rewind

di Lala_Pensiero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** se solo potessi tornare indietro... ***
Capitolo 2: *** Inquietudine ***
Capitolo 3: *** Presentazioni ***
Capitolo 4: *** Harrison ***
Capitolo 5: *** Il gatto e il topo ***
Capitolo 6: *** La festa ***
Capitolo 7: *** giorno di lavoro numero uno ***
Capitolo 8: *** Azzurro che danzava nel grigio ***
Capitolo 9: *** Diamine se lo volevo ***
Capitolo 10: *** Una nuova casa ***
Capitolo 11: *** Gelo ***



Capitolo 1
*** se solo potessi tornare indietro... ***


La felicità è così effimera che non si ha il tempo neanche per godersela. Questo pensavo mentre ero in bilico tra la vita e la morte. La strada che avevo deciso di percorrere mi aveva portato solo a delusioni e tristezza e infine alla morte, o almeno molto vicino a questa. Ricordavo la prima volta che ti vidi, con quella camicia bianca, quando in seguito ti dissi che con la camicia sei più bello del solito, ti mettesti a ridere, prendendomi in giro per quello che ti avevo confidato. Questo è stato il mio ultimo ricordo, mentre mi si annebbiava la vista, avevo in mente quei tuoi occhi ridenti che mi guardavano con tristezza e passione allo stesso tempo.

Mi chiamo Monica Bryans, Mony per le amiche, giornalista di successo prima dei “fatidici trenta” e non solo grazie alla mia figura slanciata e ai lunghi capelli biondi, ma anche per merito del mio essere curiosa, sì tutto mi interessava e scoprivo così i più grandi scandali e non solo. Scrivevo per il “Daily” sotto falso nome per non essere facilmente riconosciuta dai vari criminali che sono strati messi in carcere a causa delle mie indagini, naturalmente non c’erano mie foto a fronte dell’articolo e quindi potevo girare per la città senza problemi, avere una vita, amicizie, amori senza essere riconosciuta da eventuali maniaci psicopatici.
Tutto questo finché un giorno tu, bello come non mai,  non ti presentasti davanti alla mia scrivania al lavoro e mi dicesti: <<< Lei è la signorina Bryans? >>. Ricordo che mi lasciasti sconvolta a tal punto da farmi rimanere senza parole, senza pensare agii d’impulso. Ti afferrai per il braccio piuttosto brutalmente, devo ammettere, e ti portai dentro l’ascensore, per non essere sentita da nessuno, <<< Come fa lei a sapere il mio vero cognome? >>, ti chiesi spaventata, tu hai sorriso e mi dicesti <<< So più di quanto lei possa immaginare, ma evidentemente questo non è un buon posto per parlarne, che ne dice di vederci domani alle 18 al Palace?  La aspetto, arrivederci >>, hai detto scendendo dall'ascensore senza darmi tempo di rispondere e sono rimasta lì, senza parole.

Il nostro primo incontro. Mi sei piaciuto da subito e credo te ne fossi accorto. Mi sono sempre sentita così impacciata con te, mentre tu eri così sicuro così pieno di te. Avrei dovuto capire tutto da subito.


Tornai alla scrivania, dove mi aspettavano le mie colleghe bramose di sapere come mai  quell'uomo bellissimo che era entrato cercasse proprio me. Non detti risposta, non perché mi desse fastidio la loro curiosità, ma proprio perché neanche io lo sapevo. Forse ero già gelosa. Quell'uomo che era entrato in redazione portando domande e lasciando solo la scia del suo profumo dietro di sé.




Ciao :) questa è la prima storia che scrivo.
Non vi voglio ammorbare, spero che 
il primo capitolo vi piaccia.. Baci :*

p.s. scusatemi tanto non mi ero accorta che il testo tra virgolette non si leggeva :) ora dovrebbe essere apposto, se non leggete comunque fatemelo sapere :D

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Capitolo 2
*** Inquietudine ***


Continuai a lavorare provando a non pensarci, provai a tenermi impegnata in tutti i modi, ma i minuti scorrevano lenti come mai ed ero troppo distratta per continuare a lavorare al mio articolo, così; provai a scoprire qualcosa di te, certo non potevo digitare "uomo misterioso biondo con occhi di ghiaccio"; su Google, dunque ho provato tra i ricercati dalla polizia, ma non trovai assolutamente niente,quindi provai tra quelli ricercati dall'FBI non trovando niente, provai ad entrare nei loro archivi e, pur essendo un hacker con i contro fiocchi, venivo rifiutata dal sistema e non potevo rischiare di essere messa in prigione cercando qualcuno che probabilmente in quegli archivi non c'era neppure, così spensi tutto e tornai a casa guardandomi intorno sicura che stesse per succedere qualcosa. Arrivata nel mio appartamento accesi tutte le luci e controllai tutte le stanze cercando qualcosa d'insolito, controllando se qualcuno fosse venuto a rovistare tra le mie cose, ma tutto era come sempre, niente mobili spostati o libri in disordine. Ormai le mie paranoie mi stavano snervando così chiamai una mia amica e lasciai parlare lei per quasi due ore, rispondendo a monosillabi alle sue domande o con versi e mugugni ai suoi racconti. La salutai dicendo di dover andare a dormire, lei si mise a ridere e disse:<< Mony è sabato sera! Non puoi andare a dormire alle dieci! >>, le risposi dicendo che ero stanca e abbassai senza salutarla, le avrei chiesto scusa in un altro momento perché l'inquietudine stava salendo alle stelle. Mi misi a letto e non riuscendomi ad addormentare presi del sonnifero in modo da poter sprofondare in un sonno profondo e senza sogni. Ciao! Il personaggio di Monica mi é sempre piaciuto a voi? Fatemi sapere Un bacio -L

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Capitolo 3
*** Presentazioni ***


Il mattino dopo mi svegliai che era quasi mezzogiorno. Mi trascinai in cucina iniziando a preparare il pranzo con la mente ancora annebbiata dal sonnifero. Quando mi ricordai cos’era successo il pomeriggio prima  il mondo mi crollò addosso. Svenni. Quando ripresi i sensi ero circondata dai pezzi di porcellana del piatto che avevo in mano quando ero caduta per terra e che si era inesorabilmente rotto. Mi alzai in piedi e iniziai a raccogliere i cocci del piatto, mi tremavano le mani e, per questo, infatti, mi tagliai un palmo.
 Alla vista del sangue che usciva dalla ferita, mi venne la nausea e dovetti correre in bagno a medicarmi. Quando tornai in cucina, buttai i pezzi del piatto insieme con quello che rimaneva del mio pranzo perché la fame mi era inevitabilmente passata. Rimasi sul divano a guardare quei vecchi film che danno in televisione la domenica per chi non ha niente da fare, alle cinque mi alzai e iniziai a prepararmi.
 Una parte di me era spaventata da quello che sarebbe potuto succedere il pomeriggio e la tentazione di scappare era molta, l’altra era incuriosita da come quell’uomo era venuto a conoscenza della mia vera identità e da cosa mi avrebbe detto il pomeriggio. Mi infilai dei pantaloni neri molto aderenti e un elegante top, mi truccai e mi misi dei grandi occhiali neri che nascondevano i miei occhi azzurri. Erano già le sei quando decisi di lasciare i capelli sciolti e misi degli stivaletti con un tacco altissimo, data la notevole differenza d’altezza tra me e quell’uomo.
Avevo fatto chiamare un taxi dal mio portiere e arrivai al Palace con mezz’ora di ritardo, sperando che l’uomo misterioso mi avesse aspettato, infatti eri seduto in uno dei tavolini nel giardino del locale. Ti raggiunsi e scivolai nella sedia davanti alla tua con nonchalance. Tu mi guardasti con quegli occhi così chiari da sembrare grigi e ti soffermasti sorridendo sulla mia imbarazzante fasciatura alla mano, pensando chissà cosa, anch’io provai a inquadrarti meglio, di sicuro, mi dissi, eri uno sportivo, si vedeva dalla muscolatura evidente sotto la tua maglietta aderente bianca. Nonostante i miei occhiali scuri tu ti accorgesti del mio sguardo che indugiava sui tuoi muscoli e ti sfuggì un sorriso. Io arrossì e biascicai un “salve”, tu dicesti:<< Ancora non ci siamo presentati, piacere William Sage, così magari non entra più negli archivi dell'FBI >>, e mi porgesti la mano, te la stinsi e riuscii a dire solo:<< Perché mi ha cercata e come ha fatto a trovarmi? >>, tu ti facesti all’improvviso serio e dicesti:<< Monica ci hanno informato che lei è una persona molto sveglia e abbiamo pensato di rivolgerci a lei per una faccenda di massima importanza. Non è stato difficile scoprire la vera identità della “Black Girl”, il suo capo al giornale ci ha comunicato tutte le informazioni necessarie sul suo conto e così ieri sono venuto in redazione e l’ho vista per la prima volta >>.
<< Sì ma non riesco a capire perché mi ha cercata! >>,  dissi interrompendoti.
<< Vedo che non è paziente- dicesti sorridendo- bene ora arrivo al punto. Lavoro per la sicurezza nazionale. Tempo fa lei ha scritto un articolo pericoloso accusando persone di traffico illecito d’armi, purtroppo sono usciti tutti qualche tempo fa dal carcere per opera di qualche magnate di cui ancora non si scopre l’identità. Lei come Monica Bryan è in pericolo perché nel mondo malavitoso si sospetta che lei possa avere qualcos’altro da dire su questo caso. Le potremmo proporre un programma di “ protezione testimoni”, ma abbiamo anche un’altra alternativa per lei. Noi sospettiamo che stiano creando un chip da impiantare nel cervello dei soldati capace di mandare scariche elettriche a bassa intensità che aiuterebbero i soldati a sopportare meglio il dolore di una ferita. Pensi a quanto potrebbe essere pericoloso nelle mani sbagliate. E le nostre fonti ci comunicano che probabilmente stanno creando una nuova arma, potente quasi quanto una bomba atomica, con la differenza che questa si può comodamente portare con sé. Riteniamo che vogliano vendere queste armi a degli estremisti islamici scatenando così una guerra senza precedenti >> ti fermasti per riprendere fiato e nel frattempo era arrivato anche il cameriere, ordinammo due caffè e, quando se ne andò, ti chiesi:<< Ma a cosa vi servo io? Non vedo la mia utilità! >>.
<< Monica lei è più importante di quanto può sembrare, ci serve un infiltrato dentro quell’organizzazione e non riusciamo a pensare a nessuno più appropriato di lei perché già ha avuto a che fare con queste persone e non è facilmente rintracciabile, come lo saremmo noi... >>.
<< Ma come mi avete rintracciato voi, non potrebbero trovarmi anche loro, avrebbero anche un motivo in più per uccidermi sul colpo? >>, dissi interrompendoti di nuovo.
<< No è altamente improbabile. Prima di tutto ti daremmo un’altra identità a prova di bomba e poi non potrebbero mai risalire a “Black Girl” e si sa che quello che si cerca non si trova quasi mai se lo si ha sotto gli occhi. Allora è con noi? >>, mi facesti l’occhiolino.
<< Potrei sapere in cosa consiste di preciso il mio ruolo? >> chiesi.
<< Temo di no, non sono autorizzato a dirle tutto nei dettagli, semmai accettasse la porterei in una base e un mio superiore le riferirebbe tutto, solo che una volta accettato non si può tirare indietro >>.
<< Ok, ci sto>>. No non è vero, non sapevo cosa stessi dicendo. Ero terrorizzata da te quanto dai trafficanti.
<< Bene, l’aspetto domani mattina alle dieci sotto casa sua, mi raccomando porti qualche vestito, specialmente elegante e tutto quello che le serve, dato che lei non tornerà più in quella casa per qualche tempo. Al suo lavoro ci penseremo noi, non si deve preoccupare di niente, buona serata Monica>>.
<< Mi può chiamare Mony >> dissi.
<< E tu puoi chiamarmi Will, staremo molto tempo assieme nei prossimi mesi, direi che le formalità se ne possono andare al diavolo>>, dicesti e sorridesti.
 Ti alzasti, pagasti il conto e te ne andasti lasciandomi sola seduta al tavolino. Salve :D mi scuso per eventuali errori sul testo, ma sto litigando col codice html xD fatemi sapere se la storia vi piace Monica è sempre più spaventata da questo uomo, perché lei? cosa ci sarà nel suo passato? e Will? Chi è questo uomo? cerco di pubblicare il prossimo capitolo a breve, ma vi prego fatemi sapere che vi sembra. Baci -L

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Capitolo 4
*** Harrison ***


 Mi alzai e fermai un taxi. Tornata a casa iniziai a preparare le valigie per non pensare alle conseguenze di quello che avevo appena fatto, ma purtroppo prima di dormire il peso delle mie azioni si fece sentire e mi misi a piangere pensando che non avrei potuto più sentire le mie amiche per mesi, cosa dico. Non le avrei riviste mai più probabilmente. Non sarei mai più stata Monica Bryans. Poi mi ripresi e misi la sveglia.
 Mi addormentai subito.
 Al mio risveglio c’era un messaggio nel mio telefono: “Di a tutti che vai in vacanza, a tra poco. W”. Così chiamai le mie amiche e i miei amici, finì di fare le valigie e alle dieci precise chiusi a chiave il mio appartamento con le lacrime agli occhi. In ascensore mi ritruccai e mi misi gli occhiali neri. Il portiere mi venne incontro e prese tutte le cinque le mie valigie dicendo “ Buone vacanze signorina Bryans”, mi sforzai di fargli un sorriso. Lui posò i miei bagagli in una limousine che mi aspettava, sapevo che all’interno c’eri tu e salì senza controllare. Appena salita la macchina partì.
<< Viaggi leggera? >>, mi dicesti ridendo.
<< Beh non puoi evitare che una donna porti quasi tutto il guardaroba con sé se deve stare via per mesi >>, ti risposi.
Tu ti mettesti a ridere. Amavo la tua risata quasi quanto il tuo sorriso tanto enigmatico.
Ero troppo impegnata a non piangere davanti a te per prestare attenzione a dove andavamo. Non parlammo più finché non arrivammo al palazzo dove evidentemente era situata la base della tua organizzazione. Non sapevo neanche esistesse l’ ATN. Tu scendesti e mi precedesti salutando quasi tutti quelli che incontravi mentre camminavamo.
 Mi guardasti attentamente e ti avvicinasti facendomi venire un colpo al cuore, volevi solo togliermi gli occhiali neri << Il capo non apprezza gli occhiali >> dicesti.
Poi mi facesti entrare in un ufficio che probabilmente, anzi sicuramente, era più grande del mio appartamento. Un uomo sui quarant’anni mi venne incontro e mi strinse la mano e disse:<< Piacere di conoscerla signorina Bryans, sono il maggiore Harrison, sono felice che lei abbia accettato di far parte della nostra operazione. Le spiego la situazione, tempo fa abbiamo mandato un agente a indagare su questi uomini. Non ha avuto neanche il tempo di farci rapporto che è stato scoperto e ucciso, così è stato per cinque nostri agenti. Non ci possiamo permettere altre perdite così abbiamo pensato a lei, sono sicuro che William le abbia già detto il perché. Il suo compito, lo ammetto non è semplice deve farsi passare per la fidanzata di Smith, uno delle persone più importanti in quell’associazione… >>.
<< So bene chi è Smith, ha un passato come trafficante d’armi e di droga, è ricercato da quasi dieci Paesi, ma tutte le volte che qualcuno riesce a metterlo in carcere ne esce misteriosamente >>, dissi interrompendo il maggiore.
<< Bene vedo che è informata a riguardo. Il suo compito è di rendersi a lui così fedele da farsi svelare i suoi segreti. Smith è uno che non presta molto attenzione alle donne, quindi lei deve avare delle doti per farsi notare da lui. Non serve che lei diventi proprio la sua fidanzata, se riesce s’inventi dell’altro. Tutte le notti alloggerà in un albergo con William che ci farà rapporto tutti i giorni. Il resto dei dettagli glieli darà William stesso in albergo, che la scorterà domani mattina lei a una festa alla quale parteciperà lo stesso Smith. Gli sarai presentata come sorella di Sage, i capelli biondi e gli occhi azzurri in comune lo convinceranno. Bene penso di averti riferito quasi tutto, stasera- disse rivolgendosi a te- fammi rapporto. Arrivederci signorina, è stato un piacere conoscerla. Ah dimenticavo, faremo credere che Monica Bryans sia morta in un tragico incidente d’auto. Mi dispiace >>.
Lo guardai senza rispondere e me ne andai senza neanche fare caso a te. Salve cari :D in questi capitoli ancora non si capiscono molte cose, perché proprio Monica, Chi sia questo Smith, più avanti capirete promesso :* fatemi sapere che vi pare :D baaaaci -L

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Capitolo 5
*** Il gatto e il topo ***


Lo guardai senza rispondere e me ne andai senza neanche fare caso a te.
Tu iniziasti di nuovo a camminare per quei corridoi lunghissimi, poi ti fermasti di nuovo davanti a una porta ed entrasti.
Dentro vi erano armi di ogni tipo.
  Rimasi fuori quasi spaventata per quello che c’era all’interno. Quando mi vedesti, tornasti indietro, mi afferrasti per un braccio e mi facesti entrare. Agguantasti la mia borsa e prendesti il mio telefonino, lo spegnesti, togliesti la batteria e lo mettesti dentro un armadietto da dove ne afferrasti un altro, di ultima generazione e me lo desti:<< Questo è più sicuro dell’altro, potrebbero guardare nella tua rubrica, trovare qualche tua amica e torturarla affinché dica loro la chi sei >>.
 Prendesti poi un borsone, quelli che si portano in palestra e te lo mettesti in spalla.
<>
<>
Sospirasti e mi mettesti in mano una banale pistola:<< Prova a colpire quel bersaglio. Togli la sicura, prendi la mira e spara >>, la facevi così semplice.
 Per te tutto era semplice, tutto elementare. Con quella pistola me la cavai discretamente, avevo intenzione di farti capire che ero brava, ma non volevo.
 C’era un bersaglio alla fine della stanza. Una sagoma umana. Vedendo i cerchi disegnati su di questa, pensai ridendo amaramente “5 punti la pancia, 10 la testa e 20 il cuore”.
 Che vergogna.
Quelle persone uccidono carnefici, certo, ma sono a loro volta carnefici. Chissà se Will era uno di questi, lo guardai.
 No, pensai, non poteva essere. Avevi un’aria così innocente, ma allo stesso tempo severa…tu ti schiaristi la voce, così tolsi la sicura, chiusi un occhio, presi la mira e sparai. Colpii a pochi centimetri dal cuore.
 Rimisi la sicura e detti la pistola a te che sorridevi compiaciuto.
<< Spero che non debba mai usarla >>, dissi.
<< Spero che non ce ne sia mai il motivo >>.
Uscimmo da quella stanza, tu salutasti dei tuoi colleghi e ritornammo nella limousine nera. Io mi rimisi gli occhiali da sole e mi raccolsi i capelli in uno chignon e iniziai a studiare il mio nuovo cellulare.
 Dopo quasi mezz’ora di tragitto ti chiesi: << Manca ancora molto? >>
<< Solo un’altra mezz’ora. A proposito, spero che tu abbia qualcosa di elegante da mettere domani >>.
<< S ì>>, ti risposi fredda.
<< Bene perché odio i viaggi e fermarmi in città a fare shopping sarebbe stato stressante >>, sorridesti, ma io non ti risposi più.
 Presi il mio I- Pood e iniziai ad ascoltare un po’ di musica spacca timpani.
Forse mi addormentai per un po’ di tempo perché la restante parte del viaggio durò pochissimo. Arrivammo all’hotel.
 Tu mi precedesti nella hall e prendesti le chiavi della nostra stanza. Avevi concesso ai portabagagli di prendere tutte le nostre valigie tranne quel borsone che custodivi gelosamente. Prendemmo l’ascensore che ci portò all’ultimo piano, tu apristi l’unica porta che vi era con la chiave magnetica. La suite era immensa.
 C’erano due camere da letto e un una stanza più grande con divani e un tavolo di vetro. Appena arrivarono i facchini, mentre tu eri impegnato a dare una lauta mancia, io presi le mie valigie e iniziai a sistemarmi in quella stanza che per mesi avrei chiamato “mia”.
Tutto era molto moderno e c’era un bagno per ogni camera. Stavo per finire quando il mio stomaco mi ricordò che non mangiavo da due giorni. Chiesi a Willdi chiamare il servizio in camera, lui annuì e venti minuti dopo stavamo mangiando sull’elegante tavolo di vetro.
<< Sai cos’è la cosa che odio di più al mondo? >>, mi chiedesti e io scossi la testa
<< Il silenzio >>, facesti una breve pausa:<< Perché non mi parli Monica? >>, non risposi per qualche secondo, poi gli chiesi,
<< Beh io teoria sono morta a quest’ora e mi ritrovo a cenare con un assassino spietato probabilmente quasi quanto quelli che devo smascherare >>, mi guardasti negli occhi e furioso mi rispondesti.
<< Tutti i criminali che ho affrontato li ho lasciati magnanimamente e in vita.
 Non immagini quanto mi sarebbe piaciuto togliere di mezzo uomini che avevano fatto cose atroci, ma al momento giusto mi sono sempre saputo trattenere.
 Se poi lo Stato ha deciso di non lasciarli in vita condannandoli alla pena di morte, non è affar mio. Dopo ogni missione ben riuscita ho la coscienza apposto >>, facesti una pausa e mi guardasti mentre ti fissavo.
Di certo non mi aspettavo una risposta del genere.
 Rimasi in silenzio allora tu sorridesti:<< Che c’è? Credi che noi tutti agenti siamo degli spietati assassini come quelli che vogliamo mettere in prigione? Pensi che nessuno di noi abbia una morale? Se pensi così, pensi male – eri quasi arrabbiato- se faccio parte della ATN è per metterli al fresco i criminali, non per diventare uno di loro! Dio! Certo non nego che la nostra associazione sia piena di persone che la pensano diversamente e che non esitano a togliere di mezzo con una pallottola in fronte un terrorista.
A volte gli ordini sono proprio quelli di eliminarle definitivamente certe “persone”, ma ogni volta che mi si da questo ordine mi rifiuto di portare a termine il lavoro. Il mio ultimo ordine è stato “va e uccidi quell’uomo”. L’ho riportato vivo al capo e ora mi ha messo a fare il baby-sitter a una giornalista dalla quale dipende la pace nel mondo >>, ti lasciai sfogare. Poi ti dissi:<< “La stanza delle torture” alla Base mi aveva lasciato un po’ sconvolta. Non ho dubitato del fatto che tu avessi una morale, altrimenti magari non ti avrei seguito fin qui. Se ti hanno imposto di stare qui a guardarmi non è colpa mia e non vedo perché te la devi prendere in tal modo con me! Ora se non ti dispiace, vado a dormire perché sono stremata. ‘notte >>, stavo per entrare in camera mia, quando mi afferrasti il braccio e mi sbattesti quasi contro il muro, la tua stretta era troppo forte per provare a scansarti.
Ebbi paura.
 Infondo eri sempre un agente super muscoloso capace di stritolarmi solamente abbracciandomi.
Vedendo la paura nei miei occhi tu mi dicesti:<< Mi dispiace per essermi innervosito con te. Buonanotte allora >>, allentasti la presa e mi detti modo di respirare.
 Rimanemmo a fissarci, io innervosita e tu incuriosito e quasi divertito dalla mia espressione. Poi mi lasciasti andare, stanco di giocare al gatto e al topo. Troppo semplice fare il gatto con una donna come me anche se molti mi ritengono una donna forte.
Andai in camera senza salutarti e mi chiusi la porta alle spalle. Chi ti credevi di essere? Avevi intenzione di tormentarmi con i tuoi umori per tutti questi mesi? Prima di poter pensare altro mi addormentai.

 


Salve :D
 scusate l’enorme ritardo ma avevo il pc rotto L 
beh il rapporto tra Monica e William è strano, o meglio non si capisce cosa lui pensi di lei.
 E Monica? Perché tutti la ritengono adatta alla missione quando è una donna fragile? Spero di avervi incuriosito, Bye
-L

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Capitolo 6
*** La festa ***


Mi svegliai tardi, anche quella mattina il peso delle cose che stavano succedendo mi crollò addosso, ma ormai ci avevo fatto l’abitudine e non svenni. Mi trascinai nella stanza più grande, dove tu stavi sorseggiando un caffè.
<< Buongiorno, non sapevo che avessi un sonno così pesante >>, dicesti prendendomi in giro. Mi limitai a sorriderti e tu ricambiasti. Ormai il tuo sorriso mi aveva fatto dimenticare la discussione del giorno prima, mi sedetti accanto a te sul divano e tu mi porgesti una tazza di pessimo caffè.
<< Ti prego dimmi che questo non è il caffè che fanno qui in hotel >>, ti implorai.
<< Mi dispiace deluderti, ma sì, questo è quello che ci tocca >>, dicesti. Io mi alzai e andai a buttare quella brodaglia che ormai era diventata anche fredda nel gabinetto.
<<  Bene che facciamo oggi? >>, ti chiesi.
<< Niente avevo pensato di sventare un paio di attentati terroristici in giro e poi magari ci andiamo a prendere una pizza >>, dicesti ridendo.
<< Io dicevo seriamente >>, ti sorrisi.
<< Ok, allora stasera ci sarà la festa dove incontrerai Smith. Sarai presentata come mia sorella e saremo Monica e Will Moon, abbiamo già provveduto per i documenti falsi. Mi raccomando dovrai dire che siamo inglesi, abbiamo studiato a Oxford e siamo nati a Canterbury. Non è difficile. Abbiamo bisogno di un permesso di soggiorno, io ho un lavoro, mentre tu no, quindi hai bisogno di un marito. Te la devi cavare tu con lui, mi dispiace, questi sono gli ordini >>.
<< E se rintracciassero te? >>
<< No, è impossibile. Non sono negli archivi dell’FBI, “William Sage” risulta morto l’11 settembre nell’attentato alle torri gemelle.Il maggiore Harrison ha creato questa copertura per me perché sono uno degli agenti più importanti, vedi non sei l’unica a essere morta. Mony hanno mandato noi due perché siamo l’ultima speranza. I primi cinque agenti erano dei martiri e lo sapevano. Se falliamo noi è finita >>.
Bell’incoraggiamento.
 Non risposi e mi strinsi nella felpa enorme degli “Yankees”  che mi ero messa, anche se fuori c’erano più di trenta gradi. Poi tornai in camera e continuai a disfare le valigie, quando improvvisamente mi ricordai del tuo borsone. Così provai a sgattaiolare in camera tua con la scusa di cercare una mia borsa che poteva essere finita tra le tue. Aprì il tuo armadio, guardai sotto il letto e dietro le tende, ma del borsone non vi era traccia.
<< Cercavi questo? >>, dicesti alle mie spalle, mi spaventai così tanto che le gambe cedettero e stavo per cadere a terra quando tu mi prendesti e mi portasti sul letto.
<< Scusami ero curiosa >>, mi giustificai.
<< La curiosità è un difetto che non si deva avere, specialmente se potrebbe compromettere l’esito di un’operazione di tale importanza. Comunque tieni. Non ho niente da nasconderti >>, dicesti dandomi il borsone. Lo aprì e dentro ci trovai due pistole, un mitra, un computer portatile e uno schedario.
<< Visto e considerato il tuo rapporto con le armi non volevo fartelo vedere, ma ormai non ne vale più la pena. Tieni- dicesti dandomi un revolver- questa la devi portare sempre con te. Non te ne separare mai. D’accordo ?>>
<< E semmai loro la trovassero? >>
<< Pensi che dei trafficanti di armi si sorprendano se uno di loro ha una pistola nella borsa? >>, dicesti sorridendo.
<< No certo che no >>, sorrisi anche io.
 Ci facemmo portare il pranzo in camera e subito dopo questo io iniziai a prepararmi per la festa che sarebbe iniziata alle 9.
 Alle 8 uscì dalla camera.
 Avevo un vestito attillato nero con una profonda scollatura, un trucco leggero, ma che risaltava i miei occhi e i capelli erano sciolti sulle spalle. Tu mi guardasti come se non avessi mai visto una donna prima di allora.
Anche tu eri bellissimo con il tuo smoking nero.
<< Quindi hai deciso di far cadere ai tuoi piedi Smith e tutti gli altri uomini che ci saranno?  >>, dicesti con malizia.
<< E tu vuoi conquistare tutte le donne che ti saranno presentate? >>.
<< No certo che no- sorridesti- solo che è richiesto un abito elegante nell’invito >>.
Mi porgesti il braccio e uscimmo dalla camera.
Nella hall tutti si girarono quando passarono i fratelli Moon. Quando il parcheggiatore ci riportò la limousine, tu mi apristi galantemente la portiera, probabilmente per far morire d’invidia delle cameriere che ci guardavano.
 Quando entrasti anche tu, l’autista mise in moto e partimmo.
I tacchi altissimi che mi ero messa per essere leggermente più vicina all’altezza di mio fratello già mi facevano male e tu ridesti della mia espressione mentre guardavo i miei poveri piedi.
 Quando arrivammo, mi prendesti di nuovo sotto braccio ed entrammo. Era la sala di ricevimento di uno sfarzoso hotel. Dentro vi erano donne ingioiellate e uomini eleganti. I camerieri giravano per la sala con grandi vassoi e nessuna coppia danzava sulla pista da ballo. Iniziai a stingere mani a persone di cui avrei dimenticato i nomi dopo cinque secondi finché non lo vidi, era impegnato in una conversazione con un altro uomo e tu non ti volesti  avvicinare, almeno per il momento, ma mi sussurrasti all’orecchio:
<< Quello con cui sta parlando è un famoso contrabbandiere d’armi dell’est Europa. Diamine proviamo a metterlo in un carcere da anni e ora che ne ho la possibilità non posso. Ecco Mony quello che si è avvicinato ora a Smith è la sua guardia del corpo. Non si separano neanche quando devono andare in bagno. Ha centinaia di omicidi alle spalle, infatti, è per il suo “curriculum” che è stato scelto. Dio ha ucciso tre dei nostri uomini. Fammi un favore, semmai avessi l’opportunità, trova un modo per fargli male “accidentalmente” >>.
<< Certo sarà un piacere >>. Tu ti avvicinasti a Smith, che nel frattempo aveva finito di discutere con quell’uomo.
<< Signor Smith, mi posso presentare? Sono William Moon e lei è mia sorella Monica >>, gli dicesti.
<< Molto piacere signor Smith, abbiamo sentito tanto parlare di lei >>, dissi.
<< Molto piacere William- gli disse stingendoti la mano- signorina Moon- disse facendomi il baciamano- molto piacere di conoscerla >>. Sorrisi anch’io imbarazzata mentre Smith non spostava lo sguardo dalla mia scollatura.
<< Non ci siamo mai visti prima, vero? Non dimenticherei facilmente una donna di tale bellezza >>, chiese Smith.
<< No, infatti io e mio fratello ci siamo appena trasferiti qui dall’Inghilterra. Questa è la mia prima festa qui in America >>, dissi.
<< E se la sta cavando benissimo, la maggior parte degli uomini in questa sala ora sta parlando di lei >>.
<< Ne sono felice >>, sorrisi
<< E mi dica, come si trova qui? Questa è una piccola cittadina, ha visitato New York? >>
<< Oh sì, è spettacolare >>
<< Se fa le giuste amicizie, poi, riesce ad apprezzarla ancora di più >>
<>
<< E ne troverà tantissime, ne sono sicuro >>.
<< E poi sono qui anche per trovare referenze per un lavoro. Sa per il permesso di soggiorno.. la green card.. >>. Tu mi guardasti a dir poco sconvolto.
<< Scusate un attimo- disse Smith vendendo che la sua guardia del corpo gli stava facendo dei cenni- torno subito >>, si allontanò.
<< Che cavolo stai facendo? Vuoi mandare all’aria l’intera operazione? Tu devi cercare di andarci a letto con quell’uomo, non devi parlare con lui di lavoro! >>, mi dicesti.
<< Per quello dovevate chiamare un altro genere di donna! >>, quasi urlai io.
<< Ma fammi il piacere! Di certo non sei una reginetta di castità! Potresti anche andarci a letto se ne dipende probabilmente il futuro del mondo! >>.
<< No perché tu pensi che io non abbia abbastanza cervello per cavarmela diversamente? >>
<< Senti allora sbrigatela da sola. Ti abbiamo chiamato per questo. Ciao >>, te ne andasti lasciandomi a bocca aperta, ma ero troppo arrabbiata per fermarti.




Salve :D
ecco che entra in scena Smith.. Sarà un personaggio veramente enigmatico
e Will? Cosa vuole che faccia Monica?
Beh lo scoprirete alla prossima
Baci :*
p.s. vi prego vi prego fatemi sapere che ne pensate
perché non so se continuarla dato che non conosco il vostro parere
non so come continuarla!
per favore :D
xoxo 

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Capitolo 7
*** giorno di lavoro numero uno ***


Quando tornò Smith rimase gradevolmente sorpreso per l’assenza di mio “fratello”.
<< Il signor William dov’è andato? >>.
<< Aveva da fare >>, biascicai. 
<< Oh beh, meglio così, non trova? >>, mi fece segno d’intesa.
<< Oh sì >>, almeno non critica il mio modo di agire, pensai.
<< Bene di cosa stavamo parlando? >>
<< Del fatto che devo trovare subito lavoro altrimenti torno in Inghilterra >>
<< E nessuno vuole essere privato di una vista tanto soave. Sa io avrei bisogno di una nuova segretaria, non servono particolari requisiti, basta che sia discreta e di vista gradevole per accompagnarmi in ricevimenti di questo genere, è d’accordo? >>
<< Ma certo! Le sono infinitamente grata, signor Smith>> Cavoli avevo veramente fatto colpo.
<< Mi chiami Jack, Monica - disse sorridendo - bene allora domani mattina venga dove lavoro e ne parliamo meglio, va bene? Basta che esca dalla città, sorpassi un vecchio centro commerciale inutilizzato ed è arrivata. È impossibile che non riconosca il posto, mi creda >>, disse ridendo.
<< Bene, grazie ancora Jack>>
<< Ma ora basta parlare di questo, si venga a sedere con me, la serata è ancora lunga >>.
<< Con molto piacere >>, mi sedetti al suo tavolo insieme al contrabbandiere e la sua accompagnatrice e naturalmente le guardie del corpo di entrambi gli uomini. 
 Lo spettacolo fu carino, forse bellissimo, ma ero completamente distratta mentre si svolgeva, pensavo a te e provavo ad ascoltare i discorsi di Smith e il contrabbandiere, un certo Miller, mentre Katia, l’accompagnatrice di Miller provava a distrarmi.
 Riuscì a capire che Miller finanziava Jack ma voleva una percentuale sui guadagni delle armi.
 A quanto pare le nostre informazioni erano esatte, le volevano vendere a degli estremisti islamici. Un attacco terroristico come quello dell’11 settembre, se non peggiore. Stavano dicendo tutto davanti a me, forse erano bugie o forse volevano vedere come reagivo.
 Finito lo spettacolo, finsi di essere stanca e, salutati tutti me ne andai.
 Salì sulla limousine e dissi all’autista di andare il più lontano possibile da quel luogo. Poi notammo una macchina sportiva dietro di noi che ci seguiva, probabilmente per scoprire dove alloggiavamo. Dissi all’autista di portarmi in un altro hotel. 
Uno qualsiasi. 
Così raggiungemmo la bettola più vicina, squallida a dir poco. Entrai di corsa e chiesi una camera per una notte a nome della signorina Moon.
 Passai in quella camera tre ore.
Tre ore di paura e d’inquietudine. Alle cinque del mattino chiamai di nuovo l’autista e mi feci riportare all’hotel dove alloggiavamo. Mi tolsi le scarpe per paura di fare troppo rumore nell’hotel ormai addormentato.
 Salì in camera.
 Le luci erano spente, ma tu non dormivi. Eri in camera mia, sul mio letto.
 Quando mi vedesti, non riuscisti a trattenere un sorriso, ma subito tornasti serio.
<< Dove sei stata? >>
<< La tua bambola gonfiabile è stata in una bettola per seminare una macchina che mi seguiva. Ah sì, dimenticavo, dopo aver stretto un contratto di lavoro con Smith e origliato i suoi discorsi con Miller, contento? >>, ti alzasti e mi abbracciasti.
<< Scusami per prima Monica. Ero preoccupatissimo. Scusami, come facciamo a stare con i nostri nemici senza i nostri amici a sostenerci? >>, dicesti stringendomi al tuo petto. Mi desti un bacio sulla fronte, mi augurasti la buona notte e te ne andasti lasciandomi sconvolta e affamata del calore delle tue braccia.
 Inutile dire che mi addormentai subito.
 
Grazie al cielo prima di addormentarmi avevo messo la sveglia.
 Alle nove di mattina ero già vestita e truccata abbondantemente per coprire le profonde occhiaie. Per il primo giorno di lavoro ho optato per un tubino nero e capelli raccolti alla Audrey Hepburn. Non ti volli svegliare e ti lasciai un biglietto sul tavolo di vetro:
 “Sono andata a sventare qualche altro attacco terroristico, sai il solito ormai, baci”.
 Anche quella mattina la signorina Moon fece parlare di sé nella hall. Arrivata alla limousine, l’autista mi portò subito al campo.
 Sì Smith aveva ragione, l’ho riconosciuto subito.
 Grandi capannoni bianchi che circondavano un grattacielo. Forse l’edificio più alto della città. Delle guardie armate erano all’ingresso e mi fecero passare solo dopo aver sentito che mi mandava il signor Smith. L’autista mi lasciò proprio davanti al grattacielo.
<< Se ti accorgi di essere seguito - dissi- va da qualunque parte tranne che all’hotel. Se William ti chiama, digli che ti ho detto io di rimanere lontano dall’albergo. Ci vediamo, ciao George >>, e uscì.
 M’incamminai all’interno del grattacielo. Nella hall mi aspettava Katia che mi portò all’ultimo piano, l’ufficio di Smith. Questi, appena mi vide, mi venne incontro e, congedata frettolosamente Katia, mi salutò e mi condusse nel suo studio, una stanza enorme con un’unica vetrata dalla quale si vedeva tutto il campo. L’ufficio era molto grande e nel mezzo c’era un’imponente scrivania di legno dietro alla quale c’era una costosa poltrona di pelle.
 Ci eravamo sbagliati, Smith non era uno tra i più importanti. Era il più importante di tutti. Mi fece accomodare davanti alla scrivania e mi disse:
<< Vedo che è elegante anche oggi, Monica >>, e sorrise.
<< Sì volevo fare una bella figura il mio primo giorno qui >>, sorrisi anche io.
<< Bene allora parliamo subito dei patti. Posso darti del tu, Monica? >>
<< Ma certo >>
<< Bene allora sarai la mia segretaria, assistente e accompagnatrice. I tuoi orari di lavoro sono questi e alla fine del foglio c’è scritta anche la tua paga settimanale >>, disse dandomi un foglio. Gli orari erano piuttosto pesanti, dalle 10 del mattino alle 8 della sera più le serate di gala, ma quando vidi quanto avrei guadagnato sgranai gli occhi.
Una tale somma me la potevo sognare lavorando per un anno al giornale! Fu allora che mi chiesi se quei soldi li avrei potuti tenere, oppure li avrei dovuti dare alla ATN. In fondo ero io che lavoravo.
<< Allora accetti? >>, mi chiese sospettoso del mio silenzio.
<< Si, certo, signor Smith, non vedo l’ora di iniziare >>
<< Bene allora ti porto subito alla tua scrivania, ci sono dei moduli da compilare e poi potrai ufficialmente lavorare per noi. Metti una firma qui, qui e qui >>, disse dandomi un altro foglio che firmai con il mio nome falso.
<< Perfetto - disse sorridendo - vieni, questa è la tua scrivania >>, era un tavolo di legno con una piccola sedia di pelle, proprio situata fuori dalla porta del suo ufficio.
<< E’ perfetto signor Smith. Grazie >>
<< Grazie a te, Monica. Allora dovrai passarmi delle telefonate, i numeri indesiderati sono scritti su un foglietto vicino al tuo telefono, dovrai programmarmi degli appuntamenti, ti aiuterai con il computer che troverai sempre sulla tua scrivania e dovrai essere discreta su quello che succede qui. Semmai ti volessi rendere partecipe di qualcosa, lo farei io, intesi? >>.
<< Sì, signor Smith, non si preoccupi, non si accorgerà della mia presenza >>, dissi e mi misi subito seduta alla mia scrivania.
 Accesi il computer, chissà se è collegato a quello del signor Smith, come hacker sono grande, ma non intendevo mandare all’aria tutto quel lavoro di copertura. 
Iniziai subito a passare telefonate e a programmare appuntamenti, ma nessuno oltre Katia entrò nell’ufficio di Smith quella mattina. Una sirena annunciava l’ora del pranzo. Smith uscì dal suo ufficio e mi condusse in una sala grandissima sotto il palazzo. Era la mensa. Mangiai pesce quel giorno, essendomi seduta allo stesso tavolo do Jack.  Conversammo del più e il meno e mi furono presentati così tanti tipi loschi che non so per quale miracolo la notte non ebbi gli incubi.
 Il pomeriggio non arrivarono chiamate quindi mi misi a controllare il computer. C’era solo una cartella, naturalmente protetta da password.
 Diamine! 
Dato che non c’era niente da fare, Smith mi concesse di tornare a casa. Chiamai la limousine e appena salita mi slegai i capelli e mi tolsi le scarpe. 
Nessuna macchina ci seguiva, quindi siamo potuti tornare all'hotel dove tu mi aspettavi. Ti raccontai tutto. Decidemmo che la mossa migliore sarebbe stata mettere dalla mia parte Katia dato che il suo ruolo era abbastanza sospetto. Avremmo dovuto aspettare.

salve :D
la storia prosegue e il prossimo capitolo è veramente interessante
mi piacerebbe sapere che ne pensate perché vorrei sapere se continuare questa
o iniziarne un'altra.. per favore ditemelo.. Pleaseeee
baci -L

 

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Capitolo 8
*** Azzurro che danzava nel grigio ***


La sera per festeggiare mi portasti a cena fuori invece di ordinare di nuovo in albergo.
Stavolta niente vestito, niente tacchi. Uscivo a cena con mio fratello, quello era il messaggio per chi ci guardava, anche se la limousine era abbastanza appariscente.
Ti supplicai di non portarmi in nessun ristorante elegante perché ne avevo abbastanza del lusso sfrenato. Così mi portasti in un intimo ristorantino vicino a un parco, il luogo era abbastanza isolato e tu sembravi teso anche se scherzavi.
<< Sai da piccola avrei voluto fare la spia: mio padre era poliziotto e mi ha insegnato un paio di cose, stavo per diventarlo anche io, prima che lo uccidessero >>, mi guardasti quasi con dolore.
<< Com’è successo? >>
<< Beh c’è sempre chi prova a fare l’eroe, papà era così, finché non si prese una pallottola in testa, mia madre andò in depressione e non si riprese più >>, sospirai.
<< Mi dispiace. I miei non sanno neanche che sono vivo, hanno pianto sulla mia bara dopo l’11 settembre e da allora non li ho più visti >>, ci guardammo intensamente poi vidi qualcosa dietro le tue spalle, un uomo che, ubriaco, ti guardava.
 I nostri occhi si incontrarono e, prima che potessi dirti che c’era qualcosa di strano, tu avevi già messo mano alla tua pistola, provai a rilassarmi, ma era inutile.
Tu pagasti il conto e mi portasti via dato che stavo per avere un attacco di panico. Appena usciti dal ristorante le gambe mi cedettero e tu mi dovesti portare su una panchina.
<< Non ti facevo così fifona >>, mi prendesti in giro.
<< Non sono fifona, solo stressata >>, ti mettesti a ridere e mi facesti alzare.
 Lo rividi.
 L’uomo ubriaco.
 Ti puntava una pistola alla testa.
<< Monica, scappa! >>, mi bisbigliasti mentre prendevi la pistola e la puntavi su di lui.
 Non riuscivo a muovermi, era una situazione di stallo e probabilmente l’uomo ci teneva alla sua pelle e non faceva il primo passo.
Me ne ricordai.
Della pistola.
La sentì nella borsa e senza farmi vedere tolsi la sicura, feci un passo di lato e la puntai anche io sull’uomo, tu ne approfittasti per sparare.
Gli prendesti una gamba ed avesti il tempo di togliergli la pistola e chiamare tuoi amici.
L’uomo sembrava svenuto e io rimanevo lì immobile con la pistola puntata verso l’aria.
Diavolo sono una giornalista non una Charlie’s Angel! Tu te ne accorgesti e dicesti:
<< Monica togli quella dannata pistola prima che qualcuno ti veda. Chiama George e fatti riportare in albergo. Io aspetto gli altri >>
<< Non ti lascio da solo >>, dissi.
Rimisi la pistola a posto e aspettammo insieme, accucciati vicino all’uomo.
 Tu l’avevi perquisito.
Niente documenti, niente soldi.
Assolutamente niente.
Arrivarono gli altri e noi ce ne andammo, arrivati in hotel mi precipitai a fare una doccia e mi misi sul letto, tu bussasti e prima che potessi rispondere entrasti, guardasti la mia camicia da notte e sorridesti.
<< Volevo solo dirti che sei stata grande >>, mi dicesti sorridendo, non risposi e vedendo che stavi sulla porta ti dissi di venire dentro. Vedemmo una terribile soap e ridemmo di gusto alle squallide battute cercando di dimenticare.
 Mi addormentai mentre eri ancora da me e tu te ne accorgesti dopo.
Mi svegliai a notte fonda.
Avevo avuto un terribile incubo su quell’uomo.
Tu non eri vicino a me.
 Mi alzai e andai nella stanza principale. Mi chiedevo se tu fossi nella tua, ma nessun rumore lo provava. Così mi stesi sul divano in pelle e provai a prendere sonno, ma niente. Mi ero dimenticata di prendere il sonnifero così decisi che sarei andata a fare un bagno nella piscina dell’albergo.
 Ti scrissi un biglietto per non farti spaventare e scesi nella hall dove un assonnato ragazzo faceva il suo turno. Guardai per un attimo fuori, attraverso la grande vetrata della hall. C’eri tu che parlavi con delle persone che non avevo visto prima. Andai subito in piscina perché se mi avessi vista sarebbero stati guai per me.
Dopo un bagno rilassante e solitario tornai in camera e tu mi aspettavi sul divano.
<< Ciao >>, dicesti guardandomi male
<< Da quando non mi è permesso allontanarmi? >>.
<< Da sempre >> e te ne andasti in camera tua. Volevo chiederti chi fossero le persone che avevi incontrato, ma non lo feci, non so perché.
Forse, posso dire col senno di poi, questo avrebbe cambiato tutto.
Il mattino gli edifici di Smith erano abbastanza vuoti e, dato che la sua porta era chiusa, mi misi a lavorare senza salutarlo.
 Così sentì litigare lui e un altro uomo. Parlavano di un contratto non rispettato. Di un uomo morto. La mia mente corse all’episodio della notte precedente, ma come potevo fare a sapere se parlassero di quello?
L’uomo probabilmente uscì da un’altra porta e non da quella principale perché io non lo vidi. Smith invece aprì la porta e mi vide, quasi si spaventò, ma poi, probabilmente incoraggiato dal mio sorriso iniziò a farmi l’abbastanza magro elenco degli appuntamenti e mi chiese di andare a prendere un caffè con lui.
<< Allora Monica cosa combinavi in Inghilterra prima di venire a conquistare L’America? >>, cavolo non ci avevo mai pensato.
<< La modella >>, risposi impulsivamente e lui non ne rimase sorpreso.
<< Beh certo potrebbe essere ovvio, ma una donna così intelligente… E poi tu hai fascino e le modelle di solito sono fredde e non riescono a ispirare niente. Probabilmente eri ricercatissima >>
<< Beh no. L’hai detto anche tu, non ero quel tipo di bellezza >>, cercai di salvarmi. Se avesse fatto delle ricerche sarebbe finita.
<< Per questo hai deciso di venire qui? Non potevi fare scelta migliore- disse sorridendo- a proposito, stasera ho un galà, Katia non c’è, ti va di accompagnarmi? >>
<< Ovviamente >>, risposi provandogli a trasmettere entusiasmo.
<< Ti lascerò andare a casa prima per permetterti di prepararti, voi donne siete anormali. E’ incredibile il tempo che riuscite a passare in un bagno >>. Ed eccomi lì a parlare di vestiti, di feste e di donne con un trafficante di armi sul quale ho fatto ricerche, ho scritto articoli e il quale ho collaborato a mandare in prigione.
 Ed ero lì davanti a fare la civetta con lui.
Come promesso mi mandò a casa prima.
Tu eri l’unico motivo per il quale potessi considerare quell’albergo casa.
Adoravo tornare da te.
Quel giorno ti spiegai tutto di fretta, i dettagli te li raccontai mentre mi truccavo, Dio come mi guardavi affascinato. Forse stavi cominciando a capire che le mie doti erano ben diverse da quelle di una donna dai facili costumi.
<< Sei incantevole >>, mi dicesto mentre giravo avvolta dal mio vestito elegantissimo, << Per nulla al mondo se fossi in quella sala penserei che sei un’intelligente giornalista e stai cercando di sventare un attacco terroristico >>, scoppiasti a ridere e io con te,
<< Monica mi raccomando, se riesci a sentire qualcosa dai discorsi di Jack bene, altrimenti non ti andare a immischiare in cose troppo grandi e soprattutto non andare a curiosare, faresti saltare la nostra copertura >>. Dicesti preoccupato più per me che per la missione.
<< Tranquillo >>, ti detti un bacio sulla guancia.
 D’impulso.
Per rassicurarti.
Le tue guance erano morbide, la barba ispida non mi dava fastidio, anzi mi faceva il solletico.
Tu mi abbracciasti e rimanemmo a guardarci.
 Azzurro che danzava nel grigio.
Fu un attimo.
E poi basta.
Mi accorsi che il cuore aveva accelerato il battito.
Anche se mal volentieri, mi sottrassi al tuo caldo e rassicurante abbraccio per andare nella gola dell’Inferno.



Salve :D
La storia tra Mony e Will fa un passo avanti, è quasi chiaro quello che prova Monica nei suoi confronti, ma lui?
Ricambia? Oppure è solo un lavoro?
Nei prossimi capitoli avrete risposte promesso :D
fatemi sapere che ne pensate
baci

-L

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Capitolo 9
*** Diamine se lo volevo ***


Arrivata alla sala del galà una delle guardie del corpo di Jack mi portò da lui,
<< Incantevole come sempre Monica >>, mi disse lui mentre mi scrutava e si soffermava sulle mie curve.
<< Anche tu non sei male Jack >>, dissi sorridendo, beh non era del tutto falso. Insomma Jack ha una trentina di anni e nei suoi occhi c’è qualcosa di profondo e affascinante.
<< Andiamo ti presento a qualcuno >>, quella sera conobbi così tanta gente, strinsi così tante mani, ma neanche una parola riguardo alle armi.
Per la cena Jack e io avevamo un tavolo appartato, mi chiesi il perché, di solito questi eventi sono per mettersi dalla propria parte qualche ricco uomo di affari.
<< Monica tu sai di cosa mi occupo? >>, la voce rauca dell’uomo che avevo di fronte mi sottrasse ai miei pensieri.
 Certo voleva restare solo con me per parlarmi.
<< Veramente no, Jack >>, ti dissi cercando di mascherare l’ansia.
<< Chi ti ha parlato di me, cara? >>.
<< Mio fratello, in città ha chiesto dove avrei potuto trovare lavoro e gli hanno parlato di te >>, sussurrai.
<< Beh allora te lo dico io, mi occupo di armi. Noi le ideiamo e poi le vendiamo alle aziende >>, disse deciso e guardandomi fisso negli occhi quasi a volermi sfidare, aspettando trepidante la mia reazione.
<< Oh wow, sai ho una pistola, sempre meglio averne una con sé >>, gli sorrisi con nonchalance. Mi guardò sorpreso.
<< Ti piace sparare? >>, mi chiese.
<< Sì >>, risposta secca.
 Ed è vero.
 Mi aveva insegnato mio padre e mi piaceva veramente.
 Poi dopo la sua morte non ho più sparato.
Se non il giorno in cui tu mi hai chiesto se ne fossi capace.
<< Abbiamo un poligono di tiro, ti ci porto se vuoi >>, mi sorrise Jack illuminandosi.
<< Sì veramente! >>, cercai di apparire entusiasta.
Dalla morte di mio padre le armi mi ripugnano.
 Prima sentire il freddo di un’arma sulla pelle, sparare, centrare un barattolo mi entusiasmava.
 Ora non più.
<< E’ raro trovare una donna come te Monica >>, mi sorrise.
<< Katia non è così? >>
<< Oh no, Katia odia tutto questo. E’ la mia ex moglie. Purtroppo in luna di miele l’ho convinta a diventare mia socia perché ci sa fare coi numeri >>
<< Non sapevo foste sposati >>, lo guardai incuriosita.
<< Sì lei mi amava molto, ma io non ne sono capace. Non ne sono stato mai capace >>, mi sorrise triste.
Questo uomo è misterioso.
 Potrebbe avere un certo fascino.
<< No non penso. Tutti ne siamo capaci, possiamo sentirci freddi e distaccati, ma magari è solo la persona sbagliata >>, gli dissi sorridendo.
<< Sei fidanzata Monica? >>
<< No >>, il mio ultimo ragazzo lo avevo avuto anni prima.
<< Tuo fratello >>, ah cavoli e ora?
<< Penso sia gay >>, mi uscì d’istinto e lui scoppiò a ridere.
<< Un così bell’uomo? >>
<< Non l’ho mai visto con una donna >>, chissà se sei stato fidanzato, sposato prima di “morire” l’11 settembre.
<< Forse le nasconde nell’armadio >>, disse e rise di gusto.
<< Probabile >>. Continuammo e scherzare tutta la serata e mi accompagnò a casa.
Mi ero praticamente dimenticata che era un pericoloso terrorista.
<< Grazie per la serata mia cara >>, mi sorrise.
<< Grazie a te Jack, ci vediamo domani >>
<< Domani ti sostituisce Katia, mi deve aiutare in una cosa, riposati Monica. Buonanotte >>.
Salendo in camera mi resi conto di essere spensierata.
Poi mi accorsi che avevo commesso un madornale errore.
Ora sapeva dove abitavamo.
Ti facesti raccontare tutto quando entrai nella stanza e diventasti serissimo quando dissi che mi aveva accompagnata in albergo.
<< Sei un’incosciente Monica! Vuoi far saltare tutto il piano? >>, mi urlasti contro.
<< Potevate trovarvi qualcun altro più professionale! >>, urlai a mia volta.
Ero stanca.
 Perché io?
Io tra centinaia di migliaia di persone?
<< Tuo padre era un agente dello CTA. Il capo lo conosceva e credeva che tu gli assomigliassi almeno un po’ >>.
In quel momento il mondo mi cadde addosso.
 Mio padre.
Ti guardai con disprezzo e dissi << Mio padre non era come voi >>, e corsi in camera mia a fare le valigie chiedendomi se mi avresti lasciata andare.
 Mi sentivo inutile.
 Le lacrime scendevano copiose rovinandomi il trucco.
 Al diavolo il mascara.
 Al diavolo te.
Ti credevo diverso.
In fondo non avevo poi fatto nulla di male, non potevano mica entrare nelle nostre camere.
 E mio padre.
No non era possibile.
Tu sbucasti da dietro e mi abbracciasti. Stessa sensazione del pomeriggio.
Mi stringesti al tuo petto e mi lasciasti piangere le mie lacrime.
<< E’ tutto ok. Scusami bimba >>, cosa? Bimba?
Ti guardai con aria interrogativa ma tu non te ne accorgesti e iniziasti a baciare le mie lacrime.
Era strano.
 Lo volevo.
Poi accadde tutto così in fretta, mi prendesti la testa tra le mani e mi baciasti.
 Un bacio casto, di consolazione.
Poi mi guardasti e sorridesti, << Sembri un panda >>.
 Io volevo ancora andarmene.
 Mi avevi solo confusa di più e quel bacio, lo desideravo da giorni.
Da giorni volevo le tue bellissime labbra sulle mie, ma sapevo che era sbagliato. Ti guardai intontita e per rispondere alla mia muta domanda dicesti << Lo sai che mi piaci molto Monica, probabilmente in questa vita possiamo morire da un momento all’altro, godiamoci tutto finché possiamo >>.
<< Ma come Will, lavoriamo insieme. Non possiamo >>.
<< Monica questa è la nostra residenza, nessuno lo verrà mai a sapere >>, e prima che potessi controbattere mi baciasti ancora e ancora.
 All’infinito, stringendomi tra le tue braccia muscolose, sfregando il tuo viso col mio e quei rari momenti in cui mi consentivi di riprendere fiato mi guardavi negli occhi.
Diamine se lo volevo.  Lo volevo da giorni.


Salve :D
piccolo capitolo, ma importante.. Finalmente si capisce che prova Will :D
e il padre di Monica?? Un agente della CTA? nel prossimo capitolo sarà tutto più chiaro <3
mi raccomando fatemi sapere che ne pensate :D
xo -L

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Capitolo 10
*** Una nuova casa ***


Dopo aver passato un tempo lunghissimo tra le tue braccia, mi andai a struccare, senza dirti niente, sapendo che al mio ritorno saresti stato lì ad aspettarmi.
Infatti eri steso sul mio letto, mentre facevi rapporto e valutavi l’ipotesi con Harrison di andare in un altro albergo.
Mi resi conto di avere ancora indosso il vestito della festa e le mie camicie da notte erano nella valigia, così andai in camera tua e presi una felpa che mi arrivava alle ginocchia. Tornai in camera e mi accucciai vicino a te. Mi abbracciasti e iniziasti ad accarezzarmi i capelli.
<< Monica… >>
<< Shh.. >> ti azzittì, stavo bene così. Mi piacevi, o meglio ero follemente innamorata di te. Eh sì.
Mi addormentai tra le tue braccia mentre mi stringevi e mi accarezzavi i capelli.
Il mattino dopo, quando mi svegliai, tu non eri più vicino a me. Dopo essermi vestita ti trovai in camera tua a fare la valigia.
Appena mi vedesti, mi sorridesti e mi venisti incontro. Dopo avermi guardata a lungo sussurrasti
<< Buongiorno bella, oggi si va via da qui >>
<< E dove si va? >>, ti risposi abbracciandoti
<< In qualunque altro albergo, con Harrison avevo valutato anche l’ipotesi di comprare una casa, ma un luogo affollato è di gran lunga migliore >>
<< Beh penso di essere costretta a seguirti allora >>, ti dissi sorridendo
<< Decisamente >>, mi sorridesti a tua volta e mi baciasti.
Passammo la mattina a preparare le valigie e a scherzare come bimbi.
Lasciammo la camera ed entrammo nella limousine.
<< Will.. e se ci seguono? >>, ti chiesi
<< Tranquilla, i nostri sono qui da stamattina a pattugliare l’area, ci scorteranno fino alla nuova sede >>, mi rispondesti. Tutto per il mio stupido errore.

Passammo il resto del viaggio in silenzio, tenendoci per mano.

Il nuovo hotel era decisamente più lussuoso del primo, la nostra camera era spaziosissima. Il salotto enorme, il bagno immenso. Poi mi accorsi che c’era una sola camera da letto.
<< Will, perché non me l’hai detto prima? >>, ti chiesi con far minaccioso
<< Mony ti rendi conto che ho dovuto cercare una suite di notte? Ho preso la prima che ho trovato libera >>, forse avevi ragione, ma eri fin troppo compiaciuto di quella sistemazione, soprattutto quando lasciasti cadere le valigie, mi prendesti in braccio e mi portasti sul letto. 



Quando finimmo di disfare le valigie, ci sedemmo sul divano nel salotto, abbracciati.
<< Will.. mi racconti di mio padre? >>, ti chiesi. Quella domanda te la volevo fare da tutto il giorno.
<< Sei sicura di voler sapere? >>
<< Sì >> ti risposi sicura
<< Era un nostro agente, uno dei migliori. Tua madre lo sapeva. Non è morto, come si voleva far pensare, ucciso da un semplice rapinatore, ma da un terrorista dell’epoca. Gli avevano dato un’informazione sbagliata, si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Lo hanno riconosciuto e sequestrato. La sua morte è stata una vera e propria esecuzione. Trovai io il suo corpo >>, dicesti tutto questo accarezzandomi i capelli e quasi impaurito di una mia reazione, che non ci fu. Al racconto della morte di mio padre rimasi fredda. Impassibile.
<< Era un grand’uomo, lo conoscevo >>, mi dicesti.
E io niente. Vuoto. Certo ormai non potevo più farci niente. Oppure sì?
<< Will.. chi l’ha ucciso? >>, tu non mi rispondesti subito.
<< La guardia del corpo di Smith >>, ora ebbi una reazione. Rabbia. Ira.
 
Volevo morto quell’uomo
 


 
 
Salve :D
Come avevo promesso ora si sa di più del padre di Monica,
ma vi assicuro che la storia è più complicata di quanto sembri, leggete e scopritelo da voi :D
Un grazie sincero a chi mi segue e mi da la forza di continuare a scrivere
Fatemi sapere che ne pensate, anche un commento negativo è accetto :D
Ciao
-L

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Capitolo 11
*** Gelo ***


Tu te ne accorgesti e dicesti
<< Monica non fare cavolate, se riusciamo in questa missione starà un bel po’ al fresco >>, ma in quel momento non volevo sentir ragioni.
Andai in camera e sbattei la porta. Mio padre era stato ucciso da quell’uomo. Perché? Cosa c’entrava lui con Smith.
Dopo ore a pensarci e con un mal di testa lancinante mi addormentai sfinita.
 
La mattina dopo la mia sveglia suonò ricordandomi di andare al lavoro.
Già lavoro, prendere appuntamenti e telefonate per un uomo probabilmente coinvolto nell’omicidio di mio padre.
Tu eri già in piedi e al lavoro per non so cosa col tuo computer, appena arrivai in sala spegnesti tutto, poi mi accorsi che non ti eri cambiato
<<  Cos’hai fatto stanotte? >>, ti chiesi
<<  Avevo un lavoro da finire, tranquilla >> dicesti abbracciandomi.
Neanche il calore delle tue braccia poteva riscaldarmi in quella giornata in cui tutto attorno a me era freddo e distante. Non riuscivo a togliermi dalla testa l’immagine della guardia del corpo di Smith che torturava a morte mio padre.
Si stava facendo tardi e me ne andai senza salutarti.
La giornata al lavoro fu monotona, o così sembrò a me dato che ero sempre distratta.
Smith mi riproverò più volte perché non avevo preso una chiamata, o mi ero dimenticata qualcosa di importante. A fine giornata mi venne vicino e premurosamente mi chiese
<< Monica va tutto bene? Sei strana oggi, sembri stare in un mondo tuo >>
<< Tranquillo Jack sto bene sono solo stanca >>, risposi
<< Strano ieri avevi la giornata libera >>
<< Ho dovuto fare delle commissioni >>
<< Va bene, domani cerca di essere al massimo oppure dovrò prendere seri provvedimenti Monica, arrivederci >>.
Me ne andai senza rispondere, Jack. Lui poteva essere implicato nella faccenda.
Avevo voglia di piangere, ma non lo volevo fare davanti a te quindi non chiamai l’autista e mi incamminai a piedi verso l’albergo.
Il mio senso dell’orientamento non era mai stato molto acuto e dopo tre ore a girare per delle strade buie sui tacchi a spillo decisi di chiamarti.
<< Will.. >>
<< Monica dove sei? >>, mi rispondesti allarmato.
<< Will tranquillo va tutto bene, volevo fare una passeggiata, ma credo di essermi persa.. mi venite a prendere per favore? >>, sentì che sbuffavi infastidito.
<< Ti mando una macchina, accendi il localizzatore, ne hai uno dentro la borsa >>, dopo ciò attaccasti.
 Io accesi il localizzatore e aspettai la nostra limousine seduta su una panchina.
 Non riuscivo ancora a provare emozioni.
 Mi sentivo fredda.
 Come se al posto del sangue ci fosse stato il ghiaccio.
I miei pensieri vennero interrotti bruscamente dalla luce accecante di due fari. Aspettavo di vedere te invece dalla limousine scese Jack.
<< Santo Cielo! Monica che ci fai qui a quest’ora? >>
<< Aspettavo il mio autista.. dovrebbe essere già qui, avrà trovato traffico >>
<< Come mai non sei tornata in albergo quando ti ho mandata via? >>, mi chiese quasi in modo aggressivo
<< Avevo voglia di camminare >>, gli risposi stanca. Non volevo dare spiegazioni a lui.
<< Che ne dici di aspettare il tuo autista da me? >>, sgranai gli occhi per la sorpresa. Forse si sentiva in colpa per avermi congedata bruscamente. Avrei potuto vedere dove abitava, dubito che una delle spie della CTA fosse arrivata a questo punto.
<< Perché no, ora avviso mio fratello >>, ti mandai un secco messaggio nel quale ti dicevo di venirmi a prendere il più tardi possibile nel posto dove stavo andando.
Salì in macchina di Jack. Era una limousine lussuosa più o meno come la nostra. Durante il viaggio fummo molto silenziosi. Ci fermammo davanti a un cancello. Intorno a questo c’erano altissime mura.
 Un fortino.
Il giardino che precedeva la lussuosissima e moderna villetta era curatissimo.
L’erba verde scintillava e una fontana mandava schizzi che sembravano colorati per via delle luci d’atmosfera.
<< Ti piace Mony? >>
<< Dio, se mi piace! >> risposi sinceramente.
Mi condusse all’interno. Nella villa arredata modernamente ma con classe.
<< Vuoi del vino? >>, mi chiese
<< Sì, grazie >>
Ci mettemmo a sorseggiare un delizioso vino francese nel suo salone.
<< Hai una bellissima casa Jack >>
<< Grazie Monica >>, disse mettendomi una mano sulla spalla. Sorpresa lo guardai. Era un bell’uomo. Dallo sguardo triste. Ma bello, intenso. Lasciò la mano sulla mia spalla.
<< Sai Monica ho molte stanze inutilizzate, semmai vorrai vivere lontana da tuo fratello sarò lieto di accoglierti in casa mia >>, lo guardai cercando di metabolizzare le parole che gli erano appena uscite dalla bocca. Jack mi aveva chiesto di andare a vivere a casa sua.
<< Ti farò sapere >>, gli dissi. Stavo effettivamente valutando la proposta. Infiltrarsi a tal punto potrebbe essere pericoloso. Ne avrei dovuto parlare con Will.
La mano di Jack era ancora sulla mia spalla quando tu mi chiamasti dicendo di essere arrivato. Jack fece scivolare la mano sulla mia vita e stringendomi mi accompagnò alla macchina dove tu mi aspettavi.
Quando salì in macchina tu non mi rivolgesti la parola. Arrivati in albergo io andai in camera e tu dormisti fuori, non so dove, non so con chi.
Il giorno dopo volevo parlarti dell’offerta di  Jack, ma tu non c’eri. Andai a lavorare cercando di dimenticarmi del gelo che mi pervadeva.




Salve :D
allora Monica è rimasta sconvolta dalla rivelazione di Will, e lui da suo canto non l'aiuta e sembra totalmente disinteressato alla loro relazione.
Personaggio rivelazone è Jack! Con i suoi impeti di rabbia e di tenerezza deve avere una storia molto difficile alle spalle..
Che ve ne pare? :) fatemi sapere! 
Baci.. -L

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