Confidenze di un prestigiatore

di Fairfoul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Seren ***
Capitolo 2: *** Ricerche varie ***



Capitolo 1
*** Seren ***


Oggi è il primo giorno che passo a casa da…  E chi se lo ricorda? Diciamo che è il primo giorno da quando sono stato dimesso dall’ospedale delle Molinette, in cui sono entrato, a giudicare dal referto medico, circa due settimane fa.
Il dottore mi ha consigliato di buttare giù tutto quello che mi passa per la testa, così almeno posso tenere traccia di quel che mi succede, casomai dovessi nuovamente perdere la memoria.
Speriamo che non accada, in ogni caso.
A vedermi così non devo avere più di una ventina d’anni. In ogni caso, meno di trenta. Ovviamente, nessun documento che possa farmi capire chi diavolo sono. Nulla di interessante in tasca, al di fuori di quel che mi hanno trovato in mano quelli del pronto soccorso quando, a detta loro “sono apparso per magia nella sala d’aspetto”,  sdraiato per terra, raggomitolato su me stesso, che mi agitavo, piangevo e sbavavo. In mano stringevo una moneta di latta colorata azzurra e una carta da gioco con degli angeli sul dorso e la faccia bianca.
Dopo il ricovero e dopo che ebbero verificato che non avevo nulla che non andasse, a parte il fatto che non sapevo chi ero né come ero arrivato fino al pronto soccorso, mi hanno trattenuto per qualche giorno per vedere se qualcuno si sarebbe fatto avanti per reclamare il sottoscritto.
Le infermiere del reparto mi hanno anche trovato un nome. Quando non mi sentivo osservato, sicuramente a livello inconscio, visto quanto vi ho scritto fino ad ora, fischiettavo un motivetto che, mi hanno detto, è una canzone che si chiama “Alegria”, usata dal Cirque du Soleil per un loro spettacolo.
Potete immaginarvi i dottori!
Subito a farmi vedere tonnellate di video, compreso quello della canzone, nella speranza che si accendesse una scintilla nella mia mente devastata!
Risultato?
Nulla.
A parte il fatto che del circense non ho nemmeno la punta delle dita – che sono corte e tozze, per la cronaca – ma poi, sarei stato buono al massimo per fare il clown. Sono poco più alto del frigorifero, ho i capelli neri e crespi, un ghigno in quietante, gli occhietti neri e un accenno di pancetta. Per fortuna la voce è piacevole da sentire. Bello come sono, recitare non se ne parla. Magari sfondo come doppiatore.
Magari ero un doppiatore…
Ma torniamo al nome. Andate su youtube. Cercate Alegria. Beh, dopo la “ruggente pena” la cantante dice qualcosa… E quello è diventato il mio nome. “Seren”.
Che fosse quel che veramente diceva la cantante, poco importa. Questo avevano capito le infermiere e questo è diventato il mio nome. Tanto, così mi hanno detto per giustificarlo, il nome confuso rifletteva perfettamente la condizione in cui mi trovavo.
Carine, ne convenite?
In attesa che torni quello vero…
Avete presente quei tipi strambi che girano per gli ospedali vestiti da infermieri pagliaccio? Due giorni fa, mentre tornavo dal bar verso la mia camera, ne ho incrociato uno… O dovrei dire che l’ho traumatizzato.
Poveretto, stava giocherellando con un mazzo di carte, ma quando le ho viste, gli sono corso incontro, ne ho afferrata una, osservando, con occhi che credo fossero furiosi, il dorso rosso. Il disegno era decisamente più moderno, ma anche su quella c’erano degli angeli!
<> ho sussurrato sconvolto.
Quello, probabilmente più spaesato di me, mi dice con voce tremolante:
<>
Un sorriso si è poi disegnato sul mio viso, mentre restituivo la carta al clown, che deve avermi osservato a lungo mentre facevo ritorno alla mia stanza.
Pazzesco! Io un mago!
Con le manine che mi ritrovo!
Mi piacevano i maghi da piccolo… Assurdo che questo ricordo mi arrivi così nitido, ma mai avrei pensato che io lo sarei poi diventato!
In ogni caso, non mi ricordo un accidente di gioco, quindi è stata una gioia di breve durata.
Le stranezze però non erano ancora finite, per quel giorno.
Tornato in camera, come è prevedibile, prendo tra le mani quella carta bianca, con il dorso decorato da angeli normali – quelli della carta del clown erano in bicicletta! Mentre ero lì a studiarmela, per cercare di capire come mai, probabilmente con un intero mazzo a disposizione, io abbia deciso di tenermi proprio una carta fallata, ecco che l’infermiera arriva con un pacco voluminoso e una faccia stupita.
<>
E questo se ci pensate è strano.
Intanto, si trattava di qualcuno che sapeva che io ero qui; in secondo luogo, quel qualcuno sapeva che io ero io! Non so se cogliete…
Ma nessuno pareva essersene accorto.
Se l’infermiera stava morendo dalla curiosità, per me quel pacco era letteralmente tutto.
Ho squarciato il nastro adesivo con le mani, sforzandomi di non farlo con i denti, tanta era l’ansia e la trepidazione.
Credo di aver allontanato con uno schiaffo le mani dell’infermiera.
Sapete com’è… Se in quella scatola c’erano cose che erano appartenute a me, in qualche modo si trattava del mio passato; meglio: della mia memoria! E non mi andava di essere “scoperto” prima che fossi stato io a farlo.
Ho preso la scatola e l’ho ribaltata sul letto – con buona pace di eventuali oggetti fragili, ma per fortuna non ce n’erano – e subito ne sono volate fuori delle cartelline trasparenti, delle chiavi e, udite udite, un portafoglio!
E così, nel giro di due respiri, ho scoperto che Seren in realtà è Adriano Levercuno, nato a Neive, in provincia di Cuneo, residente in Corso Galileo Ferraris, a Torino, con un conto in banca di tutto rispetto e con un onestissimo ammontare di denaro nel portafoglio. Nessuna notizia della mia famiglia, ma… Santo Cielo! C’è internet, no? Sarà questione di attimi prima che io riesca a risalire alle mie origini.
C’era poi il fattore lavoro da mettere in chiaro.
Da dove arrivavano tutti quei soldi se, a quanto pareva, vivevo da solo e dei miei genitori non c’era traccia?
Questi erano i miei pensieri mentre io varcavo la soglia dell’ospedale e salivo sul taxi che mi avrebbe portato a casa. Passavo in rassegna ogni risposta, anche le più assurde, ma nessuna sembrava avere un senso logico con la mia situazione. C’era sempre una parte in cui mi dicevo: “ma allora come è possibile che…?” E le possibili vie che la mia vita poteva aver preso vorticavano davanti agli occhi della mente, come il gettone azzurro con cui giocherellavo.
Una volta davanti al portone, mettendo le mani in tasca, e, come nei peggiori film, dalla tasca in cui tenevo le chiavi casca un foglio di carta.
Anzi, “la” carta.
Gli angeli sul dorso rosso e la faccia bianc…
Mi sono appoggiato alla porta mentre il respiro si faceva irregolare e la vista minacciava di andarsene.
Credo che ci si senta così quando si sta per svenire.
E vorrei vedere voi se sulla faccia che credevate bianca ci trovaste scritto qualcosa…
E se quel qualcosa fosse “Adriano non esiste”.

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Capitolo 2
*** Ricerche varie ***


Chiedo scusa per l’assenza, ma in questi giorni ho dovuto rimettermi in pari con la vita sociale. Ho fatto delle ricerche e pare che i soldi, la casa e tutto quel che c’è dentro, appartengano a questo tale Adriano Levercuno e tutti, a quanto pare, sono convinti che sia proprio io. Non solo: devo essere anche abbastanza conosciuto, perché, quando sono entrato in banca, il tizio allo sportello mi ha salutato con trasporto e chiamandomi per nome, come un barista saluta un avventore abituario. Pazzesco! Che razza di vita conducevo prima? In ogni caso, doveva essere una vita piacevole. La casa è bellissima: 180 metri quadri di loft arredato con oggetti di design che penso potrebbero tranquillamente sfamare, individualmente, villaggi africani interi. Tencnologia? Ovviamente di ultima generazione! Televisori da parete che quasi non basta a contenerli, un tablet e un computer che pare un’astronave. Tanta bella roba, eppure ho passato settimane a cercarmi sui social network e su internet ma non ho trovato un bel nulla. Mi sembra veramente idiota il fatto che io abbia una specie di astronave in casa e poi non usi i social network. Che razza di nerd figlio di papà ero? Sicuramente ero un burlone, perché altrimenti che senso avrebbe la porta di legno massiccio che si apre direttamente sul muro? Probabilmente mi divertivo così quando invitavo a casa qualcuno… E qui sorge l’altro problema. Questa casa trabocca di cose costose, ma non c’è una maledettissima rubrica telefonica e visto che l’unico ritrovato tecnologico veramente utile – il telefono – non è pervenuto, sono letteralmente solo al mondo. Dovrò aspettare che qualche mio amico – ammesso che ne avessi – si stupisca della mia assenza, la smetta di cercarmi ossessivamente a un telefono che non posseggo – più? – e si decida a venire a farmi visita. Forse così potrei mettere insieme qualche brandello della mia vita passata… Anche la questione famiglia è a dir poco spinosa: o uso la stessa tattica passiva che dovrei impiegare con gli amici, o mi metto io in movimento e mi vado a cercare a Neive quel che rimane del mio albero genealogico. Ma è strano… Ogni volta che mi riprometto di andare, poi qualcosa me lo fa uscire di mente e me ne ricordo solo la notte. Ah, la notte. Altro momento idilliaco. Nel letto a cinquantasei piazze che mi ritrovo, mi giro e mi rigiro in preda a assurdi incubi che quando mi sveglio scompaiono prontamente dalla mia memoria, lasciandomi spossato, sudato e confuso. Perdo ore di sonno a lambiccarmi il cervello sul mio passato inesistente e a fare ipotesi che si rivelano comunque inutili, perché non possono essere dimostrate. E poi c’è quella carta. Quella maledetta carta con gli angeli che ora è tornata bianca. Eppure, non credo di essere pazzo al punto da avere anche le allucinazioni. Ho visto, e sarei disposto a giurarlo sui miei cari, ammesso che ne abbia ancora in vita, la scritta su quella carta. Però, se veramente ho visto quel che ho visto, io chi sono veramente? Ora: qualcuno può dirmi come potrei dormire con questi pensieri che mi rotolano nella mente? Quella carta continua a ossessionarmi. Passo giornate intere a osservarla, sprofondato in poltrone dall’aspetto futuristico, nella speranza che appaia nuovamente quella scritta. Osservo il gettone blu fino a perdere la vista. Ormai lo conosco a memoria. Ogni imperfezione, ogni riga, ogni screpolatura nella vernice metallica che copre la latta di cui è fatto. Nulla di nulla. Ah, c’è un’altra cosa: ve la ricordate la storia del clown da corsia? Quella delle carte che usano i maghi e che quindi, di conseguenza, io sarei un mago? Penso che quest’ultima parte non sia vera. Altrimenti, avrei almeno uno straccio di libro di magia, o qualche scatola con trucchi magici di plastica. Ancora una volta, nulla. Ma questa carta devo pur averla presa da qualche parte. Qualcuno me la deve avere data. E se io non sono un mago, ammesso che non l’abbia trovata in un viaggio in America, nel qual caso si rivelerebbe perfettamente inutile, allora è un mago che me la deve avere data. Ho girato non so quante tabaccherie chiedendo se vendevano carte con il dorso come quella, ma ho solo trovato le care vecchie Modiano plastificate e le Dal Negro, con i dorsi rossi e blu pieni di ghirigori e arabeschi. Dunque, se i comuni venditori di carte non hanno quelle di produzione americana, allora bisogna importarle e se così è, dubito che un giocatore qualsiasi si prenda la briga di farlo, o quanto meno di cercare proprio quelle, se può prendere quelle “normali” nel negozio sotto casa. A meno che non abbia bisogno proprio di quelle carte. Dai video che ho visto su you tube, tutti i giochi di magia, o anche i tutorial, sono fatti con carte come quelle del clown, salvo rare eccezioni. Tutto questo non fa che confermare la mia tesi: questa carta me l’ha data un mago. Questi sono i ragionamenti che mi hanno tenuto compagnia in queste settimane. Ho appena concluso una ricerca su internet, al termine della quale ho scoperto che i prestigiatori sono riuniti in circoli – non dissimili da quelli del golf o della scherma, solo che lì si parla di palline e spade con intenzioni del tutto diverse – sparpagliati per tutta Italia. Ne ho trovato anche uno a Torino, che mi pare che sia abbastanza famoso, a quanto dicono. Con il mio solito tempismo, sono riuscito a terminare le mie ricerche esattamente il mattino dopo il giorno in cui i soci di questo circolo si riuniscono. Mi toccherà aspettare una settimana, poiché gli altri giorni sono dedicati alle lezioni, a quanto dice internet, poi andrò lì e finalmente cercherò di capire se qualcuno sa qualcosa di questa maledetta carta… Oppure, ma sarebbe veramente sperare in un miracolo, incontrare qualcuno che mi riconosca e mi possa dire chi io sia veramente. Seguiranno aggiornamenti.

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