Beautiful red roses

di attagirl
(/viewuser.php?uid=307015)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo I ***
Capitolo 2: *** capitolo II ***
Capitolo 3: *** capitolo III ***



Capitolo 1
*** capitolo I ***


//premetto che è la mia prima ff vera e propria, quindi...siate molto molto molto clementi TwT  -questo era il breve angolo autrice- //
 
 
 
 
 
"Fratellone! Big Brother! Aspettami! per favore!" un bambino correva, disperatamente, cercando di raggiungere quel mantello blu ben noto. Ma il rosso non si gira, anzi, accellera il passo, scocciato. 
"Non seguirmi, Arthur! Sei fastidioso!" fu la risposta del maggiore. Ma il biondo non si arrese, e, con uno scatto più veloce che poteva, finalmente raggiunse Ian.
"Per favore, resta qui! Andare a caccia di notte è pericoloso! Ci sono sempre i pesci che Dylan ha pescato per cena!"
"... Galles non è mai stato bravo a pescare, non darmela a bere, tappo!" il rosso si dimenò e bruscamente fece cadere il più piccolo.
Si girò verso di lui, con uno sguardo di ghiaccio. Quegli occhi del suo stesso verde smeraldo fissi su di lui. Erano davvero pesanti...
 
 
-...!!-. La sveglia del telefonino suonava ripetutamente il motivetto di "My fair lady". Erano già le 7 di mattina, ora di partire per il meeting delle 13.00. Fortunatamente a questo giro si svolgeva a casa sua, quindi non aveva poi tanta fretta, ma Arthur ci teneva a fare le cose in grande, come era stato visibile alle Olimpiadi dell'anno prima. Difatti s'era alzato presto appositamente per controllare che nella sede del meeting ogni cosa fosse al posto giusto.
Andò a sciacquarsi il viso, che era completamente imbevuto di sudore freddo. Quell'incubo che aveva appena fatto era stato un ricordo. Una memoria del passato. Dentro vi erano lui e suo fratello maggiore, Ian.
Si fermò a riflettere, ripensando al sogno. Non vedeva il fratello da molto tempo, forse anche più di un secolo. Ma per una nazione, un secolo è davvero poco. D'altronde, non lo vedeva di certo ai meeting. La Scozia non era uno Stato a sé, a differenza del fratello Connor,Irlanda del Sud, che ad ogni meeting, lo ignorava bellamente.
La loro sì che era una famiglia unita, pensava con la solita punta ironica da bravo Inglese doc.
Ma non era il momento di pensare a certe cose, aveva ben altro da fare! Così, vestendosi a puntino, prese il primo ombrello che gli capitò in mano e uscì, sotto la pioggierellina tipica di Londra.
 
"Arthur, che diavolo stai facendo lì?!" gridava per rimproverarlo Ian, mentre Arthur raccoglieva dei fiori in un prato, sotto un acquazzone.
"S-Sto raccogliendo dei fiori per te, brother! C-Così sarai felice!"
"Ti buscherai un accidente, così!" gli fece notare l'altro seccato, come se la frase del minore non gli fosse nemmeno arrivata alle orecchie. Arthur si sorprese: stava raccogliendo dei fiori per lui, e Ian non lo ringraziava nemmeno! Non gli diceva nemmeno che avrebbe potuto aspettare che l'acquazzone finisse, di tornare con lui a casa e asciugarsi...Niente di tutto ciò.
Ian, dal canto suo, gli lanciò un'ultima occhiata distaccata e si volto di spalle, dicendogli solo. "Se non torni, i troll verranno a prenderti! Io ti ho avvisato!" e cominciava a camminare, in silenzio. Si sentivano chiaramente, in mezzo a tutto quel rumore scrosciante di pioggia, i suoi piedi nella melma che facevano "ciaf!ciaf". Arthur, sentendo dei troll, prese un colpo e abbandonò lì il mazzo ormai inevitabilmente distrutto a causa della pioggia battente che stava raccogliendo.
"A-Aspettami, Fratellone! N-Non mi piacciono i troll!" gridò come solo i bambini fanno quando si lamentano di non essere lasciati soli e piangono disperati. Piangendo, Arthur seguì la figura del fratello che però continuava a camminare imperterrita. Allora prese a correre, per raggiungerlo.
Una volta messosi a fianco del fratello, questo lo guardò di sbieco, ritornando a guardare dritto davanti a sé, senza dire nulla. Arthur lo guardò, piangendo e lasciando che anche il naso colasse, un po' indispettito. Odiava i troll, e il fratello Ian lo sapeva meglio di tutti. Fu dopo qualche secondo che Ian si fermò, prese da una taschina dei suoi panni un fazzoletto di stoffa e, bloccando il visino del fratellino, cominciò ad asciugargli tutto lo sporco. Arthur rimase sorpreso! Era la prima volta che il fratello era così gentile con lui! Era talmente felice che cominciò a ridere cristallino. Ian, però, appena lo sentì ridere, si innervosì e cominciò a strofinare con troppa forza il viso del minore, che allora lanciò gemiti di dolore. Quando finì di torturarlo con lo straccio ormai sporco, lo cinse in vita e camminò verso casa tenendolo in quella bizzarra posizione. Arthur lo notò poco dopo, che mentre camminava, non sentiva più la pioggia bagnarlo, ma c'era il mantello blu del fratelo che lo stava coprendo per bene.Arthur adorò da allora la pioggia.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** capitolo II ***


-...Ok, everything is perfect! Thank you, everyone! You did a great job!- ringraziò poi l'Inglese a tutti i camerieri che stavano preparando la sala della conferenza. Questi si congedarono e aspettarono che arrivasse l'ora del meeting per entrare e intrattenere gli ospiti con bevande e viveri.
Arthur allora rimase da solo, nella stanza, ad aspettare. Erano ancora le 8 di mattina, ma sapeva che i soliti mattinieri sarebbero presto arrivati. Nemmeno il tempo di finire nella sua mente il pensiero, che subito alla porta si affacciò un "giovane" dai tratti orientali, che, garbatamente, salutò.
-Ohayogozaimasu, Iggyri-san! Mattiniero anche lei, vedo.- sorrise il giapponese, entrando lentamente nella stanza e posando la sua valigetta.
-Good morning, Kiku! Mattiniero anche tu, come sempre!- salutò di rimando sorridendo Arthur.
-Ho saputo che anche la tua Borsa ha avuto un improvviso calo. Tutto a posto?- chiese incuriosito e dispiaciuto il biondo.
-Ah...- il giapponese si bloccò, a quella domanda-...Purtroppo, la crisi inplica l'aumento dei prezzi..anche per il sushi...adesso anche solo le uova sono un alimento costoso..! Coff coff volevo dire, sì, grazie dell'interessamento! e' tutto a posto!- sorrise come soleva fare il giapponese.
Passarono le ore e pian piano la sala si riempì sempre di più. I più mattinieri arrivarono poco dopo Kiku, mentre i soliti ritardatari( ogni riferimento ai due Italia e a Spagna sono puramente casuali) arrivarono a pelo.
Il meeting venne aperto dalla squillante ed energetica voce di Alfred, l'Americano, come praticamente ogni meeting Mondiale a noi conosciuto.
Alfred. La causa per cui Arthur odiò la pioggia.Il giorno in cui gli aveva dichiarato guerra per l'indipendenza, pioveva. Pioveva forte. Come quel giorno di lontana infanzia. La pioggia per Arthur divenne una cosa sia positiva che negativa.
Il meeting passò veloce, come al solito: alla fine le due Coree si erano messi a litigare, lui stava a litigare con Francia e con America, Germania cercava di dare un controllo alla situazione, ma Italia cominciava a parlargli e non smetteva più di parlare di pasta, tanto che persino Germania si arrendeva. Ma quel giorno decise di stare calmo e aspettare che tutti uscissero prima di lui. Non v'era un motivo preciso, semplucemente non aveva la minima intenzione di uscire prima del dovuto come sempre. E dire che quei meeting servivano, come giustamente diceva Germania, a risolvere i problemi, mentre con esse se ne aggiungevano e basta, e si finiva sempre in continue risse.
Gli ultimi che abbandonarono la sala furono Grecia (che pareva particolarmente stremato, forse per lo stato economico in cui era, che continuava a lanciare occhiattacce a Svizzera*), Cina e Austria(per la loro lentezza) e Francia che gli stava cercando di palpare il fondoschiena come "saluto". Dopo che li ebbe salutati tutti e mandato al diavolo Francia circa 20 volte, si risedette dove era stato tutto il tempo, per prendersi un po' di respiro.
Approfittò di questo attimo di calma per concedersi un pisolino, nonostante la posizione fosse decisamente scomoda, su una sedia, con la testa appoggiata alle braccia. Si addormentò praticamente subito, forse per la stanchezza dei nervi causata da quel mangia-lumache vinofilo. Fu allora che sognò nuovamente, ma non era lo stesso sogno di quella mattina. Era completamente diverso.
 
Era lui, Arthur, di nuovo bambino, che correva ditro al fratello maggiore Ian, che scappava ridendo insieme agli altri loro fratelli. Stavano probabilmente giocando a chiapparello, e Arthur, come ben ricordava, doveva sempre prendere. Come se per uno scricciolo fosse facile correre dietro ai fratelli molto più robusti di lui! Mentre correva, tuttavia, inciampò perdendo improvvisamente l'equilibrio.
Si mise a piangere chiamando con tutta la voce che aveva i fratelli, ma solo uno di loro si girò. Era Ian, che ora lentamente gli si avvicinava. Ma Arthur temeva che il fratello gli avrebbe dato una botta come suo solito, così gridò spaventato, implorandolo " No! Per favore, non farmi male! Non farmi del male!" . Il maggiore, giunto a pochi passi da lui, non disse nulla. Si chinò e rimase a fissarlo, con la solita espressione monotona e accigliata. Arthur non vide più molto bene, perchè le lacrime coprivano. Il maggiore mosse la bocca per dire qualcosa, ma la voce non riuscì ad udirla. Poi, una cosa che mai si sarebbe aspettato dal fratellone. Questo, con forza mescolata a dolcezza, lo sollevò da terra e cominciò a carezzarlo. Arthur rimase piacevolmente colpito da quel gesto, ma non disse niente, per paura che, facendolo, avrebbe spezzato quell'armonia o il fratello si sarebba arrabbiato. Poi, alzò lo sguardo verso di lui, e Ian ora aveva un'espressione addolcita. Arthur, vedendolo così, non poté far altro che sorridere contentissimo. Ma era davvero suo fratello o era una qualche creatura mitologica che ne aveva preso le sembianze?
Quell'attimo di quiete sarebbe durato un'eternità, se non fosse stato che Ian cambiò improvvissamente espressione, corrugando la fronte e urlandogli contro "Arthur! Svegliati, moscerino! Che diavolo stai a dormire qui?!?!"
 
-Cosa?!- si svegliò bruscamente l'Inglese, rendendosi conto di essere ancora nella sala del meeting e che era passato parecchio, dato che era oramai sera, come la luce fuori dalla stanza suggeriva. Poi, mentre alzava la testa per guardarsi intorno, una folata di fumo gli arrivò dritta dritta in faccia.
-Coff coff!! Ehi! Chi è l'imbecille che sta fumando?!- fu l'impulso a parlare al posto suo. Difatti, appena dietro la coltre di fumo intravide una chioma rossa e due occhi smeraldo, si zittì.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** capitolo III ***


-Sono questi i modi di rivolgersi a tuo fratello, you asshole?- Ian lo guardava torvo, mantra rimetteva in bocca la sigaretta.
-Che diavolo ci fai qui? Ero venuto fino a casa tua per chiederti un prestito, ma non c'eri. Allora sono uscito e ho incontrato per caso Francis, che stava girando nudo per strada. Mi ha detto che probabilmente eri ancora qui. Vedo che aveva ragione...- si tirò fuori la sigaretta dalla bocca e buttò nuovamente fuori il fumo.
"F-Francis girava nudo..? Calmati, Arthur, ora hai altro a cui pensare! Esci da qui!" la mente dell'Inglese ragionò velocemente, notando che la porta d'ingresso della stanza era aperta, spalancata.
-S-Scusami, Scozia, ma adesso non ho proprio soldi con me..! Dovrai chiedere ad altri..!- fu la scusa più banale che trovò, mentre repentinamente afferrò la valigetta e si incamminò a grandi falcate verso la porta. Non voleva stare nella stessa stanza del fratello. Finiva sempre che l'altro lo picchiava di brutto. E tutto perchè "si annoiava", così diceva lo Scozzese.
Ma proprio mentre stava per varcare la soglia della porta, ecco che una mano gli afferra da dietro il braccio e Ian, portandoselo contro il petto, lo cinge con un braccio, mentre con l'ausilio dell'altra, chiude la porta a chiave, mettendosi quest'ultima nella tasca interna sinistra della giacca che portava.
-Cosa fai? Non vorrai mica andartene così, vero?- ghignava divertito, mentre velocemente, strappò di mano la borsa all'Inglese, che esclamò impautrito. L'altro con non chalance aprì quest'ultima e ne capovolse il contenuto, fino a quando una sagoma marrone non ne uscì.
-Oh! Ma guarda! Non è forse un portafoglio, quello?-lo afferrò da terra e ne estrasse il contenuto- Oh! Ma come, dicevi che eri senza soldi!-. Arthur era incapace di reagire, nonostante l'altro lo avesse mollato dalla presa.
-Ah..ehm...N-Non mi ricordavo di avere con me il portafoglio...s-se vuoi, prendi pure..- rispose incerto l'Inglese. Ma cosa diavolo stava facendo?? C'era la crisi, come poteva anche solo lasciare al fratello degli spiccioli?!
-Uhm...beh, grazie...-rispose il rosso, infilandosi i soldi in una tasca dei pantaloni blu, rimettendosi poi bene la giacca blu che indossava sopra la camicia, mentre si girava verso il biondo- ..Ma tu...- si avvicinò, trascinando i piedi. Arthur quasi spontaneamente indietreggiò, balbettando frasi sconnesse-...Tu...Credevo di averti insegnato che non si dicono le bugie, no?-.
Sul volto dello Scozzese si dipinse un ghignò perfido, constatando che Arthur, a furia d'indietreggiare, era rimasto con le spalle al muro, letteralmente. Si avvicinò e prese la sigaretta, se la mise in bocca e poi gli soffiò nuovamente in faccia. Arthur tossicchiò e riprese a fissarlo con quello sguardo impaurito. Fu allora che Ian prese la sigaretta e gliela impiantò sul collo, sentendo odore di carne bruciata.
-G-Gwaaah!- Arthur gridò dal dolore, cominciando a lacrimare. Gli passò per la mente velocemente l'immagine che aveva avuto poco prima di Ian, che gli sorrideva affettuoso e lo carezzava. Davvero, doveva essere proprio un sogno, quello.
-Ecco, così si istruiscono i mentecatti! Usando un po' di forza!- disse il rosso, staccando la sigaretta dal collo dell'altro.
Cominciò poi a dargli calci sullo stomaco, e, mentre Arthur si piegava a terra dal dolore piangendo, Scozia continuava a fumare e a sbuffargli in faccia. Dopo qualche minuto, poi, Ian afferrò Arthur per il colletto, e lo trasportò fino al divanetto che era presente nella stanza. Ce lo buttò sopra bruscamente, e poi, senza dare al biondo il tempo di riprendersi, gli si mise sopra. Ora non ghignava più, era serio in volto. Arthur lo fissava negli occhi, gli occhi smeraldo come i suoi, gelidi e distaccati come il ghiaccio.
Ian carezzò al fratello minore una guancia, cosa che stupì Arthur ma che lo mise all'allerta.
-Ma guardati...Come sei diventato grande, in questi 100-200 anni che non ci vediamo faccia a faccia...- gettò la sigaretta a terra, pestandola con la scarpa e spegnendola.
-E, nonostante tu sia cresciuto, sembri e sei ancora un moscerino indifeso e altamente molestabile.- ghignò il fratello, mentre con la mano scendeva, carezzando ad Arthur un fianco. 
-...- Arhur, dal canto suo, rimaneva a tremare, spaventato. L'avrebbero mai detto, gli altri, che davanti a qualcuno potesse diventare così poco arrogante come era di solito? Il Grande Impero Britannico che si piegava daventi ad un soggetto che non era nemmeno una Nazione.
-Che c'è, Arthur, il gatto ti ha mangiato la lingua..?- disse Ian, scendendo ancora di più con la mano, finchè, quando raggiunse l'interno coscia, Arthur gemette impaurito e gli gridò: -No! Per favore, big brother! Non fare niente!-.
Lo Scozzese rimase un po' spiazzato, inizialmente, poi, tornando con la sua espressione seria: -Che fai? Ora rispondi pure? Si vede che questi Europei ti hanno cambiato. O forse è colpa dell'Americano?- ci stava prendendo gusto.
-Ian, per favore..! Per...favore..!- implorò nuovamente Arthur, fra le lacrime.
Ian rimase a guardarlo, per qualche minuto, che parve un'eternità. Poi, senza dire niente, si staccò, lasciando Arthur sul divanetto e riaccendendosi una sigaretta.
-Lo sai, Artie, sei davvero noioso.- fu l'ultima cosa che gli disse. Si incamminò verso la porta, estrasse la chiave che teneva nel taschino e uscì dalla stanza. Arthur affannato lo seguiva con lo sguardo, ancora scosso, fino a quando non sparì dalla sua vista, varcando la soglia della porta della stanza.
 
"Fratellone! Fratellone! Aspetta!" Arthur, goffamente, correva dietro al mantello blu che si apprestava ad entrare nella foresta in cerca di selvaggina da cacciare.
"Che cosa vuole, ora..?" il maggiore si girò, ma nemmeno il tempo di sbattere gli occhi, che si ritrovò un mazzo di fiori davanti al viso. La faccina di Arthur sbucò da dietro il mazzo, soridente.
"Ecco..la scorsa volta non sono riuscito a raccoglierteli, ma...questa volta ce l'ho fatta! Sono più belli dell'altro giorno! Sono delle rose rosse, le nostre preferite!" dichiarava soddisfatto il minore.
Ian era sbalordito. Non credeva il minore volesse davvero fargli un mazzo, credeva poi che si fosse dimenticato di suando gli aveva confessato di avere una certa passione per le rose rosse. Rimase a fissarlo, indeciso sul da farsi, se picchiarlo o lasciarlo lì, da solo. Ma il suo sguardo ricadde sul visino contento e soddisfatto del bambino. 'Questo tappo...Cosa bisogna fare con lui..?' pensò tra sé e sé ian. Il gesto gli venne spontaneo. Prese in mano il mazzo. Arthur a quel gesto sorrise e disse: "Vado a cercarne di più belle ancora, così le portiamo alla mamma!" e corse via ridendo come solo i bambini, nella loro ingenuità, fanno.
 
Ian, dopo aver fatto quella visitina al fratello, tornò a casa, strisciando i piedi come suo solito. Entrò, appoggiò la giacca blu su una sedia e si sbottonò la camicia, rimanendo col petto visibile. Si diresse nel soggiorno, e lnciò un'occhiata a un vaso. Rimase in silenzio, per poi sorridere tra sé e sé, riaccendendosi una sigaretta. Eh, sì, le orse rosse che quel marmocchio aveva raccolto, erano davvero belle.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1907897