Non chiedermi di lasciarti andare

di elyana87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorni di sole... giorni di tempesta ***
Capitolo 2: *** Ritorni ***
Capitolo 3: *** Qualcosa di diverso ***
Capitolo 4: *** L'unica E della mia vita ***
Capitolo 5: *** Tracce di te ***
Capitolo 6: *** Ancora tu ***
Capitolo 7: *** Un altro colpo... ancora un altro! ***
Capitolo 8: *** Un vuoto che resta ***
Capitolo 9: *** Amore di plastica ***
Capitolo 10: *** Il vecchio Emiliano ***
Capitolo 11: *** C'è sempre un altro modo ***
Capitolo 12: *** L'unica via ***
Capitolo 13: *** Lo spiraglio ***
Capitolo 14: *** Non chiedermi di lasciarti andare ***



Capitolo 1
*** Giorni di sole... giorni di tempesta ***


Non ho chiuso occhio questa notte.
Ho passato tutto il tempo a parlare con Sonia, cercando di rassicurarla e di rassicurare me stesso.
Ho fatto la cosa giusta, ne sono certo.
Non faccio altro che pensare ad Anna e all’ultima volta in cui ci siamo parlati.
Sono già passati 5 giorni. 5 lunghissimi ed interminabili giorni in cui non ho potuto fare altro che sentirmi uno schifo per quelle lacrime e per quell’amore che credevo non mi fosse concesso darle.
Ma ora è finito tutto!
Da adesso posso iniziare la mia vita. La mia vera vita.
Ed è assurdo come abbia iniziato a sentirmi davvero vivo soltanto nel momento in cui i nostri occhi si sono incontrati sei mesi fa.
Sei mesi in cui ho costantemente pensato al nostro primo incontro.
Ai suoi occhi.
A quella piccola mano stretta nella mia… e a quella scossa elettrica che mi ha colpito dritto al petto.
Qualcosa di mai provato in 23 anni della mia vita.
Nel preciso istante in cui ho sfiorato quella mano ho sentito di non aver scampo…
e, anche se ci ho messo un po’ ad ammetterlo a me stesso, Anna è l’unica alternativa possibile.
E deve saperlo.



“Anna” I miei occhi persi nei suoi, lo fisso, incapace di fare altro.
E, senza che possa evitarlo, la mia mano si allunga meccanicamente verso quel bellissimo sconosciuto, bisognosa di sentirlo vicino, di approfondire quella conoscenza, di dare un senso a quell’incontro.
Lui sorride stupito e, copiando il mio movimento di poco prima, prende la mia mano e la stringe delicatamente, come se avesse paura di romperla.
“Anna… io sono Emiliano”. Ed io la sento. La scossa.


Mi sveglio di soprassalto nel mio letto, turbata dal ricordo di quella sensazione.
Nella mia stanza. Sola.
Sola, come non mi ero mai sentita in vita mia.
Nell’ultimo mese è stata una sensazione ricorrente… e da 5 giorni si è amplificata.
Mi sento svuotata. Persa.
Vago senza meta. Incapace di sorridere.
Tutto mi costa fatica.
Ed è la sera il momento peggiore, quello in cui chiudo gli occhi e sei mesi di Emiliano tornano e mi colpiscono come una raffica di pugni allo stomaco.
Continuo a sognare il nostro primo incontro, come se anche i sogni volessero prendersi gioco di me, mostrandomi dove tutto sarebbe dovuto finire.
Nel preciso istante in cui ho sfiorato quella mano ho sentito di non aver scampo… ma ora è tutto finito.
Sono a terra, distrutta e non so se, né come riuscirò ad alzarmi.
Però di una cosa sono del tutto certa: non tornerò indietro.
Questa volta sarò più forte io del resto del mondo.
E al diavolo i sentimenti, ormai del mio cuore non è rimasto niente, niente per cui combattere.

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Capitolo 2
*** Ritorni ***


L’aria sul viso, il sole ancora tiepido di fine maggio e tutto intorno a me sembra più bello senza una reale ragione.
Le 6.30 del mattino.
Sto attraversando mezza Roma in motorino e, nonostante non abbia dormito nemmeno un minuto non riesco a sentire la stanchezza. Ho solo voglia di correre ed arrivare presto a Poggio Fiorito.
Devo parlare con il dottor Martini. Devo dirgli tutto, perché non pensi che quella volta in clinica l’abbia preso in giro, perché non è così.
Non avevo mai pensato alla possibilità di stare insieme a qualcuno che fosse tanto più piccolo di me.
Io non metto le mani addosso alle ragazzine di 16 anni.
Ma Anna non è una ragazzina di 16 anni qualsiasi.
Anna non è una ragazzina.
Anna è il sole, la forza, il coraggio, la speranza che anche per un tipo come me ci sia qualcosa di buono a questo mondo.




Il campanello suona insieme alla sveglia. Sarà Melina che ha dimenticato le chiavi.
Suona di nuovo, ma a me non importa scoprire chi sia. A me non importa niente di niente.
Continuo a fissare il soffitto da quando quel dannato sogno mi ha svegliata qualche ora fa, cercando di non pensare, di concentrarmi sull’intonaco, sul lampadario… sul niente.




Una donna elegante dall’accento nordico mi apre la porta. Se non ricordo male l’ho già incontrata qui, quel pomeriggio in cui sono stato in questa casa con Sonia.
AVE: Oh, Emiliano, buongiorno! Benedetto tuso, ma che cosa fai qui alle 7 del mattino?
La signora si ricorda di me, dopo un solo incontro.
Non ricordo che parentela abbia con Anna, ma è a tutti gli effetti un membro della famiglia… e forse è proprio questo quello che accade in una famiglia: tutti sanno e conoscono tutto degli altri.
Ecco perché è una strana sensazione per me, il ragazzo senza famiglia.
E: Signora mi scusi, ma ho bisogno di parlare con il dottor Martini
La mia voce suona più agitata di quanto dovrebbe, come a voler caricare di enfasi le mie parole.
A: Eh ma il professore è rientrato poco fa dal turno di notte, non so se sia il caso…
E: La prego signora, non insisterei così se non fosse davvero importante…
A: Ma è successo qualcosa a Sonia?
Ed è realmente preoccupata dall’idea che Sonia, o il bambino, possano essere in pericolo.
E: No. No. Sonia sta bene. È di me che devo parlargli…
A: Senti io provo a vedere cosa posso fare, tu nel frattempo entra a fare colazione con noi
E: No, grazie signora, preferisco aspettare qui fuori.
A: Va bene, Emiliano, come vuoi… però basta con questo Signora. Io sono Ave, solo Ave!.
Mi scappa un sorriso. Sono davvero strani questi Martini! Nella mia vita non ho mai incontrato nessuno come loro: persone per bene, dal cuore grande, che si prodigano per gli altri senza chiedere niente in cambio.
Lo hanno fatto con me.
Lo hanno fatto per Sonia.
E chissà per quanti altri.
Mentre penso, vago per il giardino della villetta.
Lo sguardo alla stanza di Anna.
Adesso si starà alzando per andare a scuola. Chissà come sta. Chissà se è tornata a sorridere come quel giorno dal benzinaio.
Lele: Emiliano…
Il dottor Martini appare scarmigliato sulla porta, sbadigliando a ripetizione.
Ha l’aria stanca di chi non dorme da giorni.
Mi vede e sembra preoccuparsi della mia presenza.
Lancia uno sguardo verso la porta esterna di camera di Anna, come per controllare qualcosa poi torna a concentrarsi su di me.
E: Buon giorno dottor Martini
L: Sei caduto dal letto?
E: No… in realtà non l’ho proprio visto il letto…. Anzi, mi scusi per averla svegliata,ma io… Io dovrei parlarle
L: Adesso?
Mi chiede incredulo, mentre gli sfugge un altro sbadiglio
E: Sì
L: Va bene… senti, prendo le chiavi della macchina, ci facciamo un giro così mi racconti e io evito di addormentarmi mentre parli
E: Grazie.
In un attimo è fuori dalla porta, come se avesse fretta di allontanarmi da quella casa, ma non mi concentro più di tanto su questo pensiero.
Saliamo in macchina e inizio a raccontare le mie ultime giornate.




Mi trascino in cucina, vestita di tutto punto, pettinata e appena truccata.
Indosso un finto sorriso perché non ne posso più di vedere gli sguardi di compassione dei miei familiari e di rispondere alle solite domande.
Sono forte.
Io posso essere forte.
Devo solo volerlo e, forse, un giorno, Emiliano sparirà.
Anna: Buon giorno
Bianca: Ciao Anna, buon giorno
Mi risponde Bianca, sorridendomi dolcemente, seguita da tutti i miei fratelli seduti attorno al tavolo.
Maria si avvicina e mi schiocca un bacio sulla guancia.
Lei non domanda e non indaga eppure sa tutto, glielo leggo negli occhi.
Sa che sono a pezzi, ma fa di tutto per non farmelo pesare. Elena mi allunga del latte e Bobo una fetta di pane e marmellata, ma ho lo stomaco chiuso. Non riesco a mangiare.
Maria: Non ti va proprio niente, Anna?
Recita finita. Il sorriso sparisce all’improvviso, quando l’attenzione torna a concentrarsi su di me.
A: No, grazie. Anzi, mi sa che mi avvio a scuola. Ciao
E, senza aspettare risposta, esco dalla porta finestra della cucina.




E: Sa dottore, io non avevo mai provato niente di simile… anzi, mi fa davvero strano parlarne con lei. Però volevo che sapesse che…
L: Emiliano, sarò sincero con te. Anna sta passando un periodo difficile e io non sopporto di vederla stare così male, perciò ti chiedo solo di prendere una decisione… e di mantenerla perché….
E: …So di non essere la persona più affidabile del mondo, dottore. Ma io ci tengo davvero ad Anna. Mi sono allontanato da lei perché sapevo di poterle causare solo guai. Ma lei è tornata indietro una ed un’altra volta. Ed io ho smesso di lottare contro quello che mi succedeva dentro… poi è arrivata Sonia… e lei ha gestito la situazione per tutti e tre, mostrandomi che non è affatto una ragazzina
L: E’ vero, non lo è. Ma è giovane e non riesce a gestire quello che prova per te. Un minuto è in paradiso e l’attimo dopo sotto ad un treno… perciò ti chiedo di nuovo che intenzioni hai con lei? E con Sonia…




Cesare: Anna… anna
Mi volto, controvoglia.
Devo di nuovo indossare la maschera della “ragazza normale e mediamente felice”.
A: Cesare…
Il mio vicino di casa. Lo conosco da una vita, siamo buoni amici e frequentiamo la stessa scuola,anche se lui ha due anni più di me: lui quasi diciannove anni, io quasi diciassette.
Per tanto tempo siamo stati inseparabili, quasi simbiotici fin quando non è arrivato Emiliano…
C: Ciao Anna. È una vita che non ti vedo in giro… né a scuola. È tutto a posto?
A: Sì, normale. Sono stata impegnata con lo studio. Devo recuperare tre insufficienze…
C: Latino immagino…
A: E matematica… e fisica
C: Cavoli… beh, matematica e fisica le ho anche io…
A: Mal comune mezzo gaudio…
C: Esattamente…
E rido sinceramente, per la prima volta dopo non so quanti giorni.
Mi mancavano questi momenti con lui.
In realtà mi manca la ragazza spensierata che ero prima di incontrare Emiliano.
C: Facciamo due passi insieme mentre andiamo a scuola? Così possiamo chiacchierare un po’
A: Affare fatto amico!
Lo prendo a braccetto e mi sento un pochino meglio.
E forse ho ancora qualche speranza di recuperare l’Annuccia che era in me.




E: Ho passato la sera a parlare con Sonia, di noi, del bambino che nascerà, delle cure che dovrà fare… mi ha chiesto di fargli da padrino, quindi io non uscirò dalle loro vite… ma è tutto qui, dottore
L: Sono contento per te Emiliano, ma non riesco a capire…
E: Dottor Martini, quando ho conosciuto sua figlia, sei mesi fa, non mi sarei mai immaginato che una ragazzina potesse sconvolgermi la vita in questo modo. Io ho sempre vissuto alla giornata. Non ho mai dovuto, né potuto, pensare ad altro che non fosse sopravvivere.
Ho molti amici, il mio lavoro, ma non ho una vera famiglia su cui poter contare. Una famiglia come la sua. Sono sempre stato solo. E poi è arrivata Anna.
Ha combattuto con le unghie e con i denti. Ha voluto che la conoscessi prima di poter scartare l’opportunità di provare qualcosa per lei. Ed è davvero cocciuta sua figlia
L: E’ vero. È molto testarda. Tenace. E coraggiosa
E: Non avevo mai incontrato nessuno come lei. Mi ha mostrato il mondo con i suoi occhi. Ho visto cose che non pensavo potessero esistere. Si è presa cura di me. Sempre. Anche quando sapeva che sarebbe stata respinta. Anche quando sapeva che avrebbe sofferto. Ha sempre pensato a me
L: Si è innamorata di te. Semplicemente questo. La forza del primo amore…
Restiamo qualche istante in silenzio, mentre la macchina si ferma accanto alla scuola di Anna e il dottor Martini spegna il motore. Prendo fiato e poi continuo.
E: Ecco, io volevo che lei sapesse tutta questa storia prima di… insomma…
L: Stai dicendo che vuoi la mia benedizione?
E: In un certo senso sì, dottore…. Per questo l’ho tirata giù dal letto
L: Bravo, Emiliano, hai fatto bene!
mi risponde sbadigliando, con una punta di ironia nella voce, per poi tornare serio
L: Solo che vorrei che fossi davvero convinto…
E: Le basterebbe sapere che ci tengo davvero?”
L: …Direi che è sufficiente… ma a questo punto tutte queste cose non dovresti dirle a me, ma sai bene a chi.




Cesare: Eccoci
Il tempo è volato. Non mi ero nemmeno accorta di essere arrivata davanti a scuola.
A: Eccoci. Cesare, mi ha fatto piacere parlare con te. Dovremmo farlo più spesso
C: Quando vuoi. Terza villetta a destra. La stessa di sempre A: Cercherò di ricordarlo…
Mi da un sonoro bacio sulla guancia sinistra e si allontana, ed io mi sento di nuovo sola.
Proprio come sta mattina.
Proprio come ogni mattina dell’ultimo mese, quando ho lasciato Emiliano fuori da Villa Aurora.
Il suono del telefono mi distrae dai miei pensieri, un messaggio.
Cesare.

Sorridi Annuccia. Più forte che puoi. Solo così sarai invincibile! Buona giornata e grazie della compagnia. Mi è mancata davvero in questi mesi.

E ci provo.
Ma da sola non mi viene, perciò ci rinuncio.
Vorrà dire che diventerò invincibile domani.
O dopodomani.
Mi avvicino a Flavia e Sara, impegnatissime in un discorso che non riesco a seguire, ma non me ne preoccupo più di tanto.
Le saluto, ricordando a me stessa che nel pomeriggio devo chiamare Giulia che negli ultimi tempi sto trascurando. Quanto mi manca! Questo viaggio negli USA proprio adesso non ci voleva.
Torno ad occuparmi di loro e mi aggiornano sulle ultime conquiste amorose del figo della scuola.
Fingo interesse.
Un tempo non molto lontano mi sarei trasformata in Alfonso Signorini, ma al momento provo solo una punta di invidia per la nuova fiamma di Riccardo Testoni.
Deve sentirsi al settimo cielo.
Come mi sentivo io prima di Sonia e il bambino-non-bambino di Emiliano…
Basta. Non devo pensarci.
Non voglio pensarci.




Lele: …Tutte queste cose non dovresti dirle a me, ma sai bene a chi.
Resto per un attimo interdetto. Ero tutto preso dal mio discorso che mi ha colto alla sprovvista. E lui deve accorgersene immediatamente perché si appresta a sottolineare.
L: Anna dico…
Il suo sguardo vaga fuori dall’auto poi si fissa in un punto preciso vicino all’ingresso della scuola, e, indicandomelo
L: Eccola.
Guardo in direzione del suo dito e sento aprirsi sul mio viso un sorriso luminoso, da pubblicità del dentifricio.
Eccola, finalmente.
Ho così tante cose da dirle.
Così tanto da farmi perdonare.
E: Allora vado…
L: Vai
Faccio per allungare la mano, per stringergli la sua, impacciato e imbarazzato come non mi ero mai sentito. Non è da tutti essere in macchina a chiacchierare con il padre della ragazza con cui vorrei stare di quello che provo per la figlia, perciò, dico io, un po’ di rincretinimento repentino può starci, giusto?
Non appena mi accorgo del gesto un po’ troppo cavalleresco, la ritiro rapidamente e stringo il giubbino di pelle.
Il dottore mi guarda divertito, senza più nessun tipo di astio.
Non sono più una minaccia per la sua bambina.
Ora sono degno di lei. E mi piace sentirmi così.
Mi piace pensare che qualcun altro, a parte lei possa pensare che io sia adatto a starle accanto.
E: Va bene, vado! Grazie.
L: Ciao Emiliano.
Scendo dalla macchina e corro verso di lei, il cuore in gola. La voglia di abbracciarla, di darle un bacio e cancellare l’ultimo mese delle nostre vite.
Ripartire da quel bacio nel suo giardino.
Dal momento in cui ho capito che avremmo potuto farcela.




E: Anna
Una voce. Quella voce.
Mi chiama. Ed io la sento.
E sono quasi certa che sia solo nella mia testa.
Folle.
Adesso immagino ad occhi aperti quello che avrei voluto accadesse da sei mesi.
Mi volto per tentare di scuotermi e resto di sasso.




Eccoti, finalmente.
Il mio scricciolo di donna.
Sei così vicina.



E ti vedo a pochi passi da me.
Se allungassi un braccio potrei perfino toccarti.
Sei reale.
E sorridi.
Sorridono anche i tuoi occhi.
E in me scoppia una guerra.



Forse è un po' lungo... spero di non annoiare nessuno!
Buona Lettura
Elyana

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Capitolo 3
*** Qualcosa di diverso ***


E: Anna
Non riesco a smettere di sorridere. Ho un unico bisogno: stringerti.
Mi avvicino piano, mettendo a fuoco passo dopo passo la tua immagine.
Sei così diversa.
Più magra e pallida del solito.
Gli occhi stanchi di chi non ha più lacrime da versare.
E mi sento terribilmente in colpa.



Il primo istinto è quello di gettarti le braccia al collo, senza nemmeno conoscere il motivo di questa improvvisata.
Mi sei mancato così tanto.
Una maglia grigia ti fascia il petto e le braccia mettendo in risalto il tuo fisico perfetto e un paio di jeans ti fanno apparire un po’ meno il “cattivo ragazzo della situazione”.
Sembri più simile a me questa mattina, più ragazzino, come diresti tu.
E Sei bello. Ma non come sempre.
Sei molto più bello di quanto mi ricordassi.
C’è qualcosa di nuovo in te, di diverso.
E questo pensiero mi gela il sangue.
Perché solo una può essere la ragione di questo tuo improvviso cambiamento.
E sono sicura di non essere io.



Sei qui, immobile davanti a me.
Ma per la prima volta da quando ci siamo incontrati, non riesco a vedere gli occhi della piccola donna che mi ha travolto.
Sei diversa.
Spenta.



Ti fisso e penso che l’unica cosa che vorrei in questo momento è un tuo abbraccio.
Uno solo.
Per ricordare com’era stare abbracciata a te, Emiliano.
Ma non riesco a fare il minimo gesto.
Resto qui. Ferma. Immobile.
Certo, sorpresa… ma anche arrabbiata.
E triste.
Perché tutto questo non può avere una fine?
Per quanto ancora dovrò soffrire?
Quanto male riuscirò a sopportare?



Mi avvicino piano.
La tua reazione mi lascia spiazzato.
Il tuo sguardo mi attraversa come se volessi farmi scomparire.
Sei qui, ma vorresti essere altrove.
Allungo il braccio ed afferro la tua mano, accarezzando piano il dorso, tenendola stretta tra le mie, ma anche lei mi sembra diversa… è rigida. Fredda.
Non ti fidi di me.
Non più.
A: Che ci fai qui?



In una frazione di secondo il mio umore cambia.
L’idea che la ragione della tua serenità e del tuo sorriso sia Sonia mi uccide.
E questo pensiero fa sempre più male.
Non sono contenta di vederti.
Ho bisogno di altro tempo per metabolizzare tutto.
Sono ancora troppo vulnerabile per potermi lasciare andare e fare quello che ci si aspetterebbe da una ragazzina innamorata che ha passato gli ultimi mesi a struggersi per Il ragazzo che le ha rapito il cuore.
Il cuore e il cervello entrano in lotta, ma per la prima volta da quando le nostre mani si sono sfiorate sei mesi fa, è la testa a vincere.
E: Ho bisogno di parlarti…
La tua espressione cambia in un istante.
La mia reazione ti confonde.



Alzi di poco la testa per guardarmi dritto negli occhi, senza però spostare la mano dalle mie.
Mi parli piano, con la voce appena rauca.
A: E di cosa, Emiliano? Mi pare che ci siamo già detti tutto…



Cerco di farmi forza e di resistere alla sensazione che questo contatto con le tue mani mi provoca.
Ma qualcosa in me si incrina e la mia voce ti rende partecipe.
E: Ci sono delle cose che devi sapere
No. Non voglio sapere niente.
Io voglio dimenticare.
Non mi interessa conoscere altri dettagli del suo essere un uomo su cui si possa contare.
Non voglio che mi racconti niente della sua nuova vita o del suo bambino.



E, come se ti fosse arrivata una secchiata d’acqua gelida addosso ti liberi dalla mia presa.
Nei tuoi occhi continuo a vedere un turbine di sentimenti, nessuno dei quali è positivo.
Nessuno risponde a quelle che erano le mie aspettative per questa nostra conversazione.
Ho paura di cosa accadrà quando esploderai.
A: Non credo. Hai preso una decisione, giusto? … non vorrei essere io il motivo per cui non riesci a guardarti allo specchio
Ma non esplodi. Sei inspiegabilmente calma.
Usi contro di me una frase che ti ho detto non molto tempo fa, nella sala d’attesa della Clinica, quando, con gli occhi pieni di speranza, mista a terrore, mi chiedevi che ne sarebbe stato di noi dal momento che il bambino non era mio.



Avrei voluto urlargli in faccia che è colpa sua se non voglio più parlargli.
È colpa sua. Sua. Sua.
È lui che ha deciso di restare con Sonia nonostante il bambino fosse di un altro.
È lui che ha deciso di mandare al diavolo tutto quello che c’era tra noi.
È lui che mi ha spezzato il cuore.
Avrebbe potuto starle accanto e stare insieme a me.
Si può essere una famiglia anche così.
E io avrei voluto bene ad entrambi.
L’avrei diviso con la persona che è innamorata di lui da tutta una vita solo per saperlo felice, tranquillo e sereno.
Ma lui non ha accettato.
Lui ha deciso per entrambi che la situazione non era gestibile.
Lui mi ha lasciata andare via.
La campanella suona, ricordandomi dove sono e quello che è la mia vita.
Giro sui tacchi e prendo la via dell’entrata, ma lui è più veloce.
Mi trattiene il braccio e, poggiandomi una mano sul fianco mi costringe a girarmi e a guardarlo negli occhi, proprio come quel giorno... quello in cui mi ha baciata per la prima volta.
E: Anna… Anna… devi ascoltarmi…



Ripeto istintivamente un gesto già compiuto in passato.
Ti trattengo per la vita, nella speranza che questo contatto ti dia la forza di ascoltare quello che ho da dirti.
Ma mi spingi via, poggiandomi entrambe le mani sul petto, mi allontani con tutta la tua forza liberandoti dalla mia presa.
Non mi avevi mai respinto.
Cos’è cambiato, scricciolo?!
La tua voce sale di diversi toni.
È dura, rabbiosa.
Mi perfora i timpani… e non solo.
A: No. Basta. Ti ho ascoltato per mesi. Ho provato a capirti. Non ci sono riuscita, ma ho accettato le tue scelte. Mi pare di aver fatto tutto quello che DOVEVO
E solo in quel momento riesco a rivedere un po’ di quella forza e determinazione che in questi mesi ho imparato ad amare. Solo mentre mi urli in faccia tutto il male che ti ho causato.
Mentre mi chiudi fuori dalla tua vita.
E: Perché non vuoi ascoltarmi? È davvero importante quello che devo dirti…
A: Perché faccio tardi a scuola



E mi allontano da lui. Per sempre.
È finita.
Respiro a fondo un paio di volte e provo a ricacciare indietro le lacrime.
Ma sento gli occhi inumidirsi.
E qualcosa di più profondo sanguinare.
Per quanto ancora?



E la vedo voltarsi e abbandonarmi qui.
Niente è andato come speravo e desideravo.
Sono io la causa di tutta quella rabbia e di quegli occhi spenti.
Ho fatto male all’unica persona che si sia mai interessata a me.
All’unica che mi abbia mai fatto innamorare.
Sento una mano stringermi la spalla.
Mi volto appena e riconosco il dottor Martini.
Deve aver seguito tutta la scena da lontano.
Non ho il coraggio di guardarlo negli occhi.
Ma in ogni caso non ci riuscirei. La sua immagine è sfocata.
Lele: Passerà Emiliano… passerà!
Una lacrima. Di nuovo, io che non ho mai pianto.
Solo per lei.
Perché in fondo ha ragione su tutto.
Perché mi manca.
Perché ho bisogno di lei.




Ecco per voi un nuovo capitolo
Buon inizio settimana a tutti
E.

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Capitolo 4
*** L'unica E della mia vita ***


La mattinata prosegue lenta.
Quarta ora. Matematica.
Una serie di numeri, parentesi e frazioni alla lavagna.
Non ho seguito una parola.
La testa è altrove. Molto più del solito.
Guardo fuori dalla finestra, c’è il sole eppure io non sorrido.
Vorrei che piovesse a dirotto.
Vorrei piangere e allo stesso tempo vorrei aver la forza di non stare così male.
È finita davvero.
Continuo a chiedermi se ho fatto la cosa giusta.
Forse. Allora perché mi sento molto peggio di prima?



Il foglio che ho davanti è bianco da più di due ore.
Cerco l’ispirazione, ma tarda ad arrivare.
Provo a fare uno schizzo. Niente.
Anche a me sembra ridicolo.
Accartoccio l’ennesimo foglio che cade a terra, andando ad unirsi agli altri 30.
Cerco di concentrarmi sul lavoro, di tenermi occupato come posso, ma non posso fare a meno di pensare alla nostra conversazione di poco fa e non riesco a rassegnarmi.
Non posso credere che sia davvero finita.
Mi faccio ridere da solo. Sono davvero un fenomeno!
Ho passato sei mesi a respingerla in ogni modo possibile e quando finalmente riesco ad allontanarla da me mi sento svuotato.
Il problema è solo uno: volevo che stesse fuori dalla mia vita per non farle del male, ma tenendola fuori le ho fatto ancora più male!
Che c’è di tanto sbagliato in me?
La vibrazione del cellulare riaccende una piccola speranza in me.
Forse è Anna.
Desidero che sia Anna.
Illuso e disilluso nel giro di pochi istanti.
Ho fatto tutto da solo, come sempre.
Perché non riprendi a tampinarmi scricciolo?
Perché non torni da me?



Guardo il cellulare di nascosto, vorrei vedere un suo messaggio… o forse no.
Non so nemmeno io cosa voglio.
La testa mi dice di lasciar perdere, di andare avanti.
Ma qualcosa dentro di me non riesce a staccarsi da lui.
Ho bisogno di lui.
Ma devo resistere.
Provare ad andare per la mia strada, da sola, proprio come mi aveva detto lui qualche tempo fa.
Devo farcela. Per me.
Prof: Martini, ti vedo persa… è tutto chiaro?
Io sono persa.
Smarrita, come Cappuccetto Rosso nel bosco.
Non so cosa fare…
Annuisco, senza curarmi del fatto che grazie al prossimo compito in classe e alla mia dannatissima testa fra le nuvole passerò l’intera estate sui libri nel tentativo di superare l’esame del debito di matematica.
Tanto non avrò di meglio da fare.



Valentina piomba all’improvviso in negozio, distraendomi dalle mie faccende.
Non avevo risposto al suo messaggio per evitare che passasse.
Non ho molta voglia di parlare.
La osservo dallo specchio che riflette l’ingresso dello studio, con non curanza.
Noto in lei qualcosa di strano… e riesco a sentire la sua gioia incontrollata anche se non ha ancora proferito verbo.
È dannatamente felice.
I suoi occhi brillano di un blu più intenso del mare di Minorca.
E, per la prima volta da quando abbiamo questo rapporto quasi fraterno, mi sento invidioso della mia amica.
V: Ema!
E: Ciao Vale…
V: Mamma mia come stai combinato… è successo qualcosa?
Faccio segno di no con la testa, ma non gliela do a bere.
Mi conosce, forse pure più di quanto vorrei.
Continuo a scarabocchiare sul foglio, senza sapere bene cosa, solo per distogliere lo sguardo e distrarre la sua attenzione da me e dal mio viso, così da riuscire a nascondermi ancora per un po’.
V: Ok, non vuoi dirmelo… Vediamo allora se indovino… bionda, dolce, ragazza per bene… un pelo squilibrata… c’ho preso?!
E: Direi di no
Sì, cavoli, sì! C’hai preso.
Ma sono così scontato?
Era così scontato anche sei mesi fa che alla fine avrei perso la testa per Cappuccetto Rosso?
V: Non mi dire che la tua vita mi ha riservato una nuova puntata di Beautiful…
Bell’amica, ha pure il coraggio di sfottermi.
Si accomoda sulla poltrona bianca, come fosse ad una seduta dallo psicologo e guarda fissa la parete di fronte a lei.
Strano, credevo di essere io quello in analisi!
E: Niente di simile
V: E allora cos’è quel broncio?
Questo gioco inizia a stancarmi.
Non voglio parlarne.
Non voglio dire che sono stato piantato in asso per la seconda volta da Anna Martini, la ragazzina più cocciuta di Roma Centro.
E non è per orgoglio… è solo che dirlo ad alta voce sarebbe come ammetterlo.
Ed io non voglio. Preferisco restare in bilico ancora per un po’.
E: Hai bisogno di qualcosa, Vale?
V: Solo di sapere se il mio amico sta bene… e di un bel disegno!
E: Che tipo di disegno?
Finalmente qualcosa a cui appigliarmi.
Altro a cui pensare.
V: Qualcosa di bello e originale, che simboleggi l’amore. Ma quello vero. Quello con la A maiuscola.
E: Sempre persa dietro ai tuoi sogni…
V: Mia madre dice sempre che se ci credi prima o poi si avverano
E: Se solo fosse vero…
A me, da piccolo, le storie non le leggeva nessuno.
Però ho sempre sperato nel lieto fine.
Anche oggi ci avevo sperato
V: Basterebbe impegnarsi… e lottare.
E marca con la voce quel “LOTTARE”, come se volesse dirmi qualcosa.
Un messaggio cifrato.
V: Sai, io ho un vago ricordo.
E: Che ricordo?
V: Una ragazzina bionda che mi piomba addosso mentre parlo col mio ragazzo per difendere l’onore dell’uomo dei suoi sogni. Mi ha davvero colpita. Non si è preoccupata di fare una brutta figura. Di essere insultata. E sai perché?... perché ha seguito l’istinto.
Per la prima volta da quando è entrata il mio sguardo incrocia il suo.
Non capisco dove voglia arrivare.
E: Perché mi stai dicendo questo?
V: Perché non mi pare il caso di mollare il colpo. È innamorata di te.
E: Valentina ma io non ti ho detto niente.
V: Ma io sono un po’ strega, lo sai!
E: Una perfida strega… quindi tatuaggio sull’amore con la A maiuscola?!
V: Esattamente!
E: Ci lavoro su.
V: Chiamami quando avrai trovato un modo per spiegarlo! A modo tuo andrà benissimo!
Mi bacia rapidamente una guancia e sparisce di corsa così com’è arrivata.



Scorro la rubrica del cellulare distrattamente, più per riempire il silenzio di quest’ultima ora di lezione buca. Alice. Alessandro. Andrea. Aurora. Poi veloce fino a te. Emiliano.
L’unica E della mia vita.
Mi guardo il polso e da sotto la polsiera che mi hai regalato spunta il naso di un delfino, sorride.
Erano giorni che non guardavo il mio tatuaggio… una delle tracce indelebili che hai lasciato su di me.
E a cascata mi tornano in mente quei giorni di follia.
Le corse in autobus per venire da te, la scuola saltata… il tatuaggio.
Eppure ero felice.
Incasinata come mai avrei immaginato di poter essere, ma dannatamente felice.
Uno sguardo, un sorriso o semplicemente la tua immagine erano capaci di riempirmi la giornata.
Di farmi sentire ad un passo dal toccare il cielo con le dita.
Chissà se riuscirò ancora a sentirmi così con qualcuno che non sia tu…
Ma questa mattina, quando sei apparso così, all’improvviso, con quel sorriso speciale non ho avuto il coraggio di perdermi nuovamente in te, di lasciarmi trascinare verso di te… ho avuto paura Emiliano.
Paura che fossi venuto ad aggiornarmi sulla tua storia con Sonia.
Paura che avessi potuto trovare la felicità con qualcuno di più simile a te.
Paura che potessi ferirmi ancora. E ancora. E ancora.
Non posso sopportare oltre.
Quel po’ che resta del mio cuore non è in grado.

Scusami. Fa ancora troppo male. Lasciami in pace, te lo chiedo per favore.

Digito rapidamente il testo sul cellulare e, senza stare troppo a rifletterci premo invio, consapevole che dopo questo sparirai definitivamente dalla mia vita.
Una lacrima. Forse quattro.
Finiranno prima o poi.



Eccomi di nuovo qui
Spero possa piacervi
Buona lettura
E.

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Capitolo 5
*** Tracce di te ***


Sabato 8 giugno 2013. Ultimo giorno di scuola.
Mi guardo un’ultima volta allo specchio.
Non sono riuscita a coprire gli occhi cerchiati nemmeno con il magico cerone di Maria.
È assurdo non riuscire a riconoscersi nella propria immagine riflessa.
Decido di non soffermarmi più di tanto su questo pensiero e recupero il diario e una penna da mettere in borsa, distratta, come sono da un po’ di tempo.
Qualcuno bussa alla porta di camera mia un po’ troppo energicamente.
Mi spavento.
E non so come, ma in un istante la polsiera di Emiliano si slaccia e precipita al pavimento.
A: Ciao Papà
Senza troppo entusiasmo lo saluto ma non mi concentro su di lui.
Come ipnotizzata resto a guardare l’oggetto per terra, mentre papà si mette a sedere sul mio letto, con le mani giunte sulle ginocchia, non sapendo bene cosa dire o fare.
Lele: Oggi è l’ultimo giorno di scuola, cos’è quella faccia? Non dovresti essere al settimo cielo?
Alzo le spalle.
In realtà non è che mi importi molto.
Mi chino per recuperare il bracciale di cuoio che per mesi è stato una seconda pelle e inizio a girarmelo tra le mani, non sapendo bene cosa farci.
L: Programmi divertenti per la giornata?
A: Scuola. Casa. Letto. Le solite cose.
L: Ma c’è il sole, perché non esci un po’?
A: Forse.
Gli rispondo, giusto per farlo contento, ma so di non dargliela a bere.
Il problema è che non mi va di uscire.
Non mi va di stare in mezzo alla gente.
Non mi va di parlare.
Lo faccio solo perché devo.
Perché per gli altri è così difficile capirlo?
Ho bisogno di tempo.
Di ritrovare la persona che ero, prima di buttarmi di nuovo nella mischia.
Papà si blocca, credo non sappia cosa dirmi.
Mi siedo alla scrivania, restando concentrata sul bracciale.
Il silenzio dura poco.
L: Ho incontrato Cesare ieri pomeriggio. Dice che non ti ha più sentita né vista…
A: Cesare è un tantino appiccicoso in questo periodo
Gioco nervosamente con la polsiera.
La avvolgo attorno al polso, mi fermo a guardarla, tenendone unite le estremità con le dita per poi tornare a toglierla e appoggiarla.
L: Ma se non vi vedete da mesi!
Ripeto il gesto un’altra volta.
Sta così bene al polso.
Ancora non riesco a separarmene.
A: Appunto. Ci sarà un motivo?!
Decido di metterla, in fondo è stata lì per così tanto tempo che la sento un po’ parte di me.
Provo ad allacciarla ma non riesco.
Mi torna in mente il momento in cui Emiliano me l’ha regalata.
Anche lui ha fatto fatica ad allacciarla.
Il mio giocherellare con il bracciale ha totalmente catturato l’attenzione di papà.
C’è qualcosa che lo sta logorando.
È come se volesse chiedermi qualcosa.
L: Senti, Anna… come stai?
A: Bene, papà
Mento spudoratamente con la voce rotta dal pianto, ma non lo guardo negli occhi, so che altrimenti capirebbe che qualcosa… che tutto non va.
Cerco di portare a termine l’impresa di riagganciare il bracciale.
L: Sicura?
Tutto inutile.
Tanto vale dirgli la verità.
A: No. Ma mi piace crederlo.
E gli faccio un sorriso tirato, rassegnata.
L: Onesta da far male. Senti ma… Emiliano?
Quel nome pronunciato ad alta voce mi rimbomba nella testa. E mi colpisce al petto.
A: Cosa…
L: L’hai più visto?
A: No.
Rispondo secca.
L: E non ti andrebbe di fare un giro da lui? Che ne so, magari fate due chiacchere…
A: Cos’è? Adesso mi lanci tra le sue braccia?... comunque non è una buona idea. Non voglio vederlo con Sonia
L: Magari qualcosa è cambiato…
No.
Non è cambiato niente. Lo sai bene anche tu, papà!
Perché mi fai questo???
A: Senti papà, io non voglio vederlo. Non voglio parlargli. Voglio solo cercare di non pensarci
Ci rinuncio.
Non sono capace di riallacciare il bracciale.
Lo metto in borsa rapidamente e mi avvio alla porta che da sul giardino.
A: Vado, che faccio tardi.
Papà si avvicina a me, prendendomi il viso tra le mani e mi deposita un lieve bacio sulla fronte.
L: Buona giornata, Anna.
Faccio un debole sorriso e mi volto verso l’uscita.



Nemmeno questa notte ho chiuso occhio.
Sono giorni ormai che non dormo, mi tiene in piedi la caffeina.
Continuo a pensare a lei, alla nostra ultima chiacchierata, a quel messaggio che nascondeva una richiesta di aiuto. Ma sta volta non posso salvarla, perché il motivo dell’SOS sono io.
Do un ultimo tocco di colore a questo disegno che mi ha tenuto occupato per diverse ore e mi sembra perfetto, speriamo che anche il cliente la pensi così.
Alzo gli occhi verso l’orologio e sono già le 7.30.
Devo andare, altrimenti non faccio in tempo.
Riordino alla bene meglio il tavolo da lavoro e corro fuori dal negozio, ma mentre sto per chiudere la serranda una mano mi ferma.
E per un attimo mi illudo sia Anna.
Un sorriso mi si dipinge sul viso ma si spegne all’istante.
È solo Marika, la mia assistente.
E: Che ci fai qui a quest’ora?
M: Veramente non sono proprio andata a dormire
Mi dice con il suo marcato accento romano, tra un pallone e l’altro fatto con la gomma da masticare.
Una ragazza fine, non c’è che dire!
E: Siamo in due allora.
M: Ma dove vai a quest’ora?
E: Torno tra un paio d’ore. Se ci sono problemi chiama Ivan.
M: Va bene. Ciao.



Un clacson alle mie spalle a ripetizione mi distrae da quello a cui stavo pensando.
E forse è meglio così.
Cesare e un suo amico mi si affiancano.
Faccio un cenno di saluto con la mano, sperando di liberarmi presto di lui.
Non sono in vena oggi.
Ma evidentemente non sono così fortunata, spengono il motorino e si fermano proprio per parlare con me.
C: Ehi bella bionda!
A: Ciao Cè!
C: Lui è Marco, sta con me nel consiglio d’istituto.
A: Ciao
M: Ciao
C: Ti ho cercata in questi giorni perché volevo dirti che la prossima domenica facciamo una festa in discoteca per i diplomandi, tipo rito propiziatorio prima della maturità, ti va di venire?
A: Ma io non sono all’ultimo anno…
C: Beh, ma che ti frega, vieni no? Ti invito io… in fondo siamo amici da quando avevamo il pannolino
A: Senti io non so se posso…
C: E dai… vuoi che tuo padre non ti faccia venire?
A: No… non è questo… è che…
M: Se siete amici da quando avevate il pannolino sai bene che non ti mollerà fino a quando non gli dici che verrai perciò accetta un consiglio e digli di sì…
A: Senti, facciamo che ti faccio sapere, ok?
C: Va bene. Ma non metterci troppo, così riesco a farti mettere in lista.
A: D’accordo. Ci vediamo a scuola allora…
C: Vuoi che ti faccia compagnia?
A: No, tranquillo. Và pure, ho appuntamento al bar in fondo alla strada con degli amici prima di andare…
C: A dopo allora. Ciao Annuccia.
Sorrido.
È rimasto l’unico a chiamarmi così. Annuccia.
Forse lui riesce a vedere ancora qualcosa della ragazzina solare che ero.
Istintivamente sollevo il braccio destro.
Il delfino mi guarda col suo sorriso beffardo, come se volesse dirmi che non tornerò mai quella ragazza.
Che dopo l’incontro con Emiliano tutto è cambiato.
Me compresa.



È tutta la settimana che la spio da dietro quest’albero, proprio come qualche mese fa.
Vicini, eppure così lontani.
Mi sento un maniaco, nascosto qui, fuori da una scuola.
Devo parlare.
Almeno un’altra volta.
Deve almeno sapere quello che è successo, poi, se è davvero quello che vuole sparirò dalla sua vita.
Eccola.
Una chioma biondissima spicca in mezzo ad un gruppetto di ragazze e ragazzi, è così piccola.
Sono tutti allegri, felici, speranzosi per l’imminente estate.
Anche lei ride, ma non è una risata di cuore.
Tiro un’ultima boccata di fumo dalla sigaretta, aspirandola a fondo come se volessi risucchiarla e lo butto fuori dal naso… come un toro.
E, vista la scena che mi si materializza davanti agli occhi, non c’è immagine più azzeccata.
Un ragazzo ti si avvicina alle spalle, prende una ciocca dei tuoi capelli e se la fa scivolare tra le dita.
Tu ti volti e un sorriso diverso, più sentito, si disegna sul tuo viso.
Allunghi le braccia e lo stringi.
Ti sussurra qualcosa all’orecchio.



Gianfilippo mi arriva alle spalle come un ladro, prende una ciocca dei miei capelli e la accarezza delicato.
So che è lui. Riconosco il suo tocco.
Ormai ci conosciamo bene.
È stato il mio primo ragazzo.
Il mio primo bacio. Le prime parole dolci che un ragazzo mi abbia detto sono uscite dalla sua bocca.
La canzoncina del nostro musical mi risuona nella testa, mentre mi volto ad abbracciarlo.
G: E’ bello vederti in mezzo a noi…
A: Grazie Gianfi
G: posso fare qualcosa per farti fare un sorriso?
Mi separo appena da lui, il minimo necessario per guardarlo negli occhi e improvvisamente ripiombo nel solito stato di tristezza.
Mi sento ancora in colpa verso di lui, per averlo piantato in asso così.
Lui che è così dolce, onesto, sincero.
Lui che sa cosa significa voler davvero bene a qualcuno.
Abbasso lo sguardo e faccio segno di no con la testa, poi gli do un altro bacio sulla guancia e, tenendolo per il braccio, ritorniamo dagli altri.



Devo parlarle.
Devo farlo subito.
Ho come la sensazione che più passa il tempo e più sarà facile per Anna dimenticarsi di me, di quello che abbiamo condiviso in questi mesi…
Ho paura che finirà per ricordare solo il male che le ho fatto.
Butto via la seconda sigaretta.
Mi avvicino piano, temo di vedere ancora quella rabbia nei suoi occhi.
Resto a qualche passo di distanza, non voglio intromettermi nella sua vita più di quanto non abbia già fatto.
La guardo, come sempre da lontano.



Una voce dal gruppo propone un karaoke serale per festeggiare la fine dell’anno scolastico e mi sembra una bellissima idea ma non so se mi va.
Ad un certo punto però, mentre sono persa nelle mie paturnie, mi sento osservata.
E non è la prima volta che mi capita negli ultimi giorni…
Che sia diventata improvvisamente paranoica?
Flavia: Oh, Anna. Ma quello non è l’amico tuo?
Fa un gesto con la testa in un punto indefinito molto più avanti di noi.
Provo a mettere a fuoco.
A: Ma chi, Schifani…?
Evidentemente guardo dalla parte sbagliata perché Flavia insiste, attirando anche l’attenzione di altri del gruppo, ma io non vedo altri amici se non Cesare che chiacchiera con i suoi compagni di classe
Sara: Ah, si… quello carino… coi tatuaggi…
E mi crolla il mondo addosso.
Le parole di una canzone di Battisti che papà mi cantava spesso da piccola mi risuonano nella testa “ancora tu… ma non dovevamo vederci più?...”
Emiliano.
Sempre e solo lui.
Vorrei che mi fosse indifferente, ma i miei occhi si fissano nei suoi.
E di nuovo quella sensazione si ripropone, perché solo quando c’è lui, nel bene e nel male, sento di vivere.




Ancora per voi un po’ di Anna ed Emiliano
Buona lettura
E.

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Capitolo 6
*** Ancora tu ***


“Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?”
Continua a girare a ripetizione nella mia testa questo verso di Lucio Battisti.
E, inconsapevolmente, mentre la mia mente vaga mi sposto verso di lui, tenendo gli occhi incatenati ai suoi, incapace di distoglierli.
Mi sembra ancora più bello di come la mia mente lo ricordava.
Ma questa è l’impressione che ho ogni volta che lo rivedo.
Sarà la testa che cerca di condizionarmi…



Imito le sue mosse, i suoi movimenti.
Non voglio che mi sfugga ancora, come la scorsa settimana.
Ho un assoluto bisogno di parlarle.
E: Ciao
A: Ciao
È impacciata, come la prima volta in cui ci siamo parlati al distributore.
E: Come va?
A: Così…
Alza le spalle e piega leggermente i lati delle labbra, rassegnata a quello che le passa per la testa e, probabilmente, per il cuore.
Poi all’improvviso, i suoi occhi si fanno seri, come se le fosse venuto in mente qualcosa di importante.
Si avvicina un po’ più a me, ma sta bene attenta a non toccarmi.
A: …è tutto a posto?
Nonostante tutto, continua a preoccuparsi per me.
E questo pensiero mi scalda il cuore.
Significa che non mi odia! Non puoi essere in pena per qualcuno che odi…
Sorrido annuendo, in risposta alla sua domanda.
A: E allora perché sei qui?
E: Devo dirti delle cose…
A: Ora?
E: Se vuoi…



Ci penso un po’ su, mentre mi guardo attorno.
In fondo dev’essere qualcosa di davvero importante se è tornato per parlarmi, nonostante la scenata di settimana scorsa e quel messaggio.
A: Sei in motorino?
E non so nemmeno io come mi viene ma forse, stando un po’ con lui, questo male che sento proprio qui al petto andrà via.
E: Sì
…E se anche dovesse peggiorare, beh pazienza.
L’obiettivo è dimenticarlo.
Ma al momento ho più bisogno di vederlo e di stare con lui di quanto io riesca ad ammettere perfino a me stessa.
A: Andiamo
E: E la scuola?
A: E’ l’ultimo giorno, posso permettermi di saltarlo. Sei venuto fin qua per parlarmi e immagino tu non abbia molto tempo, perciò prima andiamo prima sei libero di tornare alle tue cose.
Mi avvio al suo scooter e mi volto solo per fare un cenno a Flavia, per dirle che ci sentiremo dopo al telefono.
Lui mi segue in silenzio, lo tira giù dal cavalletto e mentre lo tiene in equilibrio solo con le gambe si infila il casco ed io approfitto per salirgli dietro.
E: Il casco…
Sbuffo, mentre me lo porge… ricordo quella sera al benzinaio… anche quella volta mi aveva ricordato con il suo fare da professorino che il casco è obbligatorio, facendomi sentire un’imbranata.
Mi scuoto da quel ricordo e rapidamente indosso il casco, allacciandolo per evitare nuovi appunti da parte sua.
Quando tutto è in ordine mi appresto a tornare al mio posto con le braccia conserte, in attesa di partire.
E: Tieniti a me
Ho bisogno di stargli vicino.
Ma nessun contatto.
Non posso concedermi tanto.
A: Parti, non abbiamo tutta la mattina.



Cocciuta è dire poco, quando si tratta di Anna.
Inizio ad innervosirmi e decido di fare il suo stesso gioco.
Do una piccola botta di gas e il motorino scatta in avanti, costingendola a tenersi alla mia vita.
Il contatto con le sue mani mi provoca un piccolo brivido.
Metto subito in moto e parto, senza darle la possibilità di dire o fare altro.
Oggi faremo muro contro muro caro il mio scricciolo.



Sono costretta a stargli abbracciata e questo, seppur minimo, contatto mi dà i brividi, come se mi stesse sfiorando lui.
Era di questo che avevo bisogno?
Di averlo vicino solo per un po’?
Chissà se troverò mai risposta a queste domande…



Lentamente sento la sua presa farsi più morbida.
Si sta rilassando.
E, inaspettatamente, qualcosa squarcia la mia corazza e la sua.
All’improvviso la sento avvicinarsi di più e appoggiare la testa alla mia schiena.
Mi sta abbracciando.
E lo sta facendo come fossi una scialuppa, come se non avesse altro a cui aggrapparsi.



Il vento mi spettina i capelli che spuntano fuori dal casco.
La guancia appoggiata alla sua schiena definita.
Il suo profumo mi invade le narici.
Sì, avevo bisogno solo di questo abbraccio.
E non mi importa se tra poco sarò chinata, senza forze, a raccogliere i cocci.
Devo accettare il fatto che sia una guerra persa.
Non amerò mai nessuno in questo modo.
Il motorino si ferma riportandomi alla realtà.
Il tempo abbracciata a lui è volato.
Parcheggiamo nel quartiere che ormai conosco bene.
La famosa zona 3.
Ma non siamo al suo studio.
Attorno a me una serie di palazzi tutti uguali, simili a scatoloni in blocco, si ergono e creano una zona d’ombra.
Emiliano scende, si toglie il casco e chiude il motorino.
E: Hai intenzione di giocare agli astronauti o ti togli il casco?
Tolgo il casco senza ribattere e aspetto.



Allungo il braccio e le afferro la mano, proprio come quella mattina al mio studio, quando le ho medicato il tatuaggio, e non mollo la presa fin quando non siamo fuori dal portone di casa mia.
Guardo con la coda dell’occhio il delfino che le ho tatuato. È la prima volta che lo vedo scoperto.
È la prima volta che non la vedo indossare il mio bracciale.
Saliamo i tre piani di scale, a piedi, dato che qui non funziona mai niente.
La precedo, tenendo le dita intrecciate alle sue.
E: Hai tolto il bracciale



Mi sento come colta in fallo.
Nessuno ci aveva fatto caso, eccetto mio padre che mi ci aveva vista litigare questa mattina.
Istintivamente mi porto una mano alla borsa e lo tiro fuori da una delle tasche laterali e, fermandomi sul ballatoio, glielo mostro.
A: Mi è caduto e non sono riuscita a riallacciarlo…



E me lo dice mortificata, come se si sentisse colpevole per quella mancanza.
Senza dire una parola glielo sfilo dalle dita per poi riavvolgerlo attorno al suo polso, nel posto in cui deve stare.
E mentre glielo chiudo, assicurandomi che non le cada ancora penso che quello è il primo pezzo di me che Anna ha avuto.
E: Ecco fatto



Mi rimette il bracciale al polso, assicurandosi che tutti i gancetti fossero ben saldi alla base così da non perderlo più, come se volesse darmi una parte di sé, qualcosa che non potrò togliermi di dosso.
Lo so, sarei uno sceneggiatore pazzesco se solo mettessi nero su bianco tutti i film che mi faccio in testa.
Ma la verità è che non ho bisogno che mi dia qualcosa per portarlo dentro di me.
Lui è entrato in me con la sua forza, la sua rabbia, la sua dolcezza.
E sarà difficile che ne esca.
A prescindere da quanto possa sforzarmi.
A: Grazie



Mi risponde con un sorriso, persa in un mare di pensieri.
Come se volesse dire molto di più.
Apro la porta chiusa a doppia mandata ieri sera e la faccio entrare.
È la prima volta che viene qui.
E: Entra
A: Questa è casa tua?
Annuisco, mentre richiudo la porta dietro di me e le indico il divano su cui sedersi.
Si guarda intorno curiosa e al tempo stesso la noto a disagio.
Non si siede, fa solo ruotare gli occhi in tutte le direzioni per catturare quanti più dettagli può.
A: Come mai mi hai portata qui?
E: Per stare più tranquilli.
Lo dico sinceramente.
Non volevo interruzioni, né sguardi indiscreti.
Avevo bisogno di averla tutta per me per un po’ di tempo, averla come non l’ho mai avuta.
E: Vuoi qualcosa da bere… o mangiare?
A: No, grazie.
E: Sei dimagrita…



Cosa c’entra questo adesso???
Non dovevamo parlare di qualcosa davvero importante?
Che ti importa se sono dimagrita?
Odio quando mi fa appunti come questo.
Continui a trattarmi come una ragazzina?
Come la ragazzina che ho perso a causa tua?
Bene. Facciamo muro contro muro e vediamo chi vince, Emiliano.
Sto male, ma la mia testa resta quella di sempre: dura e incapace di cedere!
A: Capita se non mangi da giorni.
La frase mi esce dalla bocca un pelo più strafottente di quanto avrei voluto, ma non contenta continuo, senza dargli tempo di reagire.
A: Sonia? Non è in casa?
E: Siediti. Dobbiamo parlare anche di questo.
A: E’ una cosa lunga? Perché io tra poco vorrei tornare a scuola perciò…



Adesso basta con le cazzate!
Devi ascoltarmi.
La prendo per il braccio, obbligandola a sedersi.
E: Senti, smettila di fare così ok? Ho bisogno di dirti delle cose. Poi sei libera di cancellarmi per sempre. Ma almeno ascoltami. Per una volta.
A: Ok.
Credo di averla spaventata.
I suoi occhi adesso sono spalancati e ha il fiato corto.
Quando sono convinto che non proverà a scappare mi siedo accanto a lei e respiro a fondo per un istante, guardando il pavimento…



Poi, i suoi occhi si fissano nei miei.
Seri.
Come se quello che ha da dirmi potesse cambiare le sorti dell’universo…
E: il bambino di Sonia non è mio
E l’acqua frizzante ha le palline.
Lo so che non è tuo.
È proprio lì il punto… o ancora non l’hai capito?
Anzi, sono io che ancora non ho capito.
A: Questo lo so già
Perché continui a ricordarmi cose a cui cerco di non pensare?
E: Ma proprio non riesci a capire? …Mi sono sentito in dovere di stare con lei, Anna. Non ha nessuno…
E questo dovrebbe cambiare qualcosa?
Hai un cuore grande come il mondo Emiliano… ma probabilmente non è sufficientemente grande per entrambe.
Hai scelto. E, lo accetto.
Ma non chiedermi di non essere furiosa per questo.



Un sorriso ironico ti si disegna sul viso. La tua voce lo rispecchia.
A: Lei non ha nessuno... Io ho un padre. Due nonni. Una quasi nonna. Una colf con annessa famiglia. Cinque fratelli e mezzo. Due nipoti. Un cognato. Adesso capisco il tuo criterio. Quindi tu puoi stare insieme solo a ragazze decisamente sfortunate…
E: Non mi pare il caso di fare dell’ironia
E mi fa rabbia sentirti parlare così.
Mi tratti come se non mi conoscessi affatto, quando sei l’unica persona al mondo a cui abbia mai aperto il cuore…
Con uno scatto ti alzi dal divano e alzi la voce, arrabbiata quanto me.
A: No, stammi a sentire invece. Mi hai portata qui per spiegarmi perché stai con Sonia? Perché se è così a me non interessa
E: Perché sei così cocciuta? Ti ho portata qui per dirti che io non sto con Sonia. Ne con nessuna.



Una tegola mi cade improvvisamente in testa.
Mi sono persa qualcosa.
Non mi aveva lasciata in clinica perché aveva deciso di fare il buon sammaritano e di occuparsi del figlio di Sonia, nonostante non fosse suo, buttando all’aria sei mesi di noi???
A: Che significa?
E: Quello che cercavo di spiegarti, Anna. Sonia era sola, spaventata, non potevo lasciarla sola. Le voglio bene, lo sai. Per questo anche se il bambino è di un altro avrei fatto come se fosse mio. Tu non sai cosa significa non avere nessuno su cui contare, ma io si, e non lo auguro al mio peggior nemico.
A: Cos’è successo?
E: Sonia ha fatto pace con i suoi genitori… è tornata a casa.
A: Sono contenta per lei. Almeno, avrà la sua famiglia accanto. Ma questo cosa c’entra con me?
E: Non potevo lasciarla sola, ma ora lei ha i suoi e io…
Tu cosa?
Non voglio nemmeno sentire quello che sta per uscire dalla tua bocca…



A: Cioè, tu mi stai dicendo che adesso, perché Sonia è tornata da dov’è venuta, sei libero di stare con me?
E: Sì…
Mi guarda dritto negli occhi, per un attimo credo che da un momento all’altro mi salterà in braccio, mi stringerà forte con le sue piccole braccia e mi ruberà un bacio, due, dieci…
Ma non succede.
A: E cosa ti fa pensare che io voglia stare con te, adesso, dopo che alla prima occasione mi hai piantata in asso?
E: L’hai sempre saputo…
A: E questo fa di me una seconda scelta??? Mi dispiace Emiliano, non funziona così. Non per me, almeno.
Raccoglie in fretta le sue cose e si avvia alla porta, lasciandomi senza parole.



E: Si sono invertiti i ruoli, mi pare… tu scappi e io ti inseguo.
A: Non perdere tempo, Emiliano.
E: Non è perdere tempo, Anna.
A: Devi andare per la tua strada.
E: E se la mia strada portasse a te?
Non so cosa risponderti perciò apro la porta e me ne vado, lontana da te e da tutto il caos che riesci a provocare nella mia testa e nel mio cuore.


*****
Perdonate l’assenza!
Buona Lettura
E.

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Capitolo 7
*** Un altro colpo... ancora un altro! ***


Ritorno a scuola in autobus.
Ormai conosco a memoria il tragitto, l’ho fatto centinaia di volte negli ultimi sei mesi.
Ci sono visi che ho già visto, riconosco i rumori intorno a me… e riconosco questa sensazione di delusione, mista a rabbia e tristezza che ho già provato altre volte, su questo pullman di ritorno dal suo negozio.
L’ipod sparato a tutto volume nelle orecchie cerca di coprire il rumore dei miei pensieri.
Adesso che sembra realmente arrivata la conclusione di questa storia infinita mi sento svuotata.
Più di prima.
Quindi dentro di me c’era ancora qualcosa che Emiliano poteva distruggere… mi chiameranno Iron Girl da domani.



Una musica assordante inonda il negozio.
Sta mattina voglio riuscire a non pensare, voglio che la musica tecno mi martelli il cervello fino ad anestetizzarlo, così da non permettergli alcuna attività che non sia meccanica.
Voglio solo rumore, confusione.
Voglio non aver un istante per pensare a te, a cui ho spezzato il cuore.
Di nuovo.



La strada scorre davanti ai miei occhi.
Il verde degli alberi dirada man mano che ci avviciniamo al centro città.
Tutto intorno si colora di grigio… e mai nessuna similitudine fu più azzeccata.
Non posso ancora crederci.
È tornato.
E io l’ho respinto.
Di nuovo.
Nonostante sia consapevole che, nel bene e nel male, solo se lui è nella mia vita mi sembra che tutto funzioni.
Cosa c’è di sbagliato in me?
L’orgoglio mi impedirà di essere felice?



Continuo a lavorare.
Sta mattina non ho nessun appuntamento e posso portare a termine dei disegni che avevo in sospeso… o meglio credevo di poterlo fare, ma la testa, nonostante ogni mio tentativo continua a ripensare alla freddezza con cui mi ha guardato.
L’ho ferita.
Si è sentita “la seconda scelta”, quando per me lei non era una scelta, ma l’unica opzione possibile.
E mi fa male non essere all’altezza delle sue aspettative.
Non essere capace di dimostrarle che con Sonia stavo perché dovevo.
Con lei voglio stare.



No.
Non è questione d’orgoglio.
Né di ripicche da ragazzine.
Ho sopportato rifiuti e tentativi vari di allontanamento con scuse banalissime.
Finte fidanzate.
Freddezza.
Scomparse e riapparizioni.
Ex fidanzate incinta.
Ex fidanzate incinta di figli di altri.
Famiglia con ex fidanzata e figlio di non si sa bene chi.
E l’ho fatto convinta di quello che facevo.
Perché ci credevo.
Perché credevo che l’amore potesse su tutto.
Perché sapevo che qualcosa di profondo lo legava a me.
Ma poi quella decisione di voler restare lo stesso accanto a Sonia e al bambino ha fatto sprofondare il mio film.
La pellicola esposta alla luce ha preso fuoco e puff, tutto svanito.
Mi è restata solo una manciata di ricordi che non fanno altro che acuire il male che sento proprio qui, all’altezza del petto.
Mai avrei pensato che tornasse da me.
E invece lo ha fatto.
E io mi sono illusa che fosse tornato perché aveva capito che scegliere di viverci non avrebbe privato in alcun modo Sonia e il bambino della sua presenza.
Perché io avrei accettato.
L’avrei spinto ed incoraggiato a crescere quel bimbo che sentiva suo.
Ma così non è stato.
Lui è tornato perché lei ha riaggiustato la sua vita.
E lui vuole rimettere insieme i cocci della sua.
E che ne è di me?
Di quello che provo io?
Non voglio essere la sua seconda scelta.
Non voglio essere uno di quei cocci.



Provo a concentrarmi sull’incarico importante che Valentina mi ha dato.
Vuole tatuarsi qualcosa che simboleggi l’amore vero.
Quello con la A maiuscola.
Prendo un foglio bianco e una matita e mi soffermo a pensare, come faccio di solito quando cerco l’ispirazione.
All’improvviso la mano parte da sola, segna confini che gli occhi non riescono a mettere a fuoco.
L’amore vero.
In un attimo qualcosa si materializza sul foglio, e prima ancora, nella mia testa.
Disegno un profilo.
Due occhi.
E un sorriso che conosco fin troppo bene.
Sono messo peggio di quanto pensassi.
Prendo il telefono e chiamo Valentina.
Devo parlarne con qualcuno.
E: Vale, puoi venire in negozio?! Ok. Sono qui. Ciao.



***
Scusate l’assenza di questi giorni
Spero vi piaccia
E.

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Capitolo 8
*** Un vuoto che resta ***


Arrivo di corsa davanti a scuola, giusto in tempo per la campanella d’uscita.
Sono riuscita a non piangere per l’ennesimo colpo che Emiliano mi ha inferto, come avrebbe fatto la vecchia Anna, quella che tiene duro.
Resto in disparte ad osservare il portone per vedere uscire i miei compagni.
La professoressa di italiano è la prima ad apparire.
La vedo puntarmi da lontano e a gran voce
Prof.: Martini, anche l’ultimo giorno eh?!
Decido di non dire niente, alzo solo le spalle sorridendo, come a dirle “Che vuole farci, prof. Sono fatta cosi!”. Non mi preoccupo, in fondo è vero che ho recuperato solo all’ultimo, ma lei mi conosce e ha apprezzato l’impegno… e lo sprint finale.
I miei compagni di scuola scappano fuori come se avessero aperto le gabbie, come se non vedessero la luce da mesi ormai.
È finita.
Basta con compiti, verifiche, interrogazioni.
Basta!
Da oggi siamo in vacanza… ma, nonostante tutto, la scuola mi mancherà nelle prossime 12 settimane.
Tre mesi di vacanza non sono l’ideale per chi come me ha bisogno di qualcosa che la tenga impegnata, qualcosa, qualsiasi cosa che non mi faccia pensare ad Emiliano… e a quanto è stronzo!



Marika: Emiliano, c’è una che ti vuole parlare…
La testa rosso fuoco di Marika appare allo specchio e mi trova così, sdraiato sulla poltrona da lavoro, intento a guardare il soffitto.
Che sia Anna?
No. Non può essere lei.
Non avrebbe aspettato di farsi annunciare da Marika.
Avrebbe preso le scale, determinata come poche, e si sarebbe precipitata ad inveirmi contro.
O a dirmi che mi ama.
… Molto più probabilmente ad inveire, considerando gli ultimi sviluppi.
Valentina: Grazie Marika. Sei sempre così… cortese
Dice la mia amica, marcando l’aggettivo “cortese” che si sposa davvero male con la ragazza che ha accanto.
M: Emiliano…se ti servo sto sopra.
Faccio segno con la mano di andarsene e lasciarci soli.
V: Allora? Che succede? Cos’è questa fretta?
Resto a cavalcioni sulla poltrona, con le gambe a penzoloni sui lati e le mani poggiate al centro, facendo pressione con le braccia.
E: Ho trovato
Il mio poco entusiasmo disarmerebbe chiunque.
V: Cosa?
Mi alzo, facendo leva sulle braccia, e balzo giù senza fiatare.
Mi sposto al tavolo da lavoro e raccolgo le tavole da disegno su cui ho provato a pensare al tatuaggio di Valentina.



Un palloncino pieno d’acqua si rompe a pochi centimetri dal mio piede.
È iniziata la festa di fine anno.
In un attimo l’aria si riempie di urla, risate.
C’è chi si abbraccia.
Chi corre per evitare i gavettoni.
E chi, come me, si tiene a distanza e osserva tutta la scena da lontano, spettatore di una felicità che non riesce a condividere.
E a questo pensiero scuoto la testa.
Basta con questa pesantezza!!
Sto stancando anche me stessa.
Non potrò scacciare Emiliano dalla mia testa?
Perfetto. Imparerò a convivere con questo, ma col sorriso.
Ho quasi 17 anni, è mio preciso dovere ridere, divertirmi, fare cavolate!
Devo vivere.
Ed è un attimo.
Mollo la borsa sulla panchina e corro verso Cesare, rappresentante d’istituto e organizzatore di questa lotta senza fine.
Trascina dietro di se una tinozza piena zeppa di palloncini provvidenzialmente riempiti d’acqua.
A: Forza Cè, munizioni…
C: Anna Martini, credevo che quest’anno non avresti partecipato…
A: Mi sono persa fin troppe cose quest’anno!
Carico il braccio e scaglio con forza il palloncino in direzione di un gruppetto di oche del primo anno che urlano, anzi no… starnazzano, proprio come i loro omologhi del mondo animale.
E mentre lo lancio penso che vorrei che Emiliano fosse qui davanti a me, bersaglio umano, per scaraventargli addosso un po’ di quello che mi brucia dentro.



V: Emi, mi fai paura. Mi dici che c’è?
E: Ho provato a pensare tutta la notte ed anche il resto della mattina a quello che mi hai chiesto… il tatuaggio.. l’amore vero, quello con la A maiuscola..
V: Cioè?? Hai già finito??
Mi chiede entusiasta, strappandomi i disegni dalle mani.
Ma in un attimo il suo sorriso si spegne e lo stupore si mescola alla meraviglia.
Per la prima volta sono io a lasciarla senza parole.
V: Emi, ma sono bellissimi!
Sfoglia pagina per pagina.
Riconosce il profilo, gli occhi, i lunghi capelli biondi, il sorriso, la dolcezza che traspare da ogni minimo particolare del viso di Anna.
E: Sono nella merda, Vale.
V: Nah… sei solo un tantino innamorato di una ragazzina un po’ pazza.
Sorride, come se questa fosse la cosa più scontata del mondo.
V: Qual è il problema?
E: Che sta male. E la colpa è solo mia.



Palloncino dopo palloncino sono zuppa e sorrido fiera di me.
Non ho smesso un attimo di pensare ad Emiliano, non riesco a farlo, ma ho fatto in modo che questo non mi impedisse di essere solo e semplicemente Anna.
Non più la Anna ferita.
La Anna che si sente la seconda scelta.
La Anna che si è innamorata di qualcuno che forse non merita tutto questo amore.
Flavia: allora? Com’è andata? Che avete fatto?
Mi domanda allusiva.
Come se il fatto che sia scappata via con Emiliano possa racchiudere chissà quali segreti inconfessabili.
Sara: Certo che è proprio figo…
Sì, lo è. È questo che mi ha fregata!
Il suo essere così sopra le righe.
Fisicaccio.
Sguardo assassino.
Tatuaggi.
Poche parole.
Anticonvenzionale.
Grande.
Dolce…
E quelle labbra…
A: Se lo conoscessi gli staresti alla larga
F: Ma a me non sembra che lui voglia starti alla larga, Anna.
Adesso no.
Ma che succederà tra qualche giorno?
Stiamo parlando dell’imprevedibile Emiliano Lupi, quello che prima ti medica un tatuaggio a rischio e poi ti caccia.
Quello che prima ti caccia e poi ti ringrazia perché gli salvi la vita.
Quello che ti dice di non essere la persona adatta a te e poi ti prende per la vita e ti da il bacio che hai sognato per tutta una vita.
Quello che ti dice che ti viene a prendere a scuola e poi sparisce.
Ahahahahahahahah… Vorrei urlare.
Dentro di me lo sto facendo.
Ma non posso esternare il nervoso che mi provoca ricordare tutto questo.
Ce l’ho con lui.
Ma più di tutti ce l’ho con me stessa, per essermi fatta coinvolgere in questo modo.
Per essermi innamorata in questo modo malsano.
A: E allora cercherò di farlo stare al suo posto. Contenta?
S: Beh, Anna, se proprio non ti interessa dagli il mio numero…
Un moto di gelosia mi prende.
Conosco Sara e il suo modo di fare.
Emiliano cadrebbe ai suoi piedi come fanno tutti?
Dubito. Lo conosco, la vedrebbe come l’ennesima ragazzina che gli sbava dietro.
Cerco di convincermi di questo.
Voglio convincermi di questo.
Valentina si siede e io la imito.
Mi guarda dritto negli occhi con i suoi che sono di un azzurro tanto intenso da mettere in soggezione.
Resta immobile con i fogli tra le mani, mentre prendo a raccontarle di questa mattina, della nostra chiacchierata a casa mia, tralasciando alcuni particolari.
V: Prova a metterti nei suoi panni… sei andato via con quella che pensavi fosse la madre di tuo figlio,lasciandola solo per questa ragione e poi, quando scopri che è tutto finto decidi di restare con lei nonostante tutto…
E: Lo so. Sono un coglione.
V: No, Emi. Semplicemente dimentichi di considerare i dettagli.
La guardo, non capendo a cosa si riferisca.
V: Non far finta di non capire! Lei è follemente innamorata di te. Ha 16 anni e l’unica cosa importante per lei sei tu, il resto del mondo può aspettare!
E: Adesso faccio parte anche io del resto del mondo…
V: Ma le hai parlato o hai fatto come sempre…
La guardo interrogativo.
È vero, non parlo molto.
Ma so essere sufficientemente chiaro… nel mio piccolo.
V: Non guardarmi così. Sai bene che non apprezzo i tuoi silenzi. E che credo che certe cose vadano dette chiaramente. Senza sottintesi.
E: Sì, sì le ho parlato, contenta? Ho fatto come mi avevi detto tu. E l’ho fatta stare ancora peggio
V: Ma perché?
E: Perché le ho detto che voglio stare con lei adesso che Sonia è sistemata
Mi guarda sconcertata
V: Mi auguro che tu abbia usato parole un pochino diverse…
Resto interdetto.
In realtà il senso era proprio questo e Valentina lo capisce al volo.
V: Cavoli Emi! Ci credo che sia rimasta male! Le hai praticamente detto che è la tua seconda scelta… certo che sei proprio un fenomeno!
Ma che, si sono messi tutti d’accordo?
Non è questione di prima o seconda scelta!!
Ma è così difficile capirlo???
E: Ma cos’è sta storia della seconda scelta??? Lei non era un’opzione!
Alzo la voce con lei solo per non spaccare tutto quello che ho intorno.
V: Ed è questo che avresti dovuto dirle. Lei sta male a causa tua. Lo sai tu. Lo so io. lo sa perfino lei, guarda un po’. Eppure ti ha dato la possibilità di parlare ancora, di spiegarti per la 300esima volta, nonostante tutto. Ti ha aperto una porta e tu te ne esci così…
E, forse per la prima volta, riesco a capire quello che Anna ha provato.



Ormai è quasi mezzo giorno e fuori da scuola siamo rimasti in pochi, gli ultimi, quelli che si attardano da sempre.
Io, Colla, Flavia, Sara, Riccardo, Stefano, Cesare, Jacopo, Ludovica, Marta, Flaminia, Ettore, Claudio, manca solo Giulia che starà negli USA ancora qualche giorno per terminare il doppiaggio di un nuovo cartone animato della Walt Disney.
Quanto mi manchi, amica del cuore!
In questi ultimi mesi sarebbe stato tutto più facile se tu fossi stata con me.
Mi avresti spronata ad andare a fondo con Emiliano e poi a lasciarlo perdere quando la situazione si faceva più grande di me.
Mi avresti capita, consolata, appoggiata.
Mi avresti fatta sentire un po’ meno sola.
Non mi avresti permesso di diventare l’ombra di me stessa.
Perché è questo quello che tutti vedono ora di Anna.
Solo l’ombra.
Di nuovo mi scuoto da un pensiero spiacevole.
Io sono forte. E cocciuta.
E ce la farò, con o senza Emiliano.
Perché la mia testa continua ad illudersi che ci sarà un “con Emiliano”?
Perché qualcosa dentro di me non vuole rassegnarsi?
Colla: Allora, sta sera, tutti al karaoke?
Flavia: Sì, dai.
Flaminia: Facciamo per le 10 a Campo dei Fiori?
L’entusiasmo contagia tutti.
Io resto dubbiosa.
Non mi è mai piaciuto uscire con i musi lunghi ed ora che anche io faccio parte del “club dei disadattati”, come li definisce Giulia, e non so se sia il caso di andare e rovinare l’atmosfera.
Cesare: Annuccia, tu vieni?
Qualcuno deve aver colto la mia indecisione.
Solo qualcuno che davvero mi conosce bene potrebbe aver letto oltre il sorriso che mi sono stampata in faccia da quando ho iniziato la guerra dei palloncini.
Ci penso su e mi ripeto come un mantra quello che mi sono ripromessa: Devo vivere, devo vivere, devo vivere…
A: Devo cantare…
Questo pensiero mi sfugge dalle labbra, inaspettato, provocando una risata collettiva.
Colla: Così ci piaci Annuccia! Se vuoi vengo a prenderti io…
No. Non voglio illudere Gianfilippo. So che prova ancora qualcosa per me.
Io gli voglio bene, come fosse uno dei miei fratelli.
Chiedergli di passare a prendermi sarebbe come dargli una nuova speranza e io non voglio che soffra ancora a causa mia.
A: Tranquillo Gianfi. Vengo con Cesare
Cesare alza gli occhi verso di me, captando il mio SOS inespresso.
Cesare: Sì, infatti Colla. È inutile che allunghi il giro. Passa a prendere Jacopo magari, che ti è di strada. Io e Annuccia veniamo insieme visto che dobbiamo fare la stessa strada.
Poi si rivolge a me, facendomi l’occhiolino
Cesare: … così anche tuo padre sta più tranquillo e magari ci lascia fare uno sgarro al coprifuoco, no?
Sorrido. E penso che lo adoro.
Penso che ho degli amici splendidi e che in fondo sono fortunata.
Perché mai dovrei sentire la mancanza di qualcosa?
Poi un flash.
Io ed Emiliano che ci stringiamo la mano.
Emiliano che mi bacia, abbracciandomi.
Emiliano che mi chiama scricciolo.
Emiliano con gli occhi lucidi che mi chiede se lo sto davvero mollando perché non mi sento di affrontare tutta la faccenda di Sonia.
Semplice.
Perché a me manca davvero qualcosa.


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Capitolo 9
*** Amore di plastica ***


Un po’ di ombretto rosa sulle palpebre sfumato quanto basta.
Un tocco di matita.
E il mascara per allungare le ciglia.
Ecco.
Pronta.
Do un’ultima aggiustata al vestito e via, verso una serata diversa dalle ultime che ho trascorso chiusa tra queste quattro mura.
“Annaaaaaa”
Bobo mi chiama dalla cucina
“Anna sbrigati, c’è Cesare fuori!!!”
Lascio la mia camera e raggiungo gli altri, con un sorriso, sta volta non troppo finto.
Sta sera ho solo voglia di divertirmi.
E di cantare fino a farmi cadere le corde vocali.
E ballare sui tavoli.
Non sono felice. Lo so io e lo sanno anche i sassi da qui a Ostia, ma oggi basta musi lunghi.
Marco: Wella! Che sorriso splendido!
Anna: Solo il sorriso?!
Gli domando con fare civettuolo.
Adoro il mio nuovo quasi cognato.
È riuscito a colmare quel vuoto immenso che Guido ha lasciato nella nostra quotidianità, entrando un passetto alla volta nelle nostre vite, conquistandoci giorno dopo giorno col suo sorriso da pubblicità.
Bobo: Sei proprio bella…
Nonno Libero: Ammazza, qui la ragazza ha deciso di infrangere cuoricini!
Jonathan: Anna, sembri proprio una principessa!
Ok, deduco che ci sia lo zampino di papà.
Deve aver chiesto a tutti gli uomini di casa di adularmi così che per qualche ora riesca a non sentirmi quel relitto umano che sono stata nell’ultimo periodo.
Grazie a tutti per la spontaneità.
Ma soprattutto grazie a te Papà… da lontano, senza ingerenze inutili, ti stai trasformando nel mio medico del cuore.
A: Papà, questa è opera tua, vero?
L: Io non ho fatto niente!
A: In ogni caso grazie
L: Sei davvero bella. Non mi viene nemmeno da chiamarti Annuccia
Maria: Anna ormai è cresciuta, papà
Sottolinea Maria mettendogli la mano sulla spalla, sorridendomi.
A: Ok, adesso basta. Io vado, Cesare mi sta aspettando.
Papà mi viene incontro e mi abbraccia forte.
Un abbraccio di quelli che vogliono dire un sacco di cose.
Uno di quelli che ti fanno commuovere.
L: Divertiti Anna e… cerca di non pensare a niente
E l’ultima frase me la sussurra all’orecchio, stringendomi un po’ di più.
A: Ci proverò
Gli deposito un bacio con lo schiocco sulla guancia e li lascio lì
A: A più tardi
L: Ah, Anna. A mezza notte a casa!
A: E dai, papà. Non sono Cenerentola! Facciamo alle 2.00
L: E perché non alle 3.00???
Un moto di speranza si impossessa di me.
Non mi chiama più Annuccia.
Mi vede grande.
Allarga il coprifuoco.
A: Davvero??
L: No. 1.30 al massimo a casa. Vuoi che ti venga a prendere?
Sembrava troppo bello per essere vero!
A: No, grazie. Torno con Cesare.



Ho bisogno di bere qualcosa.
Ho bisogno di riempire questo vuoto che sento con qualcosa che mi aiuti davvero a dimenticare.
Non è una soluzione.
Lo so.
L’ho sempre saputo.
Ma questo non cambia le cose.
Sta sera il “ragazzaccio responsabile” si addormenterà per lasciare risvegliare l’Emiliano che beve, fuma e non gliene frega niente di nessuno, solo di se stesso.
Infilo il primo paio di jeans che trovo nell’armadio, un paio di scarpe a casaccio, una maglia nera un po’ attillata e il giubbino di pelle completa l’opera.
Butto un occhio allo specchio e mi sistemo meglio il ciuffo che dopo la doccia ha preso una strana piega e via.
Pronto.
Chiavi. Sigarette. Telefono… no.
Tu sta sera stai a casa.
Non devo chiamare nessuno.
E nessuno chiamerà me.
Sono solo.
Come lo ero prima di incontrare Anna.
Solo che adesso non mi sento a mio agio in questa condizione.



Musica martellante nella testa.
Rumori di bicchieri che battono all’unisono.
Risate.
Sì. Questa serata mi ci voleva davvero.
Jacopo, ormai al terzo bicchiere, sta cercando di concludere la sua dedica a cuore aperto alla fantastica cameriera che con un battito di ciglia è riuscita a guadagnarsi il suo amore e ben 10 euro di mancia.
A te. Jovanotti.
Ho sempre sognato che il ragazzo dei miei sogni mi dedicasse questa canzone.
Il viso di Emiliano si materializza davanti ai miei occhi, poi in sequenza le sue spalle, il suo corpo… il suo sorriso. Lo vedo salire sul palco, afferrare il microfono e cantare per me…
Fervida immaginazione.
Emiliano non farebbe mai niente di simile.
Non per me, almeno.
Butto giù un altro sorso di birra, mentre il microfono arriva giusto davanti a me.
È il momento random.
Mi alzo in piedi sulla sedia e mi preparo a cantare la canzone che il computer selezionerà per me tra migliaia di pezzi disponibili.
Dal mio tavolo si alza un’ovazione.
Cesare fa partire un brindisi.
Colla mi guarda, pensieroso.
Le ragazze applaudono.
Mentre ansiosa guardo il maxi schermo, in attesa di sapere quale sia il mio destino musicale.



Dopo aver girato un paio d’ore in motorino mi fermo fuori da un pub, credo di essere a Campo dei Fiori.
Di solito non bazzico da queste parti.
Ho bisogno di stare solo, di cambiare aria.
Non volevo incontrare nessuno che conosco per dover fingere di stare bene.
Non è come mi sento.
E perché?
Come ti senti Emiliano?
Non mi sento.
Semplicemente.
Ho perso un pezzo.
Il pezzo.
C’è parecchio movimento da queste parti.
Un casino tremendo.
La musica si sente fin da fuori. Deve esserci il karaoke.
Meglio così. Almeno mi faccio due risate.
Varco la soglia e tutto l’ambiente sa di festa.
Non sono in vena di festeggiamenti. Ma in teoria festa = alcool.
Mi accomodo su uno sgabello attorno al bancone di legno pesante. È rotondo, posto in mezzo alla sala.
Da questa posizione ho una visione privilegiata.
E: Una birra. Grande.
Chiedo al barista che fa solo un cenno con la testa prima di girarsi e tornare alle sue faccende.
C’è una musica inquietante in sottofondo, guardo i monitor posti ovunque sulle pareti e una clessidra gira su se stessa.
Un tavolo di ragazzini nell’altro lato della sala è particolarmente su di giri, merito probabilmente di quei boccali vuoti abbandonati disordinatamente al centro del tavolo.
Urlano un “OHOHOHOHOH” ritmico e cantilenoso, facendo vibrare le mani.
Tutti sono rivolti verso la colonna che nasconde qualcosa o qualcuno alla mia vista.



Un gong segna l’arrivo della canzone che dovrò cantare.
Faccio segno a Flavia di allungarmi un bicchiere per fare l’ultimo sorso preparatorio.
Sospiro. Mentre il titolo della canzone viene proiettato ovunque intorno a me.
Carmen Consoli. La conosco.
Niente di più azzeccato e per un attimo mi chiedo se non sia un segno del destino.
Cerco di pensare solo a divertirmi.
La base parte ed io, convinta come una grande star in tournèe inizio ad intonare la canzone.

Non sei per nulla obbligato
a comprendermi
quasi non sento il bisogno
d'insistere

Le parole vengono fuori da sole, così come l’intenzione.
È inevitabile che la mente arrivi là, nel luogo da cui ho cercato di tenerla lontana per tutto il giorno.
Sembra la mia storia.
Sembra che l’abbia scritta io stessa.
Tu che mi offrivi un amore
di plastica
ti sei mai chiesto se onesto
era illudermi

Mi hai illusa?
No, non credo che tu l’abbia fatto.
È colpa mia.
Ho interpretato in maniera scorretta alcuni segnali.
Ho dato troppo peso a gesti che non avevano niente di speciale.
In fondo cosa può significare prendersi una coltellata per proteggermi?
Seguirmi di corsa per baciarmi?
Spiarmi… rincorrermi.
Ricorda
tu sei quello che non c'è
quando io piango

No… e sai perché???
Perché è per te che piango, idiota!
tu sei quello che non sa
quando è il mio compleanno
quando vago nel buio

La voce inizia a tremarmi.
Non riesco più a sentire niente attorno a me.
Sono completamente persa.



La voce dolce di una ragazza riempie questa sala.
Mi sembra di conoscerla, ma l’alcool e la confusione attorno a me rendono il suono ovattato.
Mi sporgo, nel cercando di vedere qualcosa oltre la colonna, oltre un gruppetto che si è piazzato giusto davanti a me.

Ma come posso dare l'anima
e riuscire a credere
che tutto sia più o meno facile
quando è impossibile

Quelle parole mi colpiscono come un calcio, come se fossero indirizzate direttamente a me.
Non può essere vero.
Mi faccio largo tra la gente, tenendo il mio bicchiere stretto nelle mani, seguendo il perimetro della stanza, sporgendomi per convincermi del fatto che sia la mia mente ad ingannarmi.

volevo essere più forte di
ogni tua perplessità
ma io non posso accontentarmi se
tutto quello che
sai darmi
è un amore di plastica

E una lacrima, troppo a lungo trattenuta, mi sfugge dagli occhi.
Ci ho provato, Emiliano.
Ho fatto tutto quello che potevo.
Mi sono battuta con le unghie e con i denti per questa cosa strana sorta all’improvviso tra noi.
Ho accettato rifiuti.
Freddezza.
Ma non posso accontentarmi di essere la tua seconda scelta.
Non potrò mai.
Perché tu sei tutto.
Eri tutto.



Tu sei quel fuoco che stenta
ad accendersi
non hai più scuse eppure sai
confondermi
Ricorda
tu sei quello che non c'è
quando io piango
tu sei quello che non sa
quando è il mio compleanno
quando vago nel buio

Non mi sbagliavo.
Sei proprio tu.
Mi appoggio ad una colonna e mi fermo a fissarti.
Ad ascoltarti.
Sei in piedi su una sedia.
Il microfono stretto tra le mani e gli occhi più lucidi, mentre intoni con la tua bellissima voce parole che con tutta probabilità sono indirizzate a me.
Ti vedo, nella confusione generale, portarti un dito all’occhio sinistro per portare lontano una lacrima che mi colpisce nel profondo.
Quanto male ti ho fatto, Anna?



Ma come posso dare l'anima
e riuscire a credere
che tutto sia più o meno facile
quando è impossibile

Mi sento osservata.
Ancora.
Credo che sia una sensazione piuttosto comune in un contesto simile.
Senza contare, poi, che sto cantando e per di più in piedi su una sedia.
Ma in realtà è molto più di questo.
Sento occhi diversi su di me.

volevo essere più forte di
ogni tua perplessità
ma io non posso accontentarmi se
tutto quello che
sai darmi
è un amore di plastica

Il mio sguardo vaga incontrollato per tutta la sala, cercando di mettere a fuoco visi di sconosciuti.
La sensazione non sparisce.



volevo essere più forte di
ogni tua perplessità

I nostri occhi si incontrano.
Si incatenano.
Come accade sempre quando ci troviamo nella stessa stanza.
I tuoi sono tristi, ma al tempo stesso decisi proprio come ogni volta che hai lottato con le unghie e con i denti per noi.



ma io non posso accontentarmi se
tutto quello che
sai darmi
è un amore di plastica
ma io non posso accontentarmi se
tutto quello che
sai darmi è un amore di plastica

E lo canto con tutto il fiato che ho in gola. >BR> Perché tu capisca che non mi accontenterò mai di essere solo in una piccola parte del tuo cuore.
No.
La musica termina e tu, ti dilegui a gran velocità, abbandonandomi qui.
E non so per quale ragione decido di correrti dietro, sgomitando tra la folla per non perderti.
A: Emiliano!



******
Ecco un nuovo capitolo.
La canzone che canta Anna è “Amore di plastica” di Carmen Consoli.
Mi scuso con tutte le persone che commentano perché in questi giorni non riesco a rispondere a tutte le recensioni, però vi giuro che vi leggo sempre e sono grata ad ognuno di voi per le splendide parole che mi dedicate! Grazie. Grazie. Grazie.
Un bacio e buon weekend
E.

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Capitolo 10
*** Il vecchio Emiliano ***


A: Emiliano!
Mi volto di scatto con il casco a penzoloni, sentendola chiamarmi.
È tornata da me.
A: Quando la finirai di seguirmi?
E: Veramente ero qui a bere
A: Ah si? Mi sembri fin troppo lucido
Non è colpa mia se hai scombussolato tutti i miei programmi, come sempre!
Io volevo spaccarmi e tornare a casa strisciando sui gomiti.
Poi ti ho trovata!
E: Che vuoi, Anna?
A: No, tu che vuoi!
E: Te! Cazzo. Solo te.
Lo dico senza pensarci troppo, lasciando che il cervello resti in standby.
Cercando di fare come mi ha detto Valentina.
Cercando di parlare, per la prima volta in vita mia.
A: E’ tardi.
E: Non è tardi. Noi possiamo provarci. Noi possiamo farcela
A: Per quanto? Quattro ore? Sei, al massimo? E dopo?
E: Sta volta è diverso



No che non lo è.
È tutto come prima.
Tu vuoi stare con me adesso, perché hai sistemato la Sonia di turno.
E la mia voce suona più delusa e disillusa del solito.
A: Non è vero che è diverso, Emiliano! Tu sei sempre lo stesso. Tu sei quello che corre a fare il crocerossino se qualcuno ha bisogno, mollando me come una cretina.



Mi avvicino a lei, voglio asciugarle quelle lacrime.
Non è giusto che pianga ancora.
Non è giusto che lo faccia per uno come me.
Le prendo il viso tra le mani e le nostre fronti si uniscono.
La sento sospirare mentre le scappa un gemito di pianto.
E: Non piangere, per favore
A: Non ne posso più di stare così male… non ne posso più
E: baciami….



Spalanco gli occhi.
Nessuno mi aveva mai fatto una richiesta simile.
Ma da lui, detta così. Un muro crolla.
Si sgretola.
E lui se ne accorge, perché si avvicina un po’ di più, e mi stringe i fianchi come se avesse paura che da un momento all’altro l’incanto si possa spezzare.



Sento il suo respiro più vicino al viso.
Apro gli occhi un istante per accertarmi che tutto sia a posto, che la magia prosegua.
Appoggio le labbra alle sue.



E quando la sua bocca sfiora la mia, la banda mi suona in testa.
Mille fuochi d’artificio scoppiano intorno a me.
E, per la prima volta, dopo settimane torno a respirare.
Il cuore prende a battere all’impazzata, mentre la sua mano sinistra si sposta alla mia nuca, per tenermi ancora più vicina.
Mi perdo in un lungo, interminabile bacio con il ragazzo che amo.
Le sue labbra sanno di buono e di birra.



Continuo a baciarla, perso in queste mille sensazioni.
È questo l’amore?
È così che ci si sente?
Il bacio si è lentamente trasformato in un grido d’aiuto.
Non capisco se sia il mio o il suo.
So solo che ho bisogno di questo.



Mi sento su una nuvola.
La testa frulla.
La gambe mi tremano, mentre mi appendo con più forza alle sue braccia.
Ma all’improvviso mi tornano in mente i suoi occhi, mentre mi dice che non deve rendermi conto dei suoi spostamenti.
Lo rivedo dirmi che Sonia aspetta suo figlio.
Che non può stare con me.
Che non vuole stare con me perché non riesce a lasciare Sonia da sola.
E da quella nuvola vengo, senza preavviso, scaraventata al suolo. Di faccia.



Qualcosa cambia in lei.
La sento raffreddarsi e piano piano divincolarsi dal mio abbraccio, separandosi dalle mie labbra.
Che succede, Anna?
A: Non ce la faccio…
E: Perché?
A: Ascoltami bene, Emiliano. Devi lasciarmi in pace. Dimenticati di me.
E: Non posso
A: Se è vero che senti qualcosa per me, provaci. Così come sto cercando di fare io.
La vedo abbassare lo sguardo, timorosa per quello che mi sta dicendo.
Le prendo una mano e la tiro, riportandola al suo posto, tra le mie braccia.
Mi ritrovo ad elemosinare un ultimo contatto con te.
Perché ne ho bisogno.
E: Anna…



Mi tiene così stretta a lui, come se questo abbraccio fosse questione di vita o di morte.
A: Lasciami andare, Emiliano…



Cesare: Non hai sentito? Ha detto di lasciarla…
Un ragazzino appare alle spalle di Anna, travestito da cavaliere del 1200 che prova a salvare la sua dama.
Un moto di gelosia mi prende e mi acceca.
A: Cesare, torna dentro. È tutto a posto.
C: Lasciala!
Ma lui non le da retta.
Si rivolge a me, minaccioso, mettendosi fisicamente tra me e Anna e in me scatta qualcosa.
E: Che vuoi eh?!
Lo spintono, cercando di allontanarlo da me ma soprattutto da lei.
C: Non ti hanno mai detto che se una ti dice di no deve essere no?!?!
A: Cesare, non ti immischiare. È tutto a posto, davvero
E: Hai sentito? Ha detto che non ti devi immischiare!
E, prima che possa rendermene conto, ho già le mani addosso a questo tizio che ha rovinato l’ultimo momento che Anna mi ha concesso di passare così vicino a lei.
E lo sto picchiando.
Senza un motivo.
Solo per rabbia.
Solo perché non posso fare altro.
Un pugno violento lo colpisce in piena faccia, facendolo cadere a terra.



E per la prima volta vedo un Emiliano diverso, un Emiliano che mi spaventa.
Senza motivo si scaglia contro Cesare che ha l’unica colpa di essersi preoccupato per me.
Lo vedo a terra, col naso che gronda sangue.
A: Ma sei impazzito??? Non ti ha fatto niente. Vattene, Emiliano!



E mi pento all’improvviso di quello che ho appena fatto.
Il vecchio Emiliano è tornato.
Non mi sentivo così di schifo da anni.
Da quando ho deciso che il ragazzo violento, senza regole, arrabbiato col mondo dovesse morire per far mergere il vero Emiliano.
Quello che ha voglia di combattere per essere una persona per bene.
Quello che ha voglia di conoscere l’amore vero.
Quello che l’aveva incontrato e che se l’è lasciato sfuggire.
Ciao scricciolo.
Perdonami se puoi.


*********
Eccomi tornata.
Spero che possa piacervi!
Un bacio a tutte e grazie mille delle recensioni, vado subito a rispondere che ho un sacco di arretrati.
E.

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Capitolo 11
*** C'è sempre un altro modo ***


Corro via da te, senza voltarmi.
Il motorino vibra rumorosamente sotto di me, mentre mi lascio Roma alle spalle.
Ritorno nel mio mondo.
Quel mondo che non comprende te.
I tuoi occhi ancora più grandi del solito che mi chiedono perché mi danno il tormento.
Non riesco a capacitarmi.
Ho lasciato che qualcuno tornasse da molto lontano.
Ho lasciato che qualcosa arrivasse a cambiare la rotta che tempo fa avevo tracciato per me.
O qualcuno.
E mi sento uno schifo.
Che mi hai fatto, Anna?
Ho picchiato un ragazzino.
L’ho fatto perché ha avanzato qualche pretesa su di te.
Pretendeva di sapere che non volessi stare abbracciata a me.
Ma non è giusto!
E non avere nemmeno la scusa dell’alcool che offusca i pensieri e le azioni mi fa sentire ancora peggio.



Sono rimasta immobile a guardare Emiliano scappare da qui.
Mi ha spaventata.
Ma non tanto il suo aggredire Cesare.
Mi ha spaventato la paura che ho letto nei suoi occhi mentre si rendeva conto di quanto aveva fatto.
Era smarrito, come un cucciolo abbandonato.
È questo quello da cui hai cercato di tenermi lontano per tutto questo tempo, Emiliano?
A: Prendi questo
Torno a concentrarmi su Cesare che nel frattempo si è rialzato e si tiene le mani sul viso.
Gli porgo un fazzoletto, per far si che possa tamponarsi il naso, sperando che non sia rotto.
Emiliano ha passato il segno.
Ma lo ha fatto per me.
C: Che voleva quello?
A: Solo parlarmi, Cesare
Cerco di minimizzare. Infondo lui, che ne sa di noi?
C: Non si sarebbe fermato
A: E tu non avresti dovuto intrometterti…
Rispondo acida, porgendogli un altro fazzoletto, ma so benissimo di doverlo ringraziare.
So che se non fosse intervenuto Emiliano mi avrebbe convinta.
Perché, nonostante la solita guerra che sa scatenarmi dentro, sento di respirare solo in sua presenza.
È questo che mi da più fastidio.
C: Grazie, Cesare. Di niente, Anna…
Mi fa il verso, rispondendosi quanto avrebbe voluto che uscisse dalle mie labbra.
Ma, nonostante questo ci tengo a sottolineare una verità assoluta.
Qualcosa che nessuno potrà mai mettere in dubbio.
A: Emiliano non mi farebbe mai del male.
C: Ti stava addosso…
A: Cesare, è molto più complicato di quanto sembra…
Cerco di tagliare corto, ma lui mi dribbla con la solita ironia che lo contraddistingue
C: Cos’è? Gli devi dei soldi?
Solo che a me questa volta non viene da ridere.
A: Molto più di questo. Solo che non posso…
C: Non capisco
A: Lascia perdere. Come va il naso?
C: Fa male.
A: Dammi le chiavi del motorino. Andiamo da mio padre.
E chiudo lì la conversazione, mettendo in moto il motorino.
Direzione casa.
Non so ancora come giustificherò a mio padre quel naso.
Mannaggia a me e a quando decido di seguire l’istinto!



A: Papà… papà, vieni di là…
Scuoto mio padre nel suo letto.
Bisbigliando, per cercare di non svegliare Bianca.
Alla terza volta fa un salto e apre gli occhi.
Lele: che succede, Anna?
A: Vieni un attimo
Riesco a tirarlo giù dal letto e a portarlo in soggiorno.
Sbadigliando e ancora intontito dal sonno.
L: Cesare, che ci fai qui…
Cesare volta appena la testa, mostrandogli il suo naso malconcio.
Quella visione lo sveglia completamente.
Anche il medico che c’è in lui si sveglia.
Si siede accanto a Cesare e studia la situazione.
L: Cos’è successo? Una rissa?
C: No, dottore. Nessuna rissa. Semplice scambio di opinioni con un amico di sua figlia
Fa un cenno sulla testa verso di me.
Grazie, Cesare.
Grazie di cuore per aver anticipato il momento delle spiegazioni.
Ed ora che faccio?
L: Un amico tuo?
Mio padre è incredulo.
Penso a cosa potrei inventarmi, ma al momento decido di essere sincera.
Tanto prima o poi lo scoprirà ugualmente.
A: Emiliano…
L: Emiliano non lo farebbe…
Scuote la testa, incredulo.
Non mi crede.
Di nuovo.
Ma sta volta non crede che Emiliano possa essere un cattivo ragazzo.
Mi si è rigirato il mondo
A: Adesso lo difendi?
L: Adesso lo conosco
Lo dice semplicemente, come fosse la cosa più normale di questo mondo
A: Pensavo anche io, ma non si finisce mai di conoscere le persone, no?
L: Ne parliamo dopo
E mi liquida così, lasciando in sospeso per dopo questa conversazione.
Deduco sarà una notte molto lunga.


Papà finisce di medicare Cesare rapidamente e lo accompagna alla porta.
Io aspetto in cucina.
E’ la 1.30.
Mi raggiunge e si lava le mani, poi attacca con l’interrogatorio
L: Che è successo?
A: stavamo parlando.
L: Ti ha messo le mani addosso?
A: Ma non eri tu che dicevi che “non lo farebbe mai” ?
È seriamente preoccupato.
L: Ti ha fatto del male? Rispondimi, Anna.
A: Papà, Emiliano non ha fatto niente che io non volessi…
L: E allora cosa giustifica il fatto che Cesare abbia il naso quasi rotto?
A: Papà, non lo so, ok? Emiliano è come impazzito. Stavamo parlando, solo parlando. E Cesare si è messo in mezzo
Non si accontenta questa mezza verità. Vuole sapere il perché.
Come faccio a spiegare a mio padre che prima l’ho baciato, perché lo volevo con tutte le mie forze e l’istante dopo ho capito che sarebbe stato l’ennesimo colpo di testa?
Prendo fiato, mentre mi siedo al tavolo.
Papà mi imita.
Non è arrabbiato, vuole solo capire.
A: Ero al karaoke e lui è apparso lì. Mi guardava…
L: Non si rassegna, vero?
Faccio cenno di no con la testa…
A: Volevo passare una serata senza pensare a lui. Lo volevo con tutte le mie forze. Ma poi l’ho visto… ed è stato come se mi fossi sentita sollevata. Non so perché papà. Agisco d’istinto ma la testa mi paralizza.
L: E’ normale, Anna. Sei innamorata.
A: Ma io adesso ho bisogno di rimettere insieme i pezzi, papà. Sono fermamente convinta di questo… ma sai cos’ho fatto?
Scuote di nuovo la testa, sorridendomi dolcemente
A: L’ho seguito quando se n’è andato! Gli ho fatto una scenata, ma in realtà volevo solo parlargli un’ultima volta.
L: Perché un’ultima volta?
A: perché non è possibile papà
L: E’ possibile se lo vuoi…
A: E se non volessi?
L: Io dico che hai paura…
A: Io dico che è istinto di sopravvivenza papà!



E: Dottor Martini, che ci fa qui?
Sono le 7.00 e deduco di conoscere il motivo di questa visita inattesa.
L: Non avevi detto che volevi rispettare certi principi?
Questi Martini hanno il raro potere di rigirarmi contro ogni parola che dico.
L: Picchiare un ragazzo di 18 anni rientra nei tuoi “principi”?
Colpito e affondato.
E: Non volevo… mi è partita la bussola
L: Stai cercando in tutti i modi di riavvicinarti ad Anna, Emiliano…
Non è un rimprovero, lo so.
Cerca di farmi capire qualcosa.
Ma non so bene cosa.
Si ferma un attimo, come per soppesare le sue parole, poi continua.
L: Ma non è una buona idea. Non ora, almeno.
E: E’ tutto chiaro, dottore. Anna ha già messo in chiaro le cose.
Ok, non voglio sentire oltre.
La squadra numero 2 ha colto nel segno.
L: Anna al momento non è in grado di decidere.
E lo dice con una sicurezza che mi fanno dubitare del fatto che conosca davvero Anna.
È stata chiara e decisa.
Non vuole più che le ronzi intorno.
E: Dottore, scusi se mi permetto, ma ormai sua figlia è grande…
L: Non è alla sua età che mi riferisco. È al suo stato.
E: Sta male a causa mia.
Lo so.
Continuo a sentirmi uno stronzo per quello che le ho fatto e le sto facendo passare.
È l’unica cosa che riuscirà a tenermi lontano da lei.
Sapere che sta bene… che sta meglio se io non sono nei paraggi.
L: Sta male perché è innamorata di te ma non sa come gestire questa cosa, te l’ho già detto. Nella sua testa ha una precisa idea della ragazza forte, fredda e determinata che vorrebbe essere. Ma il suo cuore la porta da un’altra parte.
Prova a spiegarmi di nuovo qualcosa che mi sfugge.
Nella mia testa Anna è forte e sa quello che vuole.
Perché suo padre pensa non sia così?
Perché viene qui a darmi speranza?
E: Cosa posso fare, io?
Mi viene spontaneo chiederlo.
Come se il filtro bocca-cervello si fosse irrimediabilmente guastato.
Fortuna che ero quello che parla solo quando serve.
L: Aspettare.
No.
Scuoto la testa.
Aspettare cosa?
Che dimentichi i momenti che abbiamo condiviso?
Che smetta di amarmi così come solo lei sa fare?
Che incontri qualcuno di più adatto a lei?
No. No. No.
E: Non voglio che pensi per l’ennesima volta che sia lei l’unica a combattere per questa storia. Voglio che capisca quant’è importante per me
L: … si, ma picchiare il suo più caro amico, non è il modo migliore
Già.
Ma allora come?
E: Mi dispiace, dottore. Ma a volte è l’unico modo che conosco
Mi mancano le sue improvvisate e le sue sfuriate.
Mi manca averla sempre attorno come un piccolo grillo parlante.
Mi manca sentirla abbandonarsi ad occhi chiusi tra le mie braccia.
Ma tutto questo non lo dico.
L: C’è sempre un altro modo, Emiliano.
Il dottor Martini si comporta come un padre… o, almeno , fa quello che io credo un padre faccia, ma dal momento che il mio è latitante da tutta la vita non sono il più adatto a dare giudizi a riguardo.
Mi aiuta a capire quale sia questo modo, dottor Martini?



******
Ciao a tutti!!!
Ecco un nuovo capitolo tutto per voi!
Godetevelo!
A presto.
E.

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Capitolo 12
*** L'unica via ***


Ho passato una notte terribile.
Mi sono girata e rigirata nel letto fino a quando è sorto il sole.
La testa mi scoppia, ma a questo punto dubito sia colpa delle birre di ieri.
Continuo a ripensare a quel bacio di Emiliano.
Quel bisogno di sentirlo vicino.
Quella voglia di stare con lui ma al tempo stesso il desiderio di scappare.
Le parole di papà.
“Io dico che è solo paura”.
Puoi forse biasimarmi papà?
Credi che abbia ancora la forza di affrontare un simile tornado?
Io dico di no.
Poi penso a Cesare. Povero amico!
È stato l’agnello sacrificale della serata.
Lui che aveva solo voluto proteggermi, mentre Emiliano l’ha usato per sfogare la sua frustrazione.
Attraverso il giardino, passando dalla porta del garage, quello che adesso è la mia stanza, diretta a Casa di Cesare.
La madre me lo chiama, non deve avergli raccontato tutto l’accaduto.
A dire il vero i genitori di Cesare non sono mai stati particolarmente attenti alla vita del figlio.
Chissà se si sono accorti di qualcosa?!
Il mio amico appare e mi raggiunge sul dondolo in cui lo sto aspettando.
A: Ciao… sono venuta per vedere come stai…
Lo guardo e penso: povero Cesare!
Il volto tumefatto.
Il naso livido.
Il suo respiro è rumoroso e affaticato.
E tutto questo solo per essersi accidentalmente scontrato con il pugno di Emiliano.
Non voglio pensare cosa sarebbe potuto succedere se Emiliano non avesse avuto la forza di fermarsi.
E mi sento in colpa, come se quel pugno glielo avessi tirato io stessa.
C: Meglio… in fondo è stata solo una botta.
Già.
Una brutta botta.
Come quella che ho preso io il giorno che ho incontrato Emiliano.
Perché lui è così.
Lui arriva e, senza volerlo, travolge tutto.
Ma quello che resta dopo una tromba d’aria è solo grande confusione, distruzione e paura.
A: Senti io volevo scusarmi con te
C: E per cosa? Mica me l’hai fatto tu questo. E poi sono io che mi sono messo in mezzo
Mi fa un sorriso un po’ forzato.
Credo abbia intuito come mi sento.
A: Emiliano non è cattivo. È che a volte non capisce
Non so per quale ragione ma provo a giustificare il gesto di Emiliano.
Ho pensato e fatto cose estremamente irrazionali da quando ho capito di essere follemente innamorata di lui.
Ci sono cose che non si controllano.
Come il troppo amore.
O la rabbia.
C: Chi è questo ragazzo?
L’unica domanda che non mi sarei mai aspettata.
Come te lo spiego, Cesare?
Emiliano è la persona che con un solo sguardo mi ha fatto credere nelle favole.
Con una semplice stretta di mano mi ha fatto provare sensazioni uniche.
È il ragazzo per cui ho pianto di più in vita mia.
Ma è anche quello per cui ho fatto i sorrisi più sinceri, quelli da orecchio ad orecchio, che vengono dal cuore.
Emiliano è qualcuno che però adesso vorrei dimenticare.
A: Nessuno…
C: Cavoli, un nessuno interessante però!
A: In che senso?
C: Anna, io non metterei le mani in faccia a nessuno se la ragione per la quale lo faccio è di poco conto
Mi viene da sorridere a questa affermazione.
Cesare, pacifista convinto, che mette le mani addosso a qualcuno.
Inimmaginabile.
A: Cesare, tu non metteresti le mani in faccia a nessuno
C: Guarda che per prendere a pugni qualcuno non serve essere un tatuato di borgata…
Mi irrito visibilmente.
Chi sei tu per giudicare Emiliano dopo averlo intravisto una sola volta in vita tua?
Odio quando le persone pensano di sapere che tipo di persona sei solo da uno sguardo.
Nessuno può parlare male di te.
A maggior ragione se non ti conosce.
A: Quel tatuato di borgata mi ha salvato tante di quelle volte che tu non puoi nemmeno immaginare
C: Quindi lui è il tuo angelo custode…
A: In un certo senso...
Mi ritornano in mente immagini di noi.
Momenti felici.
Altri meno.
Eppure tu c’eri sempre.
E vegliavi su di me.
Chissà se hai smesso…
Restiamo in silenzio un po’ di tempo.
Il dondolo oscilla cigolando.
Poi, all’improvviso, dici qualcosa su cui evidentemente hai meditato per tutta questa lunga pausa.
C: E’ per lui che sei così diversa… è lui che ti ha fatto male, non è vero?
A: Ho fatto tutto da sola!
Emiliano non mi ha mai promesso niente.
Sono io che mi sono illusa.
Ho creduto che l’amore potesse vincere su tutto, come nelle favole.
C: Annuccia perché non me ne parli…
Vuoi davvero saperlo, Cesare?
Sono esasperata.
Non ne posso più di dover spiegare come mi sento.
Sbuffo.
A: Perché non voglio parlarne. Non voglio pensarci. Sto provando a dimenticare ma più io mi sforzo più lui torna
C: Non puoi dirgli chiaramente che non ne vuoi più sapere?
A: Non sarebbe la verità.
C: Non capisco.
A: Sono innamorata di lui. Ma è tutto così difficile…
C: Ma cosa c’è di così complicato nell’amore?
A: Un quasi figlio…
Resta di sasso.
Questa non se l’aspettava.
Già mi immagino il film che la sua mente sta producendo.
Me col pancione.
Tra pochi mesi.
Ma ti pare???
C: Anna…
A: Non mio, scemo. Suo.
C: Non ti seguo
A: Senti, è una storia lunga.
Pare capire la mia silenziosa richiesta di time-out.
Magari ha già capito tutto.
C: Mi dici perché ci stai così male?
Nessuno mi ha mai chiesto perché mi senta così male.
Tutti mi chiedono come sto, se ci penso, perché non voglio parlargli.
Nessuno si è preoccupato di domandarmi il motivo di questa guerra che ho in corpo.
A: Perché ci sono così tanti motivi per correre da lui… e altrettanti per scappare via.
C: Ed ora? Cosa vorresti fare ora?
A: Scappare. Lontano. Avrei bisogno di staccare, di pensare a me, di ritrovare la vecchia Anna, quella che non si arrende e che non ha paura di niente. Devo capire cosa mi fa più male: se stare insieme a lui o stargli lontana.
C: Davvero scapperesti?
A: Se potessi… ma sono minorenne e mio padre non è propriamente un uomo “morbido” sotto questo punto di vista
C: Beh, ma se tu gli dicessi che vai a fare un viaggio studio per imparare una nuova lingua magari la questione cambierebbe
Un barlume di speranza si accende in me
C: Mia madre lavora per un tour operator che organizza questi viaggi. Io l’ho fatto per diversi anni, ricordi? Ad ogni modo sei in college, in mezzo ad un sacco di ragazzi provenienti da tutto il mondo. Al mattino vai a scuola e il pomeriggio in giro per la città. È divertente e puoi starci dal 1 a 10 settimane. Aspettami qui.
Sparisce per un istante per poi tornare immediatamente dopo con un coupon informativo
C: Ecco. Qui ci sono i corsi di lingua in Europa. Magari può esserti utile.
Gli getto le braccia al collo.
A: Grazie. Grazie. Grazie.
Sì, grazie davvero Cesare.
Per esserti preso un pugno nel tentativo di difendermi.
Per aver capito prima degli altri che ho bisogno di staccare da tutto questo.
Per essere il mio amico del cuore da tutta la vita.



Il bar di Valentina è superaffollato oggi, ma non me ne curo.
Ho bisogno di parlare con lei.
E: Hai cinque minuti?
Si guarda intorno, quasi isterica
V: Direi di no. Ma se hai tempo di aspettare un paio d’ore che sti matti vanno in ufficio allora potrei trovare del tempo per te.
Sono disperato.
Non ha tempo.
Ne io ho tempo di aspettarla.
E: Non ho tutto questo tempo, Vale. Ci vediamo un altro giorno
Dico con una punta di delusione nella voce.
Le strizzo un occhio e esco.
Devo cavarmela da solo.
In fondo è quello che faccio da tutta la vita.
Recupero il motorino e lo tiro giù dal cavalletto.
Mentre sto per partire qualcuno mi piomba alle spalle, sedendosi dietro di me.
V: Dai forza, Romeo! Non ho tutto il giorno!
Le faccio un sorriso sincero.
Grazie Valentina!
Grazie Sorella.
Siamo in un parco, quello in cui venivamo da ragazzini.
Io sono sdraiato sull’erba.
Una mano sotto la testa e gli occhi chiusi.
Valentina è seduta accanto a me con le gambe incrociate.
Mi guarda in attesa.
E: Ho fatto un casino
V: un altro pargolo in arrivo?
E: Perché devi sempre fare la scema?!?!
Ride, tirandomi un ciuffo d’erba appena strappato.
V: Ok, scusa. Che succede?
E: Ho picchiato un ragazzino amico di Anna
Confesso tirandomi su a sedere, mettendomi di fronte a lei.
V: Che hai fatto????
Mi chiede più incredula del solito.
Non si aspettava una confidenza simile.
Non dopo quegli anni di risse, commissariati e cazzate varie.
Forse è delusa.
Ma, molto più probabilmente, è semplicemente sorpresa che io abbia abbandonato la retta via per una ragazza.
E: Anzi, pare che io abbia preso a pugni il suo amico del cuore
E non so per quale motivo, ma mentre lo dico mi spunta un sorrisetto.
V: Ma perché?
Perché?
Non lo so nemmeno io.
Forse sono impazzito.
Le racconto della sera prima.
Di tutta la storia della canzone che mi hai dedicato, di te che mi segui.
Il bacio e poi tu che mi scacci, quello che si mette in mezzo e io che lo colpisco.
Tutto, senza tralasciare dettagli.
Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno che possa davvero essere obiettivo.
V: Ti rendi conto che sei davvero fuori di testa? Cioè, apprezzo lo sforzo del bacio e tutto il resto. Il fatto che ti abbia seguito non fa che avvalorare la mia tesi. Ma hai esagerato.
E: Sì, Vale, lo so pure io… ma ora? Che faccio ora?
V: Potresti lasciarla sbollire un po’…
E: Già, anche suo padre lo ha detto…
V: Frena, frena. Che c’entra suo padre?... non era lui che voleva che restassi a minimo 1km dalla figlia?
E: Poi ha capito…
V: Cosa? Che sei innamorato di lei???
E: Vale, io non sono innamorato di nessuno. Mi interessa…
E detto così suona ridicolo anche alle mie orecchie.
Sono davvero poco credibile.
V: Si, boom! E se mio nonno aveva sei palle era un flipper...
Ecco.
Mi mancava la sua inutile ironia.
Ma del resto è colpa mia!
V: Quindi… che hai intenzione di fare adesso?
E: Speravo che la tua saggezza potesse illuminarmi
V: La mia saggezza è sprecata con te! Non mi dai mai retta
E: Beh, ovviamente, se continui a propormi scene alla Romeo e Giulietta direi che è il minimo! Ho una dignità da preservare…
V: Dignità che non ti porterà lontano. Però io dico che, se proprio non vuoi lasciarle il tempo di accettare il fatto che i vostri ruoli si siano invertiti, potresti fare come farebbe lei e correre immediatamente a chiederle scusa
E: Ma dove vado che non vuole nemmeno che mi avvicini a lei?
Un attimo di sconforto mi prende.
Più di uno.
E se fosse definitiva questa separazione?
No.
Non voglio crederci.
Devo. Pensare. Positivo.
V: Certo che sei de coccio eh? Ti ha baciato, Ema! Se fosse stata disinteressata avrebbe fatto finta di non averti visto…. Invece ti ha seguito per arrabbiarsi con te.
E: Che soddisfazione…
V: Il problema è che hai paura che ti rimbalzi di nuovo. Quante volte l’hai rimbalzata tu? Venti? Quaranta? Le hai addirittura sbattuto in faccia che aspettavi un figlio da un’altra…
E: E’ vero, forse ho paura. Ma non per i motivi che credi tu…
V: Io non credo niente. Io prendo atto mio caro
E: Vale, la mia vita è uno schifo. Un casino immenso. Come posso chiederle di farne parte?
V: Tu. Tu. Tu. Sempre e solo tu. Sembri un disco rotto, Ema! Te lo ripeto per la millesima volta. Lei è innamorata di te ma, a differenza tua, non ha paura di affrontare questa cosa che prova. Ti sei mai chiesto cos’è che lei vuole da te?
E: Qualcosa che non so se posso darle
V: E allora perché non la lasci in pace? Perché continui a perseguitarla?
E: Perché non riesco a farne a meno.
V: Vai e dille che la ami. Che sei pazzo di lei. E che un giorno, tra molti, molti, moltissimi anni, è con lei che vuoi avere 4 bambini!
E: Ripeto. Sei davvero scema.
V: Sarà. Eppure continui a chiamarmi per psicoanalizzarti… chi dei due ha un problema?
E: Direi io.
Mi avvicino e la stringo forte.
Se qualcuno mi chiedesse se esistono gli angeli potrei dire con sicurezza di sì.
Valentina è il mio angelo custode.
Ma io adesso che faccio?
Vado da lei o le do il tempo di capire che non possiamo buttare via tutto quello che c’è tra noi?
Perché c’è tanto Anna.
Abbiamo così tanto da vivere insieme.


*******************
Eccomi tornata dopo qualche tempo di pausa
Spero continuerete a seguire questa storia con lo stesso entusiasmo dei primi tempi!
Un abbraccio
E.

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Capitolo 13
*** Lo spiraglio ***





Spagna. Comunità Valenciana.
Valencia, una piccola città affacciata sul mediterraneo.
Le immagini su google ritraggono una lunga distesa di sabbia color oro e palazzi dai toni chiari e dalle facciate importanti.
Mi piacerebbe come possibile meta per l’estate.
Ho sempre desiderato imparare un’altra lingua.
Questa potrebbe essere l’occasione.
Avrei solo da guadagnare da un’esperienza simile.
Continuo a sfogliare questo catalogo e provo ad immaginarmi lontana da qui.
Lontana da tutto.
Da Emiliano.
La sensazione che mi prende è davvero strana.
Un mix di sollievo e tristezza.
Buio e luce.
Mi stendo sul letto.
Copro gli occhi con le mani e provo a liberare la mente.
Provo a visualizzare un momento felice.
Un momento che varrebbe la pena rivivere.
E vedo te rincorrermi e darmi quel bacio che non potrò mai dimenticare.
Un brivido mi prende.
La mia testa riprende a vagare in un mare di pensieri negativi.
Una serie di domande che non troveranno mai risposta mi tampinano il cervello.
Basta. Basta. Basta.
Vorrei urlarlo.
Ma provvidenzialmente qualcuno bussa alla mia porta.
Lele: Anna, posso?
A: Vieni…
L: E’ tutto a posto?
A: Sì.
Mi guarda, cercando di indagare.
Io mi rimetto a sedere.
Il suo sguardo si sposta sul catalogo che mi ha dato Cesare.
L: Lettura interessante?
A: Abbastanza…
L: Cos’è?
Lo prende ed inizia a leggere alla pagina che era aperta.
È attento.
Molto attento.
L: Davvero un bel posto. E un bel programma.
A: Già. Me lo ha dato Cesare. Sua madre organizza questi viaggi studio e pensavo che…
Gli sfugge un sorrisetto.
So che ha già capito, vuole solo che sia io a chiederlo.
L: E scommetto che a te piacerebbe andarci
A: Sì.
L: Stai cercando di scappare, Anna?
A: Sì…
L: Bene. Ammetterlo è il primo passo.
A: Che ne pensi, papà?
L: Lasciami riflettere un pochino, ok?
A: Ok.
L: E’ una bella idea questa…
A: Trovi?
L: Sì. E credo potrebbe esserti d’aiuto…
A: Beh, conoscere una nuova lingua può essere d’aiuto…
L: Mi riferivo a te, piccola mia!
La vibrazione del cellulare si inserisce nel nostro scambio silenzioso di sguardi.
Lo prendo ed un sorriso mi si allarga in volto.



“Ehi tu, sei ancora viva? Sono la tua migliore amica e ti comunico che da ben 17 minuti siamo tornate ad essere sotto lo stesso cielo. Passo a prenderti sta sera per gli aggiornamenti! TVB”.


L: Buone notizie?
A: E’ tornata Giulia, papà. Posso uscire sta sera?
L: D’accordo. Ma non approfittartene!



Mezzanotte e venti.
Ho girato tutta la sera per poi ritrovarmi qui, al punto di partenza.
A te, Anna.
Non posso fare a meno di pensare che tutto inizia e finisce con te.
Perché per quanto cerchi di impormi di starti lontano, di far in modo che tu possa tornare la ragazza che mi ha fatto perdere la testa, so bene che non sarebbe giusto.
Ho bisogno di credere che qualcosa di bello possa accadere in questa vita.
E quel qualcosa sei tu, Anna.
Che mi sei piombata addosso come un temporale estivo.
Tu che non hai avuto paura di leggere nell’oscurità dei miei occhi.
Tu che hai tenuto duro per entrambi, anche quando io non lo credevo possibile.
Busso lievemente alla tua porta, non voglio che gli altri mi sentano.
Nessuna risposta.
Forse sei uscita.
Forse sei solo persa nei tuoi sogni.
Mi accovaccio con le spalle al muro.
In attesa.
Non so di cosa.
Se del tempo.
Se di te.
O di un segno.
Dei passi mi colgono alla sprovvista.
Faccio per alzarmi e nascondermi, ma è troppo tardi.
A: Chi c’è?
La tua voce tradisce panico.
Non voglio che ti spaventi.



Un moto di panico si impossessa di me.
Il mio più grande incubo: tornare e trovare dei ladri nascosti in giardino.
È una vita che immagino come mi comporterei.
Ho sempre pensato che sarei scappata a gambe levate, urlando con tutto il fiato che ho in corpo.
Invece, inspiegabilmente, resto ferma e con la voce tremante chiedo chi c’è.
Come cambiano le cose.
E: Sono io…
A: Che fai tu qui? A quest’ora poi…
Lo vedo guadagnare la luce e mi rassicuro.
La mia scialuppa di salvataggio.
Mi piace che ci sia ogni volta che sono terrorizzata.
E: Volevo parlarti…
A: Da uomo silenzioso a stalker in meno di un anno…
E: Già…



Per la prima volta dopo non so quanto tempo ci sorridiamo reciprocamente.
Mi scalda il cuore vedere quel sorriso sincero dedicato solo a me.
A: Dai, entra. In camera mia saremo più tranquilli.
E: Davvero posso?
A: Non mangio mica sai?!



Entra nella stanza e gli leggo il disagio stampato in faccia.
L’ultima volta che è stato qui c’era anche Sonia.
Ma non voglio pensarci. Non ora.
È una serata meravigliosa.
Ho passato tutto il tempo a chiacchierare con Giulia.
il cielo è pieno di stelle.
Emiliano è qui con me.
Solo per me.
E niente potrà rovinare tutto questo.
E: Sembra passata una vita
A: E’ passata una vita
E: Come sta il tuo amico?
A: Bene. Un po’ livido. Ma se la caverà. Cesare ha questa vocazione da cavaliere senza macchia e senza paura… ma poverino, alla fine le prende sempre!
E: Non volevo fargli del male, Anna. Credimi.
Il suo sguardo si fa serio.
Sta combattendo contro i suoi demoni. I soliti.
A: Emiliano, guarda che lo so. Ti conosco più di quanto tu possa immaginare. So benissimo che avrai passato la notte fustigandoti per quanto avevi fatto. E che sei qui per chiedermi scusa sempre per quella storia. So che non sei quel tipo di persona. Capita a tutti di perdere la testa e fare una cavolata.
L’ho promesso a me stessa, Emiliano.
Niente potrà rovinare questa serata.
Niente.
E: Ho passato il segno…
A: Ma ne sei consapevole
E: Non volevo che vedessi che persona sono realmente
A: E che persona saresti?? Una bestia violenta, incapace di amare e che può solo causarmi guai? Guarda che se stai ancora cercando di tenermi lontana, non attacca. So che non è così.



Cos’è cambiato in 24 ore?
Non era lei che ieri diceva di non volermi più vedere?
Di starle lontano?
Dice una cosa e si comporta in modo completamente opposto.
I nostri ruoli si sono davvero ribaltati!!
E allora mi convinco.
Valentina ha sempre ragione, no?
Quindi mi butto.
Questa volta sono io a rischiare il tutto per tutto, Anna.
E: Ho un problema
A: E’ successo qualcos’altro? Figli in arrivo? Amici pazzi?
Lo dici sorridendo.
Stai alzando un muro e lo nascondi dietro a questo sorrisetto ironico.
Hai paura.



E: No. Ma mi sono innamorato.
Le gambe tremano all’improvviso.
Di chi?
Di me?
O di un’altra?
La mia voce mi tradisce, così come i miei occhi che diventano lucidi.
A: La conosco?
E te lo chiedo timorosa.
Consapevole che da questa conversazione potrei uscirne a pezzi.
E: Un po’…
Poi vedo il suo sorrisetto.
Quello a mezza bocca.
Quello che vuole dire tutto e il contrario di tutto.
Quello che mi ha fatta innamorare.
E allora capisco che un muro sta crollando.
Il più difficile da abbattere.
A: E come posso aiutarti?
E all’improvviso mi sento una perfetta schizzofrenica.
Poche ore fa stavo pianificando una fuga a 2000km di distanza per allontanarmi da lui ed ora sono qui a flirtare, come direbbe nonna Enrica.
Voglio sapere cosa vuole dirmi.
Ho bisogno che vada fino in fondo.



E: Prova a perdonarmi…
Mi parla, accorciando ad ogni parola la distanza tra noi.
Mi fissa con i suoi occhioni da cerbiatta e penso che vorrei poterli guardare ogni istante della mia vita.
A: Per cosa, esattamente?
E: Per essere il più grande casinista della storia d’Italia
A: Solo per questo?
E: Per non essere stato all’altezza.
A: E per non essere stato te stesso fino in fondo…
E: Devi sapere che…
A: Non sei stanco di parlare?
E non finisce la frase perché le sue labbra si incollano alle mie.
Mi bacia in un modo che mi sorprende.
Con questo bacio mi sta parlando, riempiendo giorni di silenzi.
Con questo bacio che per me vuol dire tutto.



Mi perdo in queste sensazioni.
Le sue mani tra i miei capelli.
Il suo profumo e il suo sapore.
Ho bisogno di questo contatto.
Ho sperato con tutta me stessa di riuscire a dimenticare come mi sentissi abbracciata a lui.
Poi ci siamo baciati. Ancora.
Ora so di non poterne fare a meno.
So di non poter fare a meno di te.
E di questo bacio che per me vuol dire tutto.





Perdonate per il ritardo!
E.

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Capitolo 14
*** Non chiedermi di lasciarti andare ***


Alla luce del giorno tutto assume una luce diversa.
Sono qui, stretta nel suo abbraccio e ancora in preda ad una marea di dubbi che mi stanno fondendo il cervello.
Sono appena le 6.00 del mattino.
E vorrei trovare una via di fuga a questa situazione.
Non so cosa mi sia preso ieri sera.
Sembrava tutto così chiaro, così semplice.
Per la prima volta mi sono sentita ferma sulla stessa casella del Monopoli, accanto ad Emiliano, pronta a tirare i dadi per proseguire insieme.
Non so cosa possa essere cambiato in poche ore.
Forse l’aver fatto così tanto per dimostrare che a me tiene davvero, il suo abbattere ogni difesa mi ha fatta ricadere in quel baratro da cui sto cercando di uscire con tutte le mie forze.
Lo guardo dormire.
Sembra sereno e un po’ lo invidio, perché vorrei aver chiuso occhio questa notte.
Vorrei essermi sentita sollevata da questo evento inatteso.
Eppure non mi riesce.
Sono come paralizzata.
Ho bisogno di capire.
Ed ora, più che mai, sento la necessità di scappare lontano da qui.
Lontano da Emiliano.
A: Emiliano…
Rompo l’incanto, svegliandolo.
Questa stanza mi sembra troppo piccola per entrambi.
Mi sento soffocare.
Deve andare via da qui.



Una voce mi richiama dal sogno fantastico che stavo facendo.
Non voglio aprire gli occhi e rendermi conto che Anna in realtà non c’è.
Un angelo biondo mi appare sfocato.
Sbatto le palpebre un po’ di volte e, quando riesco a mettere a fuoco, finalmente la vedo.
Non è stato un sogno.
Lei è qui.
E noi siamo nei guai.
A: Emiliano, forza alzati. Devi andare via.
E: Buon giorno anche a te
A: Cavoli… ci siamo addormentati
E non è il suo solito modo.
È fredda.
Distaccata.
Mantiene le distanze, anche fisicamente.
Credo di essermi perso qualcosa.
E: Che succede, scricciolo?
A: Succede che devi andare perché qui tra un po’ si svegliano tutti.
E: Anna, guardami…
Ma non lo fai. Mantieni gli occhi bassi e cerchi di dirmi qualcosa che ho già capito.
A: Ho sbagliato, Emiliano. Ti chiedo scusa.
E: Anna, che significa che hai sbagliato?



A: Tutto questo. Quello che è successo ieri è sbagliato. Io non ce la faccio. Ho paura di quello che succederà e odio sentirmi così terrorizzata.
E alza la voce, deluso, arrabbiato, triste. Così come non penso di averlo mai sentito.
E: Ma hai capito quello che ti ho detto??? Io sono innamorato di te. Sono pazzo di te.
A: Non mi basta, Emiliano
Urla ancora di più, non preoccupandosi che in questo modo sveglierà tutto il resto della mia famiglia.
È fuori controllo ormai, come l’altra sera. Proprio non riesce a capire.
E: Che cosa vuoi da me? Cosa vuoi che faccia, me lo spieghi?
A: Ho bisogno di tempo. Io non sono pronta a lasciarmi andare…
E: Quanto tempo?
A: Non lo so.
E: Dimmi solo una cosa: ma tu, mi ami?
A: E’ proprio qui il punto. Io ti amo, lo so e anche tu lo sai bene. Ma non so quanto possa credere al fatto che tu sia innamorato di me.
E: Come?
A: Non sarebbe la prima volta che cambi idea e mi molli senza una spiegazione. Perché dovrebbe essere diverso questa volta?
E: Quante volte vuoi che ti chieda scusa, Anna? Ho sbagliato in passato. Ma non lo rifarò, non se il prezzo da pagare è perdere te.
È vagamente incredulo, le sue orecchie ascoltano qualcosa che mai si sarebbe immaginato di dover sentire.
Mi guarda con gli occhi spalancati. È esasperato.
A: Mi serve tempo Emiliano. Però, nel frattempo, per favore…
E mi interrompe, loquace come non è mai stato.
Interviene e serio, con lo sguardo truce.
E: Non ci provare, Anna.
A: A fare cosa?
E: Non chiedermi di lasciarti andare.
Suona quasi come una minaccia.
Non lo faccio.
Non gli chiederò di lasciarmi andare, perché nemmeno io so se voglio lasciarlo andare.
Si china e mi da un bacio sulla guancia sinistra, mentre qualcosa di umido mi bagna un angolo della bocca.
E non so dire se è una sua lacrima o una delle mie.
Lo guardo andarsene, senza voltarsi, col capo chino.
Scusami se ti ho ferito amore mio.
Non so perché sia così difficile.
So solo che devo pensare e se tu sei nei paraggi non riesco ad essere lucida.
C’è sempre il cuore che, in qualche modo, riesce a prevalere sulla ragione.
Ma questa volta non posso proprio permettermi di lasciarmi guidare da lui.
Troppe volte a causa tua ho dovuto rimettere insieme i pezzi.
E solo Dio sa quanto male fa ogni volta.
Devo riflettere da sola.
Spero solo che anche papà riesca a capirlo e mi lasci partire.



E’ passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ho scritto un capitolo di questa storia.
Spero che l’assenza non vi abbia fatto perdere entusiasmo.
A prestissimo
Eliana

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