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Quella mattina, quando si alzò, Tommy Baker pensò subito che sarebbe stata
una splendida giornata. Dalla sua finestra vedeva il parco di Sevenoaks e il
ruscello che l’attraversava, calmo e brillante, e la luce del sole dava
all’acqua dei bellissimi riflessi dorati che raramente si vedevano. Tommy si
affacciò alla finestra e tirò un bel respiro. Anche l’aria stava cambiando ; era
sempre fresca e frizzante, come tutte le mattine, ma aveva qualcosa di
inesplicabilmente diverso, qualcosa che diceva che stava finalmente arrivando
l’estate. E anche gli esami, pensò.
Secondo il calendario mancava poco più di un mese alla fine della scuola, ma
questo a Tommy non importava molto. Pur abitando a Sevenoaks da meno di un anno,
si era ambientato benissimo e aveva trovato un sacco di amici con cui se la
spassava dentro e fuori da scuola.
Ripensò con tenerezza alla sua vecchia casa di Newport, da cui vedeva ogni
giorno i pescherecci rientrare nel porto con le reti piene ; gli sembrava di
essersene andato da moltissimo tempo, e doveva quasi fare uno sforzo per
ricordarsi le facce di quelli che l’avevano circondato fino ad allora. Non era
per cattiveria o ingratitudine verso i vecchi amici o i luoghi che l’avevano
visto crescere, ma lui era semplicemente fatto così ; lasciava i ricordi dove si
trovavano, belli o brutti che fossero. Quando gli capitava di parlare della sua
vita in Galles lo faceva con un certo distacco, senza alcun rimpianto. A volte
pensava che fosse una fortuna, perché i ricordi sono sempre un po’ tristi ;
quelli belli perché non si possono più rivivere, quelli brutti perché spesso ti
perseguitano e ti fanno del male. Altre volte, invece, diceva semplicemente che
non era un tipo nostalgico, e non ci badava più.
Ora, comunque, si trovava a 500 chilometri di distanza dalla sua vecchia
vita, e se ne stava godendo una tutta nuova.
Stette ancora un attimo alla finestra, poi si decise a scendere per la
colazione. Dopo aver ingurgitato una tazza di tè e tre toast con la marmellata
si vestì, prese lo zaino con i libri, salutò mamma e papà e uscì di casa
fischiettando. Sì, era proprio una splendida giornata.
Appena oltrepassato il cancello allargò le braccia e tirò un altro respiro
profondo. In quel momento la corriera Rochester-Sevenoaks-Tunbridge Wells gli
sfrecciò davanti affumicandolo con il suo gas di scarico. Dopo che ebbe sputato
per bene i polmoni a furia di tossire, Tommy si accorse che Oliver Hutton, che
lo aspettava tutte le mattine, lo stava chiamando dall’altra parte della strada.
“Tom, muovi le chiappe, siamo in ritardo !” gridò, agitando le braccia. Tommy
guardò l’orologio : “Porca puzzola !” esclamò, “Le otto meno cinque !”.
Cercando di battere il record mondiale sugli 800 piani, i due amici
riuscirono ad entrare in classe pochi secondi prima che suonasse la campanella.
Cominciamo bene, pensò Tommy.
In effetti la giornata si rivelò tutt’altro che buona : scoprì di aver
lasciato chissà dove il suo quaderno di matematica, fu interrogato in latino e
in storia e, in mensa, rovesciò il bicchiere del succo di frutta in parte sulle
sue polpette, rendendole ancora più immangiabili di quanto già non fossero, e in
parte sul dessert di Jack Morris, che non ebbe il coraggio di insultare l’amico
vedendo lo stato di prostrazione in cui era ridotto. Tom ripensò a ciò che aveva
detto quella mattina e si diede del cretino. “Coraggio”, disse tra sè e sè
“ancora due ore ed è finita !” .
Invece non era affatto finita : mezz’ora prima del termine della lezione di
letteratura il preside, professor Davenport, entrò in classe annunciando che,
quell’anno, sarebbe toccato alla terza B mettere in scena la recita di fine
anno.
“Quale recita ? ! ?” sussurrò allarmato Tommy al suo compagno di banco Philip
Callaghan mentre il preside parlava con il professor Vinegar.
“Davenport è fissato con Shakespeare” rispose Philip. “Siccome è nel
programma di terza, ha deciso che, ogni anno, una classe deve inscenare una sua
opera.”
“Ma è fuori di testa !” disse Tommy, impallidendo. “E’ più facile imparare a
memoria l’elenco del telefono di Londra che un monologo shakespeariano !
Figuriamoci poi un’intera commedia !”
“Questo è il bello” intervenne Jack dalla fila dietro. “E’ lui che scrive gli
adattamenti. Sistema qualche battuta qua e là, taglia un po’ di parti... solo
che, con il talento che si ritrova, è capace di trasformare il Re Lear nei Tre
Porcellini !”
“L’anno scorso hanno dovuto fare l’Amleto” disse Julian Ross “e non ti dico
com’è andata ! Si sono dati quasi tutti malati...a proposito, sapete chi ha
dovuto interpretare Polonio ? Cynthia MacLean !”
“Cynthia ? ! ? Era proprio lei ? ! ?” esclamò Philip sottovoce. “Quella che
ha due...ehm, non so se mi spiego...”
“Ti sei spiegato benissimo” disse Julian sogghignando. “La vedete con la
barba e una gran panza a fare la parte di un vecchio ? Beh, nella scena in cui
Amleto fa fuori Polonio ha lanciato uno strillo... Penso che a Davenport sia
caduta la metà di quei pochi capelli che gli erano rimasti !”. E noi
completeremo l’opera, pensò Tommy con amarezza.
“Ehm ehm” li zittì Vinegar. “Il prof. Davenport mi ha appena comunicato di
aver stabilito le parti della tragedia, che quest’anno sarà Macbeth”. Sguardi
interrogativi e un po’ seccati girarono tra i ragazzi. Macbeth, questo
sconosciuto... Tommy cominciò veramente ad innervosirsi.
“Le parti in questione” continuò Davenport camminando su e giù per l’aula con
le mani dietro la schiena, “non possono assolutamente essere cambiate, e la
frequenza, tanto alle prove quanto alla rappresentazione finale, è obbligatoria,
pena due punti in meno sul voto di letteratura. Questo per evitare l’assenteismo
che si è verificato lo scorso anno, a causa del quale (orrore !) una ragazza fu
costretta ad interpretare Polonio...”
Philip e Julian si guardarono e sorrisero, pensando alle “doti naturali” di
Cynthia MacLean.
“Ora il prof. Vinegar vi elencherà le parti” proseguì il preside, “dopodichè
vi distribuirà i copioni, liberamente adattati da me medesimo.” Qualcuno fece
una risatina, subito zittita dallo sguardo infuocato di Davenport. “Per quanto
riguarda i costumi e le scenografie, potete usare quelli dell’anno scorso (che
sono gli stessi di vent’anni fa, pensò Jack). Per eventuali delucidazioni,
potete trovarmi nel mio ufficio il lunedì fino alle 10.30, il mercoledì dalle
9.30 alle 12.30 e il giovedì dalle 13.00 alle 16.00 (praticamente mai, pensò
Julian). Le uniche assenze giustificabili sono quelle dovute a decesso. Il
vostro, naturalmente. Avete un mese di tempo a partire da ora. Buon lavoro.” Si
girò sui tacchi e uscì senza chiudere la porta.
“Fregati”, disse Philip a Tommy. “Fregati sì ! Io prego solo di non dover
fare niente di impegnativo...anzi, di non dover fare proprio niente !”. “Quello
piacerebbe a tutti” disse Julian sospirando. “Non mi sono spiegato...io ho il
terrore del palco ! Quando ero alle elementari, dovevo fare il lupo cattivo in
‘Cappuccetto Rosso’ (proprio io, mi ci vedete ?). Quando toccò a me ero talmente
spaventato che mi dimenticai tutte le battute e scoppiai a piangere ! Ma l’avete
mai visto il lupo cattivo che piange ? Che figura, ridevano tutti ! E se mi sono
emozionato così con Cappuccetto Rosso, figuratevi con Macbeth ! No, no, il
teatro non fa per me !”.
“Vorrei dirvi due paroline a proposito di questa recita, ragazzi” disse il
prof. Vinegar dopo aver terminato di sfogliare i copioni e chiuso la porta
dell’aula. “Macbeth non è un’opera facile da mettere in scena, soprattutto
perché non l’abbiamo svolta nel programma (ma vah ? Pensò Julian). Tuttavia,
dando un’ occhiata alle riduzioni (anche troppo ridotte) del prof. Davenport, ho
notato che risulta abbastanza comprensibile, per cui non dovreste avere dei
grossi problemi”. Lo dice lui, pensò Tommy, sempre più nervoso. “Purtroppo, come
dicevo prima al preside, non potrò aiutarvi molto, perché la prossima settimana
dovrò partire per un giro di conferenze su William Golding, e starò via per un
mesetto. Così io e il prof. Davenport abbiamo deciso di eleggere un ‘regista’
che dovrà coordinare tutta la rappresentazione. Il fortunato è Hutton”. Tutti si
voltarono a guardare Oliver, che aveva spalancato la bocca dalla sorpresa.
“I...io ? Ma...non capisco...perché ? ! ?” esclamò, non molto felice, il
ragazzo.
“Beh” disse Vinegar “perché sappiamo tutti che in letteratura sei abbastanza
ferrato... e che ti interessi molto di teatro, ecco perché.”. Era vero, se c’era
un campo in cui Oliver era imbattibile era proprio quello. Aveva letto più libri
lui di tutti i suoi compagni messi insieme, e la poltrona numero 34 della
piccola “Carter Hall” di Sevenoaks avrebbe portato per diversi anni a venire la
gloriosa impronta del suo sedere. Inoltre, ogni tanto, si dilettava a scrivere
racconti che, però, leggeva solo ai suoi amici. Ma quello era tutta un’altra
cosa...
“Un momento ! Un conto è interessarsi di teatro, un altro è fare il regista !
Io non so un tubo dei dettagli tecnici di queste cose,combinerei solo un
disastro...”.
“Ascolta, Hutton” lo interruppe Vinegar, “Il vero disastro sarebbe lasciare
che ognuno faccia a modo suo. C’è bisogno che qualcuno tenga le redini della
situazione, che faccia un po’ di ordine... e l’unica persona disponibile sei tu
!”.
“Dai, Ollie, sarà divertente !” lo incoraggiò Stephen Mallory. Gli altri gli
sorrisero fiduciosi. Ma né loro né Oliver sapevano ancora cosa li aspettava...
“Oh, beh, ecco...e va bene , farò il regista !” disse infine il ragazzo.
“Beh, non hai una gran possibilità di scelta” disse, ridendo, Vinegar “Ricordati
che le regole di Davenport valgono anche per te... Ma ora basta perder tempo,
devo assegnarvi le parti !”.
Quando il prof. Vinegar prese in mano l’elenco, Tommy cominciò a tremare. Era
già nervoso di carattere, ma in queste situazioni peggiorava.
“Price sarà re Duncan ; Ross e Morris saranno rispettivamente i principi
Malcolm e Donalbain”. Benjamin Price si gonfiò d’orgoglio, mentre Julian e Jack
si guardarono un po’ dubbiosi, sperando che la loro parte fosse la più breve
possibile.
“Landers sarà MacDuff, Diamond sarà Banquo e Callaghan sarà Fleance. Le tre
streghe saranno interpretate da Gatsby, Anderson e Greene”. Julian ridacchiò
sotto i baffi e sussurrò ad Elizabeth Anderson, l’eterna nemica-amica : “Non
poteva andare diversamente, vero, carissima ?”. “Se non la pianti ti faccio
diventare un rospaccio” gli rispose la ragazza, secca “e poi voglio vedere chi
ti bacerà per farti tornare normale !”. Tutte le ragazze della scuola tranne
lei, pensò Stephen, che aveva sentito il battibecco tra i due. Effettivamente
Julian era un gran bel pezzo di ragazzo (anche se era molto semplice e non si
dava mai delle arie) e il suo accento nordirlandese esercitava una certa
attrazione su parecchie fanciulle...ed anche ad Elizabeth, malgrado facesse
tanto la dura, a volte brillavano gli occhi quando lui le sorrideva. Stephen lo
invidiava parecchio, anche se lui aveva una ragazza già da un anno e Julian era
ancora libero come l’aria...ma avrebbe potuto averne quante ne voleva ! Ah,
l’erba del vicino !
“Mallory sarà il medico, Harper sarà Seyward...” . Vinegar continuava ad
assegnare le parti e Tommy si era già mangiato le unghie di entrambe le mani
tanto era nervoso. Ti prego, lasciami fuori, pregava.
“Infine, Stewart sarà Lady Macbeth”. Esclamazioni di stupore attraversarono
le bocche dei maschietti della terza B. Madeleine Stewart era una delle ragazze
più ambite della scuola ; biondissima, altissima, bellissima, con due occhi
verdi che ti pietrificavano al primo sguardo. Si capisce che, in quel momento,
tutti i ragazzi avrebbero voluto essere Macbeth. Tutti tranne uno...
“Macbeth, invece” continuò Vinegar, “sarà interpretato da Thomas Baker.”
Si udì un tonfo, e tutti sussultarono. “Cos’è successo ?” chiese Vinegar,
preoccupato.
“Niente, signore, niente” rispose Philip facendo aria sul corpo privo di
sensi di Tommy, disteso sul pavimento. “Macbeth dev’essere svenuto per la
contentezza.”.
2. Tom non ci sta
Trenta secondi dopo la fine della lezione, Tommy si era già fiondato
nell’ufficio del preside, il quale era visibilmente seccato visto che quella
visita inattesa e inopportuna proprio alla fine della giornata di lavoro gli
avrebbe impedito di tornarsene a casa puntuale per il tè. Non fece in tempo a
chiedere al ragazzo cosa non andava che questo gli urlò in faccia : “Io non
posso essere Macbeth !”. Davenport era rimasto sorpreso dal tono che Tommy aveva
usato, ma non riuscì a rispondergli di essere più educato con un suo superiore
perché il ragazzo lo sopraffece di nuovo. “Non so recitare, gli spettatori mi
mandano nel pallone...e...e poi...oh, insomma, mi ci vede ad interpretare la
parte del perfido assassino, infido e vigliacco traditore ? Io sono di indole
timida, buona e gentile, per la miseria ! ! !” e diede una gran manata sulla
scrivania del preside, tanto che questo sobbalzò dalla sedia e la foto della
signora Davenport cadde a faccia in giù.
“Mi scusi” disse Tommy, accortosi di avere esagerato, “Il fatto è che questa
situazione mi stressa parecchio...”.
“L’ho notato” rispose il preside, piuttosto intimorito dalla spropositata
reazione di Tommy. Meglio trattarlo con cautela, con tutti i pazzi che c’erano
in giro non si poteva mai sapere...
“Ascolta, ragazzo” disse, unendo le punte delle dita all’altezza della bocca.
“A parte il fatto che non hai capito molto del tuo personaggio, e sicuramente
più avanti te ne accorgerai, devi sapere una cosa. Quando andavo al liceo, nella
mia classe eravamo tutti maschi. Così mi è toccato, per due anni di fila,
interpretare Lady Windermere...sai, quella commedia di Oscar Wilde... E tu ci
vedi il sottoscritto in vesti femminili ? Guarda che non ero molto diverso da
come sono adesso !”.
Il tipico trauma adolescenziale, pensò Tom. Ha dovuto subire per due anni e
adesso si vendica su di noi. Poi sogghignò immaginando quell’ometto grassoccio e
calvo, con dita enormi, vestito e truccato da donna. Davenport se ne accorse e
lo guardò un po’ storto, facendolo arrossire. “E’ stata una sofferenza, credimi
! Soprattutto quella maledetta pancera e le scarpe col tacco... Però mi ha dato
delle grosse soddisfazioni !”. Ma quali ?, pensò Tom. Farsi prendere in giro da
tutta la scuola ? Sentirsi dire ‘Ciao cara, ieri sei stata fantastica’ e via
discorrendo ? In effetti Davenport non sembrava particolarmente convinto delle
sue parole, perché cambiò bruscamente discorso dopo una brevissima pausa.
“Comunque” disse, “ci sono migliaia di attori che interpretano personaggi con
un carattere completamente diverso dal loro, e non per questo lavorano male !
Credi forse che Jack Nicholson sia un pazzo furioso che va in giro con un’ascia
a fare a pezzi la gente ? O che James Cagney si divertisse a congedare i suoi
amici a colpi di mitraglia ?”
“Ha ragione, ma...”
“Certo che ho ragione. E poi non devi mica recitare davanti alla Regina Madre
! Nessuno è mai finito sulla strada per una stupida recita scolastica. Al
massimo ti rideranno alle spalle per qualche giorno, poi tutti si
dimenticheranno di te.” Benissimo, pensò Tommy, come sa tirarti su il morale lui
non ci riesce nessuno.
“Vedrai che quando sarai sul palco sparirà tutto e resterà solo Macbeth, che
tu dovrai far vivere a modo tuo. Inoltre ricorda che lui è un personaggio
estremamente complesso dal punto di vista psicologico : sono sicuro che piano
piano riuscirai ad apprezzarlo e a calarti perfettamente nella sua parte. Poi,
se vuoi che ti faccia il solito discorso su come recitare aiuti a temprare il
carattere e ad essere più sicuri di se stessi...”.
“Lasci perdere, ho capito” tagliò corto Tommy, rassegnato. “Per farla breve
mi tocca tenermi la mia parte e così sia, giusto ? Beh, vorrà dire che alla
prima (ed ultima, se mi consente la battuta !) mi porterò una cesta abbastanza
grande da contenere tutta la verdura che mi tireranno addosso ! E, se finirà
come prevedo, mangerò minestrone per un mese...” e uscì, senza salutare.
Il preside tirò un grosso sospiro, ma non di sollievo. Sarebbe stato un altro
disastro ; la cosa migliore da fare era tenersi il più possibile fuori dalla
faccenda, magari dandosi malato...
3. Beata ignoranza
“Allora ? Che ti ha detto ?” disse Oliver andando incontro a Tommy nel
corridoio.
“Secondo te ?” rispose Tom, senza alzare lo sguardo.
“Beh, a giudicare dalla tua faccia direi che ti ha fregato per benino...”.
“Wow, che intuito formidabile ! Qui l’unica soluzione è la fuga. E’ meglio la
Terra del Fuoco o l’isola di Sant’Elena ? Ma che cavolo dico, non ho neanche i
soldi per andare a Rochester in autobus...” disse Tommy sconsolato.
“Senti, non farla così tragica” disse Oliver. “In qualche modo te la
caverai...e poi io credo di essere messo peggio di te ! La compagnia è
sgangherata al massimo e io non so da che parte cominciare...almeno tu hai Maddy
che fa Lady Macbeth !”. Entrambi sospirarono e dissero, all’unisono : “Che
gnocca !”.
“A proposito” disse Oliver “Ce l’hai un’oretta libera, adesso ? Ho riunito
tutti i ragazzi nell’Auditorium, almeno cercheremo di organizzarci un po’...”.
Quando i due entrarono, nell’Auditorium c’era un gran fracasso. Julian si era
messo al pianoforte (che era lì da anni ed era stato usato sì e no tre volte) e
stava suonando una vivacissima ‘Great balls of fire’ colpendo ogni tanto la
tastiera con i gomiti, e tutti gli altri erano saliti sul palco cantando e
ballando. Jack aveva lanciato in aria Elizabeth, ma non era riuscito a
riprenderla e la ragazza gli era atterrata addosso facendolo cadere dalla
ribalta.
“Hey ragazzi, ascoltatemi un attimo...per favore...ragazzi ! RAGAZZI ! ! !”
urlò Oliver con tutto il fiato che aveva in gola, ma nessuno lo sentì. Intanto
Maddy aveva trascinato Tommy (tutt’altro che riluttante) sul palco, e si era
lanciata in un balletto scatenato con il suo cavaliere. Oliver, rimasto
praticamente solo, perse del tutto le staffe. Andò al pianoforte e chiuse il
pesantissimo copritastiera di mogano direttamente sulle dita di Julian, che
balzò in piedi lanciando un urlo disumano.
“Volete starmi ad ascoltare almeno per cinque minuti ? ! ?”.
Tutti si bloccarono all’istante e, ammutoliti, guardarono verso Oliver. Tutti
tranne Julian, che continuava a saltellare e gemere per il dolore, stringendosi
le dita gonfie e arrossate, ma senza osare lamentarsi per l’accaduto. Aveva
capito, come gli altri, che Oliver, quando si arrabbiava, faceva sul serio.
“Scusate se vi ho interrotto sul più bello, ma avrei due paroline da dirvi !”
continuò in tono sarcastico. Nessuno fiatò.
“Dal momento che dovremo farci un mazzo così per mettere in scena questo
cavolo di tragedia (che, se andrà come prevedo, sarà davvero una tragedia),
sarebbe meglio sistemare subito qualche piccola questione, così potremo lavorare
con più tranquillità, o almeno spero ! Punto primo : anche se non l’abbiamo
studiata, conoscete comunque la trama di ‘Macbeth’ ?”. Silenzio di tomba.
“...così, anche a grandi linee ?”. Niente da fare. I ragazzi si guardarono
l’un l’altro, dubbiosi, borbottando qualcosa di incomprensibile. Oliver,
completamente sconsolato, ci riprovò.
“Ma almeno sapete chi è Macbeth ?”.
Dopo un nuovo, breve attimo di silenzio, Stephen alzò timidamente la mano e
disse : “Non era quello che vendeva fazzoletti ?”.
“Quello era Otello, imbecille !” rispose Philip, “L’ho visto l’anno scorso
alla tivù !”.
“Ah, già ! Non c’era anche Mel Gibson, che faceva finta di essere matto e
poi...” disse Paul Diamond.
“No, ti confondi con Amleto. Gran film ! Io ho visto quello con Kenneth
Branagh e quella gran gnocca di...”.
“Un attimo, un attimo !” li interruppe Patty Gatsby. “Ma Macbeth non è una
donna ?”.
Oliver, a cui già cominciavano a cadere le braccia, non poteva credere alle
proprie orecchie. Una donna ? Ebbe solo il coraggio di rispondere :”No...cioè...c’è
Macbeth... poi c’è Lady Macbeth, che...” .
“Ma guarda !” disse Patty cadendo dalle nuvole. “Ero convinta che ‘Macbeth’
fosse il diminutivo di ‘MacElizabeth’...”.
“Per la miseria, Patty !” sbottò Julian, “Dove diavolo eri quando Vinegar ha
distribuito le parti ? ! ?”.
“In bagno, dove volevi che fossi ? Anzi, non ho ancora capito cosa devo
fare...”.
Dopo quegli interventi, Oliver dovette soccombere alla dura evidenza :
nessuno sapeva di cosa si stesse parlando. Facendosi coraggio, riprese la
parola.
“Okay, ho capito...sarà bene fare un piccolo ‘corso di recupero accelerato’ !
Forza, venite tutti qua intorno al nonno Ollie !”. Tutti si sedettero in cerchio
attorno ad Oliver, che in quel momento si sentì davvero come un nonnino che
racconta le favole ai nipoti davanti al focolare.
“Allora” esordì. “La nostra storia inizia in Scozia...”.
“Dove, esattamente ?” lo interruppe Philip.
“Boh, esattamente non saprei, non ricordo...”.
“E quando ?” disse Stephen.
“Quando cosa ?”
“Quando si svolge la faccenda....cioè, in che periodo ?”.
“Mah, più o meno nel 1000, 1100...”
“In estate o inverno ?” esordì Lucy Greene che, evidentemente, non aveva
altro da dire.
“E che cavolo te ne frega ? ! ?” sbottò Oliver, il quale non ne poteva già
più.
“Beh...insomma...per i costumi...”.
“Ma se ci tocca usare quelli dell’anno scorso ? ! ? E’ già tanto se non sono
di cartapesta ! ! !”.
“Va bene, va bene, scusa, continua.”.
Oliver, alquanto spazientito, proseguì. “Dicevo che siamo in Scozia (dove non
lo so, quindi non seccatemi) e il nostro Macbeth sta tornando da una battaglia
in cui si è distinto...”.
“Che batt...” disse Mark Landers, ma Julian gli tappò la bocca prima che
potesse terminare la frase. Oliver lo incenerì con un’occhiata e riprese.
“...dove si è distinto per il suo valore, insieme al barone Banquo. Ad un
tratto, per strada, incontra tre streghe.”. Julian si voltò verso Elizabeth,
sogghignando. Lei fece finta di niente.
“Queste streghe, per farla breve, gli predicono che sarebbe diventato prima
barone di Cawdor, poi re di Scozia, ma i suoi figli non lo sarebbero mai stati,
e invece dicono a Banquo il contrario. Avete capito ?”.
“No” disse Julian. “Riassumendo : Macbeth diventa re ma i suoi figli no, e
Banquo non diventa re ma i suoi figli sì, giusto ?”.
“E’ esattamente quello che intendevo” disse Oliver, chiedendosi il perché
dell’interruzione, se l’amico aveva compreso perfettamente il discorso.
“Fantastico ! Ci siamo. Continua.” disse Julian, con, dipinta sul viso,
un’espressione del tipo quanto-sono-intelligente-io.
“Allora Banquo adotta i figli di Macbeth, giusto ?” disse Stephen che moriva
dalla voglia di sapere come andava a finire la storia.
Oliver si portò una mano alla fronte, sperando che la terra si aprisse e
inghiottisse tutti, così l’avrebbe fatta finita senza soffrire. “Deduzione
sbagliata, Sherlock” disse. “E ora fatemi la grazia di ascoltare, così ce la
sbrigheremo in fretta e torneremo tutti a casa prima di cena.” Qui si bloccò e
alzò di scatto la testa. “Cosa stavo dicendo ?”.
“I figli”.
“Quali figli ? Ah, sì, i figli. Allora, quando torna al castello, scopre che
il re...”.
“Che sono io”, disse Benjamin Price tutto contento.
“...che, fra l’altro, lo adora, lo ha già nominato barone di Cawdor. Per
appagare la sua cupidigia, decide, su consiglio della perfida Lady Macbeth, di
far fuori il re (qui Benjamin borbottò che non era affatto giusto troncare così
la sua carriera di attore, ma, per fortuna, Oliver non lo sentì), sperando di
far avverare del tutto la profezia. Infatti i figli del re, Malcolm e Donalbain,
fuggono dal paese.”.
“Bingo !” dissero Julian-Malcolm e Jack-Donalbain battendosi un cinque
“Eccoci fuori dai piedi !”.
“Quindi, siccome gli eredi si sono defilati, Macbeth sale al trono, ma, per
mettersi al sicuro, decide di accoppare anche Banquo e suo figlio Fleance.
Banquo muore, ma Fleance riesce a scappare...”.
“...e non torna più, spero !” disse Philip-Fleance.
“No, tranquillo, non si fa più vedere. Però Banquo torna...”.
“E come fa a tornare, se è morto ? ! ?” lo interruppe Paul-Banquo.
“E’ il suo fantasma che torna, anche se lo vede solo Macbeth. Lo spettro gli
ricorda la sua colpa..."”
”La colpa di chi ?”.
“Di Macbeth.”.
“Ah.”.
“Posso continuare ?”.
“Prego.”.
“Grr...azie” mugugnò Oliver. “Dopodichè...beh, adesso non ricordo bene cosa
succede, comunque tutti gli altri baroni si accorgono che Macbeth è un cattivone
e lo abbandonano. Lui, per rassicurarsi, torna ad ‘intervistare’ le tre
streghe...”. “E tu te ne stai zitto, altrimenti ti faccio ingoiare la dentiera
!” sbottò Elizabeth rivolgendosi a Julian, che sobbalzò.
“Ma che cacchio vuoi ? ! ? Non ho neanche fiatato ! ! !” esclamò il ragazzo,
voltandosi di scatto.
“No, ma non dire che non l’hai pensato !”.
“E cosa avrei pensato, di grazia ?”.
“Sicuramente ad una delle tue solite idiozie, visto che non sai dire altro
!”.
“Ah, beh, se proprio vuoi dire che io parlo a sproposito allora ti ricordo
che...”.
“...che il principe svegliò Lady Macbeth con un bacio, mandarono al diavolo
Macbeth e soci e vissero tutti felici e contenti !” concluse Oliver, cercando di
riattirare verso di sé l’attenzione dei ragazzi, che ora era rivolta verso i due
litiganti.
“Ti prego, dimmi che stai parlando di Donalbain !” disse Jack, gongolando.
“No, se è questo che ti interessa ! Volevo solo che mi ascoltaste un
attimo...”.
“Ti pareva” disse, deluso, Jack. “Per una volta che posso limonare a dovere
con Maddy...”.
“Ti è andata bene, perché ti avrei staccato la lingua a morsi” disse Maddy,
disgustata.
“Ma perché non mi lasciate finire ? ! ?” disse Oliver, sul punto di scoppiare
in lacrime. “Che cosa ho fatto di male ? ! ?”.
Ad un tratto, incredibilmente, venne detta l’unica cosa intelligente della
giornata.
“Senti, Ollie” disse Tommy, che se n’era stato zitto per tutto il tempo
“Perché non ci lasci semplicemente leggere i copioni, così forse ci capiamo
qualcosa di più, e poi ce ne andiamo tutti a casa ? Se avremo dei problemi te ne
parleremo...”.
“Ottima idea” rispose Philip “anche perché alle cinque comincia ‘Eastenders’
e rischio di perdermelo anche stavolta. Ciao a tutti”. Si alzò e se ne andò.
Oliver era impietrito.
“Beh, allora ci vediamo” disse Jack uscendo. “In effetti è inutile che ce ne
stiamo qui come dei babbei. Stasera diamo un’occhiata ai capolavori di Davenport
e domani ne riparliamo.”.
Oliver non fece in tempo ad aprire bocca che tutti si erano salutati ed
avevano infilato la porta. Tutti tranne Mark, che era ancora seduto e stava
fissando l’amico come un ebete.
“E tu che cavolo ci fai ancora qui ? ! ?” sbottò Oliver.
“Come, cosa faccio ? Voglio sapere almeno come va a finire !” rispose Mark.
“E come vuoi che finisca ? Che il cattivo muore !” . Si alzò e si diresse
verso la porta infuriato come un caprone. Ma, prima di uscire, si voltò e disse
a Mark, che era rimasto lì un po’ interdetto : “E, se proprio ti interessa, lo
fai secco tu !”. E se ne andò definitivamente, pensando che forse Mark sarebbe
stato orgoglioso del suo importante ruolo, ma Tommy, vista la sua fine
ingloriosa, lo sarebbe stato un po’ meno.
4. Tom ci ripensa
In effetti Tommy non era per niente contento. Gli toccava fare il cattivo e
non solo non ne era capace, ma non ne aveva neppure voglia. Andò in bagno e si
guardò allo specchio : no, i panni di Macbeth non gli calzavano affatto, non
sarebbe mai stato credibile.
Eppure si accorse che qualcosa, in fondo in fondo, lo sollucherava ; davanti
allo specchio assunse diversi atteggiamenti ed iniziò ad osservarsi. Non era un
brutto ragazzo :certo, non aveva il fascino di Julian, che mieteva vittime
ovunque, ma non era affatto da buttar via. Aveva dei begli occhi castani, che
assumevano riflessi verdi quando c’era molto sole, e un grazioso nasino alla
francese, ereditato da sua madre. Beh, sì, era piccoletto e aveva le gambe
storte, ma non erano particolari fondamentali. A dir la verità stava anche
mettendo su un po’ di pancetta...ma per questo bastava ricominciare a giocare a
basket. “Tanto più che le ragazze amano gli sportivi”, pensò.
Già, le ragazze ; quante sarebbero state presenti alla recita ? Praticamente
tutte quelle della scuola. Quindi anche Amy Ross, la sorellina di Julian, per
cui lui aveva sempre avuto un debole. E il primo attore, si sa, fa sempre colpo.
Piano piano, Tommy cominciò a gradire l’idea di un ruolo così importante. Se
se la fosse cavata bene avrebbe potuto prenderci gusto e interpretare parti più
impegnative. Irrimediabilmente, nel cervello del ragazzo la paura del
palcoscenico fu scalzata dall’idea del successo, del denaro e delle donne, fino
a cancellargli il pensiero che,se avesse anche solo sbagliato una battuta,
sarebbe stato flagellato dal preside e deriso dagli altri studenti fino al
diploma...ma, tutto sommato, per Tommy era meglio così.
5. Benji ha un’idea
Quella stessa notte Oliver fu svegliato dallo squillo del telefono, che lo
aveva fatto sobbalzare dal letto. Senza accendere la luce, raggiunse a tastoni
l’apparecchio che teneva sul comodino e sollevò la cornetta.
“Pro...pronto ?” bofonchiò con la voce impastata. La voce di Benjamin, alias
re Duncan,risuonò dall’altro capo del filo.
“Pronto ? Ollie ? Non sento niente ! Ollie ?”. Oliver si accorse che stava
tenendo la cornetta al contrario e la raddrizzò, ma si pentì subito di averlo
fatto.
“Benji...che cavolo vuoi a quest’ora ? E’ successo qualcosa ?...” borbottò
Oliver mettendosi a sedere sul letto.
“Perché, è tardi ? Non dirmi che stavi dormendo ! Non sono nemmeno le undici
e mezza !”.
“A parte il fatto che il giovedì notte non ci sono molte cose da fare, i miei
sono già a letto da due ore. Almeno, se non si sono ancora alzati per scannarmi,
vuol dire che dormono sodo...”.
“Oh, beh, scusa. Il fatto è che ho appena finito di leggere il copione della
recita...”.
“Quale recita ? Ah, già, quella.”. Tasto molto dolente. Oliver aveva letto sì
e no quattro pagine del copione e ne era rimasto leggermente disgustato. “Hai
qualche problema con la parte ?” domandò.
“Beh, no, cioè...insomma, il mio ruolo mi sembra un po’...” balbettò Benji.
“Un po’ cosa ?” disse Oliver, spazientito.
“Un po’...corto, ecco. Ridotto. Insomma, arrivo per ultimo e muoio prima
della fine del primo atto ! Dirò forse una decina di battute e non posso nemmeno
fare un bel discorso prima di farmi ammazzare...” .
“E hai anche il coraggio di lamentarti ? ! ? C’è chi pagherebbe oro per avere
una parte come la tua...non posso credere che per te sia un problema !”.
“Il problema è che faccio una fine troppo stupida”. Stupida ?, pensò Oliver.
Benji si è bevuto il cervello con i suoi sogni di gloria. “Saluto tutti, esco di
scena e poi qualcuno salta fuori e dice che hanno assassinato il re...”.
“Se la faccenda non ti piace, puoi sempre chiedere al Grande Bardo di
cambiare qualcosina...conosco un’eccellente spiritista...” disse Oliver,
sarcastico.
“Non dire fesserie, Ollie. Piuttosto, ho pensato ad una piccola variante
davvero geniale.” Mio Dio, pensò Oliver alzando gli occhi al soffitto. Sentiamo
l’idiozia del secolo.
“Macbeth entra in camera mia per uccidermi” continuò Benjamin. “Io, che avevo
sospettato il tradimento, fingo di dormire, e quando lui si avvicina al mio
letto con il pugnale in mano, mi alzo, prendo una spada (che per cautela avevo
messo sotto il cuscino) e cominciamo a duellare... Alla fine mi fa fuori lo
stesso, ma vuoi mettere l’effetto, eh Ollie ?...Ollie ? Pronto ? Ci sei ancora
?”.
Oliver aveva riagganciato, staccato la spina del telefono (per cautela, come
aveva detto Benji) e si era cacciato sotto le coperte ringraziando il cielo che
quella pazzesca giornata fosse finita.
Il
pomeriggio successivo, i ragazzi si ritrovarono nell’Auditorium per cominciare
le prove. Quando Tommy arrivò era davvero galvanizzato ; corse da Oliver e
gli disse : “Ce la farò, vedrai ! Ci ho pensato parecchio e sono
convinto che andrà tutto bene ! In fondo non è mica la fine del mondo,
no ? Sarà uno spasso...e io sarò il miglior Macbeth che tu abbia mai visto
calcare la scena !” e portò, con un gesto molto solenne, il braccio destro
verso la spalla sinistra, come per coprirsi con un immaginario mantello. Nel
vedere l’amico così entusiasta, Oliver tirò un sospiro di sollievo. Chissà,
magari non sarebbe stato proprio un disastro...
“Forza,
compagnia, al lavoro !” disse Oliver battendo le mani. “Tanto per
cominciare, diamo un’occhiata alle attrezzature.”.
“A quelle
abbiamo già pensato noi” disse Philip, uscendo con Julian da una specie di
magazzino la cui porta si apriva ad un lato del palco. Julian teneva in mano
una giubba di tela, una cintura in similplastica e una calzamaglia di lana rosa
carne. “Mi rifiuto di indossare questa robaccia” disse, con aria schifata. “E’
divorata dalle tarme e ciononostante ha il coraggio di puzzare di
naftalina !”.
“Non credo
sia il momento di fare lo schizzinoso, Julian” disse Oliver. “Purtroppo
dobbiamo accontentarci di quello che passa il convento.”
“Schizzinoso ?
Va’ a dare un’occhiata al ciarpame che c’è lì dentro e fammi sapere ! Non
so come si faccia a chiamarli ‘costumi’ e ‘scenografia’ !” ribattè Julian
indicando la porta da cui era uscito.
Oliver,
tanto per tener buoni i ragazzi, tra i quali cominciavano a girare voci di
protesta, entrò nel magazzino seguito da Tom, Maddy, Mark e Paul. Appena mise
un piede al di là della porta, un tremendo odore di muffa gli chiuse la gola.
“Che schifo !” disse Mark tappandosi il naso. “Ma da quanti secoli non
arieggiano qua dentro ?”.
Oliver e gli
altri si guardarono intorno con aria delusa. Maddy sollevò il lembo di un
vestito che si trovava per metà fuori da uno scatolone ; un grosso
scarafaggio uscì da sotto la stoffa e scappò verso un angolo della stanza in
cui erano ammassate altre scatole. La ragazza lanciò uno strillo e fece un
balzo indietro finendo addosso a Paul, che perse l’equilibrio e si aggrappò ad
un appendiabiti zeppo di ragnatele.
Maddy,
ancora terrorizzata dalla vista dell’insetto, scappò fuori dal magazzino.
Quando tutti ne furono usciti, disse :”Non vorranno davvero farci usare
quella roba senza nemmeno disinfettarla !”.
“Ci vorrebbe
il napalm per disinfettare tutto, tesoro” disse Jack.
“E alla
disinfestazione non ci pensi ? Ci sarà almeno un condominio di blatte, là
dentro !” aggiunse Paul pulendosi i vestiti dalle ragnatele.
“No, no e
poi no !” strillò Maddy pestando i piedi come una bambina capricciosa.
“Non indosserò mai quei luridissimi costumi...piuttosto me ne cucio uno da
sola, ma quegli...stracci puzzolenti non li voglio neanche vedere !”.
“Non so se
lo volete sapere, ragazzi, ma le scenografie sono messe anche peggio !”
disse Philip. “Abbiamo a disposizione un paio d’alberi di cartone, un solo
sfondo e la terrazza di un castello che sembra fatto con le cassette della
frutta !”.
Oliver era
sempre più avvilito. Facendosi coraggio, disse. “E va bene, vorrà dire che ci
rimboccheremo le maniche e sistemeremo le cose da noi. Con un po’ di
collaborazione dovremmo riuscire a fare tutto in tempo. Mentre alcuni provano,
gli altri sbrigheranno i lavori manuali. Ai costumi penseranno le ragazze,
ammesso che sappiano tenere un ago in mano...”.
Elizabeth,
seccatissima, replicò : “Ma chi ti credi di essere, stupido maschilista
che non sei altro ? Non sai nemmeno attaccarti un bottone e pretendi di
criticarci ! Per tua norma e regola io ho imparato a cucire quando avevo
dieci anni, perché, si sa, ‘queste sono cose da femmine’ ! Vedrai cosa
saremo capaci di fare noi ! Vedete voi,piuttosto, di non fracassarvi le
dita a martellate, imbranati come siete !”.
Oliver era
basito. Non riuscì a ribattere che stava solo scherzando, che Julian prese il
sopravvento e spiattellò in faccia alla ragazza : “Per la miseria, Beth,
piantala di fare l’isterica ! Si può sapere perché te la prendi tanto per
una battuta ? Hai la coda di paglia ? Forse la schiava personale
della signorina Elizabeth Laura Anderson è scappata dalla disperazione e ti è
toccato imparare ad allacciarti le scarpe da sola ?”.
“...ti
ammazzo, Julian Ross !” strillò Elizabeth avventandosi contro il ragazzo.
Cercò di tirargli un sonoro ceffone, ma Julian, che aveva i riflessi pronti, si
abbassò e la ragazza beccò in piena faccia Paul, che era accorso per dividerli.
“Scusami, Paul !” esclamò Elizabeth, mortificata. “Paul, ti sei fatto
male ?” disse Julian aiutando l’amico a rialzarsi.
“Così imparo
a farmi i fatti miei” bofonchiò il povero Paul premendosi una mano sulla
guancia gonfia e asciugandosi un rivoletto di sangue che gli colava dal naso.
“Brava, sei
contenta ? ! ?” gridò Julian. “Gli hai quasi spaccato la
faccia ! L’ ho sempre detto che sei un pericolo pubblico !”.
“Non è colpa
mia, idiota ! Se tu non ti fossi mosso...”
“Certo, cosa
dovevo fare ? Starmene impalato e dirti ‘Forza, cara, colpisci duro...’”
disse Julian allargando le braccia.
Non l’avesse
mai fatto. Senza che lui se ne rendesse conto, Elizabeth prese la rincorsa e
gli assestò un diretto nell’occhio sinistro. Il ragazzo barcollò un attimo, poi
cadde steso sul pavimento, a pancia in su. Tutti guardarono esterrefatti Beth,
che non riusciva a credere di aver colpito Julian e si stava fissando attonita
il pugno. Quando alzò lo sguardo verso i compagni, tutti fecero un passo
indietro, terrorizzati. La ragazza si inginocchiò accanto al corpo ormai privo
di sensi di Julian e si mise a piangere. “Perdonami, Jules, non volevo, è stato
uno scatto di nervi...per favore, tirati su...dai, tirati su... Jules !”.
Oliver le si
avvicinò e disse : “E’ meglio se lo lasci stare... magari tamponagli un
po’ l’occhio con un fazzoletto bagnato...”
“Stai zitto,
imbecille, è tutta colpa tua !” sbottò la ragazza. E per tutta risposta
mollò anche a lui un bel pugno in un occhio. Quando realizzò di aver steso
anche Oliver, Elizabeth si alzò in piedi di scatto e, tenendosi la testa tra le
mani, scappò via urlando.
Mark, Philip,
Stephen, Tom e Benjamin si chinarono sui due amici svenuti.
“Che dite,
li svegliamo ?” disse Stephen.
“No, meglio
di no” disse Philip.
E se la
filarono tutti alla chetichella.
7. I dolori del giovane
Oliver
Cominciamo
bene, pensò Oliver quella sera, guardandosi allo specchio. Cominciamo proprio
bene. E io dovrei coordinare una schizzinosa, un megalomane, uno stizzoso e una
pazza manesca ? Oltre a tutti quegli altri che pensano che Shakespeare sia
il centravanti del Manchester United ?
Si toccò appena
sotto il sopracciglio sinistro, ma il dolore del livido era così forte che
ritrasse subito la mano. Ecco cos’ho guadagnato a fare una stupidissima
battuta. Solo Elizabeth poteva reagire in quel modo. E quell’altro cretino di
Julian a darle corda.
Sbuffando,
si sedette sul bordo della vasca da bagno. Ripensò alla frottola che aveva
raccontato ai suoi genitori quando l’avevano visto rientrare con un occhio
pesto : sua madre sembrava impazzita, voleva andare di filato a parlare
con il preside, ma Oliver l’aveva frenata dicendo che, mentre provavano a far
scendere il sipario, era sceso anche il bastone che lo sorreggeva e aveva
beccato il ragazzo (che, guarda a caso, si trovava proprio lungo la sua
traiettoria) dritto in testa. Poi Oliver era caduto in avanti e aveva sbattuto
la testa (anzi, l’occhio) contro la spalla di Julian, il quale a sua volta
aveva perso l’equilibrio ed era caduto contro...contro... (qui Oliver aveva
tentennato un momento)...contro il bracciolo di una delle poltroncine
dell’Auditorium, ottenendo anche lui (ma che combinazione !) un livido nel
medesimo punto. Questo per evitare che gli vengano dubbi vedendo me e Julian
insieme...per colpa di Beth sembriamo due gemelli diversi...o meglio due
imbecilli uguali, pensò il ragazzo. Al termine del racconto, i genitori di
Oliver si erano scambiati uno sguardo interrogativo, ma si erano comunque
bevuti tutta la storia.
E’
incredibile, pensò Oliver, più sono strane e più ci abboccano. Sorrise. Certo
che come le invento io... ho proprio talento, non c’è niente da fare ! Da
grande farò un mucchio di soldi scrivendo scemenze !
E cominciò a
ridere, prima piano, poi sempre più forte, finchè ebbe le lacrime agli occhi.
8. Chiedi perdono
L’indomani,
Julian fece di tutto pur di evitare Elizabeth ; la ragazza se ne accorse e
ci rimase malissimo, anche perché era veramente dispiaciuta e non sapeva come
scusarsi con lui. Durante le lezioni non riusciva a togliergli gli occhi di
dosso e non pensava ad altro che a cercare le parole adatte per dirgli che le
dispiaceva. Quando lui le passava accanto, tirava dritto senza neanche
guardarla, e nemmeno si accorgeva che lei stava cercando di dirgli qualcosa.
Pensa e
ripensa, Beth arrivò alla conclusione che, anche se era un controsenso, doveva
usare le maniere forti ; così, durante l’ intervallo, si piantò davanti al
ragazzo e, stringendogli un braccio, gli urlò in faccia : “Senti, mi
dispiace per quello che ti ho fatto ieri, capito ? ! ?”.
“Ma sei
impazzita ? Lasciami subito !” disse Julian, liberandosi dalla presa
con uno strattone. Vuoi completare l’opera ? Se vuoi pestare qualcuno per
chiedergli scusa, fallo con il tuo psichiatra !
Questo fu,
più o meno, quello che Julian avrebbe voluto dire ad Elizabeth. E glie
l’avrebbe detto, se non avesse prima visto lo sguardo della ragazza, carico di
angoscia e di vergogna. Così se ne stette zitto, mentre lei diceva, con un
enorme nodo in gola e gli occhi bassi: “Ho fatto una cosa orribile e me ne
rendo conto. Non so come sia successo... non mi era mai capitato prima. Forse
sono troppo nervosa per la scuola, gli esami...ed ora questa stupida
recita ! Ma credimi, nonostante tutte le cose cattive che ci siamo
detti...e il pessimo rapporto che c’è tra noi...non mi perdonerò mai di averti
picchiato”.
Julian, lì
per lì, non seppe cosa dire. “Ti fa ancora male ?” chiese in tono sommesso
Elizabeth, alzando lo sguardo e incontrando gli occhi del ragazzo. Julian
arrossì e guardò altrove. “Un pochino, solo quando tocco il livido” rispose.
Dopo una breve pausa, continuò : “Va beh, dai, non importa. Passerà in
fretta. E poi, così il mio fascino è notevolmente aumentato ! Se avessi
visto che sguardi mi hanno lanciato le mie ammiratrici stamattina... Comunque è
meglio che non sappiano che sei stata tu, altrimenti potresti rischiare grosso !”.
Risero
entrambi, ed Elizabeth si sentì risollevata. Poi, preoccupatissima,
chiese :” Ma scusa, cos’hai detto ai tuoi genitori quando ti hanno visto
ridotto in questo stato ?”.
Julian si
fece serio e rispose : “Cosa gli ho detto ? Che una mia amica mi aveva
picchiato perché le avevo rotto un po’ troppo le scatole !”. Le strizzò
l’occhio e si allontanò.
Più tardi,
in mensa, Julian disse ad Oliver, a cui nel frattempo la rabbia era
sbollita : “Ho fatto pace con Elizabeth. Mi ha chiesto scusa....”.
“L’ho sentito”
rispose, un po’ seccato, Oliver, il quale aveva assistito alla scena. “Ma mi
spieghi perché con te si è flagellata mentre a me, che non c’entravo niente e
mi ha pestato lo stesso, non si è neanche degnata di dire ‘crepa’ ?”.
In
effetti... pensò Julian. Boh. Misteri dell’universo femminile...in particolare
di un pianeta chiamato Elizabeth Anderson.
9. La nevrosi avanza
“Allora, ci
muoviamo ?” disse Oliver battendo le mani per incitare i componenti di
quell’assurda compagnia a mettersi al lavoro. Dovevano ancora cominciare e già
tutti non vedevano l’ora che fosse finita.
“Dove
diavolo si sono cacciati Mark, Julian e Jack ? Avevo detto che dovevamo
trovarci tutti qui alle quattro e mezza precise, e quelli ancora non si vedono”
continuò nervosamente Oliver guardando fuori dalla finestra dell’Auditorium per
vedere se i ritardatari arrivavano. Gli altri finsero di non averlo sentito e
continuarono a farsi i loro affari. Ad un tratto, approfittando di un attimo di
silenzio, Benjamin salì sul palco e, dopo aver spinto in fuori il petto,
appoggiato una mano sul fianco e steso in fuori l’altra, iniziò a
declamare :
“Ora
l’inverno del nostro scontento...”.
“Ma che sta
dicendo ?” chiese Tommy a Paul.
“Che ne
so ? Questa parte non c’è nemmeno nel copione” rispose il ragazzo
iniziando a sfogliare le pagine del dattiloscritto.
“...è resa
estate gloriosa da questo sole di York...” continuò Benjamin.
“No che non
c’è” intervenne Oliver avvicinandosi, sempre più seccato, ai due amici. “Quel
deficiente sta recitando il ‘Riccardo III’ !”.
“...e tutte
le nuvole che...che...”. Qui Benjamin andò in crisi, ma si riprese quasi
subito.
“...che
incombevano minacciose sulla nostra casa...”
“...sono
sepolte nel petto profondo dell’oceano. Ma bravo, complimenti !” disse
Oliver in tono sarcastico, applaudendo l’amico e salendo sul palco. Gli altri
li guardavano con aria perplessa.
“Davvero ti
sono piaciuto, Ollie ?” disse Benjamin gongolando.
“Da morire,
sei un attore nato... Piuttosto, dimmi : dove hai trovato quel
monologo ? Sai, la mia memoria fa un po’ acqua e non ricordo queste parole
in bocca a re Duncan...”.
“Oh, le ho
prese da una rivista” rispose Benjamin, noncurante. “Parlava di un’altra opera
del vecchio Willie, messa in scena non so dove... certo che colpiscono,
vero ? Anzi, volevo giusto chiederti : visto che, a quanto ho capito,
la mia idea sulla fine alternativa del re non ti è andata molto a genio...”.
Oliver prima sbiancò, poi iniziò a diventare rosso come un peperone.
“...che dici
di aggiungere questo monologo alla mia parte ? Mi sembra di grande effetto
scenico, e poi l’ho già imparato...dai, cosa ne pensi ?”. Tutti i ragazzi
si strinsero nelle spalle pensando che Oliver, il quale era ormai violaceo, si
mettesse a sbraitare come al solito. E invece se ne stette calmo a guardare in
faccia l’amico dalle grandi idee.
“Effetto
scenico, eh ? Aggiungere alla tua parte, eh ?” disse, con la massima
tranquillità.
“L’hai anche
già imparato a memoria...e lo reciti anche bene,giusto ?”. Oliver mise una
mano sulla spalla di Benjamin, che cominciava a capire l’aria che tirava.
“Sai cosa ti
dico, Benji ?”.
“C...che
cosa, Ollie ?”
“FILA A
STUDIARTI QUELLO CHE C’E’ SCRITTO SU QUELLO STRAMALEDETTO COPIONE, BESTIA,
INVECE DI ROMPERMI L’ ANIMA CON QUESTE BAGGIANATE ! ! !” sbottò
Oliver, cogliendo tutti di sorpresa e spaventandoli a morte. Benjamin fece un
balzo indietro e se la svignò di corsa.
“’ L’inverno
del nostro scontento’...ma come si fa ad essere più
stupidi ? ! ?” continuò Oliver, scendendo dal palco. “Già che ci
siamo, aggiungiamoci anche ‘Essere o non essere’ e ‘O Romeo,
Romeo.. ‘ ! Non studiano neanche la loro parte e pretendono di
infilarci dentro roba che non ne ha niente a che fare ! Me lo dici cosa
c’entra York con Macbeth ? Eh ? Me lo dici ? ! ?”
urlò, rivolgendosi a Benjamin che si era rifugiato in fondo alla sala e si era
fatto piccolo piccolo. “Visto che ti piacciono le citazioni, perché non ci
mettiamo, che so, Banquo con il reggicalze e le scarpe col tacco, tipo ‘The
Rocky Horror Picture Show’ ? Davenport sarebbe felicissimo ! ! !”.
Poi,
voltandosi di scatto, gridò a voce ancora più alta : “E PERCHE’ QUEI TRE
IMBECILLI NON ARRIVANO, CHE SIAMO GIA’ IN UN RITARDO
CLAMOROSO ? ! ?”.
“Veramente i
tre imbecilli erano andati a recuperare un po’ di legna e attrezzi per
sistemare le scenografie, visto che il loro ingresso in scena non era previsto
per oggi” disse con calma Jack, costringendo di nuovo Oliver a voltarsi.
“Siamo
arrivati già da cinque minuti, ma tu eri troppo occupato a disintegrare Benji
per notarci” disse Julian posando a terra un grosso fascio di assi. “Sai, non
hanno ancora inventato il teletrasporto...”.
Oliver,
sudando freddo, disse : “Va bene, scusatemi...sono un po’ nervoso... ma
ora è meglio se cominciamo davvero”. Alzò la testa e si guardò intorno :
“Beth, Lucy, Patty...Paul e Tom.” disse, sfogliando il copione e tornando sul
palco. “Forza, scena prima. Che poi sarebbe la terza, ma lasciamo perdere...”
continuò, pensando ai brutali tagli fatti da Davenport all’opera originale.
I cinque
attori seguirono il regista sul palcoscenico. “Avanti le tre streghe” disse
Oliver.
Le ragazze
si misero in cerchio e, in coro, lessero ad alta voce :
“Siam le
Sorelle Destinatrici,
che se ne vanno per terra e per mare,
mano in mano, tondo tondo
tre volte di là, tre di qua,
e per far nove ancora tre.
Zitte ! La fattura c’è !”
Tommy fece
un passo in avanti, emozionato. Il suo entusiasmo diminuì sempre di più, mentre
si accorgeva che tutti tenevano gli occhi fissi su di lui. Con voce tremolante,
lesse :
“Mai visto un giorno così brutto e bello...”.
Entrò in
scena Paul-Banquo :” Quanto manca per Forres ? E che son queste
vecchie grinzute malvestite (mamma mia, pensò Oliver, se Shakespeare sentisse
questo scempio..”) ? Siete vive ? Mi capite ?Non parete nemmeno
donne, tanto siete brutte !”.
“Sarai bello tu !”
sbottò Lucy. Oliver fece cadere le braccia e disse :
“Lucy, era la battuta di
Paul...”.
“Ah, scusa.”
“Però sono stato
convincente, eh Ollie ?” disse il ragazzo, dando di gomito a Oliver, che
con noncuranza rispose : “Sì, sì, va bene, andiamo avanti...”.
“Salute, Macbeth !”
continuarono le tre ragazze. “Salute a te, Barone di...”.
FRENFRENFRENFRENFRENFREN !
Tutti girarono la testa
per vedere da dove venisse quel rumoraccio.
“Mark, ma che diavolo
stai facendo ? ! ?” disse Oliver all’amico che stava armeggiando
con un seghetto.
“Non vedi ? Stiamo
intagliando qualche asse per rinforzare questa schifezza di ‘castello’, se
possiamo chiamarlo così ! Non vorrai che crolli proprio durante la
recita ?” rispose Mark.
“Va bene, ma dovete
farlo proprio adesso ?” disse Tommy, che cominciava ad innervosirsi.
“E quando,
altrimenti ? L’ha detto Ollie che quelli che non provano devono
lavorare !” disse Jack. Oliver fece un cenno con la mano e disse :
“Okay, okay, continuate pure... dov’eravamo rimasti ?”.
“Salute a te, Barone di
Cawdor, che re sarai domani !” continuarono le ragazze.
“Signore, perché...”
“Un momento, un momento”
disse Oliver interrompendo Paul. “Tom, non startene lì come un baccalà,
muoviti ! Qui tu dovresti essere intimorito da...”
“E secondo te non lo
sono abbastanza ? ! ?” sbottò Tommy, che tremava come una foglia
e sudava freddo. “Non ce la faccio più, Ollie !”.
Ci mancava il martello,
pensò Oliver. Poi, alzando la voce, riprese : “...che sarebbe stato
fantastico, che saresti stato un attore di prim’ordine eccetera ?”.
“Sì,ma non avevo ancora
idea di come sarebbe stato veramente ! Solo l’idea che ci siano qua i
ragazzi, bada bene, i nostri compagni di classe, mi manda nel pallone, figurati
quando sarò davanti a tutta la scuola !”
“Insomma, Tom !”
sbottò Oliver, decisamente arrabbiato “Devi farla finita con questa
storia ! Tutti qui sono nelle tue stesse condizioni e...”
I DON’T KNOW WHY YOU ARE MEAN TO ME...
“Cosa cavolo... ?”
disse Oliver interrompendosi di colpo.
...WHEN I CALL ON THE TELEPHONE...
Tutti si guardarono in
giro, piacevolmente sorpresi, mentre Oliver si dirigeva deciso verso la
sorgente da cui usciva la voce di Michael Stipe, cioè una radiolina che Mark
aveva acceso, e la spense di colpo.
“Ma come, Ollie”
protestò Mark “Pensavo che i REM ti piacessero !”.
“Sì, ma non adesso,
pezzo di idiota ! Stiamo provando, se non l’hai ancora capito ! Come
se non bastasse il casino che state facendo ! Se vuoi ascoltare la musica,
fallo con le cuffie !”. Detto fatto, Mark fece spallucce e tirò fuori
dallo zaino un paio di auricolari che si infilò subito, e poi ricominciò a
lavorare.
“Ricominciamo da capo, è
meglio ! “ disse Oliver tornando verso il piccolo manipolo di attori.
“Se ci interrompono
ancora una volta giuro che...”
THESE WOOOOOOOORDS...YOU WILL BE MIIIIIIIIIIIIINE....
Questa volta non era la
radio : era direttamente Mark, che si esibiva in un vocalizzo da paura.
Oliver era verde.
“Io...io...non ci posso
credere...” disse, coprendosi la faccia con le mani.
...ALL THE TIIIIIIIIIIIIIIIIME....
Oliver perse del tutto
la calma e strappò via le cuffiette dalle orecchie di Mark urlando: “MA LA VUOI
PIANTARE ? ! ?”.
Il ragazzo bisbigliò :”Scusa
Ollie... ma non riesco a non cantare mentre lavoro...”
“E ALLORA CANTA
SOTTOVOCE !” sbraitò in tutta risposta Oliver. “E’ la quarta volta che
interrompiamo le prove, e abbiamo appena cominciato ! Non ne posso più,
avete capito ? ! ? Se solo penso che dovremo tirare avanti in
questo modo per un mese mi viene da vomitare ! ! ! Non avete
idea della voglia che ho di mandare all’inferno voi e questa recita del...”
“Ollie, calmati !”
intervenne Julian. “Se ti sente Davenport ti...”
“Davenport ? ! ?”
lo interruppe Oliver. “Sai cosa gli dico, io, a Davenport ? ! ?”
“No, che cosa ?”
risuonò una voce niente affatto rassicurante.
Oliver si voltò e
impallidì nel vedere la minacciosa ombra del preside che, a braccia conserte,
si stagliava contro la porta dell’Auditorium. Julian deglutì, pensando a ciò
che attendeva l’amico.
“Forza, Hutton, cos’è
che dovresti dirmi ?”
“Ahem...eeeh....ecco...”
balbettò Oliver. “...che...che lo spettacolo deve continuare, sì. Certo. Come
diceva il poeta .... Bene ! Forza, ragazzi, tutti in scena...” disse
con voce rotta, battendo le mani che gli tremavano come foglie. Se non sviene
ora vuol dire che è proprio una roccia, pensò Paul.
“Aspetta, aspetta,
Hutton” disse il preside raggelando ulteriormente il ragazzo.”Volevo parlarti
un attimo. Vieni” ed entrambi uscirono dalla sala. Subito scattarono i commenti
tra gli altri ragazzi. Jack sosteneva che Davenport avrebbe sostituito
Oliver ; Stephen addirittura credeva che l’avrebbe sospeso, mentre Maddy
era sicura (e Tommy pregò che avesse ragione) che il preside sarebbe stato
magnanimo con tutti e avrebbe abolito la recita per quell’anno e tutti quelli a
venire (Amen, pensò Philip). Ad ogni modo, i ragazzi decisero di impegnarsi al
massimo e prendere un po’ più sul serio la cosa.
“Facciamolo almeno per
Ollie” disse Maddy. E gli altri furono d’accordo.
Comunque, riguardo alla
conversazione tra Oliver e Davenport si sbagliavano tutti.
Appena furono fuori
dalla porta, il preside disse : “Allora, Hutton, come procedono le
cose ?”
“Come vuole che
vadano ? Baker ha il terrore del palco, la Anderson ha pestato Ross (e
anche me, se non l’ha notato), Price ha le manie di grandezza, a nessuno
importa un accidente di quello che stiamo facendo e io sto per avere un
esaurimento nervoso. A parte questo, tutto bene, grazie.”. Detto ciò,
aggiunse : “Ah, e siamo ancora alla prima scena...immagini quello che
succederà più avanti !”.
“Beh, direi che non è
decisamente un buon inizio ! Ma...tenete duro, vedrete che tutto si
sistemerà”. Davenport si voltò e fece per andarsene, ma si voltò di nuovo e
aggiunse : “Ah, se hai qualche problema, ricordati che mi puoi trovare...”
“...il lunedì fino alle
10.30 .... Grazie, professore”, disse Oliver sospirando. E tornò al suo infame
lavoro, lasciando il preside con la netta sensazione che la faccenda sarebbe
davvero stata più complicata del previsto. Comunque Davenport aveva deciso che
ormai di tutto ciò non gli importava più di tanto, visto che i ragazzi dovevano
sbrigarsela da soli. Al massimo avrebbe scaricato tutta la colpa di un
eventuale disastro su Hutton. Questi studentelli che si spacciano per
intellettuali, pensò. Almeno, così gli fece comodo pensare.
10. Si cercano soluzioni
Fino al lunedì
successivo le cose migliorarono. Tutti cercarono di impegnarsi al massimo,
almeno per tener buono Oliver che stava seriamente pensando di spararsi un
colpo in testa. L’unico che aveva ancora dei seri problemi era Tom, che, oltre
a non riuscire a spiccicare una battuta senza balbettare, cominciava anche a
soffrire d’insonnia, almeno a giudicare dalle occhiaie che aumentavano ogni
giorno. Ma i ragazzi erano certi che avrebbero trovato un modo per
tranquillizzarlo a dovere, a costo di imbottirlo di sedativi.
Quindi, a quanto
sembrava, tutto avrebbe dovuto procedere liscio come l’olio, e la recita si
stava rivelando come tutti l’avevano immaginata : una noiosa seccatura che
nessuno aveva potuto evitare.
E invece l’imprevisto
era proprio dietro l’angolo...e aspettava alcuni dei nostri amici.
“Dove cavolo l’ho
messo ?” disse tra sé e sé Paul frugando nervosamente nello zaino.
“Cosa stai
cercando ?” chiese Stephen vedendo l’amico indaffarato.
“Il copione” rispose il
ragazzo senza alzare lo sguardo. “Non ricordo più dove l’ho messo...eppure ero
convinto di averlo sabato, quando abbiamo finito le prove...”.
“...scusa un attimo, mi
stai dicendo che da sabato tu non hai più neanche letto la tua parte ?”
disse Stephen, incredulo.
“Beh, sai, sabato sera è
venuto a cena mio zio Kevin e abbiamo suonato fino a tardi...”
“Quale zio Kevin, il
session-man ?”
“L’unico zio Kevin che
ho... mi ha insegnato un girofantastico ! Ve lo farò sentire, quando ricominceremo le prove con
i PLW... “.
Stephen sorrise vedendo
l’espressione beata che aveva assunto Paul parlando dello zio chitarrista e del
suo gruppo ; da quando i ragazzi erano impegnati nella rappresentazione,
lui e gli altri componenti dei “Picasso’s Last Words” (PLW per gli amici) , tra
cui c’erano anche Julian, Oliver, Mark e lo stesso Paul, avevano sospeso le
prove, e di questo Paul soffriva parecchio, anche perché suonare in gruppo non
era la stessa cosa che farlo da soli. Indubbiamente, togliere la musica a Paul
significava sottoporlo ad un atroce supplizio.
“...poi domenica sono
riuscito ad imparare l’assolo di “Layla”... mi ci è voluto tutto il giorno ma
ce l’ho fatta ! Così non ho fatto in tempo a studiarmi la parte...so che
Ollie non sarà contento, ma non ho proprio potuto farne a meno !”
“Ti credo, ti credo” disse
Stephen “Ora, però, farai meglio a trovare davvero il tuo copione, prima che
Ollie ti scortichi vivo !”
“Non dirmelo... ah, mi
sa che l’ho lasciato nell’Auditorium !”. La campanella suonò, ricordando
ai ragazzi che stavano per ricominciare le lezioni. “Va beh, andrò a
recuperarlo durante l’intervallo” decise Paul sedendosi al suo posto.
Detto fatto, appena
suonò la campanella delle 10.00 Paul si fiondò nell’Auditorium assieme a
Stephen (che si era offerto di aiutare l’amico nella sua ricerca). Quando arrivarono
davanti all’ingresso, videro che la porta era socchiusa, e un sacco di gente
incuriosita sbirciava attraverso lo spiraglio.
“Che stanno
facendo ?” domandò Paul ad una ragazza che stava uscendo ed aveva un’aria
piuttosto delusa.
“E’ meglio se state
fuori...gli ‘Stand Up’ stanno cercando una cantante, e non vogliono che si
faccia casino durante le prove” rispose lei “Ne hanno già scartate quattro, me
inclusa, e credo che faranno notte prima di trovarne una.”
“Ah, i mitici ‘Stand
Up’... chissà se quel trombone di Leon Mitchell c’è ancora” disse Stephen con
aria di superiorità. Paul non rispose, e, infischiandosene dell’avvertimento
della ragazza, entrò in sala. Non aveva mai sopportato Mitchell : era
stato anche lui nei PLW e aveva creato un sacco di problemi. Per fortuna se
n’era andato e aveva messo in piedi una sua band, che veniva comunemente
considerata ‘rivale’ degli stessi PLW...
L’ingresso di Paul fu
accolto con una serie di gelidissime occhiate da parte di Leon Mitchell e dei
suoi accoliti, ma il ragazzo non se ne curò e iniziò a frugare tra le
poltroncine. Non alzò lo sguardo dai sedili finchè salì sul palco una strana
ragazza bionda dall’aspetto insignificante che iniziò a cantare con voce
piuttosto bassa. Paul la guardò un attimo e ascoltò le prime note della
canzone. L’aveva già sentita alla radio diverse volte, e non gli era mai
particolarmente piaciuta.
You could say this was an
independent love song...
“Eccolo qua” disse,
sollevando il copione che aveva finalmente trovato in seconda fila. Rivolse lo
sguardo a Stephen, che lo aspettava sull’uscio, e gli mostrò il plico di fogli.
Stava per uscire, quando qualcosa lo bloccò.
I’LL SHOW YOU HOW TO TAKE
ME...
Paul spalancò la bocca,
fece cadere il copione e si girò a guardare la ragazza, che aveva lanciato un
acuto incredibile e inaspettato.
...GO DOWN, GO DOWN...
...quella voce...
...I’LL SHOW YOU HOW TO
TURN ME...
...dove l’aveva
presa ?
...RIGHT ON, RIGHT ON...
Non aveva mai sentito
niente di simile.
Quella ragazza dai
lunghi capelli biondi e gli enormi occhiali dalla montatura sottile si era
trasformata sotto i suoi occhi : Paul non riusciva più a distogliere lo
sguardo da lei e continuava a fissarla a bocca aperta. Stephen si chiese se per
caso l’amico non si fosse rimbambito del tutto. Sì, la tizia cantava bene, ma
non era certamente il caso di fissarla così...
...IN A DIFFERENT WAY, IN
A DIFFERENT WAY...
Ormai per Paul non
esisteva più nulla. Era completamente avvolto dalla voce della sconosciuta che
lo stava trasportando lontano da tutto...dalla scuola...dalla recita...dai PLW
e gli ‘Stand Up’...
Come poteva quella voce
appartenere alla sconosciuta che si trovava sul palco, aggrappata al microfono
e con gli occhi chiusi come se temesse di essere trascinata via da una forza
invisibile ?
“Ma che cavolo sta
facendo ?” pensò Stephen vedendo il ragazzo sorridere imbambolato.
“Dev’essergli partita qualche rotella...”
In effetti si sbagliava
di poco ; Paul aveva completamente smesso di pensare...avrebbe potuto
stare ad ascoltare la ragazza sul palco per tutta la vita. Ormai era fatta, era
cotto di lei.
Quando la canzone
finì,la ragazza rivolse uno sguardo imbarazzato al leader degli ‘Stand Up’,
che, con aria sufficiente,le disse : “Sì...beh, puoi andare...ti faremo
sapere”.
Ti faremo sapere !
Come potevano mandare via così quell’angelo caduto?
Lei arrossì e
bisbigliando un “Grazie” scese dal palco. Dirigendosi verso l’uscita, a testa
bassa e sguardo mesto,urtò leggermente contro la spalla di Paul, che non le
aveva staccato gli occhi di dosso un istante.
“Scusami”, sussurrò
timidamente.
“Figurati” , rispose
Paul con aria trasognata, continuando a seguirla con lo sguardo.
“Allora, ti
muovi ?” disse Stephen all’amico, tirandogli una manica. Paul non rispose,
completamente perso in una nuvola rosa.
“Ma cos’hai ?”
domandò di nuovo Stephen, preoccupato, raccogliendo il copione che l’amico
aveva ormai abbandonato sul pavimento. “Sei stato folgorato sulla via di
Damasco ?”
“Devo conoscerla, Steve”
disse Paul, riprendendosi.
“Conoscere chi ?”
“Come
chi ? ! ?Lei ! ! ! La sua voce da usignolo...tu
non sai cos’ho provato nel sentirla cantare ! Quella non era la sua
voce...era la sua anima !”
“Ci siamo” disse Stephen
alzando gli occhi al cielo. “Paul, non posso credere che tu ti sia innamorato
di una perfetta sconosciuta solo sentendola cantare ! Magari non è nemmeno
il tuo tipo, e poi...lasciamelo dire, non è un granchè !”
“E con questo ?”
replicò Paul stizzito. “Ha carattere, e si vede...anzi, si sente ! E’
dolce, leggiadra e al tempo stesso potente come...”
“...come la sua voce.
L’hai già detto, uffa !”
“Devo conoscerla !
Devo...o ne morirò, ne sono certo !”
“Adesso non
esagerare...stai facendo un po’ troppo il melodrammatico ! Comunque, se
proprio ci tieni a saperlo, è in terza A.”
“Ma come” disse Paul
sorpreso ed eccitato “Allora sai anche chi è !”
“Altrochè” rispose
Stephen. “Si chiama Sarah Nash, ed è una delle migliori amiche della mia
Heather” .
12.
Got my mind set on you
Sarah Nash... Sarah
Nash...
Paul non riusciva più a
levarsi quel nome dalla testa ; l’immagine della ragazza occupava
totalmente i suoi pensieri. Come avrebbe potuto presentarsi a lei ? Cosa
le avrebbe detto ? E soprattutto, come avrebbe reagito lei ?
“Pianeta Terra chiama
Paul Diamond... Pianeta Terra chiama Paul Diamond... Rispondi Paul... Su quale
pianeta sei precipitato ?” disse Oliver tenendo il copione arrotolato
davanti alla bocca come se fosse un megafono. Il ragazzo si scosse un attimo e
rispose :
“Dici a me ?”.
“No, a quello dietro di
te... e non ti girare, per la miseria ! Era una stupida battuta...” disse
Oliver, notando che l’amico stava effettivamente guardandosi alle spalle. “Si
può sapere dove hai la testa ? Tocca a te !”.
“Perdonalo Ollie”,
intervenne Stephen cingendo con un braccio le spalle di Paul. “L’amore fa degli
strani scherzi...”.
“Amore ? Paul è
innamorato ?” disse incredulo Mark. Secondo lui (e tutti quelli che
conoscevano il ragazzo) Paul non avrebbe mai potuto innamorarsi di nessun altro
che della sua chitarra, con cui sarebbe vissuto felice e contento per il resto
della sua vita ; è logico quindi che la notizia che il suo cuore batteva
per una ragazza in carne ed ossa avesse sconvolto tutti ! In men che non
si dica, Paul fu circondato dai compagni che lo tempestarono di domande.
“Chi è ?”
“E’ carina ?”
“La conosco ?”
“Dove abita ?”
“Le hai già
parlato ?”, e via discorrendo. Ci manca solo che gli chiedano di che
colore porta le mutande, pensò Oliver, seccato per l’ennesima interruzione
delle prove.
Paul, che era piuttosto
riservato e non aveva gradito la massiccia intrusione nella sua vita privata,
lanciò a Stephen uno sguardo che significava più-tardi-facciamo-i-conti-spione.
“Questa sì che è una
notizia !” esclamò Benjamin fregandosi le mani. “Dai, dicci almeno come si
chiama !”
“Certo, così vai subito
a spiattellarlo a mezza scuola, pettegolo come sei !” rispose Paul.
“Chi, io ?” disse
Benjamin con un’espressione da cherubino raffaellesco.
“Sì, Benji, lo sappiamo
tutti che sei peggio di una portinaia !” disse, ridendo, Julian.
Effettivamente la fama
di Benjamin Price era quella del maggior diffusore di pettegolezzi di
Sevenoaks. Volete sapere con quanti ragazzi è uscita Olivia Maiden? Chiedetelo
a Benji. A chi corre dietro Andy Morgan ? Chiedetelo a Benji. Di chi è
innamorato Paul Diamond ? Chiedetelo a Benji... No, Paul non aveva
assolutamente intenzione che la voce si diffondesse, e magari arrivasse anche
alle orecchie di Sarah.
“Avanti Paul, a noi lo
puoi dire” disse Tom. “Con chi vuoi confidarti se non con i tuoi amici ?”
“Non parlare, Paul”
intervenne Elizabeth, “Credi davvero che questi pecoroni sappiano tenere a
freno la lingua ?”
“Comincia a frenare la
tua, gallina !” rispose Julian. La ragazza stava per ribattergli con
estrema acidità, ma si trattenne vedendo che l’amico le aveva strizzato un
occhio, come per dire ‘salviamo le apparenze’. Elizabeth sorrise e fece finta
di niente.
Intanto, messo sotto
pressione dai compagni, Paul aveva ceduto.
“E va bene, si chiama
Sarah...”
“Sarah come ?”
“Sarah
Simpson ? “
“Sarah Roberts ?”
“Non sarà mica quella
gnocca di Sarah Halloran ?” lo interruppero i ragazzi.
“Fatemi finire,
cavolo ! Adesso capisco come si sente Ollie quando tutti lo
interrompono !” Oliver sospirò e ringraziò l’amico del pensiero... e
intanto anche quella giornata di prove stava andando a farsi benedire.
“Si chiama Sarah Nash...
ed è in classe con la ragazza di Stephen”.
“Cosa ?” esclamò,
deluso, Oliver, che ormai si era lasciato incuriosire. “Quella biondina con
l’aria svanita e gli occhialoni alla Dave Mattacks ? Certo che potevi
trovartene una migliore !”
“Ollie ! ! !”
“Eddai, Stephen, non
dirmi che non è vero ! Ha l’aria di essere sveglia come una sardina...”
“E tu che ne
sai ? ! ?” sbottò Paul, che era diventato rosso come un
pomodoro. “Come ti permetti di giudicare così una persona che neanche conosci ? ! ?
Ti consiglio di riflettere bene sulla tua carriera di ‘tombeur des femmes’ ,
invece di fare lo sputasentenze ! Perché, a quanto mi risulta, sei
l’ultima persona che dovrebbe esprimersi su certi argomenti !”
Lasciando Oliver e gli
altri impietriti, Paul scagliò a terra con rabbia il copione e uscì di corsa
dalla sala.
“Dai, Paul,
scusami...non fare così...” disse Oliver, raccogliendo il copione e seguendo
l’amico.
Gli altri ragazzi
stettero un attimo ad ascoltare le voci dei due disperdersi lungo il corridoio
della scuola. “Povero Ollie”, disse Jack.
“Ma smettila !”
disse Julian “era ora che anche lui prendesse la sua bella badilata di letame
in faccia !”
“E’ vero, ma cerca di
capire...” disse Tom imbarazzato.
“Capire cosa ? Va
bene, può darsi che ultimamente l’abbiamo fatto uscire un po’ dai gangheri, ma
non può permettersi di insultare tutti come gli pare ! Chi si crede di
essere, il Padreterno ?”
“Julian ha ragione”
disse Elizabeth. “Ollie ha decisamente esagerato. Ha ferito i sentimenti di Paul
e la cosa più saggia che deve fare è solo chiedergli scusa.”
“Un momento... Elizabeth
che dà ragione a Julian... c’è qualcosa che non mi torna !” disse
beffardamente Mark, incrociando le braccia. “Sei sicura di sentirti
bene ?”.
“Già, forse ho la febbre
alta e sto delirando !” rispose Elizabeth ridendo.
“Beh, ormai credo che ce
ne possiamo andare” disse Tom guardando fuori dalla finestra e tirando un
sospiro di sollievo. Paul e Oliver erano in cortile e stavano ancora discutendo
animatamente.
“L’hai scampata anche
oggi, eh ?” disse Jack battendo una mano sulla schiena del ragazzo che
arrossì pensando al suo incubo peggiore. “Vedi di farti passare alla svelta la
tua maledetta fobia del pubblico, il tempo stringe !”
Già, il tempo stringe...
e sarà bene prendere provvedimenti, pensò Tom. D’altronde, non stava mica
andando al patibolo : decise quindi che dove avrebbe fallito il
self-control, avrebbe funzionato il Tavor. Dev’essercene una confezione da
qualche parte, si disse Tom pensando a quella meravigliosa scatoletta di
tranquillanti che si trovava a casa sua in qualche cassetto, inutilizzata da
tempo. Raccolse le sue cose sorridendo, convinto di aver trovato la soluzione
ai suoi problemi : in realtà, se avesse saputo cos’avrebbero escogitato di
lì a poco i suoi amici, si sarebbe subito fatto venire in mente un’altra idea.
Intanto,il destino
proseguiva il suo gioco di combinazioni con qualcun’altro...
13. Così lontani, così vicini
Non sapevano nemmeno
loro com’era successo, ma, uscendo dall’Auditorium, Elizabeth e Julian si erano
messi a chiaccherare, ed ora stavano dirigendosi insieme verso casa.
“Non vedo l’ora che
questa storia sia finita “ disse Julian, “Non ne posso più di ripetere sempre
le stesse battute ! Poi ci si mette anche quel nevrastenico di Ollie...
non gli va mai bene niente ! Insomma, fossimo una compagnia di
professionisti...”
“E’ vero, pretende un
po’ troppo” disse Elizabeth, “Ma bisogna anche capirlo. Si è ritrovato tra capo
e collo una bella responsabilità, ed è ovvio che perda facilmente le staffe. Io
non riesco nemmeno a sbrogliarmela con la mia parte, figurati lui che deve
dirigere tutta l’orchestra !”
“Che fai, lo difendi
adesso ?”
“No, voglio solo dire
che non dobbiamo demonizzarlo troppo ! Vedrai che, quando tutto sarà
finito, tornerà il solito Oliver di sempre !”
“Lo spero bene” rispose
Julian sospirando “Anche perché non ci lascia liberi un attimo... ci fa provare
anche tutto il week-end !Ha perfino fatto sospendere le prove dei PLW...”
“Sia lodato Oliver
Hutton !” lo interruppe Elizabeth “Lo nomineranno eroe della patria per
avere risparmiato l’udito degli abitanti di Sevenoaks da una banda di
spaccatimpani come voi !”. Vedendo che Julian la stava guardando in
cagnesco, la ragazza si affrettò a precisare : “Scherzavo, non preoccuparti !
Lo sai che non mi perdo uno dei vostri concerti !”
“Lo spero bene !
Comunque questo sabato non vengo alle prove neanche se mi ci trascina in
catene!”
“Cos’hai, un
appuntamento con una delle tue pollastre ?” domandò Elizabeth sarcastica.
“Molto meglio... mi
hanno regalato due biglietti per il concerto di Van Morrison alla Carter
Hall !”. Elizabeth si bloccò all’istante, guardando l’amico a bocca
spalancata.
“...stai
scherzando ?” disse, attonita, rimettendosi poi in cammino.
“Nossignora ! Il
problema è che mi toccherà andarci da solo... Amy e papà non ne vogliono
sapere, Philip, che si spaccia per il mio migliore amico, mi ha riso in faccia
e nessuno degli altri ha intenzione di venirci ! “
“Ma...ma davvero ?”
disse Elizabeth, sempre più incredula.
“Già ! Sembra che
io sia l’unico ragazzo ad ascoltare Van Morrison invece delle Spice Girls in
questo buco di posto !”
“E...e Paul ?”
“Ho pensato anche a
lui... ma Paul è il tipo che ascolterebbe anche due barattoli che cozzano uno
contro l’altro... in quanto a musica è assolutamente onnivoro ! Gli piace
qualsiasi cosa emetta un suono !”
“E per te è un
problema ?”
“No, ma mi piacerebbe
andarci con qualcuno che mi dà un po’ più di soddisfazione... insomma, si sa
che Van Morrison non è un cantante che può piacere a tutti perché non sempre le
sue canzoni sono orecchiabili... ma per me sono speciali ! E poi...beh,
diciamo che lo apprezzo anche per ragioni...per così dire...’sentimentali’”.
Julian si fece più serio e guardò altrove.
“Già, posso immaginarlo”
disse Elizabeth, pensando alle radici irlandesi del ragazzo. “Anche lui è di
Belfast come te, vero ?”
“Proprio così. Comunque
dove lo trovo un disgraziato che mi accompagni al concerto ?”
“Beh, una ce l’hai
proprio di fronte...” disse Elizabeth guardando a terra e torcendosi le dita
dietro la schiena. Julian la fissò stupefatto.
“Non...non dirmi che
ascolti Van Morrison !” balbettò il ragazzo.
“E’ uno dei miei
cantanti preferiti” sospirò Elizabeth. “Ho cercato anch’io un biglietto per
quel concerto, ma erano tutti esauriti da tempo...”. Si interruppe un attimo,
poi, visibilmente imbarazzata, riprese il discorso. “Non ho tutti i suoi
dischi... ma conosco quasi tutte le sue canzoni... alcune mi fanno impazzire,
come ‘Moondance’... o ’Snow in San Anselmo’...”
“ ‘Caravan’ ” proseguì
Julian senza staccare gli occhi dalla ragazza.
“Madame George”
“Take it where you find it”
“La mia preferita.”
“Anche la mia...” Tra i
due ci fu un attimo di silenzio, durante il quale Elizabeth si sentì sempre più
a disagio.
“Certo che è
incredibile” riprese Julian.
“Già, così pare” rispose
Elizabeth.
Arrivati all’incrocio
tra Broadfields Avenue e Ashford Road, la ragazza disse. “Beh, io vado di qua.
Ci vediamo domani”. Si voltò e fece per andarsene quando Julian la fermò.
“Aspetta” disse. “Hai da
fare sabato sera ?”
“No, ma...” rispose
Elizabeth titubante.
“Il concerto inizia alle
nove e mezza ; passo a prenderti alle nove. Fatti trovare pronta !”
disse, e, sorridendo, corse via.
“Hey, un momento...”
intervenne Elizabeth cercando di fermare l’amico.
“... puntuale, mi
raccomando !” disse Julian in lontananza, agitando una mano per salutare
la ragazza.
Elizabeth restò un
attimo sul marciapiede, inebetita, senza riuscire a credere alle parole
dell’amico. Se lo racconto agli altri non ci crederanno mai, pensò. Sabato sera
vado ad un concerto con Julian Ross... e che concerto, ragazzi !
Felice, corse verso casa
chiedendosi cos’avrebbero pensato le sue amiche alla notizia che lei avrebbe
passato una serata favolosa con il ragazzo più bello del paese.
14. La notte porta consiglio
Quella notte, nel loro
letto, rintanati sotto le coperte, i ragazzi erano assorti in un nugolo di
pensieri.
Oliver pensava alla
figuraccia che aveva fatto con Paul, alla fatica con cui era riuscito a farsi
perdonare e alla sua lingua, che diventava spesso troppo lunga al momento
sbagliato. Pensava a come lo stavano giudicando gli amici, visto il modo in cui
lui ultimamente li trattava ; dopotutto erano stati tutti costretti a
lavorare contro la loro volontà, e non stavano certo preparando una
rappresentazione alla ‘Royal Albert Hall’, ma una stupida recita scolastica (in
cui uno scrittore fallito pretendeva di elevarsi al livello del Grande Bardo)
di cui non importava un accidente a nessuno...e l’amicizia dei compagni era un
prezzo troppo alto da pagare per una sciocchezza del genere. Decise quindi che
si sarebbe messo il cuore in pace e non avrebbe più fatto lo spocchioso ;
comunque sarebbe andata, lui per tutti sarebbe rimasto il buon vecchio Oliver
Hutton, intellettuale sì, ma anche secondo chitarrista dei Picasso’s Last Words
nonché tifoso sfegatato dell’Arsenal.
Paul, ovviamente,
pensava a Sarah ; a dire il vero, più che pensare stava fantasticando sul
suo incontro con lei, i loro dialoghi e le dichiarazioni di reciproco amore che
si sarebbero certamente scambiati entro breve tempo. Ben presto, però, i suoi
sogni rosa confetto furono spazzati via dal terrore che la ragazza lo
rifiutasse, o peggio ancora fosse già impegnata, dando così il cuore del povero
Paul in pasto ai cani... Poi si disse che, in fin dei conti, non poteva saperlo
finchè non si presentava a lei e l’aveva conosciuta... E se non fosse riuscito
nemmeno a parlarle, facendo la figura del salame ?
Con queste terribili
preoccupazioni in testa, Paul chiuse gli occhi e sprofondò in un sonno senza
sogni.
Elizabeth pensava a
Julian, ed era un pochino perplessa. Senza dubbio il rapporto tra loro era
nettamente migliorato, ma in modo così improvviso che la ragazza faticava
ancora a rendersene conto. Fino ad allora non era mai andata troppo d’accordo
con Julian, anzi, quando si erano conosciuti, tre anni prima, l’aveva trovato
decisamente antipatico. Forse era quel suo modo di fare molto spiccio, il fatto
che lui diceva in faccia a tutti quello che pensava e riusciva sempre a zittire
chi diceva qualche stupidaggine... probabilmente aveva un carattere troppo
forte per i suoi gusti. O forse era più semplicemente il fatto che attirava le
ragazze come le mosche ad aver insidiato in Elizabeth l’idea che lui fosse un
farfallone che amava solo divertirsi con le sue spasimanti. Niente di più
falso, e di questo si era accorta abbastanza in fretta ; Julian era stato
con una ragazza, Janet Lane, per sette mesi ; poi lei si era trasferita a
Hull e gli aveva piantato un bel paio di corna, ma lui, chiaramente, non se
n’era mai accorto e aveva continuato a scriverle che l’amava follemente finchè
non aveva conosciuto il suo ‘rivale’... anche lui, tra l’altro, ignaro del
ruolo del ragazzo nella vita di Janet. Julian era rimasto talmente bruciato
dalla cosa che non aveva più voluto impegolarsi con nessun’altra, tantomeno con
ragazzine che gli sbavavano dietro solo perché era bello. E bello lo era,
eccome...
Elizabeth non aveva mai
voluto ammetterlo, ma ora lo stava facendo ; Julian aveva un fisico snello
e asciutto al tempo stesso, forse per merito dello sport che praticava con
costanza (era un discreto cavaliere e un bravo cestista) e aveva un viso
davvero stupendo. I suoi brillanti occhi color nocciola avevano sempre
un’espressione intelligente e vivace, e quando sorrideva mostrava una dentatura
così perfetta che pareva uscita dalla pubblicità di un dentifricio. E vederlo
sorridere si poteva considerare una delle gioie della vita.
Sì, dopotutto non era
così male, pensò Elizabeth. Piano piano i due si erano avvicinati e la
reciproca indifferenza era stata sostituita da un rapporto di amore-odio (che,
secondo Philip, era l’anticamera del matrimonio) in cui lui spesso si divertiva
a stuzzicarla per vedere le sue reazioni, e lei non aspettava altro per
mostrargliele.
Poi c’era stato
l’episodio del pugno... e da lì, stranamente, le cose avevano iniziato a
cambiare. Si beccavano ancora, ma non come una volta, e chiacchieravano più
volentieri.
E ora il concerto... non
riusciva a crederci. Quel ragazzo che aveva a lungo detestato le dava la
possibilità di vedere il suo cantante preferito... Ma cosa stava
succedendo ?
Julian a sua volta
pensava ad Elizabeth, e alla piega che stava prendendo il loro rapporto. E
stranamente non riusciva affatto ad immaginare in che modo avrebbe potuto
proseguire. Il tradimento di Janet era stato un duro colpo per lui, e non
riusciva più a pensare ad un’altra relazione senza aver paura di essere di
nuovo ferito. Per questo, dentro di sè, temeva di innamorarsi ancora ; se
la prossima gli avesse di nuovo spezzato il cuore non avrebbe potuto
sopportarlo. Eppure con Elizabeth era diverso ; fino ad allora non l’aveva
mai considerata più di una semplice compagna di classe, ma ora stava diventando
qualcos’altro, benchè non capisse esattamente cosa. Con lei stava bene,
nonostante i continui battibecchi si divertiva e parlava volentieri. Sentiva di
potersi fidare di lei, era diversa dalle altre... lei lo capiva. Era solo
questo che gli faceva un po’ paura ; Julian era impenetrabile, non gli
piaceva mostrare i suoi stati d’animo più profondi. Quando soffriva, lo faceva
in silenzio, senza che nessuno potesse notarlo. E purtroppo aveva sofferto
tanto, non solo per Janet ; lei era stata solo una goccia nel mare di
dolore che provava da cinque anni...
“Posso immaginarlo.
Anche lui è di Belfast come te, vero ?”. In quel momento aveva notato
qualcosa negli occhi di Elizabeth, come se avesse visto l’improvviso velo che
si era parato davanti allo sguardo del ragazzo. Chissà, forse avrebbe potuto
confidarsi un po’ con lei, e magari l’avrebbe aiutato a spostare il macigno che
aveva sul cuore.
Ma cosa vuoi che glie ne
importi, pensò con amarezza.
Lei non può aiutarmi in
alcun modo.
Nessuno lo può fare.
Chiuse gli occhi e pregò
che almeno quella notte gli incubi non arrivassero.
Sempre nello stesso
istante, Tom pensava alla recita... poi ad Amy Ross, che sarebbe stata lì a
guardarlo mentre lui, sul palco, incespicava in un errore dietro l’altro... poi
al preside Davenport... poi ad Oliver che, malgrado fosse il suo migliore
amico, cominciava a stargli sui nervi... poi di nuovo ad Amy Ross, finchè il
sonno prese il sopravvento su di lui, aiutato da un paio di compresse di Tavor
che il ragazzo aveva ingerito per cercare di passare decentemente la nottata.
Benjamin, invece,
pensava che la recita era un piattume unico e che, nonostante le opinioni
decisamente avverse di Oliver, qualcosa andava comunque modificato.
E lui, genio tra i
genii, sapeva come.
Gli altri, infine, erano
tutti decisi a mettere in pratica le loro geniali idee su come tranquillizzare
Tommy e dare una calmata anche al povero Oliver. Unico problema :
l’avrebbero fatto l’uno indipendentemente dagli altri...
Difatti più di una
persona si disse che era arrivata l’occasione giusta quando, il pomeriggio
successivo, Tommy si presentò alle prove con un grosso thermos pieno di tè.
15. Tè verde
Tommy era stranamente
allegro e rilassato quando, dopo le lezioni, i ragazzi si trovarono come al
solito nell’Auditorium per provare. Quando Jack lo vide armeggiare con un
thermos e riempirsi una tazza, gli disse :
“Hey Tom, che hai lì
dentro, camomilla ?”.
Qualcosa di meglio,
pensò Tom sorridendo.
“No, è solo un po’ di
tè. Uhm, tè verde, per la precisione” rispose, ma si mangiò subito la lingua
sperando che nessuno glie ne chiedesse un po’, altrimenti avrebbe significato
rivelare il fatto che il segreto della sua calma non dipendeva per nulla dal
suo autocontrollo, e Tom ci teneva a mantenere un po’ di dignità.
Tutti, comunque, pensarono
che il ragazzo fosse diventato matto.
“Spero per te che almeno
sia deteinato !” disse Julian.
“Julian ha
ragione !” intervenne Oliver preoccupato, “Non sei già abbastanza
agitato ? Lo sai che il tè è stimolante quanto il caffè ?”.
“Sì che lo so” rispose
Tom, un po’ seccato per la pedanteria dell’amico, “Ma non vi preoccupate,
contiene una mia piccola...ricetta della felicità !”.
“Sì...mezzo litro di
sonnifero !” disse Paul ridendo. Tom arrossì notando con vergogna quanto
il ragazzo si fosse avvicinato alla verità. Nel frattempo, Mark, ridacchiando
sotto i baffi e facendo finta di niente, stava frugando nello zaino alla
ricerca di una boccettina...
“Ehm... Gunpowder !”
rispose Tommy, cercando di ricordarsi la qualità di tè verde più disgustosa che
conoscesse.
“Fantastico ! Adoro
il Gunpowder ! Dai, versamene una tazza” esclamò Oliver. “Brindiamo a
Shakespeare, perché non si rivolti troppo nella tomba !”.
Tommy non sapeva più da
che parte guardare. Non poteva offrire a Oliver del tè corretto con un
narcotico ! D’accordo, aveva sciolto solo tre tavolette in mezzo litro di
tè, e probabilmente l’amico non si sarebbe neanche accorto dell’effetto...
magari si sarebbe sentito un pochino più rilassato...
Con un po’ di
riluttanza, versò un goccio di tè nella tazza di plastica che Oliver gli
porgeva.
Fantastico, pensò Mark,
due piccioni con una fava...
“Puah ! Ma quanto
limone ci hai messo ?” disse Oliver assumendo un’espressione un po’
schifata. “Per non parlare dello zucchero ! Credo che mi stia già venendo
il diabete !”.
“Beh... sai... a me
piace così...” borbottò Tom. In effetti aveva un po’ esagerato, ma almeno aveva
coperto il saporaccio del Tavor.
“E poi questo non è nemmeno
tè verde ! Sembra... sembra più un Earl Grey corretto !” disse Oliver
con aria da intenditore. Effettivamente Tommy aveva fatto una sparata piuttosto
grossa, non considerando i gusti raffinati di Oliver. Colto in fallo, fu
salvato in extremis da Lucy, che disse : “Vedi di non esaltarti troppo,
Lord Twinings ! Vogliamo cominciare o no ?”.
“Uffa, per una volta che
non ci si mette Ollie cominci tu ?” disse Stephen sbuffando.
“Brava Lucy, così si
fa !” disse Oliver posando la tazza. “Forza pelandroni, al lavoro !
Visto che oggi mi sento magnanimo, vi lascerò andare una mezz’oretta
prima !”.
“Lunga vita ad
Ollie !” esclamò Philip battendo le mani.
Mentre gli altri ragazzi
andavano in scena, Mark si avvicinò furtivamente al thermos che Tom aveva
lasciato incustodito, e, cercando di non farsi notare, vi versò dentro metà del
contenuto della boccetta che aveva in mano. Finita l’operazione, si guardò in
giro e disse : “Ma sì, crepi l’avarizia !” e versò la quantità
rimanente.
Nel frattempo, Tom stava
dando il meglio di sè...
“Non dormirai più !
Macbeth scanna il sonno innocente...”.
... mentre Oliver, che
quasi non ascoltava, si sentiva stranamente leggero.
“...che dipana la
matassa imbrogliata dell’ansia...”.
Sì, stava quasi per
addormentarsi. Meglio bere un’altra tazza di tè.
“Te ne porto un altro
goccio, Tom ?” disse all’amico quando quest’ultimo aveva finito di
recitare.
“Ci penso io !”
disse Philip, correndo, zelante, a prendere il thermos. Ma prima di portarlo al
ragazzo, sempre senza farsi notare, ci rovesciò dentro anche lui uno strano
intruglio.
“Grazie Phil” disse
Oliver prendendo le tazze che l’amico gli porgeva e passandone una a Tom, il
quale si disse che, se una tazza l’aveva fatto rilassare, un’altra l’avrebbe
calmato del tutto.
“Che strano sapore” disse
Tom.
“Ti credo, con tutta la
robaccia che ci hai messo dentro ! Se volevi ammazzarlo del tutto, bastava
che ci aggiungessi anche il latte !” rispose Oliver bevendo una grossa
sorsata.
Ma Tom non si riferiva a
quello.
“Che diavolo...” disse,
quando la stanza cominciò a girargli intorno. “Scusate, ragazzi, non mi sento
bene... è meglio che mi sieda un attimo...”.
“Fai pure” disse Oliver
con noncuranza, buttandosi anche lui su una poltroncina e chiudendo gli occhi
con un sospiro. Gli altri ragazzi iniziarono a preoccuparsi : c’era
qualcosa che decisamente non quadrava.
“Ma Ollie... e le
prove ?” disse Elizabeth, un po’ confusa dall’atteggiamento del ragazzo.
“Le prove ?... Ah
già... Sì. Dunque... Eravamo rimasti...” bofonchiò Oliver alzando leggermente
la testa e socchiudendo gli occhi. “L’ inverno del nostro scontento... C’è
ancora una macchia qui... hanf, ronf, Benji... ti ammazzo... SNARL !” e si
addormentò del tutto, accoccolandosi sulla poltroncina. Nel frattempo, su
un’altra poltrona, Tom ronfava di gusto con la testa reclinata all’indietro e
la bocca spalancata. Un filo di saliva gli colava dal labbro inferiore.
“Ma che cavolo sta
succedendo ? ! ?” esclamò Julian.
“Accidenti, mi sa che ho
esagerato” disse Mark mordendosi le nocche della mano.
“Come sarebbe ? ! ?
Che diavolo hai combinato ? ! ?” disse Jack mettendo le mani sui
fianchi. Elizabeth, intuendo cos’era accaduto, afferrò il thermos e ne annusò
il contenuto.
“Ma che roba è ?”
disse, storcendo il naso. In effetti, il micidiale beverone aveva assunto un
forte odore di ciliegia.
“Ehm...” disse Mark,
messo alle strette dagli sguardi irritati dei compagni. “A dir la verità ci ho
aggiunto qualcosina... pensavo che sarebbe servita a calmare i nervi a Tom, e
quando ho visto che anche Ollie lo beveva mi son detto che era fatta...
potevamo sistemarli tutti e due...”.
“Oddio !” esclamò
Philip portandosi una mano alla fronte. “Vuoi dire che anche tu... come me...
noi...”.
“Ci volete spiegare
cos’avete combinato ?” disse Maddy mentre Tom e Oliver russavano come
trattori. “Che cosa avete messo in quel maledetto tè ?”
“Beh... io ci ho messo
un po’ di Valium” disse Mark. Quasi mezza boccetta, ma è meglio non dirlo,
pensò.
“E tu,
disgraziato ?” disse Benjamin, rivolgendosi inorridito a Philip.
“Io sono stato più sul
naturale... camomilla e valeriana, per la precisione. C’era anche del
Bromazepam, ma era proprio pochino pochino pochino...”
“Ma siete matti !
Li avete narcotizzati ! E adesso cosa facciamo ? ! ?” urlò
Maddy, in preda ad una crisi isterica.
Sapevano tutti cosa
dovevano fare : chiamare di corsa un’ambulanza e sottoporre Tom e Oliver
ad una bella lavanda gastrica. Quello che non sapevano era come spiegare la
cosa ai due sventurati.
Ci vollero due giorni
per far uscire Tom e Oliver dall’ospedale e altrettanti per spiegar loro la
dinamica dell’accaduto. Tuttavia furono entrambi piuttosto malleabili con i
loro maldestri compagni, Tom perché, anche se non l’avrebbe mai ammesso, era
parzialmente responsabile dell’incidente, mentre Oliver credeva che il fatto
fosse una ritorsione contro di lui per il modo in cui si stava comportando.
Il problema più grosso
fu, però, convincere i loro genitori a lasciarli tornare al lavoro. La signora
Hutton, poi, visto che era già la seconda volta che il suo figliolo subiva uno
strano incidente, si era convinta che dietro a tutto c’era lo zampino di una
specie di ‘Fantasma dell’Opera’ che stava tentando di sabotare i ragazzi. Di
nuovo Oliver inventò una scusa piuttosto elaborata, alla quale mamma e papà
abboccarono nuovamente (la fiducia nel loro ragazzo era davvero troppo
abbondante), e così non ebbe grossi problemi a riprendere il suo posto.
Tom, invece, ebbe il
problema contrario : il veto dei genitori era giusto quello che ci voleva
per fargli abbandonare il suo ingombrante ruolo. Invece i signori Baker erano
fermamente convinti dell’importanza di portare a termine gli impegni presi e,
seppure a malincuore, non si lasciarono intenerire dall’aspetto supplichevole e
malconcio del figlio, il quale non potè fare altro che mandar giù l’amaro
boccone e darsi dell’idiota per essersi tirato la zappa sui piedi.
Comunque, né Tom né
Oliver scoprirono mai l’identità dei colpevoli, grazie all’omertà e allo
spirito di gruppo dei compagni. Il tutto, però, rese i due parecchio sospettosi
nei loro confronti, e sarebbe passato un bel po’ di tempo prima che
accettassero di nuovo qualsiasi bevanda o genere alimentare proveniente dalle
mani degli amici.
Malgrado l’accaduto, le
prove ripresero normalmente, e, per qualche tempo, tutto sembrò procedere per
il meglio.
17. Il primo
passo
Seduto a tavola, in
mensa, Paul teneva lo sguardo fisso nel vuoto e pungolava con la forchetta la
striminzita coscia di pollo che aveva nel piatto. Non aveva ancora mangiato un
boccone.
“Paul, ma cosa ti ha
fatto di male quella povera bestia ? Almeno, quello che ne resta...” disse
Stephen.
“Niente, non ho fame”
rispose Paul.
“Beh, posso capire che
il pollo con i piselli non ti piaccia, ma non è il caso di torturarlo in quel
modo...passa, vah” disse Philip afferrando il piatto di Paul e vuotandone il
contenuto nel suo.
“Phil, fai schifo, sei
proprio una fogna...” commentò Julian allibito.
“Ma inshomma, vuoi che
queshto...gnam...queshto ben di Dio fignishca
gnella...munch...shpasshatura ?” rispose il ragazzo masticando un grosso
boccone. “She...glom !”. Inghiottì il tutto. “Se Paul non ha fame sono
cavoli suoi...con tutta la gente che non ha da mangiare...”
“Wow, tu sì che capisci
gli amici !” disse Stephen. “Invece di fregargli il pranzo, perché non lo
aiutiamo ad abbordare Sarah ?”.
“Steve, guarda che non
ho bisogno della mamma, posso anche sbrigarmela da solo. E poi sono fatti miei”
intervenne Paul piuttosto seccato. Ad ogni modo, Stephen aveva centrato
perfettamente il problema. Nonostante gli innumerevoli tentativi, Paul non era
ancora riuscito a sconfiggere la timidezza e dichiararsi alla ragazza che gli
aveva rubato il cuore. Non sapeva far altro che guardarla incantato finchè lei
se ne accorgeva e, arrossendo, spariva dalla sua vista. A tal punto temeva di
fare la figura dell’idiota da non capire che la stava già facendo.
“Dai Paul, non fare
così” lo rincuorò Julian “Vedrai che prima o poi arriverà l’occasione
giusta...”
“Io credo che sia già
qui” disse Mark inarcando un sopracciglio e guardando alle spalle di Paul, che
gli stava seduto di fronte. “Guardate un po’ chi c’è là in fondo...”
Quando Paul si voltò, il
cuore gli sobbalzò nel petto : Sarah, che mangiava il suo pollo tenendo il
capo chino sul piatto, era seduta tre tavoli più indietro. Ed era sola.
Paul si rigirò verso i
compagni con il cuore in gola. Che faccio ?,sembrava chiedere con lo
sguardo. Stephen gli mise una mano sulla spalla e gli disse : “E’ la volta
buona. Vedi di non sprecarla.”. Gli altri gli fecero un cenno con la testa e
sorrisero, per dargli un po’ di coraggio. Paul si voltò di nuovo verso la
ragazza ; dopo averla guardata per un attimo, si alzò con decisione e
disse : “Gente, io vado”.
I ragazzi avrebbero
voluto battergli le mani.
Quando Sarah lo vide
dirigersi verso di lei, ebbe la tentazione di alzarsi ed uscire di corsa. Ma
cosa voleva quel tipo ? Non poteva essere interessato ad una come
lei. E allora perché continuava a guardarla ?
“Ciao” disse Paul
sedendosi.
“Ciao...” rispose Sarah
arrossendo vistosamente.
“Ecco...io...volevo
solo... insomma...” farfugliò Paul imbarazzato. Maledizione, pensò. Sarah lo
stava guardando con aria dubbiosa. Doveva trovare le parole.
“Scusa, cos’hai
detto ?” lo interruppe Sarah, investita dallo sproloquio di Paul che
l’aveva quasi divertita. Accortosi di aver fatto la figura dell’ebete, il
ragazzo arrossì come un pomodoro e trasse un profondo respiro. Calmo, si disse.
Stai calmo, altrimenti è finita.
“Io...ti ho vista la
settimana scorsa alle prove...gli Stand Up, ricordi ?” Okay, così va
meglio. “Hai urtato contro la mia spalla mentre uscivi...mi hai chiesto scusa e
io ti ho detto che non importava”.
Sarah abbassò lo sguardo
e, con un filo di voce, disse :”Veramente...non mi ricordo”
SBADABRANG ! Paul
ingoiò filosoficamente il rospo e proseguì.
“E’ vero, che
idiota...come potresti ricordartelo ? Non significa nulla...”
“Beh...se te ne sei
ricordato...forse vuol dire che è importante, no ?”
Paul era rimasto sorpreso
dalle parole della ragazza. La guardò negli occhi e notò in essi uno sguardo
curioso e al tempo stesso pieno di speranza. Capì che doveva averla colpita in
qualche modo. Le sorrise e proseguì.
“Alla fine...ti hanno
presa nel gruppo ?”
“No... almeno, non ho
più saputo niente... ma non credo proprio” rispose Sarah guardando altrove.
Paul capì che doveva essere stata davvero una grossa delusione.
“Mi dispiace” disse
“Sai, ti ho sentita...secondo me vali moltissimo, hai una voce davvero
splendida”
“Grazie” rispose Sarah
sorridendo. “Comunque non importa, me lo aspettavo. Credo che loro abbiano
bisogno di qualcuno che...faccia un po’ più scena, non so se mi spiego...”
Paul scosse la testa e
rise. “Lo vedi ? E’ questo il problema di Leon Mitchell e soci. Sono tutto
fumo e niente arrosto, si perdono solo dietro le apparenze e non hanno ancora
capito che la cosa veramente importante...è ciò che sta qui” disse, portandosi
una mano alla gola “E qui”, e si portò l’ altra mano al petto, nel punto in cui
gli batteva fortissimo il cuore.
Sarah si sentiva
strana : imbarazzata, confusa e felice al tempo stesso.
“Ti ringrazio. Ora però
è meglio che vada... devo ripassare un po’” farfugliò alzandosi. “Compito in
classe di matematica...”. Sorriso. Sguardo basso. Silenzio. “Comunque mi chiamo
Sarah...” riprese, tendendo la mano al ragazzo che ora la guardava con
dolcezza.
“Lo so” rispose
sorridendo. “Io mi chiamo Paul”.
I due si strinsero la
mano e i loro occhi si incontrarono di nuovo...gli splendidi occhi azzurri di
Sarah e i dolci occhi castani di Paul. La ragazza poi lo salutò e scappò via di
corsa.
Paul rimase a guardarla
ancora una attimo, ed era convinto che la storia non sarebbe finita lì.
18. Piove sempre sul bagnato
Grazie al suo exploit in
sala mensa, Paul aveva finalmente ritrovato il buonumore ; la sua euforia
contagiò praticamente tutti e le prove continuarono con tranquillità.
Almeno fino al giorno
successivo.
Ora che Julian ed
Elizabeth litigavano un po’ meno, Benjamin non aveva più altre uscite folli e
perfino Tom sembrava essersi calmato (il tutto con somma gioia di Oliver,che
finalmente poteva svolgere il suo lavoro in santa pace), Philip si annoiava a
morte. Il suo personaggio era uscito di scena e i lavori di ristrutturazione
delle scenografie erano quasi terminati ; ormai non gli restava altro da
fare che grattarsi la panza tutto il santo giorno. Non poteva nemmeno
tornarsene a casa a farsi gli affari propri, perché Oliver pretendeva la
presenza di tutta la compagnia durante le prove, in caso ci fossero dei
problemi, e la cosa che Philip, tipo dinamico per natura, odiava di più era
rimanere con le mani in mano. Inoltre, dopo l’episodio del tè drogato, non era
più accaduto nulla di divertente e quella recita che il ragazzo (forse l’unico
tra tutti) considerava un piacevole diversivo aveva raggiunto l’apice della
monotonia.
Stufo di restarsene
seduto, andò a fare un giretto dietro le quinte. Avevano da pochissimo montato
il sipario e secondo lui non era stata una grande idea, perché la ribalta
veniva notevolmente ristretta. Mentre Maddy, brandendo un candeliere, recitava
i deliri da sonnambula di Lady Macbeth, Philip si infilò dietro il tendone di
sinistra, dove Mark attendeva di entrare in scena.
“Che pizza” disse. “Non
vedo l’ora che arrivino le sei...”
“Scherzi ? Dà
un’occhiata a come si muove Maddy e vorrai fermare il tempo !” rispose
Mark, senza staccare gli occhi dal sedere della ragazza.
“Com’è che sei diventato
un poeta ? Mi sa che questa recita del cavolo ti ha dato un po’ alla
testa, caro il mio MacDuff !” rispose acido Philip ; ma, dopo aver
spostato gli occhi nella stessa direzione di quelli di Mark, fece un sorrisetto
e disse :”Ah, beh, però...” e si appoggiò alla parete per ammirare con
comodo il panorama.
“...Via , macchia
maledetta !...Un soldato, aver paura ?...Chi pensava che il vecchio
avesse in corpo tanto sangue ?” disse Maddy, tenendo gli occhi sbarrati e
muovendosi come se fosse davvero sonnambula. Era veramente brava, Oliver era
certo che quella parte fosse su misura per lei.
“Avete sentito ?...”
esclamò Stephen entrando in scena.
Oliver scosse la testa e
disse :”Stop !”
Ci risiamo, pensò
Philip.
Stephen alzò le mani al
cielo ed esclamò : “Ma porc... è possibile che appena dico qualcosa tu
debba sempre fermare tutto ? ! ? Sono tre parole in croce, dove
diavolo è che sbaglio ? ! ?”
“Il punto, Steve, è che
sei espressivo come un nano di gesso” rispose, calmo, Oliver.
“Toh, questa non l’avevo
mai sentita !” disse Stephen.
“Ascoltami, recitare non
significa ripetere a pappagallo quello che c’è scritto su uno stupido foglio di
carta ! Vuol dire anche calarsi nella parte, vivere gli stessi sentimenti
del proprio personaggio...e possibilmente anche capirli !”
“Ma cosa devo
capire ? ! ? Sono un medico ! ! ! Ascolto gli
sproloqui di una pazza e li commento, fine !”
“Lo vedi che non hai
capito niente ? Ricominciamo da capo. Atto quinto, scena prima.”
“Ma Ollie !”
protestò Maddy “E’ la quarta volta che la rifacciamo ! Non puoi far
ripetere solo la battuta di Stephen ?”
“Uhm...no, altrimenti
facciamo casino... comunque non preoccuparti, Maddy, tu sei davvero
perfetta !” disse Oliver prendendo la mano della ragazza e avvicinandola
alle labbra. Maddy glie la sottrasse rapidamente, fulminandolo con gli occhi.
Patty, che da tempo faceva un discreto filo al ragazzo e aveva assistito alla
scena, incrociò le braccia, e , guardandolo in cagnesco, disse :
“E bravo Ollie !
Scommetto che stai cercando tutte le scuse possibili per rimirarti quella
smorfiosa, e magari anche provarci, giusto ? ! ?”. Oliver
diventò paonazzo.
“Modera i termini,
Gatsby !” ribattè Maddy stizzita. Tra le due non correva buon sangue. “Chi
lo vuole, quello ? ! ? Per conto mio te lo puoi anche
tenere !”
“E vai, ecco la
rissa !” disse Philip stringendo i pugni. Finalmente un diversivo...
“Non contarci troppo,
Phil, sta arrivando il paciere...” disse Mark. Difatti Tommy si era messo in
mezzo e stava cercando di calmare le parti in questione, tra la delusione di
Oliver e l’irritazione delle due ragazze. In breve, il clima tornò tranquillo.
“Al diavolo !
Possibile che non succeda più niente di divertente ?” esclamò Philip dando
una manata contro il muro. Appena compiuto quel gesto, però, si fermò,
incuriosito, ad osservare il punto che aveva colpito.
“Cosa intendi per
divertente ?Mandare Ollie e Tom all’ospedale ?” disse Mark in tono
critico.
“Aspetta, Mark, guarda
qui “ disse Philip indicando una leva che sporgeva dal muro.
“Che cavolo è ?” si
chiese Mark.
In effetti, nessuno ci
aveva mai fatto caso. Chissà da quanto tempo era lì...e aspettava solo di
essere abbassata...
“Fermo lì,
disgraziato !” disse Mark afferrando la mano che Philip stava allungando
verso la leva. “Non vorrai mica tirarla ?”
“Dai, Mark, cosa vuoi
che succeda ? Guardala, è tutta di legno marcio, sarà vecchia come mio
nonno ! Sarà già tanto se non mi resterà in mano !”
“Sì, va bene, ma...”
“Ma cosa ? Forse
nasconde un passaggio segreto, una specie di rifugio per sfuggire ai
nazisti...” disse Philip gongolando e stringendo le dita intorno al pezzo di
legno.
“A parte il fatto che i
nazisti non sono mai arrivati in Inghilterra, la nostra scuola non è così
vecchia” replicò Mark, con un po’ di pedanteria. “E poi, di solito, una leva
che si trova vicino ad un palcoscenico serve ad azionare...”
YAAAAAAAAAAARGH ! ! !
“...ehm...una botola ?”
disse timidamente quel furbone di Philip, che pochi secondi prima aveva
abbassato con forza la leva.
Mark lo incenerì con
un’occhiata e poi si precipitò in mezzo al palco, dove tutti gli altri si erano
riuniti in cerchio e stavano guardando verso il basso.
“Non capisco... il
pavimento si è aperto all’improvviso... e Ollie.... è volato giù... si è alzato
un polverone...” farfugliò Maddy, inginocchiata accanto a quel buco quadrato.
Patty singhiozzava.
“Eeeeeh... che è
successo, ragazzi ?” disse Philip tentando di fare l’indifferente. Mark si
girò verso di lui e, tirandolo per un braccio, gli disse : “Dà un’occhiata
al tuo lavoretto, Mister Cosa-Vuoi-Che-Succeda ! ! !”
Philip si chinò a
guardare nel buco e vide Oliver, un paio di metri più sotto, steso a faccia in
giù, con braccia e gambe allargate, su un vecchissimo materasso ricoperto di
polvere e ragnatele. Il meccanismo funzionava ancora perfettamente, a quanto
sembrava.
“Ahem.....Ollie...hai
bisogno di qualcosa ?” disse Philip. Oliver non rispose.
“Sì, che tu lo vada a
prendere, imbecille !” disse Mark sferrando un poderoso calcio nel sedere
a Philip, che volò nella botola finendo addosso ad Oliver.
“Mark, sei impazzito ? ! ? Vuoi che ci rimettiamo anche un attore, oltre che al
regista ? ! ?” esclamò Julian.
“Meglio, due
rompiscatole in meno ! Vado a chiamare l’ambulanza... tanto ormai
conoscono la strada !” rispose Mark allontanandosi.
“Hey, di sopraaaah...
tirateci fuoriiiiih...” borbottò Oliver con un filo di voce. Philip era steso
sulla sua schiena, privo di sensi.
I ragazzi, levando gli
occhi al cielo, si domandarono quale tremenda maledizione incombesse su di
loro.
19. Quel che Julian si porta dentro
Sabato sera, ore 20 e
45.
Elizabeth, che stava
aspettando Julian, si guardò un’ ultima volta allo specchio. Niente male,
Betsy, davvero niente male, si disse. Aveva passato tutto il pomeriggio
cercando l’abito adatto per la serata (e ad inventarsi una scusa buona per aver
saltato le prove) e, dopo aver ribaltato tutto l’armadio, aveva finalmente optato
per un vestitino azzurro lungo fino al ginocchio, con le spalline sottilissime
che si incrociavano dietro la schiena e un paio di sandali a tacco alto
allacciati alla caviglia. Si ravvivò i lunghi capelli neri e, infilandosi gli
orecchini, pensò a cosa le avrebbe detto Julian. Di certo le avrebbe fatto
qualche battutaccia, come al solito. La sorprese, però, di non aver fatto altro
che pensare a quel ragazzo tutto il santo giorno : insomma, l’ evento (con
la E maiuscola) era il concerto di Van Morrison, e anziché ringraziare tutti i
santi del Paradiso per l’occasione d’oro che le era capitata o sperare che
Julian non la bidonasse all’ultimo minuto (in fin dei conti i biglietti li
aveva lui) se ne restava davanti allo specchio a civettare. Cosa cavolo si aspettava
da lui ? Che le chiedesse di sposarlo ? Soffocò una risatina
immaginando lei e Julian come marito e moglie : lui che scappava per casa
con il giornale sottobraccio mentre lei, urlando, gli tirava dietro un intero
servizio di piatti in porcellana...
Lo squillo del
campanello la riportò alla realtà. “Però ! Ha davvero spaccato il
minuto !” disse guardando l’orologio. Afferrò la borsetta e scese di corsa
le scale.
“Ciao a tutti ! Non
so a che ora torno, non aspettatemi !”
“Cerca di non fare
troppo tardi” disse sua madre dalla cucina.
“Di che ti
preoccupi ? E’ in ottima compagnia !” ribattè il padre, sottovoce.
Sapeva benissimo che sua figlia non avrebbe gradito la battuta.
Quando Elizabeth aprì la
porta, rimase per un istante senza fiato.
Julian, che si trovava
davanti a lei con le mani in tasca e il solito sorriso smagliante, era
semplicemente favoloso, forse ancora più bello del solito. Era vestito in modo
semplice e al tempo stesso elegante, con un paio di pantaloni grigi, una
camicia bianca con il colletto alto, un gilet nero sulle spalle e scarpe nere
tirate a lucido. La camicia ricordò ad Elizabeth quelle che usavano i contadini
irlandesi il secolo scorso, con la differenza che quella doveva certamente
uscire da un lussuosissimo negozio di Oxford Street.
Non c’era niente da
fare, l’ insieme era davvero perfetto ; in più, con i capelli sistemati
con un po’ di gel era davvero irresistibile.
“Guarda che non dobbiamo
mica andare all’Opera” fu tutto quello che Elizabeth riuscì a dire.
“Stavo giusto per dirti
la stessa cosa” rispose il ragazzo. “Andiamo, vah ! Permette,
madame ?” disse porgendo il gomito ad Elizabeth da perfetto cavaliere.
“Con piacere, monsieur
Ross !” rispose lei prendendo a braccetto l’amico.
“E allora...via, che è
tardiiii !”. Julian partì di corsa tirandosi dietro la ragazza e
rischiando di farla cadere, ma si fermò dopo pochi metri ridendo.
“Lo sapevo, sei il
solito buffone !” disse Elizabeth, scoppiando anche lei in una risata.
“Accidenti, c’è davvero
un sacco di gente !” disse Julian guardandosi intorno mentre stavano
facendo la fila per entrare nel teatro.
“Te l’ho detto che era
tutto esaurito...hey, tu ! In coda come tutti, furbastro !” esclamò
Elizabeth mentre un tizio cercava, facendo lo gnorri, di passarle davanti. “Ma
tu guarda questo...e voi non spingete, cafoni ! Non vedete che siamo
compressi come sardine ? ! ?”
“Possibile che tu debba
sempre fare la zitella acida ?” borbottò Julian, contrariato. “Il tuo
stemma nobiliare cos’è, un limone ?”
“Non ti rispondo solo
perché, se non fosse stato per te, ora non sarei qui...”
“Biglietti, prego...”
“Julian, ti
muovi ?”
“Un attimo, non sono
mica Flash Gordon... ecco qua” disse Julian dopo prendendo i biglietti dal
portafogli. Senza che il ragazzo se ne accorgesse, però, un rettangolo di carta
gli scivolò a terra. Elizabeth si affrettò a raccoglierlo. “Hey, vecchio, perdi
i pezzi per strada ?” disse. Quando si rialzò e lo guardò meglio, però,
vide che si trattava di una fotografia piegata a metà. Carina, pensò
sorridendo. Ritraeva Julian e sua sorella Amy, più giovani di qualche anno, in
compagnia di un ragazzo più grande, dai corti capelli castani e gli occhi
verdi. Un bel ragazzo, a dire la verità. A giudicare dai visi sorridenti e
spensierati dei tre, dovevano essere davvero felici, quel giorno. Erano seduti
in un prato, e Julian, che teneva Amy sulle gambe, aveva le spalle cinte da un
braccio dello sconosciuto. Elizabeth girò la foto e sul retro trovò una
scritta :
Amy,
Julian e Sean
Enniskillen, maggio 19...
L’anno in cui Julian era
arrivato a Sevenoaks. Ma chi era Sean ?
“Cosa vuoi
adesso ?” disse Julian spazientito. Guardò verso la ragazza e, vedendo la
foto che teneva in mano, impallidì. “...dove l’hai trovata ?”
“Ti è caduta quando hai
preso i biglietti...beh, potresti almeno ringraziarmi !” rispose Elizabeth
porgendogli la fotografia.
“Sì, sì, grazie...adesso
andiamo, però” disse Julian mettendo via la foto in fretta e furia.
“Senti un po’ ma quello
Sean chi è ?” domandò curiosa Elizabeth seguendo l’amico lungo i corridoi
del teatro. “Potresti almeno presentarmelo, quel fustacchione !”.
“Ecco i nostri posti”
disse il ragazzo facendo finta di niente.
“Che c’è, fai il
geloso ? Beh, comunque devo dirtelo, è una gran bell’anima !” disse
allegramente Elizabeth, mettendosi a sedere. Julian non rispose.
Hai detto la parola
giusta, pensò.
Il concerto era
spettacolare, Julian ed Elizabeth non stavano più nella pelle tanto erano
emozionati e si stavano distruggendo le mani a furia di applaudire. La voce
calda e forte di Van Morrison, e le sue struggenti melodie un po’ blues, un po’
jazz e un po’ folk facevano accapponare la pelle. Avevano chiesto il bis dopo
“Celtic ray” e cantato a squarciagola il coro di “Caravan” e “Wavelength”.
E’ tutto perfetto, pensò
Elizabeth.
Ora aveva attaccato “Madame
George”.
Down the Cyprus Avenue...
Elizabeth non aveva mai
capito il testo di quella canzone. Dopo qualche minuto si voltò verso Julian
per chiedergli cosa fossero Cyprus Avenue e Fitzroy, ma quello che vide le fece
morire in gola le parole.
Il ragazzo guardava
fisso davanti a sé, con le braccia incrociate strette al petto, e aveva gli
occhi lucidi...
...And you know you gotta
go...
Elizabeth capì che
faticava a trattenere il pianto, e le si strinse il cuore quando vide una
lacrima scendere lungo la guancia di Julian, che cercava di soffocare i
singhiozzi. Il ragazzo l’asciugò immediatamente, cercando di non farsi notare.
Trasse un profondo respiro e guardò distrattamente in direzione di Elizabeth,
sperando che la ragazza non lo notasse. E invece incrociò, con grande
imbarazzo, lo sguardo di Elizabeth, che, pur essendo turbata, gli sorrise
dolcemente. Lui la ricambiò con un sorriso affrettato e abbassò gli occhi.
...Say goodbye to Madame
George...
Senza più guardarlo,
Elizabeth pose la sua mano su quella di Julian, che stringeva il bracciolo
della poltrona. Il ragazzo mollò la presa e afferrò delicatamente le dita
dell’amica, tenendole strette. Il brutto momento era passato...
...Dry your eyes for
Madame George...
...per ora.
Al termine del concerto,
i due amici, stanchi ed emozionati, si diressero verso casa continuando a
ridere e cantare.
“Certo che ha una
pronuncia davvero orribile !” commentò Elizabeth.
“Per forza, con tutti
gli anni che ha passato in America !” rispose Julian.
“Sì, bravo...la verità è
che quando voi irlandesi parlate sembrate avere una patata in bocca !”
“Ci stai dando dei
mangiapatate ? Guarda che potrei nominarti almeno un migliaio di inglesi
veraci che parlano molto peggio !”
“He, he...ho pungolato
il tuo orgoglio dell’Ulster, vero ?” lo stuzzicò la ragazza. “Adesso che
farai, mi metterai una bomba sotto casa ?”
Julian non le rispose,
ma le lanciò uno sguardo di fuoco. Elizabeth arrossì, vergognandosi delle sue
parole.
“Scusami, ho detto
un’idiozia” disse a bassa voce.
“Come al solito !
Va beh, ti perdono” disse Julian alzando le spalle.
I due proseguirono in
silenzio. Elizabeth ripensò al pianto sommesso dell’amico, e ,anche se non
sapeva come mai, lo collegò alla fotografia.
“Senti...” domandò con
cautela. “Non è per farmi i fatti tuoi, ma... non mi diresti chi era
Sean ? Un tuo amico ?”.
Julian si fermò e la
guardò dritta negli occhi.
“Se non ti va di
rispondermi non importa...lo so che sono una maledetta curiosa !”. Julian
continuò a guardarla.
“Scusami. Ti prometto
che non ne parlerò più” continuò la ragazza, abbassando lo sguardo.
Julian tacque per un
momento.
“Era mio fratello”
rispose.
“...Come ?” disse
Elizabeth, confusa.
“Sean, quello della
foto. Era mio fratello. Sean Robert Ross.”
“Tu...hai un altro
fratello, oltre ad Amy ?” domandò Elizabeth, stupefatta.
Julian sospirò
stringendosi nelle spalle.
“Non l’ho più” rispose.
“L’hanno ammazzato a Belfast cinque anni fa”.
Elizabeth si sentì
gelare.
“Quella era una foto
della nostra ultima gita insieme” continuò Julian, con lo sguardo fisso nel
vuoto.
20. Sogni perduti e sogni ritrovati
I due amici deviarono
verso il parco e si sedettero in riva al ruscello, accanto ad un vecchio salice
piangente. Julian non aveva nessuna voglia di parlare, ma sapeva benissimo che
avrebbe dovuto farlo perché, forse, dopo si sarebbe sentito meglio. Durante il
breve tragitto, Elizabeth non aveva detto una parola ; mai e poi mai si
sarebbe aspettata che quel ragazzo nascondesse una tragedia così grande e fosse
riuscito a mascherarla per così tanto tempo tempo. Ma ora Julian aveva deciso
di confidarsi proprio con lei, e lei stessa, sebbene stupita, aveva accettato
senza chiedergli il perché , senza un motivo ; l’avrebbe fatto e
basta.
Dopo cinque minuti di
silenzio, durante i quali i due non si erano scambiati nemmeno uno sguardo,
Julian si sdraiò sull’erba e cominciò a parlare.
“Avevo sette anni quando
i miei genitori divorziarono. Amy doveva ancora compierne sei e Sean, che ne
aveva già quindici, era l’unico che capiva come stavano le cose. Per quanto
riguardava me e mia sorella, ci eravamo di colpo trovati senza mamma, sempre
troppo occupata con la sua associazione di beneficenza per prendersi cura dei
suoi figli che soffrivano come cani, e senza papà, che si era subito trasferito
qui in Inghilterra dove lavorava già da tempo e dove si sarebbe risposato dopo
un paio d’anni. Tutto quello che ci rimaneva era Sean, e per quattro anni fu
per noi padre, madre e fratello maggiore.
Sean era quello che ci
aiutava a fare i compiti, che ci faceva giocare, era quello che ci spiegava
come funzionava il mondo, che ci difendeva dai prepotenti, era quello che ci
rimboccava le coperte e ci raccontava le filastrocche per farci addormentare.
Tutta la nostra vita ruotava intorno a lui. Fino alla notte in cui ce lo portarono
via per sempre”.
“Quella sera, mamma
aveva portato Amy dal dentista, e poi si erano fermate a trovare zia Martha.
Telefonarono dicendo che non sarebbero tornate per cena, così io e Sean
decidemmo di guardarci un film e farci una pizza. Non immagini quanto fossi
felice di avere il mio fratellone tutto per me, ero sicuro che sarebbe stata
una serata favolosa ; magari saremmo andati a prenderci un gelato e
avremmo giocato a Monopoli, dove io avrei imbrogliato come al solito e Sean
avrebbe fatto finta di arrabbiarsi. Insomma, ci saremmo divertiti un mondo.
E così fu, finchè non
suonarono alla porta”.
“Sean andò ad aprire,
convinto che fosse il fattorino della pizzeria. Invece era un ragazzo di
neanche vent’anni che, senza dire una parola, gli sparò un colpo di pistola in
testa.
Io stavo uscendo dalla
cucina con un bicchier d’acqua in mano, e non mi ero nemmeno reso conto di
quello che era successo. Quando vidi Sean steso sul pavimento con un buco in
fronte mi sentii mancare e feci cadere il bicchiere sul pavimento. Se non
l’avessi fatto , forse quel tizio non si sarebbe neanche accorto di me, e non
mi avrebbe scaricato tre colpi nello stomaco “.
Elizabeth si portò una
mano alla bocca, sconvolta, senza riuscire a trattenere un brivido lungo la
schiena. Julian continuò il suo racconto, con la voce vuota e spenta di chi ha
vissuto troppo a lungo con un dolore bruciante nel petto.
“Mi svegliai in ospedale
quattro giorni dopo, salvo per miracolo grazie ai vicini che avevano sentito
gli spari. Accanto al mio letto c’erano i miei genitori. Non gli dissi una
parola ; dentro di me li maledissi perché se Sean era morto era tutta
colpa loro, perché se non si fossero lasciati non sarebbe successo niente, e io
non potevo perdonarli, li odiavo, li odiavo perché Sean non doveva andarsene e
lasciarmi solo, e se era morto lui, volevo, dovevo morire anch’io...”
“Julian...”
Il ragazzo stava
stringendo i denti per ricacciare indietro le lacrime. Poi il suo tono si fece
più pacato.
“Non era vero,
naturalmente, ma in quel momento ero furioso...furioso e spaventato perché non
sapevo come sarebbe stata la mia vita dopo allora. Mi accorsi di essere stato
un dannato egoista quando vidi Amy. Se n’era rimasta in disparte senza dire
nulla, con gli occhi lucidi, e appena si avvicinò al letto, mi buttò le braccia
al collo piangendo e chiedendomi di non lasciarla mai sola, di tornare presto a
casa perché aveva bisogno di me...”
“Come avevo potuto
dimenticarmi di lei ? Ormai io ero tutto quello che le era rimasto, e lei
era tutto quello che mi rimaneva. Le promisi che mi sarei sempre preso cura di
lei, che saremmo stati come una persona sola e che qualsiasi cosa ci fosse
successa, l’avremmo affrontata insieme.
Finora abbiamo mantenuto
la nostra parola, e sono sicuro che continueremo a farlo.”
“Comunque, la polizia mi
fece le solite domande inutili, dopodichè mamma impacchettò me ed Amy e ci
spedì a Sevenoaks con papà. Niente più mamma, niente più Sean, niente più
Irlanda. Fine”
“Ma perché ?...non
potevate rimanere a Belfast ?” domandò Elizabeth.
“Certo che potevamo. Ma
i nostri genitori avevano paura... paura di ritorsioni, intendo. Forse non sai
cosa significa vivere in stato di guerra.”
Elizabeth deglutì.
“Allora l’omicidio di Sean...è stata l’IRA ?”
Julian scosse la testa.
“E’ possibile che per qualsiasi cosa succeda in Irlanda del Nord voi inglesi
diate la colpa all’IRA ? Non sai che una guerra è sempre combattuta da due
parti opposte ?”
“Scusami. Vuoi dire che
sono stati...quelli dell’altra parte ?”
“Sì. Vedi, Sean era
entrato nel Sinn Fèin (braccio politico dell’IRA, n.d.S). Ciò che gli stava più
a cuore era combattere per la pace del nostro paese...ma lui non voleva farlo
con le armi. Sapeva che non era il modo giusto, e aveva ragione.
Lui era convinto che il
dialogo tra le parti fosse il punto di partenza per l’unica soluzione
possibile, cioè il compromesso. Do ut des,
ce l’hanno sempre insegnato a scuola. Non puoi pretendere qualcosa senza dare
nulla in cambio. Nemmeno quando, per sette secoli, ti hanno sempre strappato
tutto di mano, anche i diritti più elementari.”
Elizabeth notò una vena polemica nella sua voce ; evidentemente Julian
aveva recepito alla perfezione gli insegnamenti del fratello. Ad ogni modo, non
poteva certo dargli torto ; la fazione a cui apparteneva il ragazzo era
sempre stata quella più danneggiata nel corso della storia del suo paese.
“Non hai idea di quanti
amici, sia cattolici che protestanti, avesse Sean...ed erano quasi tutti
d’accordo con lui. Ma, evidentemente, il tizio che l’ha ammazzato non la
pensava così, e tanto è bastato...”
“La cosa triste, Beth,
non è tanto che quello fosse convinto di essere nel giusto, ma che non avesse
capito che il suo gesto avrebbe di nuovo generato una spirale di violenza senza
fine, quella violenza che si sta cercando invano di far cessare da troppo
tempo. Pochi giorni dopo la morte di Sean lo trovarono morto, e la vendetta fu
rivendicata dalla ‘mia parte’. E puoi star certa che la cosa non è finita lì.
Qualcuno avrà assassinato l’assassino dell’assassino...e così via. Non finirà
mai, finchè ogni famiglia non avrà in casa la sua croce.”
Elizabeth si alzò e si
avvicinò al salice ; ne afferrò un ramo e se lo fece scorrere tra le dita.
“Voglio farti una
domanda” disse. “Prenderesti il posto di tuo fratello ? Continueresti quello
che lui ha iniziato ?”
Julian sospirò. “Sì”
rispose. “Io credo in Sean e in tutto quello in cui credeva lui. Ha lasciato un
progetto a metà, e mi sembra giusto portarlo a termine...”
“Ne ero sicura.”
“...ma non voglio
tornare in Irlanda. Non ora, almeno. Ho bisogno di altro tempo per accettare
tutto, visto che non ne sono stato ancora capace. Ma prima o poi credo che
dovrò farlo, sarebbe da vigliacchi restare qui a guardare.”
“Nessuno ti obbliga a farlo” disse Elizabeth con voce tranquilla, “Ci sono molti
modi diversi in cui combattere, quello che conta è che tu non svenda mai i tuoi
ideali”.
Una leggera brezza
scompigliò i capelli dei due ragazzi.
“E poi tu non sei
affatto un vigliacco. Io al tuo posto sarei impazzita dal dolore e avrei
distrutto le persone che mi erano vicine con i miei scatti di nervi. Tu invece
non ti sei mai lamentato di nulla, hai cercato in tutti i modi di stare vicino
a tua sorella e proteggerla, e credo che tu ci sia riuscito benissimo. Amy è
una ragazza felice, lo capirebbe chiunque...basta vederla quando sta con te.”
“Amy è molto più forte
di me”
“Può darsi. Ma tu non
hai più un fratello maggiore che ti fa da angelo custode...anzi, forse sì,
anche se non puoi vederlo...e sono sicura che è terribilmente orgoglioso di
te”.
Julian non riuscì a
trattenere una lacrima.
“Mimanca da morire” disse con un nodo enorme
che gli serrava la gola.
Elizabeth si inginocchiò
accanto a lui, gli baciò la tempia e lo abbracciò.
“Sei il ragazzo più
coraggioso che io abbia mai conosciuto, Julian Ross” gli disse, mentre lui
ricambiava il suo abbraccio asciugandosi la lacrima.
“E anch’io sono fiera di
te... anche se sei un rompiscatole di prima classe e a volte ti
ucciderei ! ! !”
Entrambi scoppiarono a
ridere.
Julian non disse più
nulla ad Elizabeth quella sera, ma se lei lo avesse guardato negli occhi
avrebbe capito che per quel ragazzo era diventata più di una semplice amica.
E anche lui aveva
iniziato ad occupare un posto speciale nel cuore di lei.
Nonostante tutti i
disastri che erano capitati, la situazione alle prove doveva ancora toccare il
fondo.
Quel lunedì erano già
tutti nell’Auditorium pronti a mettersi al lavoro (Oliver e Philip erano ancora
un po’ acciaccati a causa dell’incidente della botola, tuttavia non avevano
osato lamentarsi e se ne stavano ben alla larga da Mark, avendo capito che le
rare volte in cui il ragazzo si arrabbiava erano guai seri), quando Maddy entrò
di corsa, raggiante.
“Indovinate un po’
cos’ho qui !” disse sollevando una borsina di plastica.
“Uhm...hai fatto la
spesa ?” rispose distrattamente Julian.
“No, cretino, dà
un’occhiata ! Anzi, è meglio se ci pensa il diretto interessato...vieni a
vedere, Tommy !”, disse la ragazza togliendo dalla sporta un fagotto di
stoffa e aprendolo con orgoglio davanti all’amico.
“Tadaaa... !”
“...”
“E allora, non dici
niente ?” protestò Maddy.
“Non ho parole... l’hai
fatto tu ?” disse Tommy, mentre i suoi compagni osservavano divertiti la
scena : dalle mani di Maddy pendeva il costume di Macbeth...con qualche
difettuccio.
“Tutto con le mie
manine, tesoro !”
Si vede, pensò
ridacchiando Elizabeth : la blusa verde brillante (troppo attillata, per
la verità), che si doveva stringere in vita con una cintura di fintissimo
rettile, aveva un colletto di pizzo a cappe che Maddy doveva aver tolto da un
grembiule dell’asilo e un mantello marrone che si allacciava al collo con uno
spago dalle estremità sfilacciate. Quanto ai pantaloni, consistevano
semplicemente in un vecchio paio di fuseaux bianchi in cui Tom non sarebbe entrato
neanche dopo una dieta da Biafra.
“Carino come sudario”
commentò acida Patty. Maddy finse di ignorarla.
“Allora, ti piace ?
Ci ho lavorato sopra tutta la settimana, solo per te !” disse la ragazza
in tono speranzoso. Tom non ebbe il coraggio di risponderle ; avrebbe
recitato nudo, piuttosto che indossare quella roba, ma non voleva deludere
Maddy, che sognava invano un segno di gratitudine da parte del ragazzo.
Ci pensò Stephen, con il
suo savoir-faire da elefante, a riportarla alla cruda realtà.
“Sì, quel costume da
carnevale è proprio carino, peccato che siamo un po’ fuori stagione. Avanti,
cos’è che dovevi farci vedere ?”
Maddy diventò prima
bianca come un cadavere, poi paonazza. I ragazzi temevano che esplodesse. E
così fu.
“BRUTTOIGNORANTEROMPISCATOLEIDIOTADASTRAPAZZONONHAIIDEADELLA-FATICACHEMIE’COSTATOMETTEREINSIEMEQUESTAROBALEMIEDITA SONODIVENTATEDEIPUNTASPILLI-MICISONOCONSUMATAGLIOCCHIETUHAIILCORAGGIODIINSULTARECOSI’ILMIOLAVORO-MAARRANGIATI CRETINOSEVUOIUNCOSTUMEFATTELOFAREDATUANONNAINCARRIOLA ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !”.
Detto questo, si sedette a terra e scoppiò a piangere premendosi il costume
sulla faccia e imbrattandolo tutto di mascara.
Tutti i ragazzi si
precipitarono a consolarla.
“No, ti prego, non fare
così...”
“Non lo pensava sul
serio...”
“Sei stata
bravissima...”
“Sei una ragazza da
sposare...”
“E’ il costume più bello
che io abbia mai visto...”. Tom sussultò e si morse la lingua, pentendosi
amaramente di quello che aveva appena detto. Maddy colse la palla al balzo e,
rialzando gli occhi ancora umidi verso di lui, disse :
“Davvero ? Allora
lo indosserai ?”
Tom tentennò un istante.
“Ma certo che lo
farà !” esordì Oliver mettendo un braccio attorno alle spalle dell’amico.
“E scommetto che non vede l’ora, vero Tommy ?”
Tom si sentì perduto.
Passò in rassegna lo sguardo di Maddy, che lo guardava piena di speranza,
quello dei suoi compagni, che lo osservavano con invidia perché lui era stato
l’unico ad entrare nelle grazie della giovane, e quello delle ragazze, che
significava ‘te la sei cercata, adesso sbrogliatela da solo’.
Sospirando, Tom si fece
coraggio e disse : “Va ben...”
“Stupendo !
Provatelo subito !” esclamò Maddy saltando in piedi. In men che non si
dica aveva trascinato Tom nel magazzino e, dopo avergli cacciato in mano
l’orrida veste, gli aveva chiuso la porta alle spalle.
Ormai è in trappola,
pensò Philip.
Un paio di minuti dopo,
il povero Tom fece capolino dalla porta e, con la mano, fece cenno ad Oliver di
raggiungerlo. Dopo che il ragazzo fu entrato nella stanza, Tom richiuse di
forza la porta e sibilò :
“Vedi di fare qualcosa,
io non esco conciato così ! ! !”
“Tom, piantala, non
riesco neanche a vederti...qui c’è buio pesto ! Senti, adesso devi farlo,
non vorrai deludere la tua (calcò parecchio quest’ultima parola)
Maddy ? E poi devi ritenerti fortunato, finora sei l’unico che ha un
costume di scena !” disse ironicamente Oliver “Per cui smettila e usciamo
di qui, comincio a soffrire di claustrofobia...”. Detto questo, spalancò
l’uscio e, mettendosi in fianco ad esso, annunciò : “Signore e
signori...ecco a voi...Macbeth Baker!”
Appena Tom uscì, i
ragazzi riuscirono appena a trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa
risata. Lo spettacolo che si era presentato ai loro occhi era veramente
ridicolo : Tom non sembrava Macbeth, ma un misto tra la parodia di Robin
Hood, un ballerino classico e un salsicciotto in scarpe da ginnastica.
“Hmm...forse ti è un po’
stretto sui fianchi” borbottò, pensierosa, Maddy.
“Anche da qualche altra
parte, direi” aggiunse Lucy in tono sarcastico. Tom arrossì e cercò di
avvolgersi nel mantello, che però gli copriva a malapena la schiena e gli
arrivava giusto sotto la vita.
“Sie...siete solo
invidiosi, ecco la verità !” balbettò il ragazzo.
“Come no ! Però
scommetto che ora sei tu che invidi noi, vero Tommy ?” disse Jack ridendo.
“Sì, sì, ridete pure,
vedrete quando ci sarete voi nelle zampe di Maddy...allora riderò io !”
rispose sotto voce Tom, per non farsi sentire dalla ragazza. “Se avete finito
di....fare commenti, potrei andare a cambiarmi, che dite ?”
“Dico che purtroppo è
tardissimo e dobbiamo cominciare alla svelta !” disse Oliver, beffardo
“Per cui ti toccherà provare in costume...non è un grande onore ? Pensa
che non siamo nemmeno alle prove generali !”
“Ollie, non puoi...”
“Oh, sì che posso !
E ora piantala di fare storie e muoviti ! Dobbiamo rifare la scena del
coltello.”
Tom, arrabbiatissimo, si
diresse a grandi passi verso Oliver, che lo aspettava in scena assieme a Paul.
“Questa me la paghi,
bastardo” gli sibilò in un orecchio dopo averlo afferrato per il collo della
camicia. “Giuro che appena è finito tutto ti...”
“Scusate, Julian è
qui ?”
Tutti si voltarono a
guardare la nuova venuta. Appena Tom capì chi era, desiderò ardentemente di non
essere mai nato.
“Ciao Amy... Ti serve
qualcosa ?” disse Julian lanciando uno sguardo imbarazzato verso Oliver e
Tom e dirigendosi verso la sorella.
“Dovevo solo portarti le
chiavi di casa...esco a far shopping con Karen, e papà non c’è...ehi, ma chi è
il tizio col mantello ?” chiese Amy incuriosita notando, disgraziatamente,
la ‘mise’ di Tom.
“Ehm...anticipo di prove
generali ! E ora vai, svelta, non vorrai far aspettare Karen !” la
incalzò Julian, per evitare che la ragazza identificasse Tom. Il ragazzo, a sua
volta, stava cercando di defilarsi, ma fu bloccato dalla voce squillante di
Amy.
“Ah, ma è Tommy !
Quanto sei carino ! Sembri un po’ Batman, ma più simpatico !”
Tom cominciò a sudare
profusamente, un po’ per l’imbarazzo, un po’ per l’involontario complimento di
Amy. Le fece un sorriso ebete e cercò di farfugliare qualcosa.
“Eeeh...vedi...costume...Maddy...carino,
vero ?...”
Maddy incrociò le
braccia, indispettita dal comportamento del ragazzo. Possibile che lui non la
considerasse minimamente, lei che era ambita da quasi tutti i ragazzi della
scuola, e che le preferisse una sbarbina di un anno più giovane ? Era
proprio vero ; si desidera sempre ciò che non si può avere.
Amy, comunque, era
veramente carina, sempre fresca e vivace. Nonostante assomigliasse poco a
Julian, chiunque li vedesse insieme capiva che erano fratelli. Lo stesso
sguardo, lo stesso sorriso, lo stesso modo di esprimersi gesticolando e di
ridere buttando la testa all’indietro ; poco importava che lei avesse
lunghi capelli castani e occhi verde scuro e lui fosse moro con gli occhi
nocciola, si notava al volo che uscivano dallo stesso stampo.
“Ora devo proprio
scappare. Buon lavoro a tutti...ciao Tommy !” disse agitando una mano
verso il ragazzo e sfoderando uno dei suoi più bei sorrisi.
“...e buon lavoro anche
a te, fratellone !” disse poi, alzandosi in punta di piedi a baciare la
guancia di Julian.
I ragazzi la guardarono
uscire di corsa e sospirarono ; eh, già, Amy era proprio una ventata di
aria fresca.
“Forza, ciurma, al
lavoro ! Che c’è, vi siete incantati ?” disse Oliver, battendo le
mani come al solito per richiamare l’attenzione dei presenti. “Paul, Tom. Atto
secondo, scena prima. Saltiamo subito all’incontro con Macbeth.”
Oliver si mise comodo
(ben lontano dalla botola !) ad ascoltare il dialogo tra Banquo e il suo
signore.
“Chi va là ?” disse
solennemente Paul.
“Un amico” rispose Tom
con aria scocciata.
“Ancora in piedi,
monsignore ? Il Re è.... Sarah !” gridò all’improvviso Paul dopo
aver visto dalla finestra la ragazza dei suoi sogni che si dirigeva verso il
cancello.
“Aspetta
Saraaaaaaah ! Ti devo parlareeeeeeee !”
No, no,
NO ! ! ! , si disse Oliver, vedendo l’amico saltare giù dal
palco e lanciarsi verso l’uscita.
“Torno subito,
continuate senza di me !” disse Paul, sparendo nel corridoio.
“Tre battute. Questo è
un vero record “ disse Oliver.
“Che facciamo, Ollie,
continuiamo ?” disse Tom, ancora seccato per la figuraccia fatta con Amy
Ross.
“Certo che
continuiamo...almeno facciamo il tuo monologo, così non ci pensiamo più. Dai,
vieni qui al tavolo e attacca, ma veloce che sono già stufo” rispose Oliver,
appoggiandosi al muro.
Tom fece un passo in
avanti e, dopo aver guardato cosa c’era sulla tavola, la indicò con il pollice
e disse con aria incredula: “Ma che cos’è, un coltello ?”
“Sì, la battuta era più
o meno questa... cerca di dirla in modo un po’ più convinto !”
“Guarda Ollie che non
stavo mica recitando... ti ho chiesto se quella roba è un coltello... o mi
state di nuovo prendendo per il sedere ?”
Detto ciò, sollevò con
due dita una specie di sciabola di plastica formato mignon, che portava in
rilievo sulla lama la scritta ‘Sandokan’.
“Senti, stendiamo un
velo pietoso...” disse Oliver “Era l’unica cosa che assomigliasse ad un
coltello che avevamo a disposizione...probabilmente ci giocava il nonno di
Davenport...insomma, vedi di far finta di niente e continua !”
Tom, perplesso, posò
quell’arma letale e, dopo essersi schiarito la voce, disse :
“E’ un coltello, quello
che vedo qui davanti ?”
Oliver scosse la testa e
disse : “Non così...non devi domandarti se quello è un coltello o una
forchetta...devi apparire tentato...quell’arma ti farà commettere un omicidio,
ricordatelo !”
“Va beh... E’ un
coltello , quello che...”
“No !” lo
interruppe nuovamente Oliver “Meno deciso !”
“E’ un coltello, quello
che vedo qui davanti ?”
“Ho detto meno
deciso !”
“Ma insomma,
Ollie !”
“E dai,
ricomincia !”
Tom stava ribollendo
dalla rabbia.
“E’ un coltello,
quello...”
“No.”
“Non è un
coltello ?” disse Tom in tono sarcastico.
“Tommy...”
“Va bene, va bene. Hm.
E’ un coltello quello che...”
“Alza la voce, se parli
così non ti sente nessuno !”
“E’ un...”
“Tom, un tipo strano sta
cercando di fregarti la bicicletta” disse Benjamin guardando fuori dalla
finestra.
“TI
AMMAZZOOOOOOO ! ! ! ! ! ! ! ! !”
Tom afferrò il pugnale
giocattolo e si precipitò fuori dalla stanza.
Oliver avrebbe voluto
piangere ; invece si chiese, come tutti gli altri, quale sarebbe stata la
reazione del ladro di biciclette nel vedersi correre incontro Tommy conciato in
quel modo abominevole.
22. Provaci
ancora, Paul !
Mentre tutto questo
accadeva, Paul era riuscito a raggiungere Sarah appena prima che uscisse dal
cancello.
“Sarah !
Aspettami !”
La ragazza si voltò di
scatto e si spaventò un pochino vedendosi correre incontro Paul, tutto rosso e
con il fiatone ; in un attimo, il ragazzo la raggiunse. Sarah avrebbe
voluto scappare via ; imbarazzatissima, senza avere il coraggio di
guardare Paul in faccia, disse :
“Ehm...ciao, Peter. Come
va... ?”
“Paul” rispose,
ansimando, il ragazzo.
“...Come ?”
“Mi chiamo Paul, non
Peter” disse, con un filo di delusione nella voce, riprendendo fiato. Ma come,
si era già dimenticata il suo nome ? “Per fortuna ce l’ho fatta...devo
aver travolto tre o quattro persone mentre correvo qui !”
Sempre guardandosi in
giro, come se temesse di essere spiata da qualcuno, la ragazza disse :
“... Perché, devi dirmi qualcosa, Pet...ehm, Paul, scusa !”
“Peter, Paul...non fa
molta differenza, sempre santi sono !” rispose il ragazzo con una risata.
“Comunque...insomma, volevo salutarti...è un po’ che non ti vedo !”
“Beh, a dire la
verità...l’ultima volta è stato tre giorni fa, in mensa... poi c’è stato il
week-end di mezzo e...”
“Oh, già.
Comunque...tutto ok ? Com’è andato il compito di matematica ?”
“Ma...come hai fatto a
ricordartelo ?” chiese, stupita, la ragazza.
“Beh, sai...il vecchio Paul
ha la memoria di un elefante !”
“Comunque tutto bene,
grazie... e la vostra recita ?”
“Lascia perdere...
stiamo impazzendo tutti !”
In cinque minuti le
raccontò tutti i disgraziati avvenimenti di tre settimane di lavoro. La ragazza
rise, e Paul si disse che era stupenda quando era felice. Avrebbe voluto
inventarsi qualcos’altro per sentirla ridere ancora.
“Comunque abbiamo tutti
bisogno di un po’ di relax...io non so nemmeno quando è stata l’ultima volta in
cui ho preso in mano la chitarra !” continuò Paul.
“Tu suoni la
chitarra ? E’ stupendo ! E hai un gruppo o suoni per conto
tuo ?”
“Tutt’e due...anche se
suonare in gruppo è molto più divertente ! Conosci i Picasso’s Last
Words ?” chiese, speranzoso, Paul.
“Uhm..no, mai sentiti”
rispose Sarah dopo averci pensato un po’ su.
E tre, si disse Paul,
visibilmente deluso. Sembra quasi che lo faccia apposta !
“Beh, i membri sono
quasi tutti miei compagni di classe. C’è Mark Landers, il figlio del
veterinario, quello alto, con la pelle scura...lui suona il flauto e il sax. E’
un po’ impacciato e quando si muove combina spesso qualche disastro, ma è
grandioso, a volte tira fuori certi numeri...”
“Davvero è così
bravo ?”
“Il migliore. Poi c’è
Julian Ross che suona il pianoforte... saprai sicuramente chi è, non è il tipo
che passa inosservato !”
“Sì, credo di aver
capito... quasi tutte le mie compagne di classe sono cotte di lui ! Hai
detto che suona il piano ?”
“Sì, e anche lui è un
fenomeno ! Altro che quello sbruffone di Leon Mitchell !” affermò
Paul con orgoglio, prendendosi l’ennesima rivincita nei confronti del detestato
leader dei ‘This Was’.
“In effetti Leon suona
molto bene...ma se mi dici che Julian è anche meglio, allora...”
“Non c’è paragone, te
l’assicuro. Julian è un talento naturale...e poi la sua matrigna è
un’insegnante di musica !” aggiunse, dando di gomito a Sarah.
“Ah, così ha
un’allenatrice personale ! Proprio fortunato !”
“Puoi dirlo forte !
Poi c’è Ollie Hutton, il nostro regista, che suona anche lui la chitarra. Lui,
però, si occupa dell’accompagnamento. Alla batteria, invece, c’è Alan Crocker,
di quarta A. E’ l’unico esterno.”
“Capisco. E un bassista
ce l’avete ?”
“Come no ! Mi stavo
dimenticando di Stephen, che amico ingrato sono ! Vedi, è stato uno dei
fondatori dei PLW , insieme a me ! Sai che ha imparato a suonare il basso
in un mese ? Certo, se ti dico i primi risultati...Lui lo attribuisce al
fatto che è mancino, ma esagera un po’...a volte crede di assomigliare a Paul
McCartney...”
“Aspetta un attimo” lo
interruppe Sarah. “Hai detto PLW ? E Stephen, per caso, di cognome fa
Mallory ?”
“Sì, è lui,
perché ?”
“Ma allora ho capito chi
siete !” esclamò Sarah dandosi un colpo di mano sulla fronte. “Io sono in
classe con Heather Blackwood, la ragazza di Stephen Mallory !”
Era vero, Paul se n’era
dimenticato.
“Ecco perché il nome mi
suonava famigliare... Heather mi ha parlato tantissimo del vostro
gruppo !”
“E te ne ha parlato
bene, spero !”
“Eccome ! Mi ha
chiesto un sacco di volte di venirvi a sentire, ma...beh...non avevo mai
tempo...” mentì Sarah. Sarebbe stato meglio dire che non avevo voglia di
starmene lì come un baccalà mentre Heather lumava il suo ragazzo, pensò.
“Senti, noi suoniamo
giovedì prossimo al ‘Mickey and the Mouse’, il locale in fondo a Gillingham
Close...ti prego, vieni ! Ci tengo un sacco ! Non ti deluderemo,
vedrai ! E poi, se ti va, potrai cantare qualcosa con noi...”
Sarah non sapeva cosa
dire...non poteva dire di no allo sguardo supplichevole di quello strano
ragazzo che aveva conosciuto da pochissimi giorni e già manifestava un grande
interesse per lei.
“D’accordo, verrò. Ma
non so per quanto potrò rimanere...”
“Fantastico !” la
interruppe Paul “noi cominciamo alle otto e mezza, se vuoi venire prima
mangiamo qualcosa insieme !”
“Va bene, ma...”
“Ora devo scappare,
altrimenti Ollie mi fucila ! Grazie mille per la splendida notizia, ti
aspetto !” disse Paul correndo via.
“Non mancherò !”
rispose Sarah, salutando il ragazzo. Non capiva perché, ma sentiva il cuore
batterle forte...
Paul non stava più nella
pelle. Ridendo e saltando come un canguro rientrò nell’Auditorium giusto mentre
tutti gli altri avevano iniziato a levare le tende.
“Ti sei perso una scena...”
gli disse Stephen, vedendolo tornare “Tommy vestito da Robin Hood che inseguiva
un ladro di biciclette con uno spadino di plastica...mai riso tanto in vita
mia ! E tu dov’eri finito ? Hai trovato Sarah ?”
“Sìììììììì ! ! !”
esclamò Paul, al settimo cielo. “Abbiamo chiacchierato un po’...beh, sarebbe
meglio dire che io ho parlato e lei mi ascoltava...ma comunque non
importa ! L’ho fatto, Steve !”
“Fatto cosa ? Le
hai chiesto di uscire ?”
“Non proprio...l’ho
invitata al concerto di giovedì! Non è fantastico ? Le ho detto che, se
voleva venire prima...”
“Alt un attimo” lo
interruppe Stephen “Non starai parlando di giovedì prossimo ?”
“Sì...il concerto nel
locale di Jack... perché, c’è qualcosa che non va ?”
“Paul...sai che giorno è
giovedì prossimo ?” disse Stephen incrociando le braccia.
“N-no...”
“Te lo ricordo io. E’ il
14 giugno.”
“E allora ?”
“Come allora ? Ci
sono le prove generali ! Non dirmi che te ne sei dimenticato !”
“O mio Dio...” Paul
impallidì.
“La recita è
venerdì...abbiamo annullato tutto già da due settimane ! A parte il fatto
che non c’è tempo, anche volendo, non abbiamo uno straccio di pezzo nuovo da
provare !”
NOOOOOOOOOO, avrebbe
voluto gridare Paul. Ma non c’era tempo per disperarsi ; doveva trovare
una soluzione, e doveva trovarla in fretta.
23. Malintendersi
Tornando a casa, Paul si
maledisse per essere stato così stupido. Ma come aveva potuto
dimenticarselo ? Forse era stato l’eccessivo entusiasmo del momento che
gli aveva fatto perdere la testa. Ma adesso la cosa importante era dire tutto a
Sarah. Come diavolo avrebbe reagito ? Si sarebbe arrabbiata o sarebbe
stata comprensiva e l’avrebbe perdonato ? Certo che sei proprio un genio,
si disse Paul, un bidone al primo appuntamento... come minimo non ti guarderà
mai più in faccia, e ne avrà tutte le ragioni. Comunque devo solo dirle che il
concerto è rimandato a data da definirsi e chiederle scusa...non è mica la fine
del mondo. Potrò comunque chiederle di uscire a spettacolo concluso, ci saranno
un sacco di altre occasioni per vederci ! Certo, dovrò cercare di
ricordarmi quando sono libero... magari è meglio se do un’occhiata al
calendario... HEY, MA CHE STO DICENDO ? ! ?
Paul si scosse e si
passò le mani sulla faccia. Devo essere impazzito, si disse. Cosa pensavo di
fare, dirle “Scusa cara, controllo un attimo la mia agenda...sì, ho un buco
libero domani tra una colazione d’affari e una riunione”... sto decisamente
esagerando. Basterà solo riflettere prima di parlare. E’ così semplice !
Sospirando, entrò in
casa e si buttò sulla poltrona. Com’era quella vecchia canzone di Bob
Marley?, pensò. Everything is gonna be
alright... andrà tutto benissimo.
L’indomani, appena
suonata la campanella dell’intervallo, Paul si precipitò con il cuore in gola a
cercare Sarah. La ragazza era ancora seduta al suo banco, intenta a copiare
degli appunti ; quando vide Paul, che, nervosissimo, si torceva le dita
sulla porta, si alzò e gli andò incontro sorridendo.
Quant’è carina, pensò
Paul osservando i lunghi capelli biondi che ondeggiavano ad ogni passo della ragazza.
Sembra un raggio di sole.
“Ciao Paul ! Hai
visto che stavolta mi sono ricordata il tuo nome ?”
“Ehm...ciao Sarah...
come va ?” balbettò il ragazzo, visibilmente imbarazzato. Sarah si accorse
subito che qualcosa non andava ; sembrava quasi che Paul non volesse
essere lì. Di riflesso, si mise sulla difensiva.
“Bene...sì, piuttosto
bene... e tu ?”
“Io..ecco...volevo dirti
che...insomma..”
Sarah cominciò a
spazientirsi ; possibile che quel benedetto ragazzo iniziasse tutti i suoi
discorsi con frasi sconnesse ?
“Insomma cosa ?”
disse la ragazza, mettendo le mani sui fianchi. Paul si accorse del cambiamento
d’umore di Sarah, e ciò lo rese ancora più inquieto.
“Volevo dirti che...il
concerto di giovedì...non puoi venire... “ Non puoi venire ? Mio Dio, cosa
sto dicendo ? ! ?
“Ah.” Disse Sarah,
fredda come il ghiaccio.
“No..cioè, puoi venire
se vuoi, ma il concerto non c’è...in realtà l’abbiamo sospeso per le prove
generali, quindi non troveresti nessuno, he, he, che idiota !”. Paul
ridacchiò nervosamente, capendo che stava mandando tutto a farsi friggere.
“Allora dove cavolo devo
venire ?”
“Da nessuna parte. Cioè,
no...se ti va possiamo uscire lo stesso a bere qualcosa...”
“Ma non avevate le prove
generali ? ! ?”
“Ah, già, è vero. Niente
giovedì, allora. Facciamo venerdì ?... no, aspetta. Questo week-end non ci
sono. Poi ci sono di mezzo gli esami, e sicuramente vorrai studiare...” disse
Paul cercando di fare il ragazzo premuroso. Naturalmente, però, ottenne
l’effetto contrario.
“Senti, lascia perdere.
Ho capito.” Rispose Sarah girando i tacchi e incamminandosi lungo il corridoio.
Paul cercò
disperatamente di fermarla : “No, aspetta, non mi sono spiegato...”
“Non c’è niente da
spiegare, Peter” lo interruppe Sarah senza voltarsi “Proprio niente. Ci vediamo
quando avrai le idee un po’ più chiare”.
Paul la guardò
scomparire dietro l’angolo. Sentì un groppo in gola e un lacrimone salirgli
all’occhio. Lo ricacciò indietro con un singhiozzo. Cretino, si disse. Stupido,
idiota, deficiente, deficiente...
“Oh, allora sei
qui ! Ti ho cercato dappertutto !” disse Mark apparendo
improvvisamente alle spalle del ragazzo con una rivista tra le mani. Paul non
si mosse e continuò ad imprecare dentro di sé.
“Guarda” continuò
Mark“Ti ho portato ‘Rolling Stone’ di
questo mese, c’è un mega servizio su Pat Metheny e...”
“IMBECILLE ! ! !”
sbottò improvvisamente Paul alzando le mani al cielo.
“Ma...ma che ti ho
fatto ?” sussurrò Mark, allibito.
“No, non tu...
IO ! ! !” esclamò Paul scoppiando in lacrime e cercando appoggio
sulla spalla di Mark.
“Ci siamo... dai,
torniamo in classe che mi racconti tutto” disse Mark circondando con un braccio
le spalle dell’amico che piangeva come un bambino con la faccia nascosta tra le
mani.
Arrivati in classe, i
due furono subito circondati dai compagni, che , con grande spirito di
solidarietà, lasciarono sfogare l’amico.
“Accidenti, non ci
voleva proprio” disse Julian.
“No che non ci
voleva !” esclamò Paul, disperato. “Non posso crederci...è finita ancora
prima di cominciare !”
“Ma Paul, non potevi proprio
stare un po’ più attento alle parole ? Te l’ho sempre detto, tu dici
sempre quello che non pensi !” disse Stephen.
“Grazie tante, Steve”
disse Paul asciugandosi il naso “Se l’avessi fatto ora non sarei qui a
frignare, no ? Comunque è fatta, devo togliermela dalla testa, non c’è più
niente da fare...”
“Non è detto” disse Mark
portandosi pollice e indice al mento, pensieroso. “Forse c’è una soluzione...ma
dovremmo prima interpellare i Picasso’s Last Words.” Paul, Stephen, Julian e
Oliver gli lanciarono un’occhiata interrogativa.
“Sì” continuò il ragazzo
“Credo proprio che si possa ancora fare qualcosa.”
24. A tutto
c’è rimedio
Sarah si buttò sul
letto, furiosa. Come aveva potuto farsi prendere in giro ancora una
volta ? E soprattutto, come poteva ancora credere che qualcuno si
interessasse a lei ? Certo, quel tipo...Peter, Paul, come diavolo si
chiamava, gli venisse un colpo, era stato davvero convincente. La finta estasi
alle prove, l’approccio in sala mensa, la scena all’uscita... tutto perfetto.
Se lo vedeva, Paul, a scherzare con gli amici... “Scommettiamo che nel giro di
tre giorni mi intorto quella biondina scema ?”. Chissà cos’aveva vinto, il
bastardo. Ce l’aveva quasi fatta. Sarah riusciva quasi a sentire le risate alle
sue spalle...possibile che se ne accorgesse sempre troppo tardi ? Ma
stavolta non glie l’avrebbe fatta passare liscia...
La ragazza si voltò su
un fianco. Improvvisamente, la rabbia lasciò il posto alla delusione e
all’amarezza. Sarah iniziò a piangere sommessamente. Ma perché ?, si
chiese. Lui sembrava così diverso... quando l’aveva conosciuto sembrava che non
glie ne importasse niente se lei era timida e impacciata, se non era bella o se
gli altri la chiamavano Sarah la Talpa a causa della sua forte miopia. Sarah la
Talpa...com’era umiliante !
Non avrei mai dovuto
ascoltare Heather e andare a quel maledetto provino, si disse. E comunque non
mi farò più prendere in giro. Chi se ne frega se resterò sola per tutta la
vita...tanto lo sono già !
Si scosse un attimo
quando sentì bussare alla porta della sua stanza.
“Sarah, c’è qui Heather”
disse sua madre. La ragazza si asciugò in fretta gli occhi e andò ad aprire.
Sua madre se n’era già
andata e, in piedi in mezzo al corridoio, se ne stava una ragazza dai corti
capelli castani e un sorriso gentile.
“Ma come, sono solo le
otto e mezza e tu sei già a letto ?” disse, ridendo.
Sarah si grattò la
testa. “No, stavo solo riflettendo...vieni, entra”.
“Riflettendo ?
Diciamo che stavi dormendo” disse l’amica mettendosi a sedere sul letto.
“Magari” ribattè Sarah
“Non riesco a togliermi dalla testa quel pezzo di...”
“Frena, cara” la
interruppe Heather“Mi sa che te la sei
presa un po’ troppo. Io non credo che lui volesse prendersi gioco di te...”
“Ah, no ? E allora
com’è che mi ha dato buca ancora prima che potessimo cominciare a
conoscerci ? No, non dirlo : si è accorto di non essere il ragazzo
giusto per me, che io merito di più, e tutte le altre balle che mi sento
raccontare da sedici anni a questa parte !”
“Hey hey, che bambina
precoce ! Non dirmi che hai ricevuto il tuo primo due di picche quando eri
ancora al reparto maternità...”
“Heather, per favore. Non è
giornata.”
“Scusa, era una
battutaccia, lo so. Ma voglio solo dirti che stai traendo delle conclusioni un
po’ troppo affrettate.”
“Ma quali conclusioni
affrettate ! ! !” sbottò Sarah “I casi sono due : o quello
è del tutto deficiente o è completamente idiota !”
“Oppure è uno che non ci
sa molto fare con le ragazze” aggiunse Heather.
“Dì pure per niente, in
questo caso. Comunque io non ci credo. Nemmeno lo scemo del villaggio
arriverebbe a tanto” disse Sarah incrociando le braccia e guardando fuori dalla
finestra.
“Adesso stai davvero
esagerando” replicò Heather “Capisco quanto tu possa essere arrabbiata, ma
conosco Paul e so per certo che non aveva la minima intenzione di ferirti.
Anzi, ora sta anche più male di te”.
“Ma nooo... e tu questo
come lo sai ? Ah, già, dimenticavo che è il migliore amico del tuo
bello...magari è lui che ti manda in avanscoperta ?”
“Senti, ora piantala
altrimenti ti prendo a sberle” disse Heather minacciando Sarah con l’indice
teso. “Tutta questa storia è frutto di uno stupido malinteso del cavolo a cui
Paul ha tutta l’intenzione di rimediare...così”. Heather tirò fuori dalla
borsetta una busta bianca su cui c’era scritto ‘Per Sarah’, e la consegnò
all’amica che la fissò stupita.
“Che cavolo è ?”
chiese la ragazza.
“Aprila e lo scoprirai,
idiota” rispose l’amica sorridendo.
Con mani tremanti, Sarah
aprì la busta e ne tirò fuori un biglietto scritto a mano che diceva :
Sei ufficialmente invitata
ad uno speciale concerto dei
Picasso’s Last Words
che si terrà giovedì 14 giugno alle
20.30
al secondo piano del bar
“MICKEY
AND THE MOUSE”.
Chiedi di Jack.
Per favore, vieni.
Ti aspetto
Paul
“E’ uno scherzo,
vero ?” disse Sarah.
“Prendilo come ti pare”
rispose Heather alzandosi e dirigendosi verso la porta “Se fossi in te, però,
approfitterei di quest’occasione”
Sarah restò un attimo in
silenzio. Guardò prima il biglietto, poi Heather. “Te l’ha dato lui ?”
disse.
“Sì, e dagli occhi che
aveva direi che ci teneva davvero molto.”
Sarah sospirò, poi
accennò ad un sorriso.
“Beh” disse “Tutti hanno
bisogno di una seconda possibilità, giusto ?”
“Direi che ne avete
bisogno entrambi” rispose Heather.
Scoppiarono entrambe a
ridere, e Sarah si sentì molto più sollevata.
25. Tonight’s
the night
Mentre si dirigeva verso
il “Mickey and the Mouse”, Sarah si domandò se non fosse il caso di girare i
tacchi e darsela a gambe. E se si fosse trattato di uno stupido scherzo,
l’ennesimo che avrebbe dovuto subire ? Se non ci fosse stato nessuno ad
aspettarla, salvo qualche faccia sghignazzante che non si sarebbe fatta il
minimo problema a sfotterla per mesi ? No, era stata Heather a darle la
lettera, e lei non si sarebbe mai prestata ad un gioco del genere... era la sua
migliore amica ! E poi aveva ricevuto l’invito direttamente dalle mani di
Paul, a sua volta migliore amico di Stephen...se ci fosse stato sotto qualcosa,
lui l’avrebbe certamente saputo, e la stessa Heather glie l’avrebbe cavato
fuori in un batter d’occhio !
Mentre si diceva che
stava diventando decisamente troppo sospettosa (cosa legittima, visti i
precedenti), si trovò, quasi senza rendersene conto, davanti all’ingresso del
bar.
Sarah tirò un profondo
respiro ed entrò, guardandosi intorno. Gli avventori erano ridotti a sette o
otto persone, quattro delle quali erano impegnate ad un tavolo da biliardo e
gli altri erano seduti al bancone, dietro il quale la barista, una tipa dal
viso tondo e i capelli a caschetto, stava asciugando i bicchieri senza degnarla
di uno sguardo.
Nessuna faccia
nota ; la ragazza cominciò a sentirsi decisamente a disagio. E
adesso ? pensò.
“Sarah ?”
“... !”
La voce la fece
sobbalzare. Si voltò e capì che la voce roca apparteneva ad un ragazzo
spettinato e sorridente fermo davanti ad una porta aperta dietro al
bancone ; oltre essa era visibile una rampa di scale.
“Tu sei Sarah Nash,
vero ?” continuò quello strano tipo.
“S...sì” balbettò lei.
“Fantastico, sei
puntuale come un orologio ! Sali, stavamo giusto aspettando te !”
disse lui, invitandola con un cenno a salire.
“Stavamo ?” disse
lei, sorpresa. “Un momento...ma tu chi... ?”
“Ah, già, che
stupido ! Io sono Jack Morris... Paul ti avrà sicuramente detto di
chiedere di me, giusto ? Ora andiamo, forza, quelli muoiono dalla voglia
di suonare !”
Sarah si mosse
lentamente verso Jack. “Senti, ma... com’è che possiamo salire e scendere da
questo posto come ci pare e piace ?” disse, indicando la porta.
“Semplicemente perché
questo bar è mio” rispose il ragazzo “Cioè, è dei miei genitori ! Quella
racchia musona che sta servendo i cocktail è mia sorella Paula” disse indicando
la giovane barista che immediatamente si girò e disse in malo modo al
fratello : “Ti ho sentito, sai ? Vedete di non fare troppo casino, tu
e i tuoi amichetti fracassoni, altrimenti ve le suono io !”
“Ti adoro, Paula, cosa
farei senza di te ?” rispose Jack in tono sarcastico, salendo le scale
insieme a Sarah. La sorella lo ignorò. “Non preoccuparti, Sarah, abbaia tanto
ma non morde quasi mai... piuttosto, sei pronta all’evento mondano
dell’anno ?”
“A dir la verità non ho
ancora capito in cosa consista... la faccenda è stata piuttosto confusa”
rispose la ragazza.
“Oh, lo capirai da sola.
Comunque devo dire che Paul aveva ragione...”
“Come sarebbe ?”
chiese Sarah con uno sguardo interrogativo.
“Beh, sei più carina di
quanto immaginassi !”. Sarah arrossì, mentre Jack alzò gli occhi verso la
fine della scala, che si apriva direttamente in un’ampia mansarda.
“Eccoci qua !”
esclamò Jack. “Possiamo cominciare, ragazzi !”
Una volta nella stanza,
Sarah si guardò attorno, sorpresa. I ragazzi e le ragazze che stavano seduti ai
tavolini si erano voltati verso di lei e l’avevano salutata amichevolmente...
ma lei non li aveva mai visti !
Ad un tratto, vide
Heather venirle incontro.
“Credo che dobbiamo fare
un po’ di presentazioni “ disse, prendendo per mano l’amica e portandola
dal gruppetto di sconosciuti che, nel frattempo, si erano alzati e la stavano
circondando. Ma dov’era Paul ?
“Questo è Tom... poi qui
ci sono Elizabeth, Benjamin, Philip... Jack l’hai già conosciuto, vedo...
queste sono Patricia e Madeleine, e infine ecco Amy, la sorella di
Julian...sai, quel gran...”
“Heather !”
esclamarono all’unisono Philip e Jack.
“...ehm, insomma, te ne
ho già parlato.” continuò Heather, imbarazzata. “Ragazzi, questa, se non
l’avete capito, è...”
“Sarah !”
Paul sbucò da una
porticina, seguito a ruota dal resto dei Picasso’s Last Words, e corse dalla
ragazza a braccia aperte.
“Allora sei
venuta ! Meno male, non ci speravo più !”, disse, prendendola per
mano. Sarah arrossì come al solito.
“Ciao Paul” disse“Mi stavo giusto chiedendo dove fossi
finito...”
“Stavo mangiando un
boccone con il resto del gruppo...non preoccuparti, non ti avrei mai
bidonata !”
“Beh, una volta l’hai
fatto, se non sbaglio...” disse Sarah, che non sapeva ancora se fidarsi
completamente del ragazzo.
“Purtroppo è vero, ma
non dipendeva da me” rispose Paul facendosi serio. “Comunque vieni, ti presento
gli altri !” continuò, trascinandola verso i compagni che si erano diretti
verso i loro strumenti, montati in fondo alla sala.
“Stephen lo conosci
già...questi sono Mark, Julian, Oliver e Alan !” . I ragazzi sorrisero e
la salutarono.
“Cavoli, Paul, non ci
avevi detto che la tua amica era una bambola in carne ed ossa !” esclamò
Alan.
E due. Sarah era sempre
più imbarazzata. Guardò di sottecchi Paul, pensando di trovargli un sorrisetto
di compiacimento dipinto sul viso, come se si fosse messo d’accordo con i
compari per renderla più malleabile. Invece notò che il ragazzo la guardava con
gli occhi carichi di gioia e affetto.
“E’ vero” rispose Paul
sorridendo “Sei bellissima !”.
Il cuore di Sarah
cominciò ad accelerare. Forse aveva fatto bene a mettere quella gonna a tubino
nera, la camicia annodata in vita e le scarpe col tacco... e anche a sostituire
gli occhiali con le lenti a contatto e a sfoggiare un velo di mascara e
ombretto. Ma c’era dell’altro : sentiva che i complimenti dell’amico non
erano una semplice constatazione, come quelli di Jack e Alan. Avevano qualcosa
di più profondo dietro, qualcosa che Sarah non riusciva ancora a spiegarsi...
“Paul, che dici se
attacchiamo ? Si sta facendo tardi” disse Oliver mettendosi la chitarra a
tracolla.
“Un momento” disse Sarah
“Ma voi non avevate le prove generali, oggi ?”
“Difatti le abbiamo
avute” rispose Elizabeth, affiancandosi alla ragazza “Ma il nostro Ollie è
stato tanto buono da accelerare un po’ le cose...vero Ollino ?”
Oliver le lanciò
un’occhiataccia. Quando Mark aveva lanciato la proposta del concerto
estemporaneo, lui, naturalmente, non era stato d’accordo. Era chiaramente una
follia sottrarre tempo alle prove il giorno prima della recita...e poi chissà a
che ora avrebbero finito di suonare ! Alla fine, però, le suppliche di
Paul avevano vinto, e lui aveva dovuto arrendersi al fatto che “al cuor non si
comanda”. Aveva così deciso di lasciar perdere i costumi, le scenografie e
tutto il resto, e di provare solo le scene più impegnative ; in questo
modo se l’erano cavata in un pomeriggio, con gran gioia per il resto della
compagnia.
“Ollie ha ragione !
Sarah, vai pure a sederti insieme agli altri...” disse Paul. Poi si voltò a
guardare i Picasso’s Last Words, che si erano già messi ai posti di manovra e
imbracciò anche lui la chitarra.
“Signore e signori,
grazie per essere venuti qui stasera !” esordì il ragazzo, rivolgendosi al
pubblico.
“Purtroppo il tempo che
abbiamo a disposizione non è molto, quindi suoneremo poche canzoni...ma
buone !”
“Speriamo !” disse
Benji ridendo.
“Tranquilli, vi assicuro
che non vi pentirete di essere qui ! Ma per favore, non chiedeteci il bis,
altrimenti Paula ci butterà fuori con la scopa, insieme alla spazzatura !
E ora... un, due, tre... “
Le dita di Julian
scivolarono velocemente lungo la tastiera, accompagnate dopo un attimo dalla
batteria di Alan e dal basso di Stephen, a cui si aggiunsero subito le chitarre
di Paul e Oliver, le quali formarono l’accompagnamento. Sarah, che aveva un
buon orecchio e una discreta conoscenza musicale, riconobbe subito “Year of the
cat”.
Paul iniziò a cantare.
On a morning from a
Bogart movie...
Sarah osservò gli
spettatori, che seguivano la canzone chi muovendo ritmicamente i piedi o la
testa, chi canticchiandola tra sé e sé. Mark, che aspettava di entrare con il
suo assolo, picchiettava le dita sul sassofono che aveva a tracolla.
I ragazzi suonavano
bene ed erano perfettamente a loro agio. Sarah ripensò alle sensazioni che
aveva provato mentre cantava “Independent love song” davanti ai This Was e si
chiese se per Paul era la stessa cosa. Sicuramente no, si disse, e forse lui
stava prendendo la cosa nel modo giusto ; mentre era sul palco, Sarah
aveva avuto una grandissima voglia di scappare via, come se si vergognasse di
quello che stava facendo ; era evidente che Paul era felice, e che per lui
cantare e suonare erano una grandissima gioia che voleva condividere con tutti.
Poco importava di quello che pensavano gli altri ; l’importante era che ci
credesse lui.
...But the drum-beat
strains of the night remain / in the rhythm of the new-born day...
E lui ci credeva,
eccome !
La ragazza si rese conto
che avrebbe avuto molto da imparare da Paul ; capì che ciò che contava non
era fare una cosa bene o male, ma avere il coraggio di farla. E poi quella sera
aveva organizzato tutto per lei...
...You know sometimes
you’re bound to leave her / but for now you’re going to stay...
Aiutata dalla melodia,
la felicità esplose dentro Sarah.
“In the year of the
cat ! ! ! “
Far parte del coro fu
una sensazione meravigliosa.
“Bravi, bravi,
bravi !” disse Sarah battendo le mani mentre i Picasso’s Last Words, dopo
aver eseguito l’ultimo brano, si inchinavano davanti al loro pubblico. Non era
mai stata così felice ; era circondata da sconosciuti eppure si sentiva
perfettamente a suo agio. Tutti erano stati gentilissimi con lei, un po’ perché
sapevano quanto Paul ci tenesse, un po’ perché la ragazza era talmente dolce e
affabile che fare amicizia con lei non era per niente un problema.
“Allora Sarah, che ne
dici dei PLW ?” chiese Paul, felice e sudato, dopo essersi liberato della
chitarra.
“Fantastici,
semplicemente fantastici !” rispose la ragazza con entusiasmo “Altro che
Stand Up ! Mitchell e soci hanno le ore contate, ve lo dico io ! Che
sound, che interpretazioni...”
“Beh, calma !” la
interruppe Oliver “Non esagerare adesso...dobbiamo migliorare parecchio e
abbiamo ancora molta strada da fare...”
“Per arrivare a Top of
the Pops ?” intervenne Julian “Eddai Ollie, possibile che tu prenda sempre
tutto così seriamente ? Tieni conto che l’unico qui dentro che può fare
davvero fortuna è Paul ! Noialtri...beh, per ora continueremo a divertirci
e basta !”
“Parla per te !
Ammesso che non ti interessi eguagliare Roy Bittan (anche se non ci sei molto
lontano), io ho tutta l’intenzione di diventare un novello Clarence Clemons !”
disse Mark ridendo.
“Sì, e poi quando Bruce
Springsteen vorrà rinnovare la E Street Band ti chiamerà...ma se quando ti
hanno pescato suonavi il flauto nella banda degli scout ?” disse Philip
con ironia “Dove contavi di arrivare allora ?”
“Uhm...all’angolo della
strada, forse ? Certo che se mi fossi comprato un organetto e una scimmia
ammaestrata forse ora sarei pieno di soldi !”
Tutti scoppiarono a
ridere, poi raggiunsero i tavolini dove si sedettero per godersi un po’ di
riposo.
“Jack, ci porti qualcosa
per sciacquarci la bocca ?” chiese Paul.
“Come no ! Che ne
dici di un bel torcibudella per scaldare un po’ gli animi ?” rispose Jack
sparendo per le scale.
“Veramente siamo già
caldi” disse Stephen abbracciando Heather “Forse ci sarebbe servito prima del
concerto, hai presente che performance ?”
“Sei il solito beone,
Steve !” disse Elizabeth sedendosi accanto a Julian “Comunque devo
ammettere che non siete affatto male...anche tu” disse rivolgendosi al ragazzo
“sei notevole come strimpellatasti...la tua versione di New York City Serenade
mi è piaciuta parecchio...”
A Julian si illuminarono
gli occhi, anche se cercò di non darlo a vedere. “Davvero ?” disse
“Credevo che te ne saresti andata dopo due canzoni al massimo...sei riuscita a
stupirmi !”
“Tu non mi conosci
abbastanza, amico...” disse Elizabeth con aria maliziosa. Il ragazzo deglutì e
si guardò un po’ in giro per nascondere l’imbarazzo ma ad un tratto si bloccò.
“Hey, dov’è finita
Amy ?”
“L’ho vista uscire sulla
terrazza un paio di minuti fa” rispose Elizabeth.
“Sarà andata a prendere
un po’ d’aria” disse Julian alzandosi “E io la imito. Qua dentro fa un
caldo...”
“E’ meglio che tu te ne
stia qui buono, fratellino” disse Elizabeth afferrandogli una spalla e
rimettendolo a sedere “E’ già andato Tommy a farle compagnia...”.
Tommy ? pensò
Julian, un po’ frastornato. Sapeva che sua sorella piaceva parecchio al ragazzo
(e anche a lei non era indifferente), ma , sebbene lui l’avesse più volte
incoraggiato, Tom non era mai riuscito a prendere l’iniziativa. Chissà che
questa non sia la volta buona, si disse Julian guardando verso la
portafinestra.
Amy, con i gomiti sul
poggiolo e le mani incrociate sotto il mento, stava ammirando il paesaggio che
si stagliava oltre il davanzale. Tom era dietro di lei, accanto alla
portafinestra, e la guardava senza dire una parola. Non ce la farò mai, si
disse, lei è troppo per me. Sospirando, stava per andarsene quando Amy, senza
voltarsi, disse all’improvviso : “Non è una splendida serata,
Tommy ?”
Il ragazzo restò un
attimo interdetto. “Sì, ma...io...”
“Non preoccuparti, non
ho poteri paranormali...ho solo riconosciuto il tuo profumo !”
“...il mio
profumo ?” disse Tommy avvicinandosi.
“Sì, è lo stesso che usa
Julian...mi piace un sacco !”. Tom rabbrividì. Pericoloso, molto pericoloso.
“Comunque non hai
risposto alla mia domanda” continuò Amy.
“Uh ? Come ?”
“Ti ho chiesto se non
trovi anche tu che questa serata sia splendida...sbaglio o sei un po’
distratto ?”
Tom arrossì. Qui di
splendido vedo solo te, avrebbe voluto dire. Ma dalle labbra non gli uscì altro
che un vago “Sì...sì...certo, davvero fantastica...c’è un panorama che...oh,
accidenti !”. Cretino, si disse. Controllati, stai mandando tutto a
rotoli. Vedi di non finire come Paul, diglielo e basta !
“Senti, Tommy...”
“Sì ?” rispose il
ragazzo con voce tremolante.
“Io ti piaccio o
no ?”. Tom sentì una fitta allo stomaco.
“Co-co-come ? !”
“Insomma, tutte le volte
che ti vedo o non dici niente o te ne stai lì come un baccalà a balbettare
frasi senza senso...ora voglio sapere se lo fai perché ti sono antipatica...”
“Nonono, Amy, che stai
dicendo ? Tu non mi sei affatto antipatica, anzi ! E’ solo che...”
Qui stiamo diventando un po’ troppo espliciti, pensò Tom. Devo cercare di non
ingarbugliare troppo le cose e arrivare dritto al sodo, altrimenti sono
rovinato !
“Che...cosa ?
Insomma, mi vuoi rispondere ? Perché si dà il caso che...”
“Che... ?”.
“...che tu mi interessi
parecchio, maledizione ! Lo so, questi discorsi non dovrebbe farli una
ragazza...il fatto è che sono stanca di aspettare nel dubbio che il ragazzo di
cui sono innamorata non abbia il coraggio di decidersi. Un sacco di gente si è
persa in questo modo e dopo si è mangiata le mani. Tutto quello che voglio è
una certezza, in positivo o in negativo. Qualunque sia la tua risposta, la
accetterò.”
Tom si sentiva
stranamente calmo. Guardando l’orizzonte, oltre il quale si perdeva la campagna
circostante, disse : “Una risposta...sai qual’è la mia risposta,
Amy ?”
“Quale ?” chiese la
ragazza con l’animo ormai in tumulto.
“Questa” rispose Tommy
prendendola tra le braccia “Spero che ti piaccia”.
E la baciò.
27. Ollie il
beone
Mentre Tom e Amy
rientravano nella sala mano nella mano, rientrava anche Jack, reggendo tra le
braccia una cassetta di lattine.
“Birra per tutti, ragazzi !”
esclamò. Gli altri lo guardarono stupefatti.
“Stai scherzando ?”
disse Mark allibito “Lo sai che se ci becca qualcuno i tuoi rischiano la
galera ? E’ proibito servire alcolici ai minorenni !”
“Riecco Mark che fa la
maestrina...” intervenne Philip “Stiamo facendo una festa privata, neanche i
clienti più affezionati possono arrivare quassù, cosa vuoi che succeda ?”
“Uhm, siamo proprio in
una botte di ferro ! Ti ricordo che l’ultima volta che hai detto queste
parole tu e Ollie siete finiti dritti al Pronto Soccorso...”
“Tranquillo, Mark” disse
Jack “Questo bar è aperto da vent’anni e non è mai venuto un cane a rompere le
scatole... Quanto a mio padre, non si accorgerebbe che gli frego la birra
neanche se gli passassi con la cassa sotto il naso !”
“Bravo Jack, così si
fa ! Alla faccia del proibizionismo...BURP !” disse Oliver che, zitto
zitto, si era già scolato due lattine.
“Hey Ollie, non avrai
deciso di ubriacarti proprio stasera, eh ?” disse Paul, un po’
preoccupato.
“Sto solo an...annegando
i miei dispiaceri nell’alcool...” borbottò Oliver, con la voce sempre più
impastata, svuotando la terza lattina “E ultimamente sono tanti...dovresti
saperlo... HIC ! Sorry, mi è venuto il snigh...scingh...singhiozzo, he,
he !”
I ragazzi erano
piuttosto imbarazzati : era la prima volta che vedevano Oliver ubriaco
fradicio, e sperarono ardentemente che fosse anche l’ultima.
“Qualcuno deve farlo
smettere, Jules” sussurrò Elizabeth all’amico, tirandolo per una manica “Se
domani quello si presenta in scena sbronzo, Davenport lo sbatte fuori su due
piedi !”. Nel frattempo Oliver aveva terminato la quarta lattina e stava
assalendo la quinta.
“A me lo dici ? E
comunque hai ragione...” rispose Julian. Poi, rivolgendosi all’amico,
disse : “Ollie, piantala di bere e vai a prenderti una boccata d’aria, se
continui così finirai per stare male !”
“Fa...fatti gli affari
tuoi, Sgiulian...sto benisscimo !” rispose, barcollando, il ragazzo.
Julian, pensando che
forse Tom, essendo il migliore amico di Oliver, avrebbe potuto fare qualcosa di
più, si rivolse al ragazzo...ma voltandosi verso di lui lo vide perso nei dolci
occhioni di Amy. Colto da un momentaneo imbarazzo, girò lo sguardo verso Jack e
notò che aveva attaccato bottone con Sarah, suscitando la gelosia di Paul che
lo guardava torvo. Cercò Stephen, ma lo trovò intento a sbaciucchiarsi con la
sua fidanzata, mentre Philip, Mark e Alan stavano parlando di calcio...e quando
quei tre cominciavano non c’era verso di farli smettere.
“My bonnie lies over the
oceaaan...My bonnie lies over the seeeaaa...”
Di male in peggio. Ci
mancava che attaccasse con le canzoni da osteria.
Elizabeth cercò invano
di mettere il ragazzo a sedere e portargli via le birre, ma Oliver si aggrappò
tenacemente alla cassetta e non ci fu verso di separarlo da essa. Nel frattempo
Maddy se n’era andata, disgustata dal pietoso spettacolo che Oliver stava
offrendo, mentre Patty cercava anche lei disperatamente di far tornare in sé
l’amato bene, ma, visto che non c’era niente da fare, scoppiò a piangere come
al solito, prontamente consolata da Lucy.
“Bevevano i nostri
padri ?...Sììì !”
Julian avrebbe voluto
strangolarlo : possibile che non si rendesse conto di quanto si stesse
rendendo ridicolo ?
“Bevevano le nostre
madri ?...Sììì !”
Ad un tratto, Julian
vide Benjamin che se ne stava sogghignante in un angolo, fregandosi le mani.
“Benji, almeno tu dammi
una mano ! Dobbiamo trascinarlo subito in bagno e cacciargli la testa
sotto il rubinetto, altrimenti...”
“Ma la vuoi piantare di
preoccuparti ?” lo interruppe Benjamin “E’ grande abbastanza per cavarsela
da solo ! E poi è solo un po’ allegro, che male c’è ?”
Nel frattempo, Oliver
era salito su una sedia e, sorreggendo l’ennesima lattina vuota, sbraitava
traballando :
“E noi che figli
siaaamo, beviam, beviam, beviaaamo...”
Allegro?, pensò Julian
guardando Benjamin con sospetto. Questo sta macchinando qualcosa.
In effetti, la sbronza
di Oliver aveva fatto venire a Benjamin un’altra delle sue solite, grandi idee,
che avrebbe completato il geniale piano che aveva in mente per l’ indomani.
Intanto, Oliver si era
rimesso a sedere e , dopo aver buttato la testa sul tavolo, si era addormentato
come un bambino e russava sonoramente facendo le bolle dal naso.
“Direi che la festa può
finire qui, ragazzi” disse Elizabeth “Un milione di sterline a chi farà
schiodare Ollie da quella sedia !”
“E un altro milione a
chi lo rimetterà in piedi domani mattina” disse Julian, preoccupato.
28. Verso
casa
“Sei sicuro di riuscire
a reggerlo fino a casa, Benji ? Ollie non è proprio una piuma, considerando
che è pure ubriaco...”
“Sì, sì, non
preoccupatevi. Un pochino riesce ancora a reggersi in equilibrio, e poi è
proprio sulla mia strada.”
“Okay, ma vedi di non
mollarcelo, per strada !” disse Jack.
La serata musicale,
trasformata da Oliver in un festino da alcolisti anonimi ma non troppo, era
definitivamente conclusa. I ragazzi erano quasi tutti andati via e Benjamin,
con la faccia del buon Samaritano e le intenzioni di Giuda, si era offerto di
accompagnare a casa l’amico che aveva la mente ancora offuscata dagli effetti
della birra.
“Tranquilli” disse il
ragazzo dopo essersi messo un braccio di Oliver attorno al collo “Arriveremo a
casa in un batter d’occhio, vero Ollie ?”. E intanto faremo un bel
discorsetto, caro il mio regista, pensò il ragazzo sogghignando.
“Sc...scicuro
ragassci...BURP !...ragazzi... Oooh...Jack, ferma la stanza... continua a
girarmi intorno...” borbottò Oliver costringendo Benjamin a dirigersi a zig-zag
verso l’uscita “Scusa Benji...HIPS ! Che dici se ci facciamo un balletto ?”
“Ma certo, basta che non
ci becchi la polizia...” rispose Benjamin scendendo piano le scale.
“Secondo me quei due non
ci arriveranno mai, a casa” disse Elizabeth.
“E nemmeno noi, se non
ci diamo una mossa !” ribattè Julian rimboccandosi le maniche “Forza, con un
po’ di collaborazione riusciremo a sistemare tutto prima dell’alba !”
“Sentite” disse Jack
“Voi andate pure, ci penso io a riordinare. Tanto camera mia è praticamente
dietro questo muro !”
“Grazie Jack, non per
fare la pigra, ma io dovrei proprio scappare. C’è qualche anima pia che può
scortarmi fino a casa ?”
“Non c’è problema, Beth”
rispose Amy “Sono sicura che a mio fratello non dispiacerà affatto !”
Julian, sbigottito, si
voltò di scatto verso la sorella. “Cosa ? ! ? Ma...Amy, che
stai...”
“Volevo solo dire di non
preoccuparti, io vado a casa con Tommy. Lui è di strada, mentre Elizabeth è un
po’ più distante...”
Julian lanciò uno
sguardo misto tra lo stupefatto e il perplesso oltre Amy e incrociò gli occhi
di Tommy, che, alzando le spalle, sembrò dire “Io non c’entro, ha fatto tutto
da sola”.
“Va beh, affare fatto.
Ma mi sa che quello sotto scorta sarò io...”
“Piantala, pagliaccio, e
muoviti che è tardissimo ! Ciao a tutti !” disse Elizabeth avviandosi
all’uscita tirando Julian per un orecchio.
“Ahiaaa ! Visto che
avevo ragione ? E mollami !” esclamò Julian, costretto a seguire
l’amica.
“Gran bella coppia”
commentò Jack. Poi, rivolgendosi ai rimanenti, cioè Paul, Sarah, Amy e Tommy,
disse : “E voi che fate ancora qui ? Sciò, sciò, fuori dai piedi che
devo dare una bella ripulita !”
“Senti, Jack” disse Paul
dopo essersi scambiato un’occhiata con Sarah “Se vuoi ci fermiamo noi a
riordinare. Tanto il bar resta aperto ancora per un po’...non ci impiegheremo
molto. E poi le ho promesso di farle sentire un pezzo che ho scritto...”
“Uhm, così volete
starvene soli soletti, eh ? D’accordo, tanto anche dopo i vostri concerti
siete sempre voi che sistemate tutto...ma fate i bravi, mi raccomando !”
“Non preoccuparti,
papino !” disse Paul guardando Jack sparire per le scale.
“Beh, ora è meglio se ce
ne andiamo anche noi. Buona notte” disse Amy prendendo per mano Tommy.
“Anche a voi... e mi
raccomando , Tom, cerca di dormire !” disse Paul ridendo.
“Sarà dura ! A
domani !” rispose Tom, confuso e felice.
Quando anche loro due se
ne furono andati, Sarah disse :
“Eh, credo proprio che
il vostro primo attore stanotte non chiuderà occhio, ma non so se per
l’agitazione o per la felicità !”
“Scusa, felicità per
cosa ?” chiese Paul scuotendosi un attimo.
“Ma come, non te ne sei accorto ?
Si è messo con Amy proprio stasera...non hai visto come ha cambiato
atteggiamento nei suoi confronti, dall’inizio della serata ?”
“Boh, francamente non ci
ho fatto caso...”
“Ah, voi uomini non
avete proprio intuito per certe cose...”
Paul sorrise. “Sarà”
disse. Ed iniziarono a riassettare la stanza.
Terminato il lavoro,
Sarah disse :
“E allora, che aspetti a
farmi sentire la tua opera ?”
“Oh, già, che stupido,
me ne stavo dimenticando” disse Paul imbracciando la chitarra. Bugia, non se
n’era affatto scordato, aspettava solo il momento buono. E ci aveva pensato
Sarah a crearlo.
Mentre accordava lo
strumento, disse : “E’ un bel po’ che ci lavoro, ma non è ancora completo.
Magari puoi darmi qualche suggerimento, che ne dici ?”
“Ci penseremo dopo” disse
Sarah impaziente “Ora attacca, sto morendo dalla curiosità !”
Le dita di Paul
cominciarono a pizzicare le corde della chitarra traendone una dolcissima
melodia che però conteneva anche un pizzico di malinconia. Sarah ne fu subito
catturata.
Dopo qualche minuto,
Paul terminò l’esecuzione del brano, ma né lui né Sarah aprirono bocca finchè
le ultime note non svanirono nell’aria.
“Allora, che ne
pensi ?” chiese Paul, timoroso.
“E’...è bellissima”
rispose la ragazza, che sembrava quasi estasiata. “ho provato una
sensazione...indescrivibile...davvero, non riesco a credere che l’abbia scritta
tu, cioè...non offenderti, non intendevo...”
“Tranquilla, ho
capito !” disse Paul sorridendo.
“Come l’hai
intitolata ?”
Posando la chitarra e
sospirando, Paul rispose :
“A dire la verità le ho
dato un titolo da pochissimi giorni...si chiama ‘When you’re not there’.”
“ ‘Quando tu non ci
sei’ ?” disse Sarah.
“ ‘Quando tu non ci sei’ “ ripetè Paul.
Restarono un attimo a
guardarsi negli occhi sorridendo, senza parlare.
“Si è fatto davvero
tardi, è meglio andare” disse poi Sarah, guardando l’orologio. “Mi
accompagneresti a casa, Paul ?”
“Con immenso piacere”
rispose il ragazzo.
Mentre Amy e Tom si
dirigevano verso casa tenendosi teneramente a braccetto, Julian camminava
silenzioso lungo la strada che portava dagli Anderson. Elizabeth, al suo
fianco, non disse nulla, ma era sicura di sapere a cosa (o meglio, a chi)
fossero rivolti i pensieri del ragazzo. Alzò gli occhi al cielo terso, pieno di
stelle, e annusò l’aria tiepida, profumata di gelsomino. Si preannunciava
un’estate veramente stupenda. Ad un tratto, Julian disse :
“Sai cosa mi era venuto
in mente, Beth ?”
“Direi di no, non sono
una telepate...”
“Il ritornello di ‘Just
like a woman’ di Bob Dylan. Quello che dice ‘si comporta proprio come una
donna...e crolla come una bambina’.”
“Lo sapevo...stavi
pensando ad Amy, vero ?” disse Elizabeth sorridendo e pensando che Julian
a volte (molto, ma molto di rado) era davvero trasparente.
“Che intuito, ragazza
mia ! A dir la verità dovrei capovolgere le parole di Dylan... Vedi, lei è
così ingenua, allegra, piena di vita, così...così piccola. Poi ci sono delle
volte, come stasera, in cui sembra comportarsi proprio...”
“...proprio come una
donna. E’ vero, un po’ ha stupito anche me.”
“Prima o poi doveva
succedere...è solo che io faccio un po’ fatica a rendermene conto. La mia
piccola Amy...non è più tanto piccola !”
“Tanto che si è levata
dai piedi il fratellone con gran classe !” disse Elizabeth. “E poi non è
mai stata così piccola...ricordati che ha quindici anni, solo uno meno di
noi ! Il tuo ruolo di fratello iperprotettivo è finito da un pezzo,
Julian ! Guarda Floyd, il mio fratellino : ora ha tredici anni e
cambia le ragazze come si cambia le calze ! Certe volte mi fa
un’invidia...vorrei proprio sapere come fa !”
“Già, ormai dobbiamo
arrenderci all’idea che siamo stati sorpassati...accidenti, ma arriverà anche
per noi il momento buono ? ! ?”
“Arriverà, non
preoccuparti” rispose Elizabeth.
Per noi...
chissà, si dissero entrambi.
“Guarda le stelle, Beth”
disse poi Julian con voce tranquilla “Non ho mai visto un cielo così sereno.”
Elizabeth alzò gli
occhi. Non c’era una nuvola e le stelle sembravano diamanti sparsi su un telo
di velluto nero.
“Tu riconosci le
costellazioni, Julian ?”
“Ma certo ! Guarda,
là c’è Orione... lo vedi ?” disse indicando con l’indice un punto
imprecisato nel cielo.
“No” rispose Elizabeth.
“...e quella là a
destra, a forma di carro, è l’Orsa Maggiore. Là, in fondo al manico, c’è la
Stella Polare, quella che indica il Nord...”
“Ma non era l’Orsa
Minore ?”
“Boh, chi si
ricorda ? Comunque lì c’è Cassiopea...e un po’ più sotto c’è il Cigno, lo
vedi ?”
“Attento !”
“A cosa ?
AHIA !”
L’avvertimento di
Elizabeth non era stato abbastanza tempestivo, perché Julian, che aveva smesso
di guardare la strada per concentrarsi sulla galassia, aveva abbassato gli
occhi giusto in tempo per trovarsi di fronte un lampione. L’impatto fu
inevitabile.
“Ti sei fatto male,
Julian ?” esclamò Elizabeth.
“Sto benissimo... Oooh,
che botta, accidenti !”
“Fermo, non toccarla,
fammi un po’ vedere...” disse Elizabeth scostando delicatamente le dita del
ragazzo e sfiorandogli la fronte. “Santo cielo, guarda che bernoccolo... Per
fortuna siamo arrivati ! Vieni, devi metterci su un po’ di ghiaccio”.
Elizabeth aprì la porta
di casa e accese la luce del soggiorno.
“Senti, lascia stare, i
tuoi staranno dormendo, non voglio disturbare” sussurrò Julian tenendo la mano
sulla fronte “E poi va un po’ meglio, non preoccuparti...”
“Vuoi piantarla di
rompere ? Siediti là, io arrivo subito” ordinò Elizabeth indicando il
divano e scomparendo oltre la porta della cucina. Al ragazzo imbarazzato e
dolorante non restò altro da fare che obbedire.
Elizabeth tornò dopo un
minuto con un fagottino in mano. “Non riesco a trovare la borsa del ghiaccio,
al suo posto dovrai accontentarti di questo fazzoletto...è pulito, non
preoccuparti. Aspetta ancora un attimo...”
“Beth, senti...”
“...che riprovo a
cercarla.” E se ne andò di nuovo, dopo aver mollato il fazzoletto in mano
all’amico.
Julian, un po’ a
disagio, si portò l’involto alla fronte, ma da un angolo scivolò fuori un po’
di ghiaccio.
“Oh, cavolo !”
esclamò il ragazzo cercando di prendere al volo i cubetti che, però, finirono
nella bomboniera aperta sul tavolino di fronte a lui.
“Tutto okay, Jules ?”
Il ragazzo alzò di
scatto la testa e , velocemente, mise il coperchio sulla bomboniera.
“S...sì, tutto okay. Hai
trovato la borsa ?”
“Non ancora, ma non
mollo”. Brava, continua a cercare mentre io sistemo questo pasticcio, si disse
Julian. Posò il fazzoletto sul tavolino e alzò il coperchio della bomboniera.
Il ghiaccio si stava squagliando e aveva inumidito il fondo del soprammobile.
Julian cercò di
afferrare i cubetti, ma gli scivolarono maldestramente dalle mani e si
sparpagliarono sul tappeto. Il ragazzo aggrottò la fronte, si diede del
deficiente e si chinò a recuperare ciò che restava del ghiaccio accucciandosi
sotto il tavolino. In quel momento entrò Elizabeth.
“Niente da fare, non la
trovo...ma che diavolo stai facendo ?”
“Uh ? AHIA !”.
Julian si alzò di scatto, scordandosi della sua scomoda posizione, e sbattè la
testa contro il tavolino. Ad Elizabeth scappò una risatina e aiutò l’amico a
rialzarsi.
“Si può sapere cosa
stavi combinando là sotto ?”
Julian sospirò e aprì la
mano ; i cubetti che aveva recuperato si erano sciolti, e dal suo palmo
colò un rivoletto d’acqua fresca.
“Mi spiace, Beth, ti ho
lavato il tappeto...”
“E anche il tavolino,
vedo” disse la ragazza sollevando per un angolo il fazzoletto ormai zuppo. “Sei
proprio un disastro, Julian...”
Il ragazzo la guardò un
po’ storta, ma non potè fare a meno di sorridere.
“Comunque “ disse
“Per guardare le stelle...ho finito per vedere le stelle !”
Scoppiarono entrambi a
ridere.
“Dì un po’...ma tu
conosci davvero le costellazioni ?”
chiese Elizabeth.
“Chi, io ? Vuoi
scherzare ? Me le sono inventate ! Non so un accidente, io, di
astronomia !”
Elizabeth spalancò al
bocca, afferrò un cuscino e colpì Julian in faccia.
“Brutto...brutto
imbroglione ! Ti faccio vedere io cosa succede a prendermi in
giro...pagliaccio che non sei altro !” esclamò, ridendo, la ragazza
continuando a picchiare l’amico.
Julian non rimase con
lemani in mano e, dopo aver preso
anche lui un cuscino, rispose al fuoco.
Un minuto dopo la porta
di casa si aprì e apparve Floyd, il fratellino di Elizabeth. I due ragazzi, che
se le stavano ancora suonando sul divano, si ricomposero quando lo videro
fissarli stupito.
“Hey, cos’è ‘sto
casino ?” disse.
“E’ questa l’ora di
rientrare, disgraziato ?” esclamò Elizabeth. “Per fortuna mamma e papà
dormono sodo, altrimenti ne sentiresti delle belle ! Ora fila a dormire,
non ho voglia di buttarti giù dal letto domattina !”
“Guarda che non devo
mica fare io la strega nella recita di domani, sorellina...” disse Floyd
salendo le scale.
“Sparisci prima che te
le suoni, cretinetto !”
“Ma va’ sulla
forca !”
“Stronzo !” sbottò
Elizabeth mentre il fratello si chiudeva alle spalle la porta della camera.
“Però, che
affiatamento !” commentò Julian.
“Che vuoi farci, non
sono mica tutti pappa e ciccia come te ed Amy !”
Julian si alzò,
pensieroso. “Che dici, sarà il caso che mi fidi di Tom ?” disse.
“Chiediti se devi
fidarti di Amy, piuttosto” rispose Elizabeth accompagnando il ragazzo alla
porta. “Tom è praticamente una suora !”
“Uhm...forse hai
ragione” disse Julian uscendo.
“Ti fa ancora male la
botta ?”
“No, davvero, è
passata.”
“Sicurosicurosicuro ?”
“Sicurissimo, sto
benone. Scusa per il disturbo.”
“Non vuoi ancora un po’
di ghiaccio ? Aspetta, forse ho una pomata che...”
“NOOOOO....cosa devo
fare per convincerti ? ! ? Guardami, sono esattamente uguale a
prima...”. Spiccò un balzo sul marciapiede e si mise a ballare cantando “She’s a maniac, maniac...”
“FINITELA CON QUESTO
CASINO ! DOMANI MATTINA DEVO ANDARE A LAVORARE, IO ! ! !”
urlò una voce dalla finestra di fronte.
Julian si zittì e si
fece piccolo piccolo, mentre Elizabeth scosse la testa e rise.
“Sì, sei proprio come
prima” disse la ragazza “Stupido tale e quale a prima !”.
Nel frattempo, Benjamin
era già stufo marcio di avere Oliver sul groppone, anche perché, oltre a
lasciarsi andare ad un sonoro rutto ogni dieci metri e a fare un baccano
d’inferno, al ragazzo puzzava tremendamente il fiato.
“Oooh, Benji... per
fortuna c’è ancora qualcuno che mi capisce...vero Benji ?...Vero che mi
capis...HIC !...sci ? “Sì, sì, certo” rispose Benjamin pregando che
casa Hutton non fosse troppo lontana “Ti capisco eccome...ma, per favore, cerca
di non alitarmi in faccia ! Cosa ti sei bevuto, l’acqua del water ?”
“Il water...ha,
ha ! Il water... Ma l’avete sentito ?” rispose Oliver parlando con
immaginari ascoltatori “Sai cosa ci butto io nel water, eh Benji ? Mi ci
butto iooooo.... Così quegli altri cornuti imparano a prendersi gioco di
Olivr...Oviler...Oliver Hutton, ecco ! MUOIA SANSONE CON...CON TUTTI I
FILISTEIIIIII...BURP !”
“Ollie, per
favore ! ! !”
“S...scusa Benji...ma
qui non c’è più nessuno che mi vuole bene...neanche il mio gatto mi vuole
bene...ma almeno tu mi vuoi bene, eh Benji ? Perché io ti voglio bene,
anche se...BUUURP...ne voglio di più a Maddy... he, he !”
“Mi sembra giusto”
“Ma neanche lei mi vuole
bene...solo quella rimbambita di Patty mi vuole bene, ma io non le voglio bene,
allora mi vuoi bene sì o no ? ! ?”
“Certo che ti voglio
bene, Ollie” rispose Benjamin sospirando. Per fortuna erano quasi arrivati...
“Davvero ? ! ?
Forse sei l’unico, alloraaa... HIC !”
Benjamin colse la palla
al balzo. “Ma no, Ollie” disse in tono mellifluo “Anche gli altri ti vogliono
bene...solo non capiscono che tu stai facendo del tuo meglio per questa
recita !”
“No che non capiscono”
disse Oliver che, scaldandosi, stava lentamente recuperando la lucidità “Non
capiscono un accidente ! Io non voglio fare il bastardo, non sono un
bastardo, questo lo sai, vero, Benji ? Lo sai ? Eh ? Lo
sai ?”
“Sì che lo so” rispose
Benjamin.
“E ALLORA COME FACCIO A
SPIEGARGLIELO ? ! ?”
“Non devi spiegargli
proprio niente...loro hanno solo bisogno di essere tenuti un po’ più in
considerazione, di sentirsi importanti. Vedi, un regista non deve usare solo il
bastone, ma anche la carota...lasciali un po’ liberi di fare quello che
vogliono e vedrai che le cose non potranno far altro che migliorare !”
“Geniale...” disse
Oliver “E... e per esempio ?”
“Per esempio potresti
cominciare da me...sai, ho una fantastica idea per rendere la recita un vero
successo ! Lasciami fare e vedrai che perfino Davenport si inchinerà
davanti al tuo genio !”
“Tu...tu non mi convinci
mica...” borbottò Oliver con sospetto.
“Fidati di me, Ollie.
Credi forse che potrei fare qualcosa per danneggiarti ? Io che ti voglio
bene come...come un fratello ?”. Sono proprio un gran bastardo, si disse
Benjamin.
“E’ vero, me l’hai
appena detto...ma lo sai che ho la memoria un po’ corta ? Uh, guarda,
siamo arrivati... As...aspetta che prendo le chiavi del cancello...BROOOT !”
“Da’ qua, ci penso io”
disse Benjamin lasciando andare Oliver e strappandogli di mano le chiavi di
casa. Oliver poichè aveva perso il suo punto d’appoggio, barcollò in avanti e
si aggrappò alla ringhiera.
“Allora, mi lascerai
fare a modo mio ?” disse Benjamin tornando a sorreggere il ragazzo e
accompagnandolo lungo il vialetto d’ingresso.
“E...e va bene, fai un
po’ quello che vuoi...”
Benjamin, chiaramente,
non aspettava altro che sentire queste parole. Lanciando un urlo di gioia,
mollò Oliver sui gradini davanti alla porta e corse via dicendo :
“Fantastico ! Grazie Ollie, ti voglio bene ! Ah, ricordati che l’hai
detto tu, eh ? Scusa se scappo ma è tardissimo e i miei saranno
ultrapreoccupati, ciaoooo ! ! !” E sparì dietro l’angolo.
“Benji...as...aspetta...non
ce la faccio a rialzarmi da solo...Benji ! ! !” gridò Oliver
tentando disperatamente di sollevarsi da terra.“Oddio, sto malissimo...ma dove diavolo se n’è andato ? Ho
tutto lo stomaco sottosopra...” disse, premendosi con una mano la fronte e con
l’altra l’addome.
“Se...se i miei mi
vedono rientrare in questo stato mi ammazzano...oh, mamma !”
Barcollando, Oliver
raggiunse la vaschetta per uccelli che si trovava in mezzo al giardino e vi si
aggrappò al bordo.
“Appena in
tempo...OOOH ! ! !” disse.
E fece la più brutta
vomitata di tutta la sua vita.
29. Fratello
e sorella
Secondo Julian, per
essere a metà giugno faceva decisamente caldo. Troppo caldo per essere in
Inghilterra. Si era svegliato con la gola riarsa, un po’ per la temperatura, un
po’ per la cantata in compagnia, e dopo essersi girato un paio di volte nel
letto si era deciso a scendere in cucina per bere un bicchier d’acqua. Magari
anche uno di latte fresco, che su di lui aveva sempre avuto un effetto
calmante, visto che mancavano meno di sei ore alla recita e aveva un dannato
bisogno di dormire.
Tornando di sopra, però,
notò della luce filtrare sotto la porta della camera di Amy ; piano piano
socchiuse l’uscio e sbirciò nella stanza della sorella. Amy era sdraiata sul
letto con gli occhi aperti e le mani incrociate dietro la testa, e, pur essendo
assorta nei suoi pensieri, si accorse subito della presenza del fratello e gli
sorrise.
“Veramente dovrei essere
io a non riuscire a dormire, stanotte !” disse Julian sottovoce
ricambiando il sorriso. Amy gli fece cenno di entrare. Lui socchiuse piano la
porta alle sue spalle e andò a sedersi ai piedi del letto della ragazza.
“Agitato ?” gli
chiese Amy.
“Un po’. Mai come Tommy,
credo !” rispose Julian.
“A dir la verità non mi
sembrava così agitato stasera !”
“Direi...qualcuno gli ha fatto perdere
completamente la testa ! Spero che domani sia in sé, altrimenti è la volta
che Ollie lo ammazza sul serio !”
“Bof, credo che Ollie
domani dovrà solo pensare a smaltire la sbornia... stasera non riusciva a mettere
un piede davanti all’altro !”
“In effetti...”
“E poi se solo osa
toccare il mio Tommy, lo tocco io...con la mazza da cricket !”.
Julian rise. “Senti
senti...e com’è andato il ritorno a casa, cara la mia amorina di Peynet ?”
disse con un pizzico di malizia.
“Benissimo” rispose Amy
con occhi sognanti“Mi ha raccontato un
sacco di cose su di lui che neanche immaginavo... Lo sapevi che è nato a Parigi
e ha vissuto lìper diversi anni prima
di trasferirsi in Galles ?”
“Eccome se lo so” disse
Julian “Secondo te perché mi faccio regolarmente passare i compiti in classe di
francese ? Lo parla meglio lui del nostro professore !”
“E comunque, caro il mio
fratellino copione, parla anche un po’ il gallese... mi ha detto anche qualche
parola, tipo ngwyffwyd ... o qualcosa
di simile”
“Nghfche ? ! ?”
“Boh, credo significhi
‘fiore di campo’ o giù di lì...”
“Molto romantico.”
“Già. E sai che quando
era in Galles tirava di scherma ?”
“Sul serio ?” disse
Julian sorpreso.
“Certo. Ha voluto
smettere perché aveva ammazzato un suo avversario per sbaglio...”
“Cosa ? ! ?”
“Sì, è successo che
durante una gara al tipo è saltata via la maschera e Tommy gli ha trapassato un
occhio con il fioretto...una scena davvero raccapricciante !”
Julian era un po’
sconvolto. “Ma...ma davvero ?”
“Certo.”
“...Buon Dio !”.
Restarono un attimo in silenzio.
“Julian”
“Eh ?”
“Guarda che era una
balla...”
“Ah, ma va’ all’
inferno, Amy !” esclamò Julian seccato (ma anche un po’ sollevato). “Mi
hai fatto prendere un colpo !”
“Certo che, anche se non
sei nato sotto il segno dei Pesci, abbocchi lo stesso !”
“Va’ all’
inferno !”
“Già detto...sei un po’
ripetitivo, fratellone !”
“Uffaaa...”
“Comunque tirava davvero
di scherma. Ha smesso quando è venuto qui. Mi ha fatto anche vedere il
tesserino della federazione.”
“E perché ha
smesso ?”
“Mah, dice che non gli
piaceva più di tanto.”
“Ah.”
Altro attimo di
silenzio.
“Però il Galles un po’
gli manca” continuò Amy “Dice che un giorno o l’altro gli piacerebbe
tornarci...”
“Non con te,
spero !”
“Che c’è, fai il gelosone,
adesso ?”
“No, è che...”
“Guarda che sei
praticamente stato tu a buttarci una nelle braccia dell’altro...’ Tommy di qua,
Tommy di là, è un bravo ragazzo, dovresti conoscerlo’... adesso sono cavoli
tuoi !”
“E’ vero, hai ragione”
ammise Julian sorridendo.
“E poi... beh, mi piace
anche perché un po’ ti somiglia...”
“Eh ? ! ?”
“Ma sì, avete qualcosa
in comune...è qualcosa che non riesco ad esprimere bene a parole...voi mi fate
sentire al sicuro, ecco. Protetta, amata. Con voi andrei anche in capo al mondo,
perché non mi abbandonereste mai. Non chiedermi come faccio ad esserne tanto
sicura, lo so e basta.”
“Dici davvero ?”
disse timidamente Julian, felice per le parole della sorella.
“Certo. Dì un po’, non è
che mi sono innamorata di te ?” disse Amy in tono scherzoso.
“Hey, non avrai mica il
complesso di Edipo ? ! ?”
“Edipo aveva sposato sua
madre, non sua sorella, ignorante !”
“Boh, è lo stesso.
Comunque” continuò Julian tirando un sospiro “sono felice per te, devi
credermi. Ma occhio, se solo prova a farti soffrire lo ammazzo con le mie
mani !”
“Non ho dubbi” disse Amy
mettendosi a sedere sul letto e abbracciando il fratello. “Ti voglio bene,
Julian. Cosa farei senza di te ?”
“Uhm...forse ti daresti
alla pazza gioia !”
“Stupido !” esclamò
Amy scoppiando in una risata cristallina.
Julian strinse forte
l’adorata sorella tra le braccia. Sei tutto quello che mi resta, Amy, si disse.
“E comunque se volete
scappare in Galles dovrete prima fare i conti con me !” disse il ragazzo
per scacciare la malinconia che stava cominciando a pervadere il suo animo.
“Ma dove vuoi che vada
senza di te...” rispose Amy soffocando uno sbadiglio. Poi tornò a sdraiarsi.
“Puoi restare qui finchè
non mi sono addormentata ?”
“Sì, certo” disse Julian
sfiorando con un dito la punta del naso della sorella.
“Sean lo faceva sempre.
Così faceva scappare i brutti sogni, diceva.” Julian non rispose. Toccava a
lui, ora, difendere il sonno di sua sorella, ma non c’era più nessuno che
difendesse il suo dagli incubi che tornavano a visitarlo ogni notte facendogli
rivivere, come in una maledizione, gli avvenimenti di cinque anni prima.
“Mi manca tanto,
Julian.”
“Anche a me. Dormi ora”
rispose Julian rimboccando le coperte alla sorella.
“Jules...” disse Amy con
la voce sempre più assonnata.
“Cosa c’è ?”
“...Credi che torneremo
in Irlanda, prima o poi ?”
Julian tacque per un
istante, pensando a quel paese che tanto aveva amato e odiato, in cui undici
anni della sua vita erano stati cancellati da un colpo di pistola. Nonostante
tutto quello che era successo, anche se Sean era morto, Julian lo sentiva
ancora vivere dentro di lui, nei suoi ricordi, e nessuno glie lo avrebbe mai
portato via. Mai, mai più. Finchè Julian fosse stato al mondo. Gli tornarono in
mente le parole di un fumetto che aveva letto un po’ di tempo prima :
“La vita si alterna alla morte e scorre in un
tempo senza fine...è un trucco che le serve per giocare con le forme e
costruire emozioni, desideri, sogni, rinnovando le cose continuamente...e
quando anche il dolore sembra insopportabile, quando si muore, e sembra che
tutto finisca, niente in realtà finisce veramente...”*
“Ci torneremo, Amy”
disse accarezzando i capelli della sorella donna-bambina ormai addormentata “Te
lo prometto”.
*Carlo Ambrosini, Napoleone n.4 “Storia di Allegra”, Sergio Bonelli
Editore.
Quello che successe il
giorno dopo... beh, si farebbe prima a raccontare quello che non successe !
Oliver arrivò a scuola
con un’ora di ritardo e la testa che gli esplodeva. Pregando che Davenport non
fosse nei paraggi, corse nell’Auditorium immaginando che i suoi soci fossero
ancora in alto mare ; invece fu piacevolmente sorpreso nel vedere che i
ragazzi si erano perfettamente organizzati e quasi tutto era al suo posto.
“Ollie,
finalmente ! Eravamo preoccupatissimi, stavamo anche per telefonare a casa
tua...” esclamò Philip andandogli incontro.
“Ti prego, Phil, non
urlare o mi si apre in due la testa...” lo interruppe Oliver.
“Okay, scusa. Comunque
noi siamo venuti qui alle otto, abbiamo sistemato le scenografie e i costumi.
Abbiamo avuto anche un pochino di tempo per provare...ora ci stiamo cambiando”
“Niente da dire, siete
stati proprio bravi. Gli sfondi sono a posto ?”
“Sì, ci ha pensato Mark.
Sono tutti in ordine. Però...”
“Sì, sì, perfetto” disse
Oliver prestando poca attenzione alle parole del ragazzo “Steve, sistemati
meglio quella barba, a sinistra è più lunga che a destra !”
“Toh, è appena arrivato
e già rompe” borbottò Stephen mentre Oliver aveva lasciato Philip per andare a
controllare che il sipario fosse ben fissato.
“Ollie, c’è una cosa che
devo dirti prima che...” disse Philip correndogli dietro.
“Dopo, Phil, dopo.
Oooh... bestia, che mal di testa...non è che hai un cachet ?”
“Ollie, è importante,
vuoi ascoltarmi o no ? Si tratta di...”
“Buongiorno,
Hutton ! Sbaglio o siamo piuttosto in ritardo ?”
Oliver si voltò di
scatto e una morsa gli strinse lo stomaco. “Professor Vinegar ! Che ci fa
qui ? ! ?”
“Ecco di che si tratta”
disse Philip scuotendo la testa e tornando dagli altri. In realtà non si
trattava solo di quello, ma di una notizia che forse Oliver avrebbe preferito
ricevere dagli amici anziché direttamente dal professore ; almeno si
sarebbe preparato al peggio.
“Il giro di conferenze a
cui ho partecipato è finito prima del previsto” disse Vinegar “Così ho pensato
che non potevo perdermi la prima del mio miglior allievo...”
“Non si sarebbe perso
niente, professore, proprio niente” rispose Oliver “Se le raccontassi tutto
quello che ci è capitato...”
“Posso immaginarlo, ma
non preoccuparti. Qualche intoppo c’è sempre ! Piuttosto, che ti è
successo ? Sembri stravolto e hai le occhiaie che ti arrivano alle
ginocchia”
“Ehm...ho dormito
piuttosto male, stanotte...”
“Hey Ollie, ti sei
ripreso dalla sbronza di ieri sera... Ops... Salve, professor Vinegar...” disse
Jack arrivando (come al solito) in ritardo e al momento sbagliato. Oliver
impallidì, mentre Vinegar lo guardò un po’ storto.
“Ehm...non ci faccia
caso, professore, va tutto bene. Ha già preso posto ? Inizieremo tra
mezz’ora, tre quarti d’ora al massimo” disse Oliver.
“Sì, già fatto.
Piuttosto, c’è una cosa di cui volevo parlarti...lo vedi quel signore ?”
disse Vinegar indicando un uomo distinto che gironzolava nella sala “Si chiama
Alan Jenkins, ed è un mio vecchio amico... L’ho ritrovato per caso durante un
seminario e l’ho convinto a venire a vedervi...”
“Va bene, ma non
capisco...è solo una recita scolastica, perché si è tanto preoccupato di...”
“Alan è il direttore
dell’Accademia d’Arte Drammatica di Brighton” lo interruppe Vinegar.
“Cosa ? ! ?”
“L’ho detto poco fa ai
tuoi compagni. Se gli piacerà il vostro modo di lavorare, sono convinto che
avrete ottime possibilità di entrare in quell’Accademia... Gli ho parlato molto
bene soprattutto di te, Hutton, ritengo che tu sia il più meritevole... Credo
che sarebbe stata un’ottima occasione anche per gli altri, ma a quanto pare la
cosa non interessa a nessuno...forse a Price ; dalla faccia che ha fatto
mi è sembrato che l’idea gli piacesse”.
“E...e gli altri
cos’hanno detto ?”
“Che ce la metteranno
tutta per farti fare una bella figura. Sono stati veramente molto generosi.”
“Capito. Vado un attimo
a suicidarmi e torno”
“Non mi sembra il caso
di scherzare, Hutton !” disse Vinegar, piuttosto seccato “E’ una cosa
seria ! Non ti sto parlando del teatrino delle marionette, può andarne
della tua futura carriera !”
Oliver allargò le
braccia e spalancò la bocca per gridare in faccia a Vinegar che con quella
compagnia non sarebbe mai andato da nessuna parte, e che, visti i precedenti,
qualsiasi cosa avessero detto i ragazzi, da quella sala, quel giorno, non
avrebbe mai potuto uscire nulla di buono... ma tutto ciò che riuscì a dire
fu : “... Ha ragione, professore, la ringrazio. Le prometto che faremo
tutti del nostro meglio.”
“Ottimo. Ora devo andare
a parlare con Davenport, cercherò di tenervelo lontano...ci vediamo alla fine.
In bocca al lupo !” disse Vinegar strizzando un occhio ad Oliver e
dirigendosi verso il preside, che aveva appena fatto il suo ingresso in sala.
Perfetto, si disse
Oliver, come polverizzare il sogno di una vita. Era tutto inutile, sarebbe
stato un disastro e lui non avrebbe potuto farci niente. Oliver teneva
tantissimo ad entrare in quell’Accademia e a diventare regista teatrale...ed
ora Vinegar, credendo di fargli un favore, gli aveva rovinato la carriera.
“Ollie ! Come
stai ? Posso parlarti un attimo ?” Il saluto di Julian fece tornare
in sé il ragazzo.
“Come no. Già che sei
qui, ti spiacerebbe fare un colpo di telefono a Sir Laurence Olivier e
chiedergli di venire a darmi una mano ?”
“Ma Ollie, Laurence
Olivier è morto nell’ ’89 !”
“E io magari scherzavo.
Cosa c’è ?”
“Ehm... abbiamo un
problema.”
“Uno dei tanti. Spara”
“Paul ha il
raffreddore.”
“E allora ?”
“E’ completamente afono”
“Cosa ? ! ?”
“A-fo-no. Ha perso la
voce, non riesce più a parlare...”
“So benissimo cosa vuol
dire, accidenti ! Dov’è adesso ?”
“E’ andato a prendersi
un tè al distributore automatico, ma...”. Non riuscì a finire la frase che
Oliver si era già precipitato fuori dalla porta dell’Auditorium.
Quando vide Paul, il
ragazzo stava sorseggiando un tè bollente, circondato dagli amici preoccupati.
Aveva già indossato il costume, e quello era un buon segno.
“Paul ! Cosa
diavolo ti è successo ?” disse Oliver.
“Oh, dod so. Bi sodo
svegliato stabattida che dod respiravo più...” disse Paul con un filo di voce
“Ba dod preoccuparti...addrò id sceda lo stesso...ETCI’ !” Tirò su col
naso. “Tadto la bia parte dod è bolto ludga...e poi ho già preso
ud’aspirida...”
“Andiamo bene...non è
che hai la febbre ?” disse Oliver.
“Do, davvero, sto
bede...” sussurrò Paul, cercando di tranquillizzare Oliver.
“Mi sa che ci hai dato
un po’ troppo dentro con le canzoni ieri sera, eh Paul ?” disse Stephen.
“Do, è che sodo ribasto
ud po’ fuori a chiacchierare cod Sarah, e...”
“Ah, si dice chiacchierare,
adesso ?”
“Sbettila,
cretido !”
“Comunque, visto che il
pubblico farà un po’ fatica a sentirti, cerca di gesticolare il più possibile,
okay ? Magari farai anche un po’ più di scena...ma se ti senti male,
dimmelo subito !” disse Oliver.
“Okay, davvero, dod
preoccuparti”
E come diavolo faccio a
non preoccuparmi ?, pensò Oliver.
Oliver era nervoso come
un gatto. Due brutte notizie erano già arrivate, ora aspettava che la terza gli
piombasse addosso da un momento all’altro.
“Ollie...posso parlarti un
istante ?” disse timidamente Patty avvicinandosi al ragazzo. Oliver fece
un balzo per lo spavento, non avendo riconosciuto la ragazza già perfettamente
truccata da Sorella Destinatrice.
“Patty...che vuoi ?
Mi hai fatto prendere un colpo...” Ecco la terza seccatura, si disse.
“Volevo solo dirti una
cosa...prima che la recita inizi...mi basta un attimo...”
“Sì, sì, parla” rispose
Oliver con noncuranza.
“Ecco...io...non so come
dirtelo, ma...”
“Hey ! Cos’è questa
puzza di salsiccia ? ! ?” la interruppe Oliver.
“La mia colazione.
Stamattina sono uscito di fretta” rispose Mark.
“Vedi di farla sparire
alla svelta, mi sta venendo da vomitare ! Ma tu guarda che schifo...scusa,
Patty, dicevi ?”
“Beh...sai...ultimamente
sei stato un po’... nervosetto, ecco. Per colpa di questa recita, intendo.
Tutta questa responsabilità sulle tue spalle ti deve avere stressato un po’...”
“Puoi dirlo forte,
sorella ! Jack, dov’è finito Tommy ? Non dirmi che ha avuto un altro
attacco di panico !”
“No, tranquillo. Prima
era qui che girava, sarà andato di nuovo in bagno.” rispose Jack.
“... E sappi che capisco
benissimo i tuoi scatti di nervi...erano più che legittimi. Quindi voglio dirti
che non hai mai perso la mia...ammirazione, e che qualunque cosa accada io...”
Tirò un sospiro. “...Sarò qui accanto a te, per sostenerti e...”
“Oh, la botola è a
posto, vero ? L’avete fissata bene ? No, perché non vorrei che ci
fosse qualche ‘incidente di percorso’...” disse Oliver lasciando perdere Patty
e correndo a controllare la leva nel muro.
Patty, che stava
perdendo la pazienza, corse dietro al ragazzo e disse : “Insomma, Ollie,
hai capito cos’ho detto ? ! ?”
“Eh ? Sì, sì, ho
capito. Ragazzi, tra cinque minuti tutti qui, ho un discorsetto da
farvi !” Poi, rivolgendosi a Patty, disse : “Scusa, non ho mica
capito cosa dovevi dirmi...” E si girò di nuovo a controllare maniacalmente la
leva. Patty era rossa dalla rabbia.
“Ollie” disse.
“Eh”
“Va’ al diavolo,
vuoi ?”
“Eh ? ! ?”.
Questa l’aveva capita. Patty, intanto, gli aveva voltato le spalle e se n’era
andata a raggiungere Elizabeth e Lucy, intente a provare la loro parte.
Beh, ma che le ho
fatto ?, si disse Oliver. Non ho detto niente e mi manda al diavolo... Non
le capirò mai, le ragazze !
“Oh, Tommy ! Eccoti
qua !” esclamò poi Oliver vedendo arrivare l’amico “Tutto bene ?”
“Benissimo...credo. E
tu, ti sei ripreso da...”
“Zittozittozitto !”
disse Oliver tappando la bocca a Tom “Davenport potrebbe essere da queste
parti...Allora, sei pronto ?”
“Sì, spero che vada
tutto bene ! La parte l’ho imparata equanto al costume...per fortuna Maddy ci ha rinunciato ! Questo che
mi ha fatto mia madre è decisamente migliore... L’unico problema è
che...insomma, è un po’ imbarazzante...”
“Vuota il sacco”
“Vedi...da stamattina
sono andato in bagno quattro volte.” sussurrò Tom dopo essersi accertato che
nessuno lo ascoltasse “Una a casa e tre qui. E ho ancora un po’ di mal di
pancia...”
“Ma cos’è, un
lazzaretto ? ! ?” esclamò Oliver lasciando cadere le braccia “Io
ho un mal di testa da cani, Paul ha il raffreddore, tu la dissenteria...”
“Ssshhh !
Ollie !” sibilò Tom.
“Senti, probabilmente è
solo un po’ di agitazione. Beviti un tè e vedrai che ti passa tutto, ok ?
E adesso ascoltami bene.” Oliver prese la faccia di Tom tra le mani e avvicinò
bruscamente la suafronte a quella del
ragazzo. “Ora tu salirai su quel palco e sarai Macbeth. Capito ?”
“Sì, certo” borbottò
Tom, un po’ spaventato.
“No che non hai
capito...voglio dire che tu non solo interpreterai
Macbeth...ma che diventerai Macbeth...mi
sono spiegato ?”
Tom annuì con forza.
“E ti voglio
cattivo...ok ?”
“Sì, sì”
“Il più grande bastardo
che esista su questa terra”
“Cattivissimo, sì”
“E non avrai paura di
niente e nessuno...”
“Niente e nessuno”
ripetè Tom
“Altrimenti vengo lì e
ti spezzo le braccine...sono stato chiaro ?”
“Chiarissimo” disse Tom
deglutendo.
“Perfetto. Ora vai.
Duro, mi raccomando” disse Oliver mollando la faccia di Tom e dandogli una
pacca sulla schiena.
Il ragazzo si allontanò
di corsa ripetendo dentro di sé che doveva essere il più duro dei duri, e il
più bastardo dei bastardi. Pensandoci, però, forse doveva tornare ancora un
momento in bagno.
“Snif... Dod è che
qualcudo ha ud fazzoletto di carta ?” bisbigliò Paul dopo aver tirato su
col naso per l’ennesima volta. Malgrado avesse fatto di tutto per rassicurare
gli altri sul suo stato di salute, era veramente a pezzi. Però la serata con
Sarah ne era valsa la pena, eccome !
“Di carta non ne ho,
però puoi usare il mio...è pulito” disse Julian passando il suo fazzoletto a
Paul.
“Grazie
Juliad...ETCI’ ! Bi hai salvato la vita...io de avevo solo un pacchetto e
l’ho fatto fuori id dieci biduti ! Ho dovuto arradgiarbi cod la carta
igiedica...SNIF !”.
Mentre il ragazzo apriva
il fazzoletto per soffiarsi rumorosamente il naso, Elizabeth, che girellava in
zona, notò sul bordo dello stesso fazzoletto tre iniziali ricamate...JRR.
Chiaramente non perse tempo e iniziò a stuzzicare Julian.
“Hey, nobiluomo, ce
l’hai anche sulle mutande il monogramma ?” disse strappando il fazzoletto
di mano a Paul.
“Hey !
Ridabbelo !” disse il ragazzo riprendendoselo.
“Non rompere, Beth, me
l’ha fatto mia nonna” rispose Julian arrossendo.
“Ma che cara...però mi
sa che le è scappata una erre di troppo !”
“Uff...è il mio secondo
nome” disse Julian spazientito “Tu ti chiami Laura e io mi chiamo...” Il
ragazzo si bloccò improvvisamente e si morse la lingua, maledicendosi per aver
parlato troppo.
“Tu ti
chiami...come ?” chiese Elizabeth.
“Ehm...Laurence”
“Julian, Laurence non
inizia per erre...”
“Uff...e va bene !
La erre sta per Rory...”
“Rory ? ! ?”
“...Che è il diminutivo
di Laurence !”
Elizabeth tacque un
attimo, sorpresa. “Ma non puoi chiamarti Rory !” disse.
“Ah, no ? E
perché ?”
“E’ un nome da
cane !”
“Senti, il mio bisnonno
si chiamava Rory Ross... Ha partecipato all’insurrezione di Pasqua del ’16 e ha
combattuto a Sud-El-Bar. Io sono fiero di questo nome, mettitelo bene in
testa !”
“E come lo chiamavano,
il to bis ? A-cuccia-bello ? O, visto che era Rory
Ross...Ahrahra ?”
Oliver alzò gli occhi al
cielo sperando di aver sentito male. Ma guardando verso l’angolo a sinistra del
palco, dietro le quinte, vide che si trattava proprio di sua madre. Rassegnato,
le andò incontro.
“Mamma...ti avevo detto
che ho molto da fare, per favore, vuoi andare a sederti ?”
“Oh, non potevo farlo
senza prima salutare il mio tesorino...sei agitato ? Vuoi che ti porti una
camomilla ?” Oliver diventò paonazzo.
“Va tutto bene e non ho
bisogno di niente ! E ora, per favore, va’ a sederti ! ! !
Hai trovato posto ?”
“Sì, caro...sono proprio
vicino alla mamma di Philip, così faremo due chiacchiere...”
“Mia madre è
qui ? ! ? Oh, no ! ! !” esclamò Philip, che
passava di là, mettendosi le mani nei capelli.
“Calma, Phil, niente
panico !” disse Oliver. Poi, rivolgendosi di nuovo a sua madre,
disse :
“Senti, ora dovrei dire
due paroline ai ragazzi, quindi...”
“Solo una cosa. Tu hai
sentito qualche rumore strano, stanotte ?” Oliver cominciò a sudare
freddo.
“N...no, non mi sembra.
Perché ?”
“Qualche ubriacone è
entrato in giardino e ha vomitato nella vaschetta per gli uccelli. C’era un
odore terrificante. Se scopro chi è stato gli stacco la testa dal collo.
Comunque non preoccuparti e pensa a fare del tuo meglio...tanti auguri,
tesoro !” E se ne andò.
Oliver deglutì e si asciugò
il sudore dalla fronte. Per ora l’ho scampata bella, pensò. Poi si voltò verso
gli altri e, battendo le mani, disse :
“Gente, è ora. Tutti qui
intorno a me, forza !”
Gli attori si radunarono
intorno al loro regista.
“Abbiamo controllato
tutto, e pare che ogni cosa sia in ordine. A questo punto, dunque, dovrei farvi
un discorsetto d’incoraggiamento.” Tacque per un istante, osservando i volti
perplessi dei compagni.
“Il problema è che la
nostra situazione è tutt’altro che incoraggiante...quindi vedete di fare del
vostro meglio e...che Dio ce la mandi buona ! Forza, tutti ai posti di
manovra !”
I ragazzi si misero
tutti al loro posto ; la tensione era davvero al massimo.
Maddy cercò di
regolarizzare il respiro ; Stephen fece gli scongiuri ; Philip era
convinto di essersi già dimenticato la parte ; Tom pregò che non gli
venisse un altro attacco di mal di pancia ; Julian baciò la medaglietta di
San Patrizio che portava sempre al collo ; Paul si soffiò il naso.
Insomma, la recita stava
per iniziare.
“Sipario” disse Oliver
facendo un cenno a Mark.
Il ragazzo provò più
volte, ma i pesanti tendoni non si aprirono.
Stava tirando la corda
sbagliata.
31. Di male
in peggio
La recita era iniziata
da pochi minuti, ma Oliver desiderava ardentemente che fosse già finita.
Dietro le quinte
osservava, con il cuore in fibrillazione, lo svolgersi dello spettacolo, che,
per il momento, sembrava scorrere liscio...ma quanto sarebbe durata ?
“Ba abbiabo visto davvero tutto questo o era uda visiode ?”
declamò Paul sforzando terribilmente la sua voce e roteando le braccia come
Oliver gli aveva consigliato di fare.
“I tuoi figli saranno re” disse Tom con voce apparentemente
tranquilla (ma un attento ascoltatore vi avrebbe facilmente percepito un vago
tremolio...).
“Tu sarai re !” disse Paul in tono solenne allargando
velocemente le braccia. Tanto velocemente che, senza accorgersene, diede una
gran manata in faccia al povero Tom, che barcollò un attimo all’indietro
portando a sua volta una mano al viso.
Tranne Davenport, tutti
risero. Benissimo, pensò Oliver. Quanto ci è voluto ? Cinque minuti ?
Paul e Tom, nel
frattempo, pur essendo imbarazzati, cercarono di proseguire come se niente
fosse successo.
Oliver, notando la loro
reazione, tirò un sospiro di sollievo.
“Ollie, io non
esco !” sibilò Philip un secondo dopo facendo prendere un infarto al
ragazzo.
“Phil, se sbuchi ancora
una volta in questo modo ti ammazzo” rispose Oliver portandosi una mano al
petto “Dammi solo un motivo per non uscire ! ! !”
“Te ne do due, se vuoi”
disse Philip sudando freddo “Primo : mia madre è là in mezzo che ride.
Secondo : appena mi vedrà comincerà sicuramente a strillare ‘Bravo Philip,
bravo il mio bambino’ e robacce simili. Terzo...”
“AAALT. Si era parlato
di due motivi” lo interruppe Oliver.
“Sì, ma...”
“Non me ne frega niente.
E poi tu non devi stare in scena per più di cinque minuti. E adesso sparisci”.
Oliver era stato veramente tassativo. Al povero Philip non restò altro da fare
che mettersi in un angolino con la coda tra le gambe. La sua parte era corta,
questo era vero...ma come faceva a spiegare ad Oliver che non se la ricordava
più ?
Cambio di scena.
Paul e Tom si fiondarono
dietro le quinte e scostarono leggermente il tendone per osservare il pubblico.
“Oddio, eccole là” disse
Tom.
“Ma chi ?” chiese
Mark avvicinandosi ai due.
“Amy...”
“...e Sarah” aggiunse
Paul.
“E allora ?” disse
Mark.
“Stanno ridendo. Tutte e
due. Di noi.” Disse Tom sconsolato.
“Ma vah” disse Mark “Per
me si stanno annoiando a morte”
“Dod è vero !”
sbottò Paul, un pochino ferito nell’orgoglio.
“Tom, a parte il fatto
che siete stati grandi a riprendere la recita con nonchalance, tutti gli esseri
umani che c’erano in sala hanno riso quando ti è arrivato il ceffone” disse
Mark.
“Sì, ba...” disse Paul.
“Amy e Sarah sono due
esseri umani, quindi hanno riso.” Proseguì Mark.
“Effettivamente” disse
Tom.
“Già” disse Paul.
“Davenport non è un
essere umano, quindi non ha riso. Il sillogismo calza. Fine”
“E’ vero, Mark, ma
questa tua filosofia spicciola non ci è di grande consolazioneee...” Tom si
sentì afferrare per la collottola.
“I signorini vogliono
degnarsi di tornare in scena o preferiscono prima una tazza di
tè ? ! ?” ringhiò Oliver trascinando Paul e Tom verso la
ribalta. “Si può sapere cosa aspettate, deficienti ? ! ? Gli altri
sono fuori da un pezzo !” Detto questo, li scaraventò in scena.
“Ollie, non mi sembra
questo il modo...” intervenne Stephen. Oliver gli lanciò uno sguardo rovente.
“...Okay, come non
detto...” aggiunse il ragazzo girando i tacchi.
Benjamin, sul palco, si
sentiva un dio. Finalmente toccava a lui ! Ora tutti avrebbero capito chi
era davvero Benji Price. Ma il suo entusiasmo non sarebbe durato ancora molto.
Con voce solenne,
disse : “Cawdor è stato
giustiziato ? E i commissari non sono tornati ancora ?” Bestia,
quanto sono bravo, pensò.
“Sire...” esordì Julian inchinandosi davanti a Benjamin-Re Duncan.
Ma la sua battuta finì lì, perché, mentre si inchinava, sentì un diabolico
rumore...il tipico rumore della stoffa che si lacera...
Rialzandosi di scatto,
tastò il retro del suo costume, e, impallidendo, capì che si era rotto
esattamente all’altezza del sedere. Imprecando dentro di sé, cercò di
continuare con naturalezza, anche se gli altri attori, che avevano capito
cos’era successo, si stavano guardando l’un l’altro imbarazzati.
“Ehm...Sire...non ancora....”. Il ragazzo
terminò la sua unica battuta in quella scena, mentre gli altri, che avevano
capito il problema, cercarono di mettere Julian a proprio agio, e si disposero
tutti in modo che il ragazzo non dovesse volgere le spalle al pubblico. Però,
questo si chiama gioco di squadra, ammise Oliver.
Ma Julian non era
affatto contento della sua situazione, e mentre i suoi amici dialogavano, tentò
piano piano di scivolare dietro le quinte.
“Dove diavolo stai andando,
imbecille ? ! ? Torna subito fuori ! ! !” sibilò
Oliver spingendo Julian verso il palco.
“Ma Ollie, il
costume...”
“Ci penseremo dopo al
costume ! Ora vai via, via ! ! !”
“Malcolm, io ti nomino ora principe di Cumberland...ma dov’è
finito ? ! ?” disse Benjamin sottovoce, notando il brusco
ritorno in scena di Julian. Arrossendo, il ragazzo si rimise nella sua
posizione, pregando che non ci volesse ancora molto per concludere la scena.
“Ma sei proprio un
deficiente ! Come si fa a rompere un costume proprio lì ?” disse
Elizabeth armeggiando con ago e filo. “Dai, togliti i calzoni.”
Julian, che stava
pensando ad una bella risposta acida da dare alla ragazza, restò a bocca
aperta.
“...Cosa,
scusa ? ! ?” disse, incredulo.
“Ti ho detto di
toglierti i calzoni, svelto. Forse riesco ad aggiustarli prima del tuo ritorno
in scena” rispose Elizabeth. Poi, vedendo che il ragazzo la fissava dubbioso,
aggiunse : “Mio Dio, Julian...non sono mica una maniaca sessuale....vai là
dentro, spogliati e dammi quei maledetti pantaloni ! Prima che sia notte,
possibilmente...” disse, indicando la porta del magazzino.
“Guai a te se mi guardi
le mutande” disse Julian agitando un indice verso la ragazza. Camminando
rasente al muro, si infilò nello sgabuzzino.
“Sai che spettacolo....”
disse Elizabeth incrociando le braccia e alzando gli occhi al cielo. “Allora,
hai finito ?”
La mano di Julian, che
reggeva i pantaloni rotti, sbucò dalla porta. “Toh, ma fa’ in fretta” disse il
ragazzo.
Sbuffando, Elizabeth
afferrò i calzoni e sbattè la porta del magazzino lasciando a Julian giusto il
tempo per ritrarre il braccio.
“Che seccatore che sei”
disse la ragazza.
“Ha parlato
l’angioletto” rispose Julian da dietro la porta.
Nel frattempo, Maddy
stava declamando il suo primo monologo da Lady Macbeth, ed era davvero grande.
“Vieni, notte cupa...”
“Bella gnocca !”
urlò una voce dal fondo della sala.
“Va’ al diavolo, testa
di..” ribattè Maddy istintivamente.
“...Mio amore carissimo !” intervenne Tommy, appena balzato in
scena, tentando di salvare la situazione.
Maddy si ricompose, e
proseguì la scena tagliandone bruscamente una grossa parte. Ad Oliver, però,
cominciarono a fumare le orecchie.
La situazione si
mantenne stabile ancora per un po’, finchè Julian, stufo di restare da solo, al
buio e senza pantaloni in quella specie di sgabuzzino che puzzava di muffa,
tentò di aprire la porta per vedere a che punto fosse Elizabeth con i lavori di
riparazione del suo costume.
Girò la maniglia un paio
di volte. Niente. La porta era bloccata.
Diede un paio di manate
alla porta stessa, ma non ottenne alcun risultato.
“PSSSSSS ! Hey ! Beth ! Beth !” sussurrò Julian cercando di non farsi prendere dal
panico. Nessuno lo sentì. “PSSSS ! C’è qualcuno che mi
sente ? ! ? Phil ! Beth ! Steve ! Aiuto !”
Il suo appello rimase
nuovamente inascoltato ; tutti i suo amici, infatti, o erano sul palco a
recitare, o stavano attentamente seguendo lo spettacolo. Ormai claustrofobico,
Julian crollò.
“Questo castello ha un sito incantevole...”
BAMBAMBAMBAMBAMBAM !
“...L’aria è dolce per i nostri sensi delicati...”
BAMBAMBAMBAMBAMBAMBAM !
Benjamin e gli altri si
guardarono intorno, confusi, cercando di capire da dove venisse quel rumore.
Per cercare di coprirlo, non trovarono altra soluzione che parlare più forte.
“OH, ECCO LA NOSTRA OSPITE ONORATA...”
BAMBAMBAM !
“AIUTOOOO ! FATEMI USCIREEEEE !”
Finalmente, Oliver ed
Elizabeth (con buona parte del pubblico che però credeva si trattasse di una
scena normalissima) si accorsero che la voce spaventata proveniva dal
magazzino, dove Julian continuava disperatamente a colpire la porta con i
pugni.
“Oh, cavolo ! Ecco
perché non era ancora entrato in scena !” disse Oliver accorrendo verso la
porta. “Hey Jules ! Come diamine hai fatto a restare chiuso lì dentro,
razza di impiastro ? ! ?”
“Chiedilo alla signorina
che ha delicatamente sbattuto la porta quando ci sono entrato ! Insomma,
fate qualcosa, voglio uscire da quiiiiiiiii ! ! ! “
Elizabeth sbuffò. “Stai
calmo, vado a cercare un cacciavite...proveremo a forzare la serratura, visto
che la chiave non c’è”
“Sì, chiama la Banda
Bassotti, vah !” disse Julian “Ora che aspetto voi...”. Cercando di
mantenere la calma, il ragazzo fece il punto della situazione. Era chiuso nel
magazzino, non c’era aria né luce, era in mutande e doveva già essere sul palco
da un pezzo. C’era poco da stare allegri !
“Ecco, proviamo con
questo....” disse Stephen armeggiando con un cacciavite a stella.
TLAC. La serratura si
aprì al primo colpo.
“Grande Steve !”
disse Oliver spalancando la porta “Julian, sei sa...”
Non riuscì a finire la
frase per il semplice motivo che il ragazzo, il quale aveva optato per una
decisa spallata e si era lanciato a tutta velocità contro la porta, non era
riuscito a fermarsi in tempo per evitare di travolgere il povero Oliver.
Gli attori, ovviamente,
non poterono far nulla per coprire quel baccano infernale.
“Ollie, stai zitto...non
dire niente...non fare niente di cui potresti pentirti, anche se ora lo
vorresti fare, oh se lo vorresti fare....” si disse Oliver a denti stretti,
rosso dalla rabbia, mentre Julian, rialzandosi, inceneriva con lo sguardo
Elizabeth.
“I tuoi pantaloni,
Julian...” gli disse. Il ragazzo glie li strappò di mano e li infilò
velocemente.
“Carini i boxer con le
pecore” aggiunse poi Elizabeth.
Julian strappò il
cacciavite di mano a Stephen, che osservava la scena imbambolato, e lo tirò
dietro alla ragazza, mancandola clamorosamente.
“Phil, per favore, mi
stai facendo venire il mal di mare...” disse Oliver osservando l’amico che
camminava avanti e indietro come un’anima in pena.
“Ollie, senti...io...non
mi ricordo un accidente ! ! !”
“E’ quello che dici
tutte le volte che stai per essere interrogato, Philip...e ora muoviti che
tocca a te.”
Paul era già sul palco
quando il sipario si aprì. Philip entrò, terrorizzato.
“A che putto è la dotte, figliolo ?...KOFF, KOFF !” disse
Paul, tossendo.
“Certo che Banquo col
raffreddore è proprio il massimo” disse Lucy dietro le quinte.
“Beh, diciamo che rende
bene l’idea della notte fredda e tenebrosa...” disse Julian sistemandosi i
calzoni.
“E tu che ci fai con le
braghe in mano ? ! ?”
“Oh, la tua collega
Elizabeth mi ha fatto un lavoretto...”
“Frena, frena ! Ho
strappato i pantaloni e lei me li ha aggiustati, cos’avevi
capito ? ! ?” la interruppe Julian arrossendo.
“Beh, resti un maiale lo
stesso” disse Lucy, che con Julian non andava molto d’accordo (dopo il due di
picche che il ragazzo le aveva rifilato).
“La finite voi
due ? Credo che Phil non abbia ancora detto una parola...” disse Oliver.
In effetti, Philip se ne
stava immobile sul palco con gli occhi sbarrati e non aveva ancora aperto bocca
da quando era entrato.
“La...la...” balbettò il ragazzo, completamente nel pallone, mentre
sua madre lo guardava confusa.
Stupido idiota, dì
qualcosa, pensava Oliver digrignando i denti. Ma il ragazzo non si sbloccò. Fu
allora che Stephen decise di prendere in mano la situazione.
Fulmineo, afferrò il
primo copione che aveva sottomano e, alzando la voce, disse :
“La luna è calata. Non ho sentito le ore”
Tutti, sul palco e
dietro le quinte, si voltarono a fissare il ragazzo. Philip, attonito, capì al
volo di cosa si trattava, e, voltando leggermente le spalle al pubblico,
assecondò l’amico, che continuava a recitare al posto suo.
“Grande... Siamo di
fronte al primo playback della storia del teatro” disse Benjamin sottovoce.
“Sarà” ringhiò Oliver
“Ma io lo ammazzo lo stesso”.
Terminato il suo
intervento (anche se si era limitato a fare la bella statuina) Philip tornò di
corsa dietro le quinte, sudato e pallido come uno straccio, e non potè evitare
di finire nelle grinfie di Oliver.
“Philip...cosa devo fare
con te... ?”
“Te l’avevo detto,
Ollie, non dirmi che non te l’avevo detto ! ! !” esclamò Philip.
“Ma dovevi dire solo due
battute ! ! ! Due misere...striminzite...battute...” continuò
afferrando Philip per il collo e scuotendolo avanti e indietro.
“Per l’amor del cielo,
smettila, Ollie !” intervenne Mark cercando di separare i due.
“No ! Io non la
smetto finchè questo deficiente non mi spiega come ha fatto, lui che ha la
parte più corta di tutti, a dimenticarsela ! ! !” disse Oliver
senza lasciare andare Philip, che stava diventando viola.
“Ti conviene ascoltare
Mark e venire a dare un’occhiata qui, Ollie. Vinegar sta facendo una faccia
strana” disse Elizabeth sbirciando il pubblico.
Oliver spinse via
Philip, che si portò una mano al collo boccheggiando, e scostò leggermente il
tendone.
In effetti Vinegar e il
suo amico Jenkins, che stavano parlottando tra loro, sembravano piuttosto
perplessi riguardo all’accaduto.
“Lo sapevo...lo
sapevo !” esclamò Oliver mettendosi le mani nei capelli. “E’ l’inizio
della fine...”
“Su, Ollie !” lo
esortò Benjamin dandogli una pacca sulle spalle “Non tutto è perduto !
Abbiamo appena cominciato, il bello deve ancora arrivare, fidati !”.
Nel vedere l’espressione
sorridente ed ottimista di Benjamin, Oliver non sapeva se tirarsi su il morale
o avere ancora più paura. Comunque, pensò sospirando, ormai la frittata è
fatta, peggio di così non può andare.
Ma si stava sbagliando
di grosso.
Nelle scene successive,
tutti cercarono di fare del loro meglio, e, incredibilmente, non ci furono
incidenti. Però Oliver era convintissimo che sarebbe successo qualcosa, se lo
sentiva nel midollo...
Erano arrivati ad un
punto cruciale : l’assassinio di re Duncan da parte di Macbeth su
consiglio della perfida moglie.
Benjamin, cioè il re,
era andato a dormire dall’altra parte del palco, e Tom-Macbeth (che si era
scaldato a dovere e stava facendo davvero un buon lavoro) aveva afferrato il fatidico
coltello di plastica (che per fortuna il pubblico non poteva vedere nei
particolari) e, con fare da grande attore, stava recitando il suo primo, vero
monologo.
“E’ un coltello, quello che vedo qui davanti ?”. Vai così, Tom,
sei grande, si disse Oliver. Era incredibile quanto l’atteggiamento del ragazzo
fosse cambiato durante la recita ; era diventato molto più sicuro di sé,
la voce non gli tremava più e si stava veramente calando nel personaggio.
Nessuno avrebbe detto che era davvero lui. Quanto a Lady Macbeth...beh,
praticamente era lei che aveva retto lo spettacolo fino ad allora !
“Vado, ed è fatto. La campana mi esorta” disse solennemente.
Sotto lo sguardo fiero e
attento di Maddy, Tom si diresse verso la parte destra del palco (quella da
dove Benjamin era sparito) pronto a compiere un brutale regicidio.
“Non la sentire, Duncan : è un rintocco che ti chiama al cielo o
all’inferno” disse.
Ma non riuscì a fare
proprio nulla, perché Benjamin, che si era tolto il costume da re Duncan ed ora
era vestito pressappoco come Tom, era zompato sul palco facendo prendere un
infarto allo stesso Tom, a Maddy, agli altri ragazzi e a tutto il pubblico.
“Fermati, o vile ! E’ la tua coscienza che te lo ordina !”disse, sguainando una delle finte spade che
erano a disposizione. Seguirono varie scene di panico :
Maddy urlò.
Oliver credette di
svenire, e l’avrebbe fatto se Julian e Mark non l’avessero sorretto
prontamente.
Davenport diventò viola
dalla rabbia e spalancò la bocca, ma le uniche parole che ne uscirono furono
“Ma...ma....ma....”
Vinegar era
completamente nel pallone e non riuscì a spiegare a Jenkins cosa stesse
succedendo perché non l’aveva capito neanche lui.
Tom aveva fatto un balzo
all’indietro, sbiancando completamente, e continuava a voltarsi prima verso
Oliver, poi verso Maddy, infine verso il pubblico, implorando mentalmente i
presenti di dirgli cosa doveva fare.
“Benji, cosa diavolo ti
sei messo in testa ? ! ?” sibilò.
Benjamin non lo
considerò nemmeno.
“Vedo che tentenni” disse puntando la spada verso Tom “Comprendi forse la follia del tuo
gesto ?”
“E’ impazzito” disse
Maddy scuotendo la testa.
“Ditemi che sto
sognando” disse Oliver a mani giunte.
Intanto Benjamin
continuava imperterrito il suo monologo.
“Credi forse che il potere ti giunga da una sì sanguinosa azione ?
Tu che disprezzavi il vigliacco Cawdor oseresti far questo al re che tanto ti
ama ?”
“Sta improvvisando”
disse Julian stupefatto “Ma dove vuole arrivare ?”
“So benissimo dove vuole
arrivare ! ! !” esclamò Oliver, paonazzo “E non sta affatto
improvvisando ! ! ! Quel...quel...non ho parole per
definirlo...sta impersonando la coscienza di Macbeth e cerca di dissuaderlo
dall’uccidere il re !”
“Pazzesco” disse Paul.
“Geniale” disse Jack.
“Geniale un
corno !” sbottò Oliver “Per le sue stramaledettissime manie di grandezza
sta mandando completamente a rotoli il mio lavoro !”
“Mio ?” disse
Stephen “Vorrai dire il nostro lavoro !”.
Oliver lo ignorò.
“Dio solo sa quanto si
sarà preparato per questa pagliacciata...oh, ma stavolta quell’attoruncolo da
quattro soldi non la passa liscia, quant’è vero che esisto ! Mark,
sipario, svelto !”
“Ma Ollie, la scena non
è ancora finita !” disse Mark.
“E chi se ne
frega ! Questa stupida pantomima è durata anche troppo !
Muoviti ! ! !”
Mark obbedì all’ordine e
si precipitò verso i cordoni, sperando di azzeccare quello giusto, ma la sua
eccessiva foga fece crollare l’intero tendone addosso agli attori,
seppellendoli sotto una montagna di similvelluto rosso. Il bastone portante
beccò Tom in testa.
“Ehm...intervallo !”
disse Jack dopo essersi precipitato in scena per cercare di salvare la
situazione.
Mentre sul palco alcuni
ragazzi stavano cercando, tra le risate e lo sconcerto generale, di risistemare
alla bell’e meglio la scenografia e il sipario, Oliver si era avventato contro
Benjamin che, deluso per la repentina interruzione, era tornato dietro le
quinte.
“Ma io ti spezzo le
gambe ! ! !” sbottò Oliver afferrando il ragazzo per il bavero
del costume. Jack e Philip riuscirono a malapena a trattenerlo.
“Si può sapere chi
diavolo ti ha detto di fare una stronzata del genere, eh
imbecille ? ! ?”
“Beh...tu, Ollie !”
rispose Benjamin come se nulla fosse successo.
“Benji, guarda che non
ho nessunissima voglia di scherzare...per cui non provarci nemmeno a fare il
cretino con me ! ! !”
“No, no, davvero...ieri
sera, quando ti ho accompagnato a casa, hai detto che potevo fare le modifiche
che volevo...io te l’avevo chiesto e tu avevi accettato, proprio non
ricordi ? “
“Ma cosa vuoi che mi
ricordi ? ! ?” sbraitò Oliver aumentando la presa “Ieri sera ero
ubriaco come un irlandese !”
“Hey, vacci piano con
gli insulti !” intervenne Julian.
“E tu stai zitto !
Voglio solo sapere cos’è passato per la testa di questo deficiente quando ha
deciso di mettere in atto una...una...bestialità del
genere ! ! ! Ma chi ti credi di essere, Kenneth
Branagh ? ! ?”
“Ma era tutto
perfetto ! “ disse Benjamin tentando di difendersi “Ci ho lavorato
sopra un sacco, era solo una piccola modifica accuratissima che non avrebbe
creato problemi a nessuno, la mia personale interpretazione di un celebre
passaggio...il teatro è anche questo, Ollie, modellare la scena, non solo
copiarla !”
“Già, tutto perfetto...a
parte un piccolo dettaglio : PERCHE’ DIAVOLO NON CI HAI
AVVISATI ? ! ?” sbottò Tom massaggiandosi la testa ancora
dolorante.
“Senti, Benji” disse
Oliver mollando il ragazzo e puntandogli contro l’indice “In tutta questa
dannata storia sono stato picchiato, insultato, drogato, ubriacato e preso per
i fondelli...”
“Veramente ti sei
ubriacato da solo, a quanto mi risulta”
“Zitto, Phil, non è il
momento” disse Maddy.
“...per cui dammi solo
un motivo (e dico uno) per cui non dovrei sbudellarti dopo quello che mi
hai combinato ! ! !”
“Insomma, basta !”
intervenne Elizabeth per cercare di placare gli animi “Ci penserete dopo a
litigare, ora non è né il momento né il luogo !”
“Giusto” disse Mark
tentando di sdrammatizzare un po’ la situazione “Altrimenti, invece di un
finale con botto avremo un...finale con botte !”
“Mark, un’altra battuta
come questa e ti caccio il flauto su per il...”
“HUUUUTTOOOON ! ! ! ! !”
ruggì una voce alle spalle dell’intera compagnia. Impallidendo all’unisono,
tutti i ragazzi si girarono e videro Davenport, verde, che soffiava fumo dalle
narici.
“Oddio...”disse Oliver
con un filo di voce.
“HUTTON ! SPERO CHE
TU ABBIA UNA GIUSTIFICAZIONE CONVINCENTE PER QUESTO MAGNIFICO
EXPLOIT ! ! !”
“...PERCHE’ E’ LA PRIMA
VOLTA CHE SI VERIFICA UNO SCEMPIO DEL GENERE, E IO NON POSSO TOLLERARLO, HAI
CAPITOOO ? ! ?”
“Ma-ma-ma...”
“NESSUN
‘MA’ ! ! !” continuò Davenport agitando minacciosamente l’indice
in aria “IO AVEVO RIPOSTO IN TE LA MASSIMA FIDUCIA ! ERO CONVINTO CHE
AVRESTI SVOLTO IL TUO LAVORO IN MODO INECCEPIBILE, E INVECE...INVECE HAI RIDOTTO
UN’OPERA STRAORDINARIA IN UNA BUFFONATA DA CIRCO ! ! !”
Oliver aveva gli occhi
gonfi di lacrime e gli altri ragazzi si sentirono mostruosamente in colpa.
“CREDI CHE POSSA LASCIAR
CORRERE UNA COSA DEL GENERE, EH ? LO CREDI ? ! ?”
“Io...le chiedo scusa,
professore” disse Oliver tenendo lo sguardo basso.
Davenport stava per
inveire di nuovo contro il ragazzo, ma una voce lo bloccò.
“No, sono io che devo
chiederle scusa.”
Tutti, compreso
Davenport, volsero gli occhi verso Benjamin.
“Tutto questo è colpa
mia. Sono stato io a rovinare il suo spettacolo.”
La voce di Benjamin non
era piagnucolosa né strafottente, ma straordinariamente seria e calma. O dice
sul serio o è veramente un ottimo attore, pensò Tommy.
“Ma...Price, cosa stai
dicendo ?” disse Davenport.
“Quello che le ho appena
detto” rispose il ragazzo “Gli altri non c’entrano, è stata una mia idea. Se la
prenda con me, non con Oliver.”
“Stai dicendo che...tu
hai agito tenendo i tuoi compagni all’oscuro di tutto ?”
“Sì, sì. Non ero in
malafede, assolutamente no, ma ho sbagliato. Se deve punire qualcuno, punisca
me.”
Davenport, sebbene
ancora furente, si ritrovò del tutto spiazzato di fronte a quella dichiarazione
che, a parte tutto, attestava nel ragazzo una certa maturità.
“No...cioè...aspetti,
professore...” disse Oliver tentennando. Le parole di Benjamin gli avevano
fatto sbollire la rabbia, e , in fin dei conti, lo stava difendendo davanti al
preside...Oliver si sentì a sua volta in dovere di aiutare l’amico.
“Benji ha cercato di
fare del suo meglio...perché...ehm...ci tiene davvero tanto...forse si
è...immedesimato un po’ troppo nella situazione....sa, il metodo
Stanislavskij...”
“Metodo
Stanislavskij ?” disse Davenport, ormai rabbonito “Non mi risulta proprio
che Price abbia frequentato l’ Actors’ Studio...comunque per questa volta
passi, ma alla prossima non sarò così clemente...” e se ne andò.
Dopo l’uscita di scena
di Davenport, l’imbarazzo regnò per qualche istante tra i ragazzi.
“Grazie per avermi
difeso, Ollie” disse poi timidamente Benjamin.
“Figurati...” disse
ancora più timidamente Oliver “...e poi sono io che devo ringraziare te per
avermi difeso da quell’ignorante...”
Tutti sorrisero :
forse Oliver aveva davvero abbandonato i panni del regista esaltato per tornare
ad indossare quelli del solito, vecchio Ollie.
“Pace ?” disse
Benjamin tendendo la mano all’amico di sempre.
“Pace” disse Oliver
stringendogliela.
Benjamin sorrise felice,
ma la sua espressione cambiò in un attimo perché Oliver lo strattonò
violentemente verso di sé e gli sibilò in un orecchio :
“Comunque ora ti piazzi
buono in un angolino e guai a te se muovi un muscolo prima che lo spettacolo
sia finito, altrimenti stasera tu non torni a casa...”. Benjamin deglutì.
“...Perché prima passi
dall’obitorio...capito ?”
“Come no” rispose
Benjamin sudando freddo.
I ragazzi sistemarono
tutto a tempo di record, e, dopo aver rassicurato Oliver che non avrebbero più
combinato guai, ripresero lo spettacolo.
Il regista, tutt’altro
che tranquillo, si rimise imbronciato dietro le quinte, implorando tutti i
santi del Paradiso che nessuno causasse altri problemi. Non si era mai sentito
così umiliato in vita sua ; tutto il pubblico, praticamente, rideva di
lui, e sarebbe stato ricordato per gli anni a venire come colui che aveva reso
Macbeth una commedia. Chissà se si stavano davvero divertendo alle sue
spalle... e chissà se i suoi amici non l’avevano fatto apposta a rendere la
recita un vero disastro... D’altronde Oliver era uno dei migliori studenti
della scuola, e qualcuno avrebbe goduto parecchio a screditarlo davanti agli
occhi di tutti, in particolare dell’insegnante che più lo stimava... Magari si
erano messi tutti d’accordo...
D’un tratto Oliver si
scosse e si vergognò profondamente dei suoi pensieri. Come poteva dubitare
dell’onestà dei suoi amici ? Pensò all’intervento di Benjamin davanti a
Davenport e si commosse. Poi diede un’occhiata a come stava procedendo la
recita e capì immediatamente che tutti stavano dando il massimo. Cosa poteva
pretendere di più da loro, visto che, poveretti, per loro il teatro era solo
una specie di cinema in cui non si potevano allungare i piedi sulle sedie
davanti ?
...Maledizione, riecco
quegli stupidi pensieri. Oliver li ricacciò indietro ancora una volta, ma non
capì che, nel suo cervello, l’idea di onnipotenza che si era costruito senza
rendersene conto stava facendo amicizia con il suo complesso di persecuzione.
Ad ogni modo, Oliver
aveva deciso di dare ancora un po’ di fiducia a quella sgangherata compagnia, e
tutto filò liscio per diverso tempo, finchè arrivò il momento tanto
atteso : la follia di Lady Macbeth.
Maddy era indubbiamente
stata la più brava di tutti, e anche durante le prove Oliver non aveva mai
dovuto correggerla o rimproverarla in nulla. Sicuramente sarebbe stata favolosa
anche in quella scena, e forse gli avrebbe dato una mano a risollevare la sua
reputazione...
Prima si presentarono
sul palco Hillary Banks (Oliver quasi non si ricordò di lei, sebbene fossero
stati in classe insieme per tre anni, e ringraziò mentalmente Davenport per
aver assegnato una parte brevissima a quella tipa tanto insulsa) e Stephen,
rispettivamente nel ruolo della dama di compagnia e del medico.
“Quando ha camminato l’ultima volta ?” disse
Stephen.
I due cominciarono a
conversare sulla salute mentale della regina, mentre, dietro le quinte, tutti
aspettavano con ansia il trionfale ingresso in scena di Lady Macbeth.
Ma Lady Macbeth non
arrivava.
Oliver fu nuovamente
colto dal panico. “Dove diavolo è finita Maddy ? ! ? Tocca a
lei, adesso ! ! !”
“E’ andata un secondo in
bagno” rispose Elizabeth “Ha avuto dei problemi con una lente a contatto,
sembrava che avesse un occhio pesto”.
Glie lo pesto io se non
si muove, avrebbe voluto dire Oliver, ma si trattenne giusto perché, come il
99% dei ragazzi della scuola, Maddy gli piaceva un sacco.
“Vai a chiamarla,
svelta !” disse.
Si voltò di nuovo verso
Hillary e Stephen, che, ormai, avevano esaurito le loro battute, e ricambiavano
imbarazzati losguardo di Oliver nella
speranza che lui gli dicesse cosa dovevano fare.
“Improvvisate !”
sussurrò il ragazzo. I due si guardarono di nuovo, piuttosto perplessi sul da
farsi ; poi Stephen prese la parola.
“Ehm...Notate come...come si aggira nei meandri di
questo castello...con quel candeliere in mano...”
“Già...sembra...sembra un fantasma, vero ?” rispose Hillary, che non sapeva proprio cosa
dire.
Andarono avanti così per
un po’, e sembrava che se la cavassero abbastanza bene.
Ad un certo momento,
però, in sala ricominciarono a girare commenti e risatine.
“Fuori la
bellona !” gridò la solita voce.
Neanche a farlo apposta,
in quel preciso istante arrivò Maddy, tutta trafelata e con un occhio gonfio e
arrossato, seguita a ruota da Elizabeth.
“Eccomieccomieccomi !”
disse afferrando in tutta fretta il candeliere “Scusa Ollie...ma questa
maledetta lente...”
“Non importa, me lo
racconti dopo ! Sei pronta ?”
“Prontissima !”
disse la ragazza ravvivandosi i capelli e correndo fuori, sulla ribalta.
“C’è ancora una macchia quiiiIIIIIH ! ! !”
Lady Macbeth inciampò
trionfalmente nel lungo costume e rotolò, altrettanto trionfalmente, davanti ai
piedi di Hillary e Stephen, che non poterono fare altro che seguire con gli
occhi la loro regina mentre andava a spiaccicarsi contro la parete opposta.
Hillary prese
l’iniziativa. “Ehm...Sire, la regina è
morta !” disse rivolgendosi a Macbeth, che in quel momento si stava
facendo gli affaracci suoi dietro le quinte.
“Ma la dovevo dire io
questa battuta !” sussurrò Stephen, contrariato.
Oliver, coprendosi la
faccia con entrambe le mani, scosse la testa.
“Sipario” disse con voce
sconsolata.
“Non avete idea di
quanto vi sto odiando, ragazzi” disse Oliver con la fronte appoggiata al muro
“E non chiedetemi il perché, ne ho tutti i motivi.”
Fuori, sul palcoscenico,
ci si stava preparando per l’assalto finale al castello di Dunsinane, cioè la
famosa terrazza di compensato che, non si sapeva come, riusciva a reggere il
dolce peso di Tom-Macbeth, il quale fingeva di osservare in lontananza
l’avvicinarsi dell’esercito (costituito dai soli Julian e Jack) abilmente
mimetizzato con cespugli di carta velina verde.
“Dai, non dire così...”
disse Mark masticando rumorosamente un sandwich al prosciutto.
“Ma si può sapere come
diavolo fai a mangiare in ogni momento ? ! ?” disse Oliver, giunto
ormai all’esasperazione “Guardati, ti sei pure sbrodolato tutto con la
maionese ! Fai schifo, fai !”
Mark si allontanò
imbronciato, pulendosi il costume con le mani e borbottando tra sé e sé qualche
insulto piuttosto volgare. Per ripicca, addentò un altro paio di sandwich.
Ad un tratto, la figura
magra e occhialuta del professor Vinegar spuntò dietro ai tendoni, facendo
prendere un leggero infarto ad Oliver e compagni.
“Cerca di mantenere la
calma, Hutton” disse.
“Mi spiega come
faccio ? Non c’è niente che vada per il verso giusto, niente !”
“Non direi... l’idea del
‘playback’ non è stata del tutto malvagia, e ci sono tanti particolari che
denotano una certa collaborazione tra tutti i membri della compagnia. Qualche
errore, poi, è inevitabile per dei dilettanti allo sbaraglio !”
“Ah, sì ? E della
performance di Price che mi dice ?”
“Lasciamo perdere...come
idea poteva anche funzionare, ma non in questo contesto. Comunque mi sto
lavorando per bene Jenkins...per ora mi sembra abbastanza soddisfatto, considerate
le premesse, basta che non combiniate altri disastri...”
“Sarà dura.”
“Ma no. Guarda fuori, mi
sembra che tutto stia filando liscio...”
Facendo gli scongiuri,
Oliver sbirciò oltre i tendoni. Jack e Julian, quatti quatti e incespugliati,
si stavano avvicinando furtivamente al castello, e Tom manifestava apertamente
l’ansia per l’imminente attacco. In effetti, le cose non stavano poi andando
tanto male...
“L’assalto finale...una
delle parti più emozionanti” disse Vinegar appoggiandosi al muro.
Improvvisamente si udì
uno scatto ed uno strano rumore.
“Professore ! Si
sposti subito da lì !” disse Patty. Vinegar non si era accorto che, con il
suo peso, concentrato nel posto sbagliato, aveva lentamente fatto abbassare la
leva che apriva la botola...
E non se ne accorsero
neppure i ragazzi sul palcoscenico, finchè Julian, che guidava l’assalto, ci
finì dentro.
“Siamo abbastanza vicini. Buttate via gli schermi di foglieeeEEEH ! ! !”.
Il ragazzo atterrò sul vecchio materasso (che per fortuna non era stato rimosso)
con un tonfo sordo.
“Hey ! Stavolta io
non c’entro, eh !” disse Philip alzando le mani.
Jack, disorientato, non
aveva ben capito cosa fosse successo e cercò di aggirare la buca,
impastocchiando qualche frase improvvisata per tener buono il pubblico.
“Ehm...Anche se il mio valoroso fratello è caduto...”.
E’ caduto per davvero, pensò ridacchiando Stephen mentre Oliver soffriva come
se gli stessero strappando un’unghia. “...dobbiamo
andare sempre avanti, perché la nostra missione ce lo imponeeee...OOOH... ! ! !”
Purtroppo Jack non era
stato abbastanza attento a dove metteva i piedi, e inciampò malamente nei rami
che lo avvolgevano, finendo addosso alla terrazza del castello. Come era
naturale, la costruzione (che già stava in piedi per miracolo) cedette e si
schiantò al suolo trascinando con sé il povero Tom.
Di fronte a quel nuovo
disastro, Oliver agì senza pensare.
“Fuori MacDuff !”
disse, spingendo Mark sulla ribalta.
“Hey, ma non ho ancora
finito...” protestò il ragazzo, ma in men che non si dica si ritrovò davanti al
pubblico con l’ennesimo sandwich tra le mani. Dopo aver scambiato un’occhiata
con l’attonito Tommy, che nel frattempo si era rialzato e si stava ripulendo il
costume dalle schegge di legno, capì cosa doveva fare.
“A noi, cane !” esclamò sguainando la spada e gettando via il
panino.
Tom fece la stessa cosa,
e in breve i due cominciarono a duellare.
Asciugandosi i sudori
freddi, Oliver, dietro le quinte, disse : “Forse ce la caviamo, professor
Vinegar...professore ? Ma dov’è andato ? ! ?” Vinegar se
l’era svignata senza che nessuno se ne accorgesse, ed era tornato da Jenkins a
calmare le acque.
Intanto i due
contendenti stavano duellando alla grande, ma Tom ebbe la pessima idea di far
riaffiorare i suoi ricordi di schermidore, e, senza che Mark se ne rendesse
conto, gli rifilò un paio di rapidissime stoccate che lo disarmarono in un
attimo.
“Cosa stai facendo,
cretino ? ! ?” disse Oliver mettendosi le mani nei capelli.
Accortosi del fatto, Tom
restò un attimo imbambolato. Senza aspettare che Mark recuperasse la spada,
fece cadere la sua e si gettò a terra, fingendo di essere stato colpito a
morte.
Mark si chinò
sull’amico. “Stai bene ?” disse, preoccupatissimo.
“Sì, idiota, ma adesso
vattene, mi hai appena ammazzato !” sussurrò Tom.
Nel frattempo, Julian,
ancora frastornato per il volo che aveva fatto, era riuscito a risalire a forza
di braccia, e si stava ancora issando sul palco alle spalle di Mark quando
questo si girò verso di lui e gridò :
“Salve, re di Scozia !”. A quel punto, il pubblico non capì più nulla.
Julian si issò a fatica
sul palcoscenico e, traballando, disse, in mezzo al frastuono generale :
“E’...è finita, vero ?”
Piangendo, Oliver chiuse
il sipario per l’ultima volta.
“Ora abbiamo davvero
ucciso Macbeth” disse.
32. Applausi
Quando i pesanti tendoni
si chiusero, tutti i ragazzi tirarono un grosso sospiro di sollievo.
“E vai !” disse
Jack battendo un cinque all’emozionatissimo Tom.
“Ancora non posso
crederci” disse Tom ridendo “E’ stato un casino dall’inizio alla fine
ma...ragazzi, devo ammettere che mi sono divertito !”
“Anch’io, a parte quando
sono rimasto chiuso nel magazzino” disse Julian.
“E quando Benji ha fatto
la sua improvvisata” aggiunse Stephen.
“E quando Philip non si
ricordava più la sua parte” disse Benjamin, quasi per ripicca.
“E quando...”
“Oh, basta ! E’
andata così, l’importante è che ce l’abbiamo fatta ad arrivare fino in
fondo...in qualche modo ! Forza, ora salutiamo il pubblico con un
bell’inchino e poi andiamo tutti al bar a festeggiare !”
La proposta di Mark,
però, non fu accolta nel modo sperato perché i ragazzi si accorsero che Oliver,
il quale non aveva ancora aperto bocca, se ne stava seduto in un angolino e
aveva lo sguardo completamente perso nel vuoto.
“Ollie, che hai ?”
disse Philip avvicinandosi al ragazzo e cingendogli le spalle con un braccio.
Oliver non rispose.
“Dai...tirati su e non
preoccuparti, non è mica morto nessuno ! Siamo riusciti comunque a
cavarcela, e poi tu hai fatto un ottimo lavoro, se ne sono accorti tutti !
Beh, abbiamo avuto qualche problemino, ma d’altronde... “
“Piantala di dire
stronzate, porca miseria ! ! !” sbottò Oliver alzandosi di
scatto e scostando il braccio di Philip in malo modo. Tutti ammutolirono.
“Avete tutti una gran
bella faccia tosta ! ‘Ma sì, abbiamo avuto qualche problemino, ma chi se
ne frega, tanto c’è quell’imbecille di Ollie che si prende la colpa di questo
sfacelo’ ! Non è forse questo che intendevate, eh ? ! ?”
“Mio Dio, ma che stai
dicendo ?” disse Elizabeth sconvolta.
“Lo sapete
benissimo ! Non ve ne è mai importato un accidente di tutta questa storia,
e adesso non aspettate altro che scaricare il barile su di me non appena
Davenport verrà qui con la frusta in mano a reclamare un colpevole !”
“Adesso stai davvero
esagerando, Ollie” disse Mark allungando un braccio verso il ragazzo “Si vede
che era destino che...”
“Non sto affatto
esagerando, invece, e non dire le solite fesserie sul destino perché ho smesso
di crederci un sacco di tempo fa ! Sono stato davvero stupido a sperare
che per una volta avreste fatto un sacrificio e avreste cercato di far filare
tutto liscio...meglio divertirsi e lasciare che sia lo sfigato regista di turno
a sbrogliarsela, vero ? Non potete...non potete immaginare quanto fosse
importante questo spettacolo...tutta la mia carriera dipendeva da oggi, e
voi...voi...”
“Gente, il pubblico ci
reclama” disse Philip, che si era perso la discussione perché era rimasto a
sbirciare fuori dal tendone.
“Andateci voi a salutare
il vostro pubblico, visto che ci
tenete tanto” ribattè Oliver incrociando le braccia e voltando le spalle ai
ragazzi “Io non esco. E poi quella massa di ignoranti là fuori non se ne
accorgerebbe nemmeno”.
Tutti tacquero,
sconvolti dall’uscita del loro amico...o di quello che ritenevano tale e che di
Oliver aveva ben poco, finchè Patty non si fece avanti.
“...Quindi tu credi che
noi ti abbiamo boicottato, è così ?” disse.
“L’hai detto tu” rispose
Oliver facendo spallucce, strafottente.
Patty scosse la testa,
ridendo. “Sai cosa ti dico ? Nessuno di noi avrebbe mai fatto una
bastardata del genere...” Oliver sogghignò. “...ma avremmo dovuto farla sul
serio.”
Tutti puntarono gli
occhi sulla ragazza, e anche ad Oliver, malgrado facesse finta di niente, si
drizzarono le antenne in testa.
“Sì, avremmo dovuto
boicottarti...fare di tutto perché Vinegar, Davenport e quel Jenkins capissero
veramente che razza di carogna sei !”
“Carogna
io ? ! ?” ribattè Oliver “Ma hai un’idea di...”
“Vuoi sapere cosa vedo
io ? Un sedicenne frustrato che sta perdendo tutti i suoi amici per colpa
del suo egoismo, ecco cosa vedo !”
“Tu non sai cosa
significava per me tutto questo...” disse Oliver con le lacrime agli occhi.
“Lo so benissimo,
invece ! Tanto che tutte le persone che ti trovi davanti ora avrebbero
fatto carte false per aiutarti a realizzare il tuo sogno ! E invece ti è
andata male, e vuoi sapere di chi è la colpa, visto che ci tieni tanto ?”
“Sentiamo...”
“Tua, solo tua.”
“Questa è proprio
bella !”
“E sai perché è
successo tutto questo ? Perché tu non hai mai avuto fiducia in noi...non l’avevi fin dall’inizio ! Hai
sempre giocato a fare il grand’uomo senza renderti conto delle persone con cui
stavi lavorando ! Hai visto solamente quello che volevi vedere, tutti i
lati negativi possibili, senza considerare gli sforzi che abbiamo fatto per te,
per non rendere questo gioco un inferno...perché di un gioco si è trattato, se
non l’hai capito ! E se consideri tutto questo un fallimento...beh, è
anche il tuo fallimento ! Il tuo
fallimento come amico...”
Nessuno, nemmeno Oliver,
ebbe il coraggio di ribattere alle parole di Patty, che stava rivelando una
grinta insospettabile.
“Sicuramente non siamo
stati il massimo, anzi, ne abbiamo combinate davvero di cotte e di crude, ma
non l’abbiamo mai fatto per danneggiarti, né abbiamo mai pensato di scaricarti
la patata bollente, come invece stai facendo tu adesso...” continuò.
Oliver abbassò lo
sguardo, pensieroso. Il discorso di quella ragazza gli stava rodendo il
fegato...perché sotto sotto sapeva che aveva ragione.
“...per cui è ora che
anche tu ti prenda le tue responsabilità. E adesso muovi il culo e vieni a
salutare il pubblico !”
Nessuno fiatò, mentre
Oliver, immobile, ripensava a tutti gli avvenimenti del mese precedente, i
disastri, le urla, le risate, i momenti di euforia, di ansia e di serio impegno.
Quante cose aveva dimenticato...
In un attimo, come in un
flash, gli vennero in mente le parole di una vecchia canzone di Stevie
Nicks :
ma ogni volta che pensi di mollare / pensa a
quello che sai / pensaci / pensaci prima di andartene...
Poi alzò gli occhi e
vide i volti degli amici che, nonostante tutte le frasi cattive e piene d’astio
che lui aveva vomitato su di loro, non lo guardavano affatto con disprezzo o
con rabbia, ma con la speranza di riallacciare il filo che rischiava di
spezzarsi tra loro.
E improvvisamente
scoppiò a ridere.
Patty diventò rossa
dalla rabbia. “Si può sapere cosa c’è da ridere, cretino ? ! ?”
disse.
Con le lacrime agli
occhi, stavolta per le risate, Oliver disse : “Hai ragione, Patty, sono
proprio un cretino”.
Tutti capirono che lo
diceva con sincerità.
“Mi dispiace, ragazzi,
mi dispiace davvero. Non capisco cosa mi sia successo, forse mi sono montato un
po’ troppo la testa...fatto sta che sono stato un maledetto egoista, non avrei
mai dovuto dirvi tutte quelle...quelle...”
“Stronzate” puntualizzò
Jack.
“...Stronzate, appunto.
Vi siete comportati da buoni amici e io vi ho trattato malissimo. Non merito il
vostro affetto”
“Oh, beh, adesso stiamo
andando un po’ troppo sul patetico !” intervenne Julian mettendo una mano
sulla spalla di Oliver.
“Diciamo che...beh,
anche noi ti chiediamo scusa per i guai che abbiamo combinato, anche se
possiamo assicurarti che non erano proprio intenzionali...e che ti
perdoniamo ! Giusto ragazzi ?”
“Oh yeah !” esclamò
Stephen alzando un braccio. Tutti risero.
“Non avevo dubbi” disse
Oliver mentre i suoi amici lo circondavano per abbracciarlo “E ora forza, i
nostri spettatori ci attendono !”
“Ammesso che sia rimasto
qualcuno !” disse Philip.
Mentre uscivano sulla
ribalta, Oliver fermò un attimo Patty.
“Senti...grazie” le
disse.
“E di cosa ?”
rispose la ragazza, stando un po’ sulle sue.
“Di avermi fatto
rinsavire...se non ci fossi stata tu sarei rimasto solo come un cane !
Certo che da te proprio non me l’aspettavo un intervento del genere !”
“Che ti devo dire...sarò
anche innamorata ma non idiota !” disse Patty arrossendo.
“Comunque che ne dici se
ti presento le mie scuse davanti ad una pizza oggi a pranzo ? Se non
ricordo male sono stato parecchio cafone anche con te !”
“Uhm...stai cercando di
comprare il mio perdono ?”
“Assolutamente no”
“Okay, se offri tu
accetto !”
Entrambi risero, e Patty
pensò che non era mai stata così felice in vita sua.
Quando furono sul
palcoscenico, i ragazzi si accorsero che gli spettatori non se n’erano affatto
andati, anzi, quando videro la compagnia al gran completo applaudirono con
tutta la forza che avevano nelle mani e urlarono a gran voce.
“Paul, sei
grande ! ! !” gridò Sarah, mentre Amy mandò un bacio a Tom ed
entrambi i ragazzi sfoderarono un sorriso a novanta denti.
Qualcuno lanciò sulla
ribalta dei bigliettini per Maddy, piegati come aeroplanini di carta, uno dei
quali si ficcò nei capelli di Lucy.
Philip salutò sua madre,
che non diceva nulla perché stava piangendo dalla commozione.
Perfino Davenport
applaudiva, anche se la sua espressione non era molto convinta.
Gli attori e il loro
regista si presero per mano, emozionatissimi, e fecero un profondo inchino.
Quando si rialzarono, Julian ed Elizabeth si accorsero che si stavano
stringendo la mano a vicenda, ma fecero entrambi finta di niente.
Oliver, invece, vide con
la coda dell’occhio Vinegar fare un cenno verso Jenkins, poi unire pollice e
indice come per dire “OK” e applaudire sorridendo. Il ragazzo pensò che forse
Mark aveva ragione quando parlava del destino. Il destino li aveva pilotati
abilmente verso sentieri che probabilmente non avrebbero mai imboccato : i
giochi delle coppie per Paul e Tom (che tra l’altro era davvero cambiato), la
riscoperta di un’amicizia per Julian ed Elizabeth...perfino la possibilità di
coronare il suo sogno, che ora vedeva concretizzarsi sempre di più nel battito
di mani di Jenkins.
Quando i ragazzi lo
spinsero in avanti a ricevere l’ovazione del pubblico, Oliver ringraziò
mentalmente Davenport per avergli permesso, anche se non lo sapeva, di imparare
quanto, sia nel teatro che nella vita, fosse importante avere fiducia in se
stessi e negli altri e, soprattutto, tenere duro fino alla fine.