Don't Say A Word

di SimmyLu
(/viewuser.php?uid=8821)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** LA SERA ***
Capitolo 2: *** LA TIGRE ***
Capitolo 3: *** IL GUFO ***
Capitolo 4: *** LA TRISTEZZA ***
Capitolo 5: *** I SOGNI ***
Capitolo 6: *** L'AGNELLO ***
Capitolo 7: *** LA FOGLIA ***
Capitolo 8: *** L'INCONTRO ***
Capitolo 9: *** MEZZANOTTE ***
Capitolo 10: *** RICORDI ***
Capitolo 11: *** FUOCO ***
Capitolo 12: *** IL PATTO ***
Capitolo 13: *** IL GATTO ***
Capitolo 14: *** PIPISTRELLO ***
Capitolo 15: *** MATTINA ***
Capitolo 16: *** L'ALBA ***



Capitolo 1
*** LA SERA ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...




Capitolo Primo: LA SERA


Forse perché della fatal quiete
Tu sei l’immago a me sì cara vieni,
O Sera!

[Ugo Foscolo, "Alla Sera"]





Così come il Sole si ritira dietro l’orizzonte trascinando silenziose le ombre sempre più sottili e lunghe, deformando forme ed oggetti in improbabili mostri crepuscolari, così le piccole bestie diurne si eclissano previdenti per evitare il terrore delle fiere che si muovono solo nelle tenebre.
Ma nell’acqua c’è sempre il pesce che nuota contro corrente; per spirito d’intraprendenza o semplice stupidità.
Un piede nudo davanti all’altro, una figura scura avvolta in un lungo mantello avanzava veloce sulla salita d’erba umida al cui culmine si stagliava imponente, contro il cielo del tramonto, il castello di Hogwarts.
Proveniva dalle oscurità della Foresta Proibita e sembrava trascinare con se il buio delle fronde scure degli alberi, cosa assolutamente innaturale.
Sotto i piedi scalzi era piacevole il contatto con il verde umido e il muschio sopra le pietre; e la figura nera avanzava senza esitazione verso la scuola, precisa e sicura come la sua meta.
Quando il suo percorso si fece meno ripido, aumentò l’andatura cominciando a correre furtiva, lasciando che l’orlo del mantello carezzasse incurante l’erba calpestata dai piedi candidi.
Era sempre piacevole percorrere la salita che portava al castello a quell’ora della sera; ed era sempre piacevole andare ad Hogwarts, il viaggio generava una strana ed indecifrabile eccitazione.
Ed anche paura. Sottile come la lama di un coltello, ma altrettanto affilata e letale; l’amava per questo.
Adorava quella sensazione elettrizzante perché sapeva che ne aveva il controllo, anche se non totale.
Scese da una piccola altura per attraversare il sentiero velocemente, scivolando silenziosa sulle rocce bagnate dall’umidità.
Avvolta nel lungo mantello nero, la figura dai piedi scalzi si affrettò verso le mura del castello attraversando uno spiazzo al cui centro vi era una piccola statua; oltrepassò la scultura consunta e, superate le pietre, si ritrovò sul prato verdeggiante che scendeva ripido ad incontrare uno dei muri del castello.
Scivolò ancora seguendo l’andatura del terreno e successivamente spiccò un salto che le fece scivolare all’indietro il cappuccio del mantello rivelando un lunga capigliatura corvina e permettendole di raggiungere un’angusta finestra ben conosciuta.
Come se il tempo avesse rallentato i suoi battiti vitali, lentamente e con grazia entrò nella stanza proprio grazie a quella finestra lasciata appositamente accostata.
Si sedette silenziosa sul piccolo davanzale interno della camera, le mani composte sul grembo; il mantello, troppo grande per la sua figura minuta, aveva l’interno rosso e faceva risaltare l’abito niveo che, con negligenza, copriva le fattezze di una giovane e bella donna.
Non disse nulla, limitandosi a starsene lì seduta in silenzio osservando l’uomo seduto alla scrivania, intento nel suo lavoro.
Non c’era bisogno di parlare, perché lui sentiva.
Lui sentiva sempre.
Sapeva già che era arrivata, anche se non aveva fatto alcun rumore.
Il camino della stanza era spento e l’unica fonte di luce erano poche candele sul tavolo su cui l’uomo dai capelli neri scriveva concentrato e la debole luminescenza proveniente dall’angusta finestra aperta.
«Chiudila o congelerò.» disse senza distogliere lo sguardo dalle pergamene sotto il suo naso.
La donna vestita di bianco scese dal davanzale appoggiando delicatamente i piedi nudi sul freddo pavimento, si girò e chiuse la finestra per poi andarsi ad accomodare su una vecchia poltrona vicino ad un secondo tavolo da lavoro sul quale borbottavano e sbuffavano numerose ampolle di forme diverse e dai contenuti altrettanto vari e curiosi.
C’era anche un interessante meccanismo formato da tubicini di vetro trasparente che si articolavano in più percorsi prima di far gocciolare, ad intervalli regolari, il loro contenuto all’interno di una bottiglia panciuta dalla quale proveniva in vago odore di zolfo.
«Se hai freddo, perché non accendi il fuoco?» domandò la giovane donna tirando verso di se le ginocchia e abbracciandosi le gambe in modo che i piedi poggiassero sull’orlo della poltrona.
«Non esageriamo.» rispose l’uomo dando una rapida occhiata alla sua ospite.
Sembrava una ragazzina nel fiore degli anni, coi capelli lisci e selvaggi e i piedi un po’ sporchi d’erba e fango sembrava un elfo appena uscito dal bosco; guardandola non le si poteva dare più di vent’anni.
Ma lo sguardo dell’uomo non si soffermò su di lei quanto sulla voluminosa borsa che portava sotto il mantello.
«Mi hai portato quello che ti ho chiesto?» domandò sbrigativo prima di tornare a scrivere su una lunga pergamena giallo pallido, ma non c’era bisogno di chiederlo, conosceva la risposta.
«Certo. Da quando mi ritieni così poco affidabile, Severus?» disse la ragazza in tono confidenziale, senza scomporsi.


[…] e mentre io guardo la tua pace dorme
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

[Ugo Foscolo, "Alla Sera"]




Fine Primo Capitolo.



N.d.A.: Salve a tutti! Questa è la mia prima fanfiction su Harry Potter e spero che non risulti una vera schifezza! Ci sono molto affezionata perché vaga fra le idee delle cose da scrivere da un bel po’ di tempo… tanto che nella mia testolina malata si è già tutta delineata! L’unica cosa su cui io e la mia testolina siamo un po’ in dubbio è la fine… ci sono due idee un po’ diverse, ma siamo solo al primo capitolo e pensare alla conclusione mi sembra prematuro. Veniamo alle cose serie (si fa x dire!).
Al fondo di ogni capitolo ci sarà una mia nota (come questa appunto!) denominata “N.d.A.”
Potete benissimo saltarla se non vi interessa, ma se volete approfondire le curiosità della fic ve la consiglio! Ecco alcune delucidazioni sul primo capitolo.

# I nomi: utilizzerò i nomi della traduzione italiana, so che alcuni preferiscono quelli originali, ma sinceramente penso che facendo in questo modo nessuno avrà difficoltà di comprensione (me inclusa!).

# La finestra: so bene che lo studio di Piton è nei sotterranei e di conseguenza l’esistenza di una finestra che dia sull’esterno è alquanto improbabile se non impossibile (magia a parte!), ma mi pare che nel 2° film questa esista (!!!). Quindi mi sono spiegata la faccenda in questo modo: probabilmente il terreno ha un inclinazione particolare in quel punto così che il livello del terreno sotto la finestra sia più basso rispetto al resto di Hogwarts. E poi anche se non fosse stato così, questa finestra a me serve (!!) quindi non facciamoci troppe domande…

# Harry Potter (C) J.K. Rowling

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** LA TIGRE ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Secondo: LA TIGRE


Tyger! Tyger! Burning bright
In the forest of the night
What immortal hand or eye
Could frame thy fearful symmetry?

[W. Blake, “Tyger”, dalla raccolta “Songs of Experience”]




‹‹Da quando mi ritieni così poco affidabile, Severus?›› disse la ragazza in tono confidenziale, senza scomporsi.
‹‹Non ho detto questo.›› rispose pacato l’uomo dai capelli neri tornando alle sue pergamene; dal curioso marchingegno formato da vari tubicini cadde una goccia con un rumoroso - plic!- dentro la bottiglia panciuta che pareva attendere famelica il prossimo boccone, emettendo uno sbuffo inquietante. La ragazza non badò alle parole del suo interlocutore e si perse ad osservare il meccanismo di quell’oggetto: sopra un fornellino acceso bolliva un pentolino dal dubbio contenuto, il quale, evaporando, andava a condensarsi nel percorso formato da tubi sottili che riversavano ad intervalli regolari il loro contenuto nella bottiglia tonda.
‹‹Cos’è?›› chiese la giovane alzandosi, incuriosita dal vapore colorato che attraversava i tubi contorti in varie spirali.
‹‹Non toccare.›› le disse seccato Severus senza abbandonare con lo sguardo la pergamena sotto il suo naso.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, si voltò e poggiò la sua grossa borsa sulla vecchia poltrona su cui era stata seduta poco prima, per poi avvicinarsi alla scrivania, dove l’insegnante di Pozioni di Hogwarts scriveva così concentrato, e fermarsi alle sue spalle. Come se nulla fosse Severus continuò il suo lavoro senza curarsi di lei.
La giovane si chinò un poco per osservare le pergamene da dietro la schiena di lui. Il lungo foglio giallognolo era ricoperto dalla calligrafia minuta del professore; ma non si riusciva a leggere l’intestazione perché la pergamena s’era arricciata coprendo le prime righe.
‹‹Che cosa stai scrivendo?›› chiese mentre faceva scorrere le mani dalle spalle al petto di lui in un languido abbraccio, avvicinando la guancia sinistra alla sua.
Piton alzò un poco la testa e fu il suo turno di alzare gli occhi al cielo.
‹‹Il programma.›› rispose gelido ‹‹E se la smettessi di distrarmi finirei molto in fretta. Come mai sei venuta così presto?!››
‹‹Perseo, Perseo… come sei scontroso questa sera.›› disse sussurrandogli le ultime parole all’orecchio, scostandogli i capelli dal viso, ‹‹Non sei forse contento di vedere la tua Andromeda?›› e le sue labbra sfiorarono la pelle pallida del collo di lui.
‹‹Allontana-immediatamente-la-tua-bocca-dal-mio-collo.›› ordinò infastidito Piton celando il brivido procurato da quelle labbra gelate.
La ragazza sbuffò, la sua provocazione, come al solito, non era andata a segno; si diresse verso la vecchia poltrona e prese la sua borsa che aveva l’aria di essere evidentemente piena e di conseguenza molto pesante, ma che sollevò con molta facilità.
‹‹Parliamo d’affari, allora.›› disse stanca.
‹‹Un secondo…›› il professore scrisse le ultime righe e finalmente arrotolò e mise da parte la pergamena; l’oscurità della notte stava calando inesorabile, dalla finestra non proveniva quasi più quella luce fioca del tramonto che aveva accompagnato l’entrata della ragazza nella stanza.
La giovane cominciò, seduta sulla sedia posta davanti alla scrivania, ad estrarre dal suo voluminoso fagotto dei piccoli pacchetti e numerose bottigliette dai contenuti colorati: alcune erano sottili e lunghe altre più minute e tondeggianti.
‹‹Ecco.›› disse quando ebbe finito ‹‹C’è tutto, ma se non ti fidi puoi controllare…›› ed estrasse, sempre dalla sua borsa, un foglio di pergamena tutto spiegazzato su cui era scritto un fitto elenco.
‹‹Non sai quanto sia stato difficile trovare… ma come si chiama?… Ah, sì, la povere di Sedum… una vera seccatura!›› aggiunse con enfasi.
Piton non fece una piega limitandosi ad ascoltare mentre, aiutandosi con la levitazione, metteva in ordine pacchetti e fialette.
‹‹…senza contare che il mio fornitore di Parigi mi deve una cifra spropositata…›› disse ancora la ragazza appoggiando i gomiti sulla scrivania e la faccia sulle braccia incrociate ‹‹…un’altra seccatura. Per fortuna, tu paghi in anticipo…››
‹‹Dove trovo altrimenti lo sconto del 15% che invece mi fai tu?›› chiese ironico Severus tornando a sedersi alla scrivania che, illuminata dalle candele, dava l’impressione di un’isola sperduta nel buio che ormai regnava nella stanza.
‹‹Cosa vuoi farci? Dopotutto, gli affari sono affari.›› rispose.
‹‹Mi sembra giusto.›› tagliò corto lui ‹‹Allora, come mai così presto?››
‹‹Il giro è lungo questa sera, ho parecchio da fare ultimamente.›› rispose con noncuranza la ragazza vestita di bianco.
‹‹Quel mantello è grande o sbaglio?›› osservò con vago disappunto Piton.
‹‹Oh, sì, non è mio.›› rispose la ragazza come se se ne fosse appena accorta ‹‹L’ho preso… in prestito… ieri sera.››
‹‹Ieri sera?››
‹‹Una festa…››
‹‹Una festa.›› ripeté Piton come per dire che sapeva bene di che cosa stavano parlando.
‹‹Oh, non fare quella faccia! Non ti devi preoccupare, non è morto nessuno… almeno credo. Siamo attenti a queste cose adesso! Trovo che avere la polizia babbana, per non parlare di voi, tra i piedi sia una totale scocciatura!››
Un’altra goccia cadde dentro la bottiglia panciuta emettendo un nuovo sbuffo conquistandosi nuovamente l’attenzione della ragazza che subito si voltò.
‹‹Sai, Dora…›› disse Severus approfittando della pausa per cambiare discorso ‹‹Ho fatto di nuovo quel sogno.››
La ragazza si voltò nuovamente verso di lui: ‹‹Quello degli elefanti?›› chiese.
Il professore annuì pensieroso.
Una raffica di vento fece tremare lievemente i vetri della finestra.
‹‹Quando arrivano i ragazzini?›› chiese improvvisamente.
‹‹Domani.›› rispose Piton con una punta di fastidio.
Dora socchiuse gli occhi e sorrise: ‹‹Silente ti ha di nuovo rifiutato la richiesta per la cattedra di Difesa, vero?››
Severus annuì ancora, svogliatamente.
‹‹Sei perseverante.›› disse la ragazza socchiudendo di nuovo gli occhi come per vedere meglio.
Severus percepì una sorta di prurito alla fronte, come se una piuma lo stesse solleticando.
‹‹E tu una ficcanaso! Smettila, mi da fastidio, lo sai.››
‹‹Tanto lo sai che non riesco a leggere i tuoi pensieri.››
‹‹E allora perché continui a provarci?›› chiese infastidito.
‹‹Mi piace punzecchiarti.››
‹‹Vuoi che ti trasfiguri in un bel gatto con un campanellino al collo?›› chiese ironico Piton.
‹‹Non disturbarti, me ne sto andando.›› disse alzandosi ‹‹Sei tremendamente irritabile.››
Dora prese la sua borsa e si avviò verso l’angusta finestra da cui la sua esile figura era riuscita a passare; Severus era veramente intrattabile in alcuni momenti e scherzare troppo avrebbe comportato gravi conseguenze. Ma era proprio questo il bello, secondo lei… Così succedeva spesso che la ragazza prendesse e se ne andasse di punto in bianco. Non che a Piton dispiacesse…
La giovane si issò sullo stretto davanzale, ma un momento prima di balzare fuori, si girò verso l’uomo dai capelli neri, sorridendogli come per sfida: ‹‹Mi raccomando, chiudila questa finestrella… Non vorrai che un vampiro venga a farti visita nel cuore della notte?!››
‹‹Non ci provare nemmeno. E sparisci.›› sibilò Piton.
Dora sorrise beffarda e in un lampo si inabissò nella notte.


[…]
What the hammer? What the chain?
In what furnace was thy brain?
[…]
Did He smile his work to see?
Did He who made the Lamb made thee?
[W. Blake, “Tyger”, dalla raccolta “Songs of Experience”]



Fine Secondo Capitolo.



N.d.A.: Salve a tutti! Come vi sembra questo secondo capitolo?

# La poesia: per chi non conoscesse la poesia di Blake, o comunque avesse poca familiarità con l’inglese (specialmente con qualcuna delle forme arcaiche presenti nel componimento), mi accingo tradurvela (che presunzione!):

"Tigre! Tigre! Fiamma iridescente
Nelle foreste della notte
Quale mano o occhio immortale
Possono aver creato la tua spaventosa simmetria?"
[…]
"Quale martello? Quale incudine?
In quale fornace fu (creato) il tuo cervello?"
[…]
"Ha Lui riso guardando il suo operato?
E' stato Colui che creò l'Agnello a creare te?"

# Perseo: Dora chiama così Piton per una ragione precisa che però non posso svelare! In ogni caso questa idea non viene fuori dal nulla, ma dal fatto che la Rowling gioca molto sugli anagrammi e sul significato mitologico dei nomi; infatti il nome originale di Piton (Severus Snape), anagrammato risulta essere Perseus Evans. Perseo è il nome di un eroe greco figlio di Zeus e Danae(fecondata dal padre degli dei sotto forma di pioggia d’oro); egli uccise Medusa e con la testa di lei pietrificò Atlante e liberò Andromeda, poi sua sposa.

# Andromeda: la sua bellezza fu esaltata più di quella delle Nereidi(ninfe del mare) e per questo l’irato Poseidone la espose su uno scoglio ad un mostro marino.

# Sedum: pianta grassa molto bella, in fiore per la maggior parte dell’estate e dell’autunno.

# Harry Potter (C) J.K. Rowling

# x Shizuka [girlfromars]: che piacere ritrovarti anche qui! Sono felice che l'inizio ti sia piaciuto, spero che continuerai a seguire la storia, grazie del tuo commento!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** IL GUFO ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Terzo: IL GUFO


Sous les ifs noirs qui les abritent,
Les hiboux se tiennent rangès,
Ainsi que des dieux ètrangers,
Dardant leur oeil ruoge. Ils mèditent.

Sans remuer ils se tiendront
Jusqu’à l’heure mèlancolique
Où, poussant le soleil oblique,
Les tènèbres s’ètabliront.

[C. Baudelaire, "Les Hiboux", dalla raccolta "Les Fleurs Du Mal"]





Il vento la faceva da padrone, ormai, sibilando presuntuoso attraverso gli spifferi delle finestre, facendo vibrare i vetri e sospirare il castello che ospitava la scuola di magia e Stregoneria d’Inghilterra. Le nuvole scura venivano sfilacciate come stracci vecchi e logori scoprendo una luna piena e luminosa.
Un lupo ululò in lontananza, emettendo un verso lamentoso e prolungato come una preghiera di dolore.
Una raffica di anomala potenza fece tremare con più insistenza le fronde della Foresta Proibita procurando non pochi problemi al volo della sagoma scura di un gufo che, in maniera molto temeraria, cercava di mantenere la rotta.
Il volatile si interpose fra il castello e il cerchio pallido della luna attraversandolo velocemente come una macchia.
Faticosamente, ondeggiando come un’imbarcazione in balia delle onde, l’animale riuscì a raggiungere una spiazzo relativamente esteso sul quale erano state disposte a cerchio dei grossi lastroni di pietra in verticale; il gufo si posò su uno di questi. Nel becco stringeva una busta spiegazzata e il suo petto s’alzava e abbassava velocemente, le piume arruffate.
Una nuova raffica di vento e polvere costrinse la povera bestia a chiudere gli occhi e ad aggrapparsi alla roccia meglio che poteva, poi, non senza evidente fatica, prese di nuovo il volo, proseguendo verso Hogwarts attraverso un cigolante ponte di legno.
Volava praticamente rasoterra, stremato dal lungo viaggio.
Superato il ponte, attraversò un cortile, evitò il grosso pendolo e si infilò con incerta destrezza dietro il grosso portone di legno, giusto un attimo prima che Gazza lo chiudesse.
Mrs. Purr spalancò gli occhi notando il volatile sbatacchiare in maniera convulsa, perdendo penne e piume a destra e a manca.
Nessuno a parte la grossa gatta si era accorto del gufo: non Piton, che emergeva dalle scale che portavano ai sotterranei, non il fantasma del Barone sanguinario che fluttuava nei suoi pressi e stranamente nemmeno Silente che, con espressione assorta, stava scendendo dalla scalinata principale.
Individuato il destinatario della lettera, il volatile diresse la sua insicura rotta verso di lui, in modo che finalmente tutto potesse finire, senza badare a chi o cosa si trovasse sul suo cammino.
Fu così che Piton ebbe appena il tempo di voltarsi, sentendo un frullare d’ali sempre più vicino, e lasciare un’imprecazione a metà prima che la sua fronte avesse un incontro ravvicinato con un oggetto volante non ben identificato.
Quello che seguì fu tanto veloce quanto confuso: Piton barcollò, ma non cadde; il gufo invece, la cui caratteristica peculiare pareva essere l’instabilità, fece svariate capriole in aria, rovinando infine sul pavimento, alla base delle scale.
Mrs. Purr fece qualche passo verso il volatile, pregustando uno spuntino inaspettato.
Dal canto suo il povero gufo aveva capito ben poco di quello che era successo; giaceva a zampe all’aria, le ali distese a terra, stravolto, ma nel becco era fermamente serrato sulla busta, o quello che ne rimaneva.
Prima che la grossa gatta potesse realizzare il piano del pranzetto fuori programma, Gazza la richiamò al suo fianco e Silente gli si avvicinò.
«Povera bestiola!» disse chinandosi per esaminarne le condizioni.
«Po..Povera bestiola??» disse Piton in tono ironico e pungente, portandosi una mano alla testa «Io… sono IO che sto sanguinando!» concluse voltandosi verso il preside mostrandogli il sottile rivolo di sangue sulla fronte.
Silente prese delicatamente il gufo sollevandolo dal pavimento.
«E’ stremato…» diagnosticò togliendogli la busta dal becco «il vento deve essere molto forte…» aggiunse sollevando lo sguardo verso i presenti; il professore di pozioni lo guardò contrariato.
«…e la tua testa evidentemente molto dura, Severus.»
Piton si accigliò.
Silente rivolse nuovamente la sua attenzione alla lettera che intanto aveva aperto e stava leggendo.
«Ebbene…» disse con tono che pareva annoiato «… l’insegnate di Difesa contro le arti Oscure ci comunica che non potrà essere qui fino a… dopodomani. Peccato, si perderà la cerimonia d’inizio anno.»



[...]
L’homme ivre d’une ombre qui passe
Porte toujours le chatiment
D’avoir voulu changer de place.

[C. Baudelaire, "Les Hiboux", dalla raccolta "Les Fleurs Du Mal"]



Fine Terzo capitolo.



N.d.A.: Eccomi qui! Il terzo capitolo non dice molto (perdono!! Abbiate pazienza!), ma ne avevo bisogno! (altrimenti non lo avrei scritto!!)

# Il paesaggio e l’architettura: tutte le descrizioni sono relative al 3° film, “Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban”.

# La poesia: questa volta una francese di Baudealaire, della quale mi accingo a riportarvi la traduzione, qualora vi interessi.

“Sotto i neri tassi che li ospitano,
i gufi stanno come Dei esotici
schierati tutti in fila, saettando
a tratti l’occhio rosso. Meditano.

Senza muoversi così staranno
Fino all’ora malinconica
Quando, spingendo via l’obliquo sole,
le tenebre si stabiliranno."

[...]
"l’uomo attratto da un’ombra che si sposta
paga sempre con pena sicura
l’aver voluto cambiar di posto.”

# Harry Potter (C) J.K. Rowling

# x Shizuka [GirlFromars]: ciao! Grazie per aver recensito anche il 2° capitolo, pero che anche questo ti sia piaciuto! Una spasimante dici? Chissà...

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** LA TRISTEZZA ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...



Capitolo Quarto: LA TRISTEZZA



Tristeza, necesito
tu ala negra,
tanto sol[...]

[Pablo Neruda, "A la Tristeza"]





L’orizzonte fuggiva veloce ed arrivava alla medesima velocità, in un succedersi di macchie verdi e scure avvolte dalla nebbia e dall’umidità.
I finestrini degli scompartimenti dell’Hogwarts Express erano appannati, il treno mormorava di voci giovani, di sommessa allegria.
Harry Potter disegnava col dito forme indistinte sul vetro, guardandole come se fossero lontanissime.
Hermione e Ron continuavano a scambiarsi delle occhiate di complicità, decisi ad alleggerire la tensione. Da quando Harry era salito sul treno avevano scambiato poche parole, pochissime.
Nello scompartimento si trovavano anche Luna Lovegood e Neville Paciock; la prima sembrava rendersi appena conto dell’atmosfera pesante che si era creata, il secondo giocherellava con un lembo della veste.
Luna sfogliò una pagina del Cavillo che stava leggendo e sorprendentemente fu la prima a dare lo spunto per una qualche conversazione: «Cosa avete fatto quest’estate?»
Altrettanto stranamente fu Harry il primo a rispondere, continuando però a guardare fuori dal finestrino attraverso il suo riflesso: «Ho ...studiato.»
Silenzio.
Hermione guardò prima Ron con aria interrogativa, come chiedergli se sapeva qualcosa, ma questi scosse la testa, e poi si rivolse a Harry: «Cosa?»
Il ragazzo volse lo sguardo verso di lei, la fissò prima di rispondere: «Cose.»
Qualcosa nello sguardo e nella risposta dell’amico le fece rabbrividire.
Luna aveva abbandonato la lettura del Cavillo che adesso giaceva sulle sue gambe, anche lei stava guardando Harry.
La porta dello scompartimento si aprì improvvisamente facendoli sobbalzare.
In lontananza si udì un tuono.
Draco Malfoy stava sulla soglia, dietro di lui il solito gruppetto di Serpeverde.
Senza calcolare minimamente tutti gli altri, l’attenzione e lo sguardo del biondo si fissarono esclusivamente su Harry.
«Potter.» disse come un sibilo, nervoso e colmo di disprezzo.
«Malfoy.» rispose Harry ricambiando lo sguardo; il suo tono era quasi derisorio.
Un altro tuono.
Il cuore di Hermione accelerò i battiti.
Continuarono a fissarsi.
Cominciò a piovere violentemente.
L’acqua colava sui vetri, fredda.
Poi, senza distogliere lo sguardo dagli occhi del Grifondoro, Draco si rivolse ai compagni: «Andiamocene.»
La porta dello scompartimento venne chiusa ed Harry riprese a guardare il paesaggio che correva sotto lo scrosciare della pioggia.


[...]
Dame tu lenta sangre,
Lluvia
Frìa, [...]

[Pablo Neruda, "A la Tristeza"]




Fine Quarto capitolo.



N.d.A.: Eh, eh! Ehm… che dire? Spero che tutto questo vi incuriosisca almeno un pochino; una piccola, piccolissima curiosità spero si impadronisca di voi e vi induca a continuare a leggere e a dirmi cosa ne pensate!

# La poesia: ecco la traduzione…

“Tristezza, ho bisogno
della tua ala nera,
c’è troppo sole” […]

[…]
“Dammi il tuo lento sangue,
pioggia
fredda,”[…]

# Harry Potter (C) J.K. Rowling

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** I SOGNI ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Quinto: I SOGNI



Architetto del mio incantesimo
Ero libero di far passare
Un calmo, docile oceano
Sotto un tunnel di pietre rare;


[C. Baudelaire, “Sogno Parigino”, dalla raccolta “I fiori Del Male”]




Hogwarts non era cambiata.
D’altronde perché avrebbe dovuto?
Harry si ritrovò ad osservare con attenzione la Sala Grande, perdendosi nei particolari delle nuvole che si vedevano sul soffitto, ignorando quasi o completamente Hermione e Ron che discutevano animatamente di qualcosa a proposito dei risultati dei G.U.F.O.
Il Cappello Parlante smistò quelli del primo anno.
Ma non era questo che interessava Harry. Rimase in silenzio per tutta la sera, aspettando che Silente si alzasse e che, come tutti gli anni trascorsi fino ad ora ad Hogwarts, annunciasse e presentasse agli studenti il nuovo insegnante di Difesa. Il problema era che al tavolo dei professori non c’era alcuna nuova presenza.


* * *

«Non è professionale!» disse Hermione una volta arrivati nella sala di ritrovo dei Grifondoro al settimo piano, percorrendo con falcate decise il tragitto che portava alle scale.
I ritratti dei quadri li guardarono procedere con noncuranza, alcuni già sonnecchiavano.
Ron era appena dietro di lei: «Magari ha avuto un serio contrattempo, cosa ne sai? Magari è un Auror ed è…»
«Non essere stupido, Ron. Harry, tu cosa ne pensi? Silente non ne ha nemmeno detto il nome!»
«Perché non può essere un Auror?» domandò Ron.
«Cosa? Ah… non so…» disse Harry come se lo avessero svegliato giusto prima di addormentarsi definitivamente.
«Non può essere un Auror perché certamente saranno tutti molto impegnati con qualcosa di più urgente dell’insegnamento! Harry, ti senti bene? Sembri molto stanco…» disse Hermione.
«Qualcosa di più urgente dell’insegnamento?? Hermione ti senti bene?» disse Ron incredulo.
«Piantala!» gli disse la ragazza.
«Sì, credo che sia meglio se vado a dormire…» disse Harry.


* * *

Fu un rumore familiare a svegliarlo.
Forse stava sognando.
Le coperte sembravano pesantissime.
Qualcosa colpiva il vetro con insistenza.
Harry si alzò a sedere, stropicciandosi gli occhi.
Tastò il comodino in cerca degli occhiali, una volta trovati li inforcò e tentò di capire cosa ci fosse al di là del vetro.
La luna illuminava pallida il cielo notturno.
Gli occhi tondi di un gufo ne catturavano la flebile luminescenza, mentre l’animale batteva il becco contro il vetro di una delle finestre del dormitorio maschile.
Harry andò ad aprirla, il gufo bruno tese la zampa con fare scocciato; c’era una pergamena legata ad essa. Harry la slegò, la srotolò e la lesse. Era una breve lettera di Lupin.
La calligrafia era un po' distorta, Remus doveva essersi appena ripreso, c'era stata da poco la luna piena.
Gli chiedeva come stava.
L’aria pungente della notte lo fece rabbrividire un po’.
Che domanda era?
Il gufo lo guardava coi suoi grandi occhi penetranti.
Come voleva che stesse?!
Strinse con forza il foglio di pergamena.
Staccialo! Gli diceva una voce.
Rispondi! Suggeriva un’altra.
Tanto in ogni caso sarebbe una bugia. Sentenziò una terza.
Harry si allontanò dalla finestra andò ad aprire il suo baule, cercò qualcosa che rassomigliasse ad una piuma e a dell’inchiostro e scrisse la risposta.
“Sto bene. Il viaggio è stato lungo, abbiamo tredici nuovi Grifondoro. Ron e Hermione sono con me e ti salutano.”
Sì, poteva andare bene, i suoi due amici non erano con lui al momento, ma in questo modo la situazione sembrava più rassicurante, come se restare da solo o in compagnia cambiasse le cose. Tanto non avrebbe mai saputo a che ora era stata scritta la sua risposta.
Legò nuovamente la pergamena alla zampa del volatile che ripartì subito, sparendo presto alla vista.
Tanto in ogni caso sarebbe una bugia.
Sì...
In ogni caso lo sarebbe stata.
Harry richiuse la finestra e tornò a coricarsi; le coperte si fecero nuovamente pesanti e pur non volendo, quel sogno tornò a fargli visita, come ormai faceva sempre più spesso…


* * *

Si svegliò di soprassalto.
Ansimava come se non avesse fatto altro che correre fino all’istante prima.
Ci mise qualche secondo a focalizzare la stanza e a rendersi conto di dove si trovava e di non essere morto o qualcosa di simile.
Si calmò un poco cercando di respirare con regolarità, chiudendo gli occhi e ripetendosi che era stato solo un sogno.
Non era la prima volta che Severus faceva 'quel' sogno, ma non era mai stato così intenso; era stato un crescendo, un’avvicinarsi a qualcosa di molto simile alla realtà.
Dannati elefanti.
Dannata acqua.
Chiuse gli occhi e deglutì; seduto sul letto abbracciò le proprie gambe, posando la fronte sulle ginocchia.
E se non si fosse svegliato?
No, era assurdo, non si poteva certo morire per uno stupido sogno…
Non ancora per lo meno...
fece un lungo sospiro sollevando la testa.
Una fila di diversi elefanti.
Camminavano uno dietro all’altro su uno specchio d’acqua dello stesso identico colore del cielo, indaco, non li si poteva praticamente distinguere.
Camminavano lasciando orme invisibili e liquide che scomparivano in fretta.
Non c’era alcun rumore.
Improvvisamente l’elefante a capo della fila gridava: un suono terrificante ed inquietante.
Agghiacciante.
Si rendeva conto di essere troppo pesante per poter camminare sull’acqua, e dal suo urlo disperato nascevano quelli dei suoi compagni che arrivavano uno dopo l’altro alla stessa conclusione. Così, in successione, cadevano tutti nell’acqua, fondendosi col loro riflesso, annaspando per raggiungere una riva inesistente.
S'inabissavano come maestosi velieri.
Così affogava con loro.
Cadevano in acqua solo perchè si rendevano conto di essere troppo pesanti.
Sospirò ancora.
Era tutto cominciato un paio di mesi fa, quando...
No, non era possibile, era tutto un caso.
Era assurdo.

Il suo viso sorridente...

Assurdo e basta.
Non doveva pensarci.
Si era sbagliato.
Si guardò intorno nell'oscurità: non sarebbe sicuramente più riuscito ad addormentarsi.
Scese dal letto.
Tanto valeva fare qualcosa.





...e tutto, anche il colore nero
brillava nitido, chiaro, iridato,
il liquido con la sua gloria
entro il raggio cristallizzato.


[C. Baudelaire, “Sogno Parigino”, dalla raccolta “I fiori Del Male”]




Fine Quinto capitolo.



N.d.A.: capitolo che evidenzia situazioni parallele... che dire? Ah, ah!! Non lo so nemmeno io, siete curiosi? Spero di sì!
Grazie a tutti coloro che leggono e che hanno commentato! Grazie davvero, qualsiasi critica o commento, sono utili e costruttivi.
Spero che continuiate a segure questa fic.


# La poesia: questa volta ve la propongo in italiano e non in lingua originale semplicemente per il fatto che non mi piaceva molto il suono in francese. Molto meglio in italiano, mi sono detta. Meglio così, no?


# Harry Potter (C) J.K. Rowling


# x Shizuka: come va con la comprnsione dopo questo capitolo? Temo di aver confuso un po' le idee a tutti!

# x Tinkerbell91: ciao! Mi fa piacere che anche a te piaccia il mi stile! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e che continui a seguirmi! Grazie del Commento!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** L'AGNELLO ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Sesto: L'AGNELLO



Little Lamb, who made thee?
Dost Thou know who made thee?
[...]

[W. Blake, “Lamb”, dalla raccolta “Songs of Innocence”]




Il vento non sembrava voler abbandonare Hogwarts stringendo il castello in un abbraccio gelido. L'aria sembrava voler sferzare e consumare la roccia e trafiggere le membra come affilatissime spade di ghiaccio.
La chioma della Foresta Proibita danzava senza tregua disseminando nell'aria notturna foglie secche e scure che finivano per perdersi, trascinate nel blu scuro della notte.
Il cielo era comunque sereno e la luna e le stelle spendevano incuranti.
Severus rabbrividì ancora una volta, le braccia incrociate sul petto e l'espressione di chi certamente ha qualcosa di meglio da fare che aspettare qualcuno nel bel mezzo del prato, della notte e del freddo.
«Vorrai mica far venire i reumatismi a questo povero vecchio, vero?» aveva sorriso Silente accompagnando alla porta nonostante delle sue proteste, cosa gliene poteva importare?
«Su, avanti, fammi questo favore...» aveva continuato, sembrava quasi che si divertisse... o gli nascondesse qualcosa.
Non era affatto il momento di scherzare!
Pesto un piede a terra e si voltò in cerca del ritardatario, ma nulla dava segno di vita, umana per lo meno, nei dintorni del castello.
E poi... ma non era in grado di trovare la strada da solo?
«Purtroppo temo che possa avere delle difficoltà... » aveva risposto Silente in maniera grave, il chè lo aveva fatto pensare, sembrava realmente preoccupato.
Nonostante questo non vedeva alcuna buona ragione per cui dovesse essere proprio lui ad aspettare quello che sarebbe diventato il nuovo insegnate di Difesa. Già sapeva che lo avrebbe odiato in ogni caso, ma fargli addirittura il favore di aspettarlo fuori era veramente troppo!!
Ma cos'era? Deficiente?? Non poteva non ricordarsi la strada! Dannazione il castello non era mica minuscolo...
Una raffica più forte delle precedenti lo obbligò ad interrompere il filo dei suoi poco amichevoli pensieri.
Piton se ne stava così in piedi sul prato in attesa di qualcuno che sembrava essere molto in ritardo, erano già passate le undici di sera e starsene fuori al freddo e al buio era tutt'altro che piacevole.
Ad un tratto il verso di un gufo dall'alto della torre si insinuò nel sibilo acuto del vento trasformandosi pian piano in un fischio...
Severus sbattè le palpebre varie volte, socchiudendo gli occhi cercando di vedere meglio nel buoi della notte; il fischio sembrava provenire dall'alto...
E si faceva sempre più intenso, più forte e decisamente inquietante.
Ad un tratto l'istinto gli suggerì di scappare, pur senza un'apparente motivo valido; purtroppo il mago non diede retta a quest'impulso insensato... e l'impatto fu inevitabile.

Quando riaprì gli occhi poteva vedere solo il cielo puntellato di stelle.
«Oh, mi dispiace!! Mi dispiace! Mi dispiace! Mi dispiace!!» disse una voce accanto a lui.
In uno slancio di cordialità Severus domandò: «Gn?»
«Mi dispiace!! La prego, mi perdoni!! Mi spiace! Si sente bene?»
Piton voltò la testa di lato, verso la fonte di tanto trambusto.
Accovacciata alla sua destra c'era una donna coi capelli arruffati e pieni di foglie, il viso rosso e sconvolto sporco di terriccio ed erba che reggeva con una mano la bacchetta che brillava per far luce sull'accaduto.
«Mi dica che sta bene, la scongiuro! Oh, santo cielo! Mi scusi, davvero!! Mi dispiace!! Non volevo colpirla! E' solo che ho perso il controllo della scopa...»
Severus la trovò molto buffa, poi le sue parole acquistarono un significato concreto...
Spalancò gli occhi: «Scopa?» disse mettendosi a sedere e riacquistando la lucidità; si portò una mano alla fronte su cui incominciava a far capolino un doloroso bernoccolo.
«Mi hai... investito..??» faticava persino a crederlo.
«Oh, mi dispiace!! Mi perdoni!!»
Fu allora che collegò gli avvenimenti dei giorni precedenti, perchè gli animali assomigliano sempre ai propri padroni: «Il gufo!! Quel dannato gufo era tuo!!»
Il vento ululò ancora una volta.
«Tu!! Tu.. tu sei...»
«Mi dispiace davvero tanto non volevo! La prego di perdonarmi! Mi chiamo Alhena Inimeg, e sono la nuova...»
«No...» sussultò il mago, «Non dirlo... »

* * *

Salì lentamente le scale che portavano dai sotterranei al primo piano.
A stento ci poteva credere.
Una donna!
Continuava a ripeterselo cercando di convincersi, ma più ripeteva quella parola più la realtà appariva inconcepibile.
Fece ancora un passo e si ritrovò nel grande atrio di Hogwarts. Le pareti si spingevano verso l'alto, perdendo alla vista il soffitto.
E poi... chi diavolo era? Da dove era uscita?
Alnena, Alemna, o come diamine si chiamava...
Nella storia di Hogwarts probabilmente non era mai accaduto!
Ormai era notte fonda e il castello cigolava sotto il peso degli anni, i quadri ancora svegli parlottavano a bassa voce, soffocando qualche risatina, altri dormivano, borbottando o russando nel sonno.
La porta della Sala Grande era socchiusa.
Se ne accorse con lieve disappunto; mosse allora qualche passo verso di essa, pronto a tirare la maniglia e chiuderla, ma non lo fece.
Dal minuscolo spiraglio si poteva intravedere che nella sala c'era qualcuno.
Chi poteva mai esserci a quell'ora? E perchè?
Pensò subito a qualche bravata che stava per essere messa in atto, pronta a scattare come una trappola la mattina successiva. Si preparò a togliere qualche punto alla Casa dello studente, magari il doppio nel caso fosse stato Potter...
Stava per spalancare la porta quando una voce, proveniente dall'interno, lo bloccò.
«C'è qualcuno? Professore... è lei?»
E' un incubo, si disse.

...e gli elefanti camminano sull'acqua...

Aprì la porta piano facendola cigolare, lasciando che rivelasse la sua figura magra e scura; sul viso un'espressione tutt'altro che amichevole.
«Cosa ci fa lei qui a quest'ora della notte, signorina Inimeg?»
«Potrei farle la stessa domanda!» rispose la donna sorridendo.
Era seduta su uno dei tavoli della sala da pranzo, quello di Tassorosso, avvolta in uno scialle bordeaux.
Ripresosi dalla brutta caduta, Piton l'aveva accompagnata fin nello studio di Silente che, vedendo la nuova arrivata, si era illuminato di sollievo; il suo viso, solo un attimo prima era stato teso, contratto in una smorfia triste.
Alhena sorrideva.
Non aveva smesso un secondo da quando aveva messo piede nella scuola... come non aveva smesso di scusarsi per l'incidente con la scopa.
«Cosa ci fa seduta sul tavolo?» domandò acido Severus, avvicinandosi di qualche passo, ma ben determinato a mantenere le distanze.
Aveva qualcosa che la faceva sembrare buffa.
Ovviamente non gli stava simpatica.
«Guardavo il cielo.» rispose alzando il viso verso le pareti incantate che, invece di un comune soffitto, mostravano il cielo limpido di quella sera, senza l'inconveniente del freddo, del vento, o di un demente pronto ad investirti con una scopa in corsa.
«Era tanto tempo che non guardavo il cielo da qui.» spiegò, sempre sorridendo.

Un sorriso...

Severus la guardò un momento sbattendo più volte le palpebre.
«Lei non viene mai qui, la sera?» chiese Alhena senza distogliere lo sguardo dal cielo stellato.

...come una preghiera...

«No.» rispose secco e in tono poco cordiale e scettico, ma lei non sembrò accorgersene.
«Eppure... io penso che... sì, credo che verrei sempre qui a guardare questo cielo.»

...rivolto alle stelle.

Mentre gli elefanti camminano sull'acqua.



Little lamb, I'll tell thee,
Little lamb, I'll tell thee;
He is called by Thy name,
For he calls Himself a lamb,
He is meek, and He is mild,
He become a little child.


[W. Blake, “Lamb”, dalla raccolta “Songs of Innocence”]




Fine Sesto capitolo.


N.d.A.: ok, ce l'ho fatta anche questa volta! Cosa ne pensate?

# La poesia: Ancora Blake, ebbene sì! (ah, ah!) Questa poesia calza proprio a pennello per il personaggio! Abbiamo conosciuto la Tigre, l'Agnello... il prossimo capitolo cosa accadrà? Io un'idea ce l'ho...


"Piccolo agnello, chi ti ha creato?
Tu lo sai chi ti ha creato?"
[...]

"Piccolo agnello, te lo dirò io,
Piccolo agnello, te lo dirò io;
Lui è chiamato col tuo nome,
poichè Lui chiama se stesso agnello,
E' docile, è gentile,
E' diventato un piccolo bambino."


# Harry Potter (C) J.K. Rowling

# x Shizuka: Lily? No... sei fuori strada. Niente Lily. ^_^ Spero che la storia ti piaccia e che continui a seguirmi.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** LA FOGLIA ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Settimo: LA FOGLIA





Il cavallo del vecchio autunno ha la barba rossa
[...]


[Pablo Neruda, “Torna l'autunno”, dalla raccolta “Residenza sulla Terra 2”]







In quel giorno...
In quel giorno in cui lei per me non esistette più.
Quel giorno in cui svanì.
Morta.
Fu una liberazione.
Eppure...
...non riesco a ricordarlo...

Io quel giorno...

...non riesco proprio a ricordarlo...

L'autunno cominciava a spruzzare le chiome degli alberi di foglie dalle tinte brune e la scuola era cominciata ormai da diversi giorni; la notizia dell'arrivo ad Hogwarts del nuovo insegnante destò curiosità e scalpore. Alcuni ragazzi la presero quasi come un insulto, scettici; molte ragazze vedevano la nuova professoressa come una sorta di pioniera.
Giravano anche alcune voci della sera del suo arrivo a scuola, di un fantomatico investimento a qualche miglia all'ora del professore di Pozioni... che assurdità.
La giornata di innovazione passò e calò la sera, inconcepibilmente in tutta tranquillità.
Piton chiuse sbattendo dietro di se la porta del suo studio.
«A-ha!»
Dora si trovava sul davanzale della finestra come al solito e aveva appena gridato puntando l'indice della mano destra verso di lui.
«Dora! Dannazione! Mi hai fatto prendere un colpo! Che diavolo ci fai tu qui!?»
«Colpito! Non ti sei accorto di me questa volta, vero?» disse baldanzosa scendendo dalla finestra ed ergendosi in tutta la sua minuta statura.
«Avrei potuto ucciderti, sai?» continuò sprezzante.
«La risposta è 'no' a tutte e due le domande, me ne sono accorto, ma pensavo non fossi già arrivata qui... e poi... Tu non vuoi uccidermi... non ancora perlomeno.» ribattè il mago osservandola come fosse uno strano reperto archeologico.
Indossava un paio di scarponi neri, grandi quanto lei e un vestito del medesimo colore.
«Bla, bla, bla...» lo canzonò lei spalancando la bocca ad ogni 'bla' portandosi le mani sui fianchi ed avvicinandosi alla scrivania dove Piton si era appena seduto.
«Senti un po'...» disse facendosi impressionantemente seria di colpo «... è vero che ti ha investito con la sua scopa?»
«Cosa-cavolo-sei-venuta-a-fare-qui???» ringhiò il professore mettendo mano alla bacchetta.
«Non ti arrabbiare come al solito, bada bene.» lo minacciò «Sei sempre scorbutico! Che seccatura! Potrei perdonarti per un sorso però, sai?» disse sorridendo e adocchiando il collo di Severus.
«Rimpiango amaramente di essermi messo in contatto con te.» le disse ostentando un ghigno.
Dora sorrise chinandosi sulla scrivania: «No... non lo rimpiangi nemmeno un po'. Dai, è come rivivere i vecchi tempi...»
Piton alzò un sopracciglio incrociando le braccia: «Capirai.»
Dora si sollevò voltandosi verso la finestra.
«E così la seccatura quest'anno è femmina, eh?»
«Così pare.» sussurrò incupendosi, «Cosa sei venuta a fare, allora?» chiese tentando si cambiare discorso.
«Voglio fare un giro. E vedere Harry Potter.»
Severus spalancò gli occhi: «Come, prego?»
«Non fare l'idiota.» sbuffò avvicinandosi alla porta e allungando una mano per toccare il legno, «Dimmi, c'è ancora quello stupido incantesimo?» disse accarezzando la porta.
«Certo che c'è... micetta.»
«Sai che lo detesto. Diamine! A te farebbe piacere se venissi trasformato in un gatto? E sputare palle di pelo a destra e a manca? Pazienza! Vorrà dire che farò il giro da fuori!» esclamò voltandosi nuovamente verso la finestra muovendo grandi passi rumorosi sotto gli scarponi.
«Cosa credi di fare!?» sbottò Piton alzandosi.
«Oh...non preoccuparti di me. Piuttosto...» disse Dora con fare annoiato, mentre si sollevava sul davanzale, «... c'è un atmosfera pesante... mi da fastidio! Vedi di ricordarti quello che ti sei dimenticato... piccolo assassino...»


* * *

Dora era svanita nella sera senza dare a Piton il tempo di replicare.
Guardò in alto, in cerca della torre di Grifondoro.
Si sedette sull'erba umida con gli occhi puntati verso l'alto.
Aspettò con pazienza che si spegnessero tutte le luci.


* * *

Il soffitto era così nero da lasciare largo spazio all'immaginazione fervida del ragazzo di vagare libera e inventarsi mostri di tutte le dimensioni e le forme.
Venivano verso di lui ringhiando, allungando gli artigli.
Harry percepì il torpore sotto le coperte e si ripetè che dal soffitto mai e poi mai sarebbero potute materializzarsi creature del genere.
Voltò appena la testa di lato ed osservò nell'ombra Ron dormire.
Più che altro ne avvertì il lieve russare.
Non avevano parlato di nulla di importante in quei primi giorni a scuola. Non avevano mai menzionato Siruis, nemmeno una volta. Nemmeno Hermione.
Volevano proteggerlo?
Tornò a guardare il nero sopra la sua testa, indefinito, ma allo stesso tempo pieno.
Il buio gli aveva fatto sempre quell'effetto.
Sentiva il corpo molle come se fosse stato immerso in un liquido vischioso a lungo, sospeso in una dimensione priva di memoria, priva del tempo, in cui tutto passava senza rendersene conto...
Sarebbe stato bello.
All'improvviso Harry si mise a sedere e con una velocità che sorprese se stesso prese la bacchetta puntandola verso la finestra...
C'era qualcuno fuori, al di là del vetro.

Faceva freddo...

Ma era buio e non poteva distinguerne bene i contorni.
Era troppo grande per essere un gufo e troppo piccola per essere qualsiasi altra cosa...

...freddo come se ci fosse del ghiaccio nel suo petto.

Il suo cuore sobbalzò quando quel 'qualcosa' busso piano alla finestra.

* * *

Le luci della torre al settimo piano si erano spente da un po'.
Dora si alzò, togliendo dal vestito qualche filo d'erba.
Sorrise al pensiero di Severus. probabilmente gli era venuto un colpo quando aveva detto che voleva incontrare Potter.
Per forza.
Se fosse successo qualcosa al ragazzo per causa sua, ci sarebbe andato di mezzo lui. Silente sapeva bene dei contatti fra il professore e il vampiro.
Per questo c'era la barriera magica.
E per questo Severus non aveva fatto tante storie.
Un incantesimo antico e potente, difficile da manovrare.
Pesante come una spessa pellicola trasparente da spalmare all'interno delle pareti di tutto il castello.
Fermava i vampiri trasformandoli in animali, di solito di piccole dimensioni, a seconda della loro personalità.
Sembrava un gioco di prestigio.
Dora sorrise ancora... c'erano tante cose che Severus non sapeva...
A volte gli sfuggivano le cose più ovvie.
Si avvicinò alle mura del castello... e spicco un balzo poderoso senza alcuna rincorsa e con una facilità e agilità sorprendenti, che la portò direttamente davanti alla finestra della camera in cui desiderava entrare.
Sembrò planare delicata come una foglia nel vento mentre si adagiava sul sottile davanzale esterno.
Le luci erano spente e i ragazzi dormivano, lo percepiva distintamente.
Tutti tranne uno.
Accarezzò lievemente il vetro e chiuse gli occhi.
«Dormite, bambini belli...» sussurrò alle finestre.
Aspettò ancora qualche attimo e poi bussò piano contro il vetro.

* * *

Harry si alzò dal letto procedendo verso la finestra a piedi nudi, incurante del freddo del pavimento.
La figura al di là del vetro agitò la mano in segno di saluto.
Harry non sapeva cosa fare o cosa pensare, era una figura umana, non c'era dubbio... ma come faceva a stare in equilibrio fuori dalla finestra? Chi era?
Si voltò verso i suoi compagni di stanza, tenendo però la bacchetta ancora puntata contro la finestra, ma dormivano tutti profondamente.
«Ron!» chiamò, ma il ragazzo di tutta risposta russò più forte.
«Ron!! Svegliati!»
«E' inutile che lo chiami... o che chiami qualcuno degli altri... non si sveglieranno...» disse la voce ovattata dalla barriera del vetro.
Era una voce femminile, ne era certo.
«Chi sei?» chiese Harry.
«Sono un'amica...» disse e il ragazzo di Grifondoro percepì una certa ironia.
Percepiva una vivida sensazione di gelo al centro del petto...
«Cosa vuoi?!» chiese ancora alzando la mira della bacchetta.
«A forza di prendere lezioni da quell'imbecille sei diventato scorbutico anche tu? Apri, maleducato!! Non si fa stare una signora fuori al freddo bombardandola di stupide domande!!» disse vagamente, o falsamente, alterata.
«Perchè dovrei aprirti!?» sbotto Harry, quasi urlando tentando così di svegliare i compagni, ma quelli non dettero segni di vita.
«Semplicemente perchè non vedi l'ora di farlo...» disse la voce femminile, suadente e sicura.
Aveva ragione.
Voleva aprirla, voleva aprire quella maledetta finestra. Era un bisogno, un esigenza.
Sapeva che era una cosa stupida, assurda; eppure era l'unica cosa che voleva fare.
Non sapeva cosa o meglio chi ci fosse al di là del vetro.
Però era come se...
Come se quella voce avesse potuto rispondere...
...a qualsiasi domanda, a qualsiasi desiderio.
Harry abbassò la bacchetta.
Guardò ancora una volta Ron e gli altri ragazzi che dormivano nella sua stessa stanza... Neville era completamente sepolto dalle coperte, poteva appena intravederne un ciuffo di capelli dalle tende del baldacchino lasciate aperte.
Che fossero vittime di un incantesimo?
E poi se quell'entità fuori dalla finestra avesse veramente voluto fargli del male avrebbe rotto il vetro senza tanti complimenti...
Si domandava ancora solo come avesse fatto ad arrivare fi lì... forse con una scopa?
Si avvicinò al vetro ed allungò una mano verso la maniglia.
«Finalmente!» si sentì dall'altra parte.
Harry esitò ancora qualche momento, ma poi girò il polso, le dita strette sul metallo freddo, e la finestra si aprì.
Un ciuffo di lunghi capelli neri si intrufolò con la gelida brezza notturna nella stanza.
«Ciao... Harry Potter.»

* * *

Piton era seduto alla scrivania.
Lo sguardo perso davanti a lui.
L'umidità di un giorno di pioggia imminente avvolgeva le pietre di ogni muro.


"Vedi di ricordarti quello che ti sei dimenticato... piccolo assassino..."

No.
Non poteva leggere nel suo pensiero.
Ne era sicuro, non l'aveva fatto, se ne sarebbe certamente accorto.

"...piccolo assassino..."

Eppure... sembrava che sapesse a cosa stesse pensando.
Com'era possibile?
Cosa voleva dire quella frase?


Quel giorno in cui morì.

...non riesco a ricordarlo...

I giorni a letto, in preda ad una febbre altissima...
Ma i giorni precedenti...
Quel giorno...

...non riesco proprio a ricordarlo.


* * *

Piano piano, nella notte, tranquillamente al lieve accarezzare dell'umida aria notturna, mentre gli uomini erano intenti nei loro affari e nei loro pensieri, cadde la prima foglia.
Morta.
Gentilmente, senza suono, senza scompiglio.







[...]
Tutto cade dalle mani che sollevo
in mezzo alla pioggia.


[Pablo Neruda, “Torna l'autunno”, dalla raccolta “Residenza sulla Terra 2”]







Fine Settimo capitolo.





N.d.A.: mmm... sto andando più lenta del previsto, chiedo scusa! Non avevo assolutamente previsto questo capitolo... sto andando avanti facendomi beffa dei miei stessi appunti...
Spero abbiate intuito la sottile analogia fra la foglia morta e Dora... insomma... essendo un vampiro è morta, no? E si muove come una voglia nel vento...
Comunque... Non importa.

Grazie a tutti coloro che leggono e commentano.

# La poesia: questa volta abbiamo Pablo Neruda, famosissimo, che dire ancora? Ho faticato un po' per trovare una poesia che andasse bene per questo capitolo... d'altra parte non era previsto...


# Harry Potter (C) J.K. Rowling

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** L'INCONTRO ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Ottavo: L'INCONTRO


E dove io tristo ed affannato e stanco
gli occhi al sonno chiudea, come per febre
rotto e deliro il sonno venia manco.
[...]


[G. Leopardi, “Il Primo Amore”, dalla raccolta “Canti”]




«Ciao... Harry Potter.» disse Dora, piena di cordialità, sorridendo affabile e sistemandosi seduta sul davanzale, in modo che i piedi le penzolassero all'interno della stanza e la finestra aperta facesse entrare l'aria umida muovendogli irrealmente i capelli lunghi.
Harry tornò a puntarle la bacchetta all'altezza del viso: «Chi sei e cosa vuoi?»
«Sei veramente scortese... e io che sono venuta apposta per incontrarti...» disse suadente.
Harry sentì la fronte prudergli improvvisamente come se qualcuno gli stessa facendo il solletico.
Si passò una mano sulla fronte.
«D'altronde...» continuò lei incurante «... non hai paura di me, no? Se avessi voluto attaccarti l'avrei già fatto, giusto? Ma parliamo d'altro... vogliamo parlare del sogno che fai quasi tutte le notti, ah? Quello coi serpenti...» e i suoi occhi di vampiro divennero due fessure.
Harry spalancò gli occhi. Come faceva questa sconosciuta, dalla dubbia indetità, a sapere a sapere cose che non aveva mai detto ad anima viva?
Un dubbio agghiacciante si fece largo nella sua mente... che fosse in grado di leggere nel pensiero? Eppure Piton gli aveva detto che non si poteva propriamente 'leggere' il pensiero altrui...
«Per i vampiri è diverso... abbiamo facoltà diverse da voi viventi.» rispose Dora ad una domanda che non era mai stata posta.
Harry indietreggiò puntando con più fervore la bacchetta contro la ragazza, non sapeva assolutamente come comportarsi.
«CHI SEI??»
«Non urlare, e metti giù quell'affare...» disse tranquillamente come se stesse discutendo della situazione atmosferica del giorno successivo «...così potremo parlare con calma.»
Il cuore di Harry batteva all'impazzata, ma la curiosità era troppa.
Abbassò la bacchetta.
«Bene, ora va molto meglio. Cominciamo da capo!» disse sistemandosi il vestito con cura per poi tornare a guardarlo negli occhi: «Ciao, Harry Potter. Il mio nome è Dora Maden e sono un vampiro. Non ho nessuna intenzione di fare del male a te o ai tuoi compagni.» disse indicando i letti della stanza. «Quindi rilassati, sono venuta solo per conoscerti e parlarti. E' da tempo che volevo farlo. Va bene, io mi sono presentata.» disse sorridendo.
«Perchè non sei entrata direttamente? Non avevi bisogno che ti aprissi la finestra, no? E come hai fatto ad arrivare fin qui?» chiese Harry tentando di calmarsi... non aveva mai incontrato un vampiro e non sapeva come doveva comportarsi. Tutto quello che gli aveva detto poteva essere solo un mucchio di bugie.
«Dunque... sono molto agile e arrivare fin quassù non è stato difficile per me. Per quanto riguarda l'altra domanda... devi sapere che c'è una specie di codice di comportamento per i vampiri che si rispettano. Una sorta di "etichetta", capisci? Non si entra nelle case dei viventi senza permesso. Ma naturalmente non c'è nulla che mi impedisca di farlo... ma sono una persona educata e a modo.»
«Hai detto che mi vuoi parlare... a proposito di cosa?» chiese Harry sempre sulla difensiva, lanciando ogni tanto occhiate a Ron ancora profondamente addormentato.
Com'era possibile?
"I vampiri non sono dotati di poteri magici."
Si ricodava bene quello che c'era scritto sul suo libro di Difesa, quindi non poteva essere stata lei a lanciare un incantesimo... o qualsiasi altra cosa fosse...
Però riusciva a leggere nel pensiero...
"...abbiamo facoltà diverse da voi viventi..."
Cosa voleva dire?
Dora percepì lo scompiglio del ragazzo ma non vi diede peso. Sentiva con le gambe il potere della magia che proteggeva il castello. Doveva solo scoprire se Potter ne era al corrente o no.
Intanto, decise di rispondere alla domanda: «So cosa ti è successo qualche mese fa. Siruis Black è morto e tu non sei per niente in forma... dico bene? E poi c'è quell'incubo che ti tormenta...», fece una lunga pausa prima di continuare a voce bassissima: «Forse... io posso aiutarti.»
Harry non diesse niente. Forse aveva le risposte che cercava... forse poteva aiutarlo davvero...
Non riusciva a non pensarci.
Era come una convinzione.
«Allora perchè non entri?» disse infine.
Dora non rispose, rimanendo impassibile, continuò a fissarlo.
Non c'era malizia nel suo invito.
Potter non era a conoscenza dell'incantesimo contro i vampiri che proteggeva il castello.
Passò un interminabile minuto di silenzio.
Infine Dora parlò, a voce ancora bassa e sensuale: «Va bene. Ma solo se mi prometti che non dirai a nessuno al mondo cosa è successo questa notte.»
«Lo giuro.» rispose il raggazzo con decisione.
Sembrava non avesse nulla da perdere.
Dora curvò appena gli angoli della bocca in un sorriso soddisfatto, appoggiò le mani sul davanzale e con una piccola spinta scese a terra, appoggiando i piedi sul pavimento senza fare alcun rumore.
Fece qualche passo in direzione del giovane.
«Molto bene, Harry.» disse compiaciuta.
La finestra si chiuse sorprendentemente da sola, con delicatezza.
Dora era minuta, bianca come una bambola di porcellana vestita di nero.
Quello che Harry non sapeva era che contro quell'essere apparentemente così fragile, uno degli incantesimi più potenti del mondo magico non aveva avuto alcun effetto.


* * *

Così fredde.
Le mani di Narcissa erano così fredde.
«Ci sarai, non è vero? Ha bisogno anche di te.»
L'ipocrisia delle persone a volte fa addirittura ridere.
Lucius Malfoy che ha bisogno di aiuto.
«Certo.» rispose Severus in tono atono, mentre le mani bianche di Narcissa stringevano una delle sue, altrettanto pallide.
«Dopodomani... a mezzanotte.» disse la donna.
«Le solite abitudini non cambiano mai, eh?»
Narcissa sorrise, un sossiso gelido e vitreo.
«Ormai i Dissennatori non obbediscono più al Ministero... ci saranno molti Auror, ma non sarà un grosso problema...»
«Già...» disse Piton, «Non sarà un grosso problema.»






Senza sonno io giacea sul dì novello
[...]


[G. Leopardi, “Il Primo Amore”, dalla raccolta “Canti”]




Fine Ottavo capitolo.





N.d.A.: Ebbene, mi sono data da fare e ho scritto parecchio in questo periodo.
Ringrazio chi legge e chi commenta ancora una volta, ma non è mai abbastanza! (no?)
Molti di voi avranno già letto il sesto libro in lngua originale, visto che per la versione in italiano si dovrà aspettare ancora un po'! Io ancora non l'ho fatto e non ho nessuna intenzione di leggerlo in inglese, preferisco aspettare piuttosto che leggere di fretta (a causa della curiosità) qualcosa che, di conseguenza, capirei poco e male. Voglio sfogliare le pagine e godermi la lettura, con calma, assaporando ogni parola.
Quindi raccontando questa storia mi baso solo su quello che so, sui primi cinque libri. Se qualcosa entra in contrasto sul contenuto del libro successivo, quindi, sappiate bene come stanno le cose. (!!)
Riguardo all'apparizione di Narcissa nella narrazione... dovete sapere che è un bel po' che ci penso, la scena doveva essere più ricca in origine, ma ho deciso di ridurre questa parte all'essenziale, lasciando un po' di mistero... non credo che la signora Malfoy avrà un ruolo di spessore (eh, eh!!)...

# La poesia: Leopardi lo conosciamo tutti anche troppo forse, ma qualche verso non fa mai male, no?


# Harry Potter (C) J.K. Rowling

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** MEZZANOTTE ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Nono: MEZZANOTTE


Mezzanotte, la pendola suona
e ironicamente ci induce
a ricordarci dell'uso
fatto del giorno che vola
[...]


[Baudelaire, “L'esame di Mezzanotte”, dalla raccolta “I Fiori del Male”]





«Assolutamente no, Severus.» disse Minerva, stringendosi le mani l'una con l'altra. Era seduta su una delle poltrone dello studio di Silente.
Il mago dalla barba canuta continuava invece a fissare interessato il soffitto. Severus si sorprese a pensare quanto il preside sembrasse, e in realtà fosse, vecchio.
Silente sospirò e abbassò lo sguardo sui presenti.
La professoressa di Trasfigurazione lo guardò, sapendo bene cosa stava per dire e lo anticipò: «Albus, per carità! E' una follia.»
«Se Severus se la sente...» disse semplicemente il preside.
«Sì. Non posso tirarmi indietro ancora una volta, perderò la Sua fiducia.» rispose lui semplicemente. A differenza dei due anziani maghi che lo avevano ascoltato raccontare il suo incontro con Narcissa Malfoy, Piton era in piedi vicino alla finestra.
La stanza era illuminata dalla luce fioca di qualche candela. Era mattina presto, ma il sole non era ancora sorto.
Prima che Minerva potesse replicare ancora una volta, qualcuno bussò alla porta.


* * *

Harry lo stava di nuovo inseguendo.

Devo raggiungerlo! Devo raggiungerlo!!

Un corridoio, o una grotta... non sapeva con esattezza dove si trovasse, non aveva importanza.

Devo rincorrerlo!! O lui prenderà me!

Correva. Strisciava. Si affannava con tutto se stesso.
Doveva sopravvivere.

Più veloce! Devo andare più veloce!!

C'era un grosso serpente davanti a lui che strisciava per sfuggirgli. Quando gli sembrava di averlo raggiunto, si allontanava ancora, rendendolo più ansioso, più spaventato. Più spietato.

Devo ucciderlo! Devo divorarlo!! Prima che lui lo faccia a me!!

Non c'era altra via e lo sapeva, sapeva che non c'era altro modo.

Ecco!! Ecco, l'ho raggiunto! L'ho preso!!! L'ho preso!!!


* * *


«Oh, scusatemi... non volevo disturbare.» disse una voce flebile e mortificata.
«Alhena, entra, entra, vieni pure.» disse Silente facendo cenno alla donna di entrare.
Timidamente Alhena entrò nello studio del preside e, sorridendo, chiuse con attenzione la porta dietro di se.
Sulla sua spalla dondolava un gufo, che subito Severus riconobbe come quello che gli era sfrecciato direttamente in fronte pochi giorni prima.
Che bella coppia, pensò Piton, il gufo deficiente e la sua degna padrona, entrambi incapaci di volare senza colpire qualcuno!
Alhena indossava una veste bordeaux e aveva i capelli arruffati come se fosse appena scesa dalla scopa.
«Scusate ancora se vi ho interrotto.» disse ancora mentre il suo gufo passava dalla sua spalla alla cima della sua testa.
«Non preoccuparti, in fondo puoi anche rimanere.» le rispose Silente cordiale.
«Come sarebbe a dire??» saltò Severus.
«Oh! Mi scusi!» disse ancora Alhena con la faccia più dispiaciuta che Piton avesse mai visto.
«Calma, calma...» intervenne il preside, «...la signorina Inimeg è entrata a far parte dell'Ordine, Severus.»
«Cosa?» domandò spalancando gli occhi. Non poteva credere alle sue orecchie.
«Sì, ma dimmi cara...» intervenne Minerva, «E' successo qualcosa?»
«Oh...» disse Alhena come ricordandosi improvvisamente che cosa ci faceva lì, il suo sorriso scomparve: «Sì, ecco...» Alhena frugò nella veste e ne fece emergere una busta, «Kirck è appena arrivato con questa...» disse, «E' la risposta alla sua richiesta... ma...» e porse la busta a Silente e chinò il capo.
«Grazie Alhena, ma la leggerò più tardi...»


* * *

L'ho preso!!! L'ho preso!!!

Harry spalancò la bocca pronto a mordere il grosso serpente.

Devo ucciderlo!

Affondò le fauci nella sua carne, ormai consapevole di essere anch'egli un grosso serpente.
Avvolse il nemico fra le sue spire, nel buo del tunnel.

Muori!! Muori!!

Ma più stringeva più si sentiva stringere, più mordeva più si sentiva mordere.

Perchè non muori!? Perchè!?

Provò ad allentare la presa delle fauci, e anche il dolore diminuì, com'era possibile??

Il serpente...

Il serpente... è... lui!

Io non sono un serpente!! Non sono io il serpente!!

...il serpente si morde la coda...

No!! Io non sono il serpente!! Lui è il serpente!!

Ma non c'era nessun serpente in quel tunnel, in quella grotta...

...Mi porterà al centro della terra?

Dov'era?? Dove era andato?? Non riusciva più a sentirlo!!

Il serpente che ricorreva non era mai esistito...

...io mi sono... morso la coda...

Sono io l'unico....

Harry si svegliò di soprassalto, sudato, ansimante, seduto sul letto.
«...serpente.» disse in un flebile soffio.


* * *

Alhena si chiuse la porta della camera alle spalle, Kirck, il suo gufo, planò dolcemente dalla sua spalla verso il suo trespolo vicino alla scrivania, allungò le zampe per afferrare il piolo di legno, ma lo mancò... e cadde a terra.
«Kirck...» sospirò la donna avvicinandosi al volatile che intanto stava cercando di rimmettersi sul trespolo, questa volta con più successo.
«Non ci sono riuscita... ho scritto talmente tante volte quella lettera, ma...» non finì la frase ed andò ad aprire la finestra.
L'aria era frizzante, il vento freddo.
«Non posso proprio fare altro, Kirck, niente altro... spero solo di essere utile in un modo o nell'altro a Silente.»
Il gufo arruffò le penne e incominciò a dedicarsi ad un'accurata pulizia.

* * *

Passò un giorno e ne passò ancora uno.
Sui giornali la notizia della fuga organizzata dei mangiamorte spiccava in prima pagina.
Draco Malfoy era bombardato da sguardi curiosi, colorati di paura, ma il ragazzo non si pronunciò mai sull'argomento.
Soltanto un attimo, nei corridoi, il suo gruppo si incontrò di sfuggita con Harry, Ron ed Hermione, dandogli la possibilità a Draco di urtarlo e sussurrargli in un orecchio una sola parola: «Visto?»



[...]
Abbiamo infine, per affogare
la vertigine nel delirio,
[...]mangiato senza fame e bevuto
senza sete!
Via! Spegnamo il lume
per nasconderci nelle tenebre!


[Baudelaire, “L'esame di Mezzanotte”, dalla raccolta “I Fiori del Male”]




Fine Nono capitolo.





N.d.A.: Non so se si è capito che non vedevo l'ora di togliermi questo capitolo dalle scatole... senza Dora non mi diverto!! Comunque, ho finito di leggere il 6° libro da un bel po' di tempo ed ovviamnete ho scoperto che ci sono una marea di incongruenze nella mia fanfic, ma ricordate che ho cominciato a scrivere tempo fa, quando il 6° libro ancora non era uscito.
Fatemi sapere cosa ne pensate!

# Harry Potter (C) J.K. Rowling

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** RICORDI ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Decimo: RICORDI


[...]
se tu soffiassi nel mio cuore vicino al mare,
come un fantasma bianco,
al bordo della schiuma,
in mezzo al vento,
come un fantasma scatenato, in riva al mare, piangendo.


[Pablo Neruda, “Barcarola”, dalla raccolta “Poesie”]




Alito di vento che muove le nuvole; in un secondo la vita si trasforma come una goccia d'acqua che precipita al suolo e si espande, scompare, come se non fosse mai esistita.

Vedi di ricordarti quello che ti sei dimenticato... piccolo assassino...

No, non era lei. Non poteva essere.
Quel giorno alla ferrovia.
Non poteva essere lei.
Lei che si dimenticava, lei che non lo accettava, lei che cadeva...
Severus spalancò gli occhi e si appoggiò alla parete, come se fosse stato colpito da una freccia infuocata al centro del petto.
Le mura di Hogwarts erano così fredde. Aveva appena sceso le scale che portavano al sotterraneo, quando quel ricordo, con tutto il suo peso, era entrato di prepotenza nella memoria.
Che gli adulti avessero mentito?
Che quella fosse stata una bugia?

Quello che ti sei dimenticato...

«Madre...»

Se sono stato io...
Ti odio.
E quel giorno sono stato io.
Senza rendermene conto?
Quel giorno sono stato io.
Dalle scale, facendoti cadere.
Dissero che eri morta.
Finalmente libero.
Così la smetterai di dimenticarti chi sei, la smetterai di dimenticarti di me!
Quindi... non può essere che quella persona fossi tu.
Non può essere.

Quando gli elefanti cadono in acqua.
Solo perchè si rendono conto di essere troppo pesanti per camminare sulla superficie cristallina.

Affogava con loro.

* * *

Alhena stava salendo le scale che portavano alla sua stanza, ma esitava.
Era appena riuscita a sfuggire a Pix, che l'aveva costretta a cambiare strada per ben quattro volte.
Quindi procedeva molto cautamente, pronta a fronteggiare una sua improvvisa comparsa ed evitare di dover cambiare percorso per la quinta volta.
Mentre stava controllando la statua di un grosso gufo dallo sguardo arcigno (si aspettava ogni tipo di agguato!) d'improvviso sbarrò gli occhi e si impietrì.
Si portò una mano al petto trattenendo il respiro.
C'era una scia, un filo di ghiaccio.
Come un suono.
Il viso della donna divenne triste, come stremato dal dolore; si voltò e scese pian piano le scale, come trasportata dalla corrente.

* * *

«Professor Piton?»
Alhena era in ginocchio vicino a lui.
Quando era arrivata quella scocciatrice?
E perchè non se ne era accorto?
E per quale assurdo motivo era seduto per terra?
«Si sente bene?»
Severus la guardò con espressione indecifrabile alzandosi prontamente.
«Che cosa ci fa lei qui?!» ringhiò, non riusciva proprio a capire che cosa fosse successo.
«Ho solo seguito... ah!» Alhena si blocco tappandosi la bocca con una mano, «C'era Pix e io... passavo di qui.»
Il professore di pozioni la guardò come se avesse davanti agli occhi una perfetta idiota.
«Bene, ora può anche andarsene!» e detto questo cominciò ad avviarsi, ma Alhena gli trotterellò dietro come un fedele cagnolino.
Esasperato, Severus si voltò minaccioso: «Vuole che le faccia un disegnino? Le ho detto...»
«Lei non sta molto bene.» sentenziò Alhena con calma divina.
«Io sto benissimo!» Severus quasi urlò procedendo a lunghe falcate verso il suo ufficio, ma la nuova professoressa non si fece scoraggiare e continuò a stargli dietro.
«Sono arrivato!» disse Piton, ormai al limite della sopportazione; voleva solo un po' di tranquilla solitudine per poter pensare, «Ora, mi vuole...» cominciò, ma non finì la frase.
Voltandosi vide il viso di Alhena, completamente trasformato: era pallidissima e i suoi occhi sembravano completamente privi di vita.
Sembrava racchiudere in quello sguardo tutta la calma dell'universo, ma, allo stesso tempo, una rabbia profonda.
Inimmaginabile.
«E'... qui.» disse in un sussurro.
«Cosa?»
La porta dell'ufficio del professore di Pozioni si aprì lentamente, spalancandosi da sola.
«Sev...»
Dora era appollaiata sul davanzale della piccola finestra.
La sua espressione, nell'esatto momento in cui vide la figura di Alhena, cambiò, esprimendo la più profonda paura, la rabbia più nera, e il disgusto. Come se avesse appena visto un mostro orripilante.
«CHE COSA VUOIIII!?» Dora si mise ad urlare aggrappandosi al muro vicino alla finestra, come se volesse fuggire, ma qualcosa glielo impedisse.
«Vattene.» rispose Alhena, calma, o almeno così sembrava in apparenza perchè non appena Severus si voltò a guardarla, potè notare il pallore inumano del suo viso.
Il volto sembrava deformato, come se fosse quello di una persona diversa, eppure nulla era cambiato; i suoi occhi sembravano più stanchi e affaticati, come se non avesse dormito per un lungo periodo.
«Vattene!» ripetè con più convinzione, ma sembrava che il suo tono tradisse anche paura.
Dora era immobile, come pietrificata.
Alhena fece un passo indietro, «Vattene!!» disse ancora.
E Dora svanì scappando nella notte.
Piton non sapeva cosa fosse o stesse capitando al momento nel suo ufficio. Tutto si era svolto così velocemente che gli era impossibile capire il motivo di quella scena.
«Signorina Inimeg, ma cosa diamine...» non finì la frase, accorgendosi che Alhena stava per perdere i sensi.
La donna si appoggiò al muro e Severus gli si avvicinò.
«Ma cosa...?» cercò di chiedere ancora, ma quando Alhena lo guardò non disse più nulla.
«Tu...» cominciò la donna, «Tu non devi preoccuparti così tanto perchè lei...»
Si fermò per respirare, sembrava stremata da una lunga corsa.
«Lei tanto, non si ricorda di te. Non ha... alcun ricordo di suo figlio.»



[...]
come lamento,
come un nitrito in mezzo alla schiuma e al sangue,
come un'acqua feroce che si morde e si suona.


[Pablo Neruda, “Barcarola”, dalla raccolta “Poesie”]





Fine Decimo capitolo.





N.d.A.: Opinioni, per favore.


# Harry Potter (C) J.K. Rowling

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** FUOCO ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Undicesimo: FUOCO


[...]
Al mio destino, divenuto mia delizia,
obbedirò come un predestinato...


[C. Baudelaire, “Il Lete”, dalla raccolta “I Fiori del Male”]




Non ha alcun ricordo.
Come potrebbe?
Come si può voler ricordare qualcosa di così doloroso?
Vorrei dimenticare questa tristezza.
Vorrei dimenticare e non ricordare mai più.

Alhena chiuse la porta alle sue spalle, la sua stanza era una grossa goccia d'ombra.
Kirck dormiva beato sul suo trespolo vicino alla scrivania.
Fogli e compiti in classe da correggere erano sparsi un po' ovunque.
Con fatica raggiunse la stanza da letto, si sedette sul materasso, si tolse la veste e portò una mano alla schiena.
Sapeva ed era tranquilla, ma avrebbe voluto dimenticare.
Le sue dita incontrarono una ferita ed il sangue caldo.

* * *

E' viva.
Severus non riusciva a pensare ad altro.
Viva.
Quindi suo padre gli aveva mentito.
Gli adulti allora avevano mentito.
Le grida, le mani, la febbre.
E quella stupida donna?
Cosa c'entrava Alhena in tutto quello? Come poteva sapere?
E Dora?
Cosa stava succedendo?

Fissava immobile la finestra, al buio.
Ma non c'era nessuno.


* * *

«Dannata.»
Dora imprecò per l'ennesima volta, procedendo a grandi passi nella Foresta Proibita.
«Dannata donna maledetta!»
Camminava travolgendo le piccole piante, le foglie secche, tutto quello che era troppo piccolo per richiedere uno sforzo superiore alla rabbia distratta per essere spostato.
«Ah, ma tanto l'ho capito sai? Ah, io l'ho capito che sei solo una seccatura! Toglierò di mezzo anche te, tanto... in ogni caso, non hai molte possibilità...! Dannata! Dannata e maledetta!»


* * *

Harry Potter era steso nel suo letto, le calde coperte tirate fin sul naso.
I suoi compagni di stanza dormivano già da molto e Ron, come suo solito russava senza risparmiarsi.
Più cercava di scacciarne il ricordo più le immagini di quella notte si facevano vivide, più nitide.
Sirius che cadeva... cadeva e non c'era modo di richiamarlo indietro, non c'era modo di cancellare tutto.
Non c'era via per rimediare.
Non c'era modo di dimenticare.
Come sarebbe bello dimenticare e lasciar perdere tutto il resto; continuare a camminare senza il rimorso che esplode ad ogni giorno, senza il rumore del rimorso nel pensiero.
La memoria del passato è la radice del coraggio o della follia.
Dora Maden avrebbe potuto aiutarlo?
Un vampiro.
Desiderava saperlo, eppure ne era convinto.
Sapeva bene che era solo un modo per non pensare, credere nell'assurdo è solo un modo per non affrontare la realtà, per evitare di ricordare per un po'.
Nessuno possiede la chiave del passato, nemmeno chi ci è rimasto intrappolato.
Non voglio dimenticare.
Nemmeno il dolore.
Non sarebbe giusto.
Non ti farò mai questo, Sirius...


* * *

Dora era furibonda quando varcò la soglia del grande salone.
L'inumana tranquillità che regnava nell'ombra era solo apparenza, perchè Dora sapeva bene che quel luogo pullulava di vampiri come un formicaio di insetti.
Intravedere la struttura del grande salone era impossibile perchè anche quelle poche candele che erano state accese non avevano il potere e la forza di ostacolare le ombre della morte.
Solo un'imitazione di due cose opposte.
Attraversò senza esitare la sala e le sembrò che l'oscurità di quelle belve assetate di vita si ritirasse al suo passaggio, addossandosi di più ai muri, alti e muffiti.
C'era odore di pioggia e di vecchio.
«Mia Signora.»
Una ragazza bionda le andò in contro, sbucando da una piccola porta laterale; le si inginocchiò davanti, lasciando che i lunghi capelli toccassero il pavimento.
«Che vuoi?» domandò seccata Dora.
«Mia Signora, il Consiglio.»
«Che scocciatura!» sbottò e, superando la giovane vampira senza rivolgerle più la parola, si diresse verso il grande scalone che portava ai piani superiori.
In pochi secondi fu al primo piano, davanti alla porta più grossa e imponente. Sospirò.
«Ebbene... tutto si svolge sempre come noi non riusciamo a prevedere.» disse a se stessa, prima di spalancar le porte con la facilità con cui si accartoccia un foglio di carta.


* * *

Quando Alhena ebbe finito di medicarsi meglio che potè, si rivestì e cercò di rimettere in ordine.
Doveva ancora correggere alcuni temi per la lezione successiva.
In realtà non ne aveva alcuna voglia. Raccolse i fogli e li ordinò alfabeticamente.
Si sistemò alla scrivania e accese una candela. Cercò di ignorare il dolore alla schiena, sperando che le ferite si rimarginassero presto.
Guardò fuori dalla finestra; una leggera pioggerellina colorava di luce l'aria della notte.

* * *

La violenza con cui la porta si spalancò fece irrigidire i presenti seduti intorno ad un lungo tavolo di mogano.
«Che cosa volete, allora?»
Dora parlò così piano che sembrò non essere la stessa.
«Mia Signora...» cominciò uno dei vampiri del Consiglio; aveva lunghi capelli neri e una cicatrice sulla guancia.
Il viso, quasi in ombra era parzialmente visibile grazie al candeliere al centro del tavolo.
«Samuel, per favore! Risparmiamoci le sviolinate! Che cosa volete?» disse lei, evidentemente infastidita fermandosi in piedi dietro alla sedia dove solitamente prendeva posto.
Nessuno le rispose, tutti si limitarono a fissarla, anche se non direttamente negli occhi.
«Devo aspettare o tiro ad indovinare?!»
Samuel prese di nuovo parola: «Noi crediamo che sia il momento opportuno per la nascita di una nuova era.»
Dora si voltò verso di lui e lo fissò.
La grossa porta di legno che era rimasta aperta, si mosse all'improvviso sbattendo e cigolando prima di chiudersi a chiave... da sola. I presenti borbottarono.
«Sai una cosa, Samuel? Il tuo modo di esprimerti non mi è mai andato a genio.»
Samuel non replicò rimanendo impassibile. Gli altri vampiri presenti concentrarono la loro attenzione su Dora, tesi come corde di violino.
«Quindi...» continuò Dora, ma fu interrotta; tutti i presenti si alzarono lentamente dalle loro postazioni; davano l'impressione di non essersi mai seduti.
«Capisco.» disse lei con sguardo assente, «Questo vuol dire che credete di risolvere la cosa in fretta. E chi sarebbe l'aspirante erede al trono, eh?» chiese con tono ilare, facendo vagare lo sguardo sulle espressioni dei presenti.
Soltanto Samuel sorrise.
«Oh, Samuel, Samuel... tu non saresti in grado nemmeno di guidare un gregge di pecore.» disse Dora con sarcasmo e il viso velato da un sorriso.
«La tua condotta è sempre stata riprovevole, Dora Maden. E' ora che qualcun'altro prenda il tuo posto.»
«Certo, certo.» disse Dora sorridendo suadente ed avvicinandosi al vampiro.
Quando fu ad un passo da lui allungò una mano e gli accarezzò il viso, passando le dita sulla cicatrice.
«Però dimentichi che, anche se il consiglio è d'accordo, ha sempre governato il più forte.»
Samuel la guardò negli occhi, nonostante fosse molto più bassa di lui, sembrava sovrastarlo dall'alto.
«Sì, lo so bene.» affermò.
Dora rise, afferrandogli di scatto la testa.
«E allora perchè mi stai sfidando?!»
Samuel cercò di divincolarsi dalla presa di Dora, e le urla gli morirono in gola quando lei lo lasciò; la guardò come se fosse la cosa più orripilante che avesse mai avuto la disgrazia di vedere. Poi indietreggiò tremando. Cadde a terra e prese fuoco. In pochi secondi fu soltanto cenere.
Dora, con le braccia incrociate, osservò la scena annoiata: «E fu così che Samuel lasciò in tutti noi un profondo vuoto nel cuore.»
Gli altri vampiri ammutolirono, allontanandosi dal tavolo.
«Fatemi capire... che cosa diamine avevate in mente? Credevate che mi sarei messa da parte solo perchè me lo chiedevate con gentilezza?»
«Dora tu...» balbettò un primo vampiro.
«Non avresti dovuto, questo ti costerà.» disse un secondo.
«Ma davvero?» chiede divertita alzando la mano destra e voltandosi verso di loro con gli occhi sgranati ed il sorriso demoniaco.

* * *

Quando Dora uscì dalla stanza e chiuse dietro di se la porta, sorrideva, allegra come una bambina.
Scese le scale, trovandovi la giovane vampira bionda che l'attendeva nel salone.
«Mi.. mia Signora.» disse inchinandosi frettolosamente. Sembrava tremare, ma Dora non vi fece caso.
«Vai di sopra e cerca di sistemare. Tutta quella cenere mi da fastidio.»
La ragazza bionda si inchinò ancora di più, mentre Dora la oltrepassava per dirigersi verso l'uscita.
«Ah, se te lo domandano...» aggiunse prima di scomparire, «Sono ad Hogwarts.»




[...]
martire docile, innocente condannato
il cui fervore di più attizza il supplizio.


[C. Baudelaire, “Il Lete”, dalla raccolta “I Fiori del Male”]





Fine Undicesimo capitolo.





N.d.A.: Non riesco a capire se questa fic e i suoi personaggi piacciono oppure no. Nessuno si è concesso una critica. Personalmente Dora mi piace molto; è dinamica e viva, nonostante sia un vampiro. Sevvie è passato un po' in secondo piano e spero che i fatti successivi non lo mettano troppo in ombra. Non so bene ancora cosa fare con Harry. Alla fine, contando anche Alhena, che ancora non ha sfoderato tutte le sue carte (come gli altri del resto!), i personaggi principali sono proprio questi quattro.


# Harry Potter (C) J.K. Rowling

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** IL PATTO ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Dodicesimo: IL PATTO


[...]
Odio qualunque tomba e odio i testamenti...


[C. Baudelaire, “Il Morto Allegro”, dalla raccolta “I Fiori del Male”]






Harry Potter non riusciva a prendere sonno.
La sua stanza era avvolta nel buio e la luna brillava limpida e piena circondata dalle stelle.
Sì toccò il collo in cerca di qualche piccolo segno, di qualche cicatrice, ma non trovò nulla; il vampiro di nome Dora non lo aveva morso, non aveva assaporato il suo sangue.
Eppure si sentiva come se lo avesse fatto, come se gli mancasse in fondo qualcosa.
Dora si era portata via la sua tristezza, e aveva lasciato al suo post una nuova forza, una calma che non pensava di poter provare dopo tutto quello che era successo.
Si era chiesto se il vampiro non gli avesse annebbiato in qualche modo i sensi per poi approfittarne e succhiargli la linfa vitale.
Si era soltanto limitata ad intrufolarsi nella sua mente, rivoltandone il contenuto dal profondo?
Non riusciva a darsi pace, perché era certo che fosse avvenuto qualcosa di cui, in un primo momento, non si era reso conto.
Sospirò liberandosi dalle coperte; si voltò a guardare Ron che russava nel letto di fianco al suo.
Decise di alzarsi e di respirare un po' d'aria fresca.
Probabilmente si stava facendo troppe paranoie per nulla... forse aveva addirittura solo sognato tutto.
Non aveva più fatto il sogno con il serpente.
Raggiunse la finestra e l'aprì, esponendosi alla gelida brezza notturna.
Di nuovo quella sensazione di calma si impossessò di lui.
Non c'era nulla da temere.
Guardò in basso nell'oscurità. La luce della luna piena gli permise di distinguere una piccola figura che si avvicinava al castello.
Non seppe spiegarsi come, ma era certo che si trattasse del vampiro.
Non era sorpreso di vederla ed improvvisamente capì: il vampiro aveva preso un po' del suo potere... solo momentaneamente, per superare un ultimo ostacolo.
Quando tutto si fosse concluso, le tristezza sarebbe tornata nel suo cuore...
Chiuse la finestra e tornò a letto.
...Ora, però, era pronto ad affrontarla.


* * *

Dora spalancò la finestra dello studio di Piton e lo chiamò a gran voce, ma la stanza era deserta, lasciata abbandonata.
Notò che la porta era stata lasciata aperta e intuì che cosa fosse successo.
«Maledizione!» imprecò furiosa.
Poi si voltò di scatto verso la Foresta Proibita e rimase per qualche secondo completamente immobile sul davanzale, come se fosse un ornamento di pietra posto a difesa dell'edificio.
«Ma che fretta!» disse poi.


* * *

A volte è molto difficile risalire al principio di una storia.
Capita spesso che ci si dimentichi come qualcosa sia cominciato, non sapendone spiegare le conseguenze sul presente che viviamo.
E' un po' come scavare nella sabbia: è facile quando non si è molto lontani dalla superficie, ripercorrendo il passato a noi più prossimo che è più nitido per definizione. Ma nel momento in cui decidiamo di andare più a fondo, di scavare più in profondità, la sabbia diventa compatta e bagnata ed avanzare anche di pochi centimetri diventa molto faticoso.
Nonostante tutto, Dora e Severus ricordavano bene il giorno in cui si erano conosciuti e tutto quello che ne era conseguito. Si dice che chi prova risentimento abbia la memoria di un elefante.
Che questo cammini sull'acqua o meno, però, è un altro discorso...

«Ehi, tu! Ragazzino! Ehi!»
«Non sono un ragazzino.» disse in maniera del tutto indifferente Severus, sfogliando l'ennesima pagina del volume di magia che stava leggendo.
«Un uomo di certo non sei.»
Severus non prestò attenzione alla provocazione limitandosi a concentrarsi sulle parole del libro.
Si sistemò meglio sulla sedia di fronte alla cella che gli era stato ordinato di tenere d'occhio. Gli sfuggiva il motivo di tutto quell'interesse per un comune vampiro, e nonostante tutti i tentativi di lei di attirare la sua attenzione, continuava imperterrito nella sua occupazione.
La ragazza al di là delle sbarre sbuffò aggrappandosi con le dita nivee ad esse.
«Chiedo solo un po' di sana educazione per una conversazione civile! Mi chiamo Dora e tu?» aggiunse con tono più subdolo.
Severus senti un lieve formicolio alla fronte, come se la punta di una piuma lo stesse solleticando. Spalancò gli occhi e di scatto mise mano alla bacchetta, lanciando contro la cella una fattura.
Gli schizzi di magia rimbalzarono fra le pareti mentre la ragazza si raggomitolava vicino alle sbarre tenendosi la testa con le mani.
«Ma quanto siamo permalosi!» si lamentò cercando di farsi più piccola ed evitare gli ultimi balugini dell'incantesimo.
«Prova ancora una volta ad entrare nella mia mente e ti ammazzo!» minacciò il ragazzo, riprendendo in mano il libro che gli era caduto sul pavimento.
«Oh, non ti preoccupare, qualcuno ci ha già pensato prima di te! Ricordi? Sono un vampiroooo!!» disse agitando le mani fuori dalle sbarre nella comica imitazione di un fantasma.
Il ragazzo non le rispose e lei mostrò una smorfia falsamente offesa.
«Dai, sono qui da diversi giorni e nessuno mi rivolge la parola...» disse tentando un approccio differente.
«Ti spiego io qual è il problema!» disse Severus abbandonando le pagine del volume, «Tu hai fame, hai bisogno di bere del sangue e cerchi di...»
«Posso resistere molto tempo senza bere, ragazzino.» lo interruppe ostentando una certa fierezza.
«Bene e allora stai zitta!»
«Dimmi qual è almeno il vostro piano! Volete tenermi qui fino a quando non darò di matto? Davvero una bella trovata!» lo canzonò.
Severus tornò a non prestarle alcuna attenzione.
Dora sbuffò nuovamente: «Che seccatura!»
Passarono molti minuti in un silenzio irreale, interrotto solo dallo sgocciolare del soffitto umido sul pavimento.
«Sei un pozionista, vero?» chiese il vampiro.
Severus alzò lo sguardo dal libro fissandola interrogativamente e allo stesso tempo minacciosamente.
«Il libro.» spiegò, «L'ho capito da quello. Non leggeresti un volume di quelle dimensioni sulle pozioni se non ti interessasse veramente.»
Gli angoli della bocca di Severus si curvarono appena in un sorriso compiaciuto.
«Come sei diventata un vampiro?»
Dora sbattè le palpebre alcune volte e fu il suo turno di sorridere prima di rispondere.
«Quando mia madre è morta, mio padre è caduto in depressione e si è riempito di debiti fin sopra i capelli, così ha pensato bene di vendermi per sanare il proprio bilancio.»
«Ai vampiri?» chiese scettico il ragazzo.
Dora annuì: «Sì. Loro si sono divertiti a vedere fino a che punto potevo essere un comodo giocattolino. Poi uno di loro mi ha ucciso per darmi nuova vita.»
«Gli stavi simpatica.» aggiunse ironico Piton sfogliando un'altra pagina.
«Già...» disse lei in tono piatto, «Appena mi sono risvegliata l'ho ringraziato e l'ho ridotto in cenere e lo stesso ho fatto con il mio vecchio paparino.»
Severus fissò il libro senza leggerlo: «Sei stata fin da subito più forte del tuo creatore?»
Dora sorrise come una bestia demoniaca.
«Si spiega il Suo interesse per te a questo punto.»
Non parlarono per qualche minuto, fino a quando il vampiro non arrivò al dunque.
«Sono stanca. Non posso annullare l'incantesimo che mi lega in questa prigione. Fammi uscire, ragazzino.»
«Non se ne parla.» rispose lui secco.
«Andiamo... con tutto il trambusto di questi giorni chi vuoi che si accorga se un vampiro è un una cella oppure no...»
Ancora una volta l'unica risposta del ragazzo fu il silenzio. Dora non aveva nessuna intenzione di perdere il controllo per il lungo periodo passato senza nutrirsi, così decise di giocarsi l'unica carta che in precedenza aveva funzionato.
«Se ti piace mescolare intrugli, scommetto che ci sono tanti di quegli ingredienti che vorresti poter usare... ma che non si trovano nemmeno a Nocturn Alley...»
La ragazza sbirciò il suo interlocutore silenzioso per scoprire qualche espressione di interesse sul suo volto, ma non ne trovò.
«E' un vero peccato che io sappia dove trovarli... ma che al momento io sia costretta qui dentro. Non ti pare?»
Severus non rispose.
La voce di Dora si abbassò di tono: «Che ne dici di fare un patto?»
Piton non alzò gli occhi dal libro né tanto meno rispose alla domanda, ma il vampiro aspettò con pazienza che Severus ponderasse la proposta.
Finalmente, dopo non molto, la risposta arrivò.
«Ti sto ascoltando.»




[...]
nell'oblio dormire come nell'onda uno squalo...

[C. Baudelaire, “Il Morto Allegro”, dalla raccolta “I Fiori del Male”]




Fine Dodicesimo capitolo.



N.d.A.: "il Suo interesse" è ovviamnte quello del Signore Oscuro.

# Harry Potter (C) J.K. Rowling

Risposte alle recensioni:
x Sihaya: per prima cosa ti chiedo perdono! Ci ho messo un'eternità ad aggiornare, spero di concludere questa storia in fretta. Quando mi passa la voglia inizio a scrivere male!
@__@ perchè di solito scrivi bene?
Vabbè, mi ritiro nel mio angolino....
Sì, mi ritrovo molto in Dora e mi diverto un sacco a scrivere di lei! Credo di somigliarle, sì. Magari a fic finita potrò spiegare cose che qui ancora non posso dirti! Sevvie for president! XDD
Alhena deve ancora tirare fuori le sue carte, non è ancora il suo momento, anche lo spazio principale è riservato a Dora e a Piton. Sono contenta che ti piaccia Kirk! L'idea di un gufo "imbranato" mi ha sempre fatto sorridere e ho deciso di usarla! Mi fa piacere che tu abbia un debole per lui! ^_^
Non mi sorprende che sulla trama non ti pronunci ancora... perchè è davvero una cosa che mi sono inventata di sana piante e se la indovini vuol dire che mi leggi nel pensiero! Lo sai che adoro la suspance! *_* Ti ringrazio di tutti i tuoi complimenti, sei sempre troppo gentile. No, Malfoy non ha più alcun ruolo nella storia, all'inizio avevo cercato di "incastrare" anche lui nel mio puzzle, ma sto "sfoltendo" molto quello che inizialmente mi ero immaginata! Baci!
x SeventJ: wow, grazie di aver commentato tutti i capitoli!! *_* Ti adoro, che voglia! XDD
Lasciami dire che i capitoli sono volutamente corti; non sono famosa per essere prolissa! XD
L'idea di una insegnante di difesa donna credo sia abbastanza fuori dagli schemi della Rowling... e di Severus! I dialoghi fra lui e Dora a volte sono volutamente molto veloci proprio perchè è Dora ad essere così. E' molto furba e Piton lo sa bene, per questo è abbastanza cauto, ma forse anche un po' nervoso (?) quando parla con lei, dopotutto è sempre un vampiro.
Il dialogo fra harry e Dora del capitolo 8 è il frutto di un lungo ragionare, così come l'ultima parte in cui compare Narcissa. Ho riscritto i vari pezzi molte volte, specialmente l'ultimo, riducendolo all'essenziale, in fondo doveva essere solo un indizio.
Harry purtroppo come avrai capito da questo capitolo è stato solo una pedina.
Grazie di aver letto e recensito questa mia fic, mi rende felice sapere che qualcuno se ne interessi! Grazie ancora, baci!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** IL GATTO ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Tredicesimo: IL GATTO


Vieni, mio bel gatto, sul mio cuore innamorato,
[...]

[C. Baudelaire, “Il Gatto”, dalla raccolta “I Fiori del Male”]




Dora esitava nell'ufficio di Piton guardando malissimo la porta che conduceva al corridoio, come se le avesse fatto chissà quale torto. Si avvicinò ad essa, si ritrasse, fece un giro su se stessa, come una tigre in gabbia. Detestava farlo, ma non c'era altra scelta. Si avvicinò di nuovo, si fermò e sbuffò. Fece un passo indietro e finalmente si decise: con un salto ad occhi chiusi attraversò il confine della porta che delimitava anche il raggio d'azione concessole senza che l'incantesimo a protezione del castello avesse effetto.
Aprì un occhio, e poi l'altro; si guardò le mani. Erano normali. Si guardò il resto del corpo: era normale anche quello.
Imprecò e maledisse, tornando a grandi passi nello studio e ripetendo l'operazione una seconda volta, ma nemmeno allora qualcosa cambiò nel suo aspetto.
«Che seccatura!» ringhiò tornando nello studio una terza volta, «Ecco cosa succede quando perdi l'abitudine!» aggiunse frustrata, portandosi le mani alle tempie.
«Calma, Dora, calma...» si disse, «Prova a ricordarti come hai fatto l'ultima volta a far funzionare questo stupido incantesimo!»
Si spremette le meningi per un po' fino a quando fece ricadere le mani lungo i fianchi. Mosse un passo lentamente verso la porta, ad occhi chiusi, sperando che tutto andasse nel verso giusto: non poteva attraversare il castello con le sue normali sembianze, doveva ad ogni costo lasciare che la magia agisse su di lei, anche se non ne aveva il potere.
Finalmente il suo corpo si ricoprì si una luce verdognola, la solletico irritandola e scomparve con un sonoro -puff!- lasciando al suo posto una nuvola di fumo e una gatta nera.
L'animale inarcò la schiena soffiò e poi si sedette dedicandosi un momento al proprio pelo prima di avviarsi verso le scale.


* * *

Rabbia. Ecco cosa provava Severus Piton mentre percorreva a grandi falcate scale e corridoi. C'era qualcosa che non aveva notato, qualcosa che gli era sempre stato sotto al naso, ma a cui non aveva mai prestato attenzione.
Spalancò la porta senza darsi la pena di bussare ed entrò nell'ufficio di Alhena Inimeg.
«Tu!» sbraitò Piton, gli occhi ridotti a due fessure.
Alhena si trovava in piedi di fronte alla piccola libreria, reggeva un grosso volume fra le mani e pareva dovesse farlo cadere a terra da un momento all'altro.
«Pro... professor Piton...» balbettò sorpresa e spaventata.
La stanza era piccola e poco arredata, su un trespolo vicino alla scrivania stava Kirck, il gufo della professoressa, il quale, non appena Piton entrò nella stanza arruffò le piume con un acutissimo strillo e poi, come se nulla fosse, passò ad occuparsi della pulizia del proprio piumaggio.
Il professore di Pozioni lo ignorò: «Come lo sai?» chiese minaccioso, avvicinandosi di un passo alla donna.
Gli occhi spalancati e i capelli arruffati che contornavano il viso parlavano per lei: non aveva la più pallida idea di quale fosse l'argomento della violenta conversazione.
«Come fai a saperlo?!» ripeté Severus.
«Cos..?» biascicò lei, ma non riuscì a finire la frase perchè, incalzante e fuori di sé Piton continuò: «Come fai a sapere di mia madre?! Cosa è successo quando...»
Ma il professore non cocluse mai la domanda, con uno scoppio e qualche colpo di tosse, la stanza si riempì di fumo e una voce li interruppe: «Sei sempre il solito, Severus!»


Dora tossì, agitando la mano davanti a sé per disperdere il fumo.
«Magia.» disse quasi disgustata «Che seccatura!»
Alhena fece un passo indietro, facendo aderire la schiena alla libreria e stringendo fra le braccia il volume.
«Vai via...» sussurrò rivolta al vampiro.
«Muori, maledetta!» sibilò Dora acida mentre Kirck la fissava con i grossi occhi tondi.
«E cos'hai tu da guardare?!» ringhiò contro all'uccello che rizzò il collo come una gallina.
Piton sfoderò la bacchetta puntandola contro Dora: «Dimmi che cosa diavolo hai combinato, Dora!»
«Abbassa quell'affare, mi dai fastidio... Severus!» disse, aggiungendo il nome di Piton come nota canzonatoria; «Di cosa vogliamo parlare, eh?! Di come ti ho preso per i fondelli, magari!?» disse alzando il tono della voce.
«Farà bene a rispondere signorina Maden...» tutti i presenti si voltarono riconoscendo nella voce il Preside Silente, bacchetta alla mano, sulla soglia della stanza, «...o mi vedrò costretto ad intervenire personalmente.»
«No...» disse Dora sorridente, «...lei non farà nulla del genere. Perché presto avrà problemi ben più numerosi di me.»
Alhena cominciò a singhiozzare e Severus notò ancora una volta quell'espressione persa e stanca sul volto della donna.
«Signorina Inimeg...?»
Alhena si afflosciò scivolando a terra, come un involucro vuoto; Silente le fu subito accanto, sorreggendola. Le mise una mano sulla schiena e subito la rialzò guardandola: Piton notò con spavento che era ricoperta di sangue.
«Albus...» disse un'altra voce, chiamando il preside dalla porta: Minerva McGranitt stava sulla soglia, ma non era sola, la professoressa teneva per le spalle Harry Potter, gli occhi vuoti, apparentemente privo di conoscenza.
«Ridammela.» disse Harry con voce atona.
«Serve a me, la riavrai presto, non scocciarmi!» protestò Dora irritata avvicinandosi a passo indietro alla finestra.
«Minerva, Harry starà meglio fra non molto, non appena la signorina Maden avrà la benevolenza di restituirgli quello che gli ha sottratto.»
Piton avrebbe voluto replicare, dato che si sentiva l'unico nella stanza ad essere all'oscuro di quello che stava succedendo, ma si bloccò: senti improvvisamente freddo all'altezza del petto, così come quando avvertiva la presenza di Dora, ma questa sensazione era molto, molto più intensa.
Il vampiro raggiunse la finestra e la spalancò: il cielo era scuro, ma c'era qualcos'altro in esso, qualcosa di piccolo, distante, numeroso e pericoloso.
«Senza tanta fretta, Silente.» disse Dora, contemplando quello che pareva essere per lei uno spettacolo sublime.
«Folle!» strillò Severus ad occhi spalancati, «Cosa hai fatto per...?»
«Ho sterminato il consiglio.» rispose lei, lentamente, assaporado ogni parola con un sorriso beato sul volto.
Alhena mugolò e serrò i denti agitandosi, come se stesse lottando contro qualcosa di invisibile.
«Vogliono ucciderti...» disse Piton, comprendendo il senso di quella spiegazione.
«Nei suoi piani fin dall'inizio, scommetto.» intervenne Silente.
«Sì, stupido vecchio! Nei miei piani fin dall'inizio, sì!» disse come un serpente che sputa veleno.
«Potter... cosa c'entra Potter?» chiese Severus come se gli fosse venuto in mente solo in quel momento.
«Non troppo saggio da parte tua, Dora.» disse Silente, poi si rivolse alla professoressa di trasfigurazione: «Dobbiamo portarla subito in infermeria...» disse riferendosi ad Alhena.
«Saggio!?» sbraitò Dora, «Silente, lei forse non capisce la situazione: questa cosa è positiva per entrambi!»
Alhena lanciò un grido di dolore contorcendosi.
«Non resisterà ancora a lungo.» aggiunse Silente aiutando la McGrannit a sollevare la donna.
«Positiva?» chiese Minerva cercando di non far procedere nella stanza Harry che sembrava completamente privo di coscienza.
«Sì, vecchia bacucca! PO-SI-TI-VA! Ma perché dovete ripetere sempre tutto quello che dico?! Provate a ragionare: i vampiri non si uniranno mai a voi! Io li ho portati qui, voi mi date una mano... quale occasione migliore per togliervi di mezzo tutti questi vampiri?!»
«Hai sterminato il consiglio, ma allora... tu sei il loro...?» Severus stava ancora cercando conferme della teoria che pian piano stava elaborando.
«Ovvio, Severus, anche se userei il passato, dato che da questa sera non mi obbedisce più nessuno, credo di averli fatti arrabbiare un tantino...» sbuffò Dora.
«Da quanto progetti tutto questo?» chiese ancora Piton.
«Dal giorno in cui sono morta. Cerco vendetta da qual giorno! Proprio tu dovresti riuscire a capirmi... Perseo.» rispose gelida.
Silente intervenì: «Perché non ti unisci a noi, ne ricaveresti sicur...»
«A voi... unirmi...?» lo interruppe Dora come se il preside avesse appena detto la cosa più orribile che potesse sentire, poi, inaspettatamente, urlò come in preda ll'ira più devastante: «IO NON SONO LA SERVA DI NESSUNO!!»
Dora si voltò verso la libreria che stava vicino alla finestra, la afferrò e scaraventò a terra tutto quello che conteneva. I libri, non appena raggiunsero il pavimento, presero fuoco e si incenerirono all'istante.
Piton spalancò gli occhi tanto che credette che potessero uscirgli dalle orbite.
Dora, ansante, si arrampico sulla finestra dando a tutti le spalle, poi si girò, mostrando il profilo: bellissima e perfetta, al di sopra di tutte le cose mortali.
«Io non sono la serva di nessuno.» ripeté piano, come se volesse riferirlo solo a se stessa. Poi si lasciò cadere, precipitando; i suoi abiti fluttuarono nel vento della notte.



[...]
Il suo sguardo, profondo e freddo come il tuo, amabile bestia,
taglia e fende simile a un dardo, e dai piedi alla testa
un'aria sottile, un temibile profumo
ondeggiano intorno al suo corpo bruno.

[C. Baudelaire, “Il Gatto”, dalla raccolta “I Fiori del Male”]





Fine Tredicesimo capitolo.



N.d.A.: Manca poco ormai alla fine della storia, anche se ci sono ancora molti misteri. Chiedo scusa per il ritardo che riesco ad accumulare fra un capitolo e l'altro. E chiedo perdono anche per tutti i piccoli errori di battitura che posso esserci stati nei capitoli, per le ripetizioni e per alcune frasi davvero intricate che ho scritto in precedenza, spero che il capitolo vi piaccia.


# Harry Potter (C) J.K. Rowling


Risposte alle recensioni:

x SeventJ: ti ringrazio dei complimenti, mi piace scrivere i dialoghi! Ci ho messo un tempo indefinito, ma alla fine sono riuscita ad aggiornare!
x Sihaya10: beh, ti ringrazio, ma in effetti la motivazione, non è più molta... è passato molto tempo da quando ho cominciato! Mi piace scrivere, ma questa fic non è proprio venuta come avrei voluto. Me lo dici spesso che scrivo in modo cinematografico, forse dovrei scrivere sceneggiature per orribili film, invece che orribili fanfic! XDD Il paragone rocrdi-sabbia, mi è venuto sul momento, ogni tanto sbatto la testa, sai...Le tue recensioni sono sempre graditissime! Baci!^^

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** PIPISTRELLO ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Quattordicesimo: PIPISTRELLO



Improvvisamente delle campane sbattono con furia
E lanciano verso il cielo un urlo orrendo
Simili a spiriti vaganti senza patria
Che si mettono a gemere ostinati
[...]

[C. Baudelaire, “Spleen”, dalla raccolta “I Fiori del Male”]



Dora planò fino al terreno umido che circondava la scuola come un uccello nel buio di quella notte spettale, i suoi occhi di vampiro si mossero veloci ad esaminare quello che la attendeva prima di toccare il suolo.
Sorrise di febbrile eccitazione nel constatare che tutto si stava svolgendo come aveva programmato, come si era immaginata. La sua vendetta era vicina e, finalmente, dopo così tante notti, sarebbe forse riuscita a rivedere il sole.
Un numero imprecisato di vampiri si stava avvicinando inesorabilmente al castello di Hogwarts; eliminare i membri del consiglio del proprio clan era una colpa gravissima, della quale Dora si era macchiata volontariamente.
Dora Maden rappresentava un errore da correggere, un imprevisto da eliminare, un pesce pericoloso, una potente forza che nuotava contro il loro volere.
Dora detestava i vampiri.

* * *

Severus seguì Silente, percorrendo velocemente i corridoi e scendendo a perdifiato le scale; non era affatto difficile immaginare quanto il Preside potesse essere preoccupato della situazione. I quadri appesi alle pareti di pietra bisbigliavano fra loro, Piton poté notare sul volto di alcuni dei personaggi rappresentati un'evidente preoccupazione.
Qualcuno lanciava un gridolino per poi scomparire in un'altra cornice, altri si chiamavano fra loro per avere notizie. Silente li ignorò e continuò a camminare a passo spedito fino a quando non arrivò alla base della scalinata principale, davanti al grande portone. Piton si era distratto a guardare tutti i professori che già si erano lì riuniti e per poco non urtò il Preside.
«Bene.» disse Silente raggiungendo il gruppo di insegnanti «Madama Chips, Minerva ha bisogno di una mano negli appartamenti della signorina Inimeg.», si passò una mano sulla lunga barba canuta osservando la donna correre verso la rampa di scale e continuò dicendo ad ognuno di loro cosa fare e dove posizionarsi esattamente. C'era bisogno di proteggere il castello, di proteggere gli studenti.
Piton si sentì improvvisamente nervoso all'idea di dover andare in un'ala del castello da cui non sarebbe stato possibile osservare la scena che si stava preparando, ma il vecchio professore cancellò il suo timore: «Severus, tu verrai fuori con me. Gazza, per favore, chiuda il portone dopo che saremo usciti.»
Il custode, che aveva raggiunto da poco il gruppo che già si disperdeva, lo guardò per un attimo con occhi sgranati, poi annuì con Mrs Purr che si nascondeva fra le sue gambe.
I due maghi attraversarono la soglia e poterono vedere, parecchi metri più avanti, fra il velo dell'umidità che si alzava dal terreno, la figura piccola e scura del vampiro, che aspettava paziente l'arrivo dei suoi simili.
«Professore...» disse Severus, una volta che Gazza fece quello che gli era stato chiesto. Si sentiva curioso, ma allo stesso tempo come un fascio di nervi: «E' possibile, è davvero possibile secondo lei che Dora... ecco, ha visto anche lei...»
Il pericolo non lo preoccupava, solo una sete incondizionata di sapere lo animava come la fiamma di una candela in una stanza vuota e buia.
Lo sguardo di Silente attraverso le lenti a mezza luna bastò al Professore di Pozioni per tacere all'istante e rendersi conto che il suo atteggiamento non era esattamente ciò che il Preside si aspettava da lui.
«Severus...» disse prendendo gli occhiali e strofinando le lenti con un lembo della veste, «Se mi stai chiedendo se Dora Maden sia una strega fatta vampiro, la risposta è ovviamente no. E' proibito dagli stessi vampiri, non per motivi etici o per valori particolari, ma semplicemente... i vampiri stessi sanno che la cosa sarebbe quanto mai pericolosa. Una mago fatto vampiro sarebbe incontrollabile e troppo potente da tenere a bada... sarebbe una minaccia e niente di più.»
«Ma anche lei hai visto i libri! Fuoco! Voglio dire: se non è stata una strega, non c'è altra spiegazione...»
«Davvero?» disse l'anziano mago risistemandosi gli occhiali sul naso e guardandolo con espressione vagamente assorta.
Severus lo fissò con una smorfia interrogativa dipinta malamente sul volto; distolse lo sguardo dal Preside e lo portò su Dora, lontana. Poi spalancò gli occhi e dischiuse le labbra voltando di nuovo la testa.
«Non... non sarà che...» disse fissando Silente e il mago gli restituì lo sguardo in maniera eloquente.
«Pensiamo a difendere il castello.» disse poi il Preside alzando la bacchetta.

* * *

Improvvisamente i suoni vennero ingoiati dal nulla per poi ricomparire all'improvviso, forti e fastidiosi. Dora parò appena in tempo un colpo nato dalla nebbia. Il vampiro che l'aveva attaccata fece un lungo salto indietro raggiungendo altri compagni che sembravano apparsi come gocce di pioggia.
Si avvicinavano lenti e senza fretta; erano numerosi come le stelle e i loro occhi brillavano gialli e famelici come bestie del demonio. Lampi di rosso sangue nella voglia di ognuno di loro.
«Dora Maden...» cominciò un dei vampiri con tono solenne, «...il Gran Consiglio d'Inghilterra ti condanna...» ma non poté concludere perché la sua voce fu fagocitata da grida di dolore; alcuni vampiri si stavano dimenando sul terreno, prendendo fuoco come se fossero stati cosparsi di benzina, prima di incenerirsi e scomparire lasciando solo l'eco della propria voce.
Dora sorrise, ubriaca di potere: «Che seccatura!»
Si lanciò contro di loro, senza timore, graffiando, colpendo, mordendo e appiccando il fuoco di cui possedeva il potere. Girò su se stessa per riprendere l'equilibrio dopo aver assestato un colpo violento e guardò in alto: un vampiro dai lunghi capelli biondi, tanto da sembrare bianchi, si avventò su di lei trascinandola a terra. La prese per il collo cercando di affondare con quanta più forza poteva le dita nella carne di lei: «Non mi sei mai piaciuta...» disse ringhiandole addosso, ma Dora non prestò la minima attenzione alla sue parole. Si oppose al suo peso afferrandogli le braccia e scaraventandolo verso il limitare della Foresta Proibita; il vampiro biondo, dopo l'impatto con un grande albero, si riprese lanciandosi di nuovo verso di lei, ma non appena Dora riuscì a librarsene di nuovo altri vennero a prendere il suo posto buttandola sul terreno con la faccia nel fango.

Da lontano intanto, Silente osservava la scena accanto a Piton che stava un passo avanti al Preside. Il cuore del professore batteva forte nel petto; si girò per interrogare il volto dell'anziano mago. Il freddo stava arrossando le gote di entrambi, ma la tensione li faceva apparire quanto mai pallidi. Fu in quel momento che Severus trattenne il respiro: la sensazione era come di aver perso il contatto del terreno sotto i piedi.
Un vento caldo li invase costringendo i due maghi a coprirsi il viso con le braccia; poi un rumore, grande, forte... come un'esplosione.
Le fiamme divamparono seccando e bruciando l'erba, estendendosi su una superficie di parecchie centinaia di metri intorno al corpo piccolo e minuto di Dora.
Quando Severus riaprì gli occhi notò che Silente aveva fatto qualche passo avanti ed adoperava già la sua magia per evitare che i vampiri si avvicinassero troppo.
«La signorina Maden...» disse poi con calma «...ha effettivamente elaborato un buon piano, ma allo stesso tempo...» si interruppe per far vibrare nell'aria la bacchetta con un colpo deciso ed impedendo ad un piccolo gruppo di proseguire oltre verso il castello, «...non ha considerato le possibili intenzioni dei suoi simili.»
Piton guardò attorno a sé con più attenzione: macchie scure ad indistinte alegiavano nei pressi delle mura, muovendosi lentamente, come pregustando un saporito boccone.
«Vogliono eliminarla e allo stesso tempo attaccare il castello?» chiese Severus alzando la voce per superare in volume quello delle grida dei non-morti che cadevano in cenere sul tennero.
«Esattamente.» disse Silente urlando a sua volta, «Così come lei ha pensato bene di portarli qui per essere aiutata inevitabilmente, così loro hanno pensato di prendere due piccioni con una fava.»
Il vecchio mago concluse l'incantesimo, poi, inspiegabilmente, arretrò di qualche passo.

* * *

Dora stava seduta per terra dopo quella violenta vampata che era riuscita a generare e rideva. A bocca spalancata, verso il cielo, rideva. Molti dei vampiri erano caduti, resistevano solo i più forti e i più codardi che la guardavano con circospezione, come si può guardare una tigre pronta a scattare. Dora sorrise ancora, appoggiò una mano sulla terra e si tirò su con uno slancio, pronta a riprendere la lotta, ma fu proprio allora che accadde.

Severus si voltò verso il Preside capendo intuitivamente che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Non ebbe il tempo di formulare una domanda perché uno schianto violento glielo impedì.
Vetri che andavano in frantumi, mattoni e pietre che ricadevano su loro stesse, un urlo lacerante, profondo.

Una creatura alata sembrava essere stata partorita dal castello mentre la polvere si espandeva dissolvendosi nell'aria. Ali nere, come di un gigantesco pipistrello si spiegarono nell'aria di quella notte ormai debole. Il mattino si stava avvicinando mentre il cielo pian piano si schiariva e le stelle si affievolivano.
Dora non poté evitarla quando si avventò su di lei con tutta la sua furia e la sua rabbia.




Quando la terra è trasformata in umida prigione,
Dove come un pipistrello la Speranza
Batte contro i muri con la sua timida ala
Picchiando la testa sui soffitti marcescenti;
[...]

[C. Baudelaire, “Spleen”, dalla raccolta “I Fiori del Male”]




Fine Quattordicesimo capitolo.



N.d.A.: Come al solito sbaglio i miei calcoli, il capitolo avrebbe dovuto concludersi più avanti rispetto alla storia, ma mi sono dilungata a descrivere il resto e lascerò tutto per il gran finale del capitolo 15 (che sarà lunghissimo a quanto pare!). Spero che la mia fanfiction stia continuando a piacervi! Grazie a tutti voi!


# Harry Potter (C) J.K. Rowling


Risposte alle recensioni:

x LesFleurDuMal: grazie della tua recensione, sono felice che la storia ti sia piaciuta e spero che il finale non ti deluda! Fammi sapere cosa ne pensi!
x eleblack: mille grazie dei complimenti, se non avevi capito che 'suo' era riverito al Signore Oscuro, allora ho fatto bene a specificarlo! In questa fic mi sono lasciata andare e ho continuato a "saltare" da una scena all'altra, facendo forse il contrario di quello che sembrava nei primi capitoli. Lo stile cambia molto anche perchè è passato molto tempo da quando ho scritto la prima parte. In ogni caso mi fa piacere che questo spezzare la situazione risulti gradito, forse semrve anche per mantenere viva l'attenzione ed evitare che qualcuno si addormenti sulla tastiera! XDD
x Shizuka: il "vecchia bacucca" mi è venuto così... quasi spontaneo! No,a parte gli scherzi me la sono immaginata e ho creduto che potesse benissimo straci una fra del genere! Il finale sta arrivando e credo che suderò parecchio per scriverlo, dato che è dall'inizio che lo ripasso nella mia mente! Spero che non risulti una schifezza...
x Sihaya10: ciao! come al solito mi ricopri di complimenti e io non posso fare altro che ringraziarti di tutto cuore e chiedermi se forse non sei troppo buona con me. Il capitolo 13 mi ha dato molto da fare perchè non si è lasciato scrivere facilmente, diciamo. Ho dovuto pensare parecchio ai particolari e a come combinarli fra loro, quindi mi fa piacere che ti sia piaciuto. La scena della fuga di Dora piace molto anche a me, anche se in realtà fa all'incirca la stessa cosa di quando, all'inzio, va via dallo studio di Piton... qui forse l'ho solo reso un po' più spettacolare. Questa fanfic è trascurata, come ben dici, e si nota, ma sforzarmi contro voglia credo che peggiorerebbe solo le cose e poi effettivamente credo che concentrarsi sui personaggi principali sia, in questo caso, la cosa migliore, così almeno non ne vien fuori una schifezza! Essendo Dora il personaggio principale è quello che inevitabilmente deve avere più coerenza con la storia e più "spessore" appunto. Avrebbe meritato un contorno migliore, questo è sicuro (non lo dico per autolodarmi, ma è la verità: la fic sarebbe venuta meglio)... in ogni caso, spero di aver mantenuto viva la fiamma dei personaggi i quali, anche se spogliati di un giusto e degno scenario, vorrei che riuscissero a trasmettere qualcosa, non necessariamente i significati che io ho pensato... solo qualcosa, che può essere diverso per ognuno, ma che non renda questa mia storia vuota. Il capitlo 14 è qui, non ti ho fatto aspettare tanto questa volta, no? Baci!!
x Valery_Ivanov: ti ringrazio moltissimo dei tuoi complimenti, mi lusinghi, ma la cosa che più mi fa piacere è che la storia ti possa piacere, insomma che crei il piacere di essere letta non solo per l'aspetativa della trama. L'idea dei vampiri è nata per caso, non essendo ben chiara la noro scontate altre, spero che questo vada bene...

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** MATTINA ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Quindicesimo: MATTINA




[...]
Silenzi e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura.
[...]

[G. Leopardi, “L'infinito”, dalla raccolta “Canti”]





Ron ed Hermione correvano a perdifiato giù dalle instabili scale di Hogwarts, il panico generale aveva permesso loro di eludere la sorveglianza degli insegnanti e di sgattaiolare fino all'infermeria dove la McGrannit aveva detto di aver portato Harry quando le avevano chiesto notizie dell'amico.
Li seguivano qualche gradino più lontano Luna Lovegood e Neville che pareva fare più fatica di tutti a tenere il passo degli altri Grifondoro, mentre Luna sembrava a proprio agio come al solito muovendo agilmente e in maniera inaspettatamente aggraziata le gambe sotto la pesante gonna invernale.
I ritratti nei quadri appesi alle pareti erano troppo occupati a preoccuparsi per curarsi di loro e i ragazzi erano troppo presi dalla situazione per far caso ai loro mormorii.
Se almeno Hermione si fosse resa conto che l'argomento del loro borbottare era il medesimo, forse ne avrebbe potuto trarre qualche informazione interessante sulla situazione.
Invece la ragazza continuava a ripetere, più a se stessa che agli altri: «Vampiri... non è possibile! Vampiri!»
Ron, il quale non sapeva se la ragazza stesse o meno parlando con lui, biascicava più o meno la stessa solfa, forse con l'aggiunta di 'Hogwarts' e 'quello stupido Harry' in qualche frangente.
«Non preoccupatevi per Harry.» disse Luna soave e con calma.
Non appena Ron ed Hermione si accorsero di essere arrivati, sollevarono lo sguardo, notando che la Corvonero era qualche passo avanti a loro e sorrideva, non aveva l'aria di aver corso affatto.
«Luna...» ansimò Neville, «...ma come diavolo...»
«Ssst!» sibilò Ron coprendo la bocca del compagno con una mano e trascinando il poveretto nell'infermeria, subito seguito dalle ragazze.
La porta cigolò, l'oscurità della stanza era debole e permise loro di individuare l'unico letto occupato. Harry Potter stava disteso e si dimenava debole con voce roca, trascinando le parole fino a quando non sembravano uscire di forza dalla sua bocca: «Ridammela, è mia...»
Madama Chips stava china su di lui e tentava di tenerlo fermo, premendogli un panno bagnato sulla fronte; non appena si accorse di loro cominciò ad urlare dicendogli di tornare immediatamente nelle proprie stanze comuni, ma un boato assordante all'improvviso coprì qualsiasi altro rumore.
Il castello tremò e sembrò ululare, il vento invase l'infermeria, frammenti di vetro e pezzi di roccia si infransero sul pavimento. Ron buttò Hermione per terra e gridò con tutto il fiato che aveva: «Giù!! State giù!!»
Luna e Neville si buttarono in fretta sul pavimento proteggendosi la testa con le braccia.
«Madama Chips!!» strillò Hermione accanto a Ron mentre la donna gridava a sua volta: «Non muovetevi!!»
Quando la polvere e i detriti cominciarono a dissolversi aiutati dal vento, i quattro ragazzi alzarono lentamente la testa; un grosso squarcio si era aperto nelle mura e mostrava il panorama circostante. Il cielo nero della notte cominciava a far spazio a quello più chiaro e caldo del mattino; il parco fumava come se fosse stato bruciato, la foresta ondeggiava in una lugubre danza e due figure si scontravano in lontananza.
«Datemi... una mano!» disse all'improvviso Madama Chips in evidente difficoltà: Harry si era alzato dal lettino e, sebbene trattenuto dalla donna, continuava ad avanzare verso il buco nella parete, tentendo le mani verso di essa.
«L'ha presa... l'ha presa lei...» disse atono.
Ron ed Hermione si precipitarono verso l'amico, afferrandolo e costringendolo a sedersi sul pavimento.
«Harry! Harry, rispondi!» disse Ron scuotendolo, il naso e i vestiti sporchi.
«Madama Chips, cosa è successo ad Harry? E cosa...?» chiese Hermione coi capelli tutti arruffati, voltandosi verso la parete ormai in frantumi.
Neville e Luna si avvicinarono, anch'essi con gli abiti impolverati, Neville tossì mentre Luna puntava il dito verso lo squarcio: «Cos'è quella cosa con le ali giganti di un pipistrello? Volevi dire questo?» chiese tranquilla con voce cristallina.

* * *

Il mostro alato si scagliò su Dora senza lasciarle nemmeno un secondo per reagire. Con un grido di rabbia e violenza la atterrò e sfogò sul corpo del vampiro la sua ira producendo sotto di loro una grossa e informe buca nel terreno.
La creatura alata dagli occhi fiammeggianti le urlò diabolica in faccia, si mise a cavalcioni su di lei e spostò la presa ferrea degli artigli dalle spalle al collo del vampiro nel tentativo di strangolarla o, più presumibilmente, di staccarle la testa.
Dora urlò con tutte le sue forze, cercò di liberarsi con la forza, ma il potere di quella creatura sembrava impedirle di fare alcunché.
Le grandi ali nere erano chiuse su di loro impedendo il passaggio alla flebile luce mattutina che stava già inducendo alcuni dei vampiri supersiti a battere in ritirata.
«No...!» disse Dora accorgendosi di quanto stava accadendo e afferrò i polsi dell'avversaria ringhiando: «Maledetta...!»
Quella si divincolò con un rantolo animale spiccando un salto verso l'alto e tornando a volare, senza veramente dar segno di rendersi conto di ciò che le stava accadendo. Le sue ali sbatterono più forte un paio di volte, portandola più in alto; mentre Dora si massaggiava il collo guardandola dal basso poté notare che il mostro alato si guardava i polsi bruciati, tentando di alleviare il dolore leccando le parti lese dal fuoco.


* * *

Severus e Silente intanto avevano percorso parecchi metri verso il luogo dello scontro accorciando la distanza che li separava dai contendenti.
Poterono vedere il mostro alato schizzare verso l'alto con un urlo di dolore.
Piton osservo la scena con occhi spalancati.
«Professore, ma che cosa...?»
Il professore di pozioni si fermò nel porre la domanda perchè voltandosi si era trovato davanti agli occhi il viso teso di Silente. L'anziano mago non sembrò averlo sentito, guardava la scena attraverso le lenti a mezza luna e l'espressione contratta di chi prova solo sofferenza; le braccia erano abbandonate lungo i fianchi, ma erano rigide.
«Preside... si sente bene?» chiese Piton.
«Dobbiamo fermarle...» fu l'unica cosa che riuscì a dire.
All'improvviso un grido li interruppe, dall'alto del castello una piccola macchia nera si stava dirigendo proprio verso la creatura dalle ali di pipistrello.
Severus si voltò di scatto ed aguzzò la vista socchiudendo gli occhi, non ne era certo ma credeva di conoscere quel verso. Infatti non ci mise molto a dedurre che quello che volava poco elegantemente verso la sua fine altri non fosse che il gufo della signorina Inimeg: Kirck.
L'uccello non sembrava accorgersi del pericolo e si tuffò contro la creatura alata gridando a modo suo per attirare la sua attenzione; quella si girò di scatto proprio un secondo prima che il gufo le finisse addosso e lo colpì con violenza tale, che l'animale schizzò precipitando fra le fronde della foresta.
Approfittando del breve momento di confusione Dora si alzò dolorante e, arrampicatasi per uscire dalla buca prodotta poco prima, fece velocemente scorrere lo sguardo intorno a lei: gli altri vampiri si stavano lentamente dileguando, chi per paura dell'imminente sorgere del sole, chi per paura e basta, considerando la situazione già troppo complicata.
Contrariata, Dora non poté far altro che cominciare a pensare a come sbarazzarsi del suo problema più grosso, per poi occuparsi degli altri vampiri, considerando il tutto dal punto di vista delle priorità.
Nel momento stesso in cui la creatura si voltò per colpire l'uccello, Dora spicco un salto verso di lei, la mano destra portata all'indietro, pronta allo slancio per il colpo.

* * *

Hermione tremava accanto a Ron, mentre entrambi aiutavano Madama Chips a tenere fermo l'amico, seduto sul pavimento.
Senza alcun preavviso Harry Potter si buttò a terra in avanti colpendo coi pugni il pavimento, gli amici chiamarono invano il suo nome, ma il ragazzo sembrava non sentire nulla. Poi buttò la schiena e la testa all'indietro inspirando rumorosamente per un tempo che parve infinito, fino a quando il corpo sembrò poter sopportare lo sforzo.
Cadde poi privo di sensi fra le braccia di Ron ed Hermione giusto un secondo prima che una luce accecante esplodesse con gran fracasso.

* * *

Severus si era coperto gli occhi con il braccio sinistro, mantenendo ben salda la presa sulla bacchetta con l'altra mano. Per evitare di essere abbagliato aveva serrato le palpebre con tutta la forza che aveva.
Quando finalmente la luce si affievolì, sentendo le orecchie che fischiavano per il forte rumore attutito dai timpani, cercò Silente accanto a sé. Non aveva ancora recuperato completamente la vista e vide soltanto un'ombra allontanarsi.
Cercò di sforzarsi per sentire, ma fu inutile. Fece qualche passo avanti, sbattendo le palpebre, la semioscurità lo avvolse nuovamente.
Il Preside era scomparso oltre gli alberi della foresta.
Scrollò la testa come fanno i cani quando escono dall'acqua e si disse che seguire il vecchio mago era la cosa più giusta da fare, forse Silente lo aveva anche chiamato ma non poteva esserne sicuro; non si era aspettato quello schianto assordante e non aveva fatto in tempo a proteggersi con la magia come aveva fatto indubbiamente Albus.
Mosse qualche passo in direzione del bosco, poi si fermò voltandosi; le orecchie avevano smesso di fischiare. Il mago notò poco lontano una forma scura che si agitava debolmente sul terreno bruciato.
Tutto il resto era immobile.
Severus si avvicinò a lei lentamente, la bacchetta sguainata quasi fosse una spada; la terra attorno a lui fumava come i resti di un gigantesco falò. Resti carbonizzati di qualche cadavere prendevano il volo in nera fuliggine trasportata dal vento silenzioso. Il mago guardò il castello: un paio di pietre caddero dal foro prodotto poco prima dal misterioso mostro alato.
Silenzio.
La notte si stava dissolvendo come una goccia di sangue nell'acqua e il sole avanzava lento e invisibile oltre l'orizzonte. L'aria era satura dell'odore dello scontro.
Dora giaceva a terra, su un fianco, le braccia e le gambe piegate in modo anormale, come un burattino lasciato cadere sul pavimento.
A un passo da lei Piton si fermò, la guardò senza abbassare il volto.
«Hai combinato un bel casino...!» disse a denti stretti, poi si voltò per esaminare meglio la scena attorno a loro, «Sì, un dannato casino...» aggiunse.
Dora non si mosse, ma disse qualcosa che però il professore di pozioni non capì: «Cosa?» chiese piegandosi un po' in avanti. Dora tossì.
«Sei... un idiota... Severus.» riuscì poi a dire meglio.
Piton non rispose, limitandosi ad osservarla mentre tossiva un'altra volta e un'altra ancora: non stava fingendo, come aveva pensato in un primo momento, non riusciva a muoversi davvero.
«Hai paura di... avvicinarti?» chiese il vampiro, non riusciva nemmeno a sollevare la testa dal terreno, così che sembrò parlare con la cenere che ricopriva la terra più che con lui.
«Sono solo previdente, non ci vuole troppa intelligenza per capire che faresti qualsiasi cosa per nutrirti adesso.» disse il mago, un sopracciglio alzato in segno d'ovvietà.
«Posso... resistere molto tempo senza... bere...» disse Dora, tentando di aggiungere alla fine della frase una risata, ma un altro colpo di tosse decretò il suo insuccesso.
L'espressione saccente di Severus cambiò, il mago si accovacciò vicino a lei: «Non essere stupida.» le disse, la voce ferma e calma, quasi distaccata, sicura.
Seguì qualche istante di silenzio in cui Severus tornò a guardarsi attorno.
«Che cosa...» rantolò Dora «Che cosa vuoi fare... eh, ragazzino?» tossì di nuovo, «Ora giochi a fare l'uomo?»
Il mago si accigliò, fece per risponderle a tono, ma un altro attacco di tosse di lei lo fermò; guardò la terra davanti al vampiro inzupparsi di sangue e gli occhi di lei piangere lacrime rosse.
«Che cosa farai?» le chiese.
«Penso che morirò... che ne dici?» ansimò, «O meglio... ma che ne so... forse è scomparire, no? La parola... quella giusta...»
Non riuscì a finire la frase, il suo corpo ebbe un forte tremito e Dora cominciò a contorcersi dal dolore. Severus si spaventò per quella reazione improvvisa, non l'aveva mai vista soffrire, non l'aveva mai vista debole. Si inginocchiò, le passò un braccio dietro le spalle e le sollevò la testa, poggiandosela sulle gambe ossute. Ciocche di capelli unticci gli scivolarono davanti agli occhi.
«Oh, no! Tu non morirai senza avermi spiegato!» disse minaccioso, alzando la voce.
«Ti... arrabbi sempre.» Dora faticò a dipingersi un sorriso sulle labbra, «E' sempre stato divertente...»
Il mago la scosse bruscamente: «Che diavolo volevi fare?!»
Dora ridacchiò.
Severus la ignorò: «Come facevi a sapere di mia madre? Cosa hai fatto a Potter E cosa diavolo...?»
«Sai...» lo interruppe lei, «Sai quando... ad un certo punto, tutto... tutto perde significato e le cose si dimenticano... E' come stare sulla spiaggia lasciandosi bagnare i piedi dall'acqua ghiacciata delle onde...»
Severus corrugò la fronte: «Che vuoi dire?»
«Pian piano ci si abitua...»
«Al freddo?» chiese il mago, scettico.
«Sì, al freddo...» ripeté Dora «Diventa quasi normale, quasi tepore...» tossì.
Piton aspettò che ricominciasse a parlare.
«Così... si avanza sempre di più, piano, ma sempre di più e si dimentica...»
Verso l'acqua o sull'acqua.
Come elefanti che ignorano la propria natura.
Come se l'avessero dimenticata.
«Cosa... cos'hai dimenticato, Dora?» domandò il mago guardandole la mano destra, il polso piegato verso il braccio. Troppo piegato.
«Non riuscivo a ricordare...» proseguì, «...proprio non ricordavo perché ero così arrabbiata, o meglio... lo sapevo, ricordavo i fatti, ma... sembrava che non me ne importasse più...»
Dora si fermò, fissò qualcosa lontano mentre il fumo si stava completamente diradando e il cielo si faceva sempre più chiaro.
Qualcosa al di là del semplice apparire.
Come schermo dei ricordi.
«E' quello che succede... quando diventi un vampiro, ma... io non volevo dimenticare... io li odio... per questo...»
«Come hai fatto... con Potter?» la interrogò il professore.
«E' facile prendere qualcosa a qualcuno... se non la vuole più... Non gli ho fatto del male.»
«Non era questo che volevo sapere.» rispose stizzito. Dora cercò di ridere, ma tossì ancora; Severus sentì il suo corpo tremare.
Dove sta la forza quando ci si rende conto di non essere in grado di continuare?
«Stai morendo veramente...?»
Come è possibile non affogare?
«Già...»
«Cos'è... quella cosa che ti ha ridotto così?»
«Cosa vuoi... che ne sappia io? E' roba da maghi... Chiedilo a lei...»
«Ma...»
«Comunque va bene... va bene... così...» sussurrò il vampiro.
«Che cosa vuol dire che non volevi dimenticare?»
«Quella volta... la prima, quando ci siamo incontrati... io non ti ho detto la verità... non tutta...»
Severus la guardò negli occhi senza dire niente.
«Mio padre...» continuò Dora «...l'ho ucciso, sì, ma... non mi ha venduto ai vampiri per estinguere i suoi debiti... Mio padre era un mago, un purosangue... pensava... credeva che non fossi figlia sua perché per lui... era impossibile aver generato una cosa come me...»
Piton chiuse gli occhi e respirò a fondo prima di riaprirli, stanco: «Dora... tu sei una maganò, non è così?»
Il vampiro dovette tossire più volte prima di poter essere libera di rispondere.
«Sì, già... che seccatura, eh? Mio padre non l'ha mai sopportato... mia madre morì e... quel briciolo di magia che era in me ha cominciato... a bruciare di vita quando sono diventata un vampiro.»
«Ma è vietato dagli stessi vampiri fare...» intervenne Piton ricordandosi delle parole di Silente, ma si interruppe da solo, arrivando alla conclusione da sé: «...ma non potevano sapere cosa sarebbe potuto accadere con un magonò... Cosa c'entra Potter in tutto questo?!»
«Io avevo dimenticato il sentimento... che si prova...» disse Dora.
«Il sentimento?» chiese il mago dubbioso.
«Inizialmente... avevo pensato a te, ma sapevo che mai e poi mai mi avresti detto qualcosa... non ti saresti mai confidato con me... è molto più facile di quel che sembri trovare informazioni alla maniera babbana...»
«E' così che sei venuta a sapere di mia madre?» la incalzò Severus.
«Anche su questo... ti ho detto una bugia, lei è morta, sì, ma non... quel giorno... ma quando ormai aveva dimenticato...»
Piton aprì la bocca come per dire qualcosa, ma il suo sguardo era fisso e le parole non uscirono più dalle sue labbra. Sospirò. Passarono diversi minuti in silenzio, poi un raggio di sole sbucò dalle fronde della Foresta.
«Dora...» disse il mago.
Dove sta la forza...
«Ho fatto proprio un bel casino...» rantolò lei.
«Perché sei venuta? Potevi lasciar perdere, non rimetterti in contatto con me quando ti ho chiamato mesi fa...»
...quando non si ha più nulla in cui credere...
«Che seccatura... Dovevano morire tutti... non ci sono riuscita... che stupida... quella maledetta si è messa in mezzo troppo presto...» Dora ormai non seguiva più il discorso, ma solo il filo sottile dei suoi pensieri.
«Dora...»
...quando siamo stanchi e non abbiamo...
I raggi del sole illuminarono prima il volto pallido e magro di Severus e poi raggiunsero il vampiro, restituendole quel colore che per tanto tempo non aveva più avuto.
...più nulla per cui combattere?
«Il sole... avevo dimenticato anche questo...»
Per un attimo, soltanto uno, Severus poté guardarla e vederla viva.
Bellissima...
Era bellissima.
«Severus, tu hai ascoltato... hai sempre...»
Piton non riuscì mai a sentire le sue ultime parole. Quello che si ritrovò a stringere fra le mani era ormai solo cenere che volava nel cielo del mattino spinta dal vento.






[...]
Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.


[G. Leopardi, “L'infinito”, dalla raccolta “Canti”]





Fine Quindicesimo capitolo.



N.d.A.: Ebbene, io lo so che avevo detto che il 15 sarebbe stato l'ultimo capitolo, ma non potevo certo immaginare che le cose mi sarebbero venute così lunghe, così ho deciso di dividere quello che sarebbe dovuto essere l'ultimo capitolo in due, così che il 16 sarà quello con cui la storia si concluderà (questa volta lo prometto!XDD). Rimangono molto interrogativi e misteri da svelare, ma questo capitolo credo abbia risposto a buona parte di essi e spero che vi sia piaciuto e non vi abbia annoiato visto che è più lungo dei precedenti. Detto questo vi do appuntamento al capitolo 16. Grazie a tutti voi!


# Harry Potter (C) J.K. Rowling


Risposte alle recensioni:

x LesFleurDuMal: grazie sei molto gentile^^ Se chi commenta una mia storia è iscritto al sito io mando sempre di solito una mail per avvisare della nuova pubblicazione, dato che lo faccio molto di rado! XDD
x eleblack: grazie per questo tuo fedele attaccamento alla mia ff... leggi n.d.a ...u_u
x Sihaya10: grazie tesoro, ma non importa se non commenti subito, tanto ci metto sempre tantissimo ad aggiornare... Mi fa davvero piacere che il capitolo precedente ti sia piaciuto, ci ho messo un sacco a pensarlo (ma poco a scriverlo ^^"); quella frase che ti piace tanto mi è venuta così, non è che ci abbia pensato (@_@ non le capita mai di farlo, figurati). Vero che non mi userai violenza ora che sai che questo non è l'ultimo capitolo?^^"
x Valery_Ivanov: come avrai letto qualche riga più su questo alla fine si è rivelato essere il penutlimo capitolo, mi spiace, ti toccherà pazientare ancora un po'... Non credo che scriverò un'altra fic su HP, salvo botte di genio (ma quando mai!) quando avrò letto il 7° libro...

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** L'ALBA ***


Don’t Say A Word


... di Simmy-Lu ...


Capitolo Sedicesimo: L'ALBA



Se solamente mi toccassi il cuore, [...]
se soffiassi nel mio cuore, vicino al mare, piangendo [...]

[P. Neruda, “Barcarola”, dalla raccolta “Poesie (1924-1964)”]






In quel momento provai una grande paura.
Ero incapace di muovermi, come se il mio corpo fosse stato solo un involucro vuoto.
Avevo sempre saputo che quel giorno mia madre non era morta e che gli adulti mi avevano mentito.
Ma allo stesso tempo ero così stanco di sopportare quel peso, che ho preferito credere ad una bugia.
Non ricordo se sono stato io a spingerla quel giorno... ho preferito dimenticare.
Non capivo perché mi avesse messo al mondo...
Lei che per essere felice aveva bisogno di dimenticarmi...
Rifugiandomi in una menzogna ho allontanato la sofferenza.
Così non avevo potuto credere a quello che mi era parso di vedere alla stazione.
Nascondendomi dietro una bugia avevo finito per crederci anch'io.
Non so se sia stata la realtà o un parto della mia fantasia... ma in quel momento provai una grande paura.
Pensavo che fosse tornata... per rimproverarmi.



Fu un grido o un rumore secco a far riemergere Piton alla realtà. I suoi occhi si erano fermati ad osservare qualcosa in un punto imprecisato dello spazio attorno a sé.
«Silente...» sussurrò a se stesso.
Si guardò intorno prima di alzarsi e dirigersi verso la Foresta Proibita. Camminò spedito, come se sapesse dove andare, poi si fermò di colpo, si guardò le mani sporche e si rese conto che non era affatto così. Forse avrebbe dovuto evocare il Patronus e avvisare il Preside che lo stava cercando, ma era ancora troppo confuso per agire a livello pratico.
Il forte rumore che lo aveva attirato in precedenza lo scosse ancora. Il mago cercò la sua bacchetta, per niente sicuro di averla ancora con sé; la trovò nella tasca e la estrasse avanzando fra le grosse radici degli alberi, nella direzione del suono.
Dopo pochi secondi riconobbe nella foschia, che tardava sempre a diradarsi fra quella vegetazione, la schiena dell'anziano Preside. Lo chiamò aumentando l'andatura per raggiungerlo.
Silente non prestò al mago la minima attenzione.
«Cerca di resistere...» disse Albus «...tra poco sarà tutto finito.»
Severus affiancò il Preside rendendosi conto che non parlava con lui, ma con quello che si ritrovò a fissare con orrore un secondo dopo.
Davanti a loro stava Alhena Inimeg, i vestiti a brandelli, ricoperta di sangue, cenere e terra; due grandi ali di pipistrello nascevano dalla sua schiena, una ripiegata su se stessa, l'altra trafitta dal ramo dell'albero a cui si stava appoggiando.
«Non avvicina... tevi... Non guardate... mi...» balbettava, gli occhi infossati, cerchiati di rosso.
«E' quasi cosciente...» disse Albus a Severus, il quale non capì assolutamente di cosa stesse parlando. Il professore di pozioni spostò lo sguardo prima sull'ala intrappolata, poi sugli occhi della donna.
«Non guardarmi...» soffiò lei, fuori di sé.
Silente alzò la bacchetta.

* * *

Alhena era svenuta, sarebbe caduta a terra se l'ala non fosse stata trafitta dal ramo, così la donna, con le ginocchia che quasi toccavano il terreno, sembrava pendere dall'albero.
Con l'aiuto di Severus, che continuava a fissare l'ala ferita e sanguinante, Silente liberò la donna.
«Tienila ferma.» ordinò a Piton che immediatamente eseguì, pur non sapendo cosa stessero facendo.
«Professore...?» tentò di chiedere spiegazioni.
«Non ora, Severus.» rispose l'altro e Piton si zittì.
Il vecchio mago respirò a fondo, poi alzò un braccio e schiaffeggiò la donna.
Sverus rimase a bocca aperta per lo stupore, stava per dire qualcosa in proposito ma lo sguardo affranto del Preside lo ammutolì.
Alhena si agitò un poco, poi aprì gli occhi.
«Alhena... come stai?» chiese Albus.
La donna dischiuse le labbra a fatica e tentò di parlare, ma non ci riuscì.
«Non importa, lo so.» disse Silente, «Ora torniamo al castello.»
Detto questo si alzò e, anche se titubante, Piton fece lo stesso; poi entrambi aspettarono che lo facesse anche la signorina Inimeg, ma le grandi ali erano più pesanti di quello che sembravano.
«Non possiamo aiutarla...?» domandò il professore di pozioni.
Silente scosse la testa tristemente: «E' cosciente, ma non totalmente in sé. Potrebbe benissimo rivoltarsi contro di noi senza alcun motivo apparente, quindi... fai attenzione.»
Quando Alhena recuperò l'equilibrio cominciarono tutti e tre a camminare lentamente verso il castello; ogni passo sembrava costare all'intero gruppo una grossa fatica. Piton faceva saettare lo sguardo dalla donna, che sembrava agire come sull'orlo del sonno, al vecchio mago che aveva assunto un'espressione dura. Scosso da qualche brivido di freddo Severus non si accorse subito che la donna si era fermata qualche passo indietro, la testa leggermente piegata e inclinata.
Il professore di Pozioni si rivolse al Preside: «Cosa...?»
Silente lo zittì con un gesto della mano e afferrò la propria bacchetta. Aspettarono in silenzio fino a quando non sentirono un flebile fischio.
«Ki...?» biascicò la donna e poi mosse qualche passo in direzione del rumore.
Con le mani fredde e le dita saldamente strette attorno alla bacchetta, Piton la seguì fra gli alberi insieme a Silente.
Ai piedi di un grosso tronco trovarono Kirck, il gufo della professoressa Inimeg; entrambe le ali erano spezzate e le piume scompigliate erano sporche di fango e sangue. Il volatile emise un altro sottile verso di dolore.
Alhena lo fisso senza espressione, poi si guardò intorno e, trovato un grosso sasso lo raccolse trascinandosi a fatica per il peso delle ali. Poi si inginocchiò accanto al proprio animale e, reggendo in grembo il sasso, lo accarezzò: Kirck emise ancora un piccolo fischio.
«Scu... sa...» disse Alhena, poi afferrò il grosso sasso.
Lo sollevò in alto prima di farlo ricadere per colpire.

* * *

Non vorresti dimenticare?
Non vorresti dimenticare tutta questa tristezza?
Dimenticare è dolce, dimenticare è leggero. E' facile.
Quindi dovrei dimenticare...
Basta che tu chiuda gli occhi e la lasci andare.
Il ricordo forse volerà via? E se non scomparisse?
Ci sono io qui.
La tristezza se ne andrà, resterà solo il ricordo della rabbia.
La tristezza volerà via...
...su ali di farfalla.
Ma dimenticare ciò che proviamo... non è ancora più triste della tristezza stessa?
Vorrei che tornasse.
Vorrei che non andasse via.
E tornasse da me.
Dimenticare è molto più triste. Più triste di quel dolore
Perché anche se dimentichiamo... in realtà...
...il passato non cambia.



Quando Harry Potter si svegliò era mattina e la luce penetrava forte e bianca dalle finestre. Non ricordava per quanto tempo avesse dormito e si accorse che le tende attorno al suo letto gli coprivano interamente la visuale.
Le parole del vampiro gli riecheggiarono nella mente per qualche minuto, ondeggiando. Si mise a sedere e cercò i suoi occhiali; li trovò poco distante, sul comodino accanto, e li inforcò mentre allungava un braccio per scostare le tende.
Non si seppe spiegare come, ma non era affatto sorpreso di ciò che il suo sguardo incontrò.
La professoressa Inimeg sedeva in un letto poco distante; aveva grandi ali nere, piegate su loro stesse, secche e livide.
Gli sorrise e lo salutò con piccolo cenno.
«Mi dispiace.» disse Harry.
Lei scosse il capo.

* * *

Severus Piton era seduto alla propria scrivania. La luce del mattino filtrava opaca dalla piccola finestra e donava un pallido colore agli oggetti e ai barattoli ammassati sugli scaffali. Il piccolo tavolo da lavoro su cui aveva posizionato il complicato marchingegno per la distillazione giaceva ormai vuoto, ricoperto dalla polvere.
Il professore di Pozioni sfogliò le ultime pagine di un sottile volume consunto. Era stato sveglio tutta la notte per leggere quel libro che credeva solo una leggenda e che Silente gli aveva consegnato la sera precedente con le indicazioni dovute. Piton chiuse il libro, prese una delle penne d'oca poggiate sul tavolo, intinse la punta nell'inchiostro e scrisse un'ultima riga di appunti su un foglio di pergamena.
Rilesse velocemente ciò che aveva scritto mentre si alzava e cominciava ad accendere il fuoco sotto un piccolo calderone.
Quando ebbe finito di versare alcuni ingredienti, tornò a sedersi per aspettare che il contenuto arrivasse ad ebollizione prima di inserire il resto. Prese allora fra le mani il libro e fece scorrere le dita sulla copertina in pelle; inciso su di essa vi era il titolo: "La Maledizione di Euriale".

"All'interno di questo volume ci sono le indicazioni necessarie per preparare una pozione per la signorina Inimeg in modo che si possa liberare più velocemente e meno dolorosamente possibile... delle ali." aveva quasi sussurrato il Preside sporgendo un vecchio libro a Piton.
"Ma...! Professor Silente... Credevo fosse solo una leggenda." aveva detto Severus all'anziano mago nel momento in cui aveva letto il titolo del volume che reggeva tra le mani.
"Lo è stato e probabilmente continuerà a rimanere tale, ora va', Severus..."

Il Preside lo aveva congedato senza troppe spiegazioni.
La Maledizione di Euriale era una leggenda, una fantasia a cui una mente razionale non poteva credere. Chi sarebbe stato così pazzo da...
Chi era stato così pazzo da fare una cosa del genere?
Così folle da costruire una realtà basandosi su una follia?

* * *

Passarono due giorni prima che Piton potesse incontrare Alhena. Madama Chips aveva impedito praticamente a chiunque di avvicinarsi a lei, giustificando l'isolamento della paziente con una febbre da cavallo e in effetti quando Severus arrivò al suo capezzale reggendo fra le mani una brocca fumante di pozione maleodorante non fece fatica a credere che la donna non fosse stata bene.
La professoressa di Difesa sembrava aver attraversato un lungo periodo di denutrizione, la pelle pallida e gli occhi cerchiati e stanchi ne costituivano una prova ben visibile.
Piton consegnò a Madama Chips la brocca il cui contenuto aveva passato le ultime ventiquattro ore bollendo a fiamma bassa; quando si fu allontanata il professore prese il libro che reggeva nell'altra mano e lo buttò sul letto di Alhena.
Lei lo raccolse, dopo la sorpresa del gesto di lui, e lesse con stupore la copertina, poi abbassò il volume e lo sguardo insieme.
«La pozione servirà a far seccare le ali e a...» disse in un sussurro ma fu subito interrotta.
«Credevo fosse una leggenda.» esordì acido e allo stesso tempo curioso Piton.
«Lo è.» rispose la professoressa.
«Chi sarebbe tanto folle da ridurre la propria vita ad una manciata di anni soltanto per acquisire un potere di cui si ignora la provenienza e l'entità e persino l'efficacia? Non credo proprio che si possa fare una cosa del genere da soli e di propria volontà!» l'incalzò.
Ci fu un lungo minuto di silenzio, poi vedendo che Alhena si rifiutava di rispondere e non si stava nemmeno dando la pena di guardalo in faccia, Severus, per nulla pago delle risposte che il libro poteva avergli fornito, proseguì con il suo interrogatorio.
«Questo...» disse avvicinandosi al letto e riprendendo in mano il volume, «...è un manoscritto. Qualcosa mi fa pensare che probabilmente sia la sola copia esistente. Chi ha scritto questo libro? Chi il folle che ha giocato in questo modo con la tua vita?»
Alhena faticò a trattenere oltre le lacrime che cominciarono a rigarle il volto; Severus se ne accorse perché avevano cominciato a chiazzare e bagnare le lenzuola.
La donna sollevò il viso cercando di contenere le emozioni.
«Mi dispiace di avervi messo... in pericolo. Non è mai stato nelle mie intenzioni...» disse.
«Non mi interessa. Chi, voglio sapere chi.» disse Severus, per nulla toccato dalle lacrime di lei.
«Mia madre morì... a causa dell'attacco di un piccolo clan di vampiri nella nostra città... Mio padre faceva parte... del gruppo dei Pari di Forcide... lui... sperimentava incantesimi lavorando per il Ministero.» disse lei in un soffio.
Piton inarcò un sopracciglio.
«Quindi tuo padre era J.F. Ceto Inimeg?» chiese con una punta di incredulità.
Alhena annuì. Severus sbatté le palpebre più volte chiedendosi come avesse fatto a non pensarci prima.
«Tuo padre ha lavorato per anni all'Ufficio Misteri.» disse più a se stesso che alla sua interlocutrice.
«Sì... fino a quando mia madre non morì.»
«Cosa è accaduto dopo?» chiese il mago, riducendo gli occhi a due sottili fessure.
«Le creature oscure erano sotto il controllo e l'influenza di Tu-Sai-Chi... mio padre divenne pazzo per il dolore e il solo pensiero di poter perdere anche me...» sospirò rumorosamente e sollevò la testa incontrando lo sguardo del mago, «... lui mi amava. Ha fatto questo per... proteggermi!»
Severus rimase colpito da quell'affermazione, una reazione logica avrebbe comportato dell'odio. La maledizione di Euriale era, a quanto aveva appreso da quel libro, un incantesimo assai complicato, che di certo non poteva essere compiuto da mani inesperte e comportava il consumo della vita della persona maledetta per ogni trasformazione compiuta. Ciò stava a significare che c'era un numero ridotto di possibilità di sopravvivenza oltre una data soglia anche perché il potere che la maledizione comportava non era controllabile da alcuno, tantomeno da chi ne era il portatore.
Significava morire più velocemente.
Come poteva quella donna giustificare chi le aveva fatto tanto?
Piton la guardò per un momento con una strana smorfia sul volto.
«Pensavo che l'amore fosse qualcosa di diverso.» disse infine.
«Diverso?!» quasi urlò Alhena con la voce stridula e rotta dal pianto, «Lui mi ha protetto! Ha fatto in modo che nessuno potesse farmi del male!»
«Tutti tranne te stessa! Come puoi provare dell'affetto per una persona che altro non affatto se non...» disse Severus senza rendersi conto di aver alzato un po' troppo la voce.
«Sembra sempre che tutti sappiano di più degli altri ma alla fine non fanno nulla per cambiare le cose. Anche tu quel giorno...! Stavi lasciando che gli elefanti affogassero!»
Piton spalancò gli occhi senza preoccuparsi di celare quella che era una evidente espressione di stupore e fastidio insieme. Era la prima volta che Alhena gli si rivolgeva in maniera così diretta e violenta: era stato un attacco chiaro, volto unicamente a ferire.
«Tu come...?» sibilò il mago.
«I sogni sono ossessioni nel momento in cui diventano reali, diceva mio padre.»
La donna fece profondi respiri, tremando, senza avere il coraggio di guardare in faccia il collega.
«E' così che mi hai trovato quella sera? Dunque è la maledizione che ti dà la possibilità di... frugare nei pensieri altrui?» domandò velenoso, il professore.
Alhena annuì azzardandosi a gettare un'occhiata nella sua direzione: «Ognuno di noi lascia una scia... sì, una sorta di traccia nei punti che attraversa... Io sento.»
Severus si accigliò non c'era nulla del genere nella spiegazioni sul libro della Maledizione di Euriale. Probabilmente non era la sola cosa a mancare.
Piton prese fiato e parlò ritrovando un contegno: «Tu sei un pericolo.» sentenziò.
Alhena lo guardò sbarrando gli occhi come se il mago l'avesse appena colpita in faccia.
«Nonostante questo Silente ti ha ospitato nella scuola e ti ha dato un posto da insegnante...» constatò lui, «...perché?»
La domanda era stata diretta e asciutta, a Piton poco importava delle condizioni di salute di lei o del suo stato d'animo; cercava delle risposte e le avrebbe avute, stanco di essere tenuto all'oscuro e stuzzicato dal fatto che la professoressa potesse confermare le idee che si era fatto sul piano di Dora di cui, si era reso ormai conto, era stato solo un burattino.
Alhena sospirò e rispose: «Il gruppo dei Pari di Forcide.» disse, «Si sono ritirati ormai da tempo in solitudine, sono vecchi e non vogliono avere contatti con il mondo magico ormai. Silente ha provato a contattarli, ma la loro risposta è stata negativa. Io sono la figlia di uno di loro e, anche se mio padre ormai è morto, Silente credeva che sarebbero stati disposti ad ascoltarmi, ma non è stato così. La loro risposta è stata ancora una volta negativa... ricorderai di certo quella sera in cui portai la loro lettera al preside... tu non volevi che ascoltassi i vostri discorsi.»
«Sì, lo ricordo.» disse Piton la cui mente lavorava frenetica per mettere insieme i pezzi di quella storia.
«Questo è quanto.» sospirò lei.
Tacquero entrambi senza dirsi nulla o scambiarsi uno sguardo. In quel frangente Madama Chip sembrò spuntare dal nulla con una tazza fumante fra le mani. Parve non accorgersi della tensione che si era creata fra i due, troppo presa dalle sue mansioni, appoggiò la tazza sul comodino vicino al letto della professoressa di Difesa e le raccomandò di berne l'intero contenuto dopo averlo lasciato raffreddare un po'. Poi, come se nulla fosse, li lasciò di nuovo soli.
Severus la guardò mentre si dedicava alle sue mansioni, ma in realtà non la vedeva affatto; un pensiero assai contorto aveva cominciato a farsi strada nella sua mente: che senso aveva avuto far lavorare ad Hogwarts la signorina Inimeg? Non c'era affatto bisogno di darle un posto di lavoro perché spedisse una banale lettera agli ex-colleghi di suo padre.
«Mi dispiace di averla uccisa.» disse Alhena ad un certo punto interrompendo i pensieri di Piton.
Severus non afferrò immediatamente l'argomento di quella nuova parte della conversazione ed assunse un'espressione interrogativa.
«Parlo del vampiro.» spiegò lei.
Piton aggrottò le sopracciglia: «Non capisco cosa tu intenda dire.»
«Mi dispiace perché... sembrava trovare divertente parlare con te. Ma... era quello che lei voleva.» disse infine afferrando la tazza dal comodino e reggendola saldamente con entrambe le mani.
«Quello che voleva?» Severus ormai faceva fatica a seguirla.
«Sì, lei ha combattuto contro la sua natura pur di rimanere libera.» disse Alhena sussurrando le parola al bordo della tazza prima di appoggiarvi le labbra e bere un sorso della pozione. Un secondo dopo espresse tutto il suo disgusto per il suo sapore con una smorfia eloquente.
«Dora... voleva morire? Perché?» chiese il mago.
«Perché sapeva che la natura del vampiro avrebbe presto preso il sopravvento su ciò che di lei ancora rimaneva, forse quel poco di umanità che le era rimasta... sarebbe caduta. Non avrebbe resistito a Tu-Sai-Chi... una seconda volta, non ora che i suoi poteri oscuri erano così forti e così poco di umano albergava in lei. Era questo che la spaventava. E' per questo che ha avuto bisogno di Harry.» spiegò tristemente.
Per l'ennesima volta durante quella conversazione Severus si ritrovò spiazzato dalla parole della donna. Dunque era andata in quel modo? Era stata tutta una scusa per cercare una fine e una vendetta. Dora si era servita di lui per arrivare a Potter e di Potter per arrivare ad Inimeg. Tutto per evitare di perdere la propria libertà e di essere comandata e allo stesso tempo per vendicarsi degli esseri che l'avevano privata un tempo della sua vita.
E di nuovo quell'idea tornò a balenargli nella mente: che Silente avesse organizzato tutto avendo ipoteticamente indovinato il piano di Dora? Che avesse assunto Inimeg solo per disfarsi del pericoloso e potente vampiro che, sotto il controllo del Signore Oscuro, sarebbe diventato una seria minaccia? Scose appena la testa, cercando di accantonare una simile ipotesi, ma non riuscendoci del tutto.
«Già...» aggiunse Alhena posandosi la tazza in grembo, ma continuando a reggerla saldamente fra le mani tanto che le nocche divennero bianche, «C'era bisogno di un mostro per uccidere un altro mostro.»
La sua espressione si indurì e i suoi occhi tornarono acquosi e lucidi; la donna sembrò combattere contro il desiderio di piangere ancora, ma a Piton non interessava se fosse riuscita ad arginare le lacrime o meno; se era stato veramente quello il piano di Silente, il Preside aveva condannato a breve, costituendo anch'ella un pericolo, Inimeg a morire... era assurdo.
«Perché sei venuta qui? Ti sei esposta ad un pericolo che non avresti potuto controllare.» disse il mago.
Alhena scosse la testa e cercò di parlare ma non ci riuscì.
«Avresti potuto godere degli anni che ti restavano. Quanto ti rimane da vivere adesso?» chiese il professore di Pozioni.
La donna lo guardò, «Ero così stanca di dirmi "andrà tutto bene", "tutto si sistemerà". E' così triste... dirlo a se stessi. Ogni volta che lo ripetevo ci credevo sempre meno. Ogni pensiero positivo era una bugia... e mi sentivo sempre più sola. Se devo morire, allora voglio fare qualcosa di utile. Qualsiasi cosa... ma non voglio più sentirmi così sola.» la sua espressione era sofferente e allo stesso tempo esaustiva.
Severus la guardò negli occhi senza dirle niente, poi abbassò lo sguardo fissando una mattonella del pavimento. Quando tornò a guardare in alto, la sua attenzione non era fissa su nulla in particolare.
«Credo che sia meglio che io vada adesso.» disse.
Alhena annuì asciugandosi una guancia con una mano.
Severus si avviò verso la porta, ma a metà strada si fermò e si voltò; avrebbe voluto dire qualcosa per farla smettere di piangere perché le sue lacrime lo irritavano, qualcosa di appropriato.
Ma non riuscì a trovare nulla che non suonasse scortese o aggressivo, anche un semplice "mi spiace" gli sembrava ridicolo e fuori luogo. La guardò ancora per un momento senza trovare una sola parola da poterle dire, mentre lei gli sorrideva con le guance bagnate e gli occhi arrossati.

* * *

Attacchi, assassinii e sparizioni nel cuore della notte erano ormai ricominciati. Sembrava che il tempo avesse giocato un brutto scherzo agli uomini, maghi e non, tornando indietro di quasi vent'anni.
L'Ordine della Fenice si era presto riunito per organizzare operazioni di salvataggio e protezione.
Alhena si era in parte ristabilita, le ali si erano seccate ed erano cadute, lasciando solo la stanchezza e un'ombra anomala nei sui occhi.
Severus la osservò alzarsi e farsi avanti.
«Non importa Remus.» disse rivolta a Lupin che stava illustrando i pericoli dell'operazione che stavano progettando al resto del gruppo, «Vi coprirò io la fuga.»
I membri dell'Ordine la guardarono sorpresi.
Piton indovinò cosa stessero pensando: avrebbero potuto pensare al piano senza il problema della difesa durante la fuga, senza Inimeg non sarebbe stato in effetti possibile e probabilmente molti non si sarebbero spinti a tanto.
«E' deciso, allora.»

* * *

Le spie agiscono nell'ombra.
Era per quel logico motivo che Piton non partecipava mai alle azioni dell'Ordine a meno che non volessero dire procurare informazioni partecipando alle azioni di qualcun'altro.
Quando il gruppo tornò dalla missione era ormai l'alba e il sole spargeva qua e là i suoi colori dorati.
Severus contò i presenti e li guardò in faccia. Qualcosa non andava nelle loro espressioni, ma non voleva ascoltare l'istinto. Si avvicinò alla ricerca di Lupin e, senza preoccuparsi che gli altri potessero sentire o meno, gli domandò: «Inimeg? Dov'è Inimeg?»
Lo sguardo di Lupin si abbassò e cercò le parole nei volti degli altri, ma non ne trovò di adatte.
«Ci ha coperto la fuga.» spiegò.
Severus lo guardò e sembrò trapassarlo da parte a parte.
«L'avete lasciata sola... a morire?» chiese irritato e incredulo.
«Severus...» cominciò Lupin, ma non disse altro perché venne interrotto.
«Zitto.» ordinò Piton, gli occhi sottili e velenosi, «Non dire una parola. Non dire... nemmeno una parola.»
Quella che a Lupin era sembrata rabbia si trasformò presto in qualcosa di diverso negli occhi di Piton; il professore di Pozioni si afferrò il braccio sinistro sentendo il Marchio Nero bruciare all'improvviso, rivolse un'ultima gelante occhiata al suo interlocutore e poi se ne andò.
Alle spalle il sole e davanti il buio.






[...] Qualcuno verrebbe forse,
qualcuno verrebbe,
dalle cime delle isole, dal fondo rosso del mare,
qualcuno verrebbe, qualcuno verrebbe. [...]

[P. Neruda, “Barcarola”, dalla raccolta “Poesie (1924-1964)”]





Don’t Say A Word - Fine.


N.d.A.: Vi spiegherò alcune cose che nessuno ha notato nonostante gli indizi presenti fin da primi capitoli. Mi sono molto divertita a giocare coi nomi e con la mitologia in questa storia.
Per cominciare si parte dal fatto che il nome Severus Snape è l'anagramma di Perseus Evans e viceversa. Nella mitologia Perseo è l'eroe greco figlio di Zeus e Danae che uccise Medusa e con la sua testa pietrificò Atlante e liberò Andromeda che poi sposò.
Io sono partita proprio da qui, infatti Dora Maden altro non è che l'anagramma di Andromeda.
Infatti nel secondo capitolo Dora dice a Piton: ‹‹Perseo, Perseo… come sei scontroso questa sera. Non sei forse contento di vedere la tua Andromeda?››.
Era un indizio abbastanza evidente, ma proseguiamo.
Alhena è il nome di una delle stelle che formano la costellazione dei Gemelli (guarda un po', il mio segno zodiacale) e infatti se leggete al contrario il suo cognome (Inimeg) leggerete la parola Gemini, ovvero Gemelli.
Anche Euriale non è un nome dato a caso. Infatti Euriale è una delle Gorgoni della mitologia greca, una delle sorelle di Medusa figlia di Forcide (il nome del gruppo del padre di Alhena), una divinità marina, e di Ceto (il nome del padre di Alhena), un mostro oceanico.
Dora e Alhena sono contrapposte anche per natura, la prima possiede il potere del fuoco e la seconda le si oppone in quanto Euriale è figlia di due entità marine, quindi con una natura che si può definire acquatica.
Seppur opposte, sono però simili. Le ho immaginate come le parti dello Yin e dello Yang, come notte e giorno, come oscurità e luce. Come nel simbolo, queste entità non sono completamente pure e si possono trasformare l'una nell'altra. Entrambe possiedono qualcosa dell'altra: Dora dimostra di non essere completamente malvagia e così Alhena dimostra di avere parti oscure nel prorio carattere.
Fin dall'inizio aveva pensato che ‹‹Non dire una parola›› sarebbe stata l'ultima battuta di Piton, la quale dà il titolo alla storia.




A proposito delle recensioni:


Non risponderò ai commenti perché non c'è davvero nulla da dire. Ringrazio chi ha letto e se avete apprezzato ciò che ho scritto anche se solo in piccola parte, sono contenta.
Se vorrete lasciare un commento a questo ultimo capitolo ne sarò felice, ma vi prego di evitare commenti minimali e poco utili.
Non fraintendetemi: sono ben felice di ricevere anche quel tipo di commenti, ma se la stessa persona ad ogni nuovo capitolo ripete sempre la solita solfa (che bel capitolo, continua presto), io mi chiedo se davvero la storia le sia piaciuta e se davvero ha capito quello che ho scritto. A questo punto mi sorge spontaneo chiedermi se la colpa non sia nella mia incapacità di trasmettere qualcosa e innescare un ragionamento nel lettore, ma a ragion veduta qualcuno fa commenti di più di una riga o due e spende delle parole per giustificare le sue opinioni ed esprimere osservazioni.
Non abbiate paura di dire e scrivere quello che pensate, perché un commento che non dice nulla è inutile che venga scritto perché non serve a niente. Un commento deve aiutare l'autore a capire quali sono le cose fatte bene e quali quelle fatte male in ciò che scrive.
Se una persona scrive "questa storia mi è piaciuta molto" oppure il contrario, io da parte mia posso benissimo pensare "va bene, grazie tante, ma che cosa ne pensi? e perché?".
Non credete che io voglia costringere qualcuno, ognuno è libero di commentare e scrivere quello che vuole oppure di non farlo neppure; quello che vi sto invitando a fare è esternare veramente quello che pensate senza preoccuparvi di dire anche qualcosa di negativo.
Mi rendo conto da sola che questa fanfic non è una gran cosa, quindi, se sono io la prima ad ammetterlo, perché non dovete esprimere voi stessi qualcosa di più di un semplice "mi piace/non mi piace"? E' il mio invito non solo per questa storia ma anche per tutte le altre che sto scrivendo.
Grazie a tutti.


# Harry Potter (C) J.K. Rowling

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=66684