PoNR - Research di Gemini_no_Aki (/viewuser.php?uid=62854)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C’era una volta la città degli zombie. Benvenuti a Raccoon City. ***
Capitolo 2: *** Umbrella Corporation Office and Research Facility ***
Capitolo 3: *** Settore Alpha ***
Capitolo 1 *** C’era una volta la città degli zombie. Benvenuti a Raccoon City. ***
Pensate
che le storie di zombie siano solo storie?
Pessimi film di
serie C?
Lo credevo
anch’io fino a qualche tempo fa.
Poi sono arrivato
a Raccoon city.
Tutto
ciò che credevo fantascienza di pessimo gusto si
rivelò una terribile e inarrestabile verità.
Io sono Shaun
Hastings, 18 anni, inglese e fiero di esserlo.
E sono un
Assassino.
Magari qualcuno
ha sentito parlare di noi, di quello che facciamo.
La mia storia non
è la classica vita di un Assassino, non la è mai
stata e mai più la sarà.
Ciò
che ho visto, ciò che ho fatto, ciò che sono...
Non sono innocente su nessun fronte.
La mia
è stata una vita di segreti, una vita correndo dietro ad
un’idea assurda.
E vera.
Ciò
che la Umbrella Corp. ha creato sarà la sua distruzione.
Ma... Partiamo
dal principio.
C’era
una volta la città degli zombie.
“Capitano
Richter, signore.”
Poco ci
mancò che il giovane ragazzo facesse il saluto militare
mentre guidava la jeep scura lungo la statale, una decina di minuti e
sarebbe entrato a Raccoon City.
Dall’altra
parte dell’auricolare arrivò uno sbuffo arreso,
Richter odiava tutta quella formalità quando non erano
riunioni ufficiali con anche altri Assassini, poteva benissimo
chiamarlo Richter, o anche con qualche soprannome che era sicuro che il
giovane aveva trovato per lui, poteva sforzarsi e chiamarlo
papà almeno una volta.
“Sei
quasi arrivato, giusto?”
“Si.”
“Ottimo.
Sai già cosa fare giusto? Il Dipartimento di polizia si
trova sulla Ennerdale Street, lo troverai facilmente. E troverai
altrettanto facilmente Albert, insomma, uno biondo, grande e grosso e
l’hai trovato.”
“Riesci
a restare serio?”
Domandò
il giovane accelerando sulla statale vuota, era mattino inoltrato
ormai, quasi ora di pranzo, anche se, dai resti sul sedile accanto, lui
aveva già provveduto alcune ore prima, eppure non
c’era un’anima in strada, non che gli dispiacesse.
“Non
si può scherzare ok, ragazzo mio, ok. Sappiamo tutti
cos’è la Umbrella Corporation, teoricamente
sappiamo anche cosa fa ma non abbiamo prove contro di loro. Come non
abbiamo prove per ritenerli Templari, o, quantomeno, loro alleati.
È questo che ci serve, prove, Shaun. Utilizzo di oggetti
particolari che possano essere collegati ai frutti dell’Eden,
conversazioni, scambi di mail con agenti templari riconosciuti. Cose
del genere.”
“Avreste
dovuto infiltrarmi all’interno in questo caso,
Signore.”
Rallentò
lievemente nei pressi del cartello che dava il benvenuto alla
città leggendolo ad alta voce.
“Welcome
to Raccoon City. Home of Umbrella.”
Dall’altra
parte sentì una debole risata soffocata e un rumore di
tasti, forse si stava appuntando l’orario sul notebook.
“Beh,
è ovviamente collegata ai Templari.”
Commentò
con tono leggermente sarcastico.
“L’hai
visto il loro logo? Hanno solo riempito gli spazi vuoti della croce
templare.”
“Questo
non basta, è un caso.”
“O
forse no. Una volta eliminato l’impossibile, quel che rimane,
per quando assurdo e banale, è la
verità.”
Recitò
con un gesto teatrale della mano che l’altro non
poté logicamente vedere prima di imboccare una strada che lo
avrebbe portato a destinazione.
“Si,
va bene Sherlock Holmes, ma come prova non basta. O non ti avremmo
mandato nella tana del lupo.”
Aveva ragione,
Shaun lo sapeva bene, ma ci doveva essere altro sotto quello, al campo
avevano tanti agenti abili che avrebbero fatto la fila per quel lavoro,
Dorian ad esempio, era di gran lunga migliore di lui, anche grazie a
dieci anni di esperienza in più.
“Il
Capitano Wesker è stato informato?”
“Ti
aspetta impaziente.”
Disse con tono
lievemente sarcastico, conosceva l’amico quanto bastava da
sapere che non era così impaziente.
“Puoi
fidarti di lui, è una brava persona, un buon amico. Ti
aiuterà. E l‘hai anche conosciuto, anche se forse
eri troppo piccolo per ricordare.”
“Le tue
amicizie sono sempre strane, non so perché mi sono lasciato
convincere.”
Frenò
parcheggiando davanti alla caserma, fermo fuori dalla porta
c’era un uomo che dalla descrizione, non poteva certamente
essere Wesker.
Per quanto sul grande
e grosso
potesse andarci vicino quell’uomo era castano, no, non era
assolutamente il suo uomo.
“Forse
perché non sai resistere alle avventure pericolose? O
magari...”
Non ebbe il tempo
di sentire cos’altro avesse da dire che spense il motore
facendo capire che era arrivato.
“Un’ultima
cosa Shaun.”
Il ragazzo stava
per salutare scendendo dalla jeep, si fermò con la portiera
aperta e un vento leggero che entrava nell’abitacolo.
Era relativamente
caldo, più di quello a cui era abituato, considerato che a
Londra, e in ogni parte dell’Inghilterra, erano
più i giorni di pioggia che quelli di sole, quindi quel
caldo era completamente diverso e nuovo.
E assolutamente
piacevole.
“Dimmi.”
Rispose
togliendosi l’auricolare e avvicinando il telefono
all’orecchio giusto in tempo per sentirlo.
“Vittoria
agli Assassini.”
Sorrise prima di
rispondere lo stesso e chiudere la chiamata, recuperò un
sacchetto di carta e una lattina dal sedile del passeggero
sbarazzandosi del pranzo anticipato che gli aveva tenuto compagnia da
diverse ore per poi avviarsi verso la centrale.
Si
fermò davanti all’uomo intento a fumare sulla
porta osservandolo e notando che faceva lo stesso, forse da quando era
arrivato, come se non avesse visto molti turisti da quelle parti.
“Hai
bisogno di qualcosa?”
Rispetto a quello
che si era appena immaginato la voce era gentile e non burbera come si
aspettava dall’aspetto.
“Cerco
il Capitano Wesker.”
L’uomo
alzò un sopracciglio per poi entrare lasciando la sigaretta
nel posacenere e chiudendo la porta.
Per 5 minuti
abbondanti Shaun rimase lì davanti immobile aspettando che
qualcuno si degnasse almeno di ricordarsi che era lì fuori.
“Bastava
chiedere il nome Barry. Non mi sembra così
difficile.”
Sottolineò
la voce di un uomo aprendo la porta e guardandolo dall’alto
in basso.
Immagino
sia lui... Anche se non mi dice niente.
Pensò
guardandolo, l’uomo chiuse la porta e continuò a
studiarsi il giovane come se fosse un quadro in una galleria.
“Sei
giovane.”
Fu
l’unico commento che fece, ancora prima di presentarsi.
“18
anni sono sufficienti per quello che devo fare, sempre che per voi non
sia un problema Capitano Wesker.”
Aspettò
di vedere se diceva qualcosa a proposito prima di poter continuare.
“Perché
nel caso temo che dovrete lamentarvi direttamente col mio superiore
Richter.”
“Non ti
aspettavo prima di domani a dire il vero.”
Shaun diede
un’occhiata all’orologio controllando la data.
“Disguidi
col fuso orario probabilmente Capitano.”
Wesker
annuì leggermente aprendo la porta e facendogli segno di
entrare lasciando intendere che a quanto pare andava bene
così, o magari non aveva voglia di discutere con Richter.
Si
fermò a spegnere la sigaretta abbandonata prima di entrare
dietro di lui e presentarlo a dovere alla squadra, per quanto non
troppo entusiasta.
“Questo
ragazzino...”
E
sottolineò la cosa così bene che Shaun assunse
per un attimo un’espressione indignata, ma forse era quello
l’aspetto che dava, quello di un ragazzino.
“Lavorerà
con noi per un po’.”
“Non ci
servono dei rinforzi per tenere a bada un po’ di animaletti
incazzati. E comunque uno solo, così gracilino, mi sembra
poco.”
Hastings
voltò la testa veloce verso il giovane uomo che aveva
parlato e che lo guardava male, fulminandolo con lo sguardo.
“Sai
abbastanza bene che non sono solo un paio di animaletti
incazzati,
Redfield. Non è qui solo per questo ma anche. Quello che
deve fare non è affar nostro e non intendo inimicarmi i suoi
superiori, in definitiva, lui ci da una mano con le bestiole incazzate
e noi non facciamo domande. Ci sono domande?”
Concluse nel modo
più semplice possibile, doveva aver già lavorato
con Richter, o almeno conoscerlo bene abbastanza da sapere che non
doveva immischiarsi nei lavori privati degli Assassini, per aveva
ragione anche a pensare che ci fosse qualcosa sotto.
Di quali animali
parlava?
Non aveva letto
nulla di strano, e si era informato discretamente bene sulla cronaca
del posto prima di arrivare.
“Come
si chiama?”
Domandò
una ragazza col caschetto castano seduta vicino a Redfield.
“Shaun
Hastings.”
Rispose
precedendo il capitano, almeno presentarsi da solo glielo avrebbe
concesso, sperava.
Memorizzò
velocemente i nomi, o almeno sperava di non sbagliarli in seguito,
cercando di associarli a qualche caratteristica.
Dunque...
Barry ha la barba, Chris è quello antipatico, non dovrei
avere problemi, Jill... Nome carino, comunque ha il caschetto...
Rebecca è la più giovane... Per ora li so.
Si
ripassò a mente decidendo di appuntarsi anche che Rebecca
Chambers era una specie di Jolly, lì dentro, non faceva
direttamente parte del Team Alpha, ma era comunque un buon supporto
medico.
“Questa
dovrebbe essere della tua misura... E se è lunga trovi un
modo.”
“Piccolo
com’è...”
Wesker gli mise
in mano la divisa senza alcun avvertimento per poi passare alla pistola.
“Sai
come si usa?”
Il ragazzo
annuì non troppo convinto prendendola.
“Magari
gli insegno qualcosa domani se non ci sono emergenze.”
Decise Barry con
una mezza risata, per nulla convinto dall’espressione di
Shaun, Wesker annuì, per quel momento poteva bastare.
“L’orario
lo sai, è meglio se ora vai a sistemarti. Se ci sono
problemi...”
Chris
bisbigliò qualcosa a Jill attirando per un attimo
l’attenzione del giovane inglese, a quanto pareva non era
proprio il benvenuto, dopotutto li capiva, li stava usando come
copertura e non li metteva nemmeno al corrente.
“La
nostra politica è questa.”
“Beh,
non penso che la prenderanno così bene Capitano.”
“Albert
la conosce e la accetta, degli altri non mi interessa.”
“Non
siete voi a doverci lavorare però!”
Non era per
niente giusto nei loro confronti, ma rivelare tutto avrebbe comportato
solo una serie continua e infinita di domande, molte delle quali di cui
non conosceva la risposta, non ancora, e forse mai.
Abbassò
lo sguardo, sperando in fondo che loro capissero che non era sua
volontà nascondere tutto, anche per gli Assassini
c’erano giuramenti e leggi, infrangerli comportava diverse
punizioni, anche se forse non la morte come una volta.
“Non ce
ne saranno capitano Wesker... Con permesso.”
Alzò
lo sguardo prima di voltarsi e uscire tornando alla macchina.
Lasciò
cadere la divisa e l’arma sul sedile del passeggero, il
tesserino di riconoscimento e qualunque altro documento, distintivo
compreso, che sarebbe servito per supportare la messa in scena del
nuovo arrivato erano nel cruscotto da quando era partito, aveva pensato
Richter a tutto.
Accese il motore
ingranando la marcia e partendo verso la sua nuova casa, a nord della
città.
Mission Street
era incastrata tra un parco, lo zoo cittadino e l’ospedale,
nemmeno troppo lontana dalla sede pubblica della Umbrella Inc.
L’appartamento
era un una laterale, verso lo zoo.
Parcheggiò
davanti ad un cancello marrone che dava su un giardinetto abbastanza
curato e su una casa piccola ma dall’aspetto accogliente,
perlomeno dall’esterno, il muro verde salvia spiccava tra le
villette marroncino e giallo pallido della via, si vedeva che era stata
ristrutturata da poco.
“Almeno
da una bella impressione.”
Disse scaricando
le valige e aprendo il cancello.
“Tu un
po’ meno!”
Esclamò
guardandosi attorno controllando di non aver attirato
l’attenzione di nessuno con quel cigolio spaventoso.
Forse non era
stata ristrutturata proprio del tutto.
Lasciò
le valige nell’ingresso andando a recuperare quello che
mancava nella macchina prima di lasciarla scoperta tirando indietro il
tettuccio.
“Sono
passato dal “Cos’è
quella cosa che chiamano sole?!” al “Ancora
un po’ e cuocio.”...”
Commentò
entrando e chiudendosi la porta alle spalle disinserendo
l’allarme.
L’ingresso
era spazioso, dava su un salottino con un piano cottura in fondo,
separato da un muretto.
Poco
più avanti, sulla destra la porta portava ad un bagno non
molto grande, anzi, piuttosto piccolo dove ammettere, mentre in fondo
ci doveva essere la camera.
Trascinò
le valige verso la stanza aprendo la porta e cercando
l’interruttore della luce prima di accorgersi che si trovava
appena fuori.
Si
guardò attorno, tutto sommato soddisfatto del posto, non si
aspettava granchè, ma anche quello era migliore di qualunque
casa in cui avesse mai vissuto.
Negli ultimi 8
anni avevano avuto diversi problemi con alcuni agenti Templari sulle
loro tracce che li portavano ad essere quasi sempre in movimento,
avevano notato spesso la croce rossa stampata su un angolo dei
giubbini, o sulle maglie, e credeva anche che quello fosse ormai un
simbolo superato, ma sbagliava a quanto pareva.
Probabilmente
quegli agenti usavano ancora la vecchia croce, magari non lavoravano
direttamente con la Abstergo Industries, qualunque fosse la ragione,
comunque, erano Templari, e loro non potevano permettersi il lusso di
restare fermi in un solo posto, per quanto li potevano contrastare non
si fermavano mai.
“E noi
nemmeno.”
Aprì
le finestre ed iniziò a sistemare lentamente ogni cosa al
suo posto lasciando la divisa e la pistola sul letto, i muri avevano la
stessa tonalità verde salvia dell’esterno, era un
posto tutto sommato rilassante, la sua nuova casa.
Il cellulare
iniziò a suonare e il giovane, lasciando perdere una
maglietta con la stampa della bandiera inglese, si lanciò
sul letto rispondendo al volo rischiando di atterrare con la faccia
sulla pistola.
“Come
è andato il viaggio?”
La voce allegra
lo confortò per un attimo facendogli passare di mente ogni
cosa, tra una cosa e l’altra, una missione lui, e il viaggio,
era ormai una settimana che non riuscivano a sentirsi, si mise a sedere
sul letto spostando la pistola sul comodino a fianco.
“Una
meraviglia, tu sei già stato in America, giusto?
C’è così caldo qua!”
Sorrise
ascoltando ogni cosa che Dorian aveva voglia di dire, che si trattasse
di lavoro, del fatto che si erano dovuti spostare ancora, o
più semplicemente del pranzo.
Conosceva Dorian
da una vita, 10 anni in più erano utili a volte, era stato
come un fratello maggiore, poi qualcosa in più, molto di
più a dire la verità.
C’era
una sola cosa che il vent’ottenne amava più del
giovane Hastings, ed erano i dolci.
“C’è
caldo eccome da quelle parti, comunque non ho capito perché
hanno voluto mandare te.”
Bella
domanda Dorian... Bella domanda.
Pensò
anche Shaun con un sospiro sconsolato.
“Non ne
ho idea, ma ormai sono qui. Mi tocca.”
Parlarono a
lungo, di tutto quello che gli passava per la mente prima di salutarsi
perché, a quanto pareva dall’altra parte era
notte, o comunque tardi.
Ritornò
ai suoi bagagli mezzi disfatti, in quel momento non sapeva
perché stava vuotando le valige, se ci avesse messo poco a
trovare le prove sarebbe ripartito presto, eppure qualcosa gli diceva
che non era così, niente era mai così semplice
per loro.
Una volta
svuotate le valige e fatte scivolare sotto il letto andò a
sistemare il resto delle cose.
Fu quando
aprì il frigorifero per mettere in fresco un paio di
bottiglie d’acqua, di the e qualche birra che
constatò che mancava qualcosa.
Richter doveva
aver pensato personalmente alla casa.
“Il
supermercato è a Sud.”
Così
diceva un bigliettino che il giovane strappò con rabbia.
Recuperò
il portafoglio e le chiavi e uscì.
Di andare ancora
in macchina non aveva voglia anche se sarebbe stato più
comodo, ma almeno a piedi avrebbe potuto iniziare a conoscere la
città.
E a perdervisi.
Si
fermò dopo un’ora e mezza che girava,
probabilmente in tondo, con le mani sui fianchi e
un’espressione decisamente irritata in volto.
“Sud!!
La città non è mica uno sputo
però!”
Sbottò
lasciandosi cadere seduto su una panchina guardandosi attorno
sconsolato prima di notare la giovane donna che già era li
seduta.
Subito si rimise
composto cercando malamente di nascondere l’evidente
imbarazzo.
“Chiedo...
Chiedo scusa... Ero così distratto che non mi sono nemmeno
accorto che... Oddio... Che figura.. Appena arrivato.”
Abbassò
il capo mentre il volto era ormai paonazzo dall’imbarazzo e
coperto con entrambe le mani.
“Non ci
posso credere!”
Shaun
alzò lo sguardo, ancora terribilmente imbarazzato, lei l
stava guardando incredula, sorpresa, quasi felice doveva ammettere.
“Sei
davvero tu?”
L’espressione
mutò quando vide lo sguardo interrogativo di lui.
“Non ti
ricordi di me? Sono Tracy. Tracy Kennest. Ci siamo incontrati otto anni
fa!”
Shaun scosse
ancora la testa con un leggero sospiro.
“Credo
mi abbiate confuso con qualcun altro, mi dispiace. Io mi chiamo
Shaun... Ed è impossibile che ci siamo già
conosciuti, sono arrivato solo ora qui.”
Lei
annuì distrattamente, come se non credesse alle sue parole e
stesse cercando di mettere insieme i tasselli di un puzzle invisibile.
“Scusami,
hai ragione. È che sei così simile ad un mio caro
amico... Mi è sembrato di capire che ti sia perso
Shaun.”
Annuì,
ritornando al momento di imbarazzo iniziale.
“Il
supermercato... Mi sapresti indicare...”
“Farò
di meglio mio caro!”
Con un sorriso si
alzò afferrandolo per il braccio e incamminandosi lungo la
via.
“Così
non rischi di perderti ancora... E poi mi stai simpatico.”
Concluse senza
smettere di sorridere.
“Sei
venuto qui per lavoro?”
Domandò
dopo qualche minuto spostando una ciocca nera dietro
l’orecchio, non poteva avere più di 5 anni
più di lui, pensò, e in un certo senso qualcosa
di familiare lo aveva, ma non sapeva dire cosa.
“Si...
Avrai sentito parlare di... Strani animali impazziti, no?”
Lei
annuì pensierosa.
“Devo
dare una mano per risolvere il problema.”
Non
entrò nei particolari che nemmeno lui conosceva, avrebbe
fatto saltare la copertura nel giro di pochi minuti.
“Buona
fortuna... In un certo senso lavoriamo insieme. Mi occupo di sistemi di
sicurezza, allarmi, telecamere, cose del genere. Per essere una donna
sono brava.”
“Non lo
metto in dubbio... Tracy, giusto? “
Azzardò
sperando di non aver sbagliato nome, ci avrebbe fatto una seconda
figuraccia, nel giro di una mezz’ora, e con la stessa
persona, per di più.
Fortunatamente
non aveva sbagliato, e, cosa forse più importante, aveva
trovato il supermercato.
“Ok...
La prossima volta vengo in macchina se devo andare praticamente
dall’altra parte della città... Grazie
mille!”
Entrò
mentre la giovane restava ferma a guardarlo sparire nella struttura
prima di voltarsi e andare per la sua strada con aria seria.
“Quell’uomo
dovrà spiegarmi un po’ di cose, credo. Molte cose
anzi.”
Mormorò
allontanandosi.
Nel frattempo
Shaun aveva iniziato ad aggirarsi per i vari reparti del supermercato
spingendo il carrello che andava via via riempiendosi sempre di
più.
“Dunque...
Surgelati... Batterie e lampadine di scorta... Un paio di cibi
precotti... La carne!”
Effettivamente
era la prima volta che si ritrovava a vivere da solo, non era nemmeno
sicuro delle sue doti culinarie, meglio
abbondare coi precotti, non si sa mai, avrebbe almeno tentato
di non mandare a fuoco la casa cercando di prepararsi un piatto di
pasta.
“Funziona
come il the...”
Commentò
a mezza voce dirigendosi verso la cassa.
“Aspetti
che l’acqua bolla, metti la pasta, aspetti che sia pronta e
la tiri su. Niente di complesso...”
Concluse
aspettando paziente il suo turno.
Quando
uscì aveva almeno quattro sacchetti in mano.
“Di
questo passo a casa ci arrivo domani...”
Borbottò
allontanandosi lentamente, non credeva che si sarebbe ritrovato in una
situazione simile fino a poco tempo prima.
L’unica
cosa positiva era che la strada non era in salita, ma una
mezz’ora di camminata non gliela avrebbe tolta nessuno.
Un cane,
probabilmente un randagio, o almeno così sembrava, stava
rovistando in un bidone sul marciapiede, Shaun si fermò un
attimo a guardarlo, gli facevano tenerezza, e, soprattutto, adorava i
cani.
“Ehi
cucciolotto bello...”
Allungò
la mano verso l’animale che voltò il muso fiutando
il suo odore.
E pochi secondi
dopo la sua paura.
Gli occhi rossi,
la bava, il muso, il corpo anzi, ridotto a brandelli insanguinati, non
era sicuramente stato un incidente a ridurlo così.
La bestia
iniziò a ringhiare avvicinandosi lentamente mentre lui
indietreggiava.
Animaletti
impazziti,
aveva detto Chris, impazziti, non rabbiosi!
Voltarsi era una
cosa improponibile, gli era stato insegnato che mai e poi mai avrebbe
dovuto dare le spalle ad un nemico, chiunque esso fosse, certo, a meno
che non fosse circondato, in quel caso a qualcuno le avrebbe date, il
meno pericoloso magari.
No, forse non era
proprio il caso di fare ragionamenti simili, in quel momento non
servivano.
A dire il vero
tutto ciò che gli sarebbe tornato utile sarebbe stata la
pistola che stava abbandonata sul comodino della camera.
Fu una frazione
di secondo, forse anche meno, la bestia balzò contro di lui
che, nel tentativo di scappare, inciampò cadendo indietro,
in completa balia dell’animale.
“Non
posso morire così... Sbranato da un....”
Il rumore dello
sparo interruppe la frase prima della fine, il cane rotolò a
terra con un rantolo, il giovane voltò lentamente la testa
verso la macchina che frenava di fianco a dov’era lui, non
gli importava se qualcosa di fragile nelle borse si fosse rotto, meglio
qualche lampadina che lui morto sbranato.
“Stai
bene?!!”
Conosceva quella
voce...
“S...
si Capitano...”
Riuscì
a balbettare mettendosi in piedi e guardando un po’
l’uomo e un po’ il cane.
Wesker disse
qualcosa alla radio, qualcosa che sul momento Shaun non capì.
“Sali,
si fa buio, non è sicuro girare per strada.”
Disse
semplicemente facendogli capire che, nonostante il tono gentile quello
era un ordine.
Recuperò
le borse salendo veloce.
“Quella
bestia...il cane intendo...”
“Lo
verranno a prendere e se ne sbarazzeranno, cerca di fare attenzione la
prossima volta capito?”
Shaun
annuì abbassando leggermente la testa, faceva bene ad
arrabbiarsi, era stato un caso che fosse da quelle parti, e lui doveva
stare attento, molto attento.
Ora
però non riusciva a togliersi dalla testa gli occhi di quel
cane.
“Che
cos’era?”
“Un
cane Shaun, suppongo tu sappia cosa sia un cane, no?”
Il ragazzo lo
guardò senza capire se fosse serio o meno, non aveva voglia
di giochetti in quel momento.
“So
com’è fatto un cane... E quello non lo sembrava
Capitano.”
“Era.”
Sottolineò
entrando nella via.
“Devi
stare attento a quello che chiedi.”
Si
fermò davanti alla casa mentre il giovane lo guardava,
l’aveva incastrato, doveva stare attento a come faceva le
domande, magari non sarebbero stati tutti furbi e con una risposta
così pronta, ma se qualcuno voleva nascondere qualcosa
sicuramente avrebbe risposto così.
“Buonanotte
Shaun.”
Il ragazzo scese
prendendo le borse e guardandolo, avrebbe voluto fare così
tante domande ma forse era meglio aspettare, aveva appena avuto la
prova che doveva stare attento a cosa chiedeva.
“Buonanotte
Capitano.”
Concluse
rientrando in casa e chiudendo la porta dietro di sé con un
sospiro.
Sistemò
svogliatamente la spesa rendendosi conto che di tutte le cose fragili
che aveva nelle borse si erano salvate 2 uova soltanto.
“Meglio
di niente...”
Commentò
arreso al fatto che il giorno seguente sarebbe dovuto tornare al
supermercato.
Accese il
computer appoggiato alla scrivania, Richter gli aveva chiesto dei
rapporti praticamente giornalieri ma cosa avrebbe dovuto dirgli?
Che era stato
quasi sbranato da qualcosa che era un cane?
Lo avrebbe preso
per pazzo, magari lo avrebbe anche ritirato dalla missione mentre ora
non poteva permetterselo, era diventata una questione personale anche
se era appena arrivato.
Quella bestia non
era normale, voleva sapere cosa succedeva.
Aprì
la pagina delle mail pensando bene a cosa scrivere, cosa poter dire e
cosa no.
E non era facile.
From:
Hastings Shaun
To:
Richter Angus
Subject:
Report 1
Non
ci sono novità da riferire in merito alla missione, domani
mi recherò alla sede pubblica della Umbrella per dare
un’occhiata, agli occhi di tutti sarò solo il
nuovo agente mandato dopo alcuni incidenti di cui chiederò
più informazioni domani per non sembrare troppo impreparato.
Se
davvero come sospettiamo stanno nascondendo qualcosa dovrò
fare le domande giuste alle persone giuste per non farmi scoprire.
Vi
terrò informati.
Se
le cose si mettessero male, se venissi scoperto e la missione fosse
compromessa sono pronto a sparire dalla circolazione, non so per
quanto, il tempo necessario immagino.
Questo
però sarebbe una prova sufficiente a rendere fondati i
sospetti.
Se
subentrano novità o problemi informatemi, o riferite al
capitano Wesker.
Vittoria
agli Assassini.
Hastings Shaun
Avrebbe voluto
scrivere qualcosa di più, gli stava nascondendo cose forse
importanti, ma era meglio così per il momento.
Avrebbe anche
voluto salutarli in modo più informale, come era giusto dal
momento che erano la sua famiglia, ma anche questo non poteva, non un
rapporto sulla missione in corso.
Spense con un
sospiro e si diresse sulla piccola veranda davanti a casa osservando la
via ormai buia, gli effetti del fuso orario si stavano facendo sentire
, si sarebbe infilato subito sotto le coperte ma aveva
l’abitudine di uscire prima di andare a letto da quando era
solo un bambino.
Lo rilassava,
l’aria fresca sul volto, il cielo puntellato di stelle nelle
notti limpide, quella pace che tanto cercava da una vita.
Il quartiere era
tranquillo, le luci e le voci della casa a fianco lasciavano intendere
che erano tutti riuniti, magari dopo una giornata di lavoro, coi figli
a giocare o a guardare un po’ di televisione.
Aveva intravisto
prima di uscire quella famiglia, sembrava così normale e
ignara di tutto.
Magari come in
certi film che aveva visto sarebbero arrivati a presentarsi il giorno
seguente.
“Se mi
trovano in casa...”
Mormorò
con un sorriso prima di rientrare e dirigersi in camera.
In lontananza gli
parve di sentire un ululato ricordandosi solo dopo di non essere
lontano dallo zoo cittadino.
Magari sarebbe
andato a visitarlo, un giorno o l’altro.
“Benvenuto
a Raccoon City, Shaun.”
Si disse
infilandosi sotto le coperte e chiudendo gli occhi.
L’ululato
intanto si era interrotto di colpo con un lamento che nessuno
potè sentire.
“Se
è sempre così semplice riusciremo a risolvere il
problema entro poco.”
“Non
sono mai semplici le cose, Redfield. Mai.”
Note
dell'autrice: Per
la serie "A volte ritornano" eccomi qui!
Qualche tempo fa
ho riletto "Research" e non ho problemi ad ammettere che mi sono
spaventata!
Credo come sempre
quando rileggi una vecchia storia, sta di fatto che ho a cuore questo
CrossOver impossibile, assurdo, scardinato e tutto quello che volete,
così tanto a cuore che non me la sento di abbandonarlo nel
dimenticatoio come succederebbe.
Così
mi sono armata di pazienza, molta pazienza, e ho iniziato a riscrivere.
Prima era tutto
concentrato, non aveva il filo logico che seguivo nella mia testa.
Stavolta temo di
aver esagerato con le descrizioni, mi ero preparata una scaletta divisa
in punti da seguire e comunque il finale è andato per conto
suo ma non posso lamentarmi troppo, mi piace stavolta, per il momento
almeno.
Se qualcuno non
avesse letto la prima versione qui metto un link alla pagina di
facebook con un paio di spiegazioni riguardo i personaggi originali
(tranquilli, sono pochi e non sono così rilevanti, non per
il momento almeno.)
Precisazioni
Spero vi abbia
incuriosito almeno un poco.
A presto! (Spero.)
Bye Bye~
Aki
Campagna di Promozione
sociale - Messaggio No Profit
Dona
l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai
felice milioni di scrittori.
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Capitolo 2 *** Umbrella Corporation Office and Research Facility ***
Umbrella Corporation Office
and Research Facility
Il suono ritmico
della sveglia riportò alla realtà il giovane
inglese svegliandolo da un sonno senza sogni, cercò con la
mano l’oggetto sul comodino facendo prima cadere la pistola e
poi accendendo l’Abat-jour prima di riuscire ad afferrare
l’oggettino che stava facendo un rumore infernale per poi
spegnerlo con un sospiro.
Si mise a sedere con uno sbadiglio afferrando gli occhiali e
posandoseli sul naso, si guardò intorno quasi spaesato,
ancora troppo addormentato per collegare tutto, in fondo erano solo le
6 del mattino.
Si stiracchiò alzandosi dal letto prima di tornare indietro
e rimettersi a dormire, gli avevano detto di presentarsi alle 8 per
vedere come se la cavava con la pistola e, a quel pensiero,
già immaginò la spaventosa figuraccia che ci
avrebbe fatto.
Sapeva usarla, questo sì, un paio di volte Richter gli aveva
insegnato, questo non voleva dire che avesse mira.
Entrò in bagno cercando di scacciare quel pensiero fino al
momento del giudizio, aprì l’acqua e
spostò la tenda tornando in camera a cercare gli asciugamani.
Aveva appena aperto l’armadio che un rumore metallico
improvviso lo fece sobbalzare di colpo, si voltò correndo
verso il bagno per vedere semplicemente che l’asta che
avrebbe dovuto tenere la tenda si era staccata cadendo nella vasca.
Per un attimo rimase fermo sulla porta chiedendosi se la casa fosse
stata effettivamente ristrutturata o se si fossero limitati a
verniciare l’esterno e gli interni giusto per renderla un
po’ più accogliente.
Spostò l’asta abbandonandola nel corridoio, viveva
da solo in fin dei conti, una tendina attorno alla doccia non faceva
quella gran differenza, non c’era nessuno che potesse entrare.
“A meno che non arrivino dei ladri proprio mentre sono qui
dentro...”
Commentò chiudendo comunque la porta, più per
abitudine che altro, e iniziando la doccia.
Certo, poteva metterci tutto il tempo che voleva in quel momento, senza
che nessuno si lamentasse che doveva entrare, o che ci stava mettendo
troppo, o qualunque altra cosa.
Senza che Dorian inizi
con gli agguati per poi concludere con un innocente “avevo
dimenticato la saponetta”... davanti a mio padre!
Pensò, anche se in fondo quello gli mancava, ma non sapeva
dire se era per Dorian o per le diverse espressioni del padre.
Uscì coprendosi con l’asciugamano e tornando in
camera a cercare la divisa che il giorno prima gli avevano dato.
La maglia gli andava anche bene, i pantaloni erano quasi lunghi, ma in
quel momento non poteva certo mettersi li ad accorciarli, li
arrotolò una o due volte prima di infilarsi gli stivali,
prese la giacchetta verde e la pistola prima di andare in cucina per la
colazione.
Da buon inglese che si rispetti non poteva fare a meno del tea,
specialmente se caldo, di prima mattina, aveva imparato presto che la
tradizione del tea alle 5 non era compatibile con il loro tipo di vita,
ma non poteva rinunciarvi.
Come non rinunciava allo yoghurt, era più forte di lui.
Mise il pentolino sul fuoco e si avvicinò alla finestra
spostando leggermente le tende.
Nel micro vialetto, mezzo metro scarso, che separava il cancello dalla
porta di casa, era arrotolato il giornale, per un attimo la cosa lo
stupì, erano tutte scene da film che in quel momento lo
divertivano.
Andò a recuperare il giornale guardano la via silenziosa nel
primo mattino.
Raccoon City Times.
Rientrò in casa aprendo il giornale sul tavolo magari
c’era qualcosa riguardo a quanto successo il giorno prima.
Ragazza
aggredita nel parco.
Si parte bene.
Pensò riempiendo la tazza e tornando a leggere la prima
pagina del giornale.
Aggredita durante la
notte nel parco a est della città mentre rincasava da sola.
La giovane afferma che
si trattava di un cane di grossa taglia che le è balzato
addosso da un cespuglio.
“Sembrava
coperto da una patina viscosa quando ho cercato di spingerlo
lontano.”
Riferisce.
Fortunatamente la
giovane ha riportato solo morsi e graffi superficiali e
verrà presto dimessa.
Il capo della polizia
Irons ricorda a tutti i padroni di cani di tenerli in casa o legati
durante la notte e di munirsi di museruole.
La S.T.A.R.S. intanto
continua a lavorare per mantenere sicura la città da queste
aggressioni che continuano ormai da 2 mesi.
Continua a pagina 3
→
Shaun rimase fermo con la tazza, con una rovinata stampa della sua
amata bandiera, in mano sollevata e vicina alle labbra senza
però bere nemmeno un sorso, completamente rapito
dall’articolo.
Posò la tazza su un lato e girò alla pagina
leggendo l’articolo completo, certo non gli dava risposte ma
era un passo avanti, magari il cane che aveva cercato di sbranarlo era
lo...
“No... Il Capitano gli ha sparato...”
In ogni caso non poteva essere solo una coincidenza, anche per quella
patina viscosa, anche se non poteva esserne sicuro.
Le altre notizie erano pressoché normali, le solite cose che
si leggevano sui giornali, riprese la tazza bevendo lentamente mentre
leggeva qua e là, saltando da un paragrafo
all’altro senza darvi troppo peso.
Chiuse il giornale lasciando la tazza nel lavandino e afferrando la
giacca notando uno scarabocchio sull’etichetta interna.
Chris.
Ridacchio piano prendendo le chiavi e uscendo facendo un leggero saluto
ad un vicino che si era voltato verso di lui in quel momento.
Salì sulla jeep controllando di avere tutto con
sé prima di partire, una figuraccia sarebbe stata abbastanza.
Guidando verso la centrale lanciò un’occhiata alla
sede della Umbrella, la tentazione di fermarsi subito era forte ma non
avrebbe avuto giustificazioni se fosse arrivato in ritardo.
“A più tardi, miei bei presunti templari, godetevi
la vostra libertà, finchè
l’avete.”
Sussurrò premendo sull’acceleratore.
Era presto, il cielo sereno come forse non gli era mai capitato di
vedere, o non ricordava.
Prima di uscire aveva dato uno sguardo allo specchio, anche la maglia
forse gli stava grande, non che Redfield, perché ormai
sapeva che quei vestiti erano suoi, fosse molto più grande
di lui, però sicuramente aveva più muscoli, cosa
che a lui mancava in effetti.
Parcheggiò nel posto del giorno prima guardandosi attorno,
non c’era anima viva, a parte un paio di persone che facevano
jogging e alcuni studenti che rincorrevano l’autobus
sbracciandosi.
“Non sarò in ritardo mi auguro.”
Sussurrò scendendo e facendo per attraversare la strada
quando una macchina gli sfrecciò davanti voltando e
infilandosi nel posto vuoto accanto alla jeep dell’inglese.
In tutto quel frangente durato poco più di 2 secondi, Shaun
aveva avuto il tempo di vedersi investito, recuperare la
lucidità e saltare nel baule della jeep facendo spuntare
solo il volto e le mani, artigliate al bordo del mezzo.
La portiera si spalancò e il giovane potè tirare
un sospiro di sollievo quando vide chi era sceso, almeno non era in
ritardo.
Uscì lentamente dal bagagliaio facendo un cenno di saluto a
Chris che però non pareva così incline in quel
momento e attraversava la strada borbottando qualcosa di non ben
identificato senza guardare la strada.
Girò la testa solo quando il rumore del clacson lo
risvegliò dai suoi pensieri poco prima di ritrovarsi disteso
a terra davanti alla porta della base mentre il furgoncino sbandava e
il conducente lanciava una serie non calcolabile di insulti verso i due
giovani agenti.
“Volevi farti ammazzare?!”
Sbottò il più giovane alzandosi e fulminando
Chris, non che fosse veramente arrabbiato con lui, gli sembrava solo un
incosciente, e idiota, all’ennesima potenza.
“Prima quasi tiri sotto me e poi non guardi mentre
attraversi! Ma si può sapere dove hai la testa?!”
Redfield lo guardò senza rispondere, si alzò
scrollandosi la polvere di dosso e aprendo la porta per poi richiuderla
senza aspettare il ragazzo che, ancora fuori, fumava di rabbia.
Si alzò dando un’ultima occhiata alla strada, il
camioncino aveva lasciato una striscia scura sulla strada sbandando, ma
alla fine era sparito, si tolse la povere di dosso ed entrò
a sua volta.
“Cos’è successo?”
Shaun spostò lo sguardo verso l’uomo davanti a
lui, avrebbe potuto dire chiaramente che riteneva Redfield un idiota
con la testa ancora attaccata per miracolo, ma se già aveva
raccolto l’antipatia generale questo non lo avrebbe aiutato.
“Una macchina correva troppo, nessuno si è fatto
male, non si preoccupi.”
Si avvicinò di più a Wesker in modo che la sua
voce non fosse sentita da tutti gli agenti nella stanza.
Aveva appena aperto bocca che una voce alle sue spalle lo interruppe
senza dargli tempo di dire nulla.
“Vieni con me. Voglio vedere quanto male te la cavi con la
pistola.”
L’aveva dimenticato, era il momento della figuraccia.
“Saremo solo noi rilassati.”
Disse con tono più gentile dopo averlo portato in una stanza
sul retro chiudendo la porta e accendendo le luci.
C’erano due solo bersagli raffiguranti una figura umana, era
una stanza discretamente piccola, con una finestra sul lato opposto
alla porta.
“Hai mai sparato ragazzo?”
“Shaun.”
Precisò, iniziavano a dargli sui nervi le persone che lo
chiamavano ragazzo, come se non sapessero il suo nome.
“Comunque... Non proprio. Il Capitano Richter aveva cercato
di insegnarmi qualcosa ma... Mio padre non era molto
d’accordo.”
E mai cercare di andare
contro Lucas.
“Tieni, usa questa.”
Barry gli passò una pistola presa dal tavolo.
“Vediamo un po’... sai caricarla?”
Di questo era abbastanza sicuro, annuì afferrando al volo il
caricatore che gli lanciava l’uomo e inserendolo.
“Ora mira e spara alla testa.”
Puntò la pistola davanti a sé, tenendola con
entrambe le mani e mirò alla testa della sagoma.
Pochi istanti prima di far fuoco il caricatore si sfilò
malamente cadendogli davanti e lasciandolo congelato sul posto con
espressione poco convinta, nonché imbarazzata, senza
abbassare lo sguardo.
Si chinò a prenderlo inserendolo nuovamente, e sperava nel
modo giusto sparando un primo colpo.
“Ho detto testa ragaz-... Shaun.”
Lui annuì cercando di capire perché nonostante
mirasse alla testa avesse sbagliato di così tanto andando a
colpire il muro circa un metro sopra la figura.
Solo al sesto colpo riuscì a colpire, più o meno,
la testa della figura.
“Con un po’ di pratica andrà
meglio.”
Lo consolò Barry battendogli una mano sulla spalla mentre
posava la pistola sul tavolo.
“La verità è che sono pessimo, Barry,
ammettilo. Dovrei stare dietro ad una scrivania, non con una pistola in
mano.”
Ritornò nella stanza adiacente sperando di poter finalmente
parlare con Wesker, magari era anche per quei pensieri che era stato
così distratto.
Su un tavolo era aperto il giornale sulla stessa pagina che aveva
catturato la sua attenzione quel mattino.
“È come quello di ieri pomeriggio?”
Azzardò lanciando un’occhiata al diretto
interessato indicando poi il giornale.
“Che cos’è?”
Chiese senza aspettare la risposta, attento a come lo chiedeva, ora non
avrebbe avuto modo di ingannarlo rispondendogli “un
cane”.
“Problemi che di sicuro non riguardano un ragazzino come
te.”
Si voltò lentamente verso Chris, quel giovane riusciva a
mettere a dura prova la sua pazienza già da quando era
arrivato.
“Se devo restare qui ho tutto il diritto di sapere cosa
succede.”
“Faresti meglio a fare le valige e a tornartene a casa. Non
sei arrivato qui sicuramente per aiutarci e qualunque cosa tu debba
fare è sicuramente inutile. Cosa sei? Una specie di
giornalista venuto male?!”
Per un attimo fu tentato dal raccontare tutto, o quasi almeno, quello
che faceva, quello che era la sua vita, le sue lotte, la Confraternita
in cui era nato e cresciuto e che gli aveva inculcato nella mente un
credo.
E delle regole.
Regole che gli impedivano rivelare a degli sconosciuti ciò
che faceva, doveva fidarsi davvero per non rischiare di incappare in un
qualche agente Templare non ancora riconosciuto.
Avrebbe voluto dire tutto a quella squadra, dimostrare che si fidava di
loro, cosa che effettivamente faceva, così che loro
potessero fidarsi di lui.
“Ho già detto che a questo proposito non avremmo
fatto domande Redfield.”
Intervenne Wesker interrompendo il flusso di pensieri.
“E se facesse parte di quelli,
Capitano?!”
Sbottò fissandolo con astio.
“Magari sa tutto ed è un bravo attore! Lavora per
loro e tutto questo è opera sua!”
Fece un gesto ampio con la mano per poi sbatterla sulla scrivania.
Wesker si avvicinò facendo zittire immediatamente il
più giovane sovrastandolo e osservandolo da dietro gli
occhiali scuri.
Non disse una parola ma quell’occhiata bastò a
zittire Chris sull’argomento, si era spinto troppo oltre con
le accuse che Shaun non aveva nemmeno capito.
Il capitano diede un paio di ordini lasciando tutto sotto la
supervisione di Barry prima di prenderlo per un braccio e trascinarlo
indelicatamente fuori dalla base.
Una volta che la porta fu chiusa e i due solo sul marciapiede si
concesse un sospiro osservandolo.
Il volto di Shaun era la personificazione di un enorme punto
interrogativo.
Aveva così tante domande da non saper nemmeno da dove
iniziare, avrebbe dovuto infilare la mano nella sua testa ed estrarne
una da cui partire, ma, scientificamente parlando, era alquanto
impossibile.
“Non so cosa siano davvero quegli animali.”
Ammise appoggiando le spalle al muro della struttura.
“So che non sono più animali e fanno anche troppi
danni. Sospettiamo che dietro a tutto ci sia la Umbrella, ma non
abbiamo nessuna prova certa. Quello che facciamo al momento? Diamo la
caccia a quelle bestie prima che attacchino e speriamo di trovare una
traccia, qualcosa che ci porti ai responsabili.”
Shaun si era seduto sul bordo del marciapiede con la testa rivolta
verso l’uomo, ascoltandolo attentamente.
“Prima erano cani mi ha detto.”
Wesker annuì.
“E ora sono... Bestie rabbiose. A che scopo tutto
questo?”
Domandò alzandosi e scuotendo la testa con un mezzo sorriso.
“No, meglio non chiederselo, sa? Voglio potervi aiutare,
davvero. Devo studiare la Umbrella per questioni diverse ma... Ma ora
che sono qui non posso far finta di niente, non riesco. E se riguarda
la Umbrella allora riguarda anche me.”
“Io non ho mai detto di volerti tenere fuori.”
Precisò il biondo.
“Certo, sei sotto la mia responsabilità per ovvie
ragioni, ma ormai l’hai detto anche tu, ci sei dentro, e non
si scappa.”
Shaun sorrise a quell’affermazione, per quanto non si
ritenesse molto utile avrebbe fatto il possibile.
Infilò una mano in tasca estraendo un ragnetto meccanico
mostrandolo all’uomo, premette leggermente un pulsante sull
superficie e le zampette robotiche si mossero rizzandolo sul suo palmo.
“Cimici mobili create appositamente per questa missione dal
Capitano Richter. Veri e propri gioiellini, si infilano ovunque e
riprendono ogni cosa nel raggio di 10 km, le voci... Beh, si limitano a
due metri... Non mi guardi così Capitano! Non posso farci
niente io. Comunque si ricaricano nelle prese di corrente,
automaticamente. Che ne pensa di questo piccolo aiuto Made in England?”
“Te lo sei studiato a memoria?”
Shaun arrossì leggermente chiudendo la mano e infilandosi il
robottino in tasca.
“Questo non è importante. C’è
qualche posto che vuole controllare di preciso?”
Wesker scosse la testa, per un attimo il modo di parlare del giovane
gli aveva ricordato quello del suo vecchio amico Richter, ogni volta
che descriveva qualcosa iniziava a parlare a macchinetta e non
c’era verso di fermarlo se non alla fine, quando si fermava a
riprendere fiato.
“Non preoccuparti di quello. Se devi andare ora sei libero di
farlo. Appena avrai preso dimestichezza con la pistola verrai con
noi.”
Appena potrai renderti
utile verrai.
Tradusse mentalmente il giovane annuendo e tornando
distrattamente in macchina.
Il pensiero di quella mattina lo accompagnò anche mentre
accendeva il forno e vi infilava quello che, secondo la scatola, erano
crepes al prosciutto e formaggio.
Non poteva dire di non capire Chris, aveva tutte le ragioni per essere
sospettoso, ma sicuro accusarlo a tutto spiano senza dargli il tempo di
aprir bocca per ribattere non era il modo di intavolare una
conversazione civile.
L’altra cosa che aveva in mente erano i modi di fare di
Wesker.
Capitano Wesker.
Si auto corresse.
Stando a quello che Richter diceva doveva essere una persona sempre
seria, che pensava sempre e solo al lavoro e ai suoi interessi.
E che non sarebbe stato troppo strano se avesse avuto doppi, tripli,
addirittura quadrupli fini, l’unica cosa di cui era sicuro,
parole sue, era che non lo avrebbe tradito.
A meno che non gli fosse stato fatto il lavaggio del cervello, e dai
Templari si dovevano aspettare di tutto.
Invece fino a quel momento era stato gentile, quel mattino soprattutto,
si era preso il tempo di spiegargli a grandi linee la cosa, molto
grandi, ma almeno non brancolava nel buio chiedendosi cosa fossero.
Mangiò lentamente, non troppo convinto dal sapore del
pranzo, accendendo il televisore un attimo, giusto per
curiosità, la mente rimaneva comunque altrove.
In parte rivolta a casa, in parte, gran parte, rivolta alla visita di
quel pomeriggio, alla Umbrella.
Doveva fare attenzione, anche se l’aspetto del novellino
agente della S.T.A.R.S. era credibile, soprattutto la parte del
novellino.
La sede pubblica non era lontano da casa, infilò la pistola
nella fondina e riempì le tasche di ragnetti robotici
facendo attenzione a non attivarli accidentalmente, l’ultima
cosa che voleva in quel momento erano le loro zampette appuntite che
affondavano nella sua carne.
Sapeva con esattezza dove andare e cosa cercare, aveva visto dove si
trovava l’entrata e non sarebbe stata troppo strana la sua
presenza, dopotutto.
C’era solo una cosa negativa, in tutto quello, non aveva
trovato una piantina che gli mostrasse com’era strutturata la
sede.
“Andrò a caso... Col senso
dell’orientamento che ho....”
“Sei già perso perché quello
è l’accesso dei dipendenti. Felice di rivederti,
Shaun.”
Il giovane si voltò con la mano già sulla
maniglia e osservò la ragazza dietro di lui.
“Accesso dei dipendenti... Come poliziotto faccio proprio
schifo in fatto di orientamento.”
“Sei nuovo, ti abituerai. Vieni, ti faccio vedere
l’entrata.”
Si avviò facendogli segno di seguirla, Shaun
camminò dietro di lei guardandosi attorno per memorizzare
ogni cosa.
Una sfera grigia scivolò a terra rotolando senza far rumore,
nel momento in cui toccò il suolo sei astine metalliche
uscirono sollevandola e facendola zampettare via nel cortile della
Umbrella Inc.
“Accesso dei
dipendenti, un buon punto di partenza.”
Pensò nascondendo un sorriso, avrebbe potuto dire di averlo
fatto volontariamente ma la verità era che davvero aveva
sbagliato, non tutto il male finiva col nuocere, almeno.
“Ecco, si entra qui. Cerca di non perderti anche
dentro.”
“Nel caso la bella principessa arriverà in
soccorso del povero poliziotto disperso.”
“Non credo di aver tempo, mi dispiace.”
La salutò entrando e guardandosi attorno, l’atrio
era grande, per non dire enorme, gente che andava, che veniva, e per
terra, proprio al centro della stanza, il logo dell’azienda.
Rimase alcuni minuti fermo, vicino all’entrata, osservando
principalmente quello, gli sembrava di aver già visto una
cosa simile, un logo che occupava l’intera superficie di un
ascensore, parecchi anni prima, ma sicuro quello non era il momento per
lasciarsi andare ai ricordi.
Lasciò scivolare in un angolo un’altra piccola
sfera che subito zampettò lontano nella folla poi
iniziò a girare per l’atrio e i vari corridoi
leggendo i cartellini sulle porte cercando di memorizzare il
più possibile, non c’era nessun nome che potesse
rivelarsi anche solo lontanamente familiare ma non poteva trascurare
nulla, e non poteva nemmeno ricordare a memoria ogni singolo nome.
“C’è qualche problema, agente? Uno dei
miei dipendenti è finito in qualche guaio?”
La voce arrivò alle sue spalle mentre guardava il cartello
che indicava la segreteria, si voltò sperando di non essersi
spaventato sentendosi preso alla sprovvista.
“No... Ehm.. No nessuno... Credo...”
Osservò l’uomo in piedi dietro di lui cercando di
trovare una valida spiegazione al suo ficcanasare in giro per la
struttura.
“Sto cercando di... Orientarmi.”
“Capisco. Devi essere il nuovo agente, ho sentito il Capo
della polizia parlarne.”
Shaun annuì leggermente, sembrava una persona gentile, uno
di quelli sempre eleganti e a modo ma con una scintilla negli occhi,
qualcosa di sveglio, quasi geniale, qualcosa che non riusciva a
decifrare veramente.
“James Marcus, sono il direttore della Umbrella
Inc.”
Si presentò stringendogli leggermente la mano con un sorriso
cordiale cercando di ignorare gentilmente l’imbarazzo e il
disagio del giovane.
“Sono più che certo che farai un ottimo lavoro
agente Hastings.”
Shaun rimase fermo seguendolo con lo sguardo finchè non
sparì dalla sua visuale, James Marcus non era un nome
così sconosciuto, comune, certo, ma non sconosciuto.
Devo sapere di
più.
Non fece caso al fatto di non essersi presentato, aveva detto che il
Capo della polizia Irons aveva parlato di lui quindi era logico che
sapesse il suo nome.
Aveva percorso un corridoio intero seguendo il cartello che indicava il
bagno prima di fermarsi con espressione sconvolta pur cercando di non
darlo troppo a vedere.
“Il Capo Irons non sa niente del mio arrivo!”
Esclamò tappandosi subito la bocca pregando che nessuno lo
avesse sentito, si affrettò lungo il corridoio e si
infilò nella porta con disegnato l’omino, ci
mancava solo sbagliare anche bagno a quel punto.
Non c’era nessuno e questo gli dava un minimo di vantaggio,
controllò che non ci fossero telecamere di sorveglianza
anche lì, per quanto assurdo potesse essere non doveva dare
nulla per scontato a quel punto.
Una volta sinceratosi della neutralità della zona
lasciò scivolare a terra le piccole sfere che, a contatto,
si aprirono allungando le zampette metalliche e schizzando in ogni
direzione infilandosi ovunque potessero, ognuna in una direzione
differente dall’altra.
Anche questa era una delle caratteristiche, i sensori rilevavano la
presenza delle altre cimici e cambiavano direzione verso una zona non
controllata.
“Quell’uomo pensa sempre a tutto.”
Disse con un sorriso giusto un attimo prima che un dipendente entrasse,
velocemente finse di essere intento a sistemare la divisa e, con un
cenno veloce e rispettoso, uscì nuovamente sul corridoio.
Si fermò solo un momento voltandosi verso la telecamera di
sorveglianza in un angolo, Rimase alcuni secondi a fissare il pallino
rosso che la dichiarava in funzione e, per un attimo, gli parve di
sentirsi osservato da vicino, molto vicino, più di quanto un
normale addetto alla sorveglianza potesse fare, come se qualcuno o
qualcosa sapesse che era lì e lo guardava.
Distolse lo sguardo scuotendo la testa quasi a chiedersi il
perché di quel gesto e si diresse verso l’uscita.
Si fermò in un negozietto aperto 24/24 per comprare alcune
delle cose frantumate il giorno prima per poi di rientrare a casa.
Impostò il computer su una schermata che mostrasse in tempo
reale le riprese delle cimici che vagavano indisturbate per la
struttura, poi aprì la posta.
Come era prevedibile il suo superiore non aveva risposto, non che fosse
qualcosa di eclatante, era solo per confermare l’arrivo.
“Come se non lo sapesse...”
Sussurrò aprendo la nuova pagina.
From:
Hastings
Shaun
To:
Richter Angus
Subject:
Report 2
10 delle nostre cimici
mobili sono attive all’interno della sede della Umbrella
Corporation.
Non posso monitorare
ogni singolo video 24/24 ma se ci sono incongruenze o sospetti
riuscirò a trovarli.
Uno di essi ha
già un nome.
James Marcus.
È il
direttore della casa farmaceutica, l’ho incontrato per caso
durante la visita di oggi.
Non so il
perché di questi sospetti ma il nome non mi è
nuovo, se è presente in archivio richiedo la sua scheda per
regolarmi di conseguenza.
Qualcosa questa
città, e la Umbrella in particolare, nasconde, ma non so
dire cosa per il momento.
In attesa di differenti
ordini proseguo con la missione attuale.
Vittoria agli Assassini.
Hastings Shaun
Inviò e chiuse la pagina, si tolse gli stivali e
uscì dalla stanza in silenzio, non sapeva più a
che ora cenare, non che avesse troppa fame a dire il vero,
optò per un panino fatto al volo buttandosi sul divano e
saltellando da un programma demenziale, ad un film, ad una serie tv
solo per passare la serata.
“Il nome non
è presente in nessuna delle cartelle, signore.”
L’uomo seduto
dietro la scrivania, con le mani incrociate davanti al mento non si
scompose, anzi, sorrise.
“Lascia qui
tutto ciò che riguarda il Progetto P. e ritirati.”
“Sì,
signore.”
Quando la porta si
chiuse gli occhi dell’uomo scintillarono di una luce sinistra
mentre posava la mano su un fascicolo TOP SECRET.
“Tutto procede
secondo i piani.”
Note dell'autrice:
Finalmente dopo quasi un mese sono riuscita a concludere il secondo
capitolo!
Alcune parti sono più difficili di altre, quello che conta
è essere riuscita finalmente a concluderlo.
Ora, so che Marcus dovrebbe essere morto a questo punto della storia,
ma facciamo conto che... boh.. un clone? xD *non ha voglia di andarsi
ad inventare un personaggio che avrebbe una qualche rilevanza
così, su due piedi...*
Aggiungo anche stavolta un link alla pagina facebook, non è
troppo importante ma... è giusto per farsi un'idea di come
sono quelle adorabili cimici *corrompe Richter per averne una almeno*
Cimici
Mobili
Detto questo anche per stavolta mi eclisso... a presto (speriamo
davvero!)
Bye Bye~
Aki
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Capitolo 3 *** Settore Alpha ***
Settore Alpha
“Sarebbe
inumano. Gli ultimi risultati hanno dato una sola
risposta. La morte!”
“Procedete
dottore.”
“Non posso
permetterglielo!”
“Le sue
cellule hanno reagito bene, si sono fuse al Progenitor senza venir
distrutte.”
“Una provetta
non è un corpo.”
“Le
possibilità che il soggetto sviluppi capacità
rigenerative di alto livello da subito sono
dell’87.32%.”
“È
un bambino! È solo un bambino, non potete fargli
questo!”
“Le
probabilità che il suo corpo e il cervello subiscano danni
sono praticamente nulle.”
“Lo
trasformerete in un’arma.”
“Corvo, mio
vecchio amico... Non è forse ciò che siete tutti
voi? Delle armi? Lui sarà solo più forte. Vi sto
facendo un regalo, un grandissimo regalo contro i vostri
nemici.”
“Tu sei uno di
loro, immagino.”
“Sono dalla
parte del più forte, io. Ma... Se tu vuoi avere anche solo
la più piccola possibilità di ritornare a casa
dovrai procedere. Solo in quel caso la mia bocca sarebbe sigillata,
assassino. E ora, vogliano vedere quanto una creatura così
fragile e piccola può essere forte e cambiare le sorti
dell’umanità?”
Quando Lucas entrò in camera temette di aver sbagliato
stanza, un vetro azzurro trasparente si alzava dal pavimento fino al
soffitto.
“Luke! Puoi entrare, passaci pure attraverso non si rovina!
Ma stai attento ai cavi per terra.”
La testa del compagno spuntò da sotto un tavolo con uno dei
suoi soliti sorrisi prima di ritornare sotto il tavolo ad armeggiare
con un cacciavite.
Guardando a terra e cercando di non pestare nulla lo scienziato
raggiunse il divanetto posando i documenti che gli riempivano le mani.
“Tutto questo... Cosa sarebbe per
curiosità?”
Un attimo dopo su quello schermo improvvisato apparve lo scheletro che
somigliava vagamente ad un elicottero, molto più piccolo,
senza coda ed eliche, insieme ad alcuni rettangoli intorno pieni di
scritte.
“Seriamente Richter... Cos’è tutto
questo?”
L’uomo armato di cacciavite saltò fuori da sotto
al tavolo ammirando la stanza con un sorriso da un orecchio
all’altro.
“Il mio ultimo progetto! È una settimana che ci
lavoro.”
La voce non nascondeva per niente l’entusiasmo ma tra lo
scheletro virtuale e il renderlo qualcosa di effettivamente funzionale
c’era una gran differenza.
In 2 anni di matrimonio e una vita intera conoscendolo Lucas aveva
imparato a non mettere mai in discussione i suoi progetti.
Solo una volta, ma solo perché si era messo in testa di
voler costruire una macchina del tempo.
“Che sia un progetto lo vedo, ma non capisco cosa sia.”
Sottolineò senza spazientirsi.
“Un’aeronave. O meglio, una navetta che
andrà ad integrare un’aeronave più
grande!”
Batté un dito su una freccia e l’immagine
cambiò, erano come le diapositive dei proiettori, con la
differenza che non vedeva nessun proiettore, non si intendeva di quelle
cose, usava il computer per quello che gli serviva e basta.
Una versione molto più grande era apparsa in mezzo alla
stanza seguita da altri rettangoli e frecce.
“Non so ancora che nome darci ma sarà la cosa
più grandiosa e fantastica che
costruirò!”
Lucas sospirò riprendendo in mano le sue carte.
“Hai guardato Star Trek per l’ennesima
volta?”
Domandò notando una vaga somiglianza tra quel nuovo progetto
e l’Enterprise.
“Non intendo andare nello spazio, per il momento, voglio solo
avere un modo per poter fuggire più velocemente se fosse
necessario, e temo che lo sarà.”
Il tono improvvisamente serio fece alzare lo sguardo allo scienziato di
7 anni più giovane.
“Per un po’ saremo al sicuro qui, Rich. Non
c’è alcun pericolo immediato.”
“Dove è stato messo il fascicolo di
Marcus?”
Lo sguardo dell’uomo si fece più curioso e attento
a quella domanda così scollegata dall’argomento di
prima.
“In archivio con tutti gli altri fascicoli. Marcus
è morto in ogni caso, non vedo perché dovremmo
preoccuparci di...”
L’immagine dell’aeronave scomparve e, al suo posto,
il meccanico aprì la casella postale con l’ultimo
rapporto evidenziando la parte che lo interessava.
James Marcus.
È il
direttore della casa farmaceutica, l’ho incontrato per caso
durante la visita di oggi.
“James Marcus è morto.”
Sottolineò ancora lo scienziato alzandosi e avvicinandosi
allo schermo.
“Tutto questo non è possibile, non può
essere sopravvissuto all’esplosione dello stabilimento,
Richter, non può.”
“Un sosia allora?”
Lucas sospirò ancora senza saper bene cosa rispondere.
“Conoscendoli come li conosciamo? Non mi sento in grado di
escludere nulla... Ma Marcus era nella lista dei morti quel
giorno.”
“Eppure ha appena detto che si è presentato come
il direttore.”
“È un clone. Discussione chiusa Rich! Marcus
è morto.”
Il compagno lasciò perdere con un sospiro, Lucas odiava
quell’uomo, e ne aveva tutte le ragioni dopotutto.
“Credi che Shaun abbia collegato il logo della Umbrella a
quegli uomini che ci danno la caccia?”
Domandò mentre spegneva lo schermo e la luce artificiale
della lampadina illuminava la stanza, un bianco accecante rispetto
all’azzurro di poco prima.
“Non è stupido, lo sai... Ormai avrà
capito che non è una coincidenza.”
“Cosa accadrebbe se scoprisse quella
cosa?”
Lucas Hastings scosse la testa rimuovendo quel pensiero dalla sua
mente, non voleva credere possibile che quella vecchia storia ormai
sepolta potesse tornare a galla.
“Non può scoprirla, qualunque cosa accada... Mi
sono impegnato tutta la vita a tenerla nascosta e non sarà
sicuramente una stupida copia a mandare all’aria ogni
cosa.”
Concluse con tono arrabbiato poco prima di venire stretto in un
abbraccio dal compagno, probabilmente in un tentativo di farsi
perdonare per aver tirato in ballo quell’argomento pur
sapendo che era un pericoloso tabù.
Si strinse in quell’abbraccio, con una strana paura addosso,
come se potesse veder svanire tutto definitivamente, gli uomini che gli
davano la caccia non erano templari, o se li erano non lo sapevano
ancora.
Li avevano sempre chiamati tali per non far capire a nessuno dei loro
Assassini chi fosse la vera preda, chi gli uomini dalla croce rossa e
bianca cercavano.
“Dici che quella tua aeronave riuscirà mai ad
alzarsi da terra a più di due metri per più di
dieci minuti?”
Domandò con un mezzo sorriso.
“Non ti fidi di me?”
Allargò le braccia sciogliendo l’abbraccio con
disappunto dell’uomo.
“Non solo volerà... Ma ci permetterà di
fare anche il giro del mondo se lo vorrai. Sarà armata e
protetta, potrà mimetizzarsi con qualunque cosa.”
Lucas annuì lasciandolo continuare a parlare di
quell’assurdo progetto che, se mai fosse andato veramente
in porto, e non ne era sicuro dal momento che sembrava una fusione tra
il T.A.R.D.I.S. e l’Enterprise, avrebbe potuto veramente
dargli una speranza di sopravvivere.
A qualunque cosa accadesse.
Da quando Shaun era in città erano passatemi quasi 3
settimane, in quel tempo i progressi erano stati pochi, quasi nulli.
Aveva avuto la conferma che Marcus era collegato ai Templari, se non
lui stesso un Templare ma non aveva potuto vedere il fascicolo.
Richter considerava rischioso mandarglielo in qualunque modo, avrebbero
potuto intercettarlo, risalire a lui e al loro nascondiglio, insomma,
non era sicuro e doveva farsi bastare le poche informazioni che gli
avevano mandato.
Come se cercassero di
nascondere qualcosa.
Pensò.
Non c’era solo quello ovviamente, le riprese
dell’Umbrella portavano tutte a dei punti morti, riunioni
aziendali, via vai di gente e esperimenti perfettamente leciti e tipici
di una casa farmaceutica che si rispetti.
Insomma, era tutto nella norma anche se il giovane non ci credeva per
niente.
“L’ennesimo incidente.”
La voce di Barry, appena entrato nella stanza, lo fece voltare con la
penna sollevata dal foglio.
“Mi ha appena informato il Capo.”
La voce dell’uomo suonava così ironica e
indignata, per non dire schifata, allo stesso tempo.
Brian Irons era il Capo della Polizia, dopo una gloriosa carriera nella
S.T.A.R.S., per quanto gloriosa possa essere in una città
dove, fino ad alcuni mesi prima il massimo che succedeva erano
incidenti stradali, non solo era nella polizia però, era
anche un politico, o almeno, lo sarebbe diventato presto, tutti in
città sapevano che concorreva per la carica di sindaco e, in
un modo o nell’altro l’avrebbe ottenuta.
Il punto non era quello però, lui credeva che si trattasse
di un serial killer, uno psicopatico, credeva che fosse opera di un
umano.
“Due uomini, appena fuori città. A quanto pare li
ha trovati un automobilista di passaggio.”
Wesker alzò un sopracciglio guardandolo dietro le lenti
scure come per incitarlo ad arrivare al punto.
“Sbranati da un animale selvaggio, un lupo o un
orso.”
Concluse mentre gli agenti si alzavano dal loro posto, sistemando le
pistole e aspettando ordini.
“Non dovrebbero esserci orsi quindi stiamo cercando dei
lupi.”
Precisò il Capitano poco prima che Barry lo interrompesse
nuovamente.
“Lupi con zampe enormi allora.”
Disse, Wesker lo ignorò ordinando di avviarsi e prestare la
massima attenzione a qualunque cosa ci fosse la fuori, non aveva
voglia, né tempo, di organizzare anche un funerale, e gli
agenti erano contati e sicuramente dopo quegli ultimi avvenimenti
nessuno avrebbe voluto essere trasferito lì.
Shaun esitò un attimo a seguirli, negli ultimi tempi era
migliorato ma un conto era una sagoma, un conto erano dei lupi, si
alzò comunque seguendoli, non pienamente convinto.
“Non credo potrai scriverlo a Richter questo.”
Commentò piano Wesker guardandolo, Shaun scosse la testa
piano mentre si dirigevano verso la periferia.
“Sono molte le cose che non gli scrivo, tutto quello che
riguarda questi incidenti. Credo che mi farebbero rientrare prima di
aver terminato la missione e ad essere sinceri non ne ho
voglia.”
Nonostante tutto però era quasi sicuro che Lucas sarebbe
stato interessato dalla cosa, almeno sotto un aspetto puramente
scientifico e professionale.
“Non la prenderanno bene a sapere che gli nascondi queste
cose.”
“Sono irrilevanti riguardo a quello che mi hanno detto di
fare, io eseguo gli ordini, non altro.”
Nel frattempo erano arrivati sul posto, i corpi erano stati portati via
e alcuni agenti di polizia erano ancora riuniti sul posto,
quanto più distanti potevano dalle macchie di sangue.
Ora che vedevano le foto il commento di Barry riguardo agli orsi aveva
senso, gli squarci che aprivano i due uomini non corrispondevano con le
dimensioni medie di un lupo.
“Sparate a vista e non allontanatevi, i lupi cacciano in
branco.”
Shaun era sempre meno entusiasta dell’idea di essere andato
con loro eppure, per una qualche strana ragione, sentiva di dover
essere lì.
La foresta di Raccoon City era strana, immersa nel silenzio, un
innaturale silenzio, ma c’era dell’altro, qualcosa
di strano e indescrivibile.
Qualcosa come un senso di inquietudine crescente, diverso dalla paura,
avrebbe voluto voltarsi e tornare in città ma qualcosa lo
costringeva a proseguire, ad addentrarsi nella foresta sempre di
più, e sicuramente non era un senso di dovere verso quella
squadra, non del tutto almeno.
Era qualcosa di più forte, che lo opprimeva e al tempo
stesso lo faceva proseguire, non avrebbe saputo spiegarlo in nessun
modo logico, era così e basta.
Cercava di non farci caso, di concentrare tutta la sua attenzione su
quello che lo circondava, i rumori, qualsiasi cosa, che possibilmente
non fossero i commenti nemmeno troppo velati di Redfield, sperava che
capisse, era la prima volta che li seguiva, ed erano a caccia di lupi,
se lui c’era abituato, e non riusciva a capire come potesse,
era un altro conto.
Shaun non aveva mi sparato veramente, Barry gli aveva insegnato e
poteva ritenersi soddisfatto, ma ad una creatura viva era diverso.
Come Assassino era troppo giovane per quello, le missioni in cui veniva
mandato erano solo di spionaggio, anche in quel caso doveva solo spiare
la Umbrella e invece si era ritrovato in una situazione che rasentava
il possibile e non se la sentiva di riferire tutto questo a Richter, se
le cose fossero peggiorate poteva tirarsi indietro, avrebbero capito, o
comunque ne sarebbero stati felici.
Un ululato lo distolse da quei pensieri facendolo voltare di scatto
fissando un punto non identificato della foresta, strinse la pistola
senza sapere bene se sparare o aspettare.
Alcuni rami si mossero lasciando cadere le foglie a terra,
indietreggiò di qualche passo mentre gli altri, al
contrario, avanzavano lentamente con le pistole puntate verso
l’albero, il ramo si mosse ancora, vacillò e si
ruppe poco dopo con un rumore secco mentre una bestia fin troppo grande
saltò a terra davanti a loro ringhiando.
Gli spari coprirono un ringhio più basso e un rumore alle
loro spalle di erba e ramoscelli secchi schiacciati da zampe pesanti e
grandi, non sicuramente di un lupo comune.
“Abbassati Jill!”
Shaun avrebbe voluto sparare verso quell’animale nel momento
in cui gli era scattato di fianco, quasi ignorandolo, per lanciarsi
sulla ragazza, ma era troppo veloce e il rischio di colpire lei era
alto, sperò che almeno fosse veloce abbastanza da non
volersi voltare a chiedere perché le aveva urlato di
abbassarsi.
Quando il lupo mancò il bersaglio atterrò a
fianco dell’altro guardando la squadra ringhiando
contrariato, Jill si rialzò veloce con un sospiro sollevato,
lanciò un’occhiata al più giovane come
ringraziamento silenzioso, bastava quello.
“È arrivata fino a qui, quanti altri animali
saranno in questo stato?”
Dalla domanda Redfield sembrava sapere molto più di lui, no,
tutti loro sapevano di più, non li biasimava per non averlo
messo al corrente, anche se la cosa lo irritava sotto certi aspetti,
come se di colpo fosse diventato invisibile.
Quello però non era sicuro il momento di mettersi a fare
domande, tenne lo sguardo fisso sui lupi senza abbassare la pistola.
Le bestie continuavano a ringhiare piano ma non avanzavano, forse li
stavano studiando.
“Perfetto...
Assolutamente perfetto. Una meraviglia, qualcosa di inestimabile e
così potente. E il merito è tutto tuo, mio caro
amico.”
“Colpa, non
merito.”
“Questo, tutto
questo, è il futuro.”
“Sono
pericolosi...”
“Sono
controllati, l’hai visto. Lui è il
futuro.”
Ciò che era più strano era che in quel preciso
istante non si difendevano nemmeno nel momento in cui i proiettili gli
arrivarono contro lasciando i due lupi modello extra large a terra
morti.
“Non hanno più attaccato, come se qualcosa li
bloccasse...”
“Ti consiglio di ringraziare la tua buona stella Redfield,
invece che domandarti perché non abbiano attaccato.”
Wesker si avvicinò alle creature osservandole senza
toccarle, Shaun mise via la pistola, come stavano facendo anche Jill e
Chris, ancora incuriosito e sconcertato dal comportamento delle due
bestie, mentre Barry controllava la zona attorno a loro, nel caso ci
fossero altri lupi, o animali impazziti.
Stava per avvicinarsi che qualcosa lo afferrò dalla giacca
costringendolo a girarsi .
In un attimo, reprimendo un urlo sicuramente poco consono alla
situazione, strinse di nuovo l’arma in mano puntandola a
quello che si rivelò essere semplicemente un cane.
Rimase fermo ad osservarlo senza abbassare l’arma, di cani ne
aveva già incontrato uno e la cosa non era andata molto a
suo favore, quello invece non faceva nulla, era fermo ad osservarlo,
non sembrava una minaccia, probabilmente non lo era.
Quando si decise a dargli un po’ di fiducia abbassando la
pistola, pur tenendola in mano, pronta all’uso, il cane mosse
la coda corta allontanandosi di poco e raggiungendo un secondo cane,
dal manto più scuro, accucciato a terra, ferito.
“Ehi! Che stai facendo!! Sei diventato pazzo
ragazzino?!”
La voce di Chris lo fece voltare dopo che si era avvicinato ai due
animali, doveva ammettere che poteva avere le sue buone ragioni di
essere in ansia, quei cani potevano benissimo essere pericolosi quanto
i lupi, anche se non li sembravano, e lui si stava fidando di cosa?
Il suo istinto.
E se avesse sbagliato e in quel momento gli fossero saltati addosso
uccidendolo?
Doveva ammettere di aver agito troppo impulsivamente, non si fidava
delle persone se non dopo diverso tempo, e si era fidato a due cani
randagi, selvatici probabilmente, per un solo sguardo?
“So difendermi Redfield, e sono anche in grado di giudicare
da solo cosa possa essere una minaccia per la mia vita e cosa
no.”
Ribatté tornando a guardare il cane ferito, probabilmente da
uno di quei lupi, mosse la mano verso quello, lentamente, il muso
scattò in alto di colpo, forse spaventato da quella
vicinanza così improvvisa.
Shaun non si mosse, continuò a guardarlo cercando di essere
il più tranquillo possibile, o, quantomeno, voleva
sembrarlo, non avvertendo alcuna minaccia il cane si lasciò
accarezzare.
“Oh ma per favore. Capitano gli dica qualcosa la
prego!”
Il secondo cane, in piedi vicino a Shaun si voltò ringhiando
sommessamente in direzione di Chris che, a quel segnale di pericolo,
estrasse la pistola, l’animale si preparò ad
attaccarlo, e l’avrebbe fatto se il giovane non gli avesse
posato una mano tra le orecchie.
“No... È un amico, non ti farà del male
se stai buono.”
Sussurrò guardandolo leggermente , il cane guaì
piano smettendo di ringhiare e rinunciando ad attaccare il soldato.
“Che diavolo...?!!”
“Abbassa la pistola Redfield, vedi anche tu che non sono come
quelle cose, sono semplici cani.”
Il Capitano fece una breve pausa guardando il giovane alzarsi e
avvicinarsi senza dare le spalle ai due animali, forse più
per sicurezza che per altro.
Sussurrava qualcosa piano, con voce bassa e lenta, non poteva portarli
con sé, non in quel momento, non era sicuro, da nessuna
parte, che fosse nella foresta o che fosse in piena città,
dal canto loro i cani sembravano capirlo e questo lasciava non poco
sorpreso il gruppo, o erano animali molto intelligenti, o erano
qualcosa in più, e per questo un pericolo, in qualche modo.
“E comunque sembrano averlo preso in simpatia, lo avranno
scambiato per il loro padrone. Si sa, sono animali protettivi e fedeli,
avranno pensato che lo stavi insultando.”
“Cosa che
effettivamente credo fosse nelle sue intenzioni.”
Pensò Shaun, all’inizio ignorava i commenti
dell’agente ma col tempo aveva deciso di iniziare a
rispondergli per le rime, in modo più gentile e quasi
scherzoso.
Peccato che Redfield non fosse riuscito ad afferrare quella parte e
prendeva ogni sua risposta per una provocazione, tanto che il giovane
temeva che sarebbe arrivato ad esplodere, prima o poi.
“Sarai felice di sapere che non li porterò con
me.”
Chris borbottò qualcosa tornando ad ignorarlo.
“Sembra non esserci altro qui nei paraggi, Wesker.”
Annuendo il Capitano diede ordine di precederlo in città per
degli impegni imminenti a cui non poteva rinunciare.
“Perché si addentra nella foresta?”
Domandò Shaun senza capire bene, qualunque fossero i suoi
impegni non c’era alcuna ragione per cui dovesse addentrarsi
lì.
“Non fai altro che fare domande, smettila. Sarà
una scorciatoia, che diavolo ne so. Sicuramente sa difendersi meglio di
te, e ora cammina, non intendo tornare indietro per raccoglierti se
inciampi.”
“Ti potrei
battere in una corsa qui dentro ma non ho voglia di correre e, ancora
meno, di umiliarti.”
Pensò limitandosi ad annuire piano con la testa tornando
sulla strada e seguendoli verso la centrale.
Ma ancora non capiva il comportamento strano, quasi misterioso, del
Capitano.
Si fidava di lui sulla base di ciò che gli era stato detto,
non si sarebbe mai nemmeno sognato di farlo seguire da una di quelle
cimici, probabilmente aveva ragione Chris, aveva solo preso una
scorciatoia.
Ancora una volta le registrazioni non segnavano nulla di eclatante,
riunioni, visite, farmaci sperimentali, cose assolutamente normali per
una casa farmaceutica insomma.
Shaun stava per spegnere lo schermo quando l’attenzione venne
catturata da una telecamera, ritornò seduto ingrandendo il
riquadro e afferrando la tazza di the posata sulla scrivania di fianco
al mouse, mentre lo faceva l’occhio gli cadde
sull’orologio del pc.
Le 3 di notte erano appena scattate, per quanto fosse stanco non poteva
ignorare quella registrazione.
“Finalmente le cose iniziano a muoversi.”
Settore Alpha - Ricerca
e Sviluppo
Shaun stava per chiedersi cosa ci fosse dietro quella porta che questa
si aprì mentre la figura di uno scienziato, o almeno
così sembrava dal camice bianco, usciva e la piccola cimice
si infilava indisturbata all’interno.
Per appena un paio di secondi ci fu un’interferenza, la
visuale saltò lasciando una tremante scritta bianca che
subito scomparve riportando sul corridoio deserto e illuminato dai neon.
“Sei nella
tana del lupo ora, fai attenzione a come ti muovi, Shaun
Hastings.”
Note dell'Autrice:
Ancora una volta dopo un mese... scusate...
Beh, mi ero preparata tutta una scaletta ma il capitolo è
andato ufficialmente per i cavoli suoi senza ascoltare nessuno... e
quindi mi sono ritrovata a cambiare quasi metà capitolo
scombinando tutti i piani.
Ma non importa.. cioè importa a me, non tanto a voi...
So che si passa da una cosa all'altra in questo capitolo... hanno tutte
la stessa importanza.. mi servono, non è he voglio solo
divertirmi con quel pazzo di Richter mentre cerca di riprodurre
l'Enterprise... xD
Va beh... non so quando il prossimo capitolo... ma
arriverà...
Bye Bye~
Aki
Campagna di Promozione
sociale - Messaggio No Profit
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro
recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
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