Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Salveee!! Siamo
DarkSelene89Noemi e DenaDena, rispettivamente diventate Rory e Dedy! Si tratta
della prima collaborazione per una storia, quindi non garantiamo alcunché su quanto ne uscirà! Abbiamo scelto Iori come
protagonista perché a nostro parere esistono troppi scrittori che lo ignorano,
e questo non ci sembra corretto! Pertanto, ecco che arriviamo noi a rendere
giustizia a questo personaggio! XD
Ora, poiché abbiamo parlato fin troppo, vi
lasciamo alla lettura, sperando che quanto abbiamo progettato e scritto vi piaccia!
Appuntamento al secondo capitolo...
buona lettura!
Rory e Dedy
***
Capitolo primo: Nantes
Iori Hida non avrebbe mai creduto di
ritrovarsi lì, nella sua posizione, solo per assecondare il proprio superiore. Quel
dannato del suo principale, era solito pensare il giovane ventitreenne
riferendosi all’uomo. Non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi lì, su quel volo
Pechino-Nantes, per quell’assurdo lavoro!
E invece, a conti fatti,
non si trovava in una felice posizione. Era stato incaricato di intervistare
persone a lui semi-sconosciute, alti esponenti di varie professioni, solo per un quasi folle progetto del suo direttore. Di cui tra
l’altro a lui non interessava nulla.
E per di più era dovuto
partire il giorno dopo il suo compleanno... e si era dovuto preparare tutto
velocemente quella stessa mattina! Questo era ciò che maggiormente lo aveva
irritato.
Perlomeno, era stipendiato profumatamente dal
suo capo.
Cullato da queste considerazioni e
accompagnato da un repentino cambio di posizione finalizzato alla ricerca di
una posizione abbastanza comoda, il ragazzo
s’addormentò quasi senza accorgersene.
Interruppe il proprio sonno solo
quando il rumore provocato dall’aero in fase d’atterraggio lo destò. Il
sogno che aveva interrotto aveva come protagonista il responsabile del suo
giornale nel momento in cui gli aveva affidato quello che lui ancora reputava
un “noioso incarico”.
Ma tra tanta gente proprio lui doveva
viaggiare?, si chiedeva continuamente il giovane Hida,
non troppo entusiasta di adoperare la sua conoscenza in Paesi esteri per
intervistare persone mai sentite nominare.
In parole povere, se ne avesse
avuta la possibilità, Iori Hida sarebbe volentieri rientrato a Pechino in quel
medesimo istante in cui quel pensiero si faceva, per l’ennesima volta, largo
nella sua mente.
Eppure, la realtà era che in
quel momento le suole delle sue scarpe stavano calpestando il suo
dell’aeroporto di Nantes. Pertanto, volente o nolente, arrivato a quel punto
doveva per forza adempire al proprio dovere.
E per fare ciò doveva sbrigarsi ad
intervistare quel tale cestista Takeru Takaishi, di cui tra l’altro non aveva
mai sentito parlare, in modo tale da poter lasciare il prima possibile la Francia,
e accelerare in quel mondo i tempi di svolgimento del suo incarico.
Ora occorreva recarsi in albergo e mettersi in
contatto con la squadra della star, che era già stava avvertita anzitempo
dell’arrivo del giovane giornalista.
Era il 22 ottobre, e arrivare di sera era
stata un’ottima idea, così ci avrebbe perso un giorno
in meno, in quella nazione che non aveva mai particolarmente amato.
***
Quando Takeru Takaishi aprì
gli occhi, si maledì silenziosamente per non aver chiuso la persiana del
balcone nella sua camera la sera precedente.
Entrava troppo sole, infatti, e la luce non
gli aveva mai permesso di dormire bene.
Per questa ragione, quindi, non gli rimaneva
altro da fare che abbandonare definitivamente il caldo del suo letto.
Si diresse quindi verso la causa del suo
risveglio, spalancando quel balcone che fino a un
attimo prima aveva odiato, ma che ora gli permetteva di ammirare il parco della
sua villa che si ergeva maestoso anche in quel sorgere del 23 ottobre.
Viveva da solo da quando
suo fratello aveva deciso di andare a studiare in Italia. Nonostante
il suo cognome giapponese, il giovane dagli occhi chiari aveva anche parenti
francesi, che gli avevano permesso di crescere a Nantes. Una fortuna,
considerato che grazie a quest’opportunità adesso
parlava perfettamente tre lingue:il francese,
l’inglese, e ovviamente il giapponese, la sua lingua madre.
Era lo scrutare l’orizzonte a portargli alla
mente suo fratello. Figura importantissima nella vita del giovane cestista,
purtroppo non faceva più parte della sua quotidianità. Da quando viveva in
Italia, infatti, Yamato si era sentito pochissime volte, sebbene non mancassero
le e-mail e le lunghe chiacchierate che numerosi programmi di messaggistica istantanea rendevano possibili.
Tuttavia, non era la stessa cosa dell’averlo
al suo fianco, e questo Takeru lo sapeva bene.
Non potendo cambiare la situazione, però, era
anche inutile continuare a pensarci rendendola ancor più difficile di quanto fosse, pertanto il ragazzo rientrò in camera, chiudendo
quella porta di quel balcone che affacciava su troppi suoi ricordi.
***
Domenica 23 ottobre 2016, pomeriggio.
Iori Hida aveva sbrigato tutte le faccende
burocratiche che il suo lavoro imponeva. Il giorno dopo durante un allenamento
avrebbe avuto modo di intervistare quel tale Takeru in tempo per prendere
l’aereo delle 15 che lo avrebbe portato a Berlino dove avrebbe dovuto
intervistare un famosissimo programmatore. Tanto importante che la sua nomea
era giunta persino in Cina.
Ora si stava recando a pranzo presso un
grazioso ristorante che aveva adocchiato la sera precedente
mentre raggiungeva il suo albergo. Solo sperava fortemente che fosse
aperto anche a pranzo.
Il ventitreenne si ritenne molto fortunato quando riuscì a sedersi al tavolo di quel
ristorante, ma ancora non sapeva che con lui, quel giorno, il destino ancora
non aveva chiuso la sua partita.
Poco dopo, infatti, in quel locale entrò un
biondo dagli occhi azzurri che Iori conosceva. O meglio, di
cui aveva sentito parlare, poiché era a lui che avrebbe dovuto fare un’intervista
il giorno successivo.
E, guarda caso, l’unico
posto disponibile in tutto il locale era al suo tavolo.
In poche parole, per uno strano scherzo del
destino, Iori Hida, in quella domenica 23 ottobre, si trovò a pranzare allo
stesso tavolo di Takeru Takaishi, per lui non una star mondiale ma
semplicemente un perfetto sconosciuto.
***
“Takeru Takaishi... giusto?”
Il biondo alzò gli occhi dal proprio menù,
stupito dalla titubanza con la quale le era stata posta quella domanda.
Possibile che nel mondo esistesse ancora qualcuno con dei dubbi sulla sua
identità o che faticava a riconoscerlo? Impossibile... il mondo stava proprio
andando a rotoli.
“Sì? In cosa posso esserle utile?” chiese
gentilmente allo sconosciuto con il quale condivideva
il tavolo.
“Sono Hida Iori.” ripose
semplicemente il suo interlocutore.
A Takeru quel nome sembrava
familiare... sicuramente l’aveva già sentito, ma dove? Poi, ricordò
tutto: era il giornalista che il giorno dopo l’avrebbe
dovuto intervistare.
In realtà, Takeru non era stato mai troppo
entusiasta di questa cosa, e ritrovarselo davanti prima del tempo non lo garbava affatto.
Aveva dipinto il giovane come uno dei
tantissimi noiosi giornalisti che voleva intervistarlo quotidianamente, senza
neppure conoscerlo.
L’età ancora non gli aveva insegnato che non
si giudica senza sapere.
“L’intervista è domani.”
Furono queste quattro parole il frutto dei
ragionamenti di Takeru.
***
“Tuo fratello gioca a basket, vero Yamato?”
Un ragazzo ventottenne, appena interpellato,
si voltò verso colui che aveva formulato quella
domanda.
“Sì... come mai me lo chiedi Alessandra? E poi te l’avrò detto miliardi di volte!”
La ragazza, di qualche anno più piccola del
giovane Ishida, si lasciò sfuggire un sorriso.
“Sì, questo lo so.
Semplicemente non deve essere semplice sentirlo spesso... vero?”
Yamato evitò di risponderle. Sapeva bene che
quello della sua ragazza era un modo di attirare la sua attenzione, e tra
l’altro pure odiato dal giovane cantante.
Nessuno sarebbe riuscito a gettare fango sul
rapporto con suo fratello...
***
Magari non era stato
eccessivamente carino, di questo era consapevole. Eppure era stufissimo
di tutti quegli stolti giornalisti con cui aveva
quotidianamente a che fare.
Sebbene l’espressione del
ragazzo che aveva di fronte non fosse delle più gaie, Takeru iniziò a pranzare,
considerato che il cameriere aveva appena servito loro quanto avevano ordinato.
“A quanto vedo neanche tu sei molto entusiasta
di questo evento.”
Qualche volta basta una semplice frase posta
in un determinato modo, a scatenare un’infinita curiosità anche nel più
taciturno interlocutore.
“No, non mi allieta affatto.
Anzi, trovo il tuo lavoro di una noia mortale e un
inopportunità stratosferica.”
Tuttavia Takeru Takaishi non era quanto si
potesse definire una persona cordiale.
“Anche io trovo i fondi spesi per le
associazioni sportive una risorsa gettata al vento per
motivi totalmente irrisori.”
E una persona non
cordiale va ripagata con la stessa moneta. Iori era piccolo
quando aveva appreso questo concetto.
“Almeno noi non modifichiamo la verità dando
in pasto all’opinione pubblica notizie talvolta, anzi oserei insinuare spesso,
prive di fondamento.”
Forse il giovane Takeru non era cordiale, ma
non era uno di quegli energumeni senza cervello di cui era ricco il suo settore
lavorativo. Un minimo d’accortezza l’utilizzava anche lui. Abbastanza per aver capito il ruolo della stampa nel mondo.
“Ma voi avete bisogno
di noi, per raggiungere la vostra gloria. Per farvi conoscere dai vostri fan.”
E Iori era riuscito a
incastrarlo. O almeno a intrigarlo.
“E voi avete bisogno di noi, per poter
sfornare ogni giorno una notizia nuova da dare in pasto al vostro pubblico.”
Anche Takeru, con un
paragone molto inerente al luogo in cui si trovavano, era riuscito a
controbattere.
Sì... quei due erano proprio nati per
conoscersi.
***
“Andiamo Yamato... dimenticalo!
Siete in due Stati completamente differenti per una moltitudine di cose! E poi lui di musica non capisce nulla, preso com’è da quell’insulso sport!”
Alessandra Cinibisco,
ventisei anni, era ciò che comunemente veniva definito
una ‘vipera’. Per lo meno Yamato era di questo parere,
ed era la sua ragazza! Figuriamoci per un estraneo...
A volte Yamato aveva la tentazione,
fortissima, di lasciarla... ma non poteva. Non avrebbe
retto le conseguenze...
***
“Sembra che abbiamo trovato
un accordo o mi sbaglio?”
Era stato Takeru Takaishi a formulare quella
domanda, che riassumeva quanto si erano detti silenziosamente. La professione
di entrambi, infatti, aveva bisogno di quella dell’altro.
Dunque, erano stati messi da
parte inutili screzi precedenti o pregiudizi di una vita, con l’intenzione di
unire le proprie forze verso la realizzazione di un obiettivo comune.
Quella maledetta intervista.
“È per istituzione che non mi lascerò
intervistare.”
Ecco che quando tutto sembra essersi risolto,
l’eccessivo orgoglio di una star distrugge prontamente le cose e rimescola le
carte in tavola.
Iori rimase allibito... ora come avrebbe fatto
senza intervista? Con che coraggio avrebbe preso l’aereo per Berlino senza le
dichiarazioni che doveva rilasciargli Takeru?
Mentre pensava ciò, non si
accorse che qualcosa di fronte a lui stava cambiando.
Non appena si riscosse dalle sue riflessioni,
si rese conto che Takeru Takaishi aveva lasciato il locale... senza aver
saldato il proprio conto. Che strano elemento, quel biondino...! Una cosa era certa: semmai lo avesse rincontrato sulla
propria strada, gli avrebbe fatto rimpiangere talmente quella giornata che per
tutta la vita avrebbe ricordato cosa avesse fatto domenica 23 ottobre 2016, all’ora di pranzo.
Ma in quel momento
l’unica soluzione per Iori fu quella di saldare il conto dicendo al cameriere
che sapeva di dover offrire anche alla stella del basket. Mentre attendeva di venire a conoscenza dell’importo che avrebbe speso, il
giornalista notò un foglio lasciato sul tavolo sicuramente da Takeru. Lo prese,
deciso a portarlo con sé.
Non avendo amicizie o semplici conoscenze in
quella città, il giovane Hida ritenne opportuno tornarsene in albergo.
***
L’aereo era appena decollato, e Iori Hida fu
immensamente felice della cosa. Stringeva tra le mani la cartellina nella quale
per il momento conservava il foglio lasciatogli da Takeru. Il ragazzo vi aveva
scritto una breve sintesi del suo lavoro. Altezzoso, ma
corretto. Fu così che in sintesi lo aveva definito Iori. E
sarebbe anche diventato volentieri suo amico, se non avesse lasciato il
ristorante senza pagare il conto.
Ora però non era più tempo di rimuginare su
quanto era accaduto a Nantes: Berlino era vicina! E
Iori sperava di cuore che gli riservasse un’accoglienza migliore rispetto a
quella che la città francese gli aveva propinato.
Koushiro: Bene, bene, tocca a me ringraziare la primissima commentatrice
di questa fanfiction... Sora89!!
Sora: veramente toccherebbe a me, in qualità di suo personaggio
preferito!
Koushiro: cosa? Guarda che le
autrici hanno incaricato me, sei sicura di quanto affermi?
Sora: Certo... dobbiamo
ringraziarla assieme, non c’è altra spiegazione!
Koushiro: ciò mi allieta, come il
venire a conoscenza del fatto Sora89 trovi interessante la fanfiction!
Sora: ma purtroppo siamo spiacenti
di comunicarti, cara, che la trama generale non può esserti svelata!
Koushiro: Esatto! Pertanto, mi
prodigo nel rinnovarti i nostri ringraziamenti per poi...
Taichi: ... ma insomma, quante ciance amico mio!
Iori: esatto. Colgo l’occasione per ringraziare Kari89
della recensione e ricordarle che io non sono povero!
Taichi: incredibile! Questa tua
battuta, amico, scatenerà l’apocalisse! Dunque... purtroppo Takeru non ha
voluto ringraziarti! Ho cercato inutilmente di convincerlo, ma non c’è stato
verso...
Iori: inutile che tu continui a
rammaricarti in maniera odiosa e fittizia, non hai detto nulla a quel mio caro
migliore amico al quale cerchi di affibbiare inutili colpe!
Takeru: ah, meno male che esistono i migliori amici che prendono le
difese dei poveri trafitti alle spalle come me!
Joe: solo tu hai compreso quanto hai appena detto, Takeru... meglio
pensare a sbrigare il nostro dovere. Ringrazio generosamente...
Takeru: ehi ehi,
Rory e Dedy hanno incaricato espressamente me per ringraziare HikariKanna,
quindi non impossessarti degli altrui compiti!
Joe: sempre troppo saccente, per i
miei gusti! Comunque... non ci è consentito svelare chi sia Alessandra (anche
perché, in tutta sincerità, non la conosco neppure) né tanto meno se Sora e
Yamato si conosceranno prima o poi!
Takeru; credimi HikariKanna,
gradirei di tutto cuore sapere se il mio destino sarà accanto ad Hikari, ma
purtroppo neppure questo mi è stato svelato...
Yamato: fratello caro, il tuo problema è che vuoi saper sempre tutto e
subito! La tua professione discrittore
non ti ha ancora insegnato che queste cose si scoprono solo alla fine??
Miyako: ehi, tu quanto chiacchieri? Hai detto più parole adesso che in
tutta la tua vita...
Yamato: piantala... meglio
ringraziare memi, piuttosto, alla quale non credo
interessi la mia loquacità ma piuttosto sapere che le autrici la ringraziano e
la salutano...
Miyako: perché tu hai un orgoglio
troppo fiero per ammettere che anche tu le sei grato per averti scelto come
personaggio preferito, nevvero? E che la saluti calorosamente! Ammetti che lo
stavi pensando!
Ken: ora è arrivato il momento di
ringraziare Poppy, con la quale... ehi, ma che succede??
Hikari: oh, tranquillo... Miya è svenuta
perché ti ha visto in tutto il tuo splendore... non preoccuparti, è la
prassi...
Ken: oh, ma a parte quello, qui
abbiamo una recensione incompleta!
Hikari: davvero? Oh... Poppy, spero
non ti dispiaccia se siamo nell’impossibilità di ringraziarti appieno!
Ken: infatti, dalla tua recensione
si può solo evincere che Alessandra non ti è simpatica... grazie comunque per
aver letto il capitolo.
Hikari: Ken dice giusto, le autrici
te ne sono grate!
Daisuke: quanto adoro la mia Hikari quando dice cose sensate, cioé sempre! È con il cuore che ringrazio la cara Sae
che ha apprezzato il primo capitolo! ^^ Da parte di Dedy ma soprattutto di
Rory!
Mimi: sisi...
finito di parlare? Bene...perchè, dopo che anche io ho ringraziato Sae, è ora
di passare al secondo capitolo!!^^
Daisuke: Buona Lettura!
Tutti gli altri: anche da
parte nostra!
***
Capitolo
secondo: A Berlino
Era appena atterrato nel capoluogo tedesco. Il
volo Nantes-Berlino era durato sicuramente meno del
precedente, ma non per questo era stato più confortevole, anzi. Per un ragazzo
come lui esser costretti a stare per ore seduto vicino a dei bambini, talmente
dispettosi che la piccola peste in confronto era un agnellino, sicuramente non
era tra le più rosee aspettative. Per fortuna quella tortura per il
ventitreenne giornalista Iori Hida era terminata.
Ora che si trovava a Berlino doveva semplicemente
rintracciare Koushiro Izumi, il noto programmatore che negli ultimi anni aveva
prodotto i migliori software in circolazione in tutto il mondo.
Comprò una cartina della città e rintracciò il
quartiere in cui si trovava la compagnia di Izumi. Chiamò un taxi e nel giro di
dieci minuti era arrivato a destinazione. Si trovava davanti ad un elegante
palazzo in stile antico il quale recava una grande insegna su cui compariva la
scritta “Izumi’ssoftwares”.
Sì... era proprio il luogo che cercava.
Entrò nel palazzo dirigendosi spedito verso la reception.
“Salve, dovrei parlare con il signor Izumi.”
Disse con una perfetta pronuncia tedesca alla giovane receptionist.
“Salve a lei. Ha un appuntamento?” chiese
cordialmente al giovane di fronte a lei.
“Certo. Sono qui per intervistare il signor
Izumi”
“Potrebbe rilasciarmi il suo nominativo? Sa... è
la prassi” disse la ragazza sorridendo al suo interlocutore con un misto di
timore e imbarazzo, non aveva mai incontrato in vita sua un ragazzo meno loquace,
le sembrava di parlare con una statua di marmo.
“Iori Hida” non una parola di più.
La receptionist cercò
il nome sul suo computer e lo trovò subito. “Signor Hida può salire, una volta
arrivato all’ultimo piano troverà l’ufficio del signor Izumi. Buona giornata.”
Senza dire una parola il ragazzo si congedò con
un lieve inchino e si incamminò verso gli ascensori. Durante il suo breve
viaggio verso l’ufficio del signor Izumi una domanda gli ronzava nella testa,
perché mai doveva intervistare un giapponese in Germania? Se l’era chiesto
anche con Takaishi, ma proprio non riusciva a trovare una risposta. Nel
frattempo l’ascensore si era fermato e si ritrovò in un ampio corridoio
illuminato dalle numerose vetrate. La segretaria da dietro ad una scrivania gli
disse che l’uomo lo stava aspettando. Sicuramente era stata avvisata dalla
ragazza della reception, si ritrovò a pensare Hida,
mentre si avvicinava alla porta dell’ufficio della sua “vittima”.
Entrò nell’ufficio dove trovò un ragazzo di pochi
anni più grande di lui, ma com’era possibile, lui era convinto di trovare come
minimo un uomo sulla cinquantina e invece, quel ragazzo poteva avere
all’incirca tra i ventisei e i ventisette anni. Quel ragazzo era sicuramente un
genio per esser diventato un
famoso programmatore a quell’età.
“Ehm ehm” Hida si
schiarì la voce e iniziò a parlare “Salve signor Izumi, sono Iori Hida, avevamo
appuntamento per un’intervista. Dovrei porle solo alcune domande sul suo
lavoro, non le ruberò molto tempo.” Sicuramente una delle frasi più lunghe
dette dal ragazzo dal suo arrivo in Germania.
Aspettò una risposta dal suo interlocutore, ma
purtroppo questa non arrivò.
Lasciò passare qualche altro minuto prima di
provare di nuovo a parlare con Izumi, ma il risultato fu sempre lo stesso: Izumi,
troppo preso dai suoi computer non rispondeva al giovane giornalista.
Hida, ormai stanco di aspettare una risposta che
chiaramente non sarebbe mai arrivata decise di fare qualcosa, forse un po’
eccessivo, ma era sicuro che avrebbe fatto centro.
Mise subito in atto il suo piano e prendendo un
cacciavite che si trovava sulla scrivania fece proprio quello che un amante di
computer non vorrebbe mai... puntò il cacciavite contro il computer.
Ormai sicuro di aver attirato l’attenzione del genio
informatico disse con la sua solita calma “Se non si stacca dal questi computer
e non mi dedica questa benedetta intervista le ‘uccido’ il computer”
Oh... beh... forse non fece proprio questo, ma
l’avrebbe fatto sicuramente se Izumi, proprio nel momento in cui stava per
afferrare il cacciavite, non si fosse accorto della sua presenza.
“Oh, lei è il signor Hida? Salve” disse
l’informatico tendendo una mano che fu subito stretta dall’altro “la stavo
aspettando, finalmente è arrivato! Per caso ha trovato traffico? Per questo è
arrivato in ritardo? Ma comunque... si accomodi”
Ormai era certo, laproverbiale calma di Hida quel giorno stava
subendo una difficile prova... cercò di controllarsi e rispose pacato “Non
c’era molto traffico. In ogni caso... cosa ne direbbe di iniziare la nostra
intervista?” ci era riuscito... la sua calma non ne aveva risentito. Prese un
registratore e lo poggiò sul tavolo e premette sul tasto REC.
“Certo... cosa vuole sapere?”
“Beh signor Izumi... mi parli un po’ in generale
del suo lavoro, la gente vuole sapere in cosa consiste” disse con molta
professionalità, ma forse con troppa poca convinzione.
“Vedo che questo incarico non le piace per
niente” constatò Izumi con un sorriso soddisfatto sul viso, era sicuro di aver
centrato il problema.
Come avesse fatto quel ragazzo a capire che lui
in quel posto non ci si sarebbe voluto trovare rimase un mistero per Hida, ma
questa constatazione fece crescere la stima che sentiva di provare per quell’amante dei computer dai capelli rossi. Comunque non
si lasciò vedere vulnerabile, anzi ribatté prontamente “Sinceramente farei a
meno di essere qui, ma il lavoro chiama e non posso non rispondere, lei
dovrebbe capire..” risposta perfetta pensò Izumi, quel ragazzo era molto furbo.
“Ok... facciamo quest’intervista” disse sorridendo affabile al ragazzo che
gli sedeva di fronte.
“Perfetto, magari potrebbe spiegare in cosa
consiste un software e poi parlare più in generale del suo lavoro...” propose
Hida, sicuro che l’altro avrebbe accettato di buon grado.
“Va benissimo” come volevasi dimostrare, pensò
istintivamente il ventitreenne “perciò... le darò delle linee generali, perché
in ambito informatico ci sono termini a volte difficili da comprendere e quindi
vorrei facilitare il più possibile la comprensione ai futuri lettori. Iniziamo:
Il senso moderno del termine Software deriva dalle istruzioni date ai computer, e questa parola è stata utilizzata
per la prima volta nel 1957 da JohnWilderTukey, noto statistico
statunitense. I software possono essere divisi in quattro categorie principali:
Software di base (che a sua volta si dividono in tre ulteriori categorie:
Sistemi operativi, Compilatori e Librerie); driver; firmware (cioè i software
contenuti direttamente nell'hardware e che ne regolano le funzioni interne) e
programmi applicativi (cioè tutti quei software che vengono utilizzati per il
lavoro quotidiano: dai programmi per l'ufficio, ai videogiochi). Io mi occupo
di tutti e quattro i tipi. Li creo personalmente e ogni volta che un mio
collaboratore crea qualche software, quest’ultimo non
esce da questo edificio prima di esser stato sottoposto ad un mio accuratissimo
esame e averlo superato appieno. Ci tengo molto a precisare questo, perché la
gente non deve avere programmi scadenti solo perché ormai ho un nome e un
marchio noti.
Un software viene normalmente realizzato
utilizzando uno o più linguaggi di programmazione. Se il progetto diventa
complesso, è opportuno dividere il programma in uno o più moduli, che possono
essere così affidati a diversi programmatori, modificati più semplicemente e
riutilizzati in altri progetti.
La fase detta di compilazione, traduce ogni file
del codice sorgente in un file oggetto contenente il programma in linguaggio
macchina adeguato all'architettura hardware di destinazione. In seguito tutti i
file oggetto attraversano una fase di linking per
giungere al prodotto finale: il file eseguibile. Fino a qui è abbastanza
chiaro? Se non fosse così me lo dica, così cerco altri termini...”
“Non si preoccupi, è perfetto. È tutto molto interessante, ma
continui...” rispose Iori ridando la parola a Izumi che si lasciò scappare una
piccola risatina...
“Come mai ride?” Chiese incuriosito da quel
comportamento il giornalista.
“Diciamo che farò finta di credere nel suo interessamento,
comunque ha ragione, continuiamo. Perciò dicevo... La realizzazione del
software è un'attività complessa articolata in più fasi. Per questo motivo può
essere associato ad un prodotto ingegneristico, ma se
ne differenzia soprattutto per alcune caratteristiche: è molto
"malleabile" ed è un prodotto human
intensive, un prodotto che richiede un considerevole sforzo in risorse
umane perché si concentra soprattutto sulla progettazione e
sull'implementazione.
Altre cose importanti sono Licenze d'utilizzo e
distribuzione. La licenza d'uso è un documento che accompagna il software e
specifica i diritti e i doveri di chi lo riceve e di chi lo diffonde. Esistono
licenze libere, le licenze Open Source e licenze
proprietarie. Tutte le licenze d'uso traggono il loro valore legale dalle norme
sul diritto d'autore (il copyright). Nasce in seguito anche l'Open content che ha come scopo quello di trasferire le licenze
su opere diverse dal software.
Le licenze di utilizzo e distribuzione del
software libere ed Open Source sono numerose, ma
quelle effettivamente diffuse sonopoche. Credo che ora sia
inutile spiegare anche il mio mestiere, visto che si può comprendere benissimo
dalla mia spiegazione sui software. Ha qualche altra domanda?”
“Si... effettivamente ne avrei una, quando è nata
questa sua smodata passione per i computer? Perché si vede che tra lei e queste
macchine c’è un amore profondo. Le brillano gli occhi quando ne parla!”
“Direi dal primo istante in cui i miei occhi si
sono soffermati sullo schermo di un computer. Avrò avuto all’incirca sei anni.
Naturalmente a quell’età non sapevo fare molto, ma
crescendo, beh... potremmo dire che crescendo il mio rapporto con questa
‘macchina’ per usare un suo termine è migliorato sempre di più. Per farle un
esempio pratico... un bambino piccolo prende un libro e tenta di leggerne il
contenuto, ma non ci riesce perché ancora non conosce le lettere, poi pian
piano inizierà a riconoscere qualche lettera e addirittura a leggere qualche
parola. Passa ancora del tempo e riesce a leggere frasi intere e brevi
racconti. Passa altro tempo e ormai è un bravo lettore, ma per alcuni di questi
lettori arriverà il giorno in cui inizieranno a scrivere. Si... direi che
questo esempio rispecchia pienamente quello che ho provato e provo ancora
adesso per il computer.”
La spiegazione di Izumi colpì molto Iori e anche
vederlo parlare con quel brillio negli occhi che hanno i bambini quando gli si
porta un regalo. Era strano vedere in una persona ormai adulta quella gioia.
“Ora signor Izumi che ne dice di darmi qualche
notizia un po’ più, come posso dire, futile... tipo data di nascita, hobby,
cose che possano interessare a tutta la gente che si interessa di gossip.”
“Certo... perciò...mi chiamo Koushiro Izumi. Sono nato a Tokyo
il 18 luglio 1989, mi
sono trasferito qui a Berlino con la mia famiglia all’età di 3 anni. Sono
Cancro ascendente Ariete. Al momento sono single, da poco è terminata una
storia durata anni, ma è giusto così, le dedicavo troppo poco tempo... aveva
ragione lei, mettevo i computer al primo posto. Forse quando arriverà la donna
giusta riuscirò a mettere il computer dopo di lei. Perciò chi vuole si può fare
avanti...” disse ridendo.
Hida fu contagiato da Izumi e si concesse una
breve risatina. “Grazie signor Izumi. È
stata un’intervista molto istruttiva.” E dicendo questo riprese il
registratore e si alzò dalla sedia.
“Suvvia, basta con queste formalità. Dammi pure
del tu e chiamami Koushiro. Avrò ad occhio e croce quattro anni più di te.”
Disse esaminandolo per capire se aveva indovinato anche l’età del ragazzo.
“D’accordo Koushiro. E hai anche indovinato la
mia età... secondo me tu sei un indovino, non un programmatore... comunque. Ora
devo proprio andare. Vorrei riposare un po’ prima di ripartire, la Spagna mi
attende.” Disse sorridendo e tendendo la mano a quel nuovo amico.
“Compreso. Altre interviste ti aspettano. Spero
di rivederti Iori. Magari di rivederti un po’ meno serio, sei giovane, esci un
po’ dagli schemi. Spero di rivederti, mi fa piacere parlare con te.”
“Lo spero anche io. Arrivederci Koushiro.” Disse
prendendo la porta.
“Arrivederci” rispose Izumi tornando al suo posto
dietro la scrivania.
Iori tornando verso l’albergo ripensava a quell’intervista. Era stata davvero molto istruttiva e
interessante. Sicuramente molto più piacevole e soprattutto meno costosa di
quella con Takaishi. Sperava davvero di incontrare nuovamente Izumi, ma ora
doveva pensare a riposare e alla sua nuova missione: Taichi Yagami,
nuova promessa del calcio ‘arruolata’ nel Real Madrid.
Iori: Ciao Sora89, innanzitutto Rory e Dedy ti
ringraziano infinitamente per la recensione... finalmente sono felice di aver
trovato qualcuno che mi comprende!! Dannato Koushiro che mi fa fare sempre
brutte figure... mi fa piacere che il capitolo dove
intervisto Koushiro ti sia piaciuto, e credo che già in questo capitolo potrai
trovare i tanto attesi risvolti, poiché...
Mimi: zitto zittozitto!!
Non anticipare niente! Meglio ringraziare Kari89
che fornire anteprime del capitolo che segue! Dunque
cara, che male ti ho fatto per meritare un fidanzamento con un uomo che pensa
solo al proprio pc? Comunque Rory e Dedy ti
ringraziano per la tua recensione! ^.-
Koushiro: perché, ho qualcosa di sbagliato
io, brutta zitella incallita? È sicuramente più proficuo porgere a memi i ringraziamenti delle autrici,
che ascoltare i tuoi discorsi! Dolce scrittrice, le autrici sono liete del tuo
complimento riguardo le loro idee innovative! Ma cara, perché vuoi farmi morire per mano del cacciavite di
un giornalista? Merito questa fine, io? E poi sembra tu mi voglia dare il colpo di grazia con l’augurarmi di fidanzarmi con
Mimi... un’altra no, eh? Sarebbe ben accetta, garantisco!
^^ Grazie di tutto comunque, memi-chan! Sora: E dillo, che vorresti
fidanzarti con memi! In ogni caso, non sono qui per sindacare te ma per ringraziare la nostra nuova lettrice Kalie da parte
di Rory e Dedy! Le autrici sono contente che la storia ti piaccia! Bene, ora
non mi resta che augurare...
Daisuke: Buona lettura a tutti!
Sora: E tu cosa ci fai qui?
Daisuke: Accelero i tuoi lentissimi tempi!
Ecco a voi il terzo capitolo! Un caloroso saluto a tutti!
***
Capitolo terzo: A Madrid
Sicuramente adesso Iori Hida stava svolgendo il proprio
incarico con maggiore entusiasmo rispetto a quando
aveva lasciato la sua patria.
Mentre viaggiava a bordo del volo
Berlino-Madrid, sperava caldamente che l’incontro con
la stella del Real Madrid Taichi Yagami somigliasse a
quello con Koushiro e non con Takaishi. Non che fosse difficile.
Non aveva dimenticato, infatti, l’esperienza nel
ristorante francese, e sicuramente non ci sarebbe riuscito
né facilmente, né in breve tempo.
Ma non era quello il momento di
pensare al passato, il volo sul quale il ventitreenne viaggiava era appena giunto
a destinazione.
Non moltissimo tempo dopo il giornalista occupava la
camera che si era fatto riservare in un lussuosissimo albergo al centro di
Madrid. Il viaggio era interamente a spese del suo giornale, quindi avrebbe potuto egoisticamente concedersi qualche lusso
maggiore.
***
Il sole splendeva alto nel cielo mentre
Taichi Yagami raccoglieva le lodi dei propri compagni di squadra. Adorava quel
momento dell’allenamento, in cui la sua bravura veniva
esaltata. Tipico atteggiamento leonino.
D’altro canto, era questo l’unico sistema per evitare di
pensare alla sorella lontana, in quanto, causa il suo smisurato orgoglio tipico
del suo segno zodiacale, non avrebbe mai ammesso
quanto fortemente sentisse la sua mancanza.
Non era nell’indole del ragazzo che aveva appena
interrotto i propri allenamenti per usufruire di una bottiglia d’acqua che
troneggiava nei pressi della panchina.
Proprio quando stava per soddisfare la propria sete, il
giovane venne avvicinato dal proprio allenatore.
Taichi non impiegò molto tempo per comprendere che intenzioni avesse
quell’uomo.
“Yagami... oggi pomeriggio avrà luogo
l’intervista con quel giornalista giapponese.” Gli ricordò fermamente l’uomo
anziano, la cui voce risuonava nelle orecchie del suo interlocutore come una
silenziosa minaccia.
“La ricordo perfettamente!” esordì Taichi con la sua
celeberrima ilarità, che in quel momento gli fu molto utile per smorzare la
tensione.
“Ti ho sempre reputato un ragazzo sveglio, Yagami. Ma
soprattutto intelligente” riprese il mister “mi raccomando su quello che dirai.”
Poiché Taichi possedeva realmente le doti che un attimo
prima il suo allenatore gli aveva riconosciuto,aveva anche perfettamente compreso quanto,
seppur velatamente, il suo interlocutore voleva comunicargli.
In una parola: omertà.
***
Iori Hida lasciò il proprio albergo in un bel pomeriggio
assolato. Adorava il clima spagnolo, un po’ meno la serie d’interviste che
stava svolgendo. Tuttavia, non poteva nascondere l’interesse per l’informatica che
il giovane Izumi aveva destato in lui.
Eppure il calcio era qualcosa che
proprio non riusciva ad appassionarlo...
Crudele coincidenza di vita fu lo sciopero dei tassì di
quella giornata, che costrinse il giornalista a raggiungere lo stadio con i
mezzi pubblici.
Era arrivato a metà percorso in
largo anticipo, quando la suoneria del proprio cellulare interruppe i suoi
pensieri, inerenti all’incontro con Yagami e le domande che avrebbe potuto
porgli.
Il giovane Iori lesse sul display
del suo cellulare un numero che non conosceva, a suo parere molto probabilmente
di un cellulare spagnolo. Chissà chi lo cercava...
Nel rispondere, scoprì che quella era una telefonata da
parte di Yagami. Eppure, si chiedeva Hida, che senso
aveva chiamarlo un paio d’ore prima dell’intervista? Doveva essere successo
sicuramente qualcosa.
“Lei è Iori Hida?” chiese affabilmente Taichi in un
giapponese perfetto, dopo essersi presentato.
Iori notò immediatamente come il suo
interlocutore avesse perso i formalismi tipicamente giapponesi a
vantaggio di una parlantina più colloquiale e informale, ancor prima di
rilassarsi per essersi accorto di poter parlare liberamente il giapponese. La
sua lingua.
“Certo... posso aiutarla, Yagami?” chiese, cercando di risultare cordiale.
“Ho bisogno di parlarle in un luogo sufficientemente
lontano dallo stadio. Scelga lei quale di preciso, tenendo in considerazione
solo questa mia esigenza.”
A quel punto Iori lesse la fermata successiva del metrò
sul quale si trovava comunicandola al calciatore, chiedendogli se andasse bene come luogo per l’incontro.
“Perfetto... la raggiungo subito. Mi aspetti all’uscita
del metrò.” Fu pronunciata da Yagami l’ultima frase di quella conversazione
telefonica.
***
Iori Hida era da poco arrivato nel luogo dell’appuntamento,
quando scorse Yagami raggiungerlo di corsa, trafelato.
Era sufficiente osservarlo, per percepire la
preoccupazione che attanagliava la sua anima.
Dopo qualche minuto, i due erano seduti a
uno dei tanti tavolini di uno dei numerosissimi bar di Madrid.
Yagami nascondeva qualcosa di grave,
Iori era certo di questo. Eppure ancora non
riusciva a comprendere cosa fosse questo qualcosa.
“Quando più tardi ci incontreremo allo stadio sarà come fosse la prima volta.”
precisò Yagami.
“È ovvio...” confermò
il giornalista “...ho compreso subito che tu devi dirmi qualcosa che lì non
vuoi far sapere, o almeno, sebbene i tuoi amici o addirittura il tuo allenatore
ne siano al corrente, non devono scoprire che ne hai parlato con me... è questo
il problema, vero?”
Lo stesso Iori si stupì
riflettendo su quanto avesse detto, ma, giudicando
dall’espressione del volto di Taichi doveva aver centrato in pieno il problema.
“Mi faresti un piacere?” chiese,
spezzando il silenzio, il maggiore tra i due presenti.
“Se mi sarà possibile adempiere alla tua richiesta, ne sarò felice.”
“Ecco... mia sorella, Hikari,
deve spedirmi un pacco, e come ben saprai se me lo mandasse
per posta, poiché arriva da un Paese di un altro continente, dovrebbe indicare
il nome del mittente.”
“Sì, è la prassi.”
“Purtroppo, con mio enorme
rammarico, devo ammettere che quel bastardo del mio allenatore ha avviato, e condotto a termine con successo, una strana
pratica secondo la quale ogni pacco indirizzato da me proveniente
dall’Australia viene spedito a lui.”
Nel momento in cui Taichi finì
di spiegare al giornalista la sua situazione, quest’ultimo sgranò gli occhi in
un’espressione meravigliata: si trattava di un’esplicita violazione della privacy e della libertà personale. Come mai Yagami non l’aveva ancora
denunciato?
Si accordarono velocemente e
sommessamente sulla risoluzione del problema del calciatore, prima di darsi appuntamento allo stadio, per l’intervista ufficiale.
***
Dopo qualche ora dal loro primo,
segreto, incontro, Taichi Yagami e Iori Hida erano in uno dei tanti uffici
dello stadio delReal
Madrid, pronti per un’intervista indispensabile al giornalista che, come di
consuetudine, fece partite il proprio registratore. Anche quella
macchina era molto felice di non contenere in sé la voce di Takeru
Takaishi, si era ritrovato a pensare Iori, un po’ infantilmente.
“Per cominciare... vuole fornire
ai nostri lettori qualche informazione generale su di lei,
tipo data di nascita e simili?”
“Certo! Sono nato il 7 agosto
del 1988, di domenica, alle 10:30 e sono Leone
ascendente Bilancia con la Luna
in Gemelli, al momento sono single ma è meglio non parlare della mia vecchia
storia perché sarebbe solo una tragedia, io che credo all’astrologia dico solo
a tutti i Leone, donne o uomini che siano, di non decidere mai di vivere il
resto della propria vita con un esemplare, uomo o donna che sia, della Vergine.
Un’esperienza fallimentare, mi creda!”
Taichi accompagnò le sue
dichiarazioni con una risata cristallina, mentre Iori abbozzò
un mezzo sorriso, prima di procedere con la domanda successiva.
“Dunque,
Yagami, cosa l’ha portata dal Giappone alla Spagna?”
“Solo la curiosità di giocare un
calcio diverso da quello giapponese. Infatti, almeno
inizialmente, avevo l’intenzione di tornare nella mia patria dopo tre stagioni
al massimo.”
“Di quanto tempo fa stiamo
parlando? E cosa le ha fatto cambiare idea?”
“Arrivai qui
a Madrid dopo il diploma, a 18 anni. Ero ancora minorenne per la legge
giapponese, ma non fu molto difficile ottenere la doppia cittadinanza. Io e mia
sorella lasciammo la nostra terra natale assieme, ma lei raggiunse
Sidney. Ancora oggi non ho remore nell’ammettere che l’andarmene da Tokyo mi ha aiutato moltissimo a crescere. Ero così infantile, in
gioventù!”
Nel sentirlo parlare, sembrava
avesse cinquant’anni e passa! Iori annuì, ma preferì
non proferire parola, come in un tacito invito al calciatore a continuare. Cosa che egli fece.
“Ma
poi, crescendo, cambiano anche le aspirazioni. Ora coltivo il sogno di
diventare il migliore calciatore in Europa che ha militato tra le fila di una
sola squadra, per questo ho deciso di rimanere.”
Un bel sogno, non c’era nulla da
obiettare. Taichi Yagami era una persona che sognava in grande, e che non aveva
problemi nell’ammettere le proprie manie di grandezza.
Fu questo il pensiero che il
giovane Hida fece precedere a un’ulteriore domanda:
“Come ha affrontato l’integrazione in una società completamente diversa dalla
giapponese?”
“Non è stato eccessivamente
complicato. Quando giunsi qui avevo tanta voglia d’imparare,
d’inserirmi in un contesto sociale che non conoscevo. Nonostante
da un lato fossi avvantaggiato dall’essere già stato acquistato dal Real Madrid, e quindi dall’avere perlomeno un punto di
partenza dal quale poter incominciare a farmi degli amici, da un altro lato c’è
da considerare che quando arrivai dal Giappone non conoscevo...” fece una pausa, per poi riprendere “...mi venga cortesemente
concessa l’espressione: neanche mezza h di questa lingua che, me lo lasci dire,
reputavo inutile fino a un attimo prima che il Real
m’ingaggiasse.”
Iori rimase colpitoda tanta
spontaneità: ammirava moltissimo quel ragazzo capace di difendere quella sua
particolare dote.
“Poi ha appreso la lingua e, con
il tempo, le è stato riservato un posto di tutto rispetto nel cuore della
maggior parte dei tifosi, che oserei dire è riuscito a
conquistare con tutti i meriti del caso. Come si sente adesso, Yagami?”
Ecco... ora Iori si aspettava un
lungo discorso da parte del suo interlocutore. Con quella domanda, la sua
intenzione era d’innescare una specie di racconto autobiografico che
sicuramente sarebbe stato molto apprezzato dai suoi lettori. Tuttavia, non
avvenne quanto il giornalista s’auspicava. La risposta del calciatore lo lasciò
enormemente interdetto.
“Se mi è concesso rispondere con
una parola sola, direi di sentirmi... realizzato.”
Eppure, quella
parola conteneva significati intrinseci difficilissimi da esporre. E forse non ce ne sarebbe neanche stato bisogno, poiché
quella parola riusciva a racchiudere le innumerevoli sensazioni provate dal
giovane Yagami.
“Bene, Yagami, per quanto mi
riguarda, l’intervista è finita... ha altro da aggiungere?”
“Se mi
è concesso, sì. Avrei qualcosa da dire a tutti i giovani che hanno l’intenzione
d’intraprendere la mia professione, o comunque una
strada che chieda loro dei sacrifici... posso?”
Iori annuì semplicemente con il
capo: la magnificenza del suo interlocutore l’aveva privato persino della
parola.
“Vorrei dire loro di non
arrendersi qualsiasi cosa accada, perché non esiste niente al mondo di più
bello e appagante del realizzare un proprio sogno, qualunque esso sia.
Quindi,
vorrei dire loro di lottare sempre con tutte le forze, senza mai arrendersi di
fronte alle innumerevoli avversità che la vita pone sul cammino di ognuno di noi,
perché non esiste ostacolo che non possa essere superato con successo. Basta
un po’ di coraggio, e tanta voglia d’avventura. In fondo, io non parlavo lo spagnolo quando arrivai qui, no?”
Quella domanda retorica concluse quell’avvincente intervista, e l’avventura a Madrid
che a Iori aveva insegnato tantissimo.
Mentre lasciava lo stadio dopo
aver salutato calorosamente il suo nuovo amico Taichi, il giovane Iori pensava
alla sua prossima intervista: la meta sarebbero stati
gli Stati Uniti d’America.
Naturalmente, aveva rammendato
di ricordare al calciatore che aveva promesso di aiutarlo con la questione
della sorella e, a tal fine, si erano scambiati i numeri del rispettivo cellulare.
E, vedendolo allontanarsi, Taichi rinforzava la
propria certezza che quello era un ragazzo su cui poter contare.
Taichi:
Ora sì che mi sento una persona realizzata! Ringrazio
infinitamente Sora89 per aver
recensito il capitolo in cui sono intervistato io, ma soprattutto per
aver detto di prendermi ad esempio! Sono onorato della cosa! **
Innanzitutto vorrei specificare che la carissima Rory non l’ha con i
nativi della Vergine, sono io che non vado d’accordo con
Sora! Eh, Hikari purtroppo viene
ostacolata parecchio dal mio mister, quel cret... Yamato:
Ma vuoi deciderti a tacere o vuoi
svelare tutta la storia? Sei sempre il solito chiacchierone! Intanto
giacché è Memi l’unica che
si è preoccupata di chiedersi cosa ci sia nel pacco, io la
ringrazio, e beh...
Taichi: Come mai ringrazi sempre lei? Non
è che poi mi tocca fare il vostro testimone di
nozze?
Yamato: Ma piantala!
Dicevo, ringrazio Memi
anche da parte mia, oltre che delle autrici, e visto
che tu, caro Taichi, mi hai interrotto, beh, spero
vivamente che nel pacco che ti ha mandato Hikari ci sia una bella bomba
che ponga fine alla tua inutile esistenza...
Taichi: Ma non ero il tuo migliore amico, una volta?
Yamato: Hai detto bene
Tai, una volta... Takeru:
D’accordo fratello ora taci, e tu Taichi fai altrettanto
perché io, da parte di Rory
e Dedy, devo
ringraziare Kalie
che ha recensito lo scorso capitolo! Daisuke:
Zitto zittozitto!
I vostri diverbi familiari vanno appianati in altra sede! Ora ringrazio
la cara HikariKanna che
oltre ad avermi reso protagonista di una sua lunghissima fan fiction
intitolata... Ken:
Stop alla pubblicità occulta, amico!
Daisuke: Hai ragione,
mio caro migliore amico! Dicevo che HikariKanna deve rassegnarsi
poiché io e Taichi non cambieremo mai e soprattutto non
facilmente! Spero vivamente anche io
che il mio mito riesca a risolvere i suoi casini e devo comunicarti che
in questo capitolo Iori
incontrerà...
Ken: Zitto! La smetti di fornire anticipazioni?
Daisuke: Ma che mi fermi a fare? I lettori intelligenti già
dal titolo del capitolo hanno compreso Iori
chi incontrerà? Mica sono tutti ritardati come la tua
ragazza?
Ken: Ehi, come ti permetti? Comunque cambiamo argomento! Carissima Kari89considerato
che tu sei stata la prima a recensire e questo
è il mio primo ringraziamento, beh, le cose non potevano non
combinarsi, no? Brava hai azzeccato in pieno chi sarà
intervistato dopo, e...
Daisuke: Questo l’hai detto perché io non dovevo
fornire spoiler alcuno, eh Ken?
Ken: Ehm... è un autogol, vero amico mio? In ogni caso
complimenti Kari89 perché hai indovinato chi sarà
intervistato dopo... sarà stata solo fortuna? Hikari:
Stop alle ciance, gente! Altrimenti io Danachan94
quando la ringrazio? In ogni caso, cara, le autrici sono proprio
contente che anche tu segui
questa storia adesso! Ma
ora è tempo di lasciare tutti alla lettura del capitolo!
Daisuke: Buon proseguimento di storia! Miyako:
Sempre in mezzo tu, eh?
Daisuke: Senti chi parla!
Ken: Silenzio voi due!
Hikari: Miracolo! Ken ha sgridato Miyako! D’accordo...
è meglio che ora vi lasciamo alla lettura! Baci a tutti!
***
Capitolo
quarto: A New York
Era
già stanco di viaggiare, ed era solo il quarto viaggio
quello che si stava accingendo a compiere.
Doveva incontrare a New York una nota modella, Mimi Tachikawa. IoriHidapotè notare
che anche lei era giapponese, come tutti personaggi famosi
già intervistati. Troppo strano per
essere una coincidenza. I suoi pensieri tornarono alla
modella, gli era capitato di vedere delle foto sui giornali di gossip, sicuramente una
bellissima ragazza, ma la sua appartenenza al mondo della moda la
screditava agli occhi del giovane giornalista. Non riusciva a tollerare
quella gente che era disposta a fare di tutto per entrare in quel mondo
basato su illusioni e inganni, quindi lei non era esclusa dalla
categoria!
“Siete pregati di allacciare le cinture di sicurezza,
poiché ci stiamo
accingendo ad effettuare la manovra di atterraggio” la voce
dell’hostess risvegliò il giornalista dai suoi
pensieri, allacciò la cintura e aspettò che
l’aereo atterrasse.
Scese la scaletta metallica dell’aereo e finalmente potè mettere piede
sul suolo statunitense. New York era una città grandissima,
avrebbe trovato il posto che gli interessava? In quel momento
l’unica cosa che voleva veramente era riposare,
perciò fermò il primo taxi e andò in
albergo.
Avrebbe pensato a Mimi Tachikawa
il giorno dopo.
***
Tiritì... tiritì... tiritì...
Una mano
uscì da sotto le coperte per spegnere
quell’oggetto diabolico che aveva interrotto il suo sonno, ma
chi era quell’idiota che aveva inventato la sveglia? Una
folta chioma castana uscì anch’essa da sotto le
coperte, per vedere come mai la sveglia aveva suonato prima del
previsto. Mise a fuoco l’orario segnato sulla sveglia e
buttò un urlo che fu udito da tutti.
La sveglia segnava le 10:
30... era in ritardo di un’ora, e in più quel
giorno doveva concedere un’intervista a un giovane
giornalista cinese, che disastro.
Proprio in quel momento la porta fu sfondata da una spallata ben
assestata. Entrò correndo
un omone enorme molto preoccupato “signorina Tachikawa, è tutto ok?
Cos’è successo?”
La Tachikawa dal canto
suo era ancora un po’ frastornata per il sonno e per
l’ingresso dell’uomo.
“Sì Tim, è tutto ok. Mi sono appena svegliata e... OH MIO DIO...
SONO SEMPRE PIÙ IN RITARDO!”.
Si alzò di scatto, mostrando il fisico perfetto coperto solo
da un leggerissimo baby-doll. Nessuno sarebbe rimasto indifferente, e
proprio per questo Tim non riuscì a distogliere lo sguardo
dalla ragazza.
Quando quest’ultima se ne rese conto, fu la fine!
“COSA GUARDI PERVERTITOOOO... FUORIII!” un cuscino
colpì in pieno la faccia del suo bodyguard, seguito da tutto
ciò che la modella riuscì ad afferrare
“E ti trattengo dallo stipendio le spese di riparazione della
porta” disse dirigendosi verso la sua cabina armadio. Una
volta lì optò
per qualcosa di comodo, indosso quindi una tuta,
rigorosamente firmata, un filo di trucco... alle 11: 00 finalmente era
pronta!
***
Tiritì... tiritì... tiritì...
Ormai la
povera sveglia suonava imperterrita da tre quarti d’ora, ma
il giovane IoriHida non sembrava intenzionato a
porre fine allo straziante suono che emetteva. Si stava così
bene sotto le coperte. Poi un flash... una bella ragazza con dei lunghi
capelli castani apparve nella sua mente, che in meno di un nano secondo
schizzò fuori dal letto. Imperdonabile
da parte sua un simile ritardo. “Tutta colpa del
fuso orario!” convenne alla fine di una serie interminabile
di pensieri riguardanti il suo ritardo. Andò subito a
vestirsi, optando per
qualcosa di non troppo impegnativo: un paio di jeans, un dolcevita e
giacca nera per completare il tutto. Non aveva tempo per controllarsi
allo specchio,doveva scappare. Prese il registratore, ormai
suo fedele compagno di viaggio e scese nella hall per chiedere
informazioni.
Si avvicinò alla reception e chiese al ragazzo che si
trovava dietro al bancone: “Mi scusi... mi saprebbe dire se
questo luogo” e mostrò un biglietto su cui era
annotato il punto d’incontro con la modella
“è molto lontano da qui?”
Il recepitionist gli
sorrise cordiale. “No, per
nulla! È proprio qui accanto. Appena esce da qui deve girare a sinistra...
deve passare davanti a due grandi palazzi ed è arrivato! È l’edificio rosa... non
può sbagliare!”
“Grazie mille” disse
sorridendo grato mentre usciva dall’albergo
“sarà stata un’idea del capo prenotare
una stanza nell’albergo vicino al luogo dove si
svolgerà l’intervista.”
Si fermò di fronte ad un edificio completamente rosa, era
arrivato. “Che gusti bizzarri” aggiunse ed
entrò.
“Salve...posso
aiutarla?” chiese una ragazza rivolta al giornalista, che
rispose: “Certo! Sono IoriHida... dovrei
intervistare la signorina Tachikawa.
Mi scuso per l’enorme
ritardo!”
“Non si preoccupi,
Mimi non è ancora arrivata. Intanto se vuole seguirmi, le indico dove si
svolgerà l’intervista”. Lo condusse in
una saletta in fondo al corridoio. Poco dopo si udì un urlo
acutissimo.
“Cosa succede?”
domandò il giornalista alquanto turbato. “Oh...
non si preoccupi. Però le assicuro che a breve
arriverà Mimi!” si congedò, lasciandolo
solo nella stanza.
I minuti passavano e di Mimi Tachikawa
neanche l’ombra, forse in fin dei conti era un bene che
quella mattina si fosse svegliato tardi. Poi finalmente alle 11: 10 la porta si
aprì mostrando al giornalista la giovane modella. Il primo
pensiero che riuscì a formulare fu sulle foto della ragazza
sui giornali: non le rendevano giustizia.
“Buongiorno signorina Tachikawa,
sonoIoriHida”.
Si alzò dalla poltrona su cui era seduto e tendendo la mano
alla “vittima” numero 4.
“Ciao Iori...
sono Mimi, ma credo che
tu lo sappia già! Scusa per il ritardo, ma io e le sveglie,
in tutta onestà, non siamo mai andate molto
d’accordo, poi c’è stato un piccolo
incidente di percorso con Tim. Tim è il mio bodyguard e poco
fa ha sfondato la porta della mia stanza perché mi ha sentita urlare.”
“Allora è stata lei a urlare in quel modo...
” disse sorpreso Iori.
“Si è sentito fino a qui? Oh che vergogna...
comunque sì. Mi ero appena resa conto di essere in ritardo. Ma in ogni caso ora sono qui e possiamo
iniziare l’intervista se vuoi”. Hida stava per
formulare la prima domanda, quando Mimi parlò di nuovo:
“E non mi dare del lei, che mi sento vecchia. Per non
parlare del “signorina”...
ti prego! Fa tanto vecchia zitella di cinquant’anni tutta
rinsecchita. Chiamami Mimi, in fondo
è questo il mio nome” disse gioviale al suo
interlocutore, che la guardava stranito, ma quanto parlava quella
ragazza?
“D’accordo... Mimi” la modella sorrise
grata “se ti va iniziamo
subito con la prima domanda! Beh... come mai hai deciso di fare proprio
la modella? “Prima
di tutto perché il mio fisico me lo permette. Non vorrei
peccare di presunzione, ma so di essere una bella ragazza, non mi
avrebbero presa se non
fosse stato così e lo ammetto tranquillamente a differenza
di molte “colleghe”. Poi ho sempre cercato la mia
indipendenza economica, non volevo gravare sulle spese dei miei
genitori. Appena ho guadagnato abbastanza
ho comprato casa... ah per quanto riguarda la casa, ti
piace?” e con la mano indicò tutto ciò
che li circondava.
“Questa è casa tua? Cioè... hai
comprato un intero palazzo?”
“Certo, qui ho il mio ufficio, la palestra, tutto
ciò che può servire a una modella, a proposito...
SEGUIMI” Estremamente sconcertato Iori la seguì fino ad
un’enorme cucina.
“Perché siamo in una cucina?” diede
sfogo a tutti i suoi dubbi.
“Perché ho fame e non ho fatto
colazione” rispose candidamente lei iniziando a preparare
qualcosa. “Tu hai fame?” al segno di diniego del
ragazzo riprese a parlare “comunque riguardo al discorso di
prima, quello di fare la modella, beh... io non accetto molto quello
che succede nella moda. C’è gente che fa di tutto
pur di entrarci, che scende a compromessi, che accetta
proposte indecenti. Quelle persone mi disgustano,
perché è anche colpa loro se questo mondo
è così corrotto.” Iori era
piacevolmente sorpreso da quell’affermazione. Non pensava che qualcuno appartenente a quel
mondo potesse contrastarlo in quel modo e non mancò di
riferirglielo “Sono sopreso!
Pensavo che tutti coloro
che entrano in questo mondo di vanesie illusioni fossero disposti a
fare di tutto pur di entrarci, ma tu hai appena smontato questa mia
convinzione!” “Beh...
mi piace il mio lavoro, ma non mi abbasserò mai ai livelli
di alcune mie colleghe pur di tenerlo. I miei genitori mi hanno insegnato dei valori
e non vi rinuncerò mai.” disse addentando il
panino che aveva preparato per sé.
“Capisco e appoggio la tua decisione. Ora... sempre se vuoi,
parlami un po’ della tua vita privata. Sei
fidanzata al momento?”
Mimi fece una faccia
disgustata e il giornalista pensò che il panino non fosse di
suo gusto, ma la ragazza dissipò i suoi dubbi. “Ah...
fidanzata? Per fortuna
no, mi sono resa conto appena in tempo di che essere meschino avevo al
mio fianco! Uno sfruttatore... stava con me solo per accrescere la sua
notorietà. Si chiama Michael Nowlit...
forse hai sentito parlare di lui, girerà un film
importantissimo a Hollywood. Quando ci siamo conosciuti
recitava in una soap opera che mandavano in onda alle 3 di notte, per
la gente che soffre d’insonnia penso, così magari
riusciva ad addormentarsi guardando quella schifezza. Mi corteggiava,
sembrava così dolce e dopo un po’ abbiamo iniziato
a frequentarci. I primi tempi sembrava tutto perfetto, poi più o meno dopo un
anno che stavamo insieme è cambiato. Ogni volta che uscivamo
insieme chiamava i
giornalisti per far sapere loro dove trovarci, vendeva le nostre foto,
anche quelle private. A quel punto l’ho querelato e
l’ho lasciato. Appena il regista si renderà conto
che a recitare è un cane, lo metterà alla porta
senza tanti indugi. È ciò che si merita! Ragazze
che leggerete quest’intervista... evitate i tipi come
Michael, perché non servono a niente! La
lasci quest’ultima frase, vero?” chiese speranzosa
a Iori addentando
nuovamente il panino.
“Se vuoi posso
anche toglierla dall’articolo.” Rispose
tranquillamente il ragazzo. “No...
la devi lasciare! La gente non
deve cercare solo il ragazzo bello, ma che alla fine non sa provare
sentimenti. Sai... vorrei vivere una bella storia d’amore,
come quelle che si vedono nei film... quelle che nella vita vera non
esistono insomma!” disse
con occhi sognanti. “Sei
una persona molto romantica a quanto vedo. E sei la seconda persona che mi dice di voler
trovare la persona giusta” disse ripensando
all’incontro con KoushiroIzumi.
“Davvero? Ma che bellooooo...
Ormai non esistono più molte persone che sperano di trovare
la persona giusta, sono felice che esista qualcun altro che la pensa
come me...”
Mimi lanciò
un’occhiata veloce all’orologio che aveva al polso
e lanciò un urlo che fece quasi cadere dalla sedia Iori.
“Che succede adesso?” chiese il ragazzo guardando
preoccupato la ragazza.
“Come vola il tempo... tra poco dovrei fare una prova abiti
per un servizio fotografico” disse frettolosamente.
“Capisco... beh... io ho finito con l’intervista,
perciò andrei” si alzò dalla sedia e
strinse la mano della modella, che lo abbracciò facendolo
imbarazzare.
“Ciao Iori...
sei l’unico giornalista con cui ho davvero avuto il piacere
di parlare... sembrava come se ci conoscessimo da una vita”
disse allegramente lei lasciandolo andare.
“Ciao Mimi... anche a me ha fatto molto piacere parlare con
te” rispose Iori,
anche se in fin dei conti lui non aveva parlato poi molto. Lei lo
accompagnò all’uscita continuando a salutarlo con
la mano anche quando ormai lui era già per strada.
Rientrò subito in albergo deciso a buttar subito
giù il suo articolo. Un sorriso nacque sulle sue labbra
ripensando all’intervista con la modella... “che
ragazza bizzarra” disse poco prima di mettersi
all’opera.
Joe: Dopo Daisuke e
Takeru, finalmente tocca anche a me ringraziare la dolce HikariKanna per aver recensito il capitolo quarto di questa storia!
Le autrici sono state contente che ti sia piaciuto come è
stato strutturatoil capitolo!
Iori: Credo non verrà mai
il giorno in cui Mimi arriverà puntuale a un
appuntamento, Kari89! Ma puntuale arriva la mia risposta alla tua recensione, che
ti riferisce che anche le autrici ti mandano un bacio e ti ringraziano perché
le segui!
Yamato: E infine occorre
ringraziare Memi che...
Koushiro: Scusa se mi intrometto Yamato ma, salvo che per la recensione al
secondo capitolo per la quale l’ho ringraziata io, stai ringraziando sempre tu
Memi, e sembra che...
Yamato:
Cosa, eh? Mica è colpa mia se affidano sempre a me l’incarico?
Koushiro:
Non ti sto affibbiando colpa alcuna, Yamato, solo...
Joe
e Iori: ...ammetti almeno che la cosa non ti dispiace!
Yamato:
Vostre ciance a parte, ci tengo a dire a Memi, sia da parte mia che da parte delle autrici, che non è un problema se
recensisce in ritardo, e Rory e Dedy ti ringraziano, cara, per i complimenti
che hai fatto loro! Ti mando un bacio e non ti anticipo nulla riguardo l’identità del personaggio che incontrerà Iori in questo
capitolo!
Koushiro:
Non credi di aver dimenticato di dire qualcosa, Yamato?
Yamato:
Non mi sembra... di cosa si tratterebbe?
Joe:
Chi è che le manda il bacio! Non hai aggiunto che è da parte di Rory e Dedy!
Yamato:
Forse perché non lo è? Uffa... quanto siete fiscali!
Iori:
Piantatela con queste sottigliezze, che nessuno vuole sentirle! È sicuramente
meglio lasciare tutti alla lettura del quinto capitolo!
Yamato,
Koushiro e Joe: In questo hai perfettamente ragione!
***
Capitolo
quinto: A Los Angeles
In fondo,
lui era felice nella sua attuale situazione.
Aveva una
moglie e un figlio che adorava, un lavoro soddisfacente, una vita sociale
brillante... non sapeva più cosa chiedere alla vita.
Forse, che
l’intervista con quel giornalista giapponese fosse stata fissata a un orario
più “umano”. Ma ormai occorreva sbrigarsi, non
recriminare.
Fece
un’abbondante colazione, nella cucina del suo lussuoso appartamento, assieme
alla moglie, Andy, ventiquattrenne dagli occhi azzurri, e alla figlia, Richelle, dai capelli neri come quelli della madre e con
dei bellissimi occhi castani ereditati dal padre.
La sposa
di Daisuke, nativa del Leone con ascendente in Bilancia, era un’importante
figura in campo internazionale, in quanto gestiva i rapporti economici degli
USA con il resto del Nord America, per conto di
un’organizzazione che stava celermente allargando la propria influenza nel
resto del mondo.
Richelle,
una dolce Cancro ascendente Gemelli, invece, era una bambina prodigio di
quattro anni, molto solare.
Quella si
poteva definire, senza margine d’errore, una famiglia felice.
Un po’
meno lo era Daisuke quando, guardando l’orologio a
muro posto sulla parete di fronte a lui, s’accorse che erano le sette e mezza.
Sbatté più volte, e ripetutamente, le palpebre ma, quando ebbe riaperto gli
occhi, le lancette erano sempre lì, non si erano spostate
neanche di un centimetro in senso contrario!!
Dannazione,
doveva sbrigarsi... l’intervista si sarebbe tenuta dall’altra parte della
città, e Los Angeles non era per nulla piccola!
Iori Hida
era giunto nel nuovo albergo la sera precedente: quella volta, aveva dovuto
cambiare solo la città e non lo Stato, quindi aveva potuto fare tutto con un
po’ di calma in più, approfittandone così per rilassarsi maggiormente. Adesso,
era pronto per intervistare il dirigente della più importante multinazionale
statunitense: Daisuke Motomiya.
Iori,
riflettendo sul nome di costui, si ritrovò a pensare che un nome che non fosse
giapponese in quell’incarico sembrava proprio una
richiesta utopica! E, malgrado tutto, avrebbe fatto
del suo meglio per adattarsi a quel futile dettaglio. In fondo, anche lui aveva
un nome giapponese ed abitava in Cina!
Nessuno sa
bene come, ma, forse per un miracolo del destino, Daisuke riuscì ad arrivare
puntuale all’appuntamento con il giornalista che avrebbe dovuto intervistarlo
quella mattina.
Sbrigate
tutte le pratiche di routine, Iori e Daisuke erano nell’ufficio di
quest’ultimo, pronti per cominciare l’intervista.
“Innanzitutto...” cominciò Iori, professionalmente “...mi
parli un po’ di lei, in modo da informare tutti i lettori su di Lei...”
Ovviamente,
il registratore era già stato avviato, come di consuetudine.
“Ma certo! Il mio nome completo è Daisuke Motomiya, nato in
Giappone e migrato qui in America a 18 anni, dopo il Liceo. Il mio sogno era di
vivere qui, conoscere una nuova cultura, una nuova lingua, ampliare i miei
orizzonti...” e mentre lo diceva, gli brillavano gli
occhi “...essere felice! E gli attriti dell’epoca con i miei genitori,
facilitarono il mio andarmene di casa.”
“Ti sei
mai pentito di questa scelta, magari dettata dall’impulsività di un
adolescente?”
“No,
mai... certo, talvolta mi mancano, e fortemente, tutti i miei affetti di Tokyo,
le amicizie di tanti anni, ma ciò che ho costruito qui, ovvero
una famiglia, mi ripaga di tutto, sebbene ogni tanto desideri fortemente
rivedere mia sorella, alla quale ero molto legato. Ma purtroppo ciò non è
possibile, soprattutto per via del lavoro di entrambi.”
Iori
annuiva periodicamente, per mostrare la sua attenzione alle rivelazioni
dell’importante dirigente, al quale poi domandò: “Visto che proprio Lei ha
introdotto il discorso professionale, ci dica...”
introdusse, intendendo anche tutti i futuri lettori “...come ha avuto luogo la
sua scalata al successo?”
“Ho
cominciato come tutti, da piccoli incarichi, puntando molto sulla mia
versatilità e sul mio desiderio di diventare qualcuno. Non avevo desiderio di
saltare le tappe, nient’affatto, ma di diventare importante meritando di
esserlo, e sperodi
esserci riuscito. Spetta agli altri dire se sono un buon dirigente oppure no.”
La
modestia non gli mancava, pensò Iori, e questa era già una dote a suo favore.
“E così,
passo dopo passo, la tanto attesa carriera è arrivata.
Con sua somma felicità, presumo. Ci dica, come è stato
il rapporto con i suoi colleghi, man mano che scalava tappe?”
“All’inizio
semplicissimo, in quanto all’arrivo delle prime promozioni era tutto normale, e
non nacquero subito invidie particolari. Ricordo poi che, arrivato a metà
strada del mio percorso, le cose cominciarono a complicarsi, poiché a certi
livelli sono molto diffusi favoritismi di ogni genere. Ma io sono felice del
mio passato, perché non ho mai approfittato di un ‘piacere’
che poteva farmi la persona utile del momento, in cambio di chissà cosa, ma ho
sempre lottato onestamente per diventare ciò che sono e di cui vado fiero.”
Daisuke
sospirò, un po’ per riprendere fiato, un po’ per far intendere al giornalista
che aveva di fronte di aver terminato di esporre
quella risposta.
Prontamente,
poi, arrivò la successiva domanda di Iori: “Quindi, è capace di riassumere in
poche parole il segreto del Suo successo?”
Daisuke
sorrise, e mentre accadeva si ritrovò a pensare che
aveva sorriso in un modo come non faceva da tanti anni, un sorriso genuino: “La
lealtà... qualcosa che ripaga sempre! Infatti, non avendo mai usato stratagemmi
per arrivare al successo, non ho nulla do cui pentirmi... e questa è una cosa bellissima.”
“Ora
vorrei soddisfare una delle curiosità che credo tormenterà la maggior parte dei
lettori. Quand’è arrivato qui, come se l’è cavata con
una lingua nuova, che è molto diversa dalla Sua?”
A quella
domanda, poi, gli occhi di Daisuke parvero brillare, e non era stata solo
un’impressione. Egli esclamò: “Oh, niente di più semplice! Io adoro l’inglese!
A parte le materie economiche in cui avevo una
buonissima media, era l’unica materia in cui eccellevo a scuola! Ora,
chiedendomelo da adulto, credo anche non fosse un molto per eccellere sui miei
compagni, tutt’altro! Io credo fortemente che il mio subconscio, già allora, avesse realizzando che, solo imparando una lingua
internazionale come l’inglese, avrei potuto andarmene di casa, non mettendoci
più piede. Con la forte passione che sviluppai per questa
lingua e la cultura anglo-americana, più le basi scolastiche, non mi fu
particolare difficile perfezionare la lingua, una volta giunto qui.
Anche perché io credevo, e ne sono fermamente convinto
tutt’ora, che tutte le imprese sono realizzabili, se si crede in esse
fermamente.”
“Come mai
ha deciso di lavorare proprio in questo settore?”
“Tutto
parte dalla mia passione per l’economia che mi ha spinto verso la scelta di una
scuola superiore specifica da frequentare a Tokyo. Poi, specializzandomi sempre
più con il passare degli anni e dei corsi di studio in questo settore, ho
acquisito le competenze basilari per poter entrare, tramite tanti concorsi che
ho fatto, in una piccola azienda statunitense. Non è stato difficile trovare
lavoro qui a Los Angeles, visto che ci abitavo già mentre
frequentavo l’università.” Daisuke s’interruppe, sembrava riflettesse sulle
proprie parole. Infatti, poco dopo disse: “Nel senso che, abitando già in
questa città, avevo già una situazione familiare stabile per cercare un
qualsiasi tipo di lavoro, senza troppo badare ai dettagli.”
Ancora non
sapeva se era riuscito a spiegarsi come voleva, fatto stava che non aveva più
altre parole per migliorare quel concetto, quindi desistette dall’intento,
sperando di non venir frainteso.
“Una volta
divenuto qualcuno, poi, s’è licenziato per mettersi in proprio. Come mai questa
scelta?”
“Mia
moglie, che ho conosciuto sul mio precedente posto di
lavoro, parla perfettamente italiano, giapponese, francese, tedesco, spagnolo,
arabo e cinese. (niente più? ndRory;
Ho una moglie colta, io! ^^ Colta e poliglotta! NdDaisuke;
Sei tu che mi hai creato così, autrice Rory! ^^ ndAndy Ehi, voi.. tornate nella storia >.< ndRory)
“Una volta
giunto ai vertici, come hai conciliato il lavoro con la vita privata?”
“Non è
stato molto difficile, considerato che mia moglie è dirigente a pari grado e a pari quote azionarie nell’impresa. A nostra figlia Richelle, poi, piace molto venire qui
in azienda. È anche una ragazzina tranquilla e responsabile, quindi è facile
tenerla qui senza che diventi irrequieta. Perciò, ecco da dove nasce la nostra
inesistenza di conflitto lavoro-famiglia.”
Daisuke
s’interruppe, e Iori ne rimase spiacevolmente sorpreso. Sembrava quasi che il
suo interlocutore non avesse piacere a parlare della propria vita privata:
infatti, alle domande al di fuori della sfera personale, aveva dato risposte
notevolmente più logorroiche.
Cercando
di sorvolare su quel dettaglio (non voleva certo psicanalizzare la vita privata
di Daisuke Motomiya o ficcanasarvi, anche perché, a dirla tutta, non gli
interessava neppure) passò a porgli l’ultima domanda, molto similare a quella
posta al calciatore Yagami. In quel momento, quando gli venne in mente
l’affabile Taichi, gli riaffiorò anche la promessa fattagli, ma Iori si rispose
che c’era tempo per pensare a quella... ora doveva parlare con Motomiya, il
quale, s’accorse Iori mentre gli lanciò una rapida
occhiata, stava aspettando l’ulteriore domanda.
“L’ultima
domanda che ho da porgli, Dottor Motomiya (che bello Daisuke chiamato così *-* Mi rende felice! ndRory) riguarda i consigli
che darebbe a chi vorrebbe seguire le sue orme. Ce n’è qualcuno in
particolare?”
“Più che
un consiglio, la mia è una linea-guida...!”
Nuovamente, il giovane si fermò un attimo per riflettere: “Ok, è un consiglio!”
riprese, esclamando ciò “E riguarda il comportamento da assumere con i propri
superiori quando si entra in un qualsiasi circolo vizioso di rapporto
subordinato. Per piacere ai propri superiori, occorre una buona dose d’umiltà,
perché a nessuno piacciono le persone troppo presuntuose, e neppure quelle che
non ascoltano mai i consigli. Nonostante ciò sia vero, però, ricordate sempre
che il servilismo non serve a nulla e a nessuno, quindi... non perdete, né
rinunciate mai alla vostra personalità! Chiaro, ragazzi?”
E fu con
questa domanda retorica che si chiuse la quinta intervista di Iori Hida, che venne cordialmente salutato da Daisuke Motomiya, e che
ovviamente ricambiò con tutta l’affabilità di cui era capace.
Il giovane
giornalista sapeva di non dover far ritorno al proprio albergo: quella mattina
stessa, infatti, aveva il volo per l’Italia, che gli avrebbe fatto perdere un intera giornata solo per il viaggio... l’avrebbe fatto
presente al suo capo, quando sarebbe tornato, possibilmente vivo e integro, in Cina.
Sull’aereo,
pensò che avrebbe fatto meglio ad addormentarsi, se sperava di essere in forma
per la successiva intervista che gli spettava svolgere.
Non vedeva
l’ora che quell’incarico giungesse
alla propria conclusione, ma non poteva negare d’aver trovato simpatico
Daisuke.
Nove ore di volo stancherebbero chiunque, pensò Iori scendendo
dall’aereo, mentre poggiava piede su suolo milanese
Un viaggio per
conoscersi
Daisuke: Dopo tutti i
complimenti che mi ha fatto, come non potrei essere io a ringraziare PadmeUndomiel?
Grazie di cuore anche per quelli che hai fatto alle autrici... continua a
seguirci!
Hikari: Ma come, io faccio tanto
per non sposare Daisuke e poi la cara HikariKanna, che sostiene di somigliarmi, vuole essere sua
moglie? XD Sono contenta in ogni caso che ti piaccia in questa versione, e lo
sono anche le autrici, che ti ringraziano per i complimenti!
Ken: Ringrazio io Kari89 che adora considerare il mio
migliore amico un mattacchione! Dunque... sono contento in prima persona che
l’intervista ti sia piaciuta, ma sono qui per riferirti che ovviamente lo sono
anche le autrici! E ora è giunto il momento di lasciarvi alla lettura del sesto
capitolo.
***
Capitolo sesto: A
Milano
Nove ore
di volo stancherebbero chiunque, pensò Iori scendendo
dall’aereo, mentre poggiava piede su suolo milanese. Avrebbe dovuto
intervistare un cantante di nome Yamato Ishida, ma la cosa non lo entusiasmava
neanche un po’. Era stufo di quell’incarico, e non vedeva l’ora di tornare in
Cina, per sbattere tutte le intervista in faccia al suo principale. Riflettendo
sulle proprie intenzioni, giudicò decisamente più appropriato provare a
ridimensionare i modi, onde evitare un licenziamento senza possibilità di
replica.
Mentre la
sua mente progettava un ipotetico approccio con il fantomatico Yamato, Iori viaggiava a bordo di un taxi che lo avrebbe portato
presso il suo nuovo albergo.
Non aveva
nessun motivo per sospettare l’inferno che lo attendeva...
Un ragazzo
dai capelli biondi e gli occhi azzurri aspettava pazientemente la propria
valigia dopo un viaggio internazionale, quando fu raggiunto in quell’aeroporto
da una persona che conosceva bene. I due attesero ancora pochi istanti, prima
di vedere la lussuosa valigia nera ed elegante del minore dei due.
Avevano
pochi giorni per stare insieme, ma se li sarebbero goduti fino in fondo...
***
Alessandra
sbadigliò rumorosamente prima di abbandonare il proprio letto. Aveva passato la
notte dal ragazzo e ora non aveva più sonno, ma svegliarlo a quell’ora, se
teneva conto che s’erano addormentati poche ore prima, era una pessima idea.
Svegliare Yamato Ishida alle sei del mattino significava incorrere nelle sue
ire, senza possibilità di sfuggirgli.
Pertanto
decise di uscire dalla camera da letto, diretta in cucina.
Nel
corridoio, s’imbatté in Takeru Takaishi, anche lui probabilmente alle prese con
l’insonnia.
Oh, era
bella Alessandra, con i suoi occhi verdi, i capelli biondi, il fisico perfetto,
le labbra carnose... che quella mattina furono sfiorate da quelle del biondo
cestista...
– Stavi
andando anche tu in cucina? – chiese lei, allontanandosi.
Per
rispetto al suo ragazzo o per paura di essere scoperta?
– Sì... –
annuì Takeru, contrariato a quel distacco.
***
Erano le
nove, IoriHida era diretto
a casa Ishida, ignaro del pericolo che di lì a poco avrebbe corso.
Completamente all’oscuro dell’identità di colui che avrebbe rivisto in quella casa.
In realtà, lui non conoscendo la parentela tra Yamato e Takeru, non poteva
neppure immaginare la presenza di quest’ultimo a casa della persona che doveva
intervistare.
Nella sua
mente già s’erano delineate alcune delle domande che avrebbe voluto porre al
cantante, quando un viso fin troppo noto gli aprì la porta.
Silenzio.
No, non
poteva essere successo.
Non aveva
visto bene.
Non era
possibile.
Non ci
credeva.
Non a
quello.
Non a lui.
Non lì.
Quello,
non poteva essere Takeru Takaishi.
No.
IoriHida sbatté ripetutamente le palpebre, per costatare di
stare sognando.
Ma
quell’uomo non scomparve.
Takeru
rimase lì di fronte a lui.
Era un
incubo che s’avverava.
Takeru
Takaishi era di fronte a lui.
Iori,
Takeru e Yamato erano riuniti nel soggiorno di casa di quest’ultimo, mentre
Alessandra preparava qualcosa da offrire all’ospite e nel frattempo ripensava
al contatto di tre ore prima...
Le labbra
di Takeru sulle sue...
Se lo
avesse saputo il suo ragazzo, l’avrebbe sicuramente rispedita dove l’aveva
conosciuta.
Era meglio
stendere un velo pietoso sulla faccenda, e andare a chiedere all’ospite quanto
zucchero gradisse nel caffè.
Dopo poco,
i suoi passi risuonavano nel corridoio, mentre le voci dei tre conversanti le
giungevano nitide in ogni sfumatura.
– Quando arrivai
qui dal Giappone – stava dicendo Yamato – conobbi una ragazza che mi ha aiutato
a inserirmi nel mondo della musica. Suo padre aveva, e ha tuttora, una casa
discografica, e tutto ciò che ho dovuto fare, è stato corteggiarla un po’.
Adesso lei è ai miei piedi, una serva perfetta, ed io ho la strada spianata
davanti a me. –
Non
credeva alle sue orecchie: quello che aveva appena udito non poteva essere
vero.
A quella
risposta, il giornalista si munì di carta e penna e attivò l’ormai celebre
registratore.
–
Innanzitutto, signor Ishida, può spiegare ai gentili lettori come è giunto qui
in Italia? –
– Oh, per
puro caso. Mia madre ha una sorella a Parigi e, molti anni or sono, mio fratello
Takeru si trasferì da lei. Dopo qualche anno, quando abitavo ancora a Tokyo,
decisi di andare a trovarli, perché desideravo fortemente vederli. Durante il
mio soggiorno nella capitale francese, organizzammo un viaggio qui a Milano,
dove conobbi Alessandra. Non ci volle molto perché realizzai quanto mi avrebbe
fruttato frequentarla. –
La mano
rapida di Takeru era riuscita a interrompere la registrazione appena in tempo
perché fosse omessa l’ultima frase del fratello.
–
Deficiente! – lo apostrofò – Sai quanta gente sta aspettando una tua frase
sbagliata per screditarti?!? Idiota! –
– Possiamo
continuare? – chiese cortesemente il signor Hida.
– Sì, mi
scusi. – si ricompose Yamato.
– Credo
proprio sia il caso di rifare l’intervista. Le sue precedenti dichiarazioni,
forse, potrebbero essere facilmente equivocate, e la sua fama potrebbe
risentirne. – spiegò pacatamente il giornalista, mostrandosi veramente
disponibile, e stupendo Takeru.
L’uomo
fece ripartire il registratore e afferrò un foglio bianco, prima di
ricominciare.
La prima
domanda fu: – Signor Ishida, Lei riscuote una notevole fama in molti Paesi,
anche grazie al Suo cantare in tre lingue. Vuole spiegare, cortesemente, come
si è trovato dal Giappone all’Italia e come mai canta in francese? –
– Certo.
Sono di origini franco-giapponesi, essendo nato da madre francese e padre
giapponese. Anni fa mia madre è ritornata in Francia, e io e mio fratello
decidemmo di seguirla. Fu durante il nostro soggiorno a Parigi che organizzammo
un viaggio qui a Milano. Dovevamo fermarci soltanto un paio di settimane, ma a
me questa città piacque talmente tanto che decisi di restarci. – fece una breve
pausa – All’epoca covavo un forte desiderio di emergere e mi accorsi che
l’unico modo per accelerare i tempi, per farsi conoscere più facilmente nelle
varie parti del mondo, era quello di cantare in diverse lingue. Credo sia
naturale che la maggior parte della gente preferisca ascoltare le canzoni nella
propria lingua. Dopo qualche anno, introdussi anche l’inglese, e così le lingue
divennero quattro. Tuttavia, quest’ultima, è la lingua che uso di meno nelle
mie canzoni, ma non c’è un motivo particolare. –
Iori
annuì, prima di chiedere: – In via informale, mi ha detto che la sua ragazza
l’ha aiutata ad affermarsi. Può spiegare brevemente come ciò è avvenuto? –
– Conobbi
Alessandra, la mia ragazza, poco tempo dopo il mio arrivo in Italia. In quel
periodo, per cominciare a guadagnare, mi esibivo nei locali, e fu li che la
conobbi. Il padre produttore discografico decise di puntare su di me,
offrendomi la possibilità di cominciare la mia carriera, che mi ha portato a
essere quello che sono. –
“È
incredibile come sia riuscito a rigirare il discorso a proprio piacimento.”
pensarono contemporaneamente Alessandra, Takeru e Iori,
e immediatamente quest’ultimo pose la domanda successiva: – Lei crede in quello
che fa, oppure è vero il luogo comune che vede tutti i cantanti stancarsi del
proprio lavoro? –
– Da
sempre io credo che chi intraprende la mia professione lo faccia perché nutra
stimoli e passione per questo lavoro. Il semplice possesso di questi due
requisiti non permette di stancarsi. Personalmente, io credo fortemente in ciò
che faccio. –
Ricavare
dell’altro da quell’intervista per Alessandra sembrava impossibile, perciò
decise che sarebbe stato meglio recarsi a preparare un altro caffè, giacché il
precedente si era raffreddato.
– Se
adesso dovesse dichiararsi insoddisfatto di qualcosa, cosa mi direbbe? –
– Di
essere insoddisfatto della mia vita sentimentale. –
Meno male
che Alessandra non l’aveva udito.
– Signor
Ishida, io non ho altro da chiederle, se non pregarla di fornire ai gentili
lettori qualche curiosità sulla sua vita, a suo piacimento. –
– Beh,
potremmo cominciare col dire che sono nato il 7 gennaio a Tokyo, ho conseguito
la maturità classica qui in Italia, considerato che ci sono arrivato a 17 anni.
In tutti questi anni mi sono appassionato al calcio italiano, tuttavia non ho
una squadra che particolarmente mi sta a cuore. Simpatizzo per il Milan, ma
d'altronde non sarebbe potuto essere altrimenti, giacché vivo in questa città.
Oltre quella per la musica, ho la passione per le moto, ma adesso non so
davvero cos’altro aggiungere. –
Fu così
che si chiuse l’intervista, e poco dopo Iori lasciò
quell’appartamento, con la mente già all’intervista successiva.
Intanto, a
casa Ishida si stava consumando una tragedia.
– Sei il
più grande bastardo che io abbia mai conosciuto! – stava urlando Alessandra
contro Yamato.
– E perché
mai? – chiese lui, non capendo a cosa si riferisse. Effettivamente, lui non
sapeva che lei avesse origliato una parte delle sue dichiarazioni.
– E così
io per te sarei stata solo uno strumento per arrivare al successo, eh? Ma sai
che ti dico, stronzo? Il tuo successo te lo puoi continuare ad accudire in
solitudine, perché tu in questa casa non mi vedrai mai più, giacché amo tuo
fratello! –
Yamato non
credeva a ciò che le sue orecchie avevano udito: Alessandra aveva conosciuto
Takeru solamente la sera prima e già diceva di... amarlo? Ridicolo!
– E
dimmi... – decise di giocare la carta dello scherno – ...sei anche ricambiata?
–
– È stato
lui a baciarmi, stamattina... idiota! –
Forse era
quella l’unica frase che Alessandra, per il bene di Takeru non avrebbe mai
dovuto dire. Yamato, ferito nell’orgoglio, disse imperativo: – Fuori da questa
casa... entrambi... –
***
– Ma tu
già conoscevi quel giornalista? – fu la domanda che Alessandra pose a Takeru,
mentre i due si recavano, valige nel bagagliaio, a casa di lei.
– Mi intervistò
qualche giorno fa a Nantes... credo stia facendo qualcosa per il suo giornale
in giro per il mondo... –
L’espressione
di Alessandra fu eloquente: – Tu... che ti lasci intervistare? – rise – Non ci
credo neanche se lo vedo. – aggiunse poi, seria.
– Infatti
mi sono preso gioco di lui, lasciandogli semplicemente un misero fogliettino su cui gli parlavo di me. –
– Sei il
solito deficiente... –
– Ehi tu!
Mi conosci solo da mezza giornata e già ti permetti di darmi del deficiente? –
– Che io
ti conosca da mezza giornata è pura fantasia. Ti amo da sempre... seguo tutte
le tue partite... –
– La devo
prendere per una dichiarazione? – chiese lui con tono di scherno.
– Che cosa
devo fare per dimostrarti quanto ti amo?! –
– Secondo
te, cosa voglio? –
– Pervertito!
–
E mentre
quei due si scannavano affettuosamente, l’aereo per Bristol era decollato.