Destiny

di saveme1D
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Best friends. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitoli 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***



Capitolo 1
*** Best friends. ***


“Ti ricordi cosa stavamo facendo in questa foto?”
Si mise a ridere: “Certo, come potrei dimenticarlo? Avevi fatto una belle caduta!”
Continuava a ridere. “Ma cosa ridi, potevo farmi davvero male!” Non smetteva. Lo lasciai fare. La sua risata era fantastica, somigliava un po’ alle onde che si infrangono sugli scogli, o al vento che soffia fra gli alberi. E’ uno di quei suoni che senti tuoi, che in qualche modo fanno parte di te, come quando vai al mare, lo stesso dell’anno prima e dell’anno prima ancora e senti che quello è il tuo mare, lo riconosci, senti il rumore di quelle onde, che, se non fossero quelle, lo capiresti subito. E’ lo stesso per me: la sua risata è come la mia, quando lui ride, devo ridere anche io, perché è così contagiosa, è come un profumo che ti inonda e con la sua fragranza ti avvolge e ti fa sentire così libera, così felice. Io e lui siamo come una sola persona, siamo cresciuti insieme. Quando eravamo piccoli eravamo sempre insieme e la gente, come dice spesso mia madre, non capiva mai veramente cosa eravamo: fratelli, cugini, alcuni dicevo perfino gemelli. Eravamo, siamo migliori amici. Più cresciamo e più le persone dicono che tra noi due c’è qualcosa, dicono che un maschio e una femmina non possono essere così amici senza amarsi.
Forse le persone hanno ragione.

Stavo ridendo anche io e nemmeno me ne accorsi presa com’ero nelle mie riflessioni.
Tutto s’interruppe: “ Ma sono l’unico che ha fame in questa città? Sono già le sette e mezzo e mia madre non mi ha ancora preparato la cena!”
“A me sembra che quelle cose che tieni sulla pancia siano mani e che quelle poggiate in terra siano gambe! Oh, ma sai che secondo me sapresti camminare fino a casa e con quegli arti speciali che si muovono potresti prepararti un panino!”
“ Ehi buona idea piccolo genio! Vieni con me?”
“Si, ma solo se fai un panino pure a me.”
“D’accordo, ma sarà solo per questa volta!”
Gli diedi una piccola pacca sulla spalla e insieme ci alzammo per andare verso casa sua, che dal parco non distava molto.
Faceva freddo, la stagione autunnale stava arrivando e il vento pungente cominciava a soffiare più del solito.
Arrivammo a casa e all’interno c’era un caldo davvero accogliente e si sentiva anche profumo di cibo appena cucinato.
Conoscevo quella casa come le mie tasche e avrei potuto vagare di stanza in stanza con gli occhi chiusi.
Sua madre era in cucina e aveva appena sfornato una torta salata con delle patatine. Il mio stomaco si fece sentire. “Emma sei affamata!” mi disse sua madre.
Era una donna sulla cinquantina, molto gentile, premurosa ed era come se fosse una mia seconda madre, mi conosceva da quando ero piccola e mi aveva sempre trattato molto bene. Le volevo bene, anche se l’unica cosa che ci legava era il figlio, Harry.
“Harry, la fai venire a casa e non le offri niente da mangiare? E’ sempre il solito: sedici anni che vi conoscete e non è cambiato di una virgola!” disse guardandomi e sorridendomi.
“Sì, è sempre il solito piccolo Harry, che si mangiava tutte le caramelle senza offrirne nemmeno una alla sua migliore amica.” dissi, e io e sua madre ci mettemmo a ridere, mentre lui ci guardava indispettito.
“ Mamma siamo appena arrivati, facci almeno togliere i cappotti.”

Ci accomodammo a mangiare e sua madre ci offrì due porzioni abbondanti di torta salata e patate arrosto. Era tutto delizioso e me lo gustai fino all’ultimo boccone, ero davvero affamata, era dalla mattina che non mangiavo. Ringraziai e verso le nove tornai a casa. Harry mi accompagnò, non lo aveva mai fatto prima, ma diceva che era buio e che c’era brutto tempo. Camminammo per un po’ e ad un certo punto mi mise la sua giacca sulle spalle:”Non si sa mai, sei così piccola che magari questo vento ti porta via.”
Probabilmente lo avevo guardato con una faccia strana perché mi disse:”Guarda che era una battuta!”
Ci tenemmo circa dieci minuti per arrivare a casa e quando stavo per entrare, mi fermò afferrandomi per la mano, me la strinse, ma con delicatezza, sembrava volesse dirmi qualcosa, ma restammo lì, in silenzio per circa un minuto. Non capivo. Perché si stava comportando così? Non lo aveva mai fatto prima, era così serio e i suoi occhi erano così vuoti, profondi, scuri nonostante fossero di un verde brillante. Non lo avevo mai visto così, era turbato, quasi sembrava che mi guardasse come se non mi conoscesse o come se dovesse dirmi addio per sempre.
Poco dopo mia madre venì ad aprirmi e ci vide così, assorti e taciturni, forse per la prima volta: “Emma, Harry, state bene?” Ci riprendemmo da quella specie di ipnosi: “Mamma ma che domande fai?” dissi un po’ imbarazzata, “Certo che stiamo bene!”
Ci salutammo ma, per la prima volta in sedici anni, mi sembrammo soltanto due conoscenti, quasi sconosciuti.
“Ehi, ma cosa stava succedendo là fuori?” mi disse mia madre. Non avevo voglia di parlarne, così gli dissi che non era niente e andai in camera mia, mi sdraiai sul letto e mi misi a pensare.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il mattino dopo ci incontrammo come tutti i giorni per andare a scuola, ma facemmo entrambi finta di niente. Nessuno di noi osò chiedere spiegazioni, soprattutto io, visto che era lui evidentemente che doveva delle spiegazione a me.
Ci separammo per andare in classe. Ero distratta quel giorno e più di una volta i professori mi avevano ripreso perché non ero attenta. Andammo in mensa e ci mettemmo, come sempre, allo stesso tavolo. Non volevo che lui si arrabbiasse perché gli chiedevo quello che era successo, però ero troppo curiosa: “ Ehi, ma ieri cosa è successo, dovevi dirmi qualcosa?”
“Come? Io? No, perché?”
“Senti non fare finta di niente ok.. tu mi hai accompagnato a casa per la prima volta da quando vengo a casa tua, mi hai preso la mano e siamo stati a guardarci per un sacco di tempo, cosa ti sta succedendo?”
“Non è niente, scusa se ti ho fatto preoccupare.”
“Non è successo niente, scusa tu per il tono che ho usato, ma non ti avevo mai visto così.. strano.”
“ E’ che forse mi piace una ragazza e volevo dirtelo, ma mi vergognavo.”
Arrossì. Gli piaceva una ragazza. Cosa? Non era una cosa strana, era normale, ma perché non suonava così strano alle mie orecchie? Mi veniva da piangere? Harry mi aveva detto che gli piaceva una ragazza e mi veniva da piangere? Ora me lo sarei dovuto chiedere io cosa mi stava succedendo.
“E’ una bella cosa!” Gli mentii. “ Adesso devo andare perché se no arrivo in ritardo al corso di biologia. Ciao, a dopo.”
Feci in tempo ad alzarmi che le lacrime mi bagnavo già le guance. Non era possibile. Ma questo cosa significava? Ero innamorata di lui e nemmeno lo sapevo.
Andai in bagno ad asciugarmi. Ero incredula, era davvero lui il ragazzo che tanto stavo aspettando, lui, il mio migliore amico?
‘ Che stupida ’ pensai, non potevo rovinare tutto così, doveva esserci una soluzione. Adesso capivo cosa era quella strana sensazione che avevo provato il giorno prima, non riuscendo a staccare gli occhi dai suoi, sentendo il cuore che batteva e la pancia strana, pensavo fosse solo preoccupazione per quello che avrebbe potuto dirmi, ma era qualcosa di più, molto di più, era amore.


“Mi vuoi dire chi è la ragazza che ti piace tanto?”
“E’ quella.”
Indicò una ragazza lontano da noi che parlava con delle amiche. Era bellissima, bionda e alta, forse più grande di noi di uno, due anni massimo.
“Perché non vai da lei?”
Quanto mi costava dirglielo. Avrei voluto dirgli di restare, di dimenticarla, perché non sapeva quello che provavo, ma non potevo. Non avevo possibilità con lui: primo perché ero la sua migliore amica e secondo perché non sarei mai stata bella come quella biondina.
“Ma stai scherzando? Mi hai forse guardato in faccia?”
Certo che lo avevo fatto. Lui era davvero bello, era bellissimo. Era uno dei ragazzi più popolari della scuola e questa sua popolarità era dovuta alla sua bellezza. Era un ragazzo che piaceva molto, anche a quelle più grandi e più di una volta mi era capitato di sentire delle ragazze parlare in confidenza di lui.
Alle volte mi capitava di fermarmi da lui a dormire e le mie amiche trovavano strana questa cosa e sostenevano che in segreto noi stavamo insieme, dicevano che era un ragazzo così bello e che non poteva non piacermi, ma io non avevo mai pensato a lui come un qualcosa che andasse oltre la nostra amicizia e questa nuova percezione che avevo di lui mi spaventava.
“ Ma a cosa stai pensando? E’ da un sacco che fissi il vuoto.”
“ Scusa, pensieri miei. Comunque secondo me dovresti andare da lei e chiederle di uscire, se proprio non vuole ti dirà di no.”
“Tu sei pazza, ora ne sono certo!”
“E tu sei un fifone se non hai nemmeno le palle di andare da lei.”


“Ciao Emma, ci vediamo più tardi!”
“Fra mezz’ora sono a casa tua.”
“Perfetto!”
Entrata in casa avrei voluto rompere tutto, due brutte notizie in un giorno solo, anzi in una mattina: avevo scoperto che gli piaceva una ragazza bionda mozzafiato e che io mi ero innamorata di lui.
Mi girava la testa, non ce la facevo più, non potevo reggere tutto questo.
“Ti vedo turbata, tesoro. E’ successo qualcosa?”
“ E’ stata una giornata un po’ pesante mamma, tutto qua.”
Non volevo dire a mia madre quello che era successo davvero, magari aveva anche dei buoni consigli, ma non ero in vena di ascoltarli. Mangiai veloce e poi andai in camera mia. Avevo già voglia di rivederlo, mi batteva il cuore come mai mi era successo prima.
‘Fra mezz’ora a casa tua ’ gli avevo detto, forse senza nemmeno pensarci, forse perché ero abituata: era da quando frequentavamo le medie che ci vedevamo praticamente tutti i giorni, siamo sempre stati in classe insieme e ora frequentavamo quasi gli stessi corsi. Ci divertivamo tantissimo e trovavamo sempre qualcosa da fare e i compiti erano una buona scusa per permettere ai nostri genitori di farci incontrare ogni pomeriggio.
Ora però la faccenda si faceva complicata, come avrei fatto a guardarlo con gli stessi occhi di prima ora che il mondo di qualche giorno fa mi appariva così distante e diverso? Come avrei fatto a fare la migliore amica che gli dava consigli su come vestirsi al suo appuntamento con la ragazza che gli piaceva?
Ero una ragazza forte, che non si arrendeva facilmente, ma le emozioni che provavo adesso mi avevano sconvolta, mi avevano spiazzata e non sapevo come comportarmi, come reagire.
Non era la prima volta che mi piaceva un ragazzo, ma tutte le altre erano state stupide cotte da bambine, ma questa sentivo che non lo era. Lo conoscevo meglio di me stessa e forse era per questo che mi piaceva tanto: avevamo un sacco di cosa da condividere, mi faceva ridere sempre, era spiritoso, intelligente e affidabile, tanto che alcune mamme del quartiere gli permettevano di fare da baby-sitter ai loro figli quando dovevano allontanarsi da casa per qualche ora. Questa cosa mi aveva sempre fatto ridere, era bravo coi bambini, ma all’inizio era davvero impacciato e infatti mi aveva costretta ad andare con lui.

Erano passati quaranta minuti e se non fosse stato per mia madre che mi aveva chiamato sarei stata lì, sdraiata su quel letto a riflettere ancora per molto, ma ero già parecchio in ritardo ed era meglio partire.
Guardai il cellulare e vidi un suo messaggio :”Dove sei è mezz’ora che ti aspetto ” A maggior ragione dovevo sbrigarmi.
Presi la tracolla, mi misi il cappotto e feci un grande respiro. Cercai di concentrarmi e convincermi che tutta quella paura non aveva senso, come non avevano senso il mal di pancia e quelle gambe tremolanti, ma mi resi conto che era una sensazione a cui avrei dovuto abituarmi.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


“Ciao eh..” non avevo avuto nemmeno il tempo di bussare che mi aveva già aperto la porta e mi aveva già fatta entrare.
“Ciao, scusa il ritardo, ma mia mamma non aveva ancora preparato il pranzo quando sono arrivata a casa.” Mentii.
“Tranquilla era solo uno scherzo.” mi fece un occhiolino e mi tese la mano per prendere il cappotto. Era agitato, euforico e impaziente. Il sangue mi si gelò nelle vene e rimasi lì, pietrificata, quando mi disse con un sorriso enorme:”Devo dirti una cosa..” avevo già intuito cosa stava per dirmi.
Se prima avevo a stento trattenuto le lacrime, cosa avrei fatto quando tre secondi dopo mi avrebbe detto che usciva con lei? Costrinsi il mio corpo e tutta me stessa a stare calma e gli dissi con una voce che assomigliasse di più a quella di una persona felice che ad una distrutta dal dolore:”Dimmi che hai chiesto alla biondina di uscire..’’
“Tu mi conosci troppo bene. Ho fatto come mi avevi detto: sono andato da lei e le ho chiesto di uscire, non so dove abbia trovato il coraggio, ma lo ho fatto e lei mi ha detto di sì, senza esitazioni.”
Mi abbracciò. Solitamente mi piaceva quando mi abbracciava, perché mi sentivo protetta e sicura fra le sue braccia, ma quell’ abbraccio lo avevo ricevuto come se mi fossi trasformata in un blocco di ghiaccio.
Ce la feci a trattenere le lacrime, ma quello che seguì fu uno dei giorni peggiori della mia vita.
Lui era tutto per me, era una delle persone più importanti di tutta la mia vita, forse la più importante. Lui c’era sempre per me, come io per lui; eravamo nati, cresciuti, stavamo crescendo insieme e ora il mio tutto era cambiato. Nel giro di poche ore tutto il mio mondo era stato capovolto: io che mi ero innamorata di lui, lui che prima mi dice che gli piace un’altra e poi che uscirà con lei. Volevo solo che finisse tutta quella sofferenza.


“Quindi esci con lei?!”
“Si, ma perchè lo dici come se fosse un brutta cosa.?”
“Ma cosa dici? Sai che voglio il meglio per te. Sono felice, davvero.” Abbozzai un sorriso, cercando di sembrare il più felice possibile.
“Lo so che vuoi il meglio per me, ma non mi sembri felice come dici..”
“Ehi, guardami negli occhi.”
Presi con le mani la sua maglia di cotone e lo feci avvicinare un po’ al mio viso.
“Sei felice?” gli chiesi.
“Certo!” mi rispose sorridendomi.
“Allora sono felice anche io.” gli feci un grande sorriso.
Ridacchiò silenziosamente e mi strinse forte a sé. Quell’abbraccio a differenza dell’altro lo avevo ricevuto con tutto l’affetto che voleva trasmettermi. Adoravo quando mi abbracciava così perché i miei pensieri sembravano sparire quando ero avvolta fra le sue braccia muscolose.
“Ti voglio bene Emma, davvero, non so come farei senza di te.” mi sussurrò stringendomi leggermente più forte al suo petto.
“Anche io te ne voglio.”
Restammo abbracciati per qualche secondo e quando ci staccammo sentii improvvisamente freddo, e mi venne un brivido che mi fece sussultare, ma Harry non se ne accorse.
Mise il mio cappotto, accatastato sul cassettone, sopra l’appendi-abiti accanto a noi.
Salimmo in camera sua, dove si trovava il computer e tutto il necessario per la ricerca che dovevamo svolgere.
La sua camera era bella, molto spaziosa e stranamente ordinata per appartenere ad un giovane ragazzo come Harry, ma sapevo che tutte quelle cose messe in perfetto ordine erano opera di sua madre, dato che lui di suo era uno che l’ordine, fuori da quella casa, non sapeva nemmeno cosa fosse.
Mi lanciai sul suo letto da una piazza e mezza e appoggiai la testa sul cuscino morbido, mentre lui estraeva dalla valigetta il suo portatile.
Dovevamo fare una ricerca di storia e non sapevamo nemmeno da dove cominciare, e sicuramente quella sera mi sarei fermata a dormire dato che non saremmo riusciti a finirla nel pomeriggio.
Tirai fuori dalla tracolla il mio quaderno degli appunti e cominciai a scrivere in maiuscolo il titolo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


“Ma chi ha voglia di fare ‘sta ricerca?” sbuffò facendo una smorfia di disgusto misto a noia. Lo assecondai, dato che nemmeno io avevo voglia di cominciare. “Quando sarà l’appuntamento?” gli dissi sdraiandomi di nuovo sul letto a pancia in su e osservando il soffitto. “Sabato sera.” sorrise elettrizzato. Spalancai gli occhi sapendo che qualunque espressione avessi fatto non l’avrebbe vista, visto che anche lui si era sdraiato nella parte finale del letto. L’appuntamento era stato fissato per quel sabato sera e, dato che quel giorno era mercoledì, mi resi conto dell’imprevedibilità della cosa. “Fantastico. Cosa indosserai?” “In realtà pensavo che mi avresti aiutato tu in questo campo.” “Certo che ti aiuterò, ma non volevo intromettermi dato che non me lo avevi mai chiesto prima d’ora.” “Lo so, ma lei è speciale e voglio essere speciale anche io per quella sera.” ‘Lei era speciale ’. Ci misi un attimo a digerire quel boccone amaro. Lo aveva detto davvero, non erano le parole che mi aspettavo che dicesse, ma a quanto pareva lei gli piaceva più di quanto avessi pensato. “Lei ti piace davvero eh!?” gli chiesi, ma avevo paura della risposta. “Sì. E’ bellissima, alta, amo i suoi capelli biondi e lunghissimi e i suoi occhi blu come il mare. Sembra una brava ragazza, dicono che sia intelligente e simpatica, mi manca appena di conoscerla!” Le piaceva davvero, nonostante non la conoscesse, lo si poteva capire dal tono della sua voce. Magari qualcun altro non lo avrebbe notato, ma non io, non la sua migliore amica. Era lo stesso tono di quando, tanto tempo prima, suo padre gli aveva promesso che lo avrebbe portato alla partita della sua squadra preferita. Lo ricordavo come se fossero passati solo pochi giorni anziché anni: si era fiondato a casa mia, saltellando come un matto e ridendo. Quando mi vide mi abbracciò e mi disse urlando con la sua voce da bambino che suo padre lo avrebbe portato alla partita. Ero felicissima per lui, perché sapevo che lo desiderava con tutto il suo cuore di andare a quella partita e ricordavo anche che in quei mesi si era impegnato di più a scuola per ottenere voti migliori e far contenti i genitori. Era quello il tono, quel tono spensierato ed elettrizzato allo stesso tempo, emozionato ed euforico. “Dai apri l’armadio che vediamo i vestiti che potresti indossare.” Si sollevò dal letto e si diresse verso l’armadio per aprirlo. Harry non voleva che la madre gli toccasse l’armadio e lo sapevo, perché più volte mi ero imbattuta nelle loro discussioni, prendendone parte anche io; naturalmente davo ragione alla madre sapendo quanto lui fosse disordinato e come sarebbero finiti i vestiti nell’armadio. Lui vinceva sempre queste discussioni, nonostante noi fossimo in due: in realtà eravamo noi a dargliela vinta, era un ragazzo troppo cocciuto da convincere, soprattutto quando si parlava delle sue cose personali. Lo aprì e il casino che vidi all'interno era indescrivibile: vestiti ammassati sul fondo dell’armadio, pantaloni sopra maglie, giacche tutte stropicciate, boxer sparsi in giro. In realtà non mi stupì poi tanto, in fondo si trattava di Harry e sapevo quanto potesse essere disordinato. “Tu hai davvero intenzione che io scelga i vestiti da quella discarica?” mi misi a ridere dopo che lui mi guardò con aria indispettita, per poi unirsi alla mia risata. “Senti, visto che io lì non ci voglio mettere le mani, tira fuori i vestiti che preferisci, magari abbastanza eleganti, ma non troppo, tipo giacche, cose così, poi li metti qui sul letto e io te li abbino, poi tu scegli il completo che preferisci, ok?” “Perfetto!” Cominciò a prendere giacche, maglie, pantaloni e a posarli sul letto, naturalmente senza un ordine logico preciso. “Harry, lascia giù quell'orribile maglia, non vorrai mica sembrare un contabile? Stai andando con una ragazza, non dal professor Davids per fare i calcoli..” Si mise a ridere e la sua risata fragorosa inondò la stanza, contagiando anche me con il suo suono unico, ma ebbe lo stesso il coraggio di controbattere nonostante la battuta gli fosse piaciuta:”Io non indosso vestiti da contabile e per tua informazione questa maglia l’ho scelta io e mi piace pure..” “Lo so che l’hai scelta tu idiota, ero con te quel giorno e già stavo pregando che quella maglietta fosse finita in mezzo alla spazzatura. E ti ricordo anche che ti avevo detto di non prenderla, ma tu avevi insistito tanto che, come sempre, ho lasciato perdere. Comunque, in parte la mia preghiera è stata ascoltata..” “In che senso?” “Nel senso che, date le condizioni del tuo armadio, c’è finita comunque nella spazzatura..” mi misi a ridere fragorosamente e lui unì la sua risata alla mia commentando:”Spiritosa Emma, veramente spiritosa.” Adoravo stuzzicarlo, perché lo infastidiva un po’, ma nonostante tutto finiva sempre con il ridere anche lui. Alla fine, tra tutti i completi scelse il mio preferito: giacca nera, che gli aveva regalato sua madre al suo sedicesimo compleanno, maglia di cotone bianca e jeans grigi stretti. Gli dissi di provarli per vedere se stava bene e così prese il tutto e andò in bagno. Uscì qualche minuto dopo: “Allora, che ne pensi?” lo guardai, per la prima volta con occhi diversi, con gli occhi di una me innamorata, che lo desiderava come molto di più che un migliore amico. Restai quasi a bocca aperta e rimasi a guardarlo per qualche secondo prima che la sua voce interrompesse i miei pensieri:”Allora? Non sto bene?” Non potevo dirgli quello che pensavo veramente: era bellissimo, elegante quel tanto che bastava e anche sexy. Arrossii quando mi resi effettivamente conto di chi stavo parlando e cercai in qualche modo di buttar fuori le parole:”Ma stai scherzando? Harry stai benissimo, dico sul serio, guardati..” gli presi la mano e lo trascinai davanti allo specchio “Ecco: non ti piace?” “Mmh..” esitò per un attimo “ci sai fare con gli abbinamenti!” sorrise e mi passò dispettosamente una mano fra i capelli, scompigliandomeli. “Vuol dire che ti piace?” “Bello, davvero, complimenti.” mi prese e mi abbracciò affettuosamente:”Grazie.” Mi sussurrò. “Sono qui per te, ricordalo.” “Lo so, è anche per questo che ti voglio così tanto bene.” Restammo ancora un po’ davanti allo specchio e pensai a quanto lui fosse più grande di me. Era molto più alto e le sue spalle erano larghe e muscolose, io invece non ero una ragazza alta e per di più ero anche abbastanza magra, il che risultavo abbastanza piccola e fragile al suo fianco. Non era la prima volta che lo notavo, anche perché certe volte Harry, parlando di me, mi definiva la ‘sua piccolina’: era un nomignolo affettuoso che mi aveva inizialmente affibbiato sua madre, perché quando eravamo più piccoli lui mi difendeva sempre da tutto e da tutti e questa cosa aveva sempre divertito la madre, che ci prendeva in giro affettuosamente. Lo aiutai a sistemare i vestiti nell'armadio, cercando di metterli un po’ in ordine rispetto a prima e lui stranamente mi lasciò fare.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Si erano già fatte le cinque di pomeriggio quando io e Harry finimmo di sistemare tutto e quando eravamo finalmente a metà della ricerca era già ora di cena. “Cosa vuoi mangiare?” mi chiese rovistando nel frigo alla ricerca di qualcosa veloce da cucinare. “Lo sai che a me piace tutto.” “Lo so, lo so.” Disse alzando lo sguardo e guardandomi sorridente. “C’è ancora un po’ di polpettone che ha fatto a pranzo mia madre, ti va?” “Adoro il polpettone di tua madre.” “Allora aggiudicato: polpettone!” Apparecchiai la tavola e mangiammo il polpettone parlando di scuola e compagni. “Finito ti va di vedere un film?” mi chiese mentre ancora stava masticando. “Ma dobbiamo finire le ricerca.” gli dissi prima di sorseggiare un goccio di acqua. “Lo so, hai ragione..” “Beh in realtà speravo mi dicessi che della ricerca non te ne importava niente, ma se vuoi finiamo quella.” Alzò lo sguardo dal piatto e mi guardò sorridendo, sapendo che in fondo avrei risposto così. “Stavolta il film lo scelgo io, perché l’ultima volta hai scelto tu quell’osceno strappa-lacrime..” “Si, in effetti non era piaciuto molto nemmeno a me. Che film scegli?” “Un film dell’orrore.” fece un ghigno e fece il gesto del coltello verso la mia faccia. “Piantala scemo.” gli dissi senza cattiveria. Mi misi a ridere e gli diedi una piccola pacca sulla mano, che ormai mi sfiorava quasi il viso. Ero seduta sul suo enorme divano in pelle e stavo per accendere la tv, quando sentii la sua voce provenire dalla cucina:”Vuoi i popcorn?” “Ma che razza di domanda è questa? Certo che ne voglio.” Gli risposi scherzosamente e aggiunsi: “Ma tu fermo che li fai sempre bruciare tutti.” Lo sentii ridacchiare dalla cucina:”Si, meglio se vieni ad aiutarmi.” Sapevo che stava combinando qualcosa, lo si capiva dal tono della sua voce. Entrai in cucina e come sospettavo lui si era nascosto da qualche parte. Conoscevo quella cucina a memoria: aveva un grande bancone al centro, sul lato destro c’erano i fornelli e il piano cottura e su quello sinistro l’enorme frigo a due ante e la lavagnetta dove si segnavano gli appuntamenti della settimana; era proprio perché la conoscevo che mi chiedevo dove si fosse potuto nascondere. “Molto spiritoso Harry, non lo avevo capito che volevi farmi uno scherzo del genere. Dai esci, lo sai che non mi sono mai piaciuti questi scherzi.” Avevo sempre odiato quel tipo di scherzi, soprattutto se fatti di sera e lui lo sapeva benissimo che mi spaventavano molto e proprio per questo me li faceva spesso, o comunque quando ne aveva l’occasione. Ad un certo punto balzò fuori da qualche parte all’esterno della cucina, probabilmente era uscito prima che io vi entrassi e senza farsi vedere si era nascosto fra le sedie del lungo tavolo in salotto e si mise ad urlare. Mi spaventai moltissimo, anche perché non avevo considerato l’ipotesi che sarebbe potuto arrivare da quella direzione. Urlai e mi aggrappai stretta al suo collo, spaventata. “Dio, Harry non farmi più questi scherzi, ti prego.” Dissi ancora abbracciata a lui. Sapeva che mi spaventavo sempre, ma stavolta avevo reagito in modo diverso dal solito, forse perché ero nervosa per tutto quello che era successo in quei giorni, così mi accarezzò la schiena ridendo:”Ehi, tranquilla, è tutto apposto, mi dispiace non volevo spaventarti così tanto.” “Ma cosa ridi, mi hai fatto prendere un colpo sa?” Lo rimproverai mollando la mia stretta presa al suo collo. “Lo so, mi dispiace, non volevo farti prendere così paura, ma ammetti che la tua reazione è stata divertente.” “Sì, abbastanza.” dissi imbarazzata. Mi sentivo stupida, perché era un comportamento da bambina e arrossì. “Dai prendi la coperta.” Mi suggerì cortesemente. Mi diressi verso il contenitore in vimini che si trovava fra il televisore e il divano, presi l’enorme coperta azzurra, poi andai a sedermi accanto a lui e distesi la coperta sui nostri corpi un po’ infreddoliti. “Che film hai scelto?” gli chiesi sperando non fosse troppo pauroso. “Sinceramente non lo ho mai né visto né sentito, ma credo sia bello..” “Fa molto paura?” “Non lo so, ho visto il trailer e sembra che faccia abbastanza paura.” Lo guardai con faccia spaventata e mi disse:”Tranquilla ci sono qui io..” “Si e tu cosa potresti fare?” “Potrei proteggerti, piccolina mia.” disse scompigliandomi i capelli con la mano destra. Strizzai gli occhi e mi risistemai i capelli per riassumere un aspetto che fosse per lo meno decente. Il film era orribile, disgustoso e metteva moltissima ansia. Io utilizzavo molte volte il cuscino che stringevo fra le mani per coprirmi gli occhi, a volte mi nascondevo dietro la spalla di Harry che invece rideva, un po’ per prendermi in giro e un po’ perché lo faceva ridere il film stesso. Alla fine ci addormentammo entrambi sul divano, con ancora i vestiti addosso.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Quando ci svegliammo al mattino Harry era scivolato sul lato sinistro con la testa appoggiata al cuscino che mi aveva rubato per costringermi a vedere le scene paurose del film, mentre io mi ero appoggiata con la testa sulla sua coscia. Fu lui a svegliarmi muovendo le gambe: erano le dieci del mattino, ma fortunatamente non dovevamo andare a scuola quel giorno. Mi alzai cercando di non fare movimenti bruschi per svegliarlo e andai in camera sua per prendere le cose necessarie per farmi la doccia e cambiarmi. Andai verso il bagno e mi feci una doccia calda, ripensando a tutto quello che mi era successo nei due giorni precedenti. Diversamente da come pensavo non era stato così difficile dormire con lui, forse perché mi ero addormentata senza nemmeno accorgermene. Uscii dalla doccia ancora pensierosa, quando sussultai perché qualcuno aveva bussato alla porta. “Faccio subito, ho quasi finito.” dissi alzando leggermente la voce per farmi sentire anche all’esterno. “Si, intanto vado a sistemare il divano e a preparare la colazione, però vedi di non metterci troppo che mi scappa.. si, insomma devo andare in bagno.” Mi fece ridere il fatto che Harry cambiò la frase, che sarebbe somigliata più alla supplica di un bambino capriccioso. “Puoi entrare se vuoi..” gli dissi, visto che ero già vestita. Andai verso la porta e l’aprii. Harry mi salutò con un bacio sulla guancia:”Buongiorno piccolo genio.” Gli piaceva chiamarmi così, mi riteneva una ragazza intelligente e sapeva che lo correggevo spesso se faceva qualche errore grammaticale mentre parlava e poi diceva che avevo sempre una soluzione pronta per tutto, quindi sosteneva che quel nomignolo, che mi faceva sempre sorridere, mi si addiceva un sacco. “Buongiorno Haz!” gli dissi sorridendo. “Ti lascio il bagno, vado a finire di truccarmi in camera.” “Si si fai pure, ci metto poco per farmi la doccia.” Andai verso la sua camera e sentii l’acqua che cominciò a sgorgare dal rubinetto. Presi la tracolla e ci infilai i vestiti sporchi che mi ero appena cambiata. Andai davanti allo specchio e mi truccai come tutti i giorni: mi misi la crema, un po’ di fondotinta per uniformare la pelle, mascara e un po’ di matita nera. Non ci misi molto e appena ebbi finito mi sedetti sul suo letto e mi misi a guardare le foto che aveva sul comodino. In una eravamo raffigurati noi molti piccoli, a circa cinque, massimo sei anni, seduti sulle scale davanti alla porta di casa e le nostre mamme erano in piedi dietro di noi. Sorrisi rivedendo quella foto, perché mi vennero in mente tanti bei ricordi. Ero così assorta che non mi accorsi della presenza di Harry che si sedette vicino a me, ancora bagnato dalla doccia. “Eravamo carinissimi in questa foto.” disse con un tono quasi commosso. “Si, quanti ricordi vero?” domandai come se fosse un’affermazione. “Si, era tutto più semplice quando eravamo più piccoli.” Feci un cenno con la testa: non potevo essere più d’accordo, soprattutto nella situazione in cui mi trovavo ora. Poggiai la testa sulla sua spalla. Mi spostò i capelli, che gli solleticavano il collo, da un lato. Ora la mia pelle era a contatto con la sua, che era ancora calda dalla doccia probabilmente bollente. Sussultai quando mi resi conto che era ancora senza la maglietta e alzai improvvisamente la testa. “Stai bene?” “Ehm.. si, certo.” Dissi senza voltarmi. Lo avevo visto molte volte in costume e il suo fisico era a dir poco perfetto, quindi ora come ora non volevo immaginare l’effetto che avrebbe avuto su di me guardarlo a petto nudo e tutto bagnato. Mi alzai di scatto e andai verso il salotto urlando:”Scusa ma ho molta fame, devo assolutamente mangiare qualcosa.” Una scusa più stupida non potevo trovarla, ma era la prima cosa che mi era venuta in mente. “Emma, ma sei impazzita?” mi urlò lui ridendo dalla sua camera al piano superiore. “Cosa vuoi per colazione?” tagliai corto. “Ci sono i croissant che ci ha portato mia madre stamattina prima di andare al lavoro, era tornata per vedere se andava tutto bene e ci ha lasciato quelli e anche qualcosa per il pranzo.” “Si eccoli.” Li presi dall’angolo vicino al piano cottura. “Ti va un cappuccino?” “Volentieri, grazie, ma poi lavi tutto tu eh.” “Ma che cavolo pensi adesso ai piatti da lavare, brutto pigrone.” dissi ancora con la voce abbastanza alta per farmi sentire da lui. “Ehi non urlare sono qui.” Disse spuntando dalla porta e si mise a ridere perché ebbi un piccolo sussulto. “Allora lo vuoi o no questo cappuccino?” “Si dai, vengo ad aiutarti.” Si avvicinò e con la coda dell’occhio vidi che stava per abbracciarmi da dietro, ma mi spostai velocemente verso destra. Ora anche questi abbracci da parte sua mi sembravano troppo intimi. Non mi piaceva però il fatto che stessi diventando così restia alle cose abituali che facevamo, perché sarei finita con l’insospettirlo. “Cos’hai?” mi disse con tono interrogativo. “Dici a me?” finsi di non aver capito quello che intendeva. “No, a quel tipo affacciato alla finestra..” ridacchiò. “Dai, non fare lo sciocco.” gli dissi sorridendo, consapevole che il mio fare la finta tonta non aveva funzionato. “No seriamente, cosa hai?” il suo tono si fece più serio. “Cosa intendi? Non ho niente.” “Non ti sei nemmeno fatta abbracciare.. non era mai successo.” Disse, dandomi l’impressione di essere quasi confuso. “Solo...non mi sembrava il caso.” Corrugò le sopracciglia: “Sei scappata da me prima quando eravamo di sopra.” “Niente davvero, solo un po’ di problemi miei.” “Non me ne hai nemmeno parlato.” Disse quasi ne fosse offeso. “Non posso dirti sempre tutto Harry, non sei mio padre, io ho sedici anni e non sono più la tua piccolina, fammi crescere.” Ero stata dura con lui e quelle cose nemmeno le pensavo, amavo il fatto che ci dicevamo sempre tutto e ancora di più che lui mi proteggeva sempre. “Che cosa vuoi dire con questo?” disse appoggiando le mani sul bancone della cucina e assumendo un’aria pensierosa. “Quello che ho detto: che non posso dirti tutto.” “Quindi è questo, non tu fidi più di me.” Affermò scocciato. “Ma che discorsi stai facendo? Certo che mi fido, perché non dovrei?” “Non mi hai detto niente di quello che ti sta succedendo, mi hai appena detto che hai dei problemi e non vuoi dirmi cosa hai.” “Senti lasciami i miei spazi ok? Cresci Harry, non sono più la bambina di qualche anno fa e non dipendo da te. Non sono costretta a dirti tutto.” Mi allontanai dalla cucina, forse era meglio se me ne fossi andata. Salii in camera, presi la mia tracolla e i trucchi ancora appoggiati sul suo letto. “Forse è meglio che vada.” Dissi. “Si, sarebbe meglio, vai a casa.” Mi disse senza nemmeno guardarmi. Non mi aspettavo una risposta così. C’era rimasto davvero male, ma avevo dovuto farlo, non potevo permettermi che capisse quello che provavo veramente, anche se quelle parole mi avevano fatto davvero male. Arrivai a casa. “Ma non dovevi fermati da Harry anche a pranzo?” mi disse mia madre sorpresa quando entrai in casa. “Abbiamo avuto una discussione e ho preferito andare via, ma non voglio parlarne.” troncai la discussione e andai in camera mia. Ripensai alle sue parole: non me lo aveva mai detto, non mi aveva mai detto di andarmene. Non avevo fatto caso alla pesantezza di quelle parole quando me le aveva dette, ma adesso che ci ripensavo era stato davvero un brutto colpo per me. Sapevo che in realtà non voleva cacciarmi e che il giorno dopo, o la sera stessa, sarei andata da lui o lui sarebbe venuto da me per delle spiegazioni e sapevo che lo aveva fatto perché quello che avevo detto lo aveva ferito nel profondo, quindi, come dargli torto. Era passata qualche ora, quando mi trillò il telefono, che avevo appoggiato al cassettone quando ero entrata in camera. Mi era arrivato un messaggio. Mi alzai dal letto e andai a prendere il cellulare. Era un messaggio di Harry: Mi dispiace per oggi, lo so che stai crescendo e so che hai bisogno dei tuoi spazi. Non sei più la mia piccolina e devo cominciare a farci l’abitudine. Scusa se ti ho detto di andartene, ma ero arrabbiato e confuso. Sei libera di tenere i tuoi segreti più personali e di dirmi quelli che preferisci. Stiamo crescendo e siamo degli adolescenti, è normale avere qualche segreto, anche se siamo migliori amici. Sappi comunque che io non ne ho, perché adolescente o no amo parlare con te dei miei problemi e delle mie preoccupazioni. Ti voglio bene. Lo sapevo che mi avrebbe mandato un messaggio, ma aveva preso troppo alla lettera quello che gli avevo detto, avevo bisogno di parlare con lui per chiarire le cose e così mi misi la giacca e corsi a casa sua.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Bussai tre volte, come mio solito, e mi venne ad aprire poco dopo sua mamma:”Ciao Emma, entra.” Mi disse molto gentilmente sorridendomi. “Harry è in casa?” “Si è in camera sua, ho saputo della discussione.” “Si e mi dispiace, è un periodo un po’ difficile, sono sotto-pressione con la scuola, sono stata un dura con lui, lo so, ma non volevo prendesse alla lettera le mie parole.” “Lo so, lo avevo già capito io. Conosco molto bene te e ancora meglio mio figlio, non ti preoccupare non mi devi nessuna spiegazione.” Mi fece l’occhiolino e prese il mio cappotto per posarlo sull’ appendiabiti. Salii le scale in fretta e arrivata davanti alla porta esitai qualche secondo prima di bussare, ripetendo a me stessa che non dovevo lasciarmi scappare il fatto che ora provavo qualcosa per lui. Feci un grande respiro e bussai. “E’ aperto.” Disse a voce abbastanza alta. “Posso entrare?” dissi timidamente. Era volto di spalle quando entrai, ma come sentì la mia voce si girò di scatto e sorrise:”Sapevo che non ci avresti messo molto ad arrivare.” “Senti mi disp...” cercai di dire. “No, sono io che devo chiederti scusa.” mi interruppe. “Senti, hai preso troppo alla lettera quello che stavo per dirti, amo quando mi proteggi e amo essere la ‘tua piccolina’ ok? Ti dico tutto e non ho segreti con te. Scusa se ti ho risposto male e so di essere stata dura con te e di averti offeso, ma ero solo un po’ nervosa, tutto qui.” Ci abbracciamo ed evidentemente avevamo già fatto pace. “Sapevo che tutto questo sarebbe finito presto!” affermai sorridendo. “Ne ero convinto, siamo troppo uniti per restare separati io e te.” Disse scompigliandomi i capelli. “Io e te abbiamo ancora la ricerca di storia in sospeso, ti va di fermarti a cena? Così poi abbiamo il tempo di finirla.” “D’accordo, chiamo mia madre per avvisarla che non tornerò per cena, tanto lei e mio padre andavano fuori città stasera, quindi sarei stata a casa da sola.” Mi alzai dal letto e uscii dalla camera per chiamare mia madre. Entrai un paio di minuti dopo e Harry aveva già preso tutto il materiale per il compito di storia che dovevamo finire. “Prima di cominciare ho una sorpresa per te.” Mi disse con un grande sorriso. Si alzò dal letto e mi mise le sue mani sugli occhi. Erano così grandi che coprivano parte della mia faccia. Erano molto calde e, al contatto con la mia pelle, molto morbide. “Ma che stai facendo?” Gli dissi ridacchiando sommessamente. “Ti ho detto che è una sorpresa.” Disse ridendo. Mi lasciai trasportare dal suo corpo vicino al mio data la posizione. Ci spostavamo a piccoli passi, insieme, quasi fossimo una persona sola e tutto questo mi ricordava i passi di una danza: piccoli, ritmati, leggeri. Si fermò improvvisamente:”Ora tieni gli occhi chiusi, ok?” “Va bene.” “Promettimelo, so quanto sei curiosa.” “Te lo prometto. Sbrigati però.” Dissi con tono impaziente. Staccò delicatamente le mani dal mio viso e si allontanò lentamente. Sentivo i suoi passi che si dirigevano in punto davanti a me e non molto distante. Qualcosa scricchiolò al suo tatto: avevo capito che in questa sorpresa c’entrava il suo armadio. “Ora puoi aprire gli occhi.” Disse eccitato aspettando quale sarebbe stata la mia reazione. Aprii gli occhi e quello che vidi davanti a me mi fece sorridere e avvicinare le mani alla bocca: aveva sistemato alla perfezione il suo armadio. “Non ci posso credere. Hai fatto tutto tu da solo?” dissi molto sorpresa. “Certo. Ti piace?” “Altroché, è perfettamente in ordine. Se non avessi visto non c’avrei creduto.” Confessai. “L’ho sistemato per te.” Mi disse inclinando la testa di lato e sorridendo. “Per me? E perché?” “Perché so che ci siamo imbattuti più volte in questo argomento, ma non ho mai voluto sistemarlo, però quando ieri ci siamo messi a cercare i vestiti ho notato che c’era davvero troppo casino, così ho deciso di farti una sorpresa e risistemarlo.” “E’ fantastico. Ora ci puoi giurare che la prossima volta ti aiuto a scegliere i vestiti.” “Quindi la mia sorpresa ti è piaciuta?” “Troppo.” Lo abbracciai. Poteva sembrare una cosa stupidissima a chiunque, ma non a me, che era da anni che lottavo per vedere il suo armadio sistemato ed ero davvero contenta che lo avesse rimesso a posto per me. “Ora, dopo la mia fantastica sorpresa, possiamo incominciare storia.” passò da un tono esaltato ad un tono cupo quando pronunciò come uno sbuffo la parola ‘storia’. Quando sua madre ci chiamò per la cena avevamo finito da qualche minuto la nostra ricerca ed eravamo soddisfatti del contenuto: avevamo lavorato sodo e il nostro sforzo era servito a qualcosa. Ci guardammo sorridendo fieri del lavoro compiuto, quando mi brontolò rumorosamente lo stomaco facendo ridere Harry, che scherzò:” Qualcuno qui mi dice che sei molto affamata.” “Si, meglio se andiamo a mangiare, oggi non ho nemmeno fatto uno spuntino nel pomeriggio.” Ci alzammo entrambi, chiudemmo il laptop, sistemammo le cose che c’erano sparse sul letto e ci dirigemmo verso il piano inferiore, da dove proveniva un profumino di arrosto e patatine. Quando arrivammo in salotto il tavolo era ben apparecchiato per tre persone, perché il padre di Harry era all’estero per lavoro. Harry ci soffriva molto per la mancanza del padre che in quell’ultimo periodo si era fatta sentire sempre più. Da come lo ricordavo era un uomo sulla cinquantina, come la madre, si chiamava Bruce, aveva un viso cordiale e gli stessi occhi verdi brillanti del figlio. Era molto simpatico e gentile con me e Harry me lo aveva sempre descritto come un uomo molto affettuoso e per niente severo. Avevano un buon rapporto e ricordo che quando lui era piccolo giocavano spesso a baseball nel grande cortile che si trovava dietro alla loro casa. A volte, quando loro giocavano, mi sedevo sul bordo della piscina interrata e mi piaceva stare a guardarli, anche per lungo tempo. Si capiva che fra loro c’era un buonissimo rapporto ed era soprattutto per questo che ad Harry lui mancava sempre molto quando si allontanava da casa anche per svariati mesi. Me lo diceva spesso che gli mancava e a volte si era anche commosso nel raccontarmelo. Lo capivo, perché ad ogni ragazzo della sua età serve una figura maschile di riferimento, anche se la madre era comunque sempre presente. Ci sedemmo a mangiare ed era tutto squisito. “Grazie Lucy, era tutto perfetto.” Le dissi rivolgendole un sorriso affettuoso appena ebbi finito di mangiare. “Si, grazie mamma, tutto buonissimo, come sempre.” Si alzò dalla sedia e le si avvicinò, dandole un bacio sulla guancia. Stavamo per prendere i piatti e cominciare a sparecchiare, quando sua mamma ci interruppe:”Tranquilli ragazzi, ci penso io.” Disse sorridendoci e facendo segno con la testa di andare. Ricambiammo il sorriso e andammo di nuovo in camera. Lui si buttò sul letto, mentre io presi la sedia girevole della scrivania e mi sedetti pesantemente sopra, facendola rotare di qualche centimetro. “Allora, l’appuntamento è fra due giorni, agitato?” “Un po’.” “Hai intenzione di baciarla?” chiesi girando il coltello nella piaga. “Non so. Dipende da come va la serata.” Mi disse tranquillamente. “Allora la bacerai.” “Che cosa vuoi dire con questo?” “Che la serata andrà sicuramente bene.” Mi stavo tradendo e avevo paura della domanda successiva, che arrivò come una freccia appuntita:”E perché ne saresti così sicura?” mi disse sollevandosi e appoggiando tutto il peso sui due gomiti, quasi volesse guardarmi negli occhi quando rispondevo. “Niente, intendo dire che hai preparato tutto, ogni dettaglio, compresi anche gli abiti.” Gli dissi abbassando lo sguardo e fingendo di giocare con i braccialetti che avevo al polso. “Si, questo è vero, infatti mi sento abbastanza sicuro.” Ammise e poi continuò:” Qualche consiglio?” “Nessuno, promettimi solo che sarai te stesso, perché sei perfetto così.” “Grazie.” Sorrise affettuosamente. “Niente, è solo la verità.” Ricambiai il sorriso. “Perché tu non esci con nessun ragazzo?” Spalancai gli occhi a quell’improvvisa domanda, rispondendo come avrei risposto normalmente se non fosse stato lui a chiederlo:”Non sono abbastanza carina per i ragazzi del liceo, lo sai.” Corrugò la fronte, prese il cuscino che gli sosteneva la schiena e me lo tirò addosso senza metterci forza:”Non dire cazzate.” “Mi hai tirato un cuscino!” “Si, perché non voglio sentirti più dire certe cose.” Mi alzai dalla sedia:”Primo io sono solo una ragazza realista, secondo tu non dovevi azzardarti a tirarmi un cuscino addosso.” Mi girai velocemente per prendere il cuscino che era caduto dietro la sedia e mi avvicinai a lui, che capendo cosa volevo fare ne prese un altro dal comodino vicino al letto. Riuscii a colpirlo in piena faccia, e mi misi a ridere fragorosamente. Lui allora mi afferrò per i fianchi e cominciò a farmi il solletico per farmi cadere a terra, per poi colpirmi col cuscino imbottito di piume. Stavamo ridendo come dei matti, senza riuscire a smettere. “Basta hai vinto, hai vinto.” Riuscii a dire fra le risate mentre lui continuava a farmi il solletico. Smise e mi diede una mano per aiutarmi ad alzarmi da terra. Continuava a ridere fragorosamente, anche quando tutto era finito. “Ti odio, lo sai che il solletico mi fa morire.” Dissi dandogli il cuscino, che ancora tenevo in mano, nello stomaco. “Lo so, ma adoro sentirti ridere quando ti faccio il solletico.” Disse ridendo, e mi rubò il cuscino dalle mani per poi risistemarlo sul letto quasi disfatto. “Ti fermi a dormire?” “Ma non ho portato il pigiama e il resto, aspetta però..” gli dissi dirigendomi verso la borsa che avevo preso con me quando ero uscita di casa. “Ho i trucchi, ma mi manca il pigiama.” “Ti presto io dei vestiti, se vuoi.” La situazione si stava facendo complicata, ma accettai comunque perché non volevo farlo insospettire, soprattutto dopo la litigata della mattina. “Avviso i miei, posso usare il telefono?” “Certo, è fatto apposta per fare chiamate il mio telefono, sai?!” Disse scherzosamente ridacchiando. Mi avvicinai al telefono fisso che stava sul suo comodino, accanto alle foto:”Ciao mamma, stasera resto da Harry a dormire, ok?” “Si, va bene ci vediamo domattina appena passi a prendere lo zaino. Ciao tesoro, a domani.” “Ah, lo zaino, giusto. Ci vediamo domani allora, salutami papà.” Lo sentii salutarmi dall’altra parte della cornetta; la sua voce proveniva da un posto vicino a mia madre, probabilmente era seduto accanto a lei. Riattaccai. “Harry posso restare, però domattina dovremmo partire qualche minuto prima perché devo passare da casa a prendere lo zaino.” “Oh, giusto.” Mi disse ancora inginocchiato a terra mentre cercava nel cassettone accanto alla porta i vestiti da prestarmi. Si rialzò e mi porse dei pantaloncini e una maglia, “Saranno enormi per te, ma sempre meglio che dormire vestita.” Aprii la maglia, che era accuratamente piegata:”E’ enorme.” “..ma meglio che dormire coi vestiti addosso.” ripeté ancora. “Giusto! Vado in bagno a cambiarmi, torno fra qualche minuto.” “Ok.” Andai in bagno, mi misi prima la maglia, che mi arrivava leggermente più sopra delle ginocchia. Avrei preferito stare solo con quella, considerando che era enorme, ma date le circostanze , era meglio se indossavo anche i pantaloncini, che quasi non si vedevano. Attraversai parte del corridoio buio, dopo aver spento la luce del bagno. Arrivai alla porta della camera di Harry, afferrai la maniglia e aprii. Non avevo considerato l’ipotesi che lui si stesse ancora cambiando e quando vidi che indossava solo i boxer, rimasi a bocca aperta:”Mi dispiace, non volevo.” Dissi uscendo dalla stanza e chiudendomi la porta alle spalle. “Merda!” imprecai sottovoce. Perché doveva essere così dannatamente bello, perché doveva essere così perfetto in tutto, oltre che nel suo aspetto fisico. Lo sentii ridacchiare nonostante la porta fosse chiusa. “Entra, ho finito.” Mi disse. Mi sfregai gli occhi come per cancellare l’immagine del suo corpo perfetto dalla mia mente e aprii la porta. “Mi dispiace, i-io non volevo, davvero. P-perdonami.” “Non fa niente, non mi hai mica visto nudo.” E si mise a ridere, sottintendendo che comunque era come se lo avessi visto in costume e aggiunse:” Comunque il mio completo ti dona.” Arrossì per entrambe le sue affermazioni, ma non glielo feci notare, quasi affondando la testa nella mia borsa. Erano le dieci e mezza, ma nessuno di noi aveva sonno e Harry propose di guardare un po’ di tv. Andò verso il cassettone, su cui era appoggiato il televisore e il lettore DVD e prese il telecomando. Io mi misi con la testa appoggiata al morbido cuscino, mentre lui, messo al contrario di me, appoggiò la testa sulle mani incrociate. Ci addormentammo in quella posizione.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


La sveglia, che Harry aveva impostato sul cellulare, suonò alle 7.00 . Io fui la prima ad alzarmi e a spegnere la sveglia sul telefono. Mi accorsi che Harry mi aveva coperto, probabilmente quando si era accorto che io mi ero addormentata. Sorrisi, era stato carino da parte sua. Andai in bagno a lavarmi, sistemarmi e vestirmi e quando tornai stava ancora dormendo profondamente. Lo osservai mentre dormiva dolcemente. Osservai ogni curva del suo viso bellissimo, la sua bocca e i suoi lineamenti molto fini per appartenere ad un maschio. Guardai i suoi capelli ricci e color cioccolato che gli si posavano delicatamente sulla fronte e pensai che pur essendo scompigliati e in disordine erano comunque bellissimi. Mi rialzai in fretta quando mi resi conto che si stava svegliando e andai verso la mia borsa per riporvi i trucchi. Misi i vestiti nel cesto di vimini accanto alla scrivania. “Buongiorno.” Mi disse sbadigliando. “Buongiorno.” Gli sorrisi. “Che ore sono?” “Mancano quindici minuti alle otto.” Mentii, infatti erano solo le 7.25. “Cosa?” vidi Harry alzarsi e catapultarsi in bagno, dal quale ritornò perfettamente in ordine dopo circa cinque minuti. “Dai, ma cosa fai ancora lì seduta? Dobbiamo anche passare da casa tua per prendere lo zaino.” Disse preoccupato. Mi misi a ridere:”Sono le 7.30, non siamo in ritardo.” “Ti sei presa gioco di me?” “Almeno so che funzionerà nelle emergenze, visto che di solito ci tieni un'eternità.” Risi ancora. “Si, devo ammettere che ha proprio funzionato.” Dopo aver fatto colazione sua madre ci portò a scuola, ma prima passammo a casa mia dove presi lo zaino, per poi uscire e risalire in macchina. Quella mattinata fu noiosissima, non mi era interessato nessun argomento che avevamo trattato e per di più continuavo a pensare all’appuntamento di Harry del giorno dopo. All’ora di pranzo ci incontrammo come sempre al nostro solito tavolo. Eravamo seduti da qualche minuto quando una bella ragazza bionda si avvicinò al nostro tavolo. Capii che era quella che doveva uscire con Harry e, per la prima volta dopo qualche giorno, mi resi conto che non gli avevo nemmeno chiesto come si chiamava la ragazza che gli piaceva tanto. “Quindi domani sera ci vediamo?!” disse con una voce un po’ stridula. “Certo, passo a prenderti io per le sette e mezza.” Al confronto la sua voce risultò ancora più profonda. “Ah perfetto allora. Chi è lei?” disse facendo segno con la testa verso di me. “Ah giusto, voi non vi conoscete: lei è Jessica. Jessica, lei è Emma, la mia migliore amica.” Ci stringemmo la mano e lei mi sorrise. Feci lo stesso, anche se mi risultò più difficile di quello che pensassi. “Se volete stare soli, me ne vado.” Dissi mentre mi stavo alzando per allontanarmi. “No resta.” Mi disse Harry prendendomi la mano. “No figurati, tanto avevo finito.” Gli dissi facendogli l’occhiolino. Jessica intanto ci guardava stranita, forse non comprendendo fino in fondo quanto eravamo legati e quanto ci volevamo bene. “Ci vediamo oggi allora.” Mi disse sorridendomi. “Certo.” Gli dissi dimenticando che quel pomeriggio avrei dovuto accompagnare mia mamma fuori città. Finita scuola tornammo come sempre a casa insieme e gli dissi dell’equivoco:”Mi dispiace, magari proprio oggi che volevi parlare dell’appuntamento.” “Non c’è problema, riguarderò tutto e se ci sarà qualche cosa da rivedere abbiamo tutta la giornata di domani a disposizione.” “Hai ragione. Comunque appena torno stasera ci sentiamo, o per messaggio o ti chiamo io, ok?” “Perfetto! A stasera allora.” Disse sorridendomi e salutandomi con la mano, prima di allontanarsi dal giardino di casa mia. Lo guardai mentre percorreva la strada verso casa sua e fu in quel momento che capii che l’avrei riconosciuto fra mille, anche da molto lontano: la sua sagoma alta, le gambe lunghe, la sua camminata e il modo in cui poneva una gamba davanti all’altra, i capelli ricci e voluminosi. Lo stavo ancora guardando quando si voltò e mi fece un grande sorriso. Tornai a casa che era già tardi, l’appuntamento che aveva avuto mia mamma si era dilungato parecchio e avevamo deciso di cenare in un ristorante della città. Appesi il cappotto, salii in camera e chiamai Harry che mi rispose subito: “Ehi, scusa ma sono stata fuori più del previsto.” “Non ti preoccupare.” Mi disse lui dall’altra parte della cornetta. “Allora hai rivisto l’organizzazione del tuo appuntamento con Jessica?” feci una smorfia. “Si e ci sono alcune cose che dobbiamo rivedere, ti andrebbe di passare da me domani pomeriggio?” “Certo, tanto domani non c’è scuola, quindi subito dopo pranzo sarò da te.” “Sapevo che potevo contare su di te. Grazie.” “Sai che io ci sono sempre. Allora ci vediamo domani pomeriggio.” “Va bene, domani da me dopo pranzo. Buonanotte.” “Buonanotte. Ti voglio bene.” “Anche io te ne voglio.” Andai a dormire; quella giornata nella città incasinata mi aveva stancato, ero davvero esausta. Mi misi il pigiama, ripensando a ciò che era successo la sera prima. Sorrisi: adoravo passare il tempo in sua compagnia, era la persona con cui mi trovavo meglio in assoluto, nonostante avessi anche molti altri amici, ma con lui era diverso, potevo essere completamente me stessa, potevo dirgli qualsiasi segreto, qualsiasi mia preoccupazione e la cosa che mi rendeva più felice in assoluto era sapere che anche per lui era la stessa cosa con me.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Mi svegliai alle 9, quando la luce del sole illuminò il mio volto. Era sabato e fortunatamente non dovevo andare a scuola. Mi alzai dal letto e cominciai a vestirmi. Mi ricordai improvvisamente che quella sera Harry sarebbe andato a cena con Jessica. Sobbalzai a quel pensiero. Sapevo che Jessica gli piaceva e dovevo considerare l’opzione che sarebbero potuti uscire ancora o che addirittura si sarebbero potuti mettere insieme. Sentii un nodo allo stomaco e dovetti sedermi sul letto per qualche secondo. Scossi la testa, cercando di scacciare tutti quei pensieri che mi mettevano sotto-pressione, mi alzai e finii di vestirmi. Tolsi i pantaloni del pigiama e infilai un paio di jeans stretti che avevo comprato con mia madre in un centro commerciale il giorno prima. Qualche minuto dopo mia madre entrò in camera:”Buongiorno Emma, ero venuta a vedere se eri sveglia, ma a quanto pare è da un po’ che lo sei visto che sei già pronta.” “Si, è già da un quarto d’ora che sono sveglia.” Le sorrisi. “La colazione è pronta in cucina, se vuoi ci sono croissant freschi e del caffè appena fatto, intanto sistemo il letto.” mi disse ricambiando il mio sorriso. “Grazie mamma.” Scesi in fretta in cucina, presi un po’ di caffè e mangiai una brioche ancora calda. Finito di fare colazione andai in camera mia, dove mia madre aveva appena finito di sistemare. “Emma io devo andare a fare un po’ di spesa e poi devo fare delle cose, sarò a casa per mezzogiorno ok?” “Certo mamma a dopo.” Le diedi un bacio sulla guancia. Mi sedetti sulla scrivania e accesi il computer. Navigai un po’ su internet per cercare delle frasi e delle immagini carine da scaricare. Ne trovai moltissime che mi piacevano e molte frasi rispecchiavano la situazione in cui ero e in un certo senso sentii che non ero la sola che passava un periodo difficile. Mi accorsi che il tempo era davvero volato e in men che non si dica era già passata un’ora intera. Andai in salotto e decisi di guardare un po’ di tv, bevendo ancora un po’ di caffè caldo che era avanzato. Guardai qualche stupido talk show e poi andai a preparare il tavolo. C’eravamo solo io e mia madre, perché mio padre aveva un’importante riunione e si sarebbe fermato a mangiare in ufficio. Presi il telefono e trovai un messaggio e una chiamata di mia mamma. Aprii il messaggio: Tesoro mi dispiace, ma non posso tornare a casa per pranzo per un imprevisto, ho già chiesto a Lucy se potevi andare a mangiare da loro e mi ha detto che le farebbe molto piacere. Ti aspettano per pranzo, ci vediamo stasera appena torni. In parte ero felice perché avrei visto Harry, che già mi mancava, in parte avrei voluto che l’appuntamento non fosse stato quella sera, perché sapevo già che avremmo passato tutto il tempo a parlare di quello, ma era giusto così: io ero la sua migliore amica e dovevo aiutarlo, glielo avevo promesso e io mantenevo sempre le promesse. Sparecchiai il tavolo che avevo preparato qualche minuto prima. Erano circa le 11.00 e decisi di mandare un messaggio a Harry per avvisarlo che stavo partendo da casa per andare da lui. Andai in camera, presi la borsa e misi la berretta bianca che avevo preso il giorno prima insieme ai jeans e ad alcune maglie. Quando tornai giù mi misi il cappotto e vidi che Harry aveva risposto al mio messaggio: A fra poco allora x ;) Sorrisi, presi le chiavi e uscii di casa controllando che avessi chiuso bene la porta. Pensai subito che avevo fatto bene a mettere la berretta dato il forte vento che soffiava, quando improvvisamente cominciò a piovere. Controllai in borsa se avevo il piccolo ombrello che tenevo per le emergenze, ma mi ricordai che si era rotto qualche giorno prima a causa del vento. Imprecai a bassa voce sperando che non cominciasse a piovere molto forte, dato che mi mancava ancora un po’ di strada prima che arrivassi da Harry. Sfortunatamente a metà strada cominciò a piovere a dirotto e inutilmente mi infilai il cappuccio. Mi squillò il telefono, era Harry: “Pronto.” “Hai preso l’ombrello vero?” mi disse, come se fosse ovvio. “No, dannazione mi si è rotto lunedì a scuola ti ricordi? Sono praticamente fradicia e sono solo a metà strada. Non ti preoccupare correrò un po’.” “Ma stai scherzando? Dimmi dove sei che ti vengo a prendere.” “Si, così ti laverò anche la macchina.” “Piantala di fare la scema e dimmi dove sei. Io sono già in macchina sto per arrivare.” Sentii il rombo della sua auto e capii che stava già partendo per venire a prendermi. “Sono davanti alla casa dei Matthews.” “Sono lì.” Riattaccai e vidi la sua Audi nera svoltare l’angolo. Si fermò a pochi centimetri da me e vidi Harry che da dentro mi fece cenno di salire. “Maledizione, quanto odio questa pioggia.” Dissi quando mi fui seduta sul sedile. Scoppiò in una risata fragorosa. “Ti prego non ridere, mi sento una stupida, davvero, e in più ho molto freddo.” Dissi imbarazzata abbassando la testa. Smise improvvisamente di ridere:”Mi dispiace, hai ragione.” Mi tolse alcune ciocche fradice di capelli dal viso:”Guarda qui quanto sei bagnata.” Disse affettuosamente. Si slacciò la cintura e cominciò a togliersi la giacca. “Cosa stai facendo? Hai indosso solo una maglia di cotone e stasera hai un appuntamento, non voglio che ti ammali.” Gli dissi, ma lui non mi prestò ascolto. “Harry, davvero.” Insistetti. “Emma mettiti questa giacca. Non ho freddo e non mi ammalerò.” Mi disse sorridendo. “Grazie.” Dissi sottovoce. Mi infilai la giacca che mi andava veramente grande e che non lasciava nemmeno intravedere le mani a causa della lunghezza e mi sentii subito meglio. Arrivammo a casa sua dopo qualche minuto. Harry parcheggiò la macchina nel garage ed entrammo dalla porta che suo papà aveva costruito e che portava direttamente in casa. “Oddio Emma, guarda quanto sei bagnata.” Mi disse sua mamma in tono preoccupato come mi vide entrare. “Potrei usare il phone per asciugarmi?” “Ma certo cara vai pure. Harry dai accompagnala.” Mentre salimmo per andare in bagno mi accorsi che stavo lasciando le stampe e delle gocce lungo il pezzo di strada che facevo. “Cavolo sto bagnando dappertutto.” “Non ti preoccupare, adesso pensiamo ad asciugare te e poi vediamo di asciugare anche il pavimento ok?” Disse poggiandomi affettuosamente una mano sulla spalla. “Intanto entra in bagno. Ci sono delle salviette negli armadietti in basso, puoi utilizzarle per cominciare ad asciugarti un po’, io vado a prendere il phone in camera di mia mamma.” Entrai in bagno svoltando a sinistra, mentre lui proseguì dritto in direzione della camera matrimoniale.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


HARRY- “Dove cavolo è quel maledetto phone? Mamma dov'è il phone?” urlai per farmi sentire da mia madre che si trovava al piano di sotto. “E’ nello scomparto in basso a destra del mio armadio.” Aprii le ante del grande armadio di mia madre e mi chinai per prendere il phone che si trovava proprio dove mi aveva detto. Lo presi e andai verso il bagno. “Ecco, vieni che ti aiuto ad asciugarti.” dissi ad Emma, facendole cenno di avvicinarsi. Lei si avvicinò un poco, lentamente. La guardai e aveva le labbra scurite dal freddo e tremava. Feci il più in fretta possibile, non volevo farle prendere altro freddo. Infilai la spina nella corrente e lo accessi. Venne fuori uno sbuffo di aria molto calda e glielo puntai addosso, restando lontano il necessario da non farla scottare. Glielo puntai in faccia e mi misi a ridere vedendo che faceva delle buffe smorfie. “Non in faccia.” Mi disse ridacchiando. Cominciai a fare sue e giù diffondendo l’aria calda lungo tutto il suo corpo mentre lei smetteva pian piano di tremare. “Dai, davanti sei quasi asciutta, girati che ti asciugo la schiena.” Si girò e gli asciugai anche la parte posteriore. Dopo circa un quarto d’ora fu completamente asciutta, tranne i capelli che ancora gocciolavano un po’. “Passamelo che mi asciugo i capelli.” Mi disse porgendomi la mano. Glielo passai, intanto mi sedetti sulla vasca e la osservai. Dopo essersi spazzolata i capelli lisci, vi passò il phone per asciugarli. Non ci tenne molto, e dopo qualche minuto eravamo pronti per andare a pranzare. “Ragazzi, avete finito? Qui è già tutto pronto.” Disse mia madre che, dato il rumore dei mestoli e delle posate che sbattevano contro le pentole, stava impiattando il cibo per servirlo in tavola. “Arriviamo.” Rispondemmo io e Emma in coro, che poi ci guardammo e ci mettemmo a ridere. “Tu vai pure, intanto passami il phone che vado a metterlo a posto.” Gli dissi, facendogli cenno di passarmelo. Lo afferrò e mi diede un leggero bacio sulla guancia ringraziandomi per averla aiutata ad asciugarsi. Sorrisi e come mio solito gli scompigliai i capelli. “Me li sono appena pettinata, Harry.” Mi rimproverò. “Dai vai a mangiare e smettila di lamentarti.” gli dissi mettendomi a ridere. Andai così in camera e misi l’asciugacapelli al suo posto, proprio dove lo avevo preso e mi diressi poi verso il salotto dove Emma e mia madre erano sedute al lungo tavolo e stavano per cominciare a mangiare. “Cosa hai cucinato oggi?” dissi andando verso di loro. “Pizza.” “Perfetto!” Mi sedetti a capotavola, Emma era alla mia destra e mia madre di fronte a lei, alla mia sinistra. Parlammo un po’ di tutto, finché arrivò mia madre con le sue solite affermazioni da mamma:”Allora, se stasera esci, mi raccomando stai attento a te e alla ragazza con cui esci. Non fare sciocchezze, non bere, non drogarti, non..” “Mamma, ma che cavolo stai dicendo?” Vidi Emma che abbassò la testa e si mise a ridere sotto i baffi. “Ti sto solo dicendo di stare attento.” “Mamma non ho più undici anni. E poi lo sai che sono un ragazzo responsabile.” “Si, lo so, ma meglio prevenire.” Sbuffai e continuai a mangiare la pizza. Finimmo dopo circa un quarto d’ora. Io e Emma aiutammo mia mamma a sistemare e sparecchiare e poi andammo in camera mia. Nel salire le scale Emma scivolò da un gradino e l’aiutai ad alzarsi dopo che ci fumo messi tutti due a ridere. Quando le presi la mano, mi accorsi di quanto fosse piccola rispetto alla mia. Lei, vicino a me, risultava più piccola e fragile e forse era per questo che mi sentivo così protettivo nei suoi confronti. “Harry andiamo.” Disse lei interrompendo i miei pensieri. Le lasciai la mano che tenevo ancora stretta nella mia e salimmo fino ad arrivare in camera, che si trovava in fondo al corridoio. “Bene, ti avevo detto che c’erano delle cose che dovevamo rivedere riguardo l’appuntamento, ricordi?” le chiesi. “Ah si certo, l’appuntamento.” Mi disse lei distrattamente mentre guardava fuori dalla finestra. “Si, ci sono due o tre cose che vorrei chiederti.” “Dimmi.” Disse mentre ancora guardava un punto indefinito di quello che gli si presentava davanti agli occhi. “Emma, avanti, vuoi ascoltarmi?” EMMA- Stavo pensando a quanto sarebbero state difficili per me le ore seguenti, in cui avrei visto l’amore della mia vita scivolarmi dalle mani per cadere fra le braccia di un’altra. “Emma, avanti, vuoi ascoltarmi?” La sua voce, che si era fatta improvvisamente più alta, mi richiamò alla realtà. Scossi la testa:”Oh, ehm, mi dispiace. Dimmi tutto.” Stavolta lo guardai in faccia, dritto negli occhi, che passarono da un espressione accigliata ai suoi soliti occhioni verdi e dolci. “Ci sei? Ma si può sapere cosa ti sta succedendo in questi giorni? Sei così distratta.” “Lo so, mi dispiace, ma se ti dessi consigli sbagliati e il tuo appuntamento andasse male per colpa mia?” inventai una scusa campata per aria. “Ma che dici?” “Niente ho solo paura di sbagliare e combinare un casino.” Continuai a sostenere la mia stupida scusa, fornendogli ragioni che sembravano prive di senso. Vidi Harry che si avvicinò improvvisamente al mio viso. Era a pochi centimetri dalla mia faccia e i nostri nasi si sarebbero sfiorati se si fosse sporto leggermente in avanti. Sentivo il suo respiro caldo sulla mia bocca. Non indietreggiai. Per qualche secondo non pensai ad altro che a me e lui, così, vicini e silenziosi. Rimanemmo così per qualche secondo, quando lui interruppe tutto con la sua voce profonda. “Torna fra noi Emma. Torna sulla Terra. Terra chiama Emma, terra chiama Emma.” Scossi la testa quando lui indietreggiò, quasi stordita da quella vicinanza fra il suo volto e il mio. “Ci sono. Ci sono, ma non rifare più una cosa del genere, ok?” “Cosa, questo?” Stavolta si avvicinò così tanto che il suo naso tocco il mio e anche se non lo volevo, mi vidi costretta ad indietreggiare:”Si proprio questo!” lo rimproverai. “Bene allora se ti infastidisce così tanto vorrà dire che lo farò più spesso.” Disse con un sorriso. “Promettimi che non lo rifarai.” Dissi incrociando le braccia al petto. “Se no cosa farai? Terrai il broncio?” disse saltellando per la stanza. “Harry?” “Dimmi.” Esclamò mentre ancora saltellava. “Harry.” “Che c’è?” disse senza fermarsi. “Harry, ma che diavolo stai facendo? Prima mi chiedi che mi succede e poi ti comporti come un bambino troppo vivace che non vuole ascoltare?” “Finalmente vedo che ho riconquistato la tua attenzione.” Si fermò improvvisamente e così dicendo si sedette in terra di fronte a me. “Stavolta starò attenta. Promesso.” “Allora, avevo qualche dubbio sull’acconciatura.” “E cosa vorresti fare?” dissi ridendo, stupita da quella domanda. “Niente, ma volevo sapere se così, come li ho tutti i giorni, sarebbero andati bene comunque.” “I tuoi capelli sono perfetti, smettila con queste paranoie Hazza.” Dissi sorridendo. “Allora, problema numero due: avevo organizzato di portarla a cena in un posto abbastanza romantico, magari all’aperto con qualche candela. Troppo romantico?” “Per niente, è ciò che ogni ragazza desidererebbe.” Ammisi, sottintendendo che fra quelle ragazze c’ero anche io, soprattutto se fosse stato Harry a portarmici. “Mmh... Problema numero tre: dopo cena avevo intenzione di portarla al parco a fare una passeggiata, è troppo classico o scontato?” “E’ un po’ scontato in effetti, ma è un posto molto romantico, piace alle ragazze, fidati.” “Fantastico, allora devo solo farmi una doccia, vestirmi come mi hai suggerito tu, prendere la macchina e dare inizio all’appuntamento.” “E’ tutto?” “E’ tutto! Grazie per avermi aiutato, sarà tutto perfetto.” disse sorridendomi e si alzò per darmi un bacio sulla guancia.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Passò il tempo e la sera si avvicinava sempre di più. Avevamo passato il pomeriggio a ripassare ogni punto dell’appuntamento per renderlo perfetto e avevamo messo anche in scena qualche piccolo spettacolo teatrale, che finiva sempre con il ritrovarci piegati in due dalle risate. “Le cose cambieranno fra noi?” chiesi improvvisamente, mentre Harry stava cominciando a tirar fuori dall’armadio i vestiti da indossare. “In che senso?” disse voltandosi verso di me e corrugando la fronte. “Beh Jessica è una tua potenziale fidanzata ora. Se tu e lei vi metteste insieme il nostro rapporto cambierebbe?” “Certo che no.” Rispose senza voltarsi. HARRY “Certo che no.” risposi mentre tiravo fuori dallo scomparto un paio di calzini. “Ma io e te non potremmo continuare a comportarci così.” disse in tono dispiaciuto. “E perché no? Io e te siamo migliori amici e facciamo tutte le cose che due migliori amici fanno normalmente.” “Ma non potremmo più vederci tutti i pomeriggi, dovrai pensare anche a passare il tempo con lei, non avrai più a disposizione tutto questo tempo per me.” Abbassò la testa e si mise a giocherellare con i bracciali che aveva sul braccio, lo faceva sempre quando era nervosa, forse senza nemmeno accorgersene. Buttai i calzini sul letto e mi avvicinai a lei che era seduta sulla sedia girevole della scrivania. Mi inginocchiai e la guardai negli occhi mentre con le mani mi appoggiai alle sue ginocchia per non perdere l’equilibrio:”Io e te ci conosciamo da quasi sedici anni. Abbiamo passato insieme quasi ogni momento e posso dire che tutti i momenti migliori della mia vita li ho trascorsi con te e che abbiamo trascorso insieme anche quelli peggiori, sostenendoci a vicenda. E’ vero che forse non potrò passare tutti i miei pomeriggi con te, ma credi davvero che lascerei che una ragazza, entrata da pochi giorni nella mia vita, cambi le cose fra noi? Guardami Emma.” Posai un dito sotto al suo mento e alzai la sua testa che si era abbassata ancora verso i braccialetti colorati. “Non permetterò a nessuno, e su questo ci puoi giurare, a nessuno di rovinare il nostro rapporto ok? Nessuno sarà mai così importante per me da separarci.” “Ti voglio bene.” Mi sussurrò con voce flebile. Mi alzai per arrivare all’altezza del suo viso:”Vieni qui e non preoccuparti più di questo.” L’abbracciai forte e lei cinse le sue braccia sottili intorno al mio collo e strinse dolcemente. Premette il suo viso sulla mia maglia di cotone e la strinsi a me più forte, accarezzandola dolcemente. EMMA Poggiai debolmente la testa alla sua spalla. Sapevo che mi voleva molto bene, ma non mi aveva mai detto tutte quelle cose. Forse, per la prima volta, capii quanto lui fosse importante nella mia vita. Lui era parte di me, quella parte che ti fa sentire più te stessa, quella parte che se manca, ti senti come se avessero strappato un pezzo di te. Non avrei resistito per molto senza la sua presenza, mi sarei sentita persa, inutile e nulla, nulla intorno a me avrebbe avuto più senso senza di lui al mio fianco. Lui era il motivo per cui mi svegliavo la mattina, il motivo di tutti i miei sorrisi, la ragione per cui mi sentivo sempre protetta in mezzo a migliaia di persone sconosciute, era grazie a lui se mi addormentavo la notte e mi risvegliavo ancora col sorriso. Lui mi faceva sentire speciale, unica e mi faceva sentire bellissima, anche senza dirmelo. Mi voleva come ero, non voleva cambiare assolutamente niente di me. Mi sentivo così sua, pur non essendolo realmente. Quello era l’amore che provavo per lui, tutta quella cascata di sentimenti che mi facevano venire le vertigini, che mi facevano tremare quando lo vedevo, che non mi permettevano di lasciarlo andare, che mi facevano ballare lo stomaco e battere il cuore così forte che sembrava volesse uscirmi dalla gabbia toracica. Gli era bastato un discorso per farmi provare tutto questo, solo un discorso. “So che resterai sempre il mio migliore amico.” Gli dissi mentre scioglievo le mie braccia dal suo collo. “Io e te resteremo migliori amici per sempre. Questa è una promessa.” “E’ una promessa.” Ripetei dopo di lui sorridendo. Erano ormai le sei. “Harry, adesso sarà meglio che vada. Sono già le sei e non voglio farti arrivare in ritardo.” “Va bene. Ti accompagno.” “No, vado a casa da sola, ti ho già fatto perdere tempo oggi, quando sei venuto a prendermi a causa della pioggia. Davvero, ora devi solo tornare di sopra, farti una doccia e pensare ad essere perfetto per stasera.” “D’accordo, grazie per la compagnia e soprattutto per i consigli che mi hai dato.” Disse mentre prendeva il mio cappotto dall’appendi-abiti e me lo porgeva. Ci abbracciamo:”Sai che puoi sempre contare su di me.” “Lo so.” Disse mentre mi toglievo delicatamente dalle sue braccia. Mi fece un grande sorriso prima che uscii di casa. “Buona fortuna, sii te stesso e non agitarti troppo, se no rischi di rovinare il tuo piano perfetto.” Gli dissi mentre mi allontanavo dalla porta d’ingresso della sua casa. “Grazie. Appena riporto Jessica a casa ti mando un messaggio per farti sapere come è andata.” Mi fece un occhiolino. “Aspetterò ansiosa.” Gli dissi sorridendo quando ormai ero sul marciapiede, pronta per andare. Mi salutò con la mano e chiuse la porta. Cominciai a camminare, ma mi fermai poco dopo. Quella sarebbe stata una delle sere peggiori e più lunghe della mia vita. Ero sicura che l’avrei passata davanti alla tv, mangiando gelato e stringendo fra le braccia un cuscino per calmare la mia ansia e la mia agitazione. Ricominciai a camminare e a farmi un sacco di domande: come sarebbe andata la serata? Si sarebbero baciati? Gli avrebbe chiesto di uscire ancora? O forse gli avrebbe chiesto di essere di più? Avevo una confusione tale in testa che stavo sbagliando strada per andare a casa, feci qualche passo indietro e svoltai l’angolo invece di proseguire dritta come stavo facendo qualche secondo prima. Era già abbastanza buio fuori, nonostante fosse ancora presto. Fui a casa in dieci minuti, aprii la porta e entrai. Sentii subito lo sbalzo di temperatura rispetto all’esterno e fui felice di togliermi il cappotto e sentire il caldo sulla mia pelle. “Ciao mamma, sono arrivata.” Urlai quando entrai dalla porta e me la richiusi alle spalle. “Ciao tesoro, sto preparando la cena.” Mi disse dalla cucina. “Va bene. Cosa c’è di buono?” “Pasta al ragù.” “Fantastico, intanto vado a farmi la doccia, ok?” “Certo, tanto mancherà ancora parecchio prima che tuo padre torni dal lavoro.” “Ok a dopo.” Salii in fretta le scale e andai in camera, dove mi spogliai, mi misi l’accappatoio e andai in bagno. Aprii l’acqua della vasca e la feci scendere bollente fino a che non raggiunse poco più della metà. Tolsi l’accappatoio e m’immersi lentamente nell’acqua caldissima. Mi ci volle un po’ per abituarmi alla temperatura dell’acqua, che inizialmente sembrava scottare un po’. Mi rilassava moltissimo fare il bagno ed era uno dei momenti in cui pensavo a tutte le cose che mi erano successe durante la mattina. Nessuno mi disturbava e a volte mi piaceva anche accendere un po’ di musica. Di solito era così. Di solito il mio bagno serviva per ripensare e rilassarmi, ma non stavolta, ora volevo solo dimenticare, dimenticare anche solo per qualche minuto tutto quello che mi stava succedendo da cinque giorni a quella parte. Chiusi gli occhi e mi rilassai completamente: quella sarebbe stata una serata molto, molto lunga.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


HARRY La salutai con la mano e richiusi la porta dietro di me. Salii di nuovo in camera, presi l’accappatoio e preparai le cose per la doccia. Andai in bagno e poggiai i vestiti sporchi sul mobiletto bianco accanto alla porta. Aprii la doccia. Tolsi l’accappatoio e andai sotto l’acqua. Era molto calda ed era molto piacevole al contatto con la mia pelle. Mi lavai tutto il corpo e poi passai ai capelli. Quando ebbi finito restai ancora qualche minuto, pensando a come sarebbe andato l’appuntamento. Uscii e mi asciugai. Mi rimisi l’accappatoio e andai in camera per vestirmi. Misi i jeans grigi, la maglia di cotone e la giacca nera, proprio come mi aveva suggerito Emma. Mi sistemai con le mani i capelli, come facevo di solito e misi un po’ di profumo che mi aveva regalato mio padre per compleanno. Jessica abitava a qualche minuto da casa mia e se volevo arrivare in orario mi conveniva partire. Ripassai ancora una volta tutti i preparativi per l’appuntamento, presi le chiavi, il portafogli e andai. “Ciao mamma, io vado se no faccio tardi.” Mi avvicinai a lei e le diedi un bacio sulla guancia. “Ciao tesoro, comportati bene.” “Sempre le solite storie mamma. Sarò a casa per mezzanotte.” “Ok.” Mi disse sorridendo. Feci un respiro e scesi per andare in garage, presi la macchina e partii per andare a casa di Jessica. Quando bussai alla porta di casa sue venne ad aprire una signora non molto alta, con i capelli biondi e abbondantemente truccata:”Ciao, tu devi essere Harry.” “Si, sono io signora, buonasera.” “Buonasera caro, io sono Mary la mamma di Jessica, entra pure.” Aprì di più la porta e mi fece entrare. La casa era davvero accogliente e aveva un arredamento abbastanza moderno. Aspettammo davanti alle scale:”Sta per arrivare, era quasi pronta qualche minuto fa.” Mi disse molto gentilmente la madre. “Ah ok benissimo.” “Dove la porterai a cena?” mi sussurrò avvicinandosi per non farsi sentire dalla figlia. Mi abbassai un po’ per avvicinarmi al suo orecchio:”Sarà una cenetta molto romantica in un ristorante qui vicino.” “Mmh, hai buon gusto ragazzo.” Mi disse sua madre facendomi l’occhiolino. Era una donna molto simpatica e somigliava alla figlia, nonostante fosse molto truccata. Vidi Jessica scendere dalle scale, indossava un vestito molto carino e dei tacchi non molto alti: era davvero bella. “Sei bellissima.” Gli dissi mentre stava per scendere gli ultimi gradini. “Grazie.” Disse lei sorridendo timidamente. Salutammo la madre e andammo verso la mia macchina che era dall’altra parte del marciapiede. “Sono contento che tu abbia accettato di uscire con me.” Gli dissi mentre allacciammo la cintura. Mi sorrise di nuovo e si spostò i capelli dietro all’orecchio. “Allora.. ehm...dove mi porti?” disse evidentemente imbarazzata. “E’ una sorpresa, ma credo che ti piacerà.” “Mmh, solitamente mi piacciono le sorprese.” Parcheggiai in un posto non molto distante dal ristorante. “Chiudi gli occhi.” “Ok.” Chiuse gli occhi e le presi la mano. Lei si fece trascinare dalla mia guida. Mentre teneva ancora gli occhi chiusi disse:”Conosco questa parte della città..” “Beh allora dimmi se conosci questo ristorante.” Aprì gli occhi e li spalancò:”Davvero ceneremo qui questa sera?” disse facendo un grande sorriso. “Si, non ti piace?” “Certo che mi piace, è uno dei ristoranti migliori della città..” “Sapevo che Emma avrebbe azzeccato!” dissi sottovoce. “Emma è la ragazza che mi hai presentato a scuola vero?” “Si si è proprio lei, se ti piacerà tutto dovrai ringraziare anche lei, visto che mi ha dato una mano enorme.” “E’ stato carino da parte sua.” Disse sorridendo. Ricambiai il suo sorriso ed entrammo. Avevo scelto dei posti all’aperto molto carini e il cameriere li aveva apparecchiati proprio come avevo chiesto: qualche candela e un mazzo di fiori. “La vista è fantastica da qui.” Disse sorpresa avvicinandosi al balcone. “Allora ti piace?” “Tantissimo.” Esclamò girandosi verso di me e porgendomi un enorme sorriso. Tutto era perfetto e la serata trascorreva a meraviglia. Il cibo era stato fantastico e anche il posto a sedere era meglio di come me lo immaginavo. Erano circa le nove quando decidemmo di pagare il conto e andare. Ci alzammo e mentre lei era andata in bagno per sistemarsi io avevo pagato il conto. “Adesso dove mi porterai?” “E’ una sorpresa anche questa.” “Se è una sorpresa fantastica come questa, allora sarò ben felice di scoprirla.” Disse prendendomi la mano. La lasciai fare, ma non era come me lo sarei immaginato: pensavo che il cuore sarebbe cominciato a battermi forte, ma non successe. Non mi preoccupai più di tanto, anche perché la serata stava procedendo meglio di quanto avessi mai immaginato ed era Emma che dovevo ringraziare. Sorrisi a quel pensiero e ripensai alla giornata che avevamo trascorso insieme, quando la voce di Jessica interruppe i miei pensieri. “Perché sorridi?” “Stavo pensando, tutto qui.” le dissi mentre ancora mi teneva la mano. “Ti stai divertendo?” “La serata sta andando benissimo, meglio di quanto mi aspettassi.” Mentre dissi questo lei si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia e mi sorrise. Le sue labbra erano morbide al contatto con la mia pelle, proprio come quelle di Emma quando mi aveva dato un bacio per ringraziarmi di averla aiutata ad asciugarsi. “Siamo arrivati.” Dissi mentre davanti a noi si apriva il parco, che trasmetteva tranquillità e serenità illuminato da quelle splendide luci. “E’ molto romantico qui, mi piace. Ci sai fare con le sorprese.” mi disse stingendomi delicatamente la mano. “Sono contento che ti piaccia.” Gli dissi sorridendo. Camminammo un po’ per le vie del parco e poi decidemmo di sederci su una panchina al centro del parco dove c’era una bellissima fontana tutta illuminata. “Raccontami un po’ di te.” gli dissi. “E cosa vorresti sapere?” “Non lo so, qualcosa che ti riguarda, la tua musica preferita, com'è la tua famiglia; Io e te dobbiamo ancora conoscerci.” Cominciò a parlarmi di sé, della scuola, della sua famiglia e intanto faceva qualche domanda anche a me. Avevamo parecchie cose in comune ed era una ragazza veramente responsabile, intelligente e simpatica, proprio come mi avevano detto. Stavo bene con lei, ma la sensazione che mi mancasse qualcosa continuava a farsi sentire. Sapevo che quel qualcosa, o meglio quel qualcuno, che mi mancava era Emma, ma non potevo darci troppo peso, o avrei rovinato tutto. Quando entrambi ci fummo detti tutto il necessario per conoscerci, ci fu un attimo di silenzio, in cui entrambi, un po’ imbarazzati facemmo due sciocche risatine. Quando mi voltai per guardarla, i nostri visi cominciarono a farsi sempre più vicini e ormai i nostri nasi si toccavano. Chiusi improvvisamente gli occhi per baciarla, lei mi piaceva, aveva un carattere stupendo e in più era bellissima. Ormai l’avrei baciata, ma qualcosa me lo impedii:”I-Io non posso.” Dissi improvvisamente allontanandomi da lei. Ero così sorpreso da ciò che avevo appena fatto, perché mai mi sarei aspettato da parte mia una reazione tale. Baciare Jessica sarebbe stata la cosa che avrebbe reso il mio appuntamento perfetto. “Mi dispiace, sono io?” mi disse lei abbassando la testa. “Ehi, no, non pensarlo nemmeno, tu sei perfetta: sei simpatica, bellissima e intelligente, ma..” “Si tratta di lei vero?” mi disse alzando la testa e sorridendomi. La guardai con aria interrogativa:”Lei?” “Ti piace Emma vero?” “Come? Emma, no, beh, ehm, insomma noi siamo migliori amici ma niente di più.” Quella domanda mi aveva fatto sussultare, mi trovai così in difficoltà, nonostante la risposta fosse così semplice. “Hai mai pensato a voi due come qualcosa di più?” “Io... no, beh, in realtà mai..” “E lei cosa significa per te?” Sorrisi e abbassai la testa, mentre le parole uscivano dalla mia bocca come un fiume in piena:”Emma è tutto. Emma è la persona a cui voglio più bene in assoluto. Lei è fantastica: è intelligente, spiritosa, divertente, è una di quelle persone con cui ci passeresti una vita intera. Sa ascoltare, farti ridere, sa come tirarti su di morale anche se è la peggior giornata della tua vita. Io e lei siamo legati da così tanto tempo che nemmeno ricordo la prima volta che ci siamo incontrati, ha passato con me praticamente ogni giorno della mia vita. Con lei condivido i momenti più belli e anche i peggiori. C’è sempre stata e , nonostante io sia un ragazzo cocciuto e testardo, lei non ha mai cercato di cambiarmi in nessuna maniera, sa apprezzare ogni mio pregio e ancora di più ogni mio difetto. E’ la ragazza più dolce che io conosca, ha due occhioni e un sorriso stupendi e amo quando ride, soprattutto quando le faccio il solletico, dovresti sentirla, verrebbe da ridere anche a te. Beh, che dire, Emma è una parte di me, della mia vita.” “Sei pazzo di lei, possibile che non te ne sia mai accorto?” Possibile che non me ne fossi mai accorto? Era così? Amavo Emma? Era lei la ragazza perfetta che tanto aspettavo, lei, la mia migliore amica? Mi sfregai gli occhi con le mani e scossi la testa. “Mi dispiace, doveva essere tutto perfetto stasera e ho rovinato tutto, scusa.” “Io e te staremmo bene come amici, ma la ragazza giusta per te è Emma. Voi due siete fatti l’uno per l’altra: i vostri sguardi, le vostre risate, c’è qualcosa di magico fra voi due e me ne sono accorta dal primo momento che vi ho visti insieme. Non mi hai rovinato la serata, ma devi promettermi che le parlerai.” “Come? N-no io non posso... Rovinerei il nostro fantastico rapporto. E’ la prima volta in vita mia che mi sento così confuso e impreparato, solitamente so controllare le mie emozioni, ma non se si tratta di Emma. Mi sono cacciato in un bel pasticcio.” continuavo a sfregarmi gli occhi e a scuotere la testa. Era un’emozione indescrivibile quella che provavo per lei, anzi era un insieme di emozioni mai provato prima. Ripensai a tutti i momenti passati insieme e pensai a quanto ognuno di essi fosse speciale, per quanto potesse essere semplice e magari banale. Mi sentivo così perso, per tutto quel tempo avevo cercato l’anima gemella, senza nemmeno accorgermi che ce l’avevo accanto ogni giorno, ogni singolo momento. “In questo momento vorrei solo correre da lei e dirle tutto, tutto quello che ho detto a te ora, ma non posso.” “Perché non puoi?” “Perché non voglio perderla.”

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


HARRY “Sarà meglio che mi riporti a casa, perché stanotte dovrai stare sveglio a pensare alle cose da dire a Emma.” Disse in tono quasi serio. Ci avviammo verso la macchina, le aprii gentilmente la portiera: “Grazie.” Disse sorridendomi. “Figurati, questo è il minimo dopo questa sera.” Mi avviai verso l’altro lato della macchina e quando salii mi allacciai la cintura di sicurezza. Ci fu un attimo di silenzio che interruppi : “Non credo che glielo dirò.” ammisi. “E, ammesso che non glielo dirai, come farai con lei? Riuscirai ad essere lo stesso Harry di sempre senza far trasparire alcun sentimento? Ti posso assicurare che sarà difficile..” “Hai vissuto anche tu una situazione simile?” “Si, anche se non ero la diretta interessata, lo era la mia migliore amica. Lo dico perché vedevo quanto lei soffriva per il fatto che non potesse dire al suo amico ciò che provava.” “E poi come è finita?” “Che lui ancora non lo sa, ma per problemi in famiglia lei ora non vive più in città e non è più molto in contatto con lui, ma so che è molto pentita di non avergli confessato quello che provava prima di partire, me lo ripete sempre.” Disse mentre guardava con sguardo malinconico fuori dal finestrino dell’auto. Misi in moto l’auto e riaccompagnai Jessica a casa. La maggior parte del tempo l’avevo passato a scusarmi per ciò che era successo, ancora incredulo di tutto. “Ecco, siamo arrivati.” le dissi appena fermai la macchina proprio nello stesso posto dove l’avevo parcheggiata qualche ora prima quando ero venuto a prenderla. ”Ricorda quello che ti ho detto e fai quello che ritieni più giusto, ok?” mi disse sorridendo mentre si stava slacciando la cintura. “D’accordo. Grazie di tutto Jessica.” Dissi sorridendogli. Lei ricambiò il mio sorriso, scese dall’auto e, dopo aver attraversato la strada con una piccola corsa, aprì la porta, si voltò verso di me e mi salutò con la mano sorridendo, prima di entrare e chiudersi la porta alle spalle. Feci cadere la testa all’indietro contro l’appoggia testa del mio sedile e chiusi gli occhi per qualche secondo. Cosa avrei dovuto fare adesso? Cosa avrei detto a Emma quando il giorno dopo l’avrei guardata negli occhi? Alzai di colpo la testa quando mi venne in mente di averle promesso che le avrei mandato un messaggio appena fossi tornato a casa. Dovevo inventarmi qualche scusa: gli avrei detto che era troppo tardi e che non gli avevo scritto perché non volevo svegliarla; era banale, ma era l’unica cosa che mi era venuta in mente. Tornai a casa parcheggiai e entrai subito. Mia madre, come sospettavo, era ancora sveglia ad aspettare che tornassi. Erano le 23.30. “Cosa ci fai già a casa? Non dovevi tornare per mezzanotte?” Mi avvicinai al divano dove era seduta e mi lasciai cadere a qualche centimetro da lei sbuffando. “Harry..” “Eh?” risposi a occhi chiusi “Cosa è successo, è andato male l’appuntamento?” “Una cosa del genere.” “Vuoi raccontarmelo o vuoi stare qui a deprimerti con quell’espressione distrutta?” “E’ un po’.. imbarazzante ecco..” “Ma io sono tua madre, lo sai che puoi raccontarmi tutto.” Mi disse poggiandomi la mano sulla spalla. “Bhe.. io.. oddio, ma devo raccontartelo sul serio?” dissi imbarazzato. “No, solamente se vuoi.” “Io.. insomma, come dire..” feci un respiro profondo:”Stasera mi sono accorto che mi piace Emma, mi piace moltissimo e... non credo sia una semplice cotta, o meglio è stata Jessica ad accorgersene perché.. beh si insomma noi stavamo per baciarci e io mi sono allontanato... va beh non servono i dettagli.” “Lo sapevo già.” “Che cosa?” “Che eri innamorato di lei, caro. Una madre le capisce prima dei figli certe cose, ma non ti ho detto niente perché volevo che te ne accorgessi da solo.” “E da cosa lo hai capito scusa?” “Basta vedere la luce nei tuoi occhi quando la guardi, come ti senti dopo aver passato una giornata insieme a lei, il fatto che senti la sua mancanza quando se ne è appena andata, quanto sei dolce e protettivo con lei come non lo sei con nessun altro, il fatto che tu sia geloso..” Abbassai la testa e le parole di mia madre mi risuonarono nelle orecchie: era tutto così semplice, così evidente e quasi scontato che quasi non potevo credere di non essermene mai accorto prima. Forse era perché ero troppo preso a divertirmi, a volerle bene, a proteggerla, a volere sempre il meglio per lei che non mi ero accorto della cosa più plausibile: che l’amavo. “E adesso cosa dovrei fare?” dissi a mia madre. “Beh adesso devi decidere se dirglielo oppure no.” “E secondo te cosa sarebbe meglio?” “Non devo essere io a dirtelo o a condizionare la tua scelta, questa è una cosa importante e ora sei grande, devi decidere tu, è una cosa che riguarda soltanto te e Emma, nessun altro.” “Hai ragione. Grazie mamma, vado a dormire, ne ho bisogno.” Le dissi dandole un bacio sulla guancia. “Buonanotte.” Salii in camera, mi misi il pigiama e mi sdraiai sul letto. Ero così confuso. Tutto sembrava diverso da questa nuova prospettiva. Mi ci volle un po’ prima di addormentarmi, ma alla fine crollai mentre ancora pensavo ad Emma. EMMA Ero ancora sveglia ed era già mezzanotte passata. Avevo aspettato tutta sera quel suo maledetto messaggio che non era mai arrivato. Ormai sapevo che non mi avrebbe più scritto e non sapevo se prenderla come una cosa buona o meno. Pensai di tutto: che si erano messi insieme, che era andato tutto talmente bene che mi avrebbe raccontato il giorno successivo, che era andato malissimo o che lei lo avesse ferito dicendogli qualcosa di poco carino. Pensai anche alle cose più stupide o banali, pensai a tutto tranne all’ipotesi che magari se ne era semplicemente dimenticato. Era una cosa così stupida e quasi mi vergognavo di me stessa e del fatto che una sua semplice dimenticanza mi facesse così male. Stavo ancora guardando la tv, ma i miei occhi stavano per chiudersi da tanto che avevo sonno, così la spensi e mi misi a letto. Mi ci volle un po’ prima di addormentarmi, ma alla fine crollai mentre ancora pensavo ad Harry. La sveglia del cellulare, che avevo impostato prima di andare a letto, cominciò a suonare. Allungai il braccio e ancora mezza addormentata la spensi e guardai l’ora: le 10.30. Era domenica e di solito mi svegliavo più tardi, ma quel giorno dovevo andare a casa di Harry, quindi mi alzai e cominciai a prepararmi: mi feci la doccia, mi vestii e mi truccai un po’. Cominciai a spazzolarmi e ad asciugarmi i capelli ancora umidi dalla doccia. Ad un certo punto il telefono trillò avvisandomi del messaggio che mi era appena arrivato: era Harry. Lo aprii: Ehi dormigliona ti sei già svegliata? Sorrisi leggendo e risposi: Certo che si <3 Continuai a sistemarmi i capelli in attesa di una sua risposta che arrivò qualche secondo più tardi: -Buongiorno <3 Vieni a pranzo da me, ti va? -Buongiorno certo che vengo, sono da te fra mezz’ora :) - Perfetto :) Guardai fuori dalla finestra e anche se il tempo non era dei migliori, qualche raggio di sole riusciva ancora a sbucare dalle nubi grigie. Scesi di fretta le scale, rischiando anche di inciampare e quando arrivai in salotto i miei erano seduti sul divano, ancora entrambi in pigiama, con una tazza di caffè in mano, guardavano alla tv un programma di cucina. “Io pranzo da Harry oggi.” Dissi mentre mi dirigevo verso la cucina per fare colazione. “D’accordo, per che ora tornerai?” disse mi madre alzando leggermente la voce così che io potessi sentirla meglio. “Non lo so, perché?” “Perché io e tuo padre dobbiamo andare fuori per delle commissioni e non rientreremo prima di stasera dopo cena.” “Ok, mi adatterò, magari mi fermo a cena là, oppure faccio venire qui Harry..” “Va bene tesoro, fai come preferisci.” Presi una tazza di caffè e lo mescolai con un goccio di latte. Mi sedetti pensando a quello che avremmo fatto oggi io e Harry e a quello che mi avrebbe raccontato a proposito dell’appuntamento. Mi venne un nodo allo stomaco e non riuscii a finire il cappuccino e la brioche che avevo preparato per la colazione. Misi il piatto e la tazza sporchi che avevo usato nella lavastoviglie e poi salii in camera, mi diedi una sistemata prima di partire, presi la tracolla e ritornai giù. Non sapevo nemmeno io se ero pronta o meno a quello che Harry avrebbe potuto dirmi. Salutai i miei ancora sul divano e poi uscii di casa per andare da lui.

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Capitolo 14
*** Capitoli 14 ***


Arrivai dieci minuti dopo e feci un respiro profondo prima di bussare. Harry arrivò poco dopo ad aprirmi. “Ehi sei arrivata, dai entra che fa freddo qui fuori.” Disse sorridendomi. In realtà non faceva molto freddo e l’aria non tirava affatto, ma non feci caso alle sue parole e entrai volentieri. “Mia madre oggi non c’è, quindi ero a casa da solo e volevo che mi facessi un po’ di compagnia.” Disse facendo una faccia molto dolce e sorridendo. “Sono qui per te, babe.” Dissi ridendo. Lui accompagnò la mia risata mentre appendeva il mio cappotto. “Ehi.” dissi per richiamare la sua attenzione, mentre si stava allontanando dall’anticamera per andare in cucina. “Che c’è?” disse. Stavo guardando verso il basso non accorgendomi che lui si era fermato qualche metro davanti a me e stava aspettando una risposta. Mi schiantai senza volerlo contro il suo petto e quando alzai lo sguardo per scusarmi il suo volto era vicino al mio e i nostri occhi si incrociarono. Restammo in quella posizione per qualche secondo. Sentivo il suo sguardo profondo che cercava il mio e mi sorpresi di questa cosa nuova per me. Era un lato di Harry che non avevo mai visto: in quel momento i suoi occhi verdi e brillanti potevano trasmettermi ogni sua emozione, erano così dolci e allo stesso tempo sembravano perdersi nei miei. Ero quasi paralizzata, mi impediva ogni movimento, era come se mi obbligasse a sostenere il suo sguardo. Sapevo che erano passati solo pochi secondi, ma sembrava stata un’eternità quando il mio cappotto, che probabilmente Harry aveva appeso in malo modo, cadde dall’appendi-abiti e ci fece sussultare. “Sarà meglio raccogliere il mio cappotto.” Dissi facendo una stupida risatina. Si schiarì la voce:”Ehm, si sarà meglio, prima che si sporchi.” disse lui evidentemente imbarazzato. Evitammo di parlare di quello che era appena successo quando andammo in cucina per vedere cosa potevamo preparare per il pranzo. “Possiamo fare una pasta, oppure dei toast, oppure..” disse mentre, cercando, quasi si infilava completamente nell’armadietto della cucina. “Harry.” dissi mentre lui cercava ancora da mangiare. “Si.” disse tirando fuori la testa e sbattendola contro la parte superiore della piccola dispensa. La mia risata risuonò rumorosa, mentre lui rideva sommessamente e si sfiorava la botta. Avvicinai le mani alla bocca costringendomi a smettere di ridere, ma era più forte di me. Quando finalmente riuscii a smettere mi avvicinai a lui, che era seduto in terra vicino all’armadietto ancora spalancato, con un panno che avevo bagnato sotto l’acqua fresca del lavandino:”Tieni, mettiti questo, hai preso una bella botta eh.” Dissi ancora ridacchiando un po’. “Fa molto male?” Gli chiesi appoggiandogli l’asciugamano umido sulla testa. “No, ma è qui che mi sono fatto male.” Disse sorridendomi e appoggiando delicatamente la sua mano sulla mia e spostandola sul punto dolente. Stava ricapitando la stessa identica cosa di qualche attimo prima, ma anche stavolta non capivo bene cose stesse succedendo realmente; in quel momento mi preoccupavo solo della sua mano morbida che premeva delicatamente sulla mia e dei miei occhi che cercavano i suoi. Prima era stato davvero imbarazzante, quindi non volevo si ripetesse ancora e con una scusa banale mi alzai e andai a rimettere sotto l’acqua il panno. “Oggi ti va di fare i biscotti insieme?” disse Harry. “I biscotti? Ma io non sono capace.” dissi mentre chiudevo l’acqua del rubinetto. “Dai, mia madre ha la farina e tutti gli ingredienti necessari.” “E che ne sai quali sono gli ingredienti per fare i biscotti?” “Ho trovato il libro delle ricette di mia madre in fondo all’armadietto e c’è la ricetta per i biscotti al cioccolato.” Disse tirando fuori da dietro la schiena un piccolo quadernetto ad anelli rosso. “Fammi un po’ vedere.” dissi dimenticandomi completamente del panno e lasciandolo nel lavandino. “Non sono difficili da preparare.” Dissi dopo essermi riseduta accanto a lui, ancora a terra. “Allora? Che ne dici? Biscotti al cioccolato per merenda?” “Vada per i biscotti allora!” esclamai. Mi resi conto che mi ero scordata di chiedergli dell’appuntamento e notai anche che lui non me lo aveva affatto accennato. “Ma come è andato l’appuntamento con Jessica a proposito?” “E’ andato bene, ma non credo che usciremo ancora.” “Perché no?” dissi un po’ sorpresa. “Perché ci siamo accorti che io e lei siamo fatti per essere solo amici, ma niente di più, però è andato tutto bene, proprio come avevamo organizzato.” Disse porgendomi un grande sorriso. “E ora che farai?” “Beh non farò proprio niente.” Disse ridendo mentre si alzava da terra e poggiava tutto il peso sulle braccia tese sul bancone della cucina. “Mi dispiace Harry.” Gli dissi abbracciandolo di lato. “Credo sia meglio così, non sono dispiaciuto a dire la verità, io e Jessica non siamo fatti per stare insieme, ma solo per essere buoni amici. Per trovare la ragazza giusta credo ci vorrà ancora un po’. ” disse voltandosi verso di me e stringendomi leggermente. Chiusi gli occhi al suo dolce abbraccio e in parte fui contenta del fatto che loro due non si erano messi insieme e che nonostante questo Harry fosse felice lo stesso. “Dai prepariamo il pranzo che è quasi mezzogiorno.” Dissi facendogli una carezza sulla schiena e staccandomi leggermente dalla sua stretta. Preparammo una pasta veloce e mangiammo velocemente dato la fame che entrambi avevamo. Aiutai Harry a sparecchiare e mettemmo i piatti nella lavastoviglie che era quasi piena. “Cosa ti va di fare ora?” disse Harry che intanto era andato in salotto e si era sdraiato sul divano. “Non so, se vuoi possiamo dormire.” dissi ridendo mentre guardavo lui che intanto socchiudeva gli occhi. “Dai guardiamo un po’ di tv e poi facciamo i biscotti, perché ci mettono un po’ a cuocere.” “Ok, cosa guardiamo?” dissi mentre mi sedetti vicino a lui, che ora si era alzato e stava seduto con le gambe allungate sul tavolino davanti al divano. “Guardiamo i cartoni.” Disse facendo un enorme sorriso. “Dici sul serio?” dissi guardandolo con aria stranita. “Certo. Ti ricordi quanto ci divertivamo da piccoli quando guardavamo ‘Tom e Jerry’ insieme?” “Si, ridevamo sempre un sacco.” Dissi abbassando la testa e ridendo. “Era bello quando eravamo piccoli.” Disse lui in tono malinconico, smettendo di ridere. “Si, ci divertivamo sempre un sacco insieme ed eravamo presi solo da quello.” “A volte non ti capita di rivoler tornare bambina?” disse alzando la testa e guardandomi dritta negli occhi. “Si a volte ci penso. Sai, credo che quando eravamo piccoli fosse tutto più semplice, sono cambiate tante cose d’allora.” Naturalmente mi riferivo in parte a quello che sapevo di provare per lui, ma evidentemente lui non poteva capirlo. “Noi non siamo cambiati.” disse sorridendomi e prendendomi la mano. “No. Noi non siamo affatto cambiati.” strinsi delicatamente la sua. Sapevo che non era così, o per lo meno, non lo era per me.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Guardammo un po’ di cartoni animati e ridemmo come se avessimo di nuovo cinque anni. Mi tornavano alla mente tanti ricordi di quando eravamo solo dei bambini e sapevo che erano anche quelle memorie che mi avevano fatto diventare la ragazza che ero, perché lui era stato parte di me da sempre e in un modo o nell’altro, consapevolmente o meno, era anche grazie a lui se ero ciò che ero, se molte volte avevo intrapreso la strada giusta, se avevo fatto la scelta migliore e in un certo senso lo dovevo ringraziare molto per questo. Il tempo era passato così velocemente che non ci accorgemmo che si erano già fatte le due. “Cavolo sono già le due, dobbiamo fare i biscotti.” Disse Harry balzando in piedi e andando verso la cucina. “Gli ingredienti non scappano sai?” dissi ridendo riferendomi alla fretta con cui voleva cominciare. Mi alzai anche io e lo seguii. Quando arrivai in cucina Harry stava già rovistando dappertutto per prendere ciò che serviva. “Harry, qui dice che ci vogliono: farina, cacao in polvere, lievito in polvere, zucchero, cioccolato, burro e uova; sicuro di avere tutto?” “Sicuro!” disse voltandosi verso di me, mentre fra le braccia teneva tutti gli ingredienti necessari, tranne le uova:”Prendi le uova nel frigorifero.” Disse mentre a fatica teneva tutta la roba in mano, che qualche secondo dopo sarebbe caduta sul bancone della cucina. “Maledizione.” Lo sentii imprecare. Mi misi a ridere sommessamente mentre mi avvicinai con le uova e una bacinella dove mettere l’impasto. “Dai, passami la farina.” gli dissi intanto che lui cercava di riordinare il casino che aveva fatto. “Eccola.” Mi passò il sacchetto ancora chiuso. Quando lo aprii e vidi la leggera polvere bianca sporcarmi le dita non riuscì a non balenarmi in testa l’idea di sporcarlo con un po’ di farina. Era una cosa dispettosa da parte mia, ma non riuscii proprio a trattenermi, così misi entrambe le mani nel sacchetto e le sporcai per bene. Lui, intento a risistemare, non si accorse di niente finché non stampai dieci bianche dita sulle sue guance morbide. Contai fino a tre prima che il suo volto si alzò e mi fece un sorrisino: “Quindi è così: giochi sporco eh?!” disse come se volesse ripagarmi con la stessa arma e riempirmi di farina. “Beh evidentemente.” dissi sorridendo in tono di sfida e allontanandomi piano dal posto in cui ero, pronta per scappare. “Bene, vieni qui, brutta furbetta.” Disse cominciando a venire verso di me. Sapevo che l’avrebbe fatto, ma in fondo me l’ero anche cercata. Comincia a sgattaiolare fuori dalla cucina, convinta che anche lui avrebbe immerso le sue mani nel piccolo sacchetto blu, ma sorprendentemente non lo fece. “Harry che cavolo vuoi fare?” dissi correndo verso il salotto. “Lo hai voluto tu!” disse cominciando a venire verso di me, che urlando correvo per tutta la sala. Non ci volle molto prima che mi raggiungesse, mi prese la mano e mi tirò verso di sé. Non capivo cosa volesse fare:”Harry, che diavolo stai facendo?” dissi quando improvvisamente mi prese in braccio e appoggiò la mia pancia sulla sua spalla: ora avevo capito cosa voleva fare. “Sei un maledetto! No Harry, davvero, mettimi giù.” Urlai dandogli delle pacche sulla schiena. Lui intanto rideva fragorosamente mentre si dirigeva verso la porta-finestra del salotto che dava sul grande cortile sul retro. “Harry! Harry! Non lo starai mica per fare davvero? Harry, mettimi giù! Subito!” continuai ad urlare senza essere ascoltata minimamente. Ormai lo stava per fare, stava per buttarmi nelle piscina interrata che suo padre aveva fatto costruire qualche anno prima per le incessanti preghiere del figlio capriccioso. “Ma io ti sporco con un po’ di farina e tu mi butti nella piscina? Andiamo, so che non lo farai sul serio.” Dissi sapendo benissimo che l’avrebbe fatto. Prese i miei fianchi con le sue mani e allora cercai di aggrapparmi stretta al suo collo: se io fossi caduta allora voleva dire che lui sarebbe caduto con me. Emessi un gridolio che svanì nell’acqua fredda. Non capivo se Harry fosse caduto con me oppure no. Emersi dall’acqua per vedere la situazione. Mi misi a ridere fragorosamente quando vidi che anche lui era lì, a pochi metri da me. “Sei uno stronzo, però.” dissi mentre lui ridacchiava. “Parlò quella che per prima ha voluto stuzzicarmi.” “Mi prenderò una polmonite come minimo e poi guarda: mi è colato tutto il mascara.” Dissi cercando di sfregarmi gli occhi per pulirmi via il trucco. “Ne ho ancora?” “Si, nell’occhio destro, ma non molto. Aspetta, vengo ad aiutarti.” Disse avvicinandosi. “Non ci posso credere che tu l’abbia fatto davvero.” la mia voce cominciò a calare, fino a che non riuscii più a parlare, quando vidi il suo volto così vicino al mio. Tolse una mano dall’acqua e la posò sul mio viso per togliermi il mascara che mi era rimasto. Lo guardai attentamente, mentre facendo attenzione a non farmi male, premeva contro la parte finale del mio occhio per ripulirlo, mentre con l’altra mano mi teneva il collo da dietro, per non farmi indietreggiare. “Ecco, ora non sei più sporca.” Disse sorridendomi e guardandomi dolcemente negli occhi. “Grazie.” Balbettai, ma non a causa del freddo. Le sue mani ora mi tenevano i fianchi, per aiutarmi a stare a galla. Il silenzio era assoluto. Non c’eravamo mossi di un centimetro ed eravamo così vicini che quasi i nostri nasi si toccavano. Mi sarei dovuta allontanare, ma non volevo a dire la verità. Era così bello: i suoi occhi verdi e brillanti, le sue labbra rosse e morbide, i suoi lineamenti così fini e perfetti; mi toglieva il fiato stare così vicino a lui, non riuscivo a capire più niente, avevo dimenticato tutto il resto. Non mi importava dell’acqua fredda, del vento che continuava a soffiare e del fatto che qualche vicino avrebbe potuto vederci. Ero una ragazza che si faceva mille riguardi, per tutto, per non sembrare troppo maleducata, troppo eccessiva, troppo maldestra, non lo davo a vedere, ma mi importava molto quello che la gente pensava di me. Solitamente. Ma ora non me ne fregava proprio niente. E sentivo che questa cosa lui la condivideva con me, sembrava che anche lui per un momento si fosse dimenticato di tutto e di tutti ed ero in parte felice per questo, ma una parte di me voleva che lui si fosse allontanato e tutto sarebbe tornato come prima. C’era solo una cosa che volevo fare, solo una ed era solo a quello che pensavo: baciarlo. Avrei voluto così tanto dargli un bacio e adesso ne avevo l’occasione. Lo guardai, guardai le sue labbra ancora per qualche secondo e non potei evitare di chiudere gli occhi e appoggiare le mie labbra alle sue. Erano così morbide al contatto con le mie ed erano calde nonostante fossero bagnate e facesse un freddo. Il cuore mi batteva così tanto che sembrava volesse uscirmi dalla gabbia toracica e le sensazioni che stavo provando erano uniche, irripetibili. Era stato solo uno stupido bacio a stampo, che per chiunque sarebbe sembrato inutile o banale. Aprii gli occhi e mi accorsi che anche lui li avevi chiusi. Lo avevo fatto. Lo avevo fatto davvero. Avevo baciato il mio migliore amico. Mi sentivo così stupida, così sprovveduta; cosa sarebbe successo ora? Sarebbe cambiato tutto. Mi ero lasciata così trascinare da tutte quelle emozioni che non ero stata in grado di pensare a quello che questo bacio avrebbe potuto portare. “Mi dispiace.” Sussurrai quasi piangendo e allontanandomi da lui velocemente. Non riuscivo nemmeno più a guardarlo negli occhi. Corsi a fatica a causa dell’acqua, verso le scalette, salii ed entrai in casa. Ero fradicia e ora si che lo sentivo il freddo. Sentii Harry che uscì dall’acqua per seguirmi, ma non potevo girarmi. Ero così agitata che pensavo a tutto pur di non ricordare quello che era appena successo. “Cavolo sto bagnando dappertutto.” Continuavo a balbettare. Harry aprì la porta-finestra ed entrò:”Emma.” mi chiamò, ma io non gli prestavo ascolto:”Dove cavolo sono le mie chiavi?” cominciai a raccogliere tutto ciò che trovavo di mio nel salotto. “Emma.” ripeté. “Oh, ecco il cellulare. Guarda che casino.” “Emma, ti prego possiamo parlarne?” “Devo andare, mia madre mi aspetterà sicuramente a casa, non posso farla aspettare.” E continuai a farfugliare cose senza senso. Andai verso l’uscita e presi il cappotto, me lo infilai sui vestiti ancora fradici e aprii la porta per uscire, quando la mano forte di Harry mi prese il polso della mano sinistra. “Emma, ti prego, parliamone.” Disse avvicinandosi a me e guardandomi dritta negli occhi. Lo guardai a mia volta:”Devo andare.” Sussurrai con un filo di voce e sciolsi con l’altra mano la sua presa delicata. Uscii dalla porta e me la richiusi alle spalle. Feci in fretta i gradini e cominciai a camminare a passo veloce, per poi mettermi a correre verso casa.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Sapevo che lui aveva riaperto la porta e mi aveva guardata mentre mi allontanavo; avevo sentito il cigolio dello stipite e con la coda dell’occhio avevo visto la sua imponente figura ritta in piedi e volta verso di me. Quando arrivai a casa, dopo più di cinque minuti ininterrotti di corsa, i miei genitori erano già usciti per quelle commissioni di cui mi avevano avvisato la mattina stessa, prima che io partissi per andare da Harry. Aprii la porta e sentii il caldo invadermi. Salii di fretta in bagno e aprii l’acqua della vasca per farmi un bagno bollente. Tolsi i vestiti bagnati e li misi nel lavandino. Mi fiondai nell’acqua bollente ancora incredula di quello che avevo fatto poco prima. HARRY Se ne era andata. Aprii la porta per seguirla con lo sguardo. Correva ed era già abbastanza lontana. Rientrai in casa e mi sfregai gli occhi con le mani. Io e Emma ci eravamo appena baciati. Era stato fantastico. Non era la prima ragazza che baciavo, ma non mi ero mai sentito così con nessun' altra ed era bastato un semplice bacio, quel bacio che non avrei dimenticato, a farmi capire che era lei la ragazza giusta. Però se ne era andata. Sembrava così spaventata e imbarazzata e se non fosse stato per il suo comportamento forse sarei finalmente riuscito a dirle quello che provavo. Ero ancora fradicio e avevo freddo, ma me ne accorsi solo in quel momento. Quando ero in piscina, abbracciato a lei, non mi ero accorto di nulla perché per me in quel momento c’era solo Emma e nient’altro. Non mi ero accorto dell’acqua fredda e tanto meno del vento che soffiava. Ero così preso, ma allo stesso tempo così confuso. Cosa aveva voluto dire quel bacio? Che forse io e lei potevamo essere qualcosa di più? Tornai in cucina e mi ricordai improvvisamente che avrei dovuto risistemare tutto: avevamo cominciato a fare i biscotti ed era ancora tutto lì sul bancone della cucina. Decisi di andare a farmi una doccia calda e mettermi dei vestiti asciutti. Dopo circa venti minuti tornai giù, risistemai la cucina e il salotto che era pieno di impronte bagnate e di gocce. Cercavo in tutti i modi di distrarmi e anche pulire sembrava diventata una buona scusa, ma non facevo altro che pensare a lei, a quando l’avrei risentita, a quando saremmo tornati a parlarci. Presi il telefono che avevo appoggiato sul divano, composi il suo numero, che ormai sapevo a memoria e la chiamai. EMMA Ero in camera ed ero appena uscita dalla vasca, dopo un caldo bagno rilassante. Mi rivestii e misi il pigiama dato che non sarei andata da nessuna parte quella sera. Non riuscivo a pensare ad altro che al bacio che avevo dato a Harry e mi sentivo così stupida. Ormai sapevo di aver rovinato tutto, tutto ciò che c’era stato fra noi, nel giro di qualche secondo era stato spazzato via da quel bacio che gli avevo rubato. Il telefono cominciò a suonare, interrompendo i miei pensieri. Mi avvicinai al comodino, dove l’avevo appoggiato quando ero tornata a casa. Vidi comparire il suo nome sullo schermo. Non risposi. Cosa altro avrei potuto fare? Se avessi risposto, poi cosa gli avrei detto? Quindi decisi di lasciar perdere. Il cellulare continuò a suonare per tutto il giorno ed era sempre Harry che mi chiamava oppure mi mandava messaggi tipo: ‘dobbiamo parlare ’, ‘ho bisogno di parlare con te ’, ‘per favore richiama ’. Dopo qualche ora decisi di lasciare il cellulare in camera ed andare in salotto per guardare un po’ di tv e distrarmi. Non sopportavo il fatto che Harry chiamasse in continuazione, perché mi rendeva ancora più difficile non pensare a ciò che era successo fra noi. Guardai un film e quasi verso la fine arrivarono anche i miei genitori che si stupirono di rivedermi già a casa. Mi fecero una grande sorpresa perché con loro c’era mia sorella maggiore Janet. Lei frequentava l’università e di conseguenza non era mai a casa con noi, ma appena poteva tornava a trovarci. “Jani, che ci fai qui?” le dissi correndole incontro per abbracciarla. “Non sei felice di vedermi sorellina?” disse ridendo e abbracciandomi forte. “E’ stata una giornata pesante, sei la cosa migliore che mi sia capitata oggi.” Le sussurrai all’orecchio. “Tu mi devi raccontare un po’ di cose vero?” disse sorridendomi. “Si, direi parecchie.” “Oh, ehi ciao Emma.” Mi disse mio padre accarezzandomi la testa mentre ero ancora abbracciata a Janet. “Ciao papà? Siete già tornati?” “Si, ma ha chiamato Cal dal lavoro e dice che devo andare là per rivedere un progetto, quindi fra mezz’ora devo uscire di nuovo.” “Ma possibile che il tuo capo non ti lasci a casa nemmeno la domenica?” “Lo so tesoro, non dirlo a me. Ho provato a dirgli che avevo degli impegni, ma ha insistito tanto che avevo paura che se avessi rinunciato mi avrebbe licenziato in tronco.” Disse con aria stanca e sbuffando. “Ciao Emma, che ci fai già qui?” disse mia madre che era appena entrata con alcune borse. “Ho preferito venire a casa a mangiare.” Dissi senza guardarla negli occhi per paura che avrebbe potuto capire che non era quello il reale motivo. “Sarebbe la prima volta.” Disse mia madre ridendo. Mezz’ora dopo mio padre se ne andò al lavoro. “Ma tu cosa mi dovevi raccontare?” mi disse mia sorella a bassa voce. “Non qui, saliamo in camera, ti va?” “E me lo chiedi?” disse ridendo. “Mamma noi siamo in camera.” Dissi a mia madre che era di là a preparare la cena. “Dai sono curiosissima, cosa è successo? Qualcosa di bello o brutto?” mi chiese Jani ansiosa. Ci sedemmo entrambe sul mio letto e cominciammo a parlare. Abbassai la testa. “Non so.” “Come non lo sai?” disse lei sorridendo. “Beh è complicato da dire e oltre tutto mi vergogno anche.” “Ti vergogni di me? Dai racconta, mi hai sempre raccontato tutto, che problema c’è adesso?” “Lo so, ma ora è diverso; si tratta di Harry.” “Ti piace, vero?” mi disse sorridendo. “Si, ma non è solo questo e poi ad essere sincera non credo che piacere sia il termine esatto, insomma a me lui non piace e basta. So che può sembrare stupido perché ho solo 16 anni e sono forse piccola per te, ma io provo per lui qualcosa di così speciale che non riesco a descrivere.” “Ti sei innamorata, la mia piccola sorellina si è innamorata.” Disse avvicinandosi a me e abbracciandomi. “E sei triste perché ti sei innamorata di Harry? Lui è un bellissimo ragazzo, è gentile, intelligente, che c’è di male?” “C’è di male che lui è il mio migliore amico. Sai quanto io e lui siamo legati e ad essere sincera è stato un brutto colpo per me venire a sapere quello che provavo veramente per lui.” “Ma come è successo? Come te ne sei accorta?” disse avvicinandosi di più, incuriosita. Le raccontai tutto fin dall’inizio: le raccontai di come l’avevo scoperto, di Jessica, dell’appuntamento, dei giorni passati insieme dopo aver scoperto di essere innamorata di lui e poi mi interruppi. “E poi cosa? Cosa è successo oggi?” “Oggi sono andata da lui perché in teoria doveva dirmi come era andato l’appuntamento con Jessica. Sono andata a pranzo da lui e gli è venuta la bella idea di fare i biscotti.” “Continua, continua!” “Abbiamo cominciato a fare i biscotti e io l’ho sporcato di farina sulla faccia, allora lui mi ha presa in braccio e mi ha buttato in piscina.” “Cosa? Ti ha buttato in piscina? Non ricredo!” disse Janet balzando in piedi e ridendo. “Eravamo in piscina e io.. I-io l’ho.. insomma io l’ho baciato.” Dissi abbassando la testa. “Lo hai baciato? Sul serio?” disse avvicinandosi a me. Annuii con la testa:”Sono così pentita di quello che ho fatto, ho rovinato tutto.” E non riuscendo a trattenere le lacrime scoppiai a piangere. Janet, che non si aspettava una reazione simile, mi abbracciò forte. “Allora ti piace davvero come dici.” “E’ stato bellissimo baciarlo, insomma era tutto ciò che volevo, ma ho paura delle conseguenze.” “Quello che succederà in futuro non si può mai sapere, la vita è piena di sorprese, di cose che nemmeno ci aspettiamo, se c’è una cosa che la vita e l’esperienze che ho fatto mi hanno insegnato è proprio questa.” Fu proprio in quel momento che arrivò l’ennesima chiamata di Harry. “Non rispondi?” mi chiese Janet. “No. Non ho ancora risposto oggi, sarà la ventesima chiamata che fa e non per modo di dire. Non saprei cosa dirgli, come comportarmi.” “Come vuoi, devi sentirti pronta tu, ma ricordati di non preoccuparti per quello che succederà in futuro...” “...Perché potrebbe riservarti delle sorprese.” Conclusi la sua frase alzando gli occhi al cielo. Andammo giù da mia madre che ci chiamò per avvisarci che la cena era pronta. Mangiammo tutte e tre insieme. Era da tanto che non lo facevamo. A volte mi mancava molto Janet, eravamo sempre state sorelle molto unite e quando parlavo con lei mi faceva sentire sempre bene in qualche modo. Era come un’amica per me, perché potevo contare su di lei per qualsiasi cosa e forse era anche per questo che le volevo così bene. Non restò ancora per molto dopo cena e ci salutò con un grande abbraccio: “Vi voglio bene. Tornerò appena posso, promesso.” L'accompagnai alla porta:”Ciao Jani, mi mancherai tanto lo sai?” dissi stringendola forte consapevole che sarebbe passato un po’ prima di rivederla. “Anche tu mi mancherai, promettimi che mi chiamerai per farmi sapere come andrà a finire questa storia ok?” “Promesso.” Le diedi un bacio sulla guancia e la seguii con lo sguardo mentre si dirigeva verso la sua auto blu. La salutai per l’ultima volta con la mano e poi rientrai in casa chiudendomi la porta alle spalle. Restai ancora un po’ in salotto con mia madre a parlare e poi entrambe andammo a dormire esauste.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Erano le 7:00 di mattina quando la sveglia prese a suonare. Aprii a fatica gli occhi e allungai il braccio per spegnerla. Mi alzai e guardai il telefono, c’era un messaggio di Harry: Vieni a scuola con me stamattina? :) Non sapevo cosa rispondere, non volevo andare a scuola con lui, ma non sapevo come dirglielo per non offenderlo o ferirlo. Schiacciai il tasto ‘risposta’ e digitai: Credo che per stamattina andrò con mia madre, grazie lo stesso. Ci vediamo là! Sicuramente non gli avrebbe fatto piacere: mi aveva chiamato e massaggiato per tutto il giorno ieri e per la prima volta da quando andavamo a scuola mi ero rifiutata d’andarci con lui. Le cose andavano di male in peggio. Andai a scuola e per paura di incontrarlo non pranzai quel giorno, mi incamminai verso casa subito dopo il suono della campanella, senza nemmeno fermarmi a parlare con le mie amiche e quasi correvo sulla strada del ritorno. Tirai finalmente un respiro di sollievo quando mi chiusi la porta alle spalle. Mi mancava così tanto, anche se non era passato nemmeno un giorno. “Ciao mamma sono a casa.” Dissi aprendo con le chiavi la porta, ma nessuno rispose. Andai in cucina e trovai un bigliettino con scritto che era uscita e che avrei dovuto richiamarla quando sarei arrivata a casa. Così presi dallo zaino il telefono e la chiamai: “Ciao mamma, ho trovato i biglietto, è successo qualcosa?” “Ah ciao tesoro, no tranquilla non è successo niente, volevo solo avvisarti che oggi pomeriggio tornerò un po’ più tardi perché devo andare a fare una visita.” “Ok, va bene. Io verso le 18:00 esco con Clara, Summer e Sarah, andiamo a mangiare una pizza tutte insieme e poi a fare un giro, non sarò a casa tardi.” “Non ti preoccupare, per quell’ora sarò già ritornata.” “Va bene, a dopo allora.” “Ok, a dopo.” Era così vuoto il mio pomeriggio senza di lui, senza le sue risate, le sue battute. Mi sentivo sola e anche triste. Passai tutto il giorno a fare i compiti e verso le 17:30 salii a farmi la doccia e a preparami per uscire. Mia mamma arrivò mentre mi stavo preparando. Indossai dei jeans stretti, una maglia bordeaux e un cardigan che mi aveva regalato mia madre il giorno prima. Indossai le mie converse blu, mi truccai leggermente e quando mi arrivò il messaggio di Clara fui pronta per uscire, loro mi avrebbero aspettato a casa di Summer che distava pochi minuti dalla mia. Presi la borsa e misi il cappotto, salutai mia madre e poi uscii. Fuori era già abbastanza buio, nonostante fossero soltanto le 18:30. Chiusi la porta a chiave e mentre ero ancora girata sentii una voce che riconobbi subito: “Sapevo che saresti uscita adesso, è stata Sarah a dirmelo.” “Harry che cosa fai qui?” dissi mentre mi voltavo. “Ma che diavolo!? Sul serio, Emma? Sul serio me lo stai chiedendo? Ho passato tutto il giorno ieri a chiamarti e mandarti messaggi e non ti sei degnata di rispondermi nemmeno una volta, nemmeno a una stupida chiamata e ora mi chiedi cosa ci faccio qui? E’ incredibile. Sei incredibile, davvero.” disse mettendosi le mani fra i capelli e sbuffando. “Harry, per favore devo andare, non rovinarmi la serata.” Dissi andando verso di lui che era a qualche metro di distanza dagli scalini. “Bene, è così: io ti rovino le serate adesso, fantastico!” ride nervoso. “Harry, ti prego, non fare il melodrammatico.” “Non ci posso credere che tu lo stia dicendo davvero.” disse continuando a sbuffare e a tirare nervosamente ogni sassolino che gli capitava a tiro. “Perché non puoi capirmi, Harry, perché? Ti ho baciato ok, hai idea di come io mi sia sentita? Hai idea dell’imbarazzo? Avevo paura Harry, ho paura che quel bacio rovini tutto fra di noi e questo mi distrugge. Posso sopportare tutto, ma non di perderti. Sei la cosa più importante di tutte per me e se non lo vuoi capire è meglio che vada.” Dissi con la voce quasi rotta dalle lacrime che cercavo di trattenere. Lo sorpassai e sfiorai con la mia spalle il suo braccio. “N-non andartene. Ti prego.” Disse prendendomi la mano. Lasciai la sua presa per andare via e mi allontanai. “Perché non hai ascoltato quello che avevo da dirti? Perché fai sempre di testa tua?” allargò le braccia e si avvicinò di qualche passo. “Cosa dovrei ascoltare? Tu che mi accusi come stai facendo da dieci minuti a questa parte?” dissi voltandomi verso di lui per poi proseguire per la mia strada. “Ti amo, Emma.” La borsa che avevo in mano mi cadde a terra. Sentii le gambe che cominciarono a tremare e non riuscivo quasi a reggermi in piedi. Lo aveva detto, aveva detto che mi amava. Non poteva essere vero, ma allo stesso tempo non potevo aver frainteso le sue parole. “Ti prego non andare.” Sentii che si stava avvicinando a me. Ormai era molto vicino, tanto che potevo sentire il suo respiro caldo sul mio collo. “Lo hai detto sul serio? Hai detto davvero che mi ami?” dissi quasi piangendo. Mi prese delicatamente i fianchi e mi fece girare verso di lui in modo che potei guardarlo negli occhi:”Era questo che volevo dirti. Se tu non fossi andata via ieri, se solo mi avessi ascoltato, se solo ti fossi fermata un secondo...” “Non importa, ho capito.” Infilai le mie dite fra i suoi riccioli e abbassai la sua testa per avvicinare il suo viso al mio e lui mi lasciò fare. Mi prese i fianchi e mi avvicinò a sé. Stavolta fu lui a baciarmi e io mi abbandonai completamente a quel vortice d’emozioni che mi stava portando via. Non era un semplice bacio come quello del giorno prima, questo era passionale, dolce, unico. Sentii le lacrime di gioia rigarmi il viso mentre le mie mani accarezzavano i suoi capelli morbidi. Avevo sempre pensato che la cosa più straordinaria che ci potesse essere fosse stato volare, ma era evidente che non sapevo cosa volesse dire baciare la persona che si ama.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Staccai le mie labbra dalle sue, morbidissime, sorrisi:”Ti ci è voluto parecchio.” “Ma ne è valsa la pena.” “Direi che ne è valsa la pena.” Dissi ridacchiando. Mi prese per mano, intrecciando le sue dita con le mie. Lo guardai negli occhi e sorrisi, era tutto nuovo per me e forse anche un po’ imbarazzante. Arrossii. “Non vuoi che ti tenga per mano?” disse con tono triste. “Come? Certo che voglio, solo che è tutto nuovo per me.” Strinsi leggermente la sua mano e gli diedi un bacio sulla guancia. Sorrise e mi scompigliò i capelli. Mi faceva piacere sapere che comunque fra di noi non era cambiato niente, sapevo che se anche ora eravamo qualcosa di più, saremmo stati l’Harry e l’Emma di sempre. “Ti accompagno io dalle ragazze.” “No, questa sera la passo assolutamente con te, con loro andrò un’altra volta. Vedrai che capiranno.” Mi abbracciò da dietro e mi diede qualche bacio sul collo:”Quindi sarai solo mia stasera?” “Solo tua.” Dissi accarezzando la sua guancia morbida. Salimmo in macchina e mi misi la cintura. “Potresti solo portarmi davanti alla casa di Summer, che così le avviso che per stasera non andrò con loro.” “Dirai alle ragazze di noi?” “Mi farebbe piacere, ma se preferisci aspettare, non glielo dico.” “No, devi dirglielo, tutti devono sapere che sei solo mia adesso.” Disse ridendo e lasciandomi un bacio leggero sulle labbra. Sorrisi e strinsi la su mano poggiata sul sedile in parte alla mia coscia. Ci tenemmo poco ad arrivare a casa di Summer. Harry parcheggiò la macchina poco di fronte e loro tre, che stavano nel giardino e riconobbero la macchina di Harry, cominciarono a salutare nella nostra direzione. “Arrivo subito.” Dissi slacciando la cintura e aprendo la portiera. “Fai pure con calma, ti farebbe niente se nel frattempo vado al distributore qui vicino e faccio benzina? Ci terrò un attimo.” “Certo, tanto vedrai che quando torni sarò ancora lì a parlare.” Dissi sorridendo mentre mi allontanavo. “Ci vediamo fra poco.” Disse facendomi l’occhiolino, che ricambiai con un sorriso. “Finalmente sei arrivata.” Urlarono quasi in coro tutte e tre, mettendosi a ridere. “Ciao ragazze.” dissi un po’ titubante, mentre già pensavo a come avrei dovuto dar loro la nuova notizia. “E’ successo qualcosa?” disse Sarah, cogliendo in me un velo di incertezza ed imbarazzo. “Si, dovrei raccontarvi una cosa.” dissi mordendomi il labbro e abbassando la testa. Tutte e tre balzarono in piedi dal divanetto di vimini che c’era in terrazza e si avvicinarono incuriosite e un migliaio di ‘ cosa è successo ’ uscirono dalle loro bocche e mi trapanarono la testa. “Ragazze con calma, non agitatevi, io già lo sono abbastanza.” Dissi ridendo. Tornarono subito ai loro posti, uguali a quelli di prima. “Noi ce ne staremo qui sedute e buone, purché tu ci racconti tutto.” Disse Clara ansiosa di sapere la storia. “Esatto.” Esclamarono in coro le altre due. “Si tratta di Harry. Sapete che vi avevo raccontato che avevamo litigato a causa di quel bacio?” Annuirono con la testa. “Sarah gli ha detto che stasera noi dovevamo incontrarci e lui mi ha aspettato fuori casa, finché non sono uscita, per parlare con me. E abbiamo litigato di nuovo.” “Mi dispiace, non avrei dovuto dirglielo, però ora avete fatto pace giusto? Vedo che ti ha accompagnata lui in macchina.” disse Sarah sentendosi un po’ in colpa. “Si, certo abbiamo fatto pace, ma non è stato un vero e proprio litigio, ma comunque non è questo il punto. Io e lui... Ehm... Come ve lo dico?” “Giuracelo?” dissero tutte e tre balzando in piedi e sorridendo. Si avvicinarono a me:”Voi, insomma, voi vi siete messi insieme?” Disse Summer con voce stridula saltellando. “Si, non so cosa siamo, ma lui mi ha detto che mi ama e ci siamo baciati.” dissi arrossendo, mentre ridevo e abbassavo la testa. Tre urli uscirono dalle loro bocche spalancate e incredule. Mi abbracciarono, mentre io ridevo a crepapelle. “Tu, tu e Harry? Ma questa è una cosa fantastica.” “E’ magnifico. Lo sapevo che voi due vi sareste messi insieme prima o poi e io non sbaglio mai.” “E adesso? Adesso che farete?” Mi fecero un sacco di domande e restammo lì a parlare ancora, mentre Harry era già arrivato da un paio di minuti. “Fallo venire qui, non te lo rubiamo mica, è bellissimo..” “Vacci piano con le parole.” Dissi un po’ infastidita. “..ma ora è tuo. E fammi almeno finire la frase.” Disse abbracciandomi Summer. L’abbracciai anche io e mi misi a ridere. Feci una corsa verso la macchina mentre dietro di me sentivo ancora i gridolii di stupore e gioia delle mie amiche. “Le ragazze vogliono salutarti.” Dissi a Harry, che vedendomi avvicinare abbassò il finestrino. “Come l’hanno presa?” “Le senti?” disse riferendomi ai loro versetti sommessi, che comunque riuscivano a sentirsi da lì. Si mise a ridere mentre scendeva dalla macchina. “Ti sei cambiato?” Dissi notando l’abbigliamento diverso e più elegante. “Si, ho fatto un salto a casa. Come sto?” “Mah, direi che mi piaci un sacco.” Sorrisi. Mi diede un bacio sulla fronte e avvolse delicatamente il suo braccio attorno alla mia vita. “Ciao ragazze.” Disse Harry amichevolmente. “Ciao.” Salutarono loro, mentre si davano delle piccole gomitate e ridacchiavano. Harry, che era dietro di me, sommerse il viso nei miei capelli, all’altezza del collo, coprendo le risate, divertito dal comportamento un po’ infantile delle ragazze. “Io stasera starò con Harry, per questa volta passo dai, però prometto che ci rincontriamo di nuovo al più presto.” “Non ti preoccupare, passate una bella serata.” Mi disse Clara e tutte si avvicinarono per abbracciarmi. Harry si allontanò di qualche passo, le abbracciai:”Grazie ragazze, siete le migliori.” Salimmo in macchina e Harry mise in moto. Si stava dirigendo verso la città, non avevo la minima idea di dove volesse portarmi:”Harry dove stiamo andando?” dissi in tono interrogativo. “In un posto speciale.” “Dai, dimmi dove.” “Ricordi quando mi avevi detto che sarebbe stato fantastico per te vedere la città illuminata di notte?” “Si, mi ricordo, quella sera eravamo nel tuo giardino e c’erano un sacco di stelle, mi ricordavano tanto le luci della città.” “Si, avevi detto che non avevi mai visto la città dall’alto tutta illuminata.” “E’ vero, mi piacerebbe tanto, ma questo cosa c’entra?” “Beh perché è lì che stiamo andando: verso la città illuminata.” “Harry sicuro di star bene?” “Mai stato meglio.” Disse guardandomi e sorridendomi.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Ormai eravamo in pieno centro e qui si che c’era vita: un sacco di gente a piedi, locali e ristoranti ancora aperti, si sentiva la vita nell’aria, la potevi respirare. Abbassai il finestrino. Si sentivano tanti odori diversi, tanti rumori: le musiche alte dei locali, il rumore dei clacson, tanti taxi gialli che giravano carichi di gente. Harry si fermò improvvisamente e parcheggiò la macchina quasi di fronte all’entrata di un grattacielo. “Sei pronta?” “Si, ma pronta a fare che?” Non mi rispose, si slacciò la cintura e venne ad aprirmi la portiera, mi tese la mano per aiutarmi a scendere. “Per vedere la città.” Disse e con il dito indicò il punto più alto del grattacielo. “Cosa? Dici sul serio?” misi le mani davanti alla bocca spalancata per lo stupore. Gli saltai al collo abbracciandolo. “Mi ci hai portato sul serio.” Si mise a ridere:”Vogliamo andare?” “Ma come facciamo ad entrare? Non possiamo se non viviamo qui.” “Ma avanti, che ti importa, non stiamo mica commettendo un crimine.” Mi prese per mano e mi trascinò verso l’entrata. Non mi sembrava la cosa più giusta da fare, ma come potevo dirgli di no. Lo seguii, mentre si dirigeva sicuro verso l’ascensore, quando un uomo in divisa, probabilmente il portinaio, ci fermò:”Ehi ragazzi dove state andando?” “Te lo avevo detto che non si poteva.” Dissi ad Harry a bassa voce. “Aspetta ci parlo io.” Disse dirigendosi verso l’uomo. Lo sentii parlare, ma di tutto il discorso capii solo la frase ‘avanti signore, lo sto facendo per la mia ragazza ’ avevo sorriso quando aveva pronunciato quella frase: ora ero la sua ragazza, lo ero davvero e lui era il mio ragazzo, ci appartenevamo ed era quello che avevo sempre desiderato. La grossa e cupa voce dell’uomo interruppe improvvisamente i miei pensieri:”Mi dispiace, non posso farvi salire ragazzo. E se vi dovesse succedere qualcosa? Sarei io che andrei nei casini.”e poi bla bla bla. Non capivo niente di quello che diceva, ma capivo che Harry stava cominciando ad innervosirsi a giudicare da come fremeva nonostante fosse fermo sul posto. Mi avvicinai:”Dai Harry andiamo, non fa niente è il pensiero che conta.” Dissi sorridendo. “Ma io ti ci volevo portare. Aspetti da sempre questo momento.” Disse abbracciandomi e mi diede un leggero bacio sulla fronte. “Non fa niente, possiamo andare anche da un’altra parte, ok?” “Si, tanto è inutile star qui a discutere.” Disse tirando un’occhiataccia al signore in divisa blu. Ci allontanammo per recarci verso l’uscita, quando l’uomo ci fermò:”Ehm ragazzi, beh ecco forse potrei fare un’eccezione.” il volto di Harry si illuminò in un sorriso:”Grazie, grazie davvero.” Disse Harry continuando a sorridere. “Però state attenti e non combinate casini.” “Sicuramente signore, certo, non si preoccupi.” Continuai io. Salimmo sull’ascensore e schiacciammo l’ultimo tasto che portava sul punto più alto. “Lo stiamo facendo davvero?” dissi sorridendo euforicamente. “Sarà bello lassù, non credi?” “Bello? Sarà magnifico. Grazie Harry.” Lo baciai dolcemente, avvolgendo le mie braccia attorno al suo collo e lui mi strinse a sé cingendomi i fianchi con le mani. L’ascensore si aprì, interrompendoci. “Dai andiamo.” Dissi tirandolo per la mano. “Ehi, calma piccolina.” Disse senza però opporre forza e ridendo sommessamente. Dire che la vista era magnifica sarebbe stato davvero riduttivo: era stupenda, da togliere il fiato, si vedeva tutta la città, il cielo era sereno e le stelle e la luna si vedevano benissimo. Era il posto più romantico che io avessi mai visto. Strinsi la sua mano. “Ti piace?” “Sono qui col ragazzo che amo, una vista a dir poco meravigliosa e poi guarda che stelle, guarda che luna, cosa potrei voler di più?” “Un bacio?” disse lui ridendo. “Mmh...Non so se voglio baciarti ora come ora, però credo che sì, potrei anche decidere di farlo.” “Non potevi baciarmi e basta?” mi prese in braccio e mi baciò. Mi perdevo quando lui mi baciava, non capivo più niente, ero totalmente presa dalle sue labbra che premevano contro le mie e non potevo, non riuscivo a pensare ad altro. Mi fece sedere sul bordo del grattacielo. Sussultai per un attimo quando mi resi effettivamente conto di dove mi trovavo e mi aggrappai al suo collo. “Non ti faccio mica cadere.” Disse allontanandosi e ridendo, per poi riprendere a baciarmi di nuovo. Ero seduta a chissà quanti metri d’altezza, sul bordo di un grattacielo di cento piani e non me ne importava niente, assolutamente niente, perché ero lì con lui, fra le sue braccia e nient’altro importava. Mi allontanai leggermente, mentre lui continuava ad avvicinarsi al mio volto per baciarmi ancora. Lo abbracciai e affondai il mio viso fra i suoi capelli, dandogli qualche bacio leggero sul collo. “Ti amo.” Gli sussurrai nell’orecchio. “Ti amo.” Ripeté dolce dopo di me, accarezzandomi i capelli. Restammo abbracciati per lungo tempo, in silenzio. Era così bello stare fra le sue braccia, annusare il suo profumo, giocherellare coi suoi morbidi capelli ricci. “Allora ti è piaciuto qui?” “Moltissimo.” Dissi sorridendo e lasciandogli un leggero bacio sulla guancia. “Stai da me stanotte? I miei non ci sono, fammi compagnia.” Si staccò leggermente dalla mia presa e mi guardò negli occhi. “Non credo che ai nostri genitori farebbe piacere sapere che io e te dormiremo insieme, ora che siamo...” non finii la frase, perché in realtà non sapevo bene cosa eravamo veramente adesso, ma ci pensò lui a concluderla:”...fidanzati.” “Fidanzati.” Ripetei emozionata e sorridente al solo pensiero. “Ma loro non lo sanno ancora, insomma, loro non sanno che stiamo insieme.” Mi prese delicatamente i fianchi e mi fece scendere dal bordo. “Si, però non so, non mi sembra giusto da parte nostra.” “E se io dormissi sul divano e tu sul mio letto?” Disse facendo gli occhi dolci. Riusciva sempre a convincermi in un modo o nell’altro, soprattutto quando faceva quegli occhioni. “Va bene. Poi me lo insegnerai come riesci sempre a convincermi con un solo sguardo.” Sorrisi toccandogli con l’indice la punta del naso. Guardai l’orologio ed era già mezzanotte passata. Ero molto stanca, la mattina c’era stata la scuola e quella notte non avevo dormito molto a causa del litigio con Harry. “Dai andiamo a casa.” Disse Harry vedendomi sbadigliare. “Andiamo.” Allungai le braccia per sgranchirmi e avvolgendole poi intorno al suo collo. “Vieni principessa.” Disse prendendomi in braccio come una sposa. Mi misi a ridere, ma lo lasciai fare, per poi accoccolarmi appoggiando la testa sulla sua spalla. Era così dolce e romantico, mi faceva sentire bella e speciale. Non avevo una grande autostima in genere, ma con lui mi sentivo bellissima, quasi perfetta. Ero la suo principessa. Entrammo in ascensore:”Chiamo mia mamma e le dico che sto da te a dormire.” Harry mi diede un bacio sulla fronte e mi fece scendere delicatamente dalle sue braccia. Presi il cellulare, composi il numero e aspettai che qualcuno rispondesse, ma nessuno lo fece. “Ti va di passare a casa, non mi risponde nessuno al telefono.” “Certo e poi tanto dovevamo comunque passare da lì per tornare a casa.” L’ascensore si aprì e ci prendemmo per mano mentre ci dirigevamo verso l’uscita. “Grazie mille signore.” Disse Harry all’uomo in divisa, che ci fece un occhiolino e sorrise.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Arrivammo davanti a casa:”Torno subito.” Dissi mentre mi slacciavo la cintura. Scesi, chiusi la portiera e attraversai in fretta la strada. Aprii la porta con le chiavi, che avevo sempre con me. “Sono io.” Dissi ad alta voce per farmi sentire dai miei, che a giudicare dalla tele ancora accesa erano sicuramente il salotto. “Ciao Emma.” Disse mia madre sorridendomi. “Ciao. Io stasera vado da Harry a dormire, i suoi non ci sono e mi ha chiesto di fargli compagnia.” “E come farai domani con la scuola?” “Mamma domani non c’è scuola, c’è quella assemblea dei professori, una cosa del genere. Te ne avevo parlato, non ricordi?” dissi mentre raccoglievo in fretta le cose necessarie da portare con me. “Ah già è vero. Allora va bene, ci vediamo domani.” “Ciao, vi voglio bene.” Andai verso il divano e mi chinai verso di loro per dargli un bacio. “Cos'è questo profumo?” disse mio padre. Abbassai la testa per non far vedere che stavo arrossendo. Sicuramente era il profumo che Harry aveva al collo e stando appoggiata a lui me ne ero presa un po’. “Ehm non so, sarà il profumo che c’è nella macchina di Harry.” Dissi imbarazzata. “Ora scappo, che è già tardi.” Tagliai corto e andai verso la porta che richiusi dietro di me dopo aver urlato:”Ci vediamo domani, buonanotte.” “Hai preso tutto?” disse Harry quando risalii in macchina. “Si: la borsa, lo spazzolino e...” ricordai che nella fretta non ero salita in camera a prendere il pigiama: “Cavolo, ho scordato il pigiama.” Dissi alzando gli occhi al cielo. “Ti presterò il mio, come l’altra volta. Sai, eri molto sexy con il mio pigiama.” Disse guardandomi con un sorriso malizioso, per poi mettersi a ridere. “Piantala scemo.” Dissi dandogli una piccola pacca sul braccio. “Dico sul serio.” Mi sollevai dal sedile per dargli un bacio sulla guancia, ma lui mi anticipò voltando la testa e porgendomi le labbra. Stemmo un po’ a giocherellare, mentre lui rubava baci dalle mie labbra. “Dai andiamo a casa, prima che i miei ci becchino.” “Ma io mi stavo divertendo!” disse con tono infantile. “Dai, smettila di fare lo sciocco e partiamo.” Gli diedi un ultimo bacio sulla parte superiore del braccio e mise in moto, dritto verso casa sua. Parcheggiata la macchina entrammo dalla porta in garage, quella che portava direttamente in casa. Harry era davanti a me e fu il primo ad entrare e accendere la luce. Tutto era molto ordinato e c’era odore di pulito, sua mamma probabilmente aveva sistemato tutto prima di andare via. Lasciai la borsa sul tavolo e andai a sdraiarmi sul divano. Harry arrivò qualche minuto dopo, decidendo di sdraiarsi praticamente sopra di me. “Ma cosa fai?” dissi ridendo mentre lo abbracciavo. “Mi piace quando mi abbracci, fammi stare un po’ qui.” Disse lui mentre appoggiava la testa sulla mia spalla, lasciandomi morbidi baci sul collo. Si spostò leggermente di fianco per mettersi più comodo. Chiuse gli occhi. Stetti a guardarlo per un po’, a guardare i suoi lineamenti perfetti: le sue labbra rosse e fini, le ciglia lunghe e qualche capello riccio che gli cadeva leggero sulla fronte. Non resistetti alla tentazione e gli diedi un bacio leggero. Si alzò quasi di scatto, come se non aspettasse altro. Mi misi a ridere:”Ma tu non stavi forse dor...” non mi lasciò finire la frase e mi diede a sua volta un bacio. Sorrisi, perché mi piaceva quando mi dava quei baci rubati, quando mi coglieva di sorpresa: erano i baci più belli. Spostò il suo corpo quasi sopra il mio sostenendosi con le mani ai lati del mio viso. Si allontanò leggermente e mi fissò per qualche secondo e io feci lo stesso. Sorrisi e lui, quasi come fossimo una persona sola, sorrise a sua volta. Affondai le dita nei suo capelli ricci e avvicinai di più il mio volto al suo, dandogli un bacio. Mi diede tanti piccoli baci leggeri all’angolo destro della bocca e poi sulla guancia. Forse sapevo come sarebbe finita, sapevo di non essere pronta per questo, era ancora troppo presto, ma c’era una parte di me, quella che ormai aveva preso il comando, che mi impediva di allontanarlo, di allontanarmi. Cercai ancora la sua bocca mentre con le mani intrecciavo i suoi ricci alle mie dita. Vidi Harry che tentò di togliersi la maglia. Lo aiutai, anche se dentro di me non era quello che volevo fare. Non ero pronta per questo, era davvero troppo presto, ma gliela sfilai comunque. Cos’era che mi impediva di fermarmi? Non potevo, era qualcosa che non potevo comandare. Lasciai correre, non potevo decidere quando sarebbe venuto questo momento, non sono cose che si preparano queste, avvengono e basta. L’avrei fatto col ragazzo che amavo e sapevo che anche lui amava molto me. Sfiorai con le dita la sua schiena muscolosa, mentre lui baciava delicatamente il mio collo. Era tutto perfetto, anche se non mi era nemmeno saltato in testa che tutto questo sarebbe successo quella sera. “Ti amo.” Sussurrò Harry al mio orecchio. Non avevo avuto momenti così intimi con nessun ragazzo e anche se ero agitata, con lui era diverso: mi sentivo bene, mi sentivo sicura e ora come ora, anche se mi sembrava una cosa avventata da fare, sentivo che era il momento giusto. Suonò il campanello. Per due volte. “Harry, dovresti andare a vedere chi è.” Dissi fra un bacio e l’altro. “Ma chi diavolo è a quest’ora, maledizione.” Disse Harry evidentemente scocciato dalla faccenda. “Mi dispiace amore, arrivo subito.” Disse dandomi un bacio sulla fronte. Sorrisi. Mi aveva chiamato ‘amore’, era una cosa dolcissima, sentii un calore dentro, quasi mi si fosse scaldato il cuore. “Harry la maglia.” Dissi a bassa voce. “Oh, giusto.” Se la infilò in fretta. Si avvicinò alla finestra per vedere chi era.”E’ mia mamma.” Disse visibilmente preoccupato. Mi alzai di scatto dal divano, il cuore mi batteva ancora a mille, un po’ per l’agitazione e un po’ per l’emozione. Mi avvicinai a lui e gli sistemai un po’ i capelli e feci lo stesso coi miei. Accesi la tv, e mi misi seduta, quasi fosse da un sacco di tempo che ero lì a guardarla. Vidi Harry che corse ansioso verso la porta, la aprì:”Ciao mamma, che ci fai qui?” Disse infilandosi una mano fra i capelli e grattandosi la testa. “Ciao, sono passata a salutarti, tutto bene?” “Mamma, ma passi a quest’ora a salutarmi?” “Ho visto la lampada della sala accesa e così ti ho suonato.” “Si, sono qui con Emma, stiamo guardando un film. Le ho chiesto se poteva restare qui a casa per farmi compagnia.” “Salve signora, come va? Tutto bene?” dissi sporgendomi verso di loro e sorridendo. “Oh, si, tutto bene grazie. Sei gentilissima, come sempre.” Disse porgendomi un grande sorriso, che ricambiai volentieri. “Adesso posso anche andarmene, stai bene ed ero solo passata per quello. Buona serata ragazzi e andate a dormire che è già tardi.” Disse ridendo. “Ciao.” Salutammo insieme. Harry richiuse la porta e poi venne in parte a me sul divano. “Mi dispiace per mia madre, ha rovinato tutto.” “Non fa niente, non ti preoccupare, forse non era il momento giusto.” Dissi dandogli un bacio e stringendogli la mano. “Forse.” ripeté lui, decisamente dispiaciuto. “Dai, non fare quell’espressione che mi fai piangere.” Dissi accarezzando il suo viso e ridendo. Mi fece un grande sorriso. “Così va molto meglio.” Dissi sorridendo a mia volta e gli diedi un bacio sulla testa, immergendo la faccia nei suoi capelli. “Ma tu non dovevi mica metterti in pigiama?” disse Harry guardandomi negli occhi. “Se qualcuno me lo prestasse, lo metterei molto volentieri.” Dissi sollevando gli occhi al cielo. “Vado a prenderglielo subito, madame.” Disse alzandosi e facendo un goffo inchino. Mi misi a ridere, mentre lui si stava allontanando per andare verso le scale e salire in camera sua. “E lascia la madame qui da sola?” dissi con un tono infantile fingendo di piangere. “No, la madame viene con me.” Disse Harry che fece a ritroso i primi tre scalini e poi corse verso di me per prendermi in braccio. “Ma cosa fa, signor cameriere?” dissi fra le risate che non riuscii a contenere, mentre Harry mi avvolgeva fra le braccia muscolose. “Servo la madame, che rompe sempre le scatole a questo povero cameriere affaticato.” Disse anche lui ridendo. Facemmo le scale senza smettere un attimo di ridere. Arrivati davanti alla porta della sua camera, Harry la spalancò con un leggero calcio e poi mi lasciò cadere dolcemente sul letto. “Prima o poi te le romperai quelle braccia a forza di prendermi in braccio.” Dissi, notando però che non era per niente affaticato, nonostante avesse fato le scale con me fra le braccia. “Ma se sei un fiore?” mi prese per mano e mi tirò verso di sé, facendomi fare un giro. Poi mi diede un bacio e mi fece ricadere sul letto. “Ho questa maglia. E’ abbastanza lunga.” “Non hai i pantaloncini da mettere sotto?” “Ma a cosa ti servono i pantaloncini che ti arriverà alle ginocchia?” disse ridendo. “Harry, dammi quei pantaloncini.” “Ma Emma, ti vanno enormi.” “Harry, i pantaloncini!” “Oh, ma sei testarda sai?” “Vado a cambiarmi e arrivo subito.” Andai verso il bagno, mi sciacquai la faccia e misi il pigiama di Harry. I pantaloni, come aveva detto lui, erano eccessivamente grandi ma li misi lo stesso, pur di non dargli ragione. Tornai in camera e Harry era sdraiato sul letto e quando mi vide scoppiò a ridere, affondando la testa nel cuscino:”Li hai messi davvero? Dai Emma, ma non vedi che sono enormi?” “Sei uno stronzo però.” Dissi senza riuscire a trattenere la risate. Mi sfilai i pantaloncini e restai con la maglietta che comunque mi arrivava un po’ più sopra alle ginocchia, e glieli buttai sulla faccia:”Sei contento così?” Harry però smise di ridere e rimase lì a guardarmi con uno sguardo dolce, ma un po’ perso. “Che c’è ora?” dissi allargando le braccia. “Sei bellissima, tutto qui.” Disse sorridendomi e alzandosi per venire verso di me. Mi abbracciò da dietro e ci mettemmo davanti allo specchio. “Siamo belli insieme io e te.” dissi alzando la testa per guardarlo. “Belli? Siamo perfetti direi.” Disse dandomi un bacio sulla nuca. Sorrisi. “Dai, adesso mi metto anche io il pigiama.” “Posso restare mentre ti cambi?” “Certo che puoi.” disse mentre già si sfilava i jeans stretti. Mi sedetti sul letto ad ammirarlo. Mi faceva sempre effetto guardare il suo corpo muscoloso e scolpito, perché non avevo mai visto un ragazzo così bello in vita mia. Mi imbambolai a guardare il suo petto muscoloso, mentre lui si metteva i pantaloncini del pigiama. Si fece per mettere anche la maglia, ma con mia stessa sorpresa lo fermai:”No, non mettertela. Vieni qui.” Lo presi per una mano e lo attirai verso di me e lo feci sdraiare sul letto accanto a me. Spostai le coperte del letto e ci infilammo dentro. “Dormi con me, per favore.” Dissi appoggiando la mia guancia al suo petto. Restai in silenzio a sentire i battiti del suo cuore che mi cullavano, poi mi addormentai, mentre lui accarezzava con una mano calda la mia coscia.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Quando la mattina mi svegliai, ero ancora appoggiata al petto nudo di Harry e lui mi abbracciava con entrambe le braccia. Le nostre gambe erano come intrecciate, quasi fossimo una persona sola. Starnutii improvvisamente e Harry aprì gli occhi di scatto:”Buongiorno.” Disse stiracchiandosi e sfregandosi gli occhi. “Scusa non volevo svegliarti.” Dissi sbadigliando. “Non fa niente, mi sarei svegliato comunque appena ti saresti allontanata.” Disse stringendomi un po’ a sé. Restai ancora un po’ fra le sue braccia e poi mi alzai per andare a vestirmi e preparare la colazione. “Dai, ma te ne vai di già?” “Qualcuno deve pur fare colazione.” Si alzò anche lui dal letto sbadigliando. Mi misi a ridere vedendo i suoi capelli tanto scompigliati. “Dai vieni che ti sistemo un po’ i capelli.” “Cosa hanno i miei capelli adesso?” Lo presi per il braccio e lo feci avvicinare allo specchio. Si mise a ridere e poi si sporse leggermente in avanti per lasciare che glieli sistemassi. “Così va un po’ meglio.” Dissi riuscendo a trattenere a stento le risate. “Ma che diavolo hai fatto?” disse ridendo. “Stai benissimo con la riga in mezzo.” Dissi ridendo fragorosamente. “Ora ti faccio bello, vieni con me.” Lo presi per la mano e lo portai in bagno. “Siediti.” lo feci sedere sul bordo della vasca. “Ora chiudi gli occhi” “Cosa mi vuoi fare Emma.” “Tu stai zitto e rilassati.” “Ok, ma non tagliarmeli però.” disse con gli occhi già chiusi. “Ma che tagliarteli, cosa ti salta in mente?” dissi ridendo. Presi un po’ di gel e la lacca in spray e la schiuma da barba dall’armadietto e li appoggiai sul lavandino, senza smettere di ridere nemmeno un secondo. “Non voglio sapere cosa stai combinando.” Disse Harry un po’ preoccupato. “Zitto, che mi deconcentri.” Presi un po’ di gel e cominciai a spalmarglielo su tutta la testa. Era appiccicaticcio e mi dava fastidio sulle mani. Vidi Harry che fece delle smorfie:”Il gel..” disse tirando fuori la lingua e facendo una smorfia come se avesse mangiato qualcosa di disgustoso. “Si, ma fammi finire no?!” “Non voglio immaginarmi l’effetto finale.” “Meglio così.” Dissi ridendo. “Adesso specchiati?” “Oddio! Ma sono io questo?” disse facendo una strana espressione “Ti piace?” scoppiai a ridere. Aveva ciuffi, ormai lisci a causa del gel e della lacca, dritti quasi a formare una cresta e un po’ di schiuma da barba sul naso. “Io direi che definirti bello sarebbe troppo poco. Posso farti una foto?” dissi ridendo. Era molto buffo, ma nonostante tutto ancora bellissimo. Andai in camera per prendere il cellulare. “Se mi prometti che non la fai vedere a nessuno si.” “Credo che la metterò come sfondo del telefono.” “Io intanto scendo in cucina e comincio a preparare la colazione.” “Non ti sciacquare la testa però.” “No, tranquilla.” Disse mentre scendeva velocemente gli scalini. “Promettilo.” Alzai la voce per farmi sentire mentre cercavo il cellulare, che non trovavo. “Promesso, comunque se cerchi il telefono è qui.” Sentii Harry che aprii il frigorifero. Uscii e andai verso la cucina. Scesi in fretta le scale, per paura che lui si sciacquasse la testa e che io non riuscissi a fargli la foto. Svoltai l’angolo e feci per entrare in cucina, quando Harry mi spruzzò in faccia della panna montata spray. “Che pezzo di...” “Emma, hai un po’ di panna sulla faccia.” disse scoppiando in una risata fragorosa e battendo le mani divertito. “Lo sapevo che stavi tramando qualcosa.” Mi ripulii la panna dagli occhi e assaggiai quella che avevo sulle labbra. “Almeno questa è buona, dovresti provare a leccare i tuoi capelli conditi con lacca e gel. Dai fammi passare che vado a sciacquarmi la faccia.” Dissi cercando di passare. “Ma non te la sciacqui proprio la faccia.” “E come pensi che me la posso togliere questa panna?” Fece un sorriso e si avvicino e mi diede un bacio sulle labbra e agli angoli della bocca. “Dovevo anche chiederlo.” Dissi scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo. Mi diede un altro bacio:”Infatti, dovevi anche chiederlo?” Mi misi a ridere:”Dai, smettila.” Gli diedi un ultimo bacio e mi diressi verso il lavandino per sciacquarmi la faccia. “Adesso ti faccio una foto e poi, se vuoi, te li lavo io i capelli, se no ci tieni mezzo secolo a toglierti tutta quella roba dalla testa.” Feci la foto, era buffissima e tutte le volte che la vedevo mi veniva sempre da ridere, la misi come sfondo del mio cellulare, nonostante le suppliche di Harry per eliminarla. Passammo una giornata fantastica insieme, una delle migliori di sempre, un genere di giornate che non dimentichi più, quelle che, come un pennarello indelebile, come un tatuaggio, lasciano sempre il segno; perché il nome di Harry era come una scritta fatta con un pennarello sul mio cuore, una di quelle scritte che nemmeno a volerlo si tolgono, quelle a cui dopo un po’ ci fai l’abitudine come se fossero parte di te, fino a che non riesci più a farne a meno perché ti ricordano una parte di te migliore, una parte che ti fa sentire più te stessa. Quando io sono con Harry faccio uscire la miglior parte di me, lui riesce a rendermi, con un sorriso, con un abbraccio, una persona migliore, mi fa dimenticare le cose brutte della mia vita e mi fa ricordare tutto ciò che ho di più bello. Ce lo avevo proprio stampato sul cuore il suo nome, a caratteri cubitali, con un pennarello indelebile. Quando tornammo dal parco passai a casa di Harry per prendere la mia roba e mentre prendevo la borsa mi squillò il cellulare, che avevo in tasca. “Pronto.” “Ciao Emma, ma quando torni a casa?” disse la voce di mia madre dall’altra parte della cornetta. “Chi è?” mi chiese Harry a bassa voce per non farsi sentire. “E’ mia mamma, credo voglia che torni a casa.” Dissi coprendo con una mano il telefono, per non farmi sentire da mia madre. Harry abbassò la testa, quasi triste e poi prima di darmi un bacio sulla fronte mi disse:”Dì a tua mamma che ti accompagno io a casa fra dieci minuti.” “Grazie.” Sorrisi e gli strinsi la mano dato che non potevo dargli un bacio in quel momento. “Mamma arrivo fra poco, mi porta Harry. Ma perché tanta fretta?” “Emma sono le 19.30 è quasi pronta la cena.” Come faceva ad essere già così tardi? Il tempo era davvero passato in fretta, ma ormai non ci facevo nemmeno più caso, perché quando ero con Harry il tempo sembrava sempre volare. Riattaccai dopo che mia madre mi ebbe salutato. Nel frattempo aprì la porta la mamma di Harry che ci salutò con un caloroso sorriso:”Ciao ragazzi. Come va?” “Bene grazie.” Risposi sorridendo, mentre mi infilavo il cappotto. “Ciao mamma.” Disse Harry, che già infilata la giacca stava per prendere le chiavi. “Ma dove state andando?” “Accompagno Emma a casa, torno fra poco.” “Emma non resti a cena?” “No, grazie mille, ma ha appena chiamato mia mamma e c’è quasi pronta la cena, mi dispiace, grazie lo stesso.” Dissi dispiaciuta. “Non ti preoccupare, ti fermerai un altro giorno.” Arrivati davanti a casa mia, parcheggiò dall’altro lato della strada. “Grazie, per oggi.” Dissi dandogli un bacio sulla guancia. “Grazie di che?” “Sono stata benissimo.” Dissi sorridendo e alzando le spalle. Mi diede un bacio leggero e chiusi gli occhi. Quando ci allontanammo mi sorrise. Slacciai la cintura e scesi dalla macchina. Attraversai e la sua voce richiamò la mia attenzione: “Grazie. Di tutto.” Disse sorridendo. Come facevo a non amarlo? Mi faceva sentire così speciale. Tornai indietro e mi avvicinai alla sua portiera, l’aprii e lo presi per la mano per farlo scendere. Mi lasciò fare, senza chiedermi spiegazioni. “Non mi importa se mia mamma ci vede.” Gli saltai in braccio e lo baciai, intrecciando le mie dita nei suoi capelli. Mi sostenne tenendo con le mani le mie cosce e si mise a ridere:”Ti amo.” Mi sussurrò infine. “Ti amo.” Ripetei urlando mentre attraversavo la strada. Lo vidi sorridere, sorridere solo come lui sa fare, mentre rientrava in macchina, per poi ripartire verso casa. Avevo un po’ paura di rientrare a casa perché anche se avevo detto a Harry che non me ne importava, non sapevo come avrebbe reagito mia madre. Sentii sfrigolare del cibo nelle padelle. Lasciai giù il giubbotto e la borsa e andai in cucina, mia madre era lì intenta a mescolare e impiattare varie cose. Esitai ad entrare e salutarla. “Ciao Emma, è successo qualcosa?” disse sollevando la testa dal piatto e sorridendo. Capii che non aveva visto niente e mi tranquillizzai:”No, non è successo niente.” Andai a dormire quella sera con il sorriso stampato sulla labbra. Quel genere di sorrisi che ti spuntano senza volerlo, quelli che ti spuntano quando capisci che tutto sta andando per il verso giusto, che sarà tutto più bello da quel momento in poi. Ero così felice, ora avevo tutto ciò di cui avevo bisogno, sentivo che Harry mi completava, che era l’altra faccia della mia medaglia, che io e lui saremmo stati insieme per sempre.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


La sveglia suonò e ancora assonnata la spensi, tastando a vuoto sul comodino per cercare il tasto con cui spegnerla. Mi alzai e feci tutte le mie cose, mentre i miei ancora dormivano. Dopo essermi vestita scesi in fretta le scale e quando fui fuori da casa vidi Harry salutarmi sorridendo:”Ciao piccola.” Mi disse baciandomi la fronte. Aspettammo di essere distanti da casa mia prima di prenderci per mano. I nostri genitori non sapevano ancora nulla e volevamo aspettare ancora un paio di giorni prima di dirglielo. L'ora successiva Harry era andato al corso di letteratura, mentre io, insieme alla mia pesante pila di libri mi dirigevo verso il mio minuscolo armadio. “Allora stai con Styles, giusto?” Disse Josh avvicinandosi al mio armadietto, nel quale stavo posando i libri. Josh era un giocatore di football della squadra della scuola. Era bravo e bello e per questo adorato da ogni ragazza e stimato da ogni maschio. A me invece sembrava soltanto un antipatico e arrogante ragazzo, che si divertiva a prendere in giro la gente che non era popolare come lui, o meglio, la gente come me. “Si, perché?” dissi evitando il suo sguardo torvo, che mi metteva paura. “Non so, Harry è uno dei ragazzi più popolari e carini della scuola, o per lo meno così lo definiscono le ragazze..” “Dove vuoi andare a parare con questo, Josh?” “Credi davvero che fra voi due funzionerà? Avanti, ti rendi conto di quante ragazze carine ci siano a scuola, molto più carine di te? Sei una sfigata e quelli come lui non stanno con le tipe come te, fattene una ragione e smettila di andare in giro a raccontare alle tue amichette che tu e lui state insieme perché non durerà per molto.” “Perché non mi lasci stare e non vai a giocare coi tuoi amici a football? Lui ha scelto me e non mi sembra che debba chiederti il permesso per stare insieme a me.” Mi allontanai con un vuoto nel petto. Le parole di Josh non mi avrebbero fatto alcun effetto in altre circostanze, ma non se si trattava di Harry. Forse Josh aveva ragione: non ero il tipo per Harry, lui si meritava molto di più e il pensiero che lui mi avesse potuto lasciare per un’altra mi faceva troppo male. Uscii dal bagno cercando di tenera la testa bassa per non far vedere gli occhi rossi a causa del pianto. Andai verso il mio armadietto, pensando che per un po’ avrei dovuto evitare Harry: non volevo che venisse a sapere della conversazione che avevamo avuto io e Josh. Sfortunatamente me lo trovai proprio davanti mentre salivo le scale per dirigermi al piano superiore. Cercai di voltarmi, fingendo di non averlo visto, ma la sua voce richiamò la sua attenzione e fui costretta a girarmi. Le sopracciglia si inarcarono e il verde dei suoi occhi divenne più scuro:”Che ti è successo? Perché hai pianto?” disse sostenendo il mio mento con un dito “Non ho pianto, avrò gli occhi un po’ rossi a causa dell’allergia.” “Emma, non mentirmi.” Disse inclinando la testa da un lato e tenendo i suoi occhi fissi sui miei. “Non è niente, davvero.” “Quindi è successo qualcosa e se hai pianto è una cosa seria. Emma, cosa è successo?” “E’ per... Josh.” Sibilai. “Josh? E cosa vuole quello da te? Emma, ti ha fatto del male?” “No, ma mi ha detto delle cose che mi hanno ferita.” Dissi abbassando la testa e ripensando al tono arrogante con cui poco prima mi aveva riferito quelle parole, mi scese qualche lacrima. “Stronzo. Vieni con me, lo sistemo io quello. E’ solo un gradasso.” Farfugliò fra sé infuriato. “Harry, lascia perdere, lo sai che fa così con tutti.” “Emma tu non sei tutti.” E così dicendo mi prese per mano e insieme ci dirigemmo verso gli spogliatoi del centro sportivo dove Josh e la sua squadra avevano finito da poco di allenarsi. Quando fummo vicini una massa di ragazzi alti e robusti uscì dagli spogliatoi, ma lui non c’era. Harry aprì con una manata la porta. “Josh! Josh, dove sei?” urlò infuriato mentre, lasciata la mia mano, cercava fra gli armadietti. Io lo seguivo cercando sottovoce, di convincerlo a tornare indietro. “Oh eccoti qui.” Quando capii che Harry lo aveva trovato mi fermai. “Styles, cosa vuoi da me?” sentii Josh ringhiare. “Cosa voglio da te? Mi stai chiedendo cosa voglio da te?” disse Harry facendo una risatina isterica e aumentando il tono di voce fino quasi ad urlare. Spuntai da dietro all’armadietto, dove mi ero fermata qualche istante prima. “Ah quella sfigata te lo ha detto. Povera piccola, avevi paura?” Vidi Harry cambiare completamente atteggiamento: le sopracciglia inarcate e gli occhi verdi puntati contro Josh. Si avvicinò con passo deciso verso di lui:”Come l’hai chiamata scusa?” “Dai, ma con chi ti sei messo? Guardala è davvero una sfigata.” “Oh, una sfigata.” Fece un ghigno con la bocce e batté la mano contro un armadietto vicino lasciando il segno di una leggera ammaccatura. Josh ora non faceva più l’arrogante e lo spavaldo , glielo si leggeva negli occhi che aveva paura. “Brutto pezzo di merda, tu azzardati ancora a dire una sola sillaba alla mia ragazza e io giuro che ti ammazzo.” “Ehi calmo amico, calmati ok?” Harry si mise a ridere sarcasticamente, poi lo prese per il colletto della maglia:”Emma non me la devi toccare ok?” “Ma tu non sei un tipo violento, Styles, piantale di fare il grande e grosso che in fondo sei un fifone.” Harry fece una smorfia e poi tirò un pugno dritto sul naso di Josh. Fu così forte che il naso del ragazzo cominciò a sanguinare. “Harry smettila, per favore, lascialo stare.” Urlai spaventata mettendomi una mano alla bocca. “Toccala ancora e sei morto.” Josh non rispose e si allontanò spaventato da Harry. “Andiamo Harry, credo abbia capito, lascialo stare.” “Prenditela con quelli della tua stazza la prossima volta.” Lo tirai per la mano e lo trascinai fuori. “Ma che ti è saltato in mente?” dissi mettendomi di fronte a lui. “I tipi come lui non capiscono finché non gli viene data una lezione, se lo meritava.” Le nocche della sua mano destra erano rosse e ferite. Presi la sua mano e l’accarezzai. “Grazie per avermi difeso. Andiamo a casa che vediamo di rimediare a queste botte.” Gli diedi un bacio e poi andammo insieme a casa.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Era ormai passata una settimana, ora anche i nostri genitori sapevano di noi due. Quel pomeriggio ero andata a casa di Harry per fare i compiti. Arrivammo davanti a casa mia e Harry mi ridiede in mano i libri di matematica che si era offerto di portarmi mentre mi riaccompagnava. Ci salutammo davanti a casa mia, mi diede un bacio leggero sulla bocca e io lo accarezzai dolcemente. “Ci vediamo domani, piccola.” Disse Harry salutandomi e fece per attraversare la strada. Vidi una macchina che arrivò a tutta velocità:”Harry, la macchina.” Urlai spaventata, ma non feci in tempo a dirglielo. Fu l’attimo di un secondo, sentii che la macchina cercò di frenare di colpo, ce la fece, ma non fu abbastanza per fermarsi prima di prendere Harry in pieno. Cadde a terra e sbatté molto forte. Sentii le gambe cedere, non potevano più sostenere il corpo e i libri che tenevo in mano. “Harry!” lanciai un urlo agghiacciante e con le poche forze che mi restavano mi trascinai verso di lui, che giaceva a terra. Mi accasciai in parte a lui e lo chiamai più volte senza toccarlo. Non capivo più niente e gli occhi erano gonfi di lacrime, tanto da impedirmi di vedere bene e il volto bagnato dal pianto:”Chiamate un’ambulanza, chiamate un’ambulanza, per favore.” Urlavo più che potevo, ma non capivo quello che succedeva intorno a me, poi sentii la voce di mia madre che chiamava forte il suo nome, poi il mio e poi buio totale. Mi risvegliai e la prima cosa che vidi furono le pareti bianche dell’ospedale. Indossavo ancora i miei vestiti e avevo una flebo nel braccio. Cercai di sbattere gli occhi perché avevo la vista appannata. Mi faceva malissimo la testa e non ricordavo cosa fosse successo. “Emma, ti sei svegliata.” Mia madre si avvicinò al mio letto. Gli occhi gonfi e rossi dalle lacrime, un fazzoletto bagnato in mano. “Cosa è successo?” dissi quando riuscii a focalizzarla completamente. Mia mamma scoppiò a piangere e poi la scena della macchina che travolgeva Harry mi passò davanti agli occhi. Li spalancai. Ora ricordavo: Harry era stato investito da quella macchina, mi ero avvicinata a lui. Piangevo. Piangevo moltissimo. E poi, poi forse ero svenuta. “Harry.” Urlai. “Mamma dove è Harry?” “Tesoro, dovresti riposare ora.” Disse fra le lacrime che non smettevano di scendere. Strappai la flebo che avevo al braccio e spostai velocemente le coperte, prima di catapultarmi fuori dalla stanza, mentre mia mamma tentava invano di fermarmi. “Harry.” Chiamavo in ogni stanza in cui guardavo, mentre cercavo di vedere bene e di non lasciare che le lacrime mi offuscassero la vista. “Emma.” Mia mamma mi fermò prendendomi per il polso. Cercai di divincolarmi:”Mamma dove è Harry?” Dissi piangendo. “Harry sta molto male, non puoi andare da lui.” continuavo a piangere sempre di più. “Cosa gli è successo?” “Harry... Harry è in coma, i dottori dicono che è molto grave, potrebbe non riprendersi. Mi dispiace tesoro, mi dispiace tantissimo.” Smisi di pensare, di agire, di piangere, smisi perfino di sbattere le palpebre. La mia espressione persa nel vuoto e il mio corpo letteralmente immobile nelle braccia di mia madre, che ancora in lacrime mi stringeva. ‘E’ in coma, potrebbe non riprendersi ’. Parole dolorose come due coltellate nel petto. Non poteva essere vero, non poteva essere così. Le gambe non mi sorreggevano più e due dottori vennero a prendermi per riportarmi in camera, ma io non reagii. Dove la trovavo la forza di reagire? “E’ in uno stato di shock, signora.” Sentii il dottore che disse testuali parole a mia madre e lei ancora piangeva. Non mangiai quella sera, nemmeno a pranzo il giorno dopo riuscirono a farmi mangiare, nemmeno a farmi parlare. Mia madre era nella camera con me, mi diceva qualcosa, mi faceva delle semplici domande, ma io non c’ero, non c’ero per nessuno. Non riuscivo nemmeno più a piangere, a parlare, a ridere, a mangiare, nemmeno mi alzavo per fare qualche passo. Occhi fissi a quel soffitto troppo bianco, in quella stanza troppo luminosa per i miei occhi stanchi, costretta in quel pigiama troppo leggero per il mio corpo ormai irrigidito e senza forze. “Si riprenderà, signora.” Queste erano le continue parole dei dottori a mia madre e quelle erano le uniche volte in cui mi sarei alzata da quel letto schifoso per sputargliele in faccia queste parole: che non mi sarei ripresa, che non sarebbe mai più stato come una volta se lui in quel letto ci avesse lasciato l’anima, perché il mondo era crollato per me e se lui non fosse più tornato da me io non sarei più esistita. Era così che dovevano andare le cose. La notte nemmeno dormivo e quando chiudevo gli occhi l’unica immagine era quella che i miei occhi, come una cinepresa, avevano ripreso prima che svenissi. Poi qualche giorno dopo arrivò in camera mia madre:”Dicono che adesso si può andare da Harry.” La guardai e sorrisi come potei; sorrisi per la prima volta in quei giorni. Trovai la forza per alzarmi dal letto, il numero della sua stanza lo sapevo, perché mia madre aveva detto che appena sarebbe stato possibile mi ci avrebbe portato in quella stanza numero 127. “Resta qui.” Dissi a mia madre appena fuori dalla porta. Fu sorpresa di sentirmi parlare dopo tanto tempo, quasi non conoscesse più la mia voce. Non disse nulla a parte:”Stai tutto il tempo che vuoi, i dottori hanno detto che per te non ci sono orari.” Aprii a fatica la porta e quando lo vidi in quel letto, quasi esanime, le lacrime che in quei giorni si erano seccate nei miei occhi, cominciarono a bagnarmi il volto, lentamente, con delicatezza. Presi una sedia e mi misi accanto a lui. Aveva delle flebo nelle braccia e una mascherina dell’ossigeno sul volto, la carnagione era chiara, ancora di più sotto a quei neon. “Mi manchi.” Riuscii a dire fra le lacrime e queste furono le uniche due parole che riuscii a dire nelle due ore e mezza che passai lì con lui. Uscii dalla stanza. Mi aveva fatto piacere rivederlo, ma mi sentivo inutile, indifesa accanto a lui. Non potevo fare niente per farlo stare meglio, per farlo tornare a sorridere e questo mi faceva dannatamente male. Vederlo soffrire in silenzio, sotto quelle coperte, in un letto d’ospedale senza che io potessi fare niente era la cosa peggiore per me, la peggiore in assoluto. Avrei dato tutto per lui, anche la mia vita se fosse stato necessario, mi sarei buttata da un treno in corsa se questo avesse voluto dire farlo tornare, ma questo non avrebbe cambiato le cose, non avrebbe cambiato niente e forse era quello che mi dava la forze di non sparire, di andarmene una volta per tutte, perché in quei giorni ci avevo pensato: avevo pensato che forse la mia vita senza di lui non avrebbe più avuto un senso, che forse morire sarebbe stata la cosa migliore, ma morire non avrebbe portato a niente di buono, ora dovevo solo essere forte e sperare tanto: essere forte per entrambi, per me e per lui, e sperare che un giorno Harry si fosse rialzato da quel letto. “Torniamo in camera ora.” Disse mia madre prendendomi per mano e interrompendo i miei pensieri. Non dissi nulla, non ero ancora pronta per parlare. Mangiai qualcosa quella sera, ma non molto, soltanto il necessario per il mio corpo, che anche se passati pochi giorni, stava dimagrendo a dismisura. La notte non riuscii a chiudere occhio, a parte per circa un’ora. Quella mattina mia madre entrò in camera e teneva in mano un borsone:”Torniamo a casa Emma, i dottori hanno detto che stare qui ormai non ti serve più.” Andare via non mi sembrava la cosa migliore, in fin dei conti avrei lasciato lì Harry ed abbandonarlo era l’ultima cosa che volevo. Mia madre capii che non volevo andarmene e ne comprese immediatamente il motivo:” Potrai venire a trovarlo tutti i giorni, tutte le volte che vorrai. Te lo prometto.” Disse mentre metteva nel borsone i vestiti sporchi ed estraeva quelli puliti che aveva messo in una borsa a parte. “Hai dormito stanotte?” mi chiese avvicinandosi e accarezzandomi. Non risposi e mia madre si allontanò ancora verso l’armadietto, sapendo che la risposta non sarebbe mai arrivata. Ormai sembrava c’avesse fatto l’abitudine a questa cosa, era già passata una settimana dall’incidente e non avevo ancora detto quasi una parola. Ormai parlavo a monosillabi e molte volte nemmeno parlavo, annuivo o scuotevo la testa in segno di assenso o meno. Dovevo andare da Harry, non lo avrei visto fino al giorno dopo e volevo salutarlo. Uscii dalla stanza e mia mamma capì subito dove stavo andando e non mi fermò. Feci un grande respiro prima di aprire la porta e cercai di trattenere le lacrime quando entrai e lo vidi. Mi avvicinai al letto e gli diedi un leggero bacio sulla fronte, sfiorandogli la mano:”Ti amo.” Dissi trattenendo a stento le lacrime. Quanto potevo ancora sopportare di vederlo così, di non averlo accanto ogni giorno, di non poterlo sentire o abbracciare nemmeno per un secondo? Dove la trovavo la forza di andare avanti, ora che la mia forza era in coma, in un letto di ospedale? “Ci vediamo domani, promesso.” Dissi prima di richiudermi la porta alle spalle.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Tornai di là e mi madre mi stava aspettando fuori dalla mia stanza, seduta su una sedia:”Possiamo andare?” “Si.” Mi sforzai di dire. Mia madre sorrise e andammo insieme nel parcheggio. Salii in macchina mentre lei metteva il borsone nel baule. Salì e partimmo. L’ospedale era in città e per tornare a casa percorremmo la strada illuminata dalle luci delle abitazioni e il traffico ci bloccò per qualche minuto. Mi fermai a guardare tutti quei grattacieli. Tutto mi ricordava Harry in qualche modo. Strinsi la mano in un pugno, ma non riuscii a trattenermi. Scoppiai a piangere come una bambina. Mi misi le mani davanti al volto mentre cercavo di non singhiozzare con forza. “Non sai quanto mi dispiace.” Disse mia madre con tono triste, abbracciandomi. “Non ce la faccio mamma. Come faccio senza Harry? Come faccio?” dissi piangendo. “Lo so, ma adesso devi essere forte, Harry non ti vorrebbe vedere così.” “E io non vorrei vedere lui così. Perché non ci sono io in quel letto? Lui non se lo merita, non lo merita mamma.” “Nessuno lo merita Emma, ma è successo e ora non si può più tornare indietro. Mi fa male vederti così, tesoro.” Mi disse quasi in lacrime. Mi allontanai dalla sua presa e mi asciugai il volto con un fazzoletto. Alzai gli occhi verso il cielo che ormai si stava facendo scuro e non riuscii a non pensare a quello che mi aveva detto un po’ di giorni fa mia mamma: ‘Potrebbe non riprendersi.’ Solo in quel momento capii che nemmeno il cielo sarebbe stato dello stesso azzurro senza di lui. Quando arrivammo papà era già a casa. Era appena tornato da Istanbul dove si era recato per lavoro quella settimana. Si era sentito con la mamma in quel periodo e quando mi vide non disse niente, corse solo ad abbracciarmi. Mi strinse forte, come non faceva da chissà quanto tempo, chiusi gli occhi e lo abbracciai a mia volta. “Sii forte.” Mi disse infine stingendomi di più a sé, per poi lasciarmi andare. “Grazie papà.” Dissi cercando di sorridere come potevo. Salii in camera e mi guardai allo specchio: avevo il volto scavato dalla stanchezza e la mia pelle era spenta, come i capelli, che qualche giorno prima erano luminosi e leggeri. Andai in bagno e mi sciacquai la faccia, quasi volessi lavare via la debolezza che si era trasformata in occhiaie scure, anche se non molto pronunciate. Ero dimagrita parecchio, avevo perso circa due o tre chili nel giro di pochi giorni, perché non mangiavo abbastanza, anzi a volte non mangiavo proprio. Tornai in camera e misi il pigiama che sembrava quasi andarmi largo e mi sdraiai sul letto a fissare il soffitto. Qualche minuto dopo entrò mio padre con la cena:”Dovresti mangiare qualcosa, Emma.” Non avevo fame:”Non voglio papà, non me la sento.” “Ma almeno provaci un po’, non devi mangiare molto, ma almeno qualche boccone di pane. Non ti posso obbligare se non ne vuoi, però io te lo lascio qui, in caso ti venisse fame.” Appoggiò il vassoio sulla scrivania, poi uscì e richiuse la porta. Sospirai e mi tornarono in mente le parole di mia madre: ‘Harry non vorrebbe vederti così ’. Aveva ragione. Harry non avrebbe voluto vedermi in quelle condizioni: debole, affaticata, magra, spenta. Mi alzai dal letto e mi sedetti alla scrivania. Presi in mano la forchetta e malgrado il mio stomaco non richiedesse cibo, anzi ne avrebbe fatto volentieri a meno, mangiai lo stesso. “Per te Harry.” Ripetei mentre continuavo a mangiare:”Sarò forte anche per te, te lo prometto. Non mi arrenderò facilmente e anche tu tornerai a stare bene.” Riuscii a mangiare quasi tutto e quando riportai in cucina il vassoio quasi vuoto mia madre mi fece un grande sorriso:”Sarebbe orgoglioso di te, lo sai vero?” Sorrisi e dopo aver appoggiato il vassoio sul tavolo tornai in camera e andai a dormire. Il letto di casa era molto più comodo e caldo di quello dell’ospedale, ma feci comunque molta fatica ad addormentarmi. Non andai a scuola quella mattina, ma avrei cominciato a riandarci di lì a pochi giorni. I professori avevano saputo dell’accaduto e avevano detto che mi capivano e che ci sarebbero stati vicini in quel momento così difficile. La professoressa di storia si era quasi messa a piangere, mi disse mia madre. Mi alzai dal letto e andai in bagno per lavarmi e cambiarmi. Mi preparai perché quel pomeriggio sarei andata a trovare Harry. Malgrado vederlo in quelle condizioni mi facesse soffrire terribilmente, avevo voglia di vederlo, di stargli vicino. Non facevo molto quando andavo a trovarlo, semplicemente prendevo una sedia e mi sedevo accanto a lui e poi intrecciavo le sue dita con le mie. Mi sentivo vicina a lui, anche se non poteva parlarmi o muoversi. La casa era stranamente silenziosa considerando che quella mattina mia madre non avrebbe lavorato. Finii di vestirmi e poi scesi le scale verso la cucina. Trovai sul tavolo un biglietto e riconobbi subito la scrittura di mia madre. Scriveva che a causa del lavoro non sarebbe stata a casa e mi raccomandava di mangiare, poi in fondo al foglio, quasi volesse lasciare la notizia più dolorosa alla fine, disse che non avrebbe potuto portarmi da Harry quel pomeriggio. “Era una promessa. Una fottuta promessa.” Urlai, quasi in lacrime per la rabbia, verso un interlocutore che evidentemente non c’era. Mi veniva voglia di rompere tutto; come poteva farmi questo? Come poteva permettere che il lavoro intralciasse una delle cose che per me erano più importanti in assoluto? Presi il telefono e carica di rabbia la chiamai:”Non mi puoi fare questo!” dissi come rispose. “Emma, davvero mi dispiace tantissimo, ma non posso proprio portarti. E’ davvero un impegno importante, rischio di perdere il lavoro.” “Sapevi quanto fosse importante per me questa cosa.” dissi cercando di non alzare troppo la voce “Lo so.” disse con tono triste. “Lasciamo stare, ci vediamo stasera.” La salutai scocciata. “Mi dispiace.” Riattaccai. Sapevo che era davvero dispiaciuta e che se era andata a quella riunione doveva essere una cosa importante, ma non potevo accettare il fatto che non avrei potuto vedere Harry. Mi sedetti sul divano e misi il viso fra le mani, sospirai e poi mi rannicchiai su un lato e mi misi a pensare. Se niente fosse successo sarei stata a scuola in quel momento, probabilmente seduta accanto a lui, a parlare e fare gli scemi al posto che ascoltare la lezione. Invece ero lì, tutta sola su quel divano enorme, che data la grandezza mi faceva sentire ancora più piccola, sola ed indifesa. Intrecciai le mie mani, desiderando di avere fra le mie dita le sue e chiusi gli occhi. Se mi concentravo riuscivo quasi a sentire il suo profumo, a sfiorare i suoi capelli morbidi, a baciare le sue labbra e perdermi nei suoi occhi verdi, ma questo si limitava tutto alla fantasia e più ci pensavo, più mi mancava e stavo male. Mi mancava tantissimo, ogni secondo di ogni singolo giorno. Mi mancava tutto di lui: le sue carezze, i suoi baci leggeri, la sua voce, la sua risata. Fu in quei giorni che mi accorsi di essere più forte di quanto pensassi perché, anche se ero molto debole e piangevo ogni giorno, sapevo che ci sarebbero state persone che non ce l’avrebbero fatta, che non sarebbero più tornati a parlare a causa dello shock, magari qualcuno non avrebbe nemmeno voluto tornare alla vita di tutti i giorni e quindi mi sentivo orgogliosa di me, forte e questo mi faceva sentire meglio, ma era in quelle situazioni in cui mi rendevo conto, troppo bruscamente, di quanto mi mancasse, che il mondo cominciava a crollarmi addosso, che il peso di quella brutta situazione si faceva sentire. E allora l’unica cosa che mi restava da fare era piangere e lo facevo: piangevo come una bambina e nemmeno mia madre riusciva a farmi smettere. A volte piangevo anche per ore intere, senza riuscire a trovare la forza di smettere. Quando piangevo mi liberavo dai pesi che avevo, ma era solo una sensazione momentanea. Non potevo continuare così, ma sapevo che l’unico che sarebbe riuscito a calmarmi era lontano anni luce da me, pur essendo a pochi minuti di distanza.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Suonò il campanello e sobbalzai. Corsi in cucina a sciacquarmi la faccia. Suonarono un’altra volta. “Arrivo.” Urlai per farmi sentire. “Sono io, Emma.” Riconobbi subito la voce di Janet e corsi ad aprire la porta. Quando mi vide fece uno sguardo triste inclinando la testa un po’ di lato, prima di stringermi forte a sé. “Emma, mi dispiace.” Disse quasi fra le lacrime mentre mi abbracciava. Chiusi gli occhi e inspirai, come per assorbire tutto il calore e l’affetto che quell’abbraccio mi stava trasmettendo. “Dai, entra” gli dissi sorridendo come potevo. Entrò e con la mano destra si asciugò gli occhi lucidi. Si sedette sul divano a gambe incrociate, come faceva di solito e poi mi sedetti anche io. “Sembri così... stanca.” Disse prima di passarmi una mano calda e leggera sul volto. “Lo sono: faccio fatica a dormire e mangio poco. Mi manca la forza di andare avanti Jani.” dissi passandomi una mano sugli occhi stanchi. “Ma come è successo? Tu hai visto tutto? La mamma sembrava così confusa e piangeva molto al telefono. Sono venuta appena ho potuto.” “Ho visto tutto. Tutto quello che potevo vedere mi si è presentato davanti agli occhi. E’ durato poco, quella macchina nera è arrivata d’improvviso e non sapevo cosa fare e poi, poi è arrivata e lui è caduto a terra... i-io non sapevo cosa fare Jani, io ero così confusa, è avvenuto tutto nel giro di pochi secondi.” parlai in modo veloce e confuso, respiravo quasi a fatica, il cuore batteva all'impazzata per l’ansia e la preoccupazione quasi stessi rivivendo quell’istante secondo dopo secondo. “Ehi, ehi è tutto a posto, tranquilla. Vieni qui.” Janet si sporse verso di me e mi strinse in un abbraccio. “Stava andando tutto così bene fra noi, eravamo davvero felici. Ero la ragazza più felice del mondo e quella stupida macchina me lo ha portato via. Capisci? Me lo ha portato via davanti ai miei occhi pieni di lacrime. I medici hanno detto che potrebbe non riprendersi. Me lo ha portato via per sempre.” scoppiai a piangere, battendo le mani sul cuscino che tenevo fra le braccia. “Cazzo, la mamma nemmeno può portarmi oggi. Ed era una promessa, una stupida promessa.” Conclusi, buttando il cuscino in terra. “Emma, guardami per favore.” Disse lei sollevandomi il mento con una mano e tenendo con l’altra la mia, stretta in un pugno. Alzai lo sguardo e la guardai negli occhi. “Se ti può far sentire meglio ti ci porto io da lui. Puoi venire a casa quando vuoi, aspetterò anche fino a sera, se sarà necessario. Ok? Questo ti fa stare meglio? So che non è molto, ma è l’unica cosa che posso fare per te. So che questo ti renderà più felice.” “Grazie, davvero.” Janet mangiò una pizza, mentre io solo un paio di fettine e poi, finito di sistemare e prepararci andammo verso l’ospedale. “E’ questa la sua stanza?” mi chiese quando vide una targhetta con il numero 127 in grigio e nero al centro della porta. “Si è questa.” Risposi abbozzando un falso sorriso. “Posso entrare un attimo? Poi vi lascio soli.” “Certo che puoi, Janet.” Aprì la porta e vidi nei suoi occhi, che si stavano riempiendo di lacrime, il vuoto, la tristezza, la desolazione. Abbassai la testa, riconoscendo in lei ciò che io stessa stavo provando. Le strinsi la mano e lei fece lo stesso con la mia. Si avvicinò al letto lentamente, quasi avesse paura del corpo di Harry, che sembrava senza vita. Lo accarezzò e poi con le lacrime agli occhi si diresse verso di me, che ero rimasta qualche passo davanti alla porta chiusa. Mi abbracciò: “Ti capisco. Sii forte.” Mi diede un bacio sulla fronte prima di uscire e lasciarmi da sola con lui. Come al solito presi la sedia e la misi accanto al suo letto. Sospirai, mentre lo guardavo. Misi una mano fra i suoi capelli, leggera, delicata, quasi avessi paura di fargli del male anche solo a vederlo in tutta la sua fragilità. “Tornerò a scuola fra qualche giorno.” Dissi come se lui potesse sentirmi. “Mi mancherai un sacco anche a scuola, non mi divertirò più senza di te.” dissi accarezzandolo. “Dicono che quando la gente è in coma, sente quello che gli viene detto e a dire la verità non so se questo sia vero, ma sei l’unica persona con cui voglia veramente parlare, anche se tu non mi puoi rispondere. Ho sentito le ragazze, sono venute a trovarti e hanno detto che gli dispiace moltissimo e che mi sono molto vicine, anche i professori lo hanno detto.” Accarezzai la sua mano bianca e feci un sorriso. “Mi manchi tanto lo sai? Quando hai intenzione di tornare da me? Vorrei solo un tuo abbraccio. Quanto darei per stare fra le tue braccia per cinque minuti.” Appoggiai la testa al letto, accanto al suo braccio e qualche lacrima mi rigò il viso. “Posso venire a trovarti tutti i giorni, ma non è lo stesso, io voglio te, le tue carezze, i tuoi baci. Sai, piango spesso in questi giorni, sono molto debole, ma sto cercando di essere forte anche per te. Mia madre dice che è in queste occasioni che bisogna tirar fuori il meglio di sé, bisogna essere forti e non lasciarsi andare, ma lei non sa veramente come sto. Nessuno lo sa. Sai come mi sento? Come se un pezzo del mio cuore si fosse spento, come se mi fosse stata portata via la parte di me capace di sperare, di sognare, di vivere. Ho un po’ smesso di vivere dall’incidente, da quando sei qui in questo letto. Torna da me Harry.” Cercai di trattenere le lacrime che bagnarono comunque il mio volto. “Ti amo e ricordati che mi mancherai per sempre.” Lasciai un bacio leggero sulla sua fronte e gli strinsi con delicatezza la mano, poi mi asciugai le lacrime con un fazzoletto e uscii per andare da Janet, che mi aspettava lì fuori su una sedia. “Torniamo a casa.” Disse mia sorella alzandosi dalla sedia e mettendomi un braccio intorno alle spalle e baciandomi la fronte. Quando arrivammo a casa Janet dovette subito ripartire. Mi strinse forte a sé ricordandomi che sarebbe andato tutto bene e che Harry si sarebbe ripreso. La lasciai andare, malgrado avessi voluto tanto che rimanesse lì con me ancora per un po’. Mia madre era già tornata a casa e non avevamo quasi parlato a causa della discussione che avevamo avuto quella mattina. Andai in camera mia, misi il pigiama e mi sedetti sul letto con il portatile appoggiato sulle gambe. “E’ aperto.” Dissi quando bussarono alla porta chiusa della mia camera. “Posso?” disse mia madre facendo sporgere la testa. “Ciao mamma.” Dissi sorridendo distrattamente, mentre guardavo il computer. “Sei ancora arrabbiata?” disse sedendosi sul letto. “No.” Dissi scuotendo la testa e sorridendo. “Ho fatto tutto il possibile, ma quella riunione era davvero importante, mi dispiace.” “Non fa niente, mamma.” “Sembri arrabbiata.” “Sono solo un po’ stanca e triste.” “Ti manca tanto vero.” disse accarezzandomi la spalla. “Ogni giorno di più. Secondo te si riprenderà?” “E’ un ragazzo forte, vedrai che si riprenderà. Ne sono sicura.” Mi diede un bacio sulla fronte e poi si allontanò. Quando la gente mi diceva così pensavo sempre che lo dicesse soltanto per farmi sentire meglio, ma mia madre lo credeva davvero, glielo si leggeva negli occhi che ci credeva fino in fondo che lui si sarebbe ripreso prima o poi. Lei non me lo diceva solo per farmi stare meglio, per non farmi piangere, lo diceva perché ne era convinta sul serio e io mi fidavo di lei. Ripresi il computer per spegnerlo, quando vidi un’immagine con uno sfondo verde che ricordava tanto le sfumature degli occhi di Harry e quest’immagine diceva: ‘Hey tu, non smettere mai di sperare.’ Sembrava quasi fosse stata fatta apposta per me. Sorrisi e dopo aver spento il computer mi misi a letto e mi addormentai poco dopo.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Le giornate passavano lente e quando ero sola a casa era ancora peggio perché non riuscivo a distrarmi con niente. Erano già passate due settimane dall’incidente quando ricominciai a tornare a scuola. Molti mi chiedevano cosa era successo e per non sembrare sgarbata, ingoiavo quel boccone amaro e gli raccontavo l’accaduto. Ogni volta era terribile perché era come rivivere quel brutto incidente sulla mia pelle ed era una delle ultime cose che volevo. I primi giorni non mangiai in mensa, sempre per il fatto che la fame non voleva decidere a tornare e forse anche perché tutto a scuola mi ricordava così tanto Harry che se anche avevo fame era meglio non mangiare pur di non far affiorare tutti i ricordi. Mi veniva da piangere solo a passare davanti al suo armadietto dove mi sembrava quasi di rivederlo, mentre ridendo rimetteva a posto i suoi libri, ma ero a scuola e dovevo cercare di trattenermi o per lo meno di non scoppiare a piangere davanti a tutti. E così facevo grandi respiri, cercando di auto-convincermi che non era né il posto né il momento adatto per piangere. Sarah, Summer e Clara cercavano di tirarmi su il morale come potevano. Erano ragazze fantastiche e stavo molto bene con loro e le ringraziavo spesso per quello che facevano per me, loro erano praticamente l’unico motivo per cui mi veniva voglia di andare a scuola ora come ora. Passarono quattro giorni, quando a scuola cominciò a girar voce del ballo che si sarebbe tenuto quel week-end. Tutti erano emozionati a scuola, tutti che si aggiravano per i corridoi per fare proposte e inviti. Sarah ci sarebbe andata con il suo ragazzo, Summer con quello che le piaceva, mentre Clara ancora non lo sapeva con chi sarebbe andata, sostenendo che nessuno l’avrebbe invitata e che avrebbe passato la serata a casa a ingozzarsi di gelato. Avevamo riso quando lo aveva detto e cercavamo di convincerla che il ragazzo che desiderava sarebbe arrivato da un momento all’altro. E fu così, perché il proprio il giorno dopo uno dei ragazzi più carini della scuola la invitò al ballo e lei, incredula, non riuscì quasi a rispondere e toccò farlo a me al suo posto. “Allora ti va di venire con me al ballo?” disse Mark scuotendo i capelli biondi. Io ero con lei, in corridoio davanti ai nostri armadietti uno di fianco all’altro. Clara pietrificata lo guardava con gli occhi che brillavano dall’emozione. Gli diedi una piccola gomitata, ma non reagì. “Allora? Vuoi venire?” ripeté il ragazzo sorridendo. “Certo che vuole venire. Vero Clara?” “S-si con piacere.” Balbettò con un filo di voce. Mark si allontanò ridendo:”Perfetto, allora ti chiamo!” Clara si voltò lentamente per poi urlare e abbracciarmi. Mi misi a ridere anche io e l’abbracciai:”Cosa ti dicevamo? Mark, ti rendi conto? Mark ti ha chiesto di andare al ballo.” Quelli che seguirono furono piccoli urli e risate. “Emma perché non vieni con noi al ballo?” mi chiese Sarah mentre eravamo sedute al tavolo. “Non me la sento.” dissi abbassando la testa. “Sicura? Dai, magari ti distrai un po’, anche solo per un’ora.” “Grazie ragazze, siete davvero gentili, ma non me la sento proprio, mi dispiace, scusatemi.” “Ehi, non devi assolutamente scusarti è normale che tu non te la senta di venire al ballo, però sappi che se hai bisogno di qualcosa noi ci siamo.” Clara e Summer alzarono la testa dal libro di chimica su cui stavano studiando e mi sorrisero:”Ci siamo per qualsiasi cosa, ricordatelo.” Dissero quasi in coro. “Grazie ragazze.” Dissi sporgendomi verso di loro e abbracciandole. Me lo chiesero ancora altre volte prima della sera del ballo, ma io davvero non me la sentivo di andare senza Harry e, sapendo in che condizioni era, non sarei mai riuscita a divertirmi. Le ragazze avevano preso dei vestiti mozzafiato e avevo deciso che ci saremmo trovate davanti a casa mia prima del ballo, perché volevo vederle in abito da sera. “Siete stupende, davvero, i vostri cavalieri sono molto fortunati.” Ci abbracciamo e poi Sarah mi guardò con sguardo triste:”E tu cosa farai stasera?” “Credo che andrò a trovare Harry.” “Ci vediamo lunedì a scuola allora.” “Eccomi.” Dissi mentre entravo nella stanza di Harry. Presi la solita sedia e la misi al solito posto. “Guarda, ti ho portato una rosa.” Dissi mettendola sul comodino accanto al letto. “E’ molto profumata, ed è bella, proprio come te.” dissi sorridendo. “Stasera c’era il ballo a scuola. Sarah, Summer e Clara erano davvero bellissime con quegli abiti lunghi. Mi sarebbe piaciuto tanto andarci, ma come potevo senza il mio cavaliere? Quindi ho preferito venire qui, tanto non mi sarei divertita senza di te.” accarezzai la sua mano e inclinai la testa di lato, triste. “Sai quanto sarebbe bello poter ballare con te? Nessuno dei due è molto bravo a ballare, ma sarebbe stato fantastico comunque, perché saremmo stati io e te. Me lo immaginavo sai, il ballo? Mi immaginavo tu elegantissimo, in smoking, con tanto di papillon e io con un vestito lungo, magari di un colore tenue, come quello che avevo visto nella vetrina di quel negozio. Te lo ricordi? Mi dissi che sarei stata bellissima con quell’abito e che la sera del ballo sarei stata la tua regina, la più bella della serata.” le parole mi morirono in bocca a causa del pianto. Abbassai la testa e strinsi i pugni cercando di non piangere, ma fu tutto inutile e le lacrime cominciarono a bagnarmi il volto. Sospirai mentre ancora singhiozzavo come una bambina e appoggiai la testa in parte alla sua mano. “Non siamo andati al ballo, io non ho il vestito lungo e tu non hai lo smoking, ma io sono sempre la tua regina e tu il mio re.” Dissi mentre cercavo di smettere di piangere. Gli diedi un bacio sulla fronte e mi diressi vero la porta:”Ti amo.” Sussurrai prima di uscire. Ormai erano passate più di tre settimane e l’assenza di Harry si faceva sentire ogni giorno di più. Cominciai a chiedermi quando Harry si sarebbe ripreso, se si fosse ripreso, quando avremmo potuto riabbracciarci e stare di nuovo insieme, come una volta. Ma nessuno sapeva rispondermi, nemmeno i dottori, che lo tenevano sotto controllo giorno e notte. “Non si sa quando potrebbe riprendersi, e se potrebbe riprendersi.” Disse amaramente il dottore a me e mia madre, che silenziose stavamo sedute dall’altra parte della scrivania. Con noi c’era anche la mamma di Harry che, in lacrime, diceva qualcosa fra sé. Andai da lei e l’abbracciai. Le volevo davvero molto bene, era come una seconda madre per me e volevo starle vicino come potevo. Mi sentivo molto vicina a lei, forse perché condividevamo lo stesso dolore, forse perché per entrambe la vita si era come bloccata, fissa al giorno dell’incidente, forse perché eravamo le poche a capire veramente cosa significasse avere il cuore in frantumi. Mi accarezzò la schiena e mi allontanai per farla alzare in piedi. Strinse la mano al dottore e poi si allontanò piangendo verso l’uscita. Mi misi le mani fra i capelli, frustrata e preoccupata per il futuro. Si, perché ora era al futuro che pensavo, al mio possibile futuro senza di lui, al futuro ricco di quel vuoto che l’assenza di Harry avrebbe lasciato per sempre se non si fosse più risvegliato, il vuoto incolmabile che non sarebbe sparito, che sarebbe restato per sempre. La sua assenza era come un macigno enorme che mi impediva in qualche modo di andare avanti, che mi teneva ancorata al passato, senza lasciare spazio alle speranze future. Non mentivo quando gli dissi che mi sarebbe mancato per sempre, non mentivo quando dicevo che sarebbe stato sempre il mio re e che io lo avrei amato per il resto della vita, non mentivo quando dicevo che una parte di me si era addormentata con lui in quel letto di ospedale.

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Il giorno dopo andai a scuola come tutte le mattine da una settimana a quella parte. Solite lezioni noiose, soliti pianti soffocati, qualche risata con le amiche, ma niente di più di questo. Tornai a casa e mia madre mi aspettava per andare a trovare Harry. Non me la sentivo quel pomeriggio, ero più giù del solito e sarei stata volentieri a casa. Non che non volessi andare da lui, anzi, quella era la cosa migliore che occupava le mie giornate, ma quel giorno ero stanca, stressata per la scuola e avevo bisogno di un po’ di riposo. Feci i compiti di scienze che il professore ci aveva dato per il giorno dopo, svolsi qualche ricerca e poi navigai un po’ sul web. Gli occhi erano fissi sul pc, sulle scritte e sulle immagini, ma la mente, quella stava da un’altra parte, stava in ospedale insieme al ragazzo che amavo; il mio corpo era disteso vicino al suo in quel letto che sembrava piccolo anche solo per una persona, le mie braccia erano avvolte attorno alla sua vita, fattasi più esile, gli occhi fissi a quel volto troppo bello per non appartenere ad un angelo, a quei capelli ricci e voluminosi, sempre scompigliati, a quelle labbra rosee che mi piaceva tanto baciare. “Allora? Sei pronta?” disse mie madre entrando in camera. Scossi la testa e mi voltai verso di lei: “Mamma non me la sento di andare oggi.” Dissi con tono triste. “Perché?” mia madre mi fissò con sguardo interrogativo, quasi incredulo davanti alle mie parole. “Sono stanca e voglio riposare.” “Dai, Emma, andiamo che poi so che cambi idea prima di sera.” Sorrisi sapendo che aveva ragione. “Ok, mi preparo e arrivo, aspettami pure in macchina.” Mia madre sorrise e uscii dalla porta della camera. Sembrava felice quel giorno, pensai che avrei dovuto chiederle se era successo qualcosa di bello, magari aveva firmato qualche contratto importante al lavoro, magari papà le aveva fatto un regalo. Il clacson interruppe i miei pensieri. Scesi in fretta le scale e poi, presa la borsa, richiusi a chiave la porta, per poi allontanarmi e salire in macchina, dove mia madre mi aspettava quasi impaziente. Arrivammo all’ospedale una decina di minuti dopo e prendemmo l’ascensore per arrivare al 4° piano dove si trovava la stanza di Harry. Feci un respiro profondo quando misi il primo piede fuori dall’ascensore, quasi preoccupata di sapere quello che mi aspettava. Già lo sapevo che avrei trovato Harry e che niente sarebbe stato diverso dal solito, ma forse per la stanchezza, forse per lo stress mi sentivo più agitata del solito. Percorremmo il lungo corridoio fino ad arrivare alla sua stanza. “Ci vediamo dopo.” Dissi a mia madre che si sedette su una sedia lì fuori. Mi fece un grande sorriso e io ricambiai con uno un po’ più spento. “Ehi sono arrivata.” Dissi mentre aprivo la porta. Strinsi forte la maniglia quasi da far diventare le nocche della mano destra bianche. Un verso confuso e incomprensibile mi uscii dalla bocca, mentre le lacrime uscirono dai miei occhi come una fiume in piena. Quasi caddi in terra quando vidi il sorriso di Harry splendere sul suo viso meraviglioso. Misi il volto fra le mani mentre ripetevo confusamente il suo nome. “Vieni qui.” Il suono della sua voce era la musica più bella che avessi mai sentito: una melodia stupenda di colori caldi mi avvolse quando mi ripeté di avvicinarmi a lui. Le gambe cominciarono a muoversi nella sua direzione e per la prima volta in quasi un mese mi sentii così leggera, così stupendamente bene che mi sembrava di volare, più che camminare. Non sapevo se ci fosse qualcun altro nella stanza, perché per i miei occhi c’era solo lui, nient’altro che lui. Quando fui a pochi centimetri dal letto mi fermai qualche secondo prima di abbracciarlo. Mi chiesi se tutto quello era un sogno, se era notte e io stavo solo facendo il sogno più bello della mia vita. Poi un brivido mi percorse la schiena quando sentii la sua mano sfiorare la mia. Lo strinsi a me come non avevo mai fatto prima, le mani erano intrecciate nei suoi capelli ricci, che sembravano aver ripreso colore, gli occhi socchiusi e offuscati dalle lacrime, la bocca semiaperta, per dire quelle parole che per l’emozione restavano intrappolate nelle labbra. “Ehi.” Disse con tono dolce, sorridendo e accarezzandomi la schiena. “I-Io.. Mi sei mancato da morire.” Sentii che sospirò felice e mi strinse più a lui. Mi allontanai leggermente dalle sue braccia e avvicinai il mio volto al suo, facendo toccare i nostri nasi. “Non ci posso ancora credere.” Dissi ancora fra le lacrime di gioia che non volevano decidersi a smettere di scendere. Sentii la sua mano morbida accarezzarmi il volto e poi lo vidi sorridere. Gli occhi erano del verde che ricordavo, quel verde bellissimo che cambiava a seconda del tempo, quel verde che era come la speranza che ora stava rinascendo in me. “Ti amo.” Disse spalancando la bocca in un sorriso. “Ti amo anche io.” esitai a baciarlo, sembrava così fragile e delicato che avevo quasi paura di fargli del male, ma sentii la sua mano premere sul mio collo per far avvicinare le nostre labbra, fino a farle toccare. Da quanto aspettavo quel bacio? Da quanto non sentivo più quella labbra morbide che si incastravano alla perfezione con le mie, quasi fossero state fatte apposta per me? Chiusi gli occhi e quello che seguì fu uno dei baci migliori che avessi dato ad Harry in tutto quel tempo. “Sei tornato da me, sei tornato davvero.” Sussurai prima di abbracciarlo di nuovo. Andai in bagno per sciacquarmi la faccia, bagnata dalle lacrime di gioia dopo aver visto il ragazzo che amavo tornare a sorridermi. Tastavo con le mani il mio viso e mentre mi guardavo allo specchio mi chiedevo continuamente se quello fosse solo un bellissimo sogno. Mi risistemai come potevo e poi tornai in fretta da lui, che già mi mancava. Era da tanto tempo che non vedevo un suo sorriso, i suoi occhi, non sentivo la sua voce e adesso volevo restare più tempo che potevo accanto a lui. “Fammi un sorriso, ti ho visto solo piangere da quando sei entrata.” Disse Harry facendo segno di avvicinarmi e sedermi sul letto accanto a lui. Gli feci un grande sorriso e poi mi sdraiai accanto al suo corpo caldo. Appoggiai la testa sul suo petto e chiusi gli occhi. Intanto Harry mi accarezzava la testa giocherellando con delle ciocche di capelli. Era la prima volta, da un mese a quella parte che chiudevo gli occhi e sentivo dentro di me la pace, la tranquillità, sentivo che non dovevo più preoccuparmi di niente e mi resi conto che quel riposare così calmo e dolce me lo ero dimenticato. Harry sarebbe dovuto stare in ospedale ancora per un po’, ma non mi importava, adesso che si era risvegliato e stava tornando a stare bene, sarei stata anche lì a dormire se fosse stato necessario. “I dottori dicono che potrò uscire fra un po’ di giorni, speriamo non siano troppi.” Disse Harry con voce profonda accarezzandomi. “L’importante è che adesso stai bene e poi ti verrò a trovare tutti i giorni, verrò a farti compagnia.” Alzai la testa e guardai il suo volto sorridente. “Quando ero...” s’interruppe, spaventato al pensiero di quello che gli era capitato “...quando ero in coma, sei venuta a trovarmi tutti i giorni?” “Ogni giorno.” Sentii il braccio con il quale mi teneva vicina a lui, cercare di sollevarmi per far avvicinare il mio volto al suo. “Non ti sforzare troppo, devi riposare.” Gli dissi intrecciando le sue dita con le mie. “Posso baciarti?” mi guardò dritta negli occhi e mi persi per qualche istante. “E’ un no?” ripeté con tono interrogativo. Tornai alla realtà sentendo la sua voce e mi stupii che ancora mi chiedeva se avesse potuto baciarmi. Sorrisi e mi diedi una spinta coi piedi per avvicinarmi a lui e gli diedi un leggero bacio all’angolo destro della bocca. “E questo lo chiami bacio?” disse con tono sarcastico afferrandomi delicatamente dietro al collo e premendo le sue labbra morbide contro le mie. Lo lasciai fare e dimenticando di dove ci trovavamo, spostai leggermente il mio corpo sopra il suo. Sentii Harry ridacchiare e affermarmi i fianchi. Gli diedi qualche bacio sul collo e intrecciando le mani nei suoi capelli mi misi a ridere sommessamente. “Scusate non volevo.” Disse la voce timida della dottoressa. Mi girai di scatto verso la porta da cui avevo sentito provenire la voce. Tossii come per rischiararmi la voce:”Oh...ehm...salve.” Dissi imbarazzata. Sentii Harry ridere e gli diedi una piccola gomitata:”Piantala.” Dissi cercando di trattenere una risata. La dottoressa uscì svelta dalla stanza, mentre ancora si scusava. “Smettila di ridere.” Dissi, nonostante stessi ridendo anche io. Mi diede un altro bacio interrompendomi. “Harry, dai, non qui.” Dissi staccandomi leggermente da lui. “Dai, che palle, chiudiamo a chiave la porta.” Gli tirai un’occhiataccia. ”Ok, ok, la smetto.” Disse alzando le mani in segno di arresa. Sorrisi e scossi la testa divertita. “Immagina se fosse entrata mia mamma o la tua?” dissi prendendo la sedia e mettendola accanto al suo letto, per poi sedermici sopra. Scoppiò in una fragorosa risata. “Ti diverte proprio questa cosa.” Dissi ridendo. “In quel caso sì che saremmo stati nei casini.” Si sistemò i capelli ricci con le mani, scuotendo la testa. “Direi di sì.” “Ma quindi adesso non mi darai nemmeno un bacio finché non tornerò a casa?” “Credo di no.” Dissi abbassando la testa con sguardo triste. “Cosa? Ti prego dimmi che non sei seria.” disse alzando leggermente la voce, con tono incredulo. Scoppiai a ridere e mi avvicinai a lui dandogli un bacio:”E secondo te riuscirei a resistere?” rise sommessamente mentre mi stampò un altro bacio leggero sulle labbra.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Passò qualche giorno e il pomeriggio andavo sempre da lui e stavo in ospedale fino a sera. Quando uscivo da scuola prendevo l’autobus che mi portava direttamente davanti all’ospedale e poi mia madre mi veniva a prendere verso l’ora di cena. Harry adesso poteva scendere dal letto e camminare, quindi andavamo a fare qualche giretto, a volte facevamo i compiti insieme in camera sua, a volte dormivamo nel pomeriggio: ritornavo sempre molto stanca da scuola e quando mi sdraiavo e mi facevo coccolare da lui mi veniva sempre un gran sonno e così riposavamo insieme. “Ehi.” Dissi entrando nella sua stanza. “Ciao amore.” Disse lui sorridendomi e venendomi incontro a braccia aperte. “Ciao.” Dissi con tono dolce. Il suo abbraccio caldo mi avvolse e appoggiai la testa sulla sua spalla e gli diedi qualche bacio sul collo. “Come è andata a scuola?” “Ehm abbastanza bene: mi ha interrogato in chimica e ho preso un bel voto, per il resto non abbiamo fatto granché.” “Siete andati avanti molto col programma?” mi prese la cartella e l’appoggiò su una sedia. “Un po’, se vuoi oggi posso spiegarti qualcosa.” “Ho paura che mi boccino, ho saltato un sacco di lezioni e ormai avrò perso l’anno.” Si fece cadere sul letto e mise il viso fra le mani. Andai a sedermi accanto a lui per consolarlo. Mi dispiaceva vederlo così perché sapevo che ci teneva molto alla scuola:”Non ti preoccupare, sei sempre andato molto bene e lo sai che se hai bisogno io ci sono, ok?” “Lo so, lo so.” Disse baciandomi e poi avvolgendo un braccio attorno alla mia vita. Mi lasciai coccolare un po’ e poi arrivò la dottoressa per dargli le pastiglie che doveva prendere. Era la stessa che ci aveva visto baciarci. Harry ridacchiò fra sé:”Non era più venuta questa dottoressa, che bella sorpresa.” Mi disse nell’orecchio con voce bassa e roca. Mi misi a ridere senza cercare di farmi sentire. Harry si avvicinò a me e cominciò a mordicchiarmi l’orecchio e a ridere divertito. Lo faceva solo per mettermi in imbarazzo, sapeva che mi infastidiva quando si comportava così davanti alla gente, soprattutto davanti a quella dottoressa che ci aveva già visto in atteggiamenti poco consoni alla situazione. Gli diedi una pacca leggera sulla coscia, ma lui ridendo continuava. La dottoressa era una donna non molto giovane, era bassa e abbastanza robusta. Glielo si leggeva negli occhi l’imbarazzo, ma aveva l’aria di essere così buona, quasi ingenua da non trovare il coraggio di dirci niente. Harry intanto continuava a mordicchiarmi il lobo dell’orecchio e a ridere divertito. “Piantala.” Sussurai. Lei intanto continuava a sistemare le cose negli scaffali e alle volte ci guardava, quasi preoccupata. “Piantala, Harry, non vedi che ci continua a guardare.” “Lo so.” Disse ridendo. “Harry, cazzo piantala, sei insopportabile!” dissi urlando schizzando in piedi dal letto. L’espressione della signora fu impagabile:”Non pensavo che una signorina carina come te dicesse certe cose.” Disse la signora scuotendo la testa. Sentii Harry che rideva dietro di me. Io ero imbarazzatissima e non sapevo più cosa dire. “Meglio se vado.” dissi arrabbiata. Harry smise subito di ridere:”No, Emma per favore, mi dispiace.” disse con tono dispiaciuto. “Vuoi andartene sul serio?” “No, secondo te me ne vado per questo? Però smettila di fare lo scemo quando c’è quella dottoressa, adesso penserà che sono una pazza maleducata.” Mi misi a ridere e lui fece lo stesso, prima di prendermi per i fianchi attirarmi verso di sé. “Ti amo.” Disse sorridendomi e prendendo le mie mani fra le sue. “Ti amo anche io, tanto.” Mi abbassai e gli diedi un bacio sulla fronte coperta da qualche riccio disordinato. “Dove metto questa?” dissi indicando il borsone che avevo in mano. Harry era finalmente tornato a casa e io e sua madre eravamo andate a prenderlo all’ospedale. Sua madre era andata a fare la spesa e nel frattempo io e Harry eravamo andati a casa sua per rimettere a posto i vestiti che aveva portato dall’ospedale. Harry arrivò da dietro di me con un’altra borsa. “Appoggiala lì, non ti preoccupare.” La maglia bianca di cotone che indossava aderiva perfettamente al suo corpo muscoloso e perfetto. Lasciai la borsa e poi andai da lui per aiutarlo con l’altra. “Lascia, ce la faccio da solo.” Disse dandomi un bacio sulla fronte. Si era ripreso davvero bene e ormai anche i graffi erano quasi del tutto spariti. Entrò e appoggiò la borsa in parte a quella che avevo portato io e poi si richiuse la porta alle spalle. “Cosa facciamo adesso?” Disse dirigendosi verso di me e abbracciandomi da dietro. “Non lo so.” Mi misi a ridere. “Dai portiamo in camera queste borse e poi decidiamo.” Disse prendendomi la mano. Prendemmo i due borsoni e li portammo in camera sua. Cominciai a tirar fuori i vestiti e a metterli nell’armadio. Harry si avvicinò e mi prese delicatamente per il polso:”Dai ci penserò io dopo a sistemarli.” Mi disse dandomi un bacio sul collo. “E’ da un po’ che non stiamo soli come adesso.” Dissi accarezzando il suo braccio. “Da un bel po’ direi.” E così dicendo mi diede un bacio sulla bocca. Lo lasciai fare e mi abbandonai ai suoi baci e ai suoi tocchi leggeri. Ansimai quando, mentre mi baciava, sollevò le mie cosce e la fece aderire al suo corpo, ma non lo fermai. Mi fece indietreggiare fino a farmi toccare la scrivania, poi mi prese con delicatezza e mi fece sedere, posizionandosi fra le mie gambe. Ora io ero seduta e lui era in piedi davanti a me. Con le mani sorreggeva le mie cosce, mentre con la bocca lasciava baci leggeri sulla bocca e sul collo. Era da tanto che non avevo un attimo di intimità con Harry ed ero contenta che avessimo quel momento solo per noi. Presi i lembi della sua maglia e gliela sfilai. Lui mi lasciò fare e mi sorrise quando vide che eravamo d’accordo su quello che stava per succedere. Gli abbracciai il collo di mentre lo baciavo dolcemente. Chiuse gli occhi quando cominciai a baciare il suo petto nudo e scolpito. Mi prese in braccio e mi mise delicatamente sul letto. Sorrisi e attirai il suo viso, fattosi lontano, al mio. Vidi che Harry fece per slacciarsi la cintura dei pantaloni e lo aiutai. Era il primo vero momento di intimità che c’era fra noi. Sarebbe stata la mia prima volta e questo mi spaventava parecchio, ma mi lasciai andare, seguendo i suoi movimenti. Sentii la mano di Harry cercare di slacciare i miei jeans, ero emozionata quanto agitata, ma non avevo paura. Ansimai quando sentii la sua mano leggera premere sui miei fianchi e abbassare i jeans. “Ti amo.” Disse sottovoce. “Ti amo.” Gli feci eco io subito dopo. “E’ stato magnifico.” Mi disse attirandomi a sé. Appoggiai la testa al suo petto ancora nudo e disegnai dei piccoli cerchi sugli addominali. Era stata l’esperienza più bella che avessi mai fatto, era stato un po’ doloroso, ma era stata un’emozione impagabile. Era la prima volta anche per lui, ma era stato molto dolce e attento. Arrossii a quel pensiero e sorrisi. “Credo che non avrei potuto chiedere di meglio.” Sorrise alle mie parole, mi tirò a sé e mi diede un bacio. Ci sistemammo prima che arrivasse sua mamma. Harry si rimise la maglia e si riallacciò i pantaloni. Io intanto risistemai il letto e andai in bagno a sistemarmi i capelli. Quando tornai Harry mi venne incontro e mi abbracciò forte:”Mi sei mancata, amore.” Sorrisi alle sue parole dolci e lo strinsi forte a me:”Sapessi quanto mi sei mancato tu.” Poi andammo mano nella mano in salotto e ci facemmo un po’ di coccole sul divano, mentre guardavamo un film. Harry stette a casa ancora per qualche giorno prima di riprendere la scuola e, nonostante mia madre fosse contro, riuscii a convincerla a far stare a casa anche me, almeno gli avrei fatto compagnia. “Posso stare a casa con te, comunque.” Dissi a Harry che era dall’altra parte della cornetta. “Davvero?” mi disse lui felice. “Si, sono riuscita a convincere mia mamma, ci ho messo un po’, ma ne è valsa la pena.” “Perfetto allora.” “Ci vediamo domani. Buonanotte amore.” “Buonanotte, ti amo.” “Per che ora devo essere da te domattina?” “Se vuoi puoi anche venire adesso e stare qui a dormire insieme a me, non mi dispiacerebbe.” Disse lui ridendo. “Dai, scemo, a che ora?” “Quando vuoi, se sto ancora dormendo svegliami.” “Va bene, ci vediamo domani allora.” Feci schioccare la bocca per mandargli un bacio e lui fece lo stesso dopo avermi dato ancora una volta la buonanotte.

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


La mattina dopo mi svegliai con il viso illuminato dal sole. Era una bella giornata e non faceva per niente freddo. Mi alzai dal letto e dopo aver preso qualcosa di carino dall’armadio mi diressi verso il bagno per farmi la doccia e prepararmi. Erano circa le nove e trenta ed ero sicura che Harry stesse ancora dormendo. Finii di vestirmi e poi scesi per salutare mia mamma. “Ci vediamo più tardi.” Le dissi dandole un bacio sulla guancia. Mia mamma si voltò e mi sorrise con affetto. Mi richiusi la porta alle spalle e mi sistemai le maniche stropicciate del cappotto che avevo appena indossato. Poi, mentre ancora avevo la testa abbassata, vidi le sue inconfondibili converse bianche. Sorrisi, sollevai lo sguardo e mi trovai due occhi verdi e sorridenti che mi fissavano. Indossava il suo cappellino azzurro, la fronte era scoperta e qualche riccio ribelle usciva dai lati, incorniciando il suo viso perfetto. “Cosa ci fai tu qui?” dissi sorridendo. Le mani erano nascoste dietro la schiena e tenevano qualcosa. “Cosa hai dietro la schiena?” dissi cercando di sporgermi per guardare. Harry allungò una mano e mi strinse in un abbraccio e poi con l’altra tirò fuori le rose rosse che teneva nascoste dietro la schiena. Sorrisi quando le vidi. “Per la mia principessa.” Mi sussurrò all’orecchio e mi diede un bacio sulla guancia. “Sono stupende, grazie.” Avvolsi le braccia attorno al suo collo e lui si abbassò verso di me per farsi baciare. Appoggiò il suo naso al mio e stemmo un po’ in quella posizione guardandoci attentamente negli occhi. Ripensai a tutto quello che era successo, all’incidente, al periodo difficile che avevo passato senza di lui, a quanto mi fosse mancato. Mi ripresi quando mi diede un leggero bacio sulla punta del naso e fece una buffa smorfia prima di allontanarsi dal mio viso. “Vado a portarle in casa, torno subito.” Camminavamo da un po’ ormai. Gli alberi che costeggiavano il sentiero davano una sensazione di pace e tranquillità. Io e lui, mano nella mano, parlavamo del mese in cui lui era stato in coma, di cosa avevo fatto senza di lui, della scuola. “Quindi il ballo c’è già stato?” “Si...” annuii io triste. “Ci tenevo tanto ad andarci con te.” disse a bassa voce, dispiaciuto. Mi strinse con delicatezza la mano, come per sentirmi più vicina a lui. “Tutto a posto?” dissi guardandolo. “Si, solo che mi sarebbe piaciuto tanto venirci con te. Come eri vestita tu?” disse sorridendo. “Io non ci sono andata, sono venuta da te in ospedale.” Sorrisi a mia volta, anche se in fondo ero triste di non essere potuta andare al ballo con lui. Harry si fermò di colpo:”Sei venuta da me sul serio?” “Certo, come potevo andare al ballo senza di te? Sei o no il mio cavaliere?” Mi strinse forte a sé in un abbraccio inaspettato. Era dispiaciuto, ma lui non aveva assolutamente nessuna colpa. “Mi dispiace, scusa.” Disse avvicinando il suo volto al mio. “Ehi, ma di cosa ti vuoi scusare? Non è colpa tua, ok? Non pensarlo nemmeno. Guardami.” Dissi prendendo il suo volto fra le mani: “Io ti amo e non importa del ballo, non era quello che volevo in quel momento, mi interessavi solo tu e senza di te io non vado da nessuna parte.” Accarezzai le sue guance morbide e poi gli diedi un bacio leggero. “Vedrai, mi farò perdonare.” Disse prendendomi in braccio. “Dove mi vuoi portare?” dissi ridendo. Si sedette su una panchina che costeggiava il sentiero e mi fece sedere sulle sue ginocchia:”Coccolami un po’.” disse immergendo il viso nei miei capelli. Sorrisi a quelle parole che suonavano così dolci. Lo abbracciai forte, più che potevo. “Devi coccolarmi, non strozzarmi.” Disse scoppiando in una risata fragorosa. “Oh, è così quindi? Fatti perdonare adesso.” Dissi ridendo. Prese il mio viso fra le grandi mani e lo avvicinò al suo e poi mi baciò con passione e mi strinse in un abbraccio. “Perdonato?” “Perdonato.” Dissi intrecciando le mie dita con le sue. Arrivammo mano nella mano a scuola. “Pronto per tornare all’inferno?” dissi ridendo. “Col mio angelo custode accanto, sono pronto a tutto.” Disse baciandomi la fronte. Sorrisi alle sue parole. La gente ci guardava, guardava soprattutto Harry, con occhi meravigliati, quasi non potessero crederci che lui fosse lì per davvero. Tanti lo fermavano e gli facevano dei complimenti, dicendogli che era stato forte e che erano contenti che adesso stesse bene, altri lo salutavano dandogli delle pacche sulle spalle e ripetendo ‘bentornato’, fino allo sfinimento. Sapevamo entrambi che il primo giorno sarebbe stato così e non ci stupimmo di questo. Stavamo andando verso gli armadietti, quando una ragazza alta e mora sorrise a Harry e arrivò quasi correndo verso di noi. “Ciao, sono contenta che sei tornato! Stai meglio ora?” disse sorridendo e prendendogli la mano. Inarcai le sopracciglia a quel gesto. “Si, ora sto bene grazie.” Disse Harry abbassando la testa verso la sua mano stretta in quella della ragazza, anche lui sorpreso da questo gesto. “Sono davvero felice. Ci si vede in giro, bello.” E così dicendo gli diede un bacio sulla guancia e si allontanò sorridente. Mi girai verso di lei e le tirai un’occhiataccia. “Harry, devi dirmi qualcosa?” dissi togliendo la mia mano, ancora intrecciata alla sua, guardandolo con sguardo serio. “No, perché?” cercò di riprendermi per mano, ma l’allontanai prima che ci riuscisse. “Cos’era tutta quella confidenza che aveva con te quella ragazza?” “Ah quindi sei gelosa?” disse ridendo. “Harry, non sto scherzando.” Dissi in tono serio allontanandomi da lui. “Emma ti prego, è solo una ragazza, non so perché si sia comportata così, lasciala perdere.” Disse abbracciandomi. “Mmh.” Mugugnai. “Ci provi ancora a toccarti quella.” Dissi girandomi verso la direzione che aveva preso la ragazza impertinente. “Non fare così, lo sai che voglio solo te.”disse dandomi un bacio e avvolgendo un braccio attorno ai miei fianchi. Io e lui andammo a corsi diversi quella mattina e ci ritrovammo in mensa per la pausa pranzo. Sorrisi mentre, avvicinandomi, lo vidi al nostro solito tavolo. “Torniamo alle solite, vecchie abitudini.” Dissi abbracciandolo. “Ehi. Come è andata stamattina.” Mi diede un bacio e poi mi fece sedere accanto a lui. “Bene. E a te?” “Abbastanza bene, ho scoperto che ho un sacco di cose da studiare e da recuperare, ma i professori hanno detto che se mi riprendo bene la mia promozione non sarà così difficile da raggiungere.” “Te lo avevo detto.” Dissi sfiorando con l’indice la punta del suo naso. “Avrei una proposta per stasera.” Mi disse lui cominciando a mangiare. “E sarebbe?” “Hai presente la ragazza di stamattina?” “Si e se riguarda lei non mi interessa.” Dissi sbuffando infastidita. “No, ascoltami prima. Ha detto che questa sera darà una festa a casa del suo patrigno e ci ha invitato. Ci andiamo?” “Non lo so, non mi piace quella ragazza.” Dissi volgendo lo sguardo da un’altra parte. “Dai, fallo per me...” disse facendo gli occhi dolci e avvicinandosi al mio volto. “D’accordo, ma solo perché me lo hai chiesto in questo modo. Prometto che da oggi in poi quegli occhioni non mi fregheranno più.” Si mise a ridere e mi diede un bacio sulla guancia. “Ti adoro.” “Io un po’ meno.” Dissi sorridendo. ‘Passo a prenderti alle 20. Ti amo’ diceva il messaggio che Harry mi mandò nel pomeriggio. Andai in bagno a farmi la doccia e poi misi un vestito carino e mi truccai un po’. Alle otto in punto Harry suonò al campanello e mia madre lo fece entrare. Li sentii parlare mentre scendevo le scale. Quando Harry mi vide fece un sorriso e dopo essersi avvicinato mi sussurrò all’orecchio:”Sei molto sexy.” Per poi mettersi a ridere. Gli diedi un piccola pacca, imbarazzata, sperando che mia mamma non avesse sentito niente. Salii in macchina subito dopo di lui. “Non dire queste cose davanti a mia madre, potrebbe sentirti.” Dissi ridendo un po’ imbarazzata, ripensando alla scena. Si mise a ridere aggiungendo:”No, sul serio, sei favolosa.” Mi mise una mano sulla coscia e le mani leggermente fredde mi fecero venire un brivido. “Sei ghiacciato.” Dissi prendendo la sua mano fra le mie. Mi avvicinai a lui e gli diedi un bacio sulla bocca:”Sei molto sexy anche tu, comunque.” Dissi prima di risedermi sul sedile. Harry mi fece un sorriso malizioso e poi mise in moto la macchina. Arrivati davanti al cancello della casa Harry venne ad aprirmi la portiera ed andammo mano nella mano verso la porta d’ingresso. La mora ci aprì e sorrise quando lo vide. Feci una smorfia e strinsi di più la mano ad Harry, che mi guardò e sorrise per tranquillizzarmi. La casa era molto bella e spaziosa, c’era tantissima gente che ballava e beveva dei drink. Passò un po’ di tempo e io ed Harry ci sentivamo un po’ a disagio perché non conoscevamo molta gente. “Vado a prendere qualcosa da bere. Vuoi qualcosa?” “No grazie. Fai in fretta, non voglio rimanere qui da sola.” “Più in fretta che posso.” Disse lui. Aspettai qualche minuto e Harry non tornava. Decisi di andare verso il bancone dove c’erano i drink e quello che vidi mi fece così rabbia e dispiacere allo stesso tempo che gli occhi si riempirono di lacrime. “Perché mi stai facendo questo?” Vidi Harry che spinse via la mora che lo baciava e corse verso di me. Scappai piangendo fuori dalla stanza gremita. “Emma, è stata lei, te lo posso giurare, io non volevo.” Urlò verso di me mentre correvo via da lui. Mi afferrò per il polso e con delicatezza mi fece avvicinare a lui. Mi allontanai bruscamente:”Sei l’unica, ti amo, sei il mio angelo. Cazzate, Harry, una montagna di schifose cazzate.” Gli urlai contro infuriata. “Sai cosa vuol dire fidarsi ciecamente di qualcuno, da arrivare a pensare che non sia nemmeno capace di tradirti. Lo sai, Harry?” il mio tono di voce continuava ad aumentare, così come le lacrime. “Emma, per favore, fammi spiegare...” “Ti sono stata vicino più di tutti, sempre, quando stavi bene e quando stavi male, sei la persona che amo di più di tutte, eri, sei tutto per me, perché mi hai fatto questo?” poggiai la schiena contro il muro freddo e scivolai, fino a trovarmi seduta a terra. Mi coprii il volto con le mani e non vidi Harry che si era avvicinato. “Emma ti prego, devi ascoltarmi: mi ha colto di sorpresa, non volevo baciarla è stato tutto un malinteso, per favore, credimi.” “Stammi lontano.” “Emma, ti prego.” “Harry stammi lontano.” “Non capisci..” presa dalla rabbia e confusa da tutto ciò che stava accadendo alzai la mano e diedi ad Harry uno schiaffo. Sentii lo schiocco che la mia mano fece contro la sua guancia, mi alzai da terra: “Non ti voglio più vedere.” Dopo tanto tempo vidi Harry piangere. Poche lacrime gli rigavano il volto, gli occhi rossi e se ne stava lì in piedi, impotente, con la mano vicina al viso che avevo colpito poco prima. Me ne andai a testa bassa e uscii sbattendo la porta. Il ragazzo che tanto amavo, il mio migliore amico, che mi aveva tradita, davanti a tutti. Dopo tutto quello che avevo fatto per lui, dopo tutto l’amore che gli avevo dato. Mi aveva ripetuto tante volte che mi amava, che ero l’unica per lui e ora tutte quelle parole si trasformavano in cenere e volavano via, come spazzate dal vento. La rabbia e il dolore non riuscivano più ad essere distinti. Le lacrime avevano smesso di scendere e le mani erano contratte in due pugni serrati. Mia madre venì a prendermi e quando salii in macchina vidi la figura di Harry spuntare dalla porta d’ingresso e nonostante fosse lontano vidi che puntò i suoi occhi verdi nei miei. Era uno sguardo vuoto, dispiaciuto, ma non mi importava, perché ora l’unica cosa che provavo era rabbia.

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