Abbracciami

di gunslinger_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuoco alle ceneri ***
Capitolo 2: *** Chiudi gli occhi, andrà tutto bene ***
Capitolo 3: *** Bisogna avere il caos dentro di sé, per generare una stella danzante ***
Capitolo 4: *** Un brindisi al mostro che sono ***
Capitolo 5: *** Una Nuova Terra e milioni di anni luce ad unirci ***



Capitolo 1
*** Fuoco alle ceneri ***


Disclaimer. Gli Avenged Sevenfold sono personaggi realmente esistenti attorno ai quali ho costruito una storia (prendendo spunto da fatti accaduti) di pura fantasia, che non intende in alcun modo riprodurre la realtà. La pubblicazione di questa fanfiction non ha fini lucrativi.


 




"Anche l'elaborazione del lutto è come la nascita di nuova vita in te.
È piena di sofferenze e di timori. Spesso è buia come il percorso del parto.
Sembra volerci afferrare alla gola. È una strada stretta e tormentosa.
Ma, una volta che l'abbiamo percorsa sino in fondo,
il nostro cuore si allarga e vediamo una nuova luce che ci illumina.
Ci sentiamo liberi, come rinati."

(
Anselm Grün)

 






La mano destra stretta a pugno, fasciata, era tesa sul bracciolo mentre l'altra poggiava sulla gamba del ragazzo che cercava di rimanere disteso su quel lettino di pelle nera che sembrava quasi fargli prudere la pelle.
Gli occhi verdi cercavano di vedere più in là di quanto riuscissero in quella posizione, sembrava impossibile rimanere a fissare il soffitto pallido senza battere ciglio.
“Sa perché è qui, signor Sanders?”
Matt a questo punto alzò di poco la schiena, riuscendo finalmente a guardare il suo interlocutore; nel frattempo però continuava a pensare a quella mano che, anche se la medicazione nascondeva tutto, ogni tanto riprendeva a sanguinare debolmente, infastidendolo. Se li ricordava ancora i rivoli rossastri che scivolavano lungo il polso e lui che rimaneva lì, immobile, senza più sapere esattamente cosa fare.
“Non sono pazzo.” rispose, con la tentazione di alzarsi in piedi ed uscire sbattendo la porta.
“Non mi permetterei mai di pronunciare un giudizio del genere, sarei solo interessato a conoscere il suo parere riguardo l'intera faccenda.”
Matt non lo sapeva, non sapeva proprio a che faccenda alludesse lo psicologo, non c'era assolutamente niente di cui discutere. Anche se si era fatto male non aveva bisogno di aiuto, non serviva parlare, solo un antidolorifico molto forte, nel caso.
“Non lo so...” mugugnò, per poi piegare leggermente le dita della mano sulla coscia. “Non è successo niente di grave Doc, chiaro? Posso chiamarla Doc?”
Questo rispose annuendo.
“L'amico che l'ha portato qui mi diceva che-”
Da quel momento in poi Matt aveva smesso di ascoltare, stendendosi di nuovo. Si adagiò per bene, finalmente un po' più rilassato e pensò per un attimo a Brian che lo aspettava fuori dallo studio, seduto su una sedia con una rivista per quarantenni disperate sulle ginocchia. Non aveva ammesso repliche quella mattina, l'appuntamento col dottor Grey l'aveva preso e non poteva permettersi di fare brutte figure anche perché quello era stato un colloquio di favore, gli psicologi più richiesti della città non si contattavano mica con una semplice telefonata; raccomandazioni, raccomandazioni e raccomandazioni. Anche un pizzico di fortuna, quella in effetti non era mai abbastanza.
Scosse piano la testa e forse il dottore, impegnato com'era a parlare, non se ne accorse nemmeno.
Nessun altro al mondo – oltre Brian Haner, s'intende – sarebbe mai riuscito a trascinarlo in uno studio del genere, lui che tanto aveva paura degli ospedali e soprattutto dei medici. Tecnicamente quello non era un ospedale e non era nemmeno tanto sicuro che gli psicologi fossero laureti in Medicina, ma Matt era spaventato lo stesso.
Lui non sa niente di me, aveva continuato a ripetere durante il tragitto da casa allo studio del dottor Grey. E non saprà mai nemmeno un secondo della mia vita, posso assicurartelo.
Brian aveva continuato a premere il piede sull'acceleratore ignorandolo del tutto, ormai quella era la sua ultima speranza ed aveva bisogno di crederci fino in fondo. Probabilmente avevano tutti e quattro bisogno di uno strizzacervelli, ma al momento Shads era quello in condizioni peggiori.
“Signor Sanders, mi sta ascoltando o no? Le ho chiesto come si è procurato quelle ferite.” disse lo psicologo indicando la mano fasciata del ragazzo con un cenno del capo.
A quel punto Matt si risvegliò dai proprio pensieri, senza avere comunque l'intenzione di dire niente, se non qualche frecciatina acida che chiarisse ancor meglio la sua posizione. Quel tipo doveva mettersi in testa che non voleva aver niente a che fare con lui.
“Così come si fanno le ferite.” rispose, quasi scontroso.
“È come un fuoco perpetuo, vero?”
No, adesso proprio non capiva.
“Quello che sente... È come una fiamma che brucia di continuo, tutto sta diventando cenere dentro di lei e non sa più come fare per sentirsi vivo. Parli, Matthew, parli senza fermarsi nemmeno per un attimo e vedrà che non si sarà mai sentito più reale di così. Mi dia retta.”
Matt quella volta aveva ascoltato davvero senza perdersi neanche un respiro, si era fatto custode di ogni singola parola che sembrava quasi scottargli la pelle.
Stava andando a fuoco, c'era così tanto fumo che ormai non si vedeva più niente.
“Non ne ho voglia, Doc.”
La verità non era esattamente questa, in realtà Matt non sapeva parlare; non lo aveva mai fatto e dopo trent'anni di silenzi non sapeva assolutamente da dove cominciare.
Il dottor Grey sospirò.
“La vedo piuttosto provato oggi, è meglio se interrompiamo qui la seduta. Vorrei però che lei facesse una cosa.”
“Non inizierò a scrivere uno stupido diario.”
Lo psicologo sorrise.
“No, mi piacerebbe solo che lei pensasse anche solo per cinque minuti al giorno a quello che ci siamo detti oggi, se lo farà sono sicuro che durante la prossima seduta saprà tutte le risposte alle mie domande. Magari non mi rivolgerà più di dieci parole, ma da qualche parte si deve pur iniziare.”
“Come fa a sapere che ci sarà una prossima volta?” chiese Matt.
“Penso che lei abbia tanto bisogno del mio aiuto e, se l'esperienza mi ha insegnato qualcosa, ritengo anche che non sia così stupido da non rendersene conto. Alla prossima settimana, signor Sanders.”
Matt uscì dallo studio con la testa che girava un po', piena di pensieri come non lo era da molto tempo. Non appena chiuse la porta Brian balzò in piedi, lanciando la rivista che aveva in mano sul tavolino.
“Allora, com'è andata?”
L'amico gli rivolse un sorriso amaro e gli fece cenno di seguirlo fuori: avevano entrambi bisogno di una boccata d'aria.
“Non credo di averne bisogno.” disse Matt, mentre si accendeva una sigaretta. I suoi occhi guardavano lontano, quasi persi nel crepuscolo che iniziava lentamente ad avanzare.”Farsi male ad una mano non è da strizzacervelli.”
Brian sospirò e guardò l'amico di sottecchi, quasi deluso. Sperava davvero che un'ora col dottor Grey gli avesse chiarito, almeno vagamente, le idee.
“Non è di una ferita che stiamo parlando, Matt, se ti fossi trovato di fronte una persona invece che uno specchio non avrebbe fatto alcuna differenza, lo avresti preso a pugni comunque rischiando anche la galera. Ne hai bisogno, credimi.”
L'altro ragazzo increspò le labbra accennando un sorriso, Brian era davvero testardo quando teneva a qualcosa, soprattutto alle proprie opinioni.
“Portami a casa.” rispose solo, senza spostare lo sguardo. “Ho bisogno di dormire.
L'orologio sul cruscotto dell'auto segnava le 19 quando Matt aprì la portiera e poggiò i piedi sull'asfalto; una leggera brezza lo fece stringere nelle spalle e socchiudere gli occhi.
“Ci vediamo, amico. Grazie del passaggio.”
Brian, invece di rispondere, scese anche lui dall'auto, beccandosi una fronte corrugata da parte dell'amico.
“Credevi davvero che dopo un'esperienza del genere ti lasciassi da solo? Apri la porta, sbrigati.”
Matt girò più volte la chiave nella toppa, prima che la pesante porta d'ingresso si aprì cigolando leggermente. Non era entusiasta della presa di posizione dell'altro ma, d'altro canto, non aveva neanche voglia di discutere.
 
***


Il salotto era silenzioso e buio, solo la luce che proveniva dalla televisione illuminava debolmente il ragazzo seduto sul divano, mentre una bottiglia di birra ormai vuota brillava sul tavolino. Questo si riavviò i capelli scuri con una mano, prima di alzarsi e dirigersi verso la camera da letto dove Matt dormiva. Aprì la porta con dolcezza evitando di fare rumore ed un cono di luce si fece spazio sul pavimento, sotto i suoi piedi.
Il padrone di casa era disteso a pancia in giù, vestito ma senza scarpe, la t-shirt che indossava gli si era leggermente alzata lasciando scoperta la parte bassa della schiena. Il braccio sinistro era disteso formando un angolo retto, mentre la mano destra penzolava fuori dal letto.
“Sempre il solito.” mormorò Brian che l'aveva visto dormire in quella posizione innumerevoli volte,
gli aveva sempre sistemato la mano ciondolante per poi appoggiarli addosso una copertina; quando erano in tour usava quello che capitava, anche una delle sue giacche se necessario, ma quando erano a casa sua prendeva sempre una delle trapunte che Matt aveva nell'armadio.
Quando ebbe finito ammirò con soddisfazione il suo lavoro e poi si sedette sul letto accanto al ragazzo per togliersi le scarpe.
Non sapeva che ore fossero, sicuramente però non era tardi, in ogni caso aveva deciso di stendersi e magari dormire nella speranza di donare un po' di serenità a Matt anche se a lui stesso mancava del tutto.
Stava andando tutto a rotoli giorno dopo giorno: Jimmy prima, poi tutti i problemi che si sono susseguiti uno dopo l'altro fino ad inghiottirli tutti, ma solo loro stessi erano in grado di salvarsi da quel declino in apparenza senza fine.
Alla fine si sistemò anche lui sotto la coperta e, disteso su un fianco, allungò un braccio verso la schiena di Matt come se volesse attirarlo a sé. Non sapeva bene così altro fare oltre che continuare a guardarlo sussurrandogli Andrà tutto bene, perché non aveva altro in cui poteva sperare.
Era buio, l'inverno imperversava fuori, e le ombre nella stanza sembravano aver preso la forma dei loro incubi.
“Ci salveremo.” disse avvicinandosi all'orecchio di Matt. “Andremo avanti.”
A quel punto il ragazzo mugolò e strofinò il viso su quello che era il petto di Brian, poi dischiuse lentamente gli occhi.
“Sei ancora qui...”
“Dove dovrei essere?”
Quella domanda non ottenne risposta in quel momento e probabilmente non l'avrebbe mai ottenuta, rimase ad aleggiare nella camera in silenzio, vegliando su quei due ragazzi che si stringevano forte.
“Mi fa male la mano.” disse Matt, cercando di mettersi a sedere.
Brian gliela raccolse e la accarezzò delicatamente, per poi alzarsi.
“Vado a prendere una garza pulita ed il disinfettante, torno subito.
“Ahi...”
Un lamento attraversò le pareti, quando la fasciatura venne sciolta, rivelando grumi di sangue attorno alla ferita e molto rossore.
“Brucerà un po', scusami.” si scusò Brian, per poi versare quel liquido verde chiaro sulla pelle dell'amico.
“Ormai ci sono abituato, brucia tanto anche a te... vero?”
Il ragazzo non capì, temette di essersi perso qualcosa, concentrato com'era sulla medicazione.
“Eh?”
“Jimmy, t-tutto il resto... Il dottore aveva ragione, brucia da morire.”
E così, senza nemmeno accorgersene, Matt stava seguendo il consiglio del medico, ponendo quella domanda; cinque minuti del suo tempo erano in quel momento dedicati alla seduta di quel pomeriggio, anche se nessuno ci avrebbe mai scommesso nemmeno un centesimo.
“No, sono solo rassegnato.”
E con questo non voleva dire che non stava male, che non sentiva il dolore trafiggerlo da parte a parte, solo che in qualche modo il suo incedio aveva iniziato a spegnersi, goccioline di pioggia stavano cadendo sulle sue membra.
“Vorrei tanto che fosse così anche per me.” concluse Matt sospirando, mentre l'altro sistemava la garza pulita. “Come ci sei riuscito?”
“Non lo so.” rispose Brian, dopo essersi alzato. “È successo e basta, col tempo, anche se so che tu a questa frase non ci credi. Ma, d'altronde, ognuno ha il proprio modo di andare avanti, sappi solo che il tuo non è quello giusto.”
Forse, avrebbe voluto rispondere Matt, però lo faceva quasi sentire bene vedere il proprio sangue affiorare sulla pelle, sentire il bruciore che pian piano si diffondeva dalla mano al resto del corpo; lo faceva sentire puro, come se quel rito espiasse tutti i suoi peccati.
Matt aveva peccato tanto, si sentiva così in colpa.

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Capitolo 2
*** Chiudi gli occhi, andrà tutto bene ***


Note: ci tenevo a ringraziare chi di voi ha anche solo dato un'occhiata alla storia, arrivando magari solo metà del primo capitolo, e un grazie megagigante alle persone che hanno già inserito questa fanfiction tra seguite e preferite. Ammetto di non aver ricontrollato attentamente questo secondo capitolo, chiedo quindi scusa per eventuali errori di battitura - si spera solo quelli -.








"La tensione mi sta tirando in tutte le direzioni
E succederà se mi userai come corda
A volte la pressione ti manderà fuori di testa
Potrei esplodere in ogni momento
Ho bisogno di un po' di pace, sono stanco
Non voglio perderla, ma sto per cambiare strada."
(Tension - Avenged Sevenfold)






I frammenti di vetro erano ovunque: nel lavandino, sulla mensola del bagno, a terra.
Il centro dello specchio non c'era più, un piccolo buco lo rimpiazzava, circondato da incrinature che sembravano fargli da corona; insieme a tutto questo niente più, niente tranne il sangue che si era infiltrato tra le schegge, esattamente come queste che si erano conficcate nella pelle di Matt.
Il pugno era ancora chiuso ed alzato, gli occhi chiusi in balia di un dolore sia fisico che dell'anima, un dolore che si portava dentro da mesi e che non sapeva più come sfogare... Se non in quel modo.
Aveva infilato un paio di pantaloni ed una t-shirt per poi dirigersi in bagno per lavarsi i denti. Non aveva premeditato le azioni che sarebbero seguite, le aveva compiute e basta.
Faceva più freddo del solito quella mattina, faceva così freddo quando il sangue colava giù dal pugno lambendogli il polso.
Un paio di istanti più tardi Matt aprì lentamente gli occhi, puntando lo sguardo verso la sua immagine rotta e rossastra che lo specchio gli restituiva. Quanto c'era di vero in quell'immagine?
Non distingueva bene i contorni della sua figura, non riconosceva le sue labbra, i suoi capelli, i suoi occhi... D'altronde neanche prima di fare tutto quel casino si riconosceva, ma almeno in quella situazione comprendeva l'alienazione che provavano i suoi amici quando lo osservavano muoversi o anche solo parlare.
Non c'era più niente di tutto quello che aveva conosciuto fino a quel momento.
Il nulla.
Il sangue continuava a gocciolare ma una tale concentrazione era riservata allo specchio che stentava quasi a farci caso.
Matt...”

È così che è arrivato Brian?” chiese lo psicologo, interrompendo il racconto del ragazzo che, di rimando, annuì.
“O almeno credo.” aggiunse, titubante. “Ricordo davvero poco di quella mattina, nella mia mente è rimasto solo il sangue.”
“Nient'altro? Brian?”
Matt prese a mordicchiarsi il labbro inferiore.
“Lui c'era Doc quindi sì, me lo ricordo. Ha preso subito il disinfettante e delle garze e, con una lucidità che non avrei creduto possedesse, mi medicò la ferita senza il minimo segno di agitazione.”
“Era tanto arrabbiato, vero? È per questo che ha colpito lo specchio in quel modo.”
“I-Io sono ancora arrabbiato, tanto, forse molto più di quanto fossi mai stato... E sono anche tanto spaventato.” ammise, alla fine.
Quando si raccontano le proprie abitudini più segrete o le debolezze più recondite, è inevitabile continuare a parlare senza smettere, lasciare il discorso a metà non renderebbe meno vulnerabili.
“Ha visto che avevo ragione?” disse il dottor Grey, lasciando il paziente interdetto per un istante. “Ha saputo rispondere senza quasi nessuna esitazione alle domande che le avevo posto la settimana scorsa.”
“Ma non ci ho pensato molto.” rispose Matt, come a voler sottolineare che in realtà lui non era ancora d'accordo con questa terapia. “Le parole sono venute adesso e basta.”
Lo psicologo non risponse, ma in cuor suo sapeva che il ragazzo stava mentendo e che provava un briciolo di sollievo, mentre raccontava.
“Vada avanti col racconto.” disse, infine.

Brian sistemò le ferite, le schegge, il vetro, il tutto mentre Matt se ne stava seduto sul letto con i gomiti sulle cosce così da mantenersi la testa e fissare il pavimento di parquet. L'altro ragazzo ogni tanto gli lanciava di sottecchi delle occhiate – dalla porta aperta del bagno aveva visuale completa della camera da letto – e in cuor suo sperava che non facesse nessun altra stronzata.
Posso farti una domanda?”
Matt a quel punto alzò il viso, scritando lo sguardo appuntito di Brian.
Dimmi.”
Perché?”
Non lo so.”
Non raccontarmi stronzate.”
Non sono stronzate, non lo so e non voglio saperlo. L'ho fatto e basta.”
Credo di avere il diritto di-”
Nessuno ti ha chiesto niente Brian, non ti ho mai chiesto niente. Hai sempre fatto tutto da solo.”

“Adesso mi rendo conto che non avrei dovuto rispondergli in quel modo, ma ci sono dei momenti in cui la testa si annebbia e dico tutto ciò che la rabbia mi suggerisce, senza filtri o freni.”
Lo psicologo annotò qualcosa sul suo taccuino, a Matt infastidiva che lo facesse, temeva che lo prendesse per il culo o che scrivesse cose poco carine sul suo conto o imbarazzanti o terribili; insomma, gli avrebbe strappato via quel blocchetto dalle mani e lo avrebbe strappato in mille pezzi.. Scosse la testa.
“Signor Sanders deduco che lei abbia dei problemi a gestire la rabbia, qualsiasi problema le capiti di fronte sembra sia collegato a questo.”
Matt sospirò profondamente.
“Cos'ha?”
“N-Niente, l'ora è finita giusto?”
Si alzò in piedi, di scatto, per poi guardare nervosamente la porta.
“Abbiamo ancora cinque minuti e lei può quindi rispondere alla mia domanda. Si sieda, faccia un bel respiro e parli.”
“Ci si vede, Doc.”
Anche questa volta Brian era in sala d'attesa e, esattamente come la scorsa settimana, balzò in piedi non appena lo vide.
“Sei in anticipo.”
“S-Sì, ascolta Brian non torno a casa vado a fare una passeggiata. Ciao.”
“Matt!” urlò il ragazzo, trattenendo la voglia di afferrarlo per la collottola e strattonarlo. “Aspettami!”
Ormai era troppo tardi, per fermarlo od inseguirlo, o forse semplicemente per ricominciare.

***

“Perché non ti fai fare la ricetta medica?”
“Fa' poco lo spiritoso, ti pago e voglio la mia roba.”
“Tieni tieni, ma stai attento. Mi raccomando.”
“Come se a te importasse qualcosa.”
“Mi sembrava giusto avvertirti.”
Zacky prese il sacchetto che un ragazzo con il berretto calato sulla testa gli diede e, dopo aver pagato, lo nascose all'interno della giacca. Fortunatamente non era lontano da casa, così si ritenne al sicuro piuttosto in fretta.
Le gambe erano piuttosto pesanti, da giorni camminava a fatica; forse la stanchezza accumulata cominciava a farlo star male più dell'insonnia stessa.
Da quant'è che non dormiva, mesi?
Non ricordava a quanto tempo prima risalisse una vera e propria dormita e a volte temeva che non ce ne fosse mai stata una. I mostri che per anni aveva disegnato ed immaginato avevano preso vita, lo accompagnavano ogni ora del giorno e della notte, da sveglio e da addormentato.
Zacky per la prima volta aveva paura, esattamente come Matt, e il suo terrore più grande di manifestava in quelle creature orribili, spesso mollicce o con i denti aguzzi, che secondo dopo secondo tentavano di mangiargli la testa a morsi. Avrebbe voluto correre via, ma non si può uccidere ciò che si ha in testa, era in trappola.
Arrivato a casa chiuse la porta, si tolse la giacca e poi aprì il sacchetto che custodiva così gelosamente. Ne estrasse un piccolo contenitore cilindrico di plastica gialla e tappo bianco; sull'etichetta era stata scarabocchiata ad inchiostro nero: metadone.
Si era vagamente informato su quanto avesse dovuto prenderne ma non importava, avrebbe continuato ad ingerirlo fino a che il dolore e i mostri non si sarebbero dissolti in una nuvoletta di fumo.
Era possibile, tutto era possibile se si avevano le conoscenze giuste e, per di più, nessun essere umano meritava una sofferenza del genere: aveva tutto il diritto di curarsi.
Anche Brian gliel'aveva detto, l'altro giorno, lo aveva quasi pregato di trovare una soluzione alla sua insonnia; dovevano lavorare, ne avevano bisogno per distrarsi, ma non potevano farlo se Zacky si reggeva a malapena in piedi.
“Uno... due... tre...” contava mentre ingeriva pasticche, seduto sul divano, come se stesse assaporando dell'ottimo champagne francese.
Sta per finire tutto, si ripeteva, Dormirò, come una ninna nanna che lo cullava prima di addormentarsi.
Di colpo appoggiò la testa allo schienale, quasi con uno scatto, quasi come se non fosse stato un movimento naturale e volontario.
Zacky aveva chiuso gli occhi, erano serrati e non si percepiva il minimo movimento, se non quello del torace che affievoliva i respiri.

***

Parole che Matt aveva scritto diverso tempo prima, premevano sulle tempie come se volessero uscire fuori, ed urlargli nelle orecchie che in altre circostanze non si sarebbe comportato così, che non avrebbe trattato Brian in quel modo.
Ma, d'altronde, le canzoni del passato non lo rispecchiavano più.
Tension, tensione.
Doveva smaltirla a tutti costi, aveva infatti accelerato fino ad accennare una corsetta. Non si curava della direzione che stava prendendo, di che marciapiedi attraversava, l'importante era non fermarsi e non pensare; soprattutto la seconda.
Poteva affermare con certezza che non era arrabbiato, che tutti si sbagliavano, Doc compreso, che era solo un periodo di merda ed aveva bisogno di stare da solo e sfogarsi. In tal caso, però, non avrebbe detto la verità, non sarebbe stato sincero.
Se a Matt fosse stato chiesto dell'esistenza di un giorno privo di rabbia, non avrebbe saputo rispondere; da quando aveva memoria era sempre stato prima un bambino, poi un ragazzino, dopo ancora un uomo incazzato nero con il mondo. Ce l'aveva con tutti, sempre, anche se con l'età aveva imparato a gestire la situazione.
Fino alla morte di Jimmy.
Sembrava quasi che una parete nel suo cervello si fosse frantumata dopo quell'avvenimento e che il fiume in piena che aveva represso per tutti quegli anni, avesse deciso di esondare.

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Capitolo 3
*** Bisogna avere il caos dentro di sé, per generare una stella danzante ***


"Non sarei un terzo del chitarrista che sono, se non fosse stato per gli Avenged.
Sono dei ragazzi stimolanti ed è una continua sfida con me stesso
scrivendo cose che vanno oltre la mia abilità
per poi immaginare come suonarle."

(Synyster Gates)


L'attesa in quella sala d'aspetto, ordinata e pulita, sembrava più estenuante del solito. Era arrivato allo studio del dottor Grey un po' in anticipo, ma di solito con una sigaretta era sempre riuscito a far accelerare il tempo così da non soffrire troppo; fumare da solo però, per giunta con un gran peso sullo stomaco, non aveva lo stesso effetto benefico.
L'orologio ticchettava quasi noiosamente, come se non avesse nessuna intenzione di muoversi, e Matt lo guardava spazientito mentre appoggiava le guance sui palmi delle mani. I gomiti che premevano sulle cosce iniziavano a far male, ma ormai non aveva più nemmeno voglia di sbuffare.
Quando con un piede iniziò a tenere il ritmo di una canzone che aveva in mente, gli balenò in testa l'idea di tornarsene a casa, farsi una bella doccia e poi stendersi in boxer sul letto, a stella e con lo sguardo puntato sul soffitto. Poi però pensò a Brian, si rese conto che aveva commesso un errore, pensava che quella reazione avrebbe potuto evitarla, così rimase seduto lì sperando che questo avrebbe reso la sua situazione meno compromettente.
Finalmente la paziente uscì dallo studio e si diresse a lunghi passi verso l'uscita, dopo avergli lanciato uno sguardo veloce.
“Buonasera signor Sanders.” lo salutò il dottore, appena lo vide entrare. “Ammetto che questa volta sono davvero sorpreso di vederla. Si accomodi pure.”
Matt eseguì in silenzio, impiegando qualche minuto per trovare una posizione comoda.
“Sono sorpreso anch'io.” iniziò con un sospiro. “Ma ormai mi sto abituando ad un sacco di cose.”
“Brutta cosa l'abitudine, un ragazzo con un mestiere come il suo dovrebbe essere circondato da costanti stimoli.” commentò lo psicologo, dopo aver preso il suo solito taccuino in mano.
Il paziente strinse involontariamente i pugni, davvero non riusciva ancora a sopportare il rumore di quei fogli che veniva sfogliati e della mina della matita che li perforava; sembravano decine di martelli pneumatici.
“Dai miei appunti vedo che eravamo arrivati ad un punto focale la scorsa volta: la rabbia. Volev-”
“Non voglio parlarne.” asserì Matt, categorico. “Cambiamo argomento, parliamo di qualsiasi cosa, ma lasciamo stare la rabbia. Per favore.”
Anche in quel momento iniziava ad alterarsi, il dottore notò le guance del ragazzo avvampare mentre la mano sana si torturava i jeans, tenendo stretta la stoffa tra le dita.
“Di cosa ha voglia di parlare?”
Matt non lo sapeva, non voleva più dire nulla, cercava solo di non lasciar sfuggire le lacrime che iniziavano ad inumidirgli gli occhi; stava da schifo seduto su quel lettino, temeva quasi che lo psicologo si fosse alzato con dei bisturi in mano per studiare l'interno del suo cervello e forse anche del suo cuore.
Spinto da quel silenzio, il dottore cercò di proporre lui un argomento che fosse riuscito a mettere il suo paziente a suo agio.
“Mi racconta di come ha conosciuto Brian?”
A quel punto il ragazzo si trovò costretto ad annuire, non ce la faceva neanche ad arrabbiarsi e a dire di no. Si rassegnò al taccuino, alla matita che graffiava le pagine, alla fastidiosa abitudine del dottor Grey a sistemarsi di continuo gli occhiali sugli occhi.

Prima di conoscere Brian, Matt aveva sentito la sua voce al telefono mentre Jimmy gli spiegava dove si trovasse il garage dove di solito provava, quello della famiglia Sanders che gentilmente si era arresa all'intenzione del figlio di buttarsi nella musica. D'altronde durante le prove si teneva fuori dai guai, il che a loro bastava.
A tra poco.” lo sentì dire, prima che il batterista tolse il vivavoce e chiuse la chiamata.
Sta arrivando!” esclamò quello, alzando entrambe le braccia al cielo in segno di vittoria. “Il miglior chitarrista di Orange Country appena diplomato.”
Matt storse il naso.
Non era neanche sicuro che Jimmy lo avesse mai visto prendere in mano una chitarra, visto che si erano conosciuti durante una rissa, ma voleva dargli almeno una possibilità.

“Si sente bene?”
Con quella domanda si sentiva tremendamente preso in giro. Non poteva stare bene mentre parlava di Jimmy, né tanto di Brian, vista l'attuale situazione.
“Jimmy è morto poco tempo fa, ma posso farcela.”
Passò il palmo della mano sul viso, come a voler cancellare le tracce dell'inquietudine che provava in quel momento.

Complimenti davvero per il provino, Brian.” Matt andò a congratularsi con l'ormai nuovo chitarrista che si stava sfilando lo strumento per riporlo accuratamente nella custodia. “Per una volta Jimmy aveva ragione.”
L'altro ragazzo, dopo aver passato una mano tra i corti capelli corvini, strinse la mano che il cantante gli aveva porso e fece una smorfia che Matt imparò a decifrare solo diverso tempo dopo, quando si rese conto che Brian incurvava le labbra in quel modo solo quando si sentiva in imbarazzo; sembrava anche solo strano che lui potesse provare una sensazione simile, eppure gli occhi bassi tradivano la sua arroganza.
Grazie... Matt vero? Abbiamo tanto lavoro da fare, ma sono contento di essere entrato a far parte degli Avenged Sevenfold.”
Zacky stappò delle bottiglie ghiacciate appena tirate fuori dal mini frigo e ne offrì una a tutti i componenti. Ora mancava solo un bassista, visto che Dameon Ash si era ritirato dopo il primo breve tour che aveva seguito l'uscita di Sounding The Seventh Trumpet, il loro primo album.
Brindarono a loro, brindarono ai successi che sarebbero venuti promettendosi in silenzio che mai e poi mai si sarebbero divisi. Purtroppo però, non è possibile prevedere le innumerevoli incombenze della vita che, come milioni di corde, cercano di allontanare sempre le persone più care.

“Deduco che non abbia voglia nemmeno di parlare di Jimmy.”
“No, se possibile. Doc non credo di riuscirci, impazzirei...” rispose, abbassando la testa per appoggiarla sul lettino.
“Immagino abbiate trovato un bassista poi.” disse il dottor Grey, cambiando discorso. Non voleva mettere Matt troppo sotto pressione, voleva dargli la possibilità di abituarsi ai loro dialoghi e a quell'ambiente, così da aprirsi pian piano.
“Sì, Johnny Christ, l'uomo che ci ha letteralmente salvato il cul- ehm, la vita.”
Nonostante il sorriso che fece anche solo pronunciando il nome di uno dei suoi migliori amici, anche parlare di Johnny faceva male. Continuava a rivedere quella scena, il loro ultimo incontro e, anche se col passare dei giorni aveva ormai capito che il discorso che stava facendo era giusto, trovava ancora molta difficoltà nel ritrovare la forza per reagire.
Scusami tanto, nanerottolo, pensò, promettendosi di chiamarlo, appena si sarebbe sentito meglio.
“Quando Dameon aveva avuto dei problemi, il fratello maggiore di Johnny che aveva la nostra età ci disse che suo fratello se la cavava piuttosto bene con quelle quattro corde, così ci aiutò diverse volte.”

Seward? Sono Brian Haner, abbiamo suonato insieme qualche volta.”
Non potrei mai dimenticare gli Avenged Sevenfold. Come se la cava Dameon?”
Da schifo amico, ci ha abbandonati e abbiamo bisogno di un bassista.”
Datemi due minuti e sono al garage di Matt con basso in spalla.”
Quello era l'inizio degli Avenged Sevenfold, cinque ragazzi e altrettanti cinque strumenti, tanta voglia di cavalcare il mondo intero.

***

Matt bussò due volte mentre l'imbrunire alle sue spalle si faceva sempre più intenso, giocava con l'orologio che aveva al polso mentre aspettava che il padrone di casa andasse ad aprire la porta, sempre se ciò fosse accaduto.
“Questa non me l'aspettavo proprio!” esclamò il ragazzo che gli parò davanti, con un largo sorriso divertito. I capelli era sparati da tutte le parti e gli occhi più piccoli del solito e lievemente arrossati tradivano diverse ore passate a dormire.
“Ti ho svegliato?”
“No, stavo solo per fare una doccia, ma entra e siediti che devi proprio spiegarmi perché un duro come te sia venuto qui.”
Continuava a ridere, Brian, mentre faceva entrare l'ospite. Sapeva di avere il coltello dalla parte del manico in quel momento e non si sarebbe lasciato sfuggire quella situazione per nulla al mondo.
Matt nel frattempo si accomodò sul divano comodo e morbido, sistemandosi un po' per trovare una posizione comoda.
“Sono stato dallo psicologo.” disse, come se si aspettasse che a quel punto Brian gli facesse le feste. “Ci sono andato anche se tu non c'eri.”
“Beh mi fa piacere, almeno hai capito che forse il dottor Grey riuscirà a farti star meglio, molto più di quanto possa fare io.” Il ragazzo si strinse nell'accappatoio blu, per poi sedersi di fronte al suo interlocutore che si sentì ferito. Non si aspettava una risposta del genere, anche se forse avrebbe dovuto.
“Non volevo dire che-”
“Lo so, lo so, ma è questa la verità. Alla fine io te la do sempre vinta e così non ti aiuto. Ti ho cercato per ore quando sei fuggito via l'ultima volte e non ero minimamente arrabbiato. Questo non è sano. Vuoi una birra?”
Matt scosse la testa.
Ad ogni parola che pronunciava, sentiva Brian sempre più lontano e non avrebbe mai voluto che ciò accadesse. Non era la prima volta che lui rispondeva male a qualcuno, ma alla fine tornava sempre tutto come prima.
Forse adesso sarebbe stato diverso.
“Che stai cercando di dirmi?”
“Niente, solo che forse ho fatto bene a sparire per qualche giorno, ha fatto bene ad entrambi. Non saresti mai venuto qui a chiedermi scusa, ammettilo. Io invece ho composto, suonato, ho liberato la testa dai pensieri negativi e questo mi ha fatto bene.”
“Io invece sono stato uno schifo, mi sei mancato, mi sono sentito abbandonato anche se sapevo di avere torto.”
A quel punto Matt iniziava a sentire la rabbia salire, il viso avvampare e le mani perdere il controllo. Non riusciva a capire cosa volesse dire Brian con il suo stare bene, avevano dormito nella stessa cuccetta per anni e una settimana di silenzio non aveva avuto nessun riscontro su di lui.
Si sentiva tradito.
“Però ha fatto bene anche a te, se sei andato dallo psicologo.” disse il chitarrista, notando però il cambiamento d'umore dell'altro. “Ehi calmati, respira.” Si alzò e legò l'accappatoio in vita, così da avvicinarsi a Matt ed abbracciarlo. “Va tutto bene.” gli sussurrava piano, accarezzandogli con dolcezza la schiena. “L'ho fatto solo per te.”
Il contatto riuscì a calmargli i nervi, con un respiro profondo si sentiva già meglio.
“Non ce la faccio.” rispose con un fil di voce. “Non riesco ad affrontare tutto questo, Brian.”
“Continua a parlare con il dottor Grey, d'ora in poi sarò sempre in sala d'aspetto per te. Ti prego però, smettila di fare il cazzone con me.”
Matt sorrise lievemente, finalmente sollevato.
Anche quella volta si stava sistemando tutto, Jimmy non c'era più ma Brian e Matt c'erano ancora, sperando che sarebbero rimasti così per tanto, magari anche fino alla fine dei tempi.

***

Erano secoli che Zacky non provava la piacevole e rilassante sensazione di svegliarsi dopo molte ore di sonno, con gli occhi riposati e il viso affondato nel cuscino.
Si mise a sedere sul letto con calma, con l'intenzione di assaporare ogni momento. Con una mano cercò gli occhiali sul comodino, ma le dita si scontrarono con un flacone di plastica colorata.
Corrugò la fronte, in cuor suo però era grato a quelle piccole pillole bianche che gli avevano ridato la vita.
E il sonno.





Note: questo capitolo è arrivato un po' in anticipo, ma ammetto che la recensione che ho ricevuto mi ha davvero ispirata.
Grazie a tutti per il supporto!

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Capitolo 4
*** Un brindisi al mostro che sono ***


Note: quello di oggi è un capitolo lievemente più breve, ma spero comunque possa colpirvi come mi auguro abbiano fatto gli altri.
Grazie per le letture, le preferenze e le recensioni!




"La mia ombra è l'unica che cammina al mio fianco

Il mio cuore vuoto è l'unica cosa che batte
Qualche volta spero che lì fuori ci sia qualcuno a trovarmi
Fino ad allora cammino da solo.”
(Boulevard of Broken Dreams – Green Day)





Erano passate settimane ormai dalla prima volta in cui Matt aveva messo piede nello studio del dottor Grey e ci si era quasi abituato alla poltrona di pelle, alle scartoffie e alle domande inaspettate, di quelle che hanno le risposte bloccate in gola e tenute strette da corde di lacrime.
Si stava grattando gli occhi stanchi per colpa delle poche ore di sonno, quando lo psicologo interruppe quella piacevole seduta con un intervento che il ragazzo aveva completamente rimosso dalla memoria; era come se non ne avessero mai parlato, come se in realtà quella conversazione non fosse mai avvenuta.
Parliamo della rabbia.” disse, a labbra strette, quasi avesse paura che Matt scappasse via come l’ultima volta che avevano affrontato la questione.
Pensa che io adesso sia pronto?”
Il cantante si grattò leggermente il naso, a disagio. Ecco che stava salendo, proprio lei, la sua compagna di avventure da quando aveva memoria: l’ira. Avrebbe voluto saltare in piedi e prendere a ceffoni il dottore, dargli un libro in testa e dire finalmente tutto ciò che pensava su quella faccenda, che faceva schifo vivere in quel modo, che nei suoi panni non ci voleva più stare.
Dimmi a cosa stai pensando.” rispose il dottor Grey, inaspettatamente. “Siamo arrivati ad un livello d’intesa tale che non solo ti do del tu, ma per di più sei in grado di aprirti totalmente con me. Avanti, Matt.”
Non sapeva cosa dire, la bocca si era fatta secca e le parole spingevano, ma erano talmente tante che non riusciva a pronunciarne nemmeno una.
Sono stufo di essere sempre arrabbiato.” ammise, dopo un po’. “Mi sta rovinando la vita, sempre se non l’abbia già fatto.”
Ricordi la prima volta di esserti sentito furioso? O meglio: qual è il tuo ricordo più vecchio inerente alla rabbia?”
Matt ci pensò per un paio di secondi fissando intensamente gli occhi del dottore con i suoi.

Questa era il mio pennarello!”
Non è vero, l’ho preso prima io!”
Matthew Sanders!”
Il bambino sentì le dita della maestra afferrarlo per la collottola e tirarlo via dal suo compagno e dal tavolo del disegno. Improvvisamente il suo volto aveva assunto un'espressione sorpresa, quasi innocente, perchè diavolo lui aveva decisamente ragione!
L'altro invece si grattava il naso, i piccoli occhi scuri si erano fatti umidi per le lacrime che stavano per scendere.
Non è stata colpa mia signora Williams, è stato Tom a rubare il mio colore.” cercò di scusarsi Matt, mentre si liberava dalla presa dell'insegnante.
Questi sono i pennarelli di tutti, Matthew, non puoi tirare cazzotti ai tuoi compagni quando più ti piace.”

Si stava vergognando davvero tanto di quelle confessioni, gli sembrava di dipingere un mostro e forse non aveva torto a pensarla così; in passato molte persone lo avevano definito così, tra compagni di scuola, vicini e conoscenti.
Mi dispiace davvero.” disse, dopo il racconto. “Volevo solo il mio pennarello, non ce l'avevo con Tom.”
Riprendi a respirare tranquillamente.” propose lo psicologo sorridendo leggermente, per poi annotare qualche parola sul taccuino.
Secondo me.” riprese, dopo una manciata di minuti di silenzio che permisero a Matt di rilassarsi. “Quel pugno era un chiaro segnale: volevi essere ascoltato, a tutti i costi. Avevi l'impressione che quel bambino non stesse capendo quello che gli dicevi e così tu hai fatto in modo che si accorgesse di te. Comunque vai avanti, raccontami qualche altro episodio così riesco a farmi un'idea più chiara della situazione.”

Signori Sanders mi dispiace dirlo, ma non so più cosa fare con vostro figlio. È coinvolto in risse quasi quotidianamente e non posso continuare a far finta di non vedere. Questa scuola non è più adatta a vostro figlio, l'espulsione mi sembra ormai l'unico provvedimento che posso prendere.”
Matt era in piedi dietro ai suoi genitori che, seduti sulle sedie nere che spesso occupava lui, si lanciavano occhiate preoccupate. Avevano sempre saputo di avere un figlio piuttosto vivace ed anche irascibile, arrivati a quel punto, ma una situazione del genere dopo solo il primo anno di liceo non se la sarebbero mai aspettata.
Non sapevano assolutamente cosa dire, erano in totale imbarazzo; il ragazzo che li conosceva bene sapeva che stavano boccheggiando e che a casa una bella paternale con i fiocchi non gliel'avrebbe negata nessuno.
Sei una delusione.” aveva infatti detto suo padre, una volta varcata la soglia della loro abitazione. “Questo non è il figlio che io e tua madre abbiamo cresciuto."

Immagino che tu sia stato molto male, a causa di quelle parole.” disse il dottor Grey quando il paziente ebbe terminato.
Credo di non aver dormito per giorni, da quel momento in poi mi sono sempre sentito un totale disastro ai suoi occhi anche se so per certo che non pensava davvero quello che ha detto. Aveva perfettamente ragione, dopotutto, ma non riuscivo proprio a contenermi.”
Matt appoggiò il capo al poggiatesta della poltrona con un sospiro. Non ce la faceva più a raccontare, non se la sentiva di arrivare a parlare delle patetiche risse da bar a cui aveva partecipato per mesi. Non voleva sapere perché l'aveva fatto, era sicuro che sarebbe stato doloroso.
Se non ho capito male Matt, per un periodo eri riuscito però a superare la rabbia. Ricordi quando è successo?”
Certo che ricordo doc, quando sono entrato a far parte degli Avenged Sevenfold.”
Sai dirmi secondo te, il motivo? O è una coincidenza?”
Penso, come avevi detto prima tu, perché avevo finalmente trovato qualcuno che mi ascoltasse; Brian, Jimmy, Zacky e poi anche Johnny non fingevano di essermi amici, lo erano davvero e mi sentivo sempre considerato, quando ero con loro.”

***

Allora, di cosa avete parlato tu e il doc, oggi?” chiese Brian, non appena lui e Matt entrarono in una tavola calda. L'amico aveva espressamente richiesto un hamburger e delle patatine sufficientemente impregnate d'olio, se non lo avesse accompagnato avrebbe rischiato di trovarsi il sedile dell'auto mangiucchiato.
Rabbia.” rispose solo, mentre con lo sguardo cercava un tavolo libero.
Non appena si sedettero una ragazza dai capelli biondi e ricci si avvicinò a loro e, con un largo sorriso che mise Brian a disagio, prese le ordinazioni; quando si allontanò ripresero la conversazione.
Rabbia, quindi?”
Di quanto io sia un mostro, va bene così?”
Avanti Matt, tu non sei un mostro non dire così.”
Brian gli afferrò una mano e ne accarezzò lentamente il dorso, il tutto guardandolo sempre dritto negli occhi.
Il dottor Grey vuole parlare con te.”
Che cosa?”
Vuole parlare con te non so per quale motivo, smettila di guardarmi come se avessi visto la madonna.”
L'altro ragazzo interruppe il contatto e volse lo sguardo verso il piatto fumante che gli era stato portato. Iniziò a mangiare in silenzio, l'idea di essere psicanalizzato anche lui lo metteva a disagio.
Ti sto prendendo in giro.” disse all'improvviso Matt, tra un boccone e l'altro.
Cosa?”
Il dottor Grey non vuole parlare con te, stupido.”
Il cantante scoppiò a ridere e continuò a guardare il suo migliore amico senza la minima intenzione di perdersi una scena come quella. L'espressione terrorizzata che aveva sul volto da quando Matt gli aveva dato quella sconvolgente notizia era impagabile.
Ti odio, sei uno stronzo.” mugugnò Brian a bassa voce dopo aver addentato il suo hamburger.
Ti voglio bene anche io, Haner.”
Matt gli diede un buffetto su una guancia e a quel punto anche l'altro sorrise seppur debolmente, decisamente sollevato.

***

Johnny Christ si sentiva solo.
Aveva ripetutamente controllato la lista delle chiamate effettuate dal suo cellulare e notare che i nomi dei suoi migliori amici comparivano solo verso la fine, lo faceva stare terribilmente male. Avrebbe voluto chiamarli, salutarli, invitarli a bere una birra al Johnny's, ma l'orgoglio gli impediva di premere quel dannato pulsante verde che sembrava quasi chiamarlo.
Non li sentiva da un mese circa, aveva saputo che Matt stava seguendo una specie di percorso di riabilitazione però non aveva avuto modo di approfondire la questione; anche se non si aspettasse una chiamata da quel testardo cronico dopo la loro ultima litigata, almeno un pochino ci sperava. O anche solo un messaggio da parte di Brian, che invece continuava ad essere l'ombra del cantante e ad assecondarlo anche quando non aveva ragione.
Mancava solo Zacky.
Quando aveva espressamente consigliato di alzare i culi dai divani e di riprendersi ognuno la rispettiva vita non si era opposto, ma non aveva nemmeno seguito la dritta, il che significava averlo ignorato del tutto.
No, nonostante la solitudine lo stesse divorando dall'interno, non avrebbe chiamato neanche lui: che si fottesse, che si fottessero tutti quanti, tanto c'era Jim che, anche se da una tomba vuota e fredda, gli teneva compagnia durante quei pomeriggi cupi e strazianti, gli veniva quasi da piangere.

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Capitolo 5
*** Una Nuova Terra e milioni di anni luce ad unirci ***


"Sei l'unico
Ed è in te che confido."

(Warmness On The Soul - Avenged Sevenfold)





Quella mattina Hungtington Beach sembrava essere piuttosto serena, la luce del sole aveva rischiarato il cielo terso nonostante non facesse ancora molto caldo. Sembrava quasi che la città si fosse svegliata dopo tanti mesi di buio e lacrime, anche se in reaktà era rimasta esattamente la stessa.
Di tanto in tanto si udivano delle auto sfrecciare sulla strada, ma per fortuna quell'abitazione si trovava in una via secondaria così che il traffico non potesse infastidire molto.
Matt si stropicciò debolmente gli occhi quando si svegliò e, con un velo di tristezza sulle iridi verdi, constatò subito che Brian non era rimasto con lui quella sera, che era quasi una settimana che passava solo di sfuggita per sapere come stava e se tutto stava andando secondo i piani; lui rispondeva sempre che si sentiva meglio, non mentiva: ogni tanto la voragine la percepiva ancora, probabilmente non sarebbe mai sparita del tutto, ma si faceva viva solo quando si infila sotto le coperte e inevitabilmente la sua testa si riempiva di immagini tristi e pensieri che non avrebbe più dovuto fare.
C'era Jimmy, era sempre lui a tormentarlo e, nonostante qualche risveglio un po' sudaticcio, era felice di sognarlo; voleva dire che il suo amico era esistito davvero, che l'aveva abbracciato e tenuto stretto, che nonostante la merda che aveva dovuto ingoiare per colpa sua avevano trascorso davvero dei bei momenti insieme e forse era solo questo che importava.
Si mise a sedere sul materasso e ripensò alla settimana precedente, alle parole che aveva detto allo psicologo e come si era sentito: un mostro.
Sette giorni dopo non aveva del tutto cambiato opinione, ma aveva più fiducia nel suo futuro e in quello che avrebbe potuto fare se solo l'avesse voluto. Dopo la tavola calda ne aveva parlato seriamente con Brian, si era sfogato e come al solito il suo migliore amico lo aveva sostenuto. Non che gli dasse dei veri e propri consigli, però lo aiutava sempre a ragionare e magari gli proponeva punti di vista diversi da quelli a cui era abituato.

Posso dirti solo una cosa, Matt. Va' a casa e prendi il quaderno in cui hai raccolto tutti i tuoi testi e rileggili attentamente. Hai scritto di amore, di guerre, di sangue, di incubi e dolore... Non ti sembrano temi così fottutamente umani? Non sei un mostro, se lo fossi mai stato non saresti riuscito a comporre quelle canzoni.”

E una volta tornato nel suo salotto lo aveva fatto, aveva corso verso la scrivania e aveva cominciato a sfogliare le pagine piene di parole che riflettevano lui stesso in ogni minimo dettaglio; lo aveva fatto seduto sul pavimento e con la schiena un po' piegata in avanti. Non lo aveva mai confessato a nessuno, ma non era la prima volta che si metteva a rileggere i propri testi. Lo facevano sentire orgoglioso e fiero, sentiva di essere capace in qualcosa nella vita. Solo che quella volta doveva fare molto di più: scavare all'interno di quell'inchiostro e ritrovare se stesso, rivivere il passato che aveva immortalato nella carta e abbandonare le zanne, gli artigli, l'aspetto spaventoso... doveva tornare Matt Sanders e questo sembrava essere l'unico modo possibile per farcela.
La sera prima aveva riletto Warmness On The Soul e quasi istintivamente si chiese perché non aveva mai accettato di suonarla e cantarla dal vivo; è troppo personale, si rispose, e nonostante l'avesse scritta prima di conoscere Brian, in futuro si rese conto che quella canzone gli appartenesse già.
Con quei pensieri iniziò a lavarsi ai denti e guardarsi allo specchio; quella mattina il suo riflesso faceva molta meno paura.

***

“Ti vedo davvero molto bene, Matt.” disse il dottor Grey non appena il paziente si sistemò sul sedile di pelle rivolgendogli un breve sorriso.
“Mi sono svegliato col piede giusto e ti dirò di più doc: spara, sono pronto a qualsiasi domanda.”
Fu lo psicologo a sorridere questa volta, poi inforcò gli occhiali da vista e si schiarì da voce.
“Se ne sei proprio sicuro...” iniziò, sfogliando i suoi precedenti appunti. “Per iniziare vorrei solo che mi parlassi di Brian, di qualsiasi episodio o avvenimento a lui legato. Siete molto legati e mi aiuterà di certo a capirti un po' di più.”
A quel punto lo sguardo del paziente iniziò a vagare sulla libreria alle spalle del dottore, dubbioso. Non sapeva bene di cosa aveva voglia di parlare, col suo migliore amico aveva condiviso molti più momenti di quanti probabilmente immaginava, ma non ce n'era uno in particolare che gliene veniva in mente.
O forse sì.

Brian si copriva il viso con le mani, i suoi occhi erano puntati verso le scarpe chiare che erano state macchiate da un liquido bruno, lo stesso che in quel momento gli stava rigando le guance e bagnando le labbra.
Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo, non sapeva chi o cosa si sarebbe trovato davanti in quel momento, forse per la prima volta aveva solo paura.
M-Mi dispiace...”
Quel sussurro sembrava una richiesta di aiuto piuttosto che di perdono, era una voce flebile che andava dritta a scuotere le corde del suo cuore e, nonostante la delusione e il dolore, non riusciva a non prestarle attenzione.
B-Brian s-scusami...” continuò, facendo qualche passo indietro, passi incerti e terrorizzati.
Lui però continuava a non dire niente, non sapeva nemmeno se ci fossero state delle parole adatte a quella situazione, continuava a fissarsi la punta delle scarpe e a stringere i denti per non piangere dal dolore anche se gli occhi lucidi che li aveva già.
Matt, che in quel momento era stato accerchiato da tutti i membri dello staff, sembrava essere semore più lontano. Non c'era più la sua lucidità, non c'erano i suoi sguardi, non c'era il suo calore.
In quel momento si percepiva solo la presenza di Zacky, Johnny e Jimmy che, increduli, non avevano la più pallida idea di come affrontare la situazione.

“Hai tirato un pugno a Brian, ho capito bene?”
Il ragazzo annuì con un cenno del capo mentre la sua espressione continuava ad essere concentrata; anche lui stava cercando di trattenere le lacrime.

Brian, posso?”
La zona notte non è di mia proprietà, puoi fare quello che vuoi.”
Senti, mi dispiace. Non avrei mai dovuto alzare le mani contro di te, n-non lo meriti.”
Sono ore che ripeti sempre la stessa frase, ora basta. Se tu fossi sincero non avrei problemi a perdonarti, il punto è che non senti davvero quello che dici.”
Brian uscì fuori dalla sua cuccetta e rimase in piedi davanti all'altro, nel buio.
T-Ti sbagli.”
Se mi sbaglio, perché ti trema la voce?”
Matt poté giurare di aver percepito l'accenno di un sorriso tra quelle parole, ormai non aveva bisogno di guardarlo in faccia per sapere quale espressione stesse assumendo il viso del suo migliore amico.
Non voglio ricaderci.” disse il cantante, abbandonando le braccia lungo i fianchi.
Non lo farai.” rispose l'altro. “Mi hai tirato un cazzotto e la prossima volta ti farò nero se ci riproverai, ma non è questo che conta. Importa che tu non voglia più comportarti così e ti prego, Matt, non farlo.”
Non appena Brian riprese fiato, l'altro sentì delle labbra sulle sue. Non appena si rese conto di quello che stava succedendo, queste non c'erano già più e gli venne il dubbio di averle sognate.
Supererai, supereremo anche questa.” sussurrò il chitarrista appoggiando la fronte su quella di Matt. “Continua a correre, amico.”

“Perché hai voluto raccontarmi proprio questo momento?”
Il paziente prese un bel respiro, sapeva esattamente cosa dire e doveva farlo, si sentiva così leggero come non accadeva da tempo, aveva capito che stava ormai risalendo la montagna e non aveva alcuna intenzione di fermarsi.
“Perché nonostante io abbia picchiato uno dei miei migliori amici, per un motivo che ormai neanche ricordo, lui non mi ha allontanato, non ha avuto paura di me. In un primo momento sì, però poi ha saputo guardarmi meglio e ha capito che non sono un mostro.” Prese un altro respiro. “E ripensando a quest'avvenimento anch'io ho capito di non esserlo, sono solo fottutamente umano, citando le sue parole.”
Quando ebbe finito di parlare si voltò verso la finestra alla sua destra e mai le colline in lontananza gli erano sembrate così verdi; invece lo erano sempre state così come lui non era mai stato un mostro, aveva solo bisogno di rendersene conto.
“Stai facendo dei passi enormi, lo sai vero?” chiese il dottor Grey visibilmente compiaciuto, ormai non aveva neanche aperto il taccuino, anzi, all'inizio del racconto lo aveva chiuso e poggiato sul piano della scrivania.
“Lo so doc, anche se non lo avrei mai creduto possibile.”
“Come ti ha fatto sentire il bacio di Brian?”
Lo psicologo lo fulminò con quella domanda, cambiando discorso senza dargli il tempo di rendersene conto ed imbarazzandolo terribilmente.
“Io n-non sono... beh insomma... n-non...”
“Matt non sono qui per giudicarti, penso tu ormai l'abbia imparato. Non ti ho chiesto se sei gay, ti ho chiesto di spiegarmi le tue sensazioni.”
“Mi sono sentito amato, ok?” Il tono di Matt non era più rilassato, d'altronde era la prima volta dopo diversi anni che ripensava a quello che era accaduto. Col tempo aveva semplicemente smesso di farsi domande e invece, forse, non avrebbe dovuto smettere di porsene sempre di nuove. “Mi sento sempre amato quando sono con Brian.”
“Benissimo.” disse il dottor Grey, dopo un respiro profondo. “Volevo sapere solo questo. Il fatto che tu l'abbia ammesso fa chiarezza su te stesso perché, infondo, quando parli con me è come se raccontassi la tua vita al riflesso dello specchio. È importante che tu sappia tutto ciò che ti riguarda e solo essendo sincero potrai riuscirci.”
Nonostante le rassicurazioni, il volto del ragazzo era ancora piuttosto provato. Si guardava intorno come alla ricerca di una via d'uscita, il suo cuore aveva preso a battere forte e non riusciva a smettere di pensare a Brian, aveva più difficoltà del solito a distogliere la sua mente da lui.
“Posso prendere una boccata d'aria? Sarò veloce e prometto di non scappare.”
L'ultima frase la pronunciò con un sorrisetto divertito e il dottor Grey gli diede il permesso con un cenno della mano.
“Ehi, finito prima?” chiese Brian, non appena vide il suo amico uscire per poi chiudere la porta.
Questo scosse vigorosamente la testa e si precipitò verso l'altro che nel frattempo si era alzato in piedi e lo strinse forte.
“Matt, sicuro di stare bene?” continuò il chitarrista, ridacchiando. “Non mi sembri molto... te.”
“Oh sta zitto idiota.” rispose l'altro. “Volevo solo abbracciarti e dirti che ti voglio bene, che te ne ho sempre voluto e che te ne vorrò anche, boh, quando la Terra brucerà e la razza umana sarà costretta a trovarsi un altro pianeta e sarà fondata la Nuova Terra.”
“Tu guardi troppo Doctor Who, te l'ho mai detto? Comunque anche io te ne voglio.” ammise il chitarrista, senza però sciogliere l'abbraccio.
Fu Matt a farlo, allontanò le braccia dell'altro da sé e si costrinse a guardarlo dritto negli occhi, in quegli stessi occhi nocciola che aveva fissato nel buio senza però saperlo.
Lo baciò, fu un bacio ugualmente leggero, come il primo, carico di imbarazzo, timidezza e tanta gratitudine. Senza dare il tempo a Brian di replicare Matt tornò dentro e aspettò di sedersi, prima di parlare.
“Non immagini neanche quanto tu sia riuscito ad aiutarmi, doc. Forse è molto più di quanto tu sia riuscito a fare in tutto questo tempo.”
Brian, d'altro canto, era rimasto in piedi, immobile e alla ricerca di risposte. La sua testa aveva preso a girare forte, la leggera pressione delle labbra di Matt sulle sue la percepiva ancora e questo lo confondeva ancora di più.
Sono fottuto, riuscì solo a pensare.





Note: chiedo scusa per il ritardo, non è che abbia moltissime cose da fare è solo che mi sento la testa piena. Non so se vi sia mai capitato, se sì penso possiate capirmi, ho talmente tanti pensieri che non so quali trascrivere per prima e così finisce che non scrivo proprio niente. Spero che nonostante ciò non vi siate dimenticate di questa piccola long con poche pretese, ma che comunque mi sta personalmente dando molte soddisfazioni. La sto scrivendo col cuore, vorrei che almeno questo si percepisse.
Ci tenevo a precisare che non so se Matt segua davvero Doctor Who, probabilmente no, ma mi andava di inserirlo e, infondo, non ci stava tanto male a mio parere.
Ancora grazie a tutti voi che per la maggior parte mi segue in silenzio e al prossimo aggiornamento!

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