Angels among us

di Harryette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** chapter 1 ***
Capitolo 2: *** chapter 2 ***
Capitolo 3: *** chapter 3 ***
Capitolo 4: *** chapter 4 ***
Capitolo 5: *** chapter 5. ***
Capitolo 6: *** chapter 6. ***
Capitolo 7: *** chapter 7. ***
Capitolo 8: *** chapter 8. ***
Capitolo 9: *** chapter 9. ***
Capitolo 10: *** chapter 10. ***
Capitolo 11: *** chapter 11. ***
Capitolo 12: *** chapter 12- Shakespeare. ***
Capitolo 13: *** Chapter 13. ***
Capitolo 14: *** Chapter 14 ***
Capitolo 15: *** Chapter 15. ***
Capitolo 16: *** Chapter 16. ***
Capitolo 17: *** Chapter 17: Urlo e non mi senti. ***
Capitolo 18: *** Chapter 18. ***
Capitolo 19: *** Chapter 19. ***
Capitolo 20: *** Chapter 20. ***
Capitolo 21: *** Chapter 21. ***
Capitolo 22: *** Chapter 22. ***
Capitolo 23: *** Chapter 23. ***
Capitolo 24: *** Chapter 24- Siamo nati piangendo. ***
Capitolo 25: *** Chapter 25. ***
Capitolo 26: *** Chapter 26. ***
Capitolo 27: *** Chapter 27- Merry Christmas. ***
Capitolo 28: *** Chapter 28. ***
Capitolo 29: *** Last Chapter. ***
Capitolo 30: *** Epilogue- Vivi. ***
Capitolo 31: *** AVVISO. ***



Capitolo 1
*** chapter 1 ***


                   love
 
TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

 

 

                                                               ...And the tears come streaming down your face 
                                                                  When you lose something you can't replace 
                                                                When you love someone but it goes to waste 
                                                                                                could it be worse?... 
                                                                                   -Fix you: Coldplay


Capitolo 1

Come tutte le mattine, da circa un anno, mi svegliai con un fortissimo senso di nausea.
Tutto mi nauseava.

Le persone, le cose, le parole. Eppure sorridevo. Bisogna sempre sorridere nella vita, perché se non lo fai il dolore ti inghiotte.

Portai il mio fragile corpo finalmente fuori dalla mia stanza blu. Scesi in cucina, dove mio padre stava leggendo il giornale e mia madre cucinava delle omelette, che di sicuro mi avrebbe rifilato.

''Buongiorno tesoro'' disse mio padre. Amavo mio padre, per me era come un migliore amico. Quella volta che i One Direction vennero a Londra, mi ci portò per ben due serate di fila, aspettando fuori al freddo. Per far felice me, la sua bambina, che ora aveva sedici anni.

''Buongiorno'' dissi, sorridendo. Ero una tipa molto timida, e i miei genitori mi avevano sempre richiamato per questo, ma era inutile. Quando mia madre mi mise davanti un piatto stracolmo di omelette , trattenni il vomito.

Ma sapevo che avrei finito per magiare, per non farla stare male. Perchè la felicità degli altri veniva molto prima della mia.

Era sempre stato così, ed era un bene. Forse.

''Te la senti di andare a scuola, oggi?'' domandò apprensiva mia madre. Mia madre era la classica donna iperprotettiva, grassottella e bionda, che ogni giorno iniziava una dieta diversa, che non durava più di due ore. Ma amavo anche lei, come sarebbe potuto essere altrimenti?

''Mamma non sono ancora morta, posso farcela non credi?''.

''Miriam non dire queste cose’''mi richiamò.

''Grace lasciala respirare! Ieri ti ha detto che vuole smettere con le lezioni private e vuole andare al liceo, perché devi assillarla?'' intervenne mio padre.

Dio, grazie.

''Tom,come al solito non mi dai mai ragione. Comunque, Miriam, per qualsiasi cosa chiamaci, non importa che siamo in ospedale, chiaro?''.

''Chiarissimo, mamma’''.

Aspettai che mio padre finisse la colazione, per farmi accompagnare a scuola. Avevo faticato a convincerli a mandarmi lì, e avevo raggiunto il mio scopo, ma non sarei mai e poi mai riuscita a convincerli a farmi prendere il pullman.

In auto mio padre mi chiese mille volte come stessi.

Stavo bene,era così difficile da capire? Sembrava così impossibile?

''Tesoro, se hai bisogno di qualunque cosa…''.

''CHIAMO'' lo interruppi, ''ho capito pà, stai pure tranquillo. Andate in ospedale e salvate pure vite umane, io me la caverò per cinque ore''.

Gli diedi un bacio sulla guancia, pungendomi con la sua barba ispida, e mi avviai ai cancelli.

Quello era il mio ‘primo giorno’. Anche se non era proprio così. L’anno prima avevo frequentato quella scuola per tutti e due i quadrimestri , ma durante l’estate ,dopo la ‘notizia’, i miei genitori me lo avevano impedito.

E dopo un anno intero, stavo ritornando , e mi sentivo esattamente come se fosse il mio primissimo giorno. Fu allora che vidi da lontano le mie ex amiche di classe.

Leila e Mia. Mi erano venute a trovare una volta a settimana per un anno intero.

Quando mi videro sorrisero. ''MIRIAM!'' urlarono, saltandomi addosso.

''Come stai?''domandò Leila.

''Avevamo paura  che non tornassi più'' aggiunse Mia. Sorrisi.

''Bene, e sono tornata per restare''.

''STUPENDO!'' risero in coro.

Parlammo fino a che non suonò la campanella. A quanto pareva Leila si era fidanzata con un ragazzo di un’altra scuola, e Mia stava ‘cercando di conquistare’ un ragazzo della A. Solo io non avevo notizie nuove. Sempre le solite cose. Faceva caldissimo nella scuola, meno male che avevo legato i capelli. Mentre camminavamo a braccetto, come ai vecchi tempi, qualcosa attirò la mia attenzione. Un volantino in bacheca.

Una festa di bentornata.

''Chi è che organizza questa festa di bentornata? E per chi è?'' domandai, sinceramente interessata.

''La organizziamo io e Mia, e prenderà parte tutta la scuola. Non sai proprio per chi è?'' chiese Leila.

Collegai tutto. Leila e Mia erano capaci di organizzami una festa, anche perché Mia era la figlia del preside, nonché capitano delle cheerleader, quindi aveva le spalle coperte.

''Vi prego, ditemi che non è per me o muoio di vergogna'' sussurrai.

Io mi facevo subito rossa, vomitavo tre volte al giorno, ed ero uno scheletro vivente. Odiavo stare al centro dell’attenzione. Odiavo il fatto che tutti mi guardassero, e se la festa era per me, non sarebbe potuto essere altrimenti.

''E invece ti diciamo che è proprio per te. Bentornata a casa,Miriam'' terminò Mia.

Loro erano sane e bellissime, le amavano tutti, erano popolari e simpatiche, non potevano capire come mi sentissi.
Già stare con loro era come essere la pecora nera in mezzo alle pecore bianche, figuriamoci con una festa!

No.

E timida com’ero, non avrei mai avuto il coraggio di dirgli di annullare l’evento. Anche perché poi si sarebbero dispiaciute, e non volevo. Dovevo accettare la notizia e basta.

Dovevo farlo per loro.

''G-grazie'' balbettai, imbarazzata ''ma non so se i miei mi daranno il permesso, li conoscete…''

''I tuoi sanno già tutto ,Miriam , e ne sono felicissimi. Sarà una festa memorabile, abbiamo scelto anche un locale stupefacente. E poi c’è anche una sorpresa''.

Io odiavo anche le sorprese. Non sai mai se sono buone o no, se vale la pena scoprirle o stare in silenzio.

Rappresentano l’ignoto.

E l’ignoto mi fa paura.

Un po’ come il vuoto.

Un po’ come la morte.

''Quale sorpresa?''domandai.

''Si chiama sorpresa perché non devi saperla, Miriam. Ti facevo più intelligente, sono io l’ignorante del gruppo'' scherzò Leila.

Oh Leila, ti amo, ma ora vorrei strozzarti.

Sospirai.

Tanto valeva arrendersi, e poi mi conoscevano benissimo. Non mi avrebbero fatto una brutta sorpresa ,no?

°°°

''Sono a casa'' urlai.

''Tesoro, sbrigati   a mangiare, dobbiamo andare a fare una visita'' mi disse mia madre, non appena misi piede in casa.

Entrambi i miei genitori erano medici, solo che mia madre da quando aveva avuto la ‘notizia’, lavorava solo mezza giornata per starmi più vicina. Senza capire che stavo bene ,ora.

''Ma mamma, l’abbiamo fatta l’altro ieri una visita''.

Sognavo gli ospedali e la puzza del disinfettante anche di notte.

''Miriam , non ne discutiamo di nuovo, devo tenerti sotto controllo''.

''Devi? La vita è la mia, mamma''.

Non avevo mai risposto male a mia madre, ma ero nervosissima quel giorno. Forse era colpa dei medicinali.

''Calmati signorinella. La vita è la tua? A sedici anni non decidi proprio nulla Miriam''.

Sospirai.

Aveva maledettamente ragione, ma appunto perché avevo sedici anni avevo il diritto di uscire, di divertirmi.

Leila e Mia mi avevano chiesto di andare con loro al centro commerciale quel pomeriggio, e io gli avevo detto che ne avrei parlato con mia madre. Ma era anche inutile chiedere.

Misi il muso. ''Tanto è anche superfluo discutere,mamma. Hai sempre ragione tu, no? Già che ci siamo, perché non ci mettiamo una tenda nel reparto di oncologia?''.

Mia madre odiava quella parola, a me invece non faceva più alcun effetto.

ONCOLOGIA.

Quando le persone la sentivano, tremavano. Perché a nessun importa fino a che non succede a te, o a qualcuno a cui vuoi bene. Si è convinti che evitando di dire quelle parole, le persone care stiano sempre bene. E poi ,se ti succede, ti crolla il mondo addosso. Basta un secondo per pronunciare la parola ‘leucemia’.

Solo un nanosecondo.

E poi ci perdi anni e anni a cercare di curarla. A cercare di vivere. Perché quando ,poi, spegni le candeline al tuo compleanno o quando vedi sull’orologio lo stesso numero per i minuti e per le ore, o anche quando scoppiano i fuochi d’artificio in cielo, non esprimi più il desiderio di prendere un bel voto in letteratura, o di essere notata dal ragazzo che ti piace, o anche di andare al concerto dei tuoi idoli.

Cominci a chiedere di vivere.

Non si dovrebbe chiedere neanche, perché vivere è un diritto. Vivere è vita.

Ed è allora che capisci che sei proprio caduta. In basso. Perché anche se ti riempiono di medicine e di chemio, le cose raramente cambiano.

Quando hai la leucemia cambia solo tutto il resto, e mai la tua malattia.

Quando hai la leucemia ti senti sempre ed inevitabilmente diversa.

Anche se i capelli ti sono ricresciuti. Anche se hai messo su un po’ di chili. Sei marchiata. Per sempre.

''Preparati, Miriam . Tra cinque minuti andiamo in ospedale''.

°°°

La visita durò circa mezz’ora, la fila tre ore intere. Ritornammo a casa alle otto di sera,passate.

''Tesoro, Laila e Mia ti hanno detto della festa?'' chiese mio padre, a tavola.

''Si''.

''Non sei felice?''.

''Certo che lo sono, solo che non amo stare al centro dell’attenzione''.

''Ma come? Ci saranno i tuoi idoli''affermò mia madre. Si portò subito la mano alla bocca,come a tapparsela.

La sorpresa. 
Era quella la sorpresa? I one direction?

Improvvisamente amavo quella festa. Amavo le mie amiche . Amavo la mia vita.

''Miriam, ti prego non dire alle tue compagne che te l’ho detto'' supplicò mamma.

Non riuscivo a far sparire quel sorriso ebete dalla faccia.

''Ma…i veri One Direction?''.

''Certo'' aggiunse mio padre.

Per poco non svenni dall’emozione. Non poteva proprio essere vero. Ma come diamine avevano fatto? Quanto diamine avevano speso?

''Vi ho mai detto amo la mia vita?''.

 

SAYONARA(?)

ALLORA, ECCO A VOI LA MIA FUOVA FF *RULLO DI TAMBURI*

SPERO CHE PIACCIA COME AFTERSHOCK ANCHE SE E’ PARECCHIO DIVERSA!
ALL’INIZIO LA PROTAGONISTA DOVEVA CHIAMARSI HOPER, MA POI HO PENSATO A MIRIAM, CHE E’ IL NOME DELLA MIA MIGLIORE AMICA, E QUINDI HO CAMBIATO <3
SPERO CHE RECENSIATE,E SE AVRA’ SUCCESSO POSTERO’ IL PROSSIMO ALTRIMENTI LA ELIMINO çç
H.


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Capitolo 2
*** chapter 2 ***


love


ringrazio @photoshop is the secret to my power per il banner STUPENDO.


I’m bleeding out 
Said if the last thing that I do 
Is to bring you down 
I’ll bleed out for you 

                                                                                                                                                              -blending out; imagine dragons

                                                                                                              

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   


 A volte mi chiedo se esiste davvero il paradiso.

Se esiste veramente un posto dove non esistono dolori né sofferenze. Dove si sta sempre bene, con se stessi soprattutto.

E poi mi rispondo che non si può sapere. E mi deprime tantissimo il fatto che NESSUNO lo saprà mai. Nessuno vivo ,almeno.

‘’Forse lo saprò un giorno’’ mi ripetevo.

E anche se cercavo di vedere il lato positivo della cosa, speravo che quel giorno non arrivasse mai. Perché quando ci pensavo, sapere se il paradiso esiste o meno non mi importava più di tanto.

Avevo ancora troppe cose da fare.

Da dire.

D sognare.

Da pensare.

Troppe cose da provare.

E davvero, non volevo essere una di quelle ragazze deprimenti e tristi ventiquattro ore al giorno, volevo fingere di stare bene, ma a volte veramente mi stufavo.

Esiste un sorriso così falso da far annegare tutto il resto?

Ma quella festa di benvenuto, per quanto mi spaventasse, rappresentava la realizzazione di tutti i miei sogni.

Per me. 
Avrebbero cantato per me.

Quella era senz’altro una delle cose che volevo fare prima di morire. La psicologa mi aveva consigliato di scrivere una lista: 10 COSE DA FARE PRIMA DI ANDARSENE.

Loro erano senz’altro primi.

Se non hai mai provato questo tipo di amore, davvero non puoi capirlo. Darei la vita per loro, per quello che può contare. Cosa se ne facevano della mia fragile vita?

Ma il fatidico giorno si avvicinava ,e STAVOLTA mi mancava davvero il respiro, mi si fermava il cuore e rischiavo di morire.

Col sorriso sulle labbra ,però, invece che con una lacrima salata e umida sul volto.

 

°°°

 

Shut the door, turn the light off 

I wanna be with you, I wanna feel your love 
I wanna lay beside you, I cannot hide this 
Even though I try 
Heart beats harder, time escapes me 
Trembling hands touch skin 
It makes this hard, girl 
And the tears stream down my face 
If we could only have this life for one more day 
If we could only turn back time,
you know I'll be 
Your life, your voice, your reason to be 
My love, my heart is breathing for this 
Moment, in time I'll find the words to say 
Before you leave me today 




NON POTEVA ESSERE VERO.

Ero lì, con un abito azzurro lungo fino a metà coscia, in una discoteca, al centro dell’attenzione. 
E loro erano proprio lì. Nello stesso posto.

Non avevo smesso un secondo di piangere e ringraziare il cielo per tutto quello. I one direction. La mia vita.
Per la prima volta in quasi due anni, non mi sentii la ragazza che sta per morire. La malata terminale.
Mi sentivo bene. Sana.

La mia vita…

La mia vita era ritornata con loro, anche se ero consapevole che a fine serata, dopo due o tre foto, se ne sarebbero andati con la stessa velocità con cui erano arrivati.

E poi erano stati pagati per questo, ma finsi di non saperlo. 
Magari erano arrivati SOLO per me, perché forse così sarei stata meglio.

Ed era maledettamente e dannatamente vero.

Almeno fino alla quarta ed ultima canzone, quando fui assalita dai soliti conati di vomito dovuti alla terapia.

Corsi in bagno, mantenendomi la bocca con le mani, per non crollare lì davanti a tutti.

In bagno, davanti al lavandino, vomitai anche l’anima.

E mi sentivo vuota, e neanche gli one direction potevano farmi stare bene. Fui assalita dal panico. Non quella sera. Non la sera più bella della mia misera vita.

Non così.

Non in un bagno.

Non senza che nessuno se ne accorga.

Non potevo morire.

‘RESPIRA. RESPIRA. RESPIRA. RESPIRA RIA, TI PREGO’.

Dopo circa un quarto d’ora, mi sentii un po’ meglio. Se non fosse per il fatto che persi altri dieci minuti a cercare di fermare il sangue che colava dal naso.

Ma ci avevo fatto l’abitudine.

Quando tornai in sala, il palco era vuoto e c’erano solo Leila e Mia che ringraziavano gli ospiti per essere venuti e mi chiedevano di salire sul palco e fare un discorso.

Per poco non mi sentii male di nuovo, e pensai che fosse stato meglio se fossi rimasta in bagno.

‘DAI MIRIAM’.

Avevo gli occhi di tutti puntati addosso. Specialmente quelli dei miei genitori, in lacrime.

''NON PUOI RIFIUTARE RIA!'' mi suggerì la mia voce interiore.

Mi recai sul palco come si và al patibolo. E non sapevo dove diavolo fossero i miei idoli!

Il microfono mi sembrava più grosso del mio viso e le persone in basso –tantissime !- mi mettevano paura. Mi guardavano curiosi ,e il loro sguardo era un misto di tenerezza e compassione, entrambi verso di me.

Provavano pena, lo facevano tutti, e la cosa mi dava terribilmente fastidio.

‘Ehm’ balbettai ‘grazie a tutti di essere venuti, mi ha reso davvero felice sapere che vi siete divertiti. Io….. non so che dire, sinceramente. Vorrei solo spendere….due parole ai miei genitori e alle mie migliori amiche, che hanno permesso tutto questo. Grazie. Io sarei persa senza di voi, siete…la mia aria’.

Li vedevo piangere tutti e quattro, ma nei loro occhi non c’era compassione . C’era solo amore e ammirazione.

Loro mi credevano forte, e forse lo ero davvero. Ma mi sentivo una briciola in mezzo a tanti cibi prelibati e diversi.

‘Sarebbe stupido nascondervi la mia malattia'' continuai, riferendomi a tutti ''e anche un po’ ridicolo perché lo sapete bene. E mi dà fastidio la finzione. Io sono questa, e voi mi avete accettata  per quella che sono. Alcune persone non l’avrebbero fatto. Quindi un enorme grazie va anche a voi tutti, sono onorata di
avervi nella mia vita’.


Ora le lacrime erano generali. E anche un po’ mie.

‘Non so cosa mi riserverà il destino, né quali sono i piani di Dio, ma sono felice di aver conosciuto tutti voi, e di esservi stata amica. Magari vi inviterò tutti alla mia festa di diciotto anni, fra 820 giorni e due ore. E magari… potrò dirvi che sto bene. Ma questo non conta poi tanto, perché…quando sei amata sei una sopravvissuta comunque. E io SONO e mi SENTIRO’ SEMPRE una sopravvissuta. Grazie’.

Quando scesi dal palco persi il conto di tutti gli abbracci ricevuti. E ne fui contenta. Conoscevo ragazze malate che erano emarginate dal mondo, come se avessero la lebbra, ed io non ero fra quelle.

Peccato che mi sentivo male quasi sempre, e quei conati di vomito apparivano,ogni volta, nei momenti meno opportuni. Ma per il resto stavo benone.

Quando, alla fine della serata, rimasero solo una decina di persone , uscii fuori a prendere una boccata d’aria, e mi sentii meglio.

Forse era stato quello il motivo principale per cui mi ero sentita male tre volte,quella sera. La claustrofobia.

CERTO,MIRIAM, SOGNA.

Dimenticai di portare il cappotto, per questo mi strinsi nelle braccia.

Il cielo era così bello di sera.

Sembrava lontano.

‘Non dovresti essere qui, ragazzina’.

Collasso.

Non poteva essere. Non se ne erano andati allora? 
Niall Horan mi stava parlando,e io rischiavo davvero di morire !

‘Oh mio Dio. Ma tu sei Niall’ urlai.

‘Capitan ovvio’ scherzò lui, sorridendo.

‘IO MUOIO’.

‘No’ urlò ,ridendo ‘ non morire ti prego’.

‘Non ho la minima intenzione di farlo proprio adesso. Ma non eravate andati via?’.

‘CERTO CHE NO. Devi ancora fare la foto e poi la festa era davvero troppo bella per lasciarla così presto’.

‘DIO’.

‘Io ci parlerei anche con te, ma non evocare il nome del Signore ogni tre secondi’ ironizzò.

Ridemmo.

‘Non hai freddo?’ domandò.

‘Un po’, ma non importa’ risposi.

Non mi sarei certo aspettata che si togliesse la giacca e me la poggiasse sulle spalle esili. Il suo profumo, quel profumo che avevo sempre voluto sentire da vicino, mi era distante una spanna ed era l'odore più bello che avessi mai sentito. Non riuscivo neanche ad indentificarlo. E, avendo la sua giacca sulle spalle, lo sentivo ancor di più infilarsi nelle mie narici e scavarmi dentro la pelle.

‘Niall James Horan, nato 13 settembre 1993 a Mullingar, vuoi farmi seriamente crepare?’.

Lui rise, e amavo la sua risata in un modo assurdo.

Quante ragazze avrebbero voluto essere al mio posto!

‘Che dici, se ti chiedo di farti una foto con me, devo chiamare un medico?’.

 


CIAO(?)

ALLORA, SCUSATE PER IL RITARDO ASSURDAMENTE ASSURDO, MA SONO STATA INCASINATA AL MASSIMO.

SO CHE IL CAPITOLO NON E’ NULLA DI CHE, ED E’ SCONTATO, MA DOVEVO FARLI INCONTRARE IN QUALCHE MODO LOL
PROMETTO CHE IL PROSSIMO SARA’ PIU’ LUNGO E PIU’ INTERESSANTE!
BHE’, SICCOME HO SONNO E DOMANI DEVO ANDARE A ROMA VI LASCIO SENZA TROPPE CHIACCHIERE.
RECENSITE, EH <3
LOVE
H.
 
 

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Capitolo 3
*** chapter 3 ***


 

love



You're beautiful. You're beautiful. 
You're beautiful, it's true. 
I saw your face in a crowded place, 
And I don't know what to do, 
'Cause I'll never be with you. 

-you’re beautiful ;James Blunt

Capitolo 3
 
Per tutta la settimana successiva non feci altro che fissare-come imbambolata- la mia foto con i MIEI idoli. E mi sembrava tutto così impossibile, che ogni tanto mi davo dei pizzichi sul braccio ,martoriato dalle varie punture di aghi, per crederci.

Ma era vero. Vero!

Ed avevano tutti e cinque un sorriso a dir poco magnifico.

E poi c’era l’altra foto, quella scattata in fretta e furia con il mio iphone, fuori. Quella con Niall, quella che non avevano scattato le mie due migliori amiche con una canon.

Io ero venuta malissimo, e i miei capelli sembravano neri anziché rossi. Niall Horan, invece, era sempre maledettamente perfetto.

Non era sexy.

Non era magnifico.

Non era splendente.

Era bello. Bello da star male.

E aveva un braccio sulla mia spalla, io avevo il suo giubbotto, e mi sembrava tutto troppo incredibile per poter appartenere alla realtà. Sembrava una fan fiction.

E loro che avevano deciso di rimanere a Londra per qualche tempo, in modo da iniziare quella famigerata vacanza, era proprio la ciliegina sulla torta.

Quella foto con i ragazzi era dappertutto,comunque. 

Appesa in camera mia, come sfondo del pc, come sfondo del cellulare, come profilo tumblr e twitter, e mancava poco che l’appendessi anche in bagno.

Quella con Niall, invece, era ‘’segreta’’. Solo mia.

Avrei custodito quel momento nel mio cuore per sempre. Per quanto quella parola possa contare per una come me. 
Ma decisi che dovevo smetterla di pensare ,almeno per un secondo, e così inserii nello stereo ‘take me home’.

I ragazzi, quella sera, mia avevano portato finalmente a casa.

 

°°°

‘Mi ha letteralmente mollata’pianse Leila, a mensa, il giorno dopo. Leila era fidanzata con Christian da più di tre mesi,oramai, e lo amava davvero tanto. Mia l’aveva conosciuto, e me ne aveva parlato abbastanza bene, anche se –secondo lei- aveva una vena emo repressa.

‘Come sarebbe a dire?’domandò Mia, scostandosi una ciocca di capelli scuri dal volto.

‘Non mi ha neanche spiegato il perché, ha detto che voleva fare  “nuove esperienze”,e non mi ha dato il tempo di domandargli un cazzo’.

Leila era forte, la più forte del gruppo, lo era sempre stata. Ed ora era letteralmente distrutta per uno stronzo patentato che aveva osato giocare con il suo cuore. Avrei voluto spaccargli il naso. Lo sapeva quanto Leila Jillian fosse UNICA e INIMITABILE?

‘Nuove esperienze?’ assentii, sconvolta ‘Sai dove può ficcarsele le nuove esperienze? Leila ,ti prego, scordati di un cretino come quello’.

‘Come faccio Miriam? Non si scorda una persona così,da un giorno all’altro’ mi richiamò. Era così arrabbiata che mi rivolse uno sguardo pieno di frustrazione e nervosismo-e lo capivo- ma non poteva prendersela con me.

‘'Leila calmati, Miriam stava solo esprimendo un’opinione e…'’ iniziò Mia, prima di essere interrotta da Leila ,che urlò-davanti a tutti- ‘SAI QUANTO MI INTERESSA?  Mi ha lasciata, ha buttato tre mesi nel cesso, e in questo momento quello che pensate voi due è l’ultimo dei miei problemi! Tanto voi siete fortunate, ricche. Avete tutto quello che volete!’'.

Sinceramente, non  pensai granchè a quello che dissi tre secondi dopo.’IO STO MORENDO LEILA!’.

Lei si immobilizzò. Come se le avessi appena detto che Christian l’aveva lasciata perché amava me. Ma la sua affermazione mi aveva scosso a tal punto che me ne ero fregata della dolcezza e delle buone maniere. Io avevo tutto quello che volevo,secondo lei? Io volevo solo vivere, e neanche quello mi era stato concesso.

Mia la guardò in cagnesco, pronta a prendere le mie difese se Leila avesse aggiunto qualcos’altro. Ma l’unica cosa che fece fu alzarsi e stritolarmi in uno dei suoi abbracci. Nonostante ci stessero guardando tutti, lei non smise di piangere ,neanche quando mi sussurrò ‘Ria, mi dispiace tanto’.

Ria.

Mi aveva chiamata Ria. Non lo faceva dai tempi delle elementari,quando diceva che Miriam era un nome troppo lungo, ed inventò un soprannome.  Mi si spezzò il cuore, e i miei occhi divennero lucidi quasi subito.

‘Dispiace anche a me ,è solo che… non so come vanno queste cose’ confessai. Non avevo mai avuto un ragazzo, non ero mai neanche stata innamorata. Anche perché,in questo caso, gli idoli non fanno numero. Forse davvero non potevo capirla.

Mia sorrise e si unì al nostro abbraccio.

‘Ragazzine’ esclamò ‘promettiamo qui, davanti a tutti, che saremo amiche per sempre ,okay?’.

‘Lo prometto’ singhiozzò Leila.

‘Lo prometto anche io’ sussurrai ‘per sempre’.

 

°°°

 ‘Sempre’: avverbio di tempo, senza interruzione, in ogni tempo. Eternamente.

‘Morte’: cessazione della vita, fine, rovina.

Potevano, le due cose, combaciare?

Era quello il pensiero che mi stava tormentando, rendendo il mio viaggio verso l’ospedale ancora più inquietante di come già non fosse in realtà. La verità era che non potevano combaciare. La verità era che stavo diventando macabra, che stavo pensando troppo spesso alla morte, ultimamente.

E che non avevo per nulla voglia di perdere il mio pomeriggio chiusa in quattro pareti bianche, ricevendo sguardi di compassione da mezzo personale. Quasi come se fossi in fin di vita. Ed ero stanca di portare, il giorno dopo a scuola, una giustifica della ‘’dottoressa Martin’’ ,in cui si leggeva che non avevo potuto studiare per ‘’problemi di salute’’. Che poi li conoscevano tutti- quei problemi- ,ed odiavo lo sguardo pietoso che mi rivolgeva il professore di turno, quando leggeva e ascoltava i bisbigli dei miei compagni.

Volevo urlare ai miei genitori di smetterla di portarmi in giro in tutti gli ospedali degli Stati Uniti, e di evitare di scarrozzarmi da mille oncologi al giorno. Perché ero MALATA, e nessuno faceva miracoli. Non sulla terra ,almeno.

Che mi facessero godere quel che restava della mia vita, per carità!

‘Allora, signorina Martin…’ iniziò l’oncologo.

‘Miriam’ lo corressi. Non mi piaceva il mio cognome. Neanche il mio nome in realtà, ma fra i due mali preferivo il secondo.

‘Miriam’ esclamò ‘siamo riusciti ad eliminare le cellule leucemiche presenti nel midollo osseo e nel sangue, grazie alla terapia e alle trasfusioni. In questo modo abbiamo permesso alle cellule immature residue di crescere e procreare cellule normali’.

‘Ma è meraviglioso!’ strillò mia madre.

‘Si, lo è. Ma... putroppo ci sono scarse possibilità che le trasfusioni e la terapia che stiamo attuando riescano a fermarne ancora altre’.

''Quindi?'' chiese mio padre, palesemente confuso.

''Quindi, dottor Martin'' aggiunse il medico ''Sottoporre sua figlia ,di nuovo, a queste cure sarebbe inutile, distruttivo e le farebbe solo perdere tempo. Potremmo riprovare con le chemio, solo che dobbiamo fare ulteriori controlli, lo sa''.

Calò il silenzio. Io che guardavo il dottore, lui che guardava mia madre, e quest’ultima che traforava il corpo di mio padre con lo sguardo. E nessuno diceva una parola. Non sapevo bene che significasse quello che aveva appena detto il medico, ma loro - essendo tali- avevano di certo compreso.

Decisi di tagliare la testa al toro. Tanto peggio di quello che avevo sentito nell’ultimo anno  non potevo sentire. E ricordai anche quando un medico deficiente mi aveva dato una settimana di vita, per poi dire che aveva sbagliato cartella.

‘Dottore…’ sussurrai ,improvvisamente sfacciata ‘quanto mi resta?’.

Mia madre scoppiò a piangere, e si rintanò in un angolo remoto della stanza. Forse per non sentire la risposta del medico, perché infondo lo sapeva anche lei che non era un lungo arco di tempo.

Mio padre mi strinse di scatto la mano, con gli occhi lucidi. Mio padre non aveva mai pianto davanti a me, soprattutto per la mia malattia.

Anche lui aveva capito qualcosa, di certo.

Il dottore sospirò. ‘La prego, me lo dica’ lo incitai.

''Dipende, Miriam. Dobbiamo fare delle analisi del sangue, e se risulteranno positive scegliamo la prossima terapia. Non è certo nulla'' balbettò.

Stava mentendo, e lo sapevo. Sapevo benissimo che ,nonostante la ''prossima'' cura, non sarei potuta guarire. L'avevo letto su internet, avevo letto libri. Non ci cascavo.

Lui mi guardò negli occhi scuri, e sospirò di nuovo.

''Dottore so benissimo che lei sa rispondere alla mia domanda. La prego. Me lo dica, ho il diritto di sapere''.

‘'Se tutto và come dovrebbe andare, e reagisci alle cure, un anno. Forse un anno e mezzo’'.

Guardai il pavimento.

Non avevo nulla da dire, improvvisamente. Volevo solo tornarmene a casa, ma avevo altri controlli da fare. Non uscivano neanche più lacrime, il vuoto. Infondo lo sapevo, avevo solo avuto il coraggio di accertarmene. Non mi aspettavo di certo che dicesse ‘’dieci anni’’.

Ma un anno era troppo poco.

Anche due, ma uno era troppo. 365 giorni. Non avrei neanche compiuto diciotto anni, perché ne mancavano due. E festeggiare il mio diciottesimo compleanno era uno dei miei sogni più grandi, uno dei punti della ‘’lista delle cose da fare prima di morire’’ , ed era stato distrutto con due parole.

Mio padre mi abbracciò, ma sentivo solo le lacrime in lontananza di mia madre e il mio cuore, che batteva lentamente, come fosse ovattato.

Era finita.

Stava finendo.

 

 
NIALL’S  POV

‘Possibile che fai sempre questo? Quante volte ti ho detto di non mangiare troppi pistacchi, Horan? Ti viene mal di pancia, è ovvio!’ urlò Harry, preoccupato, mentre guidava.

Eravamo diretti all’ospedale. Chissà cosa avrebbero pensato Zayn,Liam e Louis quando sarebbero rientrati a casa e avrebbero letto il post- it attaccato al frigo, scritto da Harry.

‘’Nialler si è fottuto una scatola di pistacchi, ed ora ha un fottuto mal di pancia. Lo accompagno ad un fottuto ospedale, ci vediamo stasera fottuti amici.

Con fottuto amore

Hazza’’.

Io stavo morendo, ne ero sicuro. Come se fossi incinto. Mi arrivavano continui calci dalla pancia, e mi veniva da vomitare ogni tre secondi.
‘Vomitami nella macchina e giuro che sciolgo il gruppo’ mi aveva richiamato Hazza, il mio migliore amico.

Maledetti quei fottuti pistacchi.

°°°

A stento avevamo raggiunto il secondo piano di quell’enorme ospedale, ed ero appoggiato ad Harry, perché mi era quasi impossibile camminare dritto.

‘Dove dobbiamo andare ora?’ chiese lui.

‘Al pronto soccorso, testa di minchia! Era al piano terra!’ piagnucolai.

Lui sospirò . ‘Chiamiamo un’infermiera allora!’ propose ‘Sei un elefante, non ce la faccio a farti ritornare giù. Mannaggia a te!’.

‘Vuoi cercare un’infermiera nel reparto di oncologia?’ domandai retorico, quando lessi il cartellone bianco che indicava dove ci trovavamo.

‘Ci saranno anche qui delle infermiere ,no? Aspetta seduto, vado a cercarne una’ disse, poggiandomi su di una sedia abbastanza comoda.

Fu allora che vidi uscire da una di quelle porte una ragazza rossa e magra che aveva un viso conosciuto. Era in compagnia dei genitori, e la madre era in lacrime, mentre il padre le teneva la fragile mano. E aveva una flebo. Quando mi vide ,da lontano, divenne paonazza. La riconobbi dopo pochi secondi, quando mi sorrise. Era la ragazza della festa, che avevo conosciuto la settimana scorsa.

Com’è che si chiamava? Mary, Maria, Mirette…Miriam! Si ,si chiamava sicuramente così.

Quando i genitori la lasciarono un secondo sola, e rientrarono nella stanza da cui erano usciti –probabilmente per parlare con il medico- mi raggiunse, rossa in viso ed imbarazzata.

‘Due volte in un mese?’ mi chiese, sorridendo ‘Sono la ragazza più fortunata del mondo, allora! Che ci fai qui?’.

‘'Ehm..ho sbagliato reparto. Ho solo mal di pancia, dovuto a troppi pistacchi’' esclamai, buttandola sul ridere. Era davvero una cosa ridicola!

Lei rise. ‘Capisco. Comunque dovevi andare al pronto soccorso, piano terra’.

‘'Ce ne siamo accorti tre attimi fa'’.

'‘Ce ne siamo accorti?’' mi domandò, chiedendo indirettamente chi ci fosse con me.

‘'Se te lo dico mi muori qui a terra'’ scherzai ‘'c’è Harry con me'’.

‘'Signore Gesù Cristo'’.

Ridemmo entrambi come due bambini. Improvvisamente il mal di pancia si era calmato,e speravo che Harry tardasse il più possibile.

‘'Tu? Come ti senti?’' domandai.

Sospirò. ‘'B-bene'’.

Non stava bene, glielo si leggeva nelle iridi. Ma non si sarebbe mai confidata con me, dopotutto ero solo uno sconosciuto per lei.

Non ci pensai neanche ,quando gli strinsi la mano.

Lei mi guardò sconvolta, prima di ricambiare la mia stretta. Il suo era senz’altro il sorriso più sincero e puro che avessi mai visto in vita mia. Era così fragile, e mi dispiaceva così tanto che fosse il QUEL reparto. Per QUEL motivo, ovvio.

‘'Ria!'’ la chiamò qualcuno, e lei si girò di colpo, mollando la mia mano calda. ‘'Tesoro ,dobbiamo andare'’ le disse un uomo, probabilmente il padre, da lontano.

Lei si alzò titubante. ‘'Addio Niall, non credo che avrò più la fortuna di rivederti'’.

‘'Meglio per te, così non morirai ‘scherzai, e sorridemmo entrambi. Poi con voce più seria sussurrai ‘'Addio Miriam'’.

‘'Ti ricordi il mio nome?'’.

‘'Mi ricorderò di te'’.

Allora di certo non potevo sapere che Miriam Martin, la piccola e innocente Ria, sarebbe diventata la persona di gran lunga più importante
della mia vita.


 

 

I’M BACK (?)

AVEVO DECISO DI INTERROMPERE QUESTA FF FINCHE’ L’ALTRA NON FOSSE FINITA, MA NON CE L’HO FATTA A NON POSTARE QUESTO CAPITOLO HAHAHAHAHAH
E’ TRISTE MA ALLO STESSO TEMPO BELLISSIMO, E POI AMO QUELLO CHE NIALL LE DICE <3

FATEMI SAPERE CHE COSA NE PENSATE, E LE CRITICHE SONO BEN ACCETTE C:

UN BACIO

H.
 

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Capitolo 4
*** chapter 4 ***


Come on skinny love just last the year
Pour a little salt we were never here
My, my, my, my, my, my, my, my
Staring at the sink of blood and crushed veneer.
-Birdy; skinny love

CAPITOLO 4

*FUTURE*

Sentivo solo il rumore fastidioso delle rotelle di una barella che stridevano sul ruvido pavimento dell’ospedale.

Riconoscevo la puzza di cibo molle e pastoso, e l’odore del disinfettante.

Se aprivo gli occhi riuscivo a riconoscere i due medici, uno sul lato sinistro e l’altro sul destro, che mi avevano seguita e ‘curata’ per tutto l’anno. Riuscivo a leggere la disperazione nei loro occhi, l’agitazione negli occhi delle infermiere e riuscivo a sentire le urla dei miei genitori, che mi sembravano davvero lontane.

Forse troppo lontane.

Eppure, non riuscivo a parlare, non riuscivo a muovermi. Ero paralizzata. Riuscivo anche a sentire il battito flebile e leggero del mio cuore. Andava sempre più piano, come se la sabbia nella clessidra che era la mia vita stesse lentamente finendo. Nonostante ciò, non riuscivo a ricollegare nulla, non ricordavo come e perché fossi finita lì.

Mi ero sentita male altre volte,ma non ero mai arrivata a leggere disperazione e pianto negli occhi di tutte le persone che mi circondavano.

Sentivo solo un forte vento in volto, la barella che correva veloce lungo il corridoio dell’ospedale. Non l’avevo letto ,ma sapevo benissimo in che reparto mi trovassi. E infondo sapevo anche perché.

Sapevo che questo momento sarebbe arrivato, me ne ero fatta una ragione. Mi ero preparata psicologicamente,eppure ero impreparata. Eppure non ero pronta ad andarmene.

Poco dopo, mentre la barella proseguiva la sua corsa disperava verso la ‘’rianimazione’’, da come sentivo urlare dai medici, qualcuno si avvicinò al lato destro, accanto al dottor Rosewood. Lo riconobbi subito,dal profumo, il mio angelo. Era lì, sentivo i suoi singhiozzi , immaginavo le sue lacrime –non riuscendo più ad aprire gli occhi-  e sentii la sua voce dolce sussurrarmi qualcosa nell’orecchio in tutta fretta, mentre continuava a correre per stare al passo delle infermiere che mi trasportavano.

Non capii cosa mi disse. Ci provai, ma davvero non connettevo più. Sentivo solo i battiti ovattati e lontani del mio cuore.

Del monologo che mi soffiò nell’orecchio capii solo l’ultima frase: ‘Ria, ti prego, resta. Aiutami, mi stai scivolando dalle mani. Aspetta’.




*PRESENT*

NIALL’S POV

''Come sarebbe a dire, che andate in un liceo?'' mi chiese Louis abbastanza sconvolto.

''Louis non fare il melodrammatico, vogliamo solo andare a trovare i  vecchi professori di Harry'' sentenziai.

Perchè doveva sempre rendere tutto maledettamente difficile?


''Siete dei ragazzi di fama mondiale, non potete andare a trovare dei professori'' esclamò, gettandosi a peso morto sul divano.

''E invece possiamo. La nostra vita non si può fermare solo perchè facciamo parte dei one direction'' esclamò Harry.

''Sei un coglione'' concluse Louis.

''Ci vediamo stasera Lou'' sussurai, prima di prendere la giacca bordò e recarmi alla LINCOLN HIGHT SCHOOL con Styles.

°°°



I gridolini che lanciavano le ragazze non appena ci vedevano passare erano a dir poco squillanti, e mi perforavano i timpani. Persi anche il conto di quanti autografi e foto feci quel giorno. Harry ne fece il doppio dei miei, essendo il ''figo'' della situazione. Il bello era che aveva anche la faccia tosta di fare il cascamorto!

Quando ,finalmente, arrivammo fuori la classe dell' ex professoressa di inglese di Hazza, vi entrammo come se fosse la nostra salvezza. Ed effettivamente lo era, perchè feci solo dodici autografi lì dentro, mentre i ragazzi mi ammazzavano con lo sguardo.


Perchè erano sempre così? invidiosi?

Quando notai una ragazza rossa ,sia di capelli che di viso, seduta all'ultimo banco ,la riconobbi immediatamente.

Non era possibile, la incontravo ovunque!

Dopo aver parlato un pò con la prof, e con qualche alunna particolarmente sfacciata, mi incamminai verso di lei. Persino Hazza mi perforava con lo sguardo. Il silenzio era tombale, come se stessi facendo una cosa stranissima. lei arrossì ancora di più.

Soprattutto quando mi chinai davanti a lei e le scoccai un bacio sulla guancia, sussurrandole un 'ciao'.

Le ragazze in classe erano sconvolte e mi stavo divertendo troppo.

'Ciao' rispose flebile lei.

Prima di voltarmi e ritornarmene fuori la classe mi avvicinai al suo orecchio e le sussurrai 'ci credi nel destino?'.

Ma non le diedi il tempo di rispondere, perchè ero già diretto verso la range rover di Harry.
 

MIRIAM’S POV

Per tutto il giorno le ragazze della mia classe, e Leila e Mia, non fecero altro che tormentarmi. La voce che conoscevo Niall Horan si estese presto in tutta la scuola e diventai la ‘migliore amica’ di tutte.

Quanto tornai a casa tirai un sospiro di sollievo e ,tuffandomi a peso morto sul letto, pensai a quello che mi era successo.

Solo un mese prima una semplice directioner come me non ci avrebbe mai neanche pensato a  Nialler che mi dava un bacio leggero sulla guancia. Era tutto troppo meraviglioso per appartenere alla realtà, ma sapevo che era così. E mi crogiolavo in quel romantico pensiero che Niall fosse innamorato di me. Stavo degenerando e lo sapevo, ma non potevo fare a meno di crearmi mille film mentali. Ero troppo felice.

Così tanto felice che forse potevo permettermi di andare a fare un giro per la città, dicendo a mia madre che andavo a studiare da Mia. Infondo era solo una piccola bugia, no?

°°°

Non respiravo aria pura in pace con me stessa da tanto, troppo, tempo. E mi sentivo davvero bene, come se non fossi malata. Io ci credevo nei miracoli, comunque.

Magari sarei stata miracolata, e quell’anno di vita che mi restava si sarebbe moltiplicato per cento volte.

Forse.

La speranza è sempre l’ultima a morire.

Fu mentre pensavo a tutto questo, che non vidi una macchina dinanzi a me, che per poco non mi investì. Non appena mi puntò i suoi fari davanti agli occhi coprii il volto con le braccia e cacciai un urlo.

Ma la macchina frenò in tempo, e per poco non squagliai. Maledetta la mia distrazione!

Sarebbe stato davvero stupido e banale morire per un incidente, quando si hanno motivi migliori e molto più validi per farlo.

Non riuscivo neanche a guardare quell’autovettura, tanto che ero terrorizzata. Sentii lo sportello aprirsi e richiudersi subito dopo, segno che il guidatore era sceso per vedere se stessi bene.

 ‘Stai bene?’ domandò premuroso, portando le mie braccia- ancora sulla faccia- lungo i miei fianchi con le sue calde mani.

Rischiai di nuovo un collasso non appena lo vidi, o meglio, lo riconobbi.

‘S-si’ balbettai. Ci mise poco a riconoscermi, e scoppiò in una fragorosa risata.

‘Non ci credo’ esclamò, divertito.

‘Niall non c’è nulla da ridere, stavo per morire. Muoio sempre ogni volta che ci sei tu di mezzo’ scherzai.

Lui mi abbracciò. MI ABBRACCIO’.

Se prima ero squagliata ora ero letteralmente disintegrata. Crepata nel vero senso della parola.

E il profumo speziato di Niall era così maledettamente dolce che l’avrei sentito per tutta la vita, mi sarei nutrita di lui.

Quell’abbraccio accennato durò troppo poco per i miei gusti. ‘Visto che ci siamo già incontrati mille volte, stavolta ti invito a prendere un gelato. Che ne dici?’.

Arrossii di colpo, ero un bersaglio troppo facile! E poi la risposta la conosceva già. ‘Non dovresti neanche chiedermelo’ sussurrai, imbarazzata.

Quando mi prese per mano e mi disse ‘Andiamo’ giurai di aver scoperto il sapore del paradiso.

 

°°°

‘Comunque… non credo nel destino’soffiai, mentre mangiavamo il nostro gelato,seduti su una panchina. Lui con il cappuccio della felpa grigia che gli copriva la testa e gli  occhiali da sole, per non farsi riconoscere, e io con una semplicissima canotta rosa e i jeans leggermente sbiaditi che indossavo quasi sempre.

Mi maledii mentalmente per non aver messo qualcosa di più carino.

‘Perché?’ mi chiese.

‘Non credo ci sia una risposta coerente’ ironizzai, sorridendo ‘ma… il destino fa paura’.

‘Perché dovrebbe spaventare? Io la vedo una cosa estremamente romantica’.

‘Sei troppo positivo Niall. Il destino non è romantico, è…’ mi sforzai di trovare le parole adatte. ‘terrificante’.

Lui mi guardò a lungo, analizzando ogni tratto del mio piccolo volto, fino a che non parlò. ‘Ti spaventa?’ sussurrò.

‘Cosa?’.

‘Il destino…’.

‘'Un po’…'’ risposi, poi pensai che valeva la pena di essere sincera, come sempre ‘'tantissimo’' mi corressi.

Mi bloccai, non mangiavo neanche più il gelato, ero lì imbambolata a guardarlo. Lui sorrise.

‘'Non dovrebbe spaventarti. Il destino non è cattivo'’.

‘'Ne sei sicuro?'’.

‘'Certo'’.

Aveva smesso di mangiare anche lui, e mi stava osservando assorto come se fossi la ‘’cosa’’ più interessante del mondo.

‘Niall…’ azzardai, interrompendo il silenzio e guardando a terra, non riuscendo più a reggere il contatto con i suoi occhi di ghiaccio. ‘Lo penseresti anche se TU dipendessi dal destino?’.

Lui capì subito  a cosa mi riferissi. Arrossì e mi chiese scusa.

‘Miriam mi dispiace davvero tanto ,io non volevo farti venire a mente… mi dispiace e…’.

‘Niall…’ cercai di interromperlo ,ma non si fermava.

‘Seriamente, scusami un milione di volte, me ne ero dimenticato e…’.

‘Niall’ urlai, e si fermò. Ebbi un coraggio sfacciato ad avvicinarmi di più a lui. ‘Non devi dispiacerti okay? Non hai fatto nulla, davvero. E ora mangiamo il gelato, altrimenti si scioglie’ scherzai, per sdrammatizzare.

Lui sorrise e seguì il mio consiglio.

Eravamo vicinissimi e le nostre cosce si toccavano. Quel contatto mi stava veramente ustionando la pelle.

‘Sei incredibile’ sussurrò, tra un sorriso e un altro. Sorrisi che ricambiai.

Bastava che mi sorridesse, ed improvvisamente il mondo non contava più nulla. Le persone non contavano più nulla. La mia malattia non contava più nulla. Tutto si azzerava davanti al suo sorriso pulito e sincero. Anche il dolore e la sofferenza. Anche quella sensazione orribile di essere esattamente sul confine che separa la vita dalla morte.

Quando ero con lui, in qualsiasi modo o situazione, mi sentivo normale. Mi sentivo…sana. E nessuna medicina avrebbe mai potuto farmi lo stesso effetto.

Allora, non potevo sapere che Niall Horan, il mio goloso e bellissimo idolo, sarebbe diventato la persona che mi avrebbe salvato la vita.

 


HELLO GIRLS (?)

ALLORS: INNANZITUTTO SCUSATE PER IL RITARDO, MA SONO SORTI DEI PROBLEMINI.
CERCHERO’ DI ESSERE BREVE E COINCISA: PLAGIATEMI DI NUOVO ‘ANGELS AMONG US’ E GIURO CHE VI UCCIDO, CON AMORE.
SCUSATE LO SFOGO ,MA QUANDO L’HO SCOPERTO SONO IMPAZZITA, E ANCHE SE HO CHIARITO CON L’AUTRICE CERTE COSE DANNO FASTIDIO E BASTA. ERA PER QUESTO CHE AVEVO DECISO DI ELIMINARE IL MIO ACCOUT EFP, MA AMO TROPPO LE MIE FF PER FARLO, PERCHE’ CI METTO IL CUORE. QUINDI NON LO FARO’.

DETTO CIO’, SCUSATE, TORNIAMO AL CHAPTER (?): LO SO, INIZIA UNA MERDA,MA NON E’ UN SOGNO, E’ UNA SCENA CHE ACCADRA’ IN FUTURO. NON SO SE VI E’ PIACIUTA QUESTA IDEA, SPERO DI SI LOL COMUNQUE NON MUORE MIRIAM IN QUELLA SCENA HAHAHAHAHA <3

HO FATTO IL TRAILER CON MIA CUGINA, LO CAGHERESTE? LOVE <3
http://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w&feature=share
ORA MI DILEGUO, RECENSITE VI  PREGO, HO BISOGNO DI SAPERE CHE NE PENSATE.

BACI
H.

PS: HO SCRITTO UNA SONG-FIC  (ONE SHOT SU UNA CANZONE) SU DEMI E IL PADRE E MI FAREBBE PIACERE SE PASSASTE <3
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1938410&i=1
 

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Capitolo 5
*** chapter 5. ***


 

                                        love

Come up to meet you, tell you I’m sorry 
You don’t know how lovely you are.
I had to find you, tell you I need you, 
Tell you I set you apart.
-the scientist; coldplay

Capitolo 5


NIALL’S POV

'Niall te lo chiedo per favore, non affezionarti a nessuno. Fra due mesi dobbiamo andare a Los Angeles' esclamò Harry, mentre giocavamo alla psp il pomeriggio dopo l'uscita con Miriam.

Sapevo che non avrei dovuto dirlo ai ragazzi.

Zayn ,che era steso sul divano con l'iphone in mano, aggiunse 'Niall ,mi dispiace dirlo, ma Harry ha ragione. Per una volta dagli retta'.

Mi irritai ancora di più. Avevamo solo preso un gelato, e da buon amico glielo avevo raccontato, ma mi stavano facendo pentire.

'ERA SOLO UN GELATO. State facendo una tragedia per nulla. E' solo un'amica'.

Harry approfittò della mia distrazione per sferzare il colpo di grazia al mio personaggio, e vinse la partita, urlando 'EPIC WIN'.

Liam, che era più ragionevole, mi si avvicinò di soppiatto e mi abbracciò. 'Niall anche se non dovessimo andarcene ti diremo lo stesso di star lontano da quella ragazza'.

'E PERCHE' MAI?' domandai, curioso e irritato al tempo stesso.

Liam non rispose, come se avesse paura. Avevo come l'impressione che tutti avessero capito di cosa parlasse ,tranne me. Harry stava fingendo di giocare per non rispondere alla mia domanda, Liam non parlava e Lou guardava il soffitto.

'PERCHE' STA MORENDO, SANTO DIO' esclamò Zayn, stanco di quel silenzio tanto rumoroso.


MIRIAM’S POV

Sarebbe superfluo dire che ero sconvolta dopo quel pomeriggio passato con Niall.

Ma la domanda che piu’ mi frullava nella testa era ‘’perché?’’. Perché a me? Perché era stato così dolce e gentile con una ragazza che conosceva appena? Perché il mio amore per lui cresceva di giorno in giorno?


‘Ria mi stai ascoltando?’ mi domandò Mia, mentre stavamo studiando sul mio letto, con davanti un vassoio pieno di biscotti fatti da mia madre, e imbottite di succo d’arancia.

‘Certo’ affermai, annuendo. In realtà non ricordavo neanche se avevamo finito di fare geografia e fossimo passate a matematica, o il contrario.

‘Lo spero’ esclamò. ‘Ti vedo strana. Va tutto bene?’.

‘S-si’ balbettai. ‘Sono solo un po’ stanca, ultimamente sto studiando molto. Avevo perso smalto, con l’insegnate privata non studiavo così tante materie insieme’.

‘Allora recupera smalto, Ria. Peccato che non potrò aiutarti, perché sono peggio di te in geografia e in matematica non sono neanche lontanamente vicina alla sufficienza. Tu avevi nove in algebra ,ricordi?’.

‘Si. Ho preso nove anche all’ultimo compito, però’.

‘E tu avresti perso smalto? Ma per favore Martin,taci’.

Ridemmo in coro, con i libri sulle gambe e i capelli arruffati. Mia Montgomery era la ragazza più divertente e schietta che io avessi mai conosciuto, e i pomeriggi con lei volavano.

Riusciva quasi a farmi scordare tutti i miei problemi.

Dopo circa due ore, finimmo finalmente di studiare matematica e ci stendemmo sul letto, vicine.

Mia sbadigliò. ‘SEI UN FOTTUTO GENIO IN FATTO DI NUMERI’.

‘Lo so’ sorrisi ‘ credo di essere una delle poche persone al mondo che amano la matematica. E’ statica, non cambia mai. Se c’è un problema sai per certo che ci sarà sempre anche una soluzione. E’ rassicurante’.

‘Ne parli come se fosse una persona’ sussurrò.


‘Per me è come se lo fosse’ sbadigliai anche io ‘Non credi che sia come una camomilla? Ti tranquillizza’.

‘In verità mi agita’.

Sorridemmo, e passammo i seguenti minuti in religioso silenzio, senza proferir parola. Ma non era un silenzio pesante, di quelli che quando ti assalgono pensi disperatamente a cosa dire per romperlo. Era un silenzio buono. Un silenzio fatto di sussurri e piccoli sbadigli. Un silenzio di parole.

Poi Mia lo ruppe. ‘Hai paura?’ mi domandò.

‘Di cosa?’.

‘Della morte. Non ti fa paura?’.

Sapevo che Mia aveva sempre voluto chiedermelo, glielo leggevo negli occhi. Ed io ero pronta a parlarne, lo ero sempre stata. Dopotutto non mi ero mai illusa che le cose sarebbero potute cambiare, non avevo mai neanche pensato che –non parlandone- le cose si sarebbero sistemate.

‘No. Non ho paura della morte’ susurrai, sperando che mia madre ,dal piano sottostante, non sentisse. ‘Ho paura del tempo, e di non averne abbastanza. Ci sono così tante cose che devo ancora fare che mi viene l’asia solo a pensarci’.

Impercettibilmente mi strinse la mano esile nella sua, con le unghie laccate di rosa fluo. I suoi anelli mi impedivano di stringerle la mano come si deve, ma era già qualcosa.
‘Ria ,avrai tutto il tempo che ti occorre, vedrai’.

La positività di Mia ,a volte, mi dava su i nervi. Le costava tanto ammettere che stavo morendo? Che non avevo speranza?

‘Non credo, ma penso che me ne farò una ragione’.

‘Miriam sono sicura che il destino ha in serbo grandi cose per te, ci metterei la mano sul fuoco’.

‘Tipo?’ sorrisi, contenta che la pensasse così.

‘Vuoi che ti faccia le carte?’ mi domandò, con una strana luce negli occhi.

Ecco che la Mia sedicenne carina e buona se ne andava, e lasciava spazio alla ‘’pazzoide’’ che credeva di saper leggere le carte. Aveva convinto la madre a farle frequentare un corso di sei lezioni l’estate scorsa, e si illudeva di essere un talento, una cartomante.

Ora voleva addiruttura imparare a leggere la mano. ‘Quando, l’anno scorso, mi feci prevedere il futuro mi avevi detto che ci sarebbe stata una bellissima notizia per la mia famiglia. Solo che non credevo che mi avrebbe inchiodata all’ospedale giorno e notte’ scherzai.

Lei si rabbuiò. ‘Mi dispiace ,ero molto inesperta l’anno scorso’.

Si era scusata un milione di volte quando le avevo detto che ero malata, anche se non ero mai stata realmente arrabbiata con lei.

‘Mia non scusarti. Piuttosto prendi i tarocchi dallo zaino, perché questa volta non ammetto errori oppure ti denuncio’ ironizzai.

Il suo volto riprese colorito, e il suo sorriso a trentadue denti mi rischiarò la giornata. In un batter d’occhio si alzò dal letto, e pescò dal suo zaino i tarocchi.

Ci sedemmo a terra, una di fronte all’altra, e lei dispose sul parchè le carte, a piramide. Poi legò i capelli neri con un elastico, e mi sorrise un’ultima volta prima di diventare seria, e chinare in capo verso le carte.

‘Allora’ iniziò.

Scoprì la prima carta. Era una torre colpita da un fulmine.

‘La torre rappresenta la superbia, però non credo che si riferisca a te ma a qualcuno che ti conosce. Stai attenta,
perché questa persona si allontanerà presto da te’.

Pensai a Leila. Forse era lei, in quel periodo, la superba. D'altronde io non conoscevo molte persone. Ma perché lasciarmi?

Scoprì la seconda carta, senza darmi il tempo di riflettere. Uscì la papessa.

‘Mhm’ disse Mia. ‘La papessa. Rappresenta la fede e la fedeltà, si riferisce sicuramente a te. Continua a credere in una forza maggiore, Ria, le carte dicono che DEVI credere’.

Sgranai gli occhi. Era incredibile, ma quelli erano i due aggettivi che mi descrivevano meglio.

La terza carta era una specie di barbone.

‘L’eremita’ esclamò Mia, come se mi avesse appena letto nel pensiero. ‘Simboleggia la saggezza. Qualcuno moltosaggio ti guiderà in questo cammino, non ti lascerà mai sola. Probabilmente un parente’.

Il mio pensiero corse subito a mia madre.

Sapevo che non mi avrebbe abbandonata mai, ed era la persona più saggia che conoscessi.

Ed ecco che la prossima carta rappresentava una donna nuda, davanti ad un lago e di fronte ad un cielo stellato.

‘Cosa significa questa?’ domandai.

‘Le stelle. E’ una carta molto positiva. Devi essere ottimista, Ria, perché gli astri sono con te e le stelle guideranno ed illumineranno il tuo cammino tortuoso. Sii positiva e non sbaglierai di certo’.

Volevo chiederle di essere meno vaga, di spiegarsi meglio, ma non volevo interromperla e metterla in difficoltà.

Così la lasciai scoprire la penultima carta.

Rimasi sconvolta. In tutte le volte che mi aveva fatto le carte, l’angelo non era mai uscito… ne avevo solo sentito parlare.

‘Non puoi evitare nulla Miriam. Devi affrontare le conseguenze di tutto ciò che ti riguarda a testa alta. Però non sarai sola, qualcuno sarà al tuo fianco. Qualcuno che ti ama, ti ama più della sua stessa vita’.

‘Tu?’ chiesi, curiosa.

‘Non è quel tipo di amore. E’ qualcosa di molto più grande di un’amicizia, qualcosa di…immenso. Indescrivibile. Vedo un grande amore’.

Mi si gelò il sangue nelle vene.

‘Chi è?’.

‘Qualcuno che arriverà molto preso, se non è ancora arrivato’.

Non potei fare a meno di essere sollevata. Allora qualcosa di positivo sarebbe accaduto, finalmente.

‘Scopri l’ultima carta’ ordinai, e lei obbedì subito.

Non appena vide la carta, Mia non mi diede neanche il tempo di capire cosa fosse, perché la rivoltò e ,prendendo bruscamente tutte le carte, le ripose nello zaino.

‘Ma che hai?’ domandai.

‘Nulla’.

‘Che cos’era quella carta?’ chiesi.

Ero sicura che il suo repentino sbalzo d’umore fosse dovuto ad essa. ‘Niente di importante, Ria. Sono solo carte’.

‘Non lo pensavi tre secondi fa’.

‘Ora lo penso. Dimentica quello che ti ho detto’.

Poi mi abbracciò di scatto, come se avesse paura che potessi scomparire. ‘Ora devo andare’ sussurrò.

‘Mia, va tutto bene?’.

‘Certo’.

‘Cos’era quella carta?’ richiesi ancora. Sperai che stavolta mi rispondesse.

‘Lasciala perdere, concentrati sull’angelo. Concentrati sul tuo angelo’.

°°°



Sentii il campanello della porta.

Mia se ne era andata da circa un’ora, e Leila era andata fuori per weekend, mentre i miei genitori erano in ospedale.

Chi poteva essere?

Asciugai le mie lacrime, e cercai de rendermi presentabile. Sistemai la mia felpa dell’hard rock e tolsi di fretta il
pantalone della tuta, indossando degli short.

Forse era il postino oppure il lattaio.

Anche se avevo gli occhi lucidi e rossi che importava, a loro?

Aprii la porta con un tonfo, ritrovandomi faccia a faccia con Niall. NIALL HORAN ERA DI FRONTE CASA MIA?

Per un secondo mi chiesi come avesse fatto a capire dove abitassi, poi ricordai che dopo il gelato insieme mi aveva dato un passaggio a casa.

‘C-ciao’ balbettai, con la voce ancora impastata dal pianto.

‘Hey, và tutto bene?’ mi domandò, sfiorando il mio braccio. Ovunque mi toccasse, bruciavo.

‘S-si’ sussurrai, passandomi una mano sugli occhi. ‘Scusa’ sorrisi.

‘Mi fai entrare o preferisci farmi rimanere per sempre qui fuori?’ scherzò.

Aprii la porta e lo feci entrare, portandolo in cucina, e ci sedemmo sugli sgabelli bianchi.

‘Vuoi qualcosa?’ chiesi, cortese.

AVREI AVUTO UN BICCHIERE DAL QUALE AVEVA BEVUTO NIALL HORAN? ODDIO.

‘No ,grazie. Puoi dirmi perché stavi piangendo?’ sorrise.

‘Stupidaggini’ sorrisi, sperando che non capisse che era l’esatto contrario. Lui mi sorrise di nuovo, e poggiò i gomiti sul banco della cucina.

‘E va bene. Ti ha lasciato il fidanzato?’.


‘No’ esclamai, sorridendo. ‘Non ho il fidanzato’.

‘Ma come? E io cosa sarei per te?’ domandò scherzosamente.

‘Hai ragione. Sono fidanzata con Niall Horan, ti rendi conto?’.

‘Si, che ragazza fortunata’.

Scoppiammo a ridere entrambi.

‘Vuoi vedere un film con me, fidanzato?’ domandai, sfacciata improvvisamente.

‘Basta non sia horror’ soffiò lui.

‘Tranquillo’.



°°°



Mia madre aveva chiamato scusandosi, dicendo che quella notte sia lei che papà non sarebbero rincasati perché c’era stato un grave incidente sulla provinciale, e l’ospedale era pieno di poveri cristiani con arti mancanti.

Ci credevo nel destino?

‘I miei sono bloccati in ospedale’ esclamai, tuffandomi sul divano di fianco a Niall, che guardava assorto il film ‘'titanic'’.

‘Ma guarda questi due stronzi come si divertono nella macchina’ cominciò a ridere lui. Rideva come un ossesso.


‘Niall smettila’ inizia a ridere anche io.

‘Sai, dovremo proprio imitarli ,fidanzata mia’.

‘Contaci’.

Niall non immaginava nemmeno come avessi voluto farlo.Il film durò troppo poco, e finì con me in lacrime e Niall che rideva, per colpa mia stavolta.

‘Non posso credere che stai piangendo per un film’.

‘E’ il film più bello che io abbia mai visto’ singhiozzai. ‘E’ morto per lei’.

‘Anche io morirei per te’ si giustificò lui, con un sorriso sornione sul volto.

Non poteva immaginare quanto ,quelle parole, mi avessero toccato. Lo abbracciai di scatto, non pensai neanche quando lo feci, o la mia timidezza avrebbe avuto la meglio. Il bello fu che Niall ricambiò di buon grado il mio abbraccio, facendomi addirittura sdraiare sul divano, steso su di me, con il volto nell’incavo del mio collo.

‘Non piangere più, per nessun motivo’ sussurrò.

Non si riferiva solo al film, me lo sentivo. ‘Mi sento sola,Niall’.

Probabilmente non avrei dovuto dirglielo, non avrei dovuto aprirmi così tanto, fatto stà che lo feci perché era Niall, e perché mi pareva di conoscerlo da una vita.

E anche perché avevo una paura matta che se ne andasse. Volevo rivederlo.

‘Non sarai mai completamente sola,Miriam’.

‘Puoi chiamarmi Ria’.

‘Non sarai mai completamente sola ,Ria’.

Perché stavo piangendo? Perché ero così debole? Così piagnucolona? Non dovevo piangere eppure lo stavo facendo.

Lui sciolse il nostro abbraccio e avvicinò il suo volto al mio, annullando la distanza. ‘Non piangere ti prego, non è ancora finita’.

‘Scusa’.

‘Non devi scusarti. Non scusarti più’.

‘Hai ragione, scusa’. Automaticamente ridemmo entrambi.

Poi lui si avvicinò ancora di più a me. ‘Ria…posso baciarti?’.

‘Non dovresti neanche chiedermelo’.

Così sentii le sue morbide labbra baciarmi lentamente la fronte, mentre trattenevo il respiro.


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CIAO RAGAZZE.
SCUSATE IL RITARDO ORRENDO, MA SONO FUORI CASA E HO AVUTO SETTE MILIARDI DI PROBLEMI CON L'HTML HAHAHAHAHAHA <3
CHE NE PENSATE DEL CAPITOLO?
SINCERAMENTE, NON MI PIACE MOLTO E INIZIALMENTE VOLEVO FARLI BACIARE ''DAVVERO'', MA POI HO PENSATO CHE ERA TROPPO PRESTO E QUINDI HO LASCIATO PERDERE LOL
FATEMI SAPERE IN UNA PICCOLA RECENSIONE CHE NE DITE, PLEASE, MI STO COMPLESSANDO HAHAHAHAHAH
ORA VI LASCIO E NON ROMPO PIU' I COGLIONS
AL PROSSIMO AGGIORNAMENTO <3
BACI
H.
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Capitolo 6
*** chapter 6. ***


love


When violet eyes get brighter,
And heavy wings grow lighter,
I’ll taste the sky and feel alive again.
And I’ll forget the world that I knew,
But I swear I won’t forget you,
Oh if my voice could reach back through the past,
I’d whisper in your ear,
Oh darling I wish you were here.
-Vanilla twilight; owl city


CAPITOLO 6

 

"Niall, cosa. ..cosa pensi della morte? " domandai, atona, guardando fuori dalla finestra. 
Lui mi guardò sconvolto, convinto di non aver capito bene. 

"Secondo me è l'inizio di una nuova vita" sussurrò, guardando il cielo , come me.

'Che tipo di vita? ". 
Le sue teorie mi interessavano. 

"Migliore, ma molto più lontana".

"Lontana?".

"Il paradiso non è dietro l'angolo" ironizzo', un pò amaramente.  "Quindi ci credi? " domandai "al paradiso, intendo".

"Credo che ci sia un posto dove si va' quando sulla terra non c'è più spazio per te. Non so se sia il paradiso o no, ma penso che 
sia...bellissimo".

"Senza più dolore?" Soffiai. 

"Li' non esiste il dolore, Ria".

Non so quanto tempo passò, so solo che ad un certo punto, ruppi il silenzio. 

"Niall, credi che esistano gli angeli? ".

Lui mi guardò perplesso, poi capì che non mi stavo riferendo ‘’in generale’’, che pensavo a …me. Si rabbuiò un poco, come se quell’argomento lo mettesse a disagio. Anche se non lo mostrava. Mi prese la mano in un gesto quasi convulso, stringendola forte, quasi a stritolarla.

Come se avesse paura che me ne andassi. Comunque, non me ne sarei andata mai, non ora che tutto nella mia vita sembrava avesse preso una piega diversa. Non mi sarei mai allontanata, neanche di un passo. Non me ne sarei andata, non di mia spontanea volontà, almeno.

‘’Non lo so’’ soffiò, continuando a stringere la mia mano. ‘’Tu ci credi?’’.

‘’Ci spero’’ risposi.

Strinse ancora di più la mia mano affusolata e sottile, se possibile. Era come se mi avesse letto nel pensiero, come se sapesse quanto fosse difficile per me essere lì con lui, a parlare ‘’in generale’’ ,pur sapendo che non era così dentro me.


Come se capisse e conoscesse la tempesta che avevo dentro.

E si stava deliberatamente gettando nelle onde agitate del mio mare, con solo una zattera. Faceva finta di non sapere che prima o poi sarebbe affondato, o davvero non ne aveva idea? La tempesta sarebbe finita prima o poi. Forse era questo che l’aveva convinto a restare. Ma non
sapeva che se la tempesta fosse scomparsa, sarei scomparsa anche io?.


‘’Ria, perché stai piangendo?’’ domandò.
Bene, ora non riuscivo neanche più a rendermi conto di quando piangevo o sorridevo. Di bene in meglio. Con il palmo della mano libera mi asciugai quelle due lacrimucce che erano, casualmente, scivolate dai miei occhi.

‘’Non lo so. Suppongo che sia lo stesso motivo che mi ha spinta a piangere anche prima che tu arrivassi qui’’.

Fu allora che mi strinse forte a se, per la terza volta da quando lo conoscevo. E ,davvero, non poteva fare gesto migliore. Era come un calmante per me,altro che 
matematica.

‘’Quale sarebbe questo motivo?’’ domandò, sciogliendo il nostro abbraccio.

Avevo come l’impressione che lo sapesse, ma che volesse che glielo dicessi a voce alta. Non era per cattiveria, voleva solo esserne sicuro. Ma io volevo dirglielo? Dopotutto lo conoscevo da tre anni, ma lui a stento da tre settimane.

‘’Sicuramente non mi ha lasciato il fidanzato’’ esclamai, cercando di sdrammatizzare un po’ la situazione.  E ci riuscii, perché sorrise e disse ‘’infatti non ti ho lasciato’’.
Sorrisi anche io per quella sua affermazione. Come mi sarebbe piaciuto essere la sua ragazza, ma ero solo…io.


‘’Niall, con tutto il rispetto, se dovessi fidanzarti davvero sarei l’ultima delle tue scelte. Ammesso che sia nella lista’’ ironizzai.

Infondo non ero questa grande bellezza. Non ero una di quelle ragazze che ti lasciano a bocca aperta quando ti passano accanto, e neanche una di quelle che non puoi fare a meno di guardare estasiato. Non ero ironica, non avevo un grande senso dell’umorismo. Ero dannatamente e perfettamente nella norma, nella categoria delle ragazze ‘normali’. Anche se di normale non avevo niente, neanche nel mio sangue.

‘’Io non credo. Non mi piacciono le ragazze estrose’’.

‘’Ma quello è l’ultimo dei problemi. Hai mai visto le ragazze che ti sbavano dietro? E invece di approfittartene te ne stai a casa mia’’ sorrisi.

‘’Io non sono come Harry, Miriam, dovresti saperlo’’ sorrise anche lui. ‘’E comunque penso che, se dovessi fidanzarmi davvero, saresti tra le prime della mia lista’’.

C’era solo sincerità nei suoi occhi. Niall non sarebbe mai riuscito a mentire. Non a me, almeno. 
Mollai la presa dalla sua mano, che era ancora incastrata alla mia, e lo guardai esterrefatta.

‘’Dici seriamente?’’.

‘’Certo. Perché sei così sorpresa?’’.

‘’Perché tu sei Niall James Horan e io sono…insomma ,sono solo io. Sono terribilmente umana’’.

Lui rise. ‘’Ria vorrei ricordarti che anche io sono umano’’.

Solo allora mi resi conto di che grossa stupidata avessi appena detto. ‘’Scusa’’ balbettai, cadendo vittima della sua risata, e condividendola con lui.

Quanto era bello quando rideva.

Quanto era bello e basta, in verità.

‘’Non scusarti’’ soffiò.

‘’Hai ragione scusa’’. Inutile dire che ridemmo ancora di più.


‘’Me lo dai il tuo numero?’’ domandò, ed io arrossii.

 
°°°


 
‘’CON NIALL? UN POMERIGGIO INTERO CON QUEL NIALL?’’ urlò Leila ,dall’altro capo del telefono. Non gli erano mai piaciuti gli one direction, com’è che ora aveva tutta questa passione per loro?
‘’Si, Ley, proprio con quel Niall’’. Borbottai, per la 459493 volta.

‘’Porca miseria Ria, non ci credo!’ urlò isterica, mentre rideva. ‘’Me lo presenti, vero? Vero?’’.

Ma non diceva che erano insulsi e che non sapevano cantare? Non era forse lei che affermava fermamente che non li avrebbe MAI ascoltati? Non era lei che 
diceva che erano famosi solo per le loro belle faccine?
Ma per favore. La rabbia mi stava divorando,come sarebbe accaduto  a qualsiasi directioner.

‘Certo, un giorno’’ risposi ,vaga.

Come no, così con il suo fisico formoso e la sua bella faccia sarebbe diventata la prima della lista di Niall?


Poi mi resi conto che sembravo una megera. Stavo ragionando da sola, egoisticamente. Leila voleva solo conoscerlo, non aveva detto di amarlo, né di amare i ragazzi. Perché diavolo mi stavo alterando in quel modo?
‘’Che ne dici di sabato prossimo?’’ mi domandò, speranzosa.

‘’Volentieri ,Leila. Glielo chiederò’.


 
°°°

LOUIS’S POV

 

Era la seconda volta che avevo dato buca ad Eleanor, ma davvero non mi andava di vederla. Quella era  una vacanza, e sapevo che avrei dovuto sfruttare il mio tempo libero per stare un po’ con lei, ma non ne avevo voglia.

Era da un po’ di tempo che mi sentivo così. Non era più come prima. Mi faceva male e mi dava anche fastidio ammetterlo, ma Eleanor non mi piaceva più come una volta. Altrimenti perché ,ogni volta che avevamo un appuntamento, nello stesso momento in cui ci organizzavamo pensavo ad una scusa?

Eleanor era la ragazza più simpatica, dolce e bella che avessi mai visto, ma non era adatta a me. Eravamo troppo simili. Non so se si potesse considerare un difetto, ma per me lo era. E per giunta i ragazzi la adoravano, e lei adorava loro. Speravano addirittura che ci sposassimo!

Per questo non ne avevo ancora parlato con nessuno di loro.

E quel pomeriggio, mentre erano assenti tutti e quattro, mi sentii completamente in colpa per non essere uscito con Eleanor. Lei aveva capito che ero ‘’stanco’’. Ancora. Non aveva detto nulla, aveva sorriso e risposto che sarebbe andata al lago a fare un picnic con delle amiche. Era troppo buona e ingenua per capire che
la stavo evitando.

Ero sicuro che la migliore amica, Danielle, nonché fidanzata secolare di Liam, l’avesse capito benissimo. Quella ragazza minuta e magra era peggio di una pantera, non si lasciava sfuggire nulla. E ,per quanto fosse simpatica e gentile, ti guardava sempre con quella vena di ‘’dubbio’’ negli occhi. Come se fosse sempre e costantemente convinta che la persona che si trovava davanti le stesse nascondendo qualcosa.

Ed era inquietante. O almeno, mi inquietava.

Così, visto che quella casa-per quanto enorme- stava iniziando a starmi stretta, decisi di andare a fare una passeggiata per schiarirmi le idee. E poi ,magari, fermarmi allo starbucks. Superfluo dire che Londra era ancora più bella di come la ricordassi.

Piena di verde, piena di gente, di …coppie. Oh, vedevo coppie dappertutto!

Così mi rintanai nello starbucks, che per fortuna era semi-vuoto. Mi recai al tavolo, quello più appartato possibile, e pensai.

Che codardo che ero. E mi sentivo troppo in colpa per trovare i lati positivi della faccenda. Avevo liquidato la mia fidanzata, punto.

Non mi accorsi neanche che era arrivata la cameriera per l’ordinazione.

‘’Cosa le porto?’’ chiese dolcemente, con un sorriso lieve sul volto.

Era di altezza media, abbastanza magra, con la divisa del bar e una coda di cavallo, che tratteneva i suoi capelli neri. I suoi occhi azzurro cielo mi colpirono per primi. Non avevo mai visto neanche lontanamente occhi così belli e puliti.

Non sapevo neanche che esistesse quel tipo di colore. Un blu chiaro mischiato al verde bottiglia. Molto più chiari anche dei miei, e facevano contrasto con i suoi capelli corvini e la pelle bianchissima. Le labbra erano carnose e a forma di cuore, rossissime. Ma non aveva il rossetto. Erano naturali, per quanto fosse impossibile.

Frenai l’istinto di baciarla per dimostrare la mia teoria.

‘’Un caffè macchiato, grazie…?’’ dissi, per farmi dire il suo nome.

‘’Louis Tomlinson’’ esclamò, sgranando gli occhi.

‘’Ti chiami come me?’’ ironizzai.

Lei sorrise. ‘’Sono…sconvolta. Comunque piacere ,sono Mia’’.

Ricambiai il suo sorriso.
 

°°°

 

RIA’S POV

 

‘’Come ti senti ,oggi?’’ mi domandò il medico, all’ospedale.

‘’Bene. Insomma, mi sento…bene’’ balbettai, non sapendo che altro dire. Forse se avessi detto che stavo male sarebbe stato più facile per tutti. Anche per me. Così ci saremo messi l’anima il pace, avremo depennato ogni speranza.

Eppure non mentivo. Stavo bene davvero, e la cosa mi faceva imbestialire. Se fossi stata male mi sarei arresa, stare bene –invece- mi portava solo a sperare ancora.

La speranza mi stava corrodendo, nel vero senso della parola.

‘’Sono contento, questo è davvero positivo’’ sorrise.

Mia madre era di fianco a me, e mi stringeva la mano come se stessi per morire davvero.

‘’Miriam…’’ balbettò il medico ‘’credo che dovresti riprendere le chemio’’.

No.

Tutto ma non quello. Odiavo le chemioterapie, odiavo che mi cadessero i capelli, odiavo dover andare in ospedale ancora più spesso di quanto già non facessi.

Le avevo interrotte non per mia decisione, ma ero stata felice. Non potevo e non volevo riprenderle. Non ora che mi sentivo in pace con me stessa. Quella non era una cura, era una tortura. Il vomito continuo, il sangue dal naso…

‘’No, la prego’’ sussurrai, stringendo ancora di più la mano di mia madre ‘’la scongiuro, non di nuovo’’.

‘’Ascolta Ria ,so quanto le odi ma ora sono importanti. Potrebbero…’’.

‘’Cosa?’’ lo interruppi, piuttosto maleducatamente. ‘’farmi vivere più a lungo? E di quanto? Un mese? Due mesi? Dottore, sinceramente, sappiamo entrambi benissimo che più di due mesi non mi faranno vivere. Personalmente, le odio e penso che mi ucciderebbero prima’’.

Mi sentivo impotente.

Sentivo che qualcun altro stesse pilotando la mia vita, e dovevo riprendere il comando. Mi sentivo ‘’nessuno’’. E per la prima volta, dopo circa un anno, mi sentii di nuovo come quando mi dissero che avevo la leucemia. Inutile. Volevo vivere quel poco che mi restava come credevo fosse meglio per me.

Non mi importava quanto potesse essere una scelta egoista.

Mai come allora non mi importava.

‘’Ria, per favore non comportarti come una bambina’’ mi richiamò mia madre.

‘’SONO UN BAMBINA ,MAMMA’’ urlai, in preda ad un pianto disperato e silenzioso. ‘’Sono stata matura fin troppe volte. Ora sono stanca’’.

Nessuno di loro due disse nulla. Forse perchè entrambi sapevano che avevo maledettamente ragione. Sapevano benissimo che le chemio mi avrebbero allungato la vita di pochi mesi. Eppure si comportavano come se avesse potuto salvarmi.

Nessuno poteva salvarmi la vita.

Nessuno.

In tutto il viaggio per ritornare a casa ,io e mia madre non parlammo. Lei mi guardava di sottecchi ,ogni tanto, ma poi ritornava a fissare la strada.

Quella sera, per la prima volta, mi resi conto della realtà. Forse, fino ad allora non mi ci ero mai avvicinata più di tanto, più per paura che per altro. Mi resi conto che mi restava davvero poco da vivere se mia madre e il mio medico curante mi avevano proposto le chemio, sapendo che avrebbero avuto scarsi effetti. Forse stavo
davvero più male di quanto pensassi. Più male di quanto mi sentissi. Così , verso le nove, mi gettai a peso morto sul divano a fissare la tv spenta. Per pensare. Ero stata fin troppo positiva. Non avevo capito niente, non me ne ero neanche resa conto. Stavo seriamente morendo.

Morendo.

Eppure ,quando me ne resi conto il mio primo pensiero non fui io. Furono le persone che mi volevano bene, quelle che avrebbero pianto quando me ne sarei andata. Quelle che avrebbero sofferto per  me. Quelle a cui sarei mancata almeno un pochino.

Comparirono dinanzi ai miei occhi il volto dei miei genitori, di Mia ,di Leila, di tutti i miei zii, dei miei nonni. E ,stranamente, comparve anche il volto di Niall.

Forse, anzi sicuramente, non gli sarei mancata più di tanto. Certo, ci sarebbe rimasto male quando avrebbe ricevuto la notizia, ma poi gli sarebbe passata.

Fu quella sera che presi la mia decisione da persona matura: avrei troncato ogni rapporto con tutte le persone che non appartenevano al mio nucleo familiare. Si, anche con Leila e Mia. Faceva un male cane ammetterlo, ma sarebbe stato meglio per loro. Stando con me si sarebbero affezionati ancora di più, e la loro sofferenza –dopo la mia morte- sarebbe aumentata.

Di certo quella non era una scelta egoistica. Fin tropo altruista ,anzi.

Sentivo la doccia aperta, segno che mia madre aveva iniziato la sua solita serata di ‘’relax’’. Sentivo puzza di fumo, segno che nel suo studio, mio padre stava fumando.

Sentivo il ticchettio insistente delle lancette dell’orologio in cucina, sentivo i passi del mio gatto- Charlie- sul pavimento. Lo sentivo fare le fusa. Chissà se fossi mancata anche a lui.

Sentivo perfino gli uccelli cantare fuori la finestra del salone.

Impressi tutto nella mia mente. Non dovevo scordare nulla, non dovevo più dare nulla per scontato, neanche il mio respiro.

Così mi persi a sentirlo, come fosse musica.

Almeno fino a quando qualcuno non bussò alla porta. ‘’Ria ,vai tu’’ urlò mio padre. ‘’Sarà il lattaio’’.

Non avrei più scordato neanche il suono del campanello, e il sapore del latte.

Mi alzai di scatto, cercando di ignorare l’imminente giramento di testa, e aprii la porta. No. Non era il lattaio.

Sorrise.

‘Sono venuto a vedere come stavi. Non hai risposto alle mie chiamate’’ disse Niall.

Avrei tanto voluto dirgli che avevo il telefono in borsa con la vibrazione, o che non l’avevo sentito perché avevo la musica a tutto volume, o che era scarico. Ma non avevo risposto alle sue chiamate appositamente. Dovevo allontanare anche lui, prima che fosse troppo tardi e che rimanesse impigliato nella mia ragnatela.

Quale aguzzino salva la sua preda?

‘’Tutto bene?’’ domandò, vedendo che non lo rispondevo e non sorridevo, come mio solito.

‘’Niall…’’optai per dire tutto d’un fiato. ‘’Devi stare lontano da me’’.

‘’Cosa?’’ leggevo confusione nei suoi occhi.

‘’Stai lontano da me’’ risposi, e se non fosse stato per i miei occhi lucidi sarei davvero risultata credibile.

‘’Ma cos’hai?’’ chiese, sconvolto ‘’Ria qualsiasi cosa sia successa, mi dispiace. Se ho fatto qualcosa di sbagliato dimmelo, io non volevo e…’’.

‘’Niall’’ lo interrupi, alzando una mano. ‘’Ti brucerai soltanto, a stare con me. Dammi retta, se mi vuoi almeno un po’ di bene, LASCIAMI IN PACE’’.

Chiusi la porta alle mie spalle con un tonfo, poi mi accascia a terra ed iniziai a piangere, silenziosamente e sommessamente.

‘’Chi era?’’ urlò mio padre, dall’altro lato della casa.

‘’Il lattaio’’ risposi.

 
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LET ME CRY.


SONO TROPPO SCOSSA PER DIRE QUALCOSA DI COERENTE, QUINDI LA FACCIO BREVE. DA QUANDO SCRIVO ,NON HO MAI INCONTRATO DIFFICOLTA’ COME
IN QUESTO CAPITOLO, CHE E’ PURE UNA MERDA.
E VI HO FATTO ASPETTARE UNA MAREA DI TEMPO.

SORRATEMI.

E’ ORRILE E SENZA SENSO MA..NON HO SAPUTO FARE DI MEGLIO, DOPO DUE ORE PASSATE A FISSARE COME UN’EBETE LA PAGINA BIANCA DI WORD.

QUINDI DITEMI CHE NE PENSATE ,E SIATE BUONE *FACCIA SCONFITTA*

AH, E AGGIUNTEMI SU FACEBOOK, PERCHE’ METTO TANTI SPOILER E SONO SEMPRE DISPONIBILE <3

BACI, VI AMO

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Capitolo 7
*** chapter 7. ***


love

 

I wanna take you somewhere so you know I care
But it's so cold and I don't know where
I brought you daffodils in a pretty string
But they won't flower like they did last spring
-another love; tom odell

 
Capitolo 7
 
MIA’S POV

‘’Vuoi scherzare?’’ mi urlò in faccia Leila , quel giorno. ‘’Tutte e due uscite con un membro dei one direction, e io sono qui’’ esclamò,
imbronciandosi. Sembrava proprio una bambina a volte, considerando che non gli erano mai neanche piaciuti.

‘’Leila, non sono uscita con Louis, l’ho solo incontrato allo starbucks, perché ci lavoro ,lì’’ mi giustificai. ‘’E non mi pare neanche che
Ria sia mai uscita con l’irlandese biondo che fa impazzire il mondo’’ dissi, e a  quell’affermazione non potè far altro che ridere.

‘’A  proposito di Miriam…’’ iniziò ‘’dov’è?’’.

‘’Non rispondeva alle mie chiamate, così stamattina sono passata da lei e il padre mi ha detto che non stava bene e quindi non veniva  ,oggi’’ risposi, rendendo fin troppo chiara la mia preoccupazione. Miriam non era la tipa che se ne stava  a casa quando non si sentiva  bene, considerando che capitava molto spesso. Di solito si cuciva un sorriso sulle labbra e affrontava la giornata al meglio. Non  importava quanto quel sorriso fosse finto, lei lo valorizzava al massimo, rendendolo il sorriso più bello in tutta la storia dei sorrisi più belli. Lei era bella. Non importava quanto stesse male, non importava quanto il suo viso fosse afflitto e traviato, riusciva sempre ad  essere meravigliosa. Non si truccava mai, non tingeva i capelli –anche perché il suo rosso era bellissimo- non indossava abiti attillati e  trasparenti. Ria Marianne Martin era di sicuro la persona più splendidamente meravigliosa che avessi mai conosciuto. E non solo fuori. Dentro era anche meglio.

Mi faceva male vederla stare male, avrei fatto di tutto per farla guarire.

‘’Strano’’ si limitò a dire Leila. ‘’Comunque mi ha detto che sabato mi presenta Niall, tu mi presenti Louis non è vero?’’.

In quel momento avrei voluto renderle la guancia rossa con uno schiaffo, ma mi trattenni per non dare spettacolo a scuola. Possibile  che non fosse preoccupata per una delle sue migliori amiche? Pensava sempre e solo a se stessa. Le carte, in fondo, non sbagliavano quando l’avevano definita egocentrica.

‘’Leila ,ti sembra il momento?’’ sputai, facendo trapelare tutta la mia indignazione.

Lei sembrò un po’ scossa all’inizio, ma poi si ricompose. ‘’Non mi pare di aver detto nulla di così sbagliato’’.

‘’A no?’’.

‘’Assolutamente. Se sei nervosa per cazzi tuoi, non prendertela con me. Ria sta sempre male, non possiamo preoccuparci e deprimerci ogni volta. Abbiamo solo sedici anni’’.

Sospirai, l’aveva sparata grossa, quella volta.

‘’ANCHE LEI HA SEDICI ANNI’’ringhiai.

‘’Credi che non lo sappia? Credi di essere l’unica a stare male per lei? Bhè, non lo sei! Anche io soffro, Mia. Solo perché ,con la tua faccia angelica, sei la sua migliore amica questo non significa che non mi importi! Ma per quale insensibile mi hai presa?’’ stava urlando, e io la guardavo con le mani incrociate al petto e abbastanza pensierosa. ‘’Io voglio bene a Ria, neanche io voglio che muoia. MA NON POSSIAMO FARE NULLA PER LEI! NEANCHE I MEDICI POSSONO SALVARLA!’’.

Fu allora che le diedi un sonoro schiaffo in faccia, e lei voltò il viso verso destra, anche se non l’avevo colpita tanto forte. Avevo le lacrime agli occhi ,e anche lei.

I suoi capelli biondi mi sembravano più scuri del solito,così come i suoi occhi mi sembravano appannati da un velo di tristezza.

‘’Non lo dire mai più, Leila’’ singhiozzai, pentendomi subito del mio gesto dettato dalla rabbia e dalla frustrazione. Rabbia perché il carattere di Leila non mi piaceva e non mi era mai piaciuto, e frustrazione perché sapevo fin troppo bene che quello che aveva detto era
la verità. Ogni parola che aveva pronunciato era vera, sfortunatamente. Anche se Ria non ne parlava spesso, anche se cambiava subito discorso quando le chiedevamo come fosse andata una visita, sapevo che non stava andando nulla per il verso giusto.

‘’Mi dispiace’’ sussurrai, poi, vedendo che non parlava più.

Limitandosi a perforarmi con le sue iridi chiare, sussurrò ‘’Possibile che non lo capisci, Mia? Possibile che non ti rendi conto che si sta allontanando? E’ da tre giorni che non risponde né alle nostre chiamate ,né ai nostri messaggi. Non si fa sentire, su facebook visualizza il messaggio e non risponde. Ci sta evitando, cazzo! Sei così ottusa da non capirlo?’’.

‘ALLORA ILLUMINAMI. PERCHE’?’’ urlai, esasperata. Ormai ci guardava tutta la mensa, ma non poteva importarmene di meno.

‘’Perchè non vuole che soffriamo quando morirà! Quella cretina crede che così ci scorderemo di lei, e non sentiremo la sua mancanza. E’ tipico dei malati terminali! Possibile che tu non abbia mai visto un film ,o letto un libro?’’.

‘’Sei tu che vedi troppi film e leggi troppi libri, Leila. Lascia stare’’.

Detto ciò, mi girai e me ne andai in classe, evitandola per il resto della giornata. Leila ,ovviamente, non cercò di parlarmi o di chiarire,
perché era maledettamente cocciuta. Lo era sempre stata. Ma stavolta non avrei ceduto.
Quello che aveva detto su Ria non era vero. Credevo in Miriam, non ci avrebbe mai lasciato per la sua malattia. Quando  scoprì che era malata, ci giurò che nulla avrebbe potuto cambiare la nostra amicizia. Neanche la leucemia e neanche la morte.

Io ci credevo ancora, in quella promessa. Credevo a Ria, perché mi aveva giurato –più volte- che sarebbe rimasta il più a lungo possibile. Se davvero le rimaneva un anno, non l’avrebbe mai trascorso da sola. Non era da lei.


Non era vero nulla di quello che Leila Jillian aveva detto. Era solo arrabbiata perché nessuno degli one direction se la filava.

Sicuramente.
 

°°°

 

RIA’S POV

 

Evitare le mie migliori amiche ,e non rispondere alle loro chiamate e ai loro messaggi si stava rivelando più difficile del previsto, anche perché morivo dalla voglia di sentire la loro voce.

Era da quattro giorni che non mi facevo sentire. Sembravo…morta. Forse si sarebbero abituate prima.

Ma dovevo tenere duro.

Avevo parlato del mio ‘’piano’’ ai miei genitori. Avevano pianto entrambi, mi avevano stritolata e avevano ripetuto mille volte che erano fieri di me. Mi avrebbero aiutato a star lontana da loro.

‘‘A meno che tu non cambi idea’’ mi aveva detto mia madre.

No.

Non avrei mai cambiato idea.


Star lontano da Niall, invece, si stava rivelando semplice. Per quanto odiassi ammetterlo. Sapevo, o meglio avevo saputo, che nonostante lui e i ragazzi stessero in vacanza, avevano avuto un imprevisto abbastanza urgente. Delle interviste in Italia e in Francia.


Nonostante tutto quello che era successo ,o NON successo con Horan, rimanevo sempre una directioner, perché era una promessa. Perciò ,in quanto tale, non potevo non vedere le foto in tempo reale, che li mostrava tutti e cinque sorridenti in tutta la loro bellezza. E non potevo non seguire l’intervista, che mi fece un male cane soprattutto quando il giornalista chiese ‘’Nuove ragazze in vista?’’.

Non volevo sbagliarmi, ma il mio istinto da ‘’fan’’ mi portò a notare che l’espressione di Louis si rabbuiò.. Chissà cos’era successo.

Comunque rispose ‘’Sempre con Eleanor’’ con un sorriso, mentre Harry gli dava una pacca sulla spalla.

‘’Danielle tutta la vita’’ aveva esclamato Liam, sorridendo.

Harry aveva semplicemente detto che non si sentiva pronto per una relazione seria, Zayn –invece- che da un paio di mesi aveva lasciato Perrie ,perché entrambi troppo impegnati con il lavoro, disse che non aveva tanto tempo.

Aveva sorriso malizioso, e Liam l’aveva guardato di sottecchi. Cosa stava nascondendo il pakistano? Che fosse ritornato con Edwards?

Il conduttore non se ne accorse, e passò a Niall. ‘’Sono troppo impegnato con il lavoro per pensare alle ragazze’’ aveva risposto, abbozzando un sorriso. Solo Harry lo guardò interrogativo, non capii perché.

Non capii neanche perché mi sentii così male. Dopotutto, non mi aspettavo certo che Niall urlasse all’intervista che gli piacevo. Non me lo aspettavo minimamente. Ma la mente umana, o almeno la mia mente, era troppo complicata perché potessi capirla.

Nell’ultimo periodo ,poi, mi sentivo particolarmente da schifo. Il momento che avevo tanto aspettato, era finalmente arrivato. Stavo male! E allora perché diavolo stavo male,anche perché stavo male? Vabbè, sembravo anche una malata mentale, ora.

Sentivo che mi mancava qualcosa, e avrei preferito ammazzarmi piuttosto che ammetterlo. Perché sapevo che ,prima o poi, mi sarei arresa e sarei ritornata da tutti i miei amici. E sapevo che quando Niall fosse tornato, sarei andata da lui per chiedergli scusa, se avessi
ceduto a quelle sensazioni.

Mia e Leila mi mancavano troppo. Così si fece spazio nella mia mente una domanda: volevo davvero trascorrere l’ultimo anno che mi restava da sola?

 ‘’Tesoro, posso entrare?’’ domandò, mia madre

‘’Tanto sei già dentro’’ sorrisi.

Lei ricambiò, mi si avvicinò e si accomodò sul letto, di fianco a me. ‘’Miriam ,devo parlarti’’.

Quando mi chiamava ‘Miriam’ c’era da preoccuparsi, da come si capiva anche dal suo volto e dal suo tono di voce. Così mi sistemai meglio, e aprii le orecchie ,nonostante volessi stare da sola nel mio religioso silenzio.

‘’Delle chemio…’’.

Sospirai, lo sapevo. ‘’Mamma, dobbiamo parlarne proprio ora? Sono stanca’’.

‘’Si,tesoro, ora. Sono importanti. Tu hai tutte le ragioni del mondo a dire che non vuoi farle, ma due mesi in più sono pur sempre sessantuno giorni. Ti prego ,pensaci’’.

Mi stava implorando come non aveva mai fatto. Davvero era così importante per lei? Sospirai di nuovo.

‘’Tu pensa a come vivrei in quei sessantuno giorni’’ risposi. Bastò quella risposta a far si che i suoi occhi azzurri, quelli che amavo così tanto, diventassero lucidi e umidi.

‘’Ria, forse per te non fanno differenza. Forse davvero non ti cambiano nulla, non contano nulla. Ma pensa a me, a tuo padre. Pensa ai tuoi nonni dell’Arizona. Pensa a noi. Per noi potrebbero contare più di quanto pensi. Ti prego, continua a lottare’’.

Quelle non erano parole, erano pugnali di ghiaccio che penetrarono il mio piccolo cuore con una potenza assurda e inaudita. Io non stavo più lottando. Mi ero arresa, semplicemente perché non volevo più lottare. Ero sfinita, e avevo già perso in partenza. All’inizio sembravo una guerriera e forse lo ero. Nei primi mesi della mia malattia mi ero comportata sempre da tale, perché avevo qualcosa – o meglio qualcuno- per cui lottare. I miei amati genitori, i miei amati nonni, le mie amate migliori amiche ,che mi spronavano…

Ma ero stanca di lottare per loro, sapendo che li avrei persi lo stesso uno per uno. Avrei solo prolungato la mia agonia. Non stavo più lottando semplicemente perché non avevo più nulla che mi inducesse a farlo. Non avevo più nessuno per cui lottare.

Ero sempre stata attaccata alla vita. Eppure, mai come allora, volevo morire. Ero infinitamente stufa, sfinita, stanca, orribile, provata, afflitta ,triste, distrutta. Che senso aveva? Che senso aveva vivere morendo?

‘’Mamma’’ sussurrai ‘’ho smesso di lottare’’.

‘’Perchè?’’ domandò, oramai in lacrime. In un gesto improvviso, mi strinse la mano fortissimo, come a volermi convincere. Non c’era nessuno che avrebbe potuto convincermi.

‘’Perchè non ho nessuno per cui farlo. Non me la sento più’’.

‘’E io e tuo padre?’’ singhiozzò ‘’Ti prego, Ria, se non vuoi lottare per te, lotta per noi’’.

‘’L’ho già fatto. Non voglio più’’.

Era incredibile come ,dalle mie guance ,non scorresse più neanche una lacrima. Ormai ci avevo fatto l’abitudine.

‘’E’ per questo che non vuoi fare le chemioterapie? Eh?’’.

Di scatto separai le nostre mani. ‘’MAMMA LASCIAMI DA SOLA, TI PREGO!’’.

Non mi diede il tempo di continuare a parlare, perchè mi strinse convulsamente a se. ‘’Ti scongiuro,amore mio’’ sussurrò ‘’Ti prego, trova qualcuno per cui lottare, allora’’.

Così ,sulla sua spalla, piansi anche io.

 

°°°

 

NIALL’S POV

 

Per me, non era mai stato tanto complicato fingere un dannato sorriso.

In quelle quattro interviste che rilasciammo in quei giorni, fra Francia e Italia, non avevo mai smesso di pensare a lei. Neanche per un fottuto secondo.

E quando quei presentatori facevano quelle domande ridicole ‘’sull’amore’’, dovevo trattenermi dall’urlare ‘’mi sono innamorato di lei, okay? Credo di essermi innamorato, e lei mi vuole fuori dalla sua vita per qualche strano motivo’’.

Così mi ero scritto una frase , del tipo che non avevo tempo per l’amore, che rifilavo ai giornalisti ogni volta. Quelle due maledette settimane passarono con una lentezza esasperante, costringendomi ad andare a dormire alle otto di sera, per far passare prima la serata.

In quattordici giorni ero andato si e no a due o tre feste, giusto per non destare sospetti. Ma ormai Harry, che era il mio migliore amico, aveva capito che qualcosa non andava, e una sera- mentre Lou ,Liam e Zayn erano usciti- me lo domandò.

Eravamo ritornati a Londra da poco più di dieci ore, ed ora speravamo di goderci in pace la nostra vacanza.

‘’Niente’’risposi vago.

‘’Certo, e io sono orribile!’’ esclamò.

‘’L’ultima volta che l’ho vista mi ha sbattuto la porta in faccia, dicendomi che se le volevo bene dovevo lasciarla in pace’’ mimai le virgolette con le dita.

‘’Ma chi? Miriam?’’.

‘’No tu!’’ esclamai.

‘’Io non ti avrei mai e poi mai sbattuto la porta in faccia’’.

‘’Coglione’’.

Ma sapevo che ad Harry potevo raccontare tutto, e sapevo anche che presto l’avrei fatto. Mi sfogai come non avevo mai fatto con nessuno, poco tempo dopo. Gli raccontai tutto, dalla prima all’ultima parola che lei mi aveva detto, e che io gli avevo detto. Gliela descrissi dettagliatamente, visto che non la ricordava bene, e gli dissi che era la ragazza più magicamente incredibile che avessi mai visto.

Cercai di non pensare ad un suo commento, che mi lasciò perplesso: ''ne parli come se fosse la cosa più incredibile e bella del mondo''.

‘’Davvero, allora, non riesci a capire perché ti ha sbattuto fuori casa sua?’’ domandò, con un sorriso sornione sul volto, non appena finii di parlare.

‘’E’ per questo che sto parlando con lei, dottor Styles’’ ironizzai.

Lui rise, poi –guardandomi a lungo- si fece serio ,e finalmente parlò ‘’Non vuole che tu ti affezioni a lei, perché…ha paura di come potresti reagire quando…si,insomma quando…se ne andrà’’ sussurrò quasi. ‘’Sei un emerito coglione, come fai ad essere così ingenuo e  a non capire mai una ragazza?’’.

Fu allora che tutto mi fu più chiaro. Il suo disagio, le sue lacrime, la sua mano sul pomello della porta che tremava. Nei suoi occhi, solo allora, lessi una richiesta d’aiuto. Sperava che facessi qualcosa, che la convincessi  a restare. Invece me ne ero andato, e mi facevo pena da solo.

‘’Io..esco’’ balbettai, prendendo di soppiatto il mio cappotto.

‘’ Ma come? Non mi chiedi cosa devi fare ora?’’.

‘’So già quello che devo fare. Grazie Hazza’’.

 

°°°

 

Bussai alla porta di casa Martin con quanta più forza ed energia avessi, nonostante fossi stanco morto per il viaggio.

Sperai che fosse lei ad aprirmi. Pregai per questo, non volevo dare spiegazioni ai suoi genitori.

Qualcuno lassù, evidentemente, esaudì le mie richieste. Non appena la porta di legno di aprì, mi ritrovai di fronte Ria. Era ancora più bella di come la ricordassi, nonostante avesse le occhiaie e fosse dimagrita.

I capelli rossi le ricadevano morbidamente sulle spalle esili, indossava dei jeans rosa e una canotta bianca. Non era neanche truccata, eppure era così dannatamente perfetta da mettermi in soggezione.

I miei occhi azzurri incatenarono subito i suoi, e rimanemmo in silenzio per una marea di tempo. Almeno finchè non mi decisi a parlare.

Dovevo dirglielo.

‘’Ria’’.

‘Niall’’ dicemmo nello stesso momento.

‘’No’’ la interruppi ‘’ti prego, fammi parlare. Sono stato uno stronzo, non dovevo lasciarti sola quella sera, dovevo chiederti spiegazioni, chiederti almeno il perché della tua decisione. Ma me ne sono andato, e mi dispiace. Io ,credo, di averlo capito il motivo per cui vuoi che mi allontani da te’’ sussurrai.

Lei mi guardò con il fiato sospeso, in attesa che continuassi. ‘’Ascoltami, Ria. So benissimo che ci conosciamo da poco tempo, okay? So bene che tu sei…diversa. Ma non mi importa di nulla. Non mi importa perché tu mi piaci così come sei, mi hai colpito sin dalla prima volta che ti ho vista, in discoteca’’ ripresi fiato, e sospirai. ‘’Non so che hai intenzione di fare, ma non allontanarmi. Ti prego. Permettimi di entrare a far parte della tua vita, non chiedo altro. Ti giuro che non farò rumore’’.

‘’E se fossi io a fare rumore?’’ chiese lei, con gli occhi ancora fissi nei miei.

‘’Mi piaceresti nello stesso, identico modo’’ risposi. Così le presi la mano e gliela strinsi forte. ‘’Non lo so cosa succederà, Miriam. Non riesco neanche ad immaginarlo. Il futuro è un mistero, non trovi?’’.

Lei annuì impercettibilmente, e subito dopo ricambiò la mia stretta.

‘’Però riesco ad immaginare le persone con cui lo vivrò. Vuoi essere una di quelle?’’.

Notai che i suoi occhi erano lucidi, e prima di rispondermi arrivai a contare fino a duemila. Poi la vidi sorridere, e lo presi come un si. Era da tanto tempo che non vedevo quel sorriso. Quelle due settimane lontane da Londra mi avevano fatto capire l’importanza che aveva già acquistato Ria nella mia vita.

‘’Non sei più sola. Non lo sarai mai più, te lo prometto’’.

Lei sorrise ancora. ‘’E’ strano’’ confessò. Mi resi conto solo allora che –in tutto quel tempo- non aveva detto una parola. Anche la sua voce vellutata mi era mancata.

‘’E’ strano che, proprio quando mi sono convinta a troncare tutti i rapporti che non riguardassero la mia famiglia, appari tu e mi dici queste cose’’.

‘’Non ne sei contenta?’’.

‘’Sono al settimo cielo’’ confessò. ‘’Forse è un segno. Forse la mia decisione è sbagliata. Forse…’’.

‘’Ria’’ la interruppi ‘’Sappi che, comunque, le persone non si dimenticano tanto facilmente’’.

‘’Ora l’ho capito. Voglio passare il resto dei miei giorni con le persone a cui voglio bene, è questa la scelta più giusta’’ esclamò, sorridendo. ‘’Mi dispiace per come ti ho trattato, scusa’’ balbettò.

Portai la sua mano vicino le mie labbra, e la baciai delicatamente.

‘’Non fa niente. Promettimi solo che ,d’ora in poi, ti lascerai aiutare’’.

‘’Da chi?’’ ironizzò, scherzosa.

‘’Da tutti quelli che vorranno farlo’’.

Strinse la mia mano ancora più forte. ‘’Te lo prometto, Nialler’’.

Sorrisi di rimando, passandomi la mano libera fra i capelli. ‘’Mi piace il suono del mio nome sulle tue labbra’’.

‘’Davvero?’’ chiese.

‘’Certo. E’…perfetto’’.

‘’Si ,lo so. Sono io che sono perfetta’’ scherzò, ancheggiando e muovendo una ciocca di capelli attorno al dito. Non potei far altro che ridere. Non me la immaginavo per nulla versione ‘stronzetta’.

‘’Sei perfetta davvero’’ sussurrai, seriamente. In realtà l’avevo solo pensato, non avevo intenzione di dirlo. Ma, a quanto pareva, nemmeno la mia bocca rispondeva più ai miei comandi.

‘’Come?’’.

Tanto lo sapevo che aveva capito. Era troppo vicina per non averlo fatto.

‘’Sei perfetta sul serio’’.

Mi mancavano perfino i suoi abbracci, forse quelli più di tutto. Quello fu l’abbraccio più bello fra tutti quelli che ci eravamo scambiati. ‘’Grazie’’ sussurrò al mio orecchio.

‘’Per che cosa?’’.

‘’Per avermi fatto capire che ,forse,ho ancora qualcuno per cui lottare’’.

 

 
CIAO<3

INNANZITUTTO VOLEVO SCUSARMI CON VOI PER IL RITARDO, MA NON AVEVO INSIRAZIONE E QUINDI HO PREFERITO NON SCRIVERE.

HO NOTATO CHE IL CAPITOLO PRECEDENTE E’ PARTICOLARMENTE ORRENDO! DICO SUL SERIO, LO ODIO. PENSO CHE QUANDO AVRO’ TEMPO E VOGLIA LO MODIFICHERO’.

DETTO QUESTO, COME AVETE POTUTO NOTARE RIA HA CAMBIATO IDEA , E NIALL LE HA FATTO CAPIRE CHE PROVA QUALCOSA PER LEI *STAPPA LA BOTTIGLIA*. IN VERITA’, IL FATTO DELL’ALLONTANAMENTO DI RIA NON E’ STATO MESSO LI’ A CASO, VOLEVO FARVI CAPIRE MEGLIO COME SI SENTISSE. SPERO DI ESSERCI RIUSCITA, ANCHE SE NON MOLTE DI VOI HANNO APPREZZATO HAHAHAHAH

IN QUESTO CHAPTER SI COMPRENDE CHE ,IN REALTA’, NEANCHE LEI E’ CONVINTA DI QUELLA DECISIONE, INFATTI BASTA UN DISCORSO DI NIALL E CAMBIA IDEA.

COSA NE PENSATE? DI NIALL? DI RIA? E DELLE AMICHE? NON TUTTE AVEVANO CAPITO CHE LA ‘’MIA’’ CHE INCONTRA LOU ALLO STARBUGS E’ L’AMICA DI RIA, LA ‘’CARTOMANTE’’ HAHAHAHAH

FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE. STO CERCANDO DI MIGLIORARE IL PIU’ POSSIBILE E STO RICONTROLLANDO TUTTI I CAPITOLI PER CORREGGERE EVENTUALI ERRORI DI DISTRAZIONE DNFHCFN <3

BACI

H.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** chapter 8. ***


love

 

TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

 

 

…ti voglio tanto bene e ti raggiungerò
con tutta la mia voce ,ascoltami
io canterò per te
mi sentirai nell’aria
entrare nei tuoi occhi sola nell’anima…
-gianna nannini; ti voglio tanto bene

 

Capitolo 8

 

Il cielo era grigio e tetro, e le nuvole minacciavano di scatenare presto un temporale.  La casa del mio vicino, giallo canarino, era resa più scura dalla luce flebile del sole.

Mia madre stava cucinando un arrosto che ,dall’odore, sembrava ottimo. E anche dalle esclamazioni di mio padre, che lo stuzzicava più spesso del dovuto.

Sentivo le loro voci delicate e vedevo la leggera luce della lampadina in cucina. Era giallognola, calda. Vedendo la cucina dall’esterno, come un’estranea, quella cucina mi dava un ‘idea di calore, di famiglia, di unità. Di felicità.

La risata dei miei genitori, che si comportavano ancora come se si fossero appena conosciuti, era il suono che preferivo.

Mentre ero persa nei miei pensieri, la testa di mia madre fece capolino sulla porta. ‘’Ria, tesoro, è pronto’’.

‘’Arrivo’’ le sorrisi.

Dopo l’ultima volta che ci eravamo parlate, non avevamo più discusso delle chemio. Credo che sia lei che il dottore si fossero, oramai, arresi.

A tavola il silenzio era tombale. L’unico suono udibile era il rumore provocato dalle forchette nei piatti di porcellana. O il rumore del cibo masticato.

‘’Ria, abbiamo una bella notizia’’ esclamò mio padre, stanco del silenzio. Mio padre lo odiava, lo sapevo bene.

‘’Cosa?’’ domandai, interessata.

Lui si pulì le labbra con un fazzoletto bianco, con una lentezza esasperante.  Poi lo poggiò sul tavolo, e iniziò finalmente a parlare.

‘’Tua sorella verrà a farci visita’’ sorrise.

Sentii che qualcosa nel mio cuore si era sbloccato. La mia gioia era incontenibile, tanto che risi come un’ebete alzandomi dalla sedia.

‘’Lydia? Dio, non ci credo!’’ urlai.

I miei sorrisi e la mia felicità furono ricambiati, evidentemente. Mia sorella era partita per l’università due mesi prima, e la sentivo raramente perché era impegnata.  Troppo. Ma sapevo che mi voleva bene, sapevo che non era colpa sua, sapevo che il nostro legame indissolubile non si sarebbe mai spezzato.

‘’Mi sembra incredibile! Non vedo l’ora!’’.

‘’Lunedi arriverà presto, tesoro. Arriverà presto’’.

 

°°°

 

‘’COSA?’’ domandai, esterrefatta.

Niall era lì ,sulla porta, davanti a me. Con un sorriso a trentadue denti, e con un borsone stracarico di dio sa che cosa.

‘’Che hai intenzione di fare, Ria? Vieni con me ,o no?’’ ironizzò.

Niall sapeva che ci sarei andata, era palese. Così sorrisi di rimando, ed esclamai ‘’E così Niall Horan è tipo da picnic?’’.

‘’Io amo i picnic, ma poche persone hanno l’onore di venirci con me’’.

‘’Uh, allora devo considerarmi fortunata. Come potrei rifiutare?’’.

Mi prese la mano velocemente, intrecciando le nostre dita. Ci sorridemmo ,non avevamo bisogno di parole. Lui poggiò la borsa sulle spalle, e mi guidò verso la sua Mercedes bianca, che era parcheggiata giusto di fronte la mia villa.

‘’Ti tratti bene, Horan’’ soggiunsi, riferendomi alla macchina. Non credevo che la macchina di un ragazzo potesse essere così profumata ed ordinata.

‘’Perché io valgo’’.

‘’Certo, certo’’ risposi accondiscendente. Eccome se valeva!

Il viaggio ,verso un posto a me sconosciuto, non durò molto e fu abbastanza piacevole. Non parlammo granchè, anche perché –fortunatamente- Niall non era come mio padre, quindi quel silenzio era ben accetto.

‘’Come mai stai sorridendo?’’ mi chiese, arricciando il naso.

‘’Ho tanti motivi per cui sorridere’’ risposi.

‘’Si ,lo so. Chiunque sorriderebbe se fosse in macchina con me’’.

‘’Non illuderti, Nialler’’ esclamai, dandogli una leggera pacca sul braccio pallido. ‘’Non sto sorridendo per te. Non solo’’.

‘’E per che altro?’’ quella era una domanda seria. Ci teneva davvero a saperlo, o almeno sperai che fosse così. Ed ero così felice del fatto che Lydia sarebbe ritornata a casa, che dovevo assolutamente dirlo a qualcuno.

‘’Mia sorella torna dall’università’’ sorrisi.

Lui ricambiò il sorriso, continuando a guardare la strada. ‘’Sono contento per te’’ esclamò ‘’Per quanto tempo resterà?’’.

‘’Una settimana, forse dieci giorni. Sono due mesi che non la vedo, sono al settimo cielo!’’ saltellai sul sediolino dell’auto, come una bambina. Mi cadde una ciocca di capelli rossi sul viso, e li scostai velocemente.

‘’Anche io non vedo mio fratello da un bel po’ di tempo’’ disse. Ma non era un’esclamazione triste o risentita, era…normale.

‘’Semmai è lui che non ti vede da un bel po’ di tempo’’ ironizzai.

Lui staccò una mano dal volante, e prese la mia, stringendola forte. Rimanemmo così, in silenzio, fin quando non arrivammo in uno spiazzato enorme. Verde dappertutto.

‘’Non avevo mai visto questo posto’’ esclamai.

Lui scese dalla macchina e venne ad aprirmi lo sportello. Scesi con lentezza, e incatenai le nostre mani. Lui mi sorrise ancora, e poi disse ‘’Lo conoscono pochissime persone.  Vorrei stare tranquillo oggi, senza rompermi la mano per firmare autografi’’.

‘’Capisco’’.

Non disse più nulla, e –sempre mano nella mano- lo seguii verso un cancello d’acciaio, che era socchiuso. Con l’altra mano, Niall lo aprì e ci incamminammo su un sentiero fatto di ghiaia e contornato da alberi. Abeti, pini e cipressi dappertutto.  Camminammo per circa due minuti ,prima di ritrovarci in un altro spiazzato enorme. Che, però, era molto più bello di quello precedente. Era un prato immenso, ricco di fiori di ogni tipo e colore. Farfalle svolazzavano in ogni dove, e sentivo il cinguettare degli uccelli.

Niall tirò fuori dallo zaino una coperta gigantesca, e –con il mio aiuto- la stese a terra. Ci sedemmo sopra, e io –spontaneamente- mi sdraiai, guardando il cielo.

Il profumo di viole mi entrò nelle narici.

‘’Niall è…bellissimo’’ sussurrai.

‘’Lo so. Quando sono triste o stanco vengo qui, e mi rilasso’’ disse, stendendosi accanto a me, e portandosi le braccia sotto la testa. Le mie le tenevo in grembo, torturandole, anche se non ero nervosa.

Rimanemmo senza parlare per un bel po’ di tempo. Amavo quando, tra di noi, calava il silenzio. Il sole era alto nel cielo, in tutto il suo splendore ,e in tutta la sua luminescenza. Sbattei le palpebre più volte per abituarmi alla sua forte luce.

 "Quando mia madre si accorgerà che sono scappata di casa mi ammazzerà di certo" ironizzai.

 "Sono sicura che non farà una piega" esclamò Niall, fissando il cielo cobalto.

 Era la prima volta che facevo un picnic. E stare con lui lo rendeva ancora più elettrizzante.

 "Ria, posso farti una domanda? ".

 "Tutto quello che vuoi" sorrisi.

 "Chi era il tuo preferito della band? Chi preferivi, prima di incontrarci?".

 "Harry" soffiai. "Ma vi amavo tutti, , comunque".

 "Te lo farò conoscere, Harry" sussurrò.

 "Però ho sempre amato i tuoi occhi e il tuo sorriso. Non pensavo che sarei riuscita ad ammirarli da vicino" balbettai.

 Lui mi si avvicinò vertiginosamente. "Dici sul serio?"

 Annuii.

 "E le mie labbra? Le mai hai amate?".

Solo un velo d’aria ci separava, e il mio cuore batteva all’impazzata, come se volesse uscire fuori dal petto. Cominciarono a frizzarmi le mani, cosa che accadeva solo quando ero nervosa. E ,per giunta, non sapevo che dire o che cosa fare. E non avevo mai baciato nessuno.

‘’Ehm…’’ balbettai, ma Niall non mi diede il tempo di finire la frase, perché ritornò a stendersi. A debita distanza da me.

Non sapevo se essere sollevata o offesa, ma almeno stava sorridendo.

‘’Qual è il tuo colore preferito?’’ mi domandò, di soppiatto.

‘’Cosa?’’.

‘’Il tuo colore preferito’’ sussurrò.

‘’Ehm… rosso, credo. Non ci ho mai pensato. Il tuo?’’. Per quanto quella conversazione potesse sembrami ridicola –all’inizio- capii che aveva un senso. Ci eravamo visti molte volte, ma non sapevamo quasi nulla l’uno dell’altra.

‘’Rosso’’ sorrise.

‘’Dici davvero?’’.

‘’Certo. Ho sempre amato il rosso. Mi ricorda  qualcosa di… romantico’’ soffiò, prendendomi di nuovo la mano.

‘’Romantico? Perché?’’ domandai, ricambiando la sua stretta.

Sospirò. ‘’Non lo so, non me lo sono mai chiesto. Mi ha sempre dato quest’impressione’’.

‘’A me ricorda il sangue. E mi fa…senso’’.

‘’Allora non può essere il tuo colore preferito’’ ironizzò, con un sorriso sornione sulle labbra sottili.

‘’Infatti. Ora che ci penso, non credo che lo sia’’ soffiai ‘’Nessuno mi aveva mai chiesto quale fosse il mio colore preferito. Per questo non ho una risposta’’.

‘’Ci sono tante domande a cui non ci sono risposte’’.

‘’Hai ragione. Che genere di musica ascolti?’’ domandai, di soppiatto. Poteva sembrare una domanda stupida, fatta ad un cantante, ma era la classica domanda che si fa ad una persona quando la si vuole conoscere meglio.

‘’Che genere di musica?’’ ironizzò . ‘’Amo gli one direction. Sono un directioner-boy sai?’’.

‘’Sei così divertente’’ scherzai.

Lui rise. ‘’Comunque mi piace molto Justin Bieber, e i Coldplay. Direi che sono i miei idoli. Tu? A parte noi, intendo’’.

‘’Mhm…a parte voi, ascolto gli Imagine Dragons’’.

‘’Che ragazza da sposare!’’ esclamò.

 

°°°

 

Fortunatamente ero arrivata a casa prima del rientro dei miei genitori. Per un pelo. Mi cambiai, mettendomi il pigiama rosa, e legando i capelli.

Dopo tre secondi, sentii la serratura scattare.

‘’Ria scendi! C’è una sorpresa per te!’’ urlò mia madre.

Sapevo, per una volta, quale fosse la sorpresa. Scesi le scale come un fulmine, reggendomi sul passamani. Saltai le ultime due scale, e mi recai in salone.

Quando la vidi lì davanti a me, sorridente e con i capelli del mio stesso colore, le saltai praticamente addosso.

Lei per poco non cascò sul pavimento, ridendo come una matta. ‘’Ria!’’ urlò.

Quando ci staccammo, controvoglia, le chiesi come stesse. ‘’Sto benissimo’’ rispose ‘’E Yale è fatta apposta per me!’’.

Parlammo del più  e del meno per più di due ore. Mi era mancata così tanto mia sorella, che non ricordavo neanche più la sua voce.

‘’Ria, lasciala respirare!’’ scherzò mio padre. ‘’Lydia deve farsi una doccia’’.

°°°

 

Era mezzanotte passata e non riuscivo a dormire. Ad un certo punto, sentii la porta di camera mia aprirsi. Ero convinta che fosse mia madre, o mio padre perché Lydia era stanchissima per il viaggio, e stava sicuramente dormendo.

Ma quando vidi una figura paffuta dirigersi verso di me, capii che si trattava di lei.

‘’Lydia, non stavi dormendo?’’ domandai, mentre si sedeva accanto a me. Mi avevano sempre detto che io e mia sorella eravamo identiche, solo che io ero sempre stata più magra. Io non l’avevo mai vista- questa somiglianza- ma ora, nella penombra della mia camera mi ricordava maledettamente me.

‘’Non riesco a dormire. E poi, ho visto strane foto sul pc, oggi. Non devi dirmi nulla?’’ chiese, sospettosa ma con un sorriso sornione.

‘’Che foto?’’.

‘’Si può sapere che cosa ci facevi in un prato? Con Niall Horan?’’.

Fottuti paparazzi.

 

 riall

HOLA PEOPLE (?)

ALLORA, ECCO IL CAPITOLO.  

SU FACEBOOK AVEVO DETTO CHE L’AVREI MESSO IERI, MA ERO A MARE E NON HO POTUTO, SCUSATEMI . CHE NE PENSATE DI QUESTO?

HO INSERITO LYDIA, CHE E’ UN PERSONAGGIO CHE IO ADORO (?). PER CHI VOLESSE SAPERLO, LA IMMAGINO COME JASY DELLE LITTLE MIX FNJDHNFJNFEHGB  SEMBRA MESSA LI’ A CASO, MA AVRA’ UNA PARTE MOLTO IMPORTANTE NELLA STORIA <3

DITEMI COSA VE NE PARE, E SCUSATE PER EVENTUALI ERRORI.

VI LASCIO I MIEI CONTATTI, AGGIUNGETEMI SU FACEBOOK, ANCHE PERCHE’ INSERISCO DEGLI SPOILER, E SE VOLETE CHE VI TAGGHI POTETE SCRIVERMELO IL CHAT <3

SCUSATE SE NON MI TRATTENGO TROPPO, MA VADO DI FRETTA! GRAZIE ANCORA A TUTTE VOI. AH,E  RINGRAZIO UNA FAN DELLA STORIA CHE HA FATTO IL FOTOMOMTAGGIO SOPRA <3 THANKS-

UN BACIO AMORI (?)

H.

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Capitolo 9
*** chapter 9. ***


love

TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

i used to dream about the heroes of stories
as life became an endless night
when hope was gone you resurrected my spirit
brought me from darkness into light
i can sense a storm is coming, anchoring me to you
-Beth Crowley; skin and bones

Capitolo 9

‘’Di quali foto stai parlando?’’ esclamai, incredula. Niall non aveva forse detto che in quel luogo era al sicuro dai paparazzi? Me lo ero sognata? Ero apparsa online? Oddio, che figuraccia. Mentalmente sperai non avessero scattato la foto proprio quando Niall era steso sopra di me.

Conoscendo il fandom, sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale.

‘’Sorellina, non fare l’innocente. Niall era…spalmato su di te’’ scherzò. ‘’Guarda che a me puoi dirlo, tranquilla’’.

‘’Non ho nulla da dirti, Lydia. Siamo amici, e stavamo scherzando. Credevamo non ci fossero i fotografi’’ se risultai sicura con la voce, ero rossa come un peperone.

‘’E come diavolo hai fatto a diventare amica di Niall Horan?’’ chiese, sistemandosi meglio sul letto e legando i capelli rossi. Sospirai, perché sarebbero sicuramente partite milioni di domande. Conoscevo troppo bene mia sorella per credere- o anche solo sperare- che se ne andasse a letto.

°°°

10 COSE DA FARE PRIMA DI MORIRE

1- Fare un bagno a mezzanotte.

2- Cantare ‘’i’m yours’’ fra centinaia di persone.

3- ballare sotto la pioggia.

4- festeggiare il mio diciottesimo compleanno.

5- tingere i capelli di biondo.

6- scappare per un giorno intero in Arizona.

7- suonare una canzone con la chitarra.

8- incontrare Demi Lovato.

9- visitare New York-

10- dormire accanto a Niall Horan.

Posai la penna rossa sulla scrivania, dopo aver scritto il decimo punto: quello che mancava ancora. Poteva sembrare stupido, ma per me non lo era affatto. Nel giro di un mese l’avevo conosciuto veramente, senza congetture né computer di mezzo. E mi ero resa conto, anche se infondo l’avevo sempre saputo, che era una persona meravigliosa proprio come voleva far credere.

Non c’era nulla di falso o irritante in lui, e mi faceva sentire come se fossi a casa, finalmente. Niall era rimasto, nonostante mi conoscesse da poco e sapesse della mia malattia, come pochi avevano avuto il coraggio di fare. Mi aveva fatto capire, involontariamente, che sarebbe stato triste ed inutile abbandonare le persone che mi volevano bene, perché loro avrebbero continuato a volermene, nonostante tutto. Non c’era nulla, nel corso di quel periodo, che avrei cambiato. Neanche una singola virgola.

Non ero mai stata innamorata, avendo solo sedici anni e considerando il mondo un posto che mi avesse già tagliata fuori, non potevo sapere se quello fosse amore. Certo, avevo letto delle farfalle nello stomaco, delle mani che tremano, del cuore che batte, ma non avevo mai provato queste sensazioni. O almeno non tutte e tre insieme.

Ma Niall, mentre mi metteva in imbarazzo, mi portava fuori dal mondo o una cosa del genere. Come se esistessimo solo noi, come se il tempo e i problemi fossero nulla a confronto a quello che ,in quel momento, stavamo sentendo. Quando ero con lui mi sentivo bene, e non era mai capitato se non con i medicinali.

Sperai, nel profondo del mio cuore, che anche per lui fosse lo stesso. Non volevo illudermi, perché illudersi significava soffrire e non l’avrei sopportato. Potevo essere positiva e speranzosa, ma non ero forte e non lo sarei mai stata.

Non ero mai neanche stata audace. Mi ero sempre rintanata nella mia stanza a leggere, o a guardare un film strappalacrime. Avevo sempre aspettato e sperato che le persone venissero da me, e mi faceva piacere quando ciò accadeva. Ma come sarebbe stato se fossi stata IO ad andare dalle persone? Se avessi messo da parte la mia timidezza e la mia paura di disturbare? Dopotutto, a me faceva piacere quando venivano a trovarmi, avrebbe dovuto far piacere anche a loro.

Pochi giorni dopo, mentre ero in macchina con mia sorella, al ritorno da scuola, dissi ‘’Mi accompagneresti da una persona?’’.

Lei era sorpresa quanto me, dopo quella domanda. Era sempre stata lei l’espansiva, l’estroversa, quella con una sicurezza da invidiare. Ma sentivo il bisogno impellente di fare esattamente quello che stavo facendo.

‘’Ehm…suppongo di si’’ rispose, accigliata. ‘’Cosa dico a mamma e papà?’’.

‘’Papà è a lavoro, dì a mamma che sono rimasta con Leila. Le mando un messaggio e le dico di fingere che sono da lei’’ dissi di getto, mentre scrivevo già il messaggio. Decisi che avrei risposto quella sera a tutte le domande di Leila e di Lydia.

‘’E dove vuoi che ti accompagni?’’.

‘’Ti indico la strada’’ sussurrai, con un vago rossore sulle guancie.

°°°

Nel momento esatto in cui bussai alla porta di legno, che dava su di un giardino bellissimo e curato, mi pentii del mio gesto. E se fosse stato impegnato? Se avesse avuto voglia di stare da solo? Se stava facendo qualcosa? O meglio, se stava con qualcuno?

Ma non ebbi il tempo di torturarmi oltre, perché la porta si spalancò.

Per poco non svenni quando vidi chi fosse la persona che mi aveva aperto la porta. Portava una camicia bianca ,un po’ sbottonata d’avanti, e un jeans scuro a cavallo basso. I capelli erano ricci e scompigliati, ed incorniciavano un viso angelico con meravigliosi occhi verde bottiglia.

‘’H-harry Styles?’’ balbettai, sgranando gli occhi.

Lui sorrise. ‘’Così dicono’’ scherzò, poi mi guardò a fondo. ‘’Purtroppo io non posso dire di ricordarmi di te’’.

‘’Sono…un’amica di Niall’’ soffiai. In quell’instante mi chiesi se davvero Niall mi considerasse un’amica, e per poco non collassai del tutto. ‘’Ero…venuta a trovarlo. E’ in casa?’’.

Lui smise all’improvviso di sorridere, e di squadrarmi. Incatenò i suoi occhi ai miei, per così tanto tempo che dovetti distogliere lo sguardo. Oramai ero rossissima. Bhè, almeno il rossore delle guance si intonava con quello dei capelli.

‘’Niall è uscito con Liam qualche ora fa. Dovrebbe rientrare a momenti, se vuoi puoi aspettare dentro’’ rispose, atono. Avevo come l’impressione che ,non appena avesse capito chi ero, si fosse come gelato. Perfino i suoi occhi parevano meno verdi di prima.

Non sapevo chi ci fosse in casa, non volevo disturbare non volevo rimanere sola con Harry. Se in casa c’era solo lui, ovvio. Ma non sapevo come dirglielo senza fare la parte della stupida. E poi avrei dovuto richiamare mia sorella e dirgli di venirmi a prendere. Avrei comunque perso tempo e fatto una figuraccia.

Così balbettai ‘’Sicuro che non disturbo?’’.

Lui parve sciogliersi un pochino. ‘’Tranquilla’’ rispose, aprendomi la porta e facendomi entrare. La casa era enorme, con le pareti bianche ricche di quadri e ritratti astratti. Il salone era spazioso, e arredato in stile moderno. Al centro della stanza c’era un divano a forma di ‘L’ ,di pelle bianca lucida. Dinanzi ad esso c’era un tappeto rosso decorato con motivi africani, e pensai che l’avessero comprato proprio in Africa. La televisione ,che si trovava sulla parete destra, era gigantesca nel vero senso della parola. Sotto di essa giaceva un tavolo dalla forma di un ovale irregolare, bianco con disegni astratti neri e marroncino. La parete che dava sul giardino era di vetro lucidissimo, in modo che si vedesse tutta la strada sottostante.

Rimasi a bocca aperta. Se quello era SOLO un salone, non immaginavo il resto.

‘’Ti piace, eh?’’ domandò retorico Styles, avendo visto la mia faccia. Io non risposi, anche perché ero leggermente in soggezione. Così lui aggiunse ‘’L’ha progettato un famoso architetto di Boston, e l’ha arredato una famosa arredatrice di Parigi’’.

Harry era fiero della casa, glielo si leggeva negli occhi. E non pareva neanche più tanto turbato dalla mia presenza, se era stata quella ad inquietarlo.

‘’E’….prodigiosa’’ risposi, spiccicando una parola ,finalmente.

Lui sorrise sotto i baffi. ‘’Grazie. Se questa ti piace, dovresti vedere quella di New York’’.

Mi girai di scatto verso di lui, visto che ero di spalle, e i capelli mi sfiorarono le guance. Ora avevano un colore più normale. ‘’E’ grande come questa?’’.

‘’Molto di più. Ed è arredata in stile molto più country’’.

Sorrisi. ‘’Sempre opera della vostra arredatrice francese?’’ ironizzai. Dopotutto non era poi tanto tragica, la situazione. O almeno, non come avevo creduto che fosse.

Sorrise anche lui. ‘’No, era messicana quella lì’’.

‘’Bhè, vi ha almeno preparato un guacamole?’’ scherzai, portando le mani sui fianchi. Harry, che era molto distante da me, si avvicinò con tre passi decisi. Ora potevamo, perlomeno, parlare senza urlare per sentirci. Anche perché io non mi sarei mai avvicinata a lui di mia spontanea volontà.

‘’Niall glielo ha chiesto, ma era assolutamente incapace di cucinare. Non sapeva neanche cuocere un uovo’’ rise.

‘’Almeno quella francese lo sapeva fare?’’.

‘’Spero di si’’.

In fin dei conti, non era così male stare con Harry. Cominciai a credere che avessi visto fantasmi dove non ce ne erano. Forse non l’avevo disturbato.

Calò improvvisamente il silenzio, così –per spezzarlo- sussurrai ‘’Harry, scusami se ti ho disturbato. Avrei dovuto chiamare Niall ,prima di piombare qui. Solo che non ci ho pensato. Se hai da fare, posso andarmene e tornare un’altra volta’’.

‘’Non dirlo nemmeno’’ sorrise sornione ,lui. ‘’Niall mi ucciderebbe se sapesse che ti ho mandata via, Ria’’.

Non sapevo se essere più sorpresa per quello che aveva detto su Niall, o sul fatto che mi avesse chiamata ‘RIA’. Come conosceva il mio nome? Poi pensai ad Horan, gliene aveva sicuramente parlato. Mi sentii nuda.

‘’Ti ha detto Niall ,come mi chiamo?’’.

‘’Parla sempre di te’’ disse, di nuovo con quella voce piatta e tagliente. Mi sembrò di essere ritornata al punto di partenza, e le mie guance si colorarono nuovamente di rosso. ‘’Sai…’’ continuò Harry, camminando avanti e indietro, dinanzi a me. ‘’Tu piaci molto a Niall’’.

Cercai di non dar a vedere né il mio shock, né la mia felicità, quando risposi ‘’Credo che questo dovrebbe dirmelo lui’’.

‘’Lo farà presto. Io voglio dirti un’altra cosa’’.

‘’Cosa?’’.

‘’Senti…io non ti conosco. Non so nulla di te, non so come sono il tuo carattere e la tua personalità. Ma conosco quelli di Niall, e posso garantirti che è una persona fantastica, che dà tutto quello che può dare, a chi ama. Non so cosa provi precisamente per te, ma so che non gli sei indifferente. Quindi…’’.

‘’Stai per dirmi…’’ lo interruppi ‘’di non farlo soffrire? O cose del genere? Perché non c’è neanche bisogno che tu lo dica, non lo farei comunque. Hai ragione quando dici di non conoscermi’’.

Lui sospirò. ‘’Non ti sto chiedendo solo questo’’.

‘’E allora cos’altro?’’ la mia voce risultò lievemente tagliente e secca, quando parlai. Ma mi irritava quando le persone parlavano senza conoscere nulla, soprattutto quando non erano chiare nel dire quel che dovevano.

‘’Miriam, non voglio essere antipatico o altro, ma so cos’hai e…’’.

Non gli feci finire la frase, perché capii già tutto. Alzai la mano destra per fermarlo ,e aggiunsi ‘’Lo so anche io che sto morendo, e lo sa anche Niall. Per giorni ho evitato tutte le persone che mi volevano bene perché non volevo che soffrissero troppo dopo la mia morte. Non sono menefreghista, Harry. Non so che impressione ti abbia dato, ma non giudicare. Anche perché ti sbagli. Credi che non pensi a cosa accadrà fra un anno, o giù di lì? Credi che non mi domandi sempre come staranno i miei genitori, le mie amiche, i miei parenti e mia sorella? Credi sia stato facile aggiungere un’altra persona alla lista della gente da lasciar andare ?’’.

Ero fredda, atona. Dalla mia voce non traspariva neanche un’emozione.

‘’Non intendevo dire questo. Non intendevo dirti che sei menefreghista, o altro. Sul serio. Volevo solo chiederti di parlarne con Niall’’.

‘’Niall sa tutto’’ ripetei.

‘’Non ti ho chiesto se lo sapesse o meno. Ne avete mai parlato apertamente, senza sotto intendere nulla?’’.

Non risposi, e lasciai trapelare la risposta. Com’è che si dice? Chi tace acconsente.

Lui sospirò ancora. ‘’Ecco. Volevo solo chiederti questo. So che non è facile per te, ma questo non vuol dire che sia facile per lui’’.

‘’Non ho mai detto questo, Styles’’.

‘’Tu parlagli, per favore. Lui non può morire con te. Cerca di capirmi’’.

Non ebbi il tempo di rispondere, né di dire altro, perché la porta di ingresso si spalancò, lasciando entrare Niall e Liam.

Liam. Okay, nella foga della situazione avevo dimenticato di morire anche per lui.

‘’Liam ti ho detto che ho ragione’’ urlò Niall. ‘’Ho vinto io alla wii, la volta scorsa!’’.

‘’No, io! Testa di minchia’’ rispose l’altro.

‘’Ma se…’’ Niall non ebbe il tempo di concludere la frase perché, entrando nel salone, mi vide e si bloccò. ‘’Ria’’ disse, dopo un tempo che mi parve infinito. Mi abbracciò teneramente e mi presentò a Liam, visto che avevo già ‘fatto la conoscenza’ di Harry.

‘’Cosa vi stavate dicendo?’’ domandò il biondo.

‘’Noi…’’ iniziò Harry, ma lo interruppi ancora una volta, dicendo ‘’Ero appena arrivata, in realtà. Harry mi stava solo parlando dell’arredamento della casa’’.

Niall parve crederci. Dopotutto perché non avrebbe dovuto farlo?

NIALL’S POV

Io e Ria avevamo raggiunto camera mia da circa mezz’ora, e non avevamo fatto altro che ridere e scherzare. Era particolarmente di buon umore, quel giorno.

Pensai che forse avrei dovuto dirgli che mi piaceva, anche se sono uno stupido non l’avrebbe capito.

Così mi accomodai sul letto, di fronte a lei, che mi stava raccontando di quanto fosse simpatica la sorella. O la và o la spacca, pensai.

"Credo si sia capito che mi piaci" sussurrai, leggermente rosso in viso.

"C-come?" balbetto'. Evidentemente non l'aveva capito. Tanto valeva dirglielo.

"Mi piaci, Ria. Sul serio".

"Ti piaccio?".

Dio, perché gli risultava così complicato capirlo? Era la ragazza più semplice e contemporaneamente più bella che avessi mai visto. Era dolce e cocciuta, allo stesso tempo. Sapeva rischiare la giornata altrui con un solo sorriso timido. Forse era quella la cosa che più mi piaceva di lei: la sua timidezza, che metteva a proprio agio le persone.

E anche il fatto che non si rendesse conto del suo potere disarmante.

"Tanto" risposi, sperando provasse lo stesso.

"Non so che dire" soffio', rossa in viso.

"Per cominciare, di' che uscirai con me" ironizzai.

MIA’S POV

Scesi di casa rossa in viso, per la rabbia. Non era possibile che mio fratello minore urtasse così tanto i miei nervi. Come se non fossi già abbastanza nervosa per conto mio. Fortunatamente Ria si era fatta sentire, segno che quello che aveva detto Leila era falso. Non avevo più parlato con lei, e preferivo non dirlo a Miriam, perché- conoscendola- si sarebbe sentita in colpa.

E poi c’era mio fratello. Pronto a scambiare la lacca con il profumo di papà, e il dentifricio con la gelatina, solo per farsi due risate! O almeno questa era la sua giustificazione.

Risultato? Avevo lavato i denti altre 3489 volte ,per rimuovere la gelatina, e avevo dovuto legare i capelli. E io non legavo mai i capelli!

Quella mattina andai a lavoro nera. Sperai seriamente di non mangiare nessun cliente dello starbucks ,o mi avrebbero anche licenziata.

‘’Salve’’ salutai i clienti, e le altre ragazze. Con una velocità supersonica, frutto di un anno buono di lavoro, indossai il grembiule e sospirai sonoramente.

‘’Mia ,va tutto bene?’’ domandò Jake, un ragazzo alto e biondo che lavorava lì, da più tempo di me. Una volta mi chiese anche di uscire, ma rifiutai. Certo, era un bel ragazzo e anche molto muscoloso ma…

‘’Si, grazie Jake. Ho solo litigato con mio fratello’’ sorrisi.

‘’Ah, va bene. A dopo’’ sorrise di rimando, andandosene da una cliente, e io sospirai di nuovo. E ci provava anche con lei! Ecco perché non ci volevo uscire.

Prima che avessi il tempo di chiedere ad un cliente cosa volesse, la porta si aprì tintinnando. Colpa di quel maledetto scaccia sogni appeso lì ,in alto! Sapevo già chi fosse. Erano le undici di mattina, non poteva non essere lui.

Louis Tomlinson.

Non sapevo bene perché, ma ogni mattina –alla stessa ora- veniva allo starbucks. Io non volevo illudermi, ma avevo la vaga impressione che fosse per vedermi. Ma ,magari, era solo un’impressione. Forse non ricordava nemmeno il mio nome.

‘’Ciao Mia’’ mi sorrise, raggiante. Okay, il nome lo ricordava di certo. O magari si era buttato a caso e aveva indovinato.

‘’Ciao Louis’’ esclamai, sorpresa. ‘’Ricordi…ricordi il mio nome?’’.

‘’Ho una memoria di ferro, al contrario di quello che dicono quei mufloni della band!’’ ironizzò. Non potei non ridere per come li aveva chiamati. E non potei non pensare che Louis fosse come me lo ero sempre immaginata (pur non essendo directioner).

‘’Cosa ti porto?’’ chiesi. Avevo quasi dimenticato, persa nel suo sorriso, che io ero la cameriera e lui il cliente!

‘’Il solito’’.

‘’Cappuccino e cioccolato?’’ mi accertai.

‘’Per tutta la vita. E’ una promessa’’.

Ridendo, mi recai a prepararglielo. Di fianco a me, vicino la macchinetta dei gelati, c’era Jake che mi guardava in un modo strano. E anche alquanto inquietante.

‘’Chi è quello?’’ chiese, freddo. Non so perché, ma quell’affermazione mi urtò. D‘altronde ,io non gli chiedevo mica chi fossero le donne con cui parlava?

‘’Non lo conosci? E’ Louis Tomlinson. Mai sentito parlare di One Direction?’’.

‘’Ah, aveva un volto conosciuto, infatti. E cosa vuole da te, Mia?’’.

Quello era davvero troppo. Che tornasse a fare il suo gelato! Fortunatamente ,avevo già finito di preparare il cappuccino, così girai i tacchi e me ne andai. Fingendo, tra l’altro di non notare il suo sguardo truce che mi traforava le spalle.

‘’Ecco a te, il tuo cappuccino’’ dissi a Louis.

‘’Grazie mille. Senti, stasera sei impegnata?’’.

Sorrisi, mentre dentro per poco non facevo i salti di gioia. ‘’Se mi stai invitando ad uscire, sono libera’’.

Stavolta fu lui a ridere, portando deliziosamente la testa all’indietro.

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SUPERMAI IS HEREEE (?)

NO ,OKAY, MEGLIO SE STO ZITTA LOL. ALLOOOOORS: SCUSATE IL RITARDO, MA COME HO SCRITTO SU FB, ERO IN TOSCANA PER LE VACANZE <3 E PRIMA CHE LO CHIEDIATE (?) MI SONO DIVERTITA TANTO C:

APPENA SONO ARRIVATA A CASA DI MIO PADRE, HO INIZIATO A SCRIVERE DI GETTO E HO FINALMENTE PARTORITO QUESTO CAPITOLO LOL . A ME ,SINCERAMENTE, NON PIACE, MA DOVEVO PUR FAR CHIEDERE DA NIALL DI USCIRE ,E MI SEMBRAVA IL MODO MENO SCONTATO HAHAHAH
SCUSATE EVENTUALI ERRORI, ANCHE SE HO RILETTO <3

CHE NE PENSATE? NOTATE UN CAMBIAMENTO DI RIA? CHE DITE DELLA ‘DICHIARAZIONE’ DI NIALLER? E DI HARRY, E QUELLO CHE HA DETTO? SOFFRIVO MENTRE SCRIVEVO HAHAHHA. CHE DITE DI LOUIS E MIA? MI PIACEVA L’IDEA DI INSERIRE UNA STORIA NELLA ‘STORIA’ (?) DITEMI SE VI FA PIACERE CHE CONTINUI, OGNI TANTO, A SCRIVERE ANCHE DI LORO DUE.

ORA MI DILEGUO. AH, E TEMPO FA HO MESSO L’EPILOGO DELLA MIA FF SU ZAYN, VI LASCIO IL LINK SE VOLETE LEGGERE QUALCOS’ALRO DI MIO (?) E’ STATA LA PRIMA, QUNDI SIATE CLEMENTI LOL VI LASCIO ANCHE IL LINK DELLA MIA OS SU DEMI (?)

UN BACIONE

H.

PS: COMUNQUE, NEL CAPITOLO PRECENDENTE NIALL NON SI E’ ARRABBIATO CON RIA! E SCUSATE SE NON HO RISPOSTO ALLE RECENSIONI, MA QUI LA LINEA E’ PESSIMA

this. OS SU ZAYN.

OS SU DEMI.

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Capitolo 10
*** chapter 10. ***


love

 

TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

Keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through
Just stay strong
'Cause you know I'm here for you, I'm here for you
There's nothing you could say. Nothing you could do
There's no other way when it comes to the truth
So keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through
Avril Lavigne; keep holding on.

CAPITOLO 10

Quando mi guardai allo specchio, con sorpresa, mi resi conto di essere abbastanza soddisfatta. Avevo indossato una maglia a pipistrello blu notte e un jeans con sfumature bianche che mi donava delle curve, finalmente.

Avevo legato i capelli rossi in una treccia, che ricadeva sulla mia spalla sinistra. Mi ero truccata pochissimo: giusto una sfumatura di rossetto rosa pelle e il rimmel. Ai piedi avevo dei semplici sandali con i fiori bianchi. Avevo pensato di indossare delle scarpe alte, ma avevo scartato l’idea. Non avrei saputo camminarci, e mi sarei rovinata la serata.

Quando mi accorsi che mancava poco più che quindici minuti all’arrivo di Niall, cominciò a salirmi l’ansia. Non mi accorsi neanche che mia sorella era entrata in camera mia, sedendosi sul bordo del mio letto, e che mi osservava assorta.

‘’Allora?’’ le domandai. ‘’Come sto?’’.

‘’Perché diavolo non scopri quelle gambe, verginella?’’ ironizzò. Sapevo che stava scherzando, lo speravo almeno, ma non aveva idea di quanto fossi insicura quella sera. Mi fece venire settecento complessi esistenziali.

‘’Dici che dovrei mettere una gonna, Lidya?’’.

Lei sorrise e corse nella sua stanza, urlando un ‘aspetta’. Ero stata fortunata che fosse arrivata proprio in quel momento, perché mi serviva qualcuno che mi coprisse. E i miei genitori adoravano Lidya, si sarebbero bevuti tutto quello che avesse detto.

Quando ritornò aveva un pantaloncino bianco in mano. Riconobbi il suo profumo. Doveva appartenere a lei. ‘’Ria prova questo’’.

‘’Non mi andrà mai. Sono molto più magra di te’’.

‘’Esistono le cinture, lo sai?’’.

Con mia somma sorpresa notai che il pantaloncino mi stava abbastanza bene, e non era poi così largo, anzi. Evidentemente avevo preso qualche chilo nell’ultimo periodo.

‘’Ora sei proprio perfetta’’ esclamò, soddisfatta. Quando le avevo detto che sarei uscita con Niall Horan era morta al posto mio. Ne era stata felicissima, e mi aveva sommerso di domande. A cui, ovviamente, avrei dovuto rispondere se volevo contare sul suo aiuto.

Mancavano quindici minuti esatti.

Niall non mi aveva detto dove mi avrebbe portata, ma era stato categorico: un posto appartato, dove non avrebbe dovuto combattere e nascondersi dalle fans e dai paparazzi. E, in tutto questo, a me sembrava ancora irreale, la situazione.

Poi notai che il volto di Lidya era spento.

‘’Lidya, va tutto bene?’’.

‘’Devo confidarti un segreto Ria. Però devi giurare che non lo dirai a nessuno, soprattutto a mamma e papà’’.

Era terribilmente seria.

‘’Mi stai spaventando’’.

‘’Promettilo, Miriam’’.

‘’Te lo prometto’’.

Forse non avrei dovuto farlo, ma qualcosa mi diceva che non era una sciocchezza, quello che doveva dirmi.

‘’Sono tre mesi che non vado più a Yale’’.

Mi bloccai di colpo. Non sentii neanche più l’ansia per l’appuntamento. Nella mia testa rimbombavano solo quelle parole: non vado più a Yale.

‘’Come sarebbe a dire?’’ chiesi. Sperai di aver capito male, lo sperai con tutta me stessa.

‘’Ascolta, ho conosciuto un ragazzo tedesco. Era un turista e… Miriam mi sono innamorata. Lui doveva ritornare a Berlino per lavoro ma…io non potevo lasciarlo e…’’.

Non avevo mai sentito mia sorella balbettare. Era sempre stata così maledettamente sicura di sé che non ce ne era bisogno. Ed ora stava balbettando.

‘’HAI LASCIATO TUTTO PER UN RAGAZZO CHE CONOSCI DA QUANTO? UN GIORNO?’’ urlai. Ringraziai Dio che i miei genitori non fossero in casa.

‘’Ria tu non capisci!’’ urlò anche lei. ‘’Io lo amo’’.

‘’Lo ami?’’ ringhiai. Non aro mai stata così arrabbiata e scortese in vita mia, ma mi sentivo il sangue ribollire nelle vene. ‘’Lidya, Yale era il tuo sogno! Vuoi che ti ricordi quante ore hai dovuto studiare per entrarci? Quante lacrime hai versato perché eri sotto pressione? Quanto sangue…?’’.

‘’BASTA’’ urlò. ‘’Miriam Marianne Martin tu non riesci proprio a capire, vero? Sei mai stata innamorata? Hai mai amato tanto da star male? NO! E allora non giudicarmi dall’alto dei tuoi sedici, miseri, anni. Lo sapevo che non avrei dovuto dirtelo’’.

‘’Lui non ti ama, se ti ha chiesto di lasciare l’università per andare in Germania! Non ti ama’’.

‘’Non lo conosci’’. Era rabbiosa. ‘’Non me l’ha detto lui, anzi. Si è opposto! Ma io non ho voluto cambiare idea, chiaro?’’.

‘’Questo è ancora peggio’’ sputai. ‘’Allora digli che sei incinta o, meglio, che sei malata. Vediamo come non correrà a gambe levate’’.

Lidya non mi aveva mai guardato come mi guardò allora. Sembrava volesse incenerirmi con lo sguardo. Mi sentii avvampare.

‘’Lo sapevo, Miriam’’ sentenziò. ‘’Alla fine torniamo sempre allo stesso punto. Sempre tu e la tua maledetta malattia. Si parla solo di questo ormai!’’.

Rimasi allibita. Non poteva averlo detto davvero. Aspettai che parlasse, perché non avevo niente da dire. Niente di sensato, almeno.

‘’La sai una cosa?’’ continuò. ‘’Sono stanca. Stanca che in famiglia non si parli altro che di te. Io lo capisco che sei malata, e ci soffro come un cane, ma non è possibile. Non è possibile che ti chiedano in continuazione come stai, anche se fai solo un cazzo di starnuto. Non è possibile che ti seguano anche in bagno! Sai che cosa si prova a crescere in una famiglia dove c’è una persona con la leucemia? Lo sai? Tu hai sempre visto tutto dagli occhi della malata terminale, e lo capisco. Ma, almeno ogni tanto, guardati intorno. Ci sono persone che soffrono, Ria. Per tanti motivi, minchia! Non sei l’unica a stare male!’’ si interruppe per riprendere fiato. ‘’Io ti voglio bene’’ continuò. ‘’Ma, a volte, non riesco a reggere la situazione. E Yale, per la cronaca, non era il MIO sogno ma quello dei NOSTRI genitori’’.

Rimasi impietrita.

‘’Lo pensi davvero?’’ domandai, sussurrando. ‘’Tutto quello che hai detto, intendo’’.

Lei non rispose subito. Sospirò, poi disse un flebile ‘’SI’’.

I miei occhi erano lucidi, ma non avevo intenzione di piangere. Non volevo farlo per niente al mondo, tantomeno davanti a lei che non piangeva mai. Non sembrava neanche minimamente scalfita da quella discussione. Non come me.

Improvvisamente avevo una voglia matta che Niall arrivasse all’istante e mi portasse via da quella casa, e da lei.

Sentivo la testa pulsare, le gambe diventare molli come gelatina. Ma non avevo intenzione di cedere, di dimostrarmi debole. Non in quel momento. La cosa peggiore era che, forse, aveva ragione. Avevo sempre visto tutto dagli occhi della malata terminale, ed era logico, ma non avevo mai provato ad entrare nei panni delle persone che mi stavano intorno.

All’improvviso, sentii le ginocchia cedere, e uno strano caldo sul viso.

Poi l’urlo di mia sorella.

 

LIDYA’S POV.

 

Ria cadde a terra, davanti ai miei occhi. In meno di un secondo era diventata bianca come un cencio, e stava tremando.

Il rumore che fecero le sue ginocchia quando sbatterono a terra mi terrorizzò. Senza pensarci, corsi verso di lei e mi sedei a terra. Le presi le spalle e la scossi. Aveva gli occhi persi nel vuoto, come fosse presente fisicamente ma, all’interno, fosse da tutt’altra parte.

‘’Ria’’ esclamai, con la voce rotta. ‘’Ria, stai bene?’’.

Fu in quel momento che notai- presa dal panico non l’avevo visto- che aveva un rivolo di sangue scarlatto che le scorreva da entrambe le narici. Ondeggiava la testa davanti ed indietro, come non avesse controllo sul suo corpo. Mi si formò la pelle d’oca. Ero terrorizzata al massimo. E non sapevo che cazzo fare. Non avevo mai assistito ad un ‘collasso’ di Miriam, e poi con due dottori in casa non dovevo preoccuparmene. Ma ora non c’erano, erano in ospedale.

‘’Ria, cosa devo fare?’’ domandai, con le lacrime agli occhi e la voce impastata.

Lei non rispose. Non ero neanche sicura che avesse sentito la mia domanda. La scossi di nuovo. ‘’Ti prego, Ria’’ singhiozzai.

Lei sbattè le palpebre più volte, come se avesse ripreso conoscenza. Il sangue dal naso continuava a colare a fontane, presi una maglia verde sul suo letto e gliela premei contro. Divenne rossa in pochissimo tempo.

‘’Lidya…’’ sussurrò.

‘’Dimmi. Andiamo all’ospedale?’’.

Lei annuì. Mi alzai, trascinandola con me. Era un peso morto nel vero senso della parola. ‘’Andiamo’’ dissi subito.

Avevo letto così tante cose sulla leucemia, su internet, che sapevo cosa aveva. L’avevo capito dopo un poco, perché ero nel pallone, ma ci ero arrivata. Le cure che Ria aveva fatto, le chemio, le avevano indebolito le difese immunitarie. Conoscevo le controindicazioni. Sangue dal naso, continue influenze per un semplice spiffero d’aria, nausea.

Quello non era semplice sangue dal naso, che si sarebbe fermato con del ghiaccio o alzando il capo. Quella era un emorragia, e io non potevo fare nulla. Fortunatamente la mia AUDI era parcheggiata nel giardinetto di casa nostra. Non ci avremo messo tanto ad arrivare.

Ria sembrava aver ripreso conoscenza, ma era debolissima e il sangue continuava a colare come acqua. ‘’Presto’’ sussurrò.

Con una velocità supersonica, poggiai un suo braccio sulle mie spalle, cinsi la sua vita con un mio braccio, e scendemmo le scale. Per poco non caddi trascinandola con me. Alla fine, dopo pochissimo tempo, arrivammo nel salone. Davanti a noi, la porta d’ingresso.

Poi Ria si irriggidì.

‘’Cos’hai?’’ chiesi, agitatissima.

‘’Niall’’ disse solo. Ci misi poco a capire che aveva sentito il motore di una macchina. Dopo tre secondi suonò il campanello. Mi ritrovai ad arrabbiarmi con me stessa. Perché l’avevo trattata così male? Forse era stata colpa mia, perché l’avevo fatta agitare. Mi maledissi mentalmente. Poi pensai: perché a lei? Perché proprio ora che stava per uscire con il ragazzo che le piaceva? Perché Dio e la vita erano stati così ingiusti? Io non ero credente. Ria, invece, ci credeva. Forse più disperatamente, che altro. Andava a messa tre volte la settimana, parlava con il prete quasi sempre. Ogni tanto lui chiamava a casa per chiedere come stesse. E allora perché a lei? Miriam era sempre stata molto religiosa, anche prima della malattia. E allora perché non a me? Che non credevo neanche al paradiso? Perché?

‘’Non rispondiamo’’ dissi a Ria. ‘’Usciamo sul retro. Vedrà la nostra macchina andare via, ma non potrà fare niente’’.

Mia sorella sbiancò ancora di più. ‘’No’’ sussurrò. ‘’Non sarebbe corretto. Non lo merita. Ti prego, apri tu e digli che non posso uscire’’.

‘’E se volesse entrare? Se volesse venire con noi in ospedale?’’.

Ria si irriggidì. ‘’ASSOLUTAMENTE NO’’ disse. ‘’Non voglio che mi veda così. Promettimi che non lo farai entrare’’.

Il campanello suonò di nuovo.

‘’Lo prometto. Aspetta qui, arrivo subitissimo’’ sussurrai, spaventata, mentre la poggiavo sul divano rosso.

Quando aprii la porta mi ritrovai un bellissimo ragazzo biondo davanti. Aveva una maglia grigia con un giubbino di jeans, e dei pantaloni neri a cavallo basso. I capelli erano alzati in una cresta perfetta. Mi sorrise.

‘’Ciao, ti devi essere Lidya. Sono Niall, piacere’’ disse, tendendomi la mano.

Non gliela strinsi, né risposi. Ci mise poco a notare la mia faccia sconvolta. ‘’Che succede?’’ chiese, incupendosi. Aveva capito, chiaro. Io avevo la maglia bianca macchiata di sangue, come le mani, tremavo ed ero terrorizzata. Solo uno sciocco non avrebbe capito.

‘’Niall’’ sussurrai. ‘’Ti prego, torna a casa. Ria non può uscire adesso’’. Feci per chiudere la porta, ma il suo piede me lo impedì. ‘’Per favore’’ dissi.

‘’Che cos’ha?’’ domandò.

‘’Un emorragia. Devo portarla subito all’ospedale’’. Provai a richiudere la porta, ma lui non ne voleva sapere di rimuovere il piede.

‘’Vi accompagno. Entrate in macchina’’ disse, indicando la sua mercedes.

‘’NO’’ urlai quasi. ‘’Non vuole che tu la veda così. Vai a casa, ti prego’’.

‘’Non mi interessa cosa vuole’’ ringhiò.

‘’Niall’’ tentai l’ultima carta. ‘’Se le vuoi bene, almeno un poco, vai via. Dico seriamente’’.

Lui lesse nei miei occhi la serietà e la paura. Arretrò, rimuovendo il piede. Poi si voltò, ed andò via.

 

RIA’S POV.

Non riuscii a ricordare nulla del viaggio in macchina, solo il pianto silenzioso e rotto di Lidya. Non sentivo nulla, come se fossi in una stanza ovattata fuori dal mondo. Non sentivo neanche più il mio cuore battere.

Avevo solo caldo.

Forse sono morta, pensai. Forse è davvero finita.

L’ultima cosa che pensai, prima di perdere di nuovo i sensi, fu una preghiera.

"Altissimo Iddio, immensa Bontà, dolcissima e gloriosissima Trinità, Ti amo e Ti adoro sopra ogni cosa: abbi pietà di me. Ti raccomando la mia anima".

 

°°°

 

Quando riaprii gli occhi sentii solo il rumore delle macchine di fianco a me. Ci misi molto tempo a riprendere il controllo del mio corpo e a rendermi conto di essere in ospedale, e non in paradiso. Le flebo attaccate al mio braccio erano una prova che ero viva.

Quando spalancai le palpebre vidi tutto sfocato. Dopo un po’ di tempo misi a fuoco tutto. C’era qualcuno accanto a me, ma non riuscivo a riconoscere chi fosse. Ricordai di quello che mi era successo, e mi convinsi che fosse mia sorella.

‘’Lidya’’ sussurrai.

‘’Non sono Lidya. E’ andata a prendere un caffè insieme ai tuoi genitori. Sono stati qui tutta la notte’’.

Quella voce.

La riconobbi all’istante.

‘’Niall?’’.

Solo allora mi resi conto che mi stava stringendo la mano. Chissà da quanto.

‘’Sono io. So bene che non volevi che ti vedessi stare male, ma quando tua sorella mi ha cacciato io…sono corso in ospedale e vi ho aspettato’’.

Dentro di me sorrisi. Non avevo la forza per farlo anche fuori.

‘’Grazie’’ soffiai.

‘’Non devi ringraziarmi’’.

Dopo minuti interminabili di silenzio, lo guardai finalmente negli occhi. E che occhi!

‘’Ho creduto di…’’ iniziai.

‘’Shh’’ mi interruppe, portandomi l’indice sulle labbra. ‘’Sei qui, adesso’’.

Sorrisi, stavolta per bene. ‘’Lo so’’ risposi. ‘’Scusa per stasera. Ho rovinato il nostro appuntamento’’.

Lui strinse di più la mia esile mano, e sorrise. ‘’Non dirlo neanche per scherzo’’ disse.

Io ricambiai la stretta. ‘’Niall…quando credevo di star per morire…ho pensato a te’’ ammisi. Non sapevo dove avevo trovato quel coraggio. Forse la paura di andarmene da un momento all’altro mi aveva portato ad essere sincera fino all’ultimo.

‘’E cosa hai pensato?’’ chiese.

Non riuscendo più a reggere il suo sguardo, guardai la parete bianca e sterile di fronte a me. ‘’Di non aver avuto tempo’’.

Lui trattenne il respiro. ‘’Ria… se dovesse mancarti l’aria puoi respirare la mia, lo sai?’’.

Tornai a guardarlo. ‘’Dici davvero?’’.

Lui annuì. ‘’Sei la ragazza più bella e più buona che abbia mai conosciuto. Per me è un onore che tu mi pensi. Avevo paura che, dopo oggi, non volessi più vedermi’’.

‘’Ci ho pensato’’ confessai. ‘’Ma, per quanto egoista sia questa scelta, io voglio continuare a vederti. Non mi importa dove, anche l’ospedale mi sta bene’’ ironizzai.

‘Sei incredibile’’ sussurrò, ridendo con me.

‘’Questo me lo hai già detto’’.

Lui, che era seduto sulla poltrona bianca di fianco al letto, si alzò e si sedette accanto a me. Io, a mia volta, gli feci spazio. Poggiai la testa sulla sua spalla.

‘’Forse dovremmo parlarne’’ sussurrai. Ricordai le parole di Harry. Forse era arrivato il momento di mettere le cose in chiaro, ufficialmente.

‘’Tutto quello che vuoi, Ria’’.

Nascosi la faccia nell’incavo del suo collo. Aveva un profumo buonissimo. ‘’Lo sai che mi rimane un anno, no?’’.

Lui non rispose, e lo interpretai come un ‘si’. Non era facile per me parlarne, ma sentivo che dovevo farlo.

‘’Niall’’ interruppi il silenzio. ‘’Mi dispiace’’.

‘’Dovrebbe dispiacere a me, non a te’’ sorrise. ‘’Ria?’’.

‘’Si?’’.

‘’Non mi interessa. Un anno mi basta’’.

L’aveva detto perché lo pensava o per risollevarmi il morale? Cercai di convincermi che la risposta giusta fosse la prima.

‘’A me no’’ risposi. ‘’Non mi basta un anno. Ho troppe cose da fare’’.

‘’Realizzerò la maggior parte di queste cose, te lo prometto’’.

Mi percorse un brivido. ‘’E come farai?’’.

Lui poggiò la sua testa sulla mia. ‘’Non lo so. Dimmi che cosa vuoi’’.

‘’Adesso?’’.

Sentivo la sua spalla contro la mia, la sua testa sulla mia, il suo fiato sulla guancia. La sua mano intrecciata alla mia mi stava ustionando la pelle.

‘’Si’’.

Alzai la testa dalla sua spalla e lo guardai negli occhi. Solo un velo d’aria separava i nostri volti. Quando parlai, la voce mi uscì fuori rotta. ‘’Baciami’’.

Lui liberò le nostre mani, e mi accarezzò la guancia. Non riuscivo a pensare a che aspetto terribile avessi in quel momento.

Lui non si muoveva né parlava e cominciai a credere di aver detto qualcosa di sbagliato. Prima che potessi ribattere, però, lui annullò la distanza fra noi. Poggiò le sue labbra calde sulle mie, gelide. All’inizio il bacio fu delicato, poi la sua lingua iniziò a premere per entrare nella mia bocca. Gli liberai l’accesso.

Sapeva di Niall.

Quando lui, continuando delicatamente a baciarmi, poggiò le sue mani sui miei fianchi, avvolsi le mie braccia intorno al suo collo.

Quando ci separammo, il bacio mi sembrò troppo breve.

Arrossii. Non sapevo che dire. Fortunatamente fu lui a prendere la parola. ‘’Hai idea da quanto tempo aspettassi questo momento?’’.

Sorrisi. ‘’Oddio, credevo di aver fatto una sciocchezza’’ ammisi.

Lui tornò ad intrecciare le nostre dita. ‘’D’ora in poi non tagliarmi più fuori dalla tua vita, Ria. In poco tempo sei diventata la persona più importante della mia vita’’.

Quello non me lo aspettavo.

‘’Niall, tu lo sei sempre stato’’.

Poi, leggermente, mi baciò di nuovo.

 

 djenfj

HALLO (?)

RAGAZZE SCUSATE PER L’IMMESISSIMO (?) RITARDO. SONO IMPERDONABILE, LO SO. PERO’, LI HO FATTI BACIARE HAHAHAHAHHA.
VI PREGO, DITEMI CHE PENSATE DI QUESTO CAPITOLO.
GLI ULTIMI GIORNI NON SONO STATI FACILI, E NON AVEVO VOGLIA DI SCRIVERE. OGGI L’HO FATTO TUTTO D’UN GETTO. DITEMI CHE NON E’ VENUTA FUORI UNA CACCHETTA LOL

ALLORA, VOLEVO CHIARIRE UNA COSA. MI DISPIACE UN BOTTO NON RIUSCIRE A RISPONDERE A TUTTE LE RECENSIONI. SO CHE NON SONO TANTISSIME, MA SONO IN UMBRIA DA MIO PADRE (VOGLIO CASA MIA LOL) E LA LINEA VA E VIENE. E’ UN PAESE IN CULO AI CAMMELLI, CAPITEMI VI PREGO <3

PERO’, LE LEGGO TUTTE! E VOLEVO RINGRAZIARVI. SIETE NCJDNCJDNCD. E VOLEVO RINGRAZIARE ANCHE LE RAGAZZE CHE MI SCRIVONO SU ASK, FACEBOOK E TWITTER. SAPPIATE CHE NON MI DATE FASTIDIO, ANZI. VORREI BACIARVI UNA AD UNA LOL

GRAZIE AD EFP HO STRETTO AMICIZIA CON PERSONE MERAVIGLIOSE! QUINDI, SE VOLETE ANCHE SOLO PARLARMI, CHATTATE <3

VI LASCIO I  MIEI CONTATTI IN BASSO!

A PROPOSITO: PER CHI HA LETTO ‘AFTERSHOCK’ SAPPIATE CHE HO POSTATO LA ONE SHOT SU ZAYN E MELINDA, AMBIENTATA CINQUE ANNI DOPO <3 VI LASCIO IL LINK : http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2056368&i=1 

DITEMI QUEL CHE VOLETE. SO CHE NON SCRIVO BENISSIMO, HA HO 15 ANNI LOL LE CRITICHE SONO BEN ACCETTE!

BACISSIMI (?)

H.

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Capitolo 11
*** chapter 11. ***


love

 

TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

…I reckon it's again my turn
to win some or learn some
But I won't hesitate
no more, no more
It cannot wait, I'm yours…
-I’m yours; Jason Mraz.

Capitolo 11

 

NIALL’S POV

 

Il giorno in cui Ria mi fece leggere la lista delle sue cose da fare prima di morire, mi percosse un brivido non dovuto al freddo. E non perché fosse un’idea stupida o immatura, glielo aveva chiesto la psicologa.  Ma perché, in quel momento come in nessun’altro, mi sentii incredibilmente impotente.

Non che prima non lo fossi stato, chiaro. Ma veder scritto su di un foglio di quaderno, contornato da cuori, dieci punti di cose da fare ‘prima di morire’ mi aveva leggermente fatto sprofondare l’umore nei calzini.

Lei mi aveva sorriso e aveva detto ‘’Io la reputo una cosa stupida, ma la dott.ssa Gideon la reputa una cosa positiva. Ho finito con il crederci anche io’’.

E anche se aveva sorriso e scherzato, avevo visto nei suoi occhi scuri una strana ombra. Non gli chiesi null’altro, quel giorno. Da allora quei punti mi apparivano perfino in sogno.

1-      Fare un bagno a mezzanotte.

Come potevo farle fare un bagno, per giunta a mezzanotte, se non poteva neanche andare a mare? Mi aveva detto che, per via delle cure, aveva le difese immunitarie troppo basse. Le spiagge e le campagne aveva dovuto scordarle. Una singola e insulsa folata di vento avrebbe potuto causarle una bronchite. L’ultima cosa che volevo era che si ammalasse ulteriormente, e per colpa mia.

Potevo concentrarmi sul secondo punto. Quel giorno, quando Ria era andata in bagno, avevo fatto una foto alla lista. Avrei fatto di tutto per realizzare anche solo uno di quei dieci punti.

2-     Cantare ‘’i’m yours’’ fra centinaia di persone.

Questa era molto più fattibile, rispetto alla prima. Eppure c’era un intoppo: lei voleva cantare fra centinaia di persone, ma se ci fossi stato io con lei (anche se travestito) avrei attirato l’attenzione e avrebbero scoperto la mia vera identità. Sarebbe stato lo stesso per lei centinaia di persone e miliardi di persone? Foto dappertutto? Urla e imprecazioni? Perché le directioners non erano esattamente buone con le nostre fidanzate.

Non volevo nemmeno che Miriam si complessasse.

3-     Ballare sotto la pioggia.

Quello era da eliminare.

Pioggia alias malanni. Malanni alias sensi di colpa.

Comunque, i sensi di colpa li avrei avuti comunque. Me lo sentivo.

 

RIA’S POV

 

‘’Si può sapere dove stiamo andando?’’ domandai a Niall, mentre mi trascinava verso l’uscita di casa sua. Quel pomeriggio avremo dovuto andare a prendere un gelato, ma lui mi aveva chiamato in anticipo chiedendomi di andare da lui.

Avevo sperato che Harry non ci fosse, ed era stata così. C’erano solo Zayn e Louis. Oramai non mi faceva più effetto vederli, ma il cuore non voleva saperne di smettere di battere.

‘’Seguimi’’ mi aveva detto Niall, prendendomi per mano.

Quando capii che stavamo uscendo chiesi per l’ennesima volta dove diavolo fossimo diretti. Faceva abbastanza caldo anche se si preannunciava un temporale. Niall aveva gli occhiali da sole, e fortunatamente anche io li avevo messi in borsa prima di uscire.

Il giorno prima avevo parlato con Lydia, che si era scusata miliardi di volte. Aveva perfino pianto. Io, però, non ce l’avevo con lei e non riuscivo a considerare negativo quell’avvenimento. In un certo senso mi aveva portata da Niall in tutti i sensi. Stavamo insieme da una settimana. Quando mia sorella l’aveva saputo aveva fatto i salti di gioia. ‘’E’ un ragazzo d’oro. Non fartelo scappare’’ mi aveva detto. Aveva anche aggiunto che avrebbe raccontato ai miei la storia dell’università. A quanto diceva, non le importava quello che avrebbero detto, ma ne dubitavo.

I miei genitori, dopo il mio collasso, erano diventati ancora più ossessionati dalla mia salute. Le visite mediche da tre a settimana, divennero cinque.

Ma, almeno, credevano alla storia che andassi spesso da Mia o Leila. Anche se, la maggior parte delle volte, non era così.

La macchina di Niall profumava di pulito.

‘’Vedrai’’ mi disse.

Quando parcheggiò, dopo un tempo che mi parve infinito, notai che eravamo in una piazza. Affollatissima.

‘’Che ci facciamo in piazza?’’ domanda, sorridendo.

Lui non rispose, scese sbattendo lo sportello e venne ad aprire il mio. ‘’Dopo di lei, signorina’’ ironizzò.

Dandogli una scherzosa pacca sulla spalla, scesi dall’auto. Lui intrecciò le nostre dita, e a me sembrava ancora impossibile. Fu allora che notai che, in un luogo pubblico e affollato, non aveva né cappelli né strani vestiti. Solo delle rayban che, però, non gli nascondevano un bel niente.

‘’Ma…ti vedranno’’ sussurrai, mentre camminavamo diretti verso una statua enorme. Cristoforo Colombo in marmo, posizionata al centro della piazza.

‘’Non importa’’ rispose.

Cominciai ad allarmarmi, ma continuai a camminare senza fare domande.

Quando arrivammo al centro della piazza, ci posizionammo sotto la statua. Niall aveva avuto, per tutto il viaggio, la sua chitarra sulla spalla. Non avevo chiesto neanche a cosa gli fosse servita, tanto non avrebbe risposto.

‘’Ricordi’’ mi domandò poi. ‘’Il numero due della tua lista?’’.

‘’Cantare ‘’i’m yours’’ fra…’’ mi interruppi di botto. Improvvisamente mi era tutto molto più chiaro. Limpido, a dire il vero. Perché non ci avevo pensato prima? Quel gesto dolce era tipico di Niall Horan. Avrei dovuto immaginarlo.

Prima che potessi aggiungere qualcos’altro, Niall tirò fuori dalla custodia la sua chitarra, e la appoggiò su fi una gamba, posizionata su una scala del monumento.

Poi si guardò in giro. Alcune ragazze stavano già indicandolo, forse chiedendosi se fosse veramente quell’irlandese che le aveva fatte impazzire.

‘’Quelle ragazze si stanno chiedendo se tu sei l’irlandese biondo che fa impazzire il mondo’’ ironizzai, indicandole.

Lui sorrise e disse. ‘’Canti con me?’’.

Anche se avessi detto ‘no’, e l’avrei fatto perché non avevo il coraggio di cantare davanti a tutti e davanti a lui, avrebbe suonato e cantato lo stesso. E forse, almeno per una volta, valeva la pena di spingersi fuori dai propri limiti.

‘’La conosci?’’ domandai. ‘’La canzone, intendo’’. Okay, era una domanda estremamente stupida ma dovevo ritardare il più possibile il momento dello ‘show’.

‘’Ovvio. Jason Mraz è epico’’.

Ma non ebbi il tempo di dire null’altro. Niall iniziò a suonare, sorridendo e dondolando la testa avanti e indietro, sotto la base di ‘’i’m yours’’.

…Well you done done me  and you bet I felt it
I tried to be chill but you're so hot that I melted
I fell right through the cracks
Now I'm trying to get back
Before the cool done run out
I'll be giving it my bestest
And nothing's gonna to stop me
but divine intervention. I reckon it's again my turn
to win some or learn some…

Attorno a noi erano arrivate centinaia di ragazze in iperventilazione. Urlavano più loro che Niall. ‘’E’ LUI’’ si sentiva. Ma era bello. Perché io ero accanto a lui, che stava cantando per me, e loro sorridevano perché erano felici di aver visto il loro idolo. Le capivo ed ero gioiosa di aver permesso a loro di realizzare parte dei loro sogni.

Poi, al ritornello, metà piazza iniziò a cantare anch’essa.

‘’CANTA’’ rise Niall, avvicinandosi ancora di più a me.

Cantai. E lui sorrise ancora.

…But I won't hesitate  no more, no more
It cannot wait, I'm yours
Well open up your mind  and see like me
Open up your plans  and damn, you're free
Look into your heart
and you'll find love love love love
Listen to the music of the moment
people dance and sing
We're just one big family
And it's our God-forsaken right
to be loved loved loved loved loved…

Alcune ragazze stavano piangendo, i flash erano innumerevoli. Eppure non ero mai stata più bene in vita mia. Cantai fino al resto della canzone. A squarciagola, addirittura. Quando finì, Niall si girò verso il ‘pubblico’ e urlò un ‘’GRAZIE, VI AMO’’.

Poi mi baciò.

Prima che qualcuna di loro avesse avuto il tempo di avvicinarsi, di chiedergli una foto o un autografo. Niall mi cinse la vita con un braccio e mi tirò a se. E mi baciò.

DAVANTI A TUTTI.

Quella era una specie di ufficializzazione del nostro…rapporto? Facevo perfino fatica a dirlo e a crederci. Ovviamente ricambiai il bacio, ma lo stroncai prima che Niall lo rendesse ancora più lungo.

Nella piazza era calato il silenzio.

Immaginavo già gli articoli che sarebbero usciti il giorno dopo. ‘’LA NUOVA FIAMMA DI NIALL HORAN’’.

Eppure, non ero irritata. Ero solo schifosamente…felice.

Quando ci separammo lui sorrise. Io rimasi lì impalata come uno stoccafisso, incapace di fare alcun che non fosse osservare le fans sconvolte. Ma non dissero nulla. Dopo minuti di interminabile silenzio assassino ritornò la solita confusione e i soliti gridi. Prima che Niall potesse essere sommerso da un delirio di ragazzine, mi prese per mano e scappammo. Corremmo come non avevamo mai corso. Come non avevo mai corso.

La cosa da ‘sfigati’ che ci capitò, e che non avevamo notato, era che c’era un enorme nuvolone sulle nostre teste. Mentre continuavamo a correre fra le strade della città, schivando macchine e lampioni, iniziò a piovere.

Quando ci ritrovammo in un parcheggio isolato e mezzo vuoto, Niall tirò un sospiro di sollievo. ‘’Le abbiamo seminate’’ ansimò.

Avevo l’impressione di avere il cuore in cola. E le gambe mi facevano male. Ma, al contrario di come mi sarebbe successo in altri momenti, non pregai di non sentirmi male. Sapevo che non sarebbe successo perché ero ancora…felice.

Stavo diventando troppo smielata.

‘’Come hai fatto a correre e trascinarmi con quella cosa sulle spalle?’’ chiesi con il fiato corto, indicando la chitarra.

‘’Sono’’ ansimò. ‘’Più’’ ansimò ancora. ‘’Forte di quanto pensi’’ sorrise.

Sorrisi anche io. ‘’Grazie’’ dissi.

‘’Di cosa?’’.

‘’Il secondo punto della mia lista. Cantare ‘’i’m yours’’ fra centinaia di persone. Certo, erano milioni ma…è stato bellissimo’’.

Lui mi guardò ma non si mosse. Aveva i capelli bagnati incollati sulla fronte, la felpa rossa fradicia e il jeans a cavallo basso pareva una spugna. Ma era dannatamente bellissimo.

Io non dovevo avere lo stesso aspetto. I capelli rossi quando si bagnano diventano orrendi. E dubitavo di essere anche solo minimamente sensuale con la maglietta bianca bagnata e i jeans incollati alle gambe. Fortuna che non mi ero truccata, o sarei sembrata anche un pagliaccio.

‘’Ma ti pare’’ sorrise lui, avvicinandosi a me. Poi mi abbracciò. Ma non era un abbraccio normale, come quelli che mi dava sempre. Era particolarmente stretto e…preoccupato?

‘’Niall’’ sussurrai. ‘’Mi soffochi così’’.

‘’Non voglio che tu prenda freddo. Potresti beccarti un’influenza’’ sussurrò.

‘’Sto bene e poi non fa freddo. E’ solo acqua’’ ironizzai, cercando di tranquillizzarlo. Ammorbidì un po’ la presa, ma non mi mollò.

‘’Sei stato dolcissimo’’ soffiai, nel suo orecchio. ‘’E’ stata la cosa più carina che qualcuno abbia mai fatto per me’’.

Non rispose, ma tirò fuori dalla sua tasca l’iphone e fece partire una canzone. Forse di Rihanna. Poi lo ripose di nuovo nella tasca, per evitare che si bagnasse. Tornò ad abbracciarmi, solo molto più delicatamente.

‘’Balla con me, ti va?’’ mi chiese.

Sorrisi ancora una volta. ‘’Non potrei chiedere di meglio’’.

Ballammo sotto la pioggia, senza preoccuparci di null’altro. Senza preoccuparci dell’acqua che colava dal cielo, senza preoccuparci di essere in un parcheggio, senza preoccuparci della mia malattia.

Senza preoccuparci di nulla, a parte noi.

‘’Punto tre’’ mi sussurrò il biondo. ‘’Ballare sotto la pioggia’’.

In un giorno avevo realizzato due punti di ‘’cose da fare prima di morire’’.

 

°°°

 

 

 

10 COSE DA FARE PRIMA DI MORIRE

 

1-     Fare un bagno a mezzanotte.

 

2-  Cantare ‘’i’m yours’’ fra centinaia di persone.

 

3- ballare sotto la pioggia.

 

4- festeggiare il mio diciottesimo compleanno.

 

5- tingere i capelli di biondo.

 

6- scappare per un giorno intero in Arizona.

 

7- suonare una canzone con la chitarra.

 

8- incontrare Demi Lovato.

 

9- visitare New York.

 

10- dormire accanto a Niall Horan.

 Quando cancellai il punto due e il punto tre, quella domenica mattina, mi sentii meglio. Lydia aveva portato mamma e papà a pranzo fuori, probabilmente per raccontagli la storia che aveva lasciato l’università. Io non ero voluta andarci. Ero ancora molto delusa e contrariata, e lei lo sapeva, ma preferiva non dirmi nulla.

Mia madre mi aveva preparato una lasagna che bastava a sfamare un esercito. ‘’Scaldala quando ti viene fame’’ mi aveva detto. ‘’E MANGIA’’.

Ero di buon umore quel giorno, quindi l’avrei fatto. Fortunatamente le foto del mio bacio con Niall non erano ancora state rese pubbliche, ma in rete circolavano strane voci. Dicevano che fossi addirittura una pornostar. L’avevano detto anche di Sophia, la nuova ragazza di Liam, in verità. Non la conoscevo ma da come me ne aveva parlato Niall pareva una ragazza a posto.

Forse un po’ a corto di senso dell’umorismo, non è che io fossi divertentissima.

Mi terrorizzava l’idea che Niall rendesse pubblico il nostro rapporto, come aveva fatto Liam. Non volevo essere aggredita, o insultata. E poi, avrebbero sicuramente scoperto della mia malattia e avrei dovuto sopportare un bel po’ di commenti poco carini.

Starnutii nello stesso instante in cui suonò il campanello.

Scesi le scale di corsa, con una semplice tuta grigia e i capelli legati in una crocchia disordinata, ed aprii la porta.

Lo riconobbi subito.

I suoi occhi verdi mi scrutavano curiosi, i suoi ricci erano avvolti da uno strano cappello nero. Aveva una camicia bianca e un jeans nero e largo.

‘’Harry’’ sussurrai, ma emisi una specie di verso strozzato. Niall gli aveva detto dove abitavo. Ci avrei messo la mano sui carboni ardenti.

‘’Ciao Miriam’’ sorrise lui. Come se non avessimo mai avuto quella…discussione! ‘’Mi fai entrare o vuoi tenermi qui per tutto il giorno? So che sono bellissimo, ma non sono immortale. Potrei invecchiare e morire. Comunque siamo nati tutti per morire, anche io’’ parlò così veloce che dovetti elaborare la sua frase.

‘’Viva Lana Del Rey!’’ esclamai, non trovando niente altro da dire. Poi gli aprii di più la porta per permettergli di entrare. Che cavolo ci faceva Harry Styles a casa mia, di domenica mattina?

‘’Di un po’, Harry’’ gli chiesi, mentre lui si guardava in giro compiaciuto e io chiudevo la porta, raggiungendolo. ‘’Non ci vai a messa di domenica? Perché sei qui?’’.

‘’Non ci vado’’.

‘’Sbagli’’ sussurrai. ‘’Io ci vado di mattina presto’’.

‘’Che diavolo preghi a fare?’’ domandò, guardandomi negli occhi. La conversazione stava di nuovo prendendo una strana piega. ‘’Non esiste nessun Dio’’.

Eretico.

‘’Non dirlo’’ risposi. ‘’Non dire questo. Certo che esiste. Deve esistere’’.

‘’Non ci crederò mai’’ esclamò, poggiandosi sul divano in pelle. ‘’Non crederò mai a nessuna delle minchiate che la chiesa ci rifila. Sono solamente dei succhiasoldi. Tutti loro: i vescovi, i preti. Perfino il Papa’’.

‘’Ma che dici?’’ sobbalzai. ‘’Sono…fedeli del Signore. Senti Harry, non per fare la saputella, ma non credi che nei momenti di difficoltà faccia stare meglio sapere che c’è qualcuno nella quale puoi contare?’’.

‘’Ah davvero?’’ sogghignò. ‘’Qualcuno nella quale si può contare, dici…bene. Allora posso farti una domanda?’’ vedendo la mia faccia si addolcì. ‘’E’ solo curiosità, nessuna cattiveria gratuita’’.

Sospirai. ‘’Mi sento bene oggi, quindi…spara’’.

‘’Dov’era il tuo Dio?’’ chiese. ‘’Intendo… quando ne hai avuto bisogno la settimana scorsa. Niall me lo ha detto. Dov’era quando ti sei sentita male? Se sapeva, visto che ‘sa tutto’, quanto fosse importante per te uscire con Horan, perché non ti ha impedito di collassare?’’.

Bella domanda.

‘’Lui…’’ tentai. ‘’Ci sono persone che hanno più bisogno di me, di essere salvate’’. Non trovai nulla di più intelligente da dire.

‘’Che lo meritano più di te?’’.

‘’Suppongo di sì’’.

‘’Ne dubito’’ sussurrò. Poi mi si avvicinò e mi disse ‘’Tu sei la persona migliore che abbia mai conosciuto. Chi lo merita più di te?’’.

Con lui così vicino non riuscivo a ragionare lucidamente. ‘’Non lo so, Harry’’. Avevo gli occhi lucidi, il cuore graffiato e la voce rotta. ‘’A volte, vorrei saperlo anche io perché non mi salva. Ma poi penso che, forse, ha piani più…grandi per me’’ soffiai. ‘’Forse…vuole che stia con lui. Da qualche parte in qualche ombra di qualche universo’’.

‘’Viva Lana Del Rey’’ sussurrò. Nessuno dei due rise. ‘’Miriam, ascoltami, non so cosa accadrà ma… non perdere la speranza, okay?’’.

‘’Non l’avrei persa comunque’’.

Lui mi poggiò una mano calda sul fianco e aggiunse ‘’Mi dispiace per quello che ti ho detto l’altra volta. Mi sono comportato da stronzo. Ero venuto per…’’.

‘’Chiedermi scusa?’’ lo anticipai.

‘’Una specie’’ sorrise. ‘’Le accetti le mie scuse?’’.

‘’Non sono mai stata arrabbiata con te’’ dissi. Poi lo abbracciai. ‘’Grazie Hazza’’ sussurrai nel suo orecchio. Giurai di sentirlo sorridere.

 

 

ddc  Ria aka Bella Thorne è MOLTO seria<3 la amo.

                                                                                 

HI GIRLS (?)

SCUSATE IL RITARDO (DI NUOVO LOL) MA NON SONO A CASA, E MI E’ DIFFICILE SCRIVERE :’) DETTO QUESTO MI SCUSO NON SOLO PER IL RITARDO. SO CHE NON HO RISPOSTO ALLE VOSTRE RECENSIONI, MA LA LINEA ERA DAVVERO MOSCIA (?) LE RISPONDERO’ IL PRIMA POSSIBILE!

COLGO L’OCCASIONE PER RINGRAZIARVI TUTTE! SIETE MAGNIFICHE, LE MIGLIORI. DICO DAVVERO.

DETTO QUESTO, SPERO CHE IL CAPITOLO SIA VALSA L’ATTESA. LO SPERO TANTO HHAHA. SE NON VI PIACE LA PIEGA CHE STA PRENDENDO LA STORIA, O AVETE QUALCHE CONSIGLIO, NON FATEVI PROBLEMI A PARLARNE. SONO PROPENSA A MODIFICHE C:

AH, DELLA STORIA DI MIA\LOU NE PARLERO’ TAAAANTO NEL PROSSIMO CAPITOLO. PREPARATEVI ALLA BOMBA HAHAHAH

A PRESTO RAGAZZE! VI LASCIO IN BASSO I MIEI CONTATTI E IL LINK DI UNA OS CHE HO SCRITTO SU HARRY. MI FAREBE PIACERISSIMO (?) SAPERE CHE NE PENSATE. E VI LASCIO ANCHE IL LINK DI UNA NUOVA LONG CHE STO SCRIVENDO, SU JAMIE CAMPBELL BOWER, UN ATTORE.  NON SO SE LO CONOSCETE, MA INTERPRETERA' JACE NEL FILM SHADOWHUNTERS, E IO HO LETTO TUTTI I LIBRI. AMO QUELLA SAGA! VOI?

VI AMO.

H.

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sun   OS SU HAROLD C:



ju  OS SU JAMIE BAWAH.

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** chapter 12- Shakespeare. ***


love

 

TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

…I remember tears streaming down your face
When I said, I'll never let you go
When all those shadows almost killed your light
I remember you said, don't leave me here alone
But all that's dead and gone and passed tonight…
-Taylor Swift; Safe and Sound.

 

Capitolo 12

 

MIA’S POV

‘’Ti ho visto mentre andavi a fare una pizza con quel Tomlinson. Perché a me dicevi che non gradivi la pizza?’’.

‘’Sono sotto casa tua. Sta arrivando anche Tomlinson, no? Non dovevate vedervi stasera?’’.

‘’Questa volta insieme non ci uscite. Sono fuori la tua porta, Mia. Se arriva Louis gli spacco la faccia. Chiamalo e disdici’’.

‘’Sei mia. Dillo al tuo bel cantante’’.

‘’Tanto non ti amerà mai neanche la metà di quanto ti amo io. Se ne andrà da quelle coglioncelle delle sue fans e si dimenticherà di te’’.

‘’Non ci sarai mica andata a letto?’’.

‘’Bacialo di nuovo dinanzi a me, e ti uccido. Prima te e poi lui’’.

Mi tappai le orecchie con le mani. Ero stanca di sentire squillare il cellulare, per le continue chiamate e i continui messaggi. Stanca di sentire in clackson che indicava che era fuori casa mia. Stanca di lui. Stanca di tutta quella situazione schifosa. Volevo solo uscire con Louis in pace, senza che nessuno mi perseguitasse.

Quello era stalking?

No. Non poteva essere. Mi rifiutavo categoricamente di crederci. Avevo diciassette anni. E lui diciotto. Era solo una cotta. Solo una stupida ed insignificante cotta ingigantita. Doveva essere per forza così.

Mi arrivò, proprio allora, un altro messaggio.

‘’Quando mi farai salire in camera tua? Guarda che se scopro che quel Tomlinson ci è stato non so che faccio’’.

Mi assalì un brivido. Avrei dovuto dirlo a mia madre? Stava divorziando da mio padre, quel bastardo traditore impenitente, ed era già ‘depressa’ e stressata di suo. Non potevo aggiungere sul suo groppone uno stupido problema adolescenziale.

Perché era questo. E basta.

La settimana prima mi ero licenziata dallo starbuks. ‘’Ma perché?’’ mi aveva chiesto Lou. ‘’Sono molto stanca. Devo studiare tanto per gli esami di fine anno. E poi…mia madre ha bisogno di…aiuto in casa’’ avevo mentito. Non volevo vedere Jake neanche per quelle tre ore di pomeriggio.

‘’Mi dispiace per i tuoi genitori, tesoro’’.

‘’Lo so. Anche a me’’.

‘’Andrà tutto bene’’ mia aveva sussurrato. ‘’C’è qualcosa che posso fare per te?’’.

‘’A parte uccidere mio padre?’’.

‘’A parte quello’’ aveva sorriso.

‘’Non credo’’ avevo sussurrato. Quando lessi comprensione nei suoi occhi chiari, mi venne un’idea. ‘’C’è una cosa che puoi fare, in realtà Tomlinson’’.

‘’Tutto quello che vuoi. A parte macchiare la mia fedina penale, ovviamente’’.

Gli avevo dato una scherzosa pacca sulla spalla. ‘’Baciami e stai zitto per due secondi’’.

‘’Anche per due ore’’ mi aveva sussurrato prima di baciarmi. All’inizio dolcemente, poi con passione sempre più crescente.

‘’Mia?’’ mi aveva chiamata, mentre continuavamo a baciarci al parco. Il suo enorme cappello e i suoi occhiali da sole erano ingombranti, ma non mi importava.

‘’Mhm?’’ avevo mugugnato, fra un bacio e l’altro.

‘’Vieni a casa mia? Non c’è nessuno’’.

Mi limitai a sorridergli. ‘’Aspettavo che tu me lo chiedessi da quando ordinasti il primo cappuccino al cioccolato’’.

Al diavolo Jake.

 

RIA’S POV

 

Ero stesa sul divano. In quel momento, se qualcuno avesse cercato sul dizionario il termine ‘pigrizia’ oppure ‘ozio’ sarebbe uscito scritto nella descrizione ‘MIRIAM MARIANNE MARTIN’’.

Era una delle mie giornate ‘no’. Decisamente.

Niall era ad un’intervista con i ragazzi per non so quale televisione. E non rispondeva neanche a telefono. Qualcosa mi diceva che quella giornata sarebbe stata davvero molto noiosa.

Avevo un mal di stomaco non indifferente. Avevo vomitato tre volte quella mattina, tanto che i miei mi avevano obbligata a non andare a scuola. ‘’TU RIPOSI’’ mi avevano detto. ‘’E OGGI ANDIAMO IN OSPEDALE’’. Quello già lo sapevo, comunque. E, come se non bastasse, Leyla era uscita con una sua amica di vecchia data.

Avevo un disperato bisogno di rivedere Mia e Leila. Mi pareva una vita che non le sentivo. Quella mattina Leila mi aveva telefonata.

‘’Come mai non sei a scuola?’’ aveva chiesto la bionda. ‘’Va tutto bene?’’.

‘’Nausea’’ avevo risposto, metodica. ‘’Ma sto bene. Tu?’’.

‘’Bene’’.

E la conversazione era durata per altri due minuti, poi lei mi aveva detto che era entrata la prof in classe ed aveva attaccato.

Mentre vedevo ‘Titanic’ per la milionesima volta, non potei far a meno di pensare a quella volta in cui l’avevo visto con Niall. Sembrava una vita fa, eppure erano passate poche settimane. Le sensazioni che avevo provato erano ancora vivissime in me.

Mi aveva detto che anche lui sarebbe morto per me, come aveva fatto Jack con Rose. Certo, stava scherzando ma mi ero sentita così felice in quel momento che nulla aveva più avuto senso se non lui.

Quando mi arrivò un messaggio, in tarda mattinata, quasi sobbalzai dal divano. Presi il telefono speranzosa e notai, con una certa gioia, che i messaggi ricevuti erano ben due. Dovevo essermi addormentata quando era arrivato il primo, visto che non l’avevo sentito. Spensi la tv, sintonizzata su mtv, per poter leggere più attentamente.

Il primo era di Niall.

‘’Ria, abbiamo appena finito l’intervista. Saremo di ritorno fra poche ore. Ci vediamo? Ti adoro x’’.

Sorrisi involontariamente, come un’idiota. Solo pochi mesi prima avrei reputato impossibile avere anche solo il numero di Niall Horan, figurarsi ricevere un messaggio sa lui.

Il secondo era un numero sconosciuto. La mia rubrica era lunga quanto i capelli di Liam, quindi chi poteva essere?

‘’Hey Mie- d’ora in poi ti chiamerò così, non importa se ti piacerà o no- volevo avvisarti che abbiamo concluso quella sottospecie di intervista e stiamo quasi arrivati a casa. E poi, tra l’altro, la giornalista ci provava spudoratamente con me! Ma, dico, è vero che sono meraviglioso e attraente ma un po’ di contegno. Comunque, salva il mio numero, non credo di avertelo mai dato. A presto.

Harold xx

Ps: il tuo numero lo ha dato Niall a tutti noi. Ha detto che saresti stata felice. Bha’’.

Sorrisi anche a quello, e salvai il numero.

Poi risposi a Niall.

‘’Niall, ci vediamo a casa mia? I miei sono in ospedale. Solo, alle cinque devo uscire quindi considerati libero da quell’ora. Ti adoro anche io.

Ria xx’’.

Non era importante che gli dicessi che dovevo andare all’ospedale.

Poi risposi anche a Harry.

‘’Più che un messaggio, il tuo, è una lettera ma sono dettagli. Sono sicura che sono stati i tuoi riccioli a far colpo sulla giornalista, di certo non tu! Ah, e viva la modestia   Sono felice che Niall vi abbia dato il mio numero. Sono felice anche se ricordate solo il mio nome, in verità. Saluti a tutti.

Ria x’’.

Mi stesi nuovamente sul divano, pensando che- forse- quella giornata non sarebbe poi stata tanto male.

 

°°°

 

‘’Che cosa?’’ domandò Niall, sconvolto, mentre si gettava a peso morto sul mio letto, sparpagliando in giro i miei pupazzi.

‘’Te l’ho detto’’ sospirai. ‘’Perché la reputi una cosa così strana?’’.

‘’Leggi Shakespeare!’’ esclamò, come se gli avessi appena confessato di aver commesso un terribile omicidio. ‘’Non sei umana. Hai sedici anni, dovresti leggere 50 sfumature di grigio’’.

‘’L’ho letto’’ confessai. In verità erano davvero pochi i libri e le saghe che non avevo letto. Avendo a disposizione molto tempo libero, e dovendo trovare un modo per far passare il tempo quando ero nella sala d’attesa del dottore, ne avevo divorati un centinaio nell’ultimo anno.

Ovviamente, quando i miei me li compravano, erano ben attenti che non fossero depressi o con personaggi…malati.

‘’Dici seriamente?’’ mi domandò, mettendosi a sedere sul letto.

‘’Perché dovrei mentirti?’’ sorrisi. ‘’Tu non l’hai letto, scommetto’’.

‘’Io non leggo’’.

‘’Lo dici come se fosse una cosa bella’’ ironizzai. ‘’I libri sono…aria’’.

‘’Ah, se lo dici tu’’.

Gli risposi con una cuscinata in faccia. Senza accorgermene, inciampai su di un peluche a terra e caddi su di lui.

‘’Se volevi mettere in pratica quello che hai letto in 50 sfumature potevi dirmelo subito’’ scherzò, iniziando a ridere. Risi anche io, ma ero leggermente imbarazzata. E avrei voluto alzarmi dal suo petto, ma mi teneva bloccata lì con le braccia.

‘’Sei così simpatico’’ ironizzai. ‘’E comunque Shakespeare è meraviglioso’’.

‘’L’hai baciato? Guarda che sono geloso’’.

‘’Non l’ho neanche conosciuto in verità’’ sorrisi. ‘’Io ho letto tutte le sue opere. La mia preferita è il sonetto ventidue’’ dissi, come se lui ne capisse qualcosa.

‘’Io non li capisco’’ sussurrò.

‘’Perché non li leggi nel modo giusto, Horan’’.

Lui mi guardò a lungo. Oramai non ero più imbarazzata, anche se ero letteralmente spalmata su di lui.

‘’Io li lessi, invece. A scuola tempo fa. Non ci capii nulla’’.

‘’Non li leggi nel modo giusto, ti dico. Non ci metti la giusta espressione’’ ripetei. Calò il silenziò. Lui mi guardava, io lo guardavo e, anche se non c’era imbarazzo, batteva il cuore ad entrambi. Sentivo il suo attraverso il sottile tessuto della maglietta nera.

‘’ Non mi convincerà lo specchio ch'io sia vecchio,
fin quando tu e giovinezza avrete gli stessi anni;
ma quando vedrò il tuo volto solcato dalle rughe,
allora m'aspetto che morte termini i miei giorni.
Infatti, tutto il decoro di tua bellezza
non è che luminosa veste del mio cuore
che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio:
e allora come potrei essere di te più vecchio?
Perciò, amore mio, abbia di te gran cura,
come anch'io farò, non per me, ma per tuo bene,
costudendo il tuo cuore teneramente,
come nutrice col suo bimbo, che non gli incolga male.
Non contare sul tuo cuore quando il mio sia spento;
tu me lo donasti per non averlo mai più indietro’’
recitai, con espressione e voce dolce, il sonetto numero ventidue.

Lui non parlò.

‘’Parla di una donna, vero?’’ mi chiese.

Annuii. ‘’Si. Parla di una donna. Hai capito che cosa voleva dire?’’.

‘’Più o meno’’ sussurrò sulla mia guancia.

‘’ Lo specchio non mi convincerà che sono vecchio , fin quando tu e giovinezza avrete gli stessi anni; ma quando vedrò il tuo volto solcato dalle rughe, allora mi aspetto che la morte ponga fine ai miei giorni.  Infatti, tutta la tua bellezza non è che una veste luminosa del mio cuore che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio: e allora come potrei essere più vecchio di te?  Perciò, amore mio, abbia gran cura di te, come anch'io farò. Non per me, ma per tuo bene, custodendo il tuo cuore teneramente, come fa una nutrice col suo bimbo.  Non contare sul tuo cuore quando il mio sia spento; tu me lo donasti per non averlo mai più indietro’’ recitai. Avevo imparato anche la parafrasi del sonetto a memoria.

Era o no il mio preferito?

Niall non parlava, si limitava a guardarmi assorto.

‘’Wow’’ disse solo.

‘’Già’’ sorrisi. ‘’Wow. E’ meraviglioso, non è così?’’.

‘’E’ sovrumano. Non mi sarei mai aspettato che avesse un significato così profondo’’.

Feci per alzarmi dal letto, ma lui mi spinse accanto a lui e mi abbracciò da dietro, facendo aderire la mia schiena al suo petto. Sentivo il suo respiro regolare, il suo cuore battere, la sua pelle candida e calda.

E non avevo mai amato Niall di più che in quel momento. Ma mi sembrava davvero troppo presto per dirglielo.

Lui avvicinò il volto nell’incavo del mio collo e mi sussurrò ‘’Tutto il decoro di tua bellezza non è che luminosa veste del mio cuore che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio’’.

‘’Lo ricordi?’’ sorrisi.

‘’E’ la frase più bella che abbia mai sentito’’.

‘’Vero’’ sussurrai. Poi mi voltai, e lo baciai. Era la prima volta che prendevo l’iniziativa per un bacio, ma le mie guance non erano rosse, come sarebbero state normalmente. Con Niall non mi sentivo mai a disagio.

Mi fidavo di lui.

Quando lo guardai negli occhi, con la fronte contro la sua e le sue mani sui fianchi, mi persi nei suoi bellissimi occhi azzurri.

‘’ Non contare sul tuo cuore quando il mio sia spento; tu me lo donasti per non averlo mai più indietro’’ gli soffiai sulle labbra. Non c’era frase più appropriata che potessi dedicargli.

‘’Ria?’’ mi chiamò lui. Smisi di lasciargli piccoli baci sul collo e lo guardai di nuovo. Aveva gli occhi lucidi.

‘’Mio Dio’’ esclamai, portando le mie esili mani sul suo viso perfetto. ‘’Perché piangi? Ho fatto qualcosa che…?’’.

‘’No’’ mi precedette. ‘’Non hai assolutamente fatto nulla, tu’’.

‘’E allora che c’è?’’.

Proprio allora una lacrima rigò la guancia calda del biondo. Gliela spazzai via con il pollice prima che potesse toccagli il mento.

Lui portò una mano sulla mia, come a chiedermi di non rimuoverla dalla sua guancia. Non ne avevo intenzione, comunque.

‘’Miriam…’’ oh no. Mi aveva chiamata Miriam. Stava per dirmi qualcosa di importante. Ero agitata. ‘’Piango perché…’’.

‘’Perché?’’ lo incitai.

‘’Perché credo…credo…’’.

‘’Niall se vuoi lasciarmi fallo e basta’’ sussurrai. Non ero arrabbiata, e avevo ancora una mano sul suo viso, sotto la sua. Infondo, io ero solo io e lui era…lui. Che cosa stupida.

‘’NO’’ esclamò lui, a dir poco terrorizzato. Mi calmai un po’. Tanto meglio così. ‘’Io…’’.

‘’Niall, non devi dirmelo per forza’’ lo interruppi. ‘’Se è perché la frase che ti ho detto ti ha ricordato che…insomma che…morirò, non volevo’’.

‘’Non dirlo’’ chiuse gli occhi. ‘’Ti prego non dirlo. Sto cercando di dirti qualcosa di più importante’’.

‘’Più importante della mia vita?’’ chiesi. Aveva ancora gli occhi chiusi. Forse vedermi lo… sconcentrava?

‘’Non hai bisogno della tua vita’’ sussurrò. Non capii, così si spiegò. ‘’Ora hai me, Miriam. Potrai sempre contare su di me. Sempre. Te lo giuro’’.

‘’Ma ho bisogno della mia vita’’.

Aveva gli occhi chiusi. Perché non li apriva? Che diavolo voleva dirmi?

‘’Respira la mia aria’’ soffiò. ‘’Se ti manca l’aria, respira la mia. Respiriamo insieme’’.

Mi si riempirono gli occhi di lacrime. ‘’E’… hai appena detto una cosa…bellissima’’.

Poi intrecciò le nostre dita, ma quella volta era diverso. Il cuore rischiava di uscirmi fuori dal petto. Non devo piangere, mi ripetei.

‘’Ria quello che volevo dirti è…’’.

Ma, proprio mentre stava per parlare, squillò il mio cellulare. ‘’Rispondi’’ mi disse, anche se non l’avrei fatto, se non me l’avesse detto lui.

Mi alzai dal letto e lo presi dal comodino. Numero sconosciuto. Harry non poteva essere, lo avevo salvato in rubrica.

‘’Pronto?’’ chiesi.

‘’Miriam sono Louis’’.

In un alto momento sarei svenuta, ma lui aveva una voce a dir poco terrorizzata. Pensai subito al peggio.

‘’Che è successo, Louis?’’ chiesi.

Lui sospirò. ‘’Qui ci sono anche i tuoi genitori’’ mi disse. Ma che…? I miei genitori erano in ospedale.

Oh Dio.

‘’LOUIS CHE E’ SUCCESSO?’’.

‘’Mia’’ disse solo. Non aspettai neanche che parlasse. Attaccai la cornetta e presi il cappotto.

‘’Che c’è ?’’ si allarmò Niall.

‘’Portami subito all’ospedale, Niall. Mia’’.

Prese il cappotto anche lui, e uscimmo di corsa fuori casa.

 hor

 

BUONSALVE!

CIAO RAGAZZE <3 PER FARMI PERDONARE DEI MIEI CONTINUI RITARDI, STAVOLTA HO AGGIORNATO IN  FRETTA HAHAHAH CHE NE PENSATE? CHE CREDETE SIA SUCCESSO A MIA? MI FAREBBE PIACERE CONOSCERE LE VOSTRE OPINIONI C: OVVIAMENTE, LA POESIA E' DAVVERO UN SONETTO DI SHAKESPEARE, CHE VI CONSIGLIO DI LEGGERE <3 

DETTO QUESTO, VI RINGRAZIO TUTTE PER AVER RECENSITO IL CAPITOLO PRECEDENTE. NON SEMPRE RISPONDO, MA LE RECENSIONI LE LEGGO SEMPRE SEMPRE, E RIESCONO A STRAPPARMI UN SORRISO OGNI VOLTA. GRAZIE. <3

ALLORA, L'ESTATE STA FINENDO çç COME L'AVETE PASSATA? SPERO BENE. 

VORREI APPROFITTARE DEL MOMENTO PER DIRVI CHE LA MIA FANFICTION SU JAMIE CAMPBELL BOWER (ATTORE DI SHADOWNUNTERS. DOMANI VADO AL CINEMA YEEE LOL) E' QUINTA NELLE POPOLARI C: RINGRAZIO CHI DI VOI LA SEGUE, E CHI NON LO FA LO INCITO A FARLO (?) VI LASCIO IN BASSO IL LINK, SE VOLETE INSERITELA FRA I PREFERITI. MI RENDERESTE LA RAGAZZA PIU' RAGGIANTE DEL MONDO LOL
BENE, IO EVAPORO HAHAH
I MIEI CONTATTI SONO IN BASSO <3

BACI.

H.

 ju Fanfiction su jamie <3

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Capitolo 13
*** Chapter 13. ***


love

 

TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

…I’ll be here waiting
Hoping
Praying
That this light will guide you home.
When you’re feeling lost
Don’t leave, my love
Hidden in the sun, for when the darkness comes…
-When the darkness comes; Colbie Caillat-

Capitolo 13

LOUIS’S POV.

Poche volte nella mia misera vita mi ero sentito impotente. Poche volte avevo pregato e sperato come se non ci fosse stato un domani. Poche volte avevo davvero provato così tanto odio e così tanta rabbia da voler spaccare tutto.

Poche volte avevo desiderato la morte di qualcuno.

Quella era una di quelle volte. L’unica volta, anzi. Ero intrattabile e nervoso. La scena del corpo martoriato e pieno di lividi di Mia non mi dava pace. Appariva anche quando i miei occhi erano aperti.

L’avevo trovata io.

Ci eravamo dati appuntamento alle nove a casa mia, ma alle dieci e mezza non era ancora arrivata. Nervoso, ero uscito per andare da lei e chiederle una spiegazione. Insomma, non rispondeva neanche al cellulare!

Quando avevo visto la porta aperta, fuori casa sua, avevo temuto il peggio. Entrando l’avevo chiamata con tutta la voce che avevo in corpo, ma non aveva risposto. Ero andato in camera sua. Sapevo che i genitori erano andati a Dublino per una conferenza, essendo giornalisti, e che lei aveva insistito per rimanere a casa da sola anziché andare dai nonni.

L’avevo trovata immobile sul letto. Gli occhi chiusi e la pelle rossastra. Respirava a fatica. Mi ero avvicinato a lei, scosso e preoccupatissimo, e l’avevo presa fra le braccia e portata in auto. Il tutto ad una velocità impressionante, considerate le circostanze. Non le avevo chiesto nulla, e non sapevo se mi avrebbe risposto se l’avessi fatto.

Aveva parlato lei, quando eravamo vicinissimi all’ospedale. ‘’Lou’’ aveva sussurrato. Se non fossi stato attento a sentire ogni suo singolo respiro, per paura che smettesse di respirare, non l’avrei sentita.

‘’Non parlare Mia’’ le avevo detto, cercando di cacciare indietro le lacrime. La curiosità mi stava corrodendo. Cosa cazzo era successo? Ma avevo paura di chiederglielo. Se non avesse voluto parlarne?

‘’E’ stato Jake’’ aveva ansimato, portando la testa sul vetro della portiera. ‘’Non…non credevo che avrebbe scassinato la porta’’.

Solo allora avevo capito. L’atteggiamento di quel ragazzo non mi era mai piaciuto. Mai.

Provai una rabbia che, sommata al dolore, avrebbe potuto far scoppiare la mia AUDI.

‘’Mia, gliela faccio pagare. Te lo giuro’’.

Lei non aveva detto nient’altro. Solo un ‘’Sbrigati, mi sento svenire’’.

 

RIA’S POV.

Stare ferma in una dannata sala d’attesa, con le pareti pitturate di un azzurro osceno, era snervante. Niall che, per una volta, non parlava era snervante. Louis che andava avanti ed indietro per la milionesima volta era snervante. Il fatto che i miei genitori fossero con Mia ed io no era snervante.

Il fatto che per una volta- una sola volta- fossi io ad aspettare fuori invece che essere dentro era snervante.

Avere la consapevolezza che i genitori di Mia sarebbero piombati lì da un momento all’altro, e che avremmo dovuto spiegargli tutto, era SNERVANTE.

‘’Louis’’ esclamò Niall, all’improvviso. ‘’Te ne prego, sta fermo!’’.

‘’Non ci riesco, Horan. Fanculo’’.

‘’Eh?’’ domandò Niall.

Poggiai una mano sul braccio del mio ragazzo- IL MIO RAGAZZO- e gli sussurrai ‘’Lascia stare’’.

L’ora successiva passò senza che nessuno dicesse nulla. Senza che succedesse nulla. Poi qualcuno piombò nella sala. Credevamo fosse il medico, o uno dei miei genitori ma era solo...Harry.

‘’Fanculo, Harold’’ ringhiò Louis, che si era preso uno spavento. Poco dopo nella stanza piombò qualcun altro. Secondo spavento.

Era Leila.

I capelli ancora più biondi di come li ricordassi, un jeans bianco e un top verde. Era dimagrita, o no?

‘’Leila’’ sussurrai. Lei mi guardò ed io la guardai. Nessuna delle due ebbe bisogno di aggiungere null’altro. Ci abbracciammo di scatto, quasi stritolandoci.

‘’Come sta?’’ chiese Leila.

‘’Non lo sappiamo’’ risposi.

Quando sciogliemmo l’abbraccio la presentai ai ragazzi, ma nessuno sorrise o fece battute. Era curioso che Leila avesse finalmente conosciuto i ragazzi, ma in una situazione del genere. Louis riprese a camminare poco dopo.

Niall si sedette di nuovo.

Leila era immobile, come Harry. Io mi sentivo male. Veramente, veramente male. Malissimo. In due secondi fu come se il mio stomaco si fosse capovolto. Sentii le ginocchia molli e il battito accelerato. Sbandai.

Ma prima che potessi cadere, Harry fu dietro di me e mi afferrò per il busto.

‘’Sto bene’’ sussurrai, staccandomi da lui. Niall fu accanto a me in un attimo. ‘’Hai la faccia bianca’’ mi disse.

‘’Non guardarmela’’ replicai.

Niall non diede peso alle mie parole. Guardò Harry, poi Louis e poi me. ‘’Harry portala fuori’’ disse. ‘’Io sto con…Louis’’.

Non era da Niall abbandonare un amico in difficoltà, lo sapevo. Ma quella scelta mi urtò. Io volevo che ad accompagnarmi fuori fosse lui, non Harry. Ma non avrei fatto la capricciosa adesso.

‘’Posso accompagnarla io’’ disse Leila ad Harry.

‘’Tranquilla’’ soggiunse lui. ‘’Vado io. Fateci sapere se ci sono novità’’.

Per tutto il tragitto, fino al parco dell’ospedale, nessuno dei due parlò. Almeno non finchè non uscimmo dalla struttura.

‘’Come stai?’’ mi chiese Harry.

In effetti, ora che respiravo aria pura stavo molto meglio. Lo stomaco mi faceva ancora male, ogni volta che respiravo sembrava che ingoiassi spilli appuntiti, ma almeno non mi sentivo svenire.

‘’Potrei vomitare da un momento all’altro’’ ironizzai, anche se ero sincera. ‘’Puoi entrare. Se tieni alle tue belle scarpe, almeno’’.

Lui sorrise. ‘’Potrei comprare la fabbrica che fa queste scarpe, lo sai?’’.

‘’Se proprio devi buttare via i tuoi soldi dalli in beneficenza’’.

Sorrise ancora. ‘’L’ho già fatto! Non sono insensibile’’.

‘’Bravo’’ scherzai. ‘’Cinquanta punti per Grifondoro’’.

Lui rise apertamente. ‘’Non mi conosci, Martin’’ disse. ‘’Io sono Serpeverde!’’.

Gli diedi una leggera pacca sulla spalla. ‘’Anche io! Caro il mio compagno di casata’’.

Lui mi cinse le spalle con un possente braccio. Profumava di…viole? ‘’Di un po’, Ria’’ imitò una voce che non riuscii ad identificare. ‘’Sai prepararmi una pozione Restringente?’’.

‘’Fai un’imitazione orrenda di Piton’’ sorrisi. ‘’E stai infangando il mio personaggio preferito!’’.

‘’Piton?’’.

‘’Cos’hai contro Piton? Si, lui’’.

‘’Pff’’ esclamò. ‘’Io lo reputo un codardo’’.

‘’E quale sarebbe il tuo personaggio preferito?’’ chiesi retorica. Avevo intenzione di infangare il suo, ora. Piton era sacro per me.

‘’Ma è ovvio’’ esclamò Harry. ‘’Indovina’’.

‘’Harry Potter?’’.

‘’No’’.

‘’Hermione?’’.

‘’Dio, no. Mi dà su i nervi’’ sorrise.

‘’Ron? Silente? Draco Malfoy?’’.

‘’No’’.

Sbuffai. ‘’Harold parla e basta’’.

‘’GRATTASTINCHI’’.

Volevo prenderlo a pugni. Il gatto? Il suo personaggio preferito era un gatto?

‘’Sei malato, Harry’’ esclamai, sedendomi su di una panchina. Almeno era riuscito a farmi sorridere.

Si sedette accanto a me.

"La sai una cosa?" Mi domando'.

 "Dipende da che cos'è" esclamai, raddrizzandomi sulla rigida panchina blu del parco immerso nel verde.

 "È una storia. Me la raccontava sempre mia madre prima di morire".

 Mi raggelai. Ricordai di quando si diffuse la notizia della morte di sua madre. Noi directioners eravamo rimaste malissimo, e lui si era assentato ad una marea di concerti.

 "Non devi dirmela per forza" sussurrai, convinta che per far stare meglio me non dovesse soffrire lui.

 "Voglio raccontartela, invece" soggiunse. Io feci silenzio ed aspettai che iniziasse a parlare.

 "Mi diceva sempre che quando qualcuno tentava di distruggersi, in realtà, era un angelo".

 "E perché?" Chiesi.

 Lui scrollo' le spalle. "Diceva che chi si faceva male da solo era un angelo perché gli angeli tentano di uccidersi sulla terra per ritornare in cielo".

 "Ora...capisco. Ma gli angeli non credo che...esistano" sussurrai.

 Lui si voltò a guardarmi e mi sentii nuda e scoperta.

 "Esistono. Dio non esiste, ma gli angeli si".

 Sorrisi amaramente. "E ne hai la prova?" Ironizzai.

 Lui mi si avvicinò ancora. Un po troppo, forse. Era serissimo.

 "Si. Ne ho la prova".

 "E sarebbe? " lo incalzai.

 Mi prese la mano e la bacio'. Un gesto stupido e innocuo, ma che mi immobilizzo'.

 "Starei troppo male se sapessi che tu...non lo diventeresti mai".

 "Io...non ne voglio parlare" aggiunsi.

 Lui sogghigno'.

 "Hai ragione" sussurrò. "Non parliamone".

 Poi mi baciò. Nel vero senso della parola. Le sue labbra erano morbide. Il suo bacio fu molto più irruento di quelli di Niall, la sua lingua si muoveva più veloce.

Mia era stata violentata, ed io baciavo Harry.

Era sbagliato. Sbagliatissimo e lo sapevo. Sapevo anche che era solo un bacio, però. Non era nulla di più. Io amavo Niall. Lo amavo.

Mi sottrassi all’improvviso, lasciandolo interdetto e guardandolo interrogativo.

‘’Che cosa fai?’’ gli domandai.

Lui si alzò dalla panchina e si strofinò il volto con le mani. ‘’Scusa’’ sussurrò. ‘’Davvero, scusami Miriam io…non volevo. Perdonami. Ti prego non dirlo a Niall, io…’’.

Mi alzai anche io. ‘’Tranquillo’’ lo interruppi. ‘’Non lo dirò a Niall. Non scusarti, ti…ti perdono. Ma…perché lo hai fatto?’’.

‘’Miriam non sono innamorato di te, se è di questo che hai paura’’ si voltò.

‘’Sei tu che mi hai baciato, e poi non ho detto nulla. Ho solo fatto una domanda’’.

Lui non si voltò quando rispose. ‘’Non lo so. Sinceramente, non lo so’’.

Sospirai. ‘’Va bene’’.

Lui, stavolta, mi guardò in modo truce. ‘’Va bene?’’ domandò. ‘’Ti ho appena detto che non so perché ti ho baciata e tu dici che va bene?’’.

‘’Che dovrei dire?’’ esclamai. ‘’Dovrei piangere? Dovrei…che ne so! Dimmi tu cosa dovrei fare!’’.

Lui mi afferrò le spalle con le mani, e si avvicinò di nuovo a me. ‘’Forse’’ ringhiò ‘’Non sai quel che darei perché tu sia felice’’.

‘’E perché me lo dici come se stessi per uccidermi?’’.

‘’Perché questo compito spetta a Niall, non a me! Io…non sono il tuo ragazzo’’. Non riuscivo a leggere il suo sguardo.

‘’Credo di saperlo questo, stupido serpeverde’’.

Lui sorrise, ma era un sorriso tirato e si vedeva. Mi lasciò le spalle. ‘’Credo che dovremo rientrare, adesso’’ sussurrò.

Io risi amaramente. ‘’Harry affrontiamo il discorso. Qual è il tuo problema?’’.

‘’Tu’’ urlò lui.

‘’Io?’’ sbraitai. ‘’E perché?’’.

‘’Perché mi ricordi lei, e mi fai male senza neanche rendertene conto!’’.

Quello fu un colpo basso. E non lo capii nemmeno.

‘’Ti ricordo chi?’’.

‘’Mia madre. Lei aveva la tua stessa, dannata e maledetta malattia!’’ singhiozzò. Stava…piangendo? Mi si strinse il cuore ma non feci nulla. ‘’Aveva i capelli del tuo stesso colore, prima di tingerli marroni. Gli occhi castani come i tuoi. Era magra come te. Era…tu sei troppo uguale a lei. Non riesco a guardarti neanche per due minuti di fila’’.

Okay, stava piangendo.

‘’Harry’’ sussurrai. ‘’Sono solo io, però’’.

‘’Lo so’’ abbassò il viso e pianse ancora. I riccioli castani gli coprivano il viso. Mi faceva tenerezza.

Provai ad avvicinarmi, ma lui mi disse. ‘’Non…non avvicinarti’’.

Non lo ascoltai. Corsi verso di lui e lo abbracciai, accarezzandogli la schiena. ‘’Shh’’ sussurrai. ‘’Mi tingo i capelli, te lo prometto’’.

Lo sentii sorridere.

‘’Scusa’’ mi disse.

Lo strinsi di più. ‘’Forse non sai quel che darei perché tu sia felice’’ gli sussurrai.

 gfdf

 

HOLAAA (?)

ALLORA, PER CHI HA LETTO LO SPOILER SU FB HAHAHAHAH CREDEVATE CHE FOSSE NIALL, EH? LOL FREGATE HAHAHA.

NO, SERIAMENTE. CHE NE PENSATE? NEL PROSSIMO SI PARLERA’ MAGGIORMENTE DI MIA C: OVVIAMENTE, CI TENEVO A CHIARIRE CHE LA MAMMA DI HARRY E’ INVENTATA.

CHE NE PENSATE DEL COMPORTAMENTO DI HAROLD? NO, NON E’ INNAMORATO LOL
DITEMI SE IL CAPITOLO VI FA SCHIFO çç

OVVIAMENTE, TUTTI I RIFERIMENTI AD HARRY POTTER NON SONO CASUALI!

AH, VOLEVO RINGRAZIARE LE LETTRICI DELLA FF 'SHIVER'. E' TERZA NELLE POPOLARI! GRAZIE <3 VE LA LINKO GIU' C:

AH, PASSATE DA LEI <3 E' DAVVERO CARINA, VE LA CONSIGLIO <3 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2101881&i=1 

BACI.

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Capitolo 14
*** Chapter 14 ***


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TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

Imagine there's no heaven 
It's easy if you try 
No hell below us 
Above us only sky .Imagine all the people 
Living for today...
-John Lennon: Imagine.

 

Capitolo 14

La lezione di scienze era sempre stata una spina nel fianco. Era anche l'unico motivo per cui ero stata felice di non frequentare quella maledetta scuola l'anno precedente. E non ero esattamente dell'umore adatto per dar retta alla professoressa obesa dietro la cattedra, come non ero esattamente dell'umore adatto per studiare e parlare di 'CICLO VITALE'. Inutile dire che la maggior parte dei ragazzi in classe, ogni volta che si arrivava alla parola 'morte', si girava verso di me.

 Non che non pensassi alla morte, chiaro. Anzi ci pensavo troppo, ma pensavo anche di meritare un periodo di pausa, no?

 ''Signorina Martin'' mi richiamò la professoressa Charles, visto che guardavo fuori dalla finestra come se in giardino ci fosse Brad Pitt nudo. Non che mi importasse di Brad Pitt nudo, eh. ''Mi sta ascoltando?''.

 ''Si'' sussurrai io, sperando mi credesse. Non fu così.

 ''Mi dica cos'è il ciclo vitale, allora. E non mi reciti la filastrocca del 'nasce-cresce-si nutre- si riproduce- muore' se non vuole un bel tre''.

 Sospirai. Per una sola volta in vita mia desiderai picchiare qualcuno. Lei. Era sadica e sapeva che seguivo sempre le sue lezioni. Perché non lasciava perdere per quella volta?

 ''Lo vuole sapere davvero?'' domandai. Pensai a Mia ancora in un letto d'ospedale e pensai di trovarmi nel posto sbagliato al momento sbagliato. ''Siamo come dei fuochi d'artificio, tutti noi esseri viventi. Ognuno di noi ha il suo momento di gloria in cielo, quando tutti gli occhi sono puntati su di lui. Ma dura un secondo. Solo un misero secondo. Poi scompare e nessuno si ricorderà mai di lui, a meno che non sia di un colore particolare o non sia più lungo del normale. E poi ci sono quelle botte così piccole che non sono notate neanche per un nanosecondo. Quelle che muoiono sul nascere, senza neanche inalare una singola parte d'aria. Ma scompaiono proprio come le botte grandi. Conclusione? Non importa quanto splendiamo in cielo nell'istante in cui lo raggiungiamo. Bruceremo comunque in questo buco di universo. Questo accadrà per tutte le generazioni a venire. Per sempre''.

Presi lo zaino da terra e mi recai verso l’uscita. Per una sola volta in tutta la mia vita non mi importava di nulla. Né della professoressa, né delle opinioni dei miei compagni, né di compromettere la mia carriera scolastica.

Sbattei anche la porta, poco dopo aver sentito la prof urlare un ‘’Signorina Martin, le metto una nota!’’.

°°°

 

Mia era sveglia. Aveva l’occhio destro così gonfio che non riusciva neanche ad aprirlo. Quando la vidi sdraiata su quel letto, avvolta da una coperta di cotone bianco e con l’odore di disinfettante nell’aria, rabbrividii.

Conoscevo meglio di chiunque altro quella puzza.

Quando Mia sentì la porta aprirsi, alzò lo sguardo e incatenò i suoi occhi chiari nei miei. Poi sorrise.

In quel momento provai un’incredibile e malsana voglia che ci fosse Jake al suo posto.

‘’Mia’’ esclamai, cercando di sorridere. Mi avvicinai di più al suo letto e le presi la mano in un gesto convulso.

Lei non la strinse, forse perché le mancava la forza, ma non si allontanò. ‘’Dove sono i tuoi genitori?’’ le chiesi. Sapevo che per la madre ed il padre stare nella stessa stanza era un sacrificio enorme, visto che stavano divorziando.

‘’Mamma è al bar, papà è andato a fare una doccia’’.

Non sapevo che dire. Avevo marinato la scuola ed ora non sapevo che diavolo dirle. Volevo solo stringerla e piangere, ma avevo paura di farle male. Mi limitai a piangere.

‘’Ria’’ sussurrò, dolcemente. ‘’Non piangere. Sto bene’’.

‘’Lo uccido, Mia. Giuro che lo uccido quel bastardo’’ singhiozzai. La cosa era comica: ero una ragazza minuta e malata, che aveva il fiatone dopo non appena due minuti di corsa e volevo ‘uccidere’ uno scimmione del genere?

‘’Miriam, lo apprezzo, davvero. Ma ti dico la stessa cosa che ho detto a Louis: per favore statene fuori. L’ho già denunciato’’.

‘’Non mi basta’’.

‘’Ria, pensa a stare bene’’.

In quell’istante sentii la rabbia scorrermi fin dentro le orecchie. Non importavo sempre e solo io. Non era detto che qualunque cosa succedesse a qualcun altro fosse sempre inferiore a quello che era successo a me solo perché, si sapeva, stavo morendo.

‘’Mia non sono io la ragazza immobilizzata sul letto di un ospedale, con due costole rotte’’.

‘’Esagerata’’.

La guardai meglio negli occhi. Stava soffrendo, e non solo per il dolore fisico. Lo sapevo e glielo leggevo nelle iridi. Era assente, in qualche posto lontano ed irraggiungibile.

‘’Se hai bisogno di qualcosa’’ esclamai, per cambiare discorso ‘’Non preoccuparti a chiermelo’’.

Lei sorrise e separò le nostre mani.

‘’Lo so’’ soffiò ‘’Grazie’’.

‘’Come…come è stato? ‘’ domandai. Mi venne in mente di quella volta in cui mi aveva chiesto se avessi paura di morire. Ero stata sincera perché sapevo che di lei potevo fidarmi, e sapevo che non parlarne era inutile.

‘’Orrendo’’ disse, guardando persa fuori dalla finestra. Il giardino dell’ospedale era oscuro e brutto come quest’ultimo. ‘’Ma è finita. Finita’’.

‘’Si’’ aggiunsi ‘’E’ finita’’.

Fu allora che la porta si spalancò. Mi girai verso essa, convita che avrei trovato la madre o il padre di Mia lì davanti a me. Ma non erano loro. E neanche qualche infermiera.

Era Louis.

In un’altra situazione avrei reagito normalmente vedendolo. Non l’aveva lasciata sola per un secondo, e si era anche presentato ai suoi genitori. Ma Louis non era come sempre.

Aveva il labbro spaccato, da cui fuoriusciva un rivolo di sangue. L’occhio era quasi più nero e gonfio di quello di Mia, e la sua felpa bianca era macchiata di sangue. Lo seguì un’infermiera, che strinse il suo braccio e gli disse ‘’Ora hai visto che la signoria  Miarinne sta bene. Devi venire subito al pronto soccorso con me’’.

Louis la seguì senza proferir parola. Io e Mia non riuscimmo a dire nulla neanche mentre usciva, trascinato quasi di peso da quella grassona dell’infermiera. E poi scomparve.

Io guardai Mia ma lei stava, di nuovo, guardando fuori dalla finestra con uno sguardo vacuo.

Lo sapevo che sarebbe successo. Sapevo che Louis non le avrebbe dato ascolto. Ed era stato fortunato perché Jake era il doppio di lui e, se avesse voluto, avrebbe potuto ucciderlo.

E il giorno dopo gli One Direction avevano un concerto.

Mi veniva la nausea al pensiero di tutti i rumors che si sarebbero diffusi a tempo record.

Corsi in bagno e vomitai anche l’anima.

°°°

 

NIALL’S POV

‘’Lo sapevo che Louis si sarebbe cacciato nei guai’’ dissi a Zayn ed Harry  in cucina. Louis ci aveva chiamati dall’ospedale per dirci che aveva fatto a botte con Jake ma che stava bene.

‘’Perché non mi ha chiamato?’’ ringhiò  Zayn ‘’Sarei andato con lui e l’avrei ammazzato, quel Jake di ‘sta minchia’’.

‘’Solito violento’’ sussurrai, sorseggiando un po’ di succo.

‘’Louis ha fatto bene’’ continuò Zayn. ‘’Se qualcuno avesse fatto questo a Melinda…’’ iniziò, per poi tapparsi la bocca. Non voleva dirlo.

‘’Melinda?’’ chiese Harry. ‘’Chi cazzo è questa?’’.

‘’Già’’ soggiunsi.

‘’Ehm’’ balbettò Zayn ‘’Una ragazza che ho conosciuto da poco’’.

Probabilmente se Mia non fosse stata in ospedale, se Ria non fosse stata male per lei da far schifo e se Louis non avesse mezza faccia viola, avrei fatto altre domande.

Ma al momento non mi importava granchè.

‘’Perché non andiamo da Mia?’’ domandò Harry.

‘’Guido io’’ esclamai.

 

°°°

Trovai Ria nel giardino dell’ospedale, seduta silenziosa su di una panchina, mentre guardava il cielo. Mi pareva diversa. Forse più grande, forse più lontana.

Una strana paura iniziò ad incollarsi alle mie ossa.

Corsi verso di lei. Ria sentì i miei passi e alzò lo sguardo, sorridendo. Cercando di sorridere. Le occhiaie sotto i suoi occhi erano più profonde del solito.

Mi sedei accanto a lei.

‘’Va tutto bene, amore?’’ le domandai.

Lei strinse la mia mano, o meglio gli si aggrappò come se fosse una boa in pieno oceano. Ria stava già male di suo, non aveva per nulla bisogno di altre preoccupazioni. Sapevo quanto tenesse alle sue amiche, quanto soffrisse quando qualcuno che amava stava male. Quasi come se quel dolore fosse anche suo.

‘’Va abbastanza bene’’ rispose, poggiando la testa esile sulla mia spalla. Strinsi di più la sua mano.

‘’Mia sta bene, non devi preoccuparti. Ora va tutto come dovrebbe andare’’ dissi, cercando di tirarla su di morale. Una delle sue due migliori amiche era stata violentata. Era difficile crederlo persino per me.

‘’Hai sentito Lou?’’ domandò.

‘’Sta bene anche lui. Ora è con Mia. La ragazza l’ha sgridato per bene’’ ironizzai. Lei rise sommessamente.

Rimanemmo in silenzio per un bel po’ di tempo, poi mi fece una domanda che mi spiazzò. ‘’Niall, la volta scorsa mi stavi dicendo una cosa. Prima che Louis mi chiamasse e mi dicesse di Mia’’.

Ricordavo bene quello che volevo dirle ma, tuttora, non mi sembrava il momento più opportuno.

‘’Io…’’ iniziai.

‘’Niall’’ mi interruppe ‘’Posso dirti una cosa io, prima? Se non te la dico adesso non la dirò più’’.

Ringraziai il cielo che mi avesse bloccato. Continuava a non sembrarmi il momento giusto, e volevo che lo fosse.

‘’Quando ci sarò io al posto di Mia’’ iniziò, e come inizio non mi piacque per nulla ‘’Non voglio che i ragazzi mi vedano. Tu puoi ma…non voglio che loro entrino nella mia stanza. Va bene?’’.

Se mi avesse detto che si sentiva male sarei stato meglio. Non amavo parlare di quelle cose, e Ria lo sapeva bene. Ma avremmo dovuto parlarne prima o poi, e sapevo anche quello.

‘’Te lo prometto. A parte me e i tuoi genitori, nessuno ti vedrà. Ma c’è tempo per pensarci’’ risposi.

Lei sorrise. ‘’Non c’è molto tempo, Niall’’.

‘’Perché dici questo?’’ chiesi, scosso ‘’Come puoi dirlo?’’.

‘’E’ la verità’’ rispose, completamente calma e posata. Come se non stesse parlando della sua vita, che era un po’ anche la mia. ‘’Niall, se non te la senti di stare con una ragazza malata, visto che hai i concerti, le interviste, e via dicendo io… lo capisco’’.

‘’Non dire sciocchezze’’ la interruppi. ‘’Io ti amo’’.

Ecco. Glielo avevo detto. Al diavolo il momento inopportuno. Al diavolo la leucemia. Al diavolo tutto il resto. Doveva sapere che c’ero e che ci sarei sempre stato.

‘’Come?’’ mi domandò, guardandomi negli occhi.

Trovai il coraggio di ripetere ‘’Ti amo, Miriam Marianne Martin’’.

Lei sgranò gli occhi, poi si avventò sulle mie labbra.

 ffvd

 

HALLOOOO (?)

RAGAZZE SCUSATE, SCUSATE, SCUSATE, PER IL RITARDO ALLUCINANTE. SONO PESSIMA, LO SO çç

SPERO CHE IL CAPITOLO VI PIACCIA, PERCHE’ E’ STATO UN VERO E PROPRIO PARTO. L’HO SCRITTO MILLE VOLTE E CANCELLATO TRE MILIARDI. NON SAPEVO DAVVERO PIU’ DOVE SBATTERE LA TESTA.

INOLTRE, LUNEDI’ INIZIO IL SECONDO ANNO DI LICEO E AVEVO TREMILA VERSIONI DI LATINO E GRECO ARRETRATE HAHAHAH

VOI AVETE INIZIATO LA SCUOLA? COM’E’ ANDATA? BUON ANNO GIRLS C:

AUGURATEMI BUONA FORTUNA HAHAHAH

AH, SE AVETE TEMPO DA PERDERE (?) VI CONSIGLIO DI PASSARE QUI’ C: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2132922&i=1

FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE LOL VI AMO SEMPRE DI PIU’, NON LO SCORDATE MAI.

BACI

H.

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Capitolo 15
*** Chapter 15. ***


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TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

A Mariachiara e Samira, che mi sopportano. Vi voglio bene e spero che andiate a Milano.
A mia sorella e mia cugina che realizzeranno il loro sogno.


Lay my head, under the water

Lay my head, under the sea
Excuse me sir, am I your daughter?
Won't you take me back, take me back and see?

-The pretty reckless: Under the water.


Capitolo 15

Di solito, quando le ossa cominciano a vedersi e la spina dorsale preme per uscire fuori dalla carne non è un buon segno, giusto?

Quella sera, o meglio quella notte, dopo una doccia calda mi ero guardata allo specchio dopo un tempo che mi pareva interminabile. Doveva essere interminabile. Ero troppo…diversa.

Quella non era la Ria che conoscevo io. Quella era uno scheletro vivente, una ragazza con la pelle troppo trasparente, le ossa troppo spigolose e pungenti e gli occhi troppo grandi per quel viso troppo piccolo.

Neanche i miei capelli mi sembravano più…miei. Rimasi davanti allo specchio per tanto tempo, forse veramente troppo. Eppure non riuscivo a muovermi. Perché nessuno me lo aveva detto, che sembravo un cadavere? Per questo mia mamma insisteva tanto perché mangiassi?

Dopo quelle che potevano essere ore, mi sedei sulla tazza del water e poggiai la testa sulle fredde mattonelle blu del bagno intercomunicante con la mia stanza. Qualcosa non stava andando per il verso giusto.

Avevo saputo che Jake era stato rinchiuso in un riformatorio. Si era scoperto che quello che aveva fatto a Mia l’aveva fatto anche ad altre ragazze, che erano rimaste in silenzio per vergogna ma che avevano confessato quando Mia lo aveva fatto.

Erano tre. Una di loro era stata la migliore amica di mia sorella. Ricordo che pensai a quanto fosse piccolo il mondo.

Rimasi lì in biancheria intima senza nemmeno fiatare. Mi sentivo male, ma non per la mia malattia. Quella era a posto…credo. Mi sentivo male per tutte le circostanze che c’erano state, per quelle situazioni tanto assurde quanto reale. E la ragazza spaventata sarebbe dovuta essere Mia, eppure ero io.

Lei era stata dimessa il giorno prima e, da quanto avevo potuto capire quel pomeriggio, stava benone. Io ero il vero problema. Non mi ero mai sentita così. Perfino Leila pareva aver superato la cosa, per quanto si possa superare.

Dannazione.

Quando Lydia piombò in bagno senza bussare non trovai né la voglia né la forza di sobbalzare.

‘’Sorella depressa’’ disse ‘’Sei da due ore in bagno. Credevo che ti avesse mangiato Mr carta igienica’’.

Non risi.

‘’Mr carta igienica?’’ chiesi ‘’Questa era pessima e anche un pochino squallida’’ simulai un sorriso, senza però vestirmi o muovermi.

Lei si sedette a terra, ignorando l’umidità sulle mattonelle dovuta alla doccia calda e asfissiante che avevo fatto tempo prima. La guardai meglio. Era robusta, aveva un viso bellissimo e due guance paffute ed invidiabili. Aveva i capelli molto più vivi e rossi dei miei, e boccolati. Anche se aveva il pigiama e non era truccata era meravigliosa e…sana.

Per la prima volta in vita mia la invidiai. E mi rimproverai perché non dovevo invidiare nulla a nessuno, perché dovevo accettarmi per quella che ero. Ma non potevo farci nulla. La invidiavo e basta. E avrei anche voluto essere almeno la metà di come era lei.

‘’Mamma e papà hanno deciso di trattarmi come se fossi il postino’’ aggiunse, sospirando. ‘’Dopodomani parto. Ovviamente non vado a Yale. Vado a Berlino. Troverò un lavoro e mi costruirò un futuro che mi piace. Non mi interessa se decideranno di non parlarmi più. C’è, mi interessa ma non posso farci nulla’’.

Ci misi un po’ a capire che si stava confidando. Come quando io avevo cinque anni e lei dieci. Ci nascondevamo sotto il lettone di mamma e papà, che era enorme, e ci raccontavamo tutti i nostri segreti. I suoi erano sempre stati più interessanti dei miei, comunque.

Eravamo ritornate indietro. A quando eravamo bambine, a quando eravamo libere e felici nella nostra ingenuità.

‘’Lydia’’ dissi ‘’Hai paura, vero? Di questa nuova vita che stai per intraprendere. Di non esserne capace, di fallire. Te lo leggo negli occhi’’.

‘’E’ così’’.

‘’Perché? Lo ami questo tipo, no?’’.

‘’Si chiama Federico. Si, lo amo. Penso sia la cosa più bella che mi sia mai accaduta e so che lui ama me. Ma non è questo che mi spaventa’’.

Mi sistemai meglio, in modo da essere più comoda. ‘’E allora cos’è che ti spaventa?’’.

‘’Se non ce la facessi?’’ mi domandò ‘’Non ho mai vissuto da sola, in una città sconosciuta e senza conoscere nemmeno la lingua. Se non trovassi lavoro? Se mi mancasse casa mia? Se non fossi capace di comportarmi come…una donna vissuta?’’.

Erano le stesse paure che io avevo per lei.

‘’Credo in te’’ esclamai ‘’So che ce la farai. In vita tua ce l’hai sempre fatta’’.

Lei sorrise. Non sapevo se ero davvero riuscita a farla stare meglio o se aveva finto per farmi felice, ma mi bastava così per il momento. Scesi dal water e mi sedei accanto a lei. Le mattonelle erano bagne e umide, e avendo solo gli slip era un po’ fastidioso.

Sospirai.

‘’Comunque potresti anche perdere mamma e papà, cosa di cui dubito’’ iniziai ‘’Ma avrai sempre me. Ricordalo questo’’.

‘’Lo so. Non potrei mai dimenticarlo sorellina’’ sorrise.

Per questo la amavo. Una qualsiasi altra persona mi avrebbe abbracciata in quel momento, ma il sorriso di Lydia bastava. Bastava sempre e per tutti.

‘’Ricordi’’ mi disse ‘’Quando eravamo piccole e ci nascondevamo sotto il letto di mamma e papà per raccontarci i nostri segreti?’’.

Sorrisi. ‘’Ci stavo pensando anche io’’.

‘’Lo facevamo ogni domenica, quando mamma e papà lavoravano fino a tardi. Ricordo che la babysitter ci cercava dappertutto e alla fine si arrendeva’’.

‘’Povera Emilia. La facevamo disperare!’’ esclamai.

‘’Si’’ soggiunse Lydia. ‘’Ricordo solo uno dei tanti segreti che mi raccontasti. Mi avevi detto che quella mattina ti eri svegliata e stava nevicando. Avevi cinque anni ed era la prima volta che vedevi la neve. Ricordo che mi dicesti che avevi catturato due fiocchi di neve e li avevi messi nella tasca del cappotto per ricordare quel momento per sempre. Quella sera, quando andasti in camera e mettesti la mano nella tasca de cappotto, non trovasti nulla. mi confessasti che piangesti tutta la notte ma avevi vergogna di svegliare me, o Emilia, o mamma e papà’’ sorrise.

Ricordavo bene quel momento. Erano poche le cose che non ricordavo. E ricordavo anche il mio dispiacere e la mia delusione quando avevo capito che erano scomparsi.

‘’Tu mi dicesti che non erano spariti, ma che si erano sciolti’’ aggiunsi ‘’E io ti domandai perché’’.

‘’Ti risposi che tutto si scioglie’’ terminò mia sorella.

Mi percosse un brivido, e mi convinsi che fosse stato il freddo. Tutto si scioglie. Lydia aveva poco più di dieci anni quando me lo aveva detto. Io non allora non avevo capito, ma ora mi era tutto molto più chiaro.

Mi strinsi le magre gambe al petto, cingendole con le mie esili braccia.

‘’Ria’’.

‘’Dimmi’’.

‘’Tu per me sarai sempre quella bambina che cercava di catturare la neve’’ sussurrò ‘’Questo non dimenticartelo mai. Okay?’’.

‘’Okay’’.

Fu allora che mi cinse le spalle con il braccio. Poggiai la mia testa sulla sua spalla, e lei poggiò a sua volta la sua testa sulla mia. Rimanemmo così, respirando la stessa aria, sostenendoci l’un l’altra, per molto tempo.

Quando sei con qualcuno che ti capisce senza aver bisogno di parole la felicità si raddoppia e il dolore si dimezza.

°°°

Avevo visto in televisione il concerto che i ragazzi diedero quella sera a Londra. Mi era venuta la pelle d’oca. Era in momenti come quello che mi chiedevo come avessi fatto a finire con Niall, a baciare Harry e a conoscere tutti gli altri.

In realtà quel bacio non mi pesava. Harry ed io avevamo chiarito e lui mi aveva chiaramente detto che non provava nulla per me, ma che gli ricordavo solo la madre. Strano ma pur sempre probabile.

In un certo senso.

Fu allora che mi squillò il cellulare. Era Mia. Risposi immediatamente, con il cuore in gola.

‘’Mia’’ dissi.

‘’Calma’’ mi anticipò lei ‘’Volevo solo dirti che i ragazzi sono a casa. Concerto d andato alla grande. Hanno ordinato le pizze. Sei invitata’’.

Mi alleggerii.

‘’Che dico ai miei?’’ soffiai.

‘’Miriam, prima o poi dovrai dirgli la verità’’.

‘’Lo so. Ma non stasera’’.

‘’Digli che vieni da me. I miei sono impegnati…dall’avvocato’’.

‘’Va bene. Mi passi a prendere tu?’’.

‘’Okay’’.

Ringraziai Dio che Mia avesse la macchia.

°°°

‘’Alla salute’’ esclamò Zayn, portando in alto un bicchiere di coca cola. Eravamo seduti tutti sull’enorme tavolo di casa loro, i cartoni delle pizze mezzi vuoti, e un sorriso sulle labbra.

Alzammo tutti quanti i calici, scontrandoli l’un l’altro.

‘’Alla salute’’ sussurrai.

Ero seduta accanto a Niall e Mia, che però era troppo impegnata con Louis per notarmi. Avevo parlato al mio psicologo di quello che le era successo, e mi aveva detto che probabilmente sarebbe stata restia a farsi ‘toccare’ di nuovo da qualcuno. Bhè, non aveva questo problema evidentemente.

Niall mi prese la mano, mentre discuteva con Liam di una nuova applicazione per l’iphone.

‘’Andiamo’’ disse Niall ‘’E’ ovvio che và installata. Perché diavolo non vuoi istallarla al tuo iphone?’’.

‘’Non mi piace’’ ripetè Liam ‘’In che lingua devo dirtelo biondo?’’.

Andava avanti così da più o meno un’ora. Oramai tutti gli altri si erano rifiutati di stare a sentire le loro chiacchiere.

A me piaceva sentirli parlare. A prescindere da che dicevano, ovviamente.

‘’A me non piace l’iphone’’ continuò Liam ‘’Penso che cambierò telefono’’.

‘’Che razza di coglione’’ esclamò Niall, sconvolto ‘’L’iphone è il telefono migliore che esista. E tutti hanno la nuova applicazione, ormai’’.

‘’In realtà’’ intervenni io, che avevo parlato pochissimo durante tutta la serata ‘’Io quest’applicazione non ce l’ho ancora’’.

‘’Cazzo, Ria. Te la istallo io!’’ esclamò ancora Niall. Liam scoppiò a ridere, e io lo seguii.

‘’Ma la apple ti paga?’’ domandai.

Le risate furono ancora più forti. La serata continuò in modo piacevole e finsi di ignorare lo sguardo persistente di Harry. Anche lui mi trovava peggiorata? Dopotutto aveva visto la madre morire.

Improvvisamente mi accorsi che Mia e Louis erano spariti. Bene.

Notai che Harry mi stava guardando in modo fisso e preoccupante. Io ressi lo sguardo, osservandolo a mia volta.

‘’Ria’’ disse Harry, all’improvviso ‘’Puoi venire un attimo con me?’’.

Dire che ero sconvolta era dire poco. Niall mi guardò in modo interrogativo quando balbettai un flebile ‘’C-certo’’.

Seguii Harry fino ad un corridoio dipinto di giallo canarino, con ritratti di grandi cantanti appesi su ogni centimetro di muro. Poi lui si fermò di fronte ad una porta di legno, ed io lo imitai. Mi aspettai che fosse entrato, ma rimase lì ad osservarmi.

‘’Harry, ho una sirena in testa?’’ domandai ‘’Mi stai guardando come se avessi quaranta occhi viola’’.

Lui sorrise. Poi si avvicinò ancora di più a me. Avevo paura che il cuore mi uscisse dalla bocca.

‘’Vitamine’’ disse. Inutile dire che non capii il significato di quella frase.

‘’Cosa?’’.

Lui si allontanò e guardò un ritratto. Mi pareva John Lennon, ma non ne ero sicura.

‘’Prendi le vitamine?’’ mi domandò.

‘’No’’ risposi. ‘’In realtà dovrei prenderle ogni due giorni, ma la maggior parte delle volte me ne dimentico’’.

‘’Per questo sei dimagrita e hai le occhiaie. Prendi le vitamine’’ sussurrò, tornando a guadarmi.

Mi diedi della stupida mille volte. Come avevo fatto a non capirlo? Come mai i miei genitori non se ne erano accorti? Forse per la ‘questione’ di Lydia erano stati distratti. Ma avevo sedici anni e dovevo essere responsabile. Come avevo fatto a dimenticarle?

‘’Giusto!’’ esclamai, strofinandomi la faccia con le mani. ‘’Con tutto quello che è successo…me ne sono completamente scordata’’.

‘’Te lo ricordo io’’ disse. ‘’Ogni quanto le prendi?’’.

‘’Ogni lunedì, mercoledì e giovedì sera. Dovrei prenderle. Con tutte le medicine che ingerisco me le sono tolta dalla testa’’ mi giustificai di nuovo. Non volevo che mi reputasse una bambina.

Lui tirò fuori il suo galaxy s4 e segnò un promemoria. ‘’Ti chiamo alle sette, va bene?’’.

Rimasi un po’ interdetta, ma prima che potessi rispondere qualcuno parlò. ‘’Credevo che qualcuno vi avesse mangiato’’ ironizzò Niall.

‘’Sono vivo’’ aggiunse Harry. ‘’Vivo e affamato. Vado a strafogare un altro trancio di pizza’’.

Poi scomparve.

‘’Va tutto bene, Ria?’’ mi chiese Niall, cingendomi la vita con le braccia.

Annuii.

‘’Mi sembri…strana’’.

‘’Sono solo…triste’’ dissi.

‘’E perché?’’ domandò, stringendomi ancora più forte.

‘’Non lo so nemmeno io. Capita’’.

Lui mi baciò e quel bacio valse più di mille parole. Portai le mie mani nei suoi capelli soffici e tirai leggermente una ciocca. Niall portò le mani più giù. Stavamo indietreggiando e sapevo dove eravamo diretti. Camera sua.

Ma lo bloccai ed indietreggiai all’improvviso.

‘’Ria, tutto a posto?’’.

‘’Scusami’’ balbettai ‘’Non…non ce la faccio’’. E scappai.

Lontano.

narry

GRAZIE!

ANZITUTTO VOLEVO RINGRAZIARE TUTTE VOI. SIETE LA DOLCEZZA INFINITA.
DETTO QUESTO: THIS IS MY FAVOURITE CHAPTER. NON SO PERCHE’, NON CHIEDETEMELO C: LO TROVO…REALE. PER UNA VOLTA RIA HA SMESSO DI FARE LA RAGAZZA ‘’FELICE’’ E SI E’ CAPITO CHE, COMUNQUE, E’ UMANA E STA SOFFRENDO.
INOLTRE VORREI DIRVI CHE NON SO COME SCUSARMI DEL RITARDO. IL CAPITOLO PRECEDENTE ERA ORRENDO E CORTO, E LO SO. SPERO DI ESSERMI FATTA PERDONARE LOL
VORREI ANCHE RINGRAZIARE LE 45 PERSONE CHE L'HANNO MESSA FRA I PREFERITI, LE 10 CHE L'HANNO MESSA NELLE RICORDATE E LE 38 CHE L'ANNO MESSA NELLE SEGUITE C:
FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE. CRITICHE E CONSIGLI BEN ACCETTI <3.
BACI

H.

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Capitolo 16
*** Chapter 16. ***


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TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

A Tonia. Ti voglio tanto bene e sono felice per te.
Ad Ylenia. Semplicemente, grazie di esistere.
A Giorgia, perchè il mio amore ti basta e ti basterà sempre.


And I just ran out of band-aids 
I don't even know where to start 
'Cause you can't bandage the damage, 
You never really can fix a heart 
-Demi Lovato: Fix A Heart.

 

Capitolo 16

Per tutto il giorno successivo non risposi alle chiamate di Niall. Avrei voluto dirgli che non ero arrabbiata con lui, che non ero offesa e che non mi importava nulla di quello che aveva cercato di fare. A prescindere dal fatto che stavamo insieme da solo un mese, sapevo che aveva le migliori intenzioni.

Non ci sarei entrata comunque, in quella camera, ma solo perché non mi sentivo pronta e volevo che fosse speciale.

Non ero arrabbiata.

Forse avrei dovuto dirglielo ma non volevo parlargli. Il punto era che non sapevo il perché. Non sapevo che cosa mi fosse preso all’improvviso.

Lui mi aveva detto ‘ti amo’. Lo amavo anche io, forse più di quanto lui amasse me. Ma non glielo avevo detto. Mai.

Il punto era un altro: non sapevo il motivo, ma non volevo vederlo né parlargli. Mi sentivo una stupida a pensarlo, ma era così e non sarebbe cambiato presto.

Forse era perché ero ancora scossa da quello che era successo a Mia, forse perché mia sorella era partita e mia madre non si era neanche degnata di salutarla, forse perché mi ero resa conto che il tempo scorreva troppo velocemente. O forse, più semplicemente, avevo bisogno di più di una seduta settimanale dallo psicologo.

‘’Come ti senti, Miriam?’’ mi chiese il dottor Klaine, il mio psicologo. Quell’uomo aveva vissuto praticamente tutto quello che avevo vissuto io da quando avevo scoperto di avere la leucemia. Era stato con me sempre, aveva sbrogliato il mio cervello un centinaio di volte. Era un amico di famiglia, lontano parente di mio padre. In famiglia erano tutti medici, avevano una fissa. Che ironia.

‘’B…’’ iniziai.

‘’Sincera’’ mi interruppe. ‘’Non hai bisogno di mentire con me. Lo sai’’.

Lo sapevo. Sospirai.

‘’Non lo so. Come sto, intendo. E’ come se…’’ mi interruppi. Non sapevo proprio come spiegarglielo.

‘’Come se...?’’ mi incitò lui.

‘’Come se…tutto stesse accadendo davanti ai miei occhi. Ho visto la mia amica mezza morta in un letto d’ospedale, con il setto nasale rotto e le costole inclinate, e sa a cosa ho pensato?’’.

‘’A cosa?’’.

‘’Che non c’ero io lì. Mi sono sentita…tradita perché io non ero in quel letto bianco. Perché tutti andavano a trovare lei, chiedevano a lei come stesse, invece che a me. E so a cosa sta’ pensando adesso. Povera ragazzina viziata, abituata ad avere tutti ai suoi piedi. Ma non era invidia, la mia’’ mi giustificai.

Lui aprì il tappuccio di una penna bic ed iniziò a scrivere qualcosa sulla sua agenda nera. Mi resi conto che, da quando lo frequentavo, non aveva mai cambiato agenda.

‘’E allora’’ incominciò a parlare. ‘’Cos’è la tua, se non invidia?’’.

Mi misi comoda sulla poltrona verde. ‘’Io sono stata male perché cose del genere avverranno altre mille volte. E non solo alle persone che conosco, ma alle persone di tutto il mondo. Capisce?’’.

‘’Sto cercando di capirti, Miriam’’ sentenziò ‘’Allora, tu sei stata male perché altre ragazze saranno violentate?’’.

‘’Si’’ risposi. ‘’Ma io non lo saprò. O forse lo saprò, ma non ci sarò. Non sarò qui, e intendo proprio qui’’  premetti il piede sulle mattonelle  ‘’quando accadrà’’.

Lui sorrise, o così mi parve. Avevo la vista offuscata, ma non c’erano lacrime salate nei miei occhi. ‘’E’ normale’’ disse. ‘’E’ normale pensare alla morte, parlare della morte, nelle tue condizioni’’.

Scossi con violenza la testa. ‘’Io non parlo mai della morte’’.

‘’Però lo pensi’’ sussurrò. Non ebbi nulla da obbiettare. Ovvio che ci pensavo.

‘’Miriam’’ si sistemò sulla sedia. ‘’Non devi sempre fare la forte. Puoi crollare. Tutti crollano. Crollare è umano. Tu sei umana’’.

‘’Lo so. Lo so che sono umana’’ sospirai. Avrei voluto piangere. Disperarmi. Aggrapparmi alla poltrona di velluto dello studio del dottor Klaine e conficcarvi dentro le unghie. Urlare ‘’da qui non me ne vado’’.

Ma non mi mossi nemmeno di un centimetro scarso.

‘’Mia sorella se ne è andata. Stamattina. Germania. Dovrei essere felice per lei, e una parte di me lo è. Sono anche preoccupata, ma Lydia è in gamba. Lo è sempre stata. Sa’ a cosa ho pensato quando è partita?’’.

‘’Cosa?’’.

’Che lei vedrà la Germania. Lei si costruirà un futuro, starà con il ragazzo che ama, sarà felice. Realizzata. Ho pensato…’’ sospirai ‘’Che io non la vedrò mai, la Germania’’. Non sapevo che altro dire, sussurrai solo un flebile ‘’lo so che è stupido’’.

‘’Miriam, non è stupido. E’ umano anche questo’’.

‘’Ieri’’ sussurrai, decisa a dire tutto. Dovevo stare bene. ‘’Niall ha cercato di… oddio, non so come dirglielo. Ero a casa sua, e stavamo andando in camera per…’’.

Sogghignò. ‘’Ho capito cosa vuoi dire. Continua’’.

Il dottor Klaine era sveglissimo, ma chiunque avrebbe capito. Con la sua barba bianca ed ispida e la sua corporatura possente, poteva sembrare un orco ed incutere timore. Ma era un pezzo di pane.

‘’Sono scappata. Letteralmente scappata. E non ho risposto ad una sola delle sue chiamate. Stasera aveva anche un concerto ed io… gli avrò rovinato la serata’’.

‘’Perché non hai risposto alle sue chiamate? Insomma, va bene che non eri pronta per fare sesso, ma perché non gli hai risposto? E’ stato…rude?’’.

Sobbalzai. ‘’Cosa? Assolutamente NO. Niall non sarebbe mai capace di essere rude. E’ stato dolcissimo. Non è colpa sua. Sono io. Mi sento…sbagliata. Non dica che è normale ed umano anche questo, perché non le credo’’.

Lui si sporse e avvicinò i nostri volti. ‘’Signorina Martin, tu hai solo paura’’.
Non mi chiamava mai ‘signorina Martin’.

‘’Sono vergine’’ esclamai. ‘’E’ ovvio che ho paura’’.

‘’Sappiamo benissimo entrambi che non è quello che temi’’.

A volte, con il dottor Klaine, mi sentivo estranea alla mia mente e alla mia psicologia. Come se lui conoscesse me stessa meglio di me. Ed era irritante.

‘’E allora me lo dica lei cosa temo’’.

’L’addio. Tu non temi Niall Horan, né il sesso nè l’amore in generale e neanche la morte. Tu temi il momento in cui dovrai dirgli addio. Perché non puoi evitare di dire addio ai tuoi genitori, ai tuoi parenti e alle tue migliori amiche. Loro ci sono troppo dentro. Ma potevi evitare di dover dire addio anche a lui. E non l’hai fatto’’.

Non trovavo nessuna frase coerente da dire. Perché non ci avevo pensato? Forse era così. Forse senza il forse.

La verità era che ero stata ingiusta. Niall mi aveva dimostrato più volte che ci teneva. Che ci sarebbe stato fino alla fine. Era stato lui a decidere di restare quando io avevo deciso di allontanarmi da tutti. Lui mi aveva fatto promettere che sarei rimasta.

Io non potevo decidere, ancora una volta, come sarebbero andate le cose. Nonostante la paura. Nonostante il terrore. Nonostante qualunque tipo di timore.

‘’Lei pensa’’ chiesi al dottore. ‘’Pensa…che dovrei andare da lui?’’.

‘’Perché vuoi farlo?’’ mi domandò.

‘’Perché mi ha detto che mi ama. E perché lo amo anche io, ma credo che ne stia seriamente dubitando. Perché non mi merita neanche un pochino’’ dissi tutto d’un fiato.

‘’Niall ti capisce, Ria. Ti ha sempre capita. Ti capirà anche questa volta. Ed è lui a non meritarti. Nessuno di merita. Sto seriamente dubitando che tu sia umana’’.

Non seppi mai che intendesse dire, e nemmeno glielo chiesi. Ero già in piedi, con la borsa a tracolla, pronta a raggiungere lo stadio di Londra. Nonostante non  avessi il biglietto. Quello era l’ultimo dei miei problemi.

‘’Dottore quando i miei genitori verranno a prendermi e non ci sarò…’’ iniziai, con un piede già fuori lo studio psicologico.

‘’Vai. Vai, ci penso io’’.

Era di spalle e non riuscii a guardarlo in pieno volto, ma ero convinta che stesse sorridendo. Sorrisi anche io.

‘’Grazie’’ soffiai, prima di chiudermi la porta alle spalle.

Lo stadio di Londra distava circa due kilometri dallo studio del dottor Klaine. Correndo avrei impiegato circa mezz’ora per arrivarci. Cercare un taxi avrebbe richiesto il doppio del tempo di sabato.

Corsi.

I polmoni protestavano, le gambe bruciavano, i tendini rischiavano di spezzarsi, e i capelli rossi mi graffiavano le guance. Ma non importava. Rischiai di essere investita tre volte, una delle quali da un pullman.

Penso che ricevetti un bel po’ di bestemmie dai passanti che spingevo per aria.

Il concerto era fissato per le nove.

Arrivai fuori lo stadio,illuminato e con la scritta ‘ONE DIRECTION IN CONCERT’ visibile da un miglio di lontananza, che ero sudata e con un fiatone che sarebbe durato per tutta la vita, probabilmente.

Mi fermai di botto fuori l’entrata sorvegliata da tre bodyguard neri e muscolosi. Ansimai come un’ossessa e poggiai i gomiti sulle ginocchia per respirare meglio. Fu inutile. Legai i capelli in un gesto convulso, visto che erano impresentabili, e mi avvicinai al bodyguard che sembrava più innocuo. Era alto due metri.

Mi incenerì con lo sguardo e mi fece sentire ancora più piccola e magra.

‘’Il concerto è già iniziato, e i ragazzi stanno anche facendo una pausa. Fine primo tempo. Non può entrare’’ disse, quasi come fosse un mantra.

Il cuore iniziò a battere ancora più forte. Rischiavo davvero di svenire.

‘’La prego’’ ansimai. ‘’Devo entrare. E’ davvero importante per me’’.

Avrei sentito tutto il resto del concerto, come se fossi stata una semplice directioner come le altre, sperando che nessuna mi avesse riconosciuta. Li avrei sentiti cantare e poi sarei andata da Niall, in qualche modo. O avrei urlato qualcosa, anche se non mi avrebbe mai sentita. Lui doveva sapere stesso quella sera che lo amavo. Non potevo aspettare. Non sarebbe bastato un messaggio o una chiamata.

Doveva saperlo.

‘’Signorina, ho detto che non posso farla entrare’’ disse. ‘’Se ne vada a casa’’.

Sentii urla di ragazze che stavano incoronando il loro sogno, all’interno della struttura, e ebbi voglia di sparare a quell’uomo che mi stava impedendo di entrare. Avrei dovuto immaginarlo.

‘’Signor Bodyguard’’ dissi, sospirando. ‘’Niall è il mio fidanzato, okay? Non ho risposto alle sue chiamate per un giorno intero, l’ho evitato spudoratamente perché sono una stronza complessata, e devo parlargli. Non so come farò, ma non posso aspettare la fine del concerto. Sento che devo farlo adesso, capisce? Se mi lascia entrare troverò un modo. Devo dirgli che lo amo, perché lui l’ha detto a me ma io non l’ho fatto ancora. Per favore. E poi Harry si arrabbierà se scopre che non avete fatto entrare una delle sue migliori amiche’’.

Lo sguardo che mi riservò l’uomo era da fotografia. Un misto di riso, compassione e Dio sa cos’altro. Urlò un ‘’Barney, vieni qui’’. Pochi secondi dopo era arrivato un altro bodyguard. Sembravano tutti enormi ed uguali. Io, che ero nel mezzo, scomparii.

‘’Questa qui dice di essere la migliore amica del riccio e la fidanzata del biondo’’ rise.

‘’Sono Niall ed Harry’’ ringhiai, ma nessuno mi ascoltò.

Anche l’altro uomo, che doveva essere Barney, scoppiò a ridere. Bhè, avevano una risata orribile e avevano anche bisogno di una dieta.

‘’La ragazzina è anche meglio di quell’altra della settimana scorsa che disse di essere incinta del pakistano, eh Carl?’’ ironizzò ‘Barney’.

Risero come due ossessi ancora.

‘’E’ Zayn’’ ringhiai di nuovo. Anche stavolta, non venni calcolata di striscio. Poi ‘Carl’ mi mise una mano sulla testa e scombinò il mio codino perfetto. Mi scansai di lato per evitare quella sua mano nera ed enorme, che aveva impedito a tantissime altre ragazze di realizzare il proprio sogno.

‘’Piccolina, quanti anni hai?’’ disse. ‘’Se non te ne vai subito sarò costretto a chiamare tua mamma’’ sorrise. Non era male, il suo sorriso.

Barney gli poggiò una mano sulla spalla. ‘’Non pensarla’’ disse. ‘’Si stancherà di stare qui fuori e se ne andrà’’.

Si sbagliava. Sarei entrata. Ormai era una questione di onore.

Poi mi venne un’idea.

‘’E va bene’’ dissi. Mi guardarono interrogativi. ‘’Non sono la fidanzata di Niall e neanche la migliore amica di Harry. Se volete potete chiamare mia mamma, ma è un’alcolizzata patentata e non vi degnerà di una parola sensata’’. Tirai fuori dalla tasca il mio iphone e lo tesi verso di loro. ‘’Potete provare, se volete perdere tempo. Ma non vi garantisco nulla e potrebbe anche non rispondere’’ dissi.

Mi sforzai di farmi venire gli occhi lucidi e riuscii nel mio intento.

Loro non presero il telefono e lo riposi in tasca. ‘’Sono venuta qui a piedi da Leicester. Mia madre non lo sa e non se ne fregherebbe, comunque. Starà pensando se scegliere il whisky o la vodka al bar fuori casa’’.

‘’Leicester?’’ chiese Carl. ‘’A piedi?’’.

‘’Non vedete?’’ dissi, indicandomi. Ero sudata, ansimante ed impresentabile. ‘’Potete anche mandarmi a casa. Effettivamente dovrei portare mia madre fuori da quel bar prima che qualcuno la violenti di nuovo, ma mi avrete sulla coscienza. Troverò un altro modo per suicidarmi, visto che quello del mese scorso non ha funzionato’’ mentii.

Mi guardarono con compassione e pena. Proprio quello che volevo.

‘’Suicidarti?’’ intervenne Barney.

‘’Sai? Le pillole non funzionano sempre. Ci sono solo il 95 percento di probabilità di morire. Io ero nell’altro 5 percento, purtroppo’’ sussurrai. ‘’Solo…volevo vederli un’ultima volta prima di andarmene’’.

Gli occhi di quello che doveva essere Carl si riempirono di lacrime. Barney rimase immobile e mi guardò a lungo. ‘’Ti droghi?’’ mi chiese, indicando le mie braccia piene di punture di ago.

‘’Sono siringhe con medicinali’’ dissi, indicandole. ‘’Ho la leucemia’’.

‘’Dovremo crederci?’’ insistette Barney, mentre Carl piangeva a dirotto. Sorrisi mentalmente.

Tirai fuori dalla borsa i documenti ospedalieri e la mia cartella clinica, che portavo sempre quando andavo dal dottor Klaine per la prescrizione dei farmaci.

La porsi a Barney.

‘’Leucemia cronica di quarto grado. Non esiste un quinto grado. Prospettiva di vita: un anno. Terapie: chemio e radio. Genere: incurabile. Tipo: terminale’’ recitai a memoria.

Vidi che lo sguardo di Barney si addolciva man mano che leggeva. Poi me li ridiede e li posizionai nella borsa blu. Non parlò, e neanche Carl disse nulla. Si spostarono solamente, permettendomi libero accesso all’ingesso.

Mi recai verso la porta, ma prima mi rigirai verso di loro.

‘’Grazie’’ sussurrai, con gli occhi lucidi. Ed ero sincera.

Carl era troppo impegnato a piangere, ma Barney sorrise. ‘’Vai pure, Miriam. Spero ti notino, almeno’’ disse. Aveva letto il nome sulla cartella.

Accennai un sorriso ed annuii, scomparendo nel corridoio buio.

°°°

Mi nascosi dietro uno dei manager che giravano per lì intorno. Ero così piccola che nessuno mi avrebbe notata. Per una volta, una sola, ringraziai Dio di essere così magra.

Neanche l’uomo stesso mi notò.

Si stava dirigendo verso il back stage. Ero a due passi. Potevo farcela. Il concerto era appena finito, loro erano ancora lì. Di sicuro. Poi, proprio quando vidi la porta con su scritto ‘ONE DIRECTION’, qualcuno mi bloccò per il polso.

Con le urla delle ragazze come sottofondo musicale, mi tirò a se e mi chiese ‘’Che cosa credi di fare, bambina?’’.

Era un uomo di mezza età, con i capelli castani e due occhi così profondi da far paura. Lo riconobbi subito.

‘’Paul!’’ esclamai.

‘’Si, sono io. Ed ora esci fuori di qui’’ ringhiò. Non sembrava così scorbutico, mi pareva un tipo gentile. A giudicare dalla sua stretta sul mio polso non doveva essere così. L’apparenza inganna.

‘’Devo vedere Niall, ti prego’’ dissi.

Lui rise, strattonandomi. ‘’Vieni, ti porto io fuori di qui’’.

Avrei voluto piantare i piedi a terra e non muovermi di un centimetro, ma lui era troppo forte ed io troppo debole. Mi stava portando fuori. Avevo fatto tutto quello inutilmente.

Mi venne da piangere.

Proprio in quel momento mi squillò il cellulare. Mi fermai di scatto e lui con me. Aveva capito che dovevo rispondere. Sfilai il telefono dai jeans e mi sentii sollevata quando lessi il nome sullo schermo.

Il back stage non era poi tanto lontano, riuscivo ancora a vedere la porta.

‘’Niall’’ risposi. Paul alzò gli occhi al cielo.

‘’Ria, ma si può sapere che fine hai fatto? Sono morto mille volte oggi!’’ urlò. Allontanai tetramente il cellulare dall’orecchio.

‘’Niall ascoltami’’ dissi.

‘’No, non ti ascolto’’ mi interruppe. ‘’Non puoi comportarti così. E’ sbagliato, capisci? Sembri una bambina a volte. Io non sapevo che pensare! Ti rendi conto che…’’ sospirò ‘’Stasera ho cantato di merda per pensare a te’’ ammise.

Sorrisi. ‘’Niall, hai cantato benissimo. Solo che quel sospiro alla fine di ‘over again’ potevi risparmiartelo, perché si è sentito benissimo’’ dissi.

Lui non rispose, intanto Paul stava diventando impaziente.

‘’Ma come fai a…?’’ iniziò.

 ‘’Per favore, esci fuori dal back stage’’ esclamai. ‘’Credo che il tuo caro manager Paul voglia staccarmi il polso’’.

Niall attaccò la comunicazione. Per un solo secondo pensai che mi avesse preso per pazza e che non sarebbe uscito, che mi avesse lasciato. Me lo maritavo. Ma non fu così. Esattamente tre secondi dopo quella chiamata, mentre Paul mi dava della psicolabile e mi costringeva a seguirlo verso l’uscita, la porta del back stage si spalancò.

Lo riconobbi da lontano.

I capelli biondi, i pantaloni di jeans a cavallo basso, e la polo verde. L’avrei riconosciuto fra mille.

Ero sicura che mi avesse riconosciuto, e lo fui al mille per mille quando urlò ‘’Miriam. Poul levale le mani di dosso’’.

Niall mi raggiunse in tre secondi, ma si concentrò sul manager. ‘’D’ora in poi’’ disse ‘’Quando vedi pel di carota’’ mi indicò ‘’Devi lasciarla passare. Ovunque purché sia sicuro, chiaro?’’.

‘’Io non credevo che…’’ si giustificò Paul.

‘’Ora lo sai’’ terminò Niall, duro. Non l’avevo mai visto così. ‘’Ora puoi andare’’ lo congedò. Paul scomparve.

Lui si concentrò su di me, portando le sue mani calde sulle mie spalle. Ero gelata. ‘’Ma come…?’’ iniziò.

‘’Non chiedermelo’’ lo bloccai. ‘’Mia mamma è diventata un’alcolizzata e io una malata con tendenze suicide, tutto in due secondi. Dovevo parlarti’’.

Lui divenne bianco.

‘’Di cosa?’’ chiese, visibilmente teso.

Sorrisi per sdrammatizzare. ‘’Scusami. Io sono stata una stupida ad evitarti. Stavo male e…il mio psicologo mi ha aiutata. Prometto che non succederà più’’.

‘’Se succederà di nuovo’’ intervenne Niall ‘’rendimi partecipe delle tue paure. Non sei sola. Quante volte dovrò ripetertelo, prima che tu lo capisca?’’.

‘’Per l’eternità andrà bene, credo’’ ironizzai. ‘’Sarebbe bello sentire la tua voce per l’eternità. E poi te lo ripeterei anche io’’ sorrisi.

Sorrise anche lui. ‘’Potrei farlo ma ho tante altre cose molto più belle da dirti. Anche a me farebbe piacere sentirtelo dire per sempre’’.

‘’Ho delle cose molto più belle da dirti’’ lo imitai.

Lui rise. Quella si che era una bellissima risata. ‘’Tipo?’’ mi chiese.

Mi avvicinai di più a lui e lui mi strinse forte a sé. Ero un cubetto di ghiaccio perché il vento aveva fatto gelare il sudore sulla schiena. Sentii un brivido, ma non era il freddo.

‘’Tipo’’ iniziai. ‘’Tipo che ti amo’’.

 

fly

HO LE DITA DISTRUTTE.

SONO LE 21:32 E HO INIZIATO QUESTO CAPITOLO ALLE 17:30. SONO SEMPRE INSODDISFATTA, ANCHE ADESSO, MA SE NON LO POSTO ORA NON LO FARO’ PIU’.

LE EMOZIONI DI QUESTO CAPITOLO SONO TANTE, FORSE TROPPE, E SPERO DI AVERVELE TRASMESSE TUTTE. O ALMENO LA MAGGIOR PARTE. NON E’ STATO FACILE SCRIVERLO (COME AVRETE NOTATO) MA SPERO NON VI FACCIA TANTO SCHIFO .

E NIENTE, VISTO CHE GLI INDICI DELLE MIE MANI SONO ORMAI ATROFIZZATI, VI AUGURO UNA BUONA SERATA E UN BUON INIZIO SETTIMANA :3

IN BASSO I MIEI CONTATTI, PER QUALUNQUE COSA SONO QUI’ C:

VI PREGO, ESPRIMETEMI IL VOSTRO PARERE PERCHE’ NON HO NEANCHE AVUTO IL CORAGGIO DI RILEGGERLO HAHAHAH.

BACI BACI

H.

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Capitolo 17
*** Chapter 17: Urlo e non mi senti. ***


love

 

TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w


A Sara. Ti voglio tanto bene!

                                                                                                                                        
                                                                                                                                          All that we've amassed 
                                                                                                                                 Sits before us, shattered into ash 
                                                                                                                      These are the things, the things we lost 
                                                                                                                           The things we lost in the fire fire fire
                                                                                                           -Bastille: Things we lost in the fire.





Capitolo 17

‘’Tipo’’ sussurrai ‘’Tipo che ti amo’’.

Niall mi guardò allibito. Probabilmente si stava chiedendo perché avevo corso come una psicolabile, mi era venuto l’affanno, mi ero imbucata ad un concerto ed avevo quasi rischiato di essere arrestata, per dirgli solo quello.

‘’Sei venuta fin qui per dirmi questo?’’ mi domandò, come volevasi dimostrare.

Annuii, non avendo ulteriore fiato da sprecare per cose ovvie come quella. ‘’Niall’’ dissi ‘’Ho capito. Ho capito che ti amo poco fa, ma l’ho sempre saputo. Mi sono comportata da egoista, ancora. Non volevo più vederti, lo ammetto’’. La sua faccia divenne ancora più bianca. ‘’Ma ti amo. Ti amo, ti amo. E niente e nessuno potrà mai cambiare questo’’.

Lui strinse la sua presa sulle mie spalle. ‘’Ti amo anche io’’ disse solo. Sapevo anche quello, ma le sue parole mi scaldarono perfino la pelle gelata. 

‘’Aspettami qui’’ sussurrò ‘’Avviso i ragazzi che ti accompagno a casa’’.

Prima che avessi il tempo materiale di dire o fare qualunque cosa, Niall ritornò nel back stage, scomparendo dalla mia vista. L’ultima cosa che volevo era ritornare a casa e affrontare i miei genitori. 

Proprio allora mi squillò il telefono.

‘’Mamma’’ dissi, rispondendo.

‘’Piccola ribelle’’ urlò mia madre dall’altro capo del telefono. Non l’avevo mai sentita così. ‘’DOVE SEI?’’ sbraitò ‘’IL DOTTOR KLAINE MI HA DETTO CHE SEI DOVUTA SCAPPARE’’.

Non potevo e non volevo dirle tutto per telefono. E poi, secondo me, era troppo presto. E mia madre era troppo ossessiva. 

Sospirai prima di parlare. ‘’Mia ha avuto un collasso. Ha cominciato a piangere a dirotto per quello che le è successo per colpa di Jake. Sono corsa da lei’’ mentii. Mi sentii un’ipocrita a sfruttare un avvenimento negativo come quello della mia amica per giustificare una mia ‘bravata’. Ma mi era piaciuto correre, discutere con i bodyguard, con Paul, mentire sulla mia vita facendomi credere un’altra persona. 

Mi ero sentita viva. Per cui, nessun rimorso.

La voce di mia madre si addolcì. Mia era come una figlia per lei, così come Leila. Eravamo praticamente cresciute insieme. ‘’Potevi avvisare’’ mi richiamò. ‘’Ci siamo preoccupati a morte’’.

‘’Hai ragione’’ balbettai ‘’Scusami’’.

Mia madre sbuffò rumorosamente. Sbuffava solo quando era arrabbiata. ‘’Miriam, non dovrà mai più succedere una cosa del genere. Se proprio devi correre in aiuto delle tue migliori amiche, io e tuo padre ti abbiamo comprato un cellulare per avvisare! Per chiamare!’’.

‘’Ho capito, mamma’’ ripetei. ‘’Perdonatemi’’.

Mia mamma, stavolta, sospirò. ‘’Ria, sei da Mia? Ti passiamo a prendere. Siamo in macchina’’.

Credo che il mio cuore perse circa dieci battiti,in quel momento. Non poteva passare da Mia perché io non ero lì, in quel momento. Era già in macchina. Il mio cervello iniziò a pensare a qualcosa, qualunque cosa. 

‘’NO’’ urlai quasi ‘’Rimango a dormire qui. Mia ha bisogno di me. Per favore’’.

Pregai tutti i santi del paradiso che dicesse di si. Altrimenti sarei stata nello schifo fino al collo, e non volevo affatto che succedesse l’apocalisse.

‘’Miriam, dopo quello che hai fatto dovrei dirti di no’’ esclamò mia madre. Ecco, ero nello schifo. ‘’Ma’’ continuò ‘’Capisco che quella della tua amica è una situazione…particolare. E lei c’è sempre stata per te, quindi…’’.

‘’E’ un si?’’ l’anticipai, riprendendo a respirare.

‘’Solo per questa volta’’.

Quando staccai la chiamata, due minuti più tardi, il mio cuore perse altri tremila battiti. Ed ora, dove avrei dormito?

Proprio in quel momento, vidi Niall uscire dalla stanza e dirigersi verso di me con un sorriso perfetto sul volto.

°°°

Lavai i denti con lo spazzolino di riserva nel bagno enorme. Ero rimasta a dir poco scandalizzata dall’immensità di una semplice toilette, dalla vasca idromassaggio grande quanto camera mia, e dallo specchio contornato da luci al neon di tutti i colori possibili.

Ed era SOLO un bagno.

Mi ero data dieci pizzichi quando avevo realizzato che io- IO- stavo per passare la notte a casa dei miei idoli. Impossibile.

Sistemai i capelli e li legai in una crocchia disordinata. Siccome non avevo un pigiama, Harry mi aveva prestato un pantaloncino e una canotta che la sorella- Gemma- aveva lasciato lì l’ultima volta che era venuta a fargli visita.

La canotta mi stava un po’ larga, ma era carina ed il rosso mi donava. I pantaloncini erano esattamente della mia taglia.

Siccome i ragazzi avevano quattro bagni, in casa, quello lì l’avevano ‘donato’ a me. Per quella sera, ovvio. Sarei stata molto a disagio se avessi dovuto dividere il bagno con uno di loro. Approfittai di quei minuti liberi per guardarmi a lungo nello specchio.

Era da una settimana che Harry mi chiamava ogni due giorni per ricordarmi delle vitamine. Stavo molto meglio grazie a lui. Quando avevo detto a Niall di quello che era successo con mia madre, gli avevo chiesto di accompagnarmi da Leila. Lui ed Harry, che era arrivato poco dopo, si erano opposti con tutte le loro forze.

‘’Abbiamo cinque stanze per gli ospiti e otto divani letto’’ si era giustificato Niall ‘’Tu vieni da noi. E’ colpa mia se sei scappata’’. Come se fosse COLPA sua, poi. Semmai, colpa mia. Comunque, alla fine, mi ero lasciata convincere.

Dire che ero imbarazzata era dire poco.

Mentre mi lavavo il viso, sentii la porta aprirsi. Convinta che fosse Niall, che era già entrato due volte per portarmi asciugamani e vestiti, non mi scomodai e non mi mossi.

‘’Sei stata grandiosa’’ disse ‘’Ti sei praticamente imbucata ad un concerto! Una ragazzina come te ha sorpassato quattro bodyguard enormi!’’.

Avevo già capito chi fosse, ma mi girai lo stesso mentre mi asciugavo la faccia. Harry non aveva la maglia. Indossava solo un pantalone grigio della tuta, e non l’avevo mai visto con i capelli in disordine come quella volta. Era adorabile.

‘’Quei tatuaggi che hai sul petto sono orribili’’ ironizzai. ‘’Non mi sono mai piaciuti. Quella farfalla gigantesca fa impressione! Sembra finta’’.

Vidi il suo petto vibrare per la risata gutturale che aveva appena fatto. Poi, allontanandosi dall’uscio della porta, mi si avvicinò. Prese la mia mano nella sua. Inizialmente non capii cosa volesse fare, poi compresi. Portò la mia mano sul tatuaggio.

‘’Non è finto’’ sorrise. ‘’E’ reale tanto quanto te e me’’.

Sorrisi anche io, e poi ritirai la mano. Lui cercò qualcosa in tasca, e poi mi porse una scatoletta arancione con un’etichetta bianca.

‘’Cos’è?’’ domandai, prendendola in mano.

‘’Sono degli antidolorifici. Nel caso…ti facesse male qualcosa’’.

Io riuscii solo a sgranare gli occhi. La prima cosa che mi venne in mente fu come e quando Harry li avesse comprati, poi perché me li aveva dati. Aveva già fatto tanto, forse troppo, per me. Non trovavo nulla di coerente da dire, nulla che avesse senso. Optai per la domanda più scontata.

‘’Dove li hai presi?’’.

Lui scrollò le spalle. ‘’Erano di mia madre. Li avevo ancora in cucina, ce ne sono tantissimi. Nell’ultimo periodo venne a stare qui. Oggi è un anno’’.

Non c’era emozione nella sua voce. C’era solo…vuoto. Il nulla. Non riuscivo a capire bene come si sentisse, ma potevo immaginarlo. Io ero sempre stata dall’altra parte, non avevo nessuno a cui dover dire addio. Harry non aggiunse altro. Si avvicinò al lavandino e poggiò sopra di esso le mani, strette in pugno.

Volevo avvicinarmi, abbracciarlo, ma lui era come assente.

‘’Harry, stai bene?’’ domandai.

Lui non alzò il volto quando rispose. I capelli ricci gli coprivano gli occhi verdi. ‘’Ria, mi manca tanto’’ sussurrò.

Probabilmente, se non fossimo stati così vicini non l’avrei neanche sentito. Mi avvicinai di qualche centimetro e poggiai la mia mano sulla sua.

‘’Lo so’’ soffiai. ‘’Lo so che ti manca. Ma lei è qui, Harry. Lei è ancora qui. E’ dovunque ci sei tu’’.

Lui scosse la testa. ‘’E allora perché non si fa vedere?’’ domandò.

‘’Lei vorrebbe’’ aggiunsi, sospirando. ‘’Harry sei tu che devi imparare a vederla. Vedila con il cuore’’.

Forse era solo una stupida frase di circostanza, ma mi parve che facesse effetto sul riccio. Le sue spalle non erano più arcuate e aveva sollevato il volto. Quando si rigirò verso di me, si limitò a guardarmi.

‘’Se non avessi intrapreso questa carriera’’ disse ‘’Probabilmente sarei diventato oncologo, lo sai? Era il mio più grande sogno’’.

Io non sapevo davvero che dire. Mi avvicinai ancora di più e lo abbracciai forte. ‘’Harry’’ sussurrai ‘’Salvi un sacco di persone anche solo cantando’’.

Lo sentii sorridere.

°°°

‘’NIALL’’ urlai. ‘’NIALL TORNA INDIETRO’’.

Ma era come se non mi sentisse. Come se la mia voce fosse solo lo scheletro di un eco lontano. Troppo lontano. Troppo distante. Come se fossi in un universo parallelo. Lui era lì., davanti a me, sul divano rosso di casa sua. Io ero davanti la televisione, ma lui continuava a guardarla come se non gli coprissi la visuale.

Come se fossi invisibile.

E stava piangendo. Aveva una mia foto in mano, quella che ci eravamo scattati insieme alla mia festa, e si stava disperando silenziosamente.

‘’Niall sono qui!’’ insistei ‘’Non piangere. Sono qui! Sono sempre qui!’’.

Ma non mi sentiva. Mi vennero in mente le parole di Harry: ‘’Se mia madre è ancora qui, perché non si fa vedere?’’.

Perché non poteva. Perché non potevo farmi vedere. Perché ero morta, come la madre di Harry. Perché non esisteva più nessuna Miriam Martin. Ero diventata un’ombra. E avrei tanto voluto parlare con Niall anche solo per un secondo. Dirgli che stavo bene, che ero ‘felice’, che non mi faceva più male la schiena, che doveva vivere.

Che doveva brillare. Doveva avere cura di splendere.

Ma non mi sentiva.

Non mi sentiva.

 

Mi alzai dal letto con un tonfo. Avevo la fronte imperlata di sudore, i capelli rossi attaccati sul collo. Allontanai la coperta di lino. Stavo letteralmente morendo di caldo.

Un incubo. Solo uno stupido incubo. Mi era sembrato così reale che mi diedi dei pizzichi per accertarmi  di aver smesso di sognare.

Avevo perfino le lacrime agli occhi.

Mi guardai in giro. La camera degli ospiti era grandissima, con le pareti pitturate di viola e specchi dappertutto. La flebile luce sul mio comodino destro illuminava il mio volto e mi permetteva di vedere il mio riflesso.

Avevo paura di non avere più il riflesso. Di essere morta. Cominciai a condizionarmi. La camera era troppo grande, troppo viola, troppo dispersiva, ed io ero troppo piccola e troppo provata. Gli specchi erano troppi, il silenzio era tombale.

In un attimo di panico mi alzai dal letto e andai nel corridoio. I ritratti e i quadri di cantanti famosi mi osservavano dalle loro cornici. Cominciai a veder muovere i loro occhi, i loro volti grassi, cominciai a sentire le loro voci.

Morti.

Erano tutti morti, quegli artisti.

Mi stavano osservando. Mi chiedevano di raggiungerli chissà dove. Iniziai a respirare difficilmente, mi pesavano i polmoni. La testa mi scoppiava. Girava tutto. Corsi in camera ‘mia’ e ingurgitai due compresse di antidolorifici che mi aveva dato Harry. Poi uscii.

Non potevo stare lì dentro un minuto di più.

Volevo casa mia.

Attraversai affannosamente tutto il corridoio, cercando di non guardare né il volto di Elton John, né quello di Michael Jackson. Vidi la porta di legno color ciliegio prima ancora di esserci vicina. Non bussai neanche. Entrai come una furia.

Il letto al centro della stanza era a due piazze, non riuscivo a capire il colore della trapunta. Era troppo buio, non c’era neanche una lucina. Cercando di non urtare contro nulla, mi avvicinai al letto e mi sdraiai lentamente.

Lui si mosse e mugugnò qualcosa, ma non si svegliò. Ne sapevo qualcosa del suo sonno pesante. Sgattaiolai velocemente sotto la coperta. Odorava di arance. Mi sentivo molto meglio. Poggiai la mia testa sul suo petto.

Proprio quando ero sul punto di addormentarmi, lui parlò.

‘’Che ci fai qui?’’ chiese ‘’Va tutto bene, Ria?’’.

‘’No’’ balbettai ‘’Ho fatto un incubo bruttissimo. Scusami. Solo due minuti e torno di là’’  mi giustificai. Lui avvolse le sue braccia calde attorno a me, e mi strinse ancora di più.

‘’Guarda che mi fa piacere se resti’’ soffiò.

‘’Sicuro?’’.

‘’In questo letto ci entra un esercito!’’ ironizzò. Sorrisi e mi accucciai contro di lui.

‘’Grazie Niall’’ esclamai.

Lui prese ad accarezzarmi la schiena con la mano. Se avessi saputo dei suoi ‘effetti calmanti’ non avrei preso gli antidolorifici. Ora avevo troppo sonno, erano peggio dei sonniferi!

‘’Non mi ringraziare’’ disse. ‘’Cos’hai sognato?’’.

Non pensai neanche per un secondo ad una bugia da rifilargli. Non c’era motivo di mentire. Non c’era mai stato, e mai ci sarebbe stato. Portai una mano esile sul suo petto ed iniziai a disegnare cerchi immaginari con l’indice.

‘’Io ti chiamavo, Niall. Ti chiamavo con tutta la voce che avevo in corpo. Urlavo. Ma tu non mi sentivi. Non mi sentivi mai’’ sussurrai.

‘’Era tanto brutto?’’ mi chiese. Niall mi sorprendeva sempre. Quella era l’ultima cosa che mi sarei aspettata mi chiedesse.

‘’Non era brutto’’ dissi ‘’Era orrendo’’.

‘’Perché? Potevo essere impegnato a fare altro, per questo non ti sentivo’’.

Sembrava il mio psicologo, in quel momento. Io non avevo neanche tanta voglia di parlare. Sospirai.

‘’No, Niall. Non eri impegnato a fare altro.  Non mi sentivi perché c’ero ma…non c’ero. Ero morta’’. Lo dissi tutto d’un fiato. Via il dente, via il dolore, no? Lo sentii irrigidirsi sotto le mie mani. Non disse nulla per un tempo che mi parve infinito. Quando parlò, la sua voce mi sembrò addirittura diversa.

‘’Non sentivo…nulla? Neanche un suono lontano?’’ chiese. Probabilmente, in cuor suo, sperava gli dicessi di si. Ma sapeva anche qual’era la risposta.

‘’Non sentivi niente. Niente’’ sussurrai, con la voce rotta. ‘’Se ci ripenso, mi vengono i brividi. Io… non posso sopportarlo. Non sai come mi sentivo quando ti chiamavo e non voltavi neanche la testa. Io non posso sopportare che tu non mi senta’’.

Lui mi strinse ancora di più, se possibile. In quel momento mi sentivo bene. Mi era perfino difficile ricordare il dolore che avevo provato durante quell’incubo.

‘’Ria’’.

‘’Si?’’.

‘’Ti sentirei. Ti sentirei sempre’’ soffiò nel mio orecchio.

Mi percosse un brivido. Lo baciai con quanta più passione avevo in corpo, come non l’avevo mai baciato, come non avevo mai baciato nessuno. Le labbra di Niall erano morbidissime. Le sue mani scesero fino alle mie cosce scoperte per via del pantaloncino. Il suo tocco era gentile e delicato. Scesero fino alle ginocchia, accarezzando ogni punto di pelle, e poi risalirono di nuovo su. Le mie mani, invece, erano sei suoi capelli e tiravano, di tanto in tanto, qualche ciocca. Non so come, mi ritrovai su di lui. Le mani di Niall salirono sulla mia schiena, accarezzando anche la spina dorsale in modo lento e dolce. Intanto, le nostre labbra non si staccarono neanche per un minuto. Le mie mani, in un momento raro di audacia, scesero sul petto di Niall e si infilarono sotto la sua maglietta di cotone. Sentivo la sua pelle calda a contatto con la mia. Quando gli sfilai la maglietta, Niall emise un verso basso e gutturale. Mi guardò per un nanosecondo, con quei suoi meravigliosi occhi azzurri, e poi ritornò a baciarmi. Con più passione, questa volta. Con un movimento rapido, mi spinse di lato e- in un baleno- fu lui a trovarsi sopra. Le sue mani scesero lentamente lungo le mie spalle bianche e le sue dita si infilarono sotto le bretelle della canotta.

Mi guardò, come a chiedere il permesso. Quando alzai le braccia, per facilitarlo nel suo intento di togliermi la maglietta, capì che ero consenziente. Niall staccò le nostre labbra ed iniziò a baciarmi languidamente il collo. Abbassai la testa di lato, per facilitargli il compito. Baciò ogni centimetro di pelle, fin sotto l’ombelico. Io gemetti. Poi risalì, e mi guardò negli occhi.

‘’Ti amo, Ria’’ disse, poggiando la sua fronte sulla mia. ‘’Ti amo. Ricordalo la prossima volta che decidi di fare un incubo dove non riesco a sentirti’’.

Sorrisi e portai entrambe le mani sul suo collo caldo. ‘’Me lo ricorderò’’.

Poi mi baciò a stampo, e ritornò a guardarmi. Non so bene per quanto tempo restammo così. Forse due secondi, o forse due ore. Scavò nei miei occhi come non aveva mai fatto, e cominciai a credere che avesse scovato qualcosa che era ignoto persino a me. Io, dal canto mio, non avevo mai visto nulla di più bello dei suoi occhi color cobalto.

In quel momento capii che Niall non era più solo il mio ragazzo. Non era più solo la persona di cui mi ero innamorata. Era molto di più. Era il mio riscatto, come Harry era il riscatto di sua madre. Era la mia ragione per esistere, per vivere anni ed anni ancora. Era la mia ragione per respirare. Sarebbe stato la mia voce, i miei occhi e le mie orecchie. Sarebbe stato il mio motivo per cui avrei lottato.

‘’Ria’’ sussurrò all’improvviso. ‘’Non devi fare niente che non vuoi’’.

Il mio cuore si alleggerì. Non mi ero neanche resa conto di essere tesa come le corde di un violino.

‘’Niall’’ soffiai. ‘’Farei qualunque cosa se con me ci sarai tu’’.

‘’Hai paura?’’.

‘’Vicino a te non ho mai paura’’ sussurrai.  Ma la realtà era il contrario. Per quanto lo amassi, avevo paura. Era normale, no?

Lui mi baciò di nuovo. ‘’Non voglio che sia così’’ disse.

‘’Quindi non vuoi…?’’.

Lui sorrise e tornò a sdraiarsi accanto a me prendendomi la mano. ‘’Non così’’.

Dentro di me, tirai un sospiro di sollievo. ‘’Io sono pronta’’ mi giustificai.

‘’Lo so’’ disse lui. ‘’Sono io che non lo sono. Meriti molto di più di questo’’ sorrise, dandomi un bacio sulla guancia.

‘’Buonanotte amore mio’’ mi sussurrò.

‘’Buonanotte’’.

Non sapevo se ritenermi onorata oppure offesa. Sapevo solo che, in quel momento, Niall era diventato il centro del mio piccolo mondo.

 

 OKAAAAAAAAAAY (?)

QUESTO E’ IL MIO CAPITOLO PREFERITO, ANCHE SE SCRIVERLO E’ STATO DIFFICILISSIMO. HO PRATICAMENTE ESAURITO UNA MIA AMICA, A TELEFONO, PER LA PARTE ‘HOT’.

SCUSATE SE E’ VENUTA MALE, MA VOLEVO UNA COSA MOOOOLTO DOLCE E ROMANTICA. NIALL L’HA RIFIUTATA SOLO PERCHE’ VUOLE CHE LA PRIMA VOLTA DI RIA SIA  MOLTO PIU’…BELLA LOL

DITEMI CHE COSA NE PENSATE, PERCHE’ SONO INSICURA HAHAHAH.

IN BASSO I MIEI CONTATTI C: CHIEDETEMI TUTTO QUELLO CHE VOLETE!

LOVE U.

H.

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Capitolo 18
*** Chapter 18. ***



 
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TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w
 

…When you said your last goodbye 
I died a little bit inside 
I lay in tears in bed all night 
alone without you by my side…
-Kodaline: All I Want.

 

Capitolo 18
 
Numero dieci della mia lista: dormire con Niall Horan. Improvvisamente avevo capito. Aveva appena realizzato un altro dei miei desideri. Quando mi svegliai, lui era steso accanto a me. Era appena uscito dalla doccia, era umido e profumava tantissimo.

Era molto più muscoloso di quanto immaginassi. La sua pelle chiara sembrava fatta di porcellana. I capelli biondi erano arruffati e gli occhi ancora più azzurri del solito. Quando aprii gli occhi e stesi le braccia addormentate, sorrise.

‘’Buongiorno raggio di sole’’.

Sorrisi come una bambina per il modo in cui mi chiamò. Voltai la testa verso il comodino sulla destra: erano le nove. Fortunatamente era domenica. Mi rotolai nelle coperte bianche, assonnata, nascondendo la testa sotto il cuscino. Era troppo presto per i miei standard domenicali.

‘’Lasciami dormire, biondo’’.

Lui si alzò di soprassalto e si infilò una felpa grigia. Il tempo era abbastanza nuvoloso, in base a quel che potevo vedere dalla finestra di camera di Niall.

‘’Dovresti alzarti da quel letto’’ mi richiamò, con un sorriso sornione sul volto. Io tirai fuori la mia testa da sotto il cuscino, e lo guardai interrogativa. I capelli dovevano essere un disastro.

‘’E perché dovrei?’’ chiesi, con un falso tono di irritazione. Lui si avvicinò di nuovo al letto, ci salì sopra e avvicinò i nostri volti.

‘’Attenta’’ ammiccò ‘’Potrei tranquillamente saltarti addosso’’.

Non riuscii davvero a trattenere le risate. Allargai le braccia ‘’Sono qui, raggio di sole’’ ironizzai.
Niall non se lo fece ripetere due volte. Si avvinghiò praticamente a me, facendomi cadere a peso morto sul materasso. Ridevo tantissimo.

‘’Cos’hai da ridere?’’ esclamò, smesso di baciarmi il collo.

‘’Niente’’ dissi fra le risate. Non me la immaginavo affatto quella versione di Niall Horan.

‘’Ora ti do una ragione migliore per ridere, cara la mia Ria’’.

Sinceramente, non capii che cosa intendesse dire con quella frase. Ma mi ci volle effettivamente poco per rendermene conto.

‘’IL SOLLETICO NO’’ urlai, fra le lacrime e le risate assordanti, mentre Niall mi solleticava insistentemente la pancia.

‘’E così soffri il solletico’’ sorrise ‘’Lo immaginavo’’.

‘’Niall smettila’’ balbettai, esplodendo letteralmente dal ridere. Probabilmente avevo svegliato tutto il palazzo.

‘’Forse’’ disse lui.

Quando la porta si aprì, ringraziai tutti i santi del paradiso. Niall smise all’istante di solleticarmi.

‘’Potete scopare più tardi?’’ chiese Harry piombando nella stanza. ‘’Abbiamo un problema
grande quanto il mio c… no, okay, scusa Ria’’ esclamò, indicandomi. Le sue battute squallide non
mi sorprendevano più. ‘’Abbiamo un problema grande quanto casa nostra!’’.
‘’Un bel po’ grande, allora’’ sovvenni, raddrizzandomi e mettendo una felpa di Niall. Non mi
piaceva che mi vedesse in pigiama, Harry. Lui, difatti, sembrò squadrarmi. Forse fu solo una mia
impressione, ma gli vennero gli occhi lucidi. Sentivo che era qualcosa che riguardava la madre.

‘’Che è successo?’’ chiese Niall, alzandosi a sua volta.

Harry sventolò una rivista che aveva in mano. Solo allora la notai.

‘’Esattamente mezzo mondo sa che stai con Miriam, biondo. E, ciliegina sulla torta di merda,
fuori è pieno di paparazzi. Siete stati fotografati mentre entravate qui, ieri sera’’.

Mi si formò la pelle d’oca, e non era una cosa positiva. Mezzo mondo mi aveva vista mentre entravo, di sera, a casa di Niall. Mezzo mondo, se non tutto, sapeva che ero la sua ragazza. Mezzo mondo più…

‘’I MIEI GENITORI’’ urlai.

‘’Che cazzo dici?’’ mi domandò Harry. ‘’Tutto l’universo sa che ti scopi Niall Horan e tu pensi ai
tuoi genitori?’’.

Sapevo che Harry stava scherzando, ma quella non era proprio giornata. Se il buon giorno si vedeva dal mattino…

Mi avvicinai al riccio. ‘’Harry tu non capisci. I miei genitori mi credono una suora di clausura e ne
sono estremamente contenti. Non gli ho mai mentito, capisci? Ed ora non solo sanno che sto con Niall, ma anche che ieri sera gli ho raccontato una balla!’’.

‘’Pazienza’’ disse Harry, mettendosi le mani nelle tasche dei jeans a cavallo basso. ‘’E poi avresti dovuto dirglielo, che non facevi più la suora di clausura’’.

‘’Basta’’ esclamò Niall. ‘’Ora esco fuori e metto le cose in chiaro con questi fotografi di merda,
okay? Azzardatevi a litigare e mi incazzo’’.

Niall si volatilizzò prima che potessi dire qualunque cosa. Forse era meglio che parlasse con i paparazzi, anche se dubitavo sarebbe cambiato qualcosa.

Harry mi guardò in modo truce. Mi sembrava sempre più strano.

‘’Si può sapere che diamine hai?’’ gli domandai, poco cortesemente. Il mio corpo era lì ma, detestavo dirlo, la mia mente era a casa mia. Papà leggeva il giornale tutte le sante mattine.
Pregai che quella volta si fosse scordato di comprarlo.

‘’Spero tu abbia preso precauzioni. Sai, l’ultima cosa che ci serve è un baby Nialler’’ esclamò
Harry. Sembrava stesse scherzando, ma non ne ero sicura al cento per cento. Con Harry non ero mai sicura di NIENTE.

Incrociai le braccia al petto. ‘’Harry non devo dar conto a te, di quello che faccio’’ dissi. Solo dopo mi resi conto che, forse, avevo esagerato. Continuavo a pensare ai miei genitori. A quanto li avessi delusi. Quella non era AFFATTO la mia giornata.

Lui mi si avvicinò. ‘’Ti sto solo chiedendo di non rimanere incinta’’ ringhiò. ‘’A meno che non vuoi un figlio’’.

‘’Sei incoerente’’ dissi. ‘’Se vuoi litigare stamattina, trova una scusa migliore di questa’’.

‘’Non è affatto una scusa’’ esclamò. Si passò le mani nei capelli, con fare disperato. ‘’Non ti rendi conto che, facendo così, peggiori solo le cose? Dovresti stare lontana da Niall’’.

Quelle parole ferirono più delle lame. I miei occhi si riempirono di lacrime. Non potevo credere che Harry mi avesse DI NUOVO detto quelle cose. Non poteva essere che le pensasse. Credevo fosse felice per me. Credevo mi capisse.

‘’Dio mio, quanto puoi essere stronzo’’ sussurrai, cercando di tirar dietro le lacrime.

Lui non sembrò neanche ascoltarmi. Anzi, sogghignò. ‘’E comunque, la prossima volta che decidi di fare la puttanella di Niall, abbi la prontezza di entrare in casa coperta e senza farti vedere da nessuno. Noi non siamo esattamente i tuoi compagni di scuola e questa non è una fan fiction’’.

Riuscii solo a sgranare gli occhi. ‘’Hai ragione’’ soffiai ‘’Questa non è una fan fiction. Ma non ti permettere più, mai più, di darmi della puttanella. Chiaro? Non me lo merito, e lo sai bene’’.

Non piangere, mi ripetevo nella mente.

‘’Ria, credo dovresti andare a casa, adesso’’ disse, atono. Non c’era neanche un minimo di emozione nella sua voce. Il ragazzo della sera prima era scomparso. Il ragazzo che mi aveva baciata era scomparso. Il ragazzo che mi comprendeva era scomparso. L’Harry Styles che conoscevo era scomparso, e la cosa peggiore era che non sapevo nemmeno perché.

‘’Si’’ soffiai ‘’Lo credo anche io’’. Presi la mia borsa, poggiata sulla scrivania bianca di Niall, e mi diressi verso la porta. Avrei chiesto al biondo un passaggio. Non mi importava del pigiama. Non mi importava più di nulla. Prima di varcare la soglia, però, mi voltai di nuovo verso Harry.

‘’Harry’’ dissi, sicura di me. ‘’Sappi che questi tuoi sbalzi d’umore non faranno altro che allontanarti dalle persone che ti vogliono bene. Perché ferisci, e credo non te ne renda nemmeno conto. E, comunque, io non sono tua madre. Quando lo capirai, forse, andremo d’accordo’’. Feci per andarmene, ma rientrai. ‘’E per la cronaca’’ dissi ‘’Sono ancora vergine’’.

Aprii la porta e la richiusi con un tonfo. Iniziai a scendere le scale con una lentezza esasperante. Le parole di Harry continuavano a frullarmi in testa.

Niall era giù, con un sorriso sulle labbra. Non appena mi vide, sospirò. ‘’Io e Zayn li abbiamo mandati via’’ ansimai.

Vidi Zayn accanto a lui,e  gli sorrisi. ‘’Buongiorno’’ dissi e lui ricambiò il sorriso.

‘’Niall, dovresti accompagnarmi a casa. Sai…dovrei parlare con i miei. Se non ti reca disturbo, ovviamente…’’.

Niall aveva già il giubbotto marrone addosso.

°°°

‘’Scendo con te’’ mi disse Niall, appena arrivati fuori il cancello di casa mia.

‘’Sei impazzito?’’.

‘’Se lo sanno, voglio almeno presentarmi’’ si giustificò.

‘’Niall’’ balbettai ‘’Mio padre ti metterebbe in imbarazzo e mia madre ti tartasserebbe di domande. Non sarà piacevole, lo sai’’.

‘’Non mi interessa’’.

‘’Dovrebbe interessarti’’ dissi, sistemandomi i capelli. ‘’Dovrebbe, perché questa non è una fan
fiction’’.

Lui sorrise. ‘’Bella battuta. Comunque non mi interessa’’.

Avrei continuato a contestarlo, se non fosse sceso dalla macchina prima che potessi ribattere.
Sospirai e gli feci strada verso la porta.

Quando bussai, sia le mani che le ginocchia tremavano. Notai, con una certa gioia, che la macchina di mio padre non c’era. Santo lavoro!

Mia madre, quando aprì la porta, rimase pietrificata. Almeno non aveva un pigiama LEI. Quando notò la figura esile e slanciata di Niall, rimase ad osservarlo per una vita. Finsi di tossire per svegliarla dal coma di cui era caduta vittima.

Tornò ad osservare me. Poi, inaspettatamente, mi saltò al collo e mi strinse fortissimo. ‘’Oh tesoro’’ continuava a ripetere. Dire che ero confusa era un eufemismo.

Quando mi lasciò, si lanciò al collo di Niall che, non sapendo come comportarsi, la strinse a sua
volta. Doveva sembrargli una psicolabile.

‘’Ragazzi entrate, volete un caffe?’’.

Ci fece strada in cucina, e io e Niall ci scambiammo un’occhiata sconvolta. Poi scrollai le spalle, per fargli capire che non avevo la benché minima idea di che diavolo le fosse preso. Era ancora la mia madre ossessiva o era stata vittima di un esorcismo?

Ci sedemmo sugli sgabelli trasparenti della cucina e mamma armeggiò ai fornelli. Poi si voltò di
nuovo verso di noi. ‘’Allora, come vi siete conosciuti?’’.

‘’Mamma…’’ balbettai ‘’ Stai bene?’’.

‘’Certo! Sono solo felice per te. Per tanto tempo ho desiderato che trovassi qualcuno che ti
piacesse almeno un po…certo non mi aspettavo fosse un membro degli One Direction. Oddio amore immagino come ti sarai sentita elettrizzata!’’.

No, okay, quella non era mia madre. Matematicamente impossibile.

‘’Comunque, signora, alla festa di benvenuto organizzata da Mia e Leila’’ rispose Niall.
Ovviamente, dato il comportamento di mia madre, non era imbarazzato neanche la metà di quanto lo ero io.

‘’Che cosa romantica!’’ saltellò lei. Poi servì il caffe. Come volevasi dimostrare, bombardò Niall di domande. Come si era interessato al canto, che lavoro facessero i genitori, quanto sarebbe rimasto a Londra. Quella domanda mi terrorizzava.

‘’Non abbiamo tour in programma’’ aveva risposto Horan, ma sapevo che sarebbero arrivati presto. Mi si contorsero le budella al solo pensiero.

Poi, ecco la domanda più imbarazzante nella storia delle domande imbarazzanti. ‘’Ti piace davvero?’’.

Se avessi potuto, sarei scomparsa. Sciolta come i fiocchi di neve che misi nella tasca del mio giubbino quando ero bambina.

Niall sorrise, ma ero convinta che fosse a disagio anche lui. ‘’Si’’ rispose, così veloce che sarebbe risultato vero anche se fosse stata una bugia enorme. In quel momento, frenai l’impulso di saltargli addosso. Niall diceva e face sempre le cose giuste al momento giusto.

‘’Io amo davvero Ria, signora Martin. Dico seriamente’’.

Mia madre iniziò a piangere, e Niall le porse un fazzoletto. Mi guardò e mi fece l’occhiolino. ‘’Mi avevi descritto tua madre come un mostro a tre teste’’ mi sussurrò. Non sapevo davvero che rispondere, così non dissi nulla.

‘’Niall grazie’’ disse mia madre, abbracciandolo di nuovo.

‘’Grazie di cosa?’’ chiese lui, ricambiando la stretta.

‘’Grazie per aver dato a mia figlia una ragione valida per cui continuare a lottare. Non ti ringrazierò mai abbastanza. Era da mesi che ti aspettavo’’.

Non piangere, mi dissi mentalmente. Non piangere.

°°°

HARRY’S POV


Feci la doccia più lunga di tutta la mia vita.

Quando uscii dal bagno, con solo un accappatoio addosso, mi percosse un brivido. Attraversai il corridoio diretto nella mia stanza. Mi vestii, mi pettinai i capelli, e sospirai un trilione di volte.

Non facevo altro che pensare a Ria e a quello che le avevo detto.

Credevo di aver passato la fase ‘’dell’odio’’ verso di lei, ma evidentemente mi sbagliavo. Ero ancora in stallo. Credevo di volerle bene, ma quando l’avevo vista con il pigiama di mia sorella, con il volto identico a quello di mia madre che, per la cronaca, QUEI vestiti li aveva indossati una volta (quando stava malissimo) aveva scatenato in me emozioni contrastanti.

Prima sorpresa. Non era mai stata tanto simile a mia mamma come in quel momento. Poi sollievo perché, solo per un secondo merdoso, avevo creduto che fosse davvero lei. Me ne ero convinto. Poi delusione, quando avevo capito che non era Anne ma Miriam. E poi rabbia.
Rabbia perché Ria non poteva somigliare in quel modo spudorato alla persona che mi mancava di più al mondo.

Semplicemente non poteva farlo.

Non poteva ricordarmela ogni volta che la guardavo in faccia, non potevo sentire un odioso quanto persistente vuoto nello stomaco ogni volta che stavo con lei. Quella era una vera e propria tortura cinese.

Non volevo trattarla male. Infondo, sapevo bene, che volevo bene a Ria. A prescindere da tutto quanto il resto. Ma non ce l’avevo fatta. Troppo uguale ad Anne Styles e troppo diversa da Miriam Martin. Troppo vicina alla mia persona ma troppo lontana dalla mia anima.
Non avevo detto a nessuno, neanche ai ragazzi, che andavo da uno psicologo una volta a
settimana. Non avrebbero capito. Non lo capivo neanche io.

Ma capivo una cosa, invece. Capivo che ora, in quel momento, ne avevo disperato bisogno.

°°°

‘’Dottore, era troppo uguale a lei’’.

‘’A chi?’’ mi chiese lo psicologo, dopo avermi ascoltato. Non avevo mai fatto il nome di Ria. Preferivo di no. Mi sistemai meglio sulla sedia di velluto verde.

‘’A mia madre. E’ un’ossessione. Credo di stare per impazzire’’.

‘’E quindi ha trattato male questa ragazza ‘anonima’ perché somigliava a sua madre? Di nuovo? Come la prima volta che l’ha vista?’’.

Sospirai. ‘’Peggio. Le ho detto delle cose orrende. Le ho dato della puttana. Non volevo ma…ne avevo bisogno’’.

Il dottore iniziò a scrivere tutto su un’agenda nera. Pensai che, da quando venivo da lui, non aveva mai cambiato agenda.

‘’Lei non voleva ma ne aveva bisogno’’ ripetè. ‘’Perché?’’.

‘’Perché…io lo so che non è colpa sua se somiglia a mia mamma. Non so perché ho sentito il bisogno di trattarla di merda’’.

Notando la sua faccia contratta, mi scusai per la parolaccia.

‘’Harry’’ disse lo psicologo. ‘’Signor Styles. Lei ha trattato male quella ragazza perché, nella sua mente, era convinto di parlare con sua madre’’.

‘’Ma io non avrei mai dato della…puttana a mia madre. Non l’avrei mai trattata così’’.

Lui scosse la testa. ‘’La sua era una punizione. Era un modo per farla pagare a sua madre perché non sopporta che sia morta. Che se ne sia andata e l’abbia lasciato da solo. Perché la amava, la ama, troppo per lasciarla andare via per sempre’’.

‘’Quindi ho detto a R…alla ragazza, quello che avrei voluto dire a mia madre? Perché credevo fosse lei?’’.

‘’Esattamente. E sa perché il suo cervello si è convinto che questa ragazza misteriosa SIA sua madre?’’.

Mi sistemai meglio ed accavallai le gambe. ‘’Perché?’’.

‘’Perché lei non si è ancora rassegnato al fatto che sua madre non c’è. Non si è ancora reso conto che sua madre non tornerà più. Può credere che sia in paradiso, che sia un angelo, che la stia proteggendo, che sia sempre presente solo che non la vede, ma deve rendersi conto di una cosa: sua madre è morta. E, per quanto sia triste e crudele e ingiusto, è anche vero’’.
Rimasi pietrificato. Non dissi nulla e il dottore continuò.

‘’Non lasci andare questa ragazza solo perché vive ancora nel ricordo di sua madre. Come ha detto lei, non è colpa di nessuno per quella maledetta somiglianza. La ragazza è la ragazza, sua madre è sua madre’’.

‘’Dice che dovrei andare da lei?’’ domandai. Non lo davo a vedere, ma ero un tipo dannatamente insicuro. Il dottor Klaine, lo psicologo più popolare di Londra, era l'unico che riuscisse a capirmi. Meglio di me, a volte.

‘’Dico solo che non dovrebbe lasciar scorrere il presente per rincorrere il passato, Harry’’.
 
 
jkj

CIAOOOO <3


VI SCRIVO GIUSTO DUE RIGHE PERCHE’ VADO DI FRETTA, E DEVO USCIRE HAHAHA ALLORA, QUESTO E’ SOLAMENTE UN CAPITOLO DI PASSAGGIO CHE MI SERVE COME INTRODUZIONE PER QUELLO CHE VOGLIO CHE ACCADA NEL PROSSIMMO C:

NIENTE, SPERO VI SIA PIACIUTO. OVVIAMENTE, MI FARESTE FELICE SE LASCIASTE UNA RECENSIONE. ULTIMAMENTE HO BISOGNO DI CONFORTO LOL

HARRY E’ STATO UN PO’ STRONZO, MA SPERO DI AVER FATTO CAPIRE I SUOI MOTIVI.

LA SCENA DELLA MAMMA DI RIA E’ STATA DIVERTENTISSIMA DA SCRIVERE HAHAH.

E STOP, SPERO MI FACCIATE SAPERE. IN BASSO I MIEI CONTATTI. PER QUALUNQUE DOMANDA, CONSIGLIO, SULLA STORIA O MENO, SONO HERE (?)

SCUSATE LA FRETTA MA SONO MISS RITARDO LOL.

BACIONI.

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Capitolo 19
*** Chapter 19. ***


love

TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

 

Mentre sembra che il mio mondo stia crollando su di me 
tu adesso dove sei? 
Mentre io continuo a dire 
‘’no vedi che ormai non c'è’’, 
mi chiedo dove sei?
Mentre vedo le mie mani muoversi nel buio su di lei, 
mentre ballo con il tuo fantasma dimmi dove sei?
-Neffa; Dove sei.

 
 
Capitolo 19

Mi rigirai nel letto per la terza volta, incapace perfino di pensare.

Erano accadute troppe cose in troppo poco tempo. Prima Harry mi aveva dato della puttanella e mi aveva trattato male, manco fossi la persona che odiava di più al mondo, poi Niall era praticamente entrato nel cuore di mia madre. Lei, dal canto suo, non appena se ne era andato, non aveva fatto altro che dirmi quanto fosse bello dal vivo e quanto stessimo bene insieme.

Sapevo entrambe le cose, ma le lasciai credere che non le avessi mai notate. In verità, sapevo che la gioia e l’amore di mia madre nei confronti del biondo non erano casuali, e non era nemmeno una semplicissima questione di simpatia.

Quando c’era di mezzo mia madre, la severa dottoressa Martin, nulla era semplice. Era papà il bonaccione della famiglia, quello sempre dalla mia parte, quello che mi aveva regalato l’iphone e quello che aveva convinto mia madre a farmi tornare a scuola.

Lei era la tosta, la guastafeste, la perfettina del cavolo. Quella che trovava sempre- SEMPRE- il pelo nell’uovo e girava anche il dito nella piaga.

Per questo, quando Niall aveva detto che voleva presentarsi, avevo subito pensato al peggio. Ero arrivata perfino a sperare che non gli sbattesse la porta in faccia, dopo avermi catapultata dentro casa con la forza. Ed era stato l’esatto contrario. Non sembrava neanche mia madre, quando ci parlava.

Ma, alla fine, avevo capito il motivo per cui si era comportata così.

Mia madre, in cuor suo, sperava che avessi trovato in Niall Horan la persona per cui avrei lottato, per cui avrei fatto finalmente quelle schifosissime chemioterapie, e con cui avrei passato se non la mia vita intera, almeno ciò che ne restava.

Amavo Niall, e credo che mia madre me lo avesse letto negli occhi, perché non mi chiese assolutamente nulla. Era semplicemente una cosa palesemente palese, un fatto a dir poco ovvio.

Amavo Niall e ne avevo la certezza matematica e fisica.

Ma non così tanto. Non lo amavo così tanto da iniziare quelle cure odiose, da vedermi cadere i capelli rossi uno ad uno- lentamente-, da sentire lo stomaco rivoltato come un calzino e da dimagrire fino a diventare ancora più scheletrica di quanto, in realtà, già non fossi. Non lo amavo così tanto da vederlo piangere per causa mia (perché ero paradossalmente sicura che avesse pianto), da vederlo accompagnarmi all’ospedale invece che al parco (ed ero paradossalmente sicura anche di quello) e non lo amavo così tanto da vederlo soffrire insieme a me perché Niall, il mio Niall, avrebbe sofferto con me e non per me.

O forse lo amavo troppo per permettere a tutte queste cose di diventare reali.

Paradossalmente, quando ero con Horan non mi mancava la vita, nella sua forma più semplice, come mi succedeva con i miei genitori o con le mie amiche o con chiunque altro. Quando ero con Niall io vivevo ed ero sicurissima che avrei vissuto per sempre.

Ero sicura che avrei cantato su di un palco, con sotto miliardi di ragazze, anche se ero una stonata patentata. Ero sicura che avrei avuto i capelli biondi e gli occhi dell’azzurro cielo più bello che avessi mai visto in vita mia.

E anche se non sarei stata io, come tutte le persone che mi circondavano mi avevano sempre vista, sarei ‘’stata’’ lo stesso.

Come faceva la canzone degli One Direction?  You know I'll be your life, your voice, your reason to be  my love, my heart is breathing for this.

‘’Lo sai che sarò la tua vita, la tua voce, la tua ragione per essere il mio amore, il mio cuore sta battendo per questo’’.

Il suo cuore stava battendo esattamente per questo.

‘’RIA’’ urlò mia mamma, così forte che mi spaventai. Mi alzai dal letto e mi affacciai sul corridoio, leggermente irritata per il suo tono di voce così acuto. Manco avesse visto Brad Pitt! E mia mamma amava Brad Pitt, forse più di mio padre…

‘’Che c’è?’’ urlai dalle scale, decisamente intenzionata a non scendere a meno che non fosse una cosa di ESTREMA importanza.

‘’C’è qualcuno che vuole vederti’’.

Conoscevo troppo bene mia madre anche solo per credere che mi dicesse, senza che scendessi di sotto, chi diavolo fosse. Anche perché si divertiva un mondo a farmi da ‘assistente’. Comunque
doveva essere Mia, o forse Leila.

Intenzionata a non perdere tempo, scesi senza neanche sfilarmi la maglietta bianca e i pantaloni blu della tuta.

‘’Perché sei così esaltata?’’ chiesi a mia madre, una volta raggiunto il salone. Lei sorrideva come un’ebete, mostrando una fila di denti bianchi e perfetti. Maledetti dottori e la loro fissa per la salute fisica e dentale.

Lei, ancora con la porta aperta e la mano sul pomello, smise di sorridere e disse ‘’Io vado in ospedale’’. Prese il cappotto, appeso all’attaccapanni lì vicino, e si volatilizzò in una frazione di secondo. Lasciando, ovviamente, la porta aperta e l’ospite ancora fuori.

‘’Leila o Mia, entra!’’ esclamai, buttandomi a peso morto sul divano.

Ma la persona che entrò poco dopo non aveva né i capelli biondi di Leila, né la pelle olivastra di Mia. E poi nessuna delle mie migliori amica aveva i capelli ricci e castani, né tantomeno gli occhi verde bottiglia.

Mi alzai a velocità supersonica dal divano, cercando di sistemare il disastro di capelli che avevo in testa e rendendomi almeno presentabile.

‘’Harry?’’ balbettai, raggiungendolo e chiudendo la porta. ‘’Che diamine ci fai tu qui?’’.

Lui scrollò le spalle. ‘’Dovevo parlarti’’.

‘’E non potevi farlo domani? Sono le sette di sera passate’’. Sapevo che la scusa non reggeva e suonai acida e apatica perfino alle mie orecchie ma…MI AVEVA DATO DELLA PUTTANA!

Lui scosse la testa, facendo ondeggiare i ricci perfetti. ‘’No. Dovevo farlo subito’’.

‘’Io non ho voglia di parlarti, però’’.

Non ero mai stata una ragazza permalosa e che portava rancore, ma da Harry mi aspettavo…di più. Da tutti mi sarei aspettata un simile trattamento, ma non da lui. Non ero il suo giocattolino, che poteva strapazzare quanto gli pareva e gli piaceva. Ero una persona, e come tale esigevo rispetto e poca confidenza. Anche perché credevo fosse il mio migliore amico e credevo di contare qualcosa per lui. Mi aveva davvero delusa.

Lui mi si avvicinò ma io indietreggiai all’istante. Alzai le mani in aria, come per fargli capire che non doveva avvicinarsi neanche di un centimetro scarso. Lui si bloccò e il suo viso assunse un’espressione delusa, ma non disse assolutamente niente.

‘’Ti prego, Ria…’’ sussurrò.

‘’Miriam’’ lo corressi. Nessuno che fosse mio amico mi chiamava con il mio nome di battesimo. Lui, fermo ed immobile, smise di incenerirmi con lo sguardo e prese ad osservare il parchè come se fosse la cosa più bella del mondo.

‘’Mi dispiace’’ disse dopo un tempo che mi parve interminabile. ‘’Io non volevo dirti tutte quelle
cose’’.

‘’Bhè’’ esclamai stizzita ‘’Però lo hai fatto o sbaglio?’’.

Lui mi diede le spalle, e scosse la testa. ‘’Io non ce l’avevo con te’’.

Conoscevo da poco Harry, forse non lo conoscevo affatto, ma ero sempre stata brava a leggere fra le righe. Harry , con quella frase, non voleva solo scusarsi. Voleva dirmi qualcosa in più, qualcosa che ci misi davvero poco a capire.

Incrociai le braccia al petto. ‘’Harry’’ dissi, fredda come il marmo ‘’Io NON sono tua madre’’.
Lui non si voltò, ma alzò di colpo lo sguardo, segno che l’avevo sorpreso. Evidentemente non si aspettava che capissi il suo ‘linguaggio segreto’, né che sapessi interpretare il suo ‘codice personale’.

Poi lo sentii sorridere. ‘’Se quei quattro cretini della band fossero stati intelligenti almeno la metà di quanto lo sei tu, avrebbero capito da mesi il motivo della mia repulsione infinita verso il genere umano’’ disse.

Mi avvicinai di un millimetro. ‘’Non sono poi tanto intelligente, e non ci vuole Freud per capire che non stai bene’’.

Non si girò neanche allora. ‘’Ria io…Miriam’’ si corresse ‘’Ho persino pensato di abbandonare il gruppo, il mese scorso. Stavo per farlo, te lo giuro’’.

‘’Perché, poi, non l’hai fatto?’’.

Lo vidi scrollare le spalle ma non riuscivo proprio ad immaginare l’espressione che poteva aver assunto il suo viso, non vedendolo. ‘’Non lo so’’ confessò ‘’Suppongo che sia grazie a te’’.

Sorrisi. ‘’Io non ho fatto proprio niente’’.

‘’La tua somiglianza con mia madre…’’ disse. ‘’L’ho presa come un…segno. Per questo non me ne sono andato e non ho mollato tutto. Forse…forse lei non voleva che fosse così e ha cercato di farmelo capire’’.

Mi bloccai di colpo. Sapevo che Harry mi aveva trattata male perché gli ricordavo la madre ed avevo immaginato che, nel profondo, ce l’avesse con lei perché l’aveva abbandonato. Ma non pensavo che l’avevo inconsapevolmente convinto a restare, a non gettare la spugna. Non capivo neanche come avessi fatto.

‘’Questa non è una fanfiction’’ lo imitai, sorridendo lievemente. ‘’Io non sarei capace di salvare nessuno’’.

Ne avevo lette di fan fictions, io!  Non ero la classica protagonista figa e probabilmente non lo sarei stata mai. Non avrei potuto salvare nessuno, neanche volendo, perché non avrei mai potuto salvare neanche me stessa.

‘’Non sto dicendo che mi hai salvato’’ esclamò. Fu allora che si girò di nuovo verso di me, e riprese a fissarmi. C’era qualcosa di struggente e spezzato nei suoi occhi verdi, resi anche più scuri da qualche pensiero negativo, che mi spaventò. ‘’Credo che nessuno sia capace di salvarmi.
Mi hai…aiutato. E non meritavi un trattamento simile’’.

Sentii la punta delle dita gelarsi. ‘’Io ti ho…aiutato?’’.

‘’Inconsapevolmente sì’’.

Quando abbasso lo sguardo controluce mi resi conto che aveva gli occhi lucidi. Fissandolo meglio, notai che stava tremando lievemente. Non doveva essere facile per lui, parlare.

‘’Harry’’ iniziai, non sapendo bene che cosa dire. ‘’Io... vorrei poterti salvare. Lo vorrei tanto ma...’’.

‘’Lo so’’ mi interruppe, senza incatenare nuovamente il suo sguardo al mio. ‘’Non te ne sto facendo una colpa. Voglio solo che tu sia felice, non pensare a me’’.

Anche i miei occhi si inumidirono e non sapevo neanche bene il motivo. Dopotutto lo sapevo. L’avevo capito dal primo momento in cui mi aveva detto che gli mancava la mamma e che mi rivedeva in lei. Dal momento in cui mi aveva baciato, mesi prima. Harry non poteva essere salvato, ma non perché fosse condannato a soffrire ma perché non voleva uscire fuori dal tunnel senza fondo in cui si era infilato. Perché non aveva lasciato ancora volare in aria lo spirito e l’essenza della madre, e probabilmente non l’avrebbe fatto mai. Perché ero sicura che in ogni canzone e in ogni frase che diceva ci fosse una micro-parte di quella donna che definiva incredibile. Perché soffrire per lei e per la sua mancanza era l’unico modo che aveva e che gli restava per sentirla ancora vicina. Le lacrime gli ricordavano che era vivo e che sarebbe stato vivo ancora per un po’ prima di andarsene.

Stavolta mi affiancai a lui e gli poggiai una mano sulla spalla. ‘’Parlami di Anne’’ soffiai nel suo orecchio. ‘’Parlami di tua madre, Harry’’.

Lui non rispose e pensai di aver detto qualcosa di profondamente sbagliato. Ma quando sospirò e prese fiato, capii che aveva intenzione di parlare. Di parlarmi.

‘’Non ci sono parole per definirla’’ iniziò. ‘’Lei era… meravigliosa. Mi ricordo che ogni domenica pomeriggio, quando non lavorava, faceva sempre la torta di mele. Adoravo la sua torta di mele.
Lei diceva che aveva un ingrediente segreto che non avrebbe mai svelato, in modo che le sue torte fossero sempre uniche. Quando tagliava le mele mi chiedeva sempre di aiutarla, soprattutto nell’ultimo periodo. Non smise mai di cucinare la torta di mele la domenica, fino alla sua ultima settimana di vita’’.

Sorrisi.

‘’Alla vigilia di Natale mio padre lavorava sempre fino a tardi, ed era lei a portare, da sola, di nascosto i regali in camera mia e di mia sorella Gemma. Non si faceva notare mai, mentre prendeva in giro mio padre perché diceva che era nato per far rumore’’ sorrise. Il suo era un sorriso amaro, che gli increspò le labbra.

‘’Amava i tulipani, erano i suoi fiori preferiti. C’era sempre un mazzo di tulipani rossi sulla tavola, in cucina, sin da quando ero bambino. Diceva che significavano ‘amore eterno’ e che avevano un profumo simile a quello delle rose, solo molto più leggero’’ scosse la testa, come se non fosse d’accordo. ‘’Quando venne ricoverata per l’ultima volta in ospedale, i dottori le dissero espressamente che non poteva portare nella stanza niente tranne i suoi vestiti, perché tutto avrebbe potuto scatenarle un’allergia. Costrinse mio padre a portarle di nascosto un tulipano. I dottori se ne accorsero subito, ma non dissero nulla. Nessuno aveva la forza di dirle di no’’.

Poi si incupì. ‘’Andava a correre tutti i lunedì mattina da quando era poco più che un’adolescente. Era un’abitudine, uno sfogo. Quando scoprì di essere malata, assieme a tante altre cose, dovette rinunciare anche a quello. Fu probabilmente ciò che le dispiacque di più. Però passeggiava. Non smise mai di farlo. Non smise mai di venire ad ogni mio concerto a Londra, di andare a trovare mia sorella all’università e di preparare il pranzo e la cena a mio padre. Mia mamma era come tutti quanti gli altri, si comportava sempre come una persona…sana. Non si lamentava mai. Non ricordo una sola volta in cui disse che le faceva male qualcosa, o una sola giornata in cui decidesse di stare a letto. Mai’’.

Prese fiato. ‘’Pianse solo una volta nei cinque anni del suo calvario. Una settimana prima della sua morte, in ospedale. Ma non pianse perché doveva sfogarsi o perché voleva comprensione e compassione. Pianse per noi: per me, per mia sorella e per mio padre. Mi disse testuali parole: ‘’Abbi cura di splendere’’. Mi risuonano nel cranio a tutte le ore del giorno e della notte’’.

‘’Lo capisco’’ riuscii solo a dire.

Lui si preparò a dire, probabilmente, l’ultima cosa. ‘’Non l’ho mai detto a nessuno, ma il giorno della sua morte io ero alle prove. Avrei voluto stare all’ospedale con lei e Gemma ma non potevo. Mentre cantavo il mio assolo, mancò la corrente. Quando Paul andò a riattaccarla disse che il contatore era intatto e che era un caso anomalo. Si riattaccò da sola dopo pochi minuti, nessuno ci fece caso e continuammo a cantare. Tre minuti più tardi mio padre mi chiamò in lacrime’’.
Esattamente come il padre allora, anche Harry adesso era in lacrime. Strinsi la mia presa sulla sua spalla. ‘’Non devi dirlo se non vuoi’’ sussurrai.

‘’Era morta. Morta. Non gli ho neanche potuto dire addio. Era finita’’ singhiozzò. Non l’avevo mai visto piangere così. Era disperato. Senza pensarci sopra due volte lo strinsi forte a me.

‘’Non è finita’’gli dissi ‘’E’ appena iniziata’’.

°°°

Quando Niall mi aveva OBBLIGATA ad andare in spiaggia con lui, perché quel giorno faceva caldo ed aveva bisogno di svagarsi, non obbiettai. Anche perché sapevo fin troppo bene che voleva esaudire il desiderio numero 1 della mia lista. Fare un bagno a mezzanotte.

Altrimenti perché andare in spiaggia alle sei del pomeriggio?

Il viaggio fu abbastanza lungo ma anche abbastanza piacevole. Ovviamente Niall aveva inserito nello stereo ‘take me home’. Ero scoppiata a ridere.

°°°

Niall si avvicinò frettolosamente a me, che restavo immobile e stesa sul telone. Il mare davanti si stendeva in tutte le sfumature esistenti del verdi e dell'azzurro, brillando sotto i raggi caldi e profondi del sole di metà settembre.

Il biondo mi cinse le spalle con un braccio esile e mi strinse a se.

''Mi stritoli, così'' esclamai.

Lui sorrise, ma gli leggevo negli occhi che qualcosa non andava. Solo che non riuscivo a capire che cosa. Era tutto perfetto, non faceva tanto freddo e il tempo pareva essersi addirittura rischiarato. Niall non era mai silenzioso, e se lo era c'era di certo un motivo più che valido per mettere il muso.

''Niall che hai?'' gli domandai. Mi sarei aspettata che dicesse 'niente', oppure 'va tutto bene, sono solo stanco', o qualche altra stupidata del genere. Ma non disse nulla. Continuava a guardare il mare come se ne dipendesse la sua vita.

''Me lo dici, a che pensi?'' ritentai. Lui sciolse il nostro abbraccio.

''Stavo pensando...'' iniziò ''Ieri sono stato all' AEL''.

Mi bloccai di botto. L'AEL era conosciuta anche come 'Associazione inglese leucemia'.
L'ultima cosa che volevo fare era rovinare la giornata che ci aspettava per parlare della mia malattia, o della mia morte, o di qualunque altra cosa. 

''Perchè?'' domandai.

''Grazie...alla mia nomea, sono riuscito a parlare con un medico specialista e con il direttore. Ci verresti in Giappone con me?''. 

''Eh?''.

''C'è una cura. Forse c'è una cura''.

Avevo sperato tanto, nel corso dei due anni in cui ero stata malata, di poter guarire. Magari i miei genitori dottori avrebbero contattato un amico algerino, un genio della medicina, che avrebbe eliminato tutte le cellule infette dal mio sangue senza uccidermi. Avevo creduto fino all’ultimo di poter essere miracolata, perché Dio era grande e misericordioso e avrebbe avuto pietà di me. Ero arrivata ad affidarmi alla fortuna ed al destino, pregandoli di essere clementi.

Ma avevo perso le speranze dal momento in cui il mio medico curante mi aveva dato un anno, massimo un anno e mezzo, di vita. Lì mi ero arresa, anche se avevo conosciuto Niall poco dopo. Ed ero stata gioiosa di arrendermi, perché si dice che la speranza è l’ultima a morire ma solo perché ci uccide tutti prima.

Ed ora, quando me ne ero fatta una ragione, quando mi ero finalmente messa l’anima in pace ed avevo deciso di accettare le conseguenze della mia malattia senza fiatare, Niall spuntava fuori dal nulla e mi chiedeva di andare con lui in Giappone. Io avrei staccato con la mia vita e lui con la sua esistenza fatta di concerti ed interviste solo per un viaggio che, molto probabilmente, non avrebbe cambiato nulla.

Mi avrebbe solo illusa e poi delusa, come tutte le cure e tutti gli altri viaggi che avevo fatto.

‘’Niall sono già stata in Florida, in Alabama e in Germania. Non c’è niente da fare’’ sussurrai.

‘’Almeno proviamoci’’ insistette ‘’Che ci costa?’’.

‘’A te sicuramente la sospensione momentanea della tua carriera. Per cosa poi? Non te lo permetterei mai’’ esclamai, guardando l’orologio. Quella conversazione doveva finire, ma erano solo le otto.

‘’Non mi interessa un cazzo della carriera’’ disse. ‘’Ti prego’’.

‘’Niall non ce la farei a sopportare un’altra delusione’’ ammisi.

‘’Magari non sarà una delusione! Magari funziona davvero. Non partire scoraggiata in partenza. Lotta!’’.

Stavo iniziando a scaldarmi. ‘’Niall tu mi conosci da due mesi, io lotto da due anni e ne ho sedici! Non ti viene in mente che forse sono stanca?’’.

‘’Ed essere stanca implica voler morire?’’ urlò. Si stava infervorando anche lui.

‘’IO NON VOGLIO MORIRE’’ urlai di rimando. ‘’Credi che saltelli di felicità all’idea di tirare le cuoia ed essere corrosa dal terreno e dai vermi, nonostante non abbia la pelle raggrinzita e i capelli bianchi?’’.

‘’Sei incoerente, Ria!’’ sbraitò, alzandosi dal telone. Lo imitai.

‘’Niall’’ sospirai, tentando di calmarmi. ‘’Sembri mia madre quando vuole obbligarmi a rifare le chemio’’.

‘’E’ diverso’’.

‘’No! E’ la stessa identica cosa’’ singhiozzai. Inspirai ed espirai mille volte prima di continuare. ‘’Ci tieni così tanto?’’.

‘’Si’’ rispose immediatamente ‘’ E dovresti tenerci anche tu. Questa che ho davanti non è la ragazza di cui mi sono innamorato’’.

Quelle parole fecero un male cane. ‘’E di chi ti saresti innamorato, allora?’’ lo sfidai.

‘’Di una ragazza che moriva dalla voglia di vivere! Che avrebbe fatto di tutto per vincere questa dannata malattia, anche andare in capo al mondo. Mi sono innamorato di una ragazza determinata, di una guerriera. Riprendi in mano la tua vita, Miriam, e forse potrai salvarla’’.

‘’Va bene’’ non gli feci neanche finire la frase quando acconsentii. Se ci teneva così  tanto,l’avrei fatto per lui. Per la ragazza di cui si era innamorato e per dimostrargli che c’era ancora, quella persona.

‘’Cosa?’’ sgranò gli occhi.

‘’Ho detto che va bene. Ne parlerò con i miei ma dubito che rifiuteranno. Va bene’’ sospirai. Stavolta fu lui a non darmi il tempo di dire nient’altro, perché mi baciò con foga.

Ricambiai il bacio.

Non so bene come, ma ci ritrovammo di nuovo stesi sul telone. Lui spalmato praticamente su di me.

Tra un bacio e l’altro trovai un coraggio inaudito e mai avuto.

‘’Niall’’ sussurrai, mentre lui smetteva di baciarmi. ‘’Fai l’amore con me’’.
 
 ria Vi lascio con una splendida Ria <3


CIAO!

ALLORA, PREMETTO CHE HO SCRITTO QUESTO CAPITOLO IN…MEZZ’ORA? NON HO IL TEMPO MATERIALE PER RILEGGERLO, PERCIO’ LO FARO’ DOMANI. INTANTO PERDONATEMI PER EVENTUALI ERRORI!

CI TENEVO, OLTRE CHE RINGRAZIARE TUTTE VOI (CHE SIETE L’AMORE), A PRECISARE UNA COSA: L’AEL NON ESISTE. ESISTE L’AIL, CHE E’ L’ASSOCIAZIONE ITALIANA LEUCEMIA. NON SO SE ESISTE ANCHE UNA INGLESE MA HO PROVATO A CERCARLA, E I RISULTATI SONO STATI NULLI HAHAHA.

COMUNQUE, SICCOME STO DIVENTANDO UN’INSICURA INCALLITA HO SINCERAMENTE BISOGNO CHE MI DICIATE COME VI SEMBRA QUESTO CAPITOLO! QUINDI, ANCHE TE CARA LETTRICE SILENZIOSA, TI PREGO ESPRIMITI HAHAHA.
DETTO QUESTO, SICCOME DEVO LAVARMI PERCHE’ DEVO USCIRE, VI LASCIO!

AH, NON RISPONDO ALLE RECENSIONI PER OVVIA MANCANZA DI TEMPO, MA RECUPERERO’! PROMESSO  <3

IN BASSO I MIEI CONTATTI.

BACI!

H.

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Capitolo 20
*** Chapter 20. ***


love

 

 

TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w


Ad Ylenia e soprattutto a Raffaella. Perchè ve l'avevo promesso
e perchè vi voglio bene.


…Se adesso manchi tu
noi non saremo più quel che eravamo sempre
l’amore si fa in due e non posso essere io
questa metà di niente…
-Nek: la metà di niente.
 
 
Capitolo 20
 
‘’Niall’’ sussurrai dolcemente. ‘’Fai l’amore con me’’.

Niall mi guardò senza dire nemmeno una parola. Nei suoi occhi c’erano una moltitudine di emozioni. Potevo leggervi sorpresa, gioia, un pizzico di tristezza e di ansia e amore. Tanto, forse troppo, amore.

Prese improvvisamente la mia mano e la strinse forte fra la sua, molto più grande e sicura. Si alzò dal telone e mi allungò l’altra mano.

‘’Vieni con me’’ sorrise.

Io mi alzai in silenzio e ricambiai il sorriso, scollandomi di dosso la sottile sabbia rimanente. Strinsi tutte e due le mie mani nelle sue, e lo guardai a fondo nelle iridi chiare. Non avevo mai visto, in tutta la mia breve vita, degli occhi così belli e profondi. Così sinceri e delicati da mettermi addirittura in soggezione.

‘’Ti fidi di me?’’ mi chiese Niall, all’orecchio.

Mi fidavo di lui?

‘’Si’’ sussurrai. ‘’Mi fido di te’’.

Lui mi trascinò leggermente verso il gazebo sulla spiaggia che aveva fatto costruire. Quando me lo aveva detto, ero rimasta di stucco. Aveva fatto costruire una casa in miniatura, con tanto di letto e coperte se avessi avuto freddo, e aveva chiamato un catering per preparare la cena. Che, per di più, era l’ultimo dei miei problemi.

Gli avevo detto che aveva esagerato e lui mi aveva risposto che, comunque, se volevo fare un bagno a mezzanotte- in quel modo- non mi sarei ammalata. Ero certa che Niall non l’avesse fatto costruire per doppi fini.

Era un gazebo enorme e di legno bianco, con un grande letto ad acqua posizionato in basso a destra. Quella era la nostra direzione. Niall, tenendomi sempre per mano, mi ci portò e mi adagiò sulle coperte.

Si avvicinò alle mie labbra e mi diede, probabilmente, il bacio più dolce che mi avesse mai dato. Iniziò a baciarmi una guancia, poi l’altra, fino a che non scese fino al collo. Tempestò di baci anch’esso, e scese sulla mia spalla ossuta, scendendo più giù, fino a che non mi baciò tutto il braccio lasciando scie umide.

Afferrò i lembi della mia maglietta e incatenò il suo sguardo al mio, come a chiedermi il permesso di rimuoverla. Ero agitata e in imbarazzo, ma sapeva che- comunque- non glielo avrei mai negato. Portai le mie mani sulle sue e lo incitai a sfilarla. Con una lentezza esasperante, e per la seconda volta, Niall mi sfilò la maglietta e la dimenticò sul pavimento, da qualche parte che al momento non m’importava. Proprio quando ne avevo disperato bisogno, come se mi leggesse nel pensiero, mi guardò di nuovo e mi trasmise quella serena tranquillità che solo lui era capace di farmi provare. C’era qualcosa di nuovo nel suo sguardo che non avevo mai visto prima: mi stava adorando, come se fossi la ragazza più bella del mondo, come se non vedesse altro che me. Come se non avesse mai visto altro che me. Forse fu in quel momento che capii che Niall mi amava veramente. Ma non di quell’amore che si vede nei film, o si legge nei libri. Era di più. Era sovrumano, almeno la metà di quanto lo era lui.

‘’Sei una dea’’ mi sussurrò.

Non risposi perché non avevo fiato. Ero in iperventilazione. In quel momento desiderai che mi spogliasse del tutto, avevo un caldo allucinante. Lui prese a baciare anche la mia pancia, in modo più frettoloso, indugiando qualche minuto in più sui miei seni, fino a risalire sul collo di nuovo.

Inaspettatamente, si avvicinò al mio viso e presi l’iniziativa. Prima lo baciai velocemente, poi afferrai la sua tshirt e gliela sfilai in un gesto convulso.

Niall era bellissimo, ancora di più di come lo immaginavo. L’avevo visto a petto nudo altre volte, ma quella sera era diverso. Con la luce flebile delle lampadine del gazebo e il suono delle onde e dei gabbiani come colonna sonora, sembrava un angelo.

‘’Niall…’’ ansimai. ‘’Ti amo. Ti amo così tanto che mi spaventa’’.

Lui non mi guardò. Non seppi mai perché, forse non ne aveva il coraggio o forse avevo detto qualcosa di sbagliato. Riprese a baciarmi e leccarmi il collo, nascondendo il volto fra i miei capelli rossi.

‘’Non farmi piangere’’ disse.

Decisi di non dire più nulla. presi ad accarezzargli le spalle, poi le braccia, fino a far scendere le
mie mani esili sul suo torace. in un impeto di audacia, e con una forza che non poteva semplicemente appartenermi, lo spinsi verso destra e mi ritrovai spalmata su di lui. Iniziai ad imitarlo e bacia ogni suo centimetro di pelle candida. Profumava di Niall, e avrebbero dovuto venderlo, quel profumo. Scesi fino al suo ombelico e lo baciai più volte, incominciando a scendere verso i jeans. Con le mani leggermente tremanti, feci per sbottonargli il pantalone e sfilarlo ma mi chiamò.

‘’Ria’’ disse. ‘’Baciami’’.

Non seppi dire se fui sollevata o delusa, fatto sta che risalii di nuovo verso di lui e lo baciai con quanta più passione e con quanto più amore avessi in corpo. Fu impossibile definire per quanto tempo andammo avanti così, almeno fino a che Niall non si posizionò di nuovo sopra di me. Mi guardò nuovamente negli occhi e mi fece una domanda che mi spiazzò.

‘’Sei sicura?’’.

Stavolta non indugiai neanche un attimo. ‘’Si’’ esclamai. ‘’Ti prego’’.

Lui sorrise, o forse fu solo una mia impressione, prima di baciarmi leggermente la punta del naso, dicendo. ‘’Ti amo anche io’’.

Allungò le mani fino a raggiungere la cerniera della mia gonna rosa, infilando un dito nell’elastico, come a chiedermi- di nuovo- il permesso.

‘’Niall non sono di porcellana’’ ironizzai, per smorzare gli animi. ‘’Tranquillo’’.

Effettivamente, era molto più agitato di me anche se aveva- sicuramente- molta più esperienza.

‘’Sei il mio angelo’’ sorrise. ‘’Sei e sarai sempre il mio piccolo angelo, Ria’’.

Mi si riempirono gli occhi di lacrime, ma non erano lacrime di tristezza. Anzi. Tentai di contenermi e le ricacciai indietro, riuscendo a pieno nel mio intento. Niall, intanto, mi aveva sfilato anche la gonna. Accarezzò le mie gambe con i polpastrelli, nel momento esatto in cui sussurrai ‘’Sarò il tuo angelo custode’’. Lui iniziò a baciare anche le mie cosce, e lo sentii sorridere sotto i baffi. Con le mani tracciò il contorno dei miei fianchi sottili e indugiò sul mio ombelico, leccandolo delicatamente e leggermente. Poi afferrò le mie mani e le strinse, tornando di nuovo a guardarmi. Io annuii anche se non conoscevo e non avevo capito- troppo accaldata- la sua domanda muta. Infilò un dito nell’elastico dei miei slip neri, tirandoli leggermente verso il basso.

Prima di rimuoverli del tutto, però, strinse le mie natiche e sussurrò ‘’Non dimenticarlo, però’’.

‘’Cosa?’’ balbettai.

‘’Che sarai il mio angelo custode’’.

Risi. ‘’Non preoccuparti!’’ mi giustificai. ‘’Non lo dimentico’’.

Lui rise di rimando, e approfittò del momento privo di imbarazzo per sfilarmi del tutto gli slip.

Normalmente sarei morta di vergogna, o come minimo sarei diventata rossa come un peperone. Ma quella volta era diverso. Niall aveva già visto moltissime altre volte dentro di me, di quello ne ero più che sicura. Il mio corpo era solo uno stupido involucro, e sapevo che a Niall importava ciò che c’era dentro, come anche per me. Il suo ‘dentro’ era anche migliore di quello che c’era fuori.
Prese ad accarezzare il mio interno coscia, esattamente sopra il ginocchio, e risalì- languidamente e con una lentezza esasperate- fino alla mia intimità. Dolcemente, e nel modo che solo Niall Horan conosceva, infilò due dita dentro di me. Quell’esatta sensazione era del tutto nuova, e non era spiacevole. Niall riusciva a rendere tutto romantico fino all’inverosimile. Io mi aggrappai alle sue spalle, conficcandovi dentro le unghie corte che avevo e chiusi gli occhi.

Lui, continuando a muovere le dita, risalì accanto a me e mi guardò profondamente. ‘’Baciami’’ sussurrai. Lui si fiondò sulle mie labbra come se fosse l’ultima cosa da fare al mondo, e mi baciò languidamente.

Sentivo qualcosa contorcersi nello stomaco.

Quando ci separammo, Niall sfilò lentamente le dita dalla mia intimità e sorrise, dandomi un bacio sulla fronte. Mi accorsi solo allora che aveva ancora i jeans. Ripetendo di nuovo i movimenti fatti in precedenza, risalii di nuovo su di lui e glieli sfilai, stavolta con molta più sicurezza.

Niall era in boxer sotto di me, e un tempo avrei pagato anche solo per sognare quella scena.
Sembrava tutto troppo inverosimile.

Non ero sicura della sua reazione se gli avessi sfilato velocemente, e indolore, anche i boxer. Ero l’emblema dell’insicurezza e avevo una paura folle di sbagliare qualcosa. Così, sperando che mi riservasse uno dei suoi sguardi che donavano calma, lo guardai di nuovo mentre infilavo un dito nell’elastico dei suoi boxer.

Lui non rispose, ma mi strinse impercettibilmente il braccio. Così capii che dovevo fare. Con un movimento a metà fra il veloce e il lento glieli sfilai, dimenticandoli sul pavimento del gazebo. Lui mi strinse a se come a volermi tranquillizzare, anche se ero calmissima, e rotolò su di me. Baciò in una frazione di secondo il mio collo lasciandomi un succhiotto piccolissimo, e poi tornò a fissarmi. Sapevo cosa stava per succedere, e non aspettavo altro. Non ce la facevo più. Non avevo mai provato nulla di simile, non avevo mai desiderato Niall più di allora.

‘’Ria…’’ soffiò lui. ‘’Non devi fare nulla che non vuoi’’.

‘’Infatti’’ soggiunsi io. ‘’Non voglio…questo. Voglio te, è diverso’’.

Lui sorrise, e mi parve il sorriso più sincero che mi avesse fatto fino a quel momento. Mentre si avvicinava di più a me, mi strinse convulsamente la mano. Io serrai gli occhi. ‘’No’’ sussurrò.

‘’Guardami, ti prego’’.

Io aprii gli occhi, tentennando. Lo trovai così vicino al mio volto che le sue iridi mi parvero ancora più chiare del normale. Le nostre labbra erano distanti un velo d’aria e…lo amavo. Il quel momento ancora di più.

Con una delicatezza e una sensibilità inaudita, Niall mi penetrò. Quando avevo letto tutti gli effetti collaterali della mia malattia, avevo letto anche che avrei sentito molto più dolore del normale nei rapporti sessuali per via delle mie basse difese immunitarie. Ma non credevo fosse così. Non credevo che avrei mai sentito un dolore tanto atroce eppure tanto bello. Non avrei mai chiesto a Niall di smettere, anche se mi sentivo morire e attorcigliare tutto, perché non lo volevo.

Non volevo neanche piangere, ma inavvertitamente due o tre lacrime rigarono il mio piccolo viso. Speravo Niall non mi vedesse, lo speravo con tutto il cuore, ma io e lui avevamo un legame.
Come se avesse sentito un campanello tintinnare, alzò il capo e mi vide. Sgranò gli occhi, ma non si sorprese più di tanto. Ero sicurissima che anche lui avesse letto degli effetti collaterali del cancro al sangue, e che- quindi- sapesse.

Mentre si muoveva leggermente, mi sussurrò ‘’Non piangere, amore mio’’.

‘’Non piango solo per il dolore’’ ansimai, iniziando a piangere più forte. Era inutile trattenere le
lacrime, sarebbe stato ancora più atroce.

‘’E allora perché piangi?’’ mi domandò dolcemente, cercando di muoversi il meno possibile.

‘’Grazie’’ singhiozzai. ‘’Ringrazio infinitamente te e Dio, che ci ha fatti incontrare. Grazie Niall’’. Sospirai. ‘’Grazie per tutto. Non mi interessa nulla della mia malattia, o dei giorni che restano, e neanche di quello che pensa mezzo mondo. Sono felice di averti incontrato. E se per farlo dovevo essere malata, allora posso dire una cosa. Ne è valsa la pena. Ne varrà sempre la pena’’.

Lui non aggiunse nulla. Forse perché non aveva fiato, o forse perché non voleva piangere. Perché avevo imparato a conoscerlo, e sapevo che stava trattenendo le lacrime.

Il dolore era diminuito, ora era addirittura sopportabile.

Lui asciugò con i pollici i residui delle mie lacrime. ‘’Non piangere più’’ disse. ‘’Mai più’’.

Capendo che il dolore era inferiore a prima, prese a muoversi più velocemente. Sentii dentro di me muoversi delle parti di cui non conoscevo neanche l’esistenza, e avvertii una strana sensazione. Sentivo che stavo per toccare il fondo, ed era l’abisso più bello che avessi mai visto.

Iniziammo ad ansimare entrambi, e capii che era nella mia stessa situazione.

Accadde in un secondo. Venimmo insieme e fu la cosa più straordinaria ed incredibile che avessi mai provato. Non credevo che qualcuno avesse mai potuto provare quei sentimenti, né tantomeno io.

Mi ero abituata alla mia routine e alla mia vita di sempre, quella giornaliera e ripetitiva, ed ero convinta che sarebbe finita così. Niall era arrivato in silenzio, senza fare il minimo rumore, ed aveva capovolto tutto. Aveva sconvolto la mia vita, l’aveva trasformata nell’esistenza che avevo sempre desiderato provare ma che non avevo mai inseguito davvero.

Era come un uragano. Un tornado o uno tsunami violento ma allo stesso tempo bellissimo. Aveva il potere di distruggere. Io dipendevo completamente da lui, allora come non mai, ed era una cosa preoccupante. Dipendevo da ogni sua singola parola, da ogni suo singolo respiro. Aveva il potere di distruggere e di distruggermi, ed io ero completamente ed assolutamente impotente. E mi piaceva.

Mi piaceva tutto di quella tempesta.

Avevo sempre creduto che io fossi il temporale e lui il naufrago. Avevo sempre pensato che l’avrei spazzato via, insieme a tanti altri relitti. Ma mi sbagliavo. Lo capii quella stessa sera. Era lui il temporale, non io.

Solo un anno prima non ci avrei mai neanche pensato. Ed ora ci pensavo venticinque ore su ventiquattro. L’amore che provavo per Niall mi terrorizzava, anche se sapevo che ricambiava almeno in parte.

Capii anche un’altra cosa. Sarei andata dappertutto se con me ci fosse stato lui.

In Giappone, in Cina, in Tailandia, in Afganistan. Non mi importava assolutamente di niente. Non avevo più nulla da perdere, a parte lui.

Quando uscì da me, mi si stese accanto e mi strinse così forte che lottai contro l’impulso di tranquillizzarlo, perché non me ne sarei mai e poi mai andata.

‘’Grazie’’ soffiò, strofinando la sua testa sulla mia spalla. Sorrisi.

‘’Grazie a te’’.

Mi strinse ancora più forte. I nostri respiri iniziarono solo in quel momento a regolarizzarsi. Era stato esattamente come lo avevo sempre sognato. Solo che non pensavo che sarebbe stato anche con chi avevo sempre sognato.

‘’Ricordi quando’’ mi chiese. ‘’Mi chiedesti se credevo negli angeli?’’.

Annuii. ‘’Mi dicesti che non lo sapevi. Mi ricordo’’.

‘’Ora lo so. Ci credo’’ ammise, con tutta la sicurezza del mondo. ‘’Tu sei un angelo, Ria. Non sei
reale. Ho così paura che sia tutto un sogno’’ confessò.

‘’Anche io’’ ammisi.

Con le labbra sulla mia guancia disse ‘’Io sono qui’’ sospirò. ‘’Non andartene, ti prego’’.
Mi sentii mancare la terra da sotto i piedi. ‘’Anche io sono qui, adesso. Pensa a questo’’.
Non so per quanto tempo restammo in silenzio, sapevo solo che volevo che quel momento durasse per sempre. Non mi importava di mia madre, di mio padre, e di quello che potevano pensare. Sapevano che ero con Niall. Sapevano che ero esattamente dove volevo e dove dovevo essere.

‘’Ricordi quando’’ chiesi, imitandolo. ‘’Mi chiedesti se credevo nel destino?’’.

Lui sorrise. ‘’Mi dicesti di no’’.

‘’Sbagliavo’’ ammisi. ‘’Io ci credo nel destino. Ci credo’’.

Strinsi forte il suo braccio e mi avvicinai ancora di più a lui, se possibile. Fu allora che sentii sulla
mia testa le sue lacrime. Alzai il viso verso di lui, che mi teneva ancora saldamente stretta, e stavolta fu lui a piangere.

‘’Hey, amore’’ sussurrai, raggiungendo il suo volto e baciando a stampo. ‘’Perchè stai piangendo?’’.

‘’Non lo so’’ singhiozzò, cercando di mimetizzare le lacrime. Mi faceva un male cane vederlo piangere, soprattutto se non ne conoscevo il motivo. Fui io a stringerlo a me.

Lui si abbassò e poggiò la testa esattamente sul mio cuore. Sentivo che sentiva i miei battiti. Poggiai la testa sulla sua e chiusi gli occhi.

Ci addormentammo entrambi dopo pochissimo tempo.

Lui che ascoltava il mio cuore palpitare e io che lo ascoltavo respirare.
 
 ria

RAGAZZE.

ALLORA, SONO PARTICOLARMENTE EUFORICA PERCHE’ SE NE SONO APPENA ANDATE LE MIE AMICHE LOL
RINGRAZIO DI CUORE RAFFAELLA, PERCHE’ NON AVREI SCRITTO UNA MINCHIA SENZA DI LEI C:
GRAZIE TESORO!
POI, PASSANDO A NOI. CHI MI HA AGGIUNTA SU FACEBOOK AVRA’ SICURAMENTE LETTO IL MIO STATO. ALLORA, CHE DITE? E’ O NON E’ ABBASTANZA SCOPPIETTANTE? HAHAHAH.
PREMETTO CHE E’ STATO UN PARTO SCRIVERLO, NON SAPEVO COME FARE PER NON FARLO RISULTARE VOLGARE E PER TRASMETTERE DELLE EMOZIONI. NON SO SE CI SONO RIUSCITA, ED HO PAURA DI NO…VOI CHE DITE?
VI AVVISO CHE NEL PROSSIMO CAPITOLO CI SARA’ UN BEL VIAGGIO E UNA BELLISSIMA NOVITA’, CHE OVVIAMENTE NON SVELO HAHAHA.

INOLTRE HO APPENA POSTATO IL PROLOGO DI UNA NUOVA FF SUL NOSTRO CARO MALIK. CHE DITE, PASSATE? SI CHIAMA 
mors omnia solvit (CLICCATE SOPRA PER LEGGERE).

DETTO QUESTO, SICCOME DEVO ANDARE A FARE LA CYCLETTE, MI VOLATILIZZO C: IN BASSO I MIEI CONTATTI!

VI ADORO.

H.

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Capitolo 21
*** Chapter 21. ***


 


love

TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

‘’Se le cose che dici sono dentro ai tuoi occhi, ora ci vedo me.
Sai che i nostri risvegli sono come esplosioni,
collisioni di luce. La mia mente si perde mentre il cuore ha ragione.
Tu sei un raggio di sole’’.
-Emanuele Corvaglia; Portami con te.

 
Capitolo 21 

NIALL’S POV

‘’Ria’’ la chiamai. Nessuna risposta. Miriam dormiva beata sul divano, i capelli rossi
che le oscuravano un occhio, le esili braccia sotto il cuscino arancione. Sembrava eterea, fatta di vetro. Finta. 

Mi doleva svegliarla, ma dovevo farlo. Sperai non credesse che il motivo per cui l’avevo portata lì fosse fare l’amore con lei, perché non esisteva pensiero più sbagliato. 

Il motivo per cui l’avevo fatto era per farle fare il bagno a mezzanotte. Oddio, erano le quattro del mattino- ormai- ma era meglio di niente.

‘’Ria’’ la richiamai, scuotendola per una spalla. Lei, dopo poco tempo, aprì lentamente gli occhi e fece uno sbadiglio adorabile, stendendo i muscoli.

‘’Niall’’ chiese, assonnata. ‘’E’ successo qualcosa?’’.

Sorrisi. ‘’Buongiorno!’’ sussurrai, avvicinandomi per darle un bacio che lei ricambiò volentieri. 

‘’Buongiorno a te’’ disse. Poi prese il cellulare dal comodino accanto al divano e vide l’ora. ‘’Anche se sono le quattro e mezza del mattino’’ ironizzò.

Io la abbracciai forte visto che, comunque, la forza di alzarmi mancava anche a me. ‘’Vuoi andare a fare un bagno? Ho chiamato personalmente un meteorologo e farà caldo fra le quattro e le sei. Quindi, niente acciacchi né rischi’’ mi vantai. 

Vederla scuotere scherzosamente la testa, con un dolcissimo sorriso sulle labbra, era uno spettacolo che avrei voluto vedere al mio risveglio tutte le mattine.

‘’Hai chiamato un meteorologo?’’ chiese.

‘’Non volevo che facesse freddo e ti ammalassi’’.

Lei rise di gusto. Rise di me, in realtà, ma mi bastava che sorridesse. Non importava il motivo. ‘’Stai ridendo di me?’’ mi finsi offeso. Lei, seppur continuando a ridere, scosse la testa.

‘’Per carità’’ sogghignò.

Per ripicca mi lanciai a peso morto sul suo fragile corpo, schiacciandola fra il materasso e il mio corpo. Decisi di non farle il solletico solo perché stava già ridendo a crepapelle. 

Mi diede una scherzosa pacca sulla spalla e io cinsi i suoi fianchi con le mie mani, scuotendola. Rideva ancora più forte. Solo in quel momento mi resi pienamente conto del profumo di Ria. L’avrei riconosciuto dappertutto. Angel. Non l’aveva mai messo, di solito aveva dei profumi più dolci e soffici. Quel profumo mi portò in un altro mondo, costringendo la mia mente a rivivere un momento di tempo prima. Di due anni prima.

Le baciai lentamente il collo, in quella fredda mattina di ottobre. Lei sorrise, anche perché soffriva di solletico in tutte le parti del corpo.
Sotto quel piumone, nudi, eravamo convinti che avremmo potuto conquistare il mondo.
‘’Supererai quella cazzo di selezione di X Factor’’ mi aveva detto, capendo il perché della mia perplessità. ‘’Ne sono sicura. Sei troppo bravo’’.
Io non avevo detto niente.
Sapevo che mi amava e lo diceva- in parte- anche per quello, ma sapevo anche che in parte era vero.
Poi, appositamente per cambiare discorso, tirai fuori una delle mie frasi-sviatorie.
‘’Sai benissimo che, quando facciamo sesso, non devi mettere Angel’’ sorrisi.
‘’E perché? Schiariscimi le idee’’ ammiccò.
Mi fiondai sul suo corpo formoso e la baciai in un modo che di dolce aveva ben poco. ‘’Perché mi eccita terribilmente’’ soffiai. ‘’E devo andare a lavoro. E anche tu’’.
‘’Manca ancora un’ora’’ scherzò lei, portando deliziosamente i capelli neri come la pece all’indietro.



Ritornai alla realtà, e mi resi conto che Ria stava ancora sorridendo e si era anche alzata dal divano.

Si infilò velocemente l’intimo e legò i capelli in un gesto quasi convulso. ‘’Vado a farmi un bagno’’ ammiccò. ‘’Sai dove trovarmi’’. E prese a correre verso il mare. Io allontanai tutti i pensieri che mi frullavano in mente, compreso quel fastidioso flashback, e indossai i boxer.

Fregandomene altamente di qualunque altra cosa, corsi a mare. Ria era giù in acqua, con i capelli bagnati che parevano neri. Ma Miriam non aveva i capelli neri. Rossi. Aveva i capelli rossi, non neri. E dovevo smetterla.

‘’Che c’è?’’ urlò, in modo che la sentissi. La spiaggia era vuota, visto che l’avevo prenotata, ma anche se non fosse stato così non mi avrebbe cambiato nulla. Sorrisi a trentadue denti quando lei disse ‘’Il grande Niall Horan non sa nuotare?’’.

Reagii alla sua provocazione correndo a mare, e immergendomi con una capriola nata per sorprendere. Quando riemersi, lei era accanto a me e sorrideva. Con i capelli bagnati sembrava molto più piccola e, fortunatamente, l’acqua aveva fatto scomparire quasi del tutto il suo profumo terribilmente familiare.

‘’Ria’’ sussurrai, deciso a parlare e pensare a lei, e lei soltanto. ‘’Ti ho mai detto che ti amo tantissimo? Come non ho mai amato nessuno?’’. 

Non seppi mai se i suoi occhi divennero lucidi o meno, perché era tutta bagnata, ma annuì. ‘’Si, ma mi piace sentirtelo dire’’.

‘’Ti amo tantissimo, come non ho mai amato nessuno’’.

Lei si aggrappò alle mie spalle, mentre nuotavamo per stare a galla, e mi baciò velocemente. Ma quel bacio aveva moltissimi significati, e li captai tutti fino all’ultimo. Ogni mia parola e ogni mio sentimento era vero. Non avevo mai amato nessuno come amavo Ria. Neanche Samantha, la mia ragazza dai capelli scuri come la notte. L’amore che provavo per quella ragazzina rossa dinanzi ai miei occhi era un misto fra passione, amore platonico, adorazione e gratitudine. Ria, ogni giorno, mi mostrava quanto fosse preziosa la vita. E non era poco.

Non so dire per quanto tempo restammo a mollo in acqua, scherzando e schizzandoci fino allo sfinimento. Almeno fino a quando Ria non si sottrasse alle mie braccia e corse di nuovo a riva. Dove trovasse tutta quella forza alle cinque del mattino per me era un mistero. La seguii subito, con i boxer e i capelli gocciolanti.

Non appena arrivai a riva dissi a Ria di andare subito al gazebo per asciugarsi, in modo che non prendesse freddo. Anche se faceva caldo, prevenire era meglio che curare.

‘’Ho un caldo assurdo’’ aveva scherzato lei. Poi mi aveva dato una leggera spinta sulla spalla e aveva sussurrato un flebile ‘’Prendimi’’. Solo pochi attimi dopo Ria aveva preso a correre.

Non ci pensai neanche, rincorrerla fu un gesto istintivo. Era bellissima. Cosa non le avrei fatto. I capelli rossi, tanto erano pochi e sottili, erano mezzi asciutti ed ondeggiavano con lei. 

La sua risata era la nostra colonna sonora. La nostra risata lo era.

Quando la afferrai, notai che era freddissima. Solo allora mi venne in mente che, essendo bagnata, il vento dovuto alla corsa l’aveva raffreddata. ‘’Sei gelida’’ ansimai, facendo trasparire tutta la mia ansia.

‘’Non preoccuparti’’ mi rispose. ‘’Sto bene. Tu baciami e stai zitto’’.

Obbedii volentieri.

_________________________________
 
 
Quando accompagnai Ria a casa, e mi disse che aveva detto ai genitori che sarebbe tornata tardi perché aveva organizzato un pigiama party con Leila e Mia, avrei voluto farle una statua. Per essere una ragazza seria e un modello, era davvero bugiarda. Adoravo quando diceva le bugie. No, in realtà, l’adoravo e basta.
 
I giornali, dal canto loro, avevano avuto la decenza di parlare bene di lei. Molte volte, considerando che era costantemente in prima pagina. Lei non me lo diceva, ma sapevo che le dava fastidio. Mi raccontò che una volta un giornalista ebbe anche la faccia tosta di bussare a casa sua.
 
Gli chiuse la porta in faccia. Avrei proprio voluto vederla, quella scena.
 
Quando parcheggiai la mia Mercedes, lei si voltò verso di me. Aveva un viso così rilassato e sereno che non sembrava neanche lei. Non che non lo fosse di solito, chiaro, ma aveva sempre quella lieve espressione di sofferenza sul volto delizioso, che la rendeva ancora più forte e bella.
 
Ria non lo poteva neanche immaginare, quanto l’ammirassi. Quanto avrei voluto essere forte almeno la metà di quanto lo era lei. Lei non si rendeva conto neanche che era una ragazza incredibile, figurarsi che il suo idolo la idolatrava.
 
Non importava che fosse magrissima, che dovesse andare cinque volte a settimana all’ospedale, che era una testarda di prima categoria che non voleva fare quelle cazzo di chemio, che fosse debole venticinque ore su ventiquattro.
 
Era lei. E questo bastava. Sarebbe bastato sempre.
 
Lei mi prese la mano così velocemente che non ebbi neanche il tempo di rendermene conto, e la strinse forte. ‘’Grazie’’ soffiò. ‘’Grazie per tutto quello che hai fatto. Io non lo dimentico’’.
 
Era seria. Nessun sorriso, nessuna pacca scherzosa sulla spalla, nessun delizioso accenno di una risata. Seria. E nei suoi occhi c’era così tanto amore che mi spaventai.
 
‘’Avrai tanto tempo per ricordare’’ dissi. ‘’Parlerò io con i tuoi genitori. La settimana prossima andiamo in Giappone’’.
 
La vidi irrigidirsi visibilmente e prendere a guardare il manubrio dell’auto, pur di sviare il mio sguardo. ‘’E se dicessero di no? E poi una settimana non è troppo presto?’’.
 
‘’No’’ risposi. ‘’E i tuoi genitori non diranno mai di no, e lo sai. Lo sai che sarebbero anche felici’’.
 
Vidi chiaramente i suoi occhi castani incupirsi e riempirsi di lacrime. Mi vergognai anche solo per aver pensato a Samantha quando ero con lei, poco prima. Ria non poteva neanche essere paragonata a Samantha. Io la amavo veramente, Miriam. Come non avevo mai amato nessuno in vita mia. Mai.
 
‘’Perché?’’ mi chiese a bruciapelo, e io non capii a cosa si riferisse. ‘’Perché proprio quando mi ero arresa, mi ero rassegna, quando avevo buttato via ogni tipo di speranza…spunti tu e mi dici che posso guarire? Perché?’’.
 
Non era un rimprovero, il suo. E neanche una costatazione. Era una domanda che non stava rivolgendo a me. Anche se mi stava guardando, se mi stava ancora stringendo la mano, se parlava rivolta verso di me, non era a me che aveva fatto quella domanda. Forse a se stessa, alla sua speranza interiore, o forse a Dio. Ma, di questo ne ero sicura, la risposta toccava a me dargliela. Era pur sempre una domanda.
 
‘’Perché voglio sposarti’’ dissi. ‘’E mi serve tempo. Quindi vieni in Giappone con me’’.
 
Lei sorrise. ‘’Tu vuoi sposarmi?’’.


Non risposi. Mi avvicinai a lei e la baciai. ‘’Ora entra, organizzatrice di pigiama party’’.
 
‘’Vaffanculo Nialler’’ ironizzò.
 
‘’NON SI DICONO LE PAROLACCE ’’.
 
Per tutta risposta, scese dalla macchina alzandomi il dito medio e io scoppiai a ridere.
 
_________________________
 
 
Quelle parole continuavano a ronzarmi in testa, insieme a quel persistente senso di vuoto e senso di colpa. 
 
 ‘’Perché proprio quando mi ero arresa, mi ero rassegna, quando avevo buttato via ogni tipo di speranza…spunti tu e mi dici che posso guarire? Perché?’’ aveva detto.
 
Senso di vuoto perché non mi sentivo pieno da troppo tempo per poter anche solo ricordare come ci si sentisse ad essere colmo.


Colmo di qualsiasi cosa.


Senso di colpa perché ero io- e solo io- il responsabile di tutto quello che era successo. Non mi perdonavo il fatto che avessi anche solo pensato a Samantha, mentre ero con la donna della mia vita. Era imperdonabile da parte mia, e il mio io interiore non voleva saperne di smetterla di ricordarmelo.


Ed avevo paura. 


Paura che Ria se ne andasse per sempre, che mi lasciasse solo come era successo ad Harry con sua madre. Mi ero ripromesso di non amare così tanto, così profondamente e senza riserva. L'avevo giurato. 


Dopo quello che era successo con Samantha mi ero rassegnato all'idea che non esistesse nessun tipo di felicità duratura. Una volta qualcuno mi disse che Dio non turbava mai la gioia delle sue creature se non per crearne una più bella e più grande. Ma non volevo che la mia gioia venisse turbata, anche perché non avevo bisogno di una creatura più bella e più grande. 


"Ciao Niall" mi disse qualcuno. Mi voltai e la vidi. I capelli neri, lo sguardo sereno e furbo. La mia adolescenza era davanti a me. Avevo pregato di rivederla per tantissimo tempo, e quando avevo smesso di crederci eccola li. 


Coperto da occhiali e cappuccio della felpa blu, sgranai gli occhi anche perché mi aveva riconosciuto. Sentii il cuore smettere di battere in un nanosecondo, ed indietreggiai di poco automaticamente.
 
‘’Non ti faccio niente’’ sorrise. ‘’Ti ho riconosciuto e…volevo solo salutarti’’.
 
Avrei voluto scappare, o chiamarla ‘puttana’ e chi più ne ha più ne metta. Diceva di amarmi. Diceva che, anche se avevamo solo diciassette anni allora, ero la persona che avrebbe amato di più. E la cosa era reciproca. Ma mi aveva tradito. E l’avevo saputo per caso, vedendo i suoi messaggi.
 
Ora poteva andare a farsi fottere.
 
‘’Bene’’ replicai, atono. ‘’Allora ciao’’.
 
‘’No aspetta’’ esclamò, prendendomi il polso. Non mi mossi, anche se avrei voluto strattonarla. Mi persi nei suoi occhi azzurri come i miei. ‘’Niall…congratulazioni. Non solo perché sei diventato famoso ma anche per…Miriam. Sono contenta che tu sia felice. Sapevo che ce l’avresti fatta’’.
 
‘’Si, lo so’’ risposi. ‘’Grazie. Ora devo andare’’.
 
Liberai il mio polso dalla sua stretta anoressica, ma mi bloccai quando parlò di nuovo. ‘’Mi dispiace’’ sussurrò. ‘’Ho fatto una cazzata e ne sono pienamente consapevole. Non pretendo che tu mi perdoni e che diventiamo amici ma volevo solo che sapessi che…mi sono sentita un mostro. Per questo me ne sono subito andata a Parigi’’.
 
‘’E perché sei tornata?’’.
 
‘’Perché ero stanca di vivere una vita che non era mia’’  rispose, avvicinandosi di più a me. ‘’Non voglio vivere più con questo peso. Dovevo parlarti e non appena ti ho riconosciuto non ci ho pensato due volte’’.
 
‘’E quindi? Samantha io devo andare’’ mi divincolai, sperando che non dicesse null’altro. Ma la conoscevo troppo bene anche solo per sperare che stesse zitta.
 
‘’Io ti amo, Niall’’ esclamò. ‘’In questi due anni non sono stata più con nessuno. Lo so che sei fidanzato e felice ma…dovevo dirtelo. Liberarmi di questo macigno’’.
 
La prima cosa che feci fu smettere di respirare. Poi farmi venire la tachicardia e infine metabolizzare tutto quello che mi aveva detto. Sapevo benissimo che se fosse tornata tre mesi prima, quando ancora non conoscevo Miriam, le avrei risposto ‘anche io’. Ma non era più così, e dovevo liberarmi pure io del mio macigno.
 
‘’Samantha, per mesi ho desiderato che tu tornassi lo sai?’’ lei abbassò lo sguardo. ‘’Ora sono felice. Amo un’altra persona. Mi dispiace ma devo andare’’.
 
‘’Addio Niall’’ soffiò lei, venendomi incontro e abbracciandomi. Non mi sottrassi a quell’abbraccio, semplicemente perché sapevo che non l’avrei più vista e che era un segno d’addio. Ricambiai debolmente quella stretta.
 
Fui io ad interrompere il contatto.
 
La guardai per l’ultima volta, quando mi arrivò un pugno diritto sulla mascella che mi destabilizzò e mi catapultò a terra. Samantha urlò, cercando di contenersi. Quando mi alzai dal pavimento, con un rivolo di sangue scarlatto che scorreva dal mio labbro inferiore, vidi Harry.
 
Un’espressione furiosa sul volto e la mano ancora stretta in un pugno. Si girò verso Samantha e ringhiò un ‘’Farai meglio ad andartene, troia’’.
 
‘’Harry ma che cazzo fai?’’ domandai allibito. Conosceva bene Samantha, gliene avevo parlato e gli avevo mostrato settemila fotografie. L’aveva sempre chiamata in quel modo.
 
Lui smise di guardarla, e si fiondò su di me afferrandomi per il collo della felpa blu. ‘’Ascoltami bene, coglione’’ sputò ‘’Se le fai versare una sola lacrima, giuro che ti ammazzo. Chiaro? Me ne sbatto della band e dell’amicizia. Io ti strangolo. Hai capito?’’.
Io cercai di mandarlo via, ma era irremovibile.


‘’Harry il coglione sei tu’’ ringhiai, offeso dalle sue insinuazioni. Avevo capito subito che parlava di Ria, e credeva che l’avessi…tradita? ‘’Samantha ed io ci siamo detti…’’.
 
‘’Mi passa per il cazzo, cosa vi siete detti tu e quell’altra puttana!’’ mi interruppe. ‘’Niall, sei uno stronzo colossale. Non ti rendi conto di quello che hai? Devi perderla, per capirlo?’’.
 
Io, non sapendo che fare, lo strinsi a mia volta per il colletto della sua tshirt nera. ‘’Non hai capito niente. Io amo Ria e…’’.
 
‘’No!’’ urlò lui, assestandomi un calcio fra le costole. Io non volevo fare a botte, ma se Harry avesse continuato così sarebbe stato impossibile. Mi accasciai giusto per tre secondi, prima di rialzarmi e riposizionarmi dinanzi a lui. Mi aveva rotto una costola, probabilmente. ‘’Niall rispondimi: tu volevi solo scopartela? Guarda che lo so dove siete stati, stamattina ho parlato con lei’’.
 
Quell’insinuazione fece più male di tutti i calci e i pugni che avrebbe potuto darmi. E il fatto che fosse così intimo con Ria iniziò ad infastidirmi. Solo allora Samantha, leggermente scioccata, disse ‘’BASTA’’.  Ma nessuno dei due l’ascoltò.
 
Io, di tutta risposta, assestai ad Harry uno schiaffo sulla guancia così forte che si allontanò. La mia mano divenne rossa come la sua guancia. Ed eravamo anche vicino ad una farmacia.
 
‘’Harry devi farti i cazzi tuoi! Non sai quanto la amo, quindi taci. E tu non hai niente a che vedere con Miriam, quindi stanne fuori!’’ urlai, in preda al dolore alla costola e alla rabbia. Lui, a sua volta con un rivolo di sangue che gli colava dal naso, mi guardò rabbiosamente e ringhiò una frase che mi gelò.
 
‘’Io e la tua amorevole fidanzata ci siamo baciati! Quindi quello che deve tacere sei tu!’’.
 
Non ci vidi più. Non mi chiesi neanche se quello che disse fosse vero o meno. Mi lanciai a peso morto su di lui, sbattendolo a terra. Gli diedi due o tre pugni in faccia, e ricambiai il favore che mi aveva fatto alle costole. Quando lui reagì, alzandosi e costringendomi a farlo, fui sorpreso.
 
Sentivo che stava per arrivare il pugno più potente di tutti, ma qualcuno lo fermò. Samantha si mise in mezzo fra me ed Harry. Il riccio non avrebbe mai picchiato una donna.
 
‘’Basta’’ disse la mora. ‘’Niall andiamocene’’ disse verso di me.
 
‘’Niall’’ mi richiamò Harry. ‘’Se vai con lei, vai via per sempre da me. Sappilo. Non nutrirò più alcun rispetto verso un traditore’’.
 
‘’Io non ho tradito nessuno’’ dissi, prima di andarmene con Samantha.
 
 
 
 
 
 
HARRY’S POV
 
L’odio che provavo in quel momento verso Niall e verso Samantha era immenso. E poi come mai lei era tornata quando Niall era diventato famoso? Puttana.
 
Come una freccia mi recai a casa di Ria.
 
Quando, quella mattina, l’avevo chiamata mi aveva raccontato che cosa era successo visto che, precedentemente, il suo telefono non aveva campo. E mi aveva detto anche che Niall non aveva potuto usare il preservativo perché lei aveva le difese immunitarie troppo basse e avrebbe potuto prendere infezione. Mi aveva supplicato di andarle a comprare le pillole, perché lei moriva di vergogna.
 
Se avessi saputo che spettacolo mi attendeva vicino la farmacia ci sarei andato più tardi. E gliel’avrei detto, a Ria. Non avrei permesso che venisse presa in giro.
 
Quando arrivai fuori casa sua, con la busta della farmacia ben nascosta, bussai con quanta più forza avessi in corpo.
 
Niente. Strano.
 
Bussai di nuovo. Ancora niente.
 
Fortunatamente sentii una voce chiamarmi- ‘’RAGAZZO’’- e mi voltai. Una signoria sulla settantina, con i capelli grigi e magrissima, con una busta della spesa in mano, mi disse che i Martin non erano in casa.
 
‘’E dove sono?’’ domandai, in preda all’ansia.
 
‘’Se mi aiuti a portare le buste della spesa in casa, ragazzo…’’ finse di ansimare. ‘’Non ce la faccio  a parlare’’.
 
Obbedii con una velocità che disarmò perfino lei. Non feci caso nemmeno alla sua abitazione.
 
‘’Allora?’’ insistei. ‘’Dove sono?’’.
 
‘’Ah bhe’’ iniziò l’anziana signora. ‘’Stamattina la figlia malata si è sentita male. Sono corsi in ospedale’’.
 
Cazzo.
 
 
 
QUESTO CAPITOLO E’ STATO UN PARTO.
 
COME AVRETE POTUTO NOTARE, HO TARDATO TANTISSIMO A POSTARE QUESTO CAPITOLO. PERCHE’?
NON SAPEVO COME CAZZO ESPRIMERMI HAHAHAH.
E’ STATO DIFFICILISSIMO, GIURO. INOLTRE, HO NOTATO CHE IL VOSTRO INTERESSE E' UN PO' SCEMATO (O FORSE SONO IO CHE MI COMPLESSO) COMUNQUE- DA BASTARDA QUALE SONO- HO DECISO CHE NON CONTINUERO' FINO A CHE QUESTO CAPITOLO NON RAGGINGERA' LE 10 RECENSIONI. PERDONATEMI. 
 SO CHE MAGARI NON E’ CHIARISSIMO, E ME NE DISPIACE, MA NON CE LA FACEVO A RISCRIVERLO.
E MI FANNO ANCHE MALE LE DITA LOL
DETTO QUESTO, SICCOME E’ L’UNA E DOVREI ANDARE A MANGIARE, CHIEDO VENIA SE CI SONO DEGLI ERRORI\ORRORI E SE SONO SBAGLIATI ALCUNI VERBI!
 PER QUALUNQUE DOMANDA, RECENSITE O CONTATTATEMI. IN BASSO I MIEI CONTATTI!
SCUSATE SE AL CAPITOLO PRECEDENTE NON HO RISPOSTO A TUTTE LE RECENSIONI, MA LA LINEA VA E VIENE C.C
SPERO IL CAPITOLO NON VI FACCIA SCHIFO.
 
XX
 
H.


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Capitolo 22
*** Chapter 22. ***



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TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

’A te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore
a te che hai preso la mia vita, e ne hai fatto molto di più
a te che hai dato senso al tempo senza misurarlo
a te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore’’.
-Jovanotti: A te.

 
 Capitolo 22

RIA’S POV
 
Sentivo come se una forza più potente di qualunque altra cosa al mondo mi stesse schiacciando. Mi pesasse gravemente sul petto, manco fosse un macigno. Non riuscivo a respirare, avevo entrambe le narici praticamente otturate. La gola mi pulsava e mi bruciava, e non ero neanche capace di deglutire senza sentire una spiacevole fitta di dolore.
 
Lo stomaco era sottosopra, nel senso letterale del termine.
 
Quando i miei genitori mi avevano vista sul divano, non avendo neanche la forza di andare in camera mia, mi avevano portata immediatamente all’ospedale. In macchina mamma mi aveva chiesto dove diavolo fossi stata visto che, lo sapeva bene, la mia era una fortissima influenza dovuta alle mie bassissime difese immunitarie.
 
‘’Sono andata in spiaggia e poi…insomma non sono stata sotto la pioggia’’ mie ero giustificata. Mia mamma mi aveva sempre detto che l’unico motivo per cuoi avrei mai potuto prendere il raffreddore era una pioggia.
 
‘’SPIAGGIA?!’’ aveva urlato, mentre mio padre scuoteva il capo. Non mi avevano mai detto che anche solo la spiaggia mi avrebbe fatto male. Ma io avevo fatto anche il…
 
‘’Non hai mica fatto il bagno, spero!’’ aveva detto mia madre. Non avevo risposto e lei era semplicemente scoppiata a piangere. ‘’Perché?’’ aveva chiesto. ‘’Perché devi rendere tutto complicato? Lo sai che sei debole! Perché vuoi peggiorare ancora di più la salute?’’.
 
Aveva continuato così per molto- MOLTO- tempo. Fino all’arrivo al pronto soccorso. Conoscevo a memoria la strada per arrivare al reparto di oncologia e , Dio, se la odiavo.
 
E così, nel giro di due ore, mi ero ritrovata in un letto con le lenzuola bianche come morte travestita, con due flebo che ferivano ancora di più il mio braccio già martoriato, e un’iniezione di vitamine dall’altro.
 
Mia madre e mio padre lavoravano ma, contemporaneamente, passavano da me ogni cinque minuti. E poi la porta si aprì. Ero così stanca di rispondere alla domanda solita di mia madre o mio padre che, non appena uno di loro due entrò, dissi ‘’STO BENE’’.
 
‘’Ne sono contenta, ma raccontalo a qualcun altro’’. Quella non era la voce dei miei genitori. Quando mi voltai, dinanzi a me, c’era Leila. Con una maglietta nera aderente che le metteva in bella mostra il seno, e un leggins che io non avrei mai messo. I suoi capelli biondi sembravano ossigenati sotto la luce al neon della stanza.
 
Come sapeva che ero in ospedale? E che ci faceva lì? Era da un po’ che non la sentivo.
 
‘’Che cosa…?’’ iniziai a chiedere, ma lei mi interruppe avvicinandosi a me e sedendosi sulla sedia accanto al letto.
 
‘’Ricordi…’’ iniziò ‘’Quando giurammo di essere amiche per sempre?’’.
 
Mi colse di sorpresa. Lo ricordavo. Certo che lo ricordavo. Come avrei potuto dimenticare? Neanche volendo ci sarei mai riuscita.
 
‘’Si’’.
 
‘’Ria io…mi dispiace così tanto per essere scomparsa e per…essermi comportata male con te. Non te lo meriti. E non mi meriti’’.
 
‘’Non sto morendo’’ esclamai, in parte felice perché aveva finalmente chiesto scusa. E Leila non chiedeva quasi mai scusa. ‘’Perché me lo stai dicendo adesso?’’.
 
‘’Perché ho paura’’ rispose, così velocemente che sussultai. ‘’Ho paura. Ed era da un po’ che volevo scusarmi, ma non trovavo mai il momento adatto. Quando tua mamma mi ha chiamato e mi ha detto che eri qui…mi sono sentita un verme’’.
 
Ecco come lo sapeva. Un'altra tattica di mia madre per controllare che stessi bene. Certo che era astuta, per essere un’ultra quarantenne. Io presi automaticamente la mano di Leila, e lei ricambiò la stretta.
 
‘’Perché? Leila, sono sempre io. Non me le aspettavo, le tue scuse’’ affermai. ‘’Di…di cosa hai paura?’’.
 
‘’Non te ne puoi andare’’ sussurrò, abbassando lo sguardo. Stava piangendo. La conoscevo benissimo e sapevo che lo stava facendo. Singhiozzò ed io mi avvicinai di più a lei.
 
‘’Non piangere’’ soffiai. ‘’Leila ti prego non piangere. Sono qui’’.
 
Lei alzò lo sguardo e notai che non mi ero sbagliata. E che non era neanche truccata pesantemente come al solito. ‘’Il mondo sentirebbe la tua mancanza, lo sai?’’ mi domandò.
 
‘’Esagerata’’ ironizzai.
 
‘’Niall è il tuo mondo, no? Quindi, sostanzialmente, è la stessa cosa’’. Sorrisi. Aveva detto una cosa bellissima e non se ne era nemmeno resa conto. ‘’Vorrei…’’ balbettò.
 
‘’Cosa?’’ la incitai.
 
‘’Vorrei trovare qualcuno che mi guardi nello stesso modo in cui Niall ti guarda’’.
 
‘’E come mi guarda?’’ indagai, curiosa.
 
‘’Come se, nel raggio di milioni di kilometri, non ci fosse nessun’altro’’ sussurrò, e io rabbrividii. ‘’Come se il tuo sorriso annullasse qualsiasi altra cosa, anche il dolore. E c’è così tanta…adorazione nei suoi occhi azzurri, che non ce la faccio nemmeno a guardarlo. Il vostro è un amore…’’.
 
‘’Vero?’’ la interruppi sorridendole.
 
‘’No’’ si confidò. ‘’E’ un amore che è capace di… bruciare l’universo. E non sai quanto ti invidio. Non lo immagini’’ sorrise.
‘’Lo troverai anche tu, quell’amore che brucia l’universo’’ la rassicurai. ‘’Ne sono sicurissima’’.
 
Lei, sorprendendomi, si alzò dalla sedia e si poggiò sul materasso. ‘’Fammi spazio’’ disse. Si stese accanto a me, e poggiò la sua testa sulla mia spalla. Il tutto tenendomi ancora rigorosamente per mano.
 
‘’Ti voglio bene’’ disse. ‘’So che non te lo dico mai. So che sei abituata a non sentirtelo dire da me ma…ti voglio bene, Ria. Benissimo’’.
 
‘’Anche io, Lei. Anche io’’.
 
Rimanemmo così per un tempo lungo, che però mi parve troppo poco. Avevo dimenticato il bene immenso che volevo a Leila Jillian, alla persona che era. Perfino al suo carattere. Mi addormentai così, senza una parola. Non servivano. Ed avevo sempre amato il profumo fruttato della mia migliore amica. In realtà, avevo sempre amato la mia migliore amica  e basta.
 
Quando riaprii gli occhi Leila non c’era più. Erano le sette passate. C’era una nota vocale lasciata sul mio iphone. ‘’Sono andata a studiare. Passo domani, spero a casa tua e non in questo ospedale angusto. Buonanotte rossa’’.
 
Sorrisi automaticamente. Per ammazzare il tempo, visto che di sonno non ne avevo, iniziai a giocare con il cellulare. Quando la porta si riaprì alzai lo sguardo. Harry?
 
‘’Harry cosa ci fai…?’’.
 
‘’Come stai?’’ mi interruppe, avvicinandosi e sedendosi sul letto accanto a me. ‘’Sei pallidissima. Un cadavere’’.
 
‘’Grazie eh’’ scherzai. Forse Leila glielo aveva detto, se parlavano… ‘’Stavo per dirti che sto bene ma, visto che mi hai offeso, ti dico che non sono fatti tuoi’’ ironizzai.
 
Lui sorrise ma si fece immediatamente serio. ‘’No, seriamente… come stai?’’.
 
Sospirai. Sapevo che sapeva che stavo male. Harry sapeva praticamente tutto, quando si parlava della mia salute. Nei suoi occhi verdi riuscivo a leggere aspettativa e preoccupazione, ma lo immaginava come stessi. O meglio, ne era convinto.
 
‘’Stanca’’ risposi, cercando di alleggerire la situazione. Non volevo dirgli che mi sentivo incapace anche di camminare, che avevo la gola in fiamme e che non sapevo che significasse a respirare con il naso.
 
‘’Ria, lo so che stai soffrendo. Te lo si legge in faccia’’ rispose atono.
 
‘’Si nota così tanto? Non voglio che si preoccupino per me’’.
 
‘’Io l’ho notato subito. Ed hanno il diritto e tutte le ragioni del mondo per preoccuparsi’’.
 
E, per giunta, mi sentivo anche strana. A disagio con me stessa. Come se stesse succedendo qualcosa di grave. Sentivo che qualcosa non andava.
 
‘’Niall?’’ domandai, per cambiare discorso. Volevo vederlo, gli avevo anche mandato un messaggio ma non aveva risposto.
 
Quando Harry si incupì, capii che qualcosa non andava. ‘’Sta bene, vero?’’ mi accertai.
 
‘’Fin troppo bene’’ rispose Harry. ‘’Comunque, a proposito di Niall…’’.
 
In quel momento fui scossa da uno spasmo di tosse che mi percosse tutto il corpo. Fui costretta a piegarmi in avanti, mentre continuavo a tossire. Mi coprii la bocca con una mano, sperando che passasse presto. Continuò per così tanto tempo che Harry si alzò e prese a colpirmi leggermente la schiena.
 
Sentii qualcosa di strano risalirmi in gola. Quando allontanai la mano dalle labbra, lo vidi. E lo sapevo anche, ma avevo sperato di sbagliarmi. Il palmo della mia mano era sporco di sangue.
 
Con l’altra mano ripulii le labbra e afferrai in un lampo un fazzoletto sul comodino accanto al letto. Mi ripulii la mano, senza dire una parola, e poggiai il fazzoletto sporco sul comò. Sospirai.
 
Quando mi voltai verso Harry, vidi che aveva sgranato gli occhi e mi stava osservando allibito. Ci misi poco a collegare. La madre.
 
‘’Harry…’’ balbettai, sperando di non avergli fatto tornare in mente troppi ricordi spiacevoli. ‘’Mi dispiace io…credo sia meglio che tu esca’’.
 
Ma lui, che si era allontanato visibilmente da me, mi si riavvicinò senza dire una parola. Frugò nella tasca dei suoi jeans e tirò fuori un altro fazzoletto. Di cotone. Me lo porse e feci per prenderlo, quando notai le iniziali che vi erano incise sopra con un filo rosso.
 
A. S.
 
Lo sapevo, che iniziali erano. Anne. Anne Styles. Sua madre. Semplicemente non potevo prendere quel fazzoletto, che ero sicura mi stesse regalando. Non lo volevo neanche in prestito. Era un oggetto sacro e doveva rimanere ad Harry. Anche se era solo un fazzoletto. Un pezzo di stoffa. Odorava di tulipani, ed ero sicura che quello fosse anche il profumo di sua madre.
 
‘’Harry, no’’ dissi. ‘’Non…tienilo tu. Non posso prenderlo io’’.
 
‘’Prendilo’’ insistette, allungandolo ancora di più verso di me. Io scossi la testa e lui ritornò a sedersi accanto a me.
 
‘’Non volevo spaventarti’’ sussurrai. ‘’Mi dispiace. Non volevo ricordarti ancora di più tua madre. Io ti…’’.
 
‘’Non mi hai spaventato’’ mi interruppe, stringendo il fazzoletto nelle mani quasi volesse strapparlo. ‘’Ho solo… desiderato che al tuo posto ci fosse qualcun altro’’.
 
‘’Grazie’’ balbettai. ‘’Non solo per quello che hai detto, ma…per tutto quello che hai fatto per me. Senza di te, sarebbe stato tutto troppo difficile e…grande, credo’’.
 
Lui sorrise impercettibilmente, anche se era un sorriso tirato e amaro. ‘’Vuoi uscire incinta?’’ mi domandò a bruciapelo, dopo minuti di silenzio tombale. Io sobbalzai e le mie guancie presero di sicuro un po’ di colorito. Solo allora ricordai che, ore prima, Harry si era offerto di andarmi a comprare le pillole. Mi imbarazzava anche solo pensarlo.
 
‘’Non…non c’è rischio’’ balbettai, rossa di vergogna.
 
‘’Siamo già arrivati a quella fase?’’.
 
Harry sapeva che Niall non aveva potuto mettere il preservativo per evitare che mi venissero allergie. Harry sapeva che avrei tossito sangue. Harry sapeva il nome preciso e la funzione di tutte le medicine che prendevo. E sapeva. Sapeva anche quello.
 
‘’Si…credo. E non guardarmi così, altrimenti inizio a piangere’’ ironizzai, per non rendere la situazione troppo pesante.
 
Tra le tante medicine che prendevo ce ne era una, il Kaliorn, che- preso per un lungo arco di tempo- annullava la presenza del ciclo. Praticamente una menopausa anticipata. Nel mio caso molto anticipata. Ad alcune persone non faceva questo effetto, ma io ero troppo magra per lottare contro le controindicazioni del medicinale. E poi mi ero rassegnata all’idea che non avrei mai avuto un figlio, perché non ne avrei avuto il tempo materiale.
 
‘’Ria, non importa. Lo adotterai, un bambino’’ sorrise. ‘’E comunque, dovresti essere contenta. Il ciclo non è una tortura, per voi donne?’’.
 
‘’E tu come lo sai?’’ scherzai.
 
‘’Quando ero piccolo, dal cinque al dieci, mamma era intrattabile e non andava a correre. All’inizio non lo sapevo, quando me lo spiegò iniziai a prepararle una borsa calda tutte le sere’’ sogghignò. ‘’Almeno fino a quando non iniziò a prendere il Kaliorn. All’inizio non le fece nulla. Solo alla fine disse che non le veniva più il ciclo’’.
 
‘’Che dolce, che eri’’ sorrisi.
 
‘’Che sono, vorrai dire’’ mi spintonò leggermente.
 
Sorrisi e gli presi la mano. ‘’Grazie, Harry’’.
 
‘’L’hai già detto’’.
 
‘Te lo ridico’’.
 
Il resto della serata, fino alle dieci passate, trascorse fra discorsi stupidi di ogni genere. Niente tristezza, aveva sentenziato Harry. Avevamo parlato anche della sua prima volta, sul sedile posteriore di una macchina.
 
‘’E’ stata orribile’’ aveva detto. ‘’La prima volta è sempre orribile’’.
 
‘’Avrei da obbiettare’’.
 
‘’Perché non hai fatto l’amore con me. Eccoti il motivo’’ aveva preso a ridere come un pazzo ed io avevo alzato gli occhi al cielo. Dio, quant’era pieno di se!
Poi, quando stava per andarsene, mi venne in mente che- prima che tossissi- stava per dirmi qualcosa su Niall.
 
‘’Niente’’ rispose. ‘’Pensa a stare bene. Questo non è il momento adatto e poi è una minchiata’’.
 
Si alzò e si recò verso la porta, dopo avermi baciato la fronte. Sull’uscio si girò e disse ‘’E comunque, grazie a te’’ e se ne andò.
 
°°°
 
Allontanai la mano dalle labbra. Rosso. Sangue che la sporcava, ancora. Per la terza volta, quella notte.
 
Mi rigirai nel letto.
 
‘’Dormi’’ mi dicevo. ‘’Dormi’’.
 
Ma ero irrequieta e stanca. Stanca per cosa, poi? Il raffreddore era peggiorato, lo sentivo, e avevo anche freddo nonostante fossero accesi i termosifoni. Mi rigirai sotto le coperte per milioni di trilioni di volte.
 
Almeno fino a che non iniziò a girare tutto.
 
Sentivo la testa pesante. Mi sentivo accaldata. E tutto si muoveva, manco fosse fatto di gelatina. La vista mi si appannò, e non trovai neanche più la forza di tossire. L’ultima cosa che feci, prima di svenire, fu chiamare un’infermiera.
 
 ria and leila Ria e Leila <3




SCUSATEMI.
 
VI AVEVO PROMESSO CHE AVREI AGGIORNATO A DIECI RECENSIONI, E NE SIETE QUINDICI ASDFG, MA NON SONO STATA DI PARLOLA.
VI PREGO, SCUSATEMI, MA SONO STATA INTERROGATA IN TANTISSIME MATERIE QUESTA SETTIMANA E HO POTUTO SCRIVERE IL CAPITOLO SOLO ORA C.C
HO LETTO TUTTE LE VOSTRE RECENSIONI, COMUNQUE, E CI TERREI A RINGRAZIARVI TUTTE. SOPRATTUTTO PARABATES, WIPE_MY_SOUL (CHE MI HA SCRITTO DELLE COSE MERAVIGLIOSE E STAVO PER PIANGERE) E INEEDAHUG. POI OVVIAMENTE ANCHE TUTTE LE ALTE.
VI AMO,E DOPO RISPONDERO’ A TUTTE!
MA ORAAAA: NEL CAPITOLO NIALL NON C’E’, DOVEVO SISTEMARE ALCUNE COSINE, MA NEL PROSSIMO CI SARA’ MOLTA #RIALL <3
ALLORA, CHE NE PENSATE DI HARRY? E DI LEILA? NO, NON ERA MORTA U.U
AH, CIAO MAKI, CIAO SAM C:
CREDO DI AVER DETTO TUTTO…AH, SE FOSSE STATO PER ME LA CANZONE DI JOVANOTTI L’AVREI POSTATA TUTTA PERCHE’ E’ POESIA!
ORA MI DILEGUO, VADO A FARE GRECO.
BUON SABATO A TUTTE, IO ME NE STARO’ A CASA PERCHE’ IL MIO RAGAZZO HA L’ESAME DI GUIDA HAHAHAH
 
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Capitolo 23
*** Chapter 23. ***


 
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‘’Your mouth is a revolver firing bullets in the sky 
Your love is like a soldier, loyal till you die 
And I've been looking at the stars for a long, long time 
I've been putting out fires all my life everybody wants a
flame, but they don't wanna get burnt 
And today is our turn 
-James Blunt: Bonfire Heart.’’


 
Capitolo 23
NIALL’S POV

Io e Samantha eravamo saliti nella mia Mercedes subito dopo la mia uscita teatrale, visto che lei era venuta a piedi. Gli avevo offerto un passaggio e lei aveva accettato, scusandomi per il pessimo spettacolo a cui aveva dovuto assistere.

Anche se mi aveva tradito quando sarei, praticamente, morto per lei questo non faceva di Samantha una brutta persona. Era sempre stata molto eccentrica, sempre vestita di mille colori sgargianti, iperattiva, sempre in cerca di avventure e con un grande desiderio di libertà. Forse era stato questo desiderio a spingerla ad allontanarsi così drasticamente da me. A distanza di anni, non lo sapevo.

Avevo fatto partire la macchina e lei mi aveva detto che stava provvisoriamente da sua madre.
Conoscevo bene quella casa. Ricordavo tutte le volte che ero passato a prenderla con lo scooter, o in cui l’avevo accompagnata. Tutti i suoi ‘’I miei genitori non ci sono. Sali’’, e tutte le volte che dovevo scappare dalla finestra perché erano venuti prima del previsto.

‘’Niall…’’ aveva detto lei, arrivati sotto casa sua. Non avevamo parlato per tutto il viaggio, e sulle nostre teste alleggiava un’aria colma di imbarazzo che mi metteva a disagio.  ‘’Mia madre sarebbe felice di rivederti. Vuoi salire per…un caffè?’’.

Io avevo scosso la testa subito dopo, ricordandomi anche che il mio iphone era scarico e dovevo assolutamente caricarlo. ‘’No, Sam, grazie. Credo sia meglio che io vada’’.

Forse fu grazie alla mia espressione che capì che stavo male. Samantha mi aveva sempre capito al volo. Le parole di Harry, quel maledettissimo Harry, continuavano a ronzarmi nella mente e a torturarmi. Baciati. Non potevano essersi baciati. Era impossibile. E, per quanto volessi bene ad Harry, ero sicuro che fosse stato lui ad aver avuto l’iniziativa.

Samantha aprì la portiera, ma la richiuse subito dopo tornando a guardarmi.

‘’Senti’’ esclamò, come se si fosse tenuta dentro troppe cose. ‘’Voglio essere sincera’’.

‘’Samantha…’’ la interruppi, spaventato che dicesse qualcosa di cui si sarebbe pentita e mi avesse messo in difficoltà.

Lei sorrise amaramente. ‘’Non sto per dirti che ti amo ancora, che voglio ritornare con te o che vorrei scoparti qui in macchina’’ disse, con la sua solita sfacciataggine e la sua solita ironia.

‘’Voglio solo dirti che mi dispiace. E forse te l’ho anche già detto, ma mi dispiace veramente. Io…vuoi sapere perché ti ho tradito?’’.

‘’No’’ confessai.

‘’Te lo dico lo stesso’’ soffiò, passandosi una mano fra i capelli neri come la pece. ‘’Io non mi…ero mai affezionata a qualcuno così tanto come con te. Avevo solo sedici anni, ero una ragazzina stupida e con tante crisi di identità, in costante ricerca di se stessa. Quando, dopo un anno insieme, mi resi conto di amarti tantissimo io…di amarti enormemente, nel vero senso della parola, io…’’ sospirò. ‘’Ascoltami Horan. Io desideravo viaggiare, girare il mondo in dieci giorni, vedere Notre-Dame e la sera stessa il Duomo di Milano, girovagare per Londra a qualsiasi ora del giorno e della notte senza fregarmene di nulla, frequentare l’accademia d’arte di Parigi. Quando mi sono resa conto che, senza di te, tutte quelle cose non le avrei fatte mi sono sentita…derubata. Perché tu avevi i tuoi progetti, aspiravi a diventare un cantante, a fare le audizioni per XFactor. E io volevo evadere, ma a te piaceva la realtà in cui vivevamo. E così ho pensato di farmi lasciare. Nel modo più orribile di tutti, perché non ce la facevo a guardarti negli occhi e dirti di andartene. Per questo ti ho tradito con il primo che ho visto’’.

‘’Lo so’’ dissi, improvvisamente. ‘’Lo so, ti conosco. Ti conoscevo. E va bene così. Sono stato malissimo, mi sono torturato e detestato per ore, ma va bene così. Tu eri uno spirito libero. Non lo so se lo sei ancora, ma lo eri e l’ho capito troppo tardi. Comunque va bene, fidati’’.

Lei sorrise di rimando e mi strinse la mano. Io mi immobilizzai. ‘’Niall, ci sono andata all’accademia di arte di Parigi. Sono tornata perché mi sono diplomata il mese scorso e ho aperto una galleria in Francia’’.

Ricambiai la sua stretta. ‘’Sapevo anche questo. E, a quanto pare, io ci sono riuscito a diventare un cantante famoso’’.

‘’Puoi dirlo forte!’’.

Ridemmo entrambi, e per un attimo mi parve di rivedere il Niall Horan sedicenne, pieno di sogni e progetti per il futuro. Infondo, se ero la persona che ero era anche grazie alle persone che avevo amato.

Lei separò le nostre mani e riaprì la portiera, stavolta per uscire. Per sempre. Dalla macchina e dalla mia vita.

‘’Ci rivedremo?’’ domandai, senza nessun doppio senso e nessuna malizia.

‘’Se verrai in Francia, si. Parto la settimana prossima. Fra tre mesi mi sposo’’ aggiunse, scendendo dalla macchina e osservandomi dal finestrino aperto.

Sconvolto, fui solo in grado di dire un ‘’Congratulazioni. E...addio Samantha Wilson’’.

‘’Addio Niall Horan e grazie. Non solo per il passaggio’’ si allontanò, per poi rigirarsi un’ultima volta. ‘’Ti auguro tutto il bene di questo mondo. Ria è una ragazza fortunata’’.

‘’Io sono un ragazzo fortunato’’.

Poi entrò in casa, scomparendo dalla mia visuale.

°°°
Non appena collegai il telefono al caricatore, arrivarono tre chiamate perse ed un messaggio. Le chiamate erano rispettivamente di Harry, e due di Ria. Il messaggio diceva: ‘’Sono in ospedale. Non preoccuparti, è solo un’influenza. Tua, Miriam’’.

Dimenticai tutto. Samantha, Harry, la mia litigata con lui, le botte, il presunto bacio con Ria.
C’era solo lei, e la parola ospedale. Chiamai Harry in preda al panico, visto che il messaggio risaliva a due ore prima.

‘’Niall’’ rispose al secondo squillo.

‘’E’ ancora in ospedale? Cazzo, avevo il telefono scarico’’.

‘’Si, credo. Ha provato a contattarti, ma…’’.

Non lo lasciai finire perché interruppi la chiamata. Indossai il giubbino con una velocità inumana ed iniziai a correre verso l’ospedale. Non mi passò neanche per la testa di riprendere la macchina. Ci avrei messo troppo tempo, e sarei stato imbottigliato nel traffico serale della metropoli in cui vivevo per ore. Non mi interessava se qualcuno mi indicava, se mi scattavano delle foto, se mi correvano dietro, e neanche che era tardi e la mattina successiva avevo un’intervista.

Corsi.

Quando intravidi l’ospedale da lontano, mi tranquillizzai. Non ci misi molto ad entrarvi e a raggiungere il reparto di oncologia. Mentre passavo per quei corridoi pieni di sedie azzurre, cercando un’infermiera per chiedere un’informazione o almeno un genitore di Ria, fui assalito da un ricordo.
 
Fu allora che vidi uscire da una di quelle porte una ragazza rossa e magra che aveva un viso conosciuto. Era in compagnia dei genitori, e la madre era in lacrime, mentre il padre le teneva la fragile mano. E aveva una flebo. Quando mi vide ,da lontano, divenne paonazza. La riconobbi dopo pochi secondi, quando mi sorrise. Era la ragazza della festa, che avevo conosciuto la settimana scorsa.
Com’è che si chiamava? Mary, Maria, Mirette…Miriam! Si ,si chiamava sicuramente così.
Quando i genitori la lasciarono un secondo sola, e rientrarono nella stanza da cui erano usciti –probabilmente per parlare con il medico- mi raggiunse, rossa in viso ed imbarazzata.
‘Due volte in un mese?’ mi chiese, sorridendo ‘Sono la ragazza più fortunata del mondo, allora! Che ci fai qui?’.
‘'Ehm..ho sbagliato reparto. Ho solo mal di pancia, dovuto a troppi pistacchi’' esclamai, buttandola sul ridere. Era davvero una cosa ridicola!
Lei rise. ‘Capisco. Comunque dovevi andare al pronto soccorso, piano terra’.
‘'Ce ne siamo accorti tre attimi fa'’.
'‘Ce ne siamo accorti?’' mi domandò, chiedendo indirettamente chi ci fosse con me.
‘'Se te lo dico mi muori qui a terra'’ scherzai ‘'c’è Harry con me'’.
‘'Signore Gesù Cristo'’.
Ridemmo entrambi come due bambini. Improvvisamente il mal di pancia si era calmato,e speravo che Harry tardasse il più possibile.
‘'Tu? Come ti senti?’' domandai.
Sospirò. ‘'B-bene'’.
Non stava bene, glielo si leggeva nelle iridi. Ma non si sarebbe mai confidata con me, dopotutto ero solo uno sconosciuto per lei.
Non ci pensai neanche ,quando gli strinsi la mano.
Lei mi guardò sconvolta, prima di ricambiare la mia stretta. Il suo era senz’altro il sorriso più sincero e puro che avessi mai visto in vita mia. Era così fragile, e mi dispiaceva così tanto che fosse il QUEL reparto. Per QUEL motivo, ovvio.
‘'Ria!'’ la chiamò qualcuno, e lei si girò di colpo, mollando la mia mano calda. ‘'Tesoro ,dobbiamo andare'’ le disse un uomo, probabilmente il padre, da lontano.
Lei si alzò titubante. ‘'Addio Niall, non credo che avrò più la fortuna di rivederti'’.
‘'Meglio per te, così non morirai ‘scherzai, e sorridemmo entrambi. Poi con voce più seria sussurrai ‘'Addio Miriam'’.
‘'Ti ricordi il mio nome?'’.
‘'Mi ricorderò di te'’.

 
Sorrisi involontariamente, pensando a quanto le cose erano cambiate da quel giorno. Allora ancora non sapevo che Ria sarebbe diventata parte integrante della mia vita. Non lo immaginavo nemmeno.

E mentre pensavo a questo, vidi una barella sferrare per il corridoio, diretta verso il reparto di terapia intensiva. La riconobbi subito, dal colore dei capelli, visto che il viso era coperto da una mascherina e c’erano medici ed infermieri su entrambi i lati.

Corsi verso di lei, ancora una volta.

RIA’S POV

Sentivo solo il rumore fastidioso delle rotelle di una barella che stridevano sul ruvido pavimento dell’ospedale.

Riconoscevo la puzza di cibo molle e pastoso, e l’odore del disinfettante.

Se aprivo gli occhi riuscivo a riconoscere i due medici, uno sul lato sinistro e l’altro sul destro, che mi avevano seguita e curata per tutto l’anno. Riuscivo a leggere la disperazione nei loro occhi, l’agitazione negli occhi delle infermiere e riuscivo a sentire le urla dei miei genitori, che mi sembravano davvero lontane.

Forse troppo lontane.

Eppure, non riuscivo a parlare, non riuscivo a muovermi. Ero paralizzata. Riuscivo anche a sentire il battito flebile e leggero del mio cuore. Andava sempre più piano, come se la sabbia nella clessidra che era la mia vita stesse lentamente finendo. Nonostante ciò, non riuscivo a ricollegare nulla, non ricordavo come e perché fossi finita lì. 

Mi ero sentita male altre volte,ma non ero mai arrivata a leggere disperazione e pianto negli occhi di tutte le persone che mi circondavano. 

Sentivo solo un forte vento in volto, la barella che correva veloce lungo il corridoio dell’ospedale. Non l’avevo letto ,ma sapevo benissimo in che reparto mi trovassi. E infondo sapevo anche perché.

Sapevo che questo momento sarebbe arrivato, me ne ero fatta una ragione. Mi ero preparata psicologicamente,eppure ero impreparata. Eppure non ero pronta ad andarmene.

Poco dopo, mentre la barella proseguiva la sua corsa disperava verso la ‘’rianimazione’’, da come sentivo urlare dai medici, qualcuno si avvicinò al lato destro, accanto al dottor Rosewood. Lo riconobbi subito,dal profumo, il mio angelo. Era lì, sentivo i suoi singhiozzi, immaginavo le sue lacrime –non riuscendo più ad aprire gli occhi- e sentii la sua voce dolce sussurrarmi qualcosa nell’orecchio in tutta fretta, mentre continuava a correre per stare al passo delle infermiere che mi trasportavano.

Non capii cosa mi disse. Ci provai, ma davvero non connettevo più. Sentivo solo i battiti ovattati e lontani del mio cuore.

Del monologo che mi soffiò nell’orecchio capii solo l’ultima frase: ‘’Ria, ti prego, resta. Aiutami, mi stai scivolando dalle mani. Aspetta’’.

Avrei tanto voluto evitare di scivolare, dalle sue mani e dalla mia vita. L’avrei voluto con tutto il cuore, pregavo per questo, ma il mio corpo non rispondeva più ai miei comandi. Il cervello mandava ordini ai muscoli che, però, si rifiutavano di eseguirli. E, per tutto il tempo, mi sentivo come se non esistesse più nulla.

Più nulla a parte il dolore al petto, il naso otturato che mi dava l’impressione di non riuscire a respirare, e lo stomaco in subbuglio. Sentivo ogni singola goccia del mio sangue scarlatto ammalarsi sempre di più, capitombolare verso quel buco senza fine che era la morte. O forse la vita. Non lo sapevo se ero viva o morta. Non riuscivo a capirlo.

Sentivo che non ero più sulla barella, che ero su una superficie solida. Che fosse una bara, non ne ero sicura. Non sentivo nulla. Nulla. Non riuscivo neanche a spaventarmi, e avrei dovuto seriamente farlo.

Mi ero preparata a questo. Alla mia morte. Me ne ero fatta una ragione, anche se Niall voleva portarmi in Giappone, anche se mia mamma diceva che mentre trascorreva un anno avrebbero scoperto qualcosa. Qualunque cosa. Ma mi ero preparata, da quando avevo quindici anni e mi avevano detto che non avrei mai festeggiato il mio diciottesimo compleanno. Eppure non volevo. Non volevo andarmene. Scorrere via senza dire addio a nessuno, tantomeno ai miei genitori e a Niall. Non volevo lasciarli soli, scomparire come aveva fatto la mamma di Harry. Non volevo che sperassero di sognarmi solo per sentirmi vicino. Io volevo esserci. E non solo per loro. Volevo esserci quando avrebbero scoperto una cura, quando Venezia si sarebbe allagata, quando sarebbe passata in cielo la cometa di Halley, quando sarebbe morta la regina Elisabetta, quando sarebbero state inventate delle macchine ad energia eolica, dei robot che svolgono tutti i lavori di casa, dei computer in grado di ragionare e di parlare. Non volevo perdermi nessuna aurora boreale, nessuna ‘notizia dell’ultima ora’, nessun’edizione mattutina di un giornale.

Volevo esistere. E no, non potevo andarmene. Se c’era ancora una speranza, una qualsiasi anche se piccolissima, io non avrei mai lasciato che volasse via. Non se sarei dovuta volarci assieme.

Mi sentivo come in un limbo, intrappolata in quell’ammasso di pelle ed ossa che ero, e davanti a me…davanti a me c’era una luce. Una luce accecante e bellissima. Così bella da sembrare quasi finta, quasi una trappola. Nessun tremolio, nessun dolore al petto, nessun ticchettio nelle tempie, e nessun conato di vomito. Stavo bene. E sarei stata ancora meglio, se avessi attraversato quello specchio di raggi solari irreali.

Sorrisi, ed iniziai a dirigermi verso quella terra nuova ed inesplorata. Che fosse il paradiso o meno non mi interessava. Era un luogo senza dolore, in cui sarei stata solo Miriam. Per sempre.
Mancavano pochi passi. Pochi passi all’eternità. E non mi sentivo così bene da tanto, troppo, tempo. Ma mi bloccai. Mi bloccai solo per un secondo, ma bastò. Bastò per farmi rivivere delle scene che erano ben custodite nella mia mente, e che speravo di non dimenticare mai.


‘Non dovresti essere qui, ragazzina’.
Collasso.
Non poteva essere. Non se ne erano andati allora? Niall Horan mi stava parlando,e io rischiavo davvero di morire !

‘Oh mio Dio. Ma tu sei Niall’ urlai.
‘Capitan ovvio’ scherzò lui, sorridendo.
‘IO MUOIO’.
‘No’ urlò ,ridendo ‘ non morire ti prego’.
‘Non ho la minima intenzione di farlo proprio adesso. Ma non eravate andati via?’.
‘CERTO CHE NO. Devi ancora fare la foto e poi la festa era davvero troppo bella per lasciarla così presto’.
‘DIO’.
‘Io ci parlerei anche con te, ma non evocare il nome del Signore ogni tre secondi’ ironizzò.
Ridemmo.
‘Non hai freddo?’ domandò.
‘Un po’, ma non importa’ risposi.
Non mi sarei certo aspettata che si togliesse la giacca e me la poggiasse sulle spalle esili.
‘Niall James Horan, nato 13 settembre 1993 a Mullingar, vuoi farmi seriamente crepare?’.

‘Che dici, se ti chiedo di farti una foto con me, devo chiamare un medico?’.
 

"Niall, cosa. ..cosa pensi della morte? " domandai, atona, guardando fuori dalla finestra. Lui mi guardò sconvolto, convinto di non aver capito bene. 
"Secondo me è l'inizio di una nuova vita" sussurrò, guardando il cielo , come me.
'Che tipo di vita? ". Le sue teorie mi interessavano. 

"Migliore, ma molto più lontana".
"Lontana?".
"Il paradiso non è dietro l'angolo" ironizzo', un pò amaramente.  "Quindi ci credi? " domandai "al paradiso, intendo".
"Credo che ci sia un posto dove si va' quando sulla terra non c'è più spazio per te. Non so se sia il paradiso o no, ma penso che sia...bellissimo".

‘’Senza più dolore?’’.
"Li' non esiste il dolore, Ria ".
Non so quanto tempo passò, so solo che ad un certo punto, ruppi il silenzio. 
"Niall, credi che esistano gli angeli? ".
Mi prese la mano in un gesto quasi convulso, stringendola forte, quasi a stritolarla.
‘’Non lo so’’ soffiò, continuando a stringere la mia mano. ‘’Tu ci credi?’’.
‘’Ci spero’’ risposi.

 

Lui avvicinò il volto nell’incavo del mio collo e mi sussurrò ‘’Tutto il decoro di tua bellezza non è che luminosa veste del mio cuore che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio’’.
‘’Lo ricordi?’’ sorrisi.
‘’E’ la frase più bella che abbia mai sentito’’.
‘’Vero’’ sussurrai. Poi mi voltai, e lo baciai. Era la prima volta che prendevo l’iniziativa per un bacio, ma le mie guance non erano rosse, come sarebbero state normalmente. Con Niall non mi sentivo mai a disagio.
Mi fidavo di lui.
Quando lo guardai negli occhi, con la fronte contro la sua e le sue mani sui fianchi, mi persi nei suoi bellissimi occhi azzurri.
‘’ Non contare sul tuo cuore quando il mio sia spento; tu me lo donasti per non averlo mai più indietro’’ gli soffiai sulle labbra. Non c’era frase più appropriata che potessi dedicargli.
 

‘’Non mi ringraziare’’ disse. ‘’Cos’hai sognato?’’.
Non pensai neanche per un secondo ad una bugia da rifilargli. Non c’era motivo di mentire.
‘’Io ti chiamavo, Niall. Ti chiamavo con tutta la voce che avevo in corpo. Urlavo. Ma tu non mi sentivi. Non mi sentivi mai’’ sussurrai.
‘’Era tanto brutto?’’ mi chiese. Niall mi sorprendeva sempre. Quella era l’ultima cosa che mi sarei aspettata mi chiedesse.
‘’Non era brutto’’ dissi ‘’Era orrendo’’.
‘’Perché? Potevo essere impegnato a fare altro, per questo non ti sentivo’’.
‘’No, Niall. Non eri impegnato a fare altro.  Non mi sentivi perché c’ero ma…non c’ero. Ero morta’’. Lo dissi tutto d’un fiato.
‘’Non sentivo…nulla? Neanche un suono lontano?’’ chiese. Probabilmente, in cuor suo, sperava gli dicessi di si. Ma sapeva anche qual’era la risposta.
‘’Non sentivi niente. Niente’’ sussurrai, con la voce rotta. ‘’Se ci ripenso, mi vengono i brividi. Io… non posso sopportarlo. Non sai come mi sentivo quando ti chiamavo e non voltavi neanche la testa. Io non posso sopportare che tu non mi senta’’.
Lui mi strinse ancora di più, se possibile. In quel momento mi sentivo bene. Mi era perfino difficile ricordare il dolore che avevo provato durante quell’incubo.
‘’Ria’’.
‘’Si?’’.
‘’Ti sentirei. Ti sentirei sempre’’ soffiò nel mio orecchio.

 

Non volevo neanche piangere, ma inavvertitamente due o tre lacrime rigarono il mio piccolo viso.
Mentre si muoveva leggermente, mi sussurrò ‘’Non piangere, amore mio’’.
‘’Non piango solo per il dolore’’ ansimai, iniziando a piangere più forte. Era inutile trattenere le
lacrime, sarebbe stato ancora più atroce.
‘’E allora perché piangi?’’ mi domandò dolcemente, cercando di muoversi il meno possibile.
‘’Grazie’’ singhiozzai. ‘’Ringrazio infinitamente te e Dio, che ci ha fatti incontrare. Grazie Niall’’. Sospirai. ‘’Grazie per tutto. Non mi interessa nulla della mia malattia, o dei giorni che restano, e neanche di quello che pensa mezzo mondo. Sono felice di averti incontrato. E se per farlo dovevo essere malata, allora posso dire una cosa. Ne è valsa la pena. Ne varrà sempre la pena’’.
Lui non aggiunse nulla. Forse perché non aveva fiato, o forse perché non voleva piangere. Perché avevo imparato a conoscerlo, e sapevo che stava trattenendo le lacrime.
Il dolore era diminuito, ora era addirittura sopportabile.
Lui asciugò con i pollici i residui delle mie lacrime. ‘’Non piangere più’’ disse. ‘’Mai più’’.

 
Non seppi mai come. Guardai quella luce invitante e calda, e mi guardai alle spalle. Dietro di me c’era il vuoto, l’ignoto, il dolore, e una morte anche abbastanza vicina. Davanti c’era tutto quello che avevo sempre voluto. Pace.
Non seppi mai come ma una voce che conoscevo troppo bene mi risuonò nelle tempie . ‘’Ria, ti prego, resta. Aiutami, mi stai scivolando dalle mani. Aspetta’’.
Non seppi mai come e, forse, neanche perché. Ma mi voltai, dando le spalle alla luce calorosa che tanto amavo. E tornai indietro.
 
fdgbtd


ALLORA.
SO CHE, A QUEST’ORA, STARETE FACENDO DUE COSE:
- PIANGERE COME DELLE OSSESSE (TIPO ME)
-PROVARE ISTINTI SUICIDI VERSO QUESTA STUPIDA HARRYETTE.
SICURAMENTE LA SECONDA, MA VABBE HAHAHAH.
LA FARO’ BREVE PERCHE’ SONO STANCA E RAFFREDDATA, QUINDI VOGLIO SOLO MORIRE O DORMIRE LOL.
NON SO SE QUALCUNA DI VOI SE NE E’ ACCORTA, MA IL PEZZO DELLA BARELLA (DOVE INIZIA IL ‘RIA’S POV’, PER INTENDERCI) L’AVEVO GIA’ POSTATO AL CAPITOLO QUATTRO O CINQUE MI SEMBRA, CON LA SCRITTA *FUTURE* LOL.
VABBE, A PARTE QUESTO E ALCUNI FLASHBACK NOIOSISSIMI, NON C’E’ MOLTO DA DIRE…AH, A PARTE CHE AGGIORNERO’ SOLO QUANDO VEDRO’ DODICI RECENSIONI. VI PREGO NON ODIATEMI, MA LA STORIA SI STA AVVIANDO VERSO LA FINE E VORREI RAGGIUNGERE UN DETERMINATO NUMERO DI RECENSIONI C.C
OKAY, ORA MUOIO!
VI AMO.
H.
 

 

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Capitolo 24
*** Chapter 24- Siamo nati piangendo. ***


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TRAILER:https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w

 
But you only need the light when its burning low
Only miss the sun when it starts to snow
Only know you love her when you let her go
Only know you’ve been high when you’re feeling low
only hate the road when you’re missing home
Only know you love her when you let her go

-Passenger:Let her go

Capitolo 24- Siamo nati piangendo.
 
NIALL’S POV

Avevo consumato il corridoio, a furia di fare avanti ed indietro.

Harry, che quando aveva saputo di Ria si era catapultato in ospedale in tre secondi, era seduto su di una sedia e aveva il capo
appoggiato al muro, con gli occhi chiusi. Io non riuscivo proprio a stare fermo.

Erano tre ore, nel senso letterale del termine, che Ria era in terapia intensiva, tre ore che ero lì fuori, tre ore che nessun medico si degnava di uscire e dirci cosa cazzo stesse succedendo. Nemmeno i genitori di Miriam.

In quell’arco abnorme di tempo avevo pensato a tutte le conseguenze possibili e la paura di non rivederla mai più mi stava corrodendo tutti gli organi interni. La paura di non dirle neanche addio, di non specchiarmi nei suoi occhi nocciola per
l’ultima volta.

E, giuro, che in quel momento lo desiderai. Desiderai essere io, lì dentro, al posto suo. Desiderai averla io, quella maledetta leucemia, e al diavolo tutte le conseguenze. Forse fu allora che mi resi davvero conto che prima o poi sarebbe successo.

Era inevitabile, a meno che non fossimo partiti subito per il Giappone, ma era pressoché impossibile. Se ne sarebbe andata e non potevo fare nulla. Non potevo chiamarla, non potevo incatenare la sua anima alla sedia né tantomeno potevo obbligarla a restare.

E avevo paura.

Paura di tutto e di niente. Paura della morte di una persona che, no, proprio non doveva morire. E di tutto quello che sarebbe successo dopo.  Non volevo e non avevo neanche la forza e la voglia di pensarci.

Dopo un tempo che mi parve infinito, Harry parlò.

‘’Niall’’ sussurrò. ‘’Mi sto sentendo male’’.

Io mi voltai a guardarlo. Aveva finalmente aperto gli occhi, scoperto le sue bellissime iridi verdi, e rabbrividii. Lo sguardo che aveva Harry era esattamente lo stesso sguardo che aveva un anno prima, quando eravamo nello stesso ospedale, fuori la porta della stessa stanza comatosa.

La settimana prima della morte di Anne. Della morte della madre.

Sin dalla prima volta che avevo aperto gli occhi avevo capito che Harry rivedeva sua madre in Ria. Non mi dava fastidio, perché più persone la proteggevano e meglio era. Però solo allora mi resi conto che Harry stava soffrendo, era distrutto. Dilaniato dentro. Non doveva essere facile per lui rivivere tutto daccapo, rivedere le stesse infermiere (che lo salutavano addirittura), gli stessi posti, le stesse sensazioni che gli riportavano alla memoria che era orfano.

Che sua madre aveva dato le spalle alla vita con un sorriso, ma lasciando una lacrima sul volto di chi era rimasto.

‘’Respira’’ dissi, cercando di sembrare forte. Era Harry il forte della situazione, lo era sempre stato, e non volevo che capisse quando non mi si addicesse questo ruolo. Avevo pianto quando la mamma era andata in coma, pianto quando lui aveva detto che voleva cantare lo stesso, pianto quando Anne se ne era andata senza vederlo un’ultima volta.

Ma Harry non l’aveva mai fatto.

Semplicemente Harry non piangeva. Mai. Non sapevo se era perché gli dava fastidio, oppure perché non voleva sembrare debole. Ma mai una lacrima aveva rigato il suo volto in pubblico.

Dubitavo del fatto che non avesse mai pianto neanche quando era da solo.

Il buio, la notte in particolar modo, portano tutti i relitti a galla. Tirano fuori tutti gli scheletri nell’armadio, facendoli sembrare ancora più grossi e brutti. E quando il dolore ha il sopravvento su di te, non puoi proprio farci niente. Respiri, ma vorresti smettere. E allora perché? Perché amare una persona se poi la si perde? Perchè il Signore ci dice di amare incondizionatamente anche i nostri nemici, ma poi ci porta via tutto quello che conta?

E tante volte avevo detto ad Harry  ‘’piangi, cazzo. Piangi una buona volta, non fare il duro. Piangi’’. Ma non mi aveva mai ascoltato.

Ed ora lo capivo. Che senso ha piangere e stare male se poi non cambia niente?

‘’Questo è un cazzo di replay’’ sussurrò, passandosi le mani nei capelli con fare disperato. ‘’Io…non posso stare fermo e zitto’’.

‘’Allora alzati ed urla’’ risposi. Nessun ‘’piangi’’ e nessuno ‘’sfogati’’. Col cazzo, io volevo sprofondare prima di lui.

‘’Non ci riesco’’ balbettò. Chiuse di nuovo gli occhi e disse ‘’Io lo sentivo, l’anno scorso, che mamma sarebbe morta. Avevo sullo stomaco e nella gola un magone persistente. Ti prego’’ singhiozzò. ‘’Ti prego, dimmi che non lo senti anche tu’’.

Che sentivo?

Il problema era che non sentivo niente di niente. Probabilmente avevo troppa paura di sentire realmente, paura di cosa avrei sentito.

E per tutto il tempo mi sentivo come se fossi in una bottiglia piena di aria, che diminuiva ad ogni respiro che facevo, fino a farmi soffocare.

Ti prego Ria, pensai, ti prego non morire. Resisti.

‘’Harry’’ soffiai. ‘’Non se ne va. Non se ne può andare’’.

‘’Tutti se ne vanno’’ rimbombò la sua voce nel mio cranio. Era difficile per Harry credere che sarebbe andato tutto bene, lo era anche per me, ma dovevamo crederci. Perché se ci lasciavamo trascinare via dalla corrente che era il dolore e la preoccupazione non ne saremo mai più usciti. Non vivi. Non con la voglia di vivere.

‘’Io non sono niente, se se ne va. Niente, Harry’’.

I miei occhi si riempirono di lacrime, e mi attraversarono la mente tutte le volte che Ria aveva sorriso- anche senza una reale ragione-, tutte le volte che mi aveva detto che mi amava, tutte le volte che diceva ‘’sto bene’’, tutte le volte che mi aveva abbracciato per non piangere.

Non doveva morire.

‘’Niall…’’ sbuffò lui. ‘’Avverto Zayn che all’intervista ci vanno solo loro e si inventano qualche minchiata’’.

Ebbi l’impressione che, la sua, era solo una scusa per uscire da quel corridoio angusto, ma annuii. Comunque avremmo dovuto
avvisarli dopo.

Quando Harry lasciò il corridoio, esattamente tre secondi dopo, vidi una figura in camice bianco camminare verso di me. Era la madre di Miriam, Grace. La riconobbi subito.

La raggiunsi con la voce rotta e le mani tremanti. ‘’Allora ?’’ chiesi.

Lei scosse la testa. Si vedeva che aveva pianto per ore. ‘’Non risponde alle nostre terapie. E’ come…bloccata. Non so se mi spiego’’ la sua voce tremò.

‘’E cosa farete? Perché farete qualcosa, giusto?’’.

Lei guardò il pavimento quasi fino a consumarlo. Con i capelli biondi e la statura da nana che si ritrovava, sembrava ancora più piccola e schiacciata dal dolore.

‘’Dottoressa Martin’’ richiamai la sua attenzione. ‘’La prego. La prego non la lasci morire’’.

Lei mi trucidò con lo sguardo. Non l’avevo mai vista così, faceva addirittura paura. Non era la donna dolce e gentile che avevo conosciuto quel pomeriggio di mesi prima. Ma non mi importava, allora. L’unica cosa che contava era chiusa in una stanza, ad un passo dalla morte ed uno dalla vita, bloccata in una terra di mezzo a cui non sapevo se credere o meno.

‘’Secondo te, voglio lasciar morire mia figlia?’’ disse. ‘’Niall…io ho passato i due anni più brutti della mia vita, da quando abbiamo scoperto della leucemia. Tu la conosci da nemmeno uno’’.

‘’Non c’entra nulla’’ ringhiai, infastidito. ‘’Il bene non si misura con il tempo. Io farei di tutto per sua figlia’’.

‘’Non ne dubito’’ sputò lei. ‘’Ma non c’è nulla che puoi fare. Nessuno può fare nulla. Possiamo solo pregare’’.

‘’Tanto non muore’’ la aggredii quasi, cercando di convincere anche me. ‘’Mi dica una cosa, dottoressa. E’ andata in coma per colpa…dell’influenza? Della…spiaggia?’’.

‘’No’’ rispose quasi subito. ‘’Senza altro l’influenza l’ha indebolita, ma non c’entra assolutamente nulla. Sarebbe successo
comunque, prima o poi. Le statistiche…’’.

‘’Non mi importa delle statistiche!’’ la interruppi. ‘’Non si può racchiudere la vita di una persona in una serie di numeri insensati, che non capirò mai. Risponda ad una domanda’’.

Lei annuì impercettibilmente, ed io continuai.

‘’Morirà? Nessuna statistica e nessun parere medico. Secondo lei morirà? Parere di madre’’.

Lei mi si avvicinò e mi abbracciò. In quella stretta riconobbi la donna di un mese prima, che mi aveva ospitato a casa e mi aveva offerto il caffè. Ricambiai l’abbraccio, anche se era diverso dal primo. Anche se mancava qualcuno.

‘’Niall’’ sussurrò. ‘’Mi dispiace. Non ci sono speranze. Non c’è nessuna speranza’’.

‘’Le ho chiesto un parere da madre’’.

‘’No’’ rispose, lasciandomi. ‘’No. Ma non conta il mio parere. Le carte parlano. Le macchine attaccate al suo corpo parlano. Sta morendo, Niall. E’ finita’’.

Non seppi dire dopo quando tempo recepii quelle parole. Ero fermo, immobile, non ero capace di dire nulla se non urlare. Se non
ci sperava neanche la madre, nel suo risveglio, come potevo sperarci io? Eppure ci credevo. Provavo a credere che ce l’avrebbe fatta, anche se forse ero l’unico.

Lei mi passò una mano sulla spalla, e si congedò dicendo che ritornava da Ria. Perché io, che ero l’unico che pensava si sarebbe svegliata, non potevo vederla?

Quando Harry ritornò, posando il galaxy in tasca, probabilmente lesse sul mio viso attonito tutto quello che era successo. Non disse nulla, però. Si limitò a sedersi, come prima, e a chiudere di nuovo gli occhi.

‘’Che ti hanno detto i ragazzi?’’ provai a chiedere, anche se al momento mi passava per il cazzo.

‘’Non me lo ricordo’’.

Il clima di tensione era palpabile e si tagliava con il coltello. Man mano che i minuti diventavano ore, mi sentivo sempre peggio. Ogni volta che vedevo un dottore balzavo in piedi, come una molla. Stessa cosa per le infermiere. Harry era immobile e muto tutto il tempo. Pareva che stesse pregando, anche se era impossibile.

Harry non credeva in niente, neanche in se stesso.

‘’E’ finita’’ disse, quando erano ormai le otto della mattina seguente. Io non avevo chiuso occhio, lui non li aveva mai aperti ma ero sicuro che non si fosse addormentato neanche per finta. Quelle parole non mi fecero assolutamente niente. Neanche un vuoto. Niente.

‘’Non muore’’ replicai, sicuro.

‘’Niall, sono passate quasi sei ore. Non si risveglia più, è impossibile’’.

‘’Tua madre si svegliò’’.

‘’Dopo tre ore’’ mi trucidò con le iridi. ‘’Ed è morta la settimana dopo, in seguito ai sette giorni più brutti della sua vita. Vuoi che
Ria attraversi quel calvario?’’.

Mi irritarono a morte sia il suo tono, che le sue parole. ‘’Che cosa vuoi dire? Che dovrei sperare che muoia?’’.

‘’Io spero che muoia’’ replicò atono. ‘’Spero che muoia. Non ci tengo a vederla vomitare sette giorni su sette sangue, dimagrire fino a farsi una radiografia al sole e non riuscire neanche a trovare la forza di parlare. Lo sai che è meglio così’’.

‘’Ma che cazzo stai dicendo?’’ ringhiai.

Lui non mi guardò neanche negli occhi. Dopo tutta la discussione che avevamo avuto, dopo che ci eravamo quasi picchiati a sangue, dopo che mi aveva sbattuto in faccia il suo bacio con la mia fidanzata, aveva anche il coraggio di parlare e dire quelle cose?

‘’La verità, Niall. Io preferisco che muoia. Per il suo bene. Tu non sai quello a cui andrà in contro, se si sveglia. Tu non capisci’’.

‘’No’’ mi alzai di scatto, parandomi di nuovo davanti a lui e afferrandolo per il collo della maglietta. ‘’Sei tu che non capisci. Non ti permettere mai più di dire una cosa del genere. Ti ammazzo, Harry. Giuro che ti ammazzo’’.

‘’Così la vedrei prima di te’’ ironizzò. Sapevo che quando stava male, Harry tendeva a rompere le scatole, a far incazzare chi gli
era intorno. Ma non ero in grado di comprenderlo e compatirlo. Non allora.

‘’A te importa solo di tua madre. Non ti va il fatto che a te sia andata male, che lei sia morta, e a me debba andare diversamente. Ma io non voglio capire né provare il tuo dolore, Harry!’’.

Lui ridacchiò, e mi trattenni dal dargli un pugno solo perché eravamo in un ospedale e di lui, al momento, non mi importava granchè. Volevo solo Ria. Solo lei, e basta.

‘’Niall, tu non hai capito niente di me’’.

In quel momento lessi gli occhi di Harry. Fino a quel momento era stato inespressivo, non aveva lasciato trapelare neanche l’ombra di un’emozione e lo scheletro di una speranza. Immobile e freddo come una roccia. Ma, da vicino, qualcosa nei suoi occhi c’era. Non era una luce, era impossibile che lo fosse, ma qualcos’altro. Qualcosa per cui mi si formò la pelle d’oca. Qualcosa che mi mise terribilmente paura. Avevo visto quello sguardo solo una volta, in vita mia. Per sua madre. Però anche allora era diverso.
C’era, ci doveva essere per forza, qualcosa di diverso.

Conoscevo Harry da molto più tempo di quanto conoscessi chiunque altro, prevedevo le sue mosse e le sue espressioni, a volte riuscivo anche a capire in anticipo quello che aveva intenzione di dire.

Lui conosceva me.

Eppure c’era qualcosa nei suoi occhi verdi che non riuscivo a capire. Non mi era chiara. Così lasciai il colletto della sua tshirt, ignorando il suo ghigno, e gli impedii di alzarsi e andare da un’altra parte per sedersi.

‘’Che vuoi ancora?’’ domandò irritato, leggendo nei miei occhi blu l’intenzione di dirgli qualcosa.

Non sapevo come chiederglielo. Come esprimermi. Non mi sembrava neanche il luogo e il momento adatto, ma non ce la facevo. Dovevo chiederglielo, e magari in quella situazione eccezionale sarebbe stato più limpido e sincero.

‘’La ami?’’ chiesi.

Lui mi guardò, se sconvolto dalla mia domanda o dal mio tono non seppi dirlo. Mi spinse, iniziando a camminare verso l’uscita del reparto. Ma non potevo permettere che se ne andasse.

‘’Harry, rispondi!’’ urlai.

Lui si voltò, a qualche metro di distanza, e il suo sguardo proprio non seppi decifrarlo. Anche perchè sentimmo un urlo. Una voce
che, a me, era familiare.

‘’MAMMA!’’una ragazza urlava.

In pochi secondi apparve, dinanzi a noi, una ragazza rossa identica all’unica ragione che avevo per sorridere ed essere felice.
Lydia. Era tornata.

Ed era finita.
 
 



SONO STATA DI PAROLA, YEEEEEE.

OKAY , STOP. NON APPENA HO VISTO CHE C’ERANO DODICI RECENSIONI, COME PROMESSO, HO AGGIORNATO C:
ALLORA, SO CHE IL CAPITOLO E’ UNA PALLA MORTALE, E’ NOIOSO E ANCHE SCRITTO MALINO MA VADO DI FRETTA AHHAHAHA
COMUNQUE CREDO CHE LE COSE SIANO CHIARE. LA SORELLA DI RIA E’ TORNATA! HALLELUIA!
HO SOLO UNA DOMANDA PER VOI: SECONDO VOI HARRY AMA RIA? PERCHE’? GRAZIE SE RECENSIRETE, MI FAREBBE PIACERE E UNA GRATIFICAZIONE FA SEMPRE COMODO!

A PRESTISSIMO, E BUON SABATO.

H.

 
 

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Capitolo 25
*** Chapter 25. ***


 
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‘’So lately, been wondering 
Who will be there to take my place 
When I'm gone you'll need love to light the shadows on your face 
If a great wave shall fall and fall upon us all 
Then between the sand and stone, could you make it on your own’’. 

-The Calling: Wherever you will go.

Ad Ylenia, l’unica ed incontrastata Ria. Rimarrai per sempre nel mio cuore.
 
Capitolo 25.
 

LYDIA’S POV

Corsi incontro a mia madre con i capelli rossi scompigliati, il cuore in difficoltà e la voce impastata dalle lacrime.

‘’MAMMA!’’ urlai.

Ma non c’era. Riprovai a chiamarla, sperando fossi nel corridoio giusto di quell’immenso reparto
e sperando che non fosse impegnata. Ma non c’era. Quando vidi Niall Horan ed Harry Styles, però, capii di essere nel posto giusto ma al momento sbagliato.

Niall era distrutto. Chi ci pensa mai a cosa significa veramente quell’aggettivo? Gli occhi vitrei, la pelle quasi diafana e grumi enormi e confusi di emozioni e sensazioni che gli vorticavano nell’anima. Ed erano visibili, come se la sua carne fosse trasparente. Ed era strano perché io non l’avevo mai vista, un’anima.

Harry, che da vicino era ancora più bello che dalle riviste, era l’opposto. Anche uno stupito decerebrato avrebbe capito che aveva costruito attorno a se una possente muraglia. Gli occhi verdi più scuri di tre tonalità, quasi tendenti al colore dei miei, e nessuna sfumatura sul volto.

Mi avvicinai a loro con il volto stravolto e le mani tremanti. Dovevo essere la personificazione del dolore. E da vicino, Niall faceva paura. Aveva paura.

‘’A quanto pare siamo destinati ad incontrarci in queste situazioni’’ ironizzai, senza la minima voglia di ridere. Niall sorrise alzando il labbro da un solo lato, ma non disse una parola.

Ed io scoppiai a piangere. A venti anni, piansi come una bambina.

Avevo lasciato Berlino seduta stante quando papà mi aveva chiamato e mi aveva detto che Ria era in coma. Avevo lasciato a Federico solo un biglietto perché, in quel momento, non mi importava più di nulla.

Non poteva morire.

Avevo i nervi a pezzi. Vivevo una vita che non sentivo mia, che non mi piaceva più. Volevo Yale, volevo la mia vecchia esistenza con le chiamate serali di mia madre (che ora non mi chiamava più. Mi chiamava solo mio padre), e volevo mia sorella.

Avevo lasciato quella vita, per cosa poi? Credevo di amare Federico. Dovevo amarlo perché per lui avevo mandato a fanculo i miei genitori, avevo mandato a fanculo la mia monotona vita piena di radici fatta di thè e di libri, avevo mandato a fanculo la Lydia Louise Martin che credevo di essere. E allora perché? Perché quando papà mi aveva detto che dovevo ritornare a Londra, a prescindere dal motivo, ero stata quasi felice?

Odiavo la Germania. Odiavo il mio attico, che era anche l’attico di Federico.

E sgranai gli occhi.

Sgranai gli occhi quando Harry si sedette a terra, con le spalle contro il muro e i ricci che gli coprivano mezzo volto. Aveva tirato fuori dalla tasca dei jeans un accendino ed una sigaretta e aveva cominciato a fumare, esattamente sotto il cartello ‘’no smoking’’.

‘’Harry, vaffanculo’’ ringhiò Niall, allontanandosi. Evidentemente odiava il fumo, o meglio odiava
la situazione in cui si fumava.

‘’Dammi una sigaretta’’ sussurrai, sedendomi a terra accanto a lui. Harry obbedì senza dire nulla, accendendomela addirittura.  Inspirai quanto più fumo possibile, soffiandolo fuori a piccoli cerchi.

Decisi che, di lacrime, ne avevo già sprecate tante. Troppe. Che senso ha piangere se poi non cambia niente?

Restammo così per un tempo che mi parve infinito e breve al tempo stesso, e non sera per niente normale. Dubitavo che io stessa lo fossi. Non uscì neanche più una lacrima dai miei occhi verdi, e mi complimentai mentalmente.

‘’Perché non piangi più?’’ mi domandò Harry, con una voce roca impressionante. Doveva essere anche molto stanco.

‘’Non ne ho voglia’’ aspirai dalla Malboro. ‘’Tanto non serve a niente’’.

‘’Tu dici?’’.

‘’Si, dico’’ annuii, spostandomi una ciocca di capelli rossi dal viso. ‘’Tu non capisci’’.

Ed il modo in cui mi guardò poco dopo mi portò inevitabilmente a credere che, forse, capiva più di quanto credessi. E maledissi la mia boccaccia.

Quando parlò, ne ebbi la conferma.

''Mi è morta una mamma’’ replicò atono, come se avesse chiesto l’ora. Attirò di nuovo la sigaretta vicino le sue labbra e aspirò.

‘’Mi sta morendo una sorella, Harry’’.

Lui gettò il mozzicone di sigaretta a terra, fregandosene di tutto e di tutti. Immobile, chiuse gli occhi e sospirò. ‘’Come ti chiami?’’ domandò.

‘’Lydia’’.

‘’E’ un bel nome’’.

Se voleva cambiare discorso non ci era riuscito. Tanto non si possono cambiare pensieri. ‘’Lydia,
vuoi saperla una cosa divertente?’’.

Non risposi, allibita dal suo essere così inopportuno, e lui intese il mio silenzio come un si.

‘’Io e Ria avevamo lo stesso psicologo, il dottor Klaine. L’ho scoperto ieri’’ sorrise amaramente, aprendo di nuovo gli occhi e osservandomi.

‘’Avete lo stesso psicologo’’ corressi il suo tempo verbale. ‘’Non è ancora morta’’.

‘’Credi che si sveglierà? Mi sembri una ragazza intelligente, tanto da capire che è tutto inutile’’
replicò, con un grumo indefinito di emozioni negli occhi.

‘’Non lo so. Lo spero, ma… che senso ha? Ria è stata felice, almeno nessuno di noi avrà
rimpianti’’.

Lui sogghignò. ‘’Io ne ho uno’’.

‘’E quale sarebbe?’’ indagai.

‘’Non le ho mai detto che le voglio bene. Che le voglio bene veramente, e non solo perché somiglia a mia madre. Non me lo perdonerò mai. Vivrò con il rimpianto per tutta la vita, me lo sento’’.

‘’Lo sa. Lo sa che le vuoi bene,e  lo so anche io. Non saresti qui, altrimenti, invece di firmare
autografi. Ria lo sa, fidati di sua sorella. Lo sento’’.

Quando si voltò a guardarmi di nuovo, smettendo di consumare il soffitto con le pupille, stette in silenzio qualche minuto prima di parlare. ‘’Tu sei felice?’’ mi domandò.

E quella domanda mi destabilizzò più del dovuto e anche più del lecito. Ero felice? Sin da quando
avevo 10 anni, i miei genitori mi avevano inculcato l’idea di andare a Yale e di laurearmi. Diventare un medico, proprio come loro. Ed io avevo sempre annuito perché lo sapevo che, quello, sarebbe stato il mio futuro. Ed ora? Ora che vivevo alla giornata, ora che lavoravo nell’agenzia di viaggi di Federico, ero felice?

Una delle frasi che avevo sempre odiato sentir dire da mia madre era ‘’te l’avevo detto, Lydia’’.
Ma lei, anche quella volta, me l’aveva detto. Cazzo.

‘’Forse’’ risposi, sul vago. ‘’Tu?’’.

‘’A volte’’.

Ma non avemmo il tempo di dire nient’altro. Come un tornado, una furia, o qualcosa del genere, nel corridoio arrivarono Mia e Louis- tenendosi per mano visto che Louis aveva lasciato la fidanzata per lei, e affannati per una corsa- e accanto a loro c’era Leila.

Sorrisi, pensando a quanto mia sorella fosse capace di farsi volere bene così facilmente, tanto da spingere tre ragazzi di fama mondiale a lasciar perdere tutto e correre da lei.

‘’Abbiamo fatto il prima possibile’’ ansimò Leila.

Io ed Harry ci alzammo da terra quasi in sincrono, ed io gettai il mozzicone della mia sigaretta nel cestino alla mia sinistra.

‘’Quella giornalista di merda faceva domande in continuazione’’ si giustificò Louis.

‘’Non preoccupatevi ’’ sovvenne Niall, alle mie spalle. ‘’La situazione è sempre la stessa che vi ho detto a telefono due ore fa’’.

Mia scoppiò a piangere quasi subito, nel modo meno silenzioso possibile, e Louis la abbracciò quasi a volerla proteggere da tutto il dolore che stava provando. Mia, Leila, e Miriam erano sempre state una bella coppia. Anche un trio abbastanza sfortunato. Una ragazza con la leucemia, una con uno stupro alle spalle, e l’altra con un odio radicato nelle ossa verso il mondo.

‘’Io lo sapevo’’ singhiozzava Mia, durante il suo pianto liberatorio. ‘’Lo sapevo. Le carte lo avevano detto. Era uscita la morte. Era uscita la morte’’.

Ma nessuno l’ascoltò e le disse nulla, a parte Louis. Io trovai stupido perfino presentarmi, ma quando Tomlinson iniziò a guardarmi interrogativo gli tesi la mano. ‘’Lydia Martin’’.

‘’Louis’’.

E passarono altre due ore. Infinite, scandite solo dal rumore dei passi di mia madre che ci diceva puntualmente ‘’non è cambiato nulla. Il suo corpo non risponde’’. Scandite dal fastidioso ticchettio dell’orologio appeso sulle nostre teste. Scandite dalle lacrime di Mia, dallo sguardo perso di Leila, dalla paura del rimorso di Harry, dallo sguardo indecifrabile di Louis, e dal dolore di Niall. Che, tra l’altro, si leggeva nelle sue iridi trasparenti.

Nessuno credeva che si sarebbe risvegliata. Nemmeno le sue due migliori amiche.
Paradossalmente Leila non ci avrebbe mai creduto nemmeno se Ria avesse avuto una semplice influenza, pessimista com’era. Ma Mia…Mia, che vedeva il lato positivo di ogni cosa. Lo si capiva dalla sua voce rotta che nemmeno lei pensava di rivedere più Miriam.

E Harry…Harry ne era stato convinto dall’inizio, che sarebbe morta. E ora, dopo quasi dieci ore in terapia intensiva, lo credevo anche io.

Solo Niall era convinto che l’avrebbe riabbracciata, ma come dargli torto? Dopo di me, sicuramente, era la persona che la amava di più. Ma si rifiutava di vedere in faccia la realtà, rifugiandosi dietro una sottospecie di utopia. ‘’Si sveglia’’ diceva ad ogni ora che passava.

‘’Si sveglia’’.

Erano le 18:30 del dodici maggio del 2013. Mancavano trenta minuti alle sette di sera, l’ora in cui io staccavo di lavorare a Berlino e andavo a casa con Federico. Mancavano trenta minuti all’ora in cui i miei genitori e mia sorella cenavano, solo loro tre, nella nostra villa immensa. Nella loro villa immensa.

Erano le 18:31 puntuali e spaccate quando Niall si alzò di soppiatto dalla sedia su cui era seduto. Piangeva, e voleva quasi abbracciare mia madre.

Erano le 18:32 esatte quando scomparve entrando il terapia intensiva, perché Ria si era svegliata e aveva chiesto di lui.

________
 

NIALL’S POV

Non riuscivo a pensare.

Non riuscivo a formulare un pensiero coerente. La mia testa era un ammasso di frasi incongruenti e senza senso, che affollavano il mio cranio manco fossimo ad un concerto.

E fanculo.

Lo sapevo. L’avevo sempre saputo, che si sarebbe svegliata. Anche se andavo contro tutti, anche se nessuno mi aveva voluto credere, anche se avevano già chiamato l’agenzia funeraria.

Io ci avevo sempre creduto, semplicemente perché non era da Ria andarsene in questo modo. Senza un addio, senza un bacio, senza una sola frase.

Il percorso che separava il corridoio di un bianco sterile dalla stanza dove era stata portata Ria, non mi era mai sembrato tanto lungo. La madre di Miriam stava piangendo, non riusciva a dire nulla, e si limitava a farmi da Cicerone. Quando arrivammo dinanzi ad una porta bianca, si fermò e si voltò a guardarmi.

‘’E’ molto provata e meno debole di quanto ci aspettassimo’’ sussurrò, cercando di tenere a bada le lacrime. ‘’Mi raccomando, non farla sforzare’’.

‘’Non lo farò’’ la tranquillizzai. ‘’Dottoressa Martin, prima che se ne vada, posso farle una domanda?’’.

Lei annuì.

‘’Come…come è possibile che si sia svegliata? Contro tutte le statistiche?’’.

Lei sorrise e, anche se non era un sorriso a trentadue denti, trasmetteva tanta di quella gioia che mi sentii tremendamente in soggezione. Mi poggiò una mano sulla spalla e mi accarezzò il mento.

‘’Non lo so, Niall. La medicina non c’entra nulla, te lo posso giurare’’.

Io sorrisi di rimando e lei fece per allontanarsi, quando la bloccai con la voce. Conoscevo la storia di Lydia, di come la madre avesse deciso di non parlarle più. Sapevo di quando Ria ci stesse male. ‘’Forse dovrebbe parlare con Lydia e chiarire. Lo deve a Miriam, non crede?’’.
Lei mi osservò e poi sogghignò. ‘’Niall ora vuoi prenderti cura anche dell’altra mia figlia?’’
ironizzò.

‘’Voglio solo che siate felici’’.

Lei si intenerì, lo notai dai suoi occhi identici a quelli di Ria. ‘’Le parlerò. Avevo già intenzione di farlo, tranquillo ’’.

E poi scomparve.

Io, con una lentezza esasperante, aprii quella porta che mi separava dall’unica ragazza che mi aveva tenuto inchiodato su una sedia per più di dieci ore.

Per quasi due giorni avevo desiderato rivederla, incrociare di nuovo il suo sguardo, sentire il suo flebile respiro. Avevo pregato perché si risvegliasse e avevo pensato a come l’avrei trovata non appena sarebbe uscita dal coma. Più magra, più provata, più fragile di quanto già non fosse, con il rosso dei suoi capelli più opaco. Ma non fu così.

Quando aprii quella porta e incatenai le mie iridi chiare nelle sue scure, la riconobbi. Capii che era esattamente la stessa ragazza che avevo lasciato a casa dopo la nostra notte sulla spiaggia. Capii che era assolutamente ed indiscutibilmente la ragazza che amavo più della mia stessa vita. E al diavolo Samantha, al diavolo Harry, al diavolo il loro bacio che non era significato niente.

Rimasi sulla porta a fissarla per un’eternità, e lei non disse nulla. Era sdraiata su di un letto e coperta da una trapunta bianca come il suo volto, le mani esili poggiate in grembo l’una sull’altra  e i capelli legati in una treccia che le ricadeva sulla spalla destra.

Poi, improvvisamente, sorrise. Il sorriso più bello che avessi mai visto. Il suono più meraviglioso che avessi mai sentito.

‘’Entra’’ rise. ‘’Faccio così paura?’’.

‘’Sei bellissima’’ dissi, chiudendo la porta alle mie spalle ed avviandomi verso di lei.

‘’Anche tu, Niall’’.

E, con una lacrima che rigava la mia guancia (giuro, una sola) dissi: ‘’Dio mio, avevo paura che non potessi più sentire il suono del mio nome sulle tue labbra’’.
E poi sorrisi anche io, perché era impossibile non sorridere con Ria davanti.

Lei, poco dopo, allargò le braccia martoriate da flebo e aghi vari e mi fece spazio accanto a lei.

‘’Vieni qui’’ sussurrò.

Obbedii all’istante, e mi lasciai abbracciare stendendomi accanto a lei. Era strano perché era lei quella appena uscita da un coma, dovevo essere io a confortarla, ed invece era il contrario.

‘’Non farlo mai più’’ dissi. ‘’Sono stato malissimo, credimi’’.

Lei tirò lievemente le labbra all’insù ed arricciò il naso. ‘’Scusami’’ ironizzò.

‘’Come stai?’’ le domandai. ‘’So che è una domanda stupida ma…’’.

Lei non mi lasciò finire la frase perché mi baciò. Non era un bacio appassionato, era un bacio così lento e dolce che mi si sciolse l’intestino. Io la avvolsi fra le mie braccia, approfondendolo. Avevo desiderato baciarla da quando l’avevo vista, ma avevo paura di turbarla o che magari non avesse avuto la forza. Ria mi sorprendeva sempre, su quello non ci pioveva.

‘’Niall’’ soffiò quando ci separammo. ‘’Se ti dico che ho visto la luce, che ero a tanto così dall’andarmene, mi credi?’’.

‘’Si, certo che ti credo’’.

‘’Sono tornata indietro’’ bisbigliò. ‘’Non so come, davvero. Ma sono tornata indietro’’.

‘’Ti credo, amore mio. Ti credo’’ la tranquillizzai. Poi iniziò a piangere. Silenziosamente, probabilmente non me ne sarei nemmeno accorto se non fossimo stati così vicini.

‘’Ho pensato a…’’ singhiozzò. ‘’A te. Mi devi credere, sei stato il mio unico pensiero. L’unica cosa che ricordassi. Io sono tornata indietro per te, per dirti addio’’ pianse.

La strinsi ancora più forte. ‘’Shh’’ sussurrai. ‘’Nessun addio’’.

‘’Portami a casa’’ disse. ‘’Per favore, parla con mia madre. Portami a casa, Niall. A casa tua’’.

‘’Che cosa?’’ chiesi, allibito. Non poteva averlo detto davvero, era matematicamente impossibile. Ria non sarebbe mai venuta a vivere con me, non era da lei.

‘’Voglio venire a vivere con te. Tu vuoi?’’ mi domandò, con gli occhi tristi e umidi.

‘’Ma come potrei non volere? Svegliarmi con te ogni mattina sarebbe un sogno, ma non voglio che tu…ti senta in debito nei miei confronti’’.

‘’Nessun debito’’ mi baciò lievemente sulle labbra. ‘’Io ti amo. Ti amo più dell’aria che respiro. E muoio dalla voglia di raccattare le tue mutande per la casa’’.

Sorrisi.

‘’Allora parlerò con tua madre. Inizia a preparare le valigie’’ ironizzai, baciandola di nuovo. ‘’Ah, e ti amo anche io’’.

 ria
 
ECCOMI, SONO VIVA.

SO BENISSIMO CHE QUESTO CAPITOLO SI E’ FATTO ATTENDERE PARECCHIO, E NON E’ NEMMENO DEI MIGLIORI, MA AHIME’…E’ STATO IL MEGLIO CHE HO POTUTO FARE.

VORREI FARE UN PREAMBOLO IMPORTANTE. SO BENISSIMO CHE IL TEMA DI QUESTA FF E’ MOLTO FORTE, E CE LA METTO TUTTA PER NON DIRE MINCHIATE. TUTTO QUELLO CHE HO SCRITTO QUI DENTRO, PER LA MAGGIOR PARTE, E’ REALE.
SAREBBE IRRISPETTOSO VERSO I MALATI O VERSO QUALCUNO CHE VIVE IN QUALCHE MODO QUESTA ATROCE MALATTIA, NON ESSERE PRECISA. MA QUALCHE ERRORE O QUALCHE LIBERTA’ DI PENNA (TASTIERA LOL) C’E’. MI SCUSO SUBITO.
A PARTE QUESTO, CI HO MESSO MOLTO A SCRIVERE QUESTO CAPITOLO PERCHE’ E’ CRUCIALE, ANCHE SE NON SEMBRA.

INSOMMA, RIA SI E’ SVEGLIATA E VOLEVO RENDERE LA COSA PIU’ CARINA E BELLA POSSIBILE. SPERO DI ESSERCI RIUSCITA.

VOI CHE NE PENSATE? FATEVI SENTIRE, VI PREGO HAHAHA
HARRYETTE.

 
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Capitolo 26
*** Chapter 26. ***


 
love
 
TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w
 

Attenzione: Reputo corretto avvisarvi che, d’ora in poi, la storia prenderà una piega differente. Ci saranno scene abbastanza ‘’crude’’ e ‘’angst’’ quindi, se siete sensibili e facilmente impressionabili vi consiglio di non arrivare alla fine di questa storia.
 
I know you care, I know it is always been there 
But there is trouble ahead I can feel it 
You are just saving yourself when you hide it 
Yeah, I know you care 
I see it in the way that you stare 
As if there was trouble ahead, and you knew it 
I'll be saving myself from the ruin 
And I know you care
 
-Ellie Goulding: I know you care.


Capitolo 26.

NIALL’S POV

A fatica, mi feci strada fra i centinaia di fotografi e giornalisti che erano appostati fuori casa Martin.

Come avevo previsto, avevano scoperto in tempo record il motivo per cui mi ero assentato dal concerto della sera precedente e all’intervista di due giorni prima. Alias, in poco più di due ore, la notizia della malattia di Ria aveva fatto il giro del mondo in ottanta secondi. All’inizio la cosa mi aveva urtato non poco, anche perché le fans sarebbero state capaci di dire cose cattivissime sul suo conto solo per invidia, ma poi era stata proprio lei a tranquillizzarmi.

‘’A me non interessa quello che dicono’’ mi aveva sorriso. ‘’Io, probabilmente, farei lo stesso. Quindi ‘non ti curar di loro, ma guarda e passa’ ‘’.

‘’E questa frase chi l’ha detta? Tuo marito Shakespeare?’’ avevo ironizzato. Mi sentivo uno
stupido perché era sempre lei che rincuorava me, e mai il contrario. La scena avrebbe dovuto essere inversa, io che le dicevo che non importava il parere e le cattiverie delle fans, ed invece andava sempre tutto a rovescio.

Lei aveva scosso la testa, sistemandosi meglio sul letto sterile dell’ospedale, e aveva preso a farsi una treccia. ‘’Lo dice Dante, in verità’’.

‘’Ma come cazzo lo sai? Mi metti in soggezione se fai i genio!’’.

Lei aveva riso a crepapelle, almeno fino a quando non era stata scossa da terribili rantoli di tosse.
Tutto sommato, si stava riprendendo abbastanza bene. Meglio di quanto i medici, e i suoi genitori, si aspettassero almeno. Era da due giorni, o poco più, che era ricoverata in ospedale ma la dottoressa Martin aveva detto che, probabilmente, sarebbe uscita presto. Non potevano farle altro che inserirle aghi e flebo nel braccio esile, e lei preferiva stare a casa sua.

O casa mia.

Era per questo che, quella domenica mattina, mi recai nella loro villa per parlare con i suoi genitori. O perlomeno, con sua madre. Certo, avevo immaginato che fosse invasa dai giornalisti ma non pensavo che fossero così…tanti.

Non risposi neanche ad una domanda ed, ad un certo punto, persi anche la calma e la cortesia.

Alla fine, riuscii ad arrivare al portoncino e a bussare. Nel tempo che occorse per aprire la porta,
sentii alcune domande che i paparazzi urlavano.

‘’Come sta la sua fidanzata?’’.

‘’E’ morta?’’.

‘’Qual è di preciso la sua malattia?’’.

Mi contenni, e li mandai a fare in culo mentalmente.

Fu Lydia ad aprirmi. In quei due giorni aveva lasciato pochissime volte sua sorella da sola, era stata al suo capezzale quasi ventiquattro ore su ventiquattro. Era dimagrita ed aveva le occhiaie, ma spruzzava vitalità da tutti i pori. Da quanto avevo potuto capire, Lydia era una vera e propria forza della natura.

E in quel momento, più magra e con i capelli rossi più spenti, mi ricordò così tanto Ria che iniziò a mancarmi. Mi mancava praticamente sempre, anche quando stavamo insieme, e mi rendevo perfettamente conto che la cosa non era affatto normale.

‘’Niall entra’’ disse Lydia, senza neanche salutarmi, vedendo l’orda di flash che provenivano dalle mie spalle. La casa, all’interno, era esattamente come la ricordavo. Enorme, stesso parchè lucido, mobili in stile vittoriano e lampadari di cristallo. Eppure mi sembrava passata una vita dall’ultima volta che ero stato lì dentro.

Mi voltai, e vidi che Lydia mi stava osservando.

‘’E’ successo qualcosa a Ria?’’ disse, mentre prendeva il cappotto e lo indossava.

‘’No, sta riposando’’ risposi. ‘’Non c’è bisogno che tu vada, perché non dormi un po’ anche tu? Sembri stanca. Ci vai fra un’oretta’’ tentai, visto che la vedevo davvero esausta. Ma lei aveva
anche le chiavi della macchina in mano.

‘’Non ce la faccio, Niall. Tu, dovevi dirmi qualcosa?’’ chiese.

‘’No, volevo parlare con tua madre. E’ in casa?’’ domandai, con una certa ansia. Oramai dovevo essere abituato a parlare con la dottoressa Martin, ma ogni volta morivo di paura e timore.

‘’E’ in cucina’’ disse, atona. Poi sospirò. ‘’Te la senti davvero, Niall?’’ chiese a bruciapelo. Così a
bruciapelo che non capii cosa volesse dire.

‘’Cosa?’’ chiarii.

‘’Mi ha detto che ti ha chiesto di…venire a vivere da te. Io studiavo medicina, Niall. Forse tu non lo sai, ma non sarà facile convivere. La situazione…’’ si interruppe, sbuffando e passandosi le mani nei capelli con fare disperato. Se avesse potuto piangere, l’avrebbe fatto.

‘’La situazione, cosa?’’ la incitai. Poi capii che intendesse dire, e riformulai la domanda, deciso ad avere una maledetta risposta. ‘’Lydia, che cosa succederà?’’.

Lei capì che avevo capito, per quando strano e contorto potesse essere. Capì che non ero stupido, che- anche se non avevo frequentato Yale e non avevo studiato medicina- non mi era difficile leggere fra le righe di quel che diceva. Capì che poteva parlare, che almeno avrei provato ad essere forte. Perché Ria non aveva bisogno di un peso, di qualcuno da confortare. Aveva bisogno di un pilastro, di qualcuno che confortasse lei.

‘’A parte il fatto che dovrà prendere almeno cinque compresse al giorno…’’ iniziò. ‘’Inizierà a sentirsi stanchissima, dormirà tanto. Dimagrirà fino a che non le si vedranno le ossa. La tosse e il sangue peggioreranno sempre di più, fino a che diventeranno un’abitudine’’ sospirò, cercando di essere professionale. Esternare le emozioni, come se non stesse parlando della salute di sua sorella minore. ‘’E poi, non riuscirà quasi più ad alzarsi dal letto, a lavarsi, ad andare in bagno. Soffrirà di dolori alle costole e al petto, si sveglierà di notte’’.

Io non ce la facevo. Teoricamente non ce la facevo ad ascoltarla, praticamente stavo zitto perché dovevo sapere. Ria aveva bisogno che sapessi, perché riuscissi ad aiutarla.

‘’Inizierà a perdere la cognizione del tempo, a non distinguere il giorno dalla notte. I suoi occhi diventeranno ipersensibili alla luce del sole, tanto che non potrà vederla quasi mai’’ i suoi occhi divennero lucidi, ma parve non accorgersene. Il suo muro stava cadendo lentamente a pezzi.

‘’Non distinguerà più i sogni dalla realtà. Potrebbe anche dimenticare i nomi delle persone, dimenticare le persone…’’.

Poi si interruppe, e mi diede le spalle. Evidentemente il muro era crollato, aveva ceduto.

‘’Basta così?’’ chiesi speranzoso.

‘’Si, e poi…’’.

‘’Poi?’’.

Lei si voltò e la vidi. Vidi il suo volto scavato rigato dalle lacrime, i suoi occhi verdi come quelli di Harry pieni di lacrime. La vidi tremare, nonostante si ostinasse a fare la statua.

‘’Morirà Niall. Se ne andrà. Tempo due settimane, anche di meno’’.

Quella fu una vera e propria pugnalata. Non ero capace di dire o pensare niente, che non fosse urlare, rompere tutto, mandare a fanculo il mondo intero. Perché no, non poteva morire. Non potevano restare solo due settimane scarse, non l’avrei mai accettato. E allora la realtà mi colpì in pieno viso, come uno schiaffo. Che cosa avrei potuto fare io? Come avrei potuto salvarla? Era così che si era sentito Harry quando era morta Anne?

‘’Lydia, che cazzo stai dicendo?’’.

Lei mi si avvicinò e mi poggiò una mano sulla spalla. Il suo tocco era così leggero che non lo sentii nemmeno. ‘’Grazie’’ sussurrò. ‘’Per tutto quello che hai fatto. Per Ria, per avermi fatto riavvicinare con mia madre, per essere qui adesso- nonostante tutto. Grazie’’.

Poi si voltò, ed andò via.

Avrei voluto trattenerla, incollarla alla sedia e farle sputare tutti i libri sulla leucemia che aveva letto. Ma non mi mossi neanche. Non ne avevo la forza materiale.

Mi sbloccai dal mio stato di tranche solo quando sentii una voce alle mie spalle.

‘’Niall, ciao! Tutto a posto?’’.

Era la madre di Ria, con un grembiule rosso addosso. Era la fine di novembre, impegnato come ero nei miei pensieri non avevo notato che stava arrivando natale.

‘’Buongiorno, dottoressa Martin. Si, tutto bene…’’ mentii. ‘’Volevo parlarle’’.

 
LYDIA’S POV

Corsi per le strade di Londra come un fulmine. Una volta qualcuno mi disse che chi corre veloce, si schianta ancora più velocemente. Schiantarmi era esattamente quello che volevo fare.

Ero stanca.

Stanca della mia vita, stanca dei miei problemi, delle chiamate di Federico, delle chiamate dell’esistenza che avevo scelto. Stanca di andare in ospedale, stanca di vedere Ria soffrire. Anche se non lo diceva, anche se non sorrideva, glielo leggevo negli occhi. La conoscevo meglio di chiunque.

Così, quella mattina dopo aver parlato con Niall e dopo aver riaperto le mie ferite, ero uscita di casa ed avevo iniziato a correre. Non avevo preso la macchina, non avevo urlato. Mi ero limitata a correre, piangendo.

Ed aveva iniziato a piovere, ma non mi importava neanche quello.

Volevo Miriam, rivolevo la mia vita. Mancavano tre giorni al giorno del Ringraziamento, ed io volevo trascorrerlo come tutti gli anni, da quando ne avevo memoria. Perché? Perché la vita deve sempre fotterti, in un modo o nell’altro?

Avevo uno squarcio nel cuore così grande che era maledettamente capace di risucchiare tutto il resto.

Senza rendermene neanche conto, mi ritrovai fuori alla casa di Niall. Alla casa dei One Direction.
Ricordai la prima e ultima volta che c’ero passata, anche se tutto il mondo sapeva dove abitavano. Avevo accompagnato Ria. Sembravano passati anni luce.

E non ci pensai.

Non ci pensai quando bussai alla porta e, poco dopo, mi ritrovai faccia a faccia con Harry Styles. I suoi occhi verdi erano così infiniti che mi spaventai e mi vennero le vertigini. Ed io ero bagnata fradicia, magrissima, con i capelli rossi zuppi d’acqua. Ma almeno le lacrime erano mimetizzate.

‘’Lydia?’’ domandò Harry sorpreso. ‘’E’ successo qualcosa di grave?’’.

E io scoppia a piangere, mandando gentilmente a morire i miei propositi di fare la forte. Anche se la pioggia, che continuava a bagnarmi, nascondeva il mio pianto, era palese che stessi male.

‘’Porca puttana’’ ringhiò Harry, capendomi. Mi capiva e non sapevo nemmeno come fosse possibile. Non sapevo niente di lui. Sapevo che, però, aveva passato le stesse cose che stavo passando io. Sapevo che sua madre era morta per lo stesso motivo per cui stava morendo mia sorella. Sapevo che, infondo, Harry ce l’aveva fatta. Ma io?

‘’Ho bisogno…’’ singhiozzai, asciugandomi le lacrime. ‘’Ho bisogno che tu mi dica che passerà. Anche se non è domani, anche se non è fra un anno, o fra dieci. Ho bisogno…’’ sospirai, fradicia.
‘’Ho bisogno che tu mi assicuri che quest’agonia avrà fine perché…io non ce la faccio più’’.
E il modo in cui mi guardò rispose a tutte le mie domande, anche a quelle che non avevo espresso. I suoi occhi erano un enorme risposta. Un enorme NO, NON PASSA. Nemmeno se sorridi, nemmeno se vai avanti, nemmeno se riesci ad essere felice. Non passa. Una persona non passa, e non può passare.

E allora uscì di casa e si posizionò sotto la pioggia, proprio accanto a me. Alzò il palmo verso l’alto, accogliendo sulla sua pelle delle goccioline di pioggia ghiacciata. Poco tempo dopo lo imitai, bagnandomi anche il palmo della mano.

‘’Lo sai’’ iniziò. ‘’Mia madre era ossessionata dagli angeli. Mi diceva che quando piove vuol dire
che un angelo sta piangendo’’.

Io sorrisi amaramente, anche se non c’era niente per cui farlo. La semplicità di Harry mi pareva
così complicata che avevo addirittura paura di parlare, e non era mai capitato.

‘’Harry’’ sussurrai.

‘’Dimmi, Martin’’.

Io mi voltai a guardarlo, con i riccioli bagnati e afflosciati, con la maglia incollata al petto e gli occhi verdi ancora più chiari del solito.

‘’Pensi che finirà un giorno?’’ chiesi. ‘’Anche fra cento anni. Pensi che finirà?’’.

‘’Forse. Secondo te?’’.

‘’Secondo me, no’’.

E allora lo sentii, mentre abbassava il braccio e mi abbracciava. Io ricambiai l’abbraccio quasi subito, come se fosse un gesto automatico. Come fossi un automa. E lui mi strinse così forte che rischiai di soffocare ma, ero sicura, che sarei soffocata prima se non lo avesse fatto.

E io affondai le unghie laccate di rosso nella pelle della sua spalla, così forte che lo sentii
sussultare. Ma non si mosse, e neanche io.

E sotto la pioggia, quella mattina, me ne resi finalmente conto.

Mi resi conto che anche se Ria fosse morta quella stessa giornata, non sarebbe cambiato nulla. Perché nessuno- nessuno- muore, se continua a vivere nel cuore di chi resta.
 
RIA’S POV

Mi avvicinai al ripiano della cucina e buttai in gola tre pillole contemporaneamente. Ormai ci avevo fatto l’abitudine. Mi ero svegliata presto quella mattina, il giorno del ringraziamento, perché avevo intenzione di preparare il pranzo.

Era da tre giorni che alloggiavo a casa di Niall, e dei ragazzi, e non mi avevano mai fatto fare nulla. Neanche riempire e svuotare la lavatrice. Io, dal mio canto, non ne avevo  esattamente la forza, ma mi sforzavo perché l’ultima cosa che volevo era essere un peso.

Quella mattina avevo deciso di non dire niente a nessuno, altrimenti mi avrebbero segregata in stanza dicendo ‘’riposa, sei stanca e barcolli’’. Fortuna che la dispensa era piena, visto che se ne occupava la domestica.

Tirai fuori dal mobiletto un arrosto e delle patate da pelare, e misi a friggere l’olio in pentola. Quando ero bambina adoravo il giorno del ringraziamento, perché era vicino al Natale ed adoravo quando mamma mi preparava l’arrosto di agnello.

Quel giorno, diversamente da sedici anni della mia vita, avrei festeggiato senza i miei familiari.
Quando Niall mi aveva detto che era riuscito a convincere mia madre e mio padre, non  ci avevo creduto. Alla fine, avevo pianto di gioia. ‘’Ti vogliono un bene dell’anima’’ mi aveva detto, anche se lo sapevo già.

Essendo medici, sapevano più di quanto avessero voluto sapere. Essendo medici avevano capito il vero motivo per cui avevo preso quella decisione: il tempo che mi restava, l’avrei passato con Niall.

‘’Credi sia facile essere medico e vedere la propria figlia star male, senza poter far nulla?’’ aveva detto mio padre a Niall. E stavo male per loro, quando stavano male per me.
Mentre pensavo e cucinavo contemporaneamente, non mi accorsi che era entrato qualcuno in cucina. Quando delle mani mi afferrarono i fianchi abbracciandomi da dietro, quasi morii di infarto. Almeno fino a quando non riconobbi il profumo di Niall.

‘’Vaffanculo Niall, mi hai spaventata a morte!’’ sussultai.

Lo sentii sorridere, mentre aveva le sue labbra sulla mia spalla e mi solleticava leggermente. 

‘’Che diavolo stai combinando? Vuoi avvelenarci?’’.

‘’Ah ah ah’’ ironizzai. ‘’Come siamo spiritosi stamattina! Io sono brava a cucinare, tanto per la cronaca’’.

‘’C’e qualcosa che non sai fare?’’.

Ci pensai un secondo, e la risposta venne automatica. ‘’Giocare a calcio e pallavolo’’.

‘’Mi ricordi perché sto ancora con te?’’ sussultò, staccandosi da me. Io abbandonai il pollo e mi
voltai a guardarlo, incrociando le braccia.

‘’Perché sono l’unica ragazza al mondo che conosce a memoria Dante e Shakespeare!’’.

‘’Hai ragione. Com’era la frase di Shakespeare?’’ chiese, apparentemente interessato.

‘’Quale?’’ indagai. ‘’Ah, quella che ti dedicai? ’Non contare sul tuo cuore quando il mio sia spento, tu me lo donasti per non averlo mai più indietro’ ‘’.

Lui, di tutta risposta, mi si avvicinò e mi baciò. ‘’Ti amo’’ sussurrò. ‘’Con tutto il cuore, Ria’’. E dovevo ancora abituarmi a Niall che mi diceva ‘ti amo’, dovevo ancora abituarmi a passare il giorno del Ringraziamento lontana da casa, dovevo ancora abituarmi  a cucinare bene, dovevo ancora abituarmi a parlare di calcio e di pallavolo.

C’erano un sacco di cose a cui dovevo ancora abituarmi.

Quando il bacio terminò, notai che Niall era pensieroso. Turbato da qualcosa. ‘’Niall a che
pensi?’’.

‘’La tua lista. Ci sono ancora dei punti che…’’.

Lo interruppi con un altro bacio, molto più lungo del primo. ‘’Sei tu la mia lista, Niall. Non ho più
bisogno di quei punti. Mi basti tu, per sempre’’.
Lui sorrise. ‘’Per sempre?’’ domandò.

‘’Per sempre e sempre’’.

E quando mi lasciò a ‘dilettarmi ai fornelli’- testuali parole- mi resi conto che lo stavo amando
davvero troppo e quell’amore stava rendendo tutto molto più difficile del normale. E pensai a me.

Ero così magra che facevo paura. Sembrava che le ossa volessero scavare nella pelle, volessero ribellarsi ed uscire fuori. Io non avevo neanche più il coraggio di guardarmi allo specchio, semplicemente era più forte di me.Dovevo avere il volto scavato ed infossato e delle occhiaie allucinanti.

Mentre ci pensavo, mi accasciai contro la cucina scossa da spasmi di tosse che erano diventati sempre più forti e violenti

Mi ci volle poco per notare la mia mano sporca di sangue. E mi venne da piangere. Non avevo mai pianto per la mia malattia, e neanche per la morte, nè tanto meno per paura. Ma piansi, e non riuscii neanche a capirne il motivo. 

Mi strinsi nelle spalle, infossandomi nelle cosce magre, con la mano ancora macchiata di sangue. E soffrii, con gli occhi bagnatissimi e opachi.

''Maledetta'' sussurrai. ''Maledetta''.
 
 

HOLA C:

ALLORA, OVVIAMENTE AVRETE LETTO L’AVVISO SE AVETE AVUTO LA FORZA DI LEGGERE FINO A QUI HAHAHA.

SO CHE IL CAPITOLO E’ RELATIVAMENTE UN POCHINO NOIOSO, MA DOVEVO METTERE IN CHIARO DELLE SITUAZIONI, ED E’ UN CAPITOLO DI PASSAGGIO. MI DITE, PER PIACERE, CHE NE PENSATE DI NIALL E RIA? E DI LYDIA ED HARRY?
HO LETTO LE VOSTRE RECENSIONI AL CAPITOLO PRECEDENTE, E RISPONDERO’ AL PIU’ PRESTO! QUANDO LA SCUOLA MI DARA’ PACE. ULTIMAMENTE RIESCO A STENTO A SCRIVERE, INFATTI DEVO ANCORA AGGIORNARE ‘MORS OMNIA SOLVIT’.

VOLEVO CHIARIRE CHE IO NON SEGUIRO’ PIU’ UNA SCADENZA SETTIMANALE PER AGGIORNARE, PERCHE’ LA MAGGIOR PARTE DELLE VOLTE NON CE LA FACCIO IN TEMPO E MI DISPIACE FARVI ASPETTARE E ILLUDERVI :C
ORA, CHE NE PENSATE DEL CAPITOLO?

AH, E PER CHI ME L’AVESSE CHIESTO, MANCANO CIRCA QUATTRO CAPITOLI ALLA FINE, SENZA CONTARE L’EPILOGO C: UNA COSA SOLA, NON DATE IL FINALE PER SCONTATO! TUTTO PUO’ SUCCEDERE. INOLTRE, AGGIORNERO’ SOLO QUANDO CI SARANNO DODICI RECENSIONI, PERCHE’ CI AVVICINIAMO ALLA FINE E VORREI RAGGIUNGERE UN NUMERO TOTALE DI RECENSIONI.

ORA VI LASCIO, BUONA SERATA. VI AMO!

HARRYETTE.

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Capitolo 27
*** Chapter 27- Merry Christmas. ***


 
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Attenzione: Reputo corretto avvisarvi che, d’ora in poi, la storia prenderà una piega differente. Ci saranno scene abbastanza ‘’crude’’ e ‘’angst’’ quindi, se siete sensibili e facilmente impressionabili vi consiglio di non arrivare alla fine di questa storia.
 

Come just as you are to me
Don’t need apologies
Know that you are a worthy
I take your bad days with your good
Walk through this storm I would
I’d do it all because I love you, I love you
-Katy Perry- unconditionally

Capitolo 27- Merry Christmas

NIALL’S POV

Fuori stava nevicando.

La casa era silenziosa: Liam era con Sophia e Zayn era in giro assieme a Louis e Mia a fare compere natalizie. Ria era a letto, come succedeva spesso ultimamente, ed Harry le stava facendo compagnia.

Io ero stato con lei per quasi tutti i giorni dopo la sua ottima cena per il Ringraziamento, per quel che potevo. Stavamo incidendo un nuovo disco, quindi dovevo recarmi abbastanza spesso in sala registrazione.

Erano le dieci di sera passate e Ria si sentiva così male che- per quella volta- non era nemmeno scesa in cucina.

Sarei salito da lei se Harry non mi avesse bloccato, dopo un pomeriggio passato al David Letterman Show, e avesse detto ‘’vai a riposare, ci penso io’’.

Mi sentivo in colpa per non esserci andato, ma tempo due minuti e crollai.

Quella notte la sognai. Non riuscii, però, a ricordare cosa avessi sognato. Era come se quei momenti fossero scomparsi dalla mia mente. E Ria mi mancava. Odiavo dirlo, odiavo lamentarmi ed odiavo anche solo pensarlo, ma mi mancava la vecchia Miriam.

Mi mancava vederla gironzolare in pigiama per casa, mi mancava il suo arrosto di agnello, mi mancavano i suoi baci irruenti e pieni di passione, mi mancava fare l’amore con lei ogni sera e sentirle sussurrare ‘’ti amo’’. Mi mancava lei, che era lontana seppur incredibilmente vicina.

E lo sapevo che, prima o poi, sarebbe morta. Me ne ero fatto una ragione, o almeno ci avevo provato. Ma non riuscivo ad accettarlo. Come si convive con la perdita? Chi te lo insegna?

E, a quel punto, la domanda mi sorgeva spontanea: esisteva la felicità?

Nella mia vita, credevo di aver avuto tutto. Di aver raggiunto tutti i miei scopi, solcato tutti i miei obiettivi. Credevo di non potevo essere più realizzato e felice di così, ma lo ero stato. Ed ero crollato.

L’avevo capito in quel giorno di sette mesi prima, quando l’avevo vista per la prima volta nello spiazzato di quella discoteca.

E quella notte del 23 dicembre 2013 glielo giurai.

Anche se non avrei potuto portarla in Giappone perché il medico l’aveva
assolutamente vietato.


Non preoccuparti, Ria. Farò in modi di rendere questi ultimi giorni, i giorni più belli della tua vita.
 
RIA’S POV

Fuori stava nevicando.

La casa era silenziosa: Liam era con Sophia e Zayn era in giro con Louis e Mia a fare compere natalizie.

Niall stava sicuramente dormendo sul divano in cucina, visto che non era salito in camera nostra.
Tecnicamente avevamo due stanze separate. Praticamente dormivamo sempre insieme.
Io ero stesa sul letto, sommersa da strati e strati di piumoni e coperte perché- diamine!- si gelava.

Harry era seduto ai piedi del letto matrimoniale di Niall, e parlava ininterrottamente da più di un’ora. Io mi limitavo a sorridere e ad annuire, troppo stanca per esprimere a voce i miei sentimenti e i miei pensieri. Non sembravo io nemmeno ai miei occhi. Non sembravo nemmeno la stessa ragazza che, una settimana prima, si era alzata presto per preparare il pranzo per il giorno del Ringraziamento.

Non mi pesavo neanche più, era inutile. Sapevo che, nel giro di due giorni, ero scesa di una decina di kili, ed ora ero decisamente sottopeso. Sapevo anche che non sarei più scesa da quel letto tanto facilmente. Avevo letto decine di libri da quando avevo 14 anni, e mi avevano diagnosticato una malattia terminale, fino a quel momento.

Sapevo anche di essere bianca come un lenzuolo e di avere enormi occhiaie nerastre sotto gli occhi smunti, pur non essendomi guardata allo specchio. Non ne avevo né la forza, né il coraggio.

Ero scampata tante volte alla morte. Ma avevo capito che- alla fine- dalla morte non si scappa.

‘’Ria, mi stai ascoltando?’’ chiese il riccio dinanzi a me. La camera era buia, immersa nella penombra. Le persiane, come sempre, erano rigorosamente chiuse.

‘’Harry’’ sussurrai, senza forze.

‘’Non parlare’’.

‘’E’ giorno o notte?’’.

‘’Sono quasi le undici di sera’’ rispose, avvicinandosi a me. Io chiusi lentamente gli occhi, e sorrisi.
O almeno ci provai.

‘’Che giorno è oggi?’’.

‘’Il 23 dicembre’’ sussurrò lui. ‘’Tra poco sarà la vigilia di Natale’’.

‘’Il 24 dicembre’’ annuii, più per me stessa che per lui. Poi sospirai. Non avrei dovuto averne la
forza, ma ci riuscii. Aprii gli occhi per un nanosecondo, prima di richiuderli di nuovo. Ero stanca ma, ultimamente, non riuscivo a dormire quasi mai. Mi limitavo a tenere gli occhi chiusi. Gli incubi, figure nere senza volto e altre oscenità che non ricordavo, mi attanagliavano i sogni e la mente. Spesso, quasi sempre, non lo dicevo né ai miei genitori né a Niall. Loro credevano che dormissi, mentre fingevo. Solo Harry sapeva la verità. L’aveva capita.

Sentii, più che vidi, Harry stendersi accanto a me e avvolgermi fra le sue braccia tatuate. Io
nascosi il piccolo volto nell’incavo del suo collo.

‘’Mi mancherà il tuo profumo’’ sussurrai, stringendomi di più a lui. Non c’era giorno in cui i miei genitori non venissero a trovarmi, in cui non mi iniettassero strane sostanze nel sangue malato, in cui non mi chiedessero come stessi o non mi chiamassero sull’iphone. Non c’era giorno in cui Niall non mi abbracciasse, non si stendesse accanto a me, non sorridesse e non cercasse di essere forte per entrambi.

Ma solo con Harry riuscivo a lasciarmi andare completamente, ed ad essere me stessa.

‘’A me mancherai tu’’ rispose. Era questo che amavo di più di lui: il suo essere così schietto, così sincero. Il suo guardare in faccia la realtà, senza ‘’se’’ e senza ‘’ma’’.

‘’Mi dispiace…’’ ansimai ‘’che tu debba rivivere tutto questo di nuovo’’.

Lui aumentò la stretta sulle mie spalle, sotterrando le dita nella pelle sottile fino a sfiorare le ossa. ‘’Non fa niente. Non devi scusarti’’ disse. ‘’Ti voglio un bene infinito’’. Mi diede un lungo bacio sulla fronte, e io sorrisi.

‘’Ti voglio…’’ presi fiato. ‘’Ti voglio bene anche io’’.

‘’Ora dormi, Mie’’ sussurrò. Era da tanto che non mi chiamava così. Da una vita.

Io mi lasciai andare.

Chiusi definitivamente gli occhi e mi abbandonai fra le braccia di Morfeo. E, quella notte, non
ebbi alcun incubo. Alcun dolore. Niente di niente. Dormii nella calma e nel silenzio più totale, almeno fino ad un certo punto. Doveva essere scoccata la mezzanotte, doveva essere iniziato un nuovo giorno, perché Harry mi sussurrò: ‘’Buon Natale, bellissima’’.

Buon Natale anche a te, Harry. E grazie.

°°°

Scesi le scale con una lentezza esasperante.

Non sapevo come fosse successo, ma mi ero svegliata con una forza inaspettata. Ero riuscita a scendere dal letto e a mantenermi in piedi senza barcollare. Anche se non avevo trovato la forza di vestirmi, avevo indossato un soprabito ed ero scesa in cucina.

Sembrava che non la vedessi da anni.

Come avevo sospettato, era vuota. Tutte le mattine, alle nove in punto, Niall mi portava la colazione a letto e mi pregava di mangiare. A volte lo facevo, altre no. Il vassoio era già pronto sull’isola della cucina, ma di Niall non c’era traccia. Con un persistente mal di testa, mi guardai in
giro.

E lo vidi.

Era sulla terrazza, di spalle. I gomiti poggiati sulla ringhiera, un giubbotto nero e marrone che gli stava benissimo ed un cappellino di lana blu. Guardava la neve crollare dal cielo, incantato. Manco quei fiocchi fossero persone.

Io, inaspettatamente anche per me, indossai un cappotto e un cappello e uscii fuori silenziosamente, raggiungendolo.

Quella non ero io. Non ero la nuova me.

Io, normalmente, non riuscivo neanche ad aprire gli occhi.

Quei passi verso Niall, mi parvero chilometri. Come se quelle 42 falcate si fossero moltiplicate.
Come se ci fossero molti più centimetri a separarci. In quel momento capii il significato profondo
e letterale della frase ‘’i passi dell’amore’’.

Ma quali medicine? Quali punture? Quali cure e flebo? Niente ti guarisce. Niente ti può guarire. Ma l’amore- e solo l’amore- anche se non ti guarisce, ti tiene in vita.

Per questo coprii gli occhi blu di Niall con le mie esili mani, dalle spalle. Lui sussultò e poggiò le sue mani gelide sulle mie, cercando di capire chi fossi. ‘’Zayn non sono in vena di giochi’’.

Io, in tutta risposta, rimossi le mani. ‘’Dovresti esserlo, invece. Non è ancora morto nessuno’’
ironizzai, posizionandomi di fianco a lui.

‘’Ria?’’ strabuzzò gli occhi. ‘’Ti sto…ti sto sognando?’’.

‘’No, ci sono per davvero’’.

La sua reazione fu immediata. Mi abbracciò con uno slancio incredibile, stringendomi a se come se fosse l’ultima volta. E forse lo era davvero.

‘’Non dovresti prendere freddo’’ sussurrò, senza lasciarmi andare.

‘’Non mi interessa’’ sussurrai. Quando ci separammo, lui avvolse un braccio attorno alla mia vita e mi attirò a se ancora di più.

‘’Che stavi facendo?’’ domandai, cercando di nascondere- o quantomeno di mimetizzare- la mia stanchezza persistente.

‘’Guardavo la neve’’ rispose. ‘’Chissà da dove viene’’.

‘’Ti darei volentieri la spiegazione scientifica…’’ ironizzai. ‘’Ma non ce la faccio’’.

‘’Non importa. Tanto non la voglio, e poi non capirei’’ sorrise.

‘’Posso guardare la neve con te, allora?’’ domandai.

‘’Non dovresti neanche chiedermelo, Ria’’.

E quella semplice frase mi riportò alla mente tutte le volte che gliel’avevo detto io, che non doveva neanche chiedermelo. No Niall, non devi neanche chiedermelo. Prenditi il mio cuore, prenditi la mia anima, prenditi la mia mente e ogni cellula del mio essere. E, già che ci sei, prenditi anche la mia esistenza. Te la dedico. Dedico a te tutto il mio amore, e tutta la mia vita.

Rimanemmo in silenzio per un tempo che mi parve così breve che desiderai prolungarlo
all’infinito. Così. Noi due, a guardare la neve dal terrazzo di una villa mozzafiato, con tanti sospiri e tanti silenzi ancora davanti.

‘’Voglio darti adesso il mio regalo di Natale’’ disse, spezzando la musica del nostro silenzio. Ed era
incredibile quante cose riuscissi a leggere nelle sue iridi.

‘’Però non è giusto’’ soffiai, strofinando la mia fronte sulla sua spalla. ‘’Io non ti ho comprato niente’’.

‘’Fidati, mi basti tu’’.

Quelle parole mi scaldarono il cuore. Non erano state dette a caso, tanto per dire qualcosa. Ero sicura che fosse la verità. Ero sicura che Niall lo pensasse davvero, che bastavo io. E avrei tanto desiderato bastargli veramente. Magari bastare veramente anche a me stessa.

Lui cercò qualcosa nella tasca del giubbino, e tirò fuori una scatolina azzurra. Non riuscivo ad immaginare nemmeno cosa fosse, tanto ero sorpresa. Non mi aspettavo che mi facesse un regalo. Non perché non ne fosse capace, ma semplicemente perché credevo non ritenesse il momento…opportuno per feste e regali.

Mi porse la scatolina quasi esitante, come se avesse paura della mia reazione. A me sarebbe andato bene tutto, anche un elastico per capelli. Perché me l’aveva regalato lui, e perché bastava il pensiero. Il suo in particolare.

Prima di aprire lo scatolo, però, lo guardai e sorrisi. ‘’Niall’’ dissi. ‘’Questo è il primo Natale che passiamo insieme’’.

Giurai di vedere i suoi occhi diventare lucidi in una manciata di secondi, ma subito dopo ritornarono normali. Mi strinse a se ancora di più, per quanto fosse possibile. Lo sentii sorridere, sarei stata pronta a giurare anche quello.

‘’Lo so’’ rispose. ‘’Ci stavo pensando anche io’’.

Io sciolsi il nostro abbraccio e lo guardai diritto negli occhi. Come ogni volta che lo facevo, vi lessi dentro tutto l’amore e tutta la preoccupazione che una persona può provare. Gli accarezzai la guancia con una mano, e riuscii a sentire la sua pelle fredda sulla mia. il suo gelo esteriore e – forse- anche interiore. Mi avvicinai a lui e gli lasciai umidi e delicati baci sul collo, poi sulla mascella, poi sulla guancia, fino ad arrivare alle labbra. E lo baciai lentamente, con quanti più sentimenti riuscissi ad esternare.

Quando ci separammo, le sue labbra si curvarono in un sorriso e scosse leggermente la testa. ‘’Aprilo’’ indicò la scatoletta.

Io sorrisi di rimando, ed obbedii. Il cuore batteva così forte che avevo paura che potessi sputarlo fuori da un momento all’altro, e le mani tremavano non solo per il freddo e per la neve.

Nella scatolina c’era due collane. Due  semplicissime collane con un laccetto di caucciù. Erano lo yin e lo yang separati. La parte con la goccia nera era una collana, quella con la goccia bianca ne era un’altra, ma insieme formavano il simbolo perfetto. E mi venne da piangere, ma dagli occhi non mi usciva neanche più una lacrima. Quella collana significava più di quello che si potesse immaginare.

‘’Ci sarà per sempre un pezzo di me in te, ed un pezzo di te in me’’.

‘’Niall…’’ provai a dire, senza fiato.

‘’Ti piace? Avevo pensato ad un cuore spezzato, ma mi sembrava troppo scontato e…’’.

‘’E’ bellissima’’ sussurrai, sperando di non scoppiare a piangere da un momento all’altro. ‘’E’…meravigliosa. Grazie’’.

‘’Grazie a te’’ sorrise. ‘’Vuoi la goccia nera o quella bianca?’’.

‘’Quale vuoi tu?’’ domandai, decisa a prendere quella che restava. Non mi faceva affatto
differenza, mi bastava che l’avessimo entrambi.

‘’Tira uno dei quattro fili’’ esclamò, prendendo le collane e nascondendo il ciondolo. ‘’Vediamo che cosa esce’’.

Io scelsi uno dei fili delle due catenine, e quando Niall scoprì il simbolo scoprii che avevo preso la goccia nera con il puntino bianco.

Sorrisi, perché in fondo un po’ ci speravo.

‘’Va bene’’ disse lui, prendendomela e mettendomela. ‘’Allora io sono il tuo puntino bianco e tu sei il mio puntino nero’’ sorrise.

‘’Non sono d’accordo’’ ironizzai.

‘’Perché?’’.

‘’Tu non sei solo un puntino bianco in mezzo al nero. Facciamo che io sono il puntino, e tu sei il nero attorno. Sei tutto quello che ho intorno’’ risposi, sperando che mi capisse. Non sapevo spiegarmelo nemmeno io. Niall non poteva essere il punto bianco nel centro del nero, che simboleggiava me stessa e la mia vita. Niall era la mia vita, e sarebbe stato me. Non poteva essere il punto.

‘’Allora sarà lo stesso per me’’ continuò lui. ‘’Tu sei il bianco attorno, e io il puntino nero’’.

Non sapevo che dire, ma non ci fu bisogno di pensare. Niall mi abbracciò e mi baciò per così tante volte che persi il conto. E mi fece male. Mi fece male perché mi stava trattando come se fossi di cartapesta, come se fossi in procinto di diventare un fantasma. Si stava comportando come se- quello- fosse un’addio. E non lo era. Non ancora.

‘’Ria’’ soffiò lui, dopo aver indossato la collana e mentre tornava a guardare la neve con un braccio sulle mie spalle. ‘’Ti amo. Ti amo come non ho mai amato nessuno e…’’.

‘’Niall…’’ tentai di interromperlo. Non volevo lacrime, non volevo tristezza, non volevo pensare a
niente. Non volevo pensare a quello.

‘’No, fammi finire ti prego’’ continuò. ‘’E non cambierei assolutamente nulla, e voglio che tu lo sappia e lo senta da me. Voglio che tu sappia che non ho rimpianti, e che se potessi tornare indietro farei esattamente tutto quello che ho fatto fino ad ora. Sei la mia malattia. Il tuo amore è la mia malattia e…mi stai uccidendo. Ma la sai una cosa?’’.

‘’Cosa?’’ singhiozzai.

‘’Non voglio guarire. Io non voglio guarire da te’’.

Quello fu troppo. Scoppiai a piangere fra le sue braccia, e non mi importava di niente. Non mi importava assolutamente di niente. Mi mancava così tanto la vita che mi faceva male la schiena al pensiero, e non ero neanche ancora morta. Mi mancava Niall, anche se lo avevo a due millimetri scarsi da me.

Mi mancava già tutto, e la cosa peggiore- peggiore anche della morte stessa- era che non potevo fare assolutamente nulla per cambiare le cose. Nemmeno andare in Giappone, cosa impossibile, o in qualunque altro posto.

La cosa che mi sorprese di più fu che Niall, per la prima volta, non mi disse nulla. Non mi  disse ‘’non piangere’’, non mi disse ‘’stai tranquilla’’, non mi disse nemmeno ‘’andrà tutto bene’’.
Rimase immobile, cercando di essere forte e di non scoppiare a piangere. Ed era più forte di quanto pensassi, perché ci riuscì. Perché era- e doveva essere- il mio pilastro. Il mio punto fermo. La mia bussola. Ma si sa che a volte, anche se si ha una bussola ben salda fra le mani, ci sono tanti altri modi per perdersi.

Io, dopo un po’, mi asciugai le lacrime e rimasi in silenzio guardando il cielo.

Nessuna domanda strana, nessun sospiro, nessun ‘’perché? Perché proprio a me?’’, nessuna paura, nessun dubbio. E- soprattutto- nessun rimpianto.

Neanche io avevo rimpianti, ma non avevo davvero la forza per dirglielo. Avevo paura che mi sarebbe bastato pronunciare il suo nome per scoppiare di nuovo a piangere, e non volevo.

‘’ And being here without you is like I’m waking up to only half a blue sky, kinda there but not quite. I’m walking ’round with just one shoe. I’m half a heart without you’’ mi sussurrò, cantando dolcemente nel mio orecchio.

‘’Che canzone è?’’ chiesi, sbigottita.

‘’Una delle canzoni del nuovo album’’ mi rispose, guardando il cielo. Dire che quelle parole mi avevano toccato nel profondo era dire poco, ma mi sentivo anche onorata. Sapevo che gli One Direction stessero lavorando ad un nuovo disco- midnight memories- ma ascoltare in anteprima una loro canzone era…non sapevo che parola usare.

‘’ I’m half a man at best, with half an arrow in my chest.  I miss everything we do. I’m half a heart without you’’ continuò. ‘’Potrei cantartela anche tutta, ma il freddo mi ha gelato la mascella’’ ironizzò.

Io risi silenziosamente, nascondendo il volto nell’incavo del suo collo. Poi mi voltai verso il cielo e continuai ad osservare i piccoli fiocchi candidi crollare dal cielo blu, imitata da Niall. Mi diede un bacio sulla fronte, e rimase così per un bel po’ di tempo.

Ed in quel momento, fermi a guardare abbracciati la neve, eravamo due semplici ragazzini. Eravamo solo una ragazza dai capelli rossi di sedici anni, ed un ragazzo biondo di diciannove anni. Eravamo due ombre minuscole nell’immensità dell’universo, due piccoli granelli di sabbia su di una spiaggia dorata e calda.

Niente di più.

Eravamo solo due puntini, uno bianco ed uno nero, che si perdevano lentamente l’uno nell’altra.

‘’Buon Natale, Miriam Marianne Martin’’.

‘’Buon Natale anche a te, Niall James Horan’’.
 
ren

NON CREDO DI STARE BENE.

POSSIBILE CHE HO PIANTO DALL’INIZIO DEL CAPITOLO, FINO ALLA FINE? E’ INCREDIBILE…

NON SONO NELLE MIE PIENE FACOLTA’ PER SCRIVERE UNO SPAZIO AUTRICE DECENTE MA CI PROVO. INNANZITUTTO VOLEVO RINGRAZIARE TUTTE QUANTE VOI PER LE MAGNIFICHE RECENSIONI, ANCHE SE RISPONDO RARAMENTE. PURTROPPO LA CONNESSIONE NON E’ DELLE MIGLIORI, E IL TEMPO SCARSEGGIA. SAPPIATE CHE LE LEGGO TUTTE, GIURO.

POI, OVVIAMENTE NEL CAPITOLO IL CD DEI ONED NON E’ ANCORA USCITO HAHAHA.
E NIENTE…CHE NE PENSATE? VORREI CONOSCERE I VOSTRI PARERI PERCHE’ CI STIAMO AVVICINANDO ALLA FINE. CI HO PENSATO E CREDO, SALVO IMPREVISTI, CHE I CAPITOLI SARANNO ANCORA ALTRI DUE O TRE SENZA CONTARE L’EPILOGO.
E…CREDO DI AVER DETTO TUTTO LOL. ANCORA GRAZIE!

IN BASSO I CONTATTI, E UNA FOTO DELLA COLLANA CHE NIALL REGALA A RIA (PER
CHI VOLESSE FARSI UN’IDEA LOL).

AH BUON NATALE A TUTTE VOI, VI VOGLIO TANTO BENE <3

H.

 
g ecco la collana c:


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Capitolo 28
*** Chapter 28. ***


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Attenzione: Reputo corretto avvisarvi che, d’ora in poi, la storia prenderà una piega differente. Ci saranno scene abbastanza ‘’crude’’ e ‘’angst’’ quindi, se siete sensibili e facilmente impressionabili vi consiglio di non arrivare alla fine di questa storia.

 
Though I try to getcha outta my head
The truth is I got lost without you
Since then I’ve been waking up to
Only half a blue sky
 Kinda there- but not quite
 I’m walking ’round with just one shoe
 I’m half a heart without you
-One Direction: half a heart.

 
 
 
LEGGETE LO SPAZIO AUTRICE, PER FAVORE C:

Chapter 28.

RIA’S POV

Portai le braccia in alto, mentre ero sdraiata sull’erba del giardino di casa ‘One Direction’ (così mi piaceva definirla), e formai un cuore con le dita delle mani.

Lo portai davanti al sole, in modo che la sua luce filtrasse attraverso il mio stampo fatto ‘a mano’. Lo aveva insegnato papà a me e mia sorella quando eravamo poco più che bambine, portandoci al parco e facendoci sdraiare a terra. Diceva che anche la luce poteva essere vista con più prospettive. Che tutto poteva essere visto con più prospettive, anche la morte. 

‘’Guarda’’ dissi al ragazzo steso accanto a me. ‘’Anche la luce può assumere varie forme’’. Ed in quel momento era un cuore. Solo un cuore.

Lui mi guardò e sorrise, scuotendo la testa. ‘’Un cuore? Perché non una stella?’’.

‘’Mi spieghi come faccio a fare una stella con le dita?’’ ironizzai. ‘’E non rovinare i miei momenti poetici’’.

‘’Ah, allora scusami’’.

Io osservai i raggi solari attraverso le mie dita, quasi bollenti, e sorrisi. ‘’Mi era mancato farlo’’ confessai. Quel pomeriggio l’avevo trovato da solo in giardino a giocare a calcio, e l’avevo quasi costretto a sdraiarsi accanto a me.

Anche se la mia forza era relativamente poca, non mi importava. Avevo voglia di parlare con lui.

Poco dopo, come avevo pensato, lui mi imitò. Alzò le sue braccia, molto più forti delle mie, in alto e formò un cuore. Lo vidi chiaramente chiudere un pochino gli occhi e guardare attraverso quella ‘’finestra’’.

‘’Effettivamente sembra che il sole sia a forma di cuore’’ affermò.

‘’Te l’avevo detto, Harry’’.

Mi ci volle poco per sentire le braccia bruciare. Non ero abbastanza forte da tenerle alzate per così tanto tempo, anche se si stava parlando di minuti, così le abbassai sospirando. A volte era odioso essere debole e indifesa. Certe notti, quando non riuscivo a dormire, avevo una voglia pazzesca di alzarmi dal letto e ballare come un’ossessa al centro della stanza solamente per sentire i muscoli farmi male. Per sentirmi viva.

Lui capì la mia frustrazione e mi si avvicinò, incitandomi a poggiare la testa sulla sua spalla. Portò le sua mani a forma di cuore anche davanti a me, in modo da permettermi di vedere lo stesso quei raggi prendere una forma che non era quella delle mie mani.

‘’Grazie Harry’’ sorrisi, verso di lui. Lo vidi arricciare le labbra, come era sua solito quando intendeva dire ‘’non importa, non fa niente’’, e sorrise.

‘’Figurati’’.

E rimanemmo così per tutto il tempo necessario, finchè Harry non si lamentò del dolore alle braccia nel tenerle alzate e le abbassò. Poi poggiò il suo capo sul mio e avvolse le mie spalle in un abbraccio.

‘’Guarda!’’ esclamò, indicando un punto nel cielo plumbeo non molto distante dal sole. ‘’C’è l’arcobaleno!’’.

‘’Già, c’è l’arcobaleno’’ sorrisi.
 
NIALL’S POV


 
26 dicembre 2013

Sospesa su di un filo, troppo debole per vivere ma troppo potente per morire.

Io restavo in disparte a guardarla, mentre sorrideva ad Harry o a Liam e scartava i regali. Aveva chiesto a me di comprare ai ragazzi qualcosa, ed avevo finito per regalare guanti e sciarpe a tutti, ma era il pensiero l’importante. Le avevo assolutamente impedito di incaricare qualcun altro di regalarmi qualcosa, e anche se aveva messo il broncio, aveva capito.

Avevo passato la Vigilia e il Natale più belli di tutta la mia vita, ed avrei tanto voluto farglielo capire. Farle sentire le stesse cose se sentivo io, per dimostrarle quello che provavo e sapevo provare.
Anche se non si era alzata quasi mai da tavola, anche se ogni tanto doveva correre in bagno con l’aiuto mio o di Harry perché non le andava di sentirsi male davanti a tutti. Anche se non mi aveva comprato niente, anche se sorrideva perché era Ria e doveva farlo. Anche se era magrissima e i suoi occhi erano così spenti che non riuscivo neanche a guardarla in faccia. E lei lo aveva capito.

‘’Niall’’ mi aveva detto una notte, mentre eravamo al buio nel letto. Coperti da strati di lenzuoli che, speravo, coprissero anche il nostro dolore. O perlomeno il suo. ‘’Che cos’hai?’’.

Io ero di spalle a lei, quindi non riuscì a vedere le mie mani tremare celermente e i miei occhi inumidirsi improvvisamente. Che cosa avevo? La amavo tanto, più della mia stessa vita, e allora perché non riuscivo più a starle vicino? A sorriderle guardandola nelle iridi castane? Perché mi ostinavo ad allontanarmi dall’unica donna che avessi mai amato così nel profondo, quando sapevo che l’avrei vista ancora per poco tempo?

Era come se avessi paura anche solo di toccarla. Come se dovessi obbligatoriamente pesare le parole prima di dirle. Avevo il terrore di ferirla anche solo sfiorandole la guancia. E da quel giorno sulla terrazza, non mi ero più azzardato a baciarla neanche a stampo.

Sembrava di vetro, come se ad ogni movimento che compivo avesse potuto correre il rischio di rompersi. E non volevo. Era esattamente l’ultima cosa che volevo.

Sapevo anche che era sbagliato, che dovevo viverla, ma era più forte di me. Già stare in disparte a guardarla soffrire e sobbalzare nel sonno per colpa degli incubi era abbastanza difficile. Già sapere di non aver potere decisionale, di non poter fare un accidenti per salvarla era distruttivo. Mi sentivo così maledettamente impotente che mi era anche passata la voglia di cantare, ma dovevo farlo per le fans e soprattutto per i ragazzi.

‘’Niente’’ risposi, sperando che accantonasse il discorso. Ma Ria mi conosceva meglio di chiunque altro, seppur avesse avuto a disposizione poco tempo per farlo. Mi leggeva negli occhi anche se ero di spalle, ascoltava i battiti del mio cuore anche se era lontano anni luce.

La sentii muoversi, sino a girarsi completamente verso di me, con gli occhi puntati sulla mia schiena.

‘’Guardami’’ disse. E quella fu la volta in cui sentii Ria pronunciare un vero e proprio ordine. Non era una richiesta, non era un sussurro, era imperativo.

Io non mi mossi. Avrei tanto voluto farlo, avrei tanto voluto girarmi e baciarla come tanto tempo prima, ma non feci nulla. Mi immobilizzai solamente, sperando tornasse a dormire. Dormire davvero. Sapevo che fingeva solo per non farmi preoccupare.

Lei poggiò una mano esile, che racchiudeva però molta sicurezza, sulla mia spalla. Si avvicinò così tanto a me che mi risultò difficile perfino capire dove finissi io, ed iniziasse lei. Sentivo il suo respiro irregolare sul collo, che mi provocò la pelle d’oca. E proprio lì, sull’incavo del mio collo, mi lasciò un lungo bacio umido.

Io continuai a stare in silenzio, respirando così lentamente che mi chiesi per quanto potessi continuare ancora. La verità era che non stavo scherzando quando avevo detto a Ria che era la mia malattia e che mi stava uccidendo. Ria mi stava ufficialmente ammazzando, trascinandomi lentamente con se nel buco nero che aveva dentro di lei.

Quello che, fino ad allora, non avevo ancora capito era che Ria era la mia malattia ma era anche la cura. Ria era la persona che amavo di più al mondo, ma la stavo odiando sempre di più. E avevo sempre sperato di riuscire a salvarla dall’oscurità che ospitava dentro se stessa, ma non avevo capito che lei era l’oscurità.

E se ne sarebbe andata, lasciando solo pezzi di me sparsi chissà dove e chissà per quanto tempo. E la odiavo. La odiavo con tutta l’anima perché era così dannatamente perfetta, così dannatamente mia, che non sarei mai riuscito a trovare qualcun'altra che le si fosse avvicinata almeno un pochino. Sarei rimasto solo per tutta la vita.

E la odiavo perché, anche se mi si fosse presentata davanti agli occhi la sua copia sputata, l’avrei respinta comunque perché non era la mia Ria. E mi sentivo peggio di lei.

‘’Io lo capisco’’ sussurrò, vicino al mio orecchio. ‘’So a cosa stai pensando, e lo capisco’’.

‘’No, tu non capisci’’ replicai, parlando per la prima volta da solo con lei dopo la Vigilia.
La sentii tremare con il capo sulla mia spalla, e sorrise. ‘’Niall, io ti amo. Questo lo sai, vero?’’.

‘’Sì’’.

‘’Domani me ne andrò. Ho parlato con i miei genitori stamattina e ho deciso che accetterò di essere ricoverata in ospedale’’ ammise. ‘’E non l’ho fatto per me, a me non importa niente del posto in cui… L’ho fatto per te. Per evitarti questo calvario’’.

Fu solo in quel momento che mi mossi. Mi voltai verso di lei con una velocità che sorprese perfino me, ed incatenai le mie iridi blu nelle sue. Era da così tanto tempo che non la guardavo negli occhi per più di due secondi che mi venne voglia di urlare e spaccare tutto. In realtà avevo voglia di urlare e spaccare tutto. Avrei voluto alzarmi da quel letto maledetto, che l’aveva vista e sentita soffrire troppe volte, e spezzarlo in mille pezzi. Spaccare tutti i quadri di quella stanza, tutti i premi vinti, tutti di dischi d’oro e di platino. Avrei voluto strappare tutti i poster, capovolgere la scrivania e strappare anche i quaderni con gli abbozzi delle mie canzoni. Sbattere la chitarra contro il muro finchè non si fosse ridotta a mille pezzi.

Ma mi limitai a guardarla, e fu più o meno la stessa cosa.

‘’Che cazzo stai dicendo?’’ domandai, sperando vivamente di aver capito male. Ma sapevo che non era così. Sapevo quello che aveva detto, l’avevo capito benissimo. Le stavo solo dando un’altra opportunità.

‘’Domani verrò ricoverata in ospedale, oggi ho firmato le carte con i miei genitori. E’ deciso’’.

E non c’era nemmeno l’ombra di un’emozione nella sua voce, e neanche nei suoi occhi. Quello fu troppo. Mi alzai dal letto, lanciando quasi per aria le coperte, ed iniziai a fare avanti ed indietro dinanzi al letto, passandomi una mano nei capelli con fare disperato.

‘’Domani li strappo in mille pezzi, quei documenti’’ ringhiai. ‘’Si può sapere che cazzo combini?!’’ stavo urlando.

Lei alzò la schiena dal materasso e la poggiò alla spalliera del letto. Chiuse gli occhi, come se non volesse vedermi. ‘’Mi dispiace, Niall’’ sussurrò, stanca.

‘’Ti dispiace?’’ urlai. Non me ne importava niente che erano le tre di notte. ‘’Ria, ti rendi conto che te ne stai andando, e me lo dici la notte prima?’’.

Potevo giurare che stava lottando contro l’istinto di scoppiare a piangere. ‘’Niall, cerca di capire. Lo sto facendo per te e…’’.

‘’No!’’ la interruppi. ‘’Sono stato con te per otto mesi, senza riserve né paura. Ti sono stato vicino quando stavi male, quando vomitavi sangue, abbiamo fatto il bagno insieme! Ho visto gente conficcarti aghi enormi nel braccio per ore, e non ho mai detto una parola! Ti ho portato pranzo, colazione e cena tutti i cazzo di giorni! E tu, credi davvero di avere il diritto di decidere da sola? Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme?’’ sbraitai.

Lei guardò il soffitto come se fosse la cosa più interessante del pianeta. Forse per cacciare indietro le lacrime, e scosse la testa. ‘’Niall, io l’ho fatto perché ti amo. E ti ringrazio per quello che hai fatto per me, ma questa è la decisione migliore ed anche Harry era d’accordo con me, quindi…’’.

‘’Harry?’’ la interruppi nuovamente, bloccandomi sul posto dalla mia camminata irruenta. ‘’Harry sapeva tutto?’’.

Interpretai il suo silenzio come una risposta positiva. ‘’Non ci credo!’’ urlai. ‘’Che altro devi dirmi su Harry? Hai fatto il bagno anche insieme a lui?’’.

‘’No’’ la sua risposta fu così secca che pensai fosse irritata, ma io lo ero più di lei. Sapevo che c’era un filo che legava inesorabilmente Harry e Ria, e la cosa non mi aveva mai infastidito. C’ero passato sopra, anche se alcune volte mi aveva urtato. Sapevo del loro bacio e, anche se erano più fratelli che altro, non potevo evitare di pensarci. Il fatto che sapesse più lui che io della mia ragazza mi aizzava a morte. Stavo iniziando ad odiare anche Harry, adesso?

‘’Ria, mi stai ferendo. Lo sai?’’.

‘’Lo so’’ sussurrò. ‘’Non sai quanto mi detesti per questo. Ma non voglio che tu…non voglio che tu debba assistere a tutto questo. Niall sto peggiorando ancora, capito? Tra poco non riuscirò nemmeno a ricordare il tuo nome. Io non voglio che tu passi quello che ha passato Harry. Non voglio segnarti a vita, io voglio…’’.

‘’Io voglio solo te’’ sospirai, interrompendola ancora. ‘’E se ti ho evitata in questi giorni è stato perché avevo paura di…farti del male. Di romperti anche solo sfiorandoti’’.

‘’Lo so’’ mi guardò da lontano. ‘’Lo so bene. Sai perché ho firmato?’’.

‘’Non lo capisco’’ risposi.

‘’Perché voglio che tu mi ricordi così. Come sono adesso, o meglio come ero il mese scorso e durante tutti i mesi in cui siamo stati insieme. Voglio che tu in futuro, pensando a me, mi ricordi come una ragazza bassa, dai capelli rossi e dagli occhi vivaci. Sai che cosa vede Harry quando pensa a sua madre?’’.

‘’No’’.

‘’Rivede il suo corpo magrissimo steso sul letto di camera sua, con una flebo nel braccio e le palpebre
viola’’ soffiò. ‘’Io non voglio che tu mi riveda così. Voglio che l’immagine che conserverai di me sia bella. Diversa da quella che sono adesso’’.

Anche da lontano, e al buio, riuscivo a vedere qualcosa brillare sul suo viso. Lacrime.

‘’Guarda che, se andrai in ospedale, starò sempre con te anche lì’’ risposi.

‘’Ieri sono diventata una malata di livello cinque, Niall. Sai quanti livelli ci sono?’’ domandò, quasi sorridendo. ‘’Cinque’’ rispose da sola alla domanda. ‘’Potrai vedermi solo per due ore al giorno, a meno che…’’.

‘’A meno che?’’ la incitai, disposto a fare di tutto. Di tutto pur di vederla per più di due ore al giorno.

‘’A meno che non firmi per dare il permesso a qualcuno di entrare quando vuole, fino alle nove di sera’’.

‘’Firma questo permesso’’ dissi, incominciando a camminare di nuovo avanti ed indietro. ‘’Domani stesso, quando ti accompagno in ospedale’’.

‘’Verrà a prendermi mio padre’’ sussurrò.

‘’No, ti accompagno io’’.

Lei scosse la testa, ed iniziò di nuovo a piangere. ‘’Niall, per favore, non rendere tutto più difficile. Mi accompagnerà papà’’.

‘’E va bene’’ acconsentii, perché non ce la facevo a vederla piangere davanti a me. ‘’Ma ti raggiungo più
tardi, e firmi. Non riuscirei a vederti per sole due ore al giorno’’.

La vidi chiaramente toccarsi il ciondolo a forma di goccia nera che aveva al collo. Nonostante fossimo stati soli pochissime volte in quei giorni, nessuno dei due se l’era mai tolto per un solo secondo. Lo strinse così forte che ebbi paura lo stritolasse.

‘’Niall, non hai capito’’ singhiozzò.

Ed ebbi paura. Non più solo paura di perderla. Paura di non riuscire a vedermela scivolare fra le mani.

Ria era acqua. L’avevo sempre vista in questo modo. Ria era destinata a scivolarmi dalle dita, ma stavo così bene quando l’avevo fra le mani che non mi soffermavo mai a pensare a come sarebbe stato quando tutto sarebbe cambiato.

E stava cambiando così velocemente che mi girava la testa al pensiero.

‘’Non ho capito cosa?’’ tentennai.

‘’Io non firmerò. Non mi vedrai per più di due ore al giorno’’ sussurrò, così piano che dovetti aprire bene
le orecchie.

Non sapevo più che pensare, cosa dire. Perché? Perché si stava comportando in quel modo? Perché diavolo non mi permetteva di starle vicino, con tutte le mie paure e i miei timori? Perché? Perché?

‘’Ria, ma che dici?’’.

‘’La verità. Ti ho spiegato il motivo, Niall’’ continuò a stringere il ciondolo. ‘’Lo faccio perché ti amo troppo’’.

‘’E quindi preferisci vedermi per due misere ore al giorno?’’ urlai.

‘’Sarà ancora per poco!’’ urlò anche lei. Finalmente si era svegliata, non avevo più l’impressione di urlare contro di un muro. ‘’Lo capisci, Niall? Sto morendo!!’’.

‘’Lo so!’’ urlai a mia volta. ‘’Ma allontanarmi non ti farà guarire!’’.

‘’MA FARA’ GUARIRE TE!’’ sobbalzai per il tono duro e acuto della sua voce. ‘’Perché cazzo non mi
capisci, Niall? Perché?’’.

‘’Prova a metterti nei miei panni, Miriam! Provaci! Lo immagini come starò quando…?’’.
Ma non ebbi il tempo di finire la frase, perché Ria iniziò a tossire. Era una routine ormai, non ci facevo neanche più caso, ma accorsi verso di lei. Quando le passai una mano sulla schiena, però, la tosse era finita. Le passai un fazzoletto e lei si pulì la mano sporca di sangue. Poi iniziò di nuovo a piangere.

‘’Ti prego’’ singhiozzò. ‘’Ti prego con tutto il cuore, non interferire ancora’’.

Eravamo distanti un velo d’aria ma, per la prima volta da quando la conoscevo, non avevo voglia di
baciarla. Avevo voglia di prenderla per le spalle e scuoterla. Ma che hai, Ria? Che cazzo ti viene così all’improvviso?

‘’Non posso lasciarti andare’’ le sussurrai, ancora con una mano sulla sua schiena. E forse lei riuscì a
leggere tutto il dolore e tutte le preghiere che avevo scritte negli occhi chiari, perché voltò lo sguardo.

‘’Mi ami?’’ domandò, dopo un minuto di silenzio che mi parve infinito.

‘’Si’’.

Quando tornò a guardarmi notai che aveva smesso di piangere, ma tremava. Non mettevo in dubbio che nemmeno per lei fosse facile, ma poteva evitare tutto quello con una semplicissima firma.

‘’Se mi ami almeno un pochino’’ soffiò. ‘’Fallo per me. Lasciami andare’’.

‘’E’ proprio perché ti amo che non posso farlo’’.

‘’Ti sto implorando, Niall’’ soffiò. ‘’Ti sto implorando come non ho mai fatto in vita mia. Domani me ne andrò, e non ti permetterò di vedermi spesso. Ti prego, non rendere tutto ancora più difficile’’.

Volevo piangere, ma dai miei occhi non usciva neanche una lacrima. Che dovevo fare? Che cosa dovevo dirle? Non potevo legarla al letto, e- a quanto pareva- non potevo fare nulla per farle cambiare idea. Ma se mi fossi arreso, avessi accettato di lasciarla andare, e poi sarebbe successo qualcosa come me lo sarei perdonato?

‘’Ria, non posso’’.

Lei sospirò e si allontanò da me. ‘’Niall, anche se non lo accetti me ne andrò lo stesso domattina. Ma non mi vedrai mai più’’.

‘’Che cosa?’’ sussultai. Ebbi l’impressione che il cuore si fosse fermato, o almeno lo sperai.

‘’Quando domani varcherò la porta di casa, non mi rivedrai mai più. Te lo giuro su mia sorella’’.
E sapevo che l’aveva detto perché non vedeva altra soluzione, perché le sembrava la cosa migliore da fare per convincermi. E non aveva neanche sbagliato. Avrei preferito mille volte vederla per sole due ore al giorno, piuttosto che non vederla mai. Avrei preferito anche vederla per cinque minuti, piuttosto che non vederla affatto.

‘’Mi dispiace’’ sussurrò, con il cuore in mano.

‘’Va bene’’ dissi, sicuro della mia scelta. ‘’Va bene’’.

‘’Grazie’’ sussurrò.

E non ce la feci più. Mi fiondai su di lei e la baciai con quanta più passione e quanto più amore fossi capace di darle. Mi era mancata così tanto che mi faceva addirittura male. Perfino stare con lei, così, mi faceva male. E avevo avuto paura che mi rifiutasse, inizialmente, ma non successe. Ricambiò il mio bacio, stringendomi forte. Sentii le sue lacrime sulle mie guance, e avrei dato di tutto pur di non farla piangere più. Principalmente perché non lo meritava. Non meritava niente di quello che le era successo. Ed io non meritavo lei. Non meritavo una ragazza che era disposta a soffrire pur di permettermi di ricordarla viva, in tutti i sensi in cui una persona poteva esserlo.

Per questo non obbiettai quando salì sopra di me, facendomi sdraiare sul letto. Non mi interessava neanche respirare, purchè lei fosse così. Purchè stesse così.

Io portai le mani sotto la maglia del suo pigiama di pile e gliela sfilai. Ed in quel momento non avrei cambiato assolutamente niente.

Non avrei scambiato la nostra ultima notte per niente al mondo. Ed io non ero più Niall Horan, il ragazzo degli One Direction. Ero Niall. Niall e basta.

E lei non era più Miriam Martin, la ragazza di un membro degli One Direction con la leucemia. Era solo Miriam. Miriam e basta.

°°°

LYDIA’S POV

‘’Parto fra cinque giorni’’ dissi tutto d’un fiato, quasi potessi cambiare le cose. Era inutile e deludente restare. Ria mi aveva detto che l’ultima cosa che voleva era ‘impedirmi’ di continuare la mia vita, mi aveva praticamente costretta a prometterle che sarei partita il più presto possibile.

Io, dal canto mio, detestavo aver studiato medicina. Sapevo che in cinque giorni ce l’avrei fatta, a salutarla. Anche se era difficile da ammettere, anche se piangevo di nascosto ogni notte ed ero distrutta. Anche se mamma mi aveva quasi implorata di restare. Dovevo andarmene.

Dovevo andarmene non solo perché restare mi stava ammazzando, ma anche perché in Germania c’era la vita che avevo scelto e per cui avevo sacrificato tutto. Se fossi rimasta un po’ in più, me lo sentivo, non sarei più ritornata. Dovevo stroncare tutto prima che diventasse troppo importante. E non solo con Ria, e i miei amici e genitori…

‘’Cosa?’’ strabuzzò gli occhi Harry, appena aveva aperto la porta di casa sua alla quale avevo bussato. Ero
appena uscita dall’agenzia di viaggi ed ero corsa da lui, non sapevo neanche perché.

Tra me ed Harry non c’era stato niente, e avevo il vago sospetto che non ci sarebbe stato mai, ma non potevo dire che mi fosse indifferente. Forse perché sentivo che mi capiva, che provava tutto quello che stavo provando, e perché era così maledettamente perfetto e giusto che mi bruciava la gola ogni volta che mi veniva voglia di baciarlo ma non potevo. Sapevo che avrei sempre potuto contare su di lui, me lo aveva ripetuto mille volte. E mi era difficile guardarlo negli occhi, perché mi apparivano le differenze. Le differenze fra lui e Federico, e mi chiedevo perché. Perché cazzo non l’avevo incontrata prima, quella dannata popstar.

‘’Parto’’ ripetei.

E lui mi guardò come solo lui poteva fare, con quello sguardo carico di sorpresa e delusione. ‘’Lasceresti tua sorella così?’’.

‘’Harry mancano cinque giorni, sappiamo che…insomma, che bastano. Se resto qui un po’ di più, non me ne vado’’.

‘’Perché?’’.

‘’Non lo so’’.

‘’No, intendo, perché sei venuta a dirlo a me?’’.

‘’Non so neanche questo’’ sospirai.

Lui si chiuse la porta alle spalle e mi si avvicinò. ‘’So cosa significa vivere con il rimpianto di non aver mai detto addio ad una persona cara’’ sussurrò. ‘’Non possiamo sapere se morirà in cinque giorni o meno’’.

Avevo l’impressione che non volesse pronunciare il nome di Miriam appositamente.

‘’Lo so’’ annuii. ‘’Ma sono sicura di quello che dico. E, fidati, non è per niente facile per me ammetterlo ma…cinque giorni bastano’’.

‘’Lo penso anche io’’.

Ed era dura parlare della morte di mia sorella. Della mia sorellina. Mi ero preparata per anni a quel momento, da quando le avevano diagnosticato quella maledetta malattia, ma non si può essere pronti per certe cose. Non si è mai pronti per gli addii.

‘’Allora io me ne vado. Ci vediamo in ospedale, da Ria. Forse’’ conclusi, allontanandomi dalla soglia.

‘’A presto, Lydia’’.

Mi voltai e mi incamminai verso la strada. Mi era ancora sconosciuto il motivo per cui ero andata proprio da Harry, pur non avendo niente di così importante da dirgli. Harry aveva mille pensieri nella testa, compresa mia sorella, cosa credevo di fare? Cosa credevo che mi dicesse? Di restare? Che mi dicesse che provava le stesse cose che provavo io?

Ero quasi in procinto di attraversare la strada, quando mi sentii bloccare per il polso. Mi voltai di scatto, ritrovandomi Harry ad un velo d’aria di distanza.

‘’Aspetta’’ disse.

‘’Cosa? Cosa devo aspettare?’’.

E avrei tanto voluto che mi dicesse qualcosa. Qualunque cosa. Ma mi si avvicinò così tanto, e sapevo anche quale fosse la sua meta, che tremai. L’ultima cosa di cui avevo bisogno era che Harry Styles mi baciasse.

Per questo indietreggiai impercettibilmente, ma lui se ne accorse. Con la mano ancora stretta attorno al mio polso, mi guardò interrogativo.

‘’Harry…’’ sussurrai. ‘’Che cosa stai facendo?’’.

‘’Quello che avrei dovuto fare dalla prima volta in cui ti ho vista’’.

E non ebbi il tempo di dire nient’altro, perché mi tirò verso di se e mi bacio. Quel bacio di casto e tranquillo non aveva proprio niente. E io avevo cercato di resistere, ma mi era stato impossibile, così avevo ricambiato con altrettanta passione.

Solo quando ci separammo, Harry mi guardò a fondo negli occhi manco volesse scavarci dentro. E capivo anche perché. I miei occhi erano identici ai suoi, me l’avevano sempre detto. Avevamo molte più cose in comune di quel che sembrava, perché se era vero che mi sentivo compresa solo da Harry, poteva essere vero anche il contrario.

‘’Non te ne andare’’ disse poi, rompendo il silenzio che si era creato e poggiando la sua fronte contro la mia. ‘’Per favore, non te ne andare’’.
 
 
 RIA.

CIAO A TUTTE, E BUON NATALE!


ALLORA, HO PENSATO DI AGGIORNARE PRINCIPALMENTE PERCHE’ SARO’ IMPEGNATISSIMA CON I COMPITI, DOPO LE VACANZE, E PENSO CHE NON AVRE’ NE’ TEMPO DI SCRIVERE NE’ DI AGGIORNARE :C

MA PASSIAMO AL CAPITOLO, PERCHE’ HO DELLE COSE IMPORTANTI DA DIRVI (O MEGLIO, DA CHIARIRE).


1- NON VORREI CHE PENSASTE CHE LYDIA SIA UN’INSENSIBILE DI MERDA CHE PREFERISCE LASCIARE MORIRE SUA SORELLA DA SOLA PUR DI TORNARE IN GERMANIA, PERCHE’ NON E’ COSI’. LYDIA HA SPECIFICATO IL MOTIVO PER CUI PARTE, E CIOE’ LA SUA VOGLIA DI STRONCARE TUTTO SUL NASCERE PRIMA CHE ACCADA QUALCOSA CHE LA BLOCCHI A LONDRA (VEDI HARRY LOL). E POI, AVENDO STUDIATO MEDICINA, SA CHE IN CINQUE GIORNI RIUSCIRA’ A VEDERE LA MORTE DI RIA, ANCHE SE PER LEI E’ ABBASTANZA DIFFICILE E BRUTTO DA AMMETTERE. E POI LO HA PROMESSO ALLA SORELLA, O MEGLIO RIA GLIELO HA FATTO PROMETTERE PERCHE’ NON VUOLE CHE LYDIA INTERROMPA LA SUA NUOVA VITA PER LEI. SOLO CHE HARRY PORTA UN PO’ DI CONFUSIONE NELLA VITA DELLA SORELLA DELLA PROTAGONISTA, CHE ORA SI TROVA LEGGERMENTE NELLO SCHIFO HAHAHAHA (MAGARI MI CI TROVASSI IO).

2-
IL MOTIVO PER CUI RIA DECIDE DI ESSERE RICOVERATA IN OSPEDALE  E VEDERE NIALL POCHE ORE AL GIORNO. SO CHE NORMALMENTE DUE ORE AL GIORNO, PER DUE FIDANZATI, SONO TANTE: MA CERCATE DI CAPIRE, RIA NON HA TANTO TEMPO DA DEDICARE A NIALL E LUI LO SA, PER QUESTO AGISCE IN QUEL MODO. POI, IL MOTIVO PER CUI MIRIAM PRENDE QUELLA DECISIONE LO SPIEGA BENE (CREDO). VUOLE CHE IL RICORDO CHE NIALL CONSERVI DI LEI SIA BELLO E FELICE. UN’IMMAGINE POSITIVA PIU’ FORTE DI QUELLA NEGATIVA IN CUI SI TROVA ADESSO. POI NIALL, CHE ALL’INIZIO SI INCAZZA TANTISSIMO, PROVA A METTERSI NEI PANNI DI RIA E ACCETTA, DOPO QUELLA MINACCIA.

3-
LA MINACCIA DI RIA. ‘’SE NON ACCETTI, NON MI VEDRAI MAI PIU’’’ SOSTANZIALMENTE. ORA, NON VOGLIO CHE PENSIATE CHE RIA SIA UNA BASTARDA IMPENITENTE, PERCHE’ NON E’ AFFATTO COSI’ HAHAHA. ANCHE RIA STA SOFFRENDO, FORSE ANCHE PIU’ DI TUTTI GLI ALTRI, E SE FA QUEL CHE FA E’ SOLO ED ESCLUSIVAMENTE PER NIALL. SA CHE IL BIONDO NON SI SAREBBE DATO PACE FINCHE’ NON SAREBBE RIUSCITO A VEDERLA SEMPRE, SE NON SE NE FOSSE FATTO UNA RAGIONE. E RIA LO ‘’COSTRINGE’’, DICIAMO. MA CI STA MALISSIMO ANCHE LEI, TANTO CHE- PRIMA DI FARE L’AMORE- PIANGE SUL VOLTO DI NIALL.

4-
AH, NON DATE PER SCONTATO IL POV DI RIA, QUANDO E’ CON HARRY E FANNO CON LE DITA IL CUORE CONTRO I RAGGI SOLARI. TENETELO A MENTE, POI CAPIRETE PERCHE’ C:
ORA NON CHIEDETEMI COME ABBIA FATTO A SCRIVERE UNA COSA COSI’ STRUGGENTE E LACRIMOSA, PERCHE’ NON LO SO. SO SOLO CHE QUESTO E’ IL PENULTIMO CAPITOLO E STO MALE AL PENSIERO HAHAHA.

E PER ULTIMO, MA NON PER IMPORTANZA, UN IMMENSO GRAZIE A TUTTE VOI. COME AL SOLITO NON SONO RIUSCITA A RISPONDERE ALLE RECENSIONI, MA LE LEGGO TUTTE E VI AMO DAL PROFONDO DELLA MIA ANIMA. NON SAPETE COME SIA IMPORTANTE PER ME IL VOSTRO SOSTEGNO. E’ GRAZIE A VOI SE CONTINUO A SCRIVERE, SAPETE? <3
ORA MI DILEGUO, E SE AVETE DOMANDE FATE PURE. FARO’ IL POSSIBILE PER RISPONDERE, PROMESSO! BUONE FESTE, SPLENDORI. VI VOGLIO BENE. IN BASSO VI LASCIO LA FOTO DI LYDIA, PER CHI VOLESSE IMMAGINARLA.

HARRYETTE.


 LYDIA.
 

 
 
 
 

 

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Capitolo 29
*** Last Chapter. ***


love
 
TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w
 

Attenzione: Reputo corretto avvisarvi che, d’ora in poi, la storia prenderà una piega differente. Ci saranno scene abbastanza ‘’crude’’ e ‘’angst’’ quindi, se siete sensibili e facilmente impressionabili vi consiglio di non arrivare alla fine di questa storia.
 
A Ria e Niall.

Sometimes we're holding angels
And we never even know
Don't know if we'll make it, or we know
We just can't let it show
It's everything you wanted, it's everything you don't
It's one door swinging open and one door swinging closed
Some prayers find an answer
Some prayers never know.
-Ross Copperman: Holding on and letting go.

 
 
Last Chapter.


NIALL’S POV

La mattina in cui Ria venne trasferita definitivamente in ospedale, pioveva.

Già dalla notte prima il cielo si era oscurato, riempito fino all’orlo di nuvoloni neri come la morte. L’aria di Londra era ancora più fredda del solito, ed era il 29 dicembre.

Presto l’anno sarebbe finito.

Sarebbe iniziata una nuova trafila di giorni, 365 lunghissimi giorni pieni di concerti, tour per il nuovo album, ed interviste. Foto continue, paparazzi fin dentro il bagno, e quella voglia pazzesca- nonostante la gratitudine di essere dove ero- di rimanere solo. Di camminare per strada senza essere bloccato ogni due passi, senza dover firmare un foglio oppure un braccio e senza dover sorridere per paura di uscire male in una foto.

E non ne avevo la minima voglia.

La mattina in cui Ria si trasferì definitivamente in ospedale, dopo aver salutato e ringraziato tutti, pioveva. Pioveva fortissimo. Pioveva fuori e pioveva anche dentro. Perché mi faceva male tutto: la milza, il pancreas, i polmoni, i reni, la gola, la schiena, la testa, la pancia. Tutto tranne il cuore. Non appena Miriam si chiuse la porta alle spalle, tirai fuori dalla felpa l’iphone e- cercando di non piangere, perché non dovevo e non potevo farlo- le mandai un messaggio.

‘’Da: Niall
A: Shakespeare<3
Ho dolore dappertutto, devi seriamente credermi. Tranne al cuore. Ce l’hai tu. Abbine cura. Ci vediamo prestissimo. Ti amo xx’’.


Il messaggio di risposta non tardò ad arrivare. E me la immaginavo, Ria. Stava sicuramente piangendo, perché lei non sapeva trattenerle le lacrime. Stava scuotendo la testa, spettinando quei magnifici capelli rossi, e cercava di far calmare il tremolio alle mani.

La immaginavo benissimo, quasi fosse stata accanto a me.

‘’Da: Shakespeare<3
A: Niall
Lo so. Anche tu hai il mio cuore, Niall. Ti amo anche io, tantissimo. A presto xxx’’.


E mi calmai un pochino. Giusto un pochino.

La mattina in cui Ria venne trasferita definitivamente all’ospedale, pioveva. Pioveva da far spavento.

°°°

 
17:00 p.m

‘’Dico sul serio!’’ si lamentò, mentre si rifaceva la treccia che le avevo sciolto altre tre volte. ‘’Sei insopportabile!’’ mi
richiamò, mentre sorrideva.

‘’Ma smettila, Ria. Mi ami’’ ironizzai. Avevo deciso che non sarei stato triste, o pesante, o depresso. Sarei semplicemente stato me, mi sarei comportato come se non fossimo in una stanza d’ospedale, e come se lei non fosse malata. Come se non fosse il 30 dicembre. Come due persone normali, che discutono in modo normale, che scherzano in modo normale, e che si amano in modo normale. Senza avvinghiarsi l’un l’altro per paura di perdersi. Senza mute richieste d’aiuto.

Trovavo Ria sempre più magra.

Di certo il cibo dell’ospedale non le dava le sostanze che, invece, poteva darle quello preparato da chiunque altro. Ma avevo il vago sospetto che fosse proprio lei che non mangiava nulla.

Il volto era particolarmente bianco, le occhiaie più marcate, il braccio e il dorso della mano martoriati da aghi che- a me- parevano inutili. Che senso aveva riempirla di medicinali, se poi non stava meglio? Neanche fisicamente?

Sapevo che non si alzava quasi mai dal letto, che le infermiere la aiutavano a far praticamente tutto, e che i genitori avevano cambiato reparto per starle più vicini. Sapevo che, questa cosa, a lei dava fastidio ma- da un lato- ne era contenta. E la vedevo, perlomeno, più tranquilla.

Era il primo giorno che andavo a trovarla. Ed era già passata un’ora e mezza. Speravo vivamente che ci ripensasse. Io accettavo la sua decisione, ma speravo che la mutasse. Speravo che tornasse sui suoi passi e capisse che, vedermi solo due ore al giorno, non era una cosa poi tanto positiva. Ma non glielo avrei di certo detto io. Glielo avevo promesso la notte prima, che non avrei infierito. Che lei aveva il pieno potere di se stessa, che fosse capace di prendere le proprie decisioni senza l’influenza di nessuno.

Ma pregavo silenziosamente che mi avesse chiesto di restare quando l’infermiera sarebbe entrata a dire che gli orari di visite erano finiti.

Sul collo magro e sottile, la collana che le avevo regalato pareva fluorescente.

Mi avvicinai a lei, e presi il suo ciondolo fra le mani. Era caldo. L’aveva stretto precedentemente, e non me ne ero nemmeno accorto. Me lo rigirai fra le dita, per poi lasciarlo andare.

‘’Rimarrà sempre il regalo migliore’’ mi disse, sorridendo.

‘’Ti regalerei molto di più’’ risposi. ‘’Mi credi? Ti regalerei una stella’’.

‘’Non mi serve una stella’’ rise. ‘’Ti credo, ma davvero non mi serve una stella’’.

Mi alzai di botto dalla poltrona di fianco al letto, e le chiesi di farmi spazio. Era così piccola che non serviva nemmeno, ma non mi interessava. Mi sdraiai accanto a lei, e avvolsi un braccio attorno alle sue spalle. Lei poggiò la testa sul mio petto, e io poggiai il mio capo sul suo. Rimanemmo così, senza dire una parola, per un tempo indecifrabile. Ore, minuti, secondi. Non contava proprio niente. Poi la sentii sospirare.

‘’Che cosa c’è?’’ domandai, preoccupato.

Il suo volto assunse una smorfia di dolore visibile chiaramente, prima di tornare a sorridere. ‘’Niente’’.

‘’Guarda che lo so che non ti senti bene. A me puoi dirlo’’ la tranquillizzai. Ria aveva la fastidiosa abitudine di rispondere ‘’niente’’ e ‘’sto bene’’ ogni volta, anche quando era palesemente e chiaramente falso. Doveva capire che non l’avrei
giudicata, non l’avrei reputata noiosa o altro. Doveva capire che poteva confidarsi tutte le volte che voleva. Che sarei stato dalla sua parte e l’avrei capita. Sempre.

‘’Mi fa male…mi fa solo male…’’ sussurrò.

‘’Cosa? Cosa ti fa male?’’.

Lei mi guardò e, avrei potuto giurarlo, in quegli occhi c’era così tanta sofferenza che mi sentii maledettamente piccolo e stupido. Perché Ria era troppo. Troppo incredibile, troppo forte, troppo bella, troppo irraggiungibile, troppo ineguagliabile, troppo solare, troppo buona, troppo felice, troppo dolce, troppo altruista. Era troppo. Troppo tutto. Io non ero niente in confronto.

‘’Tutto’’ sussurrò, strofinandosi la faccia con le mani e scostando di poco la frangetta. ‘’Mi fa male tutto, Niall’’.

E in quel momento desiderai essere Harry. Era Harry quello che sapeva cosa fare in questi casi, come comportarsi, cosa dire. Io non ne ero capace. Non avrei mai potuto confortarla come avrebbe potuto fare lui. Ma mi bastò osservarla due secondi per capire che non si aspettava un conforto, una buona parola. Non sarebbe stata meglio.

Così feci la prima cosa che mi venne in mente, e la strinsi ancora di più a me baciandole la fronte più e più volte. ‘’Lo so’’
sussurrai. ‘’Lo so, e lo proverei io per te- se potessi’’.

‘’Così mi fai venire da piangere’’ sorrise. ‘’Non preoccuparti, sto…’’.

‘’Non dirlo’’ la interruppi, scuotendo la testa. ‘’Ti prego, non dire che stai bene. Non mentire. Non a me, va bene?’’.

‘’Cosa vuoi che ti dica?’’ domandò. Probabilmente, se ne avesse avuto la voglia e la forza, il suo tono sarebbe stato piccato ma- sfortunatamente o fortunatamente, dipende dai punti di vista- non fu così. Risultò…statico.

‘’La verità’’.

‘’La verità?’’.

‘’Sì’’.

‘’E va bene’’ disse, scuotendo la testa. ‘’Sto malissimo. Sto male da morire ed ogni volta che arrivi qui io…’’.

‘’Tu cosa?’’ la guardai, cercando di leggere qualcosa sul suo volto. Non stava per dire nulla di buono. Conoscevo bene quel cipiglio che le si formava fra le sopracciglia, e non era un buon presagio.

‘’Io sto ancora peggio’’ concluse. Colpo al cuore, ecco cos’erano quelle parole. Una pugnalata. Come avere il corpo trafitto da mille lame di ghiaccio. ‘’Sto peggio perché nei tuoi occhi vedo…vedo la persona che ero. Vedo la Miriam sorridente e…viva’’ ammise, con gli occhi lucidi. Ultimamente mi era sempre più difficile capirla.

‘’Non sei morta’’ ringhiai.

‘’Non ancora’’ soffiò lei, avvicinandosi di nuovo a me e poggiando la testa sul mio petto. ‘’Non voglio litigare, Niall. Voglio solo...parlarti’’.

E lo sapevo che quel momento sarebbe arrivato, presto o tardi. Sapevo che sarebbe arrivato il giorno in cui Ria mi avrebbe fatto quel discorso, come quando i genitori parlano ai figli delle precauzioni e del sesso. Sapevo che non c’era scampo, per me. E che, anche se quelle erano le ultime parole che volevo sentire, mi toccava tacere ed ascoltarla. Per lei, perché se lo meritava. E per me, perché- infondo- avevo un disperato bisogno di parlare e confidarmi. Per noi, se ancora esisteva e per quel futuro che ci scivolava dalle mani come fumo.

‘’Ria, so cosa vuoi dirmi’’ la interruppi. ‘’Che devo essere felice, che devo andare avanti, e qualche altra minchiata del genere. Ma non mi interessa’’. Non volevo essere rude, ma era la pura e semplice verità.

‘’Ti prego’’ ansimò. ‘’Lasciami parlare, anche se già lo sai. Io ho bisogno di dirtelo’’.

‘’E va bene’’ annuii, sapendo che me ne sarei pentito. ‘’Va bene, parla’’.

‘’Non voglio farti un discorso lungo. Voglio solo dirti che…’’ tossì. Tossì così forte che mi alzai dal letto di slancio, e cominciai a massaggiarle la schiena. Di solito gli spasmi duravano qualche secondo, un minuto massimo. Sarà che avevo perso la cognizione del tempo, ma me ne parvero molti di più. Le passai cinque fazzoletti, ma il sangue non si fermava. Avevo paura, e non sapevo cosa fare. Ero immobile, come pietrificato, non riuscivo neanche a collegare i miei stessi pensieri, neanche a premere quel dannato bottone per chiamare un’infermiera. E quando, dopo un tempo lungo quanto una vita, a Ria iniziò anche a sanguinare il naso, mi svegliai bruscamente dal mio sonno onirico. Premei il bottone d’allarme sul suo letto, inondando la stanza di un suono fastidioso e cacofonico, sperando che l’infermiera si sbrigasse a venire.

Ria non parlava, perché non poteva o forse non ne aveva proprio la voglia. Continuava a tossire sangue e a sanguinare dal naso, e io continuavo a tamponare tutto con i fazzoletti, ma era inutile. Dopo due secondi, nella stanza fecero irruzione due infermiere anziane e i genitori di Ria.

Sgranarono tutti e quattro gli occhi, e giurai di vedere gli occhi della signora Martin diventare umidi.

‘’Esci Niall’’ urlò, correndo insieme agli altri tre verso di lei. Io rimasi bloccato. Non riuscivo a muovermi, anche se volevo uscire da quella stanza con tutto me stesso. Guardai Ria, e lei guardò me. Fu solo uno sguardo, niente di più e niente di meno. E lei sussurrò una cosa. All’inizio non capii, o feci finte di non capire, ma poi fu tutto chiaro. ‘’Ti amo’’ aveva detto.

Un’infermiera mi si avvicinò, e mi poggiò una mano sulla spalla. ‘’Avanti ragazzo, esci adesso. Per favore. Faremo il possibile’’.

Ed io uscii.

°°°

 
17:30 p.m

Lydia mi abbracciò per la quarta volta, mentre eravamo seduti sulle sedie di quel dannato corridoio. Per la seconda volta, tutti e tre. Io, Lydia ed Harry. Lydia non aveva smesso di piangere neanche per un secondo, e diceva che si odiava per questo. Harry era…Harry era Harry, e le stringeva la mano.

‘’Non posso perderla’’ disse Lydia. ‘’E’ la persona più importante della mia vita. Non posso perderla’’.

Tre minuti dopo, passò un medico ma non per parlare con noi. Quattro minuti dopo, un’infermiera trascinò un uomo su di una sedia a rotelle in una stanza lì vicino. Cinque minuti dopo, Harry si alzò e si accese una sigaretta. Cinque minuti e mezzo dopo, Lydia fece una tirata e poi gliela restituì. Sei minuti dopo si sentì qualcuno gridare ‘’Amanda’’. Sette minuti dopo passò davanti a noi una donna con un giornale. Otto minuti dopo si sentì lo squillare di un cellulare.

‘’Niall è il tuo’’ disse Harry, o forse Lydia. Ma non risposi e continuai a guardare quella porta.

Nove minuti dopo vennero Louis e Mia, ma si allontanarono perché lei si sentì male. Dieci minuti dopo, il silenzio. Ero abbastanza sicuro, però, che lo sentissi solo io. Vedevo i ragazzi parlare, ma non sentivo nulla. Niente. Solo il battito del mio cuore, ovattato e distrutto.

Ti prego Dio, se esisti, salvala. Salvala e giuro che non canto più. Giuro che proverò ad assomigliarle il più possibile.
Però, ti prego, salvala.

 
18:00 p.m

Si alzarono tutti, Lydia ed Harry e Louis e Mia, non appena il dottor Martin fece il suo ingresso nel corridoio che puzzava di disinfettante e flebo.

Lydia aveva smesso di piangere dieci minuti prima, dopo che Harry l’aveva abbracciata. Mia piangeva ancora ed era a telefono con Leila da un’ora per aggiornarla, visto che non era potuta venire. Come se fosse una festa o una cena. Louis la sorreggeva o sarebbe cascata a terra.

Non riuscii a leggere sul volto del padre delle sorelle Martin nulla. Forse non lo guardai nemmeno in faccia. Forse non mi alzai nemmeno quando ci raggiunse.

Ma ero abbastanza sicuro che non avesse detto nulla. Se ne stava lì, davanti a tutti noi, senza dire una parola. Senza muoversi di un millimetro. Lydia era avvolta dalle braccia di Harry, e si reggeva a lui essendo avvinghiata alla sua vita. Ma non appena vide il padre, silenzioso, lasciò Styles e si immobilizzò. Il dottor Martin le si avvicinò e la abbracciò.
Lydia rimase immobile, non ricambiò neanche l’abbraccio. Non disse una parola, neanche quando il padre la lasciò. Piangeva soltanto, senza emettere alcun suono. Poi, senza nessun preavviso, urlò.

Urlò così forte che pensai che l’avrebbe sentita tutto l’ospedale. Si lanciò sul padre e cominciò a colpirlo leggermente sul petto. ‘’Sei un bastardo!’’ urlava. ‘’Non l’hai salvata! L’hai lasciata morire! Come hai potuto? Perché non hai fatto niente?
Eh?’’.

Il dottor Martin non disse niente e non si scansò. Fu Harry a tirare via Lydia, e a bloccarle le braccia. ‘’Basta, Lydia. Basta, calmati’’.

‘’Non mi toccare!’’ ringhiò lei, allontanandosi e avvicinandosi di nuovo al padre. Ma, stavolta, il padre la abbracciò quasi disperatamente, prima che potesse prenderlo di nuovo a pugni. E lei ricambiò la stretta, continuando ad urlare. ‘’Perché? Perché? Perché?’’.

Mia iniziò a piangere due secondi dopo, per ore, seguita da Louis.

Io ero ancora seduto, e li osservavo come se fossi stato al cinema a vedere un film. Ero sicuro che fosse un sogno, un incubo, qualcosa che non apparteneva alla realtà. Dovevo solo aspettare, e poi mi sarei svegliato e l’avrei raccontato a Ria. Ci saremmo fatti due risate e poi avremmo fatto l’amore, come sempre.

Osservavo Lydia urlare fra le braccia del padre, Harry che si strofinava ossessivamente il viso senza espressione, Mia avvinghiata a Louis- entrambi in lacrime. Le urla della dottoressa Martin- ‘’no, no, no!’’- che provenivano dall’altra stanza. I fulmini che spaccavano i timpani, dovuti al temporale.

E quell’orribile sensazione che, anche se era un incubo, ero stato l’ultimo a vederla. L’avevo vista morire, e non me ne ero
reso neanche conto. L’avevo vista andarsene, parlare per l’ultima volta, e non ci avevo fatto nemmeno caso. Non avevo neanche risposto al suo ‘’ti amo’’.

Ed ero immobile, di ghiaccio, mentre aspettavo e bramavo di svegliarmi al più presto.
 
18:15 p.m

Erano quasi le sei e mezza del pomeriggio quando me ne resi conto. Capii che non stavo sognando, che non mi ero mai addormentato perché non era ancora arrivata la notte. Che solo la notte prima l’avevo passata con Miriam ed ora lei non c’era. Non c’era più.

‘’Niall, Niall, Niall, Niall’’. Non sapevo neanche chi mi stesse chiamando.

Avrei dovuto piangere. Sì, avrei senz’altro dovuto farlo. Ma non uscì una sola lacrima dai miei occhi. Guardavo il soffitto fin quasi a consumarlo, e pensavo. Pensavo e mi arrabbiavo.

Pensavo e mi arrabbiavo perché il nome di Ria sarebbe stato solo un altro nome sulla lista delle vittime della leucemia, soltanto un’altra tacca sulla cintura della morte. Non aveva fatto nulla per essere ricordata: non aveva scoperto una cura a qualche malattia, non aveva inventato una macchina del tempo, non aveva trovato neanche il modo di far mangiare i broccoli ai bambini. Qualcuno ne avrebbe parlato per un po’, perché era stata la fidanzata di Niall Horan, ma poi? Il suo nome sarebbe stato perso. Nessuno avrebbe più parlato di una ragazza di nome Miriam Marianne Martin. L’avrebbero dimenticata, come ogni essere umano dimentica. E magari ci sarebbero stati dei cartelloni, degli inutili messaggi su twitter, dei sorrisi compassionevoli, e dei ‘’stay strong’’ che non sarebbero serviti ad un cazzo. Magari qualcuno avrebbe anche detto ‘’tranquillo, ti capisco’’. Ma nessuno avrebbe mai capito, perché non si può capire una cosa del genere. Non si può neanche provare a capire la morte e la perdita. E’ impossibile ed improbabile. Sarei stato il cantante triste e solo, come era toccato ad Harry tempo prima, ma poi se ne sarebbero scordati tutti. Di tutto. E mi arrabbiavo perché, nonostante tutto, non avevo avuto tempo per far nulla. Non avevo avuto tempo e questo nessuno avrebbe potuto cambiarlo. Avrei tanto voluto realizzare tutti i punti della sua lista, portarla a New York e in Arizona e farle capire quanto cazzo è bello e grande il mondo. Avrei voluto festeggiare con lei il suo diciottesimo compleanno e farle conoscere Demi Lovato. Portarla a tutti i miei concerti, scriverle una canzone e dirle ‘’ti amo’’ ad ogni ora del giorno e della notte.
Perché io ti amo, Ria. Ti amo come non ho mai amato nessuno in tutta la mia vita, e questo è semplicemente un dato di fatto che nessuno e niente potrà mai cambiare. Una volta mi dicesti che non avevi rimpianti e che eri grata a Dio di avermi incontrato, e che- se per farlo dovevi avere la leucemia- ne era valsa la pena. Bhè, non ho avuto il tempo di dirtelo, ma sono io che sono grato a Dio di averti incontrata. Nemmeno io ho rimpianti, se non quello di non averti amata abbastanza. Di non averti amata tanto quanto tu meritavi e quanto tu mi amavi. E anche per me ne è valsa la pena. Ne varrà sempre la pena, e fanculo tutto il resto. Mi hai mostrato un Niall Horan che non avevo mai visto e di cui non conoscevo neanche l’esistenza, mi hai portato ventimila metri sopra il cielo con un solo sorriso. E ricorderò tutto. Non scorderò niente di quello che abbiamo fatto, neanche la più piccola cosa. Non scorderò il tuo sorriso, il tuo volto, la tua voce, quel cipiglio adorabile che mi faceva capire che stavi per sganciare una bomba ad orologeria. Non dimenticherò mai tutto quello che mi hai detto, tutto quello che hai fatto per me, e tutto quello che mi hai insegnato. Perché mi hai insegnato la bellezza della vita, mi hai iniettato voglia di vivere ogni giorno, mi hai fatto capire l’importanza che bisogna dare ad ogni singolo respiro. E probabilmente dovevi andartene perché semplicemente eri troppo, per questo mondo di pazzi. Forse, un giorno lontano, riuscirò a trovare la forza di vederla in questo modo e di arrendermi. Fino ad allora continuerò a cercare il tuo volto fra i volti della gente, ad associare il tuo sorriso a quello di qualcun altro, a riconoscere la tua voce in un’altra persona e a cercarti. In qualunque altra parte del mondo.
Forse, un giorno lontano, riuscirò a trovare la forza di lasciarti andare. Di andare avanti, come volevi dirmi tu. E mi dispiace che tu non abbia avuto tempo di farmi quel famoso discorso, anche se lo conoscevo già. Mi dispiace che tu non abbia avuto il tempo di fare nessun’altro discorso. Mi dispiace che tu non abbia avuto il tempo di dire addio, neanche a me. Neanche a Lydia. Neanche ad Harry. Tu lo sapevi dall’inizio che questo momento darebbe arrivato, ma non hai mai smesso di ridere. Per questo, adesso, io voglio ridere per te. Voglio parlare per te. Voglio sentire per te. Voglio vedere per te.
Voglio vivere per te.
Solo ed unicamente per te.
Ti prometto che nulla di quello che hai detto e fatto andrà perduto, ti prometto che regalerò il mio corpo alla tua anima. Ti prometto che nessuno ti dimenticherà, e che io ti ricorderò per sempre come la ragazzina bassa dai capelli rossi e gli occhi vivaci- proprio come volevi tu.
E, ti giuro Ria, che non permetterò mai al tempo di rovinare la tua immagine. Anche se adesso non riesco a guardare una tua foto, e a pronunciare ad alta voce il tuo nome.
E, magari, un giorno riuscirò a sentire di nuovo ‘’i’m yours’’ senza interrompere dopo due secondi. Riuscirò a cantare ‘’half a heart’’ senza tremare e senza sforzarmi di trattenere le lacrime. Riuscirò a rileggere i nostri messaggi, e a smettere di chiamarti pur sapendo che non risponderai più. Mi hai detto tante volte che ero forte, ma non avevi capito nulla. Tu eri forte. Tu sei forte.  Non io. Io non sono niente. Non sono niente senza di te. Nonostante il dolore e la sconfitta, ti prometto anche che ci proverò. Proverò ad andare avanti, in un modo o nell’altro. Arriverà un giorno in cui ci riuscirò. Arriverà un giorno in cui smetterò di essere la metà di un uomo, la metà di un cuore. Arriverà il giorno in cui mollerò la presa e mi arrenderò all’evidenza: non ci sei più.
Non ci sei più.
Non ci sei più.
Non ci sei più.
Lo ripeto tutte le volte, come un mantra. Eppure ogni mattina, quando mi sveglio, mi volto dalla parte destra del letto per vedere come stai. Ogni sera prendo il cellulare e ti mando un messaggio con su scritto ‘’buonanotte’’, anche se dopo mi rendo conto che non lo leggerai mai.
Ti prometto anche che proverò ad essere un uomo migliore, e che cercherò di assomigliarti il più possibile. Di essere eccezionale almeno la metà di quanto lo eri tu. Proverò a pensarti un po’ di meno per riuscire a voltare pagina.
E l’ho tatuato sul braccio, inciso fin sotto pelle: ‘’
’Non contare sul tuo cuore quando il mio sia spento, tu me lo donasti per non averlo mai più indietro’’.  
Te la ricordi? E’ la frase che mi hai dedicato.
E non ho mai sentito nulla di più vero. Tu hai il mio cuore, Ria. Hai il mio cuore, la mia anima, i miei polmoni, i miei reni. Hai me. Da qualche parte siamo ancora insieme, perché io non ti ho mai lasciata. Perché io ho ancora quella collana, quella goccia bianca, e tu avrai sempre l’altra metà.
 Perché ci sarà sempre una parte di me in te, ed una parte di te in me.
Perché sei il mio ‘’per sempre’’, nonostante tutto. Perché sei l’infinito, e l’infinito non si misura. Perché da qualche parte stai festeggiando anche tu questo capodanno, che mi sa tanto di amaro. Stai guardando anche tu i fuochi sul balcone, come me.
Stai sorridendo e stai scuotendo la testa.
Ed è per questo, e anche perché vivi nel mio cuore, che oggi guardo la stella più brillante in cielo e- ad un giorno intero dalla tua morte, contando anche i minuti che ci stanno inesorabilmente dividendo sempre di più- sorrido dopo quasi una vita.
Sorrido e te lo dedico. Dedico a te il mio sorriso, dedico a te ogni mio respiro, e dedico a te tutta la mia vita.
Grazie, amore mio.
Grazie di essere nata, e buon anno nuovo.
Ci vediamo presto.


°°°
TWO MONTHS LATER

‘’Niall’’ sentii la voce di Harry, e spensi la tv. Lui si avvicinò a me, e si sedette sul divano. Con gli occhi cerchiati di rosso, si torturò i capelli.

‘’Harry…cosa c’è?’’ indagai.

‘’Devo darti una cosa’’ sussurrò. E non avevo davvero voglia di sopportare i suoi scherzetti per farmi ridere, i suoi tentativi per spronarmi a vivere.

‘’Una cosa da parte di Ria’’.
 

RIALL

INIZIO CON IL DIRE CHE STO MALISSIMO, PROBABILMENTE PEGGIO DI VOI.


DAVVERO, NON SONO IN GRADO DI SCRIVERE QUESTO SPAZIO AUTRICE, PER QUESTO RIMANDO I RINGRAZIAMENTI E LE SVIOLINATE ALL’EPILOGO. COME VI AVEVO DETTO, NON SARA’ UN VERO E PROPRIO CAPITOLO MA LO RITENGO IL PIU’ IMPORTANTE DI TUTTA LA FANFICTION.

COMUNQUE, CIO’ NON TOGLIE, CHE DEVO RINGRAZIARVI PERCHE’ VE LO MERITATE. GRAZIE RAGAZZE. GRAZIE PERCHE’ SENZA IL VOSTRO SUPPORTO NON SAREI ARRIVATA ALL’ULTIMO CAPITOLO DI QUESTA STORIA , E SCUSATE.

NON SOLO PER LA MORTE DI RIA. SCUSATE PERCHE’ NON VI MERITO ABBASTANZA, E ME NE RENDO CONTO.
MI RACCOMANDO, ANCHE ALLE SCRITTRICI SILENZIOSE, FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE. E’ DAVVERO IMPORTANTE PER ME.

POI, YLENIA E RAFFAELLA: SO CHE STATE LEGGENDO E SO CHE STASERA MI CHIAMERETE FURIOSE. STASERA SONO IMPEGNATA, CHIAMATEMI DOMANI O MANDATEMI UN MESSAGGIO HAHAHA VI AMO, E SCUSATEMI, MA LA STORIA DOVEVA ESSERE UN MINIMO REALE :C

VI LASCIO CON UN'IMMAGINE CHE RITRAI DUE MESSAGGI DI RIA E NIALL,E  CON UN DISEGNO CHE UNA MERAVIGLIOSA RAGAZZA HA FATTO PER ME: IL MAGICO TRIO, HARRY- NIALL- E RIA.

BUON ANNO NUOVO RAGAZZE, E RICORDATE CHE VI AMO.

HARRYETTE.


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ILS                           dcd

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Capitolo 30
*** Epilogue- Vivi. ***


love

TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=5i50ZIQSg4w
 
Oh, I believe there are angels among us.
Sent down to us from somewhere up above.
They come to you and me in our darkest hours.
To show us how to live, to teach us how to give.
To guide us with the light of love.
-Demi Lovato: Angels among us
Epilogue

NIALL’S POV

‘’Mi ha detto di dartela quando…quando saresti stato troppo male’’ sussurrò Harry. ‘’E so che, anche se fai finta, stai malissimo. Fidati, lo so’’.

Io mi alzai dal divano e raggiunsi la finestra, iniziando a guardare fuori quasi come se la forza di andare avanti potesse cadere dal cielo sotto forma di polvere di stelle. Quasi come se qualcosa potesse cambiare.

‘’Che cos’è?’’ domandai, voltandomi a guardarlo.

Lui scavò nella tasca dei suoi jeans e tirò fuori un dischetto. Solo un DVD, in una foderina trasparente. Ma lo sentivo. Sentivo che era qualcosa di enormemente grande, rinchiuso in un volume così piccolo e ristretto. Sentivo che c’era Ria, in qualche modo.

‘’Non l’ho visto, se è questo quello a cui stai pensando’’ aggiunse Harry, avvicinandosi di nuovo a me. Si posizionò al mio fianco, e mi imitò: dalla finestra enorme di casa nostra, a Londra, osservammo il cielo. I nuvoloni che presagivano pioggia erano finalmente passati, ora il cielo era di un azzurro brillante e nuovo. Quasi fosse rinato.

Non mi accorsi nemmeno che Harry aveva poggiato una sua mano sulla mia spalla, e la stava stringendo.

‘’Niall’’ sospirò. ‘’Io capisco che adesso non è facile, ma…’’.

‘’Non voglio nessuna morale, Harry. E’ l’ultima cosa di cui ho bisogno’’ rimossi la sua mano.

Lui scosse la testa, e i suoi ricci vennero leggermente scompigliati. ‘’Lo so. Lo so benissimo, credimi. Ma pensa che lei…’’.

‘’Non mi importa cosa avrebbe voluto lei’’ ringhiai, allontanandomi ancora e passandomi due mani nei capelli biondi con fare disperato. ‘’Non c’è. Lei non c’è più. Il resto è niente. Ora rispondi ad una domanda’’.

‘’Dimmi’’ si arrese lui, stringendo ancora il dvd.

‘’Perché? Mi spieghi perché al mondo esistono assassini, criminali, evasori, stronzi e stronze che vogliono suicidarsi- ed alcuni ci riescono pure!- ogni giorno, e lei…lei che voleva vivere, voleva solo vivere, è morta?’’ urlai, fottendomene altamente delle lacrime che avevano iniziato a scorrere sul mio viso.

Harry non aveva mai abbassato le difese. Non era mai crollato, non aveva mai pianto, non si era mai lamentato ad alta voce. Era sempre rimasto lì, impassibile, al suo posto fisso senza dire niente. Senza esprimere nulla, senza ispirare niente di niente. Ma quella volta- per la prima volta- vidi crollare la muraglia che aveva attorno. Vidi quel muro di cemento armato crollare pezzo dopo pezzo, prima lentamente e poi sempre più velocemente. E lo vidi sedersi, quasi disperatamente, sul divano di pelle beige e prendersi la testa fra le mani, coprendo il volto. ‘’Non lo so’’ urlò. ‘’Non lo so neanche io’’.

E pianse.

Per la prima volta in quattro anni, e dopo la morte di sua madre, vidi Harry Styles accasciarsi e piangere.
Silenziosamente e poco, ma erano pur sempre lacrime. E avrei voluto avvicinarmi e confortarlo, perché io avevo perso Ria ma lui aveva perso anche sua madre. Perché io, la sera, potevo contare su una chiamata di mamma- anche se non serviva ad un cazzo- che era preoccupata per me, e mi chiedeva di prendere una pausa e tornare in Irlanda. Ma non potevo fermarmi, come aveva fatto invece Harry anni prima. Non potevo farlo semplicemente perché, se mi fossi fermato, sarei annegato nei miei stessi pensieri. Se avevo qualcosa da fare, qualunque cosa, non pensavo. Per un po’, non pensavo a niente. Avrei voluto aiutarlo, come lui stava cercando di aiutare me, ma non potevo. Non potevo perché non potevo tendergli una mano, se era come se mi mancasse un braccio.

Non potevo asciugare le sue lacrime, se non riuscivo ad asciugare le mie.

‘’La sai una cosa, Niall?’’ disse, asciugandosi alla meglio il viso. Non avevo mai visto gli occhi di Harry arrossati. ‘’Due anni fa, esattamente due anni fa, mia madre è morta. Quando se ne è andata, ho visto il castello della mia vita cadere rovinosamente a terra. E non ho fatto niente per impedirlo, perché non ne avevo la forza. Per un lunghissimo anno sono stato immobile, come un inetto, perché non volevo fare assolutamente niente per rimettere insieme i cocci della mia esistenza. E quando è arrivata Ria, così dannatamente uguale ad Anne, io… io ho pensato che- forse- era un segno, o qualcosa del genere. Forse era mamma che…che voleva che andassi avanti. Grazie a Ria ho ripreso in mano la mia vita, lo sai? Lo sapevo che sarebbe morta. L’ho sempre saputo, come l’aveva sempre saputo anche lei. Eppure- anche se mi ripetevo di starle lontano- non ci riuscivo. Non ci riuscivo mai. Adesso che ho perso anche lei, aspetto''.

‘’Aspetti cosa? ’’ chiesi, con la voce rotta e stanca. Era da tempo che non dormivo.

‘’Aspetto che, stavolta, sia lei a mandarmi qualcuno. Qualcuno che mi faccia capire che c’è ancora qualcosa per cui vivere. Che non esistono solo la leucemia e la morte al mondo, anche se- fin’ora- ho visto solo quella parte. Qualcuno che mi mostri come fare a voltare pagina, ancora una volta ’’.

‘’E pensi che lo troverai? Il motivo per andare avanti, intendo’’ sussurrai.

‘’L’ho già trovato’’ si alzò, scuotendo i capelli come era suo solito. E poi sorrise. Con le guance rosse e gli occhi gonfi, sorrise. E quel suo sorriso mi ricordava tanto quel leggero raggio di sole, che spunta dopo una tremenda tempesta. ‘’Lydia è partita stamattina’’ sussurrò, tornando serio. ‘’Non ho fatto nulla per convincerla a restare. Ha detto che le avrebbe fatto troppo male e che lì…bhè, lì c’era qualcuno che la stava aspettando. Ha detto che non ce la faceva a sentire i pianti di sua madre ogni notte, e a vedere gli occhi bui e rossi di suo padre. Ha detto che non ce la faceva a vivere in una casa sommersa dalle foto della sorella morta. Ha detto anche che quel Federico la ama’’.

E lessi un nuovo dolore negli occhi di Harry. Ma perché? Perché sono sempre i migliori ad andarsene, e i buoni a soffrire come cani?

‘’Ma?’’ lo incitai, atono.

‘’Ma non la ama quanto la amo io’’.

‘’E perché non glielo hai detto?’’.

‘’Perché non so come fare’’.

‘’L’hai appena fatto’’.

‘’Ma è troppo tardi, Horan. E’ troppo tardi’’.

Lo vidi mettere il cappotto marrone che aveva lasciato sulla poltrona, e scuotere la testa- come a voler rimuovere cattivi pensieri. Lo vidi prendere il suo galaxy s4 e metterlo in tasta. Con il capo indicò il dvd che aveva lasciato sul tavolino poco prima. ‘’Guardalo quando sai che stai per crollare’’.

E se ne andò.

°°°

ONE WEEK LATER

La casa era completamente vuota, quel giorno.

Louis era andato a conoscere i genitori di Mia, dato che- a quanto pareva- stavano facendo sul serio. Zayn era uscito a fare compere assieme a Liam, che pareva interessato ancora ad un’altra ragazza. Con Sophia la cosa era durata relativamente poco, ed ora- da quanto avevo capito- stava frequentando un’altra tipa. Harry era ritornato dietro la muraglia che aveva eretto attorno a se stesso. Inizialmente mi aveva un po’ parlato di Lydia, per quanto avessi voglia di ascoltarlo. Poi aveva smesso, così- da un giorno all’altro. Ora non la nominava neanche più, e si chiudeva a riccio con tutti. Nonostante questo, continuava ad andare a decine di feste, a farsela con decine di ragazze- anche insieme-,e a fingere di essere felice. A fingere di essere soddisfatto.

L’album- midnight memories- era uscito da poco, ed era stato un vero successo- come ci avevano già preannunciato. I concerti e il tour sarebbero ricominciati a breve. Le interviste sarebbero cominciate a breve. La mia vita sarebbe ritornata ad essere identica a quella che avevo prima di incontrare Miriam. E ne ero felice, perché almeno sarei stato troppo impegnato a pensare alla mia incolumità quando camminavo per strada e le fans mi riconoscevano. Perché almeno sarei stato così occupato con tutto il resto- anche se, per me, contava ogni giorno di meno- per pensare a lei.

Non avevo ancora visto quel video. Forse non l’avrei visto mai, e ne ero consapevole. Stavo facendo di tutto- di tutto nel senso letterale del termine- per dimenticarla. O perlomeno per provare a superarla. Per provare ad essere di nuovo la persona che ero prima di incontrarla, o – a mali estremi- assomigliargli almeno un quarto. Ma era così difficile che, quando ci pensavo, mi facevano male addirittura anche i denti. E la stavo odiando. Il mio amore per lei era così schifosamente grande, che si stava trasformando in odio.

La vedevo dappertutto: in giro per casa, davanti all’isola della cucina, sul divano a guardare la tv, affacciata al balcone ad osservare la neve, nel mio letto- quando andavo a dormire. Nei miei sogni. Era sempre- sempre, cazzo!- nei miei sogni. E mi irritavo a morte. Perché mi tormenti, Ria? pensavo. Perché cazzo non te ne vai, e mi lasci in pace?

Di solito non ne parlavo con nessuno, a parte che con Harry sporadicamente. Ma, nell’ultima settimana, avevo perso tutta la voglia di parlare. Parlare anche del tempo, o della carriera. Avevo perso la voglia di vivere e mi detestavo, perché Ria avrebbe voluto vivere e non aveva potuto farlo. Io dovevo vivere per lei, essere la sua vita, la sua voce, la sua ragione per essere. Ed invece mi stavo arrendendo. Stavo cadendo sempre più giù, e la cosa peggiore era che non mi importava. Anzi, che lo volevo addirittura.

Ogni sera, quando mi guardavo allo specchio del bagno, cercavo di farmi forza. Di smettere di piangermi addosso, di riprendere in mano le redini della mia esistenza. Ma non ce la facevo, non ci riuscivo. Lei era dappertutto ed io non ero da nessuna parte. E ci avevo pensato, a farla finita, ma mi ero vergognato subito dopo. Lei è morta, e tu vuoi ucciderti?

E allora non mi restava altro da fare che pregare. ‘’Ti prego’’ dicevo davanti alla superficie dello specchio, osservando i miei occhi. Mi pareva addirittura di vedere Ria all’interno delle mie iridi azzurre. La vedevo ridere, la vedevo scuotere la testa, la vedevo sospirare. ‘’Ti prego, Miriam. Vienimi a prendere’’.

Era una sera di febbraio, poco dopo il compleanno di Harry, quando decisi di vedere quel dvd. Non capii perché, all’inizio. Insomma, dovevo andare avanti. Come avrei fatto, se l’avessi visto? Ci sarei mai più riuscito? Ma, infondo all’anima, conoscevo il motivo per cui mi stavo accingendo ad inserirlo nel lettore multimediale. Sapevo perché. Erano passati quasi quattro mesi dalla morte di Ria. Mi ero promesso che non avrei permesso al tempo di rovinare la sua immagine, anche se non riuscivo a vedere una sua fotografia. Ma non riuscivo più a ricordare il colore preciso dei suoi capelli, perché sfumava sempre di più nei miei ricordi. Non riuscivo a ricordare il colore esatto dei suoi occhi, che sembravano semplicissimi occhi marroni ma sapevo che non era proprio così. E, cosa di gran lunga peggiore, non riuscivo più a ricordare il suono della sua voce. Mi sforzavo, quasi tutte le notti mi spremevo le meningi, ma non riuscivo a ricordarlo. Nel mio cranio rimbombava solo un eco lontano che, forse, era leggermente analogo a quello del suo timbro vocale. Ma non era quello che volevo. Io avevo bisogno di ricordarla, e se per farlo dovevo soffrire e guardare quel maledetto video, l’avrei fatto.

Inserii il dvd nel lettore, e premetti play. Poi mi allontanai dallo schermo dello schermo a plasma in camera mia, e mi sedetti sul bordo del letto. Non troppo vicino alla tv, né troppo lontano. Mi bruciava il cuore.

Non avevo mai pianto di giorno, da quando Ria era morta. Ma quando apparve la sua immagine sullo schermo, mentre aggiustava l’angolazione della telecamera, scoppiai in lacrime. Non emettevo nessun suono, però. Non contraevo i muscoli facciali. Ero solamente…immobile. Dio mio, non me la ricordavo così bella. Era sicuramente molto più adorabile di quanto la ricordassi, e molto più sana, in salute e in carne rispetto all’ultima immagine che avevo di lei.

‘’Ciao Niall’’.

Misericordia, la sua voce. Non era per niente uguale a quella che avevo in mente io, e- mentre continuavo a piangere- capii di aver fatto la cosa giusta, a guardare quel video.

‘’Mi sento un po’ stupida a registrare questo video’’ sorrise, passandosi una mano fra la frangetta. I suoi capelli. ‘’Ma lo faccio ugualmente, perché per me è molto importante. Dunque, non so da dove cominciare. Ho deciso di registrare questo video e di darlo ad Harry, perché ti conosco ed ho…avevo paura che tu facessi qualche sciocchezza. Mi è un po’ difficile parlare al passato, visto che- per ora- sono qui, ma se Harry te l’ha consegnato…insomma, se lo stai guardando io sono morta’’ sorrise amaramente, scuotendo la testa. ‘’Ma non voglio parlare di questo. O meglio, sì, ma non voglio parlare di me. Ho fatto questo video per parlare di te…per parlare con te. Per questo ti chiedo di ascoltarmi, e di smetterla di piangere e pensare di interrompere il video e spaccare in mille pezzi il dvd’’. Ma come fa? Come faceva? A sapere così tante cose di me? ‘’Allora…Niall io voglio vivamente che tu sappia- non mi importa se lo sai già o meno- che io ti amo. Ti ho amato con le unghie e con i denti, anche se non sono stata capace di dimostrarlo. Sai, Niall, voglio raccontarti tutto dall’inizio. Quando mi diagnosticarono la leucemia avevo quattordici anni. A 14 anni si è appena adolescenti. Sin da bambina avevo sempre sognato di laurearmi in psicologia, diventare una grande psicologa e sposarmi. Sposarmi ed avere tanti di quei bambini da far paura’’ sorrise. ‘’Ne ero convinta, e magari sarebbe potuto succedere davvero. A 14 anni ho visto sfumare, davanti ai miei occhi, tutti i progetti. Tutti i sogni. Tutte le aspettative. Ho smesso di andare a scuola pubblica, ho smesso di ballare, ho smesso di saltellare in giro per casa. Non sai quanti incubi, quanti compleanni con le lacrime bloccate sotto le pupille, quanti pianti e quante urla. Poi, a sedici anni, l’ho accettato. Dopo due anni di calvario, di negazioni e di cure di ogni tipo, l’ho accettato. Ho accettato di essere una malata terminale. Ho imparato a guardare negli occhi i miei genitori, le mie amiche e Lydia pensando ‘’forse questa è l’ultima volta che vi vedo’’. E stavo bene. Stavo bene perché avevo perso ogni speranza, ogni sogno, ogni barlume di luce. Stavo bene perché sarei morta, ma me ne importava sempre di meno. E poi sei arrivato tu, con quegli occhi maledettamente azzurri e quel ciuffo biondo ed io…ed io’’ i suoi occhi divennero lucidi, mentre li pizzicava con le dita. ‘’Ed io ho iniziato a pensare che, forse, non dovevo andarmene. Che, porco giuda, potevo avere te e stavo morendo! E non era giusto. Non era giusto perché…perché io ero predestinata e tu avevi stravolto ogni singola cosa. All’inizio ti ho odiato. Ti ho odiato perché rappresentavi tutto quello che volevo, ma che ero costretta a lasciar andare. Ma, nel profondo del mio cuore, sapevo di amarti. Sapevo che ti avrei amato più della mia stessa vita.
Oltre la mia stessa vita.
Non avrei mai pensato che tu avessi potuto ricambiare i miei sentimenti. E ti ho detestato anche per questo. Se fossi stato più maleducato, meno perfetto e meno giusto, forse non mi sarei innamorata di te. Forse, se tu mi avessi trattata con sufficienza, non sarei qui a registrare questo video. Non ti starei facendo piangere e soffrire. Ed è questo il motivo per cui ti sto parlando. Purtroppo so, anche adesso, che non mi resta molto tempo. Che, probabilmente fra una settimana, non sarò più in grado di parlare. Perciò ti parlo adesso. Niall, lo so. Lo so che adesso sei triste, che ti senti solo e lontano da me. Ma non siamo lontani!’’
lì scoppiò a piangere. ‘’Non lo siamo perché io sarò sempre ovunque tu sarai. Ascoltami. So che è inutile dirti adesso queste parole, e so che- per molto tempo, forse- non mi ascolterai nemmeno. Ma io voglio vederti felice, è chiaro? Questo non è un discorso di circostanza, non sono frasi già fatte. Io voglio con tutta me stessa che tu sorrida di nuovo. Voglio che tu vada avanti. Niall, sei la persona migliore che io abbia mai conosciuto in vita mia, la persona di gran lunga più dolce e gentile al mondo. Tu meriti…meriti tutte le cose belle che esistono in quest’universo. Meriti di stare bene. E non è facile per me, lo sai? Non è facile immaginarti felice con un’altra, magari con una famiglia. Non sai quanto avrei voluto invecchiare con te, ma non è stato possibile. Non è facile, ma io voglio che sia così. Voglio vederti mano nella mano con una bella ragazza, mentre camminate sotto la tour Eiffel oppure sotto il London Eye. Voglio vederti in giacca e cravatta mentre aspetti qualcuno sull’altare. Voglio vederti baciare un pancione, decidere assieme a tua moglie il nome di tua figlia.
Voglio che tu viva.
Vivi, Niall. Vivi anche per me. Non ti sto chiedendo di vivere nel mio ricordo. Io ti immagino anziano, su di una sedia a dondolo vicino al camino, con i tuoi nipoti sulle gambe. Ti immagino mentre gli racconti gli aneddoti della tua giovinezza, della grande popstar Niall Horan. E, magari, gli racconterai anche di me. O magari ti ritornerò semplicemente in mente. E voglio che tu sorrida, quando pensi a me. Voglio che tu mi ricordi con un sorriso e non con una lacrima, questa è l’ultima cosa che ti chiedo. E se il mio ricordo sarà troppo soffocante, se ti impedirà di ricostruirti una vita, allora…’’
si asciugò le lacrime e sorrise quasi falsamente. ‘’Allora dimenticami. Ti do il mio consenso. Dimenticami. E sappi, ovunque tu sia adesso e in qualunque anno o mese tu stia guardando questo video, che ci sono. Che sono accanto a te, in questo momento, e che ti sto sorridendo. E, so di non avertelo mai detto, ma…tu mi hai tenuto in vita. Sei stato l’unico. E ti ringrazio, Niall. Grazie per aver reso l’ultimo anno della mia vita il più incredibile di tutti. Grazie per essere stato accanto a me, nonostante tutto. Grazie per avermi fatto capire che l’amore, quello vero, supera e va oltre qualsiasi cosa. E se me ne sono andata senza dirti addio, senza salutarti, allora ti saluto adesso. Lo sai che cosa penso? Penso che la nostra vita sia fatta di sorrisi. Un agglomerato di sorrisi. Lasciamoli andare. Lasciamoli andare sorridendo, senza rimpianti.
Sei stato la mia vita, Niall. Sei stato la parte migliore di me. E non cambierei niente di niente. Buon Natale, se stai vedendo questo video a dicembre. Buona Pasqua se lo stai vedendo ad Aprile. Buon Anno se lo stai vedendo a gennaio. Buon Halloween, buon Carnevale, buon Giorno del Ringraziamento, buon compleanno.
E, sopra ogni cosa, buona vita.
Ti amo’’.


°°°

Te lo prometto. Te lo prometto. Ti giuro che te lo prometto. Ed ora, su questo palco mentre canto ‘’half a heart’’ cercando di non piangere, ti penso ancora. Ti prometto che proverò a sorridere di nuovo.
Ti prometto che, da qualche parte ed un giorno, riuscirò a trovare il coraggio di lasciarti andare.


 
''Amore è avere le vertigini
quando non sei tu a sporgerti''.
-Guglielmo Scilla.


dc

SI, LO AMMETTO.

FA MOLTO, MOLTO, MOLTO STRANO VEDERE LA SCRITTA 'EPILOGO'. DOVETE SAPERE- TUTTE- CHE NON AVEVO MAI PENSATO LONTANAMENTE DI ARRIVARE ALLA FINE DI QUESTA FF. ERO CONVINTA CHE AVREI INTERROTTO DOPO POCHISSIMO TEMPO. MA SONO QUI, ADESSO, ED E' SOLO GRAZIE A VOI.
VOI DAVVERO NON VI RENDETE CONTO DI QUANTO MI FATE FELICE.
SCRIVO DA QUANDO AVEVO NOVE ANNI, E MAI- MAI- SONO STATA CONTENTA COME ADESSO. NON MI DILUNGHERO', PERCHE' PENSO CHE BASTI SEMPLICEMENTE UN GRAZIE.
GRAZIE A CHI HA LETTO E RECENSITO.
GRAZIE A CHI HA SOLO LETTO.
GRAZIE A CHI HA LETTO UN SOLO CAPITOLO.
GRAZIE A CHI MI SOSTIENE E MI RIEMPIE DI COMPLIMENTI, CHE NON MERITO.
GRAZIE DI CUORE, A TUTTE QUANTE VOI. SIETE...INEGUAGLIABILI, DICO SERIAMENTE. NON SAREI QUI, ALTRIMENTI. E MI DISPIACE CHE SIA FINITA COSI', NON SOLO PER VOI E PER ME, MA ANCHE PER NIALL ED HARRY. SI, SONO CONVINTA CHE ESISTANO I MIEI PERSONAGGI HAHAHA.
PER QUESTO, E PERCHE' SIETE ECCEZIONALI, IO STAVO PENSANDO AD UNA COSA. UN SEQUEL, IN MODO CHE LA SITUAZIONE SI SISTEMI. OVVIAMENTE, SE VOLETE ALRIMENTI NON SE NE FA NULLA. CAPIREI SE ALCUNE DI VOI NON LO LEGGESTE PERCHE' NON CI SARA' RIA.
COMUNQUE, GRAZIE GRAZIE GRAZIE.
A PRESTO RAGAZZE, FATEMI SAPERE <3
SIETE TUTTO
HARRYETTE
 

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Capitolo 31
*** AVVISO. ***


Ciao ragazze!
A quasi cinque mesi dalla fine di questa storia, voglio avvisarvi che sto scrivendo un sequel e che ho da poco pubblicato un piccolo missing moment di Niall e Ria, giusto per farci male ahaahaha
Vi lascio in basso entrambi i link.
Grazie di tutto <3
Harryette


Os
Sequel

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