Forse un Angelo caduto dal Cielo?

di UnicornDead
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo – Un magico Inizio al Binario Nove e Tre Quarti. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo – Così lontani ma così vicini. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo – Una Palla di Neve tira l’Altra. ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo – Un magico Inizio al Binario Nove e Tre Quarti. ***


Capitolo Primo – Un magico Inizio al Binario Nove e Tre Quarti.


«Passeggeri in carrozza, passeggeri in carrozza!»
Il treno sarebbe partito alle undici in punto del mattino ed una nuova vita sarebbe cominciata per la piccola streghetta mezzosangue.
Caelia Marden era un’undicenne nata nel mese di Maggio da una coppia di babbani, abbastanza mingherlina, di media statura e con dei boccoli castani che le scendevano oltre le spalle, ed occhi di un celeste tendente al verde.
Aveva un carattere tutto suo: era determinata e allo stesso tempo timida, caratteristica che spesso la portava a balbettare; amava la solitudine, quasi più di quanto amasse la lettura.
Quell’estate aveva trovato nel giardino di casa sua un gufo con una lettera tra il becco.
“Cara signora Marden,
siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l’elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
I corsi avranno inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa della Sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.
Con ossequi,
Minerva McGranitt
Preside.”

«Abbiamo una strega in famiglia, non è eccitante?»
 
 
Il primo di Settembre arrivò molto velocemente e la paura, la tensione e l’eccitazione in Caelia riuscirono a raggiungere i massimi livelli.
L’undicenne non conosceva nulla del mondo magico, per lei era tutto una novità, persino il binario nove e tre quarti -ci volle un po’ per capire il trucco per raggiungerlo, ma un pizzico di fortuna la “spinse” letteralmente nel posto giusto.
Maghi, maghi ovunque intorno a lei.
La ragazzina, dispersa completamente dai genitori, era entrata in panico, mentre nel frattempo era sorpresa dal magico mondo che la circondava, dal meraviglioso Espresso che l’avrebbe portata a scuola e dalle strane chiacchere dei bambini vicini.
«Mamma, riuscirò a catturare un nargillo?»
Si guardava intorno per cercare di capire come fossero i maghi, ma, per suo stupore, erano straordinariamente ordinari, nonostante quelle strane conversazioni.
 
 

Mancavano quindici minuti alla partenza; il binario era affollato, ma il treno praticamente vuoto.
Nelle vicinanze non si scorgevano i genitori di Caelia, e lei decise di accomodarsi immediatamente sui sedili di uno scompartimento ed esplorare quel magnifico mezzo di trasporto.
Nel caos che la circondava, la bambina continuò a guardarsi intorno e fece il piccolo ma grande passo: salì sull’Espresso per Howarts.
 
 
La testa appoggiata sullo schienale del sedile, gli occhi socchiusi intenti nella lettura di un romanzo babbano, i capelli che le nascondevano il viso, Caelia attendeva la partenza del treno; ‘tranquillo’ era la parola giusta per descrivere quell’ambiente in cui il silenzio dominava su tutto.
«Possiamo sederci qui? Il treno è tutto occupato.»
Una voce accompagnata da qualche mormorio fece voltare la ragazza.
Davanti a lei, seguito una ragazzina e due ragazzi, uno dei quali era quello che parlava dei nargilli, ve ne era un altro sorprendentemente bello, con i capelli dello stesso colore del grano dorato, con degli occhi chiari che nascondevano un’espressione profonda, all’incirca della stessa età della bambina. Dietro di lui, una bambina leggermente più grande, forse di due anni, che assomigliava molto al ‘capofila’, con gli stessi occhi ed i boccoli dell’eguale colore, anche lei sorprendentemente carina; poi vi erano due ragazzini forse della stessa età della biondina, gemelli, dall’aspetto simpatico, che chiacchieravano tra loro e squadravano per bene Caelia.
La piccola, dopo che le fu posta quella domanda, volse lo sguardo verso quell’angelo di fronte a lei; lo osservava oramai da diversi minuti ed il tutto sembrava piuttosto imbarazzante.
Faticò leggermente a rispondere; era molto timida e le balbuzie spesso non erano dalla sua parte.
«Oh, cer-certo che p-potete…»
Subito i due ragazzi più grandi si sedettero di fronte a lei, sorpassando quello più piccolo che si trovava davanti a loro, e la biondina si strinse trai due, mentre quello che sembrava un angelo caduto dal cielo fu costretto  a sedersi accanto a Caelia. Subito lui le disse che quelli erano Lorcan e Lysander Scamander e che la ragazzina al centro era sua sorella maggiore, Dominique.
«Potevo presentarmi anche da sola, Lou!»
Il ragazzo ignorò la sorella e porse immediatamente la mano a Caelia.
«Io invece sono Louis, Louis Weasley.»
La bambina rimase spiazzata da quella veloce presentazione, sorrise leggermente ad i ragazzi che erano davanti a lei e, dopo averci pensato su per qualche secondo –era bloccata dalla timidezza-, afferrò fragilmente la mano che lui le aveva posto e disse lui il suo nome.
Caelia si vergognava molto, era imbarazzata e non le piaceva essere al centro dell’attenzione –essendo lei la sconosciuta del gruppo-, così dopo aver fatto loro conoscenza, immediatamente distolse lo sguardo dai quattro bambini e tornò a leggere il suo libro, mentre con un orecchio era intenta ad ascoltare le conversazioni di quello scompartimento.
«Cosa leggi?» Le chiese improvvisamente Dominique, cercando di coinvolgere minimamente anche lei.
Caelia inizialmente non si accorse di nulla, ma, sentendosi in soggezione, osservata, alzò lo sguardo e rispose, ancora balbettando leggermente.
«I-io? É…è un libro babbano, s’intitola ''Il mago di Babbia e i tre cavalieri’’. Io…io sono una…una nata babbana.»
Dopo aver dato tale informazione, si aspettò che la prendessero in giro, invece subito la biondina disse lei che suo nonno era un vero appassionato di babbani, infatti lavorava al Ministero della Magia in un settore riguardante essi; Caelia fu felice di questa strana risposta, ma non lo diede a mostrare, continuò a leggere fino a quando non arrivarono a destinazione –per tutto il viaggio rimase in silenzio.
Dopo che i due gemelli e Dominique la ebbero salutata, uscirono dallo scompartimento.
«Vuoi una mano con il baule?»
Quell’angelo di Louis era stato molto gentile con lei, ma la sua risposta fu che non ce n’era bisogno perchè ce la faceva anche da sola –non fu una risposta né gentile, anche se accompagnò ad essa un misero ‘grazie’, né antipatica, ma, più che altro, neutrale.
«Sicura? Bene, come vuoi.»
Caelia lo osservò segretamente uscire dallo scompartimento, quasi incantata, portando il suo baule più pesante del previsto; senza che se ne accorse, stava sorridendo.
Forse Louis faceva questo effetto a tutte le ragazze, forse le ipnotizzava, senza volere, ma nessuno poteva negarlo: era meraviglioso.
L’undicenne distolse lo sguardo da quella direzione solo quando lui mise piede fuori dallo scompartimento -«Allora ci vediamo a scuola, Caelia!»-, ma non riuscì a cancellare dal viso quel sorriso che improvvisamente le era spuntato.
Oramai era rimasta sola, per cui prese i suoi bagagli ed uscì dal treno, seguendo la massa per l’ingresso nella scuola. Una nuova vita per lei sarebbe iniziata.                                                                                  
 

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo – Così lontani ma così vicini. ***


Capitolo Secondo – Così lontani ma così vicini.
 
Al fianco di una ragazzina della sua stessa età, Caelia camminava timidamente e con passo abbastanza lento lungo il corridoio della Sala Grande, in cui si sarebbe svolta la Cerimonia dello Smistamento.
Sarebbe stata assegnata ad una delle quattro casate di Hogwarts: Grifondoro, Serpeverde, Corvonero e Tassorosso; personalmente, la piccola non aveva preferenze, non essendo esperta del mondo magico.
Per quanto aveva capito dalle chiacchiere della ragazzina che camminava accanto a lei, la prima era la casata dei più coraggiosi, la seconda dei cattivi, la terza di quelli intelligenti e la quarta degli scarti; non era però così sicura di questa differenziazione.
Uno alla volta, una delle professoresse della scuola chiamò gli studenti del primo anno, invitandoli ad indossare il Cappello Parlante che avrebbe deciso la loro sorte.
Dopo una decina di nomi, Caelia sentì nominare quello dell’angelo che aveva conosciuto sul treno. Non ci volle molto a smistarlo.
«Oh, un altro Weasley! Coraggio da vendere, mente geniale, buon cuore. Difficile, ma…Grifondoro!»
La ragazzina applaudì insieme alla folla. Non sapeva se essere felice o meno, non immaginando in quale casata sarebbe stata smistata, eppure nello stomaco sentiva un buco, perché in fondo era certa che non sarebbe finita trai Grifondoro, data la sua codardia. Louis era un ragazzo come tutti gli altri –forse solo più bello-, non le interessava molto di lui, ma qualcosa l’aveva stregata; non poteva di sicuro essere amore, pensava, solo una strana ipnosi. Un Incantesimo?
«Caelia Marden.»
Quando la professoressa la chiamò , la bambina sentì un tuffo al cuore –da quel momento tutto sarebbe cambiato, una nuova vita l’attendeva.
Fece un lungo respiro e si diresse verso lo sgabello su cui si sarebbe seduta per indossare poi il Cappello Parlante. Ci volle più del previsto, dettaglio che fece aumentare la tensione di lei.
«Mh, vedo che hai un cervello niente male, determinazione, grandi aspirazioni. Saresti una perfetta Corvonero, ma trai Tassorosso potresti trovare amici più fedeli. Ed i Serpeverde? Potresti avere molto successo, sì. Dove ti metto?»
Caelia non aveva mai sentito prima d’ora il suo cuore battere più forte, ma qualcosa le diede una forte fitta: Corvonero, Tassorosso e Serpeverde. E Grifondoro? Non era forse abbastanza coraggiosa?
In cuor suo sapeva che era così, ma quella era l’unica casa di cui il Cappello Parlante non aveva parlato ed era proprio quella in cui era stato collocato precedentemente Louis –non che a lei importasse molto, per quanto credeva.
«Spero di non pentirmene, ma in fin dei conti non sbaglio mai, giusto? In tal caso…Serpeverde!»
Un forte applauso echeggiò nella Sala, ma quel che mancava in quel momento alla bambina era un sorriso. Non era sicura di essere soddisfatta della scelta del Cappello Parlante, qualcosa la rattristava profondamente. Si trattava forse di Louis? Non poteva essere, Caelia non credeva all’amore a prima vista, né tanto meno lui era il suo tipo.
Dopo essersi spogliata del Cappello, subito la ragazzina raggiunse gli altri Serpeverde al loro tavolo, che l’accolsero calorosamente; lei, invece, a mala pena riusciva a mostrare un falso sorriso.
Al suo fianco vi era la ragazzina accanto a cui aveva camminato precedentemente lungo il corridoio della Sala Grande; era piuttosto vivace, a prima vista, infatti subito si presentò a Caelia, gridando il suo nome perché si sentisse sopra le altre voci che rimbombavano nel castello.
«Piacere! Io mi chiamo Samantha! E tu sei? Non è una forza essere trai Serpeverde?»
«Oh, sì…una meraviglia. Mi chiamo Caelia Marden, piacere mio.»
Non era la vitalità a caratterizzare la giovane strega in quel momento, e ancora la tormentava il perché di quel suo atteggiamento momentaneo, che non riusciva a scovare.
«Drew Beaufort,  Corvonero! Eleonor  Avaned, Serpeverde! Chanel Grey, Grifondoro!»
La ragazza appena smistata in Grifondoro subito andò a sedersi al suo tavolo, vicino a Louis. Caelia li osservava ridere e scherzare; un po’ le dava fastidio, un po’ cercava di non pensarci.
La verità era che la persona che cercava di convincere di non essere innamorata di quell’angelo, alla fine, era solo sé stessa.
«Succo di Zucca?» Le chiese improvvisamente un undicenne seduta di fronte a Caelia, distraendola dai suoi tristi pensieri.
«No, grazie, preferisco l’acqua.»
Sul tavolo c’era ogni sottospecie di cibo e bevanda e qualunque cosa potesse essere messa sotto i denti, ma dell’acqua non vi era traccia, così fu costretta ad accontentarsi di quel succo che non aveva mai bevuto e che nemmeno esisteva nel mondo dei babbani. 
Guardandosi intorno, Caelia notò che la sorella di Louis che aveva conosciuto sul treno poche ore prima e che le sembrava molto simpatica, Dominique, apparteneva alla sua stessa casata; ciò la sollevò leggermente.
Terminata la cena, si diresse con gli altri studenti di Serpeverde del primo anno nella loro Sala Comune.
Nonostante la timidezza, con l’aiuto di Samantha, la ragazzina subito fece amicizia con un gruppetto di novellini come lei, e successivamente prese il coraggio a due mani –quello che non le aveva procurato un posto trai Grifondoro- e si diresse da Dominique per scambiare qualche parola con lei; la biondina si rese molto disponibile e divenne anche tanto simpatica agli occhi di quella che nei mesi successivi cominciò a diventare una delle sue migliori amiche.
 
I mesi passavano troppo velocemente, ed ormai Gennaio era arrivato; Caelia aveva trascorso il passato anno scolastico con Dominique, Samantha, Marielle, Eleonor, Matt, Andrew ed altri studenti di Serpeverde e alcuni di Corvonero; quello si era rivelato un periodo davvero meraviglioso.
Solo Louis era distante, lontano ma vicino allo stesso tempo: stessa classe, casata diversa, stesso affetto per Dominique, diverse amicizie. Lui e Caelia non si erano mai scambiati qualche parola, se non per chiedere cose stupide come ‘Hai visto il mio gatto?’ o per fare affermazioni riguardanti la professoressa Cooman e la sua stranezza. Louis era troppo lontano nella sua enorme vicinanza.
 
Era una fredda mattina di Gennaio e agli studenti del primo anno spettava un difficile compito di Trasfigurazione. La preoccupazione era ben visibile sui volti di tutti.
«Per Salazar! Caelia, ho un vuoto di memoria, ho un vuoto di memoria! Come si trasformava un animale in una spada? Agr…agrentia, no, agrian…come si chiamava quell’incantesimo?»
«Sam, non esiste nessun incantesimo che trasf…»
Una piccola botta la fece tacere improvvisamente. Qualcuno la urtò sbadatamente per la fretta e lei era già pronta per dirgliene quattro, così si voltò per vedere di chi si trattasse e si trovò davanti un suo compagno di classe appartenente a Grifondoro, Evan Joyce. Prima che potesse dire qualcosa, si aggiunse un’altra voce dietro di lui.
«Scusalo, a volte è un po’ sbadato! Eravamo di corsa per paura di arrivare in ritardo al compito di Trasfigurazione, capiscici.»
Ancora una volta Caelia sembrava ipnotizzata da un’apparizione divina. Era Louis.
«Non…non importa, sul serio.» La ragazza risposa timidamente, rossa in viso, mentre lui le sorrideva per poi spingere in avanti l’amico e farlo entrare in classe; Louis aspettò che Evan e Samantha entrassero per poi rivolgere a Caelia un dolce e ironico ‘prima le signore’. 
Senza nemmeno ringraziare, l’undicenne avanzò a testa bassa, varcando la soglia della classe, ma nascondeva sul viso un sorrisetto che riusciva a trovarsi solo in presenza di quell’angelo.
Quando vi entrò, vide che metà degli studenti era già seduta al proprio posto in attesa della consegna del compito da parte della professoressa, cosa che avvenne molto presto.
«Domanda numero uno: elenca i corretti movimenti della mano nel corso dell’incantesimo per trasfigurare i seguenti oggetti…»
Un’ora, aveva solamente un’ora per rispondere in modo esatto a tutte le domande, ma si può osar dire che impiegò solamente cinquanta minuti, se non quaranta o addirittura trenta.
A poca distanza da lei vi era il banco di Louis, accanto a Chanel –che a mala pena Caelia riusciva a sopportare-, e non riusciva a far altro che osservarlo, osservarlo costantemente con occhi sognanti.
Appoggiò la testa sul banco, mise involontariamente in mostra le sue meravigliose fossette e cominciò a sognare. Fu la professoressa ad interromperla dopo un paio di minuti.
«Tempo scaduto, consegnate.»
La piccola Serpeverde subito si ricompose e si alzò per consegnare la verifica; arrivata alla cattedra, Louis era davanti a lei ad aspettare che consegnasse prima il suo compito –voleva forse fare il gentiluomo? Faceva così con tutte le ragazze? Nessuno lo avrebbe saputo mai, pensava Caelia.
Lui era lì e lei anche era lì: erano così vicini, ma così maledettamente lontani.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo – Una Palla di Neve tira l’Altra. ***


Capitolo Terzo – Una Palla di Neve tira l’Altra.

Giorno dopo giorno, anche Gennaio era oramai quasi giunto al termine.
Il freddo continuava a crescere a dismisura e la neve cadeva candida sui prati di Hogwarts di cui non si riusciva a scorgere nemmeno un filo d’erba verde. Ah, l’inverno!
Quella gelida mattina di fine settimana, più bianca delle altre a causa della nevicata avvenuta la notte precedente, Caelia si svegliò tardi.
Data l’ora, sembrava sciocco scendere in Sala Grande per fare colazione –di sicuro avrebbero tutti già finito di mangiare-, così rimase in dormitorio per una buona oretta ad osservare fuori dalla finestra gli  altri pivelli del primo anno che giocavano a pallate di neve o davano vita a pupazzi con tanto di carote, cappelli e bottoni; ricordava perfettamente quando lo faceva anche lei con il padre in Casa Marden nella ‘maniera babbana’; si divertiva sempre tantissimo e un po’ rimpiangeva il fatto di trovarsi lì da sola a non far nulla quando invece poteva giocare insieme agli altri, ma non poteva farci nulla, era troppo timida, era fatta così.
Osservava la scena e sorrideva, fino a che non si decise a scendere –aveva un’intera giornata libera, come occuparla se non con un pizzico di soffice neve?
Altra idea che la conquistava era il pattinaggio sul ghiaccio, ma non era convinta che il Lago Nero in quel periodo fosse ghiacciato, così si limitò alla neve.
Rovistò nel suo armadio e trovò un grosso giubbotto imbottito che sembrava fare al caso suo, un paio di guanti color verde smeraldo, una sciarpa, degli scarponi di un numero leggermente più grande del suo e lo stretto indispensabile.
Quando fu pronta, cambiò idea sul giubbotto troppo ingombrante e ne scelse uno più leggero –se fosse morta di freddo si sarebbe avuta da sola sulla coscienza-, prese una borsa strapiena di cose che neanche lei sapeva di avere e così finalmente uscì dal castello.
Fuori, gli unici a morire di freddo erano gli studenti più piccoli che si divertivano con molto poco, mentre a quanto pareva tutti gli altri erano nelle calde Sale Comuni o in giro per gli interni della scuola.
Caelia si guardò intorno ed avvistò un salice imbiancato apparentemente in completa tranquillità; con calma si avvicinò ad esso e si sedette sul bianco candido, con la schiena poggiata sulla corteccia.
Sistemò a terra la borsa alla sua destra e ne tirò fuori un libro, quello di Storia della Magia; lo sfogliò delicatamente sino ad arrivare alla pagina su cui aveva fatto un piccola piega -così da ricordarla-, e cominciò a leggerlo, appassionata dalle tante notizie che vi trovava scritte.
Era immersa completamente nella lettura, quando notò arrivare alcuni studenti Grifondoro del suo stesso anno –erano Chanel Grey, Louis Weasley ed Evan Bewfaurd-; erano appena arrivati e già avevano cominciato come pazzi a fare casino –precisamente, sembrava si trattasse di una battaglia a palle di neve, perché non facevano altro che tirarsele a vicenda, ridendo e scherzando a voce troppo alta per i gusti della ragazza.-
Caelia li osservava con sguardo severo, sperando che capissero che lei aveva intenzione di leggere e che di conseguenza aveva bisogno di pace, silenzio e tranquillità, ma invano, essendo gli  sguardi dei bambini impegnati tra loro o accecati dalla neve. Le usciva di tanto in tanto una smorfia in viso, ma le sembrava una saggia decisione rimanere lì in silenzio a cercare di continuare a fare ciò che stava facendo, come se non fosse successo nulla, senza troppe polemiche. Però era inutile, la stavano distraendo.
‘Calma, Caelia, calma. Lasciali fare.’ pensava con i denti stretti, cercando di trattenere la sua rabbia.
Abbassò il volto così da posare lo sguardo sul libro, quando l’inchiostro nero come per magia si tramutò in qualcosa di bianco: una palla di neve si era frantumata sulla sua testa ed era caduta anche sulle pagine ingiallite del testo di Storia della Magia. Caelia rimase immobile, persa, senza sapere cosa dire o fare, con in viso una smorfia ancora più grande di quelle precedenti ed un sorriso sarcastico che se non fosse lei così timida si sarebbe allargato in urla. Avrebbe voluto strillare chi fosse stato, anche se sapeva già che si trattava di uno dei tre Grifondoro lì presenti, e di andarsene via e lasciarla in pace, oppure avrebbe potuto benissimo fargli un incantesimo, ma si trattenne.
Pulito il viso dalla neve, Caelia si trovò davanti i tre undicenni, intenti a scusarsi da quanto pareva osservando le loro espressioni, capeggiati da Evan, che subito si avvicinò per aiutarla a togliere la neve dal libro e soprattutto da dosso.
«Mi dispiace tanto, non volevo. O meglio, NOI non volevamo. Beh, lascia che ti aiuti.»
«No, grazie, faccio da sola!» Fu pronta a rispondere la ragazza, ma a quanto pareva fu più veloce lui, perché subito si avvicinò abbastanza da poter toglierle dal grembo e dal libro di testo la neve.
Quando ormai il lavoro fu finito, Evan la prese per le mani per aiutarla ad alzarsi, anche se lei per la verità avrebbe preferito restare seduta a leggere; contro la sua volontà, in silenzio, si diede una spinta con il sedere e si tirò su. «G…grazie.»
Lo guardò per un secondo negli occhi e poi abbassò lo sguardo per andarsene via, quando la voce di Louis la fece voltare.
«Andiamo, non vorrai davvero andartene così?! Resta con noi, è divertente!»
Rimanere? Perché avrebbe dovuto? Si sarebbe di sicuro annoiata e per di più si gelava- l’inverno non era affatto la sua stagione preferita-. Non era per nulla sua intenzione restare lì, così non rispose e continuò a procedere, sino a quando le arrivò sulla spalla un’altra palla di neve.
Caelia si girò e vide il visetto da angelo di Louis con un espressione furba come una volpe –doveva essere lui il colpevole dell’ultimo tiro-; voleva la guerra? Allora l’avrebbe avuta, se ci teneva così tanto.
Si abbassò con l’intenzione di appallottolare una grande quantità di neve, ma subito la ragazzina al fianco dei due studenti lanciò uno dei suoi colpi più forti. Come si era permessa?
Si alzò immediatamente, arrabbiata come non lo era mai stata, e tirò una palla candida e bianca su quell’ottavo di Veela che ancora assomigliava tanto ad una piccola volpe; lo colpì in piena faccia, e dentro di lei si sentì pienamente realizzata. Ma la battaglia continuò e la sua ira si trasformò in scherzo.
«Oh, l’hai voluto tu!»
«Adesso mi vendico!»
«Attenzione! Guardate quanto è grosso il mucchio di Evan!»
«Ehi!»

Come se fosse la cosa più normale del mondo, Caelia rimase per lunghissimi minuti con loro a divertirsi, mentre nessuno se lo sarebbe mai e poi mai aspettato.
Era forse uscita totalmente dalla sua timidezza? A quanto pareva, nient’affatto, si era solo ricordata per una buona volta di vivere.
La ragazzina era lì, sorridente, in piedi, ancora con le mani gelide ed il suo mucchietto di neve bello e pronto per essere tirato sul minuscolo petto di Chanel, quando improvvisamente il suo sorriso si irrigidì e si bloccò a pensare: nemmeno lei sapeva realmente cosa stesse accadendo, non si era mai aperta così tanto con qualcuno, e quella situazione era positivamente strana; purtroppo, però, era sicura che quella sarebbe stata la prima ed ultima volta che la ragazza più timida della scuola si comportasse in maniera così solare.
Un ‘click’ la fece uscire dalla trance: Louis Weasley aveva notato il suo sguardo perso da ormai un lungo minuto ed aveva schioccato le sue dita davanti al suo viso.
«Terra chiama Caelia. Ci sei?»
La bambina era leggermente stordita, ma immediatamente scosse il capo e ritornò sulla terra ferma, balbettando qualcosa per dar segno di vita.
«Perfetto, allora.»
L’ottavo di Veela fece a malapena in tempo a pronunciare queste parole che immediatamente gli altri due studenti alle sue spalle si fiondarono sulla ragazzina, travolgendo prima Louis, che intralciava il percorso, poi lei. In meno di un un secondo Caelia si ritrovò il piccolo Weasley disteso sopra di lei e Chanel ed Evan sulla schiena di lui.
Era quasi impossibile per lei riuscire a mantenere tale peso sopra il suo corpo, ma, per fortuna, la tortura non durò molto.
I due pivelli più in superficie, sghignazzando come due papere fin troppo divertite, subito si levarono di torno, nascondendosi dietro un salice per tendere un’imboscata ai due undicenni distesi uno sopra l’altro sulla neve.
«Ohm…scusa. Io…aspetta.»
Louis rimase per pochi secondi sopra di lei per osservarla negli occhi, mentre nuvolette causate dal freddo uscivano dalle sue labbra e sfioravano il viso della piccolina, dopo di che si alzò velocemente ma allo stesso tempo delicatamente, per cercare di non toccare più di tanto la sua compagna. Le porse infine la mano.
«Lascia che ti aiuti.»
Questa volta la ragazzina accettò il suo aiuto e, aggrappandosi al suo braccio, si tirò su e si ripulì dalla neve.
Nel frattempo Chanel ed Evan, dietro l’albero, ridevano in maniera udibile anche fin dalla Torre di Astronomia, mentre Caelia era assalita dall’imbarazzo e le sue guance diventavano sempre più rosse.
I due bambini sembravano entrambi avercela a morte con i loro due ‘assassini’, per così chiamarli, ma, al contrario di lei che cercava di fissare solo il terreno, desiderando di sprofondare, lui sembrava sperare di incrociare il suo sguardo, sorridendole in modo fraterno, come un bambino di undici anni può voler bene ad una bambina di a sua volta soli undici anni.
«Comunque…scusami tu.» Riuscì a terminare la ragazzina dai perfetti boccoli castani, tremando un po’ per il freddo, un po’ per la situazione.
In fin dei conti si sentiva benissimo.

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