Consumarsi.

di Davide95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due. ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Prologo

 

 

Fai tanto la sostenuta, rifiuti tutti anche solo per un caffè, la verità è che hai paura Charlie, perchè tu stessa sai che non sai amare e che le distruggi le persone. Perché quando ami Charlie, tu le consumi le persone. Perché consumare gli altri è più facile che lasciarsi consumare, no?”
Era come se un ago, sottile ma allo stesso tempo spesso, le si fosse conficcato nella pelle. Solo dopo qualche secondo di silenzio capì che si trattava di consapevolezza.


 



Ciao a tutti,
non so che fine farà questa storia ma spero vi piaccia.
Grazie a chi vorrà recensire o farmi sapere che ne pensa :)
A presto

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Capitolo 2
*** Capitolo uno. ***


Capitolo uno.

 

Ferma, immobile al centro della sala Charlie fissava una luce verde puntata sul suo capo, che a ritmo di musica si accendeva e si spegneva, lasciandola confusa.
Non avrebbe saputo dire da quanto se ne stava in piedi da sola lì ad osservare le persone ballare, scontrarsi, baciarsi così a caso. Non avrebbe nemmeno saputo mai capire le persone che si innamoravano a caso, una sera ed il giorno dopo non avevano il cuore spezzato se non avrebbero più visto i loro amanti occasionali, perchè tanto il giorno dopo ce ne sarebbero stati altri, magari migliori. Magari no.
Ma Charlie non era così, ad una festa preferiva un film a casa, ad un bacio preferiva un abbraccio.
Ma a quel moro che la fissava da quando lei si era posizionata là da sola al centro della stanza, beh a lui forse una bacio glielo avrebbe dato. Forse era semplicemente l'alcool a procurarle quei pensieri strambi, ma avrebbe potuto giurare di averlo visto sorridere all'inizio della serata, a lei.
A lei, l'unica o quasi ad indossare jeans e una canottiera nemmeno così tanto scollata. E forse avrebbe potuto giurare di non aver mai visto degli occhi così trasparenti e belli, semplicemente belli perchè al momento non riusciva a pensare ad altro che belli. Se ci pensava, del suo viso non riusciva nemmeno a ricordare i lineamenti visti solo qualche ora prima alla luce, solo quegli occhi e quelle fossette, certo, quelle era impossibile non ricordarle.
Charlie all'improvviso dovette spostarsi, perchè una coppia troppo focosa si stava praticamente mangiando e non baciando, e dopo essersi accorta che si quella era proprio la sua amica Zoe si era trovata totalmente in imbarazzo. Charlie non la giudicava, non giudicava nemmeno chi come la sua amica si innamorava ogni sera, semplicemente non condivideva; potrebbe sembrare un paradosso, ma anche lei era così, anche lei appena qualche settimana prima riusciva a baciare sconosciuti in un bar, a fare sesso con ragazzi più grandi in certi pub poco raccomandabili, ma aveva smesso, quasi come fosse un vizio. Peggio di una droga.
L'aveva capito l'undici Ottobre, quella data sarebbe passata alla storia, che la notte si sarebbe sempre trovata da sola, da sola a piangere su qualcuno che probabilmente non esisteva nemmeno.
Era stanca di essere l'amante di tutti, ma l'amore di nessuno. Si era resa conto che voleva qualcuno con cui fare sesso, ma che poi restasse e cercasse di non farla piangere. E Sean, suo fratello, l'aveva capito che era cambiata; lui lo sapeva, lui la sentiva piangere tutte le notti, la sentiva soffocare singhiozzi sul cuscino e spesso si era ritrovato a piangere anche lui sentendola, perchè le mancava sua sorella, le mancava la piccola Charlie, che poi tanto piccola dentro quel corpo di donna non lo era.
Ed aveva capito che era tornata quando quel sabato sera, invece che scendere truccata e vestita alla moda, era scesa in tuta, con i capelli raccolti e l'aveva pregato di rimanere a casa con lei a vedere un film schifoso mangiando pizza sul divano e lui, sorridendo, aveva chiamato la sua ragazza e le aveva detto semplicemente che sua sorella era tornata. Charlie sapeva che lui sapeva, ma entrambi come se fosse una mina, evitavano di parlarne.

'Certe cose' diceva sempre Charlie 'non le condividerò con nessuno nemmeno con te Sean, ma tu le saprai e capirai sempre.'

 

Harry la guardò, i capelli biondi raccolti, il fisico snello, il viso pulito e quegli occhi, forse avrebbe potuto giurare di non aver mai visto degli occhi così trasparenti e belli, semplicemente belli perchè al momento non riusciva a pensare ad altro che belli. Ma sembrava non riuscire a togliersela dalla testa, l'aveva vista qualche volta in città e l'aveva osservata per molto tempo, senza mai aver il coraggio di avvicinarla, ma non per timidezza, Harry era tutt'altro che timido, semplicemente perchè aveva paura. L'aveva vista sempre così spavalda mentre rifiutava un'uscita con uno e un caffè con un altro, e lui l'unica cosa di cui aveva paura era proprio un rifiuto.
Una persona più orgogliosa di Harry nessuno la conosceva, lui ci teneva al suo essere mascolino, alla sua virilità. Un rifiuto l'avrebbe distrutto. Ma quella ragazza diamine, quella ragazza non voleva lasciarlo andare. Harry lo sapeva eccome che lei sapeva di essere guardata, in quel momento, sapeva che i suoi occhi la stavano divorando, pezzo per pezzo, ogni singolo pezzetto di pelle. Al moro veniva quasi da ridere a vederla immobile e da sola in mezzo alla sala a non fare assolutamente nulla, da che mondo veniva?

“Amico, come mai tutto solo? Non eri tu quello che si faceva mangiare dalle ragazze, qui?”
Matt lo avvolse in un abbraccio stretto, erano anni che non si vedevano e Matt lo sapeva che Harry non avrebbe fatto un ritorno in grande stile come tutti e tutte si sarebbero aspettati.
Harry era cambiato, ma ancora nessuno lo sapeva.
“Sono contento che tu sia qui.”
Harry sorrise, sapeva quanto questa frase gli fosse costata al suo amico, e non poteva immaginarsi una frase migliore di questa.
Anche tu amico, anche tu.”
Entrambi si guardarono e risero, ognuno osservò l'altro come non facevano da tanto, troppo tempo.
Matt era cresciuto, i capelli li teneva più lunghi, gli occhi erano sempre limpidi, come prima che si salutassero tre anni prima. In compenso, ora erano quasi alti uguali, Harry era cresciuto solo qualche centimetro mentre il biondo si era alzato parecchio, quasi uguagliandolo; le spalle erano diventate più larghe, Harry avrebbe potuto giurare di avere davanti a sé un nuotatore, ma invece lo sapeva che Matt non sapeva proprio nuotare.
L'unica cosa che proprio non aveva cambiato, era il suo modo di vestire; le scarpe slacciate, larghe e più grandi di qualche numero, i pantaloni bassi e di marca scadente, un maglione fin troppo grande.
Harry invece aveva sviluppato uno stile tutto suo, con jeans non troppo stretti e una maglietta bianca che gli fasciava il torace muscoloso, che lasciava intravedere sul muscolo del braccio un tatuaggio, il tatuaggio.
E Matt lo vide, e subito i suoi occhi si velarono di malinconia, tristezza e Harry pensò 'no ti prego, non ora che sono appena tornato'.
Ma a Matt venne spontaneo chiedere, a tutti sarebbe venuto spontaneo.

“L'hai fatto per lei?” fu quasi un sussurro, Matt non riuscì nemmeno a guardarlo in faccia quando glielo chiese.
“Rinascita, significa rinascita. La fenice rinasce dalle sue ceneri, una volta che è morta.”
A Matt vennero i brividi tanto che scosse le spalle, come a mandarli via, a mandare via la tristezza di quei ricordi.
“E tu? E voi come state?”
Harry sospirò, uno dei motivi per cui non voleva tornare, era proprio questo.Harry odiava le domande riguardanti quell'argomento, voleva semplicemente non parlarne, non ricordare.
“Credo che mia mamma non si riprenderà mai.”
Matt non poteva far altro che annuire, non avrebbe mai trovato le parole giuste per quello.
Era una cosa troppo grande per tutti.

“E tu? Tu come stai?”
Harry scosse le spalle, sinceramente l'unica cosa che riusciva a fare era non pensarci.
Aveva tolto tutte le foto da camera sua, tutte le felpe che aveva condiviso con lei le aveva buttate, quando scendeva le scale evitava di guardare sulla mensola le cornici, lui diceva che non aveva senso tenere foto, album che ricordassero a tutti che qualcuno non c'era più, era inutile tenere qualcosa che non faceva altro che ricordare una mancanza, una perdita.
'Mettono angoscia.' ripeteva a tutti.
Ma nessuno voleva smettere di ricordare se non lui, sua mamma non faceva altro che piangere ogni notte nonostante fossero passati tre anni e crogiolarsi nel dolore durante il Natale, la Pasqua, durante qualsiasi cena con i parenti. Addirittura preparava un posto in più, una forchetta in più, un coltello in più, un tovagliolo, un piatto, un bicchiere; e se andavano fuori a mangiare, prenotava per quattro e non per tre.
Harry era arrivato al limite quando sua mamma aveva ordinato quattro pizze e non tre una sera, e le aveva detto che era un inutile spreco di soldi ordinare una pizza per una persona morta; aveva ricevuto una sberla da suo padre e nei giorni successivi aveva dovuto fare i conti con i sensi di colpa che gli procurava la vista del viso di sua madre, ferita e distrutta.
Si diceva che ognuno affrontava il dolore a modo suo, suo padre l'aveva fatto, dopo tre mesi era andato in camera di
lei e aveva buttato via tutto, e conservato solo qualche cosa che custodiva gelosamente in un cassetto; Harry aveva passato qualche notte fuori, una sera da Matt, una da Fred, aveva pianto notti intere e poi si era andato a fare due tatuaggi. Il primo si era quasi pentito d'averlo fatto, aveva solo diciassette anni e forse non si era reso conto che la parola 'strong' sul collo, alla fine della spina dorsale, non significava più di tanto.
Lei forte non lo era stata.
Poi era cresciuto, maturato in poco tempo e si era fatto tatuare una fenice, sul braccio destro, fenice che quando ingrossava il muscolo sembrava prendere il volo.
Suo padre aveva pianto quando era tornato con quel tatuaggio, sapeva che Harry l'avrebbe portata dentro di sé sempre, anche se si era dimostrato tanto duro inizialmente.
“Sono contento che tu sia qui.” esclamò ancora Matt, offrendo al suo amico una birra dopo avergli tirato una pacca sulla spalla.

 

“Zoe, gli hai vomitato sulle scarpe, è logico che se ne sia andato.” disse svogliatamente Charlie.
“Ma Charlie, lo amavo!” urlò la sua amica, piangendo. Charlie si sciolse i capelli biondi con cura e rise di gusto. Zoe si alzò di scatto mettendosi seduta per dare all'amica un pugno, ma ricadde su sé stessa, sbattendo la testa a terra.
“Sei ubriaca Zoe.”
“Non è vero Charlie, io mi sono innamorata di lui!” disse la mora, gracchiando.
“L'hai conosciuto stasera! Comunque se vuoi avere ragione..si hai ragione Zoe.” disse, mentre continuava a giocare con il cellulare.
“Dici così solo perchè tu non ami. Non hai mai amato. Sei di pietra Charlie, nessuno ti amerà mai.”
Charlie restò immobile, in silenzio, guardando un punto indefinito davanti a sé.
“Fai tanto la sostenuta, rifiuti tutti anche solo per un caffè, la verità è che hai paura Charlie, perchè tu stessa sai che non sai amare e che le distruggi le persone. Perché tu ami o ti fai consumare o consumi loro.”
A Charlie cadde la sigaretta dalle dite, non sentì nemmeno la bruciatura della cenere sulla gamba nuda, sentì solo un qualcosa insinuarsi dentro al suo petto, nei polmoni, che le fece male, quello si che le bruciò. Era come se un ago, sottile ma allo stesso tempo spesso, gli si fosse conficcato nella pelle. Solo dopo qualche secondo di silenzio capì che si trattava di consapevolezza.


 



Ho aggiornato subito, così potete capirci qualcosa, che poi in verità non si capisce nulla ancora, però vabbè :)
Grazie a chi ha già recensito e a chi vorrà farlo.
Un bacio

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Capitolo 3
*** Capitolo due. ***


Capitolo due

 

 

Zoe aveva chiamato Charlie ventitré volte, e dopo la ventiquattresima chiamata aveva capito che la sua migliore amica aveva solamente bisogno di stare da sola. Charlie era così, quando si arrabbiava avrebbe potuto mozzare la testa a chiunque, poi passavano quei cinque minuti e lei si tranquillizzava, sorrideva e diceva che era tutto a posto, 'devo solo capire che le cose non sono sempre così gravi come mi sembrano' diceva sempre. Ma Zoe era preoccupata, perchè lei la mattina si era ritrovata distesa a terra, da sola, nel giardino di Matt, con cui si era parecchio amica perchè usciva spesso con la sua compagnia ma sapeva che Charlie non l'avrebbe mai lasciata da sola, per di più ubriaca per un'intera notte, doveva essere davvero arrabbiata. I suoi ricordi erano leggermente offuscati, ma ricordava bene le parole e il modo con cui si era rivolta all'amica, e si era resa conto anche, sotto la doccia la mattina, che le pensava davvero quelle cose, e da un certo punto di vista, si era ritrovata anche sollevata per aver detto alla sua amica ciò che pensava, ma si mangiava le mani se ripensava a come glielo aveva detto.
E poi le venne in mente cosa fare, cercò velocemente in camera sua, tra i vestiti sparsi a terra e i cd senza contenitore sul letto il cellulare, trovatolo, chiamò Sean.
“Pronto?”
Zoe aveva sempre avuto un debole per il fratello di Charlie, arrossiva se lo vedeva a petto nudo per casa e si vestiva sempre bene quando andava a casa loro, il fatto poi che loro due abitassero da soli, la metteva a disagio a volte. Altre volte, la portavano a fare pensieri sconci su quel pezzo di ragazzo.
“Ciao, son Zoe, l'amica di tua sorella, hai presente quella mora? Abbastanza alta? Dai Zoe Evan!”
Altre volte, come quella, iniziava a parlare senza riuscire a bloccarsi, lei odiava i silenzi.
“Si Zoe, so chi sei.” Sean si mise a ridere, aveva sempre pensato che quella ragazza fosse un tantino strana e logorroica.
“C'è Charlie?” chiese Zoe, osservando la sua immagine riflessa allo specchio; le sue guance si stavano colorando di un rosso acceso.
“A dire il vero Charlie sta dormendo, o almeno, credo stia dormendo. Questa notte..non ha dormito bene.” la voce di Sean si era fatta d'un tratto più bassa, quasi cupa. Zoe ad un certo punto pensò che Charlie gli avesse raccontato cosa fosse successo e si vergognò così tanto che le venne da piangere, ma poi ripensò alla sua amica, e le parve davvero
impossibile che si fosse aperta tanto con il fratello.
“Oh, beh.. Puoi chiederle di chiamarmi dopo? O passare da me. Anzi, passo io più tardi, va bene? Cioè se non disturbo.”
La mora dovette mordersi il labbro inferiore per stare zitta, altrimenti le sarebbe potuto sfuggire che quella volta, il mese prima, della festa al Vickie, lei voleva davvero baciarlo e questo non sarebbe stato conveniente.
“Va bene Zoe, passa quando vuoi!”
La mente della ragazza iniziò a vagare tra le nuvole, immaginando inviti strani dietro quella frase, proposte che non c'erano affatto.
Zoe presa da non si sa cosa, riattaccò senza salutare e si lasciò cadere sul letto a peso morto, dandosi poco dopo della stupida, infantile, cogliona e rincoglionita.

 

Harry quella mattina si era svegliato con due occhi azzurri impressi nella mente; ci aveva messo circa un'ora e mezza a ricordare a chi appartenessero, un'ora e mezza e circa una quindicina di disegni. Harry amava disegnare, era la cosa che forse lo aiutava a sfogarsi di più, e quella mattina, tormentato da quegli occhi, non aveva potuto far altro che disegnarli una, due, tre, quattro volte. Forse per la prima volta, non si era sentito soddisfatto dei suoi lavori nemmeno dopo la quindicesima volta che disegnò lo stesso soggetto. Sarà che l'immagine di quegli occhi sembrava quasi una fotografia, ma i suoi disegni proprio non assomigliavano a quello che aveva in testa; l'azzurro era troppo poco azzurro, gli occhi erano troppo poco espressivi sulla carta. Poi pensò che forse il ricordo di quegli occhi l'aveva troppo idealizzato, ed allora tentò di accontentarsi di quei quindici disegni sulla sua scrivania. Era da tanto che non disegnava, forse qualche mese, forse addirittura un anno. E non riusciva a spiegarsi il perchè; sua madre invece l'aveva capito, ma se ne stava zitta, a piangere e non lo aiutava. Harry per tutto quel tempo in cui non aveva disegnato era semplicemente rimasto indifferente ed impassibile a tutto; niente lo stimolava, nulla lo colpiva o stupiva, lui si era ritrovato a vivere per noia, non un motivo per svegliarsi la mattina, non un motivo alla sera per sperare di aprire nuovamente gli occhi il giorno dopo. Lui c'era fisicamente, ma mentalmente si era ricoperto da un velo che lo proteggeva dall'esterno. Lui in realtà, nessuno lo sapeva, non veniva a contatto direttamente con la realtà; c'era questo velo attraverso cui passavano le cose, le parole, tutto e questo velo decideva cosa far vedere ad Harry. Si era convinto che in realtà aveva lasciato la sua ragazza mesi prima perchè non l'amava più e non perchè l'aveva vista mentre scopava con un altro, cosa che in realtà era successo; il velo glielo aveva fatto vedere, ma non glielo aveva fatto capire. La stessa cosa era successa quando era stato bocciato; lui lo sapeva, ma non lo capiva. Da attivo era diventato passivo all'interno della sua stessa vita, da soggetto era diventato oggetto.
Mentre faceva colazione ed intingeva i biscotti nel latte se l'era ricordata, la proprietaria di quegli occhi; ad un certo punto, si era dato anche del rammollito per i pensieri che stava facendo, ma poi pensò che non c'era niente di male dopotutto. E sua mamma l'aveva capito che qualcosa era cambiato, perchè quella mattina Harry sorrideva mentre lavava le scodelle e l'aveva salutata, cosa che non faceva da tempo, con un bacio sulla guancia e Adrianne, si aveva sorriso anche lei, e si sentì come se avesse un peso in meno all'altezza del petto.
Harry si risvegliò dal trans della domenica mattina con un caffè e con lo squillo fastidioso del suo cellulare al piano di sopra, dovette correre per le scale per rispondere in tempo.
“Mi sembra strano chiamarti di domenica mattina per chiederti di uscire con i soliti come una volta.”
La voce di Matt gli sollevò ancora di più l'umore, si mise a ridere infatti, quasi sospirando dal sollievo.
“Va bene Matt, dove ci vediamo? Al solito posto?”
E per un attimo, entrambi, si dimenticarono che in realtà erano passati tre anni dall'ultima volta che erano usciti una domenica mattina tutti assieme, senza pensieri; solo per un attimo certo, perchè poi Harry venne ricatapultato nella cruda realtà. In realtà, non erano più tutti.
“Si Harry, al solito posto.”
E la voce del suo amico, così sicura e determinata lo fece stare meglio, si sentì abbracciato, al sicuro.
La verità è che gli mancavano, gli mancavano i suoi amici, la piazza, le pizze insieme, gli spritz, le feste, gli mancavano le ragazze, le domeniche mattine e i sabato sera, gli mancava essere un ragazzo normale, irresponsabile, che torna ubriaco la sera perchè vuole divertirsi, gli mancava essere rimproverato per le troppe ragazze a casa, per l'odore da fumo, per i troppi soldi spesi. Gli mancava essere una persona normale, non voleva essere più commiserato e chiamato 'quello che ha perso'.
Aveva perso, si aveva perso tanto, troppo, ma aveva perso anche tanto tempo fa ed era ora di sorridere, di tornare tardi la sera e di non aver voglia di andare a scuola.
Voleva essere solo Harry, e non il povero Harry.

 

Matt lo stava aspettando all'angolo, il loro posto di ritrovo da sempre. L'unica cosa che cambiava, pensò, era che se n'era andata una persona e se n'era aggiunta un'altra. Aveva avvertito Sean di Harry, gli aveva raccontato della perdita di Harry, gli aveva detto che lui e la sua famiglia se n'erano andati per un po' per riprendersi, per cercare di riprendere a respirare di nuovo, anche se nessuno aveva capito come avevano fatto a tornare lì e perchè. Nonostante ciò, lui non poteva essere più contento di così; Harry gli era mancato così tanto che se solo ci pensava, si sentiva male. Matt non lo sapeva, ma Sean aveva paura; Sean sapeva cosa significava avere una sorella, il solo pensiero di perdere Charlie non lo aveva fatto fare colazione la mattina, lo stomaco gli si era chiuso. Avevano preferito non invitare Charlie e Zoe, preferivano fare un'uscita solo ragazzi, per conoscersi, per conoscersi meglio, perchè Sean conosceva già Harry, attraverso i racconti di Matt. E Sean aveva paura, di dire qualcosa di troppo o semplicemente di dire qualcosa di inappropriato oppure di nominare sua sorella senza cattiveria, oppure di risultare una sorta di 'chiodo scaccia chiodo, soprattutto di questo; Sean aveva paura di risultare il rimpiazzo di turno, una se n'era andata, ed era arrivato lui a marcare la sua assenza. Ma Matt lo aveva rassicurato, Harry non era così, Harry doveva solo riprendere la rotta che aveva perso, e poi sarebbe tornato quello di una volta, Harry era simpatico, dolce, dannatamente socievole, tanto che era amico di tutti, prima. Dopo,tutti lo temevano, o meglio non temevano lui, ma le sue reazioni, o forse semplicemente di loro stessi. Ma Harry se aveva un problema te lo diceva, se si incazzava ti prendeva a pugni, era aperto, talvolta sfacciato e piaceva alle ragazze, diavolo se piaceva. E Matt si chiedeva quando sarebbe tornato così. Normale.

Sean lo vide in lontananza, i capelli ribelli, ricci o meglio mossi dal vento, mori, gli occhi chiari che spiccavano anche da lontano e la camminata a tratti sicura, a tratti incerta. Era alto, forse più di lui, e faceva palestra, si. Ma non era esageratamente pompato, semplicemente si vedeva che aveva dei bei muscoli sotto il giaccone.
“Sono Sean.” disse piano, quasi con timore.
“Harry.”
Il sorriso del moro lo rassicurò e gli fece pensare che sarebbero andati davvero d'accordo, e Matt sorrise felice quando anche Fred e gli altri lo accolsero come una volta, come se fossero amici da sempre, come se Harry non se ne fosse mai andato davvero.
“Sean si è trasferito qui poco dopo che te ne sei andato tu.” spiegarono i ragazzi, mentre tutti si incamminavano verso la piazza.
“E come ti trovi?” chiese cordiale il riccio.
“Oh bene, mi sono integrato subito, anche grazie a loro.”
“E poi ha una sorella davvero bonazza.”
L'aria si tese tutto ad un tratto, tutti si guardarono per un millesimo di secondo, Fred si morse le labbra come per maledirsi da solo, anche se tutti in realtà lo stavano mandando al diavolo, solo Sean ebbe il coraggio di guardare Harry negli occhi; vi scorse un velo di malinconia, ma poi lo vide sorridergli.
Harry rise, rise davvero, lasciò uscire l'aria dai polmoni come se non l'avesse fatto da settimane e non si trattò di una risata nervosa, ma di una risata vera, sincera. E tutti sorrisero, perchè forse si stava tornando.
“Lo dicevate anche di mia sorella, ragazzi.” sorrise Harry, rassicurando tutti con un'espressione felice.
“E tu come Sean ti arrabbiavi.” disse Matt, tirando una pacca ai due interessati.
Sean sapeva che Charlie fosse bella, proprio per questo era restio quando lei da poco maggiorenne lo avvertiva che andava ad una festa o che tornava tardi o che magari non tornava affatto, e lui si arrabbiava perchè si era maggiorenne ma era la sua piccola ed innocente Charlie. E sapeva che l'unica cosa che non era affatto era proprio innocente visto che circolavano certe storie su di lei; ma aveva capito che ormai era grande quando, tornato a casa prima del previsto dall'allenamento, l'aveva trovata in giro in intimo per casa che stava frugando tra i cassetti.
'Cosa stai facendo?' le aveva chiesto, un po' a disagio.
'Sto cercando un preservativo.' aveva risposto tranquilla.
'Per?' aveva chiesto, mollando a terra la borsa sconvolto.
E poi mentre lei rispondeva 'per scopare' un tizio mai visto prima si era presentato sulle scale, mezzo nudo, con una faccia imbarazzata.
'Tu ne hai uno per caso?'
Sean appena si era reso conto della situazione si era messo ad urlare, dicendo di voler ammazzare il tipo e rinchiudere in casa sua sorella e lei si era messa a ridere.
'Stai calmo o ti scoppierà l'aorta.'
Sean era diventato ancora più furioso e dopo aver cacciato quel tipo, che poi logicamente non si era più fatto vedere, aveva avuto un lungo discorso con Charlie; aveva scoperto che non era più vergine da un bel po'.
'Ma con quello sei fidanzata?'
'Sean, sei serio? Era solamente simpatico.'
Sean aveva rischiato di aver un infarto. Quella sera capì che sua sorella era si bella, ma anche grande e che l'unica cosa che lui avrebbe potuto fare sarebbe stata quella di proteggerla e farle capire che certe cose dovevano essere condivise solo con alcune persone e non tutte. In seguito, le aveva prestato tutti i preservativi che voleva. L'ultima cosa che voleva era un altro bambino da accudire.



 



Ciao, eccomi qui, spero vi piaccia questo capitolo.
Grazie a chi vorrà recensire o dirmi che ne pensa, le recensioni aiutano a migliorarsi.
Grazie anche a chi legge in silenzio
Un bacio :)

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Capitolo 4
*** Capitolo tre. ***


Capitolo tre

Zoe non era passata la domenica pomeriggio a casa di Charlie, non ne aveva avuto il coraggio e nel momento stesso in cui aveva deciso di non passare sapeva che se ne sarebbe pentita, l'indomani.
Il lunedì mattina era sempre stato difficile per tutti: Charlie ogni lunedì arrivava tardi a scuola, Sean fortunatamente non doveva andare all'università, ma purtroppo doveva andare a lavorare e non sapeva qual era la cosa peggiore tra le due, Harry quel lunedì mattina doveva andare ad iscriversi all'università, e Matt quella mattina doveva fare i conti con la gente infuriata con lui per sabato sera alla festa a casa sua. Ma Zoe, lei era quella che odiava sempre e costantemente il lunedì e quel lunedì in particolare le metteva agitazione ed ansia e la distruggeva, perchè doveva affrontare Charlie ed anche lei, che la conosceva meglio di tutti, non aveva ancora capito come affrontare i problemi con la sua amica. Sapevo solo appunto che aveva bisogno di spazio per poter capire le cose, ma poi era un mistero.
Spesso le capitava di prendere male le cose più insulse ed insignificanti di questo mondo e di fregarsene altamente di quelle più serie e grandi; aveva una concezione strana delle cose Charlie, vedeva le cose in modo diverso dagli altri, per questo era difficile capirla e prevedere le sue mosse e le sue reazioni. Anzi non difficile, era impossibile.
Ma Charlie quella mattina arrivò in orario e l'unica cosa che fece davanti all'espressione spaventata della sua amica fu sorridere e lasciò Zoe così sbalordita che la mora quasi si mise a piangere mentre la abbracciava.

“Scusa Charlie non volevo, ero ubriaca e lo sai che ti voglio un sacco di bene..”

“Hai ragione”

Zoe si bloccò, rimase zitta ed immobile, fissando la sua amica con uno sguardo tra il sorpreso e soddisfatto.

“Non mi guardare così però.”

“No scusa, è che non me lo aspettavo.”

Charlie lo sapeva che dentro di sé la sua amica stava gongolando dalla gioia e che stava cercando di trattenersi perchè lei non amava le espressioni emotive esagerate.

“Hai ragione, prometto di non essere più di pietra e di sforzarmi di essere più simpatica, ok?”

Zoe improvvisò un balletto mentre Charlie si copriva con gesti teatrali il viso, vergognandosi.

Matt che si stava avvicinando a loro sorrise vedendole, erano così diverse ma sotto certi aspetti così uguali che nessuno riusciva a capirle; erano sempre così vicine, ma non troppo perchè Charlie voleva sempre stare un po' lontana, da tutti, in generale.
Zoe era sempre così prolissa, parlava anche quando non doveva, riempiva i vuoti di tutti, i suoi, quelli di Charlie e una volta anche quelli Harry, era simpatica, a volte appiccicosa, ma pure sempre dolcissima.
Una volta si erano pure baciati, ma poi entrambi si erano resi conto che no, non si piacevano affatto; al contrario, Matt odiava i suoi capelli liscissimi e mori, ed odiava anche i suoi occhi marroni profondi, odiava i suoi fianchi morbidi, non grossi, morbidi e accettava di buon grado il suo sedere sodo e la sua terza abbondante.
Ma odiava il suo arrossire per un complimento, la sua sfacciataggine incostante ed il suo essere ingenua.
Forse apprezzava di più il fisico asciutto di Charlie, forse troppo magra, o forse semplicemente giusto; forse amava la sua riservatezza rispetto le questioni personali ma la sfacciataggine
costante quando si parlava del resto.
Odiava invece il suo essere così lunatica, passava da momenti di rabbia incontrollata e spesso ingiustificata, a momenti di totale dolcezza a volte fastidiosa. In particolare mentre aveva il ciclo, diventa davvero insostenibile, soprattutto i suoi cambi d'umore repentini; il tutto però era smorzato dal mal di pancia ed il mal di testa, che per la maggior parte del tempo la tenevano buona.
Sean l'avrebbe ucciso se solo avesse provato a sfiorarla e quindi si limitava a fare qualche battutina qua e là, nulla di troppo esplicito, ma nemmeno nulla di davvero implicito.
La verità è che se le sarebbe scopate entrambe.
Tutti probabilmente avevano il desiderio di farlo.

“Ragazze!”

Entrambe si girarono, ma solo Zoe si buttò al suo collo per salutarlo.

“Grazie per avermi fatto dormire nel tuo giardino sabato.” gli disse ironica la mora, mentre Matt sghignazzava.

“Bellezza, non sei un peso piuma.”

Zoe si ritirò con un'espressione da finta offesa, mentre gli altri due risero.

“Comunque, ho una bella notizia per te.” disse rivolto a Zoe, mentre entrambe le ragazze si avvicinarono incuriosite.

“Stasera tutti a casa mia.” disse con entusiasmo Matt, battendo le mani.

“Sai che novità.” disse annoiata Charlie, confusa leggermente.

“Zoe..- Matt sorrise -ci sarà anche Harry.”

Zoe rimase immobile, mentre mille emozioni dentro di lei si facevano largo; confusione, mille domande, felicità, malinconia, mille farfalle in pancia, paura.
E il viso di lui, i suoi capelli ricci, mori, i suoi occhi trasparenti, le sue spalle larghe, il suo sedere sodo, il torace così largo, i suoi abbracci, i suoi baci, le sue carezze, i suoi pianti, i suoi rimproveri, le sue risate, le sue fossette, dio le sue fossette ed anche i suoi consigli, le sue finte gelosie.

“Harry?” sussurrò senza fiato.

“Chi?” chiese confusa Charlie.

Si, quel Harry.”


 

“Harry è..Harry.”

“Ora si che ho capito.” disse sarcastica Charlie, davanti all'espressione estasiata di Zoe.
Non sapeva se la innervosiva di più il silenzio dato dal trans in cui era caduta la sua amica, oppure la curiosità che le stava mangiando lo stomaco pezzo per pezzo.

“Chi diavolo è Harry?” chiese di nuovo, forse per la decima volta.

“Harry è un mio amico.”

Charlie stava per scoppiare, se lo sentiva, mancava pochissimo e sarebbe esplosa, una bomba atomica, una bomba ad orologeria; una delle cose che più la infastidivano era ripetere le domande, era convinta che ne bastasse una e una semplice risposta, ripetere le domande la faceva sentire invisibile, come se non fosse abbastanza importante da essere ascoltata.
Zoe era senza parole, quella sera avrebbe rivisto Harry, il bambino della porta accanto, quello che conosceva da praticamente sempre, il bambino a cui fregava le figurine dei calciatori da piccola, quello che l'aveva portata in discoteca per la prima volta, quello che l'aveva ospitata la prima volta che era stata ubriaca, quello che le aveva aperto gli occhi su quello stronzo di Jess, quello che l'aveva baciata per la prima volta perchè 'la prima volta è importante', quello che le era stato fratello, amico, zio, padre, madre, nonno, tutto.
Quello che le aveva spiegato come si faceva sesso e quello a cui aveva spiegato come si faceva l'amore; quello che l'aveva accompagnata a fare il piercing all'ombelico e quello che l'aveva portata all'ospedale quando aveva fatto infezione.
Quel Harry, che l'aveva difesa davanti a tutti quando veniva presa in giro per qualche kg in più, quello che la aiutava con i ragazzi.
Quello che le era rimasto sempre amico, sempre amico e solo amico. Erano loro due, due fratelli mancati.

E poi si erano persi, a lui era mancata lei e di conseguenza aveva perso anche Zoe; son quelle cose che succedono, che non vorresti ma accadono.

Ma lui era lì, era tornato. Non solo fisicamente parlando. Era tornato lui, il suo lui e non c'era cosa più bella.

“Ti spiegherò tutto, te lo prometto.” disse Zoe.

“Quando?” chiese Charlie, un po' scocciata.

“Questo pomeriggio, te lo giuro.”

Charlie annuì, era abituata ad aspettare.

Aveva aspettato ben due anni per mettersi un piccolo dilatatore all'orecchio perchè i suoi genitori non volevano, aveva dovuto aspettare i diciotto anni per trasferirsi a casa da suo fratello Sean, aveva dovuto aspettare quindici anni per conoscere Zoe, sedici per conoscere Matt e diciotto per poter conoscere questo tipo, Harry.
Charlie aveva dovuto aspettare sempre mille cose ma fortunatamente non aveva mai aspettato nessuno e non perchè non voleva, bensì perchè non ce n'era stato bisogno, erano gli altri che correvano dietro a lei, che l'aspettavano qualunque cosa lei facesse. In ogni caso comunque probabilmente lei ad aspettare non sarebbe stata capace mai.


 



Ciao, eccomi di nuovo :)
Grazie a chiunque abbia letto!
A presto

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