERUDA
------------------
Questa
storia non è una bella storia.
Non ci
sono fate, né magie, né incantesimi.
Non
parla né di principi, né di principesse.
Parla
di gelosia, della gelosia più estrema e orribile,
parla
di pazzia e di pazzi,
parla
di amori distrutti, di amori non ricambiati,
parla
di odio e di vendetta,
parla
del dolore più grande,
parla
di persone perdute,
di
persone che perdono e di persone che si perdono.
Questa
storia non è una bella storia.
Questa
storia è una storia vera.
Ma, se
non volete che vi si spezzino i sogni e vi si infrangano le speranze,
non
leggetela.
Riponetela
in un cassetto e lasciatela lì,
nel
mezzo
tra i
sogni dimenticati
e
quelli infranti.
Hinata sapeva
ascoltare. Era questa la sua qualità più grande,
e non era cosa da poco: la maggior parte delle persone finge di
ascoltare, o non ascolta proprio. Prese da loro stesse, non badano a
ciò che gli si dice o gli si viene confidato. Al primo
momento, s’insinuano nel colloquio e lo trasformano in un
soliloquio. Parlano e parlano, senza una meta precisa, senza un punto
d’arrivo, come, del resto, senza nemmeno un punto di
partenza. Hinata no: aveva la rarissima e preziosa dote si saper tacere
e, al momento opportuno, sì, parlare, ma sussurrando le
parole, in modo da farle ascoltare solo al diretto interessato, e
renderle, così, speciali. Quando parlava, poi, non erano
parole vane, ma piccole gemme che lei intagliava nei suoi lunghi
silenzi.
Naruto, invece,
non sapeva ascoltare, sapeva solo parlare, e neanche con tanto
criterio: parlava per ore interminabili, senza sapere quando fermarsi e
nessuno, sebbene vi tentasse con i migliori propositi, riusciva ad
ascoltarlo fino in fondo. Tranne Hinata. Lei sapeva stare per ore
accanto a lui ad imparare il suono della sua voce, cogliendone le
più piccole sfumature e accompagnandole alle espressioni del
suo bel viso.
Era iniziato tutto
così: un pomeriggio che Naruto aveva voglia di parlare e
voglia che qualcuno l’ascoltasse davvero. Si erano seduti su
un muretto, all’ombra di uno dei tanti alberi secolari che
ornavano la città, mentre attorno a loro aleggiava il
silenzio caldo dei giorni d’estate. Di solito Naruto non
prestava troppa attenzione ad Hinata, ma quel pomeriggio non fu
così: mentre parlavano, o meglio, mentre lui parlava e
Hinata ascoltava silenziosamente, annuendo di tanto in tanto e ridendo
alle sue battute, Naruto aveva preso ad osservarla minuziosamente. Quel
caldo e prezioso pomeriggio di piena estate, Naruto si accorse che la
piccola bambina impacciata di così poco tempo prima era
diventata una splendida ragazza, dai lineamenti gentili e la pelle
candida e i capelli neri e leggeri. E ad incrociare lo sguardo con
quella piccola donna si ritraeva spaventato, quasi, dalla sua bellezza,
e arrossiva e incurvava dolcemente i lati della bocca, e intanto
continuava a parlare, cercando disperatamente un argomento dopo
l’altro, nel timore che al primo silenzio imbarazzato sarebbe
corsa via, come quel tempo malvagio che scorreva così
velocemente e sottraeva loro quei momenti così belli.
Infine, quando le
ombre erano così lunghe che parevano volersi allontanare dai
loro corpi, Naruto tacque, col cuore in gola. Allora Hinata gli
riservò il primo di tanti sorrisi che avrebbe dedicato solo
a lui e, come sempre, sussurrò la sua piccola gemma:
- sono
d’accordo con te -
- su cosa?
–
- su tutto
–
- … -
- … -
- Hinata?
–
- …?
–
- credo di essermi
innamorato di te –
E lei, lei
piccola, lei indifesa, lei dolce, lei imbranata, lei inutile, lei come
la luna, lei preziosa, lei silenziosa, lei bellissima, lei che ascolta,
lei che tace, lei che piange, lei che ride, lei, che di speciale non
aveva proprio nulla,lei che di prezioso aveva solo lui, lei che di
meritarsi, non s’era mai meritata nulla, lei che lui non
meritava o non meritava lui, lei, non ci pensò due volte.
Svenne
all’istante.
Quando Hinata
disse a Naruto che era incinta, fu la volta in cui toccò a
Naruto svenire. Quando rinsavì, non disse nulla e
andò via senz’altro, pallido come se avesse visto
un fantasma, o peggio. Hinata si rinchiuse in camera sua e pianse a
lungo: pensò di aver perso Naruto davvero.
S’addormentò tra le lacrime. A sera si
svegliò, e sentì un brusio di voci nella grande
casa. Uscì allora dalla sua stanza e, curiosa, si
avviò nella sala principale, da cui provenivano le voci.
Arrivò giusto in tempo per udire l’inizio
dell’impacciato e confusionario discorso di un inusuale
Naruto, in abito da cerimonia (troppo grande per lui, a dirla tutta:
doveva averglielo prestato qualcuno, forse Neji, che lo osservava
facendo in silenzio il tifo per lui) e dalla voce impastata, ma lo
sguardo deciso:
- signor Hyuuga
– iniziò – sono qui, oggi, per
domandarle la mano di sua figlia Hinata –
Silenzio nella
sala. Oltre a Hiashi, pochi altri membri del clan.
- e cosa ti fa
pensare di essere il più adatto a pretendere la mano di
Hinata? –
La domanda suonava
retorica, velatamente irrisoria, ma Naruto non prese mai domanda
più sul serio di quella: alzò deciso il capo,
illuminato da uno di quegli sguardi che la sua Hinata amava tanto e che
solo lui era in grado di fare, e disse quella frase che Hinata non
avrebbe mai più scordato in vita sua:
- non sono di
certo il migliore di questo villaggio, né mai credo che lo
sarò, ma non ho dubbi: sono quello che ama sua figlia
più di ogni altro –
Il capoclan hyuuga
stette in silenzio ancora, così Naruto aggiunse:
- se sono qui,
è per pura cortesia, perché vede, signor Hyuuga,
se Hinata sarà d’accordo, non mi fermeranno tutti
gli eserciti del mondo dal portarla via con me, qualunque cosa lei
dirà –
Fu allora che la
sala si accorse che Hinata era sul ciglio della porta. Ella
entrò, senza timore, e andò al fianco di Naruto:
il suo sguardo non aveva bisogno di domande. Naruto si alzò
in piedi.
Hiashi Hyuuga
osservò ancora i due innamorati, in silenzio. Poi,
s’alzò anche lui, voltò loro le spalle
e s’avviò verso la porta bianca.
- solo, non fatelo
ad agosto: qui a Konoha, d’estate, si muore davvero
– e uscì, richiudendo la porta dietro di
sé.
Il giorno del suo
matrimonio, Hinata Hyuuga era bellissima, e anche il giorno dopo, e
tutti i giorni che venivano. Quando le venne il pancione, Hinata si
vergognò moltissimo, ma Naruto continuò a
ripetere che era la più bella. Quando nacque la loro
bambina, disse che era la creatura più meravigliosa che ci
fosse al mondo, lei e sua madre. O almeno, questo era ciò
che pensava Naruto. Ciò che pensava la gente non discordava
però di molto da quel che pensava il giovane uomo: non
c’era alcun dubbio sul fatto che Naruto, Hinata
e la piccola Risa
fossero la famiglia più bella di Konoha. Belli come il Sole,
la Luna e le
Stelle, dicevano, e non c’era mai stata verità
più giusta di quella.
Ora,
vorrei terminare qui il mio racconto
scrivere
il
vissero
per sempre felici e contenti,
ma ho
scritto che questa è una storia vera
e non
sarei leale verso i miei venticinque lettori
se
terminassi in questo modo.
Ho
fatto giuramento di verità e lealtà,
quindi
continuerò a scrivere,
nonostante
mi si strazi il cuore
al
solo pensiero.
Voi
che leggete,
però,
siete
ancora in tempo.
Ancora
in tempo
Per
ignorare la realtà
e
perché la realtà,
come
vi auguro,
ignori
voi.
Naruto camminava,
anzi, quasi correva, ansioso di tornare a casa. La missione era stata
più dura del previsto ed era stanco morto. Nella strada buia
e deserta, il freddo si divertiva a insinuarsi nei suoi vestiti. Quanto
sognava il bel caldo di casa sua! Immaginava già la tavola
ancora apparecchiata apposta per lui, la cena da scaldare nel forno, la
sua bambina persa nel futon troppo grande, sua moglie addormentata tra
le lenzuola calde. Allungò ancora il passo, assumendo
un’andatura quasi ridicola, poteva parere un fuggitivo, ma il
sorriso sul suo volto lo tradiva parecchio.
Quando ormai non
mancava molto a casa sua, vide un piccolo capannello di persone, ma la
cosa non lo preoccupò più del necessario,
nonostante l’ora tarda. Mano a mano, però, che
avanzava, i gruppetti si facevano più numerosi. Era
piuttosto insospettito, ma, per una volta, la sua voglia di tornare a
casa superò la sua vorace curiosità.
Immaginò qualche disgrazia a qualche poveraccio e se ne
dispiacque, poi, come tutti facciamo quando qualcosa non riguarda noi
stessi, se ne dimenticò. Tanto più che a casa
c’erano ad aspettarlo la sua dolce mogliettina e la sua
bellissima creatura. Decise senz’altro di andare avanti, ma
non poté ignorare uno Shikamaru piuttosto affannato e un
po’ spaventato corrergli incontro. Si fermò, di
malavoglia, e sorpreso esclamò:
- Shika? Ma
che…? –
-
Naruto… - lo chiamò,e indugiò un poco
per trovare le parole.
- che è
successo? –
Il ragazzo
abbassò lo sguardo, tormentandosi le mani. Naruto non lo
aveva mai visto così in difficoltà. Sembrava non
saper che fare e questo spaventò Naruto più di
tutto: Shikamaru era sempre stato il più veloce a prendere
le decisioni, anche quelle più difficili; mai lo aveva visto
indugiare e, comunque, se l’era sempre cavata ben presto e
con relativa facilità. Vederlo così spaesato lo
terrorizzò, come se gli mancasse il terreno sotto ai piedi,
e si sentì salire anche un moto di inspiegabile rabbia.
Shikamaru
indugiava ancora, gli occhi sul terreno, le mani frenetiche, alzando di
tanto in tanto lo sguardo, come se si fosse risolto a prender una
decisione, prendendo fiato, ma subito la chiudeva, mordendosi il
labbro. Ma Naruto aveva perso la pazienza già da un pezzo e
sentiva un terribile presentimento salirgli dalle viscere: intuiva
vagamente un familiare odore di morte e già gli pizzicavano
gli occhi e la gola.
- Shikamaru, porca
miseria, vuoi dirmi che diavolo è successo? – gli
intimò, scotendolo dalle spalle.
Lo shinobi lo
guardò finalmente negli occhi e Naruto
indietreggiò: non gli aveva mai visto uno sguardo
così sofferente. Pareva lo avesse colpito una profonda
disgrazia o, e all’idea tremava, gli fosse stato incaricato
un compito terribile, di cui, sulle spalle curve e la testa china,
Naruto distingueva i vaghi contorni della morte.
- ehi, Shika,
dai… che cavolo, così mi spaventi sul
serio… senti, dai… io vado, ci sono Hinata e Risa
che mi aspettano, me lo dirai domani, ok? – ma non si mosse,
legato da quell’attrazione fatale che oi uomini sviluppiamo
per il pericolo e la morte e che, nonostante la netta sensazione di
dover scampare, non riusciamo a ignorare.
Shikamaru si morse
il labbro e finalmente parlò, di una voce così
triste che Naruto se ne sentì trafitto:
-
Naruto… non credo che Hinata e Risa ti stiano
aspettando… -
Naruto rimase un
attimo intontito, poi, ottusamente, chiese:
- ah,
sì? E dove sono andate allora? Sono per caso con Ino o con
Sakura? –
Shikamaru
sospirò, per farsi coraggio. Sapeva benissimo che Naruto non
era stupido come lasciava a pensare: rifuggiva solo la
realtà. Ma serviva a ben poco: finché si
è vivi non la si può ignorare.
- No, non sono con
nessuna di loro due – disse, con immensa fatica.
- ah, si? E allora
dove sono? - chiese Naruto, ridacchiando come suo solito. Ma quel falso
sorriso si spense subito quando vide l’espressione ancora
più addolorata dell’amico.
- Shikamaru,
dov’è Hinata e dov’è Risa?
– domandò di nuovo l’uomo, senza
più ridere, ora – Shikamaru, dimmi dove diavolo
sono mia moglie e mia figlia! – ripeté, ormai
gridando. Quando Shikamaru scosse la testa, corse via, ed era
già lontano quando lo sentì scusarsi:
-
Naruto… mi dispiace… mi dispiace
davvero… -
“ma sono
tutti impazziti?” si chiese, camminando a passi svelti e
pesanti verso casa sua, scansando la folla che s’andava
infittendosi. Ad ogni viso muto che vedeva, carico di dispiacere e
pietà per lui, non faceva che irritarsi sempre di
più: perché mai tutta quella gente
s’era riunita a quell’ora della notte?
perché, poi, sembrava avessero scelto come luogo di ritrovo
la sua casa? Ma soprattutto, perché mai nessuno gli diceva
niente?
Scansò
anche Sakura ed Ino, in lacrime, sorrette da Kiba e Choji, quanto mai
pallidi. Quando lo videro, sembrarono sul punto di dirgli qualcosa, ma
anche loro tacquero. Ancora più irato, Naruto si fece largo
tra l’ultima fila di persone e finalmente vide.
Vide
ciò che né Shikamaru, né Kiba,
né Choji né nessun altro avevano voluto dirgli.
Vide ciò che mai avrebbe voluto vedere. Vide ciò
che non avrebbe mai voluto ricordare, e che mai si sarebbe tolto dalla
testa. Vide tutto ciò che c’era di più
doloroso e di più orribile al mondo. Vide, e avrebbe solo
voluto non aver mai visto.
L’urlo
che gli squarciò il petto, credeva l’avrebbe
ucciso. Le lacrime che gli cadevano dagli occhi, pensava non le avrebbe
mai più fermate. Ma il dolore che provava al cuore, quello
lo sapeva per certo, non gli sarebbe mai più passato.
Vide sua moglie e
sua figlia, stese sull’asfalto bagnato dalla luna. Erano
distese, in terra, gli occhi spalancati, le iridi e le cornee si
fondevano, come nei ciechi, la pelle era bianchissima, tirata, pareva
finta, di porcellana, come quella delle bambole e Risa lo pareva
davvero, la sua bambina, con quei capelli biondi e quel viso tondo.
Hinata, invece, era piena di lividi e croste, ma, entrambe, erano
riverse in un lago di sangue, sorgente dai loro ventri e dalle loro
viscere.
Abbracciò
i corpi di Hinata e di Risa: erano freddi e leggeri così che
credeva gli sarebbero volati via di tra le mani e li strinse allora
ancor più forte. Se li premette contro il petto. I loro bei
ventri bianchi erano ornati da orribili fiori rossi, accecanti. Non
usciva sangue: non v’è n’era
più nei corpi. Accarezzava i loro capelli, neri
dell’una, biondi dell’altra.
Non aveva parole,
dalle sue labbra usciva solo un lamento straziante e continuo. Una
cantilena maledetta che ripeteva, dondolando avanti e indietro. E
piangeva. Piangeva sua moglie, l’unica donna che avesse mai
amato davvero, l’unica che lo avesse mai ascoltato,
l’unica che lo avesse sempre preso sul serio,
l’unica. Piangeva sua figlia, di appena cinque anni,
così pochi, che era ancora immacolata. Pareva un fiocco di
neve, la sua bambina, quella che cullava tra le braccia le notti di
tempesta, quella che la sera gli correva incontro, abbracciandolo e
chiamandolo “papà”. Piangeva le persone
più importanti della sua vita.
E, nel groviglio
di sentimenti, nel groviglio di dolore e disperazione e rabbia e
orrore, un solo pensiero andò a delinearsi nella sua mente:
vendetta.
Ma contro chi?
Contro chi accanirsi? Di chi straziare le carni? Di chi affondare le
mani nel sangue? A chi far provare anche solo un briciolo del dolore
che stava provando lui? Chi distruggere? Chi odiare?
Sasuke
avanzò tra la folla, sguardo triste e pietoso, come mille
altri attorno a lui. Naruto alzò lo sguardo bagnato su di
lui, speranzoso. Che dicesse qualcosa, almeno lui! E lui aveva poche
parole, ma erano quelle giuste:
- è
stato Itachi –
Naruto
alzò ancora lo sguardo, sul cielo nero, senza più
Stelle, senza più Luna. E il cielo iniziò a
piangere, assieme a lui.
-
Itachi Uchiha…
...giuro
che t’ammazzo –
-------------------------------------------------------------------------------------------------
Storia
strappalacrime, ebbene sì. Pensate che sia una stronza? Non
avete ancora visto il peggio. Perché? Perché sono
terribilmente depressa, pensavo che trasmettere un po’ della
mia tristezza su queste pagine mi avrebbe aiutata…. Sono
un’egoista vero? XD
Titolo pertinente
col primo capitolo, vagamente pertinente col resto della storia.
Purtroppo, non mi veniva in mente nient’altro….
Caratteri OOC per i fini della storia e perché non credo che
se a naruto ammazzassero Hinata e la figlia sarebbe ancora
così tanto allegro… se vi piace,
continuerò a pubblicare questa storia. Sarà di
circa 8 capitoli, credo, più l’epilogo. A inizio
di ogni capitolo ci saranno una o più citazioni, un
flashback e la storia vera e propria. purtroppo non
aggiornerò molto spesso: sono abbastanza in alto mare! (e te
pareva! Ma quand’è che ne fai una giusta, te? Nd
Jekyll) (kyaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!! Credevo di essermi liberata di
te!! Nd me) (guarda che siamo la stessa persona, cretina! Nd Jekyll)
(allora ti sei data della cretina da sola!!ahahahahaha!!! Nd me) (
-_-“ vedo che, come al solito, mostri la maturità
di una bimba dell’asilo ndJekyll)
(ahahahahahahahahahahahahahah!!!! Nd me) ( -__-“ nd jekyll)
Spero davvero vi
piaccia, ci ho messo tutta me stessa!
Baci,
_MrS_HyDe_
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** the worst promise ***
CAPITOLO 2-
the worst promise
“Nec mortem
effugere quisquam nec amorem potest” *
Publilio Siro
“nessun
maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria”
Dante
Sasuke
scagliò un altro pugno. Questo incontrò la
guancia abbronzata di Naruto e lo scagliò lontano. Lo vide
rotolare lontano per diversi metri, nella polvere. Nella frazione di
secondo in cui il corpo di Naruto indugiò sul terreno, il
moro pensò che l’avversario avesse accusato il suo
colpo. Si rimangiò ogni speranza, quando lo vide rialzarsi
come se niente fosse, per l’ennesima volta. Per
l’ennesima volta, vide il biondo rialzarsi, asciugarsi il
sangue che colava dal labbro spaccato e osservarlo ancora con sguardo
di sfida. Al che, i nervi di Sasuke crollarono: com’era
possibile? Eppure lo colpiva con tutte le sue forze, come poteva essere
che non mostrasse altro che lievi ferite? Avrebbe dovuto essere
già a terra da un bel pezzo, contorcendosi dal dolore od
essere immobile, sopraffatto da esso! E invece aveva solo un labbro
spaccato e il fiatone di una corsa troppo lunga!e lui? Beh, lui non era
di certo ridotto male, sebbene non fosse al massimo della forma. E
questo lo faceva incazzare ancora di più: fino a poco tempo
prima, Naruto non era in grado nemmeno di sopportare un suo schiaffo,
mentre ora riceveva i suoi colpi migliori senza quasi batter ciglio.
D’accordo, era ridotto piuttosto male, mentre lui non aveva
neanche un graffio: Naruto non era riuscito a sfiorarlo una sola volta,
ma avrebbe quasi preferito una sconfitta veloce a quel lento logorio.
Caricò
di nuovo il pugno: avrebbe concentrato il massimo della sua forza.
Aspettò che l’altro si rialzasse, per sfruttare
anche la sua rincorsa e così fu: il pugno colpì
lo zigomo destro di Naruto, che andò in frantumi, mentre il
ragazzo venne scagliato nuovamente a terra. Nuovamente, il moro
azzardò un senso di vittoria. Nuovamente, il biondo si
rialzò.
Naruto. Si.
Rialzò. Di. Nuovo.
Il volto
perennemente gelido di Sasuke si deformò in una frustrazione
acuta: quel pugno avrebbe dovuto spappolargli la faccia, conficcare le
schegge delle sue ossa nel cervello e portarlo a morte certa. Ma Naruto
si era rialzato.
E Sasuke era
furibondo.
E Sasuke non si
accorse dello scatto di Naruto, ritrovandosi a terra, intrappolato tra
le gambe del biondo e costretto a non muoversi per il peso dei suoi
pugni sul petto, che gli mozzavano il respiro.
- come diavolo hai
fatto a diventare così… - ma la parola [forte]
restava intrappolata tra le spire del suo orgoglio.
-
…forte? – completò Naruto con un ghigno
amaro.
-
…resistente – ipocrita orgoglioso.
Naruto prese il
bavero del mantello di Sasuke, portando il suo viso a pochi centimetri
dal suo e richiamando un odioso dejà vu. Sasuke si sorprese
quando, rispecchiandosi nelle sue iridi celesti, provò una
stretta allo stomaco. Poteva essere rabbia, impotenza, odio, e persino,
ma questo Sasuke non lo ammise, il suono del risveglio di
quell’antico animale che, fuggendo molti anni prima, aveva
sperato di aver ucciso.
- io ti
riporterò indietro, Sasuke – il volto,
tremendamente serio, non lasciava spazio all’insicurezza. Era
troppo orgoglioso per ammetterlo, ma Sasuke si sentì
lusingato di essere l’ oggetto di un sentimento
così forte e profondo.
- mi pare di
averlo già sentito una volta, dobe. Sei ripetitivo
–
- questa volta
sarà diverso –
- e cosa te lo fa
credere? –
- questa volta
possiedo una cosa che allora non avevo –
- e che cosa
sarebbe, dobe? –
- la disperazione
–
E calcò
un pugno sul suo volto stupito.
Naruto osservava
la lunga catena di gente che sfilava davanti a quelle lapidi bianco
sporco.
I suoi occhi erano
persi su quelle piccole incisioni sulla pietra: piccoli caratteri,
insignificanti, eppure non riusciva a scollarsi da quelle due scritte.
Ma quelle iridi azzurre, che fissavano e fissavano, erano vuote, erano
sporche. Vuote come le bare sotto quelle lapidi: i corpi glieli avevano
distrutti perché contenevano troppe informazioni, troppi
segreti. Sporche, come quelle lapidi bianche, che erano sono
più bianche perché non c’era sole ad
illuminarle, solo un cielo che puzza di cenere e zolfo.
Naruto vedeva
quella gente affaccendarsi ordinatamente nel loro dolore composto
attorno alle lapidi di sua moglie e sua figlia, per rendere omaggio ai
loro corpi. Corpi che non ci’erano, chissà se
gliel’avevano detto. Ma lui lo sapeva: “adesso,
Naruto-kun, distruggeremo Hinata e Risa-chan, perché sono
solo dei file pieni di dati compromettenti, metti che arriva la polizia
e siamo nella merda. Ma tu non ti preoccupare: avrai sempre le tue due
belle lapidi del cazzo da andare a trovare il primo di
novembre”. Ma loro non lo sapevano. Loro portavano quei bei
fiorellini bianchi con la faccia triste triste e non sapevano neanche
che andavano ad onorare due pezzi di pietra. O forse lo sapevano, ma
tanto, che differenza faceva loro? Sarebbero stati tristi per un
po’, diciamo fino alle quattro, magari avrebbero persino
versato qualche lacrimuccia, poi si sarebbero soffiati il naso con
tanto di strombazzamento e avrebbero continuato, che la vita va avanti
e noi mica possiamo andare indietro. E intanto continuavano a sfilare,
a posare i loro bei fiorellini su quelle pietre, passandogli accanto e
sussurrando fiocamente condoglianze. E lui continuava a fissare quelle
lapidi bianco sporco e si chiedeva che diavolo ci faceva lì,
che tanto lì Hinata e Risa non c’erano,
tutt’al più un mucchietto di terra magari con
qualche verme e si rispondeva che tanto a casa non c’era
nessuno lo stesso, tutt’al più un mucchietto di
polvere magari con qualche mosca. E continuava a fissare quei due nomi
e non vedeva nient’altro, finché Ino lo
scrollò con forza. Lui la guardò con occhi spenti
e a lei venne un groppo in gola, ma lo stesso parlò, facendo
meglio a tacere:
-
Naruto… - la sua voce era spezzata: aveva pianto –
credimi, Hinata… era come una sorella per me, e Risa, quante
volte lei e Kotaro hanno giocato assieme? Era quasi una
figlia… io, volevo solo dirti che… riprenditi
presto, Naruto: qui stiamo soffrendo tutti, ma a vederti
così soffriamo ancora di più… credimi,
non sei rimasto solo: io ti capisco – ma si fermò,
atterrita dallo sguardo di Naruto, non più vuoto o spento,
ma incredulo e quasi folle.
- tu mi capisci?
– disse lentamente Naruto, mentre Ino sussurrava il suo nome
per calmarlo – tu mi capisci? – la voce si alzava,
gli occhi si allargavano, folli – no – disse
scotendo la testa – tu non mi capisci, tu non mi puoi capire.
Tu sei triste, sì? Sei triste perché?
Perché hai perso la tua quasi sorella e la tua quasi figlia?
Beh, guarda un po’: io invece ho perso la mia totalmente
moglie e la mia totalmente figlia, che peccato, eh? Ma tu mi capisci,
vero? Tu, che quando oggi tornerai a casa troverai tuo marito e tuo
figlio ad aspettarti, capisci me, che a casa c’ho solo due
mosche e non mi stanno neanche troppo simpatiche? Tu riesci a capirmi?
– Ino era ammutolita, e con lei gli altri –
veramente? Tu ci riesci? Voi mi capite?- chiese alla folla, che lo
guardava con occhi spaventati, come un pazzo o un mostro, di nuovo, e
di certo non lo calmavano – voi mi capite un cazzo! Voi non
capite niente, di me! Voi ce l’avete ancora, una cazzo di
famiglia, una cazzo di vita! Voi come osate dire che mi capite?!
Riuscite solo a sentire un briciolo del dolore che provo io? No, non
riuscite, perché sennò a questa ora sareste
già per terra a contorcervi e a gridare! Voi non capite un
cazzo di me! Nessuno capisce un cazzo di me! Nessuno! – e
tacque, sprofondando nel silenzio opprimente e odiò quel
silenzio odiò quella folla che guardava con quegli occhi
spaventati guardava come lo guardava tanto tempo fa e lui guardava con
quegli occhi folli con cui prima guardava quelle lapidi grigie che
dovevano essere bianche ma il sole non c’era quel giorno
c’era solo quel cielo che puzzava di cenere e di zolfo e se
era per quello non c’erano neanche i corpi quelli che avevano
distrutto perché contenevano solo dati non cervelli non
cuori non fegati non anime non sangue e quello no davvero
perché gli era uscito tutto e lui l’aveva visto
fuori sulla terra se lo sentiva ancora addosso tra le mani che erano
passate tra i loro capelli morbidi e avevano chiuso quei loro occhi
bianchi e vuoti e spenti e grigi come il cielo come i suoi come lui e
poi tacque ancora perché aveva visto altri due occhi come i
suoi neri però a volte rossi ma sempre tristi e aveva
ricordato quando guardando quegli occhi aveva udito quelle parole che
non aveva capito ma che ora capiva benissimo e aveva capito che non era
vero che non c’era nessuno che lo capiva c’era lui
e tanto gli sarebbe bastato e avrebbe ascoltato le sue parole e questa
volta le avrebbe capite.
- fa male, vero?
– disse Sasuke.
Annuì.
- come se te lo
stritolassero, vero? –
Fece cenno di no.
- no, peggio: come
se lo avessero strappato. Penso che se l’avessi ancora non
farebbe così male e non ci sarebbe così vuoto
–
Allora Sasuke
regalò a Naruto un sorriso. Non era un sorriso come gli
altri: non era di felicità, né di scherno. Sasuke
non era bravo a comunicare con gli altri, non lo era mai stato, ma quel
suo sorriso, Naruto lo capì:
“puoi
aggrapparti a me, se vuoi”.
E Naruto gli
rimandò un piccolo sorriso triste, che valeva mille grazie.
Mentre Naruto
osservava la piccola folla allontanarsi, s’alzò un
vento gelido e ostile. Gli feriva le guance e gli arrossiva la punta
del naso e delle orecchie. Si strinse nell’abito nero,
incrociando le braccia e sgualcendo un poco i due piccoli gigli bianchi
che teneva in mano. Per un attimo, la vista divenne acquosa.
Tirò su col naso e ricacciò indietro le lacrime:
aveva pianto fin troppo, quasi che si stupì di essere ancora
in grado di far ciò. Il vento gli ferì nuovamente
il viso, ma non gli diede fastidio: portava via qualche nube, e ora
quelle due pietre parevano quasi bianche.
Tra il rumore dei
passi che s’allontanavano, Naruto colse quelli di una persona
che invece s’avvicinava. Non ebbe neanche bisogno di voltarsi
per sapere chi fosse e, comunque, non ne aveva la minima intenzione.
- ehi,
baka, tutto ok? –
Naruto
alzò le spalle. Non aveva molta voglia di parlare, aveva
già parlato abbastanza prima.
Sasuke rimase un
poco in silenzio accanto all’amico, fissando
anch’egli le due lapidi quasi bianche e tremando un poco per
il freddo. Benché ripetesse sempre di odiare lo sproloquiare
del suo compagno di squadra, quel silenzio tra loro gli pesava come un
macigno e decise di romperlo.
- ehi,
usuratonkachi, ma non hai freddo? –
Dire di no sarebbe
stato una bugia, dire di sì un’esagerazione:
alzò di nuovo le spalle.
Sasuke
annuì. Poi, notò i due gigli nella mano di Naruto:
- non li posi?
Dico, i fiori? –
Naruto
sospirò.
- non è
mica così semplice –
Sasuke comprese
bene ciò il giovane intendeva: posare per la prima volta i
fiori sulla tomba dei propri cari significava rendere omaggio alle loro
tombe e questo significava riconoscere che erano morti, riconoscere che
non ci sarebbero stati più accanto a noi, riconoscere che
era finito tutto, ormai, e non c’era più niente da
fare.
Sasuke
mormorò un piccolo “capisco”.
-
Sasuke… - iniziò Naruto, cercando le parole.
Il moro si
voltò verso l’amico di sempre.
- io…
ho fatto una promessa – disse lui senza distogliere lo
sguardo dalle lapidi, per timidezza e, forse, ormai, anche per
abitudine.
Sasuke
intuì subito a quale promessa si riferisse: la stessa
promessa che si era fatto lui anni addietro.
- tu…
mi aiuterai? – chiese titubante l’uomo, deglutendo.
Sasuke prese un
silenzio studiato, che sapeva di incredulità.
- tu, non troppi
anni fa, mi venisti a cercare e mi gonfiasti di botte. Credo tu ti
ricorda il perché, vero Naruto? –
L’uomo
inspirò lentamente, deglutendo un paio di volte. Si
ricordava bene il motivo per cui era andato a cercarlo e sapeva ancora
meglio che ciò che stava chiedendo a quell’uomo
era una follia, un’assurdità. Ma in quel momento
sentiva solo una gran voglia di vendetta, e qualcuno ad aiutarlo. Fu
quindi per disperazione che rivolse quello sguardo e quella supplica a
Sasuke, mettendo da parte ogni orgoglio, eppure, spinto dallo stesso.
Sasuke sobbalzò, quasi, alla vista dell’amico,
alla vista di quegli occhi insolitamente acquosi, quegli occhi
disperati che a lui non s’addicevano proprio. E quella voce,
quelle note tremanti, velanti inutilmente quella tristezza profonda e
quel dolore insostenibile, non se le sarebbe mai scordate:
- ti
prego… Sasuke…-
E Sasuke
trovò due sole parole, due piccole gemme che
regalò a Naruto, come quelle che la sua Hinata era solito
regalar lui.
- …va
bene… -
Quel giorno pareva
che il sole non volesse più tramontare. Un sole debole,
celato, irradiante una luce flebile e asettica, ma con forza bastante a
illuminare colui il quale bramava il buio. Naruto si rinchiuse nella
sua casa, calando le tapparelle e chiudendo le luci. Era
così riuscito a fuggire quella luce fastidiosa, ma i
ricordi, quelli non riusciva assolutamente a chiuderli fuori. Bastava
una matita, una maglietta, un qualsiasi angolo di casa e subito essi
tornavano a farsi sentire. Il loro odore, il loro sapore…
ricordava con precisione ogni attimo trascorso con loro, il tocco dei
loro capelli, della loro pelle, i loro occhi candidi, il suono della
loro risata, le loro vesti leggere, ogni loro espressione. Ricordava il
primo anniversario di fidanzamento con Hinata, il primo di nozze,
il primo appuntamento, il primo San Valentino, il primo bacio
sulla bocca, la prima volta che avevano fatto l’amore, il
primo tocco con la sua pelle, la prima volta che s’erano
svegliati nello stesso letto, la prima volta che s’erano
detti “ti amo” e, persino, la loro prima litigata.
Ricordava la prima volta che aveva preso in braccio Risa, la prima
parola che aveva detto, il primo vestito che aveva indossato, il primo
sorriso, il primo pianto, il primo rimprovero, il primo compleanno, il
primo Natale, il primo disegno, la prima volta che aveva visto la neve,
la prima volta che aveva visto i fuochi d’artificio.
Ricordava ogni cosa, ogni particolare, ogni momento. E mai
più d’allora aveva desiderato l’oblio.
Sasuke
bussò alla porta di casa Uzumaki alle 23 e 34. Non avendo
risposta, provò una seconda volta e persino una terza,
quindi spinse la porta, scoprendola aperta. Una volta dentro, si
spaventò: la casa era totalmente a soqquadro. I vestiti di
Risa e Hinata erano sparsi a terra, le stoviglie rotte e i vasi anche,
molti disegni dal tratto infantile erano sparsi sul pavimento
confusamente, tutte le foto erano rovesciate o gettate a
terra, alcune sedie erano capovolte, il divano sfilacciato in
più punti, molti angoli erano cosparsi di vetri e gocce
rubino macchiavano ogni cosa. Sasuke non perse tempo e si diresse in
camera di Naruto, preparato al peggio. Trovò invece
l’amico perfettamente in buona salute e, se non di buon
umore, perlomeno tranquillo.
- Naruto? Ma che?
– balbettò Sasuke, osservando il biondo chiudere
lo zaino e poggiarselo sulle spalle – la casa… il
sangue… - articolò confusamente, voltandosi
indietro per avere conferma di non essersi immaginato tutto.
Naruto gli rivolse
uno sguardo genuinamente curioso:
- sì?
La casa che? – chiese. Sasuke stava già per
riversare il suo fiume di domande, quando notò le mani
dell’amico che si aggiustavano le spalline della borsa. Erano
fasciate, e le bende leggermente rossastre.
- sì?
– chiese ancora. Sasuke rimase incerto per un attimo, poi
scosse la testa:
- no…
niente… -
Naruto si diresse
a passi sicuri al di fuori dell’abitazione. Sasuke, ancora
sconcertato, lo seguì titubante.
Mentre si chiudeva
la porta alle spalle, notò nuovamente quella distruzione e
il dolore che può provare un uomo.
--------------------------------------------------------------------------------------
* TRAD: nessuno
può fuggire né la morte né
l’amore
Eccomi di nuovo
qua col secondo capitolo! Mi fa piacere che il primo vi sia piaciuto!!!
Ringrazio tantissimo anu,
arya-chan, shooting star e camelia 90, che hanno
recensito!! (pazze!! Nd Jekyll) grazie 1000!!!
Passando al cap,
Sasuke e Naruto sono TOTALMENTE OOC! Sasuke NON direbbe MAI certe
parole dolci a Naruto e Naruto NON implorerebbe MAI Sasuke! Ma siccome
sono io che scrivo la storia, o vi piace, o vi piace!!! ( evviva la
democrazia!! Nd Jekyll) povera Ino!! Vi assicuro che non ho niente
contro di lei, anzi: se ci riesco, dovrei fare la sua cosplayer alla
prossima fiera del fumetto qua a Torino! (ma anche no…
ndJekyll) però non sapevo chi inserire, allora ho scelto
lei. Per la cronaca, Ino è OVVIAMENTE sposata con Shikamaru
XD
Passando a cose
più importanti, spero di riuscire a postare prima di Natale
(e perché questa è una cosa importante, vero?
ndJekyll) visto che dopo sarò far far away. Comunque, i
capitoli saranno 9, epilogo compreso, se non mi vengono altre
ispirazioni (cosa molto poco probabile ndJekyll)
Spero che vi sia
piaciuto ciò che ho scritto, ora vado e, mi raccomando,
recensite!!!!!!!!!!! (non fateloooooooo ndJekyll)
_MrS_HyDe_
[fuori onda]
*pensiero di
Jekyll* mmm… strano che non mi abbia detto niente,
nonostante abbia continuato ad interferire… e mi ha pure
lasciato il corpo…. Mmm…. Sarà il
Natale…. È questo cos’è? *
raccoglie un bigliettino da terra e legge:
“Cara
Jekyll, sono un po’ stanca, quindi ti lascio il
corpo per un po’.
Baci,
Hyde
Ps:
domani c’è il compito sui promessi sposi e
l’interrogazione di greco, ci pensi tu, vero,
tesoro?”
*…*
*…*
*maledettissima
str…*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** despairing ***
CAPITOLO
3- despairing
“non
è la morte che ti fa soffrire: è la
vita”
Da
LA VITA è UN MIRACOLO
Sasuke scagliò un altro pugno. Questo
incontrò la guancia abbronzata di Naruto e lo
scagliò lontano. Lo vide rotolare lontano per diversi metri,
nella polvere. Nella frazione di secondo in cui il corpo di Naruto
indugiò sul terreno, il moro pensò che
l’avversario avesse accusato il suo colpo. Si
rimangiò ogni speranza, quando lo vide rialzarsi come se
niente fosse, per l’ennesima volta. Per l’ennesima
volta, vide il biondo rialzarsi, asciugarsi il sangue che colava dal
labbro spaccato e osservarlo ancora con sguardo di sfida. Al che, i
nervi di Sasuke crollarono: com’era possibile? Eppure lo
colpiva con tutte le sue forze, come poteva essere che non mostrasse
altro che lievi ferite? Avrebbe dovuto essere già a terra da
un bel pezzo, contorcendosi dal dolore od essere immobile, sopraffatto
da esso! E invece aveva solo un labbro spaccato e il fiatone di una
corsa troppo lunga!e lui? Beh, lui non era di certo ridotto male,
sebbene non fosse al massimo della forma. E questo lo faceva incazzare
ancora di più: fino a poco tempo prima, Naruto non era in
grado nemmeno di sopportare un suo schiaffo, mentre ora riceveva i suoi
colpi migliori senza quasi batter ciglio. D’accordo, era
ridotto piuttosto male, mentre lui non aveva neanche un graffio: Naruto
non era riuscito a sfiorarlo una sola volta, ma avrebbe quasi preferito
una sconfitta veloce a quel lento logorio. Caricò
di nuovo il pugno: avrebbe concentrato il massimo della sua forza.
Aspettò che l’altro si rialzasse, per sfruttare
anche la sua rincorsa e così fu: il pugno colpì
lo zigomo destro di Naruto, che andò in frantumi, mentre il
ragazzo venne scagliato nuovamente a terra. Nuovamente, il moro
azzardò un senso di vittoria. Nuovamente, il biondo si
rialzò.
Naruto. Si. Rialzò. Di. Nuovo.
Il volto perennemente gelido di Sasuke si deformò in una
frustrazione acuta: quel pugno avrebbe dovuto spappolargli la faccia,
conficcare le schegge delle sue ossa nel cervello e portarlo a morte
certa. Ma Naruto si era rialzato.
E Sasuke era furibondo.
E Sasuke non si accorse dello scatto di Naruto, ritrovandosi a terra,
intrappolato tra le gambe del biondo e costretto a non muoversi per il
peso dei suoi pugni sul petto, che gli mozzavano il respiro.
- come diavolo hai fatto a diventare così… - ma
la parola [forte] restava intrappolata tra le spire del suo orgoglio.
- …forte? – completò Naruto con un
ghigno amaro.
- …resistente – ipocrita orgoglioso.
Naruto prese il bavero del mantello di Sasuke, portando il suo viso a
pochi centimetri dal suo e richiamando un odioso dejà vu.
Sasuke si sorprese quando, rispecchiandosi nelle sue iridi celesti,
provò una stretta allo stomaco. Poteva essere rabbia,
impotenza, odio, e persino, ma questo Sasuke non lo ammise, il suono
del risveglio di quell’antico animale che, fuggendo molti
anni prima, aveva sperato di aver ucciso.
- io ti riporterò indietro, Sasuke – il volto,
tremendamente serio, non lasciava spazio all’insicurezza. Era
troppo orgoglioso per ammetterlo, ma Sasuke si sentì
lusingato di essere l’ oggetto di un sentimento
così forte e profondo.
- mi pare di averlo già sentito una volta, dobe. Sei
ripetitivo –
- questa volta sarà diverso –
- e cosa te lo fa credere? –
- questa volta possiedo una cosa che allora non avevo –
- e che cosa sarebbe, dobe? –
- la disperazione –
E calcò un pugno sul suo volto stupito.
I loro passi sul selciato, notarono i due, avevano un che di
fastidioso. Sasuke provava una sensazione molto strana: era insolito
ripercorrere quella strada che, molti anni prima, lo aveva strappato ai
suoi cari, come era stato strano ripercorrerla a ritroso al suo
ritorno. S’era incamminato moltissime volte per quella via:
per andare in missione, o semplicemente per una passeggiata: adorava il
silenzio di un bosco. Ma quella volta, inutile dirlo, era stata diversa
da tutte le altre: la solitudine e il silenzio gli premevano negli
orecchi, peggio che il rumore più assordante e, ad ogni
passo, gli pareva d’esser legato per le caviglie a delle
catene e che queste si tendessero via via. Gli pareva anche di non
allontanarsi di un metro dalla città e temendo un inganno,
voleva voltarsi indietro e aver conferma del reale. Così
Sasuke voltò il capo, sicuro di poter resistere alla vista
del suo villaggio. Fu forse quello l'istante in cui comprese che, un
giorno, vi avrebbe fatto ritorno? probabilmente sì, tuttavia
voltò il capo e procedette senz'altro.
Era quindi strano allontanarsi di nuovo da quel luogo tanto amato e
tanto odiato, portandosi poi appresso quel ragazzo, anche lui tanto
odiato e tanto amato. Si chiese che sentimenti stesse provando invece
lui, se fosse confuso o spaventato o qualcos’altro. Non
poteva sapere che, in quel momento, la mente di Naruto era attraversata
da un'unica cosa: vendetta. Se lo avesse saputo, avrebbe probabilmente
sorriso di lui, rivedendo il se stesso di molti anni addietro. Ma
c’era in lui una determinazione che il giovane Sasuke non
aveva, esattamente quello che gli era mancato e che gli aveva impedito
di compiere del tutto la sua missione. Chissà se al suo
fallimento, Naruto atribuiva la colpa delle sue sventure?
sentì male al petto alla sola idea e decise quindi di non
pensarci ancora.
Il silenzio era pesante, tra i due, o almeno così pareva a
Sasuke: non aveva mai sopportato molto il casino che Naruto era solito
fare, ma, ora che il biondo era piombato in quella depressione, non
vedeva l’ora di sentirlo parlare. Tuttavia non
accennò a voler iniziare una conversazione: non era mai
stato bravo con le parole e aveva paura di dire qualcosa di
inappropriato, così continuò a tacere. Fu lo
stesso biondo, poi a rompere il silenzio: si fermò,
d’un tratto, e domandò:- perché mi hai
seguito? –
Sasuke si fermò, interdetto. Non capiva.
- beh, perché
me l’hai chiesto tu, no? – rispose, ma a Naruto non
bastò.
- e quando mai Sasuke Uchiha ha fatto qualcosa che gli ha chiesto
Naruto Uzumaki? – disse con sarcasmo. Sasuke voleva
obbiettare, ma tacque: aveva ragione.
- perché mi hai seguito? – domandò
nuovamente. Il suo sguardo non ammetteva risposte vaghe né
menzogne.
Cosa rispondergli? Che lo aveva seguito perché, quando
glielo aveva domandato con quegli occhi allagati e quella voce
spezzata, mentre tentava di non scoppiare in lacrime, non aveva avuto
cuore per dirgli di no? Che lo aveva visto barcollare, ad un passo
dall’abisso che lui aveva conosciuto fin troppo bene e lui
era corso a sorreggerlo, perché s’era promesso che
lo avrebbe sempre protetto e sorretto, come s’era promesso
che mai lo avrebbe lasciato solo, mai e poi mai lo avrebbe abbandonato
come tanti anni prima? Che stare accanto a lui, essere a lui
indispensabile era ciò che desiderava più di ogni
altra cosa al mondo e che, comunque, se lui se ne fosse andato senza
dir niente, lo avrebbe inseguito anche in capo al mondo,
perché senza di lui era perso? Assurdo.
- perché ti devo più di quanto tu possa
immaginare – disse. Era vero.
Naruto spalancò gli occhi: non poteva crederci.
Abbassò lo sguardo a terra. Sasuke riprese a camminare,
mentre Naruto ancora era fermo. Non riusciva a camminare: nonostante si
sentisse maledettamente in colpa, stava tremando di gioia.
Era quasi l’alba. Avevano camminato tutta la notte ed erano
ormai lontani da Konoha e dalla sua foresta: si trovavano infatti un
una vasta radura. L’erba bagnata si piegava dolcemente sotto
i loro piedi e tutto era di una tranquillità quasi surreale,
ma i due erano inquieti: quel posto non aveva un solo nascondiglio,
fosse anche un albero rinsecchito, niente di niente. Erano
maledettamente visibili, due bersagli troppo facili. Accelerarono il
passo, sebbene con poche speranze: fino all’orizzonte,
vagamente appannato dalla lieve nebbia e da cui stavano timidamente
uscendo i primi raggi di sole, non si vedeva alcun riparo. Sembrava di
essere al purgatorio.
Dopo un po’, Sasuke e Naruto cominciarono a notare qualcosa
di strano: l’erba, prima tenera e verdeggiante, diventava via
via sempre più secca e gialla. Un lieve odore di
bruciato aleggiava nell’aria. Molto più in
là, la nebbia che s’andava sempre più
diradandosi, svelò quel che sembravano dei detriti nerastri.
In poco tempo li raggiunsero e il sangue gelò loro nelle
vene.
Quei detriti nerastri altri non erano che resti delle case di un
villaggio che non doveva contare più di duecento anime. Non
era rimasto quasi più nulla: il fuoco aveva divorato ogni
cosa, spargendo un odore acre reso ancor più tale da quello
che riconobbero subito come odore di carne umana bruciata. Subito
aguzzarono lo sguardo e notarono numerosi cadaveri appoggiati a quel
che rimaneva dei muri delle proprie case: non erano altro che fantocci
senza volto, non avevano più niente, né pelle,
né capelli, né occhi. Le loro orbite vuote li
fissavano e parevano implorare vendetta. C’erano anche molti
cadaveri di bambini ed uno di questi era tenuto in braccio dalla madre,
ma poteva anche essere stato il padre, tanto le fiamme avevano roso i
loro corpi. Naruto sentì le viscere rivoltarglisi e volle
vomitare, ma si trattenne. - non è rimasto
più niente – disse. La nebbia vegliava sopra tutto
– chi può essere stato? –
Subito, Sasuke non rispose. Poi parve decidersi: - l’Akatsuki
– disse
- che? – esclamò Naruto – non
è possibile! L’Akatsuki è… -
- sì – lo interruppe Sasuke –
l’Akatsuki si è sciolta, ma i suoi membri sono
ancora in giro –
Naruto parve non capire, così Sasuke precisò: -
quando abbiamo ucciso il capo dell’Akatsuki, essa si
è sciolta – Naruto fece cenno d’assenso
– ma i suoi membri non siamo riusciti ad ucciderli, non
tutti, almeno. Questi ultimi, infuriati perché avevano perso
il loro capo e la loro missione, si sono sparsi per tutti i paesi e
ogni tanto si sfogano– e indugiò a lungo per
trovare la parola che meglio si addiceva – divertendosi a
torturare la gente del luogo, o su interi villaggi, secondo lo
stile del mukenin in questione – Naruto
tacque – è per questo che Itachi ha… -
deglutì più volte, ma non riuscì a
dirlo - … è per questo, per divertirsi?!
– domando, la voce insolitamente acuta.
Ovviamente, quella domanda non prevedeva risposta, ma Sasuke si
sentì comunque in obbligo a fornirne una, seppur a bassa
voce – credo di sì –
Pensò che
Naruto stesse per esplodere e per un attimo, forse, lo pensò
anche Naruto, ma non lo fece.
- e... perchè nessuno fa niente? - domandò.
Sasuke sospirò - perchè sono episodi isolati e
che, di solito, non contano un numero elevato di vittime. non vogliono
spargere terrore inutilmente-
- inutilmente??? inutil...???
-
Decise di tenersi dentro la sua rabbia, di riporla in un angolo e
tirarla fuori al momento opportuno. Fu con quest’animo in
corpo, che i due shinobi attraversarono quel villaggi, che pareva
uscito da un film dell’orrore. Naruto non alzò mai
lo sguardo da terra, mentre Sasuke pareva non poter farne a meno.
Il sole era ormai sorto quasi del tutto, quando finalmente giunsero ad
un piccolo villaggio, questa volta ancora integro, e decisero di
fermarvisi. Presero una delle quattro stanze della minuscola locanda
che pareva essere l’unica attività commerciale del
paese. Erano molto stanchi e s’addormentarono subito. Naruto
dormì male: sognò il villaggio della foglia
ridotto in ceneri e i corpi di Hinata e Risa completamente bruciati. Le
loro orbite vuote continuavano a fissarlo.
---------------------------------------------
seeeeeeeeera! come va? quanto tempo! purtoppo sono rimasta bloccata
dall'influenza e dalla mancata ispirazione!! (la quale manca ancora, ma
vi sto ponendo rimedio) capitolo un po' corto, eh lo so. scusatemi
acncora, purtoppo non riesco a essere sempre così prolissa!!
(ma perchè c'è qualcosa che riesci a fare?
ndJekyll, sorpresa) (argh!ancora tu!! sparisci!! nd Hyde) dialoghetto
teneroso tra sauke e naruto... ora sono OOC più che mai!!XD
pazienza, del resto la storia lo richiede! (no è che sei tu
che te ne vai per i fatti tuoi, altrochè! ndJekyll) (m-ma..
non è vero!! ndHyde, col naso che si allunga) siccome non ho
niente da aggiungere, ringrazio tutti quelli che mi leggono e passo a
ringraziare personalemnte tuti quelli che hanno recensito sia il primo
che il secopndo capitolo! (scusate, ma me n'ero dimenticata ;P nd Hyde)
(sempre la solita... nd Jekyll)
e un'ultima cosa.....TANTI AUGURI A ME!!!!!!!!!!IERI HO FATTO 15
ANNI!!!!!!!!YEAH!!!!!!!
camelia90: grazie mille!^^ beh, faccio cosplay, in teoria:
la strada è ancora lunga e difficile, ma io ce la
faròòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòò
shooting star: addirittura le lacrime agli occhi?? tra le
preferite?? ma tu sei un genio!! io ti adoro!!!grazie grazie grazie!!!
arya-chan: se ti sembra triste adesso, probabilmente alla fine ti
strapperai i capelli... cmq è vero: le più tristi
sono anche le più belle! speriamo che anche per la mia sia
così^^!
anu: la stessa risposta di arya-chan... davvero, se penso
al finale, m dò della stronza da sola... comunque grazie
mille anche a te!!!!
_Zexion_: lo so, povero Naruto.... purtoppo nei prossimi
capitoli la cosa non migliorerà affatto.... grazie mille per
tutti i tuoi complimenti ^^!!!!
continuate a leggermi!!!!!!!
CU,
_MrS_HyDe_
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=185918
|