Sleep, and then wake up

di _Eleuthera_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo atto. ***
Capitolo 2: *** Secondo Atto. ***
Capitolo 3: *** Terzo Atto. ***
Capitolo 4: *** Ultimo Atto ***



Capitolo 1
*** Primo atto. ***


SLEEP, AND THEN WAKE UP


Primo Atto


I need some sleep.
[Ho bisogno di dormire un po'.]
You can’t go on like this.
[Non puoi andare avanti così.]
I try counting sheep,
[Cerco di contare le pecore,]
But there’s one I always miss.
[Ma ce n'è una che dimentico sempre.]
Eels - I need some sleep

Si dondolava sul letto, la testa nascosta fra le gambe ripiegate, estraniata da sé stessa.

Gli occhi chiusi a simulare un’oscurità ancora più estrema della notte, cercava di raccogliere i pezzi delle sue sensazioni confuse, frammenti di esistenza conficcati nel cranio, e quello stesso nome, che la torturava.

Matsuri pensava, pensava anche troppo mentre sedeva rannicchiata con le gambe al petto. Aveva molto a cui pensare, ma ogni minuto si infilava fra la sua ragione e la consapevolezza dei sentimenti come una scheggia. E lei lottava, reagendo a quel dolore nello sterno, a quel nodo che le stringeva la gola. Prima o poi, si diceva, prima o poi tutto ciò sarebbe finito. Prima o poi avrebbe smesso di pensarci e avrebbe recuperato il sonno perduto. Prima o poi tutto sarebbe diventato lontano e impossibile da ricordare. Pensava.

Matsuri aveva sedici anni, ma credeva di essersi innamorata di Gaara molto tempo prima.

All’inizio era solo l’infatuazione che un’allieva poteva provare verso il proprio maestro: rispetto, e soggezione, quasi, anche perché Gaara-sensei aveva pur sempre quel passato, quell’ombra incombente su di lui e sul suo nome.

Però Matsuri era andata oltre, per qualche strano motivo.

Erano passati gli anni, inesorabili, aveva visto il suo sensei diventare Kazekage, lei s’era vista promuovere a chuunin, e come tutto appariva uguale tutto era cambiato.

L’infatuazione era diventata sempre più pesante, premeva sull’orlo delle labbra, si sbilanciava sul baratro della sua gola.

Si era innamorata, Matsuri. Ed erano anni, ormai.

E si dondolava sul letto cercando il buio con gli occhi chiusi. [Non trovava il sonno]

Sulla sedia c’erano ancora gli abiti da ninja che aveva indossato durante l’ultima missione. La finestra, aperta, lasciava entrare il caldo vento di Suna.

Notte fonda. In marcia verso l’alba.

E Matsuri lasciava che quei sentimenti la scuotessero da dentro, purché rimanessero dentro, prigionieri in quel baratro.

Non solo perché lei non avrebbe mai osato parlare di una cosa simile con Gaara. E non solo perché sapeva che davanti ai suoi occhi era e sarebbe sempre stata la solita piccola allieva.

Gaara frequentava di fatto un’altra donna, e Matsuri non poteva veramente farci nulla.

--

«Cattive notizie da Konoha?»

Giornata di sole, e quando a Suna è una giornata di sole, significa trent’otto gradi all’ombra.

Gaara sollevò lo sguardo trasparente incontrando gli occhi scuri del fratello. Non s’era neppure accorto che era entrato.

«Bussare, magari?» ringhiò, gettando sulla scrivania la lettera su cui spiccava il simbolo di Konoha.

Kankuro si avvicinò, ignorando la provocazione.

«Di che si tratta?» fece, indicando il foglio con un cenno del capo.

Gaara sospirò, volgendo la testa verso la finestra spalancata, nella speranza che lo investisse un soffio di vento.

Kankuro rimase immobile, un po’ stordito, reduce da una levataccia a causa del caldo incessante, e si passò una mano dietro la nuca.

«Hanno problemi sul confine con il Paese della Pioggia» disse Gaara all’improvviso, gli occhi acquamarina ancora fissi sull’orizzonte «Un gruppo consistente di rivoltosi sta dando noie ad entrambi i paesi. E pare che non riescano a sedare la ribellione.» Si passò una mano sulla folta chioma rossa «Chiedono rinforzi.»

Tacque. Kankuro si avvicinò alla scrivania e prese in mano la lettera, scorrendo velocemente i caratteri che vi erano impressi.

«Be, mandiamoglieli.» disse dopo aver appoggiato di nuovo il foglio sul tavolo.

«Allora vai a fare le valigie» rispose Gaara, voltandosi finalmente e conducendo lo sguardo verso Kankuro. «Parti per il confine.»

Kankuro sbatté le palpebre, strabuzzò gli occhi assonnati e infine li spalancò.

«Cosa!?»

«I jonin sono quasi tutti in missione e non posso mandare squadre di soli chunin. Resti tu.»

Kankuro aprì la bocca per dire qualcosa, ma si rese conto che non aveva nulla da dire. Perché negare, d’altronde, perché rifiutare? Non aveva motivo, e sarebbe andato.

Annuì con un cenno del capo, cogliendo il balenare dello sguardo di Gaara che ancora una volta si spostava dall’orizzonte afoso a lui.

«Va bene. Vorrà dire che andrò.»

Gaara annuì a sua volta, poi il suo sguardo si perdette ancora nel caldo, innaturalmente distante.

--

«Sensei?»

Matsuri non aveva idea di dove avesse trovato la forza di riprendersi.

Aveva passato un brutto momento, si diceva. Sì, era stata male, ma adesso sarebbe cambiato, sarebbe andato tutto molto meglio, avrebbe saputo accettare la cosa. Se non andava come voleva, probabilmente era perché non doveva andare così. Se ne sarebbe fatta una ragione.

Poi era venuta a conoscenza di quella faccenda di confini, della richiesta di aiuto da parte di Konoha. E qualcosa dentro di lei aveva cominciato a premere per aderire a quella missione, per andarsene, per andare il più lontano possibile, e Konoha era quel più lontano possibile.

Quello stesso qualcosa aveva forzato i propri passi verso l’ufficio del Kazekage, e se un improvviso rigido tremore l’aveva frenata arrivata di fronte alla porta, ciò non era stato abbastanza.

Adesso era in piedi, dritta di fronte a Gaara, con gli occhi pericolosamente saldi sulla fronte del Kazekage.

«Sensei, voglio essere mandata a Konoha assieme agli altri rinforzi.»

Avvertì l’impercettibile sussulto di Gaara. Gesti insignificanti che lei aveva sempre notato.

Vide gli occhi di lui indagare i lineamenti del suo volto, e capì di essere sotto esame.

Scese con lo sguardo, ad incontrare quel colore trasparente. E la risposta.

«No.»

Qualcosa di molto freddo e molto caldo allo stesso tempo la investì, ricoprendola di incertezza.

Rabbia. Una piccola scheggia d’ira. E un perché superfluo che correva verso la bocca.

«...ma perché!?» chiese, cercando di mantenere quell’atteggiamento saldo quanto inespressivo, tentando di lasciar trapelare la sicurezza che s’era costruita dentro di sé.

Ma in verità, ciò che si agitava nei suoi occhi era un vortice di emozioni che lei non avrebbe mai permesso di identificare.

Gaara le rivolse uno sguardo ghiacciato, che Matsuri sapeva essere cristallo, il cristallo più chiaro e più bello che aveva mai visto.

«Sei appena tornata da una missione, e non esattamente facile.» disse il Kazekage, e Matsuri sentì lo sguardo di Gaara pesare sul braccio fasciato della ragazza. Arrossì. «Non mi sembra il caso di spedirti subito al confine col paese della Pioggia,» proseguì il Kazekage «per di più durante una ribellione che potrebbe comportare un numero consistente di vittime e-»

«Ma Kankuro-san-»

«Kankuro è un jonin, e tu sei un chunin, Matsuri» disse Gaara, freddo «un chunin che è appena tornato da una missione pericolosa, inoltre ferito, e che io non ritengo sia il caso mandare al confine!»

Il tono di voce era partito pacato, ma quell’impennarsi improvviso verso la fine della frase, gli occhi di Gaara che sussultavano senza distogliersi da Matsuri, avevano fatto salire un lungo brivido gelato lungo la schiena della ragazza.

Aveva abbassato gli occhi, ferita.

«Sì, Gaara-sensei.» aveva detto, ma era come se non fosse stata lei stessa a parlare.

Perché lì, restando lì in quel punto in mezzo al deserto, come avrebbe fatto a dimenticare quegli occhi, e a distogliere la mente da lui, se non aveva altro a cui pensare? Sarebbe stato più facile con il pericolo e la morte che sfiorava il viso e la paura. Lì, sarebbe stato più vivido dell’oscurità della notte. E Matsuri non avrebbe potuto dimenticare. Niente.

Gaara aveva annuito, e posato lo sguardo sui documenti sulla scrivania.

Infine il rumore di una porta che si chiudeva, e quando alzò lo sguardo, Matsuri se ne era andata.

--

Kankuro era partito il giorno stesso, a capo di un numero piuttosto consistente di squadre di chunin.

Avevano marciato velocemente, raggiungendo il villaggio della Foglia nel tempo prestabilito. Poi avevano proseguito verso il confine con il paese della Pioggia.

Nei pressi dell’accampamento della Foglia erano stati ricevuti da un chunin che li aveva condotti all’accampamento stesso.

L’ultimo scontro s’era consumato la mattina prima, e non c’era voluto molto a capire la situazione. Entrambe le parti avevano subito perdite consistenti, e per quanto fossero ben organizzate le squadre della Foglia e della Pioggia non riuscivano a sedare la rivolta.

Non si sapeva precisamente come fossero nati quei disordini, ma sembravano essere degli accordi privati fra clan, i quali avevano ricevuto ordine preciso da qualcuno di indebolire le difese dei due paesi. Il mandante era sconosciuto.

Kankuro s’era passato una mano tra i capelli nell’osservare il profilo nebbioso dell’orizzonte. Fino a quanto poteva andare avanti quella situazione? Aveva intravisto delle macchie di sangue scuro nell’erba pallida, quando era arrivato.

--

Matsuri non riusciva a dormire.

Si rigirava nel letto, e le lenzuola fresche si annodavano al suo corpo, e lei, stizzita, si sedeva sul futon, affondando le dita nella chioma spettinata, vedendo le lancette della piccola sveglia procedere inesorabili verso le tre del mattino.

Era sveglia, era notte fonda, e una terribile angoscia l’avvinghiava, perché sapeva di non riuscire a dormire, sapeva che non ce l’avrebbe fatta ad addormentarsi.

Ma attraverso la finestra aperta della propria camera, Matsuri poteva vedere il palazzo del Kazekage, e quella fessura lontana, che poi era un’altra finestra, la finestra dell’ufficio di Gaara, illuminata.

Non era la sola a non riuscire a trovare il sonno, alle tre dell’ennesima notte calda di Suna.

E nel suo piccolo, Matsuri si sentiva meno sola. E si malediceva, per questo.

--

Calava un buio innaturale. Non c’erano luci di alcun tipo, per evitare di essere individuati dai ribelli.

C’erano la luna e le stelle, appannate da quella nebbia fredda e sottile.

Kankuro respirò a fondo, seduto fuori dalla sua tenda, incapace di prendere sonno.

C’era odore di sangue nell’aria, e doveva ancora farci l’abitudine.

S’era alzato un vento pungente che portava con sé la densità del buio. E all’improvviso sentì un movimento tagliente fendere quel vento, spaccare in due l’immobilità della notte.

Trasalì, le dita già allacciate ai fili di chakra.

«Chi c’è?»

Gli rispose una voce femminile, salda e fiera anche nell’oscurità.

«Yamanaka di ritorno dall’ispezione notturna.»

Kankuro non fece neppure a tempo a sentire l’istante di spavento passare, che quel nome s’infilò nella sua memoria costringendolo a trasalire di nuovo.

«Yamanaka Ino?»

Lei si fece avanti, e al chiarore della luna Kankuro poté finalmente distinguere gli intensi occhi azzurri e i lunghi capelli biondi. Ino lo squadrò con aria critica.

«Sabaku no Kankuro?»

Lui annuì.

«Il fratello di Temari...» mormorò Ino.

«L’amica di Shikamaru...» aggiunse Kankuro, a denti stretti. Shikamaru non gli andava a genio.
Cosa nota.

«Non credevo avessero mandato te con i rinforzi da Suna» disse Ino, scrutando il volto dell’altro, percorso dalle solite linee viola.

«E invece eccomi qui.» Kankuro spostò lo sguardo sugli occhi cerulei di lei. Veramente luminosi, anche di notte.

Ino li abbassò, guardando un punto indefinito, poi li rialzò di nuovo. «E... Shikamaru è ancora a Suna?» Kankuro strinse gli occhi. «Credo di sì, in qualità di ambasciatore assieme a Sa-»

«Be’, immagino ne avrà ancora per molto. E comunque, noi saremo bloccati qui ancora per parecchio tempo.» il pessimismo risaltava in quegli occhi azzurri, e Kankuro si chiese se anche lui si sarebbe messo a vedere le cose sotto quella logica scura, dopo aver passato i primi giorni sul confine.

«Da quant’è che sei qui?» le chiese.

Lei rispose subito, senza alcun indugio. «Sono tre settimane oggi.» Lanciò un’occhiata alle stelle, poi alla luna, con calma. Ma i suoi occhi tremavano come se avessero una fretta inaudita.

«Vado a fare rapporto.» proseguì Ino dopo un istante. Gli lanciò un ultimo sguardo, che lui colse al volo, poi sparì.

Kankuro rimase attonito a fissare il punto dove lei era arrivata poco prima. Adesso, sicuramente, non avrebbe chiuso occhio per tutta la notte.

--

«Casa dolce casa!»

Temari allargò le braccia come a stringere il panorama di fronte a lei. Poco prima dell’orizzonte si stagliava l’entrata di Suna, e prima di quella il deserto dorato illuminato dai raggi implacabili del sole.

«Dolce?» Shikamaru fece qualche passo avanti, affiancandosi alla fidanzata. «Suna può avere tutti gli aggettivi che vuoi, ma dolce non c’entra niente. Bollente, sabbiosa, isolata, poco accogliente, strana, calda e seccante. Tra questi ce ne è sicuramente uno più adatto di “dolce”.»

«Il primo e il penultimo vogliono dire la stessa cosa, caro il mio genio.» azzardò Temari, prendendo la mano del suo ragazzo e chiedendosi come avrebbe reagito.

Shikamaru strinse gli occhi, puntati sulla porta del villaggio della Sabbia, ma non rispose.

--

Ancora una volta, Matsuri correva verso l’ufficio del Kazekage.

Non di sua spontanea volontà, questa volta. Aveva un messaggio da consegnare.

Un sorriso increspava il suo volto, illuminando i lineamenti di lei, mentre i capelli si sollevavano ciocca a ciocca e le frustavano la fronte nella corsa.

Era felice, Matsuri. Temari era tornata. Era quello il messaggio che doveva portare a Gaara.

E sperava che quella felicità fosse solo l’inizio.

Matsuri era piena di forza di volontà. Le sue non erano promesse al vento.

Avrebbe dimenticato. Non era una frase tanto per dire, insulsa, solo per tirarsi su il morale.

Matsuri credeva veramente che ce l’avrebbe fatta a dimenticare, se solo avesse voluto. Avrebbe rivolto il proprio sguardo altrove, scordato di essere a Suna, prigioniera dei ricordi che ogni istante passato lì rievocava.

Ma in fondo una piccola parte di sé sapeva che sarebbe stato difficile, difficilissimo, anche se si era convinta di farcela.

Non ci pensava. Voleva quella piccola illusione.

Per una volta, era un’illusione che sarebbe potuta diventare realtà.

Correva, calpestando il battito del proprio cuore.
Gaara, il Kazekage, nient’altro. Il Kazekage...

Forse avrebbe potuto chiedergli di allenarla, dopo avergli consegnato il messaggio.

Era tanto tempo che non lo facevano. Era ancora il suo sensei, d’altra parte.

Matsuri sorrise. Sì, glielo avrebbe chiesto.

Dovresti chiedergli qualcos’altro, Matsuri...

Abbassò gli occhi ai suoi stessi pensieri.

Si fermò violentemente di fronte alla porta dell’ufficio del Kazekage, quella dannatissima porta dietro alla quale aveva indugiato così tante volte.

Spinse la maniglia senza pensarci su due volte. Una piccola libertà che poteva prendersi, considerato che Gaara era il suo sensei e che lei aveva una comunicazione molto importante da dargli.

Entrò come un fiume in piena, il sorriso illuminava ancora i suoi occhi.

«Gaara-sense-»

Le parole le morirono in gola. Sentì uno strano fragore da qualche parte dentro di sé.

Di fronte ai suoi occhi altri due sguardi scioglievano il loro intreccio per posarsi su di lei.

Gaara, sorprendentemente nervoso, lasciò subito la mano di Sakura che stava tenendo fra le sue.

Sakura Haruno, ambasciatrice di Konoha, abbassò gli occhi verdi evadendo lo sguardo di Matsuri.

[Gaara frequentava di fatto un’altra donna, e Matsuri non poteva veramente farci nulla.]

Lei, impietrita, sulla soglia. Quel silenzio colpiva all’altezza del petto, come la lama di un kunai.

Gaara mosse due passi verso di lei.

«Matsuri-»

Senza una parola, Matsuri varcò la soglia chiudendosi la porta alle spalle, e se ne andò.












.................corner A
Premetto subito che questo è il mio regalo di Natale per tutti i fan dei pairing che appaiono in questa breve fan fiction a capitoli, in particolare per bambi88. Roberta-sempai, questa è la sorpresa a cui ti accennavo. L'inizio magari non sarà il massimo, ma nei prossimi capitoli dovrebbe migliorare un po'. Ah, credo che alla fine farà il suo effetto. Già.

Che dire? Erano mesi che non postavano. Ele is back, yeah. E si trascina dietro l'ispirazione di "Nine scenes of the play". Anche qui atti e commedie.
Perdonatemi, non ho resistito, gh gh gh.

Saranno tre capitoli, forse un epilogo.
La fan fiction è quasi completata, quindi credo aggiornerò abbastanza in fretta.
Come sempre, vi sarei grata se lasciaste un commento. Le critiche sono costruttive, i complimenti fanno bene al mio EGO. Arigato to u all ^^

E se la mettete nei preferiti... per favore, almeno un commento! *-*

Ah, piccola nota... Shikamaru non è a Suna come credeva Kankuro perché è stato chiamato dall'Hokage a fare rapporto prima del previsto. Temari si è offerta di, ehm, accompagnarlo^^

Sayonara!
Ele.

"Naruto" e tutti i personaggi e i luoghi di suddetto manga appartengono a Masashi Kishimoto. La fan fiction in sé mi appartiene in quanto ne sono l'autrice. Tutti i diritti sono riservati.

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Capitolo 2
*** Secondo Atto. ***


SLEEP, AND THEN WAKE UP


Secondo Atto


Everyone says, "I’m getting down too low"
[Tutti dicono, "sto cadendo troppo in basso".]
Everyone says, "You just gotta let it go".
[Tutti dicono, "Devi solo lasciarlo andare."]
You just gotta let it go
[Devi solo lasciarlo andare]
You just gotta let it go...
[Devi solo lasciarlo andare...]
Eels - I need some sleep

La fine di una battaglia lascia nell’aria quello strano silenzio, come l’eco troppo sottile di un grido. Sembra ci sia qualcosa da udire, qualcosa da ascoltare ancora. Ma in realtà non c’è nessuno che parli, ed è silenzio, bianco e denso, come un sudario.

Kankuro si riunì ai sopravvissuti. Con l’intervento degli alleati della Sabbia, la vittoria era stata schiacciante. Una settimana di combattimenti, certo, e molto sangue era stato versato, e adesso macchiava il terreno scuro. Ma era finita.

Si passò una mano sulla fronte. Il tessuto scuro della manica si colorò di rosso.

Socchiuse gli occhi, rendendosi conto che era messo peggio di quanto avesse pensato.

Fece mente locale, registrando le ferite. Qualche graffio, una brutta escoriazione al braccio, ma quel taglio alla fronte era decisamente la cosa peggiore.

Si sedette a terra, sfiorandosi ancora la ferita. Poi una luce azzurrina. Fu quella ad attirare la sua attenzione intorpidita.

«Non sei messo per niente bene.»

E si ricordava quella voce.

Sollevò appena gli occhi. Ino Yamanaka era davanti a lui, lo sguardo ceruleo concentrato nel curare il taglio alla fronte.

«Davvero per niente.» proseguì la kunoichi, senza lasciare il tempo a Kankuro di proferir parola «Chi te l’ha procurata usava del veleno. Credo che arrivati a Konoha dovrai andare subito in ospedale.»

Del veleno... Allora è una persecuzione... «Merda.» mormorò, mentre il dolore alla fronte si faceva un po’ più intenso.

Seduto davanti a lei, osservò Ino. Aveva qualche graffio ed era un po’ pallida, ma ciò che risaltava di più era il taglio al labbro inferiore. Il sangue le imbrattava il volto, ma lei sembrava non farci caso. Probabilmente non ne aveva avuto il tempo.

Kankuro avvertì quello strano nodo allo stomaco che aveva provato anche quella notte che l’aveva vista.

«Ecco, più di così non posso fare.» disse Ino, portandosi le mani sui fianchi.

Kankuro alzò gli occhi, incontrando il suo sguardo.

«Arigato.»

Ebbe un attimo di smarrimento, poi si alzò e si unì ai chunin della Sabbia.

--

«Come sarebbe a dire “non ne sapevo niente”?»

Temari poteva essere spaventosa.

Molto spaventosa.

E Gaara, il temibile Kazekage di Suna, lo sapeva molto bene.

Deglutì, rispondendo con lo sguardo color ghiaccio.

«Vuol dire quello che ho detto: non ne sapevo niente. Nessuno mi ha detto che eri tornata.»

Temari tacque, placando la propria ira.

«Che strano...» disse fra sé e sé. Gettò uno sguardo a Shikamaru, impegnato a squadrare il Kazekage.

Peccato che il suo ragazzo avesse rapporti così pessimi con i suoi fratelli.

«Be’, bentornata.» aggiunse Gaara, spostando lo sguardo su Shikamaru. «Bentornato anche te, Nara.» proseguì, come se gli costasse una fatica immensa.

Shikamaru mugugnò qualcosa di poco comprensibile.

«Bene.» fece Temari, aggrappandosi al braccio del fidanzato nel vano tentativo di distoglierlo da Gaara «Adesso devo andare.»

«Dove?» chiese il fratello, sedendosi sulla sua poltrona.

«Da Matsuri. Vado a trovarla.» Temari, già sulla soglia dell’ufficio, si voltò verso di lui.

Gaara assunse uno strano colorito rosso che faceva a pugni con i propri capelli. Temari alzò un sopracciglio.

«Va bene, a dopo allora.» concluse il Kazekage, tornando ad occuparsi dei documenti sparsi sulla scrivania, fingendo un esagerato quanto improbabile interesse.

Ma Temari aveva imparato da un pezzo a non dare retta a quella voce controllata. Lo guardò di sottecchi, poi lei e Shikamaru uscirono.

--

Il giorno stesso in cui aveva sorpreso Gaara con Sakura, Matsuri si era ammalata.

Solo una febbre, niente di più. Aveva sottovalutato la ferita al braccio che si era procurata in missione. Aveva fatto di testa sua, aveva rimosso prima il bendaggio, e adesso era costretta a quel maledetto riposo.

Odiava il riposo perché le permetteva di pensare. E i pensieri riconducevano ad una sola cosa, al ricordo tremendo di quelle due mani strette, degli occhi di Gaara che fissavano fermamente quelli di Sakura.

Non era la prima volta. Li aveva già intravisti in passato, e le erano giunte molte voci a riguardo. Ma stavolta loro avevano visto lei. Due realtà faccia a faccia, e la sua illusione d’oblio si era sgretolata. [...una miriade di granelli di s a b b i a...]

Le domande più banali attraversavano la sua testa – era da un pezzo che quelle domande la pugnalavano. Cos’ha lei che io non ho, ad esempio. Ma sapeva di non poter indagare oltre il rapporto che univa Sakura a Gaara. Sakura lo aveva salvato, Gaara, quando l’Akatsuki lo aveva rapito. Aveva combattuto per lui.

Matsuri era solo stata capace di farsi salvare. Il suo sensei aveva rischiato la morte per portarla indietro.
E lei? Lei all’epoca era solo un genin. Inesperta, spaventata dalle armi.

Avrebbe capito troppo tardi quanto era importante per lei passare le giornate ad allenarsi con Gaara.

Adesso lo aveva capito. Adesso che non poteva più.

--

In fin dei conti, l’aria di Konoha non era poi così male. Molto più fresca rispetto a Suna. La gente sembrava più rilassata.

Kankuro aveva avuto modo di osservare bene quelle piccole differenze fra i due villaggi.

Per colpa di quella dannatissima ferita era dovuto restare ben una settimana all’ospedale di Konoha. Adesso ne era uscito, finalmente, e sarebbe partito per Suna il giorno dopo.

S’era quindi concesso di passare quel breve tempo che gli restava semplicemente in giro. Come se non fosse un ninja, per una volta. Come una persona normale.

Si era imbucato nelle strade di Konoha, invidiando un po’ quella sorta di calma apparente che sembrava circondare la vita dei cittadini della Foglia.

Finché, ancora una volta, non aveva sentito quella voce.

«Allora sei uscito dall’ospedale!»

Si voltò, già certo che avrebbe incontrato quello sguardo azzurro che ricordava bene.

--

Da quando era stata male, Temari era venuta a trovarla tutti i giorni.

A Matsuri la cosa non dispiaceva affatto. Dopo essere stata l’allieva di Gaara per anni, aveva preso a considerare Temari la sorella maggiore che non aveva mai avuto. Inoltre la kunoichi si trascinava quasi sempre dietro il fidanzato, e quel chunin con cui capelli assurdi le metteva addosso un’allegria terribile, con quell’atteggiamento svogliato che Temari guardava di sottecchi, ma con un’ombra di tenerezza nello sguardo chiaro.

Matsuri invidiava enormemente quella rete dei sguardi che i due tessevano, forse inconsapevolmente, ogni volta che si guardavano.

La stessa rete che, sapeva, tessevano anche Gaara e Sakura.

[Faceva dannatamente m a l e.]

Quella mattina, dopo tre giorni di insopportabile febbre, s’era finalmente accorta che la fronte scottava meno del solito. Aveva colto al volo l’occasione, così si era fatta una doccia e aveva indossato un kimono leggero – il caldo torrido di Suna non s’era ancora placato.

Aveva appena finito di asciugarsi i capelli bagnati quando aveva sentito la voce di Temari oltrepassare la barriera della porta.

«Matsuri-chan, posso entrare?»

Matsuri aveva appoggiato l’asciugamano, scotendo i capelli umidi.

«Arrivo subito!»

Aveva corso verso la porta, un po’ più allegra del solito. L’acqua sembrava essersi portata via anche quell’orrenda depressione degli ultimi giorni.

Effimera, nota illusione.

Matsuri stava girando la chiave nella toppa quando Temari pronunciò quella frase.

«Ti ho portato qualcuno, Matsuri!»

Matsuri si era irrigidita per un istante. Nell’arco dello stesso momento, un’idea si insinuò rapida e veloce nella sua mente.

Ma quando giunse alla conclusione di chi doveva essere quel “qualcuno”, la porta era già spalancata.

Dietro a Temari c’era Gaara, con l’inquieto sguardo freddo fisso su di lei.

--

«Tutto bene, Kankuro-kun?»

«Sì, solo una tremenda sensazione di deja vu...»

Sollevò il bicchiere e lo vuotò tutto d’un fiato.

Ino Yamanaka e Sabaku no Kankuro erano seduti ad un piccolo chiosco a bere saké.

Pensare che Kankuro non aveva la minima idea che sarebbe andata a finire in quel modo. Inizialmente erano state solo domande per informarsi sul reciproco stato di salute, tutto molto formale. Camminavano, nel frattempo.

Aveva un che di strano, camminare e parlare con Ino. Non riusciva a smettere di guardarla, e si chiedeva se fosse il caso di darsi dello stupido o di preoccuparsi seriamente di quanto gli stesse succedendo.

Alla fine si erano trovati davanti a quel chiosco, e Kankuro aveva pensato di invitarla a bere qualcosa. Ino l’aveva guardato severamente, con un’ombra di divertimento negli occhi azzurri.

«Non dovresti bere. Sei appena uscito dall’ospedale.»

«Anche tu.»

Ino era avvampata. Non se l’era cavata solo con il labbro gonfio e tumefatto, un’ampia fasciatura le copriva la spalla e l’avambraccio destro.

Fatto sta che erano finiti a bere saké. Era già il secondo bicchiere, ma nessuno dei due sembrava preoccuparsene tanto.

Ma più la guardava, più Kankuro era convinto che ci fosse qualcosa che non andava. Ino aveva un che di dolorosamente sopito dentro di sé, non sapeva dire esattamente cosa. Né osava indagare quale fosse il motivo di quell’ombra nei suoi occhi.

Bevevano, e lui sentiva ancora quella stretta allo stomaco.

Parlavano, le parole venivano facili. Così presto aveva saputo molto su Ino.

Gli aveva detto di come s’era sentita sola, quando Shikamaru era andato a Suna. Restava sempre Choji, ma Choji non sarebbe mai potuto essere ciò che Shikamaru era stato per lei, per quanto fosse un buon amico.
Sorprendentemente, Ino era una persona estremamente sola.

E Kankuro, lentamente, con diffidenza, aveva iniziato a parlare anche lui. Il doloroso rapporto che era stato con suo fratello. La solitudine, la peggiore.

S’erano ritrovati a sospirare insieme. A riderne, poi.

«Strano che tu sia sola, Ino-chan.» aveva detto Kankuro, dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo.
«Sei una ragazza così bella.»

Si morsicò il labbro non appena si rese conto delle parole che gli erano sfuggite.

Ino però aveva semplicemente sorriso. Anche lei, forse, aveva bevuto un po’ troppo.

«Bella... i ragazzi li faccio fuggire per via del mio carattere. Sono acida e vanitosa.»

«Non mi sembra.»

Ino era stata zitta, sfiorandosi con un dito la ferita al labbro.

«Con te non lo sono.»

Kankuro non s’era sentito di chiederle il perché.

--

Cazzo, Temari, questa non me la dovevi fare!

Impietrita, Matsuri spostava lo sguardo attonito da Temari a Gaara e viceversa, mentre il suo cuore batteva freneticamente.

«Gaara voleva venire a trovarti, e quindi ho pensato di andare insieme!» disse Temari mentre un’ombra di soddisfazione passava sul suo volto.

Gaara e Matsuri la fulminarono con lo sguardo, ma prima che potessero dire qualcosa l’altra proseguì.

«Bene, vi lascio un po’ da soli, allora. Mata ne!»

Aveva letteralmente spinto dentro il fratello, poi si era chiusa la porta alle spalle. Nel lungo istante di silenzio che seguì, si sentì nitida la voce di Shikamaru, fuori dalla porta.

C’era anche lui, quindi.

Fantastico. Matsuri si stupì di riuscire ancora a pensare.

Terrorizzata, fissava gli occhi freddi di Gaara senza riuscire a muovere un muscolo.

Aveva paura di quel confronto, non voleva affrontarlo, non dopo che l’aveva visto...!

Fu nell’istante in cui distolse di scatto lo sguardo che Gaara parlò.

«Come stai, Matsuri?»

Matsuri sussultò. Si maledisse, mentalmente, poi fece appello alla propria forza di volontà.

Sollevò gli occhi fieri cercando quella dignità che le serviva.

«Meglio, grazie, sensei.»

Ricadde il silenzio. Quell’orrendo, imbarazzante silenzio.
Sorprendentemente fu di nuovo Gaara a parlare.

«Ascolta, Matsuri, quello che hai visto...»

Il battito del cuore raggiunse le orecchie. Matsuri sentì l’impulso di retrocedere.
Strinse i pugni.

«Non c’è bisogno che dici niente, Gaara.»

Dirmi cosa? Tu sei innamorato di Sakura Haruno.

Gaara era stato zitto per un istante. I suoi occhi cercavano il volto dell’allieva, come a studiare un modo per fare breccia in quel muro invalicabile che s’era costruita attorno a sé.

Strano. Una volta era stato il contrario.

«Matsuri, credo che tu abbia frainteso quello che...»

«Cosa c’è da fraintendere?» la voce di lei tremava appena. Era irta, pungente di rabbia «Vi ho visti insieme, è vero, ma non è solo quello. È un pezzo che girano voci, Gaara, tu e Sakura-»

Gli occhi del Kazekage si strinsero pericolosamente.

«Queste sono sciocchezze e...»

«I vostri sguardi, Gaara, io li ho visti. Ho visto come vi guardavate.» Da dove veniva tutto quel coraggio? Non le sapeva, ma importava poco. «Mi ricordo bene. Prima che andassi in missione vi ho visti un sacco di volte insieme, e la rete di sguardi fra di voi, certe cose non mi sfuggono, Gaara! Ma era così palese, anche se lo neghi so che è vero!»

Sentiva nitida la paura di sembrare ridicola, ma c’era quella rabbia immensa che la soffocava. Quella tristezza infinita, e la sensazione di calore pulsante che premeva in mezzo ai polmoni. La conosceva, la conosceva bene, anche se si era illusa di poterla dimenticare.

«Non... non ti riguardano queste cose, Matsuri!» la voce di Gaara si era fatta bassa, incontrollata, spaventosa, quasi. Matsuri tremò.

«Lo credi, sensei? Invece mi riguarda più di chiunque altro!» non se ne accorgeva, ma stava gridando. «Perché io per tutti questi anni ti sono stata vicina, e quando nessuno voleva essere tuo allievo perché aveva paura io ho trovato il coraggio di fidarmi di te, sensei, per anni ho creduto in te, ho guardato al di là di quella fama e delle voci che giravano sul tuo conto! Io ci sono sempre stata, e adesso arriva questa Sakura Haruno e rovina... ogni cosa...»

Adesso c’era un nodo di lacrime che correva inesorabile verso le labbra. Ma Matsuri era come gettata in una corsa irrefrenabile, non riusciva a fermarsi.

«Ed io ci ho provato a fare finta di niente! Ho provato davvero a dimenticare! Ma come faccio, Gaara, come faccio? Non ne sono capace, ormai è troppo tempo e... mi dispiace...»

Lentamente la voce era diventata un sussurro. Inghiottita da quel vortice, Matsuri aveva serrato gli occhi. Ormai era fatta, era finita. Se prima aveva una speranza, dopo quella scenata non le restava pure quella.

Una lacrima, poi due, iniziarono a solcarle il volto.

Davanti a lei Gaara, allibito, l’osservava come se non fosse lì veramente.

«Matsuri?» Temari aprì la porta con forza, avanzando a grandi passi verso la ragazza.

Gaara si fece da parte, attonito, gli occhi persi in qualche baratro. Pensava.

«Temari, io-»

«Taci, Gaara!» Temari lo fulminò con lo sguardo. I singhiozzi di Matsuri aumentavano lentamente di volume.

«Cazzo, fammi parlare, Temari!» Gaara, gli occhi stravolti in cui aleggiava un’ombra d’ira, fece per avvicinarsi a Matsuri. Neanche il tempo di sfiorarle la spalla che Temari gli si parò davanti.

«Adesso basta, fuori!»

«Si può sapere che cavolo succede?» Shikamaru fece capolino dalla porta, le mani in tasca e l’espressione quasi preoccupata.

Temari gli indirizzò lo stesso sguardo assassino che aveva riservato a Gaara.

«Ho detto FUORI!»

Il rumore di una porta che sbatteva.

Shikamaru e Gaara, scaraventati entrambi fuori, si scambiarono un’occhiata ostile.

--

Temari si richiuse la porta alle spalle, girando il chiavistello nella serratura.

Matsuri era scivolata lentamente a terra, seguendo il profilo del muro. Guardava fisso il pavimento davanti a sé, i denti stretti, ma non piangeva più.

L’altra si avvicinò, la solita aria determinata.

«Matsuri...»

«Questa veramente non dovevi farmela, Temari.» mormorò Matsuri con rabbia, passandosi una mano sugli occhi bagnati.

Temari si sedette di fronte a lei, ignorando il rimprovero. Sentiva il silenzio intenso filtrare dalla porta chiusa.
Immaginava gli sguardi puramente d’odio che in quel momento si scambiavano suo fratello e Shikamaru, ma non ne sorrise.

Forse il suo fidanzato lo avrebbe capito, ma dubitava che Gaara ci riuscisse. C’era un motivo se li aveva sbattuti fuori così di malagrazia.

Matsuri aveva spezzato il proprio autocontrollo e si era lasciata andare. Anche se non l’aveva pronunciata a parole chiare, ciò che aveva detto era niente di più che una palese dichiarazione a Gaara, il suo maestro, il Kazekage di Suna o qualsiasi altro titolo c’era da attribuirgli.

Non poteva affrontare subito un altro confronto. Prima di tutto doveva realizzare la cosa, doveva prendere respiro.

Mordicchiandosi il labbro inferiore, Matsuri voltò la testa verso Temari. Aveva lo sguardo sconvolto.

«Cosa... cosa ho fatto?»

Temari sospirò.

«Matsuri, prima o poi avresti dovuto dirglielo comunque. Se ne sarebbe accorto-»

«Finora no.»

Temari si passò una mano sulla nuca. «Be’, Gaara non è proprio esperto di queste cose...»

«Chiedilo a Sakura...»

Ancora una volta, Matsuri si era chiusa nella sua barriera di spine. Temari sospirò.

«Non credo che ci sia ancora quel rapporto tra Gaara e Sakura.»

Matsuri sollevò il capo, piano, ma gli occhi erano spalancati.

«Come lo sai?»

«Domani Sakura torna a Konoha. Lei e Shikamaru hanno deciso di alternarsi nel ruolo di rappresentanti della Foglia a Suna. Credo che quello di qualche giorno fa fosse un addio.»

Matsuri sentì il cuore mancare di un battito.

«Impossibile...»

«Anche se non te l’ho mai detto, so molto più di te su questa storia... ho le mie ragioni per credere che il legame tra te e Gaara sia di natura ancora più forte di quello con Sakura.»

L’altra si morse ancora il labbro, mentre lo sguardo vagava verso la finestra.

«Cosa sai che io non so?»

Temari sorrise, ma non rispose.












.................corner A
Buon anno! Il secondo atto, la mia prima pubblicazione del 2008 su EFP - speriamo la prima di una lunga serie!
Spero che abbiate passato tutti un buon ultimo dell'anno! Sinceramente io sono rimasta un po' malinconica. Gridando gli ultimi numeri del conto alla rovescia, mi sono sentita un po'... svuotata... come se sentissi l'anno che svaniva. Sensazione tremenda, ragazzi. Non so se l'avete mai provata.

Allora, che ne dite di questo secondo atto? Commenti e critiche sono sempre ben accetti. Piccolo appello a chi ha inserito la storia tra i preferiti senza commentare... sarebbe bene che mi lasciaste una piccola recensione, d'altronde se avete inserito la storia tra i preferiti vuol dire che la seguite e che l'apprezzate^^

spigola: grazie per i complimenti per quanto riguarda la scrittura ^^ Credo che rispecchiarsi in Matsuri venga un po' spontaneo a tutte, d'altronde per descrivere i suoi sentimenti mi sono basata in parte su un'esperienza personale che ho vissuto molto intensamente... nonostante io sia ben lontana da rendere i protagonisti delle mie fan fictions degli specchi di me stessa, molto spesso aiuta e serve ispirarsi ai propri sentimenti per descrivere situazioni con la maggiore realisticità possibile. Secondo me è veramente utile^^ Ancora grazie, a presto!

Zakuriota: personalmente la coppia Sakura/Gaara mi ispira abbastanza. Diciamo che potrebbe esserci, e nel prossimo capitolo spiegherò anche il perché (non sarà una parte allegra). Ma la Matsuri/Gaara la antepongo decisamente alla coppia precedente. Il tipico amore dell'allieva verso il suo maestro, e di questo ne ho già parlato abbondantemente^^ Grazie mille per i complimenti, spero di leggere presto il tuo parere sul nuovo capitolo!

bambi88: ammetto che attendevo la sua recensione, sempai! Sono veramente felicissima che apprezzi questa mia fan fiction, significa tanto per me ricevere questi complimenti dall'imperatrice delle shikatema ^^ inoltre, veramente, senza l'ispirazione che ho colto dalle tue fan fiction sui fratelli del deserto, probabilmente questo lavoro non esisterebbe... Grazie mille ancora, sono curiosa di sapere che ne pensi del nuovo capitolo! La conclusione si sta rapidamente avvicinando... ma c'è ancora molto da dire^^ Sayonara!

stefy90 una new entry fra la gente che conosco che mi recensisce e adora le stesse coppie che piacciono a me! Benvenuta! Ne sono veramente felice. Gaara e Sakura... è un rapporto molto particolare, lo spiegherò meglio nel prossimo capitolo. Triste, anche. Ah, non voglio anticipare nulla! Per quanto riguarda la coppia KankuroxIno, invece, se ti piace ti consiglio di leggere anche "Nine scenes of the play", una mia fan fiction dove appare questo paring. Ma la prima ad averlo utilizzato è stata bambi88, e anche lei lo ha messo in alcune sue bellissime fictions. (Ecco, mi sono permessa di fare un po' di pubblicità!) Grazie per i complimenti, a presto!

xari-chan: anche io adoro le KankuIno! Come ho detto a stefy90, esistono altre fan fictions con questa coppia: la mia "Nine scenes of the play", "Love Pool" e "Just my sensei?" di bambi88. Non so se ci sono altri autori che hanno utilizzato questo paring... che io sappia appare solo nelle fan fictions che ti ho elencato. Grazie per i complimenti, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto^^ Mata ne!

arwen5786: ma io ti conosco^^ è bello risentirti! Prima di tutto ti ringrazio per i complimenti, e anche per il sostegno che mi hai dato quando ho scritto "Nine scenes of the play": sei stata fra gli utenti fedeli che mi hanno sempre commentata^^ Arigato! Dunque, lieta che le coppie ti piacciono. Ah, vedrai come si evolverà la GaaraxSakura! Niente di molto allegro, ahimé. Invece Kankuro, con Ino... gh gh gh! Non vedo l'ora di pubblicare quella parte! Sono certa ti piacera! ^_- Grazie ancora, e per il "sensei" - sono veramente lusingata! Ma non mi sembra il caso, qui ci sono solo "sempai" e "chan", io sono abituata a considerare "sensei" dei grandi come Shakespeare, Omero, Joyce... agh, non devo mettermi a divagare! A presto! ^^

sammy4ever: grazie per la recensione^^ E il paring MatsurixGaara non ti piace? Be', tanto ce ne sono parecchi altri^^ A presto!

Queen_of_Sharingan_91: Ludo! Riusciremo mai a sentirci su messenger, noi due? ç_ç sono assolutamente d'accordo con te, Matsuri è troppo trascurata per essere praticamente l'unico personaggio filler decente di tutta la serie. In genere io tralascio l'anime e mi occupo del manga, ma a mia detta Matsuri è l'unica veramente perfetta per Gaara. Anche se c'è Sakura... e ho i miei motivi per credere che anche Sakura starebbe molto bene con il nostro Kazekage. Un lieto fine? ...pensa che devo ancora scriverla la fine. Ci sto pensando. Per ora la sorte di matsuri è un mistero anche per me... Grazie ancora per i complimenti, spero di riuscire a farti apprezzare un po' di più almeno il KankuIno durante la fan fiction^^ Intanto ti ringrazio per la recensione. Sayonara!

Ragazzi (...o ragazze? Ancora una volta, mi sa che tutte le mie commentatrici sono donne!), sto prendendo seriamente in considerazione di aggiungere un Ultimo Atto. Temo che i capitoli siano un po' troppo lunghi - inizialmente volevo postare tutta la fan fiction in un colpo solo, ma so per esperienza personale che, per quanto appassionanti possano essere, le fan fiction molto lunghe sono odiose da leggere a computer. Ti va insieme la vista. Ecco il perché della decisione degli "Atti". Comunque, annuncio solo che c'è la possibilità di un quarto e ultimo atto... vedremo.

Sayonara!
Ele.

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Capitolo 3
*** Terzo Atto. ***


SLEEP, AND THEN WAKE UP


Terzo Atto


You just gotta let it go
[Tu devi solo lasciarlo andare]
You just gotta let it go
[Tu devi solo lasciarlo andare]
You just gotta let it go
[Tu devi solo lasciarlo andare]
Eels - I need some sleep

«Sei nei guai, stavolta, eh?»

Gaara lo squadrò, freddo.

«Taci, Nara.»

Shikamaru non si scompose, appoggiato al muro ed accendendosi una sigaretta.

«Temari sembrava furibonda.» commentò, aspirando una boccata.

«Non solo lei.»

Il chunin della Foglia sorrise appena.

«Sono piccoli problemi di cuore...»

Gaara lo fulminò con lo sguardo, un certo riflesso assassino negli occhi.

«Evita certe battute, Nara.»

«Ma è la verità, o mi sbaglio?»

«Ti sbagli.»

«La storia con Sakura, però, c’è stata.»

Un altro sguardo, un po’ più omicida di prima.

«Nara, ti avevo detto di stare zitto!»

«Kazekage-sama, non vi conviene negarlo. Me lo ha raccontato Ino.»

Gaara tacque. Si appoggiò al muro, sbuffando, le braccia incrociate.

«Questi sono affari che non ti riguardano, Nara.»

«Però si tratta della verità.»

«Con Sakura è finita.»

«Matsuri non sembra della stessa opinione.»

«Matsuri...»

Il nome si dissolse sulle labbra del Kazekage, come aria nel vento. Shikamaru lo guardò di sottecchi.

«Matsuri crede di sapere tutto, ma non è così.» proseguì Gaara. Le parole sembravano pesargli enormemente.

Shikamaru rise.

«Che c’è da ridere?»

«Sembri me quando frequentavo Ino e Temari era furiosa.»

Gaara spalancò gli occhi acquamarina con un certo disgusto.

«Che cosa!?»

«Temari si comportava esattamente come Matsuri. Mi teneva il muso e faceva finta di niente, ma in realtà stava male, anche se non lo ammetterà mai.»

«La situazione è decisamente diversa-»

«Gaara, quella ragazza per te farebbe qualunque cosa. Chissà da quanti anni è innamorata di te e non diceva niente. Se ha reagito così vuol dire che è un sacco di tempo che...»

«Non ho bisogno della tua retorica, Nara!» lo sguardo di Gaara s’era incupito, il verde acqua sembrava tremare. Nascosti nella posizione delle braccia, i pugni erano stretti.

Shikamaru tacque, alzando le spalle.

Per qualche istante fu solo silenzio.

«Certo, con Sakura... non l’avrei mai detto.»

Gaara non si preoccupò neppure di guardarlo.

«Colpa di quell’Uchiha, come al solito.» sibilò.

Shikamaru sussultò, la sigaretta stretta fra i denti.

«Sasuke?»

Gli occhi di Gaara saettarono verso il deserto.

«Sakura rivedeva in me Sasuke, è l’unica cosa da dire.»

--

«Mi dispiace.» gli occhi di Sakura erano bagnati. Gaara, invece, fissava un punto invisibile con sguardo fermo e insostenibile.
< «Io vedevo lui in te, Gaara. Nei tuoi occhi... vedevo le stesse ombre dei suoi.»

Gaara aveva incassato il colpo. Forse neppure lui aveva amato veramente Sakura. Forse era solo attratto da quell’amore che lei sentiva dentro, quell’amore che a lui era [stato] negato.

Il dolore, però, c’era. Flebile, incessante, all’altezza del cuore.

«Sakura... non c’è niente da dire.» aveva detto, la voce salda come al solito. «È una fine, solo questo.»

--

«Queste donne» sospirò Shikamaru «una peggio dell’altra...»

«Per una volta sono d’accordo con te, Nara.»

Gaara fissava un punto invisibile di fronte a sé. Come quella volta.

«Ma Matsuri è diversa, no?»

Gaara si voltò di scatto verso Shikamaru, come se quelle parole lo avessero colpito in pieno.

«Voglio dire, Matsuri per te è diversa dalle altre, no?»

proseguì Shikamaru con un sorrisetto obliquo.

Gaara tacque, riprendendo a fissare quel punto di fronte a sé.

--

Finalmente il rumore del chiavistello che girava. I due sussultarono.

Temari varcò la soglia con un’espressione soddisfatta sul volto.

«Ciao, tesoro.» fece Shikamaru, ironico «Non ti preoccupare di darci una giustificazione per averci fatto aspettare qui fuori due ore e mezza-»

Lei gli diede un bacio sulla guancia, ridendo. «Per stasera no comment.» Fissò il fratello, seria. «Adesso non ti conviene.»

Gaara annuì. Senza una parola, si avviò verso il palazzo del Kazekage.

--

Notte. Vagavano per le strade di Konoha da un’ora buona.
Ino praticamente avvinghiata al suo braccio, forse aveva bevuto un po’ troppo. Lui si reggeva bene in piedi, per ora almeno.

Varcarono le porte, uscirono fuori dalla città. Caddero sull’erba, ridendo della loro stessa goffaggine. Si sdraiarono supini con il cielo nero sopra agli occhi.

Kankuro non era abituato a quella fredda aria notturna di Konoha. Sentì un brivido corrergli lungo la schiena.

«Sono felice di averti incontrato.» disse Ino dopo un po’ «Sembri diverso.»

«Sembro diverso?»

«Da quando avevamo quattordici anni.»

L’immagine di lui e dei suoi fratelli martellò la mente di Kankuro in un colpo solo. Rivide sé stesso all’epoca in cui Gaara era stato rapito dall’Akatsuki. Erano passati cinque anni da allora.

«Sei cambiata anche tu.» ammise, ricordandosi la bionda ragazza vanitosa che era rimasta impressa nei suoi ricordi per tutto quel tempo.

Ino non disse nulla. Abbassò le palpebre, respirando a fondo l’aria della notte.

Kankuro sentì un sordo colpire nel proprio petto, qualcosa che si muoveva là dentro, in quel baratro in mezzo ai polmoni.

«Sei bellissima.» disse. La seconda volta che se lo faceva scappare nella stessa serata. Serrò la mascella.

O sono un idiota oppure...

«Bellissima?» Ino si tirò su a sedere di scatto. Sembrava molto più lucida di poco prima. Si portò una mano al labbro ferito, sfiorandoselo e scrutando il volto per una volta privo di trucco dell’altro. «Anche con questa cosa?»

«Anche con questa cosa.» asserì Kankuro. Il cuore gli batteva nelle orecchie.

Non era propriamente in sé quando sfiorò le labbra di Ino con le sue, e la sentì irrigidirsi improvvisamente sotto le sue mani, poi rilassarsi e infondere più energia al bacio, circondandogli le spalle larghe con le braccia. Kankuro aveva avuto un paio di storie in passato, ma non era mai stato così. Qui era tutto sé stesso a desiderarla. Questa volta era ogni suo senso a bramare le labbra di Ino, il suo corpo sottile. Questa volta se ne era innamorato, e lei ricambiava con una passione travolgente e insolita.

I gesti si fecero più sicuri, circondati da un’improvvisa nebbia di tenerezza, un torpore che trapelava di corpo in corpo.

Fu quando si accorse che le mani erano scivolate sotto la maglietta di lei che si fermò.

Si scostarono l’uno dall’altra, rompendo l’equilibrio che si era creato fra i propri sguardi.

Kankuro si mise a sedere, la mente improvvisamente lucida.

«Scusami... io-»

«Non fa niente.»

Si alzarono in piedi quasi simultaneamente. Ogni strano torpore, ogni ombra di tenerezza, tutto sembrava essersi dissolto in quell’istante in cui il loro sguardo si era infranto.

Come a nascondersi l’uno dall’altra, erano rimasti zitti, avviandosi verso Konoha.

E ora, affiancato al travolgente calore nello sterno, Kankuro avvertiva anche un gelido spasmo nelle profondità dell’anima.

--

Per l’ennesima volta, Gaara non riusciva a dormire.

Da quando aveva perso lo Shukaku aveva lentamente imparato cos’era addormentarsi, ma erano mesi che faceva più fatica del solito.

Quella notte neppure riusciva a regolarizzare il respiro. L’aria gli sfuggiva dai polmoni, e a lui sembrava quasi di doversi ricordare di respirare.

Chiudeva gli occhi, e il volto di Sakura svaniva per fare posto agli occhi scuri di Matsuri.

Gaara si girò, supino, osservando il soffitto.
Le parole di Matsuri erano un tormento nella mente.

[Perché io per tutti questi anni ti sono stata vicina, e quando nessuno voleva essere tuo allievo perché aveva paura io ho trovato il coraggio di fidarmi di te, sensei, per anni ho creduto in te, ho guardato al di là di quella fama e delle voci che giravano sul tuo conto!]

Aveva una gran voglia di gridare anche lui. Sì, perché non si sfogava pure lui, come aveva fatto Matsuri? Perché non le aveva gridato in faccia di tacere, di non dirgli quelle cose? Cosa diavolo lo aveva frenato dall’urlare? Forse quello sguardo scuro che lo accompagnava da anni?

Ed ora aveva anche il peso di quelle parole sulle spalle.

E si sentiva schiacciare.

--

La testa affondata nel cuscino, Matsuri non cercava la luce accesa fuori dalla finestra.

Ormai non aveva più importanza. La vergogna era più grande di tutto il resto.

E ciò nonostante l’indomito bruciore nel petto, quel sentimento che la tormentava da anni non si era ancora ritirato nelle profondità sconosciute di sé stessa, come invece avrebbe voluto.

Era un sussurro nelle orecchie, un desiderio soffocante.
Le sembrava che il mondo le fosse crollato addosso, e la colpa era sua.

--

L’alba, ed erano alle porte della città.

Kankuro e Ino camminavano distanti, come se avessero il timore di sfiorarsi.

Si fermarono, ad un certo punto, poco dopo l’entrata principale.

«Quando parti?» gli chiese lei senza guardarlo.

Kankuro si stupì di avere ancora voce. «Stamattina, ormai.»

Non fece a tempo a voltare lo sguardo verso di lei che Ino già aveva bloccato le parole con le sue labbra. Quella frase era già niente, inghiottita dal tocco della kunoichi, e Kankuro, questa volta perfettamente lucido, socchiuse gli occhi lasciando che fosse lei a tessere il legame di sguardi che avevano già conosciuto.

--

Era stato un sonno frammentato, trasparente ed effimero. E Matsuri, quando si era alzata, era più stanca di quando era andata a dormire.

Non poteva fuggire da sé stessa, questo lo sapeva bene. Ma poteva fuggire da tutto il resto.

Temari, Gaara, da tutti.

In quel momento aveva bisogno solo di stare con sé stessa, e con i propri ricordi. Doveva, sentiva il bisogno impellente di pensare. Di essere lei a governare i suoi pensieri.

Accettare la cosa. Facile a dirsi.

Indossò i suoi soliti abiti, uscì dalla porta, sentendosi investita dal calore dell’alba, quel tepore non ancora violento che scendeva sulla città come una densa nebbia incolore.

Suna non era circondata da delle mura o qualcosa del genere. Il Villaggio Nascosto nella Sabbia. C’era un motivo se era “nascosto”. Non dava nell’occhio.

Matsuri aveva la fortuna di conoscere molto bene quella che era la sua città natale. C’era un posto, infatti. Una vecchia torre costruita nella roccia. Doveva servire a scopi difensivi, una volta, probabilmente. Ma adesso in pochi erano al corrente della sua esistenza.

Corse rapida per le strade deserte, respirando il silenzio del mattino. Si arrampicò svelta e pratica sulle scale che conducevano a quella reliquia di tempi andati. Infine, aveva guardato giù.

La città davanti a sé, enorme, e in fondo il palazzo del Kazekage.

Strinse i pugni.

Non avrebbe più fatto nulla. Non sarebbe stato giusto. Non per lui.

--

«Che ca... Temari...»

Shikamaru afferrò le coperte con una furia non sua, avvolgendosi nel lenzuolo.

«Senti, torna a dormire, per favore...»

«Niente affatto! Devo uscire.»

Shikamaru spalancò gli occhi assonnati.

«Sono le cinque e mezza del mattino!»

«Devo andare a parlare con Gaara.»

L’altro, da sotto le coperte, sospirò.

«Lascialo in pace...»

«Devo dirgli qualcosa di importante.»

«Alle cinque e mezza del mattino?»

«Gaara è sempre sveglio a quest’ora.»

«A tuo rischio e pericolo, se non torni più indietro declino ogni responsabilit-»

Shikamaru imprecò, ficcandosi sotto le coperte.

«...spalanca di nuovo di colpo le finestre come hai appena fatto e sarà l’ultima volta che vedrai la luce del sole...» mugugnò.

Temari, con un sorriso – o un ghigno, gli mandò un bacio e uscì dalla stanza.

--

Era come la nebbia di un sogno vecchio, vecchissimo, distesa davanti agli occhi.

Lei a contemplarla, ad osservare i propri ricordi muoversi tra i labirinti delle strade polverose.

Ogni singola pietra della città conteneva un pezzo della propria vita. Ogni sguardo lanciato verso Suna tornava indietro portandosi appresso un ricordo sfocato di una giornata o di un istante o di una parola.

E lo sguardo più lontano, lo sguardo che correva verso il palazzo del Kazekage con una foga quasi ansiosa, e vi si posava sopra con la trasparenza della tristezza, quello sguardo portava indietro sensazioni che Matsuri avrebbe voluto seppellire, distruggere, dimenticare, e allo stesso tempo tenerle il più possibile vicino alla sé stessa che aveva dentro, perché le sembrava fossero le uniche cose veramente importanti.

Non piangeva più, Matsuri. Si vergognava di piangere. Lo sguardo fissava il palazzo del Kazekage. Fermo. I m m o b i l e.

Perduto in una cortina che solo lei poteva vedere. Poi il fruscio appena percettibile dietro di lei. E Matsuri aveva sempre avuto ottimi sensi.

Sobbalzò, e si maledisse per quella dannata inquietudine.

Si voltò verso l’intruso, un balenare assassino negli occhi. Neanche qui posso stare in pace!?

«Chi ca...» la frase rimase in sospeso, ripiombando giù nei pensieri confusi di Matsuri.

Ora capiva perché era stato così silenzioso a salire. Deformazione professionale.

Gli occhi balenarono, mentre si distoglievano rapidi dallo sguardo gelido dell’altro.

[Era forse quello, il confronto che lei temeva?]

--

Così, adesso, la strada da Konoha a Suna aveva assunto un altro significato per lui.

La prima volta che l’aveva percorsa era stato per andare all’esame di selezione dei chuunin. Aveva quattordici anni, un mondo a parte rispetto ai venti che aveva adesso. Correva veloce, appesantito da Karasu legata sulla schiena, con a fianco un ragazzo dai capelli rossi che lo terrorizzava con la sola presenza.

Erano cambiate molte cose, da quel giorno.

E quella strada che prima si stendeva liscia e compatta tra i boschi e poi si perdeva nella sabbia del deserto per molto tempo l’aveva vista solo come un ritorno – la ricerca disperata di quell’idiota di Sasuke, il salvataggio di Matsuri, poi.

Ma adesso poteva immaginarsela in un altro modo. Come un viaggio di andata, ogni tanto.

E sarebbe stato bellissimo ogni granello di sabbia sotto le scarpe, ogni ombra scaraventata addosso dagli alberi.

Tutto sarebbe stato impregnato di attesa, e bellissimo, nella foga silenziosa dell’aspettare un arrivo sempre più prossimo.

Sorrise, gustandosi quel pensiero nella profondità della mente. Non sarebbe passato molto tempo prima che diventasse realtà.

Kankuro si muoveva veloce, guardando quella strada scura con occhi diversi, per la prima volta.

--

«Accidenti.»

Shikamaru sussultò. Era sveglio già da alcuni minuti, ma quella porta che sbatteva e quell’imprecazione a mezza voce avevano avuto la stessa valenza del colpo di grazia.

Si tirò su a sedere, ormai perfettamente sveglio.

«Temari?» sollevò gli occhi intelligenti, cercando lo sguardo di lei.

Temari osservava l’alba di Suna, in piedi davanti alla finestra, la fronte appoggiata sul vetro.

«Hai parlato con Gaara?» proseguì l’altro, i gomiti appoggiati sulle ginocchia, senza nessuna voglia di alzarsi.

«No.» rispose lei «Non c’era.»

«Ah.»

«Mi chiedo dove possa essere.» proseguì ancora Temari dopo un istante.

«Alle cinque e mezza del mattino? A dormire, forse?»

Lei lo fulminò con lo sguardo. «No, non c’era proprio. Deve essere fuori. Per forza.»

Shikamaru rimase qualche istante immobile, come per riflettere.

«Gaara è il Kazekage ed è pure maggiorenne, di qualsiasi cosa si tratti se la può cavare da solo.» concluse, affondando la testa nel cuscino.

Temari rispose con un sorriso forzato, convincendosi che non c’era da preoccuparsi.

E una mezza idea di dove potesse essere, inoltre, ce l’aveva.

«Maledetto, e io che mi ero alzata a quest’ora assurda apposta per lui.» borbottò, gettandosi sul letto completamente vestita.

Il materasso sobbalzò, e Shikamaru con esso. Si voltò verso di lei, gli occhi stretti in due fessure.

«Okay, a questo punto mi pare ovvio che non riuscirò più a dormire.» commentò, un velo di ironia nel tono beffardo.

Temari sorrise, gli prese le mani e le guidò verso i propri fianchi, mentre un filo sottile si plasmava con gli sguardi scambiati tra lei e Shikamaru.

Il suo pensiero, inaspettatamente, andò a Gaara e a quello che, con ogni probabilità, stava per fare.

Buona fortuna, Matsuri.












.................corner A
Okay, "Sleep, and then wake up" è ufficialmente diventata una commedia di quattro atti. Sennò diventava troppo lungo da leggere al computer^^ Mi sto un po' scatenando con questa fic, cadendo nel romanticismo sviscerale al dramma interiore che mi piace tanto. Be', mi stavo divertendo. Poi è iniziata la scuola.
Agh.

Ringraziamenti: arigato ai lettori e ai commentatori, e anche a chi inserisce la fan fiction tra i preferiti. Chi di questi non ha commentato subirà la mia ira T_T ...vabbé... no^^

xari-chan: di niente^^ di sei fatta una maratona di lettura KankuIno? Be', se ti piace la coppia questo capitolo dovrebbe esserti piaciuto allo stesso modo ^//^ Grazie per i complimenti!

arwen5786...essì, piccola deformazione professionale, mi piace teatralizzare molto le fan fiction. Come "Nine scenes of the play". Mi manca quella storia ç_ç Bando ai sentimentalismi, andiamo al commento. Grazie mille per i complimenti, Cami-sempai, degna Mosca Nera! Che ne dici di questo capitolo? Teatrale pure questo, forse anche troppo, ma mi sono divertita esageratamente a scrivere i dialoghi tra Gaara e Shika, in particolare il nostro chuunin-con-i-capelli-a-carciofo.

celiane4ever: le MatsurixGaara in effetti scarseggiano, e peccato, perché sono una coppia stupenda. Grazie del commento, sayonara!! ^^

sammy4ever be', sono felice che ti sto facendo piacere questo paring. Io lo adoro*-* Grazie mille per il commento. Ciao!

stefy90 no no, Temari certamente non voleva farlo apposta, e in fondo è stata anche la cosa migliore. Almeno Matsuri si è sfogata. In questo capitolo ho svelato anche al relazione con Sakura, e Kankuro e Ino hanno avuto una gran parte di storia solo per loro *-* quanto li adoro quei due! Grazie ancora per i complimenti, sei gentilissima! A presto!

bambi88: oh Roberta-sensei/sempai, uhm... senspai, ecco^^ i suoi complimenti mi fanno enormemente piacere. Ricevuti da colei che ha inventato l'OMN *-* uao... ebbene, ti dirò che sono molto curiosa di conoscere il tuo parere su quest'ultimo aggiornamento. Questo capitolo è un po' il pezzo forte, mi sono divertita veramente tanto a scriverlo. Ma, lo ripeterò all'infinito, se non avessi letto le tue shot non mi sarei mai appassionata così tanto a questi paring. Te lo devo, l'ispirazione per questa fan fiction mi è venuta dopo aver letto la tua "Just my sensei?", anche se tra il barlume dell'ispirazione e l'inizio della storia è passato un bel po' di tempo. Quindi grazie, senmpai&sensei, sia per l'ispirazione che per il commento^^ Sayonara!

Kowalski: ed ecco l'aggiornamento^^ sono felice che ti piaccia così tanto la fan fiction. Spero che anche il nuovo capitolo ti sia piaciuto. Non so dirti con esattezza quando aggiornerò, l'ultimo atto è ancora in lavorazione. Grazie ancora, mata ne!

Queen_of_sharingan_91: uao! Sono davvero felice di riuscire a farti apprezzare almeno un po' gli altri due paring della fan fiction. Capisco che per una fan dello ShikaIno non deve essere piacevole leggere scerte scene tra Shikamaru e Temari, come quelle di questo capitolo. Potrei dire: i paring sono belli perché sono vari. Frase da bacio perugina, in effetti... ad ogni modo sono veramente contenta del tuo commento, sei gentilissima e il mio EGO ama quel tipo di recensioni gratificanti *-* credo che ormai sia cosa nota. Grazie ancora!^^

Ragazzi, la scuola è iniziata da tre giorni e già sono completamente risucchiata nel suo infernale meccanismo. Non so quando aggiornerò, sarò sincera, l'ultimo atto è in alto mare.
Nel frattempo, sognate. E sognando attendendo. E vedrete che quando non ci spererete più... arriverà l'Ultimo Atto.
...effetti collaterali dopo aver letto "Sei personaggi in cerca di autore" di Pirandello. Scusatemi.
Sayonara!
Ele.

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Capitolo 4
*** Ultimo Atto ***


SLEEP, AND THEN WAKE UP


Ultimo Atto


You just gotta...

«Gaara...» Matsuri non credeva che la sua voce potesse diventare così flebile.

Deglutì, i pugni serrati. «Matsuri» Gaara rispose al saluto, o almeno al nome, avvicinandosi al parapetto. Non sembrava essere turbato dall’ora così mattiniera, o almeno dalla presenza di lei.

Ma quando Matsuri riuscì a cogliere un rapido movimento del suo sguardo, vide molte più ombre di quante non si aspettasse.

Non parlavano. Non sapeva che cosa dire, Matsuri. Se avesse detto le parole sbagliate, se non le avesse trovate del tutto, le parole?

«Perché sei sveglia così presto, Matsuri?» la voce di Gaara era perfettamente adeguata, come sempre. Matsuri si morsicò il labbro, perché quella voce era così tanto per lei.

«Ultimamente non riesco a dormire bene» rispose, una piccola scintilla di felicità perché forse sarebbero riusciti a parlare come se niente fosse stato, forse. In verità, non era sicura che fosse proprio quello, ciò che voleva. «Non riesco ad addormentarmi» disse ancora, abbassando gli occhi.

«Neppure io» aggiunse Gaara. Matsuri spostò il proprio sguardo verso di lui, ma non trovò risposta.

Gaara sembrava pensare profondamente, gli occhi perduti in un [certo] punto lontano.

«Ci sono troppe cose su cui riflettere» proseguì, inaspettatamente loquace. «E il tempo sembra essere troppo poco. Non riesco a smettere di pensare, è questo il problema».

Matsuri sospirò. Non era più molto sicura che Gaara non volesse sfiorare la questione del giorno prima.

«Da quando ho perso lo Shukaku ho imparato ad addormentarmi. Ma adesso è diverso. Il sonno sembra aver perso il suo valore».

Non sembrava voler ricevere una risposta, eppure quelle parole erano chiaramente rivolte a Matsuri. C’era qualcosa nella sua voce, un’espressione, il modo in cui era cadenzata. Tutto era rivolto a lei.

Matsuri prese un respiro profondo, ma Gaara la precedette.

«Credo di aver capito com’è» disse lui, sempre quel tono, sempre quella voce.

«Com’è... che cosa?»

Gli occhi chiari dell’altro tremarono appena fissi sull’orizzonte. «Amare una persona».

Il contenuto della breve frase si fece strada nella mente di Matsuri come una saetta, e lei sobbalzò, saldamente aggrappata al parapetto della vecchia torre. Le parve di dover ricordarsi di respirare.

Voltò il viso sconcertato verso Gaara, senza incontrarne lo sguardo chiaro. Sentiva dentro la foga di parlare, di vuotare la propria mente ancora una volta, foga senza motivo.

«Gaara, io-»

«Avevi ragione su Sakura, Matsuri» disse Gaara senza lasciarla parlare. Matsuri tacque, intuendo che forse se l’avesse interrotto non sarebbe più riuscito a continuare. Sentì una piccola scintilla di comprensione invaderle il cuore mentre incrociava un’ombra di tensione negli occhi dell’altro. «Quello che hai detto è la verità. Ma...»

Gaara deglutì, e fu il primo gesto di angoscia che Matsuri colse. Il Kazekage sembrò riflettere qualche istante, come a cercare le parole. Matsuri non poteva sapere cosa si agitasse dentro di lui in quel momento, quali sentimenti contrastanti, l’orgoglio e il disperato bisogno di parlare. Non poteva saperlo, ma poteva immaginarlo.

«Ma nessuno dei due vedeva veramente l’altro» disse Gaara in un soffio «Lei vedeva in me le ombre che vivono in un’altra persona, e io ero attratto da quell’amore così grande che lei provava».

Rapido, come se la velocità procurasse meno dolore, Gaara aveva vuotato il sacco.

E Matsuri lo fissava sbalordita, i grandi occhi marroni spalancati sulla rivelazione che non si aspettava.

«Gaara...» iniziò, ma il nome si affievolì e sparì prima di arrivare sulla soglia delle labbra.

Lui le scoccò un’occhiata lontana, distolta.

«Almeno adesso siamo pari, no?» disse solo.

Ancora senza parole, Matsuri sorrise debolmente.

All’improvviso tutta quella foga di parlare che un attimo prima le era salita alle labbra si era dissolta, e restava solo il silenzio, un vuoto immenso nella sua mente.

«Sì» mormorò appena. Si sentiva di pietra, improvvisamente. Immobilizzata nella realtà di un istante assurdo. Galleggiando nella penombra del mattino. Rivolse gli occhi sbarrati a Gaara, e finalmente ne incontrò lo sguardo.

«Gaara, mi dispiace!» disse tutt’ad un tratto, gridando, quasi «Mi dispiace per quello che ho detto! Non volevo offenderti, non volevo dire niente! Non so cosa... perché mi sono messa a fare quella scenata, per quale razza di motivo mi sono messa a gridare, non... io...»

«Tu pensavi davvero quelle cose» la interruppe Gaara, senza smettere di fissarla «E le sapevo anche io».

Matsuri non ebbe la forza di spezzare lo sguardo. Rimase immobile, allibita.

«Tu ci sei sempre stata. Hai già ripagato il debito della vita che ti ho salvato, Matsuri».

Gaara si voltò, riappoggiandosi al parapetto. Matsuri, senza più quel legame di sguardi che temeva e desiderava, rimase a fissare la nuca dell’altro.

«Come?»

«Hai salvato la mia, di vita».

Ecco, a lei non sembrava impossibile. Parlare in quel modo, finalmente. Vedere quegli occhi così vicini.

Sembrava un’illusione, maledettamente reale.
Lo sguardo di Gaara la penetrava come uno spillo.

Improvvisamente, Matsuri si sentì in soggezione.
Abbassò lo sguardo, mordendosi un labbro.

Così non si accorse del gesto di Gaara, che lentamente le aveva circondato le spalle con un braccio, impacciato quasi, anche se quel gesto chissà quante volte lo aveva ripetuto, con Sakura.

Matsuri, scivolando lentamente in quell’abbraccio strano, alzò appena lo sguardo.

«Ci vorrà tanto tempo per dimenticare?» chiese.

«Credo di sì» rispose Gaara, ripercorrendo la linea delle spalle di lei.

Matsuri sospirò. «Spererò ancora. Non facevo che ripetermi che dovevo lasciar perdere tutto, volevo dimenticare, ma non credo che sia giusto. Non voglio perdere una parte di me.»

Sentiva il calore dell’abbraccio, e per un attimo pensò che anche solo quello le sarebbe bastato, quell’affetto che per lei era ogni cosa.

«Devo... riprendermi» disse Gaara dopo qualche istante «Ho sbagliato diverse cose. Ci vorrà del tempo per accettarle».

Matsuri sorrise. Sembrava finalmente tranquilla.

«Ed io ci sarò sempre, Gaara».

Non poteva vederlo, ma pensò che stesse sorridendo anche lui.

Gaara le sfiorò un braccio, e lei sentì vicinissima la sua voce.

«Lo so, Matsuri».

--

«Ah, guarda chi è arrivato!»

Shikamaru alzò svogliatamente lo sguardo nella direzione che gli stava indicando Temari.

Sbuffò. Non solo era costretto ad aspettare nei paraggi di quella dannatissima torre che Gaara e la sua allieva si dessero una mossa a mettere in chiaro le rispettive crisi esistenziali. Adesso doveva arrivare pure lui.

Kankuro si avvicinò a passo svelto, sul volto l’ombra di stanchezza del viaggio appena terminato.

«Sei stato veloce a tornare» disse Temari, osservando quelle ombre, quegli occhi insolitamente luminosi «Dovevi essere proprio messo male, per restare tutto quel tempo a Konoha»

Shikamaru le gettò un’occhiataccia. Sapeva come sarebbe andata a finire...

Kankuro si sedette sulla panchina, ostentando un’aria di assoluta indifferenza.

Fu Shikamaru a parlare, dopo qualche istante di silenzio.

«Se sei stato a Konoha, avrai anche visto Ino...»

Qualcosa sembrò scattare dentro Temari. I suoi occhi saettarono verso Shikamaru, il verde chiaro improvvisamente cupo, indagatore, forse. Kankuro, dal canto suo, non si scompose. Una certa soddisfazione parve trapelare sul volto abbronzato.

«Certo» rispose.

«Come sta?» chiese ancora Shikamaru, senza curarsi dello sguardo di Temari, sempre più cupo.

«Oh, bene» fece Kankuro, il tono della voce un po’ strano, morbido «Anzi, meglio del solito».

Shikamaru alzò un sopracciglio. «Che vuoi dire?»

Le labbra di Kankuro si distesero in un sorriso felino. «Che tornerò a Konoha molto presto»

Shikamaru aprì la bocca per dire qualcosa, ma Temari lo batté sul tempo, forte nel suo istinto di sorella, e della perfetta conoscenza che aveva del marionettista.

«Tu... e la Yamanaka?»

Il sorriso di Kankuro si allargò.

Quello che seguì fu una sorta di stupore dirompente. Gli occhi di Shikamaru si spalancarono, come a connettere una rivelazione che, in fondo, aveva già connesso in un istante. Invece, gli occhi di Temari non ebbero che il minimo tremito di ridursi in due fessure.

Come Gaara.
Indubbiamente, non un buon segno.

«Ino Yamanaka?» ecco, la tempesta «INO YAMANAKA?

» «E allora?» ma non sarebbe bastato così poco per scansare lo sguardo corrucciato di Temari.

«E allora?!» Temari, i capelli svolazzanti attorno al volto irritato, spalancò gli occhi «...proprio Ino Yamanaka!»

«Cosa c’è di male, scusa?» s’intromise Shikamaru, senza scomporsi «Ino è una bravissima ragazza e-»

«Ah, certo! Tu la difendi! Non potrebbe essere altrimenti!» ribatté acida Temari.

«Cos’è, sei gelosa, Tem?» fece l’altro, cercando lo sguardo di lei, e non trovandolo «Io e Ino siamo amici, e comunque adesso lei sta con tuo fratello-»

«Bella ragazza che si sceglie, mio fratello! Ino Yamanaka!» replicò ancora Temari, il disappunto ben visibile negli occhi.

«Critichi me? Guarda te con chi ti sei andata a mettere!» sbottò Kankuro, accennando ad uno Shikamaru che si sarebbe volentieri tirato fuori da quel discorso.

«Be’?» ribatté il chunin. Temari, cambiato improvvisamente atteggiamento nei confronti del fidanzato, gli passò un braccio attorno alle spalle.

«Tiri in ballo Shika, ora?»

«Tu piantala con Ino!»

«Non mi sta simpatica, va bene?»

«E a me non va a genio Shikamaru, va bene?»

«Sentite, per favore, lasciatemi fuori da questa storia! E comunque Ino è una gran brava ragazza!»

«Ecco che la difendi ancora...»

«Ma porco cane, sono stato suo compagno di team, sono suo amico, piantala, Temari!»

Lei fece per dire qualcosa, ma sorprendentemente, tacque. Voltò il capo in alto, verso l’antica costruzione di pietra accanto a loro.

Sorrise.

Poi altre due paia d’occhi seguirono lo sguardo di Temari.

Le ombre nella vecchia torre andavano diradandosi con l’alba.

E Gaara e Matsuri, l’una con la testa sulla spalla dell’altro, fissando un punto invisibile, le uniche gocce d’oscurità nella luce.

--

Passeranno in fretta, questi giorni di ricordi. Passerà in fretta l’ombra di dolore che ancora s’insinua negli occhi di Gaara e sul volto di Matsuri.

Passeranno in fretta la paura di parlare, il timore, la vergogna.

Passerà anche la rabbia, adesso che sa di aver avuto un senso, un motivo, e passeranno infine le lacrime, sciolte nel buio dell’inconscio celato.

Non ci vorrà molto tempo.

Resteranno invece scolpiti nell’anima i baci scambiati quasi con cautela, perché entrambi avevano il timore di tradire sé stessi, quando ormai sarebbe stato un tradimento continuare a fingere che tutto fosse come prima. Lassù, prima di scendere dalla torre, Gaara gliel’aveva detto, a Matsuri. Ci vorrà del tempo per dimenticare. Ma poteva intuirlo dal calore delle dita, da quei piccoli particolari che lei aveva sempre notato.

Matsuri era riuscita a capirlo, finalmente, che Gaara era innamorato di lei, forse dal giorno in cui aveva fatto un passo avanti proponendosi come sua allieva, o forse no.

Lei non era più la ragazzina impaurita che impallidiva allo sfiorare la lama di un kunai.

E lui non era più il ragazzo perduto nelle tenebre di un’esistenza che rinnegava.

E Matsuri era felice di saper dire chi era veramente Gaara, l’uomo che amava.

Appoggiò la testa sul cuscino. La finestra della sua stanza era aperta. Il vento caldo di Suna non taceva neppure quella sera.

Voltò il capo, scostando la cortina di capelli scuri, e guardò fuori.

Il palazzo del Kazekage, laggiù.

Nella finestra che conosceva bene, la luce era spenta.

Matsuri sorrise. Poi chiuse gli occhi, e si addormentò.

...let it go.














.................corner A
Finalmente ce l'ho fatta a finire questa fan fiction! C'ha provato, la scuola, a tenermi lontana dallo scrivere l'epilogo. Ma non c'è riuscita, muah ah ah!
Mi dispiace avervi fatto aspettare tanto. Meglio tardi che mai... Non ho voluto scegliere un finale troppo zuccheroso, come avrete visto. E' stato abbastanza complicato scriverlo. Non volevo un "e vissero per sempre felici e contenti", perché sia Gaara che Matsuri hanno le proprie ombre, il proprio dolore. Ci vorrà del tempo, anche se si amano, per tornare alla normalità, per stare insieme senza alcun rimpianto. Ecco tutto.

Ringrazio coloro che hanno commentato l'ultimo capitolo: celiane4ever, bambi88, saku89, arwen5786, stefy90, sammy4ever, Queen_of_Sharingan_91, xari-chan. E bambi88, MoonCristal, Nicole_chan, Paccy, rolly too, sammy4ever e stefy90 che hanno inserito la storia fra i preferiti. La maggior parte di quest'ultimi, però, non ha lasciato neanche un commento. Cosa vi costano due righe? Per favore, lasciate 'sto benedetto commento, almeno a questo epilogo. Grazie^^

Spero di pubblicare presto qualche nuovo lavoro. Le idee ci sono, è il tempo che manca.
Ma un giorno tornerò in carica, vi sommergerò di fan fiction, lo prometto. Be', almeno lo spero.

Grazie ancora, o miei lettori. Pochi, ma buoni, aggiungerei.
Sayonara!
Ele.

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