One Piece a modo mio

di Bibichan2710
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro-parte prima ***
Capitolo 2: *** L'incontro-parte seconda ***



Capitolo 1
*** Incontro-parte prima ***




L'incontro-parte 1

Una città abbandonata di notte. Sul fianco di una collina. In riva al mare.

Sono queste le prime tre cose di qui mi accorgo prima che il malore tanto agoniato si impossessi di tutto il mio essere.

Ho la vista offuscata e piove a scrosci.

C’è acqua dappertutto. Che sgocciola. Sgocciola.

Comincia a girarmi vorticosamente la testa  e benchè sia preparata a questo momento, ne rimango ugualmente scioccata. Adesso tutto mi sembra molto lontano e allo stesso tempo incredibilmente vicino.

Sono stata avvertita che avrei potuto avere delle allucinazioni, e quelle infatti non tardano ad arrivare. Una strana canzone mi ronza nelle orecchie. Come il tintinnio di migliaia di vocine.

Sopra di me un corvo sbatte le ali nella pioggia e, stridendo, scompare nel buio.

Un lampo illumina per un attimo la strada sotto i miei piedi, ma l’unica cosa che riesco a scorgere è un vicolo cieco tra due palazzi antichissimi di pietra. Non servono più ad ospitare famiglie, sono solo un mucchio di sassi.

Ciò che ha ridotto questo posto così è un mistero.

Un topo sfreccia tra le rovine impazzito, come se cercasse di uscire da un labirinto. Una trappola mortale.

D’istinto guardo nella direzione in cui se ne va. C’è un tumulo e aldilà di esso il profilo di una spiaggia si staglia in controluce al bagliore di un secondo fulmine.

L’acqua fredda mi impregna la pelle e l’aria è inquinata dal profumo di salsedine.

Stringo i denti per il freddo e il malessere e resisto alla tentazione di lasciarmi andare in balia dell’incoscienza solo grazie al ricordo della mia missione.

La mia è stata una promessa. Ho dichiarato esplicitamente che sarei stata capace di farlo, anzi che sono l’unica in grado di compiere un’impresa simile.

Non devo mollare. Fo un passo avanti. Poi un’altro. Le mie gambe sono quasi del tutto insensibili e i crampi provocati dalla sforzo di camminare sono insopportabili.

Non posso deluderli. Mi trascino in avanti andando a casaccio perchè la visibilità è scarsissima.

Un altro piccolo sforzo. Devo farcela, mi dico. Devo riuscire ad arrivare in spiaggia. Là forse qualcuno mi troverà e mi aiuterà. Dovranno pure arrivare delle navi, no?

Supero un cumulo di macerie e dei ciuffetti d’erba rinsecchita e i miei piedi sprofondano nella sabbia bagnata.

Le lacrime si mischiano alle gocce d’acqua, ma non mi arrendo.  So che arriverò alla spiaggia. Gli altri devono vedermi. Così mi troveranno.

Un’altra vertigine mi fa perdere l’equilibrio e cado a terra. Sono sfinita e ormai non c’è più niente da fare.

Mi resta solo da sperare che il mio piano si realizzi.

Il nero si fa largo dentro di me e io non lo fermo. Lascio che mi abbracci e mi porti in quel universo di perdita di coscienza. Solo così avrò un po’ di sollievo.

§

Vuoto. Nero. Oscurità. Mi sembra di essere immersa in un universo denso e appiccicoso di dolore. Le vene mi pulsano nella testa con un’intensità tale che immagino che mille martelli si stiano abbattendo sul mio cranio.

“Ma che posto è questo?”

L’eco stesso  del mio pensiero mi rimbomba nella mente e il respiro mi si mozza per un istante.

-Poverina! Sta soffrendo moltissimo! Chissà che cosa le sarà successo...- una donna ha parlato e nell’attimo stesso in cui ha aperto la bocca per esprimere la sua preoccupazione, un inaspettata sensazione di familiarità si abbatte su di me. -Sanji, dici un’altra volta come sei riuscito a trovarla!

-Subito mia cara!-

Sanji. S-a-n-j-i. Perchè questo nome mi ricorda qualcuno?

Un fruscio mi giunge alle orecchie, il rumore di qualche cosa che struscia contro qualche cos’altro di ruvido e pochi attimi dopo sento un odore di fumo di sigarette pizzicarmi le narici.

-Dopo che siamo approdati su quell’ isola, stavo andando a cercare provviste, come mi aveva ordinato Nami-san. Ad un certo punto, arrivato alla fine di una piccola insenatura, ho notato una figura stesa sulla spiaggia. Mi sono avvicinato e mi sono trovato davanti questa bellissima dea, priva di sensi e ricoperta dalla polvere.- il tono che sostiene la sua voce profonda e armoniosa è triste, come se ci tenesse veramente alla sfortunata ragazza del suo racconto.

-E non è ferita! Ma comunque nelle sue condizioni mi meraviglio che qualche pesce marino particolarmente feroce e affamato non l’abbia divorata!-

-Robin, certe cose non le devi nemmeno pensare!- l’ultima è una voce maschile, risentita  e un po’ fifona. Ha cercato di rimproverare la donna che ha pronunciato quelle terribili parole sulla ragazza, ma dall’inclinazione tremolante di certe sillabe ho capito che probabilmente il possessore non è molto coraggioso.

Accidenti, tutto questo stare attenta ai particolari mi fa stare peggio che mai. Devo assolutamente andare via da questo luogo di tortura!

-Oi, Chopper! Si sta svegliando!- qualcuno grida vicino a me.

Miliardi di pezzettini di ghiaccio mi esplodono nella testa per l’improvviso frastuono.

-Rufy, non urlare così! La fai stare peggio!- il tipico rumore di zoccoli che sbattono sul pavimento si fa più vicino a me.

Lo avverto. Percepisco lo sguardo di tutti puntato su di me ma io non posso andare avanti così. Devo capire che cosa mi sta succedendo e dove mi trovo.

Faccio uno sforzo immenso e lentamente apro gli occhi, ma il primo fascio di luce per poco non mi acceca. Li rinchiudo  e li riapro poco dopo. Questa volta ad accogliermi ci sono due paia d’occhi neri, ingenui e curiosi come quelli di un bambino, che spuntano da sotto un cappello di paglia.

-Hihihi! Finalmente ti sei svegliata!-il ragazzo a cui quei occhi appartengono si fa indietro e mi sorride, di un sorriso bellissimo a trentadue denti.

Lascio correre il mio sguardo sui presenti ed ho di nuovo la sensazione di conoscere tutti in quella stanza. Porto una mano alla fronte e confusa domando flebilmente:

-Non capisco...ma voi chi siete?-

Non sento la risposta perchè uno stetoscopio mi viene appoggiato sul petto e, quando mi rendo conto che dall’altra parte di quel aggeggio medico c’è una specie di procione con un buffo cappello, urlo per la sorpresa. Nel movimento che faccio sbatto la testa contro la parete e il dolore, andando ad aggiungersi a quello che già mi sta logorando, mi fa svenire.

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Capitolo 2
*** L'incontro-parte seconda ***




La luce penetra in obliquo dalla piccola finestrella e si spalma su tutti i computer. Quando entro nel laboratorio per me è come ritrovarmi in un’altro mondo. Anzi è proprio così. Il laboratorio è un altro mondo. Letteralmente.

-Agente 859, che cosa fai? Perdi di nuovo tempo come al tuo solito? Non sai che qui c’è moltissimo lavoro da fare?- sorrido.

Il caro professor Holland. Osservo il suo camice sempre impeccabilmente bianco e la zazzera di capelli sempre spettinati.-Arrivo, però lei veda di non chiamarmi così. Sa che mi piace il mio nome!- non aspetto altro. Mi metto subito davanti ad un computer e le mie dita scivolano sulla tastiera come d’abitudine. Del resto il professore ha ragione. Quando si ha uno scopo nella vita non bisogna perdere tempo inutilmente.

§

-PROFESSOR HOLLAND!!!- mi sveglio di soprassalto levandomi a sedere. Il mio risveglio è brusco perchè finalmente ricordo qualcosa. Il professor Holland.

Eppure questo non mi aiuta affatto a dare un nome alle facce che ora mi guardano stupite .

-Ci dispiace di averti spaventata! Però non preoccuparti, non vogliamo farti alcun male!- una ragazza con i capelli corti e arancioni si è rivolta a me cercando di rassicurarmi.

-Che..che volete da me?- sono disorientata e spaventata. Sento che le forze mi stanno tornando ma al contrario, i ricordi svaniscono. Ma che mi sta succedendo?

Perchè mi trovo in questa stanza?

Gli interrogativi si affollano nella mia testa e, in preda all’ansia, mi metto seduta sul bordo del letto. Il professor Holland. Devo trovarlo subito. Lui mi saprà dire che fare.

Mi accorgo che quelle sensazioni di familiarità sono sparite del tutto. Non riesco nemmeno a riconoscere i pantaloncini cortissimi di colore blu scuro e il top che sto indossando.

Improvvisamente nella mia mente appare l’immagine di una ragazza sporca di sabbia e terribilmente debole che sta camminando su una spiaggia. Mi riconosco in lei. Ma allora perchè i miei vestiti sono diversi?

Quelli individui, sì deve essere così, mi avranno drogata perchè la realtà mi appare distorta ed improbabile.

-Non dovresti sforzarti tanto!- quel piccolo procione di prima mi parla di nuovo e io sento i brividi percorrermi la schiena.

Chiudo gli occhi e inizio a correre, facendomi spazio tra i presenti. Gli animali non parlano! Gli animali non parlano! Io non sono pazza!

-Oi, ma dove vai?- qualcuno cerca di fermarmi, supplicandomi di rimanere. Ma io devo fuggire!

Sbatto il naso contro qualcosa di duro e quando alzo la testa per vedere di cosa si tratta, mi ritrovo davanti un mezzo sorriso sghembo e uno sguardo penetrante. Indietreggio terrorizzata. L’espressione di quel uomo che porta degli eccentrici capelli di colore verde non mi piace.

Evidentemente vuole cercare di sembrarmi più amichevole perchè lascia cadere le mani sui fianchi e mi sorride di nuovo, con scarsi risultati.

No, no, no! Non sto diventando pazza!

Mi volto e apro la porta!

Il vento mi frusta il volto.

Mi sarei aspettata di tutto, ma mai di ritrovarmi una distesa infinita di mare davanti. L’acqua del mare questo pomeriggio è limpida come cristallo ed un particolare tipo di turchese si espande sulla superficie liquida. Alcuni gabbiani si pavoneggiano ad alta quota in acrobazie degne dei più grandi trapezisti del mondo.

Sono su una nave.

Mi sporgo oltre il parapetto ed osservo un branco di pesci argentati sferzare le onde.

La porta cigola e nel voltarmi, mi ritrovo davanti tutti loro che stanno uscendo dalla cabina sottocoperta.

-Mi dite chi siete?-chiedo un po’ più calma.

Le gambe cominciano a tremarmi perchè ormai l’effetto dell’adrenalina comincia a svanire. Mi sto sentendo male di nuovo.

-Hihihi, ma noi siamo pirati!-mi risponde quello con il cappello di paglia mentre se ne sta sicuro di se con le mani sui fianchi e il solito sorriso.

-Guarda! Quella bandiera rappresenta il simbolo delle nostre promesse!-seguo con lo sguardo la direzione da lui indicata.

Vedo un teschio disegnato su uno sfondo nero agitarsi al ritmo del vento e rabbrividisco.

Solo allora realizzo quello che mi ha detto.

-Voi...rabbrividisco dei...siete dei PIRATI???-

Un conato di nausea rischia di farmi soffocare. Un piede mi scivola sull’altro e per poco non finisco a terra, ma un braccio forte e rassicurante mi sorregge appena in tempo.

-Attenta Milady! Potresti farti male!-

Sento le farfalline nello stomaco e non so perchè.

L’uomo che mi sta tenendo ha i capelli biondi e un sopracciglio a forma di ricciolo, gli occhi dolci e gentili.

Mi perdo nell’oceano profondo delle sue pupille mentre il calore del suo contatto si diffonde in tuto il mio corpo.

Gli appoggio una mano sul petto nel tentativo di respingerlo, ma mi rendo conto immediatamente dell’errore compiuto.

Un’energia mai provata prima mi esplode nella mano e da lì, come una linfa vitale, comincia a scorrermi  nelle vene.

So che voglio interrompere il contatto perchè tutto questo mi spaventa, però non ci riesco. Stare così mi fa sentire meglio. Quella specie di malattia che mi ha rovinato le ultime ore sta svanendo piano piano e incomincio a sentirmi veramente carica.

Lo guardo negli occhi e vedo che il loro colore diventa sempre più chiaro e finalmente riesco a capire qual è la verità.

La memoria mi torna in un lampo.

Adesso so chi sono io e chi sono loro. Capisco la forza del mio potere.

Guardo Sanji e mi rendo conto che è sorpreso e che non sa spiegarsi la situazione. Tuttavia rimane immobile senza muovere un muscolo aspettando che sia io a fare la prossima mossa.

Abbasso le palpebre e mi concentro sulle sensazioni che mi invadono. Pace. Tranquillità. Sicurezza. Come una sorgente prosciugata ricomincia a scorrere con la pioggia, allo stesso modo le mie forza stanno tornando a gala.

Sorrido a Sanji, che non capisce perchè sta diventando sempre più stanco. Inverto il flusso di energia finchè le forze di entrambi si eguagliano.

Mi stacco da lui e mi concentro sugli altri. Che emozione ritrovarsi faccia a faccia con loro.

Mi concedo qualche secondo per osservarli e chiedere mentalmente scusa a Chopper per aver pensato che fosse un procione. Poi sorrido, di un sorriso vero, di pura felicità.

-Il mio nome è Mary! Felice di conoscervi!-

E la mia avventura può avere inizio.

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