are you afraid, Misaki?

di YouAreAParah00
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** When you're gone. ***
Capitolo 2: *** 2. Ed ero contentissimo ***
Capitolo 3: *** 3. I miss you ***
Capitolo 4: *** 4. Hello ***
Capitolo 5: *** 5. Quel ti amo maledetto ***



Capitolo 1
*** When you're gone. ***


»Misaki, are you afraid?
Quando te ne sei andato,
mi sono mancate le
parole
che avevo bisogno di sentire
per farmi andare avanti
fino alla fine;
Mi manchi.

When you walk away,
I count the steps that you take
Do you see how much I need you right now?
We were made for each other
Out here forever
I know we were, yeah yeah
All I wanted for you to know
Everything I do I give my heart and soul
I can hardly breath I need you feel here
with me, yeah. ]
- Avril Lavigne, when you’re gone.

 
«U-Usagi-san...! », volle urlare, ma la voce gli si mozzò in gola. Eccolo lì, piegato in un lago di sangue, come in uno dei suoi sogni. In uno dei suoi incubi.
Voleva darsi un contegno ma non riuscì a trattenere le lacrime che scorsero incapaci di fermarsi sulle sue guance.
Che devo fare? si domandò.
Era stata una giornata soleggiata, come tutte le altre. La sera Akihiko aveva insistito per uscire, e come al solito, per ultimo, erano saliti sulla ruota panoramica.
Che devo fare?
E allora, se era tutto filato tranquillo, perché doveva succedere tutto questo?
Che devo fare, fratello? Non so che devo fare.
Ad un tratto nel cielo si era formata una crepa scura. Tutto aveva cominciato a tremare. La ruota aveva cominciato a tremare.
« Usagi-san! Usagi-san! Usagi... Usagi-san! ».
Lo scrittore era accasciato sul pavimento, e non si muoveva. Intanto tutto si era fermato. Misaki corse verso di lui, quasi contro tempo, si accovacciò e cominciò a scrollargli le spalle.
« Usagi-san... ».
Ma non gli arrivò nessuna risposta. Nessuno poteva rispondere. « S-se tu muori, io... BAKA USAGI! ».
Quelle ultime parole si spensero tra il caos della folla in subbuglio sotto la cabina.
Fu solo allora che ricominciò ad ondeggiare tutto, le crepe nel cielo si disegnavano sempre di più, e intanto lui era accovacciato sul pavimento.
Guardava lo scrittore. Era sicuro che lui non era, - non poteva – essere...  
Era in attesa di un rumore, anche di un singolo sospiro, di un movimento, di qualcosa che gli avrebbe fatto capire che in realtà lui stava bene, era vivo.
Non era preoccupato. Sarebbe andato tutto come al solito. Lui si sarebbe alzato e avrebbe riso, con il suo solito fare irritante, e avrebbe detto che quello era uno scherzo, un tremendo incubo, e che presto si sarebbe svegliato...
Dalla fronte del moretto uno squarcio di sangue scendeva e sporcava le sopracciglia. Ma non sentiva che faceva male. Il dolore non gli interessava più, ormai. Sentiva solo un male, ma non poteva spiegarlo, perché era un male che veniva da dentro.
All’improvviso, però, tutto cambiò. L’oscurità di quella fredda serata cessò. Al suo posto c’era una luce abbagliante, che gli ferì gli occhi, ma si constrinse a guardare: nel bagliore c’erano due ombre scure.
Si sforzò per capire chi fossero le due persone, ma prima che potesse fare qualcosa, una di loro si girò e lo guardò. Aveva gli occhi di un colore scuro e travolgente, e poi sorrise.
Fu un sorriso secco, quasi fatto controvoglia, ma gli bastò.
Scordò tutto e sprofondò in un sonno pesante, con la mano incastrata in quella di Akihiko.     
 
Quando si svegliò era già mattina tarda. Si alzò, scrollò le spalle e aprì gli occhi, all’improvviso sentì un prurito al naso e si accorse di essere sbattuto contro qualcosa.
«AAAAAAAAAAAAAAAH!».
« Sh, sh, sh... Gli altri staranno dormendo... »
« Cos’è sto’ baccano?! »
« Il ragazzino si è svegliato... »
« Ragazzino? Avrà minimo 20 anni... »
« Io gliene dò 14... »
« Kurosaki-kun, Sado-kun, ssssh! Si è svegliato.»
Misaki quella mattina credette di star ancora sognando. Sgranò gli occhi, ma tutto era tale e quale a prima. Non riuscì a fare altro che cacciare un altro urlo, e poi dire « Chi diavolo siete voi?! ».
Si era svegliato nel suo letto come ogni giorno, questo era certo. Ma al posto di un Usagi scontroso e di malumore c’erano tre ragazzi davanti a lui.
Il primo, il più grosso, aveva capelli castani ricci che gli scendevano ma non toccavano le spalle. Era alto e portava al collo un pendolo d’oro, sembrava molto robusto. Poggiava la mano sulla spalla di un altro ragazzo, di poco più basso di lui, anch’esso robusto e con stranissimi capelli arancioni e sopracciglia aggrottate. Al suo fianco c’era una ragazza dai capelli lunghi e castani, era bassa ma formosa, sorrideva e aveva degli occhi blu scuro.
No, non erano quegli occhi. Non erano gli stessi occhi dell’altra sera.
« Ma voi chi siete? » domandò, incredulo. « Ho capito, siete dei ladri! Avete portato degli orsi, non è così?! Non mi spaventerete tanto!» urlò.
I tre ragazzi si guardarono interrogativi. « Degli orsi? Dove? » domandò con aria sognante la ragazza con i capelli castani.
« Mi sa’ che questo è un altro svitato... Ne abbiamo pure troppi come lui... » commentò il ragazzo con i capelli arancioni, sospirando.
« Non preoccuparti.» Lo rassicurò la ragazza. « Ti abbiamo semplicemente portato qui dopo... L’incidente sulla ruota panoramica. » Sorrise.
È vero... Misaki ricordò tutto. La ruota panoramica dov’era andato ieri. Lì improvvisamente aveva cominciato a tremare tutto in modo strano... I vetri si erano rotti... E una figura indistinta, quasi sfregiata come un vetro, l’aveva preso e gli aveva fatto quel taglio sulla fronte... Ma non solo lui, aveva anche ferito...
« Usagi-san! » fece d’un tratto. « Dov’è Usagi-san?».
« Coniglietti? Dove?! » esclamò la solita acuta voce femminile.
Il ragazzo con i capelli arancioni sbuffò sonoramente, forse ricordando qualcuno.
« Il... L’uomo affianco a me! C’era un uomo con me! Avete preso anche lui, vero...? Dove... » rispose.
La donna e il ragazzo accigliato si guardarono, quasi come se volessero spiegargli, come se non avessero voluto che Misaki se ne sarebbe ricordato. Fu così il ragazzo più robusto a parlare.
« Lui è... Di là.» Disse, indicando la stanza affianco.
Misaki non tardò e scattò subito in piedi, aprendo la porta violentemente. Credette di sentire il ragazzo con i capelli arancioni dire qualcosa, che somigliava ad:
« Che dite, ci teneva a quell’uomo? », ma era sicuro che si trattava di un’illusione.


- Commento dell'autrice -
OMG COME MI FA STRANO CHIAMARMI AUTRICE xD
Bene, dunque... Questa è la mia prima FF quindi siate clementi se ci sono errori - orrori - di ortografia, di sintassi; ecc... Spero vi sia piaciuto, al prossimo capitolo! ^w^
 

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Capitolo 2
*** 2. Ed ero contentissimo ***


Il mio ricordo
ti verrà a trovare
Quando starai troppo male;
Perché ciò che ho sempre
chiesto al cielo
è che questa vita;
ti donasse gioia e amore vero.

[Quale cosa ti consola,
con gli amici il tempo vola
Ma qualcosa che non torna c’è
C’è che ho freddo e non mi copro
C’è che tanto prima o dopo
Convincendoti, ci crederai, ci crederai
Che fa più caldo
Da quando non mi hai ormai più accanto
E forse è meglio
Perché ora sorridi un po’ di più. ]
- Tiziano Ferro, Ed ero contentissimo.

 
Il corridoio tra la stanza e l’altra sembrava essere infinito, eppure doveva essere massimo di un metro. Si domandava ancora chi erano quei tizi e perché l’avevano salvato, ma non gli interessava adesso, l’unica priorità che si sentiva era quella di vedere come stava Akihiko.
Entrò quasi sbattendo la porta, disse il suo nome ad alta voce e si precipitò vicino al letto in cui era disteso. Come volevasi dimostrare, era molto più ferito di lui.
Aveva la pelle di un bianco quasi pauroso e le coperte piegate con cura sopra di lui, in modo ordinato. La luce flitrava e illuminava i capelli grigi dello scrittore. Misaki non potè fare a meno di scoppiare in lacrime.
E più piangeva, più si ripeteva è colpa tua, è colpa tua, era stata sempre colpa sua, se suo fratello non aveva potuto frequentare gli studi era certamente colpa sua, se i loro genitori erano morti non era altro che colpa sua, e adesso Usagi-san era ridotto così sicuramente per colpa sua...
« Usagi-san... Usagi-san! U-Usagi-san... » ruppe tra i singhiozzi quei sentimenti che gli stavano perforando la testa.
« Sta’ buono, moccioso.»
La voce gli suonò molto dall’alto. Era una voce dura, scontrosa, aggressiva, ma allo stesso tempo era soffice e gentile. Il ragazzo si girò e guardò l’interlocutore, ed ella gli sorrise.
Lui aveva già visto quel sorriso. Sembrava uno di quelli fatti controvoglia, secchi, senza sentimenti, di quelli di qualcuno che è troppo stanco per sorridere.
« L-lei... Lei chi è? ».
Era una voce maschile, ma apparteneva ad una donna. Era bassa e molto magra. Aveva la pelle pallida che metteva in risalto i capelli scuri e neri pece della donna, vestita di nero, al suo fianco pendeva qualcosa di lungo foderato, ma Misaki avrebbe scommesso che sicuramente non era una katana.
La donna aprì la bocca per parlare, ma in quel momento li raggiunsero gli altri.
« Ehi, Rukia... Hai detto tutto a questo ragazzino? » chiese il ragazzo dai capelli arancioni. La donna riaprì la bocca, ma fu nuovamente interrotta.
« Basta! Smettetela! Non sono un ragazzino, non prendetevi gioco di me! » disse il moretto. « Adesso muovetevi! Spiegatemi tutto! Chi siete voi?! Che avete fatto ieri sera? Cosa è successo ad... »
« Ti ho detto di stare buono.» Sospirò la donna. « Io mi chiamo Rukia. Rukia Kuchiki, sono uno Shinigami, un dio della morte... Lui è Sado. Lei invece è Inoue. Lui è Kurosaki, ma puoi benissimo chiamarlo Ichigo, tanto nessuno gli attribuisce importanza... »
« Cosa hai detto?! Stupida nana! Ora ti faccio vedere io chi attribuisce... »
Il ragazzo guardò interrogativa la Dea della Morte, che vedendolo confuso, cacciò dalla tasca del kimono un album da disegno. Ichigo sbuffò sonoramente per la terza volta.

** PER CHI NON SEGUE BLEACH 
«E voi credete davvero... Che io possa credere ad una cosa simile?» chiese Misaki dopo il racconto, che la guardava incredulo.
« Ma così i conti tornano, non trovi? » disse Rukia.
Era vero. Adesso tutto tornava, eppure quella storia non gli andava giù del tutto. Strinse la mano di Usagi più forte.
« E... Un attacco di un... »
« ... Hollow »
« è così grave? Si può di certo guarire in fretta, non è così...?» rise nervoso.
« Certo.» Rispose Rukia con un tono di voce solare.
« Ah, meno male! » si rinquorò il moretto. « Allora Usagi-san, tieni duro, che presto guarirai! » sorrise, parlando con lo scrittore.
Inoue si avvicinò ad Akihiko, chiuse gli occhi e fece di fare silenzio. Poco dopo dai fermagli legati ai suoi capelli uscirono delle scie di luce splendenti, che presto diventarono fate minuscole, salutarono la donna con un sorriso e dopo la fissarono.
« Ayame, Shun’o! Soten Kisshun! Io... Respingo! » recitò.
Misaki la guardò stupefatto. « Oh fratellino, degli piccoli omini volanti sono usciti da dei fermagli luccicanti e adesso stanno facendo delle cose strane... »
« Questi due si assomigliano molto... » notò Ichigo.
« Non facciamo ‘cose strane’. Plasiamo ciò che Dio ha creato. In poche parole, invertiamo il tempo nello scudo.» Rispose la fata rosa, Ayame.
In pochi istanti la ferita squarciata sul petto di Akihiko si ripristinò.
« U-Usagi-san...!» esclamò Misaki. « Che bello! »
Orihime sorrise raggiante.
« G-Grazie, Inoue-san! Vado anch’io a darmi da fare! » così dicendo, uscì dalla stanza e si recò in soggiorno. Per prima cosa, preparò del the per i quattro ragazzi, che li avevano salvati.
Tutto quello era davvero strano, ma era sollevato. Fratellino, credo di essermi cacciato in un brutto guaio…
Mentre preparava, si chiedeva se davvero grazie a quella ragazza Usagi-san poteva guarire, sperò di sì, sperò che adesso sarebbe entrato e l’avrebbe trovato in piedi sorridente, sempre pronto a stuzzicarlo...
Quando entrò nella stanza, aveva quattro tazze calde di thé bollente. Per quanto amore ci avesse messo nel farle, i quattro ragazzi non poterono mai assaggiarle, anche perché caddero subito tutte per terra con un fragore.
« Usagi-san, t-ti sei ripreso! » urlò. « E così velocemente! » lanciò uno sguardo ad Orihime, che gli rispose con un occhiolino.
Infatti lo scrittore era lì, in piedi, come aveva pensato in cucina, aveva perso il bianco pallido sulla pelle, i suoi capelli splendevano come sempre, Misaki poteva risentire l’odore delle sue sigarette e della sua voce gentile. Non stava sorridendo, anzi, era piuttosto confuso. Il moretto pensò che era perché non si sentiva ancora bene del tutto, certo, era sicuramente così.
« Usagi-san, sono così felice! » si avvicinò e fece per abbracciarlo, ma ricevette un netto rifiuto.
« E tu chi sei? ».
Quelle parole gli spaccarono in due inequivocabilmente il cuore. 

** Ehm ehm.. *schiarisce voce*. Rukia, in parole povere, ha spiegato a Misaki che i Dei della Morte (Shinigami) hanno due compiti: il primo, di purificare le anime e mandarle in paradiso (La Soul Society),, e il secondo è eliminare gli Hollow, "gli spiriti cattivi". Il concetto è mooolto complicato, ma in parole semplici è così XD

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Capitolo 3
*** 3. I miss you ***


Nota dell'autrice: Salve a tutti! ^w^ Mi scuso per ieri, avevo promesso di pubblicare il nuovo capitolo ma non ho avuto tempo. Per questo motivo ne pubblico due.. per farmi perdonare uwu Grazie a tutti! >\\\\< E recensite in tanti, eh! - 
YouAreAParah00

Mi manchi.
Mi manchi da morire.
E non averti qui, oh, è triste.
Non sono qui per baciarti sulla mano
Né per inchinarmi
Vorrei poterti rivedere
anche se so che non potrò.

[ I miss you, miss you so bad.
And don’t forget you, oh, it’s so sad
I hope you can hear me
I remember it clearny
And the day you slipped away
Was the day I find it and won’t be the same, yeah.]
- Avril Lavigne, Slipped away.

« E tu chi sei? ».
La sua voce non era la stessa, era dura, era fredda.
« Come chi sono? Ma... Ma scherziamo, vero?... » disse.
« Non ti ho mai visto.» Rispose.
Misaki si accorse di tremare.
« Potrebbe aver sbattuto la testa? » chiese lentamente, guardando Rukia. Ma la Dea della Morte rispose «No, ne dubito.» Voleva chiedere spiegazioni, ma non riuscì a parlare.
La ragazza sembrò sempre più sospettosa. « Ichigo, questo...?». «Già...» accennò.
Misaki riprovò a chiedere cosa stava succedendo, il perché, perché lo scrittore non rispondeva ai suoi abbracci, perché non lo riconosceva...
« Non abbiamo troppo tempo da perdere.» Sentenziò Rukia. « Muoviamoci!».

« Cosa succede? » chiese Misaki, mentre veniva trascinato per una manica da Sado. Mentre lo portava fuori alla porta riuscì a distinguere uno sguardo vaco di Usagi che lo guardava.
Fuori casa, Misaki si fermò un attimo per riprendere fiato per la corsa, ma Rukia non gli diede tempo: in un momento lo afferrò per il braccio e sentì il suo corpo essere tirato e diviso, era una sensazione strana, e non potè fare a meno che chiudere gli occhi. Quando li riaprì si ritrovò davanti un emporio di legno antico, sulla soglia c’era la scritta ‘Urahara Shoten’.
Il moretto passò a Rukia uno sguardo spaventato. « Quello era lo Shunpo, il passo lampo.» Così dicendo, lo trascinò di nuovo fino a farlo entrare dentro.

Il negozio era molto disordinato. Dappertutto c’erano scaffali pieni di cose, scatoloni, la luce filtrava pochissimo e la finestra socchiusa non permetteva di farla entrare.
Sentendo dei passi, dal bancone spuntò come dal nulla il propietario. Era alto, il viso oscurato, aveva una barba corta e capelli biondi disordinati. Sembrava essere molto trasandato.
« Immaginavo sareste venuti.» Sussurrò.
Rukia fu la prima, che davanti a quell’uomo bizzarro, non si intimorì e si sedette comoda.
« E’ successo qualcosa? » chiese lui.
« Questo dovrei chiederlo io a te.» Ribattè Rukia senza esitazione.
Il negoziante sembrò cercare qualcosa nella sua tasca, poi estrasse una pipa e la accese. « Sembra che siano ritornati ».
« Esperimenti di Aizen Sosuke?» chiese la donna accigliata.
« No, no. Ma come, proprio lei dovrebbe saperlo più di tutti, signorina Kuchiki.» Disse Urahara. « Sono ritornati. I gemelli di quel giorno sono tornati. Ma adesso sembra che abbiano perso la loro forza, e si sono ridotti a essere plasmati in un Hollow.»
In quel momento sprofondò il silenzio nella stanza.

« Ma sembra che stavolta » riprese Urahara, « abbiano rubato i ricordi a qualcun altro. »
Misaki, senza accorgersene, sbattè una mano sul basso tavolo di legno che divideva i ragazzi con il negoziante. « Volete tenermi fuori ancora per molto?! Che significa che hanno rubato i ricordi di...»
Rukia sospirò. « Hai un’idea del loro scopo? » Chiese, ignorando Misaki.
« Non ancora.» Rispose l’uomo.
« Capisco.» Si alzò, e senza battere ciglio, si avviò e chiuse la porta dietro le sue spalle.
Misaki non tardò a seguirla.
« Ehi! Ehi! » urlò. « Cosa significa ciò che ha detto? Che significa?!»
Rukia lo afferrò per la camicia e lo tirò a sé.
« Ti ho detto di smetterla, sei sordo? » disse. « Dobbiamo muoverci. Il tuo amico è in grossi guai! ».
Aspettò che gli altri uscissero e poi lo ricondusse a casa, con lo stesso, solito, assurdo sistema.

 
« E il tuo lavoro? »
« Sono uno scrittore.»
« Quanti anni hai? »
« 28.»
« E il tuo nome? »
« Ma cos’è, un interrogatorio?» si spazientì. Fece per alzarsi, ma Sado lo trattenne ancora sulla sedia.
Rukia appoggiò il pollice sulle labbra, e non si mosse. Sembrava essere pensosa. Misaki, al canto suo, ancora non riusciva a crederci. Giaceva in silenzio anche lui.
Per un momento nessuno parlò. Poi Akihiko si alzò, seccato, sembrò volersene andare e invece restò dritto sulla soglia della porta. Poi fu Rukia a rompere il silenzio. « E’ come quella volta.»

« Che intendi? » chiese Ichigo.
« I ricordi che i gemelli hanno rubato... Non appartengono al tempo vissuto.» Disse. « Ma si legano ad un semplice individuo.»
Orihime abbassò lo sguardo.
« Frena, Rukia » Esclamò Ichigo « Se sono ritornati non vuol dire che adesso vogliono cercare te? »
Rukia negò con un cenno della testa. « No, avevano detto di essersi pentiti. E poi siamo sicuri che Urahara non si sia sbagliato? » fece. « Loro erano... »
Ma la ragazza non continuò la frase.
« ... Morti. » concluse Ichigo.
Lo scrittore si rigirò e li guardò negli occhi. « Vorrei capire di cosa state parlando.» Disse.
« Vorrei capirlo anch’io.» Fece Misaki. Akihiko lo guardò, ma il moretto non fu capace di sostenere quei giochi di sguardi, non in quel momento. Abbassò la testa.
« Ascolta ragazzo.» Fece Rukia, ignorando lo scrittore. « C’è un Hollow capace di mietere i ricordi di un soggetto. Abbiamo l’impressione che due gemelli che possedevano quel potere, quella sera, erano sulla ruota panoramica. Ma in forma di Hollow.»
« Possedevano? » chiese.
Orihime gli si avvicinò delicatamente. « Sono morti, Takahashi-kun... E Kuchiki-san ci teneva tanto.»
« Non è questo il punto, Inoue! » urlò Rukia, spezzando la voce della donna. « Che io ci tenevo o no, ora sono morti! Morti! Solo la pioggia ne conserva il ricordo! ».
« Kuchiki » fece Sado. « Chi dice che il loro potere è morto con loro? ». Nella stanza calò il silenzio.
Akihiko intanto guardava tutti interrogativo, come se non riuscisse a spiegare perché quei strani ragazzi erano nella loro casa, non capiva nemmeno bene i loro discorsi.
« Usagi-san...» sussurrò Misaki, quasi non volendo far sentire. « Davvero non ti ricordi di me?»
Ricevette uno sguardo vaco.
Fu a quel punto che si sentì sprofondare in un abisso senza fondo, voleva nascondersi, non farsi mai più vedere, sparire per poi morire in qualche angolo smarrito nel mondo.
Ecco, era così che si sentiva.

Smarrito.

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Capitolo 4
*** 4. Hello ***


Commento dell'autrice: Okay, e come da promesso, il quarto capitolo: spero vi piacerà e recensirete! Risponderò a tutte le recensioni domani nel prossimo capitolo! Bye bye, grazie a tutti >\\\< <3

Nuvole di pioggia vengono
per giocare;
ancora.
Nessuno ti ha detto
che non sta respirando?
Se sorrido e non ci credo
Presto saprò che mi sveglierò
da questo sogno.

[ Has no one told you she’s not breathing?
Hello, I’m your mind
Giving you someone to talk to
Hello.
If I smile and don’t belive
Soon I know that I wake from this dream
Don’t try to fix me
I’m not broken. ]
- Evanescense, Hello.

 
 
« Non ho capito ancora chi siete » disse Akihiko, la sera. « Chi ve lo dice che vi farò restare qui?»
Rukia avanzò altezzosa verso di lui. «Possiamo procurarti tutto ciò che vuoi!»
« Non ho bisogno di danaro.» Ribattè lo scrittore.
La donna si accovacciò vicino Misaki e cominciò a sussurargli nell’orecchio.
Dopo si alzò e avanzò nuovamente verso lo scrittore. « Io degli orsi!» disse. «Tanti orsi.»
« Spero che il soggiorno sia di tuo gradimento.»
« Sei il solito...» sospirò il moretto, mentre lo guardava allontanarsi.
Ichigo, però, si avvicinò a Rukia e cominciò a contestare. «Ho una vita, io! E soprattutto una casa! Perché dovrei restare qui?» chiese.
« Ichigo. È meglio che restiamo tutti uniti, per adesso. Io, tu, Inoue, il moccioso e soprattutto quell’uomo. Non sappiamo quali siano le intenzioni del nemico. E se li attaccasse mentre noi non ci siamo?» Così dicendo, girò sui tacchi e si chiuse la porta alle spalle.
«Pidocchio... » commentò Ichigo. Misaki gli si avvicinò e lo guardò negli occhi.
«Kurosaki-san, a te piace la signorina Kuchiki, non è così?» domandò sincero.
Il ragazzo fece molte cose contemporaneamente: prima cadde all’indietro, poi cominciò a ridere e poi ad urlare, scrollò le spalle al povero moretto che lo guardava incredulo. «Per niente! Perché dovrebbe piacermi una pidocchio alto 1 metro e 30?!» dicendo così, cadde per l’ultima volta indietro tutto rosso in viso.
 
La mattina dopo, appena alzato, Misaki trovò altri altri “ospiti”. Non se ne stupì.
La prima era una ragazza alta e snella, con buffi codini che erano legati a forma di cerchio, e poi scendevano giù con altre trecce. La seconda, invece, era più bassa e più mengherlina, aveva incredibili capelli verdi che teneva disordinatamente sulle spalle e la bocca era celata da uno straccio nero che teneva legato attorno al collo, che saliva da sotto il naso fino al mento. Con loro c’erano anche altri due ragazzi, uno aveva capelli rossi legati da una disordinata coda di cavallo mentre l’altro era più alto e robusto, con capelli neri lunghi e pettinati con cura, intrecciati da fermagli color cielo.
«Kuchiki-san...» accennò. «Loro chi...»
La ragazza bionda afferrò la mano di Misaki e cominciò a stringerla. «Salve!» strillò vivace. «Io sono Ryuuga Takagi, molto piacere!».
« Ah, ehm... Il piacere è mio.»
Rukia si accigliò. «Che ci fai qui, Ryuuga?» chiese. La ragazza cominciò a diventare più seria. «Sono andata da Urahara, in questi giorni e...» fece sulla difensiva, «E mi aveva detto che voi eravate qui, così... Insomma, perché non posso unirmi anch’io al party?».
«Quale party?» fece Rukia minacciosa.
«Insomma, smettetela di litigare.» Sentenziò il ragazzo rosso. «Infastidirete il capitano!».
Ryuuga urlò in modo estroverso e Misaki notò una certa somiglianza con gli urli di Aikawa-san.
«Renji-ji, aww, Renji-ji! Ti preoccupi sempre per il nostro capitano, ti amo così tanto!» disse.
Mentre questi due facevano un gran baccano, i due ragazzi non avevano pronunciato parola.
La donna, con una voce che al minimo si riconosceva a causa del panno che la celava, disse «Smettila, Ryuuga. Non siamo qui per giocare, o Byakuya taichou non sarebbe venuto.»
Con quella voce dura Misaki credette di ghiacciare.
«Kilari, Byakuya Taichou, forza! Visto che siamo in missione non significa per forza che non dovremo divertirci!» disse Ryuuga.
Byakuya la ferì con lo sguardo.
Ad un certo punto, la porta del soggiorno si spalancò, ed entrò Ichigo seguito da Akihiko. «Buongiorno...» fece un solito Usagi appena svegliato. La sua voce sembrava consumata a furia di fumare.
Misaki gli diede presto le spalle. Non riusciva a guardarlo.
Ichigo prima non notò niente, poi strizzò gli occhi. «Renji?» fece, guardando il ragazzo rosso. «Yo!»
«Kilari! Byakuya!»
Ma nessuno dei due rispose. Byakuya sembrava addirittura infastidito.
«E... Ryuuga.»
Al suo nome la ragazza scattò in piedi, abbracciò Ichigo con tutta la forza che aveva, e continuò ad urlare «Fragolino, Fragolino! Renji-ji, non essere geloso!».
Rukia scoppiò.
« Insomma, la piantate?! Dobbiamo pensare a cose più importanti!».
«Aspetta Rukia, non sarai tu la gelosa?» chiese maliziosa Ryuuga. «Guarda che io amo solo Renji!»
«N-non sono gelosa!».
 
«Non ci pensate nemmeno.» Disse Usagi, la sera. «Non ospiterò mai tutti qui! »
«Ovviamente sarà Ryuuga e la sua banda a sloggiare.» Esclamò Rukia. «Ma se Nii-sama vuole restare...»
Ryuuga, all’inizio si rifiutò nettamente. Poi, vedendo Renji che la incitava a lasciare la casa, accettò senza esitazione e uscì dall’appartamento, con la promessa che si sarebbero visti domani mattina.
Qualche ora dopo, però, Rukia era pensosa perché credeva che Byakuya potesse non essere a suo agio senza una dimora confortevole e calda.
«Kuchiki-san, quindi Byakuya-dono è suo fratello?» le chiese Misaki.
«Più o meno. Era sposato con mia sorella, e quando ella è morta mi ha adottato.» Raccontò.
Misaki voleva saperne di più, ma non chiese più niente. La storia non sembrava essere molto felice.
« Ascolta ragazzo!» lo richiamò lei. «Esci fuori e cerca mio fratello!» ordinò.
Il ragazzo volle ribattere, ma lei non lo ascoltò e lo trascinò fuori di casa.
Sospirò sonoramente. Fratellino, non puoi nemmeno immaginare in che guaio mi sono cacciato.
Quando uscì, notò che era una sera molto fredda, ma non ci mise troppo tempo per trovare Byakuya e gli altri. Infatti appena alzò lo sguardo li trovò tutti e quattro sul tetto di casa Usami.
Che gente stramba questi Shinigami, pensò.
Prima cercò di chiamarli, ma non potè alzare troppo la voce perché era notte fonda. Decise di raggiungerli con la scala inferiore.
Quando fu sopra al tetto, rabbrividì per il freddo e si constrinse ad avvolgere le braccia intorno al collo.
«Chibi-tan, cosa fai qui?» chiese Ryuuga sorpresa, quando lo vide.
Chibi-tan. Un classico.
«La signorina Rukia ha detto che dovevo vedere se... Ehm, il... Il nobile Byakuya era a suo agio.» Disse.
Nel sentire il suo nome, Byakuya si girò.
«Riferiscile che qui sto bene.»
«Ho capito.»
Stava per andarsene, quando vide Ryuuga abbracciare il povero Renji, che stanco, raggiunse Byakuya e Kilari in uno spazio del tetto molto lontano dalla ragazza.
«Ryuuga-dono... » fece Misaki. «Tu ami davvero Renji-san?».
«Certo.» Rispose pronta. «Perché?»
«No, niente... Sembrate molto...»
«Oh, no, no.» disse Ryuuga. «Renji-ji non ama me.»
«Cosa?»
« Non l’avevi ancora capito?» sorrise. «Quale fidanzato rifiuterebbe l’affetto della persona amata?»
Misaki trasalì.
«Io non... » accennò.
Silenzio.
«Chibi-tan?»
«È vero.» Si affrettò a rispondere. « Nessuno lo farebbe.»
Ancora altro silenzio.
Poi, per rompere l’aria tesa, Misaki scacciò una risata.
«Che succede?» chiese Ryuuga.
«Niente, è soltanto che tu somigli molto ad Usagi-san.» Disse. «Sai, lui non faceva altro che dichiararsi e io in tutta la mia vita gliel’ho detto solo... Solo una... Una volta.»
«Usagi-san? Intendi l’uomo che i gemelli gli hanno rubato i ricordi?»
«Esattamente.»
Poi si pentì di averlo detto con tanta franchezza.
«No, ehm...» fece. «Non era ciò che intendevo dire...»
«Tu e quell’uomo stavate insieme? Ma non è possibile, perché adesso lui...»
«Sì, lui... Ha dimenticato tutto.»
Silenzio.
Ma questa volta un silenzio assordante.
«Oh, ma non preoccuparti!» continuò il ragazzo. «È stata colpa mia.»
«Eh?»
«L-lui era innamorato di me, ed io non ho mai... E’ questo ciò che mi merito... » la sua voce cominciò a tremare. «Sembrava che... Toccandomi acquistasse certezze...»
Ryuuga non parlava.
«Una certezza in particolare: ti amo. Uno stupido sono stato, solo uno... »
La sua voce si spezzò da lacrime di collera.
Ryuuga lo guardò, ma egli non voleva essere visto mentre soffriva. L’aveva giurato quando i suoi genitori erano morti, da piccolo.
«Scusami, ora vado...»
Ryuuga gli si avvicinò e gli asciugò una lunga lacrima.
«Non provare a ricompormi, non sono rotto.»
Si alzò tremante ma la ragazza lo trattenne e gli fece cenno di piegarsi giù.
«Lui non ha dimenticato tutto.» Disse.
«Cosa?»
«Anche quando i gemelli rubarono i ricordi di Rukia, lei... Non scordò mai completamente.»
«I gemelli rubarono i ricordi di Kuchiki-san?» chiese, sottovoce.
«Si. Ma lei non dimenticò mai niente.» Disse. «Nonostante i ricordi le erano stati portati via, erano esistenti, e quindi collegati ancora a lei. C’era qualcosa, infondo al suo cuore, che non poteva scordare.»
«Kurosaki-san?»
Ryuuga si limitò a sorridere.
 
Quando Misaki rientrò a casa, Akihiko, Rukia e Ichigo erano nel soggiorno, ma lui non guardò nemmeno in faccia la Shinigami che lo osservava severa, ma si precipitò verso lo scrittore.
«Io ci riuscirò, lo giuro.»
«Cosa?» fece lo scrittore.
«Un giorno ricorderai, e io ti farò innamorare di nuovo di me! È una promessa!» urlò.
Dopodichè girò sui tacchi e si avviò verso la sua stanza, a testa alta. 

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Capitolo 5
*** 5. Quel ti amo maledetto ***


Perché solo adesso penso
che non ti ho mai detto,
quel ti amo maledetto
che adesso io griderei.
E anche se ami io lo so,
non ritornerai.

[ Scusami
Se qualche volta ho bisogno di chiamarti per sentirmi meglio
Se ogni notte ti sento così forte che rimango sveglio
Se non sono stato come volevi e se non sono perfetto
Ma adesso se stai pensando che ti sei sbagliata
Chiudi a chiave l’orgoglio che hai dentro
E vieni qui da me
A me basta anche una volta per dirti ciò che sento,
perché l’amore è più forte di quel ti amo maledetto. ]
- Paolo Meneguzzi, quel ti amo maledetto.

 
 
Quella mattina si alzò con la consapevolezza di essersi tolto qualcosa di molto pesante dallo stomaco.
Si guardò attorno, ma non c’era nemmeno un rumore, né un sussurro. Solo una luce abbagliante rompeva la stanza ancora imbiancata.
Quindi si vestì velocemente, sgattaiolò nel soggiorno ed ebbe un tuffo al cuore: Akihiko era lì, che lo aspettava.
«Ti sei svegliato, ragazzo.» Apostrofò seccato.
«Ehm sì...»
Un giorno ricorderai, e ti farò innamorare di nuovo di me! È una promessa!
In un momento divenne tutto rosso in viso. Non poteva crederci.
L’aveva detto. Incredibile, pensò. Aveva sempre affermato il suo unico credo, ovvero io-non-amo-Usagi-né-le-attenzioni-che-mi-da.
«Gli altri sono usciti.» Disse facendolo risvegliare dai suoi pensieri. «Ryuuga aveva detto di aver trovato un lavoro part-time in un bar sulla spiaggia, e così Rukia si è arrabbiata ed è andata a beccarla. Anche se non sapeva che aveva assunto anche lei...» rise di gusto.
Mio dio, amava quel sorriso.
«Ho capito.» Rispose. « E tu, Usagi-san? ».
«Arrivo anch’io, stavo aspettando che ti svegliassi.»
Dentro di lui una felicità segreta si espase.
«Precedimi pure, e dì agli altri che sto arrivando.»
«Ho capito.» Ripetè.
Si mise le scarpe, ancora con il fiato sulla gola, ed aprì la porta velocemente. Stava per uscire, ma Akihiko lo bloccò di nuovo per il braccio.
Mio dio, amava quella vicinanza.
«Cos...»
Il suo viso si avvicinò al suo orecchio e sussurrò.
Mio dio, amava quella voce.
«Non giocare con me, ragazzino.» Disse «Hai sbagliato persona.»
«Non... Non sto... g-giocando...».
Avanti! Non poteva vacillare adesso, pensò. Doveva arrivare fino in fondo.
«Hai detto che devo ricordare. Cosa?» continuò.
«Io non... Adesso devo a-andare...» mormorò.
Lo cinse per la vita e lo tirò a sé.
«Aspetta Usagi-san, che fai?!» esclamò. «No!»
Si liberò con decisione ma perse l’equilibrio, e prima che potesse cadere Usagi lo bloccò mettendo un braccio davanti e lo tenne stretto.
In un istante Misaki provò di nuovo il dolore allucinante alla caviglia che aveva sentito quando era caduto dal balcone del palazzo di villa Usami. Strinse i denti così forte che sudò.
Usagi, nel frattempo, non parlò.
«Mi dispiace.» Riuscì a dire Misaki.
Akihiko lo lasciò, e il ragazzo si radrizzò in piedi, con la caviglia ancora tremante.
«Bene, vedo che hai capito che questa storia dei ricordi deve finire.» Sussurrò Usami. « E poi, mi dispiace, ma non è possibile che prima io sia stato innamorato di te.»
La caviglia gli fece ancora più male. Era strano che gli dolesse ancora, era passato ormai molto tempo dall’incidente.
«Fin quando io ho memoria, ho sempre amato un uomo che non mi ha mai ricambiato.»
Con il dolore della caviglia, si aggiunse anche un dolore profondo che nutriva nel cuore.
Era vero. Non ci aveva mai pensato a questo.
Prima di amare lui, Akihiko amava suo fratello. Takahiro.
Era ovvio che, avendo dimenticato il ragazzo, egli abbia nutrito di nuovo quel vecchio amore.
Si sentì morire. Volle sotterrarsi e sparire in qualche angolo isolato del mondo.
Lo scrittore era in piedi, con la sua solita espressione seria, imperscrutabile.
Lo odiava.
Odiava il modo in cui gli arruffava i capelli, il modo in cui lo faceva sentire sempre stupido, il modo in cui lo prendeva con violenza e lo violava.
Lo sguardo freddo si incastrò negli occhi verdi.
Lo odiava.
Misaki girò sui tacchi, con la caviglia dolorante, e aprì la porta per uscire. Quando la chiuse riuscì a intravedere un Usagi cupo e senza colore.
Si accorse di odiare ancora di più il modo in cui lo amava.

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