Una giornata di peripezie di mikybiky (/viewuser.php?uid=3205)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Iniziamo bene! ***
Capitolo 2: *** Tornare a casa, che dilemma! ***
Capitolo 3: *** A pranzo con Stefan... si salvi chi può! ***
Capitolo 4: *** Qualcuno peggiore di Stefan... ??? ***
Capitolo 5: *** Un piccolo, minuto, impercettibile senso di colpa ***
Capitolo 6: *** Alla fermata del pullman ***
Capitolo 7: *** Una reazione... alquanto inaspettata ***
Capitolo 8: *** Una ragazza un po' schizzata ***
Capitolo 9: *** Il negozio dei propri sogni ***
Capitolo 10: *** Finalmente ad Isso! ***
Capitolo 11: *** E chi me l'ha fatto mai fare?? ***
Capitolo 12: *** Aiuto che trivella! ***
Capitolo 13: *** Papà ***
Capitolo 14: *** Il tuo ricordo ***
Capitolo 15: *** Di nuovo assieme, che felicità! ***
Capitolo 16: *** Giù dalle scale! ***
Capitolo 17: *** Un posto un po' scomodo ***
Capitolo 18: *** Buoni i pettorali ma le calamite si respingono! ***
Capitolo 19: *** Elemosina ***
Capitolo 20: *** La verità ***
Capitolo 21: *** Knockin' on heaven's door ***
Capitolo 22: *** Gelosia? Mah... ***
Capitolo 23: *** Es tut mir leid ***
Capitolo 1 *** Iniziamo bene! ***
Una giornata di peripezie by mikybiky is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License. Based on a work at www.efpfanfic.net.
1. Iniziamo bene!
1. iniziamo bene!
Premetto
che tutta la storia che segue è pura invenzione della mia
fantasia. Luoghi e personaggi citati sono totalmente inventati da me.
Qualsiasi analogia con fatti e persone è puramente casuale.
QUALSIASI FRASE RIVOLTA AL PROTAGONISTA STEFAN NON E' INTESA COME INSULTO RAZZIALE, SIA CHIARO!!!
Anticipo,
inoltre che non sono per niente brava in tedesco, e siccome nella
storia (come leggerete) è necessario, se le frasi sono sbagliate
non fateci caso! Per mantenere l’andamento continuo, le
traduzioni sono fatte a fondo pagina, senza ricorrere ad asterischi o
contrassegni.
Non conosco le linee dei pullman che circolano a Bergamo, quindi le ho sparate a caso, basandomi sulla cartina.
Buona lettura!
UNA GIORNATA DI PERIPEZIE
1. Iniziamo bene!
È tutto okay.
È tutto estremamente okay. Non dare fuori di matto; la tua
migliore amica ha semplicemente appena detto alla professoressa di
matematica (nonché vicepreside) che ti sei scambiata dei
bigliettini con quella stronza che sta dall’altra parte della
classe; non è nulla di grave, no?
Okay, in realtà non era sua intenzione farlo sapere a tutta la classe, ha semplicemente urlato un po’ troppo ad alta voce
“Cosa continui ad inviare bigliettini a Camilla?”. Non era
sua intenzione farsi sentire dalla professoressa. È perdonabile,
no?
- Valenti! Interrogata! -
Oddio. Questo non lo avevo previsto. Il vuoto dentro di me.
Mi alzo lentamente. Guardo Arianna arcigna, mentre lei mi lancia uno sguardo bastonato, come per scusarsi.
Mi dirigo alla lavagna a passi lenti, e finalmente la raggiungo.
- Valenti, è morto un Papa nell’attesa. -
Grazie.
Lancio uno sguardo
assassino a Camilla, che mi sorride dall’alto del suo scranno: io
e quella bastarda ci stavamo scambiando insulti a vicenda. Non ci siamo
mai sopportate, ma lei l’ha sempre avuta vinta. Stronza, dopo
gliela faccio vedere io!
Mentre volgo lo sguardo altrove, incrocio quello di un austriaco comodamente seduto su una sedia in fondo all’aula.
Piccola parentesi: in
occasioni degli scambi culturali con l’Austria, la mia classe
accoglierà oggi e domani sette ragazzi austriaci, fra cui quello.
Mi sta già antipatico. Dio, come
mi sta antipatico! Continua a guardarmi con un mezzo sorrisetto che mi
fa venire i nervi. “Ti sta bene” ce l’ha scritto in
faccia in modo palese… ma se non sa neanche spiccicare una
parola di italiano!
- Valenti! - torna a ripetermi la professoressa.
Con aria solenne, prendo in mano il gesso e aspetto che mi detti… quella cosa lì con le graffe!
- Si chiama sistema, Valenti - mi precisa la professoressa.
Ma che diamine, mi sa leggere anche nel pensiero, adesso?
- Ma sarò più clemente, ti farò fare i moduli -
I che cosa? Oddio… sono in panico.
- Scrivi - mi ordina la professoressa, austera. - Modulo di: tre x meno cinque, chiuso modulo, maggiore uguale di sette x. -
…
Forse dovrei specificare alla professoressa che non sono capace di comprendere l’arabo.
- Pst!-
Mi giro speranzosa verso
Arianna, e vedo che mi fa dei gesti strani con la mano. Ah, ma certo!
Ora ricordo, i moduli li abbiamo fatti ieri!
Quindi, da brava ragazza, mi impegno a scrivere quello che mi ha dettato la professoressa.
|3x - 5| > 7x
Avete visto che brava? Sono capace anche io!
Mi giro trionfante verso
Camilla, ma noto di nuovo quell’antipatico dell’austriaco.
Mi guarda come se fossi un’imbecille. Mammamia, che nervi!
- Forza, Valenti, ora che hai dimostrato anche tu di saper scrivere correttamente un modulo, perché non lo risolvi? A noi non darebbe fastidio. -
Stronza.
Mi giro verso la lavagna e rifletto. Qualcosa forse mi ricordo… ma certo!
- Non esiste x! - dico, allegra.
- Scrivi - mi dice la professoressa.
Mi crede così imbranata? Glielo dimostro io!
/x
Osservo la professoressa,
soddisfatta di me stessa. Oddio, perché ha inarcato un
sopracciglio? Ops, forse quello significa per ogni x… mi
affretto a cancellare.
- Ferrari - dice, rivolta a Camilla - è giusto quello che ha detto la tua compagna? -
Camilla si siede composta, si butta all’indietro i capelli e dice:
- No, professoressa, in questo caso bisogna discutere il modulo. -
- Vieni fuori alla lavagna a risolverlo. -
Camilla si alza e mi raggiunge. Risolve il modulo senza fare una piega, e alla fine la professoressa annuisce, contenta.
Guardo l’austriaco: anche lui le sta sorridendo.
Avrò la mia rivincita, è una promessa.
Stizzita come non mai, esco
a passi grandi dalla scuola. È mezzogiorno, e grazie al cielo il
mercoledì noi del liceo scientifico usciamo sempre alle dodici.
Non avrei sopportato un’altra ora di lezione. Credo che forse
avrei preferito impiccarmi.
Ora rimane solo un altro problema: come dire alla mamma del quattro in matematica?
Ciao mamma, sai che oggi Camilla ha preso un altro otto in matematica? Che buffo, il doppio di me!
No, troppo banale.
Però… aspetta
un momento! Oggi a casa non c’è nessuno! È vero, la
mamma ha un convegno a Pavia, torna solo domani pomeriggio!
Contentissima, mi dirigo verso la fermata del pullman.
- Alice, aspetta! - qualcuno mi chiama.
Mi volto e vedo Arianna che corre verso di me.
- Alice! Aspettami! -
Io la guardo ma non mi fermo.
- Sei arrabbiata con me? - mi chiede, con aria infantile.
- No, da cosa l’hai capito? -
- Dal tuo atteggiamento: è dall’ora di matematica che non mi hai più rivolto la parola. -
Ma perché io ho un’amica così scema?
- Dai, Alice, non prendertela così tanto! È stata solo una stupida interrogazione di matematica! -
- Se era così stupida, allora perché io ho preso quattro? -
- Forse perché non hai studiato? -
- Vaffanculo -
Arianna arrossisce.
Tanto per la cronaca, io ho
17 anni e frequento la terza. Sì, sono stata bocciata
l’anno scorso, e la trovata di Arianna non è stata delle
migliori.
Vedo il pullman arrivare da
lontano, e mi dirigo per andare a prenderlo. Spero che sia il diretto
per… Ouch! Una fiumana di studenti mi ha appena investita.
D’accordo, credo che prenderò il prossimo pullman. Tanto passa fra… venti minuti, nulla di che, no?
Arianna mi guarda sconsolata.
- Ci vediamo domani - mi dice, e mentre si allontana mi fa un cenno con la mano. Forse ho esagerato.
Il pullman riparte, e io rimango sola ad aspettare il prossimo.
Che noia, ci vorrebbe proprio una bella compagnia…
- Ciao -
Oh, ma tu guarda! Parli del diavolo e spuntano le corna!
Mi giro e… l’austriaco?!? Che cosa ci fa qui?
Sbuffo; non è esattamente il tipo di compagnia che volevo.
- Ciao - rispondo, secca.
- Sehr fröhliche! -
Eh?
Non si può esattamente dire che io sia un asso in tedesco.
- Che vuoi? - dico, cercando di nascondere che non ho capito niente di ciò che ha detto.
- Io übernachten da Camilla -
Hai perso tutta la mia stima, austriaco.
- Ah - rispondo semplicemente.
- Che pullman prendo? -
Sa anche parlare italiano, sprecato.
- E lei? -
- Ha corso di danza -
Tipo, non so se conosci il
significato della parola ‘articolo’. Ehm… mi
correggo, il significato della parola ‘artikel’.
Io sto zitta.
- Che pullman prendo? - mi ripete lui.
- Il prossimo - dico io con noncuranza, mentre tiro fuori il cellulare.
In realtà, non so
neanche dove abiti Camilla. Vabbé, al massimo l’austriaco
si troverà un po’ spaesato. È Camilla la stupida
che lascia andare il suo ospite da solo!
Mi ritraggo velocemente,
mentre il pullman diretto a Milano si ferma e fa scendere dei tizi.
Ehi, che bello! Se un giorno volessi scappare da Brescia e andare a
Milano con il pullman potrei farlo!
No, un momento: perché l’austriaco sta salendo sul Milano? Oh no, il prossimo pullman!
- Ehi, fermo! - gli grido.
Non mi sente.
- Austriaco! - gli urlo.
Scuote i capelli neri, che sicuramente gli otturano le orecchie.
- DEUTSCHLAND! - (Non pretendete che io sappia come si dice austriaco).
Non mi degna di una virgola. Troppo sprecato.
Devo fare qualcosa. Non lo
posso lasciare andare a Milano. E comunque, dev’essere tordo,
oltre che antipatico, perché sta salendo dalla porta in fondo!
Devo decidere alla svelta: mi butto a capofitto sul pullman e lo afferro per un braccio.
- Ehi! - dice lui.
Non ho il tempo di spiegargli in tedesco
che è sul pullman sbagliato. Ma credo che capisca, perché
a momenti è più veloce di me a scendere. Improvvisamente,
le porte mi si chiudono in faccia. Merda.
Che faccio adesso? Chiamare
a casa? No, non c’è nessuno. Spero nella buona sorte, e
premo il campanello. Non so neanche dove sia la prossima fermata.
Mi impianto davanti alla porta, mentre l’austriaco mi osserva come se fossi nel torto. E che vuole?
- Corsa diretta! -
Che roba? Chi ha parlato? L’autista. Sta parlando con me?
No, un momento: che cosa ha detto? Corsa diretta?
…
CORSA DIRETTA?? Spero che sia uno scherzo.
Credo che sia impallidita, perché l’austriaco mi mette una mano sulla spalla e mi chiede se sto bene.
- Corsa diretta - riesco a balbettare.
- Cosa significa? - mi chiede lui, ingenuo.
- Vuol dire che fino a metà Bergamo noi non possiamo scendere -
Non lo vedo in faccia, ma so che sulla sua testa in questo momento sta fluttuando un punto di domanda.
Non è mica colpa mia se conosce giusto tre parole di italiano!
Mi siedo su un sedile, e lui mi ricopia.
- Che problema? - mi domanda.
Tizio, impara a parlare italiano.
- Ehm - dico, cercando di
esporre semplicemente l’argomento - noi… stiamo…
andando… … a Milano -
Impallidisce.
- Milano? Die Stadt? -
Italiano no, eh?
- Wir fahren gerade nach Milano… - ripete.
Monotono.
Aspetta, forse ho la soluzione.
- Semplice! - esclamo -
sono già stata a Milano molte volte. Ci basterà prendere
la metro, arrivare in stazione e prendere il primo treno diretto a
Brescia! -
L’austriaco mi guarda come se parlassi cirillico. Capirà.
- Don’t worry! - gli
dico. Ops, però forse quello era inglese. - Ora - inizio a
spiegargli (lentamente, come se fosse un handicappato. L’odio che
provo verso Camilla lo sto riversando su di lui… eh eh) -
andiamo a Milano. Prendiamo il treno e torniamo a Brescia. Okay? -
Lui mi guarda un po’ perplesso, però poi annuisce. Oh, ma che bravo! Ha dimostrato di conoscere il cirillico!
Mi sistemo comodamente sul
sedile su cui sono seduta. Ce n’è di tempo fino a Milano.
Forse potrei studiare storia per domani, visto che ho
l’interrogazione. Allora estraggo il libro dalla cartella e lo
apro a pagina 47: la peste bubbonica. Sembra di fare i Promessi Sposi.
Senza dire una parola,
l’austriaco estrae il suo I-Pod dalla borsa e si infila le cuffie
nelle orecchie. Sono curiosa, che musica starà ascoltando? Mi
sporgo leggermente verso di lui e cerco di leggere la traccia o
l’artista segnati sullo schermo. Ci sto quasi riuscendo:
Tra… che canzoni potrebbero cominciare con “Tra”?
Tra palco e realtà di Ligabue? No. Travis? A Beautiful Tragedy? Space Travel degli Yellowcard? Tracce di te di Renga?
Mi sporgo meglio. Riesco a leggere… Track 05.
Perché io arrivo a complicarmi la vita fino a questo punto?
- Studia -
Mi riscuoto dai miei pensieri.
Come prego? Cosa si
è permesso di dirmi l’austriaco? Studia? STUDIA? Adesso
gliene canto quattro. E che sia cirillico per lui, così gliene
canto anche di più.
- Senti, austriaco - dico, scortese - io e te non andiamo… -
- Stefan - mi interrompe lui.
- Cosa? - chiedo.
- Mi chiamo Stefan - ripete, un po’ offeso.
- Ah - dico.
Okay, l’ho sottovalutato. Anche lui ha un nome,
prova sentimenti e… forse averlo chiamato
“austriaco” ha fatto sembrare la frase un po’
razzista. Okay, vedrò di comportarmi meglio con lui d’ora
in poi.
Proseguo il resto del
viaggio in silenzio, facendo finta di studiare storia. In realtà
sto cercando di indovinare le canzoni che sta ascoltando Stefan. Ma
suppongo che siano austriache, perché non le riconosco.
Improvvisamente, dopo circa
una cinquantina di minuti, il pullman si ferma e sale un omaccione
in divisa. Ha un cartellino appeso sul petto, che lo fa risultare
serio… non che non lo sia, intendiamoci.
Dio, ti prego fa che quello non sia…
- Biglietti! -
…il controllore.
- Stefan - dico.
- Eh? -
- Siamo finiti -
Sehr fröhliche!: molto allegra!
Übernachten: pernottare.
Deutschland: Germania.
Die Stadt?: la città?
Wir fahren gerade nach Milano: stiamo andando a Milano.
Don’t worry!: non preoccuparti!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Tornare a casa, che dilemma! ***
2. Tornare a casa, che dilemma!
2. Tornare a casa, che dilemma!
Perfetto. Il controllore ci ha buttati giù dal pullman, perché siamo sprovvisti di biglietto.
Meraviglioso.
E ora cosa faccio?
Non so dove sono, non ho
idea di come cavolo farò a tornare a casa, ho pochi soldi con me
e per di più sono qui con un austriaco che sa giusto spiccicare
tre parole di italiano! (Mi correggo, cirillico).
Mi guardo attorno: nulla che mi aiuti a capire dove sono.
La gente cammina indisturbata sul marciapiede.
I fast food rimangono immobili nella loro postazione.
I semafori lampeggiano e comandano il traffico.
Le macchine sfrecciano sulla strada.
E che diamine!
Mi siedo quindi sulla banchina e aspetto… che arrivi una carrozza a prendermi. Ma che cazzo sto facendo??
Okay, meditiamo: cosa posso fare?
Prendere il treno? Macché, qui non ce ne sono.
Chiamare la mamma? Sì, aspetta e spera che mi venga a prendere da Pavia.
Tornare a piedi? Ah ah, ma che spiritosa!
Ci sarà pur qualcosa
che posso fare… ma certo! Come sono arrivata, tornerò
anche. Prenderò un pullman per Brescia!
Alzo la testa, soddisfatta:
io sì che sono un genio! Mi vedo già ritratta in una
scultura, proprio su questo marciapiede, con tutta la gente che mi
osserverà commossa e…
- Also? -
Stefan morirà.
Nessuno osa interrompermi
mentre sogno ad occhi aperti. Chi lo fa merita la morte. Non vedo
perché Stefan debba essere esulato da questa pena. Solo
perché è austriaco? Ma non se ne parla neanche.
- Also? - torna a ripetermi.
Dio, com’è irritante.
- Senti, austriaco… - gli dico -… ehm, Stefan. Posso chiamarti Stef? -
Lui mi guarda come un arabo guarda un egizio che ha appena parlato.
- Non fa niente - mi affretto a dire.
Torno ad immaginare la mia
immagine raffigurata in un monumento, 80 metri di altezza. Sarò
la nuova Statua della Libertà…
A volte divago troppo con la mente.
- Also? -
Dio, se Stefan me lo chiede ancora una volta gli tiro un pugno in faccia.
- Senti, Giordi, o stai zitto o ti impicco. Con una corda d’oro. -
- Was? - mi chiede.
- Giordi. Non conosci la
storia di Giordi? Dopo aver rubato sei cervi dal parco del re, fu
impiccato (con una corda d’oro). Distraendomi, ti sei aggiudicato
la stessa fine. -
Niente da fare. Stefan continua a guardarmi in cagnesco.
Allora parli lui. Io ho detto la mia.
- Die Zug? - wow, nel pensiero però mi sa leggere!
Aspetta un attimo,
però… che cosa vuol dire Zug? Sugo? No, dev’essere
qualcosa inerente alla giornata di oggi. L’aereo! Non si dice
mica Zugzeug*?
Stefan apprende al volo la mia difficoltà a comprendere l’amazzone, e cortesemente si appresta a farmi da interprete di se stesso:
- Il treno? -
Ah, Zug non voleva dire aereo.
- Non siamo a Milano, bello mio. -
Senza che lui capisca, mi
alzo dal marciapiede e decido di recarmi da un tabaccaio. Spero che il
biglietto per Brescia non costi troppo; massì, al massimo ho qui
una quindicina di euro!
- Ehm… -
- Che c’è, Stefan? -
- Wo liegt die Station? -
- Non siamo a Milano - stavolta scandisco meglio le parole perché lui ne apprenda tutto il significato.
Per un momento credo che
Stefan sia stato stroncato da un ictus fulminante, perché non lo
sento più respirare. Mi volto verso di lui: sta benone. Peccato.
- Woher sind wir? - mi chiede.
- Bella domanda! -.
In realtà non so neanche che cosa mi abbia chiesto.
- Wohin gehen wir gerade? -
Imbestialita, mi volto verso Stefan e mi ci piazzo davanti:
- Sentimi bene, Giordi -
gli dico - se provi un’altra volta a parlarmi in tedesco, giuro
che ti mozzo la lingua! - faccio una pausa minacciosa. - Hai capito
bene? -
Evidentemente no.
- Non capisco! - mi dice infatti.
- Ignorante! -
L’ultima frase non la
pensavo davvero, eh! Voglio dire, mi troverei nella sua stessa
situazione se io andassi in Germania… ma non credo che lo farei
se non capissi il tedesco.
- Ignorante io?? -
Accidenti, quello l’ha capito.
- Ehm… -
- Tu sei… - inizia - tu sei… stupida! -
Come dice?
- Arrogante! -
Ah, però queste cose le sa!
- Banale! Noiosa! Insulsa! -
Ne sa un po’ tante…
- Imbecille! -
Sta esagerando.
- Citrulla! -
Come, come, come?
- Incompetente! -
Cosa c’entrava?
- Stolta! -
- Eh, eh, eh, vacci piano! -
- Idiota - conclude, soddisfatto.
- Ho capito che vuoi
dimostrarmi di essere un secchione, ma se queste sono le uniche parole
che sai dire allora è meglio che ti fai un esamino di coscienza!
Sarò inetta in tedesco, ma se dovessi andare in Austria, non lo
farei per dire ad una persona che è una perfetta nullità!
Per non ripetere i termini chi mi hai appena sputato in faccia. -
Stefan mi guarda senza capire, ma lo fa con un’aria superba a tal punto che mi verrebbe voglia di sputargli in faccia.
- Muovi il culo e sta zitto - gli dico, per non ricorrere ad altri termini.
Non credo che Stefan abbia
capito, ma è costretto comunque a seguirmi, se non si vuole
perdere per… dov’è che siamo?
Cerco un tabacchino
chiedendo informazioni. Non ne esiste uno nel raggio trecento metri!
Non ho tutto il tempo a disposizione io!
Cammino velocemente sul
marciapiede, e l’austriaco mi segue a fatica. Ha uno zaino
pesante. Ecco la comodità di lasciare quasi tutti i libri a
scuola!
Dopo aver percorso duecento
metri circa, rallento un attimo, spaesata. Davanti a me
c’è un’edicola, forse i biglietti per il pullman li
vendono. Speranzosa, entro.
La signora che c’è al bancone abbassa il giornale e mi sorride.
- Salve - dico, sorridendo a mia volta.
- Dimmi cara. -
- C’è una corsa che da qui arriva a Brescia? -
- Brescia? È un
po’ difficile che a Mozzanica passi un Brescia. Dovresti andare
alla stazione dei pullman, di lì forse passano. -
Dov’è che siamo? A Mozza che?
Le sorrido.
- Allora prendo un biglietto per andare in stazione -
Mi sento improvvisamente
stronza. È stato l’unico termine che Stefan si è
dimenticato di rifilarmi. Con un leggero senso di colpa, dico:
- Faccia due -
Mi giro verso Stefan. Sono clemente al punto di prenderlo anche a lui, ma i soldi me li rida!
Un colpo al cuore: Stefan è sparito.
- Quattro euro - mi dice l’edicolante.
Io pago alla svelta ed esco dall’edicola, senza ascoltare quello che mi sta dicendo la signora.
Giuro che se ritrovo Stefan
è l’ultima volta che vede la luce del giorno. E se non
comprende il cirillico, afferrerà al volo il significato delle
cinque dita rosse che gli rimarranno impresse sulla guancia per cinque
giorni.
Volto lo sguardo a destra e a sinistra. Non lo vedo.
Ma in fondo, perché
lo sto cercando? Non c’è mica scritto da nessuna parte che
io lo devo ricondurre a casa. Di Camilla. E allora si arrangi.
Ma sono afferrata dai sensi di colpa.
Cazzo, Stefan, se ti trovo sei veramente finito!
E che cos’è tutta questa gente? Toglietevi di mezzo, sennò non vedo Stefan!
Aspetta, che cosa sta
facendo quello stolto? Oh mio Dio, non è possibile, quel
malintenzionato sta scippando la borsetta ad una nonnina!
- Eeehiiii!! - urlo, ma non mi aspetto proprio che mi senta, visto il traffico.
Sventolo le braccia, mentre
corro verso di loro. Tutti mi prendono per scema, ma non posso
permettere un borseggio davanti ai miei occhi.
Arrivo sul ciglio della strada e mi scaravento dalla parte opposta
Vedo troppo tardi la
macchina che mi sta venendo addosso. L’ultima cosa che sento sono
due forti braccia che mi afferrano, poi il buio.
Also?: Allora?
Was?: Cosa?
Die Zug: il treno.
Wo liegt die Station?: dove si trova la stazione?
Woher sind wir?: dove siamo?
Wohin gehen wir gerade?: Dove stiamo andando?
*Piccola precisazione: aereo si dice Flugzeug
________________________________________________________________________________________________
Ed
ecco a voi il secondo capitolo! Non è tanto, ma non c'era
molto da scrivere.
La storia non si è ancora del tutto articolata, ma prensto
capirete il circolo vizioso in cui si cacceranno i due per tornare a
casa!
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e Kokky e gaTzi_yaShi per avere aggiunto la storia ai preferiti!!
LaUrEtTa:
grazie :D ci vorrà un po’ perché la
storia si sviluppi completamente, anche se cinque capitoli sono
già pronti :). Alla fine no, non ci vanno a
Milano… vedrai cosa succederà :p
Kokky:
grazieeee ;) ho postato abbastanza presto? :p e arriverà
presto anche il terzo capitolo, visto che i primi cinque li ho
già finiti ;)
ehi_Lyla: grazie, sono contenta di sapere che scrivo bene! Ad un autore
fa sempre piacere sentirselo dire :). Puoi dirlo forte, i personaggi di
questa storia hanno un innato talento a cacciarsi nei guai! E vedrai
nei prossimi capitoli, ne capiteranno di bell’e ogni!
Camilla non può stare simpatica, è impossibile
che una come lei risulti simpatica!
Stefan, invece, è un grande! Ma, per quanto simpatico, non
può andare d’accordo con Alice, totalmente
diversa, ma una grande anche lei!
Arianna l’ho citata solo in questo capitolo, e la
citerò anche nell’ultimo. Per il resto, non se ne
sentirà quasi mai parlare.
Jess: in realtà, è stata Alice a cacciare nei
guai sia lei che Stefan XD nonostante attribuisca tutte le colpe a quel
povero ragazzo!! È stata lei a dire a Stefan di prendere un
pullman nonostante non sapesse quale, e l’ha fatto finire lei
sul Milano! E così ora tocca ad entrambi ritrovarsi in un
posto ignoto. Come ho detto a Kokky,
ho aggiornato alla svelta? :)
Shio: sono contenta che ti piaccia e che secondo te è
scritta bene! Ora hai scoperto che cosa è successo a Stefan
e Alice… e gliene succederanno tante altre!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** A pranzo con Stefan... si salvi chi può! ***
3. A pranzo con
Stefan… si salvi chi può!
La prima cosa
che vedo quando apro gli occhi è Stefan. Non è un
bel risveglio.
Quando riprendo la cognizione dei cinque sensi, mi accorgo di essere
distesa per terra… con Stefan completamente disteso sopra di
me.
Che diamine è successo??
Pian piano, si rialza, e io lo ricopio. Un mucchio di gente ci sta
attorniando.
L’ultima cosa che ricordo è lo scippo…
che io volevo fermare!
Non so per quale assurdo motivo, ma Stefan mi è saltato
addosso e mi ha buttata a terra. Di sicuro quel furfante è
scappato con la borsetta della signora! Spero che l’austriaco
abbia una scusa convincente da espormi (e il che lo trovo abbastanza
difficile, visto che sa esprimersi solo in amazzone, a parte qualche
insulto in cirillico) altrimenti giuro che questa volta è
veramente finito.
Non avrà neanche il tempo di scoprire che siamo a Mozzanica
(come se sapesse dov’è - in realtà non
lo so neanche io).
La gente ci guarda stupita, e ciò mi innervosisce fuor di
misura. Cioè, anche io guarderei male un ragazzo che si
è appena scaraventato su una ragazza per nessun motivo,
buttandola a terra; infatti quello che mi innervosisce di
più, è che
Stefan mi abbia buttata
a terra!
Okay. Riprendi la calma. Sforzati a fingere di credere che Stefan abbia
avuto una buona causa. Magari ce l’ha. Anche se non
è possibile, visto che lui è Stefan.
Mi ricompongo dignitosamente. La maglia che indosso è nuova,
quindi spero per Stefan che non mi si sia sgualcita.
Ahia, che cos’ho al piede?
O.O (faccina, n.d.a.)
Mi è partita una scarpa!!
Odio Stefan, lo odio con tutto il mio cuore.
Gli conviene esibirmi all’istante la sua convincente
giustificazione, o lo devasto.
Vedendo che stiamo bene, la gente, mano a mano, si dirada; rimane
giusto qualche curioso a cui piace saperla lunga.
Non ho ancora rivolto la parola a Stefan, ma in compenso ho ritrovato
la mia adorata scarpa (che ho già provveduto a
rimettermela). Nessuno può toccare le mie Etnies. E se non
la ritrovavo, maciullavo le Converse di Stefan. Immagino che ci tenga,
no?
Alla fine, lui
ha la compiacenza di articolare quelle tre parole di cirillico che
conosce oltre ad “imbecille, idiota, incompetente”
e via dicendo.
- Stai bene? -
- Sto bene? - dico, con sarcasmo. - Potrei stare bene secondo te? Ho
rischiato di gualcirmi la maglia, ho perso una scarpa, ho (mi correggo,
hai)
permesso che un deficiente rubasse la borsa di una signora e tu mi
vieni e chiedere se sto bene? -
Riprendo fiato.
Sto per dirgliene altre, ma mi blocco: ha un’aria sconvolta.
- Ehm… Stefan, stai bene? -
- Sto bene? - stavolta è lui che mi vorrebbe rinfacciare un
po’ di cose, ma la sua poca conoscenza
dell’italiano non glielo consente.
Per una volta mi sento in colpa.
E va bene, lo ammetto: so che mi sono quasi fatta tirare sotto da una
macchina, ma sono troppo orgogliosa per riconoscerlo.
Odio, e dico odio
confessarlo, ma se non fosse stato per Stefan (si, quello Stefan)
credo che sarei stata investita.
Forse dovrei chiedergli grazie…
Eh?? Ma che dico? No, no, no! Non se ne parla neanche. In fondo
è colpa sua se sono uscita così di fretta dal
negozio. Se lui non fosse sparito all’improvviso, non sarebbe
successo quello che è successo. Le mie scarpe non sarebbero
state messe a rischio. Non avrei corso il pericolo di rompermi la
maglia. E quel delinquente avrebbe comunque rubato la borsa alla
signora, ma almeno io non me ne sarei accorta.
Sospiro.
Stefan ha ancora un’espressione poco ordinata sul viso, e si
sta massaggiando il braccio. Eh, colpa sua se si è fatto
male! Faceva a meno di saltarmi addosso! Tanto la macchina sarei
riuscita a evitarla comunque (… ehm…).
Riordinandomi decentemente, lo guardo con aria immodesta e gli dico:
- Andiamo -
Stefan mi guarda sconsolato, poi mi segue.
- Ora dimmi dove ti eri cacciato - il mio tono diventa mano a mano
più cattivo - perché non è possibile
che io debba badare a te come ad un bambino piccolo! Solo con i
marmocchi hai il timore che scappino non appena ti giri! -
Sto parlando con espressione talmente fiera, che neanche guardo dove
sto andando (tanto stiamo camminando sulla banchina).
Stefan mi guarda con espressione noncurante (ormai mi ignora proprio,
non fa neanche la fatica di capire che non comprende niente di
ciò che dico). Ma man mano la sua espressione diventa - come
dire - una smorfia ironica. Della serie “se ne
accorgerà”. Cretino, l’ho ben capito che
non mi capisci! Non sono mica stupida, ti sto solo prendendo per i
fond… Oh…
Stefan mi ha afferrata per il braccio prima che facessi un bel
capitombolo nella fontana che è davanti a me. Ma tu guarda
che mascalzona! Mi ha tagliato la strada!
Come se non fosse successo niente, mi stiracchio la maglia con le mani
e mi volto, con espressione solenne. Ma vado a sbattere contro una
persona. Ops.
- Ehm, mi scusi - dico, con l’aria di chi sa che queste cose
succedono sempre (non è mica la fine del mondo).
- Guarda che io sono sempre stato qui - dice il signore che ho
“investito”.
- Ah… ehm… -
In effetti, è seduto su di una panchina. Eh
vabbé, cose che succedono!
Stefan ridacchia. E che ha?? Gliela faccio vedere io a lui, neanche
capisce quello che stiamo dicendo! Sfaccendato.
Lo fulmino con lo sguardo, poi lo intimo a seguirmi.
Insomma, un po’ di rispetto per le ragazze!
Proseguiamo per un bel pezzo, io con aria trionfale, lui con aria
afflitta (chissà perché, poi. Non sta mica
morendo!). Improvvisamente mi blocco.
Lui, disattento come al solito, mi viene addosso.
Eh, ma sta un po’ attento! Ma dimmi te con che razza di
sbadato dovevo trovarmi per le vie di Mozzanica.
- Che cosa c’è? - mi chiede lui, con la voce che
sembra quella di un malato terminale nel suo ultimo minuto di vita.
- Ehm - mi schiarisco la voce.
- Also?? -
Mi trattengo dal tirargli una sberla. Non gli avevo forse detto di
smetterla di parlarmi in tedesco?
Comunque, riprendo la calma e, con i denti digrignati, dico:
- Non so… ehm - e qui divento piccola, piccola - in
realtà non so dove stiamo andando. -
- Eh? -
Se Stefan non ha capito ciò che ho detto, è
giustificato (quando mai): la mia voce si è infatti ridotta
ad un sussurro. Mi schiarisco la voce.
- Dovremmo andare in stazione, in teoria - dico, anche se so che parlo per me stessa - ma
non so dove si trovi… sì, stavo camminando a
vuoto, non chiedermelo. Per
una volta può succedere anche a me, no? -
Rifletto un attimo. Devo ancora riscuotere i miei non-mi-ricordo-quanti
soldi del biglietto.
- Stefan - dico, frugando nella borsa.
- Sì? -
- Aspetta un attimo… -
Appoggio la borsa a terra e cerco meglio. Uff, che diamine, non li
trovo. Rovisto nelle tasche, ma niente.
Oh no… la signora dell’edicola mi stava dicendo
qualcosa prima di uscire dal negozio. Ho dimenticato lì i
biglietti! Oh, fantastico!
E, ovviamente, di chi è la colpa? Di Stefan!! È
sempre colpa sua, ormai è un dato di fatto.
Sono capitata a Mozzanica per colpa di Stefan; non ho impedito un furto
per colpa di Stefan (anche se qualcuno avrebbe qualcosa da ridire); e
ora ho anche dimenticato i biglietti nell’edicola per colpa
di Stefan!
- Was hat geschenen? -
Dio, quanto lo odio quando parla in tedesco!
- Ti odio, Stefan -
- Eh?? -
- Ehm… mi è uscita così, non
è nulla di grave. -
Stefan mi guarda con aria torva. Eh vabbé, mi è
uscita la frase di bocca, può succedere. Soprattutto quando
si ha un insopportabile austriaco al proprio fianco che non fa altro
che parlare in tedesco.
- Che cosa facciamo? -
Finalmente Stefan ha sillabato una frase sensata.
- Ehm… - rispondo.
Oddio. Che cosa facciamo? Non può succedere che la
sottoscritta non sappia che cosa fare. Riflettiamo. Andremo ovviamente
in stazione.
Mi giro verso un signore che sta passando.
- Mi scusi - gli chiedo - sa dirmi come posso raggiungere
l’autostazione dei pullman? -
L’uomo mi guarda storto. E che ho detto adesso??
- A piedi? - mi domanda.
- Bé, sì -
Senza darmi alcuna risposta, si mette a ridere e poi se ne va. Che
gentile!
Mi rivolgo a Stefan, chi mi sta guardando in attesa di una risposta.
- Andiamo al bar - gli butto lì.
- Al bar? - non è convinto.
- Sì - dico. - Non ho mangiato e ho fame. Ormai sono quasi
le due. Ci sarà uno Spizzico o un McDonald’s qui
da qualche parte, no? -
Dieci minuti dopo siamo seduti ad un comodo tavolo di un caldo
McDonald’s. Io sto assaporando un tenero hamburger,
rifocillandomi allo stesso tempo di patatine fritte e ketchup.
Stefan mi guarda come se stessi annegano i miei problemi
nell’alcool. Che diamine ha?? Per me ha qualche disturbo
mentale. Ma anche Camilla avrà contribuito.
Improvvisamente, mi viene da pensare a lei: una volta eravamo amiche.
Non amiche inseparabili, ma ci sopportavamo. Non chiedetemelo, in fondo
non è vero che non ci siamo mai sopportate. Solo
che dopo un po’ lei ha iniziato ha diventare altezzosa e
maliziosa fuor di misura. Non abbiamo mai litigato, però,
essendo insopportabile, io ho cominciato a ribattere a ciò
che diceva.
La cosa che mi fa più rabbia è che Camilla ha
sempre avuto vinta ogni “causa” nata fra me e lei.
In un anno e mezzo io non l’ho mai avuta vinta. E
questa è la cosa che mi fa più rabbia. O per lo
meno, io sono una ragazza veramente orgogliosa e non averla mai avuta
vinta di certo non mi procura piacere.
Oddio, ma io perché sto facendo questo pensieri profondi??
No, no, è Stefan che mi fa brutti effetti.
Ad un certo punto mi viene una curiosità.
- Stefan - dico.
- Sì? -
- È simpatica Camilla? -
- Sì - lui è sempre troppo esauriente nelle
risposte. Sprecato.
Per tutta risposta, sul mio volto si disegna una smorfia.
- Cosa ti ha spinto ha soggiornare da lei? -
- Eh? -
- Non fa niente. - Tentare di intraprendere una discussione seria con
lui è impossibile. Dio, come farò a stare un
pomeriggio intero con una persona che per capire mi costringe ha
parlare a monosillabi?
- Credo… - Stefan si blocca. Dall’evidente sforzo
che trapela dalla sua faccia (ovvero guardare il soffitto gustando
un’insalata), è chiaro che sta tentando di
formulare una frase compiuta (e che abbia, ovviamente, altro oltre al
verbo e al soggetto). - Credo tu devi… - un’altra
pausa.
Nel frattempo sbadiglio, mi prendo un cappuccino con brioche, schiaccio
un pisolino, guardo la tivù, faccio merenda, ceno,
studio…
- Credo tu devi essere… più aperta - oh, ce
l’ha fatta!
Ora devo solo tradurre: credo che tu dovresti essere più
aperta. Della serie, facciamole vedere che sono capace anche io di
parlare l’italiano? La sua frase ha senso ma non si colloca
in nessuna sequenza sensata del discorso. Adesso faccio la saputella.
- Stefan - dico infine - cosa ne sai tu di come sono io se da quando ci
conosciamo (ovvero qualche ora) non hai fatto altro che costringermi a
dire due parole in croce? Visto che non hai capito niente di quello che
ho detto, te lo riassumo in due parole: stai zitto. -
Stefan mi guarda come se dovessi morire.
Bé, che non creda che io lo lasci iniziare una conversazione
con me.
- Bene. Ora sbrigati a mangiare che ho voglia di tornare a casa. -
Also: allora, quindi.
Was hat geschehen?: cos’è successo?
________________________________________________________________________________________________
Ed ecco a voi il terzo capitolo! Spero vi piaccia. La storia non si
è ancora del tutto sviluppata, ma dal prossimo capitolo
cominciano le “avventure”, ovvero cercare
seriamente un modo per tornare a casa.
Voglio fare una piccola precisazione: fino a questo capitolo (ma anche
nei prossimi) ho attribuito una forte dose di orgoglio e superbia ad
Alice, forse tanta da risultare quasi antipatica. In realtà
non ho nessuna intenzione di togliere alcunché a Stefan,
né di farlo sembrare uno stolto, ma è nel
carattere della protagonista essere orgoglia al tal punto da sminuire
gli altri. Torno a ripetere che la provenienza di Stefan non influisce
sul comportamento della ragazza, anche se può sembrare
così.
Kokky:
anche il terzo l'ho aggiornato alla sveltissima? ^^ Spero che sia
carino anche questo capitolo... sono molto contenta che tu ti
sia appassionata in modo irreversibile
alla storia =D mi fa molto piacere. Eh già, Stefan, a parer
mio, è il più simpatico di tutta la storia!! ;)
Jess: a
detta (tua e) di Alice, sono capitati in un posto sconosciuto da Dio,
ma in realtà non sono altro che a... xD se non lo sai lo
scoprirai nel prossimo capitolo!! Eheh me crudele!!! Come hai visto,
Alice sta bene, ed è stata salvata proprio da Stefan!
Shio: spero
di non deludere le tue aspettative con i prossimi capitoli!
Finché sono già pronti aggiornerò
velocemente, ma finché la scuola mi impiccia purtroppo
scriverò i prossimi lentamente :(
LaUrEtTa:
sì, si cacciano sempre nei casini quei due! Certo, alla fine
ne usciranno, o come farebbero altrimenti a tornare a casa? ^^ Per
vedere come andrà a finire, dovrai aspetatre gli ultimi
capitoli, che verrano fra un po' purtroppo....
ehy_Lyla:
sì, sono stata veloce perchè questo capitolo era
già pronto! Bé, come ho già
anticipato, i primi capitoli sono più che altro
introduttivi, ma dai prossimi comincerà la vera e propria
storia. Grazie per continuare a dirmi che scrivo bene!
Nuu, povero Stefan!! Non è uno stupido xD semplicemente gli
scoccia dover subire Alice in continuazione. Come ha i visto, Alice sta
bene, ed è stato proprio Stefan a salvarla!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Qualcuno peggiore di Stefan... ??? ***
4. Qualcuno
“peggiore” di Stefan… ???
Avete mai provato a cercare di esporre ad un austriaco come tornare a
casa da un posto che non si conosce? Io sì.
- Biblioteca - dico disperata - mappa. Pullman. Casa. Hai capito? -
Stefan mi guarda sconcertato.
- Sì… cioè, no -
- Ah! Perché a me? Perché a me? -
Diciamo che da quando siamo usciti dal McDonald’s sto
cercando di spiegargli che cosa ho intenzione di fare, ma
più gli riassumo brevemente i miei propositi, meno capisce.
Non importa, tanto so che voi capirete, quindi mi rivolgo a voi: mentre
assaporavo il mio bell’hamburger, ho avuto un’idea
geniale. Ovvero, se noi siamo a Mozzanica, sicuramente ci ritroviamo in
un luogo geografico segnato sulla cartina della Lombardia. Vuol dire
che se io cercassi su internet la carta geografica scoverei anche
Mozzanica, ed allora saprei con certezza dove mi trovo. Saprei anche
che pullman prendere per tornare alla mia adorata Brescia. Avete visto
che intelligente che sono? Modestamente.
Rimaneva solo un piccolo problema però: come reperire una
cartina della regione? Risolto anche questo dilemma, andrò
in biblioteca e stamperò ciò che mi serve.
L’unico vero problema - faccia scocciata - è
cercare di farlo capire a Stefan.
Diamine, sfido chi ci riesce. Quel ragazzo è un manico del
tedesco, primo; non capisce l’italiano (per lui cirillico),
secondo; ed è mortalmente noioso, terzo. Non tolgo che sia
però un po’ carino, quarto.
No, no, no!! Cancellate l’ultima frase, assolutamente! Volevo
dire: non fa altro che massaggiarsi il braccio, quarto.
Prima di pagare il conto, ho chiesto informazioni su come raggiungere
la biblioteca, e così ora vado a passo sicuro. Ma Stefan mi
segue incerto. Ha un’espressione sconvolta. Inizio a
sospettare che sia malato di aids!
- Dunque, Stefan - dico - io parlo. Tu ascolti. E se non capisci
caz… - vengo improvvisamente bloccata da un ragazzo che mi
strattona.
Cado a terra come un pesce lesso. Che cos’è
successo?
Con la mano inevitabilmente posata sul suo braccio destro, Stefan mi
guarda impassibile. O si toglie quell’espressione dalla
faccia, o lo faccio fritto per cena. Sempre che torni a casa.
Improvvisamente sento la terra muoversi sotto di me. Non ho bevuto,
vero?
Un terribile presentimento prende ad attanagliarmi: e se Stefan mi
avesse avvelenata? So che la cosa è improbabile, ma mi sta
così antipatico che potrei arrivare a pensare anche peggio
di lui.
Insomma, come può stare simpatico un ragazzo come lui?
Voglio dire, guarda quei suoi capelli corvini un po’ tutti
disordinati (in modo artistico, lo ammetto)… e quelle All
Star nere tutte consumate. Quei jeans delle Charartt che ti chiedi come
facciano ad esistere in Austria.
Insomma, il fatto che indossi indumenti decenti non conta nulla, no?
È l’aspetto interiore di una persona che vale di
più, alla fine. E Stefan, l’ho detto prima,
è noioso fuor di misura; oltre a non parlare in italiano,
non parla neanche nella sua lingua!! (Ed è meglio,
credetemi, se vuole mantenere intatta la Eastpack che tiene a tracolla.)
Osservo Stefan arcigna, più che convinta
dell’imminente omicidio che sta per avvenire, ma la sua
figura si allontana da me.
Seriamente, sono stata avvelenata?
Finalmente capisco: sono caduta su uno skate, il quale ha
improvvisamente preso vita.
Vedo Stefan cercare di buttarsi a capofitto su di me per afferrarmi
prima che lo skate-board prenda velocità, ma
quell’ignobile oggetto (è sole per dire, lo so
usare anche io) è più lesto: non ho neanche il
tempo di dire bif
che inizia a scivolare giù per una lieve discesa. Prende una
velocità assurda, e io sono terrorizzata. E se finisco sotto
ad una macchina??
- Stefaaaaaaaaan!!! - grido, ma non so perché.
In realtà, vorrei urlargli che se muoio voglio che sappia
che l’ho odiato con tutto il mio cuore.
Poi sento lo skate cozzare contro qualcosa e vedo tutta la mia vita
scorrermi davanti agli occhi in un lampo.
Quando Stefan mi raggiunge, credo di essere già morta. La
sua vista mi fa pensare a due cose: o sono morta e lui è
all’inferno con me, o io sono viva.
Inutile dire che confido nell’ultima opzione, ma solo per il
fatto che io e Stefan all’inferno assieme potremmo non andare
molto d’accordo. Sarebbe il mio incubo.
- Stai bene? - mi chiede un ragazzo, avvicinandosi a me e aiutandomi ad
alzarmi.
Questo Stefan non l’ha fatto.
- Ehm… insomma - rispondo io, voltandomi a vedere contro
cosa ha urtato lo skate-board. Un muro.
- Mi dispiace di averti fatto cadere, ma ho perso il controllo dello
skate e ti sono venuto addosso -
Quando alzo finalmente gli occhi sul ragazzo che mi sta parlando
rimango imbambolata: mai visto uno più bello. Neanche Brad
Pitt.
Alto, i capelli neri raccolti in una cresta, un piercing al
labbro… non so proprio cosa dire. La mia vita. Oltretutto,
ha una maglia fantastica dei Rancid, assolutamente da non ignorare.
Apriamo una piccola parentesi: io amo
i Rancid. A partire da “Rancid” e arrivando a
“Indestructible”. In particolare amo Fall Back Down.
Improvvisamente, tutte le forze si presentano all’appello.
- Ehm… ciao - dico. Solo dopo mi accorgo che la mia frase
suona stupida.
- Ti sei fatta male? - mi chiede lui.
Potrei dirgli che sto per morire: uno come lui avrebbe di sicuro la
cortezza di raccogliermi fra le sue braccia e trasportarmi fino al
prossimo ospedale.
Invece uno come Stefan (o Stefan stesso, perché come lui non
ne esistono) se ne starebbe imperturbabile, fermo sul marciapiede a
massaggiarsi il braccio. Ditemi voi con che razza di ragazzo mi sono
trovata a dover condividere le strade di Mozzanica.
- Ti sei fatta male? - la voce del ragazzo mi riscuote dai miei
pensieri.
- Ehm… no, non tanto - dai veloce, veloce, trova una scusa
per non farlo andare via. - Però ti sarei grata se mi
accompagnassi in biblioteca -
Lui mi guarda perplesso.
Oddio, gli ho spiaccicato in faccia la prima frase che mi è
venuta in mente! Ed anche abbastanza bizzarra, per quanto
può saperne lui: io potrei essere di Mozzanica.
Mi schiarisco la voce.
- Intendo dire - spiego - che non so dove si trovi la biblioteca, e,
nonostante le spiegazioni fornite dai passanti, non riesco a trovarla. -
Allora lui mi sorride.
- Non è distante da qui, se vuoi ti accompagno. -
Ma va?
- Certo che voglio - dico con un sorriso smagliante.
Dopo circa tre secondi sono rossa come un peperone.
Certo che voglio??
Ma cosa diamine mi salta in mente di dire?
Il ragazzo, evidentemente a disagio, mi tende la mano.
- Comunque sono Matteo - mi dice.
- Alice - rispondo io. Lanciando un’occhiata sprezzante a
Stefan, aggiungo - e lui è Stefan. Non è mio
amico, non lo conosco neanche. Ma il destino vuole che sia capitato con
me a Mozzanica. In realtà è colpa sua se siamo
qui.-
- Perché? Di dove siete? -
- Io di Brescia, lui è austriaco. -
- Davvero? Ma che bello, l’Austria ha un suo particolare
fascino. -
Lancio uno sguardo sferzante a Matteo.
- Non credere che ti capisca - dico - non conosce una sola parola di
italiano. Per lui è come cirillico. Del resto, per me il
tedesco è come l’amazzone. In ogni caso, Stefan
non è di buona compagnia. È noioso in modo
letale, suscettibile e offensivo. Giusto poco fa mi ha riversato
addosso una caterva di insulti. -
- Oh - Matteo pare sorpreso - come mai? -
- Ehm… - devo anche rispondere? - diciamo che… va
bé, gli ho detto che è ignorante, ma la mia
affermazione era veritiera. Le sue no -
- Capisco - conclude Matteo, con espressione noncurante.
Segue un attimo di silenzio imbarazzante.
- Ehm - dico - allora, vedo che ti piacciono i Rancid… -
Lui lancia uno sguardo alla sua maglietta e sulla faccia gli si stampa
un grosso sorriso.
Ho scelto proprio il ragazzo che fa al caso mio.
- Non li conosco neanche, in realtà -
Sento il vuoto sotto i miei piedi mentre cado dal fico.
- Ah - rispondo.
Mi è caduto un mito.
- Ehm… e perché porti la maglia? -
- Così, perché mi piaceva. -
- Ah -
Ci rimango ogni volta peggio.
Cerco di mantenere la calma. Non conosce i Rancid, ma questo non vuol
dire che non conosca il resto.
- Conosci i Sex Pistols? - gli chiedo, speranzosa.
- Chi? - mi chiede lui, stando attento alla strada da attraversare.
- Ehm… i Sex Pistols. Sono un gruppo nato negli anni
Settanta, più o meno con la nascita del punk… -
- Ah, mica me ne intendo io di quelle cose! - risponde lui evasivo.
Rimango di sasso.
- Bé, se vuoi posso aiutarti ad acculturarti
sull’argomento, sai, è interessante… -
- No grazie - taglia corto - non ne ho bisogno. Ho già
abbastanza da studiare! Sai, la scuola… -
- Certo - dico, lievemente sollevata che l’argomento abbia
cambiato direzione. - La scuola è davvero molto difficile.
Io l’anno scorso sono stata bocciata, purtroppo, ma
quest’anno… -
Mi blocco di scatto: Matteo ha assunto una faccia schifata.
- Bocciata? - mi chiede - non vedo il motivo per cui la gente si riduca
a questi livelli solo per non studiare! -
Come dice?? Non è gentile.
- Starai tanto sui libri, immagino… - gli dico.
- Io? Certo! Come me li guadagno altrimenti i dieci? -
Ridacchio.
- Dai, non esagerare! -
- Hai ragione - dice lui, un po’ mesto - vorrei tanto avere
dei dieci, ma non riesco a raggiungerli. Ho solamente otto. -
Alla faccia!
- E cosa vuoi di più dalla vita?? -
- Un Lucano. -
Mi giro sconvolta verso Stefan: comprende il
“cirillico”?
- Come scusa? -
- Niente, niente - dice - è pubblicità. -
- Questo lo so anch’io, imbecille! -
Matteo mi guarda sconvolta.
- Perché gli rispondi così, poverino? - mi chiede.
Io rimango un attimo contraddetta.
- Ehm… - cerco di trovare una risposta, ma l’unica
che mi viene in mente è “perché
è Stefan”. Non credo che sarebbe una bella
risposta.
- Ha semplicemente fatto un’affermazione a fine se stessa. -
continua Matteo.
- Una che roba?
-
- Ma tu l’italiano lo comprendi? -
Rimango esterrefatta dall’affermazione di Matteo. Ora
comincia a starmi più antipatico di Stefan.
Io l’ho sempre detto che le apparenze ingannano! (Tranne che
con Stefan).
- Bé, è ovvio che lo comprendo! Non sono mica
austriaca, io! È lui quello - e indico Stefan con un gesto
della mano.
- Bé, l’avevo capito anche io - dice, con tono
aspro. - Ma quella che non capisce quando si parla cirillico, temo sia
tu, non il tuo amico! -
Sento il fuoco avvampare dentro di me. Come ha osato dire a me una cosa del
genere! È Stefan
l’ignorante, non io.
Mentre io e Matteo continuiamo a bisticciare, Stefan si blocca davanti
ad un portone.
- Ehi - dice - bibbioteca.
-
Effettivamente, davanti a lui c’è
l’entrata della biblioteca. Sono tentata di far notare a
Stefan che ha detto una parola che non esiste, ma preferisco finire con
Matteo.
- Bé, grazie di averci accompagnati - dico, acida -
soprattutto anche perché avremmo potuto arrangiarci da soli,
visto che tu sei passato oltre alla biblioteca e se
n’è accorto il mio amico! -
- Quindi vedi di sottovalutarlo di meno, la prossima volta! - conclude
lui.
Furiosa come una bestia, entro in biblioteca, trascino Stefan e sbatto
il portone.
Credevo che peggio di lui non se ne trovassero, e invece Matteo ha
dimostrato proprio il contrario. Forse però mi sbaglio: se
Stefan parlasse italiano, non avremmo dei battibecchi del genere? Forse
anche peggio.
_______________________________________________________________________________________
Ecco qui il quarto capitolo!
Innanzitutto mi scuso per il ritardo, ma, purtroppo, abbiamo dovuto
ripristinare un vecchio computer che ci si era rotto e di conseguenza,
per problemi tecnici, questo (ovvero quello si cui è salvato
il capitolo) è rimasto spento per qualche giorno senza la
possibilità di accenderlo.
Come vedete, le avventure non finiscono mai! Ora quei due sono sulla
retta via per tornare a casa (come Dante), o almeno per il momento...
Kokky:
eh già, Alice è proprio meschina xD. Ma in fondo
è una ragazza dolce, e presto avrà modo di
dimostrarlo... ma non
per forza con Stefan XDDD. E concordo su Stefan,
è un ragazzo troppo dolce *.* (non a caso ho deciso di
crearlo :p). Cercherò di non deluderti e di continuare
sempre in questo modo, mi rende veramente contenta il fatto che ti
piaccia molto la fanfic!!
Shio: sìsì,
diciamo che Alice non è completamente ben predisposta nei
confronti del nostro Stefan (che, poverino, non ha fatto nulla di
male!). Ma del resto, chi si comporta amichevolmente con una persona
che non si sopporta?? xD
Jess: Alice
non è orgogliosa, di più!! Secondo lei Stefan ha
sempre torto!! Ma del resto, è Alice, cos'altro ci si
potrebbe aspettare da lei?? xD
ehy_Lyla: sì
Alice non riconosce i suoi errori, e li scarica tutti su Stefan...
ma farebbe così con chiunque altro! E poi non
oserebbe mai chiedere grazie a
Stefan, ormai si è convinta che lui sia uno
stolto e non glielo leva dalla testa più nessuno!!
E' una ragazza con la testa di ferro!! Non si può non
provare simpatica per Stefan!! xD E' un mito!! Anche perché
è così docile che subisce in silenzio senza
reagire... poverino!!
LaUrEtTa:
non ti preoccupare non è un problema!! :D come ho detto a
tutte le altre, Alice sottovaluta Stefan, ma in fondo nn crede
veramente a ciò che pensa... vedrai che questo capriccio
andrà attenuandosi!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Un piccolo, minuto, impercettibile senso di colpa ***
5. Un piccolo, minuto,
impercettibile senso di colpa.
Salgo lentamente le scale della biblioteca, sconcertata.
L’ingresso è bellissimo: uno spazioso atrio,
seguito da una scalinata con tappeto rosso. Ma non è
ciò che mi interessa di più.
Sono rimasta un po’ sconvolta dal ragazzo che ho appena
conosciuto. All’inizio sembrava l’uomo dei miei
sogni: cresta, maglia dei Rancid, punkettaro… e alla fine
invece si è dimostrato un disastro.
Innanzitutto, i Rancid neanche li conosce, e non è
punkettaro. Mi devo ancora spiegare il motivo della cresta. Ma, a parte
questo, è presuntuoso in una maniere impressionante!
Continuava a difendere Stefan come se fosse stato la sua mascotte.
Voglio dire, se l’avesse conosciuto credo che avrebbe
abbracciato a pieno la mia teoria: Stefan è uno stolto.
All’inizio ho addirittura pensato che fosse peggio, ma mi
sono riveduta.
Continuo a salire le scale, cercando di dimenticare Matteo.
È l’ultimo dei miei problemi, in questo momento
sto cercando di trovare un modo per tornare a casa.
Quando arrivo in cima alla gradinata, rimango ad osservare delusa
quello che ne segue: mi aspettavo di trovare chissà cosa,
invece la mia biblioteca è più fornita.
Normali scaffali sono posti su normali pareti, con
all’interno libri normali.
La bibliotecaria è seduta ad una scrivania che scartabella
fra dei libri.
- Buon giorno - dico.
Lei alza la testa.
- Buon giorno - ripete.
Mi avvicino a lei, seguita a ruota da Stefan. Ma se anche si butta
giù dalla finestra fa niente, eh.
- Dimmi - dice la bibliotecaria, sorridendomi.
- Ehm… - inizio il discorso. Non so cosa dire.
- Allora? - dice Stefan.
Io lo fulmino con uno sguardo.
- Ma… -
- Taci. -
Stefan rimane interdetto.
Mo volto verso la signora, che mi guarda sbigottita.
- Ehm - dico - potrei chiederle un favore? -
- Certo - mi risponde lei.
- Avrei bisogno di utilizzare internet… -
- Oh, certo - dice lei, alzandosi. - Siete abbonati? -
- Come? -
- Bisogna essere abbonati per poter utilizzare internet. -
- No, non sono abbonata, ma se pagassi adesso? -
- Certo, va comunque bene. -
Liberando la scrivania da ogni sorta di oggetto, la bibliotecaria mi fa
sedere davanti al computer.
- Grazie - dico. E, sorridendo, lancio un’occhiata ostile a
Stefan.
Si sta ancora massaggiando il gomito. Insomma, se si è fatto
male è colpa sua!
Inizio a digitare Mozzanica nel motore di ricerca. Poi, accanto, scrivo
“cartina”. Premo invio, ma non compare nessun
risultato.
Scocciata, riprovo, ma niente.
Alla fine, mi rivolgo alla bibliotecaria e dico:
- Mi scusi, ma qui dov’è che siamo? -
- A Mozzanica -
- Sì, ma… precisamente? -
La donna si sistema gli occhiali, poi, come se fossi imbecille, mi
risponde:
- A Bergamo -
A Bergamo??
Bé, diciamo che proprio non me l’aspettavo.
- Grazie - le dico.
Allora mi affretto a trovare le linee dei pullman e gli orari.
Quando le trovo, cerco disperatamente una linea che mi porti a Brescia.
Non ce ne sono.
Cosa potrei fare? Forse ho un’idea: prenderò un
pullman che si avvicina alla città, poi cambierò
e ne prenderò un altro. Ma certo! Questa sì che
una buona idea!
- Mi scusi - dico, rivolta alla bibliotecaria - non è che
potrei stampare delle pagine? -
Lei sembra scocciata.
- Sì - dice, secca - sono quindici centesimi l’una.
Quanto?? Alla faccia.
- D’accordo - dico, ed estraggo il borsellino.
Ho speso bensì dieci euro per il mio pranzo, mi sembra
esagerato! Me ne rimangono solo cinque, quindi ci devo stare dentro.
Va bé, in realtà ho speso sette euro in totale
(hamburger, patatine fritte e acqua), ma è comunque tanto.
Estraggo cinquanta centesimi dal portafogli e li porgo alla
bibliotecaria. Poi mi accingo a cercare le pagine che mi servono: le
linee dei pullman, una cartina della Lombardia e il numero verde dei
pullman. Visto che mi avanza ancora una pagina, cerco “come
sopravvivere ad una giornata con un austriaco”, ma non trovo
neanche un risultato. Peccato. Allora scarico anche gli orari dei
pullman.
Quando ho stampato tutto, mi alzo e ringrazio la signora della
biblioteca.
Volgo lo sguardo verso Stefan, per comunicargli che non siamo troppo
distanti da Brescia e che so come tornare a casa, ma rimango sconvolta:
ha sollevato la manica, scoprendo il braccio che gli doleva, ed
è ricoperto di sangue.
Reprimo a fatica un urlo, e gli balzo davanti.
- Che cosa hai fatto?? - gli grido.
Lui mi guarda con aria afflitta, poi si appresta a ricoprirsi la ferita.
- Fermo! - gli urlo, afferrandogli il braccio sano.
- Ehi! -
- Stefan, se non disinfetti subito quella ferita ti verrà
un’infezione! -
Fino ad adesso ho scherzato, ma quando serve sapere veramente il
tedesco rimpiango di non averlo mai studiato.
- Salbe! - dico. Non so come si dice disinfettante, ma cerco di
avvicinarmi il più possibile alla parola, per farglielo
capire in qualche modo. - Arznei! -
Stefan mi guarda come se fossi matta.
- Wasser! -
- No! - mi dice, ritraendosi.
- Stefan! Devi curare la ferita! -
- Laß mich! -
- Stefan! -
Lui si gira prontamente e si ricopre
Mi giro verso la bibliotecaria, che ci guarda stupita.
- Per cortesia mi aiuti! - dico - deve andare in pronto soccorso, si
è ferito! -
- Ehm - mi dice lei - non so parlare il tedesco -
- Almeno ha qualcosa per medicare? Qualsiasi cosa! La prego! -
Non mi sono mai sentita così preoccupata per Stefan come in
questo momento (non che lo sia mai stata, eh, a parte quando
è sparito dall’edicola).
- No, mi spiace - mi risponde la signora.
- Stefan! -
Lui mi guarda, ma ha un’aria così afflitta che
sembra che stia per morire.
- Du sollst… ehm… in… im…
in der… ehm… Krankenhaus gehen! -
- Nein! - mi risponde lui.
Alla fine mi inalbero e urlo:
- Stefan, tu ora o mi segui e medichi quella ferita o, giuro, io ti
faccio a pezzi! -
Stefan sostiene il mio sguardo.
Io giuro che quando sarà guarito lo maciullerò!
- Mi scusi, ha un bagno? - dico alla signora.
- Sì, da quella parte - mi risponde lei.
Prendo Stefan per il braccio illeso e lo trascino in bagno.
- Ferma! - mi dice lui - cosa fai?! -
- Dammi il braccio - gli ordino, e, senza aspettare risposta, lo prendo
e lo metto sotto l’acqua corrente del rubinetto.
Stefan lancia un urlo che a momenti lo sentono anche per strada. Cerca
di ritrarre il braccio, ma io lo trattengo.
- È per il tuo bene! - gli dico, ma tanto lui non capisce.
Quando, finalmente, tutto il sangue è stato sciacquato,
posso chiaramente vedere la ferita: non è nulla di grave, ha
solamente il braccio sbucciato. Però deve fare male.
Stefan ha le lacrime agli occhi. Sì, deve fare proprio male.
- Ehm… - dico. Mi schiarisco la voce e torno al mio tono
normale. - Non perché tu mi voglia male, ma è
meglio se andiamo in farmacia, così prendiamo una garza con
cui fasciarti il braccio. -
Stefan non risponde e, con le lacrime che tentano di tutto per
scivolargli flebili sulle guance, si asciuga il braccio con della carta
igienica.
- Stefan - dico, riacquistando mano a mano il mio tono burbero. - Ora -
scandisco bene le parole - andiamo… in… farmacia.
Farmacia, capito? Apotheke. Wir gehen… -
- Ho capito! - mi blocca Stefan.
Eh, sta calmo! Non c’è bisogno di arrabbiarsi in
quel modo!
Quando usciamo dal bagno, la bibliotecaria ci guarda furtivamente, ma
appena ci vede si ricompone subito. Ci mostra un sorriso eloquente e ci
dice:
- Tutto a posto? -
“No, per niente”, vorrei dirle.
- Sì, è tutto okay - rispondo, invece.
Prendo i miei fogli e, salutandola, esco.
Che giornata che mi si presenterà davanti! Temo
già il peggio.
- Ora, Stefan - dico - prima di andare in farmacia devo fare una
chiamata. -
- Come? -
Che balle, dopo due ore che è con me un po’ di
italiano potrebbe capirlo!
- Io devo chiamare - sillabo. Poi mi avvicino ad una cabina telefonica
poco distante.
Stefan mi aspetta fuori, e questa volta mi auguro che non crei casini!
Digito il numero verde, ma risulta occupato. Riprovo un po’
di volte, ma al momento tutti gli operatori sono occupati. Sbuffo ed
esco dalla cabina telefonica.
Stefan mi guarda in cagnesco.
- Allora? - mi chiede.
- Togliti quell’espressione ebete dalla faccia - gli rispondo
- andiamo in farmacia. -
Lo prendo e lo trascino per un braccio.
- Mi scusi - dico ad un passante - sa indicarmi dove posso trovare la
farmacia? -
Lui mi sorride.
- Sempre dritto - mi risponde.
- La ringrazio. -
- Si figuri! -
Proseguo secondo le informazioni.
- Dunque, Stefan - comincio.
Ma lui, scettico, inarca le sopracciglia e si volta da un altro lato.
Enormemente infastidita, lo afferro per la manica della sua Broke* e lo
volto verso di me.
- Non osare ignorarmi! - dico.
Non credo che Stefan abbia capito, ma non importa.
- Dunque, stavo dicendo: ho intenzione di farmi capire da te in questo
momento: la situazione è critica. Brutta situazione.
Sono quasi le due e mezza, e noi non siamo ancora saliti su un pullman
che ci riporti a casa. Sono
le due e mezza e noi siamo ancora a Bergamo. Considerando
che io mi sono già quasi fatta investire, tu ti sei
già fatto male, io ho già rischiato di uccidermi
con uno skate, le probabilità che ci succedano altre cose
spiacevoli mentre siamo qui sono alte. Ci sono già successe
brutte cose e potrebbero succederne altre. Ora, ho qui gli
orari del pullman, ma preferisco chiamare, non si sa mai. Cercheremo di
tornare a casa il più presto possibile, dopodiché
tu sparirai dalla mia
vita, è tutto chiaro? -
Stefan contrae il volto in una smorfia, dopo, incerto, annuisce.
È chiaro che ha capito metà discorso, ma ha
cercato di aiutarsi con la logica. È la prima volta che la
usa in tutto oggi.
Dopo un po’ che camminiamo, raggiungiamo finalmente la
farmacia. Io entro, afferrando il polso a Stefan, per assicurarmi che
non scappi.
- Salve - dico al farmacista - vorrei una garza e del
disinfettante… -
- No!
- urla Stefan, ritraendosi.
Io lo osservo confusa.
- Ehm… non si preoccupi, ha paura del bruciore. Comunque,
l’ho già sciacquato sotto l’acqua,
può bastare? -
Il farmacista si porta una mano sotto il mento e assume una faccia
dissuadente.
- È sempre meglio curare la ferita. La posso vedere? -
chiede.
- Oh, ma certo - rispondo, strattonando Stefan e obbligandolo a
mostrare il braccio.
Dopo averla osservata, l’uomo si ritrae leggermente e dice:
- È un brutto graffio, ma per fortuna è
superficiale. Va curato, non ci sono santi che tengano. -
Potrei stare zitta, ma qualcosa mi convince a fare da interprete.
- Stefan, devi essere curato - scandisco.
Lui scuote il capo.
- Sì! - gli ordino. Poi mi rivolgo verso il farmacista: -
non è che lo potrebbe fare lei? Io non ho molta
dimestichezza con queste cose. -
- Certo… se il suo amico si lascia curare. -
- Oh, no, no! Ha capito male, lui non è mio amico!
È solo uno stolto che… -
L’uomo mi guarda torvo. D’accordo, forse non
è rilevante.
- Certo - (e strattono di nuovo Stefan per il braccio) - che si
lascerà curare. Vero
Stefan? Prego, proceda. -
Lui annuisce.
- Laura, portami cotone, acqua ossigenata e una benda, per cortesia! -
Una ragazza sbuca da una porta che da nel retro farmacia.
- Ecco a te, Gabriele. - dice, porgendogli il materiale.
- Grazie. -
Laura scompare di nuovo nella porta dalla quale è uscita,
lasciandoci soli.
- Dunque - dice Gabriele - vogliamo curare questa ferita? -
Stefan scuote la testa in segno di no. Sì, come se avesse
capito il significato della frase. Il farmacista avrebbe potuto anche
chiedergli se aveva intenzione di vivere per tutta la vita che Stefan
avrebbe comunque scosso la testa. Quanto è stupido quel
ragazzo.
- Stefan, taglia - dico io improvvisamente.
Non credete che l’abbia fatto per lui, semplicemente ho
fretta di prendere il pullman.
Perdendo la pazienza, prendo l’austriaco per una
manica e avvicino il suo braccio a Gabriele, che mi sorride.
Mentre gli cura il taglio, rimango di stucco: Stefan non fa neanche una
piega. Non è giusto, quando gliel’ho passato io
sotto l’acqua ha urlato di dolore!!
Finalmente vedo quel braccio a posto come si deve! O per lo meno, come
potrebbe esserlo un braccio in quelle condizioni.
Una volta applicata la garza, ringrazio il signore ed esco dalla
farmacia, arrabbiata, incavolata, infuriata con Stefan. Ora le prende.
Salbe: pomata.
Arznei: medicinale.
Wasser: acqua
Laß mich!: lasciami!
Du sollst… ehm… in… im… in
der… ehm… Krankenhaus gehen: un
tentativo per dire “devi andare in pronto soccorso”.
Nein: no.
Apotheke: farmacia.
Wir gehen: noi andiamo.
*Marca di una linea di maglie.
____________________________________________________________________________________
Ed
ecco a voi il quinto capitolo (sottolineamo che avevo scritto
“canto”. Scusate ma fra scuola, Benigni e adesso
anche i dvd io
vedo la Divina Commedia ovunque!!).
Spero
vi sia piaciuto. Per la prima volta Alice si è premurata di
aiutare Stefan, ma non vi preoccupate, smentirà tutto xD!!
Non
vi arrabierete, spero, se fino all'inizio della scuola non
potrò
più postare, ma parto fra due giorni. Vediamo se riesco a
postare domani, ma ne dubito. Farò del mio meglio!
Tornando
a noi, ringrazio Francy91
per avere aggiunto la storia ai preferiti!!
LaUrEtTa: Stefan,
sì, è simpatico, ma di sicuro Alice non lo
ammetterà!
È fatta così :). E invece Matteo è
insopportabile, e Alice non ha torto a dire che le sta antipatico.
Ovviamente soprattutto per il fatto della maglia xD.
Shio:
prima che Alice inizi a sottovalutare di meno Stefan
cascherà
il mondo!! sì, come vedi sono finalmente giunti in
biblioteca,
ma non farti ingannare dal fatto che stiano per prendere il pullman,
miriadi di cose capiteranno prima che tornino a casa!!
ehy_Lyla: “un
colpo di scemo” xD questa mi è piaciuta. O_O avere
tutti
dieci in pagella dev'essere un suicidio, e non invidio chi sta tutti
i pomeriggi sui libri per guadagnarseli. O.o aiuto!
Jess: bé,
le piaceva perché, come ha detto lei, “le
apparenze
ingannano” :p vedrai che dopo questa esperienza
imparerà a
giudicare diversamente le persone =)...
Francy91:
wow una nuova lettrice =D. Sono molto contenta che la storia ti
piaccia ;) fa sempre piacere saperlo. Stefan è mitico!
È
il mio personaggio preferito :). Ed ecco che abbiamo trovato la
nostra Alice :p è sempre divertente quando un lettore si
identifica in un personaggio ^^.
Kokky:
spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo ^^ ci sto mettendo
del mio meglio. Concordo, le persone che indossano indumenti di
gruppi che non conoscono sono a dir poco odiose!! Matteo in
particolare xD. Bè, l'unica persona in questa storia che non
ha ragione su Stefan è Alice, perchè non si
può
non volere bene a Stefan, è così tenero!! XDXD
|
|