Color my life with the chaos of trouble

di Sniffing the rain
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Jeane. ***
Capitolo 2: *** Nevermind. ***
Capitolo 3: *** “Be or not be” ***
Capitolo 4: *** I'm writing the future. ***
Capitolo 5: *** San Francisco,Star Wars, Fish and Chips. ***
Capitolo 6: *** Christmas Light. ***



Capitolo 1
*** Jeane. ***


Jeane.

 

E anche quell'anno arrivò l'estate.

Odiavo l'estate. Tutti ad aspettarla per poi lamentarsi del troppo caldo, era una cosa ridicola.
Tutti erano a divertirsi mentre io ero costretta ad andare in quella prigione di scuola per recuperare il debito a chimica.
Amavo la chimica eppure ero riuscita a farmi dare il debito in quella materia. Un'altra cosa ridicola.

 

Mi presento, sono Jeane Smith, figlia del fotografo Taylor Smith. Mia madre, Layla Anderson, divorziò con mio padre quando avevo all'incirca 5 anni. Lei tradiva lui e sempre lei lasciò a lui (oltre che un cuore spezzato) quella bambina che 5 anni prima aveva concepito.

Devo essere sincera, sono felice di com'è andata. Adoro mio padre, adoro il suo lavoro, adoro il modo in cui mi ha sempre trattata e il modo in cui, seppur solo, è riuscito a farmi arrivare ai 17 anni.

Adoro il modo in cui ogni mattina è solito svegliarmi.
Tutte le mattine, ore 7:30, quasi fosse un impegno giornaliero a cui non poter fare a meno, lui arrivava in camera mia, apriva le persiane della finestra e, con il volume dello stereo a 10, lasciava che le note di Morning Glory degli Oasis riempissero la mia stanza.

Certo, avrei preferito una canzone poco più “calma” come sveglia, ma amavo gli Oasis, passione trasmessa da mio padre, e qualsiasi loro canzone sarebbe stata ottima come risveglio.

 

Quella mattina fu la stessa storia, ore 7:30, sole che entrava attraverso la finestra, Oasis.
Una volta finito di vestirmi scesi al piano di sotto dove vidi mio padre sorseggiare del teh da un'enorme tazza color blu. Mi avvicinai a lui, gli diedi un bacio sulla guancia e, una volta presa la tracolla, uscì di casa augurandogli una buona giornata.

Erano le otto, era Luglio e per le strade non c'era nessuno.
Chi sarebbe mai così stupido da svegliarsi presto quando si è in vacanza?!

Bhe, io. Ma ne ero costretta.

 

Arrivai a scuola e fui lieta di vedere che ad aspettarmi davanti il cancello c'era la mai amica Sarah.
Sarah, era forse l'unica persona di tutta Sheffield (ad eccezione di mio padre) ingado di farmi sentire compresa. Ascoltavamo la stessa musica, anche se lei preferiva il Metal mentre io preferivo il Rock in tutte le sue forme, ma nonostante ciò la pensavamo allo stesso modo.
A vederci eravamo alquanto differenti: lei capelli scuri,corti, rasati da un lato, occhi circondati da matita nera, maglie di gruppi metal, Creepers ai piedi; io capelli castano chiaro, abbastanza lunghi da ricoprirmi appena le spalle, ciglia lunghe che ricoprivo di mascara, maglie prive di forme, e Converse, ma nonostante ciò eravamo davvero molto simili.

 

<< Odio la chimica >> disse lei accompagnando la frase con uno sbadiglio.
<< Io la amo, eppure eccomi qui, cara mia >> risposi nel tentativo di “incoraggiarla”, se così si può dire.

****

Appena entrammo nell'aula vidi la mia amica fiondarsi su un ragazzo, abbracciandolo in uno di quei abbracci sinceri che di rado concedeva.
Conoscevo quel ragazzo, ma solo di nome. Era Matt Helders, e da come sapevo, era uno dei tanti amici della mia amica.
Io non conoscevo molte persone oltre a Sarah (forse per via della mia timidezza) ma lei, invece, era molto più socievole di me, cosa che la portava ad avere molti amici.

 

<< E come ogni anno Helders ci rincontriamo in questa schifo di classe! >> sorrise lei dopo aver sciolto l'abbraccio.
<< E come ogni anno devi uccidermi con i tuoi abbracci! >> esclamò lui massaggiandosi la spalla e fingendo un'espressione di dolore.

Nel frattempo, Miss. Amo la chimica così tanto da essermi fatta dare un debito in questa materia, era rimasta ferma sulla porta ad osservare la scena.

<< Oh, Matt, lei è Jeane, Jeane ti presento Matt >>.
Probabilmente arrossì non appena il ragazzo mi rivolese lo sguardo e con un sorriso allungò la sua mano verso di me.
<< Piacere di conoscerti Jaene >>
<< Piace mio, Matt >> sussurrai quel poco per essere sentita.

 

Ero timida, troppo timida.

 

<< Non c'è tempo per le presentazioni per coloro che non conoscono la chimica >> era il professore che, svogliato, entrò in classe costringendoci a sederci e a prendere inzio alla lezione.

Una volta finita quella che per me fu un'interessante ripasso di chimica, mentre per i due amici una tortura senza fine, Matt ci propose di andare a casa sua dal momento che i suoi genitori era partiti per Londra.

Lungo il tragitto scuola-casa Helders mi resi conto di quanto simpatico fosse Matt e di come, caratterialmente fosse simile a Sarah.

Passammo a casa Helders buona parte del pomeriggio. Lui e Sarah si lanciavano sfide su chi riuscisse a fare la rullata più veloce mentre io passai buona parte del mio tempo con una chitarra trovata vicino alla batteria. Ce ne erano di strumenti in quel garage...Ma non ci diedi tanta importanza pensando che forse Matt sapeva suonarli tutti o che forse ai suoi genitori piacesse suonarli, insomma altrimenti per quale motivo uno dovrebbe avere un garage con tutti quei strumenti ed un microfono?

Quando venne il momento di andarcene salutai Matt con un abbraccio. Sì, ero timida ma solo nella fase iniziale, insomma ora che avevo conosciuto ( seppur minimamente) Matt avevo capito che non c'era motivo di vergognarmi e che in realtà era un ragazzo davvero molto simpatico.

Stavamo già percorrendo il vialetto che conduceva lungo la strada quando Matt richiamò la nostra attenzione.

<< Aspettate! >> corse verso di noi << Domani sera, Sarah, domani sera >> disse guardando la sua, mia, nostra amica. << Non puoi mancare! >> disse facendo la faccia da cane bastonato . << Matt, non ti seguo.. >> rispose la mia, sua, nostra amica inarcando un sopracciglio. << Abbiamo il primo live con la band, non poi mancare >>.

Band!...Ora mi era chiaro il motivo di tutto quel bene di dio all'interno del suo garage.
E io che pensavo fosse una cosa di famiglia stile Jackson 5 o Sister Sledge!

<< Tranquillo Matt, ci sarò >> disse Sarah rassicurandolo.

Poi lui si voltò verso me << A te non devo neanche chiederlo, tu verrai e basta >> disse guardandomi dritto negli occhi e facendomi ridere.

<< Puoi contarci Helders >> dissi sorridendo per poi salutarlo nuovamente e ritornare a casa.

 

Tutto sommato quell'estate stava inziando alquanto bene.

 

 

 

Salve (:
 

Finalmente risorgo dall'oltretomba e pubblico qualcosa, anche se sarebbe stato meglio rimanermene nell'oltretomba.

Premetto che questo primo capitolo non mi piace così tanto ( troppo noioso per i miei gusti) ma doveva essere così, purtroppo.

Non so di preciso che andamento avrà la storia, dove vada a parare, non so se sarò costante nell'aggiornarla, non so la concluderò, ma una cosa è certa...Ho scelto il nome Jeane perché sono andata in fissa con la canzone Jeane degli Smiths...

Questo è quanto....

Alla prossima, sempre se ci sarà una prossima volta (?)
 

p.s.

Personaggi come Matt Helders, e di seguito tutti gli Arctic Monkeys, non sono di mia proprietà (?).

Jeane e Sarah sono frutto della mia mente, ritenuta da alcuni malata.
 

p.p.s.

Se vi piace recensite, se non vi piace recensite, se mi volte uccidere recensite, se avete un animale domestico recensite, se la vostra casa è un circo recensite, se qualsiasi cosa le persone dicono di voi è in realtà quello che voi non siete recensite...Insomma recensite :)

(?)

p.p.p.s.

Provate a dire “recensite, recensite, recensite” tante volte...dopo un po diventa una cosa strana... :')


Okay, ho messo troppi p.s.

-Peace&Love

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Capitolo 2
*** Nevermind. ***


Nevermind.

 

Mi arrivò un messaggio da Sarah, erano le 6:57 di mattina, aveva battuto mio padre nel svegliarmi.
Mugugnai qualcosa che sinceramente neanche io stessa capii e tastai tutto il comodino in cerca di quel dannato telefono che continuava a vibrare.
Finalmente trovato, quello che più che un telefono era un catorcio, lessi il messaggio...

 

 

So di averti svegliata, e il che mi rallegra, ma devi ASSOLUTAMENTE salvarmi le chiappe!
Oggi non verrò al corso di chimica, ho la casa libera e finalmente è ritornato Justin (abbiamo bisogno intimità, sai...)
Inventati qualcosa da dire al prof.

Ti amo (:

P.s. Sta sera vieni a casa per le otto, ci prepariamo qui.



La luce del telefono rese davvero complicata un azione tanto facile come leggere un messaggio.Quando riuscii a decifrare cosa c'era scritto sorrisi lievemente. In altre circostanze mi sarei incazzata. Se fossero state altre persone mi sarei incazzata. Ma era Sarah e il suo Justin, che dopo circa un mese di vacanza studio in Italia, era finalmente ritornato a Sheffield.

 

Decisi di alzami nonostante fossero ancora le 7:00 e decisi di fare una doccia.Ci misi circa mezz'ora e quando ebbi finito mio padre entrò in camera per svegliarmi trovandomi, però, già in piedi, indecisa su cosa indossare.
<< Credo che la maglia dei Rolling Stones ti stia d'incanto >>
Avevo il padre più dolce del mondo, c'era poco da fare...
<< Buondì anche a te >> dissi per poi afferrare la maglia dei Blur.
<< Sai che non li sopporto! >> si lamentò da buon fan degli Oasis. Sorrisi ritenendo buffo il tono con cui si lamentò. Sembrava quasi il tono di un bambino che si rifiutava di andare dal dentista...
<< Ti prego, fallo per me >> continuò,<< Papà! >> esclamai divertita.
Davvero, aveva davvero così importanza per lui...

Uscii di casa ripercorrendo la strada della mattina precedente. Ancora una volta erano le otto e le strade erano vuote.
Non so', ma quella calma e quel silenzio che circondava il tutto mi rendeva...Felice. No che non lo fossi, insomma ero davvero una persona allegra ma a fregarmi era quel “pizzico” (per così dire) di timidezza.

Entrai classe e solo all'ora mi resi conto che forse avevo perso un bel po di tempo a godermi quella calma incontrata per la strada.
<< A qualcuno non è suonata la sveglia questa mattina? E la signorina Evans? Pensavo fosse con lei...>>.
Gli occhi di tutti erano puntati su di me e solo in quel momento ricordai di dover “salvare le chiappe” alla mia amica. << Ehm...Ecco....Io >>. Buon inizio, insomma. << La signorina Evans non è potuta venire per problemi familiari....E mi scusi per il ritardo >>.
In quella frazione di secondo in cui il prof. Segnava il mio ritardo su una specie di registro gettai gli occhi alla ricerca disperata di Matt che attirò la mia attenzione con un << Psss! >> urlato a bassa voce. Mi sedei al penultimo banco vicino a lui che gentilmente mi aveva occupato il posto.
<< Anche a te ti ha svegliato alle 7:00? >> sussurrò lui riferendosi a Sarah. << 6:57 per la precisione >> risposi provocandogli un leggero risolino che come conseguenza ebbe uno sguardo assassino da parte del professore. Mi ero messa già abbastanza nei guai e quindi decisi di comunicare con Matt tramite bigliettini, un po come bambini delle elementari.
“Allora...oggi è il grande giorno” gli passai il bigliettino stile pusher che spaccia roba da contrabbando. Mi ripassò il foglio e fui lieta di vedere che la sua scrittura fosse anche peggio della mia “Già” e qui disegnò uno smile “Verrai, vero?”. Sorrisi nel leggerlo anche se potevo capire quanto importate fosse per lui, e la band, quella serata. “Certo” e feci un smile con l'occhiolino che più un occhiolino ricordava una persona guercia.

****

 

<< Ma guardati! Avevi dei capelli orrendi! >> disse lei quasi soffocando dal ridere.
<< Avevano stile, era un misto tra John Lennon e Johnny Marr>> mugugnò lui.

<< Ma sentiti! più che altro sembravi un finocchio >> una terza voce si aggiunse ai due.
Lei rise ancor di più tant'è che delle lacrime le bagnarono leggermente le guance.
<< Okay, ora basta, lo abbiamo deriso troppo... >> voleva smettere di ridere ma davvero non le riusciva.
<< Tu. Perché ogni santo anno devi riprendere le foto del nostro primo concerto?! E tu, perché ogni santo anno devi soffocarti dalle risate per il mio taglio di capelli adolescenziale?! Alla fine non era poi così orrendo...>> disse rivolgendosi alle due figure, la prima maschile e la seconda femminile.
Proprio quest'ultima si alzò dalla parte di divano dove sedeva, si accostò al ragazzo che aveva appena deriso e, cingendogli le braccia al collo, si gettò addosso a lui.
<< Hai ragione, erano carinissimi... >> gli lasciò un bacio sonoro sulla guancia.
<< DA FINOCCHIO! >> urlò la terza voce.

****

<< Non è che vorresti venire a vedere le prove della band?! >> Mi chiese Matt appena fuori scuola.
Non è che non volessi andarci ma per quel pomeriggio, che avrei passato sola soletta, avevo già deciso di andare a far compagnia alla vecchia signora del negozio di dischi. Gina. Grande fan dei Fab Four, lei.
Amavo trascorre del tempo in quel negozio e non perché volessi veramente tener compagnia ad un' anziana sull'ottantina ma perché adoravo quel “mondo” fatto di scaffali pieni zeppi di LP di band che valeva davvero la pena ascoltare e tutti quei poster degli Smiths, Who, Doors, Bob Dylan....
<< Scusa Matt ma ho da fare oggi pomeriggio... >> come se fosse davvero importate andare in un negozio di dischi. << Ci vediamo sta sera >> dissi facendogli l'occhiolino e dirigendomi verso il negozio.

****

If the sun refused to shine,
I would still be loving you.
When mountains crumble to the sea,
there will still be you and me.

 

<< Buongiorno piccolina >> rispose l'anziana Gina al mio solare saluto.
Come al solito il negozio era vuoto e l'unica cosa a tenerci compagnia era la musica.
Il posto sul giradischi era occupato da Led Zeppelin II e a risuonare era la quarta canzone: Thank you. Amavo quella canzone, il testo era così...Liberatorio, dava un po' quella sensazione di benessere che hai dopo aver confessato qualcosa. Probabilmente ero l'unica ad aver interpretato quella canzone in quel senso.
Mi inoltrai nel corridoio dedicato alle “legende del rock”alla ricerca di qualcosa di nuovo, ed infatti qualcosa di nuovo trovai.

Avete presente quando ho detto “come al solito il negozio era vuoto” ? Beh, evidentemente la mia vista a raggi x stile Clark Kent cominciava a fare cilecca. Infatti, proprio nel riparto che occupava gran parte del negozio, e in cui ero solita passare parte dei miei pomeriggi solitari, c'era una figura nuova.
Solitamente se viene aggiunta una figura nuova ad uno scenario abituale essa sembrerà fuori luogo o inusuale, ma questa figura sembrava perfettamente in armonia con lo scenario intorno a se.

Aveva tra le mani un vinile, quello che forse, più di tutti, aveva segnato una generazione. Il blu dell'acqua, l'immagine di quel neonato che nuotava dietro a quella banconota da un dollaro, chiunque l'avrebbe riconosciuto e chiunque l'avrebbe inserito nelle “legende del rock”.
Era Nevermind dei Nirvana.
Troppo presa dalla copertina dell'album, non mi resi conto che la figura stava osservando me.
<< Ehm, ti serve? >> disse riferendosi al vinile. Solo allora mi concentrai maggiormente sulla figura.
Era un Lui (che perspicace che sono). Aveva dei capelli, un naso,due orecchi, una bocca, un corpo, due braccia, due gambe e...Due occhi, cavolo se non aveva due occhi. Erano due enormi fosse nere situate proprio lì, ai fianchi del naso. Apparivano quasi come il canto delle sirene, ti facevano rimanere imbambolata, sembravano mangiarti il cervello e farti dimenticare anche il tuo nome.
<< Oh, no, non mi serve...Ehm stavo solo osservando una cosa, scusami... >> gli risposi arrossendo.
Lo vidi alzare lo sguardo verso l'enorme orologio situato sopra l'ingresso per poi voltarsi verso di me e dirmi << Figurati. Beh, ora devo andare, puoi osservarlo quanto ti pare >> senza un'espressione sul volto mi allungò la mano con il vinile, che afferrai, per poi voltarsi e uscire dal negozio.

****
 

<< Alla fine l'hai comprato >> disse lui osservando il vinile di Nevermind posato sul tavolo di fronte al divano.
<< Come potevo lasciarlo lì?! >> si giustificò lei.
<< Nel mio caso sei riuscita a lasciarmi lì >> la guardò dritta negli occhi.
<< Avevo i miei validi motivi >> si difese lei.
<< Essere gelosa non è un “valido motivo” >> gli fece il verso lui.
<< Non ero affatto gelosa. >> sembrava stesse per arrabbiarsi e il che lo fece ridere.
<< Oh sì che lo eri, invece! E' una di quelle scene che ti rimangono impresse nella mente. Eri talmente arrabbiata che sei uscita dal negozio senza neanche salutare la povera Gina, che cattiva ragazza! >> disse lui scoppiando a ridere nel pronunciare l'ultima frase.
<< Tutta colpa tua che vai a limonare con le tue ragazze nel suo negozio, dongiovanni! >> sorrise anche lei che finalmente sembrava aver messo da parte la rabbia.
<< Quindi ammetti che eri gelosa... >> i loro visi erano davvero vicini ma a nessuno dei due sembrava dare particolarmente fastidio tutta quella vicinanza.
Lei si mordicchiò il labbro inferiore, alzò gli occhi al cielo e con un smorfia ammise << Non ero gelosa, quella povera ragazza non aveva nessuna colpa. Piuttosto ero davvero furiosa con te>>

 

****
 

<< Sono furiosa! >> urlò Sarah che sembrava essere in preda al panico dopo aver visto la sua maglietta preferita sotto le grinfie del suo cane. << Stupido cane! >>. Io e Justin intanto ci gustavamo la scena seduti in cucina e, una volta passata la sfuriata della mia amica, potemmo finalmente dirigerci verso il locale dove si sarebbe esibito Matt con il resto della band.

Il locale era un tipico pub inglese dove era stato allestito, alla meglio, un piccolo palco. Erano quasi le nove e finalmente vidi salire sul mini-palco Matt seguito da un ragazzo alto, robusto, con i capelli corti e con in mano un basso, che a sua volta era seguito da un altro ragazzo di media statura, capelli più lunghi rispetto al ragazzo che lo precedeva, dagli occhi color turchese chiaro e in mano una chitarra. E a chiudere la fila c'era un altro ragazzo...Aveva dei capelli, un naso,due orecchi, una bocca, un corpo, due braccia, due gambe e...Due occhi, cavolo se non aveva due occhi...

Era il ragazzo che avevo “incontrato” da Gina.
Ora aveva in mano la chitarra che il giorno prima mi ero ritrovata a suonare a casa di Matt e si era sistemato davanti ad un microfono.
Era un Lui. Era umano. Era un cantante.
Davvero perspicace da parte mia notare tutto ciò.

Iniziarono a suonare, fecero delle cover degli Strokes per poi concludere il tutto con un loro pezzo.
Non erano andati affatto male, Matt era un fenomeno alla batteria e quel ragazzo, beh rimanendo nel tema “ma che perspicace” dovrei aggiungere che aveva anche una voce, ma in realtà aveva una voce che a sentirla bene provocava lo stesse effetto dei suoi occhi. Ti mandava in pappa il cervello.
Scesero dal palco e Matt si gettò, letteralmente, addosso a me e alla mia amica. << Che bello vedervi! Allora che ve ne pare? Soddisfatte? >> era così eccitato che non la smetteva di sorridere. << Siete fantastici! E tu, cavolo, sei andato alla grande! >> ero così felice per lui.
<< Sei stato FA-VO-LO-SO! >> commentò Sarah in tono sarcastico provocando una risata generale.
Ci andammo a sedere ad un tavolo e subito dopo arrivarono il tipo che suonava il basso, che scoprii chiamarsi Andy, e il tipo che suonava la chitarra, Jamie.
Ne mancava uno.
<< Dov'è Alex? >> chiese all'ora Matt, ma non fece in tempo a terminare la frase che una voce si udì alle sue spalle << Bhe, sai com'è, qualcuno doveva pur riscuotere l'incasso della serata.. >> disse il ragazzo mostrando due banconote da cinquanta sterline. << Allora, gli siamo piaciuti?! >> chiese ansioso Andy << Dice che possiamo fare di più >> rispose lui che nel frattempo aveva posato gli occhi su di me facendomi arrossire e abbassare lo sguardo.
Matt si accorse della situazione e con fare svelto disse al suo amico << Al, lei è Jeane, Jeane lui è Alex >>.
A quel punto fui costretta ad alzare gli occhi ed incontrare il suo sguardo. Forse era per l'eccitazione del live o forse erano le luci offuscate del locale, ma ora quelle fosse sembravano ancor più profonde e sembravano risucchiarti come un buco nero.
<< Piacere di conoscerti, Jeane >> disse mostrandomi il suo primo sorriso.
<< Piacere mio, Alex >> risposi ricambiando il sorriso.

****
 

Chiamiamolo “angolo autrice”

Non ho un granché da dire, se non che voluto raccontare la storia un po come viene raccontata la storia di Sole e Tom in “500 giorni insime” ovvero non seguendo una narrativa lineare, infatti nelle parti scritte in corsivo ho voluto parlare di Jeane e Alex che, per così dire, si trovano (rispetto alla storia narrata) nel futuro.
-Peace&Love


 

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Capitolo 3
*** “Be or not be” ***


Be or not be”

 

Era passato circa un mese dall'esibizione degli Arctic Monkeys e finalmente il nostro recupero di chimica era terminato. Ora potevo godermi l'estate nei migliori dei modi, ossia passando intere mattinate in biblioteca e pomeriggi rinchiusi nel garage di Matt ad assistere alle prove delle Scimmie. Ovviamente non era quello il “migliore dei modi”, ma a me piaceva. La sera , solo, ci davamo alla “pazza gioia” andando a bere qualcosa al pub dello zio di Sarah.

Qualcosa di buono però c'era, infatti in quell'alternanza di libri-musica-birra ero riuscita a fare nuove amicizie. Avevo buoni rapporti con tutti ma in quell'ultimo periodo passavo molto tempo con Jamie. Ci incontravamo la mattina in biblioteca, anche se ci era quasi impossibile parlare per via del vecchio proprietario della libreria che al sol battere di ciglia ci rimproverava, poi ci rincontravamo da Matt dove finalmente potevamo discutere indisturbati, lì parlavamo del più e del meno...dai libri letti in biblioteca fino alla nuove uscite discografiche o a quanto buono fosse il frappè della gelateria del signor Brown. Avevamo le stesse idee, ci piacevano le stesse cose e per questo ci rimaneva facile “confabulare”. Nel frattempo anche i rapporti con Matt erano migliorati alla grande, con Andy invece sembrava che ci conoscessimo da una vita, ci facevamo battute cattive che riguardavano le nostre madri, zie, nonne o sorelle, mi prendeva in giro perché troppo bassa se confrontata alla sua statura, lo prendevo in giro perché un tipo alto come lui suonasse il basso.

Solo lui sembrava rimanere sulle sue e quello di cui rimanevo più sorpresa era che neanche Sarah sembrava aver un gran feeling con quel ragazzo.

 

****
 

Oh mia dolce e povera Ofelia” le cinse i fianchi Alex “continuando così impazzirai, amare così tanto una persona per poi rimanere a mani vuote...” sussurrò poi al suo orecchio in modo sarcastico. Intanto le lacrime le rigavano il volto mentre, le mani erano chiuse in due pugni, cercava con tutta se stessa di non lasciarsi andare, di sopprimere la sua rabbia.
Fece una pausa “...Perché come di copione, sembra che Amleto non ti ami più o forse non ti ha mai amata?!” riprese a sussurrarle mentre iniziava ad accarezzarle dolcemente i capelli.
Non ce la faceva, stava per crollare come un castello di sabbia. “Ma non preoccuparti mia dolce Ofelia...” fece girare la ragazza così da poterla finalmente vederla in faccia “...Sir. Turner vendicherà le sue lacrime!” le fece l'occhiolino e a quel punto gli occhioni grossi e tristi della ragazza sembravano aver ripreso vita.“ Sei un coglione Turner!” disse lievemente lei per poi abbracciarlo con tutta la forza che il suo minuto corpo possedeva.
Quel gesto sembrò, inizialmente, spiazzare il ragazzo che in seguito si lasciò coinvolgere dal dolce profumo di lei e ricambiò quell'abbraccio con altrettanto affetto.
E ora Ofelia asciugati le lacrime e vieni in cucina” disse infine lui sciogliendo l'abbraccio.

 

****
 

Si stava avvicinando il sedicesimo compleanno di Jamie, avevamo organizzato una festa a sorpresa per lui. Mi ero presa la briga di occuparmi della festa. Gli volevo davvero bene e volevo che si ricordasse di quel giorno. Chiesi ai ragazzi di invitare tutti i suoi amici mentre io e Sarah ci occupammo di tutto il resto. In quel periodo mi davo davvero da fare per far sì che Cookie non si accorgesse di tutto ciò.

....

8 Luglio 2001
Finalmente il grande giorno era arrivato, tutti i miei sforzi sarebbero stati ripagati in quel giorno, in quella serata.
Non riuscivo davvero a capacitarmi di come ero riuscita ad organizzare tutto quel ben di Dio. Probabilmente era il voler rendere Jamie felice che mi aveva spinto a tutto ciò. Non saprei spiegarlo, ma in quel periodo sentivo di volergli davvero bene, di stare bene in sua compagnia e anche lui sembrava contraccambiare tale sentimento.
Matt e Jamie arrivarono al locale e quando quest'ultimo entrò tutti urlarono “SORPRESA!” e la festa ebbe inizio.

A dire il vero odiavo le feste a sorpresa perché mi sembravano tutte uguali: c'è un lui o una lei che è il/la festeggiato/a ignaro/a di quello che succederà, ci sono gli invitati che sembrano essere stati settimane intere ad esercitarsi per dire semplicemente “sorpresa” e infine c'è il tipo / la tipa che si è fatta un mazzo tanto per la festa ma che a nessuno importa.
Ecco, inizialmente la festa di Jamie aveva preso quella piega...Lui arriva, tutti urlano “sorpresa”, inizia la festa e nessuno sembra ricordarsi della tipa che si era fatta un culo tanto e quindi lei si dispera bevendo alcolici...Ma non è andata così.

“SEI LA MIGLIORE J.!” urlò lui subito dopo che gli invitati avevano finito il loro “....esaaaaaa!”*. In un istante mi ricercò in mezzo alla folla e mi prese in braccio “Cazzo J. È tutto perfetto!” . Tutti quegli ebeti ci stavano fissando e ovviamente arrossii di brutto. “Te lo meriti Cookie” farfugliai mentre mi rimetteva giù.
La festa stava andando alla grande, tutti sembravano divertirsi e finalmente potei tirare un sospiro di sollievo e, come un Cristo che risale al cielo dopo essere risuscitato, potei finalmente dire che “il mio lavoro qui è finito”. Lo so, è stupido come paragone, e dubito che Gesù abbia detto una cosa del genere, ma rende bene l'idea.

Decisi di andare a prendere una boccata d'aria fresca e mi diressi verso il giardino posteriore. Non c'era illuminazione, o meglio c'era ma era spenta. Pensai che fossi da sola ma il rumore di un accendino alla mia destra mi fece capire che c'era qualcun altro. Mi voltai e vidi lo scarso bagliore di una sigaretta che lo illuminava.
“Ti sei data davvero da fare” era sdraiato sul parato e aveva gli occhi fissi al cielo.
“Grazie” dissi sedendomi vicino a lui.
“Vuoi?” mi chiese passandomi la sigaretta.
“ Non fumo”
“Ho della birra se preferisci...” mi porse la bottiglia con uno strano sorriso che gli colmava le labbra.
Che diavolo gli prendeva?! In un mese ha sempre preferito evitare di parlare con me, si e no mi avrà rivolto la parola 3 volte e solo per dirmi che pizza ordinare, e ora tutto ad un tratto ha deciso di iniziare una conversazione....
“Grazie” risposi afferrando la bottiglia.
“Potresti mostrare anche più entusiasmo, sai!” buttò fuori del fumo.
MA CHE CAZZO! MI PARLI DI ENTUSIASMO PROPRIO TU, RAZZA DI PIRLA!” * Jeane interiore*
“Ehm, sì, scusami....Ultimamente sono un po stanca” mi limitai a rispondergli.
“Sdraiati se vuoi, si sta benissimo qui” e mi mostrò di nuovo quel sorriso.
Seguii il suo consiglio e mi sdraiai lì sull'erba. Restammo in silenzio per qualche minuto.
“Quella è la costellazione del Cigno” ruppe il silenzio.
“Uhm...Non credevo conoscessi le stelle?!” risposi accigliata.
“Non le conosco infatti, era solo per mostrarmi intelligente ai tuoi occhi” accompagnò la frase con una risatina alquanto contagiosa, tant'è che mi ritrovai a sorridere anche io, involontariamente.
“Capisco...”
Ehi Alex, per quale motivo ora sembri più simpatico?!” * Jeane interiore*
“...E comunque avevi ragione, si sta bene qui” * Stupida Jeane esteriore* .

Si voltò verso di me, lo stesso feci io. Finalmente potei sprofondare di nuovo in quelle fosse nere e a quel punto Romeo e Giulietta si guardarono dritto negli occhi, si baciarono e vissero per sempre felici e contenti...CERTO CHE NO! Romeo e Giulietta è un dramma e non c'è il “e vissero per sempre felice e contenti” e infatti dopo essere stati alcuni secondi a guardaci negli occhi, come se fossimo due esseri provenienti da due mondi diversi che si incontrano per la prima volta, scoppiammo a ridere come ebeti.

Alla fine era sufficiente come “lieto fine”.

****
 

Hey gente, sono Jeane, al momento non sono in casa...Ma lasciate un messaggio dopo il segnale acustico”
biiip

J. sono io, Jamie...So che sei in casa e so che ci sei rimasta male per ieri sera, mi dispiace...Non era mia intenzione farti stare male, credevo avessi superato la cosa, mi dispiace...spero che riusciremmo a sistemare le cose”

Il letto, ricoperto da lenzuola bianche, era disfatto. Su di esso due figure erano raggomitolate e immobili mentre il vivavoce del telefono riempiva la stanza con le parole del ragazzo.

Si è preoccupato per me...” sussurrò Jeane.
Lui non si preoccupa per te, è solo in colpa per averti fatto star male” commento secco Alex.
Dalle mie parti questo si chiama -preoccuparsi per una persona-” obbiettò acida lei.
Jamie è così, si sarebbe preoccupato anche se fossi stato io a piangere” le fece notare lui.
Uhm...”
“E poi anche io mi sono preoccupato per te” disse addolcendo il tono di voce e abbasando lo sguardo su di lei, accoccolata sul suo petto.
“Abbiamo solo scopato, idiota!” pensò la Jeane interiore.
“ Grazie Sir Turner” disse in realtà Jeane e, tirandosi su con i gomiti, arrivò alle sue labbra dove posò delicatamente un casto bacio.

****

9 Luglio 2001 ore 5:00 a.m.

Jamie

Erano le cinque del mattino e anche Matt e i ragazzi se ne erano finalmente andati dal locale, ma in realtà mancava ancora qualcuno all'appello. Jeane.
L'avevo vista uscire dal locale verso le tre per andare a prendere una boccata d'aria ma poi l'ho persa di vista. Probabilmente se ne sarà andata. Ma sembrava strano, poteva almeno venirmi a salutare. O forse ero talmente ubriaco da essermene dimenticato?! Nah, non credo, anche perché mi sarei ricordato di lei anche da ubriaco.

Decido di rigirare tutto il locale, nel caso in cui qualcuno avesse dimenticato qualcosa. Vedo in bagno e trovo un lucidalabbra ed un assorbente, quest'ultimo può anche rimanere dov'è. Controllo la sala e trovo un giacchetto che, se non sbaglio, era di Andy. Ispeziono anche il giardino anteriore e trovo un accendino. Rimane solo il giardino posteriore.
Arrivo a quel piccolo fazzoletto di erba verde e mi accorgo che qualcuno l'aveva “dimenticata” lì. Come hanno potuto dimenticarsela?!

Era così bella con quel vestito rosa antico, con quei capelli castani ondulati, quelle guance tinte di rosa....Era lì che dormiva beatamente, distesa su quel prato come la povera Ofelia distesa lungo il fiume nel momento della sua morte, ma lei era viva e soprattutto non era pazza...

Aveva tra le mani un pacco incartato, un regalo. Passai qualche minuto ad osservarla. Sembrava perfetta. Poi decisi di svegliarla.
“Ehi J. Sveglia!” le sussurrai in un orecchio. La vidi stropicciarsi gli occhi e con aria assonnata mi disse “Dove sono? Perché sono qui....OH DIAMINE, MI SONO ADDORMENTATA!”
Si era fatta prendere da una specie di panico che onestamente non riuscivo a capire.
“Scusami Jamie, non volevo...E' che ero qui a guardare le stelle....” e qui fece le virgolette con le mani “...Con Alex e devo essermi addormentata”. Guardare le stelle con Alex?! Sinceramente rimasi un attimo stupito dalle sue parole ma poi mi porse il pacco incartato e mi disse “Avrei dovuto dartelo prima ma....Mi sono addormentata” e qui arrossì.

La adoravo quando arrossiva.

Presi il pacco, lo scartai e quello che mi ritrovai tra le mani era un grosso libro color rosso vivo con sopra inciso in color oro “Amleto”.
“ Qualche giorno fa, all'uscita della biblioteca mi avevi detto che ti piaceva tanto l'Amleto ma che lo potevi leggere solo in biblioteca perché non ne avevi una copia, così ho cercato di rimediare....So che non è il tipo di regalo che un sedicenne vorrebbe ma....”
“Jeane, per favore, finiscila di sottovalutarti...Qui tutto è perfetto, la festa, il tuo regalo...Tu..”

Ed eccolo qui! Il momento in cui me ne esco con qualcosa che non dovrei dire e improvvisamente cala un silenzio mortale...Ed eccola qui! Lei che arrossisce di nuovo.
“Grazie Jeane” cerco di rimediare e l'abbraccio dandole un bacio sulla guancia, lei mi sorride e alzandosi dal prato mi consiglia di andarcene a casa.
La riaccompagnai a casa e con lo stesso sorriso di prima mi dice“E ancora buon compleanno Cookie” mi fece l'occhiolino e scomparve dietro il cancello di casa.

“I think you know the truth, Jeane” spero solo che non sia così, mio caro Morrissey....

 

****
 

Giusto qualche chiarimento...
Alloooora, ...Probabilmente i Flash Forward (ringrazio Morms per avermi detto che si chiamano così) sembrano senza senso, ma sicuramente dal prossimo capitolo cominceranno ad esservi più chiari (:
In questo capitolo parla anche Jamie.
Ho concluso il tutto con un pezzo della cazone “Jeane” degli Smiths riferendomi al fatto che Jeane avesse scoperto “la verità” riguardo ai sentimenti che Jamie prova per lei...Credo che si era capito C:

https://www.youtube.com/watch?v=UNRghlld8HU


Pace e amore

p.s. Scuste per il ritardo con cui ho postato c:

 

* avete presente quando tutti rimangono a dire “sorpr- esaaaaaaaaaaaaa” ecco, io li odio. Morite tutti. Nei peggiori dei modi.

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Capitolo 4
*** I'm writing the future. ***


I'm writing the future.

Alex

 

Jeane dormiva beatamente sul mio petto. Un braccio mi cingeva i fianchi e mi teneva stretto a lei, l'altro era nascosto sotto il suo corpo posato sul fianco destro. Sulle labbra aveva un sorriso di chi finalmente aveva trovato la pace.

La sera prima Nick aveva invitato me e gli altri nella sua nuova casa per festeggiare il nuovo acquisto. C'era anche Jeane. Era ovvio che ci fosse, era diventata la nostra fotografa personale.
In realtà non necessitavamo di una fotografa personale ma lei ci sapeva fare e in più mi tranquillizzava l'idea che fosse una persona di mia conoscenza a farmi delle foto piuttosto che un pazzoide che mi consigliasse come posare.
Quella sera indossava dei jeans non troppo aderenti, con un enorme felpa grigia dei Clash sopra e ai piedi le sue più strette amiche: un paio di converse rosse. Era davvero bella nonostante non indossasse nulla di sensuale o che richiamasse l'attenzione su di lei.
Appena entrata sfoggiò uno dei suoi più sinceri sorrisi, che poi si mostrò come l'unico vero sorriso di quella serata, e si complimentò con Nick per la sua nuova casa. Dopo di che gettò gli occhi sul divano e la poltrona dove sedevamo io e Matt e con nonchalance si diresse verso di me e con una strana delicatezza si posò sulle mie gambe.
Davvero morbido...Nick, sta sera dormo qui, è deciso!” e a quel punto mandò a puttane la delicatezza e lasciò che il suo corpo cadesse a peso morto sul mio. 
Ehi J. Sbaglio o qui qualcuna è ingrassata....Cazzo, ma quanto pesi?!” dissi fingendo fatica. In realtà non pesava affatto, semplicemente mi piaceva farla arrabbiare anche se l'effetto che tale battuta ebbe su di lei era ben altro.
Scusami...” farfugliò alzandosi di scatto dalle mie gambe. Le sue guance erano arrossite e aveva lo sguardo basso. Ecco cosa succedeva se si scherzava con Jeane del suo peso. Era l'unico modo per farla arrossire e mi piaceva vederla arrossire, soprattutto se lo faceva per colpa mia.
Allora le presi un braccio e la feci cadere di nuovo sul mio corpo seduto. “ Quasi ventun' anni di donna e ancora non riconosce il sarcasmo nelle battute”, Matt rise alla mia frase mentre lei mi diete un pugno allo stomaco. “Quasi cinque anni che mi conosce e ancora non capisce che non trovo sarcastiche la battute sul mio peso” mi fece il verso.

Sapete dov'è Jamie?!” disse lei dopo quasi 10 minuti di silenzio passati a fare zapping sul nuovo televisore del mio amico. “Ha detto che arriva per cena e che ha una sorpresa da mostrarci” gli rispose Nick.
A me non ha detto nulla riguardante questa sorpresa” obbiettò Jeane.
Probabilmente sarà qualche riff che gli è venuto in mente mentre dormiva..” commentò scarno Matt.
Aveva parlato anche a me della “sorpresa” ma davvero non sapevo cosa aspettarmi.

Erano le otto e finalmente sentimmo la macchina di Jamie arrivare per il vialetto. Jeane balzò dal divano come un cane che sente il rumore dell'auto del padrone di ritorno a casa.
Jeane ha sempre avuto un bel rapporto con Jamie. Il nostro, invece, era davvero strano e confusionale.
Jamie entrò in casa e già dal suo ingresso tutti ci accorgemmo di una certa nota di nervosismo sul suo volto.
Ma questa è una reggia!” disse appena entrato. Il suo tono di voce rese ancor più chiara quella nota di nervosismo.
Grazie amico” rispose sorridente Nick.
Allora, dov'è la sorpresa per cui ci hai fatto attendere così tanto e di cui io non ne ero al corrente e per la quale sembri anche nervoso?!” Jeane si era alzata e si stava dirigendo verso di lui.
Ehi J. Ci sei anche tu..”
Sì J. Ci sono anche io...Ma lo sai cosa manca? La tua fottutissima sorpresa” disse saltandogli al collo e ridendo.
Okay” sospirò “è una persona, la conosco da un po e credo che era ora di presentarvela” aveva gli occhi bassi e sembrava essere a disagio. Che diavolo gli prendeva?!
Okay, è in macchina...La vado a chiamare” e uscì di nuovo.
Nuova fidanzata...” La voce di Matt ruppe il silenzio che si era creato da quando Jamie aveva lasciato la casa.
Jeane era rimasta lì immobile senza muoversi con un espressione priva di emozione.

E lei è Katie” disse J. Entrando in casa tenendo per mano una ragazza biondina con occhi celesti che al mondo era nota come Katie Downes...Eh già, proprio la modella. Non so ma da Jamie me l'aspettavo una tipa così, erano anni che si “divertiva” con Jeane ma era ora di cambiare pagina e lui ci stava riuscendo davvero bene.
Per quanto riguarda Katie, bhe non era poi così a disagio. Gli occhioni color mare scrutavano ogni angolo,persona, essere vivente e non che era in casa, aveva un elegante e sexy vestito nero con dei tacchi vertiginosi. Era davvero bella.
Jeane...Lei nel frattempo sembrava essersi ripresa da quello stato di shock e aveva abbozzato sulle labbra un gran e bel sorriso finto. “Ciao Katie, io sono Jeane” disse allungandole la mano. “Piacere di conoscerti...Ah, anche a me piacciono i Clash” disse riferendosi alla sua felpa. “Bhe, allora andremo d'accordo” e qui cacciò fuori una delle risate più finte che le mie orecchie abbiano mai sentito.

La serata andò avanti tranquillamente con le finte risate delle due ragazze, con il disagio di Jamie e con le lamentele di Matt per via della salsa piccante che non era piccante, finché non mi passò in mente di rendere più movimentata quella serata.

Jeane

Oh ma che carini, si sono conosciuti a Disneyland, non la trovi una cosa carina, Jeane?!”
Era da circa venti minuti che Alex non faceva altro che fare domande a Katie su come si fosse incontrata con Jamie, da quando erano insieme, su come si sentisse quando lui gli era vicino e su cosa pensasse della band per poi voltarsi verso di me e commentare ogni singola risposta della ragazza con un “ non la trovi una cosa carina, Jeane?!”.
Lo stava facendo apposta, sapeva che stavo per innervosirmi. Perché? Perché doveva rovinare praticamente tutto?

Alex

Jeane stava per esplodere. Lo si capiva dal suo mordicchiarsi nevroticamente il labbro inferiore.
Nick, dov'è il bagno?” disse appena io chiesi a Katie se volesse venire a vederci nel servizio fotografico che avremmo tenuto all'indomani.
Ero riuscito a farla arrivare all'apice.
Ti ci accompagno io” dissi alzandomi e beccandomi un occhiata accigliata da tutti i commensali.
So andare in bagno, Turner! Devi dirmi solo dove si trova” acida la ragazza.
Ti ci accompagno io” le risposi nuovamente.
Bene... “accompagnami” pure in bagno” cercò di sorridere per sdrammatizzare la situazione ma risultò ugualmente acida.
Uscimmo dalla cucina e portai Jeane su per le scale, avrei dovuto farla entrare alla seconda porta a sinistra ma appena salite le scale la vidi dirigersi verso l'enorme finestra alla fine del corridoio e la vidi gettare lo sguardo sui palazzi illuminati.
Era di spalle a me e era ovvio che non volesse che la guardassi in quel momento. Mi accostai a lei, non mi sentivo in colpa, piuttosto era compiaciuto del mio “lavoro” ma ora dovevo portarlo a termine.

Oh mia dolce e povera Ofelia” con le braccia le cinsi i fianchi “continuando così impazzirai, amare così tanto una persona per poi rimanere a mani vuote...” le alitai sul collo. Soffriva il solletico e anche solo respirale sul collo l'avrebbe fatta rabbrividire.
Ed eccola che chiuse gli occhi e lasciò che i brividi l'attraversassero.
Delle lacrime trasparenti le resero il viso a strisce mentre un pugno era talmente stretto da far tremare la mano. Continuava a mordersi il labbro.
Sembrava così debole e fragile, proprio come piaceva a me.
...Perché come di copione, sembra che Amleto non ti ami più o forse non ti ha mai amata?!” iniziai ad accarezzarle i capelli. I suoi capelli, ne conoscevo ogni singola sfumatura. Color caramello se era sotto una luce artificiale, miele se erano al sole e cioccolato nelle stagioni più fredde...
Ma non preoccuparti mia dolce Ofelia...” a quel punto la feci girare così da poterla vedere meglio. Era così indifesa e i suoi occhi sembravano quasi chiedere disperatamente aiuto.
...Sir. Turner vendicherà le sue lacrime!”. Le feci un occhiolino, lei li riteneva sexy ma io, per qualche strana ragione, li ritenevo imbarazzanti.
La vidi sorridere leggermente e sussurrarmi poi un“ Sei un coglione Turner!” ed infine abbracciarmi.
L'avevo ridotta a pezzi e poi l'avevo ricomposta, lo facevo spesso con le persone in generale ma più che altro mi piaceva farlo con lei.
Mi stava abbracciando, era quello che volevo.

Profumava di rose appena sbocciate.

Avrei voluto che quell'abbraccio durasse un'eternità” la classica frase da copione che tutti dicono dopo un abbraccio, in realtà a me bastava anche solo che mi si gettasse addosso e mi dicesse “Ma che comodo questo divano!”
E ora Ofelia asciugati le lacrime e vieni in cucina” dissi infine sciogliendo l'abbraccio.
Scesi per primo e dopo poco vedi scendere anche lei indossando la maschera della Jeane felice e spensierata.

Jeane

Alexander FOTTUTISSMO Turner! Si diverte a giostrare i miei sentimenti come fossero una pallina di pongo che può modellare, staccare dal resto dalla massa e poi riappiccicare quando non ne hai più bisogno.

Alex

Sali in macchina...” non era una richiesta, sembrava quasi un ordine.
Abito a soli due isolati da qui, andrò a piedi...Oh e grazie per la gentilezza con cui me lo hai chiesto” commentò calma.
Sai quanti mal intenzionati può incontrare in due isolati?”
Tanti quanti posso incontrali nella tua auto...”
“Ti sbagli, nella mai auto ce n'è solo uno, in due isolati possono essercene a bizzeffe...”
“Oh, ma certo...che poi ovviamente chi è che non vuole saltarmi addosso e scoparmi. Guardami indosso una mega felpa dei Clash...Woooo è così erotica” gesticolò con le mani.
“Sali in macchina e finiscila...” sorrisi ritenendo quella scena divertente.
Tutti se ne erano andati tranne io, Nick (ovviamente) e Jeane che si era offerta di risistemare il tutto. La stavo aspettando cosicché avrei potuta accompagnarla a casa dal momento che era leggermente sbronza.

Voleva andare a piedi dicendo che era poca strada ma in quelle condizione non volevo che andasse da sola. La conoscevo e sicuramente si sarebbe fermata a qualche bar e avrebbe fatto mattinata insieme a qualche mal intenzionato che gli avrebbe raccontato delle sue love story con ragazzine minorenni conosciute per caso mentre facevano l'autostop.
A lei piacevano quelle storie di uomini ubriaconi e barbuti che in sella alle loro Harley Davidson giravano il mondo per poi incontrare la loro anima gemella e incoronare il loro amore a Las Vegas facendosi sposare da uno pseudo prede vestito da Elivis.

Mi tratti come una ragazzina...” borbottò salendo in macchina.
"Perché è quello che sei”
Ma abbiamo la stessa età!” alzò la voce.
Risi nel vederla arrabbiare.
Che diavolo hai da ridere?!”
Ragazzina...” e l'azzittii per tutto il viaggio.

Arrivai sotto casa sua, parcheggia la macchina e spensi il motore. Ero sicuro che mi avrebbe chiesto di salire ma probabilmente l'avevo fatta arrabbiare così tanto che scese dalla macchina senza neanche salutarmi.
Scesi dalla macchina e la seguii.
Nessuno ti ha chiesto di venire...”
“Vorrà dire che mi auto-invito.”
Non disse nulla, lasciò che le presi le chiavi dalla mano e le aprii la porta. Probabilmente rimase colpita da quel gesto tant'è che rimase ferma immobile dinanzi la porta. “Vuoi rimanere qui fuori e morire di freddo o magari vuoi entrare e parlare difronte a un the caldo?” . Lei rimase attonita e senza dire parola entrò, io la seguii e chiusi la porta.

A me non piace il the...”Eravamo all'ingresso che Jeane aveva arredato in stile Hippie, un po come tutta la casa.
Lo so, mi serviva una scusa per entrare dentro casa tua e vedere se avevi ancora quel grazioso quadro di Jimi Hendrix appeso in camera” posai le chiavi nel porta chiavi e, come se fossi a casa mia, mi diressi in camera sua. Aveva ancora quel quadro appeso in camera. A volte sembra davvero una fottutissima Hippie.
Mi allungai sul letto e la vidi apparire poco dopo e stendersi vicino a me senza dire nulla.
Come stai?”
Come vuoi che stia...”
Era pur normale che Jamie si sarebbe fidanzato prima o poi”
“Avrebbe potuto dirmelo che si stava sentendo con Katie, mi ha nascosto tutto e credo che sia stato questo a farmi sentire uno schifo”
“Non dovresti sentirti uno schifo J., ti conosco da quasi cinque anni oramai e non fai altro che autocriticarti perché gli altri ti manipolano...” e qui mi interruppe.
TU MI MANIPOLI, CAZZO!” urlò.
Risi lievemente, aveva ragione “Lo faccio perché mi piace vederti arrabbiare”.
Sì, ma mi fai sentire uno schifo” aveva gli occhi bassi e stava facendo sentire me uno schifo.
Sc...Scusami” le sussurrai sulle labbra. Lei alzò gli occhi. Quegli occhi color bosco in cui ero sprofondato un po come Alice nel paese delle meraviglie.

Cercai di non darglielo a notare così spostai la mia attenzione sulle sue orecchie. Sì, le sue orecchie. Non avevano nulla di speciale ma potevano essermi utili. Presi una ciocca di capelli che ricopriva l'orecchio destro e gliela portai indietro accarezzando il suo profilo. “Te lo hanno mai detto che hai delle belle orecchie?” finii con il ritrovarmi a pochi centimetri dal suo viso.
Di tutte le cose che potevi dirmi, questa è di certo la peggiore” un sorriso beffardo si appropriò delle sue labbra.
Scusami...” ormai mi ero perso in quel “paese delle meraviglie”.
La seconda volta, in neanche un minuto, che ti scusi con me...” ora sembrava lei a tenere il coltello dalla parte del manico mentre io mi trovavo contro una lama lunga e affilata.
Che ti prende?” mi chiese mostrando un sorriso più dolce.

Non le risposi. Nel “paese delle meraviglie” la sua voce risuonava come il rumore delle gocce d'acqua, come un temporale. L'ho sempre pensato, ho sempre pensato che Jeane fosse una tempesta, una di quelle forti da far paura.
Ora era difronte a me, sorrideva, eravamo soli. Tutto sembrava perfetto.

Non volevo baciarla, anzi non volevo neanche muovermi per la paura di rovinare quell'attimo ma la Jeane brilla la pensava in altro modo e, mentre la mia testa viaggiava nel modo incantato, le mie labbra furono travolte dal gusto di whisky al miele. Era un bacio casto e innocente ma che soffocava dentro di se tutti quei sentimenti che da sempre affollavano le nostre menti.
Quando Jeane lasciò le mie labbra una sfilza di sentimenti ricaddero su di me. Mi sentivo come al primo giorno d'asilo, quando mia madre mi lasciò solo in quello squallore di marmocchi a me sconosciuti. Mi sentii come al mio primo live, avevo paura che qualcosa andasse storto o che finisse male. Mi sentii come la sera del sedicesimo compleanno di Jamie quando lei era stesa al mio fianco e, con la grazia di una bambina, si addormentò.

Afferrai Jeane nel più delicato dei modi e spinsi le sue labbra contro le mie facendole collidere in un bacio più passionale del precedente. Amavo quel fottutissimo sapore di miele.
Cercai di essere sempre più delicato, come se avessi a che fare con un bocciolo di rosa (probabilmente per via del suo profumo).
La portai sotto di me e da lì cominciai a sentire le sue mani sul mio corpo ardere ogni centimetro di pelle che sfioravano. Il rumore dei denti che si scontravano nei baci, i suoi respiri affannati e poi il silenzio di una notte d'amore.

Il profumo delle rose, del miele e il fumo di una sigaretta accompagnavano quel silenzio.

Ora lei dormiva beatamente sul mio petto. Un braccio mi cingeva i fianchi e mi teneva stretto a lei, l'altro era nascosto sotto il suo corpo posato sul fianco destro. Lei sembrava felice, sembrava sempre felice quando mi era accanto. Anche io mi sentivo felice quando lei mi era accanto.

 

Okayokayokay, scusate il ritardo ma non avevo ispirazione e in più la mia connessione fa cagare D:
Comunque, il capitolo mi sembra più lungo dei precedenti e ci troviamo nel “futuro”.
Sì, lo so, tutto questo “presente” e “futuro” mischia le idee (le mischia anche a me...), scusatemi.

Il titolo è un pezzo della canzone “Future” dei Paramore.

Non so, non ne sono molto soddisfatta ma prometto che per il prossimo mi ci metto d'impegno C:
-Peace&Love  

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Capitolo 5
*** San Francisco,Star Wars, Fish and Chips. ***


San Francisco,Star Wars, Fish and Chips.

Ore 18:03.
Stava piovendo.
Di brutto.

Quel giorno era un martedì e, come tutti i primi martedì del mese, mi sarei dovuta incontrare con Jamie al negozio di Gina per scovare qualche novità ma quel martedì, con quella pioggia, decidemmo di restare a casa.

Mi dispiaceva in realtà. Volevo davvero passare del tempo da sola con Jamie. Da dopo la sua festa di compleanno non avevamo avuto più l'occasione di stare soli io e lui. La biblioteca era chiusa per l'estate e quindi la mattina lui rimaneva a dormire nel suo letto ed io...beh io idem.

Poggia delicatamente la fronte sul vetro freddo della finestra della mia camera da letto. Il cielo grigio e quel forte temporale da piccola mia avrebbero spaventata ma con il tempo ho iniziato ad amare l'odore della pioggia, lo scrosciare dell'acqua che bagna qualsiasi cosa gli capiti sotto, il freddo che ti arrossisce la mani, il silenzio squarciato dal tuonare dei lampi.
Sospirai e il mio sospiro appannò il vetro.
C'era una cosa che non piace della pioggia: il fatto che ti costringesse, in qualche strano modo, a restare chiusa in casa se non per casi estremamente speciali.
“Jamie è forse uno di quei casi estremamente speciali che ti costringe ad uscire di casa?” mi chiese la Jeane interiore ma di tutta risposta, la vera Jeane, ammise di essere troppo pigra, anche per Jamie.
Presi il telefono e le mie dita digitarono da sole il numero sulla tastiera.
“Pronto...”
“La noia mi sta divorando.”
Lo sentii ridacchiare. Aveva la risata contagiosa (o forse ero io che ridevo nel sentir ridere gli altri) ed era bella, anche più bella di quella dei bambini.
“A me ha già mangiato una mano, ora sta iniziando a mordicchiare il braccio”

Ci fu un attimo di silenzio, poi presi fiato...
“Verrestiacasamia?misentotantosola,tipregotipregotiprego!” lo dissi tutto in un fiato e con il tono di una mocciosa.
“ J. Mi dispiace ma tra poco dovrei incontrarmi con gli altri per lavorare alle nuove canzoni...Cavolo, è da un'eternità che non passiamo del tempo insieme io e te...” mi dispiaceva che lui fosse dispiaciuto per me.
“E se veniste qui a provare le canzoni? Non c'è nessuno che vi disturberebbe e comunque io non starei da sola, no?!”.
“Sei così disperata da aprire la porta di casa tua a quattro poveri musicisti in cerca di fortuna?!”
“J. Risparmiati i cliché”
Lo sentii ridere. Era bella la sua risata.
“Okay, arrivo in un lampo!” probabilmente il suo “lampo” era un riferimento sarcastico al mal tempo ma ci arrivai solo dopo aver riattaccato.
Dopo circa 20 minuti lo sentii suonare alla porta.
“UN MIO SIMILE, TU SEI UN UMANO COME ME! E' DA TEMPO CHE NON NE VEDEVO UNO!” finsi stupore nel vederlo e mi gettai tra le sue braccia mentre lui, che inizialmente era rimasto quasi inorridito dalla mia reazione, aveva cominciato a ridere.

Jamie.

Appena entrai in casa sua mi gettò le braccia al collo e urlò con stupore “UN MIO SIMILE, TU SEI UN' ESSERE VIVENTE COME ME! E' DA TEMPO CHE NON NE VEDEVO UNO!” rimasi un attimo attonito dalla sua reazione, poi capii che stava scherzando ed inizia a ridere. Jeane riusciva sempre a farmi ridere.
“Sono solo tre giorni che tuo padre è partito per Liverpool e non dirmi che senti davvero così tanto la mancanza di qualcuno vicino a te?!”
“No, cioè sì” e mi fece un sorriso da orecchio a orecchio.
Era contagiosa, tanto contagiosa.
“Beh, dove sono gli altri?” chiese mentre ci sedevamo sul divano.
“Li ho avvisati, saranno qui tra poco”
“E allora noi nel frattempo ci beviamo qualcosa” disse cacciando dalla mano che aveva nascosto dietro la schiena una lattina di birra.
“Sono le sei, magari sarebbe meglio un bel the” dissi imitando il tono di voce di un ricco borghese.
“Mio caro, sei in ritardo per il the” disse avvicinandosi troppo a me. Mi irrigidii, cercai di non darlo a notare, vidi la sua mano tendersi verso di me per poi sfiorare il mio fianco e superarlo per raggiungere infine la chitarra alle mie spalle. L'afferrò e, prendendo le distanze che c'erano prima tra noi due, mi guardò dicendomi “Imparami a suonarla”.
“Pensavo ne fossi capace..”
“Me la cavo...Però voglio essere brava come te, così un giorno avrò una band tutta mia e sarò più ricca e famosa di te!” disse l'ultima parte della frase come una bambina a cui viene chiesto cosa farà da grande.
“Bhe, non che ci voglia molto ad essere più ricco e famoso di me, ora come ora...”
Un sorriso occupò gli angoli delle sue labbra.
“Fammi vedere cosa sai fare..” la spronai ad iniziare.
Posizionò meglio la chitarra sulle sue gambe e poi una mano cominciò a sfiorare le corde mentre l'altra si muoveva agilmente lungo il manico. Riconobbi subito quella melodia, qualsiasi inglese o non l'avrebbe riconosciuta. Era Wish you were here dei Pink Floyd. Era partita bene ed era anche molto brava ma ad un tratto la vidi rallentare fino a fermarsi, poi puntò i suoi due enormi occhi su di me.
“Non ricordo il continuo...uccidimi!” scoppiai a ridere anche se sapevo che per lei era una cosa seria, per quanto seria possa essere considerata una cosa del genere, così decisi di aiutarla. Mi accostai a lei, avvicinai il mio petto alla sua schiena e posai la mia mano sinistra sulla sua accompagnandola così da riprendere la melodia.
“Ora ricordo..” sussurrò lei ma continuai lo stesso ad accompagnare la sua mano sulla chitarra.
Solo al termine della canzone, quando lei si voltò verso di me, mi resi conto di quanto vicini fossimo. Quella vicinanza, adesso, sembrava non darmi fastidio anche se Jeane era chiaramente a disagio. Sorrise, poi abbassò gli occhi continuando a sorridere. Sembrava così dolce. Non seppi cosa fare così allungai una mano e le accarezzai il viso che al mio tocco prese un colorito di un rosa più vivo. Alzò gli occhi ed incontrò i miei. I suoi era i più belli. L'iride ricordava il colore di un bosco in quel periodo tra fine estate e inizio autunno, quando l'alternanza tra piogge e sole rende verdi scuro, quasi marroni, le foglie degli alberi che a mano a mano diventavano sempre più tetre fino a fondersi con il buio della pupilla. Erano belli.
Gli ero talmente vicino da riuscire a sentire il sapore delle sue labbra. Lei aveva chiuso gli occhi, quasi a volersi godere quel momento ma, il trillare incessante della porta, ci fece ritornare con i piedi per terra.

La vidi alzarsi di corsa e dirigersi alla porta fingendo che non stesse succedendo nulla.

Jeane.

Jamie era a pochi centimetri dalla mia faccia. Avevo chiuso gli occhi come quando si ha paura di qualcosa ma non si vuole scappare da quella cosa. Io avevo paura di quello che stava succedendo ma forse non volevo scapparne. Di solito sorrido e non lo do a notare ma ora la distanza tra noi due era davvero minima. I suoi occhi era due pietre di aquamarine incastonate ai lati del naso. Non riuscivo a reggere quegli occhi.
Sentivo il suo respirare sulle mie labbra e per un attimo mi è sembrato di trovarmi davanti le porte del Nirvana ma non ero ancora pronta a quella specie di pace tra corpo e anima, infatti ad impedire tale completamento fu il trillare del campanello. Mi alzai di fretta poggiando distrattamente la chitarra sul divano e dirigendomi alla porta.
                                                                                                                                  ****
“Scusami per ieri...” lui aveva gli occhi bassi.
“E per cosa? Katie è una bella ragazza e mi è anche simpatica, sono felice per te” le sue parole sembravano vere e non dette così tanto per dire.
Lui alzò gli occhi per accertarsi che la sua amica stesse dicendo la verità e quando finalmente i suoi occhi la trovarono lei sfoderò un sorriso a trentadue denti.
In quel moneto avrebbe voluto dirle tante cose, forse troppe, così si limitò ad abbracciarla fra le sue forti braccia che lei vedeva come un riparo dal minaccioso mondo che la circondava.
                                                                                                                                   ****

“Arrivo!”
Per mia fortuna/sfortuna i restanti ¾ delle scimmie mi “salvarono” da qualsiasi cosa stesse per succedere con Jamie.
“Povera Jeane, dimenticata da tutti...” Matt mi aveva letteralmente intrappolata tra le sue braccia in un abbraccio che stava per mozzarmi il fiato se non fosse stato per le spade laser da collezione di mio padre. Mio padre le aveva in bella vista in una parte del salone, era una specie di fan ossessionato di guerre stellari. Quelle era l'unica cosa che mia madre gli aveva permesso di comprare e tenere in casa. Anche dopo che se n'è andata papà non ha comprato più roba del genere, diceva che lo faceva per il mio bene anche se non riuscivo a capire quale male potessero portare nella mia vita dei stupidi gadget di Star Wars.
“Jeane, cazzo, ma sono spade laser!” Esclamò Andy richiamando anche l'attenzione di Matt che sembravano quasi sbavare su quell'ammasso di plastica colorata. “ Posso toccarle?!” esclamarono contemporaneamente
Non capivo tanto entusiasmo da parte loro ma feci spallucce e gli risposi “Certo!”
“Dovremmo lavorare alle canzoni...”
Se ne era stato zitto per tutto il tempo, con la chitarra sulle spalle, fermo sulla porta e solo allora pensai che forse avrei dovuto salutarlo e invitarlo ad entrare.
“Bhe, se rimani immobile sulla porta non vedo come tu possa lavorare alle canzoni...” quello è stato il mio saluto barra “benvenuto in casa mia”. Lui di tutta risposta sfoderò un sorriso, non era finto e neanche forzato, era un sorriso. Si decise a muoversi e si accomodò di fronte a Jamie, infine, con un espressione simile a quella di due bambini a cui vengono tolte le caramelle, anche Matt e Andy raggiunsero il resto della band, lasciando a malincuore quell'ammasso di tubi di plastica colorati.

I ragazzi cominciarono a “lavorare” nonostante i due patiti di film stellari gettassero, di tanto in tanto, delle occhiate alle armi dei cavalieri Jedi... mentre io me ne stavo sulla poltrona cercando di disturbarli il meno possibile. Erano seduti in cerchio e sul tavolinetto al centro della sala avevano poggiato uno di quei tovaglioli da bar tutto stropicciato.
“Un paio di giorni fa ero in un pub e mi è venuta l'ispirazione...” disse Alex cercando di stirare con le mani quel pezzo di carta accartocciato.
All'apice del foglio, con una scrittura quasi cubitale: “Fake Tales of San Francisco”.
Perché San Francisco?” nessuno aveva detto nulla riguardo al testo eccetto la sottoscritta che forse dovrebbe contare fino a 10 prima aprire la bocca e che forse si sarebbe dovuta degnare di leggere il resto della canzone. Era ovvio che la mia domanda fosse rivolta ad Alex nonostante continuassi a fissare quel tovagliolo. Nessuno mi rispose e tutti continuarono a fare quello che stavano facendo così pensai bene di “punirmi” nascondendomi in cucina.
Presi il telefono e pensai di chiamare Sarah. Era in Italia, suo padre era di Napoli e di solito passavano lì parte delle vacanze estive.

Tututu..

“Hey J. Non sai che ti perdi, i ragazzi italiani sono....”
“Sì Sarah, anche tu mi manchi” la troncai subito prima che dalla sua bocca potessero uscire parole poco caste per una ragazza.
“Scusa...” sussurrò “Allora J. Come te la passi?”. Aveva un tono di voce solare, più del solito.
“La solita...Tu piuttosto?” il mio tono, invece, era monotono e insignificante.
“Ci sono dei ragazzi che...” esitò prima di dirlo “Sono dei figoni da paura!” poi sussurrò “mi sono contenuta.”. Risi nell'immaginarmi Sarah che tentava di trovare aggettivi adatti ad esprimere ciò che intendeva farmi capire.
“Bhe tu dovresti spassartela, dovresti chiamare Jamie e poi darci dentro e ...” la interruppi nuovamente prima che cose poco caste potessero essere pronunciate dalla sua piccola bocca che ricordava tanto quella di un pesciolino.
“Sarah, sono una brava e buona ragazza. Non faccio certe!!” assunsi un tono serio che in realtà era sarcastico.
“J. So che Cookie è da te, mi ha chiamato prima che venisse dicendomi che tu sentivi la sua mancanza, lui sembrava quasi agitato. Inutile che lo negate, vi siete presi una bella cotta” era seria, troppo.
“E da quando lavori per il programma Strani Amori?” cercavo di essere simpatica, ma lei rimase seria.
“Jeane!” mi fece capire che non era il momento di scherzare.
“Siamo solo amici, diamine. L'ho chiamato perché era da tempo che non passavo del tempo con lui ma come amici. E poi ora ci sono anche gli altri e io ero talmente di intralcio lì in mezzo che mi sono rifugiata in cucina e ho pensato di chiamarti ma ora tu mi stai facendo il terzo grado e mi sta mettendo ansia e mi stai facendo diventare logorroica.”
“Scusa...” rise “ comunque, qualsiasi cosa accada, basta chiamarmi”. Sarah è sempre stata disponibile con me, tanto che a volte mi veniva da pensare che io non lo fossi abbastanza per lei.
“Intesi e adesso tornatene dai tuoi figoni da paura
“Sicuro...Ci sentiamo J.” e riattaccò.
Guardai l'orologio, erano le 19:00 e un boato quasi disumano, proveniente dal mio stomaco, mi fece capire che forse era l'ora di chiamare la pizzeria ed ordinare qualcosa.
Ritornai in salone per chiede agli altri che cosa prendevano. Erano ancora tutti attorno al tavolo e discutevano, forse, sulla melodia della canzone.
“Ehm, scusate se vi disturbo...ma non avete fame?” nessuno mi considerò, nuovamente.
“Oh bene, allora vorrà dire che prenderò una pizza e mi rintanerò in cucina e vi lascerò fare.” odiavo essere ignorata. Andy lo capì così si alzò dicendomi “Se ordini fish and chips sono dalla tua...”. In realtà avevo tanta voglia di una pizza ma mi abbassai a compromessi, ordinai fish and chips a condizioni che Andy avesse mangiato il mio fish e io mi sarai mangiata le sue chips, oltre che alle mie.
“Voi cosa volete?”
“Vada per il fish and chips” mi rispose Matt. Finalmente un briciolo di considerazione.
Erano le 19.32 e finalmente il ragazzo delle consegne bussò alla porta. Divorai le mie due porzioni di patatine e ne rubai un paio dal piatto di Jamie. Finita la pseudo-cena ritornammo in salotto. Eravamo tutti attorno a quell'insignificante tavolino, che era sia troppo basso per poggiarci sopra i gomito che troppo alto per sederti ed stenderci le gambe sopra, quando mi venne in mente della seconda passione di mio padre: il whisky. Aveva un reparto della dispensa pieno zeppo di bottiglie di qualsiasi forma o dimensione, di qualsiasi modo o provenienza, ma non era alcolizzato o dipendente, ogni tanto ne beveva ma solo quelle poche volte che sentiva la nostalgia della mamma.
Scomparii per cinque minuti senza dire nulla, lasciando gli altri attoniti cercando di capire dove fossi finita e riapparii a loro con delle bottiglie di Jack Daniel's e del whisky al miele, il mio preferito.
“Volete?”
                                                                                                                        .....
Alex
Erano le 2:00 ed eravamo ancora a casa di Jaene. Tutti erano buttati disordinatamente sul divano e sembravano dormire, Jeane era sulla poltrona, accoccolata, dormiva, anche lei. Avevo bisogno di una boccata d'aria così andai in cucina, la attraversai ed aprii la finestra che dava su un piccolo balcone. Sfilai una sigaretta dal pacchetto, l'accesi e assaporai l'aspro del fumo ardermi la gola.
“Potevi fumare anche dentro...” era Jeane. Aveva una maglietta talmente grande da coprirle le cosce ed arrivare fin sopra alle ginocchia, nascondendo così le sue curve, sotto aveva un paio di pantaloncini verde lime, si notavano abbastanza sotto quella mega-maglia bianca.
“Non volevo disturbare” in mano aveva una bottiglia di whisky al miele, da come mi è sembrato di capire le piace ed anche molto.
“Ma voi non disturbate” sorrideva, era innocente, era ubriaca.
La guardai meglio, era poggiata con i gomiti alla ringhiera del balcone, i suoi occhi era puntati sul cielo stellato ed un sorriso innaturale si era appropriato della sua bocca.
“Jeane, secondo te l'amore cos'è?” mi piaceva fare domande del genere a gente incosciente.
Lei si voltò, mi fissò per qualche secondo con fare serio, poi scoppiò a ridere.
“L'amore...per me....Bhe, hai presente il Laserquest, dove hai spade laser e devi simulare una specie di guerra con il tuo avversario?! Ecco per me questo è l'amore, certo poi nel mio caso è una di battaglia persa.” a quel punto abbassò gli occhi, si rivoltò e ritornò a guardare il cielo.
“Si può perdere la battaglia ma si può sempre vincere la guerra....” si rivoltò, mi sorrise.
“Deve esserti passata l'effetto, bevine un po” mi lasciò la bottiglia tra le mani e poi rientrò in cucina.
La vidi ritornare in salone, accoccolarsi di nuovo sulla poltrona, chiedere gli occhi e sorridere come una bambina.
                                                                                                              .....
Jeane.

Socchiusi un occhio per scrutare la situazione ma la folgorante luce del sole che penetrava dalla finestra mi costrinse a richiuderlo. Raccolsi tutte le forze che il mio corpo mal messo aveva in se e con un sol colpo mi sollevai dalla poltrona e spalancai gli occhi. Per un attimo sentii le tempie esplodermi, le gambe mollare la presa e vidi solo il buio davanti a me, poi cominciai a rivedere quell'orribile tavolinetto da ornamento davanti a me e piano piano il salone cominciò ad apparirmi sempre più nitido. Guardai l'orologio a cucù appeso alla parte, erano le 11:10, minuto più o minuto meno. Mi guardai attorno, i ragazzi non c'erano ma un biglietto, scritto da Matt, avvisava che sarebbero dovuti andare a fare dei provini per l'esibizione in un pub.
Mi guardai attorno, sembrava un porcile. Mi diedi forza e cominciai a pulire. C'erano lattine di birra, carta del fish and chips, le spade laser da collezione non erano al loro posto ma bensì era sparse un po ovunque per la sala, c'erano delle bottiglie di whisky e al fianco di una di queste c'era un foglio accartocciato. Lo presi, iniziai a leggere la prima strofa:
Lady, where has your love gone?
I was looking but can't find it anywhere
They always offer when there's loads of love around but, when you're short of some, it's nowhere to be found”
Rimasi seduta sul pavimento, con quel foglio fra le mani per circa cinque minuti. Nella mia testa riuscivo a sentire Alex cantare quelle parole, mi immaginavo il calmo suono di una chitarra accompagnare la sua voce. Mi alzai da terra, piegai il foglio ordinatamente e lo infilai nelle tasche dei mie pantaloncini verde lime, non sapevo se glielo avrei ridato, per il momento era meglio sistemare quello che, con una sera, 4 scimmie ed una Jeane ubriaca avevano combinato, per il resto c'era ancora tempo.

 

I'm come back!
Nono sono morta, i zombie non hanno ancora mangiato il mio cervello e Cell, l'essere perfetto, non è ancora stato ucciso da Gohan. (?)
Comunque, oltre a chiedervi scusa per il ritardo con cui ho postato, non ho nulla da aggiungere.
Alla prossima, sperando di essere più puntuale (:


 

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Capitolo 6
*** Christmas Light. ***


Christmas Light.

Era inverno.

Finalmente mio padre era ritornato a casa dopo il suo soggiorno a Liverpool dallo zio e con se aveva riportato un bellissimo souvenir per la sua figliola. Era una palla di vetro, una di quelle con dentro la neve, per così dire, e intrappolata all'interno della palla una statuina raffigurante una bambina avvolta in cappotto rosso, con boccoli biondi e le guance arrossite dalle “neve”. Dice che mi somiglia, somiglia a me quando era ancora un “cucciola”.

Ho sempre amato l'inverno. Il freddo combattuto dal caminetto al cui interno, come un cuore, pulsa la calda fiamma, le guance arrossite, la neve ed il gioire dei bambini, i maglioni extra-large che ti salvano dal gelo mattutino, lo stare in famiglia, anche se il mio “stare in famiglia” comprendeva passare tutto il giorno con mio padre, e le giornate passate nella taverna di casa Nicholson a rimpinzarci dei miglior dolci natalizi che la madre di Andy si preoccupava personalmente di prepararci. Una brava e buona donna, lei.

Quel pomeriggio, come di consueto, mi stavo dirigendo da Sarah per poi andare insieme da Andy. Suonai al suo campanello immaginandomi già la figura di sua madre che veniva ad aprirmi la porta invitandomi ad entrare in quella calda casa e offrendomi da mangiare ma la mia dolce visione fu distorta dall'apparire di Jamie dietro il portone.
-Oh, Jamie...aspetta, non ho sbagliato casa, vero?!- a quel punto mi venne il dubbio.
-Sbrigati ad entrare e chiudi quella dannata porta che si gela qui!- ma le urla della mia amica mi fecero capire che ero nella casa giusta.
Entrai e rimasi sbalordita alla vista del suo albero di natale, era enorme e ben addobbato, la stella che vi era al di sopra sfiorava il soffitto e le luci nel mezzo sembravano quasi eseguire una danza. Non che il mio albero fosse uno schifo ma confrontato al suo era ben altra cosa, era molto più piccolo e le luci, oltre che accendersi e spegnersi, non facevano alcun tipo di “danza” speciale.
Jamie mi fece ritornare con i piedi per terra facendo svanire nella mia mente l'immagine del mio miserabile albero di natale -Ha la sindrome premestruale, non prendertela- mi sussurrò in un orecchio.
-Ti ho sentito, sai?! E se non ti sbrighi a portarmi quelle dannate forbici la farò venire a te la sindrome premestruale!-
Non riuscivo a capire il motivo di tanta agitazione ma fatto sta che trovai il tutto alquanto divertente. Stava cercando di incartare un regalo.
Sarah non era un asso con carta da regali e forbici e notai che era in netta difficoltà così, dopo essermi fatta una grassa risata alla vista di quello scenario, mi avvicinai al tavolo dove sedeva per aiutarla.
-NO! NON TI AVVICINARE! Non puoi guardare- mi urlò Sarah.
Mi spaventai e, a pochi passi dal tavolo, mi bloccai sollevando le mani come un ladro difronte ad un poliziotto.
-Okay, qualcuno che mi spieghi cosa sta succedendo...- non era una domanda ma un obbligo, odiavo non sapere cosa stesse succedendo attorno a me e onestamente lo odio tutt'ora.
A quel punto Jemie mi cinse i fianchi con un braccio e allontanandomi dal tavolo e facendomi sedere sul divano, il più lontano possibile da Sarah, cominciò a spiegarmi – è per quella storia del Babbo Natale segreto, per questo è nervosa e non vuole che le stiamo accanto, per non farci vedere il suo regalo- sussurrò con voce così bassa che quasi non riuscii a capirlo, era ovvio che non volesse farsi sentire da Sarah.
Quell'anno avevamo progettato di organizzare il Babbo Natale segreto e ognuno di noi aveva pescato un fogliettino con il nome della persona a cui dover fare obbligatoriamente un regalo da nascondere poi negli armadietti della scuola, o nella sua cassetta della posta, o dentro la sua borsa quando era distratto...Poi i regali li avremmo aperti tutti insieme a casa di Andy la vigilia di Natale e lì avremmo cercato di indovinare chi era il nostro Babbo Natale segreto.
Sul mio fogliettino c'era scritto “Sarah” e ciò mi rallegrò enormemente perché conoscendola da più tempo degli altri sapevo cosa le piaceva. Dalla reazione di Sarah pensai che, come io fossi il suo Babbo Natale segreto, lei sarebbe stato il mio, ma il futuro mi sbeffeggerà in faccia una visione dei fatti alquanto differente.
Avevo pensato di regalarle un carillon, uno di quelli con quelle ballerine che non la smettono mai di piroettare su se stesse.
Quando eravamo più piccole ne avevo uno simile, era il mio ma a lei piaceva e così decisi che glielo avrei regalato per il suo decimo compleanno ma un mese prima mi cadde a terra e lo ruppi in mille pezzi. Ci rimasi malissimo, non per il carillon perché poi non è che mi piacesse così tanto, ma perché mi ero promessa che l'avrei regalato alla mia amica e non avevo mantenuta la promessa. Dopo quasi sette anni dall'accaduto potevo riparare a quella promessa grazie al negozio di antiquariato in cui ho ritrovato lo stesso ed identico carillon che un tempo apparteneva a mia nonna. Speravo solo che lo desiderassi ancora.

 

**

Il buio che inglobava la camera stava mano mano lasciando spazio all'alba. Lei era avvolta in un maglione, era rosso come il natale con su ricamati fiocchi di neve bianchi e qualche renna, tipico maglione natalizio. Tra le mani una palla di vetro con dentro la “neve” ed una bimba, quella portava un cappotto rosso come il natale, anche lui, e aveva capelli biondi con dolci boccoli e le guance arrossite dal freddo della “neve”.
Lui era vicino a lei ma dormiva beatamente e sembrava raffigurare quanto di più nobile e dolce ci fosse in natura.
Lei avrebbe voluto che quel momento durasse per sempre.

**

Finalmente arrivò la vigilia di natale e la sottoscritta osò infrangere le regole del Babbo Natale segreto facendo un regalo in più del dovuto. Di fatto, oltre al regalo di Sarah, il quale glielo avevo nascosto nel suo cassetto dell'intimo mentre lei era nel bagno di casa sua, avevo comprato un regalo anche a Jamie.
Non era proprio un vero e proprio regalo calcolando che l'ho pagato quasi meno di due sterline ma alla fine è il pensiero che conta.
Dissi a Jamie di passare a casa mia prima di andare da Andy perché non volevo andare da sola, in realtà era perché volevo dargli il mio regalo e non volevo nasconderglielo perché di conseguenza non volevo che lo aprisse davanti a tutti.
Stavamo camminando lungo un viale quando gli chiesi -Pensi che sia contro le regole essere il Babbo Natale segreto di due persone contemporaneamente, anche se poi, per la seconda persona, non è proprio segreto?-
-Bhe, non ci ho capito molto ma credo che non è contro le regole dato che è impossibile essere il Babbo Natale segreto di due persone dal momento che tutti abbiamo pescato un solo nome-
-Ah, allora vorrà dire che questa scatolina con su scritto “Per Jamie” la prenderò io e tu, che potevi avere due regali, ne riceverai solo uno- dico con sarcasmo prendendo la scatolina contenente il regalo da dentro la borsa.
-Jeane! Non dovevi...Non se non eri il mio Babbo Natale segreto...Però il regalo lo prendo lo stesso- disse sfilandomi di tutta fretta la piccola scatola dalle mani.
-è un regalo banale ma ho pensato che potesse piacerti-
Dentro la minuscola scatolina c'era un plettro color turchese con una J disegnata sopra, era un plettro ma poteva essere anche una collana.
-Sai, l'ho comprato da quel venditore ambulante vicino al ristorante cinese...Volevo che passasse anche lui un buon natale anche se pensandoci il mio misero regalo non l'avrà di certo arricchito...-
Stavo camminando osservando le vetrine lungo il viale e non mi resi conto che lui fosse rimasto fermo dietro a me.
-Insomma se non ti piace puoi anche ridarmelo, non serve che ti fermi in mezzo al marciapiede come una statua di bronzo-. Allora si decise a parlare -Grazie J.- mi raggiunse con una misera corsa e mi abbracciò.
Improvvisamente non sentivo più freddo e sembrava che le luci natalizie si fossero trasformate in canditi fiocchi di neve che cadevano debolmente su di noi. Quell'abbraccio, lo stringermi di Jamie tra le sue braccia, quello per me fu il miglior regalo di natale. Mi sentii come se avessi ritrovato la mia “casa”, il mio “essere”, mi sentivo...Felice, più del normale.

**

Un caminetto ospitava al suo interno una viva e calda fiamma, il notiziario parlava di quanto, in quell'anno, le persone avessero speso per i regali natalizi, una silenziosa e bianca neve scendeva dal cielo che poteva essere scorto dalla finestra che dava sul giardino. Lui era in cucina, aveva preparato una tazza di the e una cioccolata calda che avrebbe portato a lei.
Lei lo aspettava in salotto, con quel maglione rosso accompagnato da pantaloncini blu e un paio di infradito.
-Potevi metterti un paio di calzettoni della nonna che arrivano fin su le ginocchia, sai con quest' outfit sarebbero stati perfetti...- disse lui porgendogli la sua cioccolata calda.
-Turner io non critico il tuo bizzarro taglio di capelli, tu non criticare i mie bellissimi pantaloncini, grazie!- ripose lei in un gesto teatrale afferrando la sua cioccolata.
Lui rise, si allungò poggiando la sua testa sulle gambe di lei che iniziò ad accarezzargli quel “bizzarro taglio di capelli”.
-Buon natale, Jeane- sussurrò lui guardandola negli occhi.
-Buon natale a lei, signor Turner- rispose lei con un sorriso.

**

Arrivati a casa di Andy nessuno aveva realmente fame o voglia di giocare a Monopoli, bensì aspettavamo tutti ansiosamente di aprire i nostri regali e scoprire chi fossero i nostri Babbo Natali segreti. Io ero fermamente convinta che il mio fosse Sarah.
Ne ero sicura perché avevo trovato il mio regalo dentro la mia borsa dopo essere stata al bagno con lei anche se la carta da regalo che lo rivolgeva non era la stessa che vidi quel giorno a casa sua ma pensai che l'avesse cambiata per non farsi scoprire.
Arrivò finalmente il momento di scartare i regali. Cominciò Andy che sembrava il più ansioso, nel suo pacco c'era un calendario hot e tutti ci girammo verso Matt.
-Sei così prevedibile...Ma grazie comunque Helders- disse Andy dando una pacca sulla spalla di Matt che gli rispose con un largo sorriso.
Poi toccò allo stesso Matt, nel suo pacco c'erano due bacchette che per me erano solo due semplici bacchette di legno ma qualcosa di speciale dovevano pur avere dal momento che Matt gioiva come un bambino che aveva appena ricevuto il regalo che aspettava da tempo. Non riusciva a capire che gli avesse fatto quel regalo ma la carta che lo avvolgeva mi era familiare. Era Sarah il suo Babbo Natale e lui lo capì solo dopo un attimo di accurata riflessione (per così dire).Sarah scartò il suo regalo e capì subito che ero io il suo Babbo Natale, era eccitata per il carillon ed ero felice che ancora le piacesse.
A quel punto mi preoccupai, rimanevamo solo io, Jamie e Alex.
“Prima le donne” pensai e così mi incoraggiai ad aprire il mio regalo.
Era un maglione, rosso come il natale con su ricamati fiocchi di neve bianchi e qualche renna, tipico maglione natalizio. Il mio sguardo ciondolava da Alex a Jamie domandandomi chi dei due fosse stato.
-Mi arrendo, non so chi dei due sia stato ma deve essersi intrufolato nel bagno delle ragazze perché è li che l'ho trovato- esclamai alzando le mani.
-Sarah è stata mia complice-
Quella voce risuonò nella mia testa e io ne rimasi imbambolata come la prima volta che la sentii.
-Grazie- farfugliai sentendomi stupida. Era davvero grazioso, il maglioncino intendo ed era come se mi sentissi in debito con lui nonostante fosse solo un regalo.
Poi finì che Jamie era il Babbo Natale di Alex e gli aveva regalato l'ultimo album degli Strokes, mentre Andy, per esclusione, era il Babbo Natale di Jamie, gli aveva regalato una cornice con una foto di loro due di quando era piccoli, era così dolci e cuccioli.
Dopo aver scartato i regali l'ansia si placò e tutti cominciarono a mangiare, a giocare, a bere e fumare. Avevo cominciato a fumare anche io in quel periodo ma non ero una grande fumatrice, fumavo qualche sigaretta qua e la quando capitava.
Una nebbia di fumo ricoprì in un istante la sala ed io non sopportavo quel forte odore così uscii a prendere una boccata d'aria.
Quella fu una “mossa sbagliata” per me.
Rimasi ferma sulla soglia della porta osservando il cielo scuro ricoperto di qualche nuvola. Dopo un attimo vidi Jamie comparire vicino e gli feci un sorriso. -Eravate così dolci in quella foto- dissi facendo una vocina stridula.
Lui rise concludendo la risata in un sorriso. Ci fu un attimo di imbarazzante silenzio, era tutto abbastanza strano, tanto strano da costringermi a piantare lo sguardo per terra e sentirmi tremendamente a disagio.
Forse questo fu per lui un punto a vantaggio. Il fatto che per qualche motivo mi sentissi ““intimidita”” dalla sua presenza lo fece sentire in qualche modo sicuro di se, tanto da spingersi ad avvicinarsi a me, ad alzarmi il mento “costringendomi” a guardarlo negli occhi e ad appoggiare le sue labbra sulle mie, screpolate dal freddo. Non fu un vero e proprio bacio ma, sebbene non sembri, non ero stupida e ben capivo le emozioni e i sentimenti che quel gesto voleva esplicitare.

Quel “““bacio””” durò sei secondi precisi. Sì, li ho contanti e non perché fossi una psicopatica ma perché quei sei secondi li stavo aspettando e temendo da tempo ed erano una delle cose che più mi spaventavano ed eccitavano contemporaneamente. Sapevo che da quei sei secondi sarebbe dipeso il mio rapporto con Jamie, l'unica persona che in poco tempo era riuscita a conoscermi per quello che ero e sono, l'unica persona a cui mi ero legata così tanto da organizzargli una festa a sorpresa che io tanto odiavo e tutto ciò senza che me ne accorgessi perché era successo tutto con una tale naturalezza che per me sembrava quasi ovvio voler bene a Jamie e fare per lui anche cose che di norma non amavo fare.
Era davvero terrorizzata da ciò che sarebbe potuto accadere.

Scusatemiscusatemiscusatemi, non sono morta e non mi sono dimenticata di voi ma la scuola mi sta rubando davvero tanto tempo.
Avrei voluto scrivere di più e postare prima il capitolo ma niente...Questo è quanto.
Scusatemi ancora.

 

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