Breathe

di taylorslove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***



Capitolo 1
*** Uno ***


Una volta chiusa la cerniera della valigia mi resi conto di cosa stava succedendo. 

Stava cambiando tutto così in fretta. 

Londra.

La città amata da tutti, il sogno delle adolescenti.

Stavo partendo per andare lì, e ancora non sapevo perchè stessi facendo tutto ciò. 

Mi sembrò ridicolo.

Io, da sedicenne, odio Londra, e sono sicura che non mi piacerà mai.

Ma, per mia sfortuna, mio padre ritiene che il sistema scolastico sia migliore lì rispetto a quello australiano. Ovvio, lui è andato lì, come mamma: dove si sono incontrati.

Crede che sia un ottimo posto dove finire le superiori e riuscire ad entrare in un' università prestigiosa, magari Oxford o Cambridge.

Beh, la verità è che non voglio andarci. In questo momento, vorrei solo sdraiarmi a letto e dormire.

 

Sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla, ma non avevo neanche la forza o voglia di muovermi, ero distrutta.

-Muoviti, tra due ore parte l'aereo e non siamo neanche all'aeroporto. – riconobbi subito la voce: mio fratello, Aaron. Anche lui doveva venire ed era più eccitato di me. 

Tralasciando il fatto che lui veniva per "sorvegliarmi", che in verità fece solo per stare alla larga da mio padre e, che ha ventitré anni, è abbastanza normale che sia euforico di andare a Londra, dall'altra parte del mondo.

-Arrivo- bisbigliai goffamente mentre misi le ultime cose nella borsa che mi sarei portata a mano.

     

                                                           ***

 

Arrivati all' aeroporto già volevo tornare indietro, la nostalgia si impadronì di me e iniziai a preoccuparmi.

Mi feci aiutare da mio fratello a tirare giù le uniche due valigie che avevo preparato, lasciando gran parte delle mie cose lì. 

Successivamente, lui prese la sua e la poggiò a terra con nonchalance. Tirò su le braccia per chiudere il cofano e si girò verso di me facendo una smorfia. Era davvero un bambino. 

Gli ricambiai la smorfia in modo più acido e mi girai meschinamente, facendo rimbalzare la mia coda da un lato e dall'altro.

-Non sarai ancora arrabbiata per papà?- disse lui raggiungendomi.

Non  ero arrabbiata, ero furiosa. Ci manda in Inghilterra, ci compra un appartamento lussuoso di cui non me ne frega niente, e poi non si prende la briga di venire a salutarci prima di partire.

Decisi di non dirglielo, mi avrebbe solo preso in giro, o, nel migliore dei casi, non avrebbe potuto farci niente.

-No. È tutto okay.- fu tutto quello che dissi. Stemmo in silenzio per un po', a parte quando fecimo il check-in. 

Ci sedemmo al terminal 7 su delle seggiole di plastica, tipiche dell'aeroporto. Mancavano circa un quarto d'ora all'imbarco.

Dato che il volo sarebbe durato ventuno ore piene, non volevo rimanere annoiata, perciò mi alzai e mi diressi verso il Duty Free.

Non avendo molto tempo, presi i primi giornali che capitarono, dell'acqua e del cioccolato.

Mentre mi dirigevo alla cassa sentii l'altoparlante

*Il volo numero 180 per Londra sta imbarcando*

Mi feci prendere dal panico, non riuscii a farne a meno.

Posai tutto velocemente sul bancone per riuscire ad andare il prima possibile. Fortunatamente, il commesso, "Caesar" (a quanto diceva il cartellino sulla sua camicia) non era la solita 'lumaca' che ci si ritrova ad una cassa, e fece tutto abbastanza veloce.

Corsi fuori e vidi Aaron rannicchiato con gli occhi chiusi e la bocca spalancata: si era addormentato, e, intanto, la fila per imbarcarsi era aumentata.

Mi avvicinai e iniziai a scuotergli le spalle come tentativo di svegliarlo.

Si svegliò di colpo e mi tirò un'occhiata fulminante. Con ancora gli occhi assonnati posò lo sguardo perso sulla fila e poi su di me, e di nuovo sulla fila. Fece una smorfia e balbettò qualcosa di incomprensibile. Solo lui poteva addormentarsi profondamente nel giro di dieci minuti.

Ci infilammo nella fila, una fila che sembrò durare ore. 

Ma cosa stavo facendo?

Stavo andando in uno dei posti più odiati da me. A vivere.

Stavo lasciando tutto. 

Tutto. 

Per un secondo, ebbi paura di rimanere sola per tutta la mia permanenza lì. Non sono molto brava a fare amicizie.

Le ragazzine di solito mi snobbavano perchè mio padre è ricco e avevo più possibilità economiche di loro, anzi, mi odiavano.

E poi.. con i ragazzi.. beh, sono piaciuta ad un paio di ragazzi, ma non ho mai avuto un'esperienza. Non ho mai avuto il primo bacio, la prima relazione seria. Niente. 

Voglio cambiare tutto ciò, ma non so come, non so quando.

Ho solo paura. Paura della vita che mi aspetta.

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Capitolo 2
*** Due ***


Aprii gli occhi piano.

Mi accorsi di avere la bocca spalancata e la chiusi immediatamente asciugandomi un po' di bavetta uscita mentre dormivo. Classico.

Mi faceva male la testa e mi girai alla mia destra, per ritrovare mio fratello con il Mio cioccolato in mano.

-Aaron… IL MIO CIOCCOLATO.-  cercai di dirlo più silenziosamente possibile, strappandoglielo di mano.

Rise rumorosamente e si girò davanti a se, indifferente, infilandosi le cuffie e facendo partire un film sullo schermo.

Guardai l'orologio, ancora 5 ore di aereo.

Avevo dormito per 16 ore? Non mi sorpresi, negli ultimi giorni non avevo chiuso occhio.

Guardai di nuovo la Mia tavoletta di cioccolato quasi finita, con ancora gli occhi un po' appannati dal sonno. Sbadigliai e afferrai un giornale dal sacchetto di plastica sotto al sedile davanti a me.

 

Quel giornale era pessimo, avrei dovuto scegliere meglio quando ne avevo la possibilità.

Parlava di casalinghe e arredi. Ma come mi era venuto in mente di prenderlo? Già dalla copertina si vedeva.

L'altro era uguale.

 

Presi la mia borsa a mano e me la misi sulle gambe. Ci frugai dentro per un paio di minuti fino a trovare il mio iPod. Srotolai le cuffie, e., devo dire che quella fu un' impresa.

Me le misi nelle orecchie e feci partire una delle mie canzoni preferite: Iris - Sleeping With Sirens. 

Chiusi di nuovo piano gli occhi, cercando di resistere, poi cedetti.

 

*Preghiamo tutti i passeggeri di alzare i tavolini e i sedili, preghiamo di spegnere tutti gli apparecchi elettronici, ci prepariamo all'atterraggio*

È quello che sentii quando mi svegliai di colpo. Avevo dormito quasi tutto il viaggio, ero meravigliata di me stessa.

Mi tolsi le cuffie che ormai non erano più nelle mie orecchie, ma attorcigliate nei capelli senza emettere nessun rumore. 

Svegliai mio fratello che mi spinse di lato e si riaccovacciò.

Lasciai perdere e mi riappoggiai sullo schienale.

Stavamo atterrando.

A Londra.

Ero disposta a rifarmi tutto il viaggio indietro, in questo momento, pur di non scendere da questo dannato aereo.

 

                                                                                                                                            ***

 

L'aria era tiepida. Buon inizio. Piena estate con questo venticello.

Fuori dall' aeroporto ci aspettava un amico di nostro padre.

Aaron era ancora sballato dal viaggio, quindi, invece di mostrarsi gentile e disponibile, mollò la sua valigia di fianco al grosso veicolo nero accostato al lato della strada e si "buttò" in macchina.

Feci tutto io. 

Il signor Payne, per quanto ricordo, lo vedevo al posto di guida con in mano un cellulare.

Perfetto, si può dire. Anche la gente rispecchiava la città. Volevo solo urlare.

Chiusi velocemente il bagagliaio e mi infilai in macchina, di fianco a mio fratello che giocherellava con il suo cellulare in mano.

-Benvenuti a Londra, ragazzi!- disse il Signor Payne mettendo il suo telefono in tasca e girandosi verso di noi.

Gli accennai un sorriso tirato e distolsi lo sguardo.

 

Voglia di socializzare pari a zero.

 

Mio fratello, invece, alzò gli occhi che giurai di aver visto brillare e sorrise in un modo mai visto.

Non capivo.

Mi girai e guardai fuori dal finestrino. Sembrava tutto così spento.

La macchina partì e ci allontanammo piano dall' aeroporto.

-Allora, Aaron, è da un po' che non ci si vede!- esclamò il signore dopo qualche miglia di silenzio.

-Già Geoff,- Geoff, ecco come si chiamava! -Non credo abbia mai conosciuto mia sorella?-

Mio fratello lo conosceva da quando era piccolo, era una specie di secondo padre. 

L'avevo visto solo una volta, da piccola, papà i viaggi di lavoro li faceva solo con mio fratello, non mi ricordavo assolutamente niente. Lui e mio padre non si vedevano da dieci anni.

-Sì, la conosco, era molto più piccola, però! Piacere di rivederti, Juliet.- disse lui accennando un piccolo sorriso.

-Piacere.- mi venne fuori in modo freddo, ma, come ho detto, non avevo voglia di socializzare dopo un viaggio del genere.

Non mi piaceva quell' uomo. Mentre guidava lo osservavo. Aveva l'attaccatura dei capelli strana e gli occhi tristi, però mi piacevano i suoi baffetti. Avrà avuto sui quarant'anni.

Per fortuna, la casa non era molto lontana dall'aeroporto di Heathrow, mancavano solo una decina di minuti. Volevo che finisse tutto al più presto.

-Com'è andato il viaggio?- 

Geoff decise che ogni cinque miglia doveva inserire un discorso banale. 

-Bene, direi.- disse Aaron quasi sussurrando.

-Deve essere stato pesante!- commentò lui ridacchiando.

-Già..-

So solo che in quei due minuti di discussione pregavo che stesse zitto.

Non che lo intendessi in modo sgarbato, è che non c'entrava niente tutto ciò e mi dava fastidio.

-Juliet.. suppongo che non ti piacciano i One Direction?- disse lui in tono scherzoso.

Ero confusa. 

-I One che?- chiesi un po' perplessa.

Geoff e mio fratello scoppiarono a ridere e lo sentii borbottare qualcosa tra una risata e l'altra.

 

Finalmente si accostò al lato di un condominio. Guardai la palazzina davanti a me. Più che palazzina sembrava un palazzo, tenuto bene, doveva avere degli appartamenti enormi.

Come al solito mio padre non risparmiava mai.

-Siamo arrivati!- disse Geoff quasi urlando con quel sorriso da ebete stampato in faccia.

 

Uccidetemi.

 

Scese velocemente dalla macchina, in contemporanea con mio fratello, e si avviarono tutt'e due verso il cancelletto che precedeva l'entrata della palazzina.

Presi la mia borsa da sotto il sedile e ci infilai il mio cellulare in tutta calma.

Scesi e mi misi di fianco a mio fratello.

-Sarà bellissimo- disse lui con occhi sognanti.

-Non ci sperare. Non voglio i tuoi amichetti ubriachi in casa durante la settimana. Il sabato puoi fare quel che ti pare, intesi?- puntualizzai.

Fece un sorrisino scaltro e si avviò verso la porta.

Mi girai ed andai ad aiutare Geoff.

Tirai giù il mio bagaglio e lo appoggiai di fianco a me.

-Ti piacerà Londra, vedrai.- disse Geoff sorridendo e portando giù il bagaglio di Aaron.

Lo guardai in faccia e mi fece quasi tenerezza, era bravo in fondo.

-Grazie per l'incoraggiamento, ma non credo.- gli dissi con tutta la benevolenza possibile.

Fece un sorrisetto abbastanza confuso e mi fece strada fino alla porta.

Prendemmo l'ascensore.

Schiacciò velocemente il numero cinque sulla tastiera e partì.

Quando si riaprirono le porte sbuffai. Non avevo voglia di cambiare così in fretta.

Ci dirigemmo verso una porta in fondo al corridoio. Aaron era rimasto fuori, dato che le chiavi le aveva Geoff. Passò la borsa a mio fratello e aprì la porta davanti a noi.

Era enorme, facevo fatica a credere che fosse un appartamento.

-Eccoci qui.- bisbigliò mio fratello entrando di fretta.

Sì. Eccoci qui. Ma cosa cavolo ci facevo lì?

-Ragazzi, sul tavolo vi ho lasciato le regole del condominio ed eccovi le chiavi, vi ho scritto anche il mio numero per ogni evenienza. Se vi serve qualcosa, c'è mio figlio Liam, al piano di sopra. Gli farebbe molto piacere rivedervi. Ciao!- con ciò, chiuse la porta dietro di se.

Liam.. Liam Payne. Mi ricordava qualcosa. Ma non qualcosa della mia infanzia. Recente.

Possibile?

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