Beyond the darkness.

di boobsrauhl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Chapter One. ***
Capitolo 3: *** Chapter Two. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Sentii solo il tonfo del suo capo imbattersi sul cemento bagnato, le coprivo il volto con le mie mani, era tutto così nero, era tutto irriconoscibile. La sentivo piangere e gridare il mio nome e solo quando fui certo che tutto quell’incubo fosse –quasi- finito, tolsi le mani dal suo volto e cercai in tutti i modi di tranquillizzarla.
Era appoggiata sulle mie gambe, volevo cercare in tutti i modi di proteggerla. Continuava a piangere senza sosta, era spaventata. Anch’io lo ero, ma lei piangeva sin troppo forte. “Justin!’’ Gridò in preda alla disperazione, cercai di riconoscere i suoi occhi nell’oscurità e, quando fui certo che anche lei facesse lo stesso, cercai di rassicurarla.
“Sono qui, ti prometto che andrà tutto bene. Sono qui, Anne, sono qui.’’ Le sue labbra erano secche e ormai affaticate, i suoi occhi erano violacei, cercavo di tirarla su, ma non ci riusciva.
“Il…tuo viso.’’ Sussurrò e subito dopo partì un lamento dalle sue labbra, inarcò la schiena cercando di trattenere il dolore, non capivo più nulla di tutto quello che stava succedendo.
“Anne? Cos’hai?’’ Le accarezzai subito dopo l’addome, volevo essere certo che stesse bene. Urlò, di nuovo. Stavolta più forte. Alzai immediatamente le braccia in alto per evitarle ulteriore dolore, ma quando le poggiai sul mio volto, si spaventò. “Anne, cazzo, cos’hai? Dov’è il mio telefono? Dobbiamo chiamare la polizia, Anne.’’ Mi fissava senza dir nulla, accarezzò d’un tratto la mia guancia, singhiozzando. “Justin, è sangue questo?’’ Feci per toccarmi il viso, ma mi resi conto di avere tutta la mano completamente bagnata di sangue. “Non credevo mi avessero colpito, non sento nessun… dolore.’’ Mi guardò con occhi ripieni di pianto, scosse poi la testa e toccò lentamente il suo seno destro. “Justin…’’ Sussurrò tremando, la sua mano era inzuppata di sangue e solo allora mi accorsi che anche la sua maglia era completamente bagnata. “Oh mio Dio.’’ Gridai, ero pieno di rabbia, ero pieno di odio, ero così spaventato di poterla perdere, ero nel panico e continui flashback mi invadevano la testa. “Aiuto!’’ Gridai di nuovo, girandomi continuamente alle mie spalle alla ricerca di qualcuno, cercai nelle sue tasche il mio cellulare che avevo riposto personalmente, cercavo di comporre i numeri velocemente su quella tastiera touch, ma le mani bagnate scivolavano facilmente sullo schermo. “Cazzo, cazzo, cazzo.’’ Sussurrai lentamente per non farla spaventare, volevo soltanto svegliarmi da quell’orribile incubo, invocava il mio nome disperata dal dolore.
Ricontrollai il telefono sempre più ansimando e notai che in quel vicolo non c’era campo. Urlai, di nuovo. Sentivo gli occhi esplodere in un pianto senza fine. Mi guardò, piangeva anche lei. “Anne, ho bisogno che tu rimani qui con me, ti prego. Anne, promettimelo.’’ Sussurrai gettandomi a terra, accanto a lei. “Non…posso.’’ Le sbottonai la camicia cercando di fermare quell’emorragia, dovevo inventarmi qualcosa e anche subito, non potevo perderla. Solo a pensarci, sarei morto anch’io. “Ho bisogno che tu ti mantenga alle mie spalle, stringi quanto puoi il mio collo.’’ Dissi singhiozzando ancora, non avevo mai pianto in tutta la mia vita. Sembrava da deboli piangere, eppure in quel momento me ne fottevo. Anne non poteva andarsene, non poteva andar via da me. “Smettila di fare l’eroe, sappiamo entrambi che non ci riuscirai.’’ La sua voce era sempre più sforzata, ogni parola era un continuo lamento uscito dalle sue labbra. Aveva ragione, ma non volevo accettarlo. Anne era una ragazza alta quanto me, pesava quanto me ed era una ragazza ben formosa, sapevamo entrambi che non sarei mai riuscito a prenderla in braccio, ma non mi importava. Presi delicatamente le sue braccia e le poggiai al mio collo. “Sei pronta?’’ Dissi, accarezzando le sue gambe che si stringevano lentamente al mio bacino. “No, Justin, no. Fa male, no.’’ Gridò disperatamente, sospirai e mi avvicinai al suo viso. “Non posso perderti Anne, non posso lasciarti qui da sola per cercare aiuto, ti prego. Provaci, sopporterò il peso, te lo prometto. Non ti lascerò cadere.’’ Scosse di nuovo il capo, piangendo ancora più forte. Le lacrime lavavano il suo viso sporco di fango, era bella da star male anche quando piangeva.
“Ci rivedremo un giorno, Justin?’’ La appoggiai delicatamente sulle mie ginocchia, accarezzandole i capelli e lasciandole baci sul collo. Mi avvicinai al suo orecchio, singhiozzando. “Hai paura?’’ Le sussurrai, stringendola forte a me. “Tu? Hai paura?’’ Si sforzò in un sorriso, era così debole. Ricordo ancora la prima volta che la vidi, era così forte. Era imbattibile. Mi passò davanti e arricciò le labbra, nell’ora di ricreazione la cercai nelle aule di psicologia, mi ero informato lo stesso giorno quali corsi frequentasse. La invitai ad uscire, mi disse che ero uno stronzo e che mi conosceva anche bene, la baciai e mi diede uno schiaffo. Sorrisi e se ne innamorò. Sorrise anche lei e ad innamorarmi fui io.
“Sì, ho così fottutamente paura di perderti, Anne.’’ Asciugò lentamente le lacrime dal mio viso.
“Sei così bello.’’ La zittii, non volevo in quel momento che si sforzasse ancora di più. “Sei così bella.’’ Le dissi, poi. “Ti prego, apri gli occhi. Ti supplico, apri gli occhi.’’ Iniziai a scuoterla, si era appisolata sul mio braccio. Non poteva finire così, non potevo essere stato così stupido da averla persa. “Se è l’ultimo saluto, ti supplico, dimmelo.’’ Aprì gli occhi, sorrise. Lo stesso sorriso che mi fece dopo quel bacio. Richiuse gli occhi, le mani che prima stringevano le mie d’un tratto avevano mollato quella stretta.
Gridai. Sentii le mie corde vocali vibrare come non mai. Non avevo mai gridato così tanto in tutta la mia vita. Anne non c’era più.


 
 
Spazio d’autore.
Halo! Non è la mia prima fan fiction, ne ho iniziate tante senza mai finirle…questa, però, mi ispira particolarmente ed ho intenzione di continuare. Mi lasciate una piccola recensione con un vostro parere? Ve ne sarei grata! Mi chiamo Maria, chiamatemi anche così. Alla prossima? 

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Capitolo 2
*** Chapter One. ***


After two years.

Spesso mi domandavo che vita fosse stata la mia senza quel tragico giorno. Spesso mi immaginavo Anne al mio fianco ad accarezzarmi i capelli, accanto a me, viva, con il suo solito sorriso sulle labbra sempre bagnate di sangue a causa del suo continuo mordicchiarle.

Quello era uno di quei momenti,  quando sei solo e l’unica cosa che hai da fare è guardare la strada che scivola svelta dietro di te e chiudere gli occhi. Quella era una mattinata come tante, un giorno di scuola come tutti, era da due anni che non riuscivo a superare il quarto anno scolastico. Tutto era fermo a due anni fa, persino le strade erano le stesse. Solo le persone cambiavano.

Mi appisolai accanto al finestrino, desiderando che quel giorno non fosse mai iniziato. Ero così preso da me stesso che neppure mi ero reso conto che accanto a me c’era seduta una ragazzina minuta che era intenta a leggere un libro. Sfigata, rompicazzo e senza tette.

Richiusi gli occhi e li riaprii solo quando arrivai a destinazione. Presi lo zaino e ci intrufolai dentro il cellulare, la ragazzina era ancora intenta a leggere.

“Siamo arrivati, quattro occhi.’’ Ringhiai, avanzando e dirigendomi verso l’entrata.
Quest’anno non doveva essere come i precedenti, stavolta dovevo farcela davvero. Mi ero iscritto al corso di psicologia, quello che frequentava Anne.

 Appena entrai in classe, mi appropriai dell’ultimo banco e mi ci appisolai sopra. Mancavano ancora dieci minuti prima dell’inizio della lezione, potevo permettermi un riposino. “Si dorme la notte, signorino… Bieber, immagino?’’ Sentii un pugno allo stomaco e fui costretto ad alzare lo sguardo. “Ahia, ma che cazzo?’’ Da quando quest’aula era così piena? Mi ero appisolato giusto un secondo e…oh, no. Mi ero quasi addormentato. “Il linguaggio!’’ Sentii ridire poi e quando stavo per intervenire, sentimmo tutti un dolce “Mi scusi per il ritardo.’’ Mi alzai per osservare meglio chi fosse, spostò i suoi capelli lunghi da un lato, ricadevano morbidi fin sotto al seno, tolse gli occhiali che rendevano i suoi occhi irriconoscibili e…oh. La sfigata.
Mi girai verso la mia destra e ritrovai un ragazzo moro a fissarmi. “Sei stato tu a darmi quel pugno?’’ Chiesi, indifferente alla presentazione della sfigata in classe. “Scusa.’’ Mi rispose chinando il capo, detto in quel modo mi faceva pena, in fin dei conti era stato un pugno da niente.

Cercavo di fingere di essere interessato a psicologia, ma quelle furono le due ore più lunghe di tutta la mia vita. I capelli della sfigata sembravano quelli di Anne, forse anche i suoi occhi, ero così annoiato che persino la sfigata in quel momento era degna delle mie attenzioni. “Signorina Anne, mi può…’’ “Cosa?’’ Gridai, ritrovando gli occhi di tutti verso di me. Aveva detto “Anne’’ o stavo delirando? “Anne Black, non Justin Bieber, ha qualche problema d’udito?’’ Ah, perfetto. Primo giorno scuola ed era iniziato tutto male. La sfigata mi fissava, aveva qualcosa di strano nel suo sguardo. Iniziai a fissarla anch’io, distolse immediatamente lo sguardo arrossando timidamente.

Le due ore più lunghe della mia vita, non so con quale miracolo, passarono. Fui il primo ad uscire per godermi il pieno intervallo. I quattordicenni di quest’anno erano sfigati che si fingevano diciottenni per attirare gente. Patetici, come ogni anno. Ormai quella scuola era diventata nuova ai miei occhi, le mie vecchie amicizie erano ormai al college e solo io ero rimasto ancora in questo carcere a decidere per il mio futuro. Dovevo cambiare corso, ogni cosa mi ricordava lei e non potevo continuare a torturarmi in quel modo, magari avrei scelto un corso di informatica, chi non amava i computer o i video games? Estrassi una sigaretta dalla tasca posteriore dei miei jeans e la portai alle labbra ed aspirandola sentii un leggero senso di libertà.

“Sempre il solito, non smetti mai di fumare?’’ Riconobbi la sua voce e mi girai divertito a vederlo venire verso me. “Draco!’’ Ci stringemmo la mano come vecchi amici, due anni fa frequentavamo lo stesso corso di lingue e, come me, è stato bocciato per ben due volte. Spesso mi dimenticavo di lui o magari lo facevo di proposito, era pur sempre stato il primo amore di Anne. Balle, ha amato per davvero solo me. “Come va con…tutto?’’ Quella domanda equivaleva ad un semplice “Come va la vita senza Anne? Ti diverti senza Anne?’’ sbuffai. “Come sempre…te?’’ “Come sempre.’’ Mi rispose sorridendo.
Aspirai per l’ultima volta quella sigaretta e la gettai per terra, era tornata la stessa merda di prima. Draco era ancora accanto a me, fissando tutti i culi delle tipe che ci passavano davanti.

“Guarda quella laggiù, guardala!’’ Puntò il dito contro una ragazza girata di spalle con un libro in mano e una lattina di coca tra le mani. “Ah, la sfigata.’’ Ripetetti per la milionesima volta in quella giornata.
“Sfigata? Scherzi? Mezza scuola le sta fissando il culo.’’ Mi disse, spalancando la bocca per contraddirmi.
“Ha un culo?’’ Dissi, iniziando a ridere e immaginandomi già la scena non appena mi sarei girato verso la sua direzione. Beh…forse avevo culo, ma le tette non c’erano. Insomma, aveva delle belle forme, aveva un corpo minuto, delle labbra carnose e aveva continuamente quei capelli che le cadevano morbidi sulle labbra, ma…nah, era carina. “Sai cosa si chiama?’’ “Che ne so, frequenta il mio stesso corso di psicologia ma non mi sono informato sul nome. Chiamala sfigata che le si addice proprio questo nome!’’ In realtà in quel momento pensavo a tutto fuorché fosse una sfigata. Ed era vero, tutti la fissavano continuamente il culo e la squadravano dalla testa ai piedi. Persino le ragazze bone si soffermavano ad osservarla. Era una tizia strana, sin troppo strana.

La campanella suonò, salutai Draco e la sua sanità mentale e mi diressi nei corridoi, correndo, per cambiare corso. Contemporaneamente vidi la sfigata correre verso il bagno, probabilmente aveva le sue cose. D’un tratto pensai che sarei potuto correre dal preside riguardo il mio spostamento in un secondo momento. Quella sfigata aveva un qualcosa di così dannatamente familiare. La aspettai fuori ai bagni, impaziente, scroccando le dita e controllando ogni minuto l’orologio. Non si degnava di uscire più da quel bagno? Il suo viso mi incuriosiva così tanto che decisi di entrare. Controllai i corridoi intorno e vidi che non c’era nessuno. Perfetto. La sfigata non avrebbe mai parlato di quell’incontro, era troppo sfigata per farlo. Quando mi intrufolai nei bagni –la cosa più pazza e assurda che io avessi mai fatto in tutta la mia vita- la ritrovai con le braccia intrecciate al petto.

“Ti stavo aspettando.’’ Disse, con un leggero sorrisino tra le labbra. Non mi sembrava più tanto sfigata d’un tratto.
“Davvero?’’ Chiesi in senso di sfiga, rilassai i muscoli pronto per darle ascolto.
“Justin Bieber…’’ ringhiò alzando le sopracciglia. Aveva, sicuramente, sentito il mio nome durante i continui battibecchi in classe. “Oppure dovrei chiamarti Austin?’’ Mi bloccai. Smisi di respirare, i muscoli d’un tratto si fecero contratti. Alzai lo sguardo e per la prima volta in tutta la mia vita mi sentì soffocare. “Cosa?’’ Chiesi, balbettando e sperando che, in quale modo, avessi frainteso le sue parole.
“Austin, mi hai sentito benissimo.’’ Solo una persona osava chiamarmi così. Si divertiva a scambiare la “J’’ del mio nome in una “A’’. E quella persona era Anne.

“Chi diamine sei?’’ Si tolse gli occhiali, legò i capelli in una semplice crocca disordinata, mostrando un minuscolo amuleto al collo. “Ricordi niente?’’



Spazio d’autrice.
Salve gente! Non ho ritardato molto dall’ultimo aggiornamento, no? Voglio prima di tutto ringraziare tutti coloro che hanno visualizzato, letto e recensito il primo capitolo e aver deciso di iniziare a seguire questa storia. Per me significa tanto, grazie mille di vero cuore. Scusate la brevità dei capitoli, vi prometto che i prossimi inizieranno ad essere più lunghi. Beh, adesso è meglio lasciare a voi le parole! Una piccola recensione?
Un bacione, Maria.

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Capitolo 3
*** Chapter Two. ***


In quel momento le parole mi morirono da bocca, avrei voluto strapparle dalle mani il mio amuleto, quello che mi regalò Anne quella tremenda sera. Avrei voluto chiederle il motivo per cui era nelle sue mani, ma avevo totalmente perso il controllo di me stesso.
“Chi cazzo te l’ha dato? Chi cazzo sei?’’ Ripetetti più di una volta, avvicinandomi e tenendo i pugni ben stretti.
“Non c’è mica bisogno di agitarsi così tanto…’’ In quel momento mandai a fanculo tutti i miei neuroni che imploravano pietà e presi saldamente i suoi polsi, afferrandola d’un tratto. “Allora? Chi cazzo sei?’’ Ribattei, alzando le sopracciglia per farle capire che ero più serio che mai. Sbraitò e si tirò indietro dalla presa, ma continuavo a mantenerla ben stretta e fisicamente non avrebbe mai potuto superarmi in forza.
“Hallie.’’ Parlò con tono di voce alta, mollai di poco i suoi polsi che si erano arrossiti e d’un tratto vari flashback mi attraversarono la mente. Hallie era un nome per me sin troppo familiare e conosciuto, ma in quel momento non sapevo neppure come mi chiamavo.
“Hallie…?’’ La incitai per sapere anche il suo cognome, la guardai furioso e lei inclinò leggermente la testa. “Hallie Lee.’’ D’un tratto mi sentii mancare l’aria, la mente iniziò ad essere salda e iniziai a ricordare ogni minima cosa, lei mi fissava aspettando che parlassi, sorrideva di poco. “Sì, Justin. Sono la sorella di Anne Lee.’’ Boom.
Lasciai la presa sui suoi polsi e mi allontanai di poco, stavo apparendo debole d’un tratto ed odiavo apparire il contrario di ciò che ero, ma in quel momento ripensai ad Hallie due anni fa, una quindicenne che piangeva disperata alla vista del corpo di sua sorella colmo di sangue, piangeva così forte che ancora oggi ricordo il suo viso pieno di lacrime che continuavano a scendere sul suo collo. Tremai d’un tratto senza neppure rendermene conto e nel frattempo lei iniziò a raccogliere il suo zaino da terra con l’intenzione di andarsene. Come aveva fatto ad avere il mio amuleto? Lo avevo al collo, cosa era successo quella notte dopo che svenni? Di quella sera avevo pochi ricordi dopo la morte di Anne e tutti in famiglia evitavano di parlarne non appena mi avvicinavo a loro, il motivo non l’ho mai scoperto ma, di qualunque cosa si trattasse, Hallie ne era a conoscenza.
“Lasciami andare, adesso.’’ Alzai il capo e la vidi con entrambe le mani incrociate al petto e con aria altezzosa, come Anne. Ci pensai su per lasciarla passare, ma la bloccai immediatamente dopo per poter sapere dell’amuleto e per riaverlo indietro, ma iniziò a minacciarmi e questa volta non mi sembrava più la ragazza debole di due anni fa. Era cambiata, tutto di lei era cambiato. Non aveva più l’apparecchio ai denti che rendevano il suo sorriso irriconoscibile, aveva perso parecchi kili, era nuova, diversa. Ed anche dentro c’era qualcosa che non avevo mai visto in lei.
“Conto fino a tre, lasciami andare o inizio ad urlare.’’ Mi puntò il dito contro, tenendo ancora stretto il mio amuleto. Sorrisi di poco, non l’avrebbe mai fatto.
“Che paura!’’ Finsi di essere spaventato, sorrise anche lei ed inizio a contare. “Tre…Due…Uno…’’ Aspettai con ansia che questo stupido giochetto finisse, quando fui stordito dalle sue grida, era davvero seria? Le coprii troppo tardi la bocca e la signorina Adams spalancò le porte dei bagni femminili. “Merda.’’ Dissi sottovoce lasciando Hallie, che immediatamente corse verso l’uscita e parlò velocemente con la signorina Adams, ero nella merda più totale e non sapevo come fare per uscirne.
“Prof, è entrato di nascosto nei bagni solo per vedermi spogliare!’’ Piagnucolò quasi e mi complimentai mentalmente per la sua furbizia. Stronza.
Non potevo ribattere, ci sarebbero state altre domande e io non avrei saputo dare una risposta concreta. Cosa mi aveva spinto ad entrare nei bagni femminili cadendo nella sua trappola? Anne. C’era un qualcosa di troppo familiare e adesso avevo scoperto tutto.
“Come mai lei si è recata in bagno per spogliarsi in orario scolastico?’’ Soffocai una risata, insomma, quale altra scusa avrebbe inventato adesso?
“Volevo approfittare dell’intervallo per mettermi la tuta, sa, all’ultima ora ho educazione fisica.’’ Affondato. Hallie Lee mi aveva battuto? Stentavo a crederci.
“E tu!’’ Disse l’arpia puntandomi contro il dito “Tu, verrai con me in presidenza! Sa, negli ultimi due anni abbiamo chiuso un occhio per tutti i suoi giochetti, ma adesso non tollereremo più nessun suo comportamento scorretto. Diamine, è sua sorella!’’ In quel momento mi sentii morire. Che reputazione avrei mai avuto in quella schifosa scuola? Non che me ne importasse qualcosa, ma non volevo credere davvero che il preside e mezza scuola pensasse che davvero avevo intenzione di farmi la sorella di Anne. Per me neppure esisteva quella sfigata!
La sfigata rimase lì a guardare la scena con un po’ di disagio, magari avrà capito che è una sfigata del cazzo e che, questa, non la passerà liscia. Presi il mio zaino e mi avviai con la signorina Adams in presidenza, sperando solo che questo giorno non fosse mai esistito.
 
Quattro ore di punizione. Adesso so come è fatto l’inferno, lo sto vivendo. La signorina Adams ha obbligato il preside a darmi una punizione ancora più severa delle sue solite stronzate: pulire i bagni delle ragazze. Uno schifo totale. Inizialmente mi ero rifiutato, ma non avevo altra scelta e non volevo perdere quest’anno scolastico per una cosa simile. In fin dei conti…che sarà mai un bagno delle ragazze pieno di quei loro cosi che gettano durante le loro cose? Avrei preferito mille volte pulire i bagni dei maschi, pur di non vedere uno schifo del genere. Mi avviai verso i bagni con aria schifata, ormai erano tutti fuori scuola pronti per andare a casa e decisi di iniziare quanto prima, ma fui bloccato nel sentire le lacrime di qualche ragazza chiusa in uno dei bagni e decisi di intervenire, bussando forte contro la porta.
“C’è qualcuno?’’ Dissi, quella situazione era completamente ridicola. Chissà chi c’era dentro quel bagno che mi avrebbe visto in versione “bidello’’.
Appena sentii la porta aprire, attesi con ansia per vedere di chi si trattasse, ma…oh, era Hallie Lee.
“Cristo, che palle.’’ Sbuffai, impaziente e rivolgendo lo sguardo in alto. Beh, credo che fosse felice nel vedermi così, in quelle condizioni, per colpa del suo minuscolo cervello. Stava per andarsene, ancora con gli occhi lucidi e con un pacco di fazzoletti tra le mani, quando la bloccai. “Me la pagherai, Lee. E’ tutta colpa tua e giuro che se i miei voti si abbasseranno, farò di tutto per far abbassare anche i tuoi.’’ Ringhiai, lasciandola passare e procedendo con il mio tortuoso lavoro. Era la sorella di Anne, e allora? Amavo Anne, non lei. Non aveva nessun diritto di giocare con i miei sentimenti e neppure di minacciarmi. Suvvia, era una bambina in confronto a me, e non parlavo solo fisicamente. Anche se era l’opposto di Anne: era minuta, non era formosa, ma aveva semplicemente le giuste forme. Alzai le maniche della mia nuova maglia, e pregai in turco di finire quanto prima. Doveva pagarmela. Non sapevo come, ma dovevo vendicarmi.


 
Spazio d’autrice.
Hola! Scusate se sono stata molto lenta rispetto alla scorsa volta, l’ispirazione non sempre c’è e poi ho notato che lo scorso capitolo non vi è piaciuto molto, spero che con questo vi fate vive! Mi lasciate qualche recensione per capire se vi è piaciuto o meno? Un bacio!
Se volete seguirmi su twitter, sono @boobsrauhl! 

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