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Lista capitoli: Capitolo 1: *** quasi tua *** Capitolo 2: *** love story in progress *** Capitolo 3: *** una stranezza, un incubo e una prof tutto pepe *** Capitolo 4: *** cambiamenti in arrivo *** Capitolo 5: *** la rivelazione del secolo *** Capitolo 6: *** aspettando San Valentino *** Capitolo 7: *** il dramma di San Valentino *** Capitolo 8: *** her point of view *** Capitolo 9: *** uno sguardo al futuro *** Capitolo 10: *** l'ultima incertezza ***
“koriwa kieta” le risuonava nelle orecchie, sul sedile dell’autobus che l’avrebbe condotta alla stazione. Era andata a fare shopping con Sonoko, ma si era attardata e senza un mezzo di trasporto non avrebbe mai fatto in tempo.
Alla stazione incontrò Shinichi: sarebbero andati insieme al concerto di Gigliola Cinquetti, una cantante italiana che con le sue dolci note era riuscita a sfondare anche in Giappone, soprattutto con la versione tradotta di “le colline sono in fiore”.
A Shinichi non interessava granché la musica, ma doveva ammettere che quella donna aveva una bella voce e una grande passione.
Ran l’adorava. Quando era sola tirava fuori il suo lettore MP3 e l’ascoltava. Anche decine di volte. Shinichi aveva proposto di accompagnarla al concerto.
Le aveva fatto trovare un biglietto sulla scrivania e dopo meno di un minuto la ragazza già attendeva che gli squilli fossero sostituiti dalla sua voce. Non ci poteva credere: come aveva fatto a trovarli? Lei aveva saputo solo poche ore prima che il concerto sarebbe stato allestito!
Ora si trovava sul treno, accanto al suo amico d’infanzia, con lo sguardo sognante, ricordando l’episodio del primo caso risolto da Shinichi. Anche quella volta erano seduti l’uno accanto all’altra. Arrossì al ricordo di lui che le chiedeva informazioni sui reggiseno femminili.
Shinichi si accorse del cambiamento, e in silenzio si compiacque nel pensare che probabilmente l’emozione era dovuta all’essere lì, da sola, con lui. Arrossì a sua volta ricordando il giorno in cui, sotto le mentite spoglie di Conan, aveva visto la sua Ran completamente nuda, il suo fisico atletico, l’allegria di una bambina che sguazza in piscina e la dolcezza di una madre mentre lo lavava.
Era stata la prima volta in cui si era eccitato.
Dopo una giornata in giro con la spendacciona Sonoko, Ran era davvero esausta, e quasi inconsciamente si lasciò cadere sulla spalla di Shinichi.
Il viaggio fu tranquillo e il concerto fu appassionante a tal punto che al ritorno Ran non sarebbe riuscita a dormire neanche volendo.
Entrambi desideravano che quella romantica serata non finisse mai.
In un lampo gli venne in mente che sarebbe stato perfetto portarla al Luna Park, lo stesso dove si erano separati. All’inizio Ran si mostrò dubbiosa: non voleva perderlo di nuovo.
Provarono tutte le giostre, escluso il “treno dei misteri”, e pian piano Ran si sciolse.
Erano elettrizzati e tornando a casa non sarebbero riusciti a dormire, quindi salirono sulla banalissima ruota panoramica.
«domani vieni a salutare.. Conan? »
«ehm.. sì, certo » come no: avrebbe salutato se stesso! Avrebbe chiesto ad Ai di sostituirlo.
«Shinichi.. »
«Ran.. » si chiamarono all’unisono, e insieme arrossirono.
«prima tu» gli disse lei sorridendo
«io.. ricordo la sera in cui hai rischiato di schiantarti in aereo.. » Ran gli aveva confessato il suo amore.
«già.. meno male che c’era Kaito Kid » aveva davvero sperato che non ci fosse Shinichi: non avrebbe retto l’imbarazzo.
«ancora non credi che c’ero io con te al telefono? »
Lei lo guardò, incrociando i suoi occhi così determinati..
Lui la fissava, cercando di interpretare i suoi pensieri.
Lei non rispose, catturata dal suo magnetismo.
«ti amo» le disse e, prima che lei potesse anche solo capire cosa lui le stesse dicendo, la baciò.
Con la mano destra le prese la nuca per tirarla a sé, con la sinistra le prese la mano, incrociando le dita con le sue. Era la seconda volta che le loro labbra si toccavano, ma non aveva mai provato nulla di simile.
Ran impiegò un attimo a capire cosa stesse succedendo, ma non riuscì a staccarsi da lui, né avrebbe voluto..
Era il loro primo vero bacio, sognato per anni, sempre sottinteso e confessione muta di un amore profondo. Pianse a lungo, senza smettere di farsi baciare e baciarlo a sua volta, a più riprese. Pianse, di un’ ineguagliabile felicità.
Rimasero così, insieme, un’anima unica. A lungo. Si staccarono quando ormai mancava poco alla fine del giro. A Ran girava la testa dell’emozione e dalla felicità. Shinichi era posseduto dall’adrenalina. Rimasero a guardarsi. L’uno vedeva il proprio imbarazzo riflesso negli occhi dell’altra, comunicandosi chissà quali pensieri. Ran stava per dire qualcosa, per spezzare il silenzio ormai divenuto imbarazzante, ma Shinichi la precedette.
«vorrei che tu diventassi la mia ragazza – guardò i suoi occhi grandi – non che prima non ti considerassi tale, ma vorrei che fosse ufficiale» “così forse Sonoko smetterà di farti conoscere altri ragazzi”
Era sicuro della sua risposta, eppure non aveva idea di dove avesse trovato il coraggio di pronunciare quelle parole.
Prima che potesse rispondere, scesero dalla ruota panoramica, e si avviarono all’uscita.
Ormai erano passati diversi minuti ed erano arrivati sotto casa di Ran, senza che lei avesse pronunciato una singola parola. Shinichi aveva aspettato, immaginando di camminare mano nella mano con lei, di vederla arrossire, di sentire un “sì” uscire dalle sue labbra perfette, di baciarla ancora, e ancora, fino a scoppiare di desiderio.. si aspettava che anche lei lo desiderasse. Iniziava a temere di aver fatto un passo di troppo.
Quando lei tirò le chiavi fuori dalla borsa, le prese la mano
«scusa, ho esagerato.. non volevo metterti sotto pressione» disse, confuso
Lei staccò la mano dalla sua per tirarsi indietro una ciocca di capelli
«no.. mi ha fatto piacere. » accennò un sorriso, ma trasparì un velo di tristezza
«allora qual è il problema? » chiese, accarezzandole dolcemente la guancia
«possibile che tu non lo capisca? Tu non ci sei mai. Ci vediamo un paio di volte all’anno, e per il resto viviamo di telefonate fulminee. Fin da bambina ho sempre sognato di stare con te un giorno, penso che questo tu lo sappia bene.. ma come posso pensare di considerarmi la tua ragazza se la situazione è così instabile? Sai perfettamente che la mia prima reazione è stata un “sì” immediato – arrossì – ma come posso continuare così?con te che vai e vieni.. non sai quanto ho sofferto finora.. da domani le cose cambierebbero? » dopo la seconda frase le lacrime avevano cominciato a scenderle dagli occhi, e ormai avevano raggiunto la camicetta, copiose come pioggia.
Shinichi rifletté a lungo. Non poteva sapere che lui era sempre stato lì, accanto a lei, ogni giorno. Così vicino eppure così lontano..
Ormai avrebbe potuto confessarle tutto. L’ FBI era riuscita ad arrestare la banda criminale degli uomini in nero, però avevano anche fatto sparire ogni traccia dell’ APTX4869. Anche Shiho si era rassegnata e non aveva più approfondito la ricerca, per quanto Shinichi avesse insistito. Agasa gli aveva detto di cercare di capire i motivi di quell’atteggiamento. Non aveva tempo di pensarci.
«è incredibile che tu sia così cieco – gli disse Ran, acida – eppure sei un brillante detective »
«cosa? » era ancora più confuso
«so tutto» tutto lì. Non aggiunse neanche una parola
«tutto cosa? »
«so di te, di Conan, e di Shiho»
«c-cosa? »
« stupito? Shiho è venuta ieri a casa mia, mi ha detto che avevi avuto un incidente ed eri diventato un bambino, che per tornare in te dovevi prendere una pillola speciale.. avete un legame speciale »
«perché? Perché? » era sconvolto. Gliel’avrebbe pagata cara. Non avrebbe dovuto intromettersi
«cioè tu, a diciott’anni, ti sei trasformato in un bambino di sette, hai vissuto tutto il tempo a casa, nascondendomi ogni cosa, e ti preoccupi solo che qualcuno mi abbia detto la verità? » non smetteva di piangere
Shinichi non sapeva cosa dire. L’abbracciò tenendola stretta.
«Ran.. »
«Shinichi.. »
«Ran.. »
«ti prego.. – singhiozzò – dimmi la verità »
«tutto quello che vuoi»
«Shiho era la tua ragazza? »
«è questo che ti ha detto? »
«no.. mi ha detto che lei è molto più adatta a te di quanto non sia io.. »
«tra noi non c’è mai stato niente, te l’assicuro » era rassicurato dalla sua gelosia
«dove sei stato finora? »
«sempre con te» non riuscì a dirle di essere stato Conan..
«tutti i casi che dovevi risolvere.. erano tutte bugie.. » non sembrava una domanda
«non proprio: risolvevo un sacco di casi.. al posto di tuo padre»
«però mi hai mentito»
« so che suona ipocrita, ma volevo solo proteggerti – posò l’indice sulle labbra di Ran, pronta ad obiettare – lasciami spiegare: è vero. Ho avuto un incidente. Quella sera, al parco, ho scoperto i loschi degli uomini che avevo seguito, ma uno è arrivato da dietro e mi ha colpito alla nuca. Mi ha fatto ingerire un veleno che avrebbe dovuto uccidermi, ma ha avuto l’effetto di riportarmi all’età di sette anni. Sono venuto a vivere da voi per sfruttare l’attività di detective di tuo padre, per ritrovare quegli uomini, per tornare normale. A lungo andare non avevo scoperto nulla; solo con l’arrivo dell’FBI abbiamo raggiunto qualche risultato. Sono fuori pericolo da un paio di giorni. Non ho potuto dirti niente perché volevo proteggerti: se mi avessero trovato ti avrebbero fatto di tutto pur di farmi uscire allo scoperto.. non potevo perderti, ma ridotto ad un bambino non sarei nemmeno stato in grado di proteggerti. So che tutto questo potrà sembrarti un film di fantascienza. Anche per me è stato difficile da affrontare »
Non aggiunse scuse: se non avesse capito non sarebbero servite a nulla. E se avesse capito, neppure.
Ran rifletté attentamente su quelle parole. Le stava venendo il mal di testa. alla fine disse solo:
«e Shiho cosa c’entra? »
«Shiho è la scienziata che mi ha fornito pillole provvisorie, per tornare in me, per poterti vedere.. il veleno l’aveva creato lei.. » passò un altro interminabile minuto.
«ti credo. »
«davvero? »
«non dovrei? »
«al contrario.. »
«devo pensarci su. Andiamo a dormire »
Lui la guardò, interdetto
«tra qualche ora l’effetto della pillola sarà svanito, no? È inutile che torni a casa tua. Domani sarai di nuovo Conan » e un velo di tristezza le sfiorò lo sguardo
«ma ormai non ho più motivo di risolvere casi al posto di tuo padre » era imbarazzato
«ma Conan non può sparire di punto in bianco. Lui è un bambino. »
Salirono le scale in silenzio. Ran più confusa e Shinichi più imbarazzato che mai.
Quando si avviò verso quella che ormai era la “sua” camera, Ran lo bloccò
«vieni di là. Ho ancora delle domande da farti» Shinichi, esterrefatto, la seguì in camera sua.
Si sentiva un estraneo, nonostante fosse entrato in quella stanza senza problemi per mesi.
Si sedette alla scrivania, guardandola mentre si accomodava sul letto.
«scusami» Ran non era mai stata fredda e razionale come in quegli ultimi minuti, e questo suo atteggiamento aveva finito per spaventare il ragazzo
«non ero pronta ad una giornata come questa.. sono stata presa alla sprovvista e.. » cominciò a piangere a dirotto, senza riuscire a parlare. In modo sommesso, per non svegliare Kogoro.
Dopo un momento di incertezza, Shinichi si alzò, lentamente, si avvicinò e la abbracciò: capiva che non dovesse trovarsi in una posizione semplice, che fosse confusa e spaventata. Anche lui lo era.
«detesto vederti piangere.. non lo sopporto» le disse, quasi sul punto di piangere a sua volta.
Gli aveva già sentito dire quella frase, quando una misteriosa ragazza si era presentata da suo padre come la ragazza di Shinichi
«come ho fatto a non accorgermene? »
«di cosa? »
«di te che eri Conan.. di Conan che in realtà eri tu.. come ho fatto a non capire? »
«ho fatto in modo che non te ne accorgessi, ad ogni costo. »
Ran aveva smesso di piangere e Shinichi, ancora confuso per i suoi cambiamenti d’umore così repentini, la lasciò sedere, quasi in trance, sul letto. Restò in piedi a guardarla. A lungo. Avrebbe continuato a guardarla per sempre. Avrebbe dovuto lasciarla dormire e andarsene, ormai era l’una di notte passata, ma non ebbe la forza di farlo. Probabilmente il giorno dopo lei non gli avrebbe rivolto la parola, e lui non poteva rimanere con quel dubbio
«so che non ho il diritto di chiedertelo, ma hai pensato a quello che ti ho chiesto? » trasse un respiro profondo ed espirò rumorosamente. Era rosso come un pomodoro.
In effetti sì, ci aveva pensato eccome.. non poteva ignorare i sentimenti cresciuti in lei in quegli anni, eppure era impensabile fidanzarsi con un bambino o costringere Shinichi a prendere continuamente quella strana pillola.
Non rispose per un tempo infinito. Lui rimase in attesa, paziente.
Diede segno di una qualche reazione solo quando ricominciò a piangere e gli buttò le braccia al collo. Lui la strinse a sé con dolcezza, accarezzandole i capelli, felice.
Sarebbero rimasti lì, in piedi, abbracciati, tutta la notte, se Ran non si fosse ricordata improvvisamente una frase di Kazuha : “quando una donna dimostra interesse verso un uomo, è impossibile che non succeda nulla”. Poi aveva provato a dichiararsi ad Heiji. Se solo lui l’avesse ascoltata. Ora lei aveva la possibilità di prendere l’iniziativa senza timore: Shinichi già due volte le aveva apertamente dichiarato il suo amore.
Allentò la presa, senza sciogliere l’abbraccio. Lo guardò negli occhi, cercando qualche traccia delle emozioni che in quel momento lei stava provando così intensamente. Vide solo felicità. Nessuna traccia della confusione che albergava in lei. Vide desiderio, speranza, passione, amore. Non c’era posto per l’indecisione.
Chiuse gli occhi, in attesa. Quando sentì le labbra di Shinichi sfiorare dolcemente le sue li socchiuse in due piccole fessure, giusto per avere un flebile contatto con la realtà.
Le loro mani si cercarono e le dita si intrecciarono a mezz’aria, come a chiarire che niente avrebbe potuto separarli. Erano quasi le due di notte. Non importava.
Shinichi non avrebbe potuto essere più felice. Con sua grande sorpresa, Ran la pensava diversamente. Interruppe il bacio e tornò ad abbracciarlo; all’improvviso lo baciò sul collo, come se fosse la cosa più normale del mondo. Lo guardò, stupito, e tornò a baciarlo, sulle labbra, sul collo, poi di nuovo sulle labbra, a ripetizione, scendendo sempre più fino alla spalla, da entrambe le parti. Sembrava posseduta. Shinichi rimase impietrito: non l’aveva mai vista così. Nelle sue fantasie più spinte aveva immaginato, al massimo, di baciarla, sulle labbra, dolcemente, con passione, in tutti i modi possibili, ma lì si era fermato. Le aveva stretto la mano, l’aveva abbracciata, portata al cinema. L’aveva baciata ancora prima di riportarla a casa dal padre. Alla vecchia maniera.
Prima che potesse accorgersene aveva avuto un’erezione. Era la seconda volta in vita sua.
Erano ancora in piedi. Iniziò, estatico, a sfilarle la maglietta, mentre lei gli sbottonava la camicia. Il seno gli sembrò più prosperoso dell’ultima volta che l’aveva visto, ma forse era l’effetto della biancheria. Ran sfiorava dolcemente, ammirata, i suoi muscoli addominali. Si baciarono a lungo, accarezzandosi, ma quando Ran si diresse verso i pantaloni, Shinichi si bloccò, smise di baciarla e le porse la maglietta.
«scusa.. » Ran era l’imbarazzo fatto persona. Si era fatta prendere dall’euforia del momento, lasciando il cervello in stand-by
«tranquilla – le disse, quasi ridendo – anzi, sono io a chiederti scusa: forse non avresti reagito così se non ti avessi trascurata tanto a lungo.. »
«sembravo impazzita? »
« beh.. diciamo non lucida » sorrise
«.. va beh.. ora vado, ti lascio dormire» si sforzò di non sorridere troppo
«Shinichi? »
«sì? »
«buona notte» la sua proposta era ancora valida? Gli avrebbe risposto.
Lui provò a trattenersi, ma senza risultati. Tornò indietro e la baciò.. sulla fronte.
Provò un senso di impotenza: non riusciva ad andarsene. Il solo pensiero che sarebbero stati divisi da un muro gli causava dolore. Almeno per il momento avrebbe dovuto sopportare.
Andò in camera e si sdraiò, ripensando a tutti gli avvenimenti di quella giornata straordinaria.
Dopo che la pillola di Ai aveva fatto effetto si era sentito rinato, molto meglio del solito. Probabilmente era l’attesa dell’appuntamento con Ran.
L’aveva aspettata alla stazione, avevano preso il treno e si erano goduti il viaggio in silenzio. Lei aveva dormito sulla sua spalla e, una volta sicuro che si fosse addormentata, aveva posato per un momento la guancia sulla sua fronte. Aveva provato il fortissimo desiderio di restare così, sfiorarle la mano, carezzarle il viso. Ma il treno era affollato e chi l’avesse visto avrebbe pensato che fossero fidanzati. E così no era. Non ancora.
Era sempre stato innamorato di Ran, fin dalle elementari, ma aveva sempre dato per scontato il loro rapporto. Mai come in quel momento aveva desiderato che la loro relazione fosse ufficiale. Lei ne sarebbe stata felice: nei panni di Conan era stato testimone del suo dolore per la lontananza, dell’incorruttibile sentimento che gli portava, della forza con cui lo sosteneva. Aveva pensato di dichiararsi al concerto, ma aveva bisogno di un posto più tranquillo, di un’atmosfera romantica. L’apice della ruota panoramica, lo sfondo delle luci di Tokyo avvolta nella notte sarebbero stati perfetti.
La necessità era andata crescendo in modo esponenziale, finché l’aveva baciata, senza nemmeno darle il tempo di rispondere. La velocità aveva tradito la sua insicurezza. La sensazione delle sue labbra morbide, fini e perfettamente proporzionate, ancora non l’abbandonava. Quel dolce sapore trasmetteva desiderio, passione, felicità e stupore: sentimenti che non gli erano affatto estranei. Si era dichiarato, all’antica, senza dare nulla per scontato. Di certo non si era aspettato la sua reazione, la sua fredda sfiducia l’aveva ferito. Eppure ora sembrava che fosse finalmente riuscita ad accettare la realtà, che fosse disposta a perdonarlo e ad amarlo, ancora. Evidentemente, però, era molto confusa: la libertà che si era presa in quel momento di intimità lo indicava chiaramente. In lui restava vivo il ricordo di quel momento: il suo seno quasi in vista, premuto contro suo petto, la sua intraprendenza.. la propria eccitazione.
In realtà non capiva bene cosa fosse successo: sembrava che avesse accettato di fare di Shinichi il suo ragazzo, ma dopotutto Conan era sempre un bambino, non poteva sparire all’improvviso, quindi sarebbe stato costretto a vivere ancora con lei e Kogoro (che senza un bel sonnellino non combinava niente). O no? Avrebbero confessato tutto? Cadde in un sonno profondo.
Al di là del muro, i pensieri di Ran erano simili, ma coperti da un sottile velo di felicità, che portava le lacrime a scendere lente sulle guance. Adesso erano finalmente una coppia? Quando avrebbe potuto di nuovo provare la sensazione delle sue labbra, le braccia intorno al corpo? Quando avrebbe potuto rivedere Shinichi? Entro poche ore si sarebbe trovata Conan davanti: come si sarebbe dovuta comportare?
Si alzò e si diresse silenziosamente nella sua camera, per rivelargli cosa provava in fondo al cuore.
Entrò e lo trovò lì, addormentato, bello come un sogno. Non lo svegliò. Lasciò che il suo sguardo amorevole cadesse su di lui. Tornò a letto. Chiuse gli occhi.
Sentì un paio di labbra sfiorare appena le sue. Probabilmente stava ancora sognando di essere al parco in sua compagnia, come una coppia normale. Aprì gli occhi: consapevole della realtà avrebbe trovato impossibile trattenere un’ utopia. Non sarebbero mai stati una coppia normale. Non erano nemmeno una coppia. Aprì gli occhi e vide il suo viso così vicino, gli occhi chiusi, il naso respirava il suo odore. Rimase immobile, gli occhi gonfi di lacrime, ancora per un secondo, incredula, poi lui si staccò. Chiuse gli occhi, aspettando che se ne andasse per “svegliarsi”.
«scusa – lo sentì dire, sfiorandole la guancia con due dita – so di non essere abbastanza per te, ma tu sei tutto per me»
Si alzò e chiuse la porta dietro di sé, tornò dopo meno di un minuto.
«perdonami, per tutto» si chinò e la baciò un’ultima volta. Ran smise di fingere e ricambiò il bacio, assecondando i suoi movimenti e, ancora mezzo addormentata gli disse «ti amo»
«pensavo dormissi»
«anch’io – rispose – pensavo fosse un sogno»
« Guarda quella maglietta! Mi starebbe bene, vero? »
Ran aveva smesso di ascoltarla. Si era bloccata,
all’improvviso, come un macchina durante un blackout.
Sulle strisce pedonali di fianco al negozio di cui Sonoko bramava
di attraversare la soglia così ardentemente aveva davvero visto passare
Shinichi, lo stesso Shinichi che da mesi non si faceva sentire che attraverso
brevi telefonate, che non sapeva dove fosse, cosa facesse, con chi.. la
risposta si era parata davanti ai suoi occhi, un fulmine imprevisto nel cielo
sereno ma freddo di quella mattina di inizio febbraio. Era davvero Shinichi,
l’amico d’infanzia che amava da sempre, quello che reggeva l’ombrello blu a
quella bella ragazza a pochi passi da lei? Possibile che non l’avesse nemmeno
notata?
«ve-vedi anche tu quello che vedo io? » con il tatto di uno
scaricatore di porto, l’amica le fece presente il dovere di soddisfare le sue
manie di protagonismo: l’aveva lasciata sola ad ammirare quell’inutile capo
d’abbigliamento, mentre il suo cuore tentava di digerire la dolorosa scena che
le si parava davanti agli occhi.
«Shinichi! » Ran gridò senza ritegno, senza badare alle
osservazioni della vicina, senza considerare che era in mezzo alla strada, nel
centro di Tokyo, che tutti i presenti si voltarono a guardare la bella ragazza
dal fisico atletico e il cuore spezzato che urlava quel nome probabilmente già
visto decine di volte sui giornali, tutti tranne il ragazzo dalla carnagione
chiara che reggeva l’ombrello all’adolescente con cui parlava, cui sorrideva,
incurante del frastuono provocato dalla caduta dei mille pezzi di quel piccolo
cuore.
Il tempo si fermò.
«Shinichi! » non si girò. “che stupida.. davvero pensavo di
ottenere qualcosa?”
«dicevi, quella maglietta? » cercò di distogliere
l’attenzione dagli sguardi curiosi che le perforavano l’anima, dalla vista
angosciante di cui era stata giocoforzatestimone.
«Ran.. » per quanto piena di sé, Sonoko non era stupida. Si
sentì profondamente in pena per l’amica, e con la sua frizzante venaallegra, la costrinse a schiodarsi di lì, a
lasciare ogni dolore su quel freddo asfalto dipinto di bianco, e a seguirla
nella caccia ai migliori capi d’abbigliamento.
«e dai! Basta! Vi prego! » Genta e Mitsuhiko rincorrevano
Conan senza sosta, senza tuttavia riuscire ad acciuffarlo
«non ci scappi! – disse il primo bambino, incurante del
fiato corto che la corsa aveva lasciato al suo fisico imponente – devi
smetterla di fare il furbo con Ayumi! » arrossì, e forse non era solo per il freddo
di febbraio che prendeva a schiaffi la loro faccia senza pietà.
“è solo un bambino, in fondo – pensò Ai, schernendo
divertita il piccolo grande detective – guarda come scappa da quei marmocchi”
«non è bello? » la voce acuta della dolce Ayumi la raggiunsero,
una scossa alla sua imperturbabilità
«chi? »
«Conan, ovviamente! »
«bah.. se lo dici tu.. »
«v-vuoi dire che non ti piace? » chiese timidamente,
speranzosa
«dovrebbe? »
«no!.. cioè.. non lo so.. sembrate così uniti, quasi apparteneste ad un altro mondo..
quando ci sei tu nemmeno mi vede »
«sei gelosa? » la finta bambina si divertiva, sadicamente
«no.. io.. – era paonazza – allora non provi nulla per lui?
»
Pensò attentamente alla risposta da darle: non poteva negare
l’attrazione che quel folle detective suscitava in lei, ma in fondo non aveva
senso far soffrire una bambina che con lui non avrebbe mai avuto speranze. Lui
amava solo quella maledetta karateka, così’ ingenua , cieca, innamorata e
goffa.. proprio come si sentiva lei. Era quella ragazza la sua unica rivale.
«e se anche fosse? » rispose infine
Non portarmelo via! Ti prego » esclamò, con le lacrime che
lottavano con il freddo per scendere dagli occhi, invadere il suo tenero viso e
dare modo al suo piccolo grande dolore di sfogarsi. Sebbene fosse quasi una
costante vedere la piccola sulla soglia del pianto, alla scienziata si strinse
il cuore: anche lei avrebbe voluto piangere, disperatamente, e gridare, e avere
qualcuno a rassicurarla, a dirle che andava tutto bene, che sarebbe stata felice.
Si rivedeva in quella bimba dagli occhi grandi, fin troppo. A sette anni, con
l’amore per Shinichi nel cuore, non avrebbe voluto piangere lì, in quel parco,
con un’altra bambina pressoché sconosciuta, per lo stesso identico motivo, per
lo stesso bambino, ragazzo, amore.
«tranquilla: non è me che vuole » dei mali scelse il minore.
Non le avrebbe detto che in realtà il piccoletto stravedeva per la “sorellona” , ma non volle mentirle.
«tu.. tu sai chi piace a Conan? »
«sì»
«e.. non sei tu? »
«a quanto pare no»
«e chi..
«frena – la interruppe, brusca – non te lo dirò. Se ti
interessa chiedilo a lui. Sta venendo da questa parte»
«aiutatemi! Quei due sono impazziti! » cercò rassicurazioni nello sguardo di
Ayumi: non avrebbe lasciato che lo trattassero così, evitò di guardare il
prevedibile scherno negli occhi di Shiho. Tutto si aspettava, fuorché ditrovare la piccola rossa in viso per il
pianto trattenuto, e la grande senza il sorriso beffardo che la caratterizzava
« che è successo? »
TU –
«dai..
TU—
« per favore..
TU—
«rispondi..
Con l’orecchio incollato al telefono, Ran attendeva che il
suo bugiardo preferito rispondesse
«ciao! A domani » i Ai e Conan salutarono i tre bambini e si
avviarono a casa
«finalmente » lei era sollevata.. non voleva ammetterlo,
perché non aveva senso, ma l’atteggiamento di Ayumi le aveva dato parecchio sui
nervi
« che hai fatto ad Ayumi? » lui era preoccupato: sapeva
quanto la sua amica potesse essere acida e scostante, e si rendeva conto che
per un bambino non dovesse essere piacevole avere a che fare con un suo momento
“no”
«le ho detto che so chi ti piace»
Shinichi arrossì violentemente
«e chi ti ha dato il permesso di..
«tranquillo. – ordinò – non le ho detto che sei perdutamente
innamorato della figlia liceale di quel detective fallito» non si sforzò
nemmeno di trattenere un risolino
«Haibara! »
«quella bambina è pazza di te.. anche i mocciosi se ne sono
accorti.. possibile che tu sia l’unico a non vedere le stragi di cuori che fai
appena sorridi? .. cioè – si riprese – appena passi? » la sua spavalderia e
acidità si erano trasformate in profonda tristezza
«Ai.. che stai dicendo? » si voltò e la trattenne con un
braccio, per impedirle di proseguire svelta ed evitare il discorso, cosa che
avrebbe fatto di certo
«dovunque tu vada fai strage di cuori.. qualsiasi ragazza ti
conosca si innamora di te.. volente o nolente.. »
«chi..
«Ran, in primis, ma non esiste solo lei.. non te ne accorgi,
Kudo? »
«io..
«ma certo: non sei capace di guardare oltre la sua gonnella.
Sei proprio un bambino! » detto questo si risolse a liberare il braccio dalla
presa forte e decisa dell’uomo che, inconsapevolmente, le teneva stretto il
cuore. Prima di correre via, per evitare che lui potesse vedere le lacrime che
iniziavano a solcarle il viso, vide la piccola illusa con la merenda di Conan
in manoe, in un impeto di perfidia, gli
si avvicinò e gli schioccò un rapido bacio sulla guancia
«avevi dimenticato la merenda al par..
Lui non la sentiva, la mente rivolta a quel gesto
imprevisto, inatteso e quanto mai piacevole.. lei se n’era andata. Il telefono
gli squillò nella tasca e si allontanò per rispondere, ancora sconvolto.
«pronto? »
«FINAMENTE! Si può sapere dov’eri finito? » le urla di Ran gli perforarono il
timpano
«buongiorno anche a te.. perché sei arrabbiata? »
«perche?! Vediamo: non ci sei, fai il galletto con le altre e nemmeno mi
rispondi, può essere? »
La sua mente volò al bacio di Ai
«scusa »
«che? » chiese la ragazza, interdetta.. allora era vero
quello che aveva visto? Era davvero Shinichi che aveva visto quella mattina? In
compagnia di quella ragazza?
«ti ho chiesto scusa: in questo periodo mi sono fatto
sentire poco.. » la sua voce divenne flebile e il cuore della sua amata amica
d’infanzia mancò un battito.
«Shinichi.. stai bene? »
«non lo so.. mi gira la testa.. ti chiamo tra un po’, okay? » ma non attese la
risposta e pose fine alla chiamata: non riusciva più a sostenere il papillon
all’altezza della bocca, il telefono gli cadde di mano. Sentì un potente
stretta al cuore. Com’era possibile? Che si stesse finalmente ritrasformando?
Che l’effetto dell’APTX fosse finalmente giunto al termine?
Quando riuscì a liberarsi da quel dolore atroce, corse a
perdifiato dal dottor Agasa. Doveva parlare con Shiho.
Quando se lo vide davanti, trafelato, con la luce delle
scale che gli illuminava la schiena lasciando il suo volto in penombra, come
all’apparizione di un angelo, il viso imperlato di sudore, il cuore le cedette
per un attimo. Era bellissimo. Desiderò ardentemente essere una karateka
diciassettenne figli di un detective incapace, studentessa della Teitan.
«anche tu le fitte? »
«che è successo? » disse annuendo. Quell’espressione
stranamente sorridente le donava proprio..
Il campanello la fece sobbalzare, ma si riprese velocemente
e scese le scale per andare ad aprire.
«Ayumi.. è successo qualcosa? »
«Conan c’è? » chiese risoluta, ignorando completamente l’espressione confusa
della sua interlocutrice.
«no, ha chiamato prima per dire che avrebbe passato un po’
di tempo da Agasa, vuoi che gli dica qualcosa?»
«no, non importa.. posso parlarti un attimo? » la sua
intraprendenza vacillò, ma riuscì a mantenere un’espressione severa che non le
si addiceva per nulla.
«a-a me? Certo.. entra, ti offro qualcosa da mangiare? »
«no grazie – il suo tono professionale impressionò
notevolmente la ragazza, che iniziò a sentirsi inquieta – vorrei parlarti.. di
Conan»
«cosa vuoi sapere? »
«Ran, tu sei fidanzata con Shinichi, vero? »
«ehm.. – ma che domanda è? Cosa c’entra Shinichi?- veramente non proprio» e un velo di
tristezza le coprì il volto. Non si sforzò di tirare indietro i capelli che le
erano caduti davanti agli occhi
«comunque – continuò, imperterrita – devi dire a Conan che
hai già un fidanzato, che con te non ha speranze! » dovette sforzarsi non poco
per trattenere le lacrime
«c-cosa? Conan? Ma che dici? »
«senti, io.. oggi ho parlato con Ai. Mi ha detto che sa chi piace a Conan, ma
non ha voluto dirmelo. Ha detto dolo di non essere lei. So di non essere io –
adesso le lacrime ignoravano ogni suo tentativo di trattenerle – quindi l’unica
che rimane sei tu! »
«p-perché proprio io? » non poteva
credere alle proprie orecchie
«perché non può essere un’altra bambina. Sono tutte come
me.. avevo pensato ad Ai perché sembra più grande, come Conan. Ma se non è
lei.. puoi essere solo tu! »
Ci pensò attentamente. In effetti il ragionamento filava.
Lei stessa aveva notato che Conan e Ai sembravano molto più maturi dei loro
coetanei, tanto che le era venuto più di una volta il dubbio che Conan potesse
essere il suo amico detective scomparso... ma Ai? Scartò l’idea. Dopotutto,
come sarebbe stato possibile rimpicciolirsi?
«Ayumi – provò a posare una mano rassicurante sulla sua, ma
il suo tentativo fu rifiutato – guarda che secondo me stai prendendo un
granchio – “dopotutto, se davvero fosse così, significherebbe che a me proprio
non tiene, se è stato costretto a trasformarsi in un bambino pur di non dover
passare del tempo con me..” – è impossibile» e si riferì più a se stessa che alla
bambina. Shinichi le mancava da impazzire. Spesso si trovava senza fiato,
incantata a pensare a lui. Era come se l’aria che respirava fosse stata privata
dell’ossigeno.
«tu cosa provi per lui? » la piccola non si arrendeva. Aveva
bisogno di conferme come non mai. Solo che non le avrebbe trovate in Ran.
«di sicuro gli voglio un gran bene.. – parlava di Shinichi o
di Conan? – comunque è piccolo per me.. stai tranquilla» le sorrise, per
dimostrarle un calore che invece le mancava.
«grazie, Ran! »
Corse via diretta dal dottor Agasa, da Ai.. da Conan.
Lasciandola lì, seduta al tavolo della cucina, con un bicchiere d’acqua pieno
in mano. Arrivò in un baleno. Non le rimaneva che suonare il campanello.
«non ne ho idea. Prima mi sono sentita male, come quando ho
preso l’apotoxina. Ho provato due volte a fare una
ricerca approfondita, ma i risultati sono pressoché nulli. »
il ragazzo doveva cambiare argomento: la medicina era un punto morto, e di
sicuro non voleva che Shiho affrontasse l’argomento del bacio..
«sei stata crudele prima.. hai fatto stare male Ayumi.. è
solo una bambina »
«cos’è? Il mio bacio non ti è piaciuto, detective? »
appunto. Arrossì.
«simpatica.. si può sapere che le hai detto? »
«no. » e tornò ad interessarsi intensamente alla sua ricerca.
“Ai sembra più grande, come Conan”
“puoi essere solo tu!”
“e se davvero Ayumi avesse ragione? Se Conan fosse
Shinichi?... innamorato di me? – arrossì. – no, non è possibile. » con il
sorriso più triste del mondo dipinto in volto, si addormentò, col cuore a
mille. Forse sognò Shinichi. Forse lo faceva da mesi, tutte le notti, e di lui
non ricordava nemmeno più i sogni.
Capitolo 3 *** una stranezza, un incubo e una prof tutto pepe ***
Il campanello continuava a suonare, ma l’assenza di risposte
lasciava supporre che nessuno fosse in casa. “possibile? – pensò la bambina,
presa dall’agitazione – dove saranno andati?” era sul punto di arrendersi e
tornare indietro, quando d’un tratto sentì i passi di qualcuno che correva, e
la SUA voce, che salutava e apriva la porta per uscire
«Ayumi.. ciao..»
«c-ciao, Conan » rispose, con voce tremante, il cuore che
batteva all’impazzata e le gote che non volevano lasciarsi il rossore alle
spalle
Il finto bambino si voltò per salutare Agasa, ma sentì un
piccolo petto posarsi sul suo addome, due braccia circondarlo, una testa
poggiare sulla sua spalla. Shiho non aveva nemmeno visto la piccola: l’unica
cosa che contava per lei, in quel momento, era che Shinichi se ne stava
andando, e doveva fermarlo. Aveva deciso. Si sarebbe lasciata alle spalle Gin,
l’organizzazione, tutti i problemi che avevano arrecato alla sua famiglia e
alla sua vita; se le ricerche avessero continuato a non dare risultati avrebbe
anche smesso di cercare un antidoto all’APTX4869. Non le importava più di
essere una adulta, voleva solo passare la sua vita al fianco di
quell’investigatore scapestrato per cui aveva perso la testa. Dopotutto, se non
avesse trovato l’antidoto, lui sarebbe rimasto così per sempre, troppo piccolo
per Ran, troppo lontano e pieno di segreti. Forse si sarebbe accorto di lei,
finalmente. Aveva deciso. Sarebbe diventata dolce, sensibile, un po’ ingenua e
qualsiasi altra cosa che gli piacesse. Il vederlo piombare nel laboratorio
tutto smesso le aveva fatto capire che non sempre nella vita il rigore è
sinonimo di felicità e giustizia.. a volte si può allentare la presa sulla
vita, per godersi ciò che le restava. E, in fondo, una vita senza Shinichi non
avrebbe avuto alcun significato, quindi, perché separarsi?
«scusa.. non avrei dovuto attaccarti.. » sì: gli aveva
chiesto scusa. La ragazza più acida, scontrosa, e incazzata col mondo gli aveva
appena chiesto scusa. La cosa lo lasciò basito
«n-niente.. » rispose, imbarazzato
“wow.. sono proprio una bella coppietta. Chissà cosa pensa
Shinichi.. se non si dovesse trovare l’antidoto e dovesse restare così per
sempre, chissà cosa nascerebbe tra quei due.. sembrano due fidanzatini, così
abbracciati.” Pensò l’ingenuo dottor Agasa con un sorriso, sperando di non aver
espresso i suoi pensieri ad alta voce
«ehm.. Ai? » Conan la chiamò, a voce un po’ più alta
«sì? » lo guardò, anche se staccare la guancia dell’incavo
del suo collo non le piacque molto come alternativa. Aveva un profumo
celestiale.. possibile che non se ne fosse mai accorta? Lo guardò e la vide.
Lì, in piedi, a guardare la scena con gli occhi sbarrati gonfi di lacrime,
rossa in viso, con i pugni chiusi lungo i fianchi. Ayumi. Aveva assistito a
tutto lo scambio, dall’inizio alla fine, e ci era rimasta parecchio male. Aveva
il cuore spezzato. Le fece pena. Si staccò dal ragazzo
«dimmi – si rivolse alla bambina – ti serve qualco.. » non concluse la frase, l’interlocutrice era già
scappata.
Il giorno dopo, a scuola, il banco di Shinichi era ancora
vuoto.
Perché si stupiva? Era vuoto da mesi, ormai..
«oggi pomeriggio andiamo a fare shopping? » irruppe Sonoko,
alla fine delle lezioni
«di nuovo? Ma siamo andate ieri! »
«sì.. ma fra poco sarà San Valentino, e io non ho niente da
mettere! »
«immagino.. » commentò, sarcastica
«e dai! Potresti fare incontri interessanti! » la sfotté,
senza curarsi dell’effetto che quelle parole avrebbero potuto avere sull’amica
“Shinichi.. ieri l’ho visto con una ragazza.. potrei vederlo
e fermarlo”
«allora, vieni? »
“devo ritrovarlo.. devo..”
«Ran? »
«sì? »
«a che pensavi? »
«niente, vengo »
Il pomeriggio passò in un lampo. Le vetrine sembravano tutte
uguali, e Sonoko, l’eterna indecisa Sonoko, aveva insistito per entrare in
tutti i negozi di abbigliamento del centro. Forse si era dimenticata che la sua
migliore amica era una karateka, e non una maratoneta.
Quando finalmente la riaccompagnò a casa, Ran corse in
camera, senza salutare il detective addormentato, e filò sotto le coperte, con
tutti i vestiti. “Shinichi.. mi manchi.. dove sei finito?”
Che fosse un’azione volontaria o un riflesso incondizionato,
le dita della sua mano destra strinsero il telefonino, e la costrinsero a
premere i tasti corrispondenti a QUEL numero, che conosceva a memoria da tanto
tempo.
Nessuna risposta.
«Shinichi.. posso parlarti? »
«magari un’altra volta, doc. sono di fretta.. » rispose
Conan, uscendo di filato dalla casa dello scienziato.
Arrivò a casa, trafelato. Corse di sopra, e notò con stupore
che tutte le porte erano state lasciate aperte: Ran le chiudeva sempre
meticolosamente.
«Ran? »
Non ottenne nessuna risposta e, preoccupato passò in tutte
le stanze. Non trovandola iniziò a preoccuparsi seriamente.
«Ran?! » arrivò in bagno e lo spettacolo che gli si parò
davanti agli occhi, lo lasciò senza parole. Non riusciva nemmeno a piangere
«RAAAAAAAAAAAAAAAAAAAN!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! » si
lasciò cadere per terra, accanto alla vasca, abbracciando il corpo ormai senza
vita della ragazza che tanto amava, con la testa rivolta l’interno e il polso
destro reciso. “NON È POSSIBILE!! PERCHÉ???!?!?!?!?!?!” perché l’aveva fatto?
Trovò una lettera autografa, posata vicino al porta sapone
“Shinichi,
non so perché, ma sento che sarai tu il primo a trovarmi,
quando sarà giunta la fine. Se così non fosse mi scuso per la persona che sta
leggendo ora.
Shinichi, sei stato il mio primo amico, il più grande amico
che io abbia mai avuto. Ti ho voluto un bene incommensurabile, e questo mio
gesto ne è la prova: ti ho visto con quella ragazza, ieri, in giro per i negozi
di Tokyo, le reggevi l’ombrello blu. Ti ricordi il caso che ti ho visto
risolvere al TropicalLand?
Quella povera ragazza.. aveva ucciso l’ex fidanzato perché divorata dalla
gelosia. Non riusciva più a vivere.. poi tu sarai stato testimone di migliaia
di omicidi passionali, quindi non hai bisogno della mia spiegazione per
comprenderne i moventi. Mi sono voluta uccidere, Shinichi. Per te. Tu forse non
ne sei al corrente, ma sapevo che eri scappato, scappato da me. Non c’era
bisogno di essere un detective per comprendere cosa ti passasse per la testa.
Non mi volevi più tra i piedi. Me ne sono andata. Spero che tu sia felice con
quella ragazza, ma io non ero più in grado di vivere senza di te. Non potevo.
Ti amo.
Ti amo, Shinichi. Ti amavo. Con tutta l’anima. Per me non
eri più l’amico d’infanzia che mi recuperava la merenda che distrattamente
perdevo, non eri più il bambino capriccioso che Yukiko
doveva recuperare sugli alberi ai giardinetti pubblici perché non te ne volevi
andare, nonostante fosse tardi. Per me eri un ragazzo, un uomo. Al tuo fianco
non mi sentivo più la bambina da proteggere. Mi sentivo protetta da te, ma non
riuscivo più a guardarti come prima. Sentivo l’elettricità percorrermi ogni
volta che mi sfioravi accidentalmente, mi sembrava di volare ogni volta che mi
guardavi con quei tuoi grandi occhi blu, mi sembrava di piacerti. Mi sono
illusa. Non pensavo che avrei potuto soffrire così tanto. Tu mi piacevi, tanto.
Non pensavo che avrei mai trovato il coraggio per dirtelo,
ma ora mi rimane poco tempo, quindi devo farlo.
Non è colpa tua quello che è successo. È colpa mia. È colpa
del mio essere un’inguaribile romantica, incapace di guardare alla realtà dei
fatti. Me ne vado triste, ma felice. Felice di poter essere fonte di
liberazione per te, che puoi smettere di evitarmi e tornare alla tua vita..
triste perché avrei voluto provare almeno una volta cosa si provasse a
baciarti. (impedisci a mio padre di morire di infarto per queste righe) ero
cresciuta. Ti desideravo. Ti amavo come non avevo mai amato nessuno al mondo.
Pazienza: vorrà dire che rimedierò quando passerai
dall’altra parte anche tu, se me lo permetterai.
Un’ultima cosa. Non metterti ad indagare su questo caso. Per
favore. Fallo per me, se in tutti questi anni hai mai pensato, anche solo una
volta, che, in fondo, un po’ di bene me lo volevi. Per favore: io non ci sono
più, ma penso di poter capire cosa provi. Fermati un attimo a pensare a cosa
provi per me, anche solo per un istante. Pensaci, così lo saprò anch’io.
Ti amo. (ora posso dirlo senza timore, senza arrossire,
senza paura che sentendo queste parole te ne andrai)
Ti amo.
Ti amo.
Vorrei ripeterlo fino a quando arriverai. Vorrei vedere la
tua espressione quando leggerai. Se anche sul tuo volto dovessi vedere dipinto
il disgusto.
Addio.
Ti amo.”
Ran, in camera sua e Shinichi, dal dottor Agasa, si
svegliarono all’improvviso, con una tachicardia degna di un uomo di mezza età
sulla soglia dell’infarto e un peso sul cuore che impediva loro di muoversi.
«TI AMO, RAN! » urlò, ad un semplice muro dipinto di bianco
“meno male, era solo un sogno.. devo chiamarla»
“era solo un sogno..”
Sentì il cellulare squillare, a quell’ora di notte, e in
cuor suo sapeva con chi avrebbe parlato. Lo prese di scatto, e aprì la
conversazione senza quasi accorgersene
«Ran! »
«Shinichi.. »
«tutto bene? »
«sì.. »
«Ran.. »
«sì? »
«torno a casa per San Valentino.. » che aveva detto?
«cosa? » davvero?
«ho detto..
«davvero? »
«ti.. ti fa piacere? »
«sì!.. cioè.. certo.. – non riuscì a trattenere un sorriso –
ti aspetto »
«buona notte »
«non penso che riuscirò ad addormentarmi.. »
«ti ho svegliata? Scusa. »
«tranquillo.. non è colpa tua. Ho avuto un incubo »
«che.. che incubo? »
«mah, una cavolata. Ho sognato che ero morta e..
«non dirlo! Ho avuto lo stesso incubo e.. sono morto di
paura »
«cosa? » ripensò alla materia dell’incubo: lei morta, con
una lettera d’amore indirizzata a Shinichi. Non poté fare a meno di arrossire
«giurami che non farai mai una sciocchezza simile »
«no, ma..
«mi manchi » le disse, prima di accorgersene. Arrossì
violentemente
Lei non rispose. Lo shock le aveva paralizzato ogni muscolo.
“mi manchi”?? le aveva davvero detto.. ?!
«cioè.. non mi fa piacere essere lontano.. volevo che lo
sapessi.. » « anche tu mi manchi» dissero, all’unisono, uno più rosso in viso
dell’altra, senza più niente di non-imbarazzante da dire..
«quando torni? » chiese, timida
«il tredici.. dopodomani »
«okay.. »
«Ran.. ti andrebbe di venire a cena con me? » ma che stava
facendo??
«certo.. » “che sta succedendo?”
«’notte »”amore..”
«buona notte» “amore..”
«tu sei pazzo. »
«dai, Ai! »
«non ci penso nemmeno»
«fino a ieri eri così dolce e carina – la sfotté – perché
sei tornata burbera e insensibile? »
“non ci penso nemmeno a darti il prototipo dell’antidoto,
solo per passare San Valentino con la tua Ran.. no!”
« scemo. Era solo per far sì che Ayumi la smettesse di
pensare a te.. così non si illuderà e non starà male.. »
«e dai.. »
«no. Quale parte di “è in fase sperimentale” non ti è
sufficientemente chiaro? »
«non mi importa. Vedo vederla.. »
«e, invece, passare un anno san Valentino separati, no? »
«cos’è? Sei gelosa, per caso? »
«figurati – “sì!!!! Ma non riesci proprio a capire cosa provo?” – non ho tempo
di pensare a certe cose, io »
Era irremovibile, quindi fece una cosa che avrebbe portato
la ragazza ad odiarlo.. la abbracciò di slancio, per avvicinarsi al cassetto
con le pillole. Mentre lei era distratta “come mai non mi respinge? Potrebbe
fermarmi..” ne estrasse una, e se la mise in tasca e richiuse il cassetto.
Cercò di sciogliere l’abbraccio, ma le braccia della
scienziata circondarono il suo collo e lo strinsero a lei
“ma che.. ?”
«ragazzi? C’è qualcosa che mi dovete dire? » il dottore era
appena sceso, e aveva visto Shinichi e Shiho abbracciati.. non era una scenetta
tipica
Si staccarono violentemente. Lei riprese a scrivere al
computer, lui se ne andò.
Mancavano solo tre giorni a San Valentino, e a scuola le
ragazze erano più civette del solito.. andava bene che il fatidico giorno
sarebbe stato sabato..
Ran entrò in classe rilassata, leggera, pensando alla
conversazione della sera prima.. non sapeva cosa aspettarsi e, contenta di aver
già dato tutti gli esami orali, era consapevole che avrebbe passato le
successive cinque ore a pensare a come si sarebbe evoluta la serata: cosa
avrebbero mangiato? Dove l’avrebbe portata? Cosa gli avrebbe detto? Cosa le
avrebbe risposto?..
Immaginava di andare a casa sua, una serata tranquilla, e
mangiare poche prelibatezze, in modo da non appesantirsi con una cena
mastodontica.. poi?
Percorrendo il corridoio che l’avrebbe condotta in classe,
ripensò ai precedenti san Valentino passati con Shinichi: una volta erano
andati al cinema, una volta erano andati a mangiare da Eri, un’altra l’avevano
passata in tenda con dottor Agasa, un’altra ancora l’avevano passato a Parigi,
con i genitori di Shinichi.. per quello erano considerati “gli sposini” dalle
elementari.. ogni volta che li chiamavano così arrossivano, ma a lei, in fondo,
quella definizione non dispiaceva.
Aprì la porta della sua classe e vide una quantità smisurata
di studenti e studentesse attorno al banco vicino al suo.. era il banco di
Shinichi.. non ci si sedeva mai nessuno, per rispetto.. chi aveva osato..?
Al suo arrivo molti studenti si erano allontanati dal banco
e avevano iniziato a ridere, guardandola. Si guardò a sua volta, come per
controllare di non aver dimenticato nulla di importante, come le scarpe o la
gonna, avendo la testa tra le nuvole, ma non notò nulla di strano, quindi tornò
a guardare davanti e sé. E lo vide.
Il cuore le si fermò, mozzandole il respiro. La cartella le
cadde di mano, e non riuscì ad ordinare ai muscoli di ricomporsi. Lo shock era
tropo grande, per poter fingere.
«buongiorno» QUELLA voce, la SUA voce, la salutò, con un
sorriso, che le fece perdere il senso dell’equilibrio. Fortuna che era ferma,
in piedi, a guardare esterrefatta quello spettacolo della natura. non se lo
ricordava così bello..
«che ci fai qui? » chiese, dopo un paio di minuti,
recuperato il fiato perso
«ti ho fatto una sorpresa – le disse, alzandosi – sono
tornato prima perché mio padre dovevo portare ad Agasa una cosa urgente da
parte di mio padre e così.. »
Le lacrime lottavano per scendere, felici, ma riuscì a
controllarle. Erano a scuola. Davanti a tutti i compagni. Non era il caso.
Cercando di mantenere un’espressione neutra, e senza
riuscirci, si sedette accanto al vecchio amico, sperando di non andare a
fuoco..
«buongiorno! » l’arrivo dell’insegnante spezzò la tensione
«oh! Vedo con piacere che il signorino ha deciso di onorarci
ancora della sua presenza! »
Shinichi sorrise alla professoressa di algebra, la più bella del corpo
insegnanti
«ne parliamo dopo le lezioni »
Iniziò a spiegare, tutti i ragazzi attenti, Shinichi voltato
verso Ran
«non sembri contenta di vedermi.. » commentò
«non mi hai avvisata.. »
«volevo farti una sorpresa.. mi aspetti dopo le lezioni?
Torniamo a casa insieme? » la speranza lo travolse: non poteva permettersi di
perderla, non di nuovo. Avrebbe preso pillole in eterno, piuttosto.
Quell’incubo era stato troppo vivido. Doveva proteggerla, a qualsiasi costo.
« devi parlare con miss perfezione.. » rispose, acida
«potrai capire. Mi dovrà fare una lavata di capo perché ho
saltato gli esami »
«non ho tempo di aspettarti» mantenne un tono sostenuto, che
faceva trapelare ovunque la sua gelosia.
«Mori! Kudo! Smettetela! parlate dopo. Signorina, il tuo
compagno deve recuperare un sacco di ore di assenza. Sarebbe gentile da parte
tua non disturbarlo con questo chiacchiericcio»
“brutta..”
«veramente, prof, sono stato io a parlarle.. e lei a cercare
di porre fine alla conversazione – la difese – ma, sa, sono una testa dura» le
sorrise, e lei lasciò da parte l’espressione arcigna che aveva riservato alla
ragazza.
L’arcigna insegnante rispose in silenzio, voltandosi
dall’altra parte per continuare la lezione.
Al suono della campanella, tutti i ragazzi si precipitarono
fuori, Shinichi andò a parlare con la professoressa, e Ran si attardò nel fare
la cartella, aspettandolo.
«mi dica.. » le si rivolse, sorridente
«Kudo, hai saltato molti giorni di scuola, oltre a diversi
esami. Spero che tu abbia intenzione di recuperare »
«certo, stia tranquilla: mi metterò in pari col programma »
«suppongo che ti farai aiutare da Mori »
«di sicuro: non ce la farei, altrimenti » sorrise al pensiero delle ore che
avrebbe passato con lei
«d’accordo, ma se dovessi accorgerti che non ce la fai,
potresti sempre rivolgerti a me, per delle ripetizioni. »
«Ehm.. lo sa che è vietato ai professori di una scuola
pubblica dare lezioni private ai propri studenti? »
“ma che vuole, quell’oca? – urlò, nel proprio pensiero, Ran
che, da dietro lo stipite, osservava la sena, mentre l’irritazione le saliva in
petto – cavolo! A ci sta provando con lui?! La denuncio e addio barbie!”
«sì.. ma tu non sei stato mio studente per tanto tempo..
dove sei stato? » chiese, con voce suadente, slacciando il primo bottone della
camicetta
“che sta facendo?! La ammazzo! Un altro giochetto e giuro
che la ammazzo”
«ehm.. un po’ ovunque – “devo fermarla” – ha caldo? »
“che?! La asseconda?!”
«un po’ sì.. sai, dev’essere
l’emozione: è tanto che non ti vedo.. »
«scusi ma devo andare: Ran mi aspetta.. »
“finalmente!”
«allora è vero che tra voi c’è del tenero? » chiese, con
tono di sfida
«ehm – “ti prego: fa’ che non si dietro la porta ad
ascoltare, fa’ che se sta ascoltando mi perdoni per questo giochetto.. dovrei
chiederglielo in un modo un po’ diverso, ma sono alle strette! Fa’ che non
passi nessuno di qui proprio in questo momento, fa’ che se la beva!” – in
effetti sì: è la mia ragazza » rispose, tranquillo
“o è l’attore più formidabile che abbia mai visto, o Mori è
la ragazza più fortunata del pianeta.. no!”
“ma che? Le ha detto che stiamo insieme? Avrebbe dovuto
sapere che avrei ascoltato..”
«sul serio? Congratulazioni!
«ehm..– la
interruppe – allora, arrivederci! » e scappò quasi di corsa dall’aula, alla
ricerca della compagna.
La trovò intenta a chiudere lo zaino, ma la sua espressione
tradiva che aveva ascoltato tutto.
Sentiva ancora su di sé gli occhi dell’insegnante, e decise
di portare avanti la recita.
«sei pronta? » chiese, amorevole
«s-sì.. andiamo » rispose lei,
scarlatta in viso e con le gambe quasi tremanti.. d’accordo: era solo una
recita, ma se la sarebbe goduta
«dammi.. » le prese la cartella, sotto il suo sguardo
esterrefatto. Le fece l’occhiolino e la prese per mano, incamminandosi verso
l’uscita.
“allora è vero.. accidenti..”
Subito prima di oltrepassare la soglia, posò per un attimo
le cartelle e la guardò. Si perse in quegli occhi lucidi, emozionati e confusi
che tanto gli piacevano. Provò il desiderio di baciarla, sarebbe bastato così
poco.. proprio come quella volta, alla recita della scuola: l’aveva
abbracciata, e pochi millimetri avevano separato le loro labbra, quando un urlo
straziante aveva interrotto la commedia. Tuttavia si rese conto che lei doveva
aver capito che fosse una finzione, e non volle passare per quel tipo di
ragazzo. quindi l’abbracciò, sfiorandole dolcemente la guancia con un bacio. La
strinse a sé, attonita, per un momento. Odorò il suo dolce profumo, le
accarezzò i lunghi capelli corvini e, avvicinandosi al suo orecchio le
sussurrò: «ti voglio bene ». per poi riprendere la marcia.
Quella mano scottava, ma era il bruciore più dolce del
mondo.. se solo non fosse stata una finzione. Ora anche lui era arrossito, ma
non per questo si decise a lasciarle la mano, nonostante fossero ormai lontani
dallo sguardo indagatore di quella strana donna. Dopo un centinaio di metri,
lei gli chiese spiegazioni, senza dimenticare di arrossire ad ogni parola, ad
ogni respiro
«ehm.. ora lei non ci vede più.. puoi lasciarmi la mano.. »
Lui alzò a portata di visuale le loro mani intrecciate, come
per risolvere un caso mettendosi davanti le prove che possedeva
«ti da fastidio? »
«no.. » “ma che fai? Shinichi, non ti capisco..”
«dove vorresti andare? »
«ehm.. a casa: devi metterti in pari col programma o
sbaglio? »
«ma devi sempre fare la secchiona? » disse, sbuffando.. ma
non staccandosi da lei.
«lo dico per te.. non sia mai che la prof ti debba sgridare
di nuovo.. »
«suppongo che tu abbia ascoltato tutto.. » ormai aveva
aperto la porta dell’ufficio di Kogoro, deserto
“di nuovo a giocare a majiong?”
«ti sbagli.. – arrossì ancora, se possibile.. sembrava
dovesse prendere fuoco – immagino, però, che se una professoressa ti richiama,
sia per ricordarti che non hai compiuto adeguatamente il tuo dovere.. »
«uhm? » si limitò a guardarla. Era perfetta. Le gote rosse le
donavano vita, gli occhi di quel colore indescrivibile la rendevano l’essere
più dolce e misterioso del pianeta. L’unico caso irrisolto di Shinichi.
«che c’è? »
«niente.. mi chiedevo.. cosa pensi di me? »
«che?! » okay, ancora una domanda del genere e sarebbe esplosa.. che caldo
faceva?!
«ti ho chiesto cosa pensi di me.. sai.. non me l’hai mai
detto.. ho sempre dato per scontato di essere tuo amico, che tu fossi mia
amica, ma non ho mai saputo cosa tu pensassi davvero»
“penso che se potessimo non essere ‘amici’ sarebbe meglio,
che tu sia il ragazzo più bello, intelligente, colto, stordito, ritardatario, egocentrico
del pianeta.. ma che se non mi lasci la mano entro subito, giuro che le fondo
così non mi staccherò mai da te”
«non.. non saprei cosa dirti.. cosa vuoi sapere,
esattamente? »
«boh.. se dovessimo allestire una recita, in che ruolo sarei
rispetto a te? Padre, figlio, fratello, cugino, amico.. » concluse l’elenco a
metà, perché mai avrebbe avuto il coraggio di pronunciare la parola “ragazzo” o
, peggio ancora, “fidanzato” di fronte a lei, riferendosi a se stesso..
Eppure le sembrò che avesse omesso la categoria che più gli
si addiceva..
«di sicuro né padre né figlio! » disse, sforzando una
risata, per spezzare la tensione
Il suo atteggiamento gli fece capire che la discussione
imbarazzante era durata anche troppo, quindi la salutò, con un «beh, pensaci e
fammelo sapere! » e un fulmineo bacio sulla guancia. Quella guancia.. scottava,
era come elettrica, gli diede la scossa, una scossa magnetica, che quasi gli
impediva di staccarsi, che solo una forza di volontà che non sapeva di
possedere poté quietare.
Scappò, a passo lento, da quella casa, dalla sua inquilina,
dal suo corpo infuocato.
«su quanti giornali sei apparso, oggi? » gli chiese, acida,
la scienziata.
«nessuno – le rispose a tono – non è successo nulla.. »
«ieri avevo deciso che avrei fatto un ultimo tentativo di ricerca, e che se
anche quello fosse andato a ramengo non avrei più continuato
«hai scoperto qualcosa? » la interruppe bruscamente
«parecchie»
«e.. cioè? »
«il prototipo che ti ho dato stamattina dovrebbe essere
sufficiente per circa quarantotto ore »
«fantastico! Così lo prendo sabato mattina e sono a posto per la cena! »
«non esattamente: se dovessi prenderlo prima di otto ore dallo svanire
dell’effetto dell’altro, andresti incontro a morte certa. » studiò attentamente
la sua espressione
«come sempre, no? » la sfotté
«no. Le altre volte le probabilità che morissi erano
relativamente basse: intorno al quaranta per cento.. ora sono certa al
novantacinque per cento. Il mio consiglio è di riprenderlo non prima di dodici
ore dopo. » “ma tanto so che farai di testa tua”
«cosa?! Dodici ore? Ma non farei in tempo! »
«meglio tardi che mai..giusto? »
«Shiho.. » Shinichi assunse un tono che mai gli era appartenuto. Un tono
minaccioso che non aveva mai usato neanche col peggiore dei criminali che aveva
incontrato, neanche con Kaito Kid quando aveva
coinvolto Ran nei suoi giochetti.
«Shinichi.. calmati.. non vorrai passare da detective a omicida,
vero? »
«dimmi.. dammi una sola buona ragione per cui non dovrei
farti fuori, qui ed ora. »
silenzio
«dimmi perché non me l’hai detto prima. »
silenzio
«dimmi perché ti sei demoralizzata! Perché? Perché non porti
avanti la ricerca? Perché hai iniziato a fare la civetta quando c’è Ayumi?
Perché vuoi ferirla? Perché non vuoi che io ritorni ad essere Shinichi? Perché
tu non hai mai preso l’antidoto? Perché odi Ran? Perché non vuoi vedermi
felice, per una volta? Perché non cerchi una felicità fuori dall’arroganza e
dalla freddezza dell’organizzazione? È come se ti avessero iniettato sangue
nero, marcio come le loro scelleratezze, come se tu non possa più essere Shiho Miyano. Haibara non esiste! Conan Edogawa
non esiste! Sherry non esiste! Sono tutte identità fittizie, non ricordi?! Tu
sei Shiho, non Ai, non Sherry! Che ti prende? Quando Agasa ti ha trovata ti ha
dato fiducia, IO ti ho dato fiducia, nonostante fossi la causa dei mniei problemi, nonostante io fossi stato ridotto così per
causa tua!! Voglio salo ce ti impegni a fondo, per me, per te! Per riprenderci
la vita che quei bastardi ci hanno tolto, per.. dove vai? »
Ai si era alzata dalla sedia che la sosteneva nelle sue
ricerche, si era diretta verso la porta dello studio, lasciandolo lì, solo, a
sbraitare contro un muro , un muro senza quadri, senza emozioni, come lui
credeva che lei si sentisse, in quel momento
«sei uno stupido. Senza di me tu non saresti più qui.
Saresti all’altro mondo, un fantasma con una pallottola in testa! »
E corse via, via da lui, via da quella tana sotterranea, via
da quella vita che non erra sua.
Per poco non si scontrò con Agasa che, sentite le urla di
Shinichi, era sceso a controllare.
Shinichi era immobile, a tentare di calmarsi, illuminato
dallo schermo del computer di Shiho, bisognoso di risposte.
Avrebbe voluto seguirla, assestarle un bel ceffone perché si
desse una calmata e parlarle con calma.. capire che diavolo le passasse per la
testa, ma sapeva che il suo intervento nonsarebbe stato gradito , quindi rinunciò all’impresa.
Shiho era in bagno, da Agasa, accasciata a terra in
posizione fetale, in attesa che l’antidoto facesse effetto.
“guarda cosa mi tocca fare per avere una speranza, una sola,
che mi guardi..”
«Shinichi.. ascolta: ti sei mai chiesto perché Ai sia sempre
così burbera e scontrosa? »
«ogni giorno, doc. ogni santo giorno che la vedo mi pongo questa domanda. »
«e allora perché non provi a cercare una risposta? »
«cosa intendi dire? »
«conosco le tue abilità di detective. Ti conosco da sempre. In un modo o
nell’altro riesci sempre a risolvere qualsiasi tipo di enigma
«tranne uno – lo interruppe – Ran è il mio unico caso irrisolto»
«ne sei sicuro? »
il detective in miniatura lo guardò, in quegli occhi profondi, chiari, vecchi e
saggi nella loro follia, intravide la risposta che cercava.. gliel’aveva detto
anche Hattori: sapeva leggere nella mente di
chiunque, ma non quando si trattava di questioni personali.
Il dottore colse il barlume che si accese nel giovane come
un segno di comprensione e continuò
«ammettilo: Ran non è più un caso irrisolto. Conan ne
conosce ogni aspetto, ogni sofferenza. Sa cosa prova per te.. lo sai benissimo,
solo che non vuoi guardare in faccia la realtà. Com’è che dici sempre? La
verità è una sola? Allora, se pensi che Ran sia sincera, hai la tua verità..
ora mi chiedo: il tuo unico mistero ancora irrisolto è l’organizzazione, vero?
»
«sì» rispose, cauto
«e tu un contatto con loro ce l’hai davanti a te, ogni
giorno »
La sua mente volò a Shiho, a quella scienziata mezza matta
che aveva creato il farmaco che avrebbe dovuto ucciderlo, che ora cercava di
rimediare, con scarso entusiasmo.. che le prendeva? Ultimamente era lunatica al
limite dell’umanamente possibile, lui non la capiva più: possibile che davvero
non le interessasse tornare alla sua vita di adulta?
«cosa dovrei fare? A stento mi parla! »
«e ti sei chiesto perché? »
«perché non mi sopporta, è evidente. Se fossi morto lei si sarebbe risparmiata
un sacco di problemi, e si rimprovera per non aver creato il farmaco giusto,
quello letale. È l’unica spiegazione che sono riuscito a darmi »
«hai considerato anche le eventualità più assurde? »
«tipo? » chiese, reggendosi al muro, pronto ad una
rivelazione dolorosa. Sentiva che sarebbe accaduto qualcosa del genere, che il
dottore gli avrebbe detto qualcosa che non avrebbe voluto sentire.
«tipo che lei è una donna, oltre che un cervello in grado di
creare farmaci e antidoci .. forse vorrebbe una nuova
vita, forse non le interessa più il mondo che ha conosciuto. Forse vuole
qualcosa, qualcun altro.. »
beh, ne parliamo poi: non ho tempo per pensarci.. devo prepararmi: dopodomani
ho un appuntamento con Ran, e non so cosa regalarle.. »
«chiedessi ad una donna? »
«giusto! La Suzuki! Grazie doc! »
e scappò di corsa, senza sentire cosa l’amico gli stesse consigliando.
DIN-DON!
La karateka scese le scale, andò ad aprire la porta e si
trovò di fronte una sconosciuta. Avrà avuto all’incirca la sua età, capelli
mossi ramati, tagliati corti, fisico slanciato, sembrava appena uscita da una
rivista. Indossava una minigonna sfrangiata nera spessa, che non sembrava il
completo di una divisa scolastica, una camicetta bianca e una giacca nera che
ricordava un tailleur. Era un accostamento strano, ma i colori nero e bianco erano
in perfetta sintonia.
«buongiorno.. desidera? »
«è questa casa Mori? » chiese, in tono innocente
«esatto. Cercava mio padre? »
«dammi del “tu” – le sorrise, rassicurante, sebbene quegli occhi di ghiaccio
dessero un’espressione leggermente differente – in realtà cercavo Ran, la
figlia del detective. È in casa? »
«sono io.. ma, prego, accomodati, vuoi qualcosa da bere? »
«sì, grazie. Un bicchiere d’acqua andrà benissimo » rispose, seria.
«ci conosciamo? » le chiese la padrona di casa
« beh, tu non mi conosci, ma io su di te so qual cosina.. »
«tipo – chiese, con uno strano peso sul cuore – cosa? »
«sono qui per parlarti del tuo amico, Shinichi Kudo »
Fulmine a ciel sereno. Chi era quella? Cosa sapeva di
Shinichi? Perché veniva ora, che lui era tornato?
«S-Shinichi?! »
«esatto. So che tieni molto a lui, e che, a quanto pare, anche lui tiene a te –
l’arrossarsi delle guance della sua interlocutrice la infastidì parecchio –
quindi, visto che sembra che lui non abbia il coraggio di dirti la verità, lo
farò io»
“verità?! Quale verità?! Chi è questa donna? Mi ricorda qualcuno..”
«qu-quale verità? »
«suppongo che lui non ti abbia mai detto i motivi per cui scompare,
all’improvviso, per cui non si fa sentire per giorni, sbaglio? »la fida era
ufficialmente aperta
«ha molti casi da risolvere: è un detective famoso. »
«già. Così famoso che deve girare in incognito »
«co-cosa? » “perché questa ragazza
conosce così bene Shinichi? Mi starà prendendo in giro? Cosa vuole da me?”
“bene. È agitata. Allora quello scemo di Kudo è capace
davvero a tenersi un segreto, a non farsi sgamare continuamente. Bene.”
«sei sola in casa? »
«ehm.. sì » “accidenti.. avrei dovuto dire di no. Chissà cosa mi farà”
«bene, quindi non c’è neanche il tuo pseudo fratellino con
gli occhiali? »
«no.. » “cosa c’entra Conan?”
«e dov’è? »
«in gita con gli amici, ma che c’entra? » iniziò ad essere sospettosa
«e si sa quando tornerà? » si stava divertendo un mondo a
constatare quanto fosse ingenua quella ragazza, quanto fosse banale,
insignificante.. un po’ meno nel ricordarsi quanto piacesse a Shinichi, quanto
lui l’amasse e quante volte avesse rischiato la propria vita per lei.. non era
giusto.
«tra un paio di giorni, penso, ma cosa vuoi?! » Ran stava
perdendo velocemente la pazienza, con quella sconosciuta “so-tutto-io”
.. il suo corpo si dispose automaticamente in posizione di difesa, finché non
si impose di calmarsi.
«allora, calmati e siediti. La storia sarà un po’ lunga e
poi mi odierai più di quanto tu non stia già facendo, quindi ti avverto: so che
pratichi karate, e so come difendermi. Ascoltami e basta. L’unico motivo per
cui sono venuta qui è parlarti. »
«chi sei? » la muscolatura della ragazza si irrigidì ancor più, ma si sforzò di
sedersi, di ascoltare quell’insolente “chi-diavolo-sei”..
dopotutto veniva a parlarle di Shinichi..
«non è importante. L’unica cosa che devi sapere sul mio
conto è che mi chiamo Shiho, e che ho avuto stretti rapporti con lui, che lo
conosco bene, e che so cose che tu non sai.
Posso cominciare? »
silenzio. Assenso.
«Shinichi Kudo. Vi siete separati quella sera in cui siete
andati insieme al Luna Park: dopo aver risolto brillantemente l’ennesimo caso
ha seguito degli uomini vestiti completamente di nero, e non è più tornato
indietro.– attese che la ragazza
metabolizzasse le sue precise conoscenze riguardo la vita dell’amico d’infanzia
– andata a casa sua a controllare, e lì hai trovato un bambino che non
conoscevi, e l’hai portato a casa a vivere con te. Casualmente proprio quel
giorno le attività di detective di tuo padre hanno ripreso a fiorire, prima
offuscate dalle strabilianti abilità del tuo amico. Spesso ti è venuto il
dubbio che Conan Edogawa fosse un alter ego di
Shinichi Kudo, ma poi le tue congetture sono sempre state sfatate.
Lascia che ti confidi un segreto: esiste un farmaco,
chiamato apotoxina, o APTX4869, che permette ad un
corpo adulto di ridursi a quello di un bambino; ed è precisamente quello che
successe quella notte. Shinichi si era appostato dietro un muro, per osservare
i loschi affari di un trafficante d’armi, ricattato dai due uomini in nero.
Purtroppo per lui Gin, il capo della banda criminale, lo colpì alla nuca e gli
fece ingerire un farmaco, l’APTX appunto, che avrebbe dovuto ucciderlo. Fortuna
volle che il dosaggio fosse sbagliato e che, invece di ucciderlo, il farmaco
avesse l’effetto di contrarre ogni suo tessuto, fino a farlo tornare bambino. E
allora nacque Conan Edogawa. Shinichi venne a casa tua
sotto mentite spoglie per sfruttare l’attività di detective di tuo padre e
ritrovare quegli uomini, senza grossi risultati: tuo padre, o meglio Shinichi
addormentando tuo padre e parlando al posto suo, doveva ricominciare da zero, e
solo la settimana scorsa, l’FBI è riuscita a catturare i principali esponenti
della banda. Nel frattempo Shinichi ha incontrato una bambina, Haibara, che era
come lui: un’adulta ridotta. Guarda caso la stessa adulta che aveva creato il
farmaco che gli aveva cambiato la vita. la accolse perché potesse creare un
antidoto, ma le ricerche furono vane. Riuscì a trovare solo farmaci provvisori,
che gli permettevano di tornare in sé per poche ore.. giusto per vedere te.. »
la sua voce si ruppe in quel punto. Il dolore che provava nel pronunciare
quelle parole ad alta voce era assurdo.
“AI?! Questa ragazza è AI?! .. Shinichi è tornato così di
rado per questo? È tornato per vedere me?!...
Non ebbe tempo di concludere il pensiero, perche la ragazza,
l’impensabile Ai, aveva ricominciato a parlare, con tono sommesso e più
velocemente di prima
«so che sembra assurdo, ma devo chiedertelo: cosa hai
intenzione di fare? » il tono di voce sempre più basso, la frangia a coprirle
il viso..
«in che senso? »
«se Shinichi decidesse di dichiararti i suoi sentimenti,
cosa faresti? »
«accetterei di stare con lui» rispose pronta, con un rossore moderato
dall’astio che quella ragazza, consapevolmente o meno, suscitava in lei, ma poi
rifletté: se le faceva una domanda del genere, significava che la risposta non
era affatto scontata. A prova di ciò, Shiho fece trasparire un lieve sorriso..
ricordava l’espressione di Shinichi quando un sospetto gli diceva esattamente
ciò che gli serviva per inchiodarlo
«certo. Ma Shinichi, per stare con te ha due possibilità:
prendere continuamente il mio antidoto, consapevole dell’alto rischio cui si
sottopone (quei farmaci sono sperimentali), oppure lasciare che tutti ti
prendano in giro perché stai con un bambino di sette anni. Non puoi pensare di
svelare al mondo la sua identità, perché, nonostante quei criminali siano
dietro le sbarre, sarei pronta a giurare che abbiamo ancora qualcuno alle
calcagna..
«certo – la interruppe bruscamente, furiosa – certo che
saresti pronta a giurare! Tu sei una di loro, tu hai ridotto così Shinichi, tu
hai fatto in modo che arrivassero a lui.. tu..
Non concluse la frase: le lacrime le invasero il viso come
cascate e la tristezza di Shiho/Ai non l’aiutava affatto
«ascolta: se non avessi inventato quel veleno fallace,
Shinichi ora sarebbe morto! Non l’avresti mai più rivisto dopo quella sera! Gli
avrebbero sparato e fine della storia! Li conosco bene.. sono cresciuta con
loro: sono senza scrupoli »
Attese una risposta che non arrivò
«senti: non sei l’unica donna nella vita di Shinichi, devi
capirlo! »
«cosa intendi dire? » la sua coscienza fu scossa da quelle
parole.. “forse che.. è innamorata di lui? Avrebbe senso..”
« Shinichi è innamorato di te, per ora, e, anche se questo
non esclude che prima o poi possa cambiare orizzonti, ora sta rischiando la
vita per te, non lo capisci?! »
«cosa vuol dire che è innamorato di me? cosa vuol dire che potrebbe cambiare
orizzonti? Come puoi conoscerlo così bene? »
«ho vissuto mesi accanto a lui, so perfettamente cosa prova per te, e a quanto
pare tu sei l’unica a non volersene accorgere, ad aspettare un dichiarazione
ufficiale! Svegliati! Non siamo in un romanzo rosa! Questa è la realtà! Se
continui così ci provo io. »
«c-che?! » era shockata. Se lo conosceva così bene, avrebbe dovuto sapere anche
che erano inseparabili.. “o almeno lo eravamo – pensò – prima che arrivassero
gli uomini in nero”. Lei mai sarebbe stata così sfacciata con una ragazza
disperata.
«ripeto: nella vita di Shinichi ci sono tre donne, esclusa
sua madre: tu, io e Vermouth » odiava doverlo ammettere, ma l’attrice bionda,
tra tutti i sex symbol del mondoaveva scelto proprio lui, quel detective già
diviso tra due. “doveva proprio mettersi anche lei?” non poteva neanche più
scartare che fosse una casualità, o la sua abilità ad averlo così tante volte
tirato fuori dai guai. Vermouth l’aveva aiutato a sfuggire da Gin e Vodka,
eccome. L’aveva protetto andando contro il suo capo, rischiando la morte pur di
vederlo sano e salvo. Era innamorata di lui. Anche lei.
Ormai non pensava più alla piccola Ayumi: lei faceva parte
della recita. Ora bisognava affrontare la realtà nuda e cruda: Ran era in
testa, anche il piccolo grande Kudo se n’era accorto. Lei si sarebbe dichiarata
molto presto, prima di perderlo definitivamente. La rassicurava il fatto che un
osservatore meticoloso come lui non si fosse accorto dei sentimenti che gli
aleggiavano intorno.. non conosceva i motivi dell’atteggiamento di Vermouth, ed
era confuso riguardo i suoi. L’unica donna che comprendesse, nei limiti, era
Ran. Persino sua madre – le aveva confidato – spesso era un caso irrisolvibile
“come tutte le donne”.
«Vermouth?! Chi sarebbe? » un’altra donna
dell’organizzazione, di cui però lui no si è mai accorto. »
«non è una garanzia.. »
«già.. »
dopotutto, provavano le stesse cose, per la stessa persona. Erano uguali:
gelose morbose, innamorate, folli, timide e determinate ad averlo.
«ti dico solo più una cosa: io, per lui, andrei molto meglio
di te. »
«io lo conosco da sempre, io..
«io – la interruppe, fiera – posso decidere come, dove,
quando e perché farlo tornare quello che era. Posso farlo tornare adulto e
trasformarmi anch’io, posso rimanere piccola e fare in modo che lo rimanga
anche lui. Ricorda: la vostra felicità dipende da me. »
E se ne andò, lasciando dietro sé una Ai più orgogliosa e
ferita che mai.
«allora, Kudo, hai deciso cosa le regalerai? » la voce
squillante di Sonoko gli perforò i timpani, riportandolo alla realtà non appena
varcò il cancello dell’istituto.
«Suzuki» la salutò, distratto, nel tentativo di levarsela
dai piedi
«no, adesso ne parliamo. L’anno scorso Ran ha passato San
Valentino da sola, ricordi? »
Shinichi ricordò quando, nei panni di Conan, aveva seguito
Ran a casa di quegli studenti universitari. Era stato un duro colpo, per lui,
che la sua migliore amica avesse accettato un invito del genere da Sonoko
«non proprio da sola » puntualizzò, guardando storto la sua
interlocutrice
«prego? »
«nulla»
«dicevo: vedi di fare un regalo indimenticabile a Ran, se no ti spezzo le
gambe! »
«puoi anche darti una calmata. Dove sta scritto che io debba farle un regalo
per San Valentino? »
«che?! È la tua mogliettina! »
«non siamo sposati» ribatté, acido
«per Ran è importante» adesso quell’irritante modaiola era
diventata seria e, dopotutto, dopo di lui era la migliore amica di Ran.. poteva
anche ascoltarla per una volta. Ci aveva pensato anche lui, ma non gli era
venuto in mente nulla di perfetto.
«ookay.. cosa proponi? »
«Ran, di sicuro, ti preparerà del cioccolato, con una scusa, ovviamente, e
quando lei te lo consegnerà tu, oltre ad accettarlo le porgerai una scatolina
rossa, il vostro colore!, che conterrà un regalo fantastico, capito?! » beh,
come idea non era male.
«okay, grazie del consiglio, puoi andare. »
«perché mi tratti così? Ti ricordo che sono la migliore amica della tua
ragazza! »
«Rannon è la mia ragazza,e poi tu mi dai sui nervi, lo sai»
«non ancora.. ma domani lo sarà!- rise quando Shinichi non poté fare a meno
di arrossire – e tu devi dirmi per filo e per segno cosa farete! »
«non ci penso proprio: fattelo dire da lei a festa finita»
«quindi vuol dire che hai in mente qualcosa di speciale, lo sapevo! »
“che palle..possibile che non le si possa dire nulla?”
«ciao, Suzuki» si congedò, con educazione stentata, e si
allontanò in fretta, pensando seriamente a cosa fare.. l’aveva già invitata a
cena, quindi avrebbero mangiato il suo cioccolato, ammesso che lo preparasse,
per dessert, poi le avrebbe regalato.. vuoto
«ah, Ran! » la chiamò ad alta voce
«dimmi.. »
«domani sera alle otto a casa mia, intesi? »
«ah. Sì» rispose, diventando paonazza. Se n’era ricordato.. non vedeva l’ora
che fosse il giorno seguente.
In aula non pensarono ad altro: Sonoko a come avrebbe potuto
spiare i piccioncini se fossero andati in questo o quel ristorante, Ran a cosa
si sarebbe messa la sera seguente, Shinichi a cosa regalarle: aveva solo poche
ore di tempo e ancora non gli veniva in mente nulla.
I loro compagni avevano persino lasciato perdere la focosa
prof di matematica per seguire i pensieri che sospettavano tenessero occupati i
due sposini.
«Ran? » la chiamò, alla fine delle lezioni
«dimmi» gli rispose sorridendo
«torna a casa con Sonoko, vuoi? Devo ancora fare la spesa
per domani e ho delle commissioni da fare.. »
«tranquillo – disse, pronta ad andarsene, indecisa se
schioccargli un bacio sulla guancia o meno.. moriva dalla voglia di farlo, ma
si ritrasse: non era il momento, né il luogo adatto – torno con lei »
«vuoi dirmi se ho ragione o no? » le chiese, amorevole
«cosa vuole che le dica? » rispose acida per l’imbarazzo
«ti sei innamorata di lui, vero? »
«figuriamoci.. non ho tempo per certe cose, io.. »fortuna
che la luce le illuminava le spalle, lasciando il volto in controluce: le sue
parole per nulla si accompagnavano al colorito cremisi delle sue gote
«ma il tempo per cercare l’antidoto ce l’hai eccome.. eppure
non ti cimenti nemmeno in quello.. »
«quindi? Voglio prendermi una pausa, è vietato? »
«o, forse, non vuoi che lui ritorni adulto, che non stia più con Ran? »
«c-che?! Come le viene in mente di..
«osservandoti – la interruppe, paterno –si vede quanto tu tenga a lui.. ma sai che
per certe cose non ha testa.. non ci arriva. Non pensi che potresti dirglielo?
»
«non ho niente da dirgli.. e poi non dipende più da me la sua felicità» disse,
incupendosi ancora
«cosa intendi? »
«l’APTX ha quasi finito il suo effetto. Era un prototipo, non la versione
definitiva. Avrebbe ucciso una delle mie cavie, ma sugli umani ha effetto
limitato.. entro qualche giorno sarà esaurito.. per quello gli ho detto di non
prendere la pillola prima di dodici ore, potrebbe interferire con il processo
di assorbimento.. – si avvicinò alla cassettiera accanto alla scrivania, aprì
il terzo tiretto e ne estrasse un sottile ma pesante tagliacarte – ovviamente –
suggerì, accarezzando l’arma – se ha intenzione di rivelarglielo, dovrò
metterla a tacere per sempre.. »
«ma..che dici, Ai? »
« dico che Shinichi Kudo non deve assolutamente venire a sapere quello che le
ho appena detto, ci siamo capiti? »
«cosa non dovrei venire a sapere? » quella voce. Le squarciò il petto, come una
saetta incendia un albero durante un
temporale. Non si sentì più le gambe e il peso che aveva sul cuore le sembrò
insostenibile.
«K-Kudo.. »
«cosa dovresti dirmi? »
«n-niente, vero dottore? »
Il detective osservò la scena che aveva davanti agli occhi:
Haibara aveva un tagliacarte in mano, nonostante non ci fossero fogli nella
stanza, e il computer acceso testimoniasse che stava lavorando con tutto,
fuorché con la carta. Guardò l’espressione attonita e atterrita del dottor
Agasa, che tentava di comunicargli un pericolo di sorta. Quindi capì: Ai aveva
minacciato il dottor Agasa.
Ormai la conosceva e sapeva che quei giochetti non le
piacevano, ma l’ultima volta aveva funzionato, quindi le si avvicinò
lentamente, con un sorriso quasi sincero in volto (quando avrebbe smesso di
ringraziare quell’attrice megalomane di sua madre per tutto ciò che gli aveva
insegnato?), e le sfiorò la spalla destra, lo stesso braccio che teneva l’arma
improvvisata.
A quel tocco Shiho si sentì svenire. Socchiuse gli occhi e
aprì leggermente le labbra, per permettere ad un soffio caldo di passare e
liberarle l’anima. “ma che fa?” Shinichi non capiva cosa stesse accadendo, ma
doveva “salvare”Agasa da quella che
ogni giorno assomigliava di più ad una scienziata pazza, più che ad una chimica
curiosa, quindi le sfiorò anche l’altra spalla e la tirò a se. Era il secondo
abbraccio in cui la coinvolgeva, ma continuava a non capirne il senso, a non
capire le sue reazioni. Le sfilò la lama dalla mano, cauto, senza aspettarsi
ciò che sarebbe seguito: libera dall’oggetto, Ai gli mise il braccio intorno al
collo e fece leva per alzarsi a baciarlo. Iniziò sfiorando le sue labbra,
dolcemente, timidamente, per poi premere sempre più. Il ragazzo, sconvolto, non
reagì, e anzi si staccò da lei, confuso.
«ma che fai?! »
Agasa approfittò della situazione per prendere Ai in braccio e portarla,
febbricitante, a letto. La coprì con una coperta di pile e la lasciò dormire.
«ma che le è preso? »
ora il dottore era abbastanza irritato: possibile che neanche il bacio fosse
riuscito a fargli capire la situazione?! Come poteva Ran sopportarlo?
«ma non lo capisci?! Secondo te perché reagisce così ad ogni
tuo tocco? Perché non vuole proseguire la ricerca? Non è difficile, detective!
»
Non gli aveva mai sentito usare quel tono, non si era mai
arrabbiato così (le poche volte che si era arrabbiato)
Non sapendo come comportarsi, Shinichi uscì dalla casa,
diretto alla propria dimora.
Al suono del campanello aveva aperto subito, pronto ormai da
un buon quarto d’ora, e si era avviato a scuola insieme a Ran.
«ehm.. questo è per te.. » gli si rivolse la ragazza,
fermandosi davanti a lui e porgendogli un piccolo incarto rossa
«cos’è? » chiese, fingendo ingenuità, cercando di non
sorridere
«ehm. Cioccolata.. lo so che non vai matto per i dolci, ma
.. ecco.. è una tradizione.. » era bellissima. Il viso paonazzo per la
commistione di freddo ed emozione la rendeva desiderabile come non mai..
“sera, vieni in fretta..”
Prese allegro la scatola e la scartò davanti a lei. C’era una
piccola tavoletta di cioccolato al latte con nocciole, l’unico che il detective
potesse sopportare di mangiare. Ran l’aveva fatta artigianalmente, per lui. Si
sentì lusingato e, come piacevole preludio alla giornata, la divise in due e ne
porse metà alla karateka
«beh, una volta ogni tanto ci si può anche addolcire la
giornata, no? »
e prima che potesse arrossire del tutto, le schioccò un bacio sulla guancia,
delicato, quasi irreale
«grazie» il suo sorriso era qualcosa di indescrivibile,e ,
non c’era ombra di dubbio, quella sarebbe stata una giornata memorabile
“okay. Il cioccolato era la sua dichiarazione, ora tocca a
me..”
«Kudo? »
“wow! Ha accettato il cioccolato! Quindi anche lui prova
qualcosa per me..”
«Kudo? »
“okay. Stasera spaghetti ai frutti di mare. Cucina italiana,
la sua preferita..”
«KUDO?! » la voce irritata della professoressa di
matematica, il suo tormento, lo risvegliò
«mi dica» rispose, scrutando la lavagna in cerca di qualche
indizio sull’argomento trattato negli ultimi cinquanta minuti di assenza
cerebrale
« saresti in grado di risolvere quest’equazione? » “cosa?
Una banale equazione? Che vuoi che..
Il pensiero si interruppe, quando si vide davanti logaritmi
con radici, argomento che non aveva ancora studiato
Guardò Ran, in cerca di suggerimenti e, amore o complicità,
trovò la risposta che a quanto pare la prof cercava. Non sapendo nemmeno cosa
significasse, ripeté a pappagallo tutto quello che la compagna gli scrisse sul
foglio di brutta.
«complimenti, Kudo, allora è vero che con Mori riesci a
concentrarti.. » lo sfotté davanti a tutta la classe, di proposito, per aver
rifiutato le sue avances..
«woooo! Ci credo che impari i
logaritmi, con la tua mogliettina sexy come insegnante! »
Per sfortuna del ragazzo che l’aveva appena schernito, suonò
la campanella, e Shinichi poté tranquillamente alzarsi per andare ad appenderlo
all’appendiabiti. “come ti permetti?!”
Ma dovette fermarsi. Cinque dita affusolate gli trattenevano
il polso, e l’espressione del proprietario di quella mano era irremovibile. Ci
avrebbe pensato lei. Non voleva aiuti. Gli sorrise e lui, divertito, conoscendo
le sue abilità di karateka, si fece da parte e lasciò che lo conciasse per le
feste.
Inizialmente fu esitante, e l’avversario bloccò facilmente
il suo pugno, ma quando il suo istinto combattivo prese il sopravvento, non ci
fu più spazio per la riflessione e, usando come leva lo stesso braccio che la
bloccava, buttò per terra quel porco, che scappò con la coda tra le gambe,
cercando di scomparire.
Le ragazze scrosciarono in un sentito applauso al coraggio
della ragazza, che aveva finalmente messo a tacere il maniaco, i ragazzi si
dileguarono quanto prima per evitare commenti fuori luogo e Shinichi,
avvicinatosi al suo lobo, le sussurrò
«scusa, ma dovremo fingere: c’è la prof che..
Non ebbe il tempo di finire, che l’amica gli aveva preso la
mano, e l’aveva trascinato fuori dall’aula.
Eppure Shinichi continuava a sentire lo sguardo indagatore
addosso, non riusciva a toglierselo dalla testa..
Fuori da scuola, finito l’effetto dell’adrenalina che le
aveva permesso di stendere quel tipo e prendere con disinvoltura la mano di
Shinichi davanti a tutti, rimontò l’imbarazzo, e dovette dissimulare
l’agitazione puntando lo sguardo fisso sulla strada di cemento.
“di nuovo mano nella mano..”
Quei contatti stavano divenendo sempre più frequenti e
naturali. Una volta si sarebbe vergognata anche di tirargli un pugno, perché
avrebbe significato toccarlo, e si sa: avvicinarsi troppo ai sogni li fa
svanire.. ora le loro mani erano unite – già da diversi minuti – e non
sembravano intenzionate a sciogliere il loro legame. Quella mattina le aveva
anche regalato un leggero bacio sula guancia, e aveva accettato il cioccolato.
“quindi anche io gli piaccio?”
«ti passo a prendere alle sette» le disse, sorridendo
Non si era accorta di essere già sotto l’agenzia
investigativa, di aver passato tutto il tragitto in silenzio; di sentire ancora
la mano sinistra di Shinichi stringere la sua destra. Si era accorta solo di
essersi sentita completa. Non aveva pensato ad altro che a lui per tutto il
giorno. Lo adorava, viveva per lui.
Non gli aveva ancora risposto
«p-posso venire anche da sola – sorrise – conosco bene la
strada»
«non se ne parla – assunse un tono che rasentava il solenne
– Kogoro non ti lascerebbe mai uscire alle sette da
sola, e io sarei d’accordo con lui. Tokyo è una città pericolosa, Ran » solenne
o no, quel tono era dolcissimo, e per un attimo rimase imbambolata a guardarlo,
a guardare le sue labbra muoversi, pronunciare qualcosa di così melodioso da
fargliene dimenticare persino il significato.
“stai facendo la
figura della stupida, controllati!” una vocina nella sua testa la riportò alla
realtà, interrompendo quel sogno rosa ad occhi aperti
«okay, d’accordo. Alle sette..»
Le loro mani erano ancora incatenate, e lei non aveva la
minima idea di come salutarlo: ogni istante se ne innamorava di più.
D’un tratto non sentì più quel dolce calore partire dalle
articolazioni più estreme e arrivarle al cuore.
Shinichi aveva staccato la mano dalla sua, per poter
avvicinare il viso della ragazza al proprio e schioccarle un altro bacio sulla
guancia.
“okay. Calma. Fermati. Stasera potrai baciarla sul serio.
Ora sei per strada, sotto casa sua. Calma. Aspetta.”
Fu dura convincersi a non posare le labbra sulle sue, a non
sentirne il sapore, soprattutto considerando che alla distanza di un bacio
sulla guancia, fissarle le labbra era automatico.
Non essendo sicuro di poter reggere un altro minuto, si
allontanò, salutandola con un gesto della mano. La stessa che aveva stretto
quella di Ran per tutto il tragitto.
La stessa che le aveva, per l’ennesima volta, rubato il
cuore.
«arrivo! »
andò ad aprire la porta, e si ritrovò davanti l’angelo più casual
dell’universo.
Ran si era vestita bene, perl’occasione: il vestito beige che indossava era un po’ leggero per
febbraio, ma dopotutto sarebbero stati dentro casa, e Sonoko le aveva detto di
mettersi “un po’ in mostra”.. non si era truccata granché : non le piaceva il
trucco pesante e non sarebbe comunque stata in grado di imbrattarsi la faccia
in modo decente, quindi aveva optato per una semplice linea di matita e una
leggera passata di mascara. Aveva anche rinunciato alle sue comode scarpe da
ginnastica per un paio di ballerine nere.
E lui?
Lui indossava gli stessi jeans di quella mattina, una
maglietta aderente nera e una felpa rossa sopra. Semplice.
«pronta? »
Ci mise un minuto intero per decidersi a parlarle: sapeva
quanto odiasse le scarpe “scomode”, e quel vestito era un po’ audace per lei..
non l’aveva mai vista così donna.
«sì» prese il cappotto e uscì.
Kogoro sarebbe andato a cena con
Megure e gli altri agenti per una serata tra amici.
Arrivarono a casa in pochissimo tempo, e appena entrata, Ran
avvertì subito l’odore di pesce.
«Shinichi, ma che hai combinato? »
«perché? » chiese, interdetto
«hai fatto il mio piatto preferito! Che esagerato. So che
non ti piace molto la cucina italiana, potevi evitare. Non voglio costringerti
a..
«shhhh.. » la interruppe. Mentre
lei parlava, il detective le si era avvicinato e dopo averla zittita posandole
l’indice sulle labbra, l’abbracciò.
“addio cena. Mi si chiude lo stomaco.. che sia la volta
buona?”
“Ran.. se solo potessimo non mangiare..”
Passò un bel po’ di tempo prima che si staccasse da lei
«andiamo. La pasta si raffredda» e con un occhiolino la
aiutò a sfilarsi il cappotto e andò a posarlo nella stanza accanto.
La cena trascorse tranquilla, tra una chiacchiera e l’altra
su tutti gli scoop che Sonoko aveva assorbito nel lungo periodo della sua
assenza e che Ran si era dovuta subire da sola.
Gli piaceva ascoltarla. Di solito era lei a sopportare i
suoi racconti di gialli e omicidi, staccarsi per un attimo dal mondo che li
aveva allontanati non sarebbe stato che un bene.
Dopotutto, però, Ran non era tipo da pettegolezzi, e dopo
pochi minuti il discorso cadde sul periodo della sua lontananza, e l’atmosfera
si appesantì di colpo.
«Shinichi, mi dici dove sei stato? » “Shiho/Ai mi ha detto
tutto.. continuerà a negare?”
«te l’ho detto: ho risolto un’infinità di casi.. » beh, in
fondo quella non era una bugia.
«sì, ma dove? Cioè.. di solito mi raccontavi sempre nel
dettaglio ogni tua minima deduzione, mentre ora resti sul vago e non mi parli
nemmeno di Sherlock Holmes! Ti senti bene? »
“accidenti, Ran.. così mi complichi le cose, e di molto..”
«beh, ogni volta che lo facevo, mi davi del fanatico.. – le ricordò,
con il sorriso più falsamente dolce del mondo, più bello del mondo, dipinto in
faccia – non voglio rovinare San Valentino facendoti arrabbiare»
Non sapendo cosa rispondere, Ran tornò al suo piatto di
spaghetti alle vongole.
«hai davvero cucinato tu? » gli chiese, sorpresa: erano
deliziosi
«certo.. dubiti delle mie capacità culinarie, forse? » le
chiese, scettico e scaltro
«no – rispose, mettendosi quasi a ridere – ma ricordo quella
volta che hai quasi bruciato la caffettiera, perché ti sei dimenticato di
mettere l’acqua! Tua madre ti ha quasi mangiato vivo! » scoppiò a ridere, non
riuscendo più a trattenersi, e trascinando anche lui in un’atmosfera
decisamente più leggera.
Dopo pochi minuti, Shinichi si alzò per prendere il dolce:
sapeva che Ran non avrebbe mangiato anche un secondo, e nel dolce c’era la
sorpresa!
Aprì il frigo e ne estrasse una torta al cioccolato, con una
fragola al centro.
«hai fatto anche questa?! » chiese, esterrefatta
«no – sorrise – questa l’ho comprata.. dopotutto sono un
detective, non uno chef!»
Iniziò a tagliare le fette, facendo bene attenzione a
lasciarne una perfettamente circolare in mezzo
«dobbiamo finirla tutta » le annunciò, sperando mentalmente
che non fosse troppo grossa
«cosa? E perché mai? »
«primo – rispose, beffardo – ho evitato di cucinare il
secondo perché mi avresti insultato mentalmente, e non voglio che tuo padre
dica che ti lascio senza mangiare, e poi perché domani parto, e non può restare
questa torta qui, per nessuno.. »
Il sorriso della sua amica/ragazza si appiattì
«parti già domani? » chiese, triste.
Quel tono gli spezzò il cuore
«già.. »
«dove devi andare? »
«ho un caso irrisolto in.. Danimarca – inventò – e non posso più rimandarlo: ho
quasi tutti gli indizi che mi servono e ho una vaga idea di chi sia il
colpevole..
«allora non puoi risolverlo per telefono? » lo interruppe
«ah ah no.. – le rivolse un sorriso triste – mi manca ancora
qualche tassello, e l’unico modo che ho per reperirlo è andare sul luogo del
delitto.. e poi, lo sai quanto costa una telefonata internazionale? »
«eppure ogni tanto mi chiami, anche se sei in giro per il mondo.. » gli
rispose, scettica
«sì » “quindi vedi quanto ti amo?” aggiunse mentalmente, pur
consapevole della bugia
Nel frattempo la torta era quasi alla fine. Mancava solo al
fatidica fetta centrale
«.. se fosse utile per farti restare, lascerei quella fetta lì
all’infinito.. » pensò Ran ad alta voce, arrossendo quando si rese conto di
averlo detto, anziché pensato. Non aspettandosi la risposta
«se servisse a tenerti al sicuro, non ti lascerei mai »
Entrambi erano convinti che quella fosse stata una
conversazione silenziosa, quasi telepatica, distolsero lo sguardo non appena si
accorsero che invece era avvenuto tutto ad alta voce
«ehm.. la dividiamo, l’ultima fetta? »
«s-sì.. »
Shinichi la tagliò, lasciando venire alla luce il
pacchettino che in essa era racchiuso: carta – una volta lucida – rossa, con un
fiocchetto argenteo. Ran rimase interdetta
«..e quello? »
«.. quello è il tuo regalo di San Valentino.. » disse, timidamente
La karateka non trovò il coraggio di rispondere, e si limitò
ad aprirlo: conteneva un sottile braccialetto d’oro bianco, con un ciondolino a
forma di cuore fermato al centro da due piccole pepite.
«oddio.. Shinichi.. ma che.. »
«beh.. tu mi hai regalato il cioccolato.. dovevo pur
ricambiare, no? »
«che ha fatto alla fine? » le chiese il dottore, preoccupato
«sembra che mi abbia ascoltata.. ma mi ha costretto a dirgli
la verità.. » rispose Shiho
«era la cosa giusta da fare, Ai.. »
«ma non è giusto! » scoppiò a piangere tra le braccia di
quello che ormai era quasi un padre per lei.
«shhh.. va tutto bene »
Attese che Shinichi finisse di allacciarle il braccialetto
al polso destro, poi lo guardò, con gli occhi lucidi. I loro visi erano
vicinissimi l’uno all’altro, i loro nasi quasi si sfioravano. Ran sentì il
bisogno di inumidirsi le labbra, ma non lo fece, attese. Il ragazzo si perse
per un attimo nei suoi grandi occhi violetti, e temette di aver perso la
strada. Il cuore non reggeva quella corsa frenetica verso il paradiso, ed
entrambi andarono in iperventilazione. Le gote rosse, le gambe tremanti, gli
occhi luciti. Sembravano febbricitanti.
Shinichi capì che quello sarebbe stato il momento giusto per
baciarla, finalmente, per farle sentire tutto il suo amore, per dichiararsi,
per..
«RAAAAN!!!!!!!! MUOVITI! »
La voce di Kogoro spezzò quell’atmosfera
romantica, riportandoli alla realtà, costringendoli ad arrossire ancora di più.
Era già così tardi?
Non avevano ancora trovato la forza di staccarsi: mancava
così poco. I respiri si mescolavano e l’emozione era fuori controllo. Sentivano
uno l’odore del’altra nelle narici, se ne drogarono, sinutrirono del dolce sapore dell’attesa,
purificarono l’anima con quel magico ossigeno. Ran dischiuse le labbra, per
respirare meglio: il naso le lasciava troppo poco margine. Lui,
involontariamente, fece lo stesso, respirando più velocemente. Quasi ansimavano.
C’era forse un solo millimetro tra le loro labbra, forse
anche meno.
«pensavo di portarti a casa io.. non sapevo che sarebbe
venuto tuo padre »
Le disse, con chissà quale lucidità, sulle labbra,
sfiorandola appena. Facendola impazzire. Avrebbe voluto che quei quattro
sottili lembi di carne si unissero, finalmente, che quelle quattro labbra
giocassero con le due lingue che racchiudevano. Voleva baciarlo. Ma non
riusciva a muoversi. Erano lì, in piedi, lei appoggiata al muro, lui di fronte
a lei. Non c’erano impedimenti.
Ma entrambi sapevano che avrebbero voluto un’atmosfera
diversa, senza un padre che le strillasse alle spalle, senza una cucina da
pulire. Sapevano che se avessero completato il contatto non sarebbero riusciti
a staccarsi. Non in tempo per non farsi scoprire dal geloso investigatore
addormentato. Lo sentivano: sarebbero andati oltre, e non ne avevano il tempo.
Così Shinichi la lasciò libera, libera dal suo respiro sulla
pelle, libera dal suo desiderio. Libera da lui e da tutto il dolore che la sua
presenza le avrebbe causato.
Le porse il cappotto e , subito prima di aprire la porta d’ingresso,
le sfiorò la guancia con un bacio.
Era quasi mezzanotte, ormai, e Shinichi non riusciva a
prendere sonno: rimpiangeva di non averla baciata: chissà quando avrebbe avuto
un’altra occasione. Chissà se l’avrebbe avuta.
Già solo per quella sera aveva dovuto fare carte false con Shiho:
dopo che le era passata la febbre aveva cercato di parlarle, con calma. E lei
gli aveva rivelato la verità sull’antidoto (non senza rubargli un abbraccio. Era
il massimo che potesse ottenere).
Andò a casa del professore, e attese che il veleno finisse
il suo corso. Che gli permettesse di tornare ad essere se stesso.
Per l’occasione Ai aveva chiamato anche Heiji, perché gli
tenesse compagnia nel momento del dolore. Lei avrebbe dovuto aspettare ancora
un po’, visto che l’aveva preso dopo di lui. E la cosa le pesava. Molto: ora
lui avrebbe riavuto il suo corpo, la sua vita, la sua ragazza. E lei sarebbe
rimasta di nuovo sola.
«che hai detto a Kazuha? » chiese
il detective di Tokyo al migliore amico
«perché? « chiese di rimando, confuso
«non ti avrebbe mai lasciato partire da solo per Tokyo»
«per partire ho aspettato che si addormentasse» confessò
«.. aspetta: che vuol dire? Hai passato San Valentino con
lei? » gli chiese ancora, malizioso
«e se anche fosse? »rispose, evasivo
«beh, racconta! » era entusiasta. Anche se in quel momento
si sentì molto “Sonoko”
«beh.. l’ho portata a cena, ma abbiamo litigato (come al
solito). Mi ha fatto una scenata perché dice che non sono abbastanza tenero,
che la considero poco.. che dovrei fare? Ci sono momenti in cui davvero mi da
sui nervi. È troppo gelosa. Comunque poi siamo andati al parco vicino al
ristorante e si è calmata un po’. Poi l’ho riportata a casa e ho aspettato che
si addormentasse per andare via. Fine della storia »
«e non è successo proprio nulla tra voi? » chiese, con un
tono tanto professionale da scoppiare a ridere
«beh.. niente di che. Sulla strada di casa mi ha preso la
mano. E prima di addormentarsi mi ha abbracciato – arrossì violentemente – ma a
parte questo nulla.. e tu? Cosa mi devi dire? »
«scusa? Eri nel suo letto?! »
«beh.. sì. Dormiamo spesso insieme, quando i miei non ci sono mi tiene
compagnia e io faccio lo stesso quando no ci sono i suoi.. che c’è di strano? Tu
e Ran non dormivate insieme? » chiese, ingenuamente
«no! Hai presente?! Io e Ran nello stesso letto? Non riuscirei
a chiudere occhio! Tu come fai, nel suo letto, sapendo ciò che provate l’uno
per l’altro, ad essere così calmo, sapendo che i suoi non ci sono.. cioè.. non
dirmi che non ci hai fatto nemmeno un pensierino! » era stupefatto. Era serio,
Heiji, o scherzava?
«ah ah .. semplice: io non sono pervertito come te! » e
cercò di ridere, inutilmente
«sinceramente non lo so:è vero che prima dormivamo quasi tutte le notti insieme, ma in effetti
sono un paio d’anni che non ci riesco più. Le ultime volte non chiudevo occhio,
mi perdevo a guardarla dormire. Riuscivo persino ad ascoltarla prima che si
addormentasse. Stanotte è stata lei a chiedermi di starle vicino: sua madre
sarebbe arrivata tardi e non voleva stare tutto il tempo da sola. A dire la
verità appena varcata la soglia di casa si è addormentata in piedi, e ho dovuto
portarla su di peso. »
Stava per rispondergli, quando sentì il cellulare vibrare
nella sua tasca.
Si stupì del numero che comparve sullo schermo
“pronto?”
“Kudo? Ci sei?”
“Suzuki, che vuoi?”
“ti salvo la storia d’amore, pezzo di cretino!”
“che?!”
“ho appena chiamato Ran, per chiederle come fosse andata,
visto che con te non si può parlare, e lei mi ha detto che non sei stato
nemmeno capace di baciarla! Ci mancava così poco! Ma che hai nel cervello? Segatura?”
“non sono fatti tuoi – rispose, rosso in viso – cosa intendi
per ‘salvare’?”
“mio padre mi ha appena detto, tipo tre secondi fa, che
domani ci sarà il concerto di Gigliola Cinquetti al
Padiglione, hai presente quella cantante italiana che Ran ascolta fino alla nausea?”
“sì, quindi?”
“quel figo di mio padre ha tenuto
due biglietti per me e Ran, gli ultimi due disponibili, e io te li cedo, così
la porti al concerto ed è la volta buona che combini qualcosa!” il ragazzo ci
pensò su, brevemente, prima di riconoscere che quell’oca aveva finalmente avuto
un’idea degna di nota
“Sonoko, non avrei mai pensato di dirlo, ma sei un genio! Grazie!”
“prego. Vieni a prenderteli, ORA, e lasciali di nascosto
sulla scrivania di Ran, così domani al risveglio li troverà e penserà che sia
stata tutta un’idea tua.. ma guarda un po’ come sono generosa..”
Vedendosi arrivare a casa, a quell’ora della notte, un
bambino delle elementari Sonoko non poté che rimanere sorpresa
«mi ha mandato Shinichi, a prendere i biglietti»
«ma tu guarda: quello sfaticato nemmeno alza le chiappe dal
letto per venire a salvarsi la vita » e, in effetti, l’espressione della
migliore amica di Ran aveva un quid di omicida..
«no – rispose, cauto – pensava solo che per me sarebbe stato
più facile metterli sulla scrivania di Ran.. »
«beh, questo è vero.. okay – disse, sporgendosi oltre la
porta, senza nemmeno fargli cenno di entrare – tieni, marmocchio, e fai un buon
lavoro. Ora, BUONANOTTE! » okay la scontrosità e l’acidità che caratterizzavano
quella ragazza viziata, ma l’educazione i suoi genitori pluri
miliardari avrebbero anche potuto insegnargliela!
Salì le scale, quatto quatto,
cercando una scusa credibile nel caso fosse stato scoperto, senza che gli
venisse in mente nulla di non patetico
Arrivò in camera sua senza problemi, ma quelli arrivarono
dopo: posò il biglietto sulla scrivania e fece per andarsene, quando si trovò a
fissare Ran che, serena, dormiva. Era stupenda. Sembrava un angelo. Le si avvicinò
furtivamente e si imbambolò a guardarla. Ricordò i pensieri che avevano invasi
la sua mente il giorno del loro appuntamento al TropicalLand, quando aveva visto quei due ragazzi baciarsi. Aveva
sognato ad occhi aperti di tenerla stretta a sé, guardarla intensamente,
sentire le sue mani sul petto, fissare lo sguardo nel suo, in un’attesa
fremente, di confessarle ciò che provava per lei, di sentirla ricambiare il suo
amore. Di – finalmente – baciarla. Di posare le labbra sulle sue, sentire il
suo sapore sulla lingua, metterle la mano tra i capelli e avvicinare i loro
visi, sentire il calore sulla pelle.. proprio ciò che il suo cuore e il suo
corpo avevano desiderato quella sera, nel sentirla così vicina, nel mischiare i
loro respiri, nel parlarle sulle labbra, il nasi che si sfioravano, i cuori che
galoppavano all’unisono..si riscosse: non poteva torturarsi così: l’indomani
avrebbe avuto un’altra occasione.
«fatto? » gli chiese Heiji, una volta tornato
«sì, è stato più facile del previsto.. solo che ora dovrò un
favore a Sonoko, ed è una cosa che mi manda in bestia» rispose, ancora pensando
al desiderio che ormai stava diventando impellente
«a che pensi? »
«cbdhcbavflijrvnueyrvarla… » rispose, in un tono incomprensibile
«che?! » chiese l’amico, stralunato.
«cbdhcbavflijrvnueyrvarla… » ripeté, non più forte
«non capisco che stai dicendo! »
Possibile che non capisse? Ai era nell’altra stanza, e Shinichi
aveva la sensazione che non le avrebbe fatto piacere sentire ciò che stava per
dire.
Quindi gli si avvicinò all’orecchio e mormorò
«ho voglia di baciarla.. »
Il compagno arrossì immediatamente, si prese il tempo di
studiare la sua espressione, per capire se stesse scherzando, e iniziò a
tormentarlo, da buon amico
«oh! Il mio piccolo Kudo è cresciuto!- iniziò, fingendosi commosso – ma guarda!E perché non l’hai ancora fatto? »
«provaci tu, con Goro alle calcagna » gli rispose, acido
«beh, allora domani.. »
«domani è un altro giorno – concluse – notte»
«non puoi prenderlo, non ancora! » Shiho gli stava urlando
contro, cercando di dissuaderlo dal rischiare la vita inutilmente
«ma mancano poche ore! Devo avere il tempo di prepararmi! »
«Kudo, mancano poche ore alla ritrasformazione..
non puoi arrivare un po’ in ritardo? »
«Ai.. – la guardò, stupito: com’è che si preoccupava per
lui? – no. La cantante mica aspetta me! »
«ma tanto avete già i biglietti – “devo dirglielo” – va beh.. quando torni ti
divo dire una cosa»
«dimmela ora, tanto devo aspettare.. »
«no. Devo prepararmi psicologicamente» e, detto questo, si
ritirò nella sua stanza
“addirittura?”
Questa volta il cambiamento di identità non comportò dolore,
non sentì fitte al cuore, non soffrì. Attendeva con ansia l’incontro con Ran,
immaginava come le avrebbe confessato i propri sentimenti, e al solo pensiero
arrossì ripetutamente.
La karateka arrivò puntuale come un orologio svizzero, in
perfetto orario per prendere il treno che li avrebbe condotti al padiglione. Sebbene
fosse andata in giro con quella spendacciona della Suzuki per tutto il giorno, sembrava
non aver comprato nulla.
«Sonoko non ti ha costretto a comprare nulla? Nemmeno una
volta? » chiese, schernendo la ragazza, per non pensare al fatto che le doveva
un favore, enorme.
« nah: stamattina mi ha chiamata,
e ho accettato di uscire con lei, ma solo a patto che non mi costringesse alla
solita maratona. Si è comprata un paio di vestiti, ma mi ha lasciata abbastanza
in pace» gli sorrise. Era troppo felice di essere lì con lui. Non passarono
cinque minuti che si addormentò sulla spalla di Shinichi.
“cavolo.. e adesso?” sembrava fosse reduce da un incendio,
per quanto erano rosse le sue gote.
Quasi inconsciamente posò la guancia sulla sua testa,
sognando di potersi definire il suo ragazzo. sognando il giorno in cui quel
contatto sarebbe potuto avvenire con lei sveglia.. ma dovette riprendersi:
erano su un treno affollato, chi li avesse visti avrebbe pensato che fossero
fidanzati,e così non era. Non poteva farle un torto del genere. Le smancerie
non erano il suo forte, eppure desiderava stringerla forte, sentire i loro
corpi aderire in un abbraccio.. non era più Ran, era una donna. E lui non era più
solo Shinichi, era un uomo, ed era attratto da lei come non lo era mai stato da
nessuna.La sera prima l’aveva guardata,
doveva ammetterlo. Mentre mangiava aveva registrato ogni singolo movimento
delle sue labbra carnose, aveva guardato la scollatura del vestito, quando si
era chinata per prendere il tovagliolo caduto per terra e quando si era sporta
in avanti per prendere il regalo nella torta (portava un reggiseno color
carne), e la cosa lo aveva fatto avvampare. Aveva guardato le sue gambe
perfette, dalla caviglia all’orlo del vestito, quando le si era avvicinato per
legarle il braccialetto, fasciate solo da un sottile strato di collantes trasparenti; aveva sentito i polpastrelli sudare,
quando le aveva sfiorato il braccio e la mano per metterglielo. E ora? Ora, il
quindici di febbraio, se l’era vista arrivare in shorts, senza nemmeno le
calze. Come non guardarla? Indossava una maglia leggera con sopra solo una giacchetta,
lasciata aperta. Sarebbe bastata un po’ di pioggia, e sarebbe stata come nuda.
Tornò con la mente alla prima notte da Conan Edogawa, quando, nella libreria di casa sua, Ran, ingenuamente,
l’aveva preso in braccio e abbracciato, stretto forte tra le braccia. I suoi
pettorali avevano avuto la sensazione nitida del suo seno, un contatto morbido
e profondo.
Voleva uscire con lei. Voleva portarla fuori al cinema o a
cena, tenerle la mano, cingerla con il braccio, baciarla sotto casa. Baciarla in
pubblico come aveva visto fare a quei due ragazzi, fuori dal Treno dei misteri.
Voleva stare con lei. Lo voleva più di ogni altra cosa al mondo. La amava. Ora ne
era certo.
Lo aveva sempre saputo, ma non aveva mai avuto il coraggio
di ammetterlo, nemmeno con se stesso. Si era lasciato andare a scenate di
gelosia mentali, l’aveva seguita ovunque, per proteggerla, aveva voluto sentire
cosa lei provasse per lui. Dopo tanto tempo era sicuro di sé sicuro sei suoi
sentimenti e dei propri. La voleva. Voleva che fosse sua, sua e di nessun
altro. Per quello non era riuscito a controllarsi, quando quell’idiota del suo
compagno di classe le aveva dato della “crocerossina sexy”: nessuno poteva
prendersi gioco di lei, tranne lui. A nessuno era concesso pensare che fosse
sexy (anche se lo era, eccome..), tranne che a lui. Dopotutto, solo lui aveva
fatto il bagno con lei (quasi si eccitò al pensiero di ciò che aveva provato a
vederla nuda: il suo fisico slanciato, i suoi seni sodi, i fianchi perfetti, le
gambe toniche. Sembrava una statua. Una statua morbida e affettuosa.), solo lui
aveva dormito, quella volta, nel suo stesso letto, senza riuscire ad
addormentarsi, solo lui aveva vissuto con lei per mesi.. solo lui l’aveva
ferita, delusa; solo lui le aveva mentito e l’aveva trattata come se non
contasse niente. Solo lui l’amava più della sua stessa vita, più del rifiuto di
cambiare identità, più del desiderio di vederla, più del desiderio di starle
vicino, più del desiderio di dirle tutto. Solo lui l’aveva protetta. Solo per
lui lei era più importante del loro amore. Era stato disposto a perderla, per
sempre, quasi a consigliarle di lasciarlo perdere, pur di proteggerla, pur di
tenerla lontana dalle grinfie dell’organizzazione, era stato quasi disposto a
diffondere la voce della sua stessa morte, pur di sapere che sarebbe stata
bene. Ma poi non ce l’aveva fatta: l’amore che provava da sempre per lei aveva
preso il sopravvento. Era stato egoista, era vero, ma in fondo ora non se ne
pentiva. L’organizzazione era stata debellata (non avrebbe mai finito di
ringraziare l’FBI per il suo intervento) e non c’erano più pericoli, il suo
corpo a parte. Ora sarebbero potuti stare insieme.
Era lungi dal dire che quella prolungata lontananza fosse
stata un bene per loro due e per il loro rapporto, ma doveva ammettere che
grazie ad essa d’ora in poi non si sarebbe più separato da lei, per nessuna
ragione al mondo.
Ran si svegliò solo quando ormai il treno era giunto a
destinazione, e Shinichi, reduce dai propri pensieri e consapevole del traffico
che avrebbe incontrato, la prese per mano, perché non si perdessero.
Ancora un po’ intontita dal sonnellino, lei all’inizio quasi
non si rese conto che le loro mani erano unite, di nuovo, senza che ci fosse
alcuna professoressa pedofila nei paraggi.
«e il tuo caso in Danimarca? » chiese, all’improvviso,
costretta ad urlare per il baccano che trovarono all’ingresso del Padiglione
«ho chiesto di trattenere i sospetti ancora per un giorno –
si era preparato quella risposta – partirò domani»
Ma vedendo un’espressione triste dipingersi sul volto della
sua amata Ran, ritrattò svelto
«non fare quella faccia! – le sorrise – scherzavo! In realtà
mi sono fatto dare i dettagli da Hattori, che è
andato lì con suo padre, ho risolto il caso per telefono stanotte, e non parto
più »
il viso dell’amica d’infanzia s’illuminò, quasi riuscendo a trattenere le
lacrime di gioia. Il detective rincarò la dose
«resto. Non me ne vado più. Basta. Sono tornato. E questa
volta è per sempre. Niente potrebbe portarmi via da te, ora. »
Ran ci provò, con tutta se stessa, ma non riuscì a credere
completamente alle sue parole, per quanto dolci fossero. Si limitò a sorridere
e a chiudere la conversazione con un
«andiamo! »
Cantò a squarciagola per un’ora buona, tanto che Shinichi si
chiese dove trovasse tutto quel fiato. Gli piacque la prima canzone, le altre
erano carina, ma nulla di ché.
Quel pazzo di Suzuki aveva regalato loro anche i pass per il
backstage, e così dovette subirsi un altro quarto d’ora di complimenti e moine
tra la sua quasi ragazza e la cantante italiana.
Finalmente fu l’ora del ritorno, ma questa volta lei non si
addormentò. Era elettrizzata. Era felice. Era tanto che non le vedeva quell’espressione
dipinta in viso. Gli scaldò il cuore. Gli fece venire un’idea: sarebbero andati
al parco divertimenti, per rilasciare un po’ di adrenalina.
«ti va? »
«mi piacerebbe – gli rispose, guardinga – ma non ho portato
abbastanza soldi»
«e chi ha detto che dovresti pagare tu? »
«ma dai, Shinichi, non esagerare! Ieri la cena e il braccialetto – arrossì al
pensiero di ciò che era seguito al semplice e meccanico atto di infilarle il
braccialetto: i loro respiri, quasi ansimanti, i loro visi a così pochi
millimetri, le loro labbra quasi a contatto, il desiderio di lui che aveva
provato, la sensazione che se si fossero davvero toccati non sarebbe riuscita a
fermarsi.. – ora il concerto e anche il Luna Park? Non puoi offrire sempre
tutto tu! Tocca anche a me! » e sorrise, cercando di mascherare la tensione
“beh, se davvero volessi, saprei io di cosa potresti
omaggiarmi..” si ritrovò a pensare, mentre gli si paravano davanti agli occhi
immagini di loro possibili abbracci e baci..
«ma stai tranquilla! Ieri era San Valentino e non conta,
tecnicamente i biglietti per il concerto me li ha regalati un amico di mio
padre, quindi non vale.. io ti offro solo il Luna Park.. mi sembra il minimo! »
non voleva che pagasse lei. Se davvero aveva deciso di corteggiarla,
seriamente, avrebbe seguito tutti i crismi del caso.
“come mai, Shinichi? Come mai ti comporti così? Da quando
sei così.. galante? – sì: era quella la parola giusta.. arrossì – che è
successo? Davvero resterai?”
«o-okay … »
«non sembri troppo convinta» constatò
“è che ho paura di perderti, di nuovo.. non lo sopporterei..
non un’altra volta. L’ultima volta che siamo andati al parco dei divertimenti
non ti ho visto per mesi.. ho paura a tornarci..”
«no, perché? »
«hmm.. però questa volta non
andiamo sul treno dei misteri, d’accordo? »
“grazie!” si rilassò, e iniziò a godersi davvero quella
serata che sembrava non dovesse finire mai. Che voleva non finisse mai
“sapevo che era quello il problema.. Ran..”
Una volta arrivati fecero un giro su ognuna delle giostre:
montagne russe (tranne l’innominabile), auto scontro, tiro a segno (le vinse un
peluche adorabile, ma poi decisero di regalarlo ad una bambina che era rimasta
senza nulla perché i genitori non erano molto ferrati nello sparare..),
mangiarono dello zucchero filato (ne divisero uno perché nessuno dei due aveva
granché fame.. avevano entrambi lo stomaco pieno di farfalle), infine salirono sulla
ruota panoramica.
Era uno spettacolo mozzafiato: le luci di Tokyo illuminavano
il nero dell’orizzonte, sfociando in un arcobaleno di colori che rendeva l’atmosfera
magica. Il trovarsi ad un’altezza del genere, sola con Shinichi in quella
piccola cabina, con un sogno simile davanti agli occhi, fece commuovere Ran,
che a stento trattenne le lacrime di gioia. Doveva parlare: non avrebbe
sopportato un altro minuto di silenzio, con l’elettricità che le scuoteva ogni
singola molecola.
Tentò un approccio delicato: voleva che lui fosse sincero,
per una volta. Gli chiese di Conan.
Il discorso non durò più di un paio di battute, poi piombò
un nuovo, pesante silenzio.
“Shinichi, so tutto.. io”
Stava per dar voce a questo pensiero, quando la sua voce la
raggiunse, come un lampo
«ti amo»
La vista le si appannò per un momento, il suono sordo dell’aria
intorno a lei l’assordò, e ricordò l’ultima volta che era stata in quel parco,
con Conan, quando aveva perso la memoria. Conan le aveva detto “mi piaci. Mi piaci
più di chiunque al mondo.. tu mi piaci, Ran”, poi le aveva, per l’ennesima
volta, salvato la vita.
Una volta tornati a casa le aveva rivelato, con scarsa convinzione,
di aver sentito quelle parole al ricevimento per il matrimonio della sorella di
Takagi, ma le era sembrato che ci fosse di più. le
era sembrato che dietro quel gesto del suo fratellino ci fosse il suo Shinichi.
Ripensò in un secondo a ciò che Shiho/Ai le aveva detto poco
tempo prima: Shinichi era Conan.
Shinichi si era dichiarato. Molto tempo prima. Shinichi sapeva
cosa lei provasse per lui.
«ti amo», le aveva appena detto, ora. Nitidamente, nessun
malinteso. Si era dichiarato. Di nuovo.
Non riuscì a pensare a cosa rispondere, né ce ne fu bisogno,
perché subito sentì due labbra sulle sue. Erano soffici, carnose, calde..
bollenti. Rimase interdetta per un momento, non capendo cosa stesse accadendo.
In qualche modo il suo inconscio capì che Shinichi, Shinichi
Kudo, il suo amico d’infanzia, il ragazzo che amava da sempre, la stava
baciando. LA STAVA BACIANDO. Sentiva la sua mano dietro la nuca, ad avvicinare
i loro visi, sentiva le loro dita intrecciarsi, sul sedile della cabina,
sentiva (non sentiva) il suo cuore fermarsi, per poi riprendere frenetico con
una media di trecento battiti al secondo. Pensava di scoppiare. Pensava che
sarebbe morta. Pensava che fosse il modo migliore di morire che avrebbe mai
potuto sognare.
Due paia di labbra si stavano amando, senza sosta, due
lingue stavano giocando, felici, tentando quasi di mangiarsi, sperando che il
sapore di quella felicità non finisse mai. Non sentivano nemmeno il bisogno di
respirare: avevano il loro amore. Era quello il loro ossigeno, l’unica medicina
che li aveva tenuti in vita, per tutto quel tempo, quando erano stati vicini,
ma lontani. Ora erano una cosa unica. Sentiva che nulla, nulla al mondo le
avrebbe più fatto dubitare di lui, sentiva che quell’istante, nei loro cuori,
non sarebbe mai finito.
Nella realtà, invece, il fischio della fine imminente del
giro li separò. Nessuno dei due disse alcunché, fino alla discesa
«vorrei che diventassi la mia ragazza.. non che prima non ti
considerassi tale, ma vorrei che fosse ufficiale.. »
Ma Ran non capiva più nulla. “frena. Sto sognando? Non è
possibile. Non può essere vero. Mi ha detto che mi ama! Mi ha baciata! (l’ho
baciato!) mi ha chiesto di rendere ufficiale il nostro rapporto!.. mi ricorda
quella sera, la prima volta che è tornato, tornato davvero, e mi ha invitata a
cena, in quel locale costosissimo. Sembrava che dovesse dirmi chissà cosa – si amareggiò
– poi mi ha lasciata sola. Non può essere di nuovo così! – si riscosse – l’altra
volta non è stato così espansivo: non mi ha davvero aperto il suo cuore, non mi
ha baciata! – al pensiero delle loro labbra che si toccavano, davvero, dopo
tanti anni, davvero, dopo tanta sofferenza, davvero, dopo una così lunga
lontananza.. davvero – non riusciva ancora a crederci – eppure.. Shiho mi ha
detto che avrebbe deciso lei chi lasciarmi, se Conan o Shinichi.. e di sicuro,
potendo scegliere, non mi lascerà Shinichi.. con Conan ha una vita. Shinichi fa
parte solo della mia.. e se così fosse, non potrei avere una storia con Conan,
sarebbe impensabile.. sarebbe tutto come prima. Non potremmo stare insieme..”
Si accorse appena di essere già arrivata sotto casa, e prese
le chiavi dalla borsa, quasi ignara di essere con lui, che aspettava una
risposta.. ad una domanda che l’aveva fatta cadere in un’impasse.. sarebbe
davvero finita così dopo tutto il suo amore?
No. Non sarebbe potuta finire così. Ma lei non era nelle
condizioni per essere speranzosa. Al contrario di Shinichi.
Sentì una mano che la bloccava, un’altra che le scostava una
ciocca di capelli dal viso, portandola dietro l’orecchio.
I dieci minuti seguenti furono una tortura: dovette lottare
contro se stessa, per non essere troppo liberatoria, per non cedere all’amore,
per rimanere lucida, logica. La cosa più terribile era che ci stava riuscendo:
lui le aveva chiesto quale fosse il problema, lei stava davvero riuscendo ad
esporgli tutto, con rabbia, pena, dolore, tristezza. Stava combattendo contro
il suo stesso corpo per impedire alle lacrime di scenderle dagli occhi, alle
pupille di fissarsi nelle sue, alla lingua – che ancora sognava la compagna calda
e dolce – di pronunciare le parole proibite, quel “sì” che sognava da
diciassette lunghi anni, quel “sì” che le era stato richiesto proprio quella
sera. Fosse stato qualche giorno prima, non ci avrebbe pensato due volte; se
non avesse incontrato Shiho/Ai, sarebbe stata felice. Confusa ma felice. Ora
anche quello le veniva negato. Era confusa e basta.
Vedere l’espressione del detective, spalle al muro di fronte
alla verità, vedere che si adirava per il mancato mantenimento del segreto,
anziché scusarsi e spiegarle tutto, la stava gettando nel panico più totale.
Cosa avrebbe dovuto fare?
Tuttavia le bastò la confessione di Shinichi, le bastò che
le dicesse che per lui Shiho non era più che una amica/ collega, le bastò che
l’abbracciasse, la stringesse forte, le bastò quel «tutto ciò che vuoi», per
capire che non era ancora pronta a lasciarlo andare, che probabilmente non lo
sarebbe mai stata.
Lo fece salire, interdetto e confuso, nella palazzina
dell’agenzia, al piano superiore. Lo condusse, ormai lungi dal capirci
alcunché, nella propria camera e scoppiò in lacrime. Sembrava un fantasma. Era
a metà tra la felicità più assoluta per ciò che stava vedendo accadere tra lei
e l’amico d’infanzia che le aveva rubato il cuore tanti anni prima e la
disperazione più totale per la situazione in sè. Sì, era quella la definizione
giusta: stava guardando l’inizio della sua storia d’amore come non fosse
presente, come se fosse davanti ad una di quelle fiction televisive, eterne,
che ti tengono incollato allo schermo per anni, prima che succeda finalmente
ciò che vuoi tra i due protagonisti. Era quella la sua situazione. Stava
guardando la propria vita, anziché viverla.
Così, quando si ritrovò tra le sue braccia, si riscosse,
riprese vita, e chiuse gli occhi, per rendere quel bacio un anestetico al suo
dolore. No: l’antidoto ad un veleno che l’aveva logorata. No: un biglietto di
sola andata per la felicità. No: LUI. Semplicemente LUI. La sua vita. La
felicità non avrebbe avuto senso senza di lui. Ringraziò mentalmente la sua
cara amica Kazuha, ricordando ciò che le aveva detto: “quando una donna
dimostra interesse nei confronti di un uomo, è impossibile che non succeda
nulla”. Quella frase le aveva dato coraggio. Il coraggio necessario per
lasciarsi andare al suo amore, baciarlo fino a non respirare, a non sentire più
i polmoni, ad avere i crampi alle labbra e alla lingua, a riempire ogni
centimetro del suo corpo di baci, come un vestito che mai avrebbe potuto
togliersi.
Sentì le sue mani (meno tremanti delle proprie) toglierle la
camicetta, accarezzarle la schiena, l’addome, il petto, il suo profumo
pervaderla.
Sentì le sue mani porgerle la camicetta, dopo che le proprie
si erano appropinquate all’orlo dei suoi pantaloni.
Sentì le proprie gote arrossarsi, e pian piano ne capì il
motivo: si era lasciata andare, troppo. Aveva dato fondo a tutte le fantasie
che l’avevano tormentata in quel periodo. Aveva spento il cervello e acceso
l’amore.
L’aveva rifiutata?
Si sentì una stupida, una pazza. Come aveva potuto
comportarsi così?
«diciamo che non sembravi lucida» il riso strozzato del
ragazzo la raggiunse, facendola sentire ancora peggio.
Voleva spiegargli, voleva dirgli che sera stata una stupida,
che, sì, voleva stare con lui (anche se probabilmente ormai era palese),
voleva.. non lo sapeva nemmeno lei. Voleva lui, punto. Qualunque cosa
significasse.
«Shinichi? – “ora glielo chiedo, ora glielo chiedo ‘l-la tua
proposta.. è ancora valida?’” ma non lo fece. La voce le tremava nel pensiero,
figuriamoci cosa ne sarebbe venuto fuori – buona notte» gli disse solo, prima
di essere baciata sulla fronte dall’espressione più ambigua che avesse mai
visto sul viso del detective: felicità, divertimento, tristezza, dolore..
cos’era?
“devo dirglielo. Non posso continuare così: lui ha fatto il
primo passo (il “ti amo”), il secondo (il bacio sulla ruota panoramica), il
terzo (gli abbracci e i baci di questa – magnifica – notte).. e io? Io sono
rimasta lì, ad attaccarlo, a fare la diffidente, a fare la pazza con gli ormoni
a palla..”
Decise: sarebbe andata di là.
Aprì piano la porta della camera di Conan, consapevole che
il giorno successivo in quel letto avrebbe ritrovato il suo fratellino, e
rimase a fissare il corpo perfetto di Shinichi: le gambe toniche, l’addome
scolpito, le braccia tenere ma forti, il viso d’angelo che si ritrovava, con i
capelli corvini che gli cadevano sulle palpebre. Dormiva. Prima ancora che
potesse rendersene conto, si era chiusa la porta alle spalle, si era rintanata
nel proprio letto e si era addormentata.
Sentì un paio di labbra sfiorare appena le sue.
Probabilmente stava ancora sognando di essere al parco in sua compagnia, come
una coppia normale. Aprì gli occhi: consapevole della realtà avrebbe trovato
impossibile trattenere un’ utopia. Non sarebbero mai stati una coppia normale.
Non erano nemmeno una coppia. Aprì gli occhi e vide il suo viso così vicino,
gli occhi chiusi, il naso respirava il suo odore. Rimase immobile, gli occhi
gonfi di lacrime, ancora per un secondo, incredula, poi lui si staccò. Chiuse
gli occhi, aspettando che se ne andasse per “svegliarsi”.
«scusa – lo sentì dire, sfiorandole la guancia con due dita
– so di non essere abbastanza per te, ma tu sei tutto per me»
Si alzò e chiuse laporta dietro di sé, tornò dopo meno di un minuto.
«perdonami, per tutto» si chinò e la baciò un’ultima volta.
Ran smise di fingere e ricambiò il bacio, assecondando i suoi movimenti e,
ancora mezzo addormentata, gli disse «ti amo»
«pensavo dormissi»
«anch’io – rispose – pensavo fosse un sogno»
Il giorno seguente fu un vero incubo: nel weekend non
avevano studiato assolutamente nulla, ed erano consapevoli che il lunedì era il
giorno più duro della settimana, dovendo affrontare pure il rientro
pomeridiano.
All’entrata dovettero sorbirsi i commenti fuori luogo dei compagni,
e due ore di matematica, con tutto ciò che comportava, poi inglese, e due ore
di letteratura. Il pomeriggio due ore di educazione fisica.
Nell’intervallo Shinichi dovette aiutare i compagni a
portare in aula il televisore: nelle ore di letteratura avrebbero visto un film
(sorpresa della professoressa benevola, la preferita di Ran, dopo il
trasferimento di Jodie) e Sonoko ebbe tutto il tempo per fare a Ran un terzo
grado degno di un agente di polizia
«allora? »
«allora che? »
«che è successo ieri? Dopo lo shopping non ti sei più fatta viva.. » le disse,
maliziosa
«beh, ero al concerto: non si sarebbe sentito nulla, e poi è
finito tardi, quindi non avrebbe avuto senso svegliarti» si era preparata la
scusa incamminandosi verso scuola, dopo aver fatto i salti mortali perché Goro,
in agenzia, non si accorgesse che dalle scale, insieme a lei, stava scendendo
anche il “moccioso” che tanto detestava
«se, come no.. dai, raccontami! Dopo il concerto che avete
fatto? » chiese, con curiosità morbosa
«niente.. mi ha riaccompagnata a casa e fine della storia»
disse, tentando di non pensare a ciò che in realtà era successo
«ma ce l’ha fatta a baciarti o no? »
Ran stava tergiversando, non sapendo cosa dire, quando
arrivò l’innominabile
«Suzuki.. » la guardò storto
«Kudo.. allora.. la tua mogliettina non vuole raccontarmi
nulla, mi dici che è successo tra voi? Direi che me lo devi! »
La karateka la guardò, interdetta: che intendeva? Guardò Shinichi, che si
affrettò a risponderle, alquanto seccato
«la tua amica, qui presente, è la persona più incoerente ed
egocentrica del pianeta.. nessuna novità, insomma.. »
«ma che stai dicendo? » chiese la ragazza, all’unisono con il «ma come ti
permetti? » dell’amica oca
«è stata Sonoko a regalarmi i biglietti per il concerto di
ieri, “gli ultimi due”» concluse, storpiando la sua imitazione
«ma allora..
«appunto.. »
Dissero le ragazze, in un altro coro
«appunto un corno! – le rispose, duro – se non erro (e non
erro) avevi detto qualcosa tipo “ti cedo i biglietti così potrai andarci con
Ran e combinare qualcosa di buono, per una volta..
«ricordi benissimo» lo interruppe, fiera, l’ereditiera,
incurante del rossore che quelle parole avevano acceso sul volto dell’amica
«non avevo finito: hai detto “ti cedo i biglietti così
potrai andarci con Ran e combinare qualcosa di buono, per una volta.. e Ran
penserà che sia stata tutta un’idea tua.. ma guarda come sono generosa!”»
Adesso quella viola era Sonoko, che capì: aveva rivelato la
sorpresa all’amica.. e si era pure vantata (cosa che non aveva ancora capito
come Ran potesse sopportare. Lei si divertiva, a sentirsi un metro sopra gli
altri, ma la sua migliore amica era umile e riservata, e spesso la vedeva
alzare gli occhi al cielo, durante le sue performances da prima donna..)
«Sonoko?! – la karateka si mise quasi ad urlare – davvero è
stata tutta opera tua?! »
«ehm.. forse.. » ammise, afflitta
«sei l’amica migliore del mondo! – le sussurrò in un
orecchio, prima di riprendere ad alta voce – comunque è stato bellissimo il
concerto! Gigliola ha cantato meglio del solito, le abbiamo addirittura chiesto
il tris! »
«non era questo che mi interessava.. ma Kudo ha sopportato
tutto questo? Da quando ti piace la musica, stoccafisso? »
«è stata dura – rispose, guardingo, controllando che gli altri studenti fossero
fuori per la ricreazione prima di mettere un braccio intorno alla vita di Ran,
davanti agli occhi spalancati di Sonoko – ma, per lei, questo ed altro! » e
concluse con un teatrale bacio sulla fronte.
La ricca adolescente dedita ai gossip non poteva credere ai
suoi occhi
«m-ma.. state insieme?! »
«scusa – la interruppe il detective – ma non era quello che volevi? »
Ran continuava a non parlare.. con lui avrebbe chiarito
dopo. Sperò solo che la notizia non si diffondesse ai quattro venti
«s-sì.. insomma.. ma avrei voluto che me lo dicesse QUALCUNO
spontaneamente! »
«che?! – le rispose, aspro, il suo eterno nemico – hai
bisogno anche dei sottotitoli?.. non è abbastanza evidente? »
Fortuna volle che Shinichi avesse smesso di abbracciare Ran prima
che gli altri studenti tornassero in classe per la quarta ora, che l’aula fosse
buia per godere meglio del film, e che Shinichi fosse abituato, per la sua
altezza, a sedersi in ultima fila, in quelle occasioni, per permettere agli
altri di vedere, e che fosse normale che tutti lasciassero a Ran il posto
vicino a lui. Di solito avrebbero lottato per evitare quella situazione, ma
quella volta si limitarono a mostrare una finta espressione scocciata, contenti
internamente di potersi sedere vicini, lontani da sguardi indiscreti
Il film iniziò: aveva un titolo che non avevano mai sentito,
la professoressa disse che l’avevano fatto guardare a sua nipote, in Europa. Il
titolo era “Il cacciatore di aquiloni”, tratto dall’omonimo libro di Khaled
Hosseini, un romanziere americano di origine afgana, molto famoso.
Dopo la pubblicità iniziale del DVD e la sponsorizzazione
della Dreamworks ( casa di produzione del film), Ran si interessò alla storia
triste e dura del protagonista, non senza lasciarsi scappare un cospicuo numero
di lacrime (che Shinichi si affrettò ad asciugare sfiorandole la guancia con un
dito).
L’aula era buia, gli studenti – persino Sonoko – si
appassionarono talmente al film da smettere di guardare i due piccioncini in
ultima fila.
Dopo un quarto d’ora circa, Shinichi decise bene di
distrarre la compagna, che già aveva iniziato a piangere.
«ehi.. sai che non sopporto quando piangi » le sussurrò,
dolce
“ ma questa storia è angosciante! Come fa a rimanere
impassibile?”
«come faccio a non piangere, davanti ad un film simile? »
chiese, stupita: davvero riusciva a non farsi coinvolgere?
«guarda me.. » le rispose, malizioso e serio al tempo
stesso.
Ran incrociò i suoi occhi azzurri e per il suo cuore perse
un battito.
Il detective ebbe l’impudenza di metterle un braccio intorno
alle spalle, fingendo – alla vecchia maniera – di stiracchiarsi, provocandole
un risolino sommesso, poi l’avvicinò a sé, e le sussurrò una cosa che mai si
sarebbe aspettata di sentire
«ho voglia di baciarti»
Ripensò a quello che gli aveva detto Heiji: lui e Kazuha
dormivano abitualmente insieme. Ripensò a tutto il tempo che avevano perso per
colpa dell’organizzazione. Pensò che finalmente l’effetto dell’APTX era
svanito.. pensò a Shiho: chissà quando sarebbe tornata normale anche lei..
Pensò a Ran, lì, vicino a lui, stretta nel suo abbraccio
(dal quale non si era scostata), col volto a pochi centimetri dal suo, che lo
fissava.
Era stato ironico nel confessarle il suo desiderio, ma non
era mai stato così serio in classe: voleva baciarla.
E lei non gli aveva ancora risposto
«ehm.. che?! » chiese di rimando, imbarazzata
“prevedibile” pensò Shinichi, conoscendola
«hai sentito.. » le rispose, seccato dalla situazione
imbarazzante che si era venuta a creare.
«volevo chiederti.. – gli rispose, evasiva – se avessi
ancora bisogno di ripassare matematica, visto che tra poco dovrai recuperare
gli esami.. »
le sorrise. Dopotutto anche lei voleva ritagliare qualche momento per loro. Era
incredibile quanto li avesse avvicinati quella disavventura: fino a poco tempo
prima non avrebbero osato sfiorarsi nemmeno per sbaglio, né parlare di loro,
per carità. Fingevano che non ci fosse niente, mentivano a se stessi, non
volevano guardare in faccia la realtà. La lontananza li aveva costretti ad
aprire gli occhi, a confessare, prima a se stessi, poi l’uno all’altra, che non
c’era nulla di più importante dello stare insieme, che niente, divisi, avrebbe
avuto un senso. Le difficoltà non erano mancate, ma sembrava davvero che fosse
tutto tornato a posto. Sembrava davvero che la situazione avesse preso una
nuova piega, che i loro destini si fossero, finalmente, indissolubilmente
uniti, che, alla buon’ora, sarebbero potuti stare insieme.
«eh, direi di sì – le confessò, divertito dal dialogo
serio/faceto e metaforico che avevano adottato – altrimenti la prof non mi darà
tregua: mi costringerà a studiare con lei» la sfotté, sperando che si
ingelosisse.. almeno un po’
Non rimase deluso
«beh.. – ribatté, stizzita – più che matematica, mi sa che
si improvviserebbe prof di biologia! E poi supereresti l’esame col massimo dei
voti, immagino.. »
Forse non aveva colto il doppio senso in ciò che aveva
detto, ma non glielo fece pesare: non sapeva ancora come considerarsi, in QUEL
frangente.. certo, negli sport eccelleva, ma in QUELLO non si era mai
cimentato.. che Ran volesse davvero..? nah, era impossibile.
«cosa immagini? » la stuzzicò, per mantenere vive le
allusioni, facendola arrossire
«niente.. so per certo che la prof ti muore dietro: il suo
comportamento lascia ben poco all’immaginazione..»
«Ran Mouri – la riprese – sei forse gelosa di me? »
nonostante gli sforzi, arrossì lievemente
«noo! Esattamente come tu non saresti geloso di me se
accettassi di farmi dare ripetizioni di educazione fisica da quel figo del
professor Seiji.. » lo rimbeccò
«ehm.. non ti ha proposto di fare ripetizioni, vero? »
«boh! »
Non gli diede una risposta, incurante della sua insistenza,
ma poggiò il capo nell’incavo della sua spalla, annusandolo silenziosamente,
avida.
«SHHHHHH!!! » dall’aula si alzò un ronzio assordante: erano
stufi di sentire bisbigliare i due piccioncini
«allora?! » le chiese, più piano
«allora niente.. ci vediamo dopo scuola.. » gli rispose,
appoggiandosi allo schienale della sedia, con le mani a coprirle il viso,
stanca.
Un paio di mani, estranee, ma così familiari, le spostarono
i polsi, e un secondo dopo le labbra del detective avevano infranto tutte le
barriere che le separavano dalla bocca della karateka.
Ran emise un debole gemito di sorpresa, che fu coperto dalle
urla dei bambini nel filmato. Voleva stringerlo, fregarsene della sedia cui era
incollata, dell’aula affollata in cui si trovavano, della professoressa che si sarebbe girata da
un momento all’altro, dei ragazzi che avrebbero pagato (e che, effettivamente,
avevano aspettato anni) per uno scoop come quello, delle ragazze cui sarebbe
preso un infarto. Voleva che la abbracciasse, che tutto tornasse come la sera
precedente: loro due, soli, un «ti amo» improvviso, una casa deserta, le luci
soffuse, un letto a pochi centimetri, la sua camicetta per terra, la sua maglia
chissà dove, tutta la notte per loro.. “ma che mi viene in mente?!?!?! – si
riscosse – siamo a scuola, accidenti!”
Gli stessi pensieri sembrarono animare il detective, che,
infatti, si staccò rapidamente dal suo viso con un
«ci vediamo stasera»
«come sta? » i due sussurravano, cercando di non farsi
sentire dalla “bimba”
«beh, l’hai distrutta, come vuoi che stia? »
«ma io cos’ho fatto? Insomma! Possibile che debba essere
sempre tutto colpa mia?? »
«senti, Shinichi – gli disse Agasa,paterno – vuoi davvero
farmi credere che non ti eri accorto che Ai si fosse innamorata di te?! »
Già, quella stessa Ai, che sarebbe dovuta stare a letto per
via della febbre e che, invece, stava abbondantemente spiando la conversazione
L’espressione del giovane lasciò perplessi entrambi, il
vecchio amico e la finta bambina: davvero non l’aveva immaginato. Davvero non
ne aveva idea. Possibile che non capisse l’effetto che scatenava negli altri?
Guardarlo negli occhi dava fiducia e sicurezza a qualsiasi innocente,
intimoriva e conduceva alla confessione ogni malvivente, affascinava le
ragazze, le donne, metteva in soggezione gli uomini. I bambini lo consideravano
un idolo, le bambine sognavano di sposarsi con uno come lui, da grandi. Le
donne gli avrebbero affidato la propria vita, gli uomini non si sarebbero
tirati indietro. La polizia si affidava a lui, i criminali speravano ancora di
poter ingannare il suo intuito. Le sorti del Giappone orientale dipendevano da
lui!
E lui non aveva idea di cosa potesse nascere, con queste
premesse nel cuore di due adolescenti con gli ormoni a palla, standogli vicino
per mesi e anni?! No, sul serio?
«che?! Ma che stai dicendo, doc? i-innamorata di me? Ma non
dire sciocchezze! – una risata isterica tradì la sua certezza. Era possibile..?
davvero Shiho Miyano, ex Sherry dell’organizzazione, cuore
di ghiaccio, mente ferma e scientificamente contraria ai sentimenti, davvero
una ragazza come lei poteva provare amore per lui? Lui che era già – l’aveva
messo in chiaro da subito – innamorato e silenziosamente dichiarato a Ran?
Perché ora si sarebbe dovuta mettere in mezzo?- non è possibile… »
«invece sì – la ragazza era in lacrime, lacrime di una
febbre diversa da quella influenzale – non lo diceva il tuo amato Sherlock
Holmes? “dopo aver eliminato l’impossibile, ciò che resta, per improbabile che
sia, dev’essere le verità”.. è impossibile, mio caro
detective, che io mi sia presa la briga di starti alle calcagna così a lungo,
solo perché in quanto detective avresti potuto aiutarmi a trovare indizi su
come creare l’antidoto per l’APTX, ed è altrettanto impossibile che, con tutte
le occasioni che ho avuto, non ti abbia mai consegnato all’organizzazione, per
lo stesso motivo. Mi sarebbe bastato cercare un altro detective e minacciarlo.
E mi sembra ancor più impossibile, correggimi se sbaglio, che ti abbia concesso
di provare su di te tutti quegli antidoci solo per
avere una cavia umana, non trovi? “ma tu sapevi bene come stessero le cose” mi
dirai. Certo. Lo sapevo eccome. Avevo avuto la verità sotto gli occhi per mesi,
mi era stata svelata più volte, e ci avevo anche creduto. Sapevo come stessero
le cose, è vero. Ma se c’è una cosa che ho imparato in tutto questo tempo, oltre
alla formula inversa di un composto chimico, è che gli esseri umani non sono
fatti solo di cervello e arti, adibiti a scopi meramente pratici, che le azioni
umane spesso e volentieri, più che dalla ragione sono dettate dal cuore, come
si è soliti chiamarlo. Non capivo, all’inizio, come stuoli di ragazzine
potessero stravedere per un cantante (o un detective, in questo caso) così,
quasi senza conoscerlo.. né lo capisco tutt’ora, in effetti.Il mio problema è che il detective in
questione io l’ho conosciuto, a fondo. Ho avuto mesi per farlo, e da poco mi
sono resa conto di cosa ciò significasse. »
Passò un minuto eterno. Shinichi non trovava le parole per
rifiutarla, soprattutto in quel suo corpo da bambina. Sapeva che soffriva, o
almeno lo immaginava, ed essere motivo di sofferenza non gli andava esattamente
a genio. Come se non bastasse ormai conosceva Ai, aveva imparato a volerle
bene, e l’ultima cosa che voleva era vederla soffrire. Aveva passato mesi a
proteggerla, dannazione!
Non uscì nulla dalle sue labbra.
«…beh – riprese, sconsolata, la
scienziata – volevo solo darti la mia spiegazione, ora torno a dormire. »
«aspetta.. » la fermò, inconscio di ciò che faceva, ignaro
di ciò che sarebbe successo
Al suo sguardo interrogativo, rispose «vieni qui. »
Lei si avvicinò, confusa, sotto lo sguardo di un Hiroshi
perplesso e lui si chinò, le prese il mento con una mano e la guardò negli
occhi. Le sue pupille immediatamente si dilatarono, il respiro accelerò, i
polpastrelli si inumidirono, le gambe tremarono impercettibilmente.
« mi dispiace – le disse, prima di baciarla sulla guancia,
constatando che, in effetti, stava avendo le stesse reazioni di Ran, quando lui
la toccava – non immaginavo…. – ma poi ritrattò – no,
scusa. Anche se avessi saputo, probabilmente non sarebbe cambiato niente. »
Avvicinò le labbra alla sua guancia, inconsapevole che
Shiho, ragazza innamorata, come regalo di addio, pretendeva ben altro: colse al
volo l’occasione e girò in un soffio la testa, così, quando Shinichi si scontrò
con la sua pelle, ad aspettarlo trovò un paio di labbra, morbide, calde. Lo
desideravano.
Dovette sforzarsi al massimo per non cedere a quel contatto:
sapeva quanto potesse essere piacevole un bacio, e quelle labbra gli
ricordavano così da vicino quelle della sua Ran.. già, la sua Ran, che in quel
momento era agli allenamenti di karate, che probabilmente stava pensando a
lui.. lui pensava a lei, non ci sarebbe stato posto per nessun’altra. Allontanò
il viso da quello della compagna di disavventure, con onestà.
Quel bacio per lei avrebbe significato molto di più, e per
lui sarebbe stato un tradimento in piena regola. Non poteva permetterselo, né
lo voleva. In quell’istante, così vicino alle labbra di una ragazza, non aveva
pensato alla persona che aveva i fronte, ma sempre solo a LEI. L’unica che da
anni lo teneva in una dolce bolla protettiva, bella, pulita, profumata. Senza
intrighi né sotterfugi, senza fughe né assassini alle calcagna.
«pfff.. che fatica.. » appena
finiti gli allenamenti, Ran si stava sfogando con la sua amica Sonoko
«dai, ripigliati! Tutti i ragazzi del corso non hanno
guardato che te! Paradossalmente da quando stai con il tuo maritino, sei ancora
più solare, e quindi ti guardano il doppio! Uffa, che invidia! »
«zitta! – le posò un palmo sulla bocca: nessuno avrebbe
dovuto sapere! – ah ah ah – le fece il verso – Sonoko, che dici? »
«Non fare la finta tonta e sbrigati! Devi andare o no a dare
“ripetizioni” – enfatizzò la parola simboleggiando maliziosamente le virgolette
con le mani – al tuo maritino? »
«va beh! Vado! » rispose scocciata, senza farle mancare un
pugno leggero sulla spalla
E si mise a correre.
«AAAAAAAAAAHHH!!!!!!! »
«che succede? » Shinichi e Agasa si spaventarono
notevolmente a sentire Ai, la composta e stoica Ai, urlare a quel modo
«non.. riesco.. a .. parlare.. »
Si stava contorcendo nel letto, stringendosi la mano destra
ad artiglio sul cuore. Si sentiva male. Che fosse..?
Esatto. Non passò un minuto che si trovarono davanti Shiho Miyano, febbricitante e sudata.
Non ci volle molto a convincere Shinichi a portarla a casa
sua, per starle vicino, almeno in quel momento: il senso di colpa ancora lo
attanagliava.
Suonò il campanello ed entrò con le chiavi che ancora aveva
con sé.
Lo chiamò ad alta voce, ma non ebbe risposta. Immaginando
che dormisse si diresse in camera sua.
Lì lo trovò, ma non era solo. Era impegnato in una
conversazione profonda con una donna che sembrava un po’ più grande di loro,
dall’aria triste e severa. Era Shiho.
Si bloccò sulla porta e, quando incrociò lo sguardo della
ragazza, si nascose dietro lo stipite. Shinichi le andò incontro e la sua
espressione passò da stanca, provata a dolce e serena.
«Ran! Non ti aspettavo così presto.. » le rivolse un sorriso
ampio
«s-scusa se sono entrata così.. non pensavo avessi ospiti..
»
«ospiti? – la guardò, perplesso, ricordandosi poi della neo
adulta seduta di là – ah! Sì, vieni » la prese per mano e la ricondusse nella
propria stanza, dove prima stava parlando con Shiho
«allora.. già vi conoscete, dunque.. » cercò di iniziare con
un approccio delicato, ma non seppe cosa dire
Ran era immobile: che ci faceva Shiho da sola in camera sua,
mentre lei non c’era? Avevano davvero solo parlato? Dopotutto, lei era
innamorata di lui..
«d’accordo.. torno più tardi.. » concluse per lui la
scienziata, che ora stava molto meglio. La sua aria di superiorità era
decisamente irritante. Shinichi non la trattenne e Ran non si mosse di un
millimetro.
Prima di oltrepassare la soglia di quella camera, si inserì
tra i due piccioncini e sfiorò la guancia di Shinichi con un bacio, quindi
sparì.
Shinichi, interdetto, arrossì violentemente, toccandosi la
guancia come alla ricerca di una prova tangibile che quella era la realtà e che
Ai lo aveva appena baciato davanti a Ran.
Se la ragazza non aveva ancora aperto bocca da quando era
entrata nella stanza, dopo aver assistito a quella scena si chiuse nel mutismo.
Come si sarebbe giustificato Shinichi?
Lui non parlò, né tantomeno tentò di giustificarsi ma,
prevedendo la sua reazione, si limitò a riprenderle la mano, in modo che non
potesse correre via.
Lei, furiosa, ci provò comunque, ma si trovò stretta fra le
sue braccia, come la sera precedente, e tutta la sua rabbia si trasformò in
insicurezza, e l’insicurezza in lacrime.
«non me l’aspettavo – azzardò lui – tra noi non c’è mai
stato nulla.. »
Silenzio.
«Ran?! »
Niente.
«Ran, rispondimi! »
«cosa dovrei dirti? » cercava senza sosta (e senza grande
successo) di trattenere le lacrime
«voglio che tu mi creda e capisca cosa provo.. »
«come, se ho appenavisto
un’altra che ti baciava? »
«già – iniziava ad irritarsi: possibile che si sentisse così
insicura? Possibile che ancora non si fidasse del suo amore? – ma mi sembra che
quando mi baci tu le mie reazioni siano leggermente diverse.. » commentò,
acido.
Lei arrossì. In effetti..
«di cosa stavate parlando? »
«anche lei è tornata adulta all’improvviso, senza prendere
l’antidoto.. èstrano.. »
Fu un fulmine a ciel sereno: se n’era dimenticata! Aveva
passato mesi a fingersi un bambino, con lei!
Ai se ne andò, soddisfatta: quel round l’aveva vinto lei.
Sperava che Ran si ingelosisse tanto e a tal punto da
lasciare Shinichi, ma in fondo sapeva di non avere possibilità. Da bambini
aveva provato più volte a fargli comprendere i propri sentimenti, a sedurlo..
invano.
Lui pensava sempre solo a lei. D’altronde non aveva forse
insistito perché trovasse l’antidoto il prima possibile? Non voleva vivere da
bambino. Non voleva una vita senza Ran. Non voleva lei.
Si ritrovò davanti alla porta di Agasa, le chiavi in mano,
una lacrima sul viso. Lasciò cadere la borsa.
E si sarebbe anche lasciata andare ad un pianto profondo, se
la porta non si fosse aperta improvvisamente e il dottore non le si fosse
parato davanti, pronto ad uscire.
«Ai.. che è successo? »
«niente, mi è entrato qualcosa in un occhio.. » e corse in laboratorio, quasi
senza accorgersene.
Non volle sentire ragioni, e se ne andò. Dannazione! Ogni
volta che si vedevano succedeva qualcosa di brutto! Aveva il cuore a pezzi. Non
era bastato scoprire che l’amore della sua vita e il suo adorato fratellino
erano la stessa persona, che non sarebbero potuti coesistere, no. Doveva anche
essere così ambito, Shinichi? Sapeva che l’amava: a modo suo gliel’aveva
dimostrato. In fondo al cuore sapeva che, nonostante tutte le bugie, le scuse,
gli inganni, quella era una verità indiscutibile.
Quello stesso cuore, però – o sesto senso femminile – le
diceva anche che quella donna, Shiho, aveva non poca importanza per lui. Fosse
perché gli serviva qualcuno in grado di riportarlo alla sua età, fosse perché
quella donna più grande gli dimostrava molteplici attenzioni, lusingandolo,
fosse perché, come bambini, avevano trascorso molti mesi insieme e avevano
imparato a conoscersi, ad apprezzarsi: due menti elette in mezzo a bambini, tabelline
e moltiplicazioni, qualunque fosse la ragione, era evidente che le voleva bene.
E lei era terribilmente gelosa.
Camminava impettita, ma era scoraggiata. Si sforzava di
comprendere, ma non riusciva a capacitarsi che quella perfetta sconosciuta dai
capelli ramati avesse saputo il suo segreto prima di lei, che ne fosse la
causa. Non era giusto.
Era così concentrata da dimenticarsi persino di piangere.
Era così concentrata da non accorgersi che Shinichi l’aveva
rincorsa, con tanta foga, chiamandola a gran voce, che non avendo risposta le
si era parato davanti e, appena si scontrarono, la strinse.
Lei non parlò e lui non la interruppe.
All’inizio inerte, le bastarono pochi secondi a contatto con
il suo petto, stretta tra le sue braccia, con la testa appoggiata alla sua
clavicola, per dimenticare la rabbia e desiderare di essere stretta di più a
dispetto dei compagni di scuola che da sempre si prendevano gioco di loro, a
dispetto di Shiho che cercava di portarglielo via, a dispetto delle bugie che
fino ad allora aveva dovuto sopportare.
Era inciampata e non si era curata granché di rialzarsi, era
rimasta aggrappata a lui, senza fiatare, con il seno premuto sui suoi
addominali e il volto sulla sua camicia. Non si vedeva la sua espressione e
neppure la camicia era bagnata, ma lui sapeva che, silenziosamente, stava
piangendo. Sapeva che era gelosa. Sapeva che lo amava. Mentre correva aveva
provato ad immaginarsi nei suoi panni: aveva immaginato di essere su, a casa
sua, nella sua camera, andato a trovare la sua Ran, e di trovarla impegnata in
un’intensa conversazione con uno dei ragazzi che a scuola stravedevano per lei
(e non erano certo pochi). All’inizio si sarebbe limitato ad una leggera e
fiduciosa irritazione, ma poi, vedendo che quel tipo le dava un bacio, sì, non
si sarebbe trattenuto. Sarebbe stato geloso fino al midollo. Un po’ come gli
era successo quando sembrava interessata ad Araide.
Poteva capirla e, anzi, ne era lusingato.
Lei si sentì stupida, ma anche infinitamente completa,
finalmente.
THE END.
Che ne pensate? Ho aspettato di finire la storia, prima di
scrivere ufficialmente a voi che mi avete seguito con tanta pazienza (per non
sembrare troppo infantile – già lo stile lascia a desiderare! – e per non
rendere troppo pesante la lettura – già lunga di per sé)
Non vi cito tutti nei ringraziamenti, per paura di
dimenticare qualcuno e perché mi sembrerebbe un po’ opportunista..
Recensite!
Un bacio, e passate da “la storia, dall’inizio” (quella sì
che sarà infinita.. mi viene male solo a pensare a quanto tempo ci
metterò..)!!!