Love is more than just holding hands di Roxanne Potter (/viewuser.php?uid=115588)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Liverpool, 8 dicembre 1958 ***
Capitolo 2: *** Londra, 8 dicembre 1967 ***
Capitolo 3: *** New York, 8 dicembre 1980 ***
Capitolo 1 *** Liverpool, 8 dicembre 1958 ***
Liverpool, 8
dicembre 1958.
Nevica, nevica così
fitto che il giardino della casa di John si è trasformato in
un
soffice, scintillante manto bianco. Nella fretta di venire da lui,
Paul ha dimenticato di indossare i guanti e ora le sue mani sono
tutte arrossate a causa della gelida aria invernale.
-Sei proprio un
idiota.- ridacchia John, seduto sui gradini del portico di casa.
-Adesso non possiamo suonare finché non ti riscaldi...
Paul risponde con
uno sguardo accigliato, mentre si spazzola via la neve dal cappotto.
-Ero così di
fretta che mi sono dimenticato i guanti, ok?
Un sorriso luminoso
si fa strada sulle labbra di John.
-Eri davvero
talmente impaziente di vedermi?
-Certo.- ride Paul. -Quindi la
colpa è tua che mi hai fatto quasi correre fino a qui senza
guanti e
con la custodia della chitarra sulle spalle.
-Beh, allora inizio
a fare qualcosa per riscaldarti, così mi perdoni.
John si sfila i
guanti blu che ha indossato fino a quel momento, mentre aspettava
Paul sotto il portico, e li lascia cadere a terra. Poi si alza,
afferra le mani del ragazzo, tutte intirizzite per il freddo, e
inizia a sfregarle lentamente tra le sue. Paul arrossisce, mentre un
calore piacevole inizia a pervadere ogni angolo del suo
corpo.
-Perché te li sei tolti?
-Perché così
posso toccarti davvero.- risponde John, stringendogli le mani ancora
più forte. -Non è più bello
così?
-Ma ti gelerai
anche tu.
-Lo so.
-E poi come
facciamo a suonare?
John gli rivolge
uno dei suoi sorrisi ironici e gli si avvicina ancora di più
per
posargli un rapido bacio sulle labbra.
-Le chitarre
possono aspettare quando ci sei tu, Paul.- mormora. -Le chitarre
possono aspettare.
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Capitolo 2 *** Londra, 8 dicembre 1967 ***
Londra, 8
dicembre 1967.
È da quasi un'ora
che le neve e il maltempo imperversano su Londra; John e Paul
camminano per la strada, stretti nei loro cappotti e con le sciarpe
che svolazzano a causa del vento pungente, diretti al bar dove hanno
deciso di incontrarsi con Ringo e George.
John sbuffa
esasperato mentre cercano di farsi strada sul marciapiede, gli
scarponi che affondano continuamente nella neve fresca.
-Non ti piace la
neve?- gli chiede tranquillamente Paul.
-Certo che mi
piace. Ma di questo passo arriveremo in ritardo, anzi, siamo
già in
ritardo. Fa un dannatissimo freddo e non possiamo neanche prendere
uno stupido taxi perché ci siamo portati solo gli spiccioli
per il
caffè al bar. Ti rendi conto dell'assurdità della
situazione? Noi,
due dei Beatles, noi che siamo più grandi di Gesù
Cristo, i
leggendari John Lennon e Paul McCartney, costretti a vagare nelle
strade di Londra sotto una tempesta di neve, con i soldi appena
necessari a prendersi un caffè!
Paul non può fare
a meno di ridere per il suo tono volutamente enfatico e
melodrammatico.
-Sai che da piccolo
avevo paura della neve?- dice Paul a un certo punto, lo sguardo che
si fa pensieroso. -Credevo che, se mi fossi allontanato troppo, mi
sarei perso per sempre in una landa bianca e non avrei ritrovato mai
più la strada di casa.
-Interessante, i
giornalisti pagheranno oro per questa notizia.- commenta John. -Paul
McCartney che ha paura della neve...
-Avevo cinque anni!
-Dimmi, non è che
questa fobia ti è rimasta? Perché io avrei una
mezza idea per
fartela passare.
Il sorriso divertito e lievemente malizioso sulle
labbra di John parla chiaro, e Paul decide di stare al suo gioco.
-Temo di sì.
John si guarda
intorno, come per assicurarsi che nessuno possa vederli. Ma sono soli
nella strada: le finestre delle case e i negozi sono ancora chiusi,
il silenzio è rotto solo dal vento e dai tonfi dei loro
passi sulla
neve.
Così si volta
verso Paul, lo sospinge leggermente contro il muro di un palazzo e lo
bacia.
Improvvisamente non
fa più così freddo. Improvvisamente tutto
è fuoco, labbra, mani
che si cercano e si stringono. E Paul ama, ha
sempre amato,
sentire le mani di John tra le sue, anche se in questo momento sono
avvolte dai guanti di lana ruvida.
Quando il bacio
finisce, John gli scompiglia i capelli e spazzola via i fiocchi di
neve che li ricoprono, poi accosta le labbra al suo orecchio.
-Hai ancora paura
della neve?- mormora, facendogli correre lungo la schiena dei brividi
che non hanno nulla a che fare col freddo.
-Direi proprio di
no.- risponde Paul, con un sorriso. Poi, pensando a George e Ringo
che li stanno aspettando al bar da quasi venti minuti, aggiunge:
-Adesso andiamo?
-No, non voglio.
-Ma prima eri così
preoccupato di arrivare in ritardo...- continua lui, e John lo
zittisce con un altro bacio.
-George e Ringo
possono aspettare.
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Capitolo 3 *** New York, 8 dicembre 1980 ***
New York, 8
dicembre
1980.
Una chiazza di
sangue si allarga sul tappeto di neve dove giace il corpo di John.
Urla, passi allarmati, gli occhi di Yoko pieni di orrore: tutte cose
che ormai non possono più raggiungerlo.
Il suo braccio è
riverso al suolo, in un'angolazione innaturale, e la sua mano
è
leggermente affondata nella neve fresca: una mano spalancata, vuota,
che sembra implorare solo la stretta calda di qualcuno.
Se ora Paul fosse
qui, potrebbe inginocchiarsi accanto a lui e stringerla, stringerla
forte fino a riscaldarla, e lasciare che le sue lacrime cadano su
quel corpo che la vita sta lentamente abbandonando.
Ma Paul non è qui:
il suo ragazzino dai grandi e dolci occhi scuri, il suo uomo col
sorriso che spunta dalla folta barbetta bruna, è lontano,
all'altro
capo dell'oceano, e le sue mani in questo momento stanno forse
danzando sulle corde di un basso, o scompigliano affettuosamente i
capelli di Linda, o scrivono le parole di qualche nuova canzone.
Ma non stringono e
non riscaldano le sue, ormai pallide e irrigidite: le lasciano
là,
livide e fredde, abbandonate su quella neve che tante volte
è stata
silenziosa testimone del loro amore.
John ha quasi
smesso di respirare. Yoko grida cose che non può udire. Paul
è
lontano.
E la morte avanza,
avanza su di lui che riesce a sentire solo la pressione della neve
soffice e desidera solo che Paul lo raggiunga, gli stringa le mani e
lo riscaldi per l'ultima volta.
Ma la morte non ha
cura dei sogni e degli amori a cui pone fine. La morte arriva e ti
strappa il respiro a suo piacimento, senza neanche spiegarti il
perché. Perché la morte, a differenza di una
chitarra e di una
persona dagli occhi pazienti, non può aspettare.
E le mani di John e
Paul non si toccheranno mai più.
Note.
Fine della raccolta, questo era l'ultimo capitolo.
Mi sono presa un po' di libertà. So che probabilmente John
non è caduto sulla neve, dopo che gli hanno sparato, non so
manco se a New York nevichi o avesse nevicato quel giorno, ma sono
licenze scrittorie.u_u (Lo so, mi fisso su dettagli idioti.)
Spero che vi sia piaciuta, ci si legge alla prossima McLennon,
è una one-shot e l'ho già iniziata. (In questo
periodo mi nutro di McLennon e respiro solo McLennon, LOL. Ma un giorno
scriverò anche una Starrison, lo giuro.)
A presto.;)
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