Un giorno per caso

di ADDICT
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sorrisi ***
Capitolo 2: *** Incontri ***
Capitolo 3: *** Web ***
Capitolo 4: *** Autografi ***
Capitolo 5: *** Corsa ***
Capitolo 6: *** Camera ***
Capitolo 7: *** Appuntamento ***



Capitolo 1
*** Sorrisi ***


Sono diretta all’Università. Sto studiando Fashion Styling in un istituto prestigioso che si trova in centro. Come al solito, sono in un fottuto ritardo. Ho lezione alle 8 e 30, ho messo la sveglia alle sette perché ci metto un’ora per arrivare da casa con il tram. Ma, sempre come al solito, non ho sentito la sveglia. O meglio sono certa di aver sentito la voce sensuale e  profonda di Michael Bublè che mi destava dal mio sonno ma sono ancora più certa di aver posticipato la sveglia di 10 minuti dopo aver aperto un solo occhio e aver cercato a tentoni il cellulare. E sono ancora più sicura di aver posticipato la sveglia almeno altre tre volte. Perfetto. Sono le otto meno un quarto.
E io sono in ritardo. Esco di casa di corsa, e corro alla fermata del tram con una brioche in bocca, la borsa a tracolla che vola da tutte le parti, la giacca appoggiata ad un braccio che sembra intenzionata a lavare tutta la via dove abito, le cuffie dell’ipod che ballano dal mio collo, i capelli disordinati ricadono sulle spalle. Comincio a correre e per poco non perdo una scarpa che nel frattempo ha deciso momentaneamente di slacciarsi.
Corro per la piazza dove al suo centro c’è la fermata del tram. E proprio lì un tram giallo con le porte aperte sembra appena essersi fermato. Arrancando corro più forte che posso, sembro una pazza.
Ho il fiatone, mi sto strozzando con il mio cornetto alla marmellata, sto perdendo le mie cose per strada e come se non bastasse mi si è rotta una cuffia. Perfetto. Come iniziare bene una giornata.
Mi lancio letteralmente dentro al tram, e finisco con lo scontrarmi con un signore anziano che non perde tempo e comincia ad imprecare sottovoce. Alzo gli occhi al cielo, mi scuso e cerco un posto a sedere.
Ovviamene sono così fortunata che non ce ne è nemmeno uno. Mi pare ovvio. Insomma, è giò tanto che io sia riuscita a non perdere questo tram.
Mi faccio largo tra i passeggeri. C’è un odore terribilmente pesante, e lo noto solo ora. Mi chiedo chi sano di mente alle otto del mattino si metterebbe a mangiare kebap. Bleah.
Una signora filippina si alza proprio davanti a me e ignorando i borbotti di alcune signore mi scaravento sul posto a sedere. Ci manca poco che non dico anche un “aaaah finalmente”.
Cerco il mio amato iPod e guardo con rammarico la mia amata cuffia, morta. Ora penzolante dal collo ce ne è solo una perché l’altra rotta, casca almeno fino all’ombelico. Perfetto, sono in lutto. Cerco di aggiustarla rimettendola al proprio posto  e vedo se funziona ugualmente, e con mia fortuna, appena digito play, le note di Ed Sheeran riempiono le mie orecchie.
Cuffia, non mi hai abbandonata! Che tu sia benedetta!
Sorrido tra me e me, e poi chiudo gli occhi. Devo avere un aspetto terribile, perché la signora cinquantenne seduta affianco a me comincia a fissarmi. Che nervoso. Apro un solo occhio a fessura e lo richiudo. E cerco di non pensarci. Insomma, la finirà prima o poi. Dieci minuti dopo, li riapro e noto a malincuore che la signora non demorde. Ancora  un attimo e le avrei chiesto quale diamine di problema avesse. Insomma, è vero. I miei capelli erano uno schifo, tutti disordinati. Il mio trucco più che a una ragazza semplice dagli occhi azzurri che volevo essere probabilmente somigliava più a quello di Amy Winehouse. Avevo messo vesiti a caso, i primi che avevo trovato in camera: un paio di pantaloni beige larghi a cui avevo risvoltato i bordi all’altezza delle caviglie, una maglietta a righe grigia e bianca, delle superga bianche, e una felpa grigia con cappuccio.
Nel complesso, dato trucco e parrucco, devo dare più l’impressione di essere Edward Mani di Forbice. Ma poco importa, devo scendere. La mia fermata: Duomo, Cordusio.
Ok, sono puntuale. Mi mancano venti minuti alla lezione e ci metto un quarto d’ora a passo svelto ad arrivare in classe per le otto e mezza. Passerò per Piazza Duomo, a quell’ora del mattino è una meraviglia. Non c’è nessuno. Solo piccioni. E mi fermerò di sicuro a prendere un caffè a qualche baracchino, ne ho bisogno o credo mi riaddormenterei sul marciapiede seduta stante.
Cammino svelta, inspirando aria pulita a pieni polmoni. Sto attraversando la piazza, un passo dopo l’altro. Alzo lo sguardo e non posso che fare una smorfia: un ragazzo con i capelli scuri e una cresta da gallo sta facendo amicizia con alcuni pennuti grigi: i piccioni, e ha uno sguardo compassionevole pronto ad accoglierli sulle sue braccia muscolose, ora tese come a fare dei trespoli. Che schifo.
Guardo bene il ragazzo. E’ carino. Peccato sia stupido. Mi sembra di averlo già visto da qualche parte. Non ne sono certa ma forse bazzica nel mio quartiere. Non riesco proprio a focalizzarlo, forse perché mi mancano gli occhiali, o forse dato il mio trucco decisamente troppo poco efficace di quella mattina.
Ho proprio necessità di un caffè o in università ci arriverò strisciando sui gomiti.
Scuoto la testa alla vista del ragazzo moro e proseguo in direzione del mio amato baracchino, e sorrido nel vedere le caldarroste e il cocco fresco appoggiati vicino. Due elementi di stagione, insomma. Si sposano che è una delizia. Non ci credo. Non c’è nessuno in giro eppure al MIO baracchino c’è coda. Un ragazzo un po’ più alto di me con i capelli castani disordinati sta ordinando un gelato. Non riesco a vederlo in faccia ma poco importa: deve muoversi o io non prenderò il mio caffè, arriverò tardi a lezione, mi addormenterò sul banco, verrò bocciata all’esame, e mi troverò fra qualche anno a gestire un lurido locale sulle autostrade con tanto di divisa rossa e cappellino da idiota con stampato il mio nome sopra.
Tutto se lui non si muove. Passano i minuti e noto che il ragazzo ha delle difficoltà a parlare italiano. Probabilmente è straniero. O idiota. Vada per la seconda.
- Non capisco, quanti soldi pagato?- chiede al venditore ambulante.
- Sono due euro,amico – spiega l’altro.
Mi piacerebbe dargli un calcione del sedere, urlargli che la sua lentezza è straziante ma appena vedo che il ragazzo tira fuori il portafoglio dalla tasca posteriore dei pantaloni non posso che rimanere in fissa su due cose: primo, il suo sedere, non è proprio niente male. Pervertita!
Secondo: il mio sguardo è catturato dalle sue mani. Sono sempre stata fissata con le mani. E le sue sono proprio stupende.
Ottimo, sono in fissa.
Per togliermi dalla testa le sue mani grandi, sbuffo rumorosamente. Lui si volta di scatto e mi guarda negli occhi, a pochi centimetri da me e mi sorride. Posso morire, il ragazzo in questione ha pure un sorriso fantastico. Apro la bocca ma non emetto alcun suono e continuo a fissarlo negli occhi, sbattendo le palpebre impercettibilmente.
Santo cielo, Sofia. Riprenditi. Ora!

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Capitolo 2
*** Incontri ***


Porto una mano chiusa a pugno sulla mia bocca e mi schiarisco la voce, distolgo lo sguardo e lo punto a terra. I miei piedi sembrano essere improvvisamente interessanti. Con la coda dell’occhio noto che il ragazzo continua a sorridermi divertito. Probabilmente sta ridendo dei miei capelli disordinati. Oppure deve aver notato che le mie guance sono diventate color porpora.
- Scusa, hai finito? Sono in ritardo- sbotto dopo qualche secondo, sempre guardando le mie superga.
- Scusa ma non ti capisco - mi risponde lui. La sua voce. Mi sembra di riconoscerla. Impossibile, non ho mai visto questo ragazzo in vita mia. Ma ha una voce così dolce. C’è qualcosa che non va in questo ragazzo? Possibile che sia così maledettamente sorridente sempre? La deve smettere, comincia a darmi sui nervi. Sto ancora pensando al suo sorriso dai denti smaglianti quando mi accorgo di non avergli risposto. In effetti mi accorgo solo ora che mi ha parlato in inglese.
Maledetto il suo sorriso. Mi sta impnotizzando.
Per quel poco che so di inglese decido di applicarmi e gli rispondo nella sua lingua:
-Oh, ok. Scusa. Ecco, sono solo in ritardo e mi chiedevo se  avessi finito. Sai com’è…- lo guardo, sembra sorpreso e sgrana gli occhi, ovviamente non dimenticandosi di sorridere con un lato della bocca.
-Parli un po’ di inglese vedo! Magari ci puoi aiutare. – dice.
Ci? Ma ha manie di protagonismo e parla di lui al plurale? Oppure è talmente stupido da non conoscere nemmeno la propria lingua. Lo guardo inarcando le sopracciglia, continuando a non capire.
Mi sta di nuovo fissando e la cosa mi sta mandando in confusione. Abbasso ancora lo sguardo e lo fisso sui suoi piedi: ha le superga bianche anche lui. Mi scappa un ridolino.
-Belle scarpe- non resisto dal dirgli.
Lui guarda le sue scarpe, poi le mie e scoppia a ridere.
Sempre ridendo, mi fa una sottospecie di radiografia con gli occhi e sbotta:
-Bei pantaloni! – noto con piacere che abbiamo entrambi i pantaloni beige uguali. Ma la cosa divertente è che anche lui ha una maglietta a righe, non bianca e grigia ma rossa e blu.
E sembra essersene accorto anche lui che siamo vestiti allo stesso modo, e fa una risata cristallina mandando indietro la testa.
Non posso far altro che sorridere, guardando la sua maglietta che scolpisce perfettamente i suoi muscoli.
Sono piuttosto imbarazzata, è il momento di sbloccare il disagio creatosi dal mio fissare i suoi denti candidi che ridono e i suoi occhi stringersi mentre ride. Credo sia imbarazzato anche lui perché passa una mano tra i suoi capelli lisci disordinati, spettinandoseli ancora di più.
Mi avvicino a lui, gli occhi ridotti a fessure e fisso il mio sguardo nel suo con aria minacciosa
-Siamo per caso gemelli? – sussurro.
Sorride ma sta per rispondermi quando un ragazzo tutto ricci e occhi verdi compare vicino a lui e mettendogli un braccio su una spalla appoggiandosi dice:
-Louis, hai finito di comprare questo benedetto gelato? Zayn sembra entrato in panico alla vista dei piccioni - dice ridendo.
Ma qui ridono tutti? Mi allontano subito dal ragazzo dalla pelle perfetta e gli occhi azzurri, e faccio per comprarmi il mio caffè, schiarisco la voce e lo sorpasso,e mi rivolgo al venditore in italiano, che mi conosce bene:
-Luca, mi fai il solito per favore? Vado di fretta.-
Non faccio a tempo a pagare che una mano con qualche spicciolo si avvicina al banco e mi offre il caffè.
Il “ragazzo dal sorriso perenne e gli occhi mozzafiato” mi sta pagando la colazione.
-No, no non se ne parla proprio- dico in inglese,scuotendo la testa freneticamente. Le guance sono diventate bordeaux, mi capita sempre quando sono in imbarazzo.
-Ad una ragazza bella come te non posso non offrire il caffè.-
Il riccio con gli occhi verdi sembra accorgersi della scena perché passa lo sguardo da uno all’altro, confuso e dice:
 -Scusa Louis ma tu conosci ragazze del genere e non me le presenti? Io sono Harry. Piacere. – e sfodera un sorrisone. Questi ragazzi mi ricordano qualcuno. Sono sicura di averli già visti. Ma dove?
-Sofia, piacere. Ora ,scusate, ma devo andare. Grazie del caffè. – faccio per andarmene, sorridendo al ragazzo di nome Louis e ignorando completamente la mano tesa del riccio che si stava presentando. Faccio per andarmene ma sento qualche passo veloce dietro di me e Louis mi si para davanti.
- Hey! hey, aspetta. Non scappare. Forse puoi aiutarci. Vedi noi dobbiamo prendere la metro, ma siamo tutti inglesi e non sappiamo minimamente che linea dobbiamo prendere. Tu sembri essere di qui, ci sai dire dove è il Parco Sempione? – dice quasi tutto d’un fiato.
Ci penso attimo, mi sembra sincero. Perché dovrei andarmene, sembra simpatico. E poi la deve smettere di sorridermi altrimenti continuo a fissarlo imbambolata.
-Ok, tu e il tuo amico Harry dovete…- inizio ma vengo subito interrotta.
-Oh no, non siamo solo io e lui, siamo in cinque. Vedi? – e mi indica un punto non poco lontano dove ci sono altri tre ragazzi, uno più carino dell’altro.- ci sono anche loro – aggiunge.
 Ah ma certo, uno di loro è il moro che avevo visto con i piccioni sulle braccia. Poi scorgo un biondino che ride tenendosi la pancia perché un piccione ha appena preso il volo spaventando a morte il terzo ragazzo, dai capelli mossi e gli occhi color nocciola, che terrorizzato si tiene una mano sul petto in modo teatrale, fingendo un infarto.
Mi viene da ridere ma non voglio dargli questa soddisfazione, e cammuffo il mio sorriso con un colpetto di tosse. Risultato: una orribile smorfia.
Ottimo, sembro una disabile.
Louis sembra accorgersi della mia magra figura infatti si avvicina pericolosamente a me, mi prende un ciuffo di capelli e me lo mette dietro le orecchie e facendo un sorriso sghembo mi sussurra:
-Sei bella quando sorridi –
Faccio un passo indietro, con gli occhi sgranati.
Ok, Perché fa così? Mi sta mandando in confusione. E' fuori di testa?
Mi schiarisco rumorosamente la voce e continuo:
-Si…bene…ecco tu e i tuoi amici dovete prendere la linea metropolitana rossa e scendere alla stazione Cadorna, dietro la stazione c’è il parco. Fate una breve passeggiata a piedi costeggiando il Castello Sforza e siete arrivati.- dico velocemente, senza quasi respirare.
Non so nemmeno se ho dato le indicazioni corrette. So solo che Louis ha degli occhi stupendi, azzurro mare.
-Mille grazie, Sofi. –
Sofi? Sofi? Si è dato già ai nomignoli. L'ho detto che è pazzo. Non ha il cervello a posto.
-Puoi venire con noi se vuoi! – aggiunge, speranzoso.
-Non posso, a dir la verità. Ho lezione fra… due minuti. Due minuti?! – guardo l’orologio con gli occhi sgranati. Perfetto. Sono ancora in ritardo e sono sicura che questa volta l’insegnate mi toglierà la presenza.
-Scusami, devo proprio scappare! – sbotto.
Voglio proprio andarmene ma i miei piedi sono bloccati, sono una statua di marmo. Ho quasi smesso di respirare. Questo perché ho incontrato lo sguardo triste di Louis. Sembra davvero dispiaciuto. Santo cielo! Ma cosa ti prende Sofia?
I suoi occhi mi stanno facendo impazzire. Ci sto navigando dentro. Potrei stare tutto il pomeriggio a fissarli. Tanto alla fine ritardo per ritardo, potrei sempre saltare la lezione. Gli occhi azzurri di Louis sembrano essere molto più interessanti.
Probabilmente devo avere l’espressione di un Muppet, perché Louis mi guarda come se fossi una psicopatica.
 

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Capitolo 3
*** Web ***


Louis
 
La guardo. Ha un’espressione buffissima. Mi viene voglia di ridere, ma credo che se anche solo sorriderei spezzerei l’incantesimo che tra di noi si è appena creato. Dannazione, questa ragazza ha degli occhi meravigliosi. Devo conoscerla. Devo frequentarla. L’ho appena incontrata ma non riesco nemmeno a staccarmi da lei per lasciarla andare a lezione. Voglio guardarla per tutto il giorno.
Voglio guardare il suo sorriso buffo.
Voglio immergermi nei suoi occhi colore del ghiaccio.
Voglio abbracciarla.
Un piccolo passo, forse azzardato e mi avvicino a lei.
Voglio solo abbracciarla, per ora.
-Grazie delle indicazioni, mi ha fatto davvero piacere conoscerti, bella ragazza italiana. – le sussurro.
Di scatto così la circondo con le mie braccia. Affondo la mia testa nei suoi capelli castani disordinati. Un meraviglioso profumo di vaniglia mi inebria la testa. Non riesco a pensare ad altro che al suo profumo tremendamente dolce. E’ così...profumata! Come una bambina.
Chiudo gli occhi, assaporando ogni attimo di quella situazione così surreale e meravigliosa allo stesso tempo.
Potrei stare con il naso tra i suoi capelli profumati per un giorno intero. Devo dirglielo. Devo.
Probabilmente mi prenderà per pazzo, ma devo dirglielo.
-Hai un profumo buonissimo.- le dico, serio.
-Grze- dice velocissima, poi inavvertitamente, ridacchia. Sono quasi sicuro mi abbia detto grazie.
Le sorrido. Siamo a posto. Questa ragazza mi ha rubato il cuore con qualche parola.
La lascio andare e la fisso camminare scoordinata per la piazza.
Continuo a guardarla, con una faccia da ebete. Avete presente i cartoni giapponesi? Quando i protagonisti guardano con attenzione qualcosa per diversi minuti e vengono inquadrati solo gli occhi: una strana lucina bianca che tremola si intravede nei loro sguardi, come se si stesero mettendo a piangere da un momento all'altro. Ecco, in questo momento ho proprio quello sguardo.
Voglio rincorrerla. Devo almeno darle il mio numero. Voglio dirle chi sono. Voglio dirle quanto è bella. La voglio rivedere.
Ma ho paura a dirle chi sono. Potrebbe non gradirlo.
Potrebbe non piacerle il fatto che sono Louis Tomlinson, membro di una famosa boyband, i One Direction.
 

Sofia
 
Sono in classe da un’oretta, l’insegnante spiega appoggiata al tavolino del computer, ma non riesco a seguire. Ho chiuso gli occhi da qualche minuto, appoggiando la testa sulle mie braccia incrociate. Inspiro e improvvisamente un profumo non mio mi sale alle narici. Il suo profumo. Mi è rimasto addosso dall’abbraccio di prima. Mi sembra così irreale. È un profumo così buono, sorrido tra me e me. Penso a lui, al suo amico Harry, agli altri ragazzi, uno di loro mi pare si chiamasse Zayn o qualcosa del genere…Alt.
Spalanco di colpo gli occhi e alzo la testa così velocemente che mi faccio male al collo. Massaggiandolo, mi dimentico per qualche secondo di respirare. No. Non può essere. Non possono essere loro. Santo cielo!
Metto la password al mio computer che nel frattempo è andato in standby e devo digitarla due volte perché continuo a sbagliarla, le mani mi tremano.
Wifi connesso. Nuova pagina Google. Ricerca. One Direction.
Apnea. Sono in apnea da qualche secondo. Forse dieci, forse un minuto, non lo so. Mille foto di Louis compaiono e la prima cosa a cui penso è quento sia maledettamente carino il suo viso... Un momento!
Louis Tomlinson. Ecco chi è. Maledizione! Perché non ci sono arrivata prima? Non è possibile.
Non può essere, deve esserci uno sbaglio, perché il Louis di stamattina, quello che mi ha offerto il caffè, quello che mi ha catturato con i suoi occhi azzurri, quello con il sorriso che mi ha fatto sciogliere NON può essere un membro della boyband più famosa del momento.
Mi ha detto che sono bella, che cavolo! Si è bevuto il cervello quell'omuncolo dai capelli spettinati! e mi ha pure rubato il look.
Cerco di mandare giù la saliva, ma mi riesce difficile, e quasi mi soffoco.
Devo dimenticare tutto quanto. Immediatamente. E’ una cosa irreale! Insomma, è stato tutto un maledettissimo magnifico sogno. Ora potete anche venir fuori, Candid Camera! Davvero uno scherzo molto divertente. 
Mi guardo in giro, i miei compagni sembrano più assonnati di me. La mia compagna di banco è molto interessata allo smalto delle proprie unghie. Nessuno sembra si sia accorto che sto andando in iperventilazione.
Mi alzo e mi avvio verso il bagno a passo spedito. Una volta davanti allo specchio, appoggio le mani al lavandino e fisso il mio riflesso. Credevo di trovare la mia faccia sconvolta, e invece sul mio viso campeggia un sorriso stranamente buffo.
Scuoto la testa, immergo le mani nell’acqua gelida mi sciacquo la faccia due volte, cercando di eliminare quella smorfia come se fosse una macchiolina di vernice. Senza risultato. Il sorriso rimane lì, indelebile. Devo rivedere quel ragazzo a tutti i costi. Devo! altrimenti impazzisco.
Sono proprio nella merda. Dove diavolo saranno adesso quei cinque ragazzi?
Torno in classe iperattiva e mi metto a cercare su Internet, qualcosa ne uscirà. I miei occhi scorroso rapidissimi sui risultati di Google. Sono così agitata che devo riscrivere One Direction tre volte prima di azzeccarlo giusto: One Diroction, On Edirection, One Directione.
Dunque, facciamo mente locale...Louis mi ha detto che avrebbero passato l’intera giornata al Parco Sempione, mi sembra di ricordare.
Ottimo. Trovato l’articolo che mi interessa:
 
What Makes You Beautiful Live dei One Direction al Parco Sempione alle 15.00, incontra i tuoi idoli!
Harry, Louis, Zayn, Liam e Niall si fermeranno per firmare autografi fino alle 18! Ti aspettiamo, cosa aspetti?
 
Meraviglioso! Ora che so cosa hanno in programma non mi resta che raggiungerli. Sembro una fan accanita. Forse è un’idea stupida. Probabilmente Louis si è già dimenticato dell’abbraccio di stamattina. Probabilmente lui abbraccia tutte le ragazze. Togliamo il probabilmente.
Non mi interessa. Deve sapere che il suo sguardo mi ha incantato. Deve saperlo. Devo rivedere il suo sorriso, mi sembra la cosa più bella del mondo. Ma che discorsi sto facendo? 
Mi devo ripigliare, mi sento una dodicenne alle prese con il suo primo amore. 
Mando un messaggio a Giulia, una delle mie migliori amiche, so che lei è una fan dei One Direction, non potrà dirmi di no.
 
-Ehy Giuls, oggi alle tre mi accompagni al parco a incontrare i One Direction vero? Ho novità! Ti racconto tutto prima di andare! -
 
Due minuti dopo, la risposta:
 
-Ovvio che sì! Ci vediamo dopo alla fontana di San Babila e mi racconti tutto!  Baci baci!-

Adoro questa ragazza! Esulto tra me e me.
Perfetto! Rivedrò i suoi occhi. Anche solo da lontano, e sentirò la sua magnifica voce.
Non sono pronta. Mi abbandono sconsolata sulla sedia, le braccia penzoloni lungo i fianchi e gli occhi vacui. Il corpo è quello di una cinquantenne che ha appena corso la 52 km di New york. Invece ho solo fatto una passeggiatina sul Web. Che disastro. Vi prego, qualcuno mi aiuti, non credo di avere più le mie capacità mentali e fisiche!
 

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Capitolo 4
*** Autografi ***


Louis
 
 
Sono le due del pomeriggio, dopo una giornata all’insegna del visitare la città, arriviamo finalmente al Parco Sempione, grazie alle indicazioni di Sofia. Siamo scortati da alcune guardie del corpo con cui avevamo appuntamento al cancello del parco. C’è un sole stupendo e una magnifica brezza scompiglia i miei capelli. Ci sono già mille fan che ci aspettano lungo il sentiero del parco, dietro le transenne che delimitano il nostro percorso urlano scatenate, cantando pezzi del nostro album Up All Night. Le salutiamo cordialmente e ad alcune concediamo di scattarci qualche foto. Che carine che sono. Mi sforzo di sorridere, come se qualcuno mi avesse messo un morso per cavalli e tirasse da una parte all'altra della faccia le mie labbra. Ecco questo è più o meno il risultato. Sembro un imbecille.
Sono felice ma mi manca qualcosa. O meglio qualcuno.
Sofia.
Cerco il suo volto tra la folla.
Magari capisce che il mio assurdo metodo di chiederle indicazioni sulla metro era nient’altro che un modo per chiederle di rivederci. Assurdo.
Spero con tutto il cuore di rivederla. Non la conosco nemmeno, ma mi ha catturato il cuore con un solo sguardo. Mi è bastato un attimo, un piccolo sguardo e i suoi occhi sorridevano, quindi le ho sorriso anche io. Ero impotente. Non sapevo cosa fare, come comportarmi, mi aveva straziato l’anima solo con i suoi occhi e la sua espressione buffa, i suoi capelli castani.
Saliamo sul palco, una voce al microfono ci presenta, la nostra canzone parte, e Liam comincia a cantare, dietro di lui noi gli diamo corda, saltiamo, balliamo, cantiamo.
Le fan, dal canto loro, urlano. Sono meravigliose, ma urlano sempre. Urlano quando cantiamo, urlano quando camminiamo, urlano quando le salutiamo, urlano quanto firmiamo autografi. Urlano quando siamo in aeroporto, quando siamo sul palco e anche quando siamo in webcam. Urlano.
E così stanno facendo adesso.
Sorrido, sono così carine, tutte insieme, sono qui per noi. Non posso far altro che essere contento. Anche se....ma che cavolo mi è preso?
Mi manca lei.
Lei. E' mai possibile? Manco la conosco! 
Faccio scivolare il mio sguardo sulla folla, alla ricerca di quei capelli disordinati, di quel visino buffo, di quegli occhi azzurri incantevoli. Ma niente, non la trovo. Non penso che verrà.
Conclusa la canzone sono talmente triste che mi viene da piangere. Sto morendo dentro. La conosco da qualche ora e già mi manca terribilmente. Cosa mi hai fatto, ragazza misteriosa?
Mi hai ridotto proprio male.
 
La presentatrice ci accompagna ad un angolo del palco, dove noto che è stato allestito un tavolo per gli autografi. Sento la presenza di Harry che si affianca a me, col fiatone e accaldato per il sole del pomeriggio.
-Amico, ti vedo strano. Va tutto bene? – dice, aggrottando le sopracciglia. Neanche mia madre.
Harry, grazie di esistere! Sei il mio migliore amico! Meno male mi capisci al volo.
-No, in realtà non va per niente bene- sbuffo.
-Ne vuoi parlare? – mi guarda preoccupato, alzando un solo sopracciglio.
-In realtà no, a dire il vero. Ma grazie dell’aiuto, amico. Davvero. – sussurro. E provo a ridere. Sempre più imbecille, Louis, complimentoni vivissimi.
-Figurati. Per qualsiasi cosa, sai dove trovarmi – dice stringendomi un braccio. Mi mancano le parole così gli faccio semplicemente un cenno con la testa. Ora sembro disabile. 
Cominciamo a firmare autografi, a scattare fotografie, e ad abbracciare ragazze sudate e che piangono. In nessuna di loro riconosco quel profumo micidiale. Vaniglia.
Dopo quasi tre ore, ho la mano in cancrena, la schiena a pezzi, e il morale a terra. Perfetto. Mi stendo su sedia, passo una mano tra i capelli, e mi stiracchio per bene. Bevo un sorso d’acqua e mi guardo in giro.
Vedo che Zayn si alza, probabilmente diretto a fumare una sigaretta, un suo piccolo vizio, e lo compatisco. Ogni tanto staccare fa bene, e se lui trova sfogo nel fumo, buon per lui.
Riprendo a firmare autografi e mi viene quasi da alzarmi e andarmene lontano. La speranza di rivedere quella ragazza, se prima almeno esisteva, ora si è talmente consumata da rendere me comletamente apatico alla situazione. Che cosa mi aspettavo? Che si presentasse tra le fan, con una rosa in bocca, che urlasse il mio nome mentre cantavo e che mi lanciasse una lettera con scritto il suo numero di telefono? 
Forse sì, ed è per questo che alla fine ci sono rimasto così male.
Lei non c’è.


 
Sofia
 
Sono due ore che cerchiamo di raggiungere il Parco, un improvviso sciopero dei mezzi causato da un tentato suicido sui binari del treno, ha causato il mio ritardo. Ce l’ho nel sangue, la sfiga.
Ho raccontato a Giulia del mio incontro di questa mattina, e lei all’inizio è scoppiata a ridere, non credendomi, poi vedendo che facevo sul serio, mi ha guardato a occhi sgranati, mi ha preso per le spalle e mi ha scosso forte.
-Stai scherzando, spero.- non era tanto una domanda, sembrava più una minaccia.
-No, giuro.- rispondo immediatamente.
-Ok, ora andiamo al concerto al Parco e lo devi rivedere. Gli devi riparlare, chiaro?- mi assale quasi.
-Se lo dici tu – sbuffo. In realtà continuo a guardarmi le scarpe e le persone che ci camminano intorno in Piazza San Babila sembrano essere diventate interessanti di colpo, lei se ne accorge, e mi strattona un braccio.
-Ti ho capita, sai? Tu provi qualcosa per Louis, non negarlo! Te lo si legge negli occhi – dice, gli occhi ridotti a due fessure, scrutandomi. Mi fa quasi paura, questa ragazza. E’ terrilmente sagace!
-Ma figurati…- sbotto alzando gli occhi al cielo. Era impazzita. 
-Allora guardami negli occhi e smettila di squadrare i lacci delle tue scarpe.-
Ha capito immediatamente che i miei occhi sono come un libro aperto, e ci si può leggere il libro del mio cuore. Per questo ho deciso accuratamente di guardare tutto tranne che lei, avrebbe capito che in realtà muoio dalla voglia di rivedere Louis e di abbracciarlo di nuovo.
Ma una parte di me mi dice che è follia. Pura follia.
Ci si può invaghire di un cantante figo  e famoso che abita a Londra durante l’anno? No.
Quindi la parte razionale del mio cervello mi dice di raccogliere la mia borsa, girare i tacchi e correre il più lontano possibile da lì. L’alternativa di fuggire all’estero  è terribilmente allettante, ma Giulia è ancora davanti a me, gli occhi fuori dalle orbite e un sorriso sprezzante che conosco bene è dipinto sul suo volto.
Fantastico. Cosa le sta passando per la testa in questo momento non ne ho idea, ma di sicuro non è delle migliori.
-In marcia! abbiamo un paio di commissioni da fare prima di presentarci al tuo principe azzurro.-
Mi trascina per un braccio all’interno di qualche negozio, compra un mascara, una matita nera per occhi e si siede in Piazza San Carlo e comincia a sistemarmi la faccia, che doveva essere proprio terribile, perché davanti a me la vedo concentratissima, le sopracciglia inarcate per la tensione, la lingua fuori dalle labbra.
Mi viene quasi da ridere, è troppo buffa.
Poi ovviamente lo sciopero non poteva mancare.
Appena scoperta la disgrazia che i mezzi quel pomeriggio erano saltati, cominciamo a correre a piedi fino al Parco.
Sono le sei meno dieci, ho perso tutto il concerto e probabilmente se ne sono pure già andati.
Mi manca il fiato improvvisamente quando arrivo ad uno dei cancelli del Parco. Le gambe mi cedono. Sembro una sopravvissuta di Lost, o almeno ho quella faccia. Non devo avere proprio un bell'aspetto.
Mi siedo su una panchina, intravedo il retro del palco davanti a me. Giulia si allontana per mettersi in coda per gli ultimi autografi, o almeno ci prova. So che lei ha un debole per Styles, il riccio. 
Ora "leave me alone to die" penso, come una di quelle ragazze di Tumblr. Sono messa malissimo. Ah!Cosa mi hai fatto Louis Tomlinson non lo immagini nemmeno!

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Capitolo 5
*** Corsa ***


Cerco nella borsa il pacchetto fidato di Winston Blue, prendo una sigaretta e la appoggio sulle labbra. Cerco l’accendino nella borsa e non lo trovo.
Una mano munita di accendino che compare davanti al mio viso mi fa sobbalzare.
Un Zayn Malik con gli occhi sorridenti davanti a me mi sta accendendo la sigaretta.
-Grazie.- dico, sincera, in inglese.
Sono un pà nervosa, ora che ho Zayn davanti a me, non posso far altro che pensare che anche Louis sia nei dintorni. Mi guardo in giro, allarmata e do un’occhiata dietro alla panchina. Sto diventando paranoica, ho davvero pensato che Louis potesse sbucare da un cespuglio. Magnifico, direi.
-Figurati, per così poco. Senti, io ti ho già vista o sbaglio?- dice.
-Non sbagli, ci siamo incontrati stamattina, in centro. Vi ho dato le indicazioni per venire qui.-
Dio, è terribilmente surreale, insomma sto parlando con Zayn Malik, e sono incredibilmente tranquilla.
- Sai, hai degli occhi bellissimi. – si avvicina pericolosamente a me, la tranquillità di un attimo prima è andata a farsi fottere e indietreggio velocemente. Cosa gli prende? Alza una mano e con un dito mi accarezza una guancia, è sempre più vicino e io continuo a fare piccoli passi indietro.
Con lentezza poggia il suo dito lentamente sul mio naso, e io incrocio gli occhi per fissarlo, preoccupata. Poi lui scoppia a ridere fragorosamente, buttando la testa all’indietro. Torna a fissarmi, devo sembrare agitata perché i miei occhi guizzano da una parte all’altra e lui sembra accorgersene, ma tutto ciò che fa è una smorfia dannatamente sexy.
-Non farlo mai più. Che ti salta in testa?- sbotto, allontanandomi verso l’uscita del parco. Lo trovo disgustoso. Provarci così con una ragazza sconosciuta! – No, tu hai dei problemi, dico sul serio! – lui continua a ridere.
-Scusami! Non volevo risultare offensivo, piuttosto, vieni con me – mi rincorre prendendomi un braccio e senza nemmeno rendermi conto mi prende per mano e mi trascina. Dopo poco mi ritrovo nelle quinte del palco.
Un gran via vai di gente mi confonde: ci sono tecnici del suono e tecnici della luce, vestilisti, stylists, make up e hair stylists, fotografi, managers…
Rimango a bocca aperta, mentre Zayn non sembra avere intenzione di lasciare la mia mano, e continua a trascinarmi per i corridoi. Con orrore vedo spuntare i caratteri di un cartello: Spogliatoi One Direction, e comincio a credere di dover scappare da un momento all’altro. Perfetto, ora mordo Zayn e grido aiuto. Oppure posso sempre prendere una chitarra che è qui per terra e tirargliela violentemente sulla testa. O altrimenti posso fingere un arresto cardiaco, così sarà costretto lui a chiamare aiuto.
Con mio immenso stupore, il moro sorpassa i camerini di prova e sembra dirigersi verso una piccola scaletta. Mi tiene la mano così forte che rischio di inciampare dal momento che praticamente lui corre, e devo chiedergli di rallentare.
-S…scusa Z-Zayn…giusto? Rallenta ti prego! N-Non respiro. porto una mano al cuore e lui si ferma a guardami. Me ne pento subito quando decide di fare un altro sguardo malizioso.
-Ho una sorpresa per te. – sussurra, per poi spalancare una porta nera con maniglione antipanico. Ci ritroviamo sul palco. Posso morire.
-Lasciami immediatamente. Io me ne torno a casa. – riesco finalmente a dire, ritrovando il mio coraggio.
Voglio darmela a gambe il più in fretta possibile!
Le luci offuscano la  mia vista ma non mi importa, decisa come sono a girare i tacchi e tornarmene da dove sono venuta. Ma Zayn non ne vuole sapere e continua a trascinarmi per il liscio pavimento nero, Sto strisciando appesa alle sue braccia, non mi pare il caso di portarmi su un enorme palco con davanti a me migliaia di ragazzine urlanti e palpitanti che piangono e si dimenano in fila per un autografo.
Alt. Autografo? Devono essere qui da qualche parte seduti a un tavolo con un pennarello in mano a lasciare le loro firme. Oh merda.
Non faccio a tempo a fare due più due che Zayn mi lascia con poca grazia davanti a un tavolo, quattro ragazzi stupendi davanti a me.
Rimango senza parole per un attimo. Ho smesso di respirare.
Malik, ti ucciderò. È una promessa.
Davanti a me il biondino con l’apparecchio e gli occhi blu mare mi guarda, poi sembra che il suo sguardo si illumini. Da una gomitata al suo vicino, Harry, che alza gli occhi e incontra i miei. Dopo un attimo di stupore, fa una smorfia come a  dire “ci penso io” e si alza dalla sedia, gli gira intorno e sorpassa Liam, seduto alla sua destra. Sorpassa anche una sedia vuota, presumo di Zayn, che noto in quel momento se ne sta ripappropriando, e si avvicina a Louis.
Louis.
E’ chino su un libro, concentratissimo. E’ intento a scarabocchiare uno smile alla fine del suo autografo, e mentre Harry si appropinqua al suo orecchio e gli sussurra qualcosa, lui ringrazia e sorride a una ragazzina tutta brufoli che piange davanti a lui.
Gli ci vuole un attimo, Harry continua a borbottargli parole che non posso capire all’orecchio, poi indica dalla mia parte.
La testa di Louis si gira e incontra il mio sguardo.
Maledizione.
Per la prima volta mi sento terribilmente stupida. Mi sembra strano che le mie braccia penzolino dal mio corpo inermi. Abbozzo un sorriso, per camuffare il mio imbarazzo.
Louis si alza in piedi e cammina nella mia direzione, non mi guarda negli occhi. Cerco il suo sguardo mentre cammina ma lui è maledettamente interessato dalle bottigliette d’acqua vuote appoggiate dietro al lungo tavolo.
Ok. Mi sento davvero stupida.
Non faccio a tempo a formulare una frase di senso compiuto che mi prende una mano e mi porta via, nuovamente verso la porta nera, da cui sono entrata qualche minuto prima. Spinge il maniglione antipanico e scende la scalette, poi si dirige verso il camerino, apre la porta e mi fa entrare.
Appena la richiude dietro di se, mi abbraccia forte.
Un abbraccio. Non posso che ricambiare. Ha delle braccia così confortevoli. Affondo il viso nel suo petto. Mi sento protetta. Posso stare ad annusare il profumo delicato della sua maglietta per anni.
Chiudo gli occhi e inspiro, inebriandomi del suo buon profumo di pulito e imagazzinando questo meraviglioso momento nella mia memoria.
 

Louis
 
Harry si avvicina a me, probabilmente vuole parlare ancora del discorso che prima ho fatto con i ragazzi. Mi hanno visto davvero giù di morale e ho raccontato loro della ragazza.
Ragazza con gli occhi azzurri ghiaccio.
Ragazza con i capelli a caschetto disordinati.
Ragazza che non avrei mai più rivisto in vita mia.
Ragazza che quella mattina assieme ai miei due euro della colazione si era presa anche il mio cuore.
-Lou, hai una visita. Alla mia destra… guarda… davanti al tavolo. Davanti a Niall. – sussurra Harry.
Non faccio a tempo ad alzare lo sguardo che vedo con la coda dell’occhio una magnifica maglia a righe grigia e bianca. Incontro il suo viso e penso di morire.  Un sorriso buffissimo è disegnato sul suo volto.
Mi alzo velocemente dalla sedia, non posso guardarla negli occhi o i casi sono due: o inciampo e cado per terra, oppure mi blocco incapace a camminare.
Le vado incontro sempre guardandomi in giro. Non ci penso due volte e le prendo la mano. È soffice e calda. La trascino dietro le quinte, devo abbracciarla o muoio, perciò la porto nel camerino praticamente correndo.
La faccio entrare, le lascio la mano e chiudo la porta dietro di me. Non posso ancora guardarla negli occhi o credo che la mia debolezza causata proprio da questi ultimi mi facciano sciogliere le gambe.
La abbraccio. Senza dire una parola. La abbraccio forte, semplicemente. Ma con delicatezza.
Il suo profumo mi entra nelle narici e si fa strada fino al mio cuore che parte a battere a velocità forsennata.
Che effetto mi fai, Sofia.
Affondo il naso nei suoi capelli, e vaniglia. Ancora vaniglia.
I suoi capelli disordinati sono talmente profumati che mi viene voglia di mangiarli, o di dormirci sopra!
Sento che appoggia la testa sul mio petto e non c’è posizione più bella al mondo: sentirla tra le mie braccia e proteggerla.  Piano, mi distacco da lei. Sono pronto per guardarla in viso, per incrociare i suoi occhi.
E succede.
Succede che quando incontro quel ghiaccio terribilmente bello, qualcosa capita. Il mio stomaco di contrae, fa una capriola, poi due. Qualcosa nel mio petto comincia a scuotersi e io non capisco più niente. Ho dimenticato tutto.
Ho dimenticato il mio nome.
Ho dimenticato dove sono. Ho dimenticato come si parla.
Ho dimenticato come si respira.
Ma ho ricordato come si vive nei suoi occhi.

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Capitolo 6
*** Camera ***


Sofia
 
Sono felice di trovarmi in quell’abbraccio improvviso. Non voglio staccarmi, non farlo ti prego Louis, non staccarti da me!
Piano piano scioglie l’abbraccio ma mi tiene ancora stretta, le sue mani sui miei fianchi.
Mi guarda negli occhi. Ok, i suoi occhi sono tremendamente belli.
Mi scosta una ciocca di capelli dietro le orecchie, e sento il mio viso andare in fiamme.
Diamine, non lo conosco nemmeno o quasi, eppure al tocco delle sue dita sulla mia guancia mi sono come bruciata la pelle.
Non resisto più, devo dire qualcosa.
Ti prego non dire qualcosa di stupido.
Ti prego non dire qualcosa di stupido.
Ti prego non dire qualcosa di stupido.
-Dannazione. Tu sei perfetto. – dico in un sussurro.
Ecco. Ho detto qualcosa di stupido. Di terribilmente e maledettamente stupido.
-Cosa? – dice lui inarcando le sopracciglia. Ottimo, probabilmente non ha sentito. Tanto meglio, ho evitato una figuraccia.
-Niente…niente – scuoto impercettibilmente la testa, battendo le palpebre a velocità record.
-Ripetilo. Ripeti quello che hai detto – Maledizione, mi ha sentito.
-Ho solo detto che….bhe…insomma…sei p-perfetto. E-ecco. – balbetto, insicura. Mi guardo poi la punta delle scarpe.
Sento due dita sfiorrmi il mento e alzarmi il viso.
-Sei bellissima quando arrossisci. – dice.
Ora sono davvero in imbarazzo.
-Mi sei mancata sai? Pensavo non venissi, credevo di non doverti vedere mai più – aggiunge.
Mi scappa un ridolino – Mi spiace, ma dovresti davvero lamentarti con il servizio anti suicidi metropolitani del Comune di Milano, sempre che ne esista uno, è colpa loro se sono arrivata in ritardo.- dico e lui ridacchia.
Improvvisamente si sente bussare alla porta.
Si sente una voce, probabilmente è Harry, data la voce calda e roca: - Louis, muoviti, Paolo sta impazzendo perché non ti trova e le fan fra poco ci mangiano se non esci da lì! – e ridacchia. Louis non risponde, sembra quasi non considerare quello che il suo amico ha appena detto.
-Voglio rivederti – dice improvvisamente serio in volto. –domani, ti prego. – continua con gli occhi da cucciolo.
-Ehm…- sono indecisa. Come si fa ad accettare di uscire con un ragazzo tremendamente bello e sexy che canta è famoso e abita a Londra?
-Ti prego. Noi stiamo a Milano per due settimane, ma devo rivederti domani. Non resisto ai tuoi abbracci, sai com’è! – la mette sul ridere.
-Va bene – dico io. Un sorriso a trentadue denti si dipinge sul volto del ragazzo che sta in piedi di fronte a me.
Comincia ad esultare come un dodicenne che ha appena scoperto di aver scampato ad un’interrogazione, poi sempre ridendo mi prende entrambe le mani e scuro in volto mi dice:
-Si staranno chiedendo che fine abbia fatto, ora devo proprio andare.- è triste.
-Non ti preoccupare – lo consolo io.
-Ma ci vediamo domani, vero? – e fa un altro sorriso, speranzoso che non gli abbia detto di sì per gioco.
-Certo! – rispondo.
Poi mi fa una carezza e si avvicina a me, la testa inclinata: mi stampa un bacio sulla guancia con le sue labbra morbide e sorride.
Non resisto più e gli butto le braccia al collo, in punta di piedi lo abbraccio forte. Lui mi lascia un bacio tra i capelli, poi mi prende una mano e dopo aver intrecciato le sue dita con le mie, sospira e mi guida fuori.
 
 
Louis
 
 
Ho passato le ultime ore sdraiato sul mio letto in hotel, le braccia incrociate dietro la nuca, la parte dal ginocchio in giù delle gambe penzolava dal materasso e la punta delle mie superga sfiorava terra. Una piccola macchia di vernice bianca infastidisce il colore pallido rosato del soffitto. Chiudo gli occhi per un attimo e come una lucina, quella piccola macchia rimane all’interno delle mie palpebre, un po’ come quando si fissa il sole per troppo tempo e una piccola lucina segue il tuo sguardo per qualche secondo, dandoti tremendamente fastidio.
Ma non sentivo fastidio.
Quella lucina da bianca che era era divantata azzurra e ci vedevo solo i suoi profondi occhi grandi. Rimasi così, con la luce dei suoi occhi impressa nei miei, per non so quanto tempo.
Solo quando Harry d’un tratto apre la porta, scaraventando i due cellulari che aveva in tasca e i rayban neri sul tavolino nell’ingresso della nostra suite, apro di scatto gli occhi e li fisso nei suoi, alzando di poco la testa.
-Fai pure. Sei solo in camera, nessuno sta cercando di riposare, Harry. - sbuffo. Lui fa quasi un salto, e lancia un urlo.
-A-ah! Eccoti! Ti abbiamo cercato dappertutto! Ci puoi dire cortesemente dove diavolo eri finito? Eravamo preoccupati sai! -  ha uno sguardo sincero mentre mi guarda con occhi sbarrati puntandomi un dito contro. Evidentemente non era stata una grande idea la mia.
-Boh mi andava di stare un po’ da solo e sono tornato in albergo- dico senza pensarci.
-Bhe, Tomlinson... lasciatelo dire: sei un idiota. – borbotta gesticolando.
-Grazie, anche io ti voglio molto bene – dico serio.
-Oh smettila Louis!ma che diamine hai si può sapere? Non sei molto in te a dirla tutta.-
-Sto benissimo! – e di colpo un sorrisone mi compare sul viso, ripensando a Sofia. In effetti ora sembro proprio un deficiente e il mio migliore amico sembra essersene accorto perché si avvicina con fare sospetto, si siede sul letto di fianco a me poi abbassa un po’ la testa e mi scruta con un’aria da grande e saggio uomo:
-Ma ti sei drogato? Non sei in te, no.- e scuote la testa meticolosamente come a rispondersi da solo.
-Certo che no, razza di imbecille.- dico allibito, sgranando gli occhi – sono solo felice.
Non faccio a tempo a dargli una risposta più precisa che altri tre cretini fanno irruzione nella stanza. Niall si guarda in giro borbotta un “ehi Lou, com’è?” poi si avvicina al frigo bar della stanza con l’intenzione sicura di saccheggiarlo.
Zayn si avvicina alla finestra, tira le tende, apre la finestra si infila una sigaretta tra le labbra e se la accende. Non fa in tempo a fare due tiri che Liam, gli lancia un’occhiataccia poi quest’ultimo si rivolge a me:
-Louis, seriamente dove diavolo sei scomparso? Ci hai lasciato a quella trasmissione radiofonica senza spiegazioni, non lo fare più. Ci hai preoccupati! – Poi prende un respiro e continua – Di sicuro non eri in te, era tutta la mattina che dicevi cazzate, più del tuo solito insomma! –
-Sempre che sia davvero possibile- aggiunge in un borbottio Zayn che si è appoggiato allo stipite della finestra dandoci le spalle. Alzo la mano come per salutarlo felice,ma nel momento in cui devo sventolare le dita, gli faccio il dito medio, e la mia faccia si oscura.
Niall ridacchia e Harry alza gli occhi al cielo poi rivolgendosi di nuovo al sottoscritto quasi urla:
-Insomma si può sapere che problemi avevi? Avevi la testa completamente da un’altra parte! Dicevi cose senza senso. Avevi la faccia di Alice nel Paese delle Meraviglie.
-Ma niente, sono semplicemente felice. Nel primo pomeriggio devo vedere una ragazza…ecco tutto. Quella ragazza. Quella che ieri pomeriggio avete visto davanti al tavolo…tutto qui. – sono arrossito, me lo sento.
I quattro rimangono in silenzio, guardandomi, Niall con una merendina in bocca, Harry con una faccia come se non avesse ancora capito bene se lo stessi prendendo in giro oppure no, Liam preoccupato, e Zayn sembra essersi momentaneamente di scenerare la sigaretta.
Faccio scivolare gli occhi su ognuno dei miei amici, contento che mi avessero capito, che avessero finalmente compreso perché ero così dannatamente felice. Ero contento che loro in qualche modo mi capissero, mi appoggiassero.
Non resistono e scoppiano tutti in una flagorosa risata.
Come non detto.
Maledetti migliori amici.
Alzo gli occhi al cielo nel vedere che Harry si tiene la pancia con le mani, Zayn lacrima, e Niall si è buttato per terra e ha cominciato a pestare pugni sulla moquette.
Favoloso.
Grazie, davvero. Le loro risate sono talmente contagiose che cominciai a ridere anche io a crepapelle.
-Vi voglio bene anche io, grazie per il vostro supporto da amici, davvero- dico sarcastico.
Liam decide di darsi una sistemata alla camicia, dal momento che dalle risate era caduto dal letto e rotolato sul pavimento senza nessun minimo di decoro.
-Ok, Louis- dice asciugandosi le lacrime Harry – E’ solo che credevamo tutti tu avessi un problema grave con la droga, invece ci racconti di una ragazza, tu! Tu non hai mai avuto questa faccia da sfigato quando parli di una ragazza! Mai! –
-Grazie dell’aiuto, siete fantastici – ironizzo ancora.
- Ok, facciamo i seri. Dove hai intenzione di portarla questo pomeriggio? – dice tornando scuro in volto Liam.
- non ne ho idea. Penso che la cosa migliore è che mi faccia lei da guida per la città dal momento che non conosco Milano per niente. – balbetto insicuro.
Harry scuote la testa convinto:
-Si. Decisamente è la cosa migliore. Dai amico, si vede che per te lei è importante! Ma non è che ha qualche amica da presentarci? Insomma, qui solo Liam è l’adulto fidanzato, devi aiutarci. Le ragazze italiane sono davvero carine! Ieri ne ho vista una che non era davvero niente male!-
-Vedrò cosa posso fare. Ma chi hai visto di preciso da rimanerne così folgorato?- aggiungo.
-Una ragazza con la frangetta, mi ha rapito il cuore! Aaaah! –
 Detto questo si lancia con fare teatrale sul letto con gli occhi sognanti e una mano sul cuore. Che imbecille.
Io e i ragazzi rimaniamo ancora un po’ a ridere e scherzare, quando poi guardo l’orologio e mi accorgo con stupore che l’ora dell’appuntamento si avvicina. Prendo il cellulare, e mi fiondo verso la porta, con un cenno di saluto ai miei amici.
-ci vediamo stasera, sempre se torno presto per mangiare con voi!- urlo a quelle facce sorridenti.
- Mi abbandoni così? Ma non posso vivere senza di te! – dice Harry con una strana vocina e fingendo di asciugarsi una lacrima. Alzo gli occhi al cielo, afferro un cuscino che c’era su una panca proprio all’ingresso e glielo lancio addosso, lui ridacchia.
Esco dalla porta e mi sento vivo,come non lo ero da tanto tempo. Quella città mi aveva stregato. Mi aveva fatto rinascere.
Milano ti amo! Scendo le scale di corsa, aggrappandomi alle ringhiere, arrivo nella hall dell’hotel e corro fuori alla luce del sole.
Arrivo Piazza del Duomo.
Arrivo Sofia.
Arrivo da te che sei il mio sorriso.
Arrivo, vita.

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Capitolo 7
*** Appuntamento ***


Sofia
 
Due ore.
Sono chiusa in camera di Giulia da due ore circa. Credo morirò a causa dell’odore di smalto, schiuma per capelli e cianfrusaglie varie. La mia amica ha deciso di allestire una sottospecie di salone estetico nella sua camera. E la cliente sono io. Magnifico. Mi ha truccata, sistemato i capelli, mi ha vestito. Mi sento un po’ Anne Hathaway in Pretty Princess quando mi fa girare sulla sedia con le rotelle e mi fa specchiare, soddisfatta del proprio lavoro di restauro.
Mi avvicino allo specchio con gli occhi sgranati e noto con piacere che le mie ciglia con il mascara hanno preso una direzione decente e i miei capelli sono stati momentaneamente domati.
-Bhe? Non dici niente? – si spazientisce la mia amica.
Sempre guardando la mia immagine riflessa tendo una mano verso lo specchio e con vigore affermo
–Ciao! Tu chi sei? Ci conosciamo? –
Non ho finito di presentarmi alla me stessa nello specchio che ricevo una piccola sberla sulla nuca da Giulia, e io ridacchio.
-Grazie Giuls, davvero. Non dovevi. Non mi riconosco nemmeno! –
Mi alzo e l’abbraccio.
Lei mi abbraccia poi mi guarda un secondo negli occhi, poi con aria saccente scuote la testa.
-c’è qualcosa che non va e tu non me lo dici. C’entra qualcosa il colore dello smalto? Si può sempre camb…”
Non la faccio finire perché scuoto energeticamente la testa mordicchiandomi l’interno di una guancia.
-No, non è per lo smalto. O per i capelli, o per i vestiti. Quanto più per il cantante inglese che fra mezzora devo incontrare in centro a Milano, che io non conosco, e con cui non potrò mai avere una storia.- borbotto.
-Oh…- è confusa e non sa come confortarmi, lo so.
Mi lascio cadere nuovamente sulla sedia davanti allo specchio e comincio a massaggiarmi le tempie con la punta delle dita.
-Ma cosa sto facendo?- sussurro.
-Smettila Sofi, smettila dai. Non devi mica sposarlo, lo sai? Ci esci insieme una volta, vi divertite, vi salutate e tanti cari saluti.- dice.
-Forse hai ragione, ma ancora mi chiedo che cosa io stia facendo. Devo essere impazzita. Non c’è altra spiegazione.
-Dai ora esci che il tuo cantante spericolato ti aspetta.- mi incoraggia.
E detto ciò prendo il casco grigio della mio motorino ed esco schioccandole un bacio sulla guancia. Inforco il mio amato motorino e lo faccio partire. Direzione Centro.

 
Rileggo il fogliettino che mi aveva lasciato Louis prima di lasciarmi andare il giorno prima dove c’era scritto il luogo e l’ora del nostro incontro.
Era stato così dolce, mi aveva rincorso mentre un addetto alla sicurezza mi stava accompagnando all’uscita e dopo avermi sussurrato all’orecchio “Non vedo l’ora di domani” mi aveva preso la mano e lasciato questo piccolo bigliettino spieghettato.
Sono ferma al semaforo e sono in ritardo. Ormai è abitudine. Ma che cavolo! Questa volta non era colpa mia! Sono uscita puntuale ma il traffico di questa città mi sta impedendo di arrivare in orario.
Verde.
Do gas al mio motorino e in due minuti sono arrivata in Cordusio, ho appuntamento con Louis proprio in centro davanti al portone dell’immenso Duomo. Sono in ritardo di dieci minuti e comincio a correre, dopo aver parcheggiato, e lo vedo.
In tutta la sua magnificenza. 
E’ troppo bello. Lui continua a guardarsi in giro preoccupato, probabilmente teme che io non venga. Ma glielo avevo promesso.
Indossa una maglietta bianca, pantaloni verdi, una felpa blu e le superga ai piedi.
Per un attimo incrocia il mio sguardo ma poi lo distoglie subito.
Oh cavolo, non mi ha riconosciuto. Perfetto, andiamo bene.
Cosa cavolo mi è venuto in mente?
Giro i tacchi e faccio per andarmene, poi ci ripenso e mi blocco sul posto, mi rivolto e faccio un altro passo verso di lui ma mi fermo ancora.
Mi sta guardando.
Sono immobile, una statua.
I piedi sembrano essersi incollati al cemento per il troppo caldo.
Devo avere un’aria terribilmente stupida.
Lui continua a fissarmi serio.
Poi inarca le sopracciglia e…scoppia a ridere!
Santo cielo! Ma che problemi ha?
Sono leggermente infastidita, non capisco perché ride.
Incrocio le braccia portandomele al petto, mi mordo un labbro e comincio a pestare a ritmo il piede per terra aspettando che la pianti.
Intanto lui ha cominciato a ridere sempre più forte tenendosi la pancia con le mani.
Davvero carino.
-Sei carina con quel coso. – dice tra le lacrime. 
Coso?
Quale “coso”?
È impazzito per caso?
Lui evidentemente comprende la mia confusione e smette di ridere, ma sempre sorridendo si avvicina a me.
Poi mi mette le mani sotto il mento e slaccia una sicura.
Un momento.
Sicura?
No. Ti prego dimmi che non ho davvero tenuto in testa il casco.
Prima figura di merda fatta. Mi appunto una V su una lista immaginaria nella mia testa delle probabili mie figure di merda in un'uscita con Louis Tomlinson.
Divento rossa come un peperone e me lo tolgo velocemente, forse troppo velocemente perché nel toglierlo glielo sbatto sul mento.
Figura di merda due. Seconda V. Dai che andiamo benissimo così!
Ma lui continua a ridere come uno scemo.
Solo in quel momento mi rendo conto che devo avere dei capelli tremendi.
Di bene in meglio insomma.
-Ciao- sbiascico guardandomi le mani, molto in imbarazzo.
-Ehi, sei stupenda. – e portando un dito sotto il mio viso me lo alza e mi guarda negli occhi.
Non posso fare altro che perdermi nei suoi occhi cristallini. 
Sono come il mare.
Terribilmente profondi.
Potrei stare ore a guardarli.
-Dove andiamo? – chiede curioso, allontanandosi di poco. Uff.
- Che domande! Ti porto a vedere Milano, l’hai mai vista? – rispondo decisa, alzando gli occhi al cielo.
Sorride divertito scuotendo la testa, ma non mi ha ancora dato una risposta che decido di prendere l’iniziativa, mi volto e comincio a camminare in direzione del mio meraviglioso veicolo dove all’interno ho un secondo casco.  Un casco terribile in effetti, viola, con scritte sbianchettate su un lato e stelle rosa fulo sull'altro.
Glielo porgo, lui mi guarda scettico quando salgo davanti determinata a guidare io perché dubito che un cantante milionario sappia guidare un motorino. Si siede dietro di me e si tiene sui manici del motorino posti a lato del suo sedere.
Poi partiamo.
Ha tutta l’aria di essere un appuntamento in stile Vacanze Romane.
Solo che io non sono Audrey Hepburn, e lui…bhè…lui non è Gregory Peck, è molto meglio.
Comincio a fare un giro per Milano, guidando come una pazza, indicandogli i luoghi più belli, da Via Torino a Via Montenapoleone, dall’Arco della Pace ai navigli.
Lui sorride divertito e continuiamo a parlare.
Ad un certo punto ad un semaforo, toglie le mani da dietro il motorino dove si teneva aggrappato e mi cinge la vita con le braccia.
Una scarica di adrenalina mi invade, sentendo le sue braccia a contatto col mio corpo. 
Io smetto di respirare.
Fisso per un momento le sue splendide mani.
Poi sento il suo respiro sul collo e non potrei essere più felice, e sorrido silenziosa.
Ripartiamo felici come non mai, e torno verso il centro-città, al Parco del Castello.

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