LO SPLENDORE DEL BUIO

di _coccinella
(/viewuser.php?uid=308253)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1:LA MORTE E LA SCOPERTA ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2: LA SCOPERTA DELLA SALVEZZA ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3: LA STANZA MISTERIOSA ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4: UNA LETTERA SPECIALE ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5: L'INCONTRO ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6: LA MIA STORIA ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7: IL SESTO SENSO ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8: LA NOSTRA STORIA ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 9: PRESENTAZIONI ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 10: L'ANIMA DI MILENA ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 10 : IL POTERE ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 11 : SCONCERTATA ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 12: BLOCCO ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1:LA MORTE E LA SCOPERTA ***


Era notte quando tutto incomincio'. Il cielo era buio. Scuro. Glaciale. No, peggio, agghiacciante e silenzioso. Ero nella tenda, circondata da pensieri oscuri e incubi. Ero ormai sola. Abbandonata. Papa' era li, sotto i miei occhi, eppure non lo vedevo. Magari dovevo solo guardare meglio e avrei trovato la sua anima in quel mare di sangue che aveva intorno. Era l'ultimo colore che avevo visto, rosso. Poi il fiammifero si era spento, e il solito nero era tornato. Spesso pensai che se fossi morta subito avrei potuto rivedere il bianco, la purezza. Una cosa che conoscevo da molto e che pero' mi mancava da molto, troppo. E se poi andassi in Inferno? No, non potevo rischiare di rivedere il colore del sangue, ne avevo gia' visto troppo. Per me quello di distinguere questo particolare colore nel buio era diventato come un sesto senso. Era l'unico modo inm cui potevo sapere se, per esempio, mia sorella Katniss era morta. La sua morte fu atroce. Me la ricordo come se fosse ieri. Era stata torturata. Picchiata tanto e tanto forte che perfino tutta la foresta senti le sue grida. Io ero li quando accadde. Dritta come un'asse, legata e pietrificata, papa' mi sussurrava di essere forte, ma bastarono qualche secondi di quella scena a bagnarmi il viso di acqua salta. Gia', proprio come quella del mare, conoscevo quella parola, eppure non l'avevo mai visto. E non prnso lo vedro' mai. Soprattutto adesso che ce l'avevano fatta. Avevano ucciso anche papa'. Ma io ormai avevo capito tutto. Volevano ferirmi, ma non conoscendo il nascondiglio del mio corpo volevano ferirmi in un punto che non potra' mai nascondersi, il cuore. Ed ecco, ce l'avevano fatta. So che non mi dovevo arrendre. Dovevo vincere, scappare. Gia', scappare... E' solo a quel punto che senti un fruscio accanto a me. Saltai. Ah, era solo Corbe, il serpente. Ma avevo urlato, avevo urlato. E se mi avessero sentito? Spesso mi chiedevo se sapevo ancora parlare, da quanto tempo non lo facevo. Dovevo andarmene. Ora. Velocemente e in silenzio. Presi il vecchio zaino che mi era stato regalato cinque anni prima e lo riempii di vestiti e provviste, nella fretta della paura e della disperazione. Piegai la tenda e la spinsi con tutta la forza che avevo nella tasca posteriore. Non entrava. Continuai a spingere e con la mia ultima speranza non entro'. Nel piu totale panico presi il coltello, lo misi nello zaino, e respirai. Respirai profondamente. Quanto tempo avevo avuto per farlo, eppure non me ne era mai venuta l'idea. Bastava chiudere gli occhi e prendere l'aria, mi diceva papa'. Era vero. Ma gli occhi non si chiudevano, avevo paura di non approfitare delle poche ore di luce che coloravano la mia vita solo qualche ora al giorno. Ebbi il tempo di respirare une volta. Poi inmiziai la corsa. Correvo veloce e piano. Molto abile. In tutti questi anni di vita selvaggia e vuota avevo avuto il tempo di esercitarmi a camminare. Ma quello era quando ero felice, quando il mondo era felice. Quando non ci davano ancora la caccia, a noi. Eravamo esseri umani, ma questo per loro non contava, pensavano a noi come animali selvaggi, ma qui, in questa storia, le bestie erano loro. Ed erano bestie pericolose. Che pero' non potevano e non riuscivano ad essere incatenate.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** CAPITOLO 2: LA SCOPERTA DELLA SALVEZZA ***


Mi avventurai nel fitto bosco che in pochi anni era diventato una folta foresta impenetrabile dal mondo civile. Sentivo il rilassante colare del sangue sulla mia pelle. Sulla faccia si mescolava con il salato delle mie lacrime nel tratto che andava dal naso alla bocca e creava un gusto del tutto nuovo.Ero caduta, inciampata e precipitata cercando di evitare rami, frasche e tronchi. Cio' non era facile ma la natura mi era amica, anche se quella sera sembrava un po' indispettita, quasi arrabbiata. Come se si divertissimi a farmi cadere, sanguinare e stancare nelle sue grandi ma infinite braccia. Sentivo la sua risata. Era felice di farmi questo scherzo, sogghignava. Mi fermai, mi guardai intorno. Per capire se era li, da qualche parte.Ma nel buio non riuscii a scorgere nulla, nemmeno una libellula, che di colito verso quell'ora si faceva vedere.Ma poi che ne sapevo io? Era gia' da un po' che avevo perso la nozione del tempo. Poi sentti dei passi, delle grida che dicevano: "E' la! Presto! Non lasciatevela scappare canaglie!" Allora corsi, pregai, chiesi aiuto alla natura, promettei che non avrei piu' ferito nessun cinghiale col mio arco, ma tutto cio' non servi. Le grida si avvicinavano sempre di piu', come la mia fine. Dimenticai il piacere del bagnato sul mio viso e corsi piu' che potevo. Basta. Non ce la facevo piu'. Mi gettai a terra e sentii un dolore improvviso. Quella cosa su cui ero appena atterrata non era il solito muschio che abitava la foresta, era ferro. Seguii i disegni ricamati con le mani, sorrisi. Era il disegno di un arabesco, il mio preferito. Era originale e semplice, proprio come piaceva a me. A quel punto, spostando la mano, sentii un grilletto. Il sorriso sulla mia faccia si avvicino', incuriosito, non pensando piu' ormai alla morte che stava arrivando. Continuai a tastare quel freddo ferro e quel quadrato di arabeschi si apri, dando luce a un tunnel sotterraneo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CAPITOLO 3: LA STANZA MISTERIOSA ***


Senza pensarci due volte mi ci infilai. Cadetti nell'oscurita' per qualche metro, poi atterai su un qualcosa di morbido, di cui (ovviamente) non conoscevo la forma, il colore oppyre semplicemente l'aspetto. C'era un odore di cipolla, patata, aglio, pomodoro, pasta, cioccolato, zucchero, farina e migliaia di altre sapienze. Scesi da quella specie di "materasso" alto qualche decina di centimetri. Avanzai nella solita densita' del buio tastando il muro alla mia destra. Erano pietre antiche. Mio padre era stato un noto archeologo e scienziato e mi aveva insegnato tutto cio' che sapevo. Quelle pietre datavano sicuramente del 1800, se non del '700. Stranamente non erano polverose, ma erano pure e lisce, con qualche gobba qua' e la', come fatte apposta per dare un tocco di originalita'. Arrivai con la mano in un punto in cui sull'ammasso di pietre inpilate c'era un altro oggetto. Tastai. Usai il mio sesto e miglior senso. Era una specie di torcia, ma spenta. La tirai, come nei film, e infatti mi fece scoprire una stanza illuminata da migliaia di candelabri. Ero stupita. Stupefatta. Meravigliata. I candelabri circondavano la stanza, in cui al centro regnava un tavolo, con una tovaglia bianca. Intorno erano sistemate quattro sedie, e un po' piu' lontano, vicino al caminetto, una sedia a dondolo. Non potei resistere, mi avvicinai a quel mobile, oggetto. Era di seta. Seta turchese. Mi ci sedetti. Mi ci dondolai. Sognai. Sognai per la prima volta la luce, il profumo dei fiori, il colore. La gioia. La liberta'. Vidi la felicita' che prova ogni persona contenta ogni giorno. Fui risvegliata da sussurri urlati. Erano voci. Agguantai lo zaino che avevo appoggiato per terra e mi nascosi fra le mille luci di fuoco. Ero dietro il caminetto, vedevo tutto. Sperando che tutti non vedessero me. Nella stanza entrarono quattro ragazzi. Dovevano avere piu' o meno la mia eta'. C'erano due femmine e due maschi. Quella dai capelli mossi e biondi era chiamata dagli altri tre Elly. La sua amica era al contrario mora, con degli occhi di un verde intenso. I due ragazzi invece erano entrambi bruni, con i capelli mossi e degli stupendi occhi blu. Allora era quello il colore del mare...Io affondavo nei loro occhi come una nave sprofonda nel mare. A parlare non era Elly, ma l'altra ragazza. Non essendosi accorti della mia presenza, iniziarono a discutere. - Allora Matth, tu prendi la torcia e controlla che non ci sia nessuno nella dispensa. Elly spegni qualche candela, qui c'e troppa luce e tu Conn, prendi le carte e i dossiers. Penso di aver capito il problema. Io arrivo, vado a prendere qualche fiale per le esperienze. Era stata la ragazza mora a parlare, da quanto vedevo sembrava lei il capo della banda. Usci dalla sala e si diresse verso una porta alta una cinquantina di centimetri che non avevo notato. Dopo poco non riusci, come promesso, con dei tubi di vetro e delle fialette. Si sedettero allora tutti e quattro intorno al tavolo, su cui ormai tutti avevano appoggiato qualcosa. A questo punto, e solo a questo punto, si accorsero di non essere soli.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** CAPITOLO 4: UNA LETTERA SPECIALE ***


Il primo a accorgersi della mia presenza fu uno dei due ragazzi, quello piu' alto e secondo me piu'...affascinante. Si avvicino' al caminetto, si avvicino' a me. Sentii il suo odore. Un misto di fragola e mirtillo, delizioso. Non riuscivo a muovermi, riuscivo solo a respirare quell'odore. Il suo odore. La mia droga. Una volta trovata mi guardo'. Anzi, non mi guardo', fece molto di piu', mi fisso. I suoi occhi blu entrarono nei miei, color oro. Ecco, mi sentivo gia' smarrita in quello sguardo. Eppure anche cosi sicura... Volevo immortalizzare quel momento. Passare il resto della mia vita in quel colore infinito che definiva anche il mare. Dopo qualche minuto che mi sembro' un'eternita' si stacco da me, dal mio sguardo. Sorrise, facendo cosi' scoprire una scia di denti bianchi e perfetti. Io ero li'. Ferma. Immobile. Con la bocca spalancata e la testa fra le nuvole. Si volto' e si rivolse agli altri, abbandonandomi all'incantesimo che mi aveva appena lanciato. L' Amore. Quello con la A maiuscola. Ma ora non staro' a farvi una ramanzina su questa lettera come nel resto delle storie. L'importante da sapere e' che quello che avevo appena ricevuto, che mi era appena capitato era un colpo di fulmine. Il colpo di fulmine. Il primo e unico della mia vita. Stupendo. Era come una chiava che epriva una parte della mia anima indecifrabile, talmente era logica e chiara. Ma di questo riparleremo dopo. - Matth, che fai? Perche quella faccia cosi' beata? Dai, muoviti, prendi i bastoncini e torna, non abbiamo tempo da perdere. Era stata Elly, questa volta, a parlare. Matth, come appena tornato da un luogo che era al limite fra sogno e incubo, rispose, incredulo, alla domanda della sua amica. - Elly non siamo soli. Li. Dietro il caminetto c'e una ragazza. Ha degli occhi stupendi. La sua bocca e' talmente ben delineata che nemmeno gli angeli non riuscirebbero a non credere le parole che ne escono. Ma a questo punto i suoi amici erano gia' partiti da tanto tempo dalle sue vicinanze. E questo lo so perche erano accanto a me. Ma io non avevo paura. Perche' lo sapevo. Sapevo che erano buoni. Sapevo che mi potevo fidare. Sapevo cos'era l'amore, la liberta' e la felicita'. Sapevo che c'era Matth. Sapevo di essere al sicuro. Ma sopratutto sapevo il suo nome.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CAPITOLO 5: L'INCONTRO ***


- E tu chi sei? la domanda di Elly mi sveglio dai pensieri. - Ehm...io...beh...insomma...mi chiamo Milena. - E da dove vieni? Cosa ci fai qui? Sei venuta a spiarci, vero? Sapevo che non potevamo fidarci di nessuno! Elly continuava a farmi delle domande... Mentre invece la mia testa cominciava a girare. - Ma non vedete che cosi finira' per svenire?! Lasciatela respirare. Su, allontanatevi tutti un po' da lei. Mio Dio... povera creatura... guarda quante ferite! Era stato Conn a parlare. Assomigliava stranamente all'altro ragazzo, Matth. Gli altri si erano all'istante scostati da me, come se fossi un pericolo da temere. Conn mi si avvicino' e con l'aiuto della ragazza mora chiamata Cath, mi aiuto' ad alzarmi e mi riporto' a sedermi sulla sedia a dondolo. - Ecco, qui almeno sarai un po' piu comoda. Matth, vai a prendere una tazza di te calda, e mi raccomando, che sia bollente. Cath, mi sa che ci sara' bisogno di disinfettante e Elly, vieni qui, avro' bisogno di te. Le parole di Conn arrivavano chiaramente e intere alla mia mente, al mio cervello, che mi sembro' connesso al resto del corpo. Matth torno', e solo questo, la sua presenza, basto' a darmi una carica energetica. - Tieni, questo e' te' alla vaniglia, il mio preferito. Spero che piaccia anche a te. Con queste parole mi tese una tazza. Sorseggiai quella bevanda calda. Tutto il caldo e la freschezza di quella sostanza penetrarono nella mia gola secca. Stavo gia' meglio. Chiudevo gli occhi e bevevo, quando le mie palpebre si alzarono e fecero scoprire ai miei occhi un dolore immenso. Bruciore. Dolore. Erano le uniche e due parole che in quel momento vagavano nella mia testa. Mi accorsi allora che i quattro ragazzi erano tutti riuniti attorno a me, e si davano da fare per medicare e pulire le mie ferite. Una volta finito il lavoro, finito il te' e restituita la tazza, avvicinarono le quattro sedie del tavolo e mi si postarono intorno. - Allora, adesso che stai meglio potrai dirci chi sei, quanti anni hai, da dove vieni e cosa fai qui. So che non sei pericolosa, lo leggo nei tuoi occhi. Te lo spiegheremo dopo. Come d'altronde la nostra storia, ma per ora devi sapere che ognuno di noi ha un sesto senso. Io so leggere negli occhi. Vedere se una persona dice la verita' o mente. Vedere se una persona e' pura o pericolosa. So leggere i sentimenti con un semplice sguardo. Ecco. Adesso conosci il mio sesto senso. Mi chiamo Conn, sono il gemello di Matth, e come tutte le persone qui presenti, ho 17 anni. Adesso tocca a te raccontarci la tua storia. -Grazie. Grazie per avermi aiutato e grazie per avermi salvato. E ora, come mi avete chiesto, vi raccontero' la mia storia

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** CAPITOLO 6: LA MIA STORIA ***


- Mi chiamo Milena. Come voi ho 17 anni. Mio padre era un famoso alchimista, archeologo e scienziato. Abitavo con lui, mia madre e mia sorella Katniss. Kat e io eravamo inseparabili, come due gemelle. Passavamo le nostre giornate fuori, correndo in un prato fiorito e giocando in un' aiuola soleggiata. Questo, fino ai nostri 5 anni. Non mi ricordo molto, ero ancora piccola. Ma penso sia meglio cosi. Arrivarono degli uomini, presero la mamma, poi Katniss. Mi ricordai che erano tutti vestiti di nero, eleganti e con degli occhiali da sole. Mio padre mi disse di correre, e io lo feci, corsi a piu non posso, lui con me. Mi ricordo come se fossi ieri il sudore che c'era nella sua mano. Corremmo e ci ritrovammo in un bosco. Gli alberi erano tanti e scuri, e io avevo paura. Mi ricordo ancora le parole di mio padre: "Loro ci vogliono, tesoro. Vogliono loro e io nostro segreto. Vogliono Atelis, ma noi non gliela daremo. Mai." Ero piccola e non capivo cosa fosse quella cosa o quelo luogo, Atelis. Non lo so tutt' ora. So solo che era la cosa che i nostri nemici volevano. Papa' e io ci creammo una picoola tenda nel centro del bosco, ben nascosta. Creammo un piccolo "da noi". Un piccolo ma caldo luogo in cui ci sentivamo a casa. Cercammo mamma e papa' per giorni e giorni, senza mai fermarci. Le trovammo, erano nascoste in una caverna. Legate dalla bocca ai piedi. Ci videro. Ci catturarono. Avevo dodici anni, e vidi mia sorella e mia madre uccise sotto i miei occhi. Strappai le corde che mi tenevano con i denti. Liberai mio padre. Tornammo alla nostra tenda. Poi, l'altra sera uscii e trovai mio padre morto, giacendo per terra in un mare di sangue. La presenza di un serpente mi fece gridare, e loro, setacciati in tutta la foresta, mi sentirono. Li inizio' la mia corsa sfrenata e senza fine. Credendo ormai di non avere piu' scampo, mi buttai a terra, e sentii un quadrato di arabeschi che si aprii. Arrivai in un corridoio, e poi in questa stanza, sentendo delle voci ebbi la reazione immediata di nascondermi. Ed eccomi. Qui. Con voi. Eppure sola.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** CAPITOLO 7: IL SESTO SENSO ***


Dopo la mia storia segui un grande silenzio. Tutti mi fissavano, alcuni lacrimanti, commossi dalla mia storia e altri perplessi. La prima persona a parlare dopo il mio racconto fu Elly. - E quale sarebbe il tuo sesto senso? Perche sai... se vuoi restare qui devi averne uno per forza. Mentre pronunciava queste parole mi guardava con i suoi profondi occhi verdi, pieni di malizia. Io mi ero gia' preparata a questa domanda, quindi le risposi subito. -Si, anche io ho un sesto senso. So vedere nel buio. So riconoscere un qualunque colore nella piu' totale oscurita'. Dissi cio' con una tale sicurezza che sorprese anche me. - Mmmh...si, questo e' ovviamente un sesto senso e non una caratteristuca normale. Voi che ne pensate ragazzi? Era stata Catth a parlare. - Beh questo e' ovviamente un sesto senso... mi sembra anche molto utile. Matth aveva risposto alla domanda della sua amica rivolgendomi un sorriso, che mi rivolto' tutta. - Allora, adesso scusaci un attimo ma dovrei parlare a Elly, Matth e Cath in privato. Ragazzi, vi aspetto nella sala delle pozioni. Uno dopo l'altro i quattro ragazzi passarono nella piccola porta. Solo Elly, prima di entrarvi si giro' e mi disse: - Non ti muovere di li'. Avevo la strana sensazione che Elly non si fidasse di me... Ma questo non importava, avrebbe sicuramente cambiato opinione conoscendomi meglio... col tempo. Approfittando della loro assenza, mi ributtai sulla sedia a dondolo. Feci un grande respiro. Un respiro di felicita' e serenita'. Smisi di muovermi quando i quattro amici tornarono. Conn. Fu lui a prendere la parola e a darmi la notizia che cambio' la mia vita per sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** CAPITOLO 8: LA NOSTRA STORIA ***


- Milena, noi siamo quattro. Ma da oggi in poi saremo cinque. Puoi rstare con noi. E ora, e' tempo che ci presentiamo. Le parole di Conn mi avevano commosso. Me lo aveva detto chiaramente e molto direttamente, ma come si dice sempre, l'importante e' il contenuto. Matth prese allora la parola e disse: - Benvenuta, adesso sei una di noi. E con queste parole mi diede una pacca sulla spalla. Io molto timidamente arrossi, e gli lanciai uno sguardo felice, spero non troppo sdolcinato. - Allora Elly, vuoi raccontare tu la nostra storia? Poi naturalmente dovrai parlare anche di te ma Milena deve prima sapere cosa ci unisce. E dove siamo. Conn aveva parlato di una "nostra storia", allora erano tutti li per lo stesso motivo. Ero curiosa. Volevo sapere chi erano. Non mi tenevo nella pelle, attendevo impaziente e con ansia le parole di Elly. - Pff... Conn... ma perche proprio io? - Ok Elly, allora ti presento io. Elly e' la nostra permalosa del gruppo. Conn aveva risposto proprio bene a Elly, e tutti, compresa lei, scoppiammo in una fragorosa risata. - E va bene, ho capito, come al solito dovro' fare tutto io. Allora, devi sapere che qui, questa stanza e' una vecchia dispensa dimenticata da tutti e non piu' utilizzata. Sopra di noi c'e' un orfanatrofio. Il nostro orfanatrofio. Noi siamo orfani, si, proprio cosi'. I nostri genitori sono morti, oppure non potendo occuparsi di noi ci hanno lasciati qui quando eravamo piccoli. Noi quattro eravamo ( e siamo tutt' ora) i piu' svegli ed intelligenti della scuola. Diventammo subito molto amici e un giorno scoprimmo un passaggio che riuniva la cucina alla dispensa. Ci entrammo, scoprimmo questa stanza e vi portammo sedie, cuscini e tutto il necessario, preso qua' e la' nell'orfanatrofio. Ogni volta che abbiamo un momento libero scendiamo qui, ci riuniamo e parliamo di tutto. Fra noi non ci sono limiti e segreti. E poi... Abbiamo un segreto... Diciamo un mistero da svelare... da risolvere...Ed era quello a cui lavoravamo prima che TU ci interrompessi! - Allora mi scuso... Io non volevo interrompervi...- dissi un po' sconcertata. - No, no Milena, non ti devi preoccupare. E' solo Elly che ogni tanto esagera... - le parole di Catth mi rassicurarono, ma ci pensai poco, perche' poi iniziarono a parlarmi di loro. Ma quello che mi interessava adesso era soprattutto il loro "mistero"...

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** CAPITOLO 9: PRESENTAZIONI ***


-Io sono Cath, e ovviamente, come Conn ha gia' detto prima, ho 17 anni. Sono stata portata qui, in questo orfanatrofio, all'eta' di due anni. Questo ovviamente non me lo ricordo, l'ho semplicemente sbirciato nei dossiers, nell' ufficio della preside. Il mio sesto senso, ovviamente, e' anche lui collegato alla vista. Io ho una mira infallibile. Una volta ho ucciso un uccello con un umile pugnale a une distanza di venti metri. Ho solo un piccolo "tic", dico sempre ovviamente, se non ve ne eravate accorti, ovviamente. Dopo il bel discorso di presentazione di Cath finito in risate, fu il turno di Elly. - Il mio nome e' Elly Millinghton. Elly solo e esclusivamente per gli amici. Il mio vero nome e' Elizabeth. Non so quando sono arrivata qui, in questo posto. Non sono andata a cercarlo. Non mi interessa. Io, da quando ho saputo che i miei genitori erano morti suicidandosi, ho sempre guardata avanti. Solo avanti. Il futuro. Mai il passato. Mai. Il mio sesto senso e' un po'... un po' spettrale. Anche lui e' legato alla vista. Fino alla distanza di tre chilometri so vedere le sagome umane. Che esse siano dietro un vaso di cemento o nascoste sotto un albero non importa. Io le vedo. Ma purtroppo riesco a scorgere solo le loro anime. Non so identificarle. Ho 17 anni. Ecco. La "storia" di Elly mi aveva molto colpito. Il suo passato sembrava triste... Da questo lato non avevo proprio nulla da invidiarle... I miei pensieri furono interrotti dalla bellissima e inimitabile voce di Matth. - Io sono Matth. Lo ripeto ancora una volta, scusami, ma non preoccuparti, e' l'ultima: ho 17 anni. Sono arrivato qui con mio fratello gemello, Conn. Noi non siamo stati portati qui o abbandonati come gli altri. No. Nostra madre era una pazza alcolizzata, che nel totale delirio di una notte d'inverno uccise nostro padre. Avevo 7 anni ma me lo ricordo perfettamente. Una volta ucciso papa' se la prese con noi, che, capendo la gravita' della situazione, uscimmo dalla porta e corremmo piu' forte che le nostre ce lo consentivano. Arrivati all'orfanatrofio, accanto alla nostra scuola, ci facemmo un letto di neve e suonammo. La vecchia Madge ci apri e credendo che fossimo dei poveri bambini lasciati li dai loro genitori ci porto' dentro. Nessuno seppe mai la verita'. A parte Cath e Elly. E adesso anche te. Il mio sesto senso e' l'unico che non ha nulla a che fare con la vista. Io so sentire i suoni a una grande distanza. Meglio che chiunque altro al mondo. Questo e' tutto. Adesso sai tutto su di me.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** CAPITOLO 10: L'ANIMA DI MILENA ***


Sai tutto su di noi, ma noi non sappiamo tutto su di te. Certo sappiamo la tua storia, sappiamo chi sei e tutto il resto... Ma io non mi fido. Non so perche ma ho quasi l'impressione che mi nascondi qualcosa... Che ci stai nascondendo qualcosa. Come pensavo Elly non si fidava di me... Non ancora... Ma tutto cio' non sarebbe durato molto... O almeno cosi speravo. Cercando di accellerare un po' la cosa decisi di chiedere aiuto a Conn. Elly, io non capisco proprio perche tu non abbia fiducia in me. Se non mi credi, posso sottopormi, se vuoi, a Conn. Lui ha detto di saper vedere se qualcuno e' onesto o cattivo. Per me puo leggere la mia anima, non e' un problema. Elly, all'inizio un po indecisa dalla mia proposta, fini con l'accettare. Mi postai allora davanti a Conn, che inizio a fissarmi con I suoi profondi occhi, che diventarono neri. Nero pesto. Un po' spaventata, feci come me l'aveva chiesto e non mi mossi. A un certo punto inizio a fare delle smorfie, a scuotere la testa, come se provasse una certa difficolta' a sostenere il mio sguardo. Io sbattei le palpebre, e Conn fu progettatto da un'enorme forza contro il muro. Io non avendo fatto nulla e non capendo cosa fosse successo, restai li, in piedi, con la bocca e gli occhi spalancati. Gli altri erano tutti andati a soccorerre il loro amico. Ecco, l'avevo detto io che non ci potevamo fidare, che era pericolosa. Elly era adesso convinta della mia ingiusta colpevolezza. Ma Conn, che si era ormai rialzato, anche se con un po' di fatica, rispose immediatamente a Elizabeth. No Elly, ti sbagli. Milena ha un cuore puro e onesto e ci possiamo fidare di lei. E allora perche ti ha progettato con una tale potenza dall'altra parte della stanza? Vedi... il suo cuore contiene vari sentimenti, la paura, la gioia, la felicita', la malincolia, ,ma la stragrande parte e' occupata da qualcosa altro. L'Amore. Ha una quantita' talmente grande di amore che quando vi si ci avvicina non si riesce a sopportare una tale pressione. Io sono stato progettatto ancora piu forte perche il mio spirito ha reagito a questo amore con grande, enorme stupore. Perche tutto questo amore, tutto, e non solo una parte, e' per mio fratello. Matth.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** CAPITOLO 10 : IL POTERE ***


Dopo l'affermazione di Conn, restammo tutti a bocca aperta, io compresa. Tutti mi fissavano, anche Matth. Io invece no. Io guardavo Conn, solo e unicamente Conn, che, girandosi verso di me e vedendo il furore che brillava nei miei occhi, scoppio in una falsa ma credibile risata. - Haha, ragazzi! Dovreste proprio vedere le vostre faccie! Ma io sto scherzando! Come volete che la nostra simpatica Milena si innamori di mio fratello Matth?! Da quanto posso vedere sono proprio portato per fare l'attore! Non tutti erano molto convinti da tutto cio', e il silenzio che regnava continuo' a restare muto. Dopo poco, Matth, a grande sorpresa di tutti, decise di interrompere quel vuoto rintronante. - Conn, hai proprio ragione gemello mio. Qui ci vogliono subito due biglietti per Hollywood! Ovviamente quello che lo accompagnera saro' io. - Ehi, ehi, ehi, Matth, ti credi forse piu importante di noi? Quella che accompagnera' Matth saro' io, io e solo io. - Elly disse queste parole con estrema intenzione e un timbro di ironia. - Scusatemi, eh, non per interrompere i vostri piani per il futuro di Conn, ma io avrei bisogno di una spiegazione. Allora qual'e' la ragione dello scaravento di Conn contro il muro? L'amore per Matth aveva forse un senso, ma visto che non e' questa la vera ragione, cos'e' allora? - Vedi Catth, e' semplicemente che l'anima della nostra amica qui presente, e' molto difficile da penetrare. E se ci provi, puo' essere in alcuni casi molto pericoloso. A questo punto presi io la parola. - A questo proposito, mi scuso davvero tanto Conn, non era mia intenzionine farti del male. Non so esattamente cosa sia successo, ma in quel momento non controllavo il mio corpo. Poi, sussurrando e muovendo bene le labbra in modo comprensibile, riuscii a fargli decifrare un "grazie", che mi fu ricompensato da un sorriso. Tutto sembrava ormai a posto, Matth non sembrava aver creduto al finto scherzo di suo fratello ed io ero al riparo. Ma al riparo di cosa? Dal buio. Ma non sapevo che esso avrebbe splenduto per sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** CAPITOLO 11 : SCONCERTATA ***


Fu come un tilt. Un piccolo, lungo e infinito tilt. Era come se l' avessero chiamato, come se la mia mente aspettava solo e unicamente questo per essere svegliata. O risvegliata. Non lo so. Non ancora. O forse non lo sapro' mai. Mi sentivo come la Bella addormentata nel Bosco al suo risveglio dopo cento anni di sonno, oppure, piu' semplicemente, come me la mattina. Sconcertata. Spaesata. Eppure ero sempre li. Non ebbi bisogno di nessun pizzicotto per rendermi conto che non stavo sognando, che ero sveglia, che ero reale. Tutto questo duro' solo qualche minuto, perche poi tutto torno nella mia mente. Davanti ai miei occhi. Anche se c'era sempre stato. Non lo so. Basta. Silenzio. Troppi pensieri. Troppi colori. Troppi sentimenti. Io avevo sempre detto e pensato che la lotta, quando contro uno solo gli avversari cono numerosi, e; ingiusta, e in un certo senso anche falsa. Allora perche queste emozioni mi attaccavano tutte insieme? Senza abbandonarmi. Che prendessero pure quello che volevano. Glielo lasciavo. Tutto. Per sempre. E poi, nel mezzo di una lotta contro un avversario invisibile, e per questo difficile da colpire, capii. Tutto. E allora la disperazione si impadroni di me, per poi lasciare posto al dubbio e all'ansia. Volevano una cosa che solo io avevo, e che quindi solo io potevo dargli. Volevano la verita'. Ma non una verita', LA verita'. Sapevano bene quanto me che non ce l'avevo, oppure che non gliela volevo dare. Ma perche? Dopo tutto era mia, mia e solo mia, e nessuno me l'avrebbe potuta prendere o strappare. E dopo questa conclusione, arrivai a quella dopo. Come una tappa o un livello successivo. Si. La verita. Come la definivo, ce l'avevo. Il problema, per non dire che era in me, era me. Non volevo ammetterla. Volevo, per almeno una volta, lasciare la pace conquistarmi. Obbedirle. Ascoltarla. E non fare dui testa mia. Ma anche questa volta non era stato possibile. E finche non l' avrei accettato e non mi avrei accettata, non sarebbe mai stato possibile. E a quel punto mi accorsi, e dopo esermi accorta, mi resi conto. La battaglia, la "guerra", in cui stavano morendo tanti soldati e nella quale sprifondava la tristezza, la battaglia che io menavo, era contreo un avversario tenace, che conoscevo molto bene e che so, non avrebbe mai ceduto. Ecco la aspra verita. Questo avversaio, era me stessa. Ed ero sola a combattere.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** CAPITOLO 12: BLOCCO ***


Il loro segreto, anche se mi intrigava sempre, non mi era ancora stato svelato. Ma capivo. Dopo tutto non ero altro che una sconosciuta, una ragazza che era uscita dal nulla e che sembrava nemmeno lei conoscere la sua storia. Quella vera. Per me non era un problema, se avessi voluto stare con loro, ci sarebbe voltu temppo perche la loro fiducia nei miei confronti si stabilizzi. Nel frattempo, non dovevo fare altro che sembrare naturale, di essere utile. O almeno di provarci. Mi sembrava di avere portato a questo bel gruppo solo problemi. Litigi. Incertezze. Dubbi. O almeno cosi credevo. Per ora. Le volte in cui la mia testa andava in tilt, in cui si spegneva, per poi, per fortuna, riaccendersi, aumentavano ogni giorno. Ogni ora. Ogni secondo. L’unico che sembrava accoergersene era Conn. Conn. Mai bello quanto Matth, ma di una rassicuranza inimmaginabile. Gli bastava uno sguardo per ricordarmi che, se non era cosi al momento, tutto sarebbe andato bene, in seguito. Un sorriso bastava invece a rassicurare lui, a fargli capire che non ero preoccupata, che anche se ero intimidita mi sentivo bene, che era tutto “ok”, come mi diceva lui. Ma spesso accadeva che il sorriso fosse automatico, e che, nel mio cuore, dentro di me, quel verbo che la gente chiamava “essere rassicurata” non mi sfiorava nemmeno. E non l’avrebbe mai fatto. Mai.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1540457