Killing Macbeth (ovvero: il teatro non fa per me!)

di Rubysage
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitoli 1-5 ***
Capitolo 2: *** Capitoli 6-10 ***
Capitolo 3: *** Capitoli 11-15 ***
Capitolo 4: *** Capitoli 16-20 ***
Capitolo 5: *** Capitoli 21-25 ***
Capitolo 6: *** Capitoli 26-29 ***
Capitolo 7: *** Capitoli 30-32 ***



Capitolo 1
*** Capitoli 1-5 ***


1. Una sgradita sorpresa

Quella mattina, quando si alzò, Tommy Baker pensò subito che sarebbe stata una splendida giornata. Dalla sua finestra vedeva il parco di Sevenoaks e il ruscello che l’attraversava, calmo e brillante, e la luce del sole dava all’acqua dei bellissimi riflessi dorati che raramente si vedevano. Tommy si affacciò alla finestra e tirò un bel respiro. Anche l’aria stava cambiando ; era sempre fresca e frizzante, come tutte le mattine, ma aveva qualcosa di inesplicabilmente diverso, qualcosa che diceva che stava finalmente arrivando l’estate. E anche gli esami, pensò.

Secondo il calendario mancava poco più di un mese alla fine della scuola, ma questo a Tommy non importava molto. Pur abitando a Sevenoaks da meno di un anno, si era ambientato benissimo e aveva trovato un sacco di amici con cui se la spassava dentro e fuori da scuola.

Ripensò con tenerezza alla sua vecchia casa di Newport, da cui vedeva ogni giorno i pescherecci rientrare nel porto con le reti piene ; gli sembrava di essersene andato da moltissimo tempo, e doveva quasi fare uno sforzo per ricordarsi le facce di quelli che l’avevano circondato fino ad allora. Non era per cattiveria o ingratitudine verso i vecchi amici o i luoghi che l’avevano visto crescere, ma lui era semplicemente fatto così ; lasciava i ricordi dove si trovavano, belli o brutti che fossero. Quando gli capitava di parlare della sua vita in Galles lo faceva con un certo distacco, senza alcun rimpianto. A volte pensava che fosse una fortuna, perché i ricordi sono sempre un po’ tristi ; quelli belli perché non si possono più rivivere, quelli brutti perché spesso ti perseguitano e ti fanno del male. Altre volte, invece, diceva semplicemente che non era un tipo nostalgico, e non ci badava più.

Ora, comunque, si trovava a 500 chilometri di distanza dalla sua vecchia vita, e se ne stava godendo una tutta nuova.

Stette ancora un attimo alla finestra, poi si decise a scendere per la colazione. Dopo aver ingurgitato una tazza di tè e tre toast con la marmellata si vestì, prese lo zaino con i libri, salutò mamma e papà e uscì di casa fischiettando. Sì, era proprio una splendida giornata.

Appena oltrepassato il cancello allargò le braccia e tirò un altro respiro profondo. In quel momento la corriera Rochester-Sevenoaks-Tunbridge Wells gli sfrecciò davanti affumicandolo con il suo gas di scarico. Dopo che ebbe sputato per bene i polmoni a furia di tossire, Tommy si accorse che Oliver Hutton, che lo aspettava tutte le mattine, lo stava chiamando dall’altra parte della strada. “Tom, muovi le chiappe, siamo in ritardo !” gridò, agitando le braccia. Tommy guardò l’orologio : “Porca puzzola !” esclamò, “Le otto meno cinque !”.

Cercando di battere il record mondiale sugli 800 piani, i due amici riuscirono ad entrare in classe pochi secondi prima che suonasse la campanella. Cominciamo bene, pensò Tommy.

In effetti la giornata si rivelò tutt’altro che buona : scoprì di aver lasciato chissà dove il suo quaderno di matematica, fu interrogato in latino e in storia e, in mensa, rovesciò il bicchiere del succo di frutta in parte sulle sue polpette, rendendole ancora più immangiabili di quanto già non fossero, e in parte sul dessert di Jack Morris, che non ebbe il coraggio di insultare l’amico vedendo lo stato di prostrazione in cui era ridotto. Tom ripensò a ciò che aveva detto quella mattina e si diede del cretino. “Coraggio”, disse tra sè e sè “ancora due ore ed è finita !” .

Invece non era affatto finita : mezz’ora prima del termine della lezione di letteratura il preside, professor Davenport, entrò in classe annunciando che, quell’anno, sarebbe toccato alla terza B mettere in scena la recita di fine anno.

“Quale recita ? ! ?” sussurrò allarmato Tommy al suo compagno di banco Philip Callaghan mentre il preside parlava con il professor Vinegar.

“Davenport è fissato con Shakespeare” rispose Philip. “Siccome è nel programma di terza, ha deciso che, ogni anno, una classe deve inscenare una sua opera.”

“Ma è fuori di testa !” disse Tommy, impallidendo. “E’ più facile imparare a memoria l’elenco del telefono di Londra che un monologo shakespeariano ! Figuriamoci poi un’intera commedia !”

“Questo è il bello” intervenne Jack dalla fila dietro. “E’ lui che scrive gli adattamenti. Sistema qualche battuta qua e là, taglia un po’ di parti... solo che, con il talento che si ritrova, è capace di trasformare il Re Lear nei Tre Porcellini !”

“L’anno scorso hanno dovuto fare l’Amleto” disse Julian Ross “e non ti dico com’è andata ! Si sono dati quasi tutti malati...a proposito, sapete chi ha dovuto interpretare Polonio ? Cynthia MacLean !”

“Cynthia ? ! ? Era proprio lei ? ! ?” esclamò Philip sottovoce. “Quella che ha due...ehm, non so se mi spiego...”

“Ti sei spiegato benissimo” disse Julian sogghignando. “La vedete con la barba e una gran panza a fare la parte di un vecchio ? Beh, nella scena in cui Amleto fa fuori Polonio ha lanciato uno strillo... Penso che a Davenport sia caduta la metà di quei pochi capelli che gli erano rimasti !”. E noi completeremo l’opera, pensò Tommy con amarezza.

“Ehm ehm” li zittì Vinegar. “Il prof. Davenport mi ha appena comunicato di aver stabilito le parti della tragedia, che quest’anno sarà Macbeth”. Sguardi interrogativi e un po’ seccati girarono tra i ragazzi. Macbeth, questo sconosciuto... Tommy cominciò veramente ad innervosirsi.

“Le parti in questione” continuò Davenport camminando su e giù per l’aula con le mani dietro la schiena, “non possono assolutamente essere cambiate, e la frequenza, tanto alle prove quanto alla rappresentazione finale, è obbligatoria, pena due punti in meno sul voto di letteratura. Questo per evitare l’assenteismo che si è verificato lo scorso anno, a causa del quale (orrore !) una ragazza fu costretta ad interpretare Polonio...”

Philip e Julian si guardarono e sorrisero, pensando alle “doti naturali” di Cynthia MacLean.

“Ora il prof. Vinegar vi elencherà le parti” proseguì il preside, “dopodichè vi distribuirà i copioni, liberamente adattati da me medesimo.” Qualcuno fece una risatina, subito zittita dallo sguardo infuocato di Davenport. “Per quanto riguarda i costumi e le scenografie, potete usare quelli dell’anno scorso (che sono gli stessi di vent’anni fa, pensò Jack). Per eventuali delucidazioni, potete trovarmi nel mio ufficio il lunedì fino alle 10.30, il mercoledì dalle 9.30 alle 12.30 e il giovedì dalle 13.00 alle 16.00 (praticamente mai, pensò Julian). Le uniche assenze giustificabili sono quelle dovute a decesso. Il vostro, naturalmente. Avete un mese di tempo a partire da ora. Buon lavoro.” Si girò sui tacchi e uscì senza chiudere la porta.

“Fregati”, disse Philip a Tommy. “Fregati sì ! Io prego solo di non dover fare niente di impegnativo...anzi, di non dover fare proprio niente !”. “Quello piacerebbe a tutti” disse Julian sospirando. “Non mi sono spiegato...io ho il terrore del palco ! Quando ero alle elementari, dovevo fare il lupo cattivo in ‘Cappuccetto Rosso’ (proprio io, mi ci vedete ?). Quando toccò a me ero talmente spaventato che mi dimenticai tutte le battute e scoppiai a piangere ! Ma l’avete mai visto il lupo cattivo che piange ? Che figura, ridevano tutti ! E se mi sono emozionato così con Cappuccetto Rosso, figuratevi con Macbeth ! No, no, il teatro non fa per me !”.

“Vorrei dirvi due paroline a proposito di questa recita, ragazzi” disse il prof. Vinegar dopo aver terminato di sfogliare i copioni e chiuso la porta dell’aula. “Macbeth non è un’opera facile da mettere in scena, soprattutto perché non l’abbiamo svolta nel programma (ma vah ? Pensò Julian). Tuttavia, dando un’ occhiata alle riduzioni (anche troppo ridotte) del prof. Davenport, ho notato che risulta abbastanza comprensibile, per cui non dovreste avere dei grossi problemi”. Lo dice lui, pensò Tommy, sempre più nervoso. “Purtroppo, come dicevo prima al preside, non potrò aiutarvi molto, perché la prossima settimana dovrò partire per un giro di conferenze su William Golding, e starò via per un mesetto. Così io e il prof. Davenport abbiamo deciso di eleggere un ‘regista’ che dovrà coordinare tutta la rappresentazione. Il fortunato è Hutton”. Tutti si voltarono a guardare Oliver, che aveva spalancato la bocca dalla sorpresa. “I...io ? Ma...non capisco...perché ? ! ?” esclamò, non molto felice, il ragazzo.

“Beh” disse Vinegar “perché sappiamo tutti che in letteratura sei abbastanza ferrato... e che ti interessi molto di teatro, ecco perché.”. Era vero, se c’era un campo in cui Oliver era imbattibile era proprio quello. Aveva letto più libri lui di tutti i suoi compagni messi insieme, e la poltrona numero 34 della piccola “Carter Hall” di Sevenoaks avrebbe portato per diversi anni a venire la gloriosa impronta del suo sedere. Inoltre, ogni tanto, si dilettava a scrivere racconti che, però, leggeva solo ai suoi amici. Ma quello era tutta un’altra cosa...

“Un momento ! Un conto è interessarsi di teatro, un altro è fare il regista ! Io non so un tubo dei dettagli tecnici di queste cose,combinerei solo un disastro...”.

“Ascolta, Hutton” lo interruppe Vinegar, “Il vero disastro sarebbe lasciare che ognuno faccia a modo suo. C’è bisogno che qualcuno tenga le redini della situazione, che faccia un po’ di ordine... e l’unica persona disponibile sei tu !”.

“Dai, Ollie, sarà divertente !” lo incoraggiò Stephen Mallory. Gli altri gli sorrisero fiduciosi. Ma né loro né Oliver sapevano ancora cosa li aspettava...

“Oh, beh, ecco...e va bene , farò il regista !” disse infine il ragazzo. “Beh, non hai una gran possibilità di scelta” disse, ridendo, Vinegar “Ricordati che le regole di Davenport valgono anche per te... Ma ora basta perder tempo, devo assegnarvi le parti !”.

Quando il prof. Vinegar prese in mano l’elenco, Tommy cominciò a tremare. Era già nervoso di carattere, ma in queste situazioni peggiorava.

“Price sarà re Duncan ; Ross e Morris saranno rispettivamente i principi Malcolm e Donalbain”. Benjamin Price si gonfiò d’orgoglio, mentre Julian e Jack si guardarono un po’ dubbiosi, sperando che la loro parte fosse la più breve possibile.

“Landers sarà MacDuff, Diamond sarà Banquo e Callaghan sarà Fleance. Le tre streghe saranno interpretate da Gatsby, Anderson e Greene”. Julian ridacchiò sotto i baffi e sussurrò ad Elizabeth Anderson, l’eterna nemica-amica : “Non poteva andare diversamente, vero, carissima ?”. “Se non la pianti ti faccio diventare un rospaccio” gli rispose la ragazza, secca “e poi voglio vedere chi ti bacerà per farti tornare normale !”. Tutte le ragazze della scuola tranne lei, pensò Stephen, che aveva sentito il battibecco tra i due. Effettivamente Julian era un gran bel pezzo di ragazzo (anche se era molto semplice e non si dava mai delle arie) e il suo accento nordirlandese esercitava una certa attrazione su parecchie fanciulle...ed anche ad Elizabeth, malgrado facesse tanto la dura, a volte brillavano gli occhi quando lui le sorrideva. Stephen lo invidiava parecchio, anche se lui aveva una ragazza già da un anno e Julian era ancora libero come l’aria...ma avrebbe potuto averne quante ne voleva ! Ah, l’erba del vicino !

“Mallory sarà il medico, Harper sarà Seyward...” . Vinegar continuava ad assegnare le parti e Tommy si era già mangiato le unghie di entrambe le mani tanto era nervoso. Ti prego, lasciami fuori, pregava.

“Infine, Stewart sarà Lady Macbeth”. Esclamazioni di stupore attraversarono le bocche dei maschietti della terza B. Madeleine Stewart era una delle ragazze più ambite della scuola ; biondissima, altissima, bellissima, con due occhi verdi che ti pietrificavano al primo sguardo. Si capisce che, in quel momento, tutti i ragazzi avrebbero voluto essere Macbeth. Tutti tranne uno...

“Macbeth, invece” continuò Vinegar, “sarà interpretato da Thomas Baker.”

Si udì un tonfo, e tutti sussultarono. “Cos’è successo ?” chiese Vinegar, preoccupato.

“Niente, signore, niente” rispose Philip facendo aria sul corpo privo di sensi di Tommy, disteso sul pavimento. “Macbeth dev’essere svenuto per la contentezza.”.

2. Tom non ci sta

Trenta secondi dopo la fine della lezione, Tommy si era già fiondato nell’ufficio del preside, il quale era visibilmente seccato visto che quella visita inattesa e inopportuna proprio alla fine della giornata di lavoro gli avrebbe impedito di tornarsene a casa puntuale per il tè. Non fece in tempo a chiedere al ragazzo cosa non andava che questo gli urlò in faccia : “Io non posso essere Macbeth !”. Davenport era rimasto sorpreso dal tono che Tommy aveva usato, ma non riuscì a rispondergli di essere più educato con un suo superiore perché il ragazzo lo sopraffece di nuovo. “Non so recitare, gli spettatori mi mandano nel pallone...e...e poi...oh, insomma, mi ci vede ad interpretare la parte del perfido assassino, infido e vigliacco traditore ? Io sono di indole timida, buona e gentile, per la miseria ! ! !” e diede una gran manata sulla scrivania del preside, tanto che questo sobbalzò dalla sedia e la foto della signora Davenport cadde a faccia in giù.

“Mi scusi” disse Tommy, accortosi di avere esagerato, “Il fatto è che questa situazione mi stressa parecchio...”.

“L’ho notato” rispose il preside, piuttosto intimorito dalla spropositata reazione di Tommy. Meglio trattarlo con cautela, con tutti i pazzi che c’erano in giro non si poteva mai sapere...

“Ascolta, ragazzo” disse, unendo le punte delle dita all’altezza della bocca. “A parte il fatto che non hai capito molto del tuo personaggio, e sicuramente più avanti te ne accorgerai, devi sapere una cosa. Quando andavo al liceo, nella mia classe eravamo tutti maschi. Così mi è toccato, per due anni di fila, interpretare Lady Windermere...sai, quella commedia di Oscar Wilde... E tu ci vedi il sottoscritto in vesti femminili ? Guarda che non ero molto diverso da come sono adesso !”.

Il tipico trauma adolescenziale, pensò Tom. Ha dovuto subire per due anni e adesso si vendica su di noi. Poi sogghignò immaginando quell’ometto grassoccio e calvo, con dita enormi, vestito e truccato da donna. Davenport se ne accorse e lo guardò un po’ storto, facendolo arrossire. “E’ stata una sofferenza, credimi ! Soprattutto quella maledetta pancera e le scarpe col tacco... Però mi ha dato delle grosse soddisfazioni !”. Ma quali ?, pensò Tom. Farsi prendere in giro da tutta la scuola ? Sentirsi dire ‘Ciao cara, ieri sei stata fantastica’ e via discorrendo ? In effetti Davenport non sembrava particolarmente convinto delle sue parole, perché cambiò bruscamente discorso dopo una brevissima pausa.

“Comunque” disse, “ci sono migliaia di attori che interpretano personaggi con un carattere completamente diverso dal loro, e non per questo lavorano male ! Credi forse che Jack Nicholson sia un pazzo furioso che va in giro con un’ascia a fare a pezzi la gente ? O che James Cagney si divertisse a congedare i suoi amici a colpi di mitraglia ?”

“Ha ragione, ma...”

“Certo che ho ragione. E poi non devi mica recitare davanti alla Regina Madre ! Nessuno è mai finito sulla strada per una stupida recita scolastica. Al massimo ti rideranno alle spalle per qualche giorno, poi tutti si dimenticheranno di te.” Benissimo, pensò Tommy, come sa tirarti su il morale lui non ci riesce nessuno.

“Vedrai che quando sarai sul palco sparirà tutto e resterà solo Macbeth, che tu dovrai far vivere a modo tuo. Inoltre ricorda che lui è un personaggio estremamente complesso dal punto di vista psicologico : sono sicuro che piano piano riuscirai ad apprezzarlo e a calarti perfettamente nella sua parte. Poi, se vuoi che ti faccia il solito discorso su come recitare aiuti a temprare il carattere e ad essere più sicuri di se stessi...”.

“Lasci perdere, ho capito” tagliò corto Tommy, rassegnato. “Per farla breve mi tocca tenermi la mia parte e così sia, giusto ? Beh, vorrà dire che alla prima (ed ultima, se mi consente la battuta !) mi porterò una cesta abbastanza grande da contenere tutta la verdura che mi tireranno addosso ! E, se finirà come prevedo, mangerò minestrone per un mese...” e uscì, senza salutare.

Il preside tirò un grosso sospiro, ma non di sollievo. Sarebbe stato un altro disastro ; la cosa migliore da fare era tenersi il più possibile fuori dalla faccenda, magari dandosi malato...

3. Beata ignoranza

“Allora ? Che ti ha detto ?” disse Oliver andando incontro a Tommy nel corridoio.

“Secondo te ?” rispose Tom, senza alzare lo sguardo.

“Beh, a giudicare dalla tua faccia direi che ti ha fregato per benino...”.

“Wow, che intuito formidabile ! Qui l’unica soluzione è la fuga. E’ meglio la Terra del Fuoco o l’isola di Sant’Elena ? Ma che cavolo dico, non ho neanche i soldi per andare a Rochester in autobus...” disse Tommy sconsolato.

“Senti, non farla così tragica” disse Oliver. “In qualche modo te la caverai...e poi io credo di essere messo peggio di te ! La compagnia è sgangherata al massimo e io non so da che parte cominciare...almeno tu hai Maddy che fa Lady Macbeth !”. Entrambi sospirarono e dissero, all’unisono : “Che gnocca !”.

“A proposito” disse Oliver “Ce l’hai un’oretta libera, adesso ? Ho riunito tutti i ragazzi nell’Auditorium, almeno cercheremo di organizzarci un po’...”.

Quando i due entrarono, nell’Auditorium c’era un gran fracasso. Julian si era messo al pianoforte (che era lì da anni ed era stato usato sì e no tre volte) e stava suonando una vivacissima ‘Great balls of fire’ colpendo ogni tanto la tastiera con i gomiti, e tutti gli altri erano saliti sul palco cantando e ballando. Jack aveva lanciato in aria Elizabeth, ma non era riuscito a riprenderla e la ragazza gli era atterrata addosso facendolo cadere dalla ribalta.

“Hey ragazzi, ascoltatemi un attimo...per favore...ragazzi ! RAGAZZI ! ! !” urlò Oliver con tutto il fiato che aveva in gola, ma nessuno lo sentì. Intanto Maddy aveva trascinato Tommy (tutt’altro che riluttante) sul palco, e si era lanciata in un balletto scatenato con il suo cavaliere. Oliver, rimasto praticamente solo, perse del tutto le staffe. Andò al pianoforte e chiuse il pesantissimo copritastiera di mogano direttamente sulle dita di Julian, che balzò in piedi lanciando un urlo disumano.

“Volete starmi ad ascoltare almeno per cinque minuti ? ! ?”.

Tutti si bloccarono all’istante e, ammutoliti, guardarono verso Oliver. Tutti tranne Julian, che continuava a saltellare e gemere per il dolore, stringendosi le dita gonfie e arrossate, ma senza osare lamentarsi per l’accaduto. Aveva capito, come gli altri, che Oliver, quando si arrabbiava, faceva sul serio.

“Scusate se vi ho interrotto sul più bello, ma avrei due paroline da dirvi !” continuò in tono sarcastico. Nessuno fiatò.

“Dal momento che dovremo farci un mazzo così per mettere in scena questo cavolo di tragedia (che, se andrà come prevedo, sarà davvero una tragedia), sarebbe meglio sistemare subito qualche piccola questione, così potremo lavorare con più tranquillità, o almeno spero ! Punto primo : anche se non l’abbiamo studiata, conoscete comunque la trama di ‘Macbeth’ ?”. Silenzio di tomba.

“...così, anche a grandi linee ?”. Niente da fare. I ragazzi si guardarono l’un l’altro, dubbiosi, borbottando qualcosa di incomprensibile. Oliver, completamente sconsolato, ci riprovò.

“Ma almeno sapete chi è Macbeth ?”.

Dopo un nuovo, breve attimo di silenzio, Stephen alzò timidamente la mano e disse : “Non era quello che vendeva fazzoletti ?”.

“Quello era Otello, imbecille !” rispose Philip, “L’ho visto l’anno scorso alla tivù !”.

“Ah, già ! Non c’era anche Mel Gibson, che faceva finta di essere matto e poi...” disse Paul Diamond.

“No, ti confondi con Amleto. Gran film ! Io ho visto quello con Kenneth Branagh e quella gran gnocca di...”.

“Un attimo, un attimo !” li interruppe Patty Gatsby. “Ma Macbeth non è una donna ?”.

Oliver, a cui già cominciavano a cadere le braccia, non poteva credere alle proprie orecchie. Una donna ? Ebbe solo il coraggio di rispondere :”No...cioè...c’è Macbeth... poi c’è Lady Macbeth, che...” .

“Ma guarda !” disse Patty cadendo dalle nuvole. “Ero convinta che ‘Macbeth’ fosse il diminutivo di ‘MacElizabeth’...”.

“Per la miseria, Patty !” sbottò Julian, “Dove diavolo eri quando Vinegar ha distribuito le parti ? ! ?”.

“In bagno, dove volevi che fossi ? Anzi, non ho ancora capito cosa devo fare...”.

Dopo quegli interventi, Oliver dovette soccombere alla dura evidenza : nessuno sapeva di cosa si stesse parlando. Facendosi coraggio, riprese la parola.

“Okay, ho capito...sarà bene fare un piccolo ‘corso di recupero accelerato’ ! Forza, venite tutti qua intorno al nonno Ollie !”. Tutti si sedettero in cerchio attorno ad Oliver, che in quel momento si sentì davvero come un nonnino che racconta le favole ai nipoti davanti al focolare.

“Allora” esordì. “La nostra storia inizia in Scozia...”.

“Dove, esattamente ?” lo interruppe Philip.

“Boh, esattamente non saprei, non ricordo...”.

“E quando ?” disse Stephen.

“Quando cosa ?”

“Quando si svolge la faccenda....cioè, in che periodo ?”.

“Mah, più o meno nel 1000, 1100...”

“In estate o inverno ?” esordì Lucy Greene che, evidentemente, non aveva altro da dire.

“E che cavolo te ne frega ? ! ?” sbottò Oliver, il quale non ne poteva già più.

“Beh...insomma...per i costumi...”.

“Ma se ci tocca usare quelli dell’anno scorso ? ! ? E’ già tanto se non sono di cartapesta ! ! !”.

“Va bene, va bene, scusa, continua.”.

Oliver, alquanto spazientito, proseguì. “Dicevo che siamo in Scozia (dove non lo so, quindi non seccatemi) e il nostro Macbeth sta tornando da una battaglia in cui si è distinto...”.

“Che batt...” disse Mark Landers, ma Julian gli tappò la bocca prima che potesse terminare la frase. Oliver lo incenerì con un’occhiata e riprese.

“...dove si è distinto per il suo valore, insieme al barone Banquo. Ad un tratto, per strada, incontra tre streghe.”. Julian si voltò verso Elizabeth, sogghignando. Lei fece finta di niente.

“Queste streghe, per farla breve, gli predicono che sarebbe diventato prima barone di Cawdor, poi re di Scozia, ma i suoi figli non lo sarebbero mai stati, e invece dicono a Banquo il contrario. Avete capito ?”.

“No” disse Julian. “Riassumendo : Macbeth diventa re ma i suoi figli no, e Banquo non diventa re ma i suoi figli sì, giusto ?”.

“E’ esattamente quello che intendevo” disse Oliver, chiedendosi il perché dell’interruzione, se l’amico aveva compreso perfettamente il discorso.

“Fantastico ! Ci siamo. Continua.” disse Julian, con, dipinta sul viso, un’espressione del tipo quanto-sono-intelligente-io.

“Allora Banquo adotta i figli di Macbeth, giusto ?” disse Stephen che moriva dalla voglia di sapere come andava a finire la storia.

Oliver si portò una mano alla fronte, sperando che la terra si aprisse e inghiottisse tutti, così l’avrebbe fatta finita senza soffrire. “Deduzione sbagliata, Sherlock” disse. “E ora fatemi la grazia di ascoltare, così ce la sbrigheremo in fretta e torneremo tutti a casa prima di cena.” Qui si bloccò e alzò di scatto la testa. “Cosa stavo dicendo ?”.

“I figli”.

“Quali figli ? Ah, sì, i figli. Allora, quando torna al castello, scopre che il re...”.

“Che sono io”, disse Benjamin Price tutto contento.

“...che, fra l’altro, lo adora, lo ha già nominato barone di Cawdor. Per appagare la sua cupidigia, decide, su consiglio della perfida Lady Macbeth, di far fuori il re (qui Benjamin borbottò che non era affatto giusto troncare così la sua carriera di attore, ma, per fortuna, Oliver non lo sentì), sperando di far avverare del tutto la profezia. Infatti i figli del re, Malcolm e Donalbain, fuggono dal paese.”.

“Bingo !” dissero Julian-Malcolm e Jack-Donalbain battendosi un cinque “Eccoci fuori dai piedi !”.

“Quindi, siccome gli eredi si sono defilati, Macbeth sale al trono, ma, per mettersi al sicuro, decide di accoppare anche Banquo e suo figlio Fleance. Banquo muore, ma Fleance riesce a scappare...”.

“...e non torna più, spero !” disse Philip-Fleance.

“No, tranquillo, non si fa più vedere. Però Banquo torna...”.

“E come fa a tornare, se è morto ? ! ?” lo interruppe Paul-Banquo.

“E’ il suo fantasma che torna, anche se lo vede solo Macbeth. Lo spettro gli ricorda la sua colpa..."”

”La colpa di chi ?”.

“Di Macbeth.”.

“Ah.”.

“Posso continuare ?”.

“Prego.”.

“Grr...azie” mugugnò Oliver. “Dopodichè...beh, adesso non ricordo bene cosa succede, comunque tutti gli altri baroni si accorgono che Macbeth è un cattivone e lo abbandonano. Lui, per rassicurarsi, torna ad ‘intervistare’ le tre streghe...”. “E tu te ne stai zitto, altrimenti ti faccio ingoiare la dentiera !” sbottò Elizabeth rivolgendosi a Julian, che sobbalzò.

“Ma che cacchio vuoi ? ! ? Non ho neanche fiatato ! ! !” esclamò il ragazzo, voltandosi di scatto.

“No, ma non dire che non l’hai pensato !”.

“E cosa avrei pensato, di grazia ?”.

“Sicuramente ad una delle tue solite idiozie, visto che non sai dire altro !”.

“Ah, beh, se proprio vuoi dire che io parlo a sproposito allora ti ricordo che...”.

“...che il principe svegliò Lady Macbeth con un bacio, mandarono al diavolo Macbeth e soci e vissero tutti felici e contenti !” concluse Oliver, cercando di riattirare verso di sé l’attenzione dei ragazzi, che ora era rivolta verso i due litiganti.

“Ti prego, dimmi che stai parlando di Donalbain !” disse Jack, gongolando.

“Cosa c’entra Donalbain adesso !” urlò esaperato Oliver.

“Stai parlando di baciare Lady Macbeth, no ?”.

“No, se è questo che ti interessa ! Volevo solo che mi ascoltaste un attimo...”.

“Ti pareva” disse, deluso, Jack. “Per una volta che posso limonare a dovere con Maddy...”.

“Ti è andata bene, perché ti avrei staccato la lingua a morsi” disse Maddy, disgustata.

“Ma perché non mi lasciate finire ? ! ?” disse Oliver, sul punto di scoppiare in lacrime. “Che cosa ho fatto di male ? ! ?”.

Ad un tratto, incredibilmente, venne detta l’unica cosa intelligente della giornata.

“Senti, Ollie” disse Tommy, che se n’era stato zitto per tutto il tempo “Perché non ci lasci semplicemente leggere i copioni, così forse ci capiamo qualcosa di più, e poi ce ne andiamo tutti a casa ? Se avremo dei problemi te ne parleremo...”.

“Ottima idea” rispose Philip “anche perché alle cinque comincia ‘Eastenders’ e rischio di perdermelo anche stavolta. Ciao a tutti”. Si alzò e se ne andò. Oliver era impietrito.

“Beh, allora ci vediamo” disse Jack uscendo. “In effetti è inutile che ce ne stiamo qui come dei babbei. Stasera diamo un’occhiata ai capolavori di Davenport e domani ne riparliamo.”.

Oliver non fece in tempo ad aprire bocca che tutti si erano salutati ed avevano infilato la porta. Tutti tranne Mark, che era ancora seduto e stava fissando l’amico come un ebete.

“E tu che cavolo ci fai ancora qui ? ! ?” sbottò Oliver.

“Come, cosa faccio ? Voglio sapere almeno come va a finire !” rispose Mark.

“E come vuoi che finisca ? Che il cattivo muore !” . Si alzò e si diresse verso la porta infuriato come un caprone. Ma, prima di uscire, si voltò e disse a Mark, che era rimasto lì un po’ interdetto : “E, se proprio ti interessa, lo fai secco tu !”. E se ne andò definitivamente, pensando che forse Mark sarebbe stato orgoglioso del suo importante ruolo, ma Tommy, vista la sua fine ingloriosa, lo sarebbe stato un po’ meno.

4. Tom ci ripensa

In effetti Tommy non era per niente contento. Gli toccava fare il cattivo e non solo non ne era capace, ma non ne aveva neppure voglia. Andò in bagno e si guardò allo specchio : no, i panni di Macbeth non gli calzavano affatto, non sarebbe mai stato credibile.

Eppure si accorse che qualcosa, in fondo in fondo, lo sollucherava ; davanti allo specchio assunse diversi atteggiamenti ed iniziò ad osservarsi. Non era un brutto ragazzo :certo, non aveva il fascino di Julian, che mieteva vittime ovunque, ma non era affatto da buttar via. Aveva dei begli occhi castani, che assumevano riflessi verdi quando c’era molto sole, e un grazioso nasino alla francese, ereditato da sua madre. Beh, sì, era piccoletto e aveva le gambe storte, ma non erano particolari fondamentali. A dir la verità stava anche mettendo su un po’ di pancetta...ma per questo bastava ricominciare a giocare a basket. “Tanto più che le ragazze amano gli sportivi”, pensò.

Già, le ragazze ; quante sarebbero state presenti alla recita ? Praticamente tutte quelle della scuola. Quindi anche Amy Ross, la sorellina di Julian, per cui lui aveva sempre avuto un debole. E il primo attore, si sa, fa sempre colpo.

Piano piano, Tommy cominciò a gradire l’idea di un ruolo così importante. Se se la fosse cavata bene avrebbe potuto prenderci gusto e interpretare parti più impegnative. Irrimediabilmente, nel cervello del ragazzo la paura del palcoscenico fu scalzata dall’idea del successo, del denaro e delle donne, fino a cancellargli il pensiero che,se avesse anche solo sbagliato una battuta, sarebbe stato flagellato dal preside e deriso dagli altri studenti fino al diploma...ma, tutto sommato, per Tommy era meglio così.

5. Benji ha un’idea

Quella stessa notte Oliver fu svegliato dallo squillo del telefono, che lo aveva fatto sobbalzare dal letto. Senza accendere la luce, raggiunse a tastoni l’apparecchio che teneva sul comodino e sollevò la cornetta.

“Pro...pronto ?” bofonchiò con la voce impastata. La voce di Benjamin, alias re Duncan,risuonò dall’altro capo del filo.

“Pronto ? Ollie ? Non sento niente ! Ollie ?”. Oliver si accorse che stava tenendo la cornetta al contrario e la raddrizzò, ma si pentì subito di averlo fatto.

“Benji...che cavolo vuoi a quest’ora ? E’ successo qualcosa ?...” borbottò Oliver mettendosi a sedere sul letto.

“Perché, è tardi ? Non dirmi che stavi dormendo ! Non sono nemmeno le undici e mezza !”.

“A parte il fatto che il giovedì notte non ci sono molte cose da fare, i miei sono già a letto da due ore. Almeno, se non si sono ancora alzati per scannarmi, vuol dire che dormono sodo...”.

“Oh, beh, scusa. Il fatto è che ho appena finito di leggere il copione della recita...”.

“Quale recita ? Ah, già, quella.”. Tasto molto dolente. Oliver aveva letto sì e no quattro pagine del copione e ne era rimasto leggermente disgustato. “Hai qualche problema con la parte ?” domandò.

“Beh, no, cioè...insomma, il mio ruolo mi sembra un po’...” balbettò Benji.

“Un po’ cosa ?” disse Oliver, spazientito.

“Un po’...corto, ecco. Ridotto. Insomma, arrivo per ultimo e muoio prima della fine del primo atto ! Dirò forse una decina di battute e non posso nemmeno fare un bel discorso prima di farmi ammazzare...” .

“E hai anche il coraggio di lamentarti ? ! ? C’è chi pagherebbe oro per avere una parte come la tua...non posso credere che per te sia un problema !”.

“Il problema è che faccio una fine troppo stupida”. Stupida ?, pensò Oliver. Benji si è bevuto il cervello con i suoi sogni di gloria. “Saluto tutti, esco di scena e poi qualcuno salta fuori e dice che hanno assassinato il re...”.

“Se la faccenda non ti piace, puoi sempre chiedere al Grande Bardo di cambiare qualcosina...conosco un’eccellente spiritista...” disse Oliver, sarcastico.

“Non dire fesserie, Ollie. Piuttosto, ho pensato ad una piccola variante davvero geniale.” Mio Dio, pensò Oliver alzando gli occhi al soffitto. Sentiamo l’idiozia del secolo.

“Macbeth entra in camera mia per uccidermi” continuò Benjamin. “Io, che avevo sospettato il tradimento, fingo di dormire, e quando lui si avvicina al mio letto con il pugnale in mano, mi alzo, prendo una spada (che per cautela avevo messo sotto il cuscino) e cominciamo a duellare... Alla fine mi fa fuori lo stesso, ma vuoi mettere l’effetto, eh Ollie ?...Ollie ? Pronto ? Ci sei ancora ?”.

Oliver aveva riagganciato, staccato la spina del telefono (per cautela, come aveva detto Benji) e si era cacciato sotto le coperte ringraziando il cielo che quella pazzesca giornata fosse finita.

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Capitolo 2
*** Capitoli 6-10 ***


6

6. Fuoco alle polveri

 

 

Il pomeriggio successivo, i ragazzi si ritrovarono nell’Auditorium per cominciare le prove. Quando Tommy arrivò era davvero galvanizzato ; corse da Oliver e gli disse : “Ce la farò, vedrai ! Ci ho pensato parecchio e sono convinto che andrà tutto bene ! In fondo non è mica la fine del mondo, no ? Sarà uno spasso...e io sarò il miglior Macbeth che tu abbia mai visto calcare la scena !” e portò, con un gesto molto solenne, il braccio destro verso la spalla sinistra, come per coprirsi con un immaginario mantello. Nel vedere l’amico così entusiasta, Oliver tirò un sospiro di sollievo. Chissà, magari non sarebbe stato proprio un disastro...

“Forza, compagnia, al lavoro !” disse Oliver battendo le mani. “Tanto per cominciare, diamo un’occhiata alle attrezzature.”.

“A quelle abbiamo già pensato noi” disse Philip, uscendo con Julian da una specie di magazzino la cui porta si apriva ad un lato del palco. Julian teneva in mano una giubba di tela, una cintura in similplastica e una calzamaglia di lana rosa carne. “Mi rifiuto di indossare questa robaccia” disse, con aria schifata. “E’ divorata dalle tarme e ciononostante ha il coraggio di puzzare di naftalina !”.

“Non credo sia il momento di fare lo schizzinoso, Julian” disse Oliver. “Purtroppo dobbiamo accontentarci di quello che passa il convento.”

“Schizzinoso ? Va’ a dare un’occhiata al ciarpame che c’è lì dentro e fammi sapere ! Non so come si faccia a chiamarli ‘costumi’ e ‘scenografia’ !” ribattè Julian indicando la porta da cui era uscito.

Oliver, tanto per tener buoni i ragazzi, tra i quali cominciavano a girare voci di protesta, entrò nel magazzino seguito da Tom, Maddy, Mark e Paul. Appena mise un piede al di là della porta, un tremendo odore di muffa gli chiuse la gola. “Che schifo !” disse Mark tappandosi il naso. “Ma da quanti secoli non arieggiano qua dentro ?”.

Oliver e gli altri si guardarono intorno con aria delusa. Maddy sollevò il lembo di un vestito che si trovava per metà fuori da uno scatolone ; un grosso scarafaggio uscì da sotto la stoffa e scappò verso un angolo della stanza in cui erano ammassate altre scatole. La ragazza lanciò uno strillo e fece un balzo indietro finendo addosso a Paul, che perse l’equilibrio e si aggrappò ad un appendiabiti zeppo di ragnatele.

Maddy, ancora terrorizzata dalla vista dell’insetto, scappò fuori dal magazzino. Quando tutti ne furono usciti, disse :”Non vorranno davvero farci usare quella roba senza nemmeno disinfettarla !”.

“Ci vorrebbe il napalm per disinfettare tutto, tesoro” disse Jack.

“E alla disinfestazione non ci pensi ? Ci sarà almeno un condominio di blatte, là dentro !” aggiunse Paul pulendosi i vestiti dalle ragnatele.

“No, no e poi no !” strillò Maddy pestando i piedi come una bambina capricciosa. “Non indosserò mai quei luridissimi costumi...piuttosto me ne cucio uno da sola, ma quegli...stracci puzzolenti non li voglio neanche vedere !”.

“Non so se lo volete sapere, ragazzi, ma le scenografie sono messe anche peggio !” disse Philip. “Abbiamo a disposizione un paio d’alberi di cartone, un solo sfondo e la terrazza di un castello che sembra fatto con le cassette della frutta !”.

Oliver era sempre più avvilito. Facendosi coraggio, disse. “E va bene, vorrà dire che ci rimboccheremo le maniche e sistemeremo le cose da noi. Con un po’ di collaborazione dovremmo riuscire a fare tutto in tempo. Mentre alcuni provano, gli altri sbrigheranno i lavori manuali. Ai costumi penseranno le ragazze, ammesso che sappiano tenere un ago in mano...”.

Elizabeth, seccatissima, replicò : “Ma chi ti credi di essere, stupido maschilista che non sei altro ? Non sai nemmeno attaccarti un bottone e pretendi di criticarci ! Per tua norma e regola io ho imparato a cucire quando avevo dieci anni, perché, si sa, ‘queste sono cose da femmine’ ! Vedrai cosa saremo capaci di fare noi ! Vedete voi,piuttosto, di non fracassarvi le dita a martellate, imbranati come siete !”.

Oliver era basito. Non riuscì a ribattere che stava solo scherzando, che Julian prese il sopravvento e spiattellò in faccia alla ragazza : “Per la miseria, Beth, piantala di fare l’isterica ! Si può sapere perché te la prendi tanto per una battuta ? Hai la coda di paglia ? Forse la schiava personale della signorina Elizabeth Laura Anderson è scappata dalla disperazione e ti è toccato imparare ad allacciarti le scarpe da sola ?”.

“...ti ammazzo, Julian Ross !” strillò Elizabeth avventandosi contro il ragazzo. Cercò di tirargli un sonoro ceffone, ma Julian, che aveva i riflessi pronti, si abbassò e la ragazza beccò in piena faccia Paul, che era accorso per dividerli. “Scusami, Paul !” esclamò Elizabeth, mortificata. “Paul, ti sei fatto male ?” disse Julian aiutando l’amico a rialzarsi.

“Così imparo a farmi i fatti miei” bofonchiò il povero Paul premendosi una mano sulla guancia gonfia e asciugandosi un rivoletto di sangue che gli colava dal naso.

“Brava, sei contenta ? ! ?” gridò Julian. “Gli hai quasi spaccato la faccia ! L’ ho sempre detto che sei un pericolo pubblico !”.

“Non è colpa mia, idiota ! Se tu non ti fossi mosso...”

“Certo, cosa dovevo fare ? Starmene impalato e dirti ‘Forza, cara, colpisci duro...’” disse Julian allargando le braccia.

Non l’avesse mai fatto. Senza che lui se ne rendesse conto, Elizabeth prese la rincorsa e gli assestò un diretto nell’occhio sinistro. Il ragazzo barcollò un attimo, poi cadde steso sul pavimento, a pancia in su. Tutti guardarono esterrefatti Beth, che non riusciva a credere di aver colpito Julian e si stava fissando attonita il pugno. Quando alzò lo sguardo verso i compagni, tutti fecero un passo indietro, terrorizzati. La ragazza si inginocchiò accanto al corpo ormai privo di sensi di Julian e si mise a piangere. “Perdonami, Jules, non volevo, è stato uno scatto di nervi...per favore, tirati su...dai, tirati su... Jules !”.

Oliver le si avvicinò e disse : “E’ meglio se lo lasci stare... magari tamponagli un po’ l’occhio con un fazzoletto bagnato...”

“Stai zitto, imbecille, è tutta colpa tua !” sbottò la ragazza. E per tutta risposta mollò anche a lui un bel pugno in un occhio. Quando realizzò di aver steso anche Oliver, Elizabeth si alzò in piedi di scatto e, tenendosi la testa tra le mani, scappò via urlando.

Mark, Philip, Stephen, Tom e Benjamin si chinarono sui due amici svenuti.

“Che dite, li svegliamo ?” disse Stephen.

“No, meglio di no” disse Philip.

E se la filarono tutti alla chetichella.

 

 

7. I dolori del giovane Oliver

 

 

Cominciamo bene, pensò Oliver quella sera, guardandosi allo specchio. Cominciamo proprio bene. E io dovrei coordinare una schizzinosa, un megalomane, uno stizzoso e una pazza manesca ? Oltre a tutti quegli altri che pensano che Shakespeare sia il centravanti del Manchester United ?

Si toccò appena sotto il sopracciglio sinistro, ma il dolore del livido era così forte che ritrasse subito la mano. Ecco cos’ho guadagnato a fare una stupidissima battuta. Solo Elizabeth poteva reagire in quel modo. E quell’altro cretino di Julian a darle corda.

Sbuffando, si sedette sul bordo della vasca da bagno. Ripensò alla frottola che aveva raccontato ai suoi genitori quando l’avevano visto rientrare con un occhio pesto : sua madre sembrava impazzita, voleva andare di filato a parlare con il preside, ma Oliver l’aveva frenata dicendo che, mentre provavano a far scendere il sipario, era sceso anche il bastone che lo sorreggeva e aveva beccato il ragazzo (che, guarda a caso, si trovava proprio lungo la sua traiettoria) dritto in testa. Poi Oliver era caduto in avanti e aveva sbattuto la testa (anzi, l’occhio) contro la spalla di Julian, il quale a sua volta aveva perso l’equilibrio ed era caduto contro...contro... (qui Oliver aveva tentennato un momento)...contro il bracciolo di una delle poltroncine dell’Auditorium, ottenendo anche lui (ma che combinazione !) un livido nel medesimo punto. Questo per evitare che gli vengano dubbi vedendo me e Julian insieme...per colpa di Beth sembriamo due gemelli diversi...o meglio due imbecilli uguali, pensò il ragazzo. Al termine del racconto, i genitori di Oliver si erano scambiati uno sguardo interrogativo, ma si erano comunque bevuti tutta la storia.

E’ incredibile, pensò Oliver, più sono strane e più ci abboccano. Sorrise. Certo che come le invento io... ho proprio talento, non c’è niente da fare ! Da grande farò un mucchio di soldi scrivendo scemenze !

E cominciò a ridere, prima piano, poi sempre più forte, finchè ebbe le lacrime agli occhi.

 

 

8. Chiedi perdono

 

 

L’indomani, Julian fece di tutto pur di evitare Elizabeth ; la ragazza se ne accorse e ci rimase malissimo, anche perché era veramente dispiaciuta e non sapeva come scusarsi con lui. Durante le lezioni non riusciva a togliergli gli occhi di dosso e non pensava ad altro che a cercare le parole adatte per dirgli che le dispiaceva. Quando lui le passava accanto, tirava dritto senza neanche guardarla, e nemmeno si accorgeva che lei stava cercando di dirgli qualcosa.

Pensa e ripensa, Beth arrivò alla conclusione che, anche se era un controsenso, doveva usare le maniere forti ; così, durante l’ intervallo, si piantò davanti al ragazzo e, stringendogli un braccio, gli urlò in faccia : “Senti, mi dispiace per quello che ti ho fatto ieri, capito ? ! ?”.

“Ma sei impazzita ? Lasciami subito !” disse Julian, liberandosi dalla presa con uno strattone. Vuoi completare l’opera ? Se vuoi pestare qualcuno per chiedergli scusa, fallo con il tuo psichiatra !

Questo fu, più o meno, quello che Julian avrebbe voluto dire ad Elizabeth. E glie l’avrebbe detto, se non avesse prima visto lo sguardo della ragazza, carico di angoscia e di vergogna. Così se ne stette zitto, mentre lei diceva, con un enorme nodo in gola e gli occhi bassi: “Ho fatto una cosa orribile e me ne rendo conto. Non so come sia successo... non mi era mai capitato prima. Forse sono troppo nervosa per la scuola, gli esami...ed ora questa stupida recita ! Ma credimi, nonostante tutte le cose cattive che ci siamo detti...e il pessimo rapporto che c’è tra noi...non mi perdonerò mai di averti picchiato”.

Julian, lì per lì, non seppe cosa dire. “Ti fa ancora male ?” chiese in tono sommesso Elizabeth, alzando lo sguardo e incontrando gli occhi del ragazzo. Julian arrossì e guardò altrove. “Un pochino, solo quando tocco il livido” rispose. Dopo una breve pausa, continuò : “Va beh, dai, non importa. Passerà in fretta. E poi, così il mio fascino è notevolmente aumentato ! Se avessi visto che sguardi mi hanno lanciato le mie ammiratrici stamattina... Comunque è meglio che non sappiano che sei stata tu, altrimenti potresti rischiare grosso !”.

Risero entrambi, ed Elizabeth si sentì risollevata. Poi, preoccupatissima, chiese :” Ma scusa, cos’hai detto ai tuoi genitori quando ti hanno visto ridotto in questo stato ?”.

Julian si fece serio e rispose : “Cosa gli ho detto ? Che una mia amica mi aveva picchiato perché le avevo rotto un po’ troppo le scatole !”. Le strizzò l’occhio e si allontanò.

Più tardi, in mensa, Julian disse ad Oliver, a cui nel frattempo la rabbia era sbollita : “Ho fatto pace con Elizabeth. Mi ha chiesto scusa....”.

“L’ho sentito” rispose, un po’ seccato, Oliver, il quale aveva assistito alla scena. “Ma mi spieghi perché con te si è flagellata mentre a me, che non c’entravo niente e mi ha pestato lo stesso, non si è neanche degnata di dire ‘crepa’ ?”.

In effetti... pensò Julian. Boh. Misteri dell’universo femminile...in particolare di un pianeta chiamato Elizabeth Anderson.

 

 

9. La nevrosi avanza

 

 

“Allora, ci muoviamo ?” disse Oliver battendo le mani per incitare i componenti di quell’assurda compagnia a mettersi al lavoro. Dovevano ancora cominciare e già tutti non vedevano l’ora che fosse finita.

“Dove diavolo si sono cacciati Mark, Julian e Jack ? Avevo detto che dovevamo trovarci tutti qui alle quattro e mezza precise, e quelli ancora non si vedono” continuò nervosamente Oliver guardando fuori dalla finestra dell’Auditorium per vedere se i ritardatari arrivavano. Gli altri finsero di non averlo sentito e continuarono a farsi i loro affari. Ad un tratto, approfittando di un attimo di silenzio, Benjamin salì sul palco e, dopo aver spinto in fuori il petto, appoggiato una mano sul fianco e steso in fuori l’altra, iniziò a declamare :

“Ora l’inverno del nostro scontento...”.

“Ma che sta dicendo ?” chiese Tommy a Paul.

“Che ne so ? Questa parte non c’è nemmeno nel copione” rispose il ragazzo iniziando a sfogliare le pagine del dattiloscritto.

“...è resa estate gloriosa da questo sole di York...” continuò Benjamin.

“No che non c’è” intervenne Oliver avvicinandosi, sempre più seccato, ai due amici. “Quel deficiente sta recitando il ‘Riccardo III’ !”.

“...e tutte le nuvole che...che...”. Qui Benjamin andò in crisi, ma si riprese quasi subito.

“...che incombevano minacciose sulla nostra casa...”

“...sono sepolte nel petto profondo dell’oceano. Ma bravo, complimenti !” disse Oliver in tono sarcastico, applaudendo l’amico e salendo sul palco. Gli altri li guardavano con aria perplessa.

“Davvero ti sono piaciuto, Ollie ?” disse Benjamin gongolando.

“Da morire, sei un attore nato... Piuttosto, dimmi : dove hai trovato quel monologo ? Sai, la mia memoria fa un po’ acqua e non ricordo queste parole in bocca a re Duncan...”.

“Oh, le ho prese da una rivista” rispose Benjamin, noncurante. “Parlava di un’altra opera del vecchio Willie, messa in scena non so dove... certo che colpiscono, vero ? Anzi, volevo giusto chiederti : visto che, a quanto ho capito, la mia idea sulla fine alternativa del re non ti è andata molto a genio...”. Oliver prima sbiancò, poi iniziò a diventare rosso come un peperone.

“...che dici di aggiungere questo monologo alla mia parte ? Mi sembra di grande effetto scenico, e poi l’ho già imparato...dai, cosa ne pensi ?”. Tutti i ragazzi si strinsero nelle spalle pensando che Oliver, il quale era ormai violaceo, si mettesse a sbraitare come al solito. E invece se ne stette calmo a guardare in faccia l’amico dalle grandi idee.

“Effetto scenico, eh ? Aggiungere alla tua parte, eh ?” disse, con la massima tranquillità.

“L’hai anche già imparato a memoria...e lo reciti anche bene,giusto ?”. Oliver mise una mano sulla spalla di Benjamin, che cominciava a capire l’aria che tirava.

“Sai cosa ti dico, Benji ?”.

“C...che cosa, Ollie ?”

“FILA A STUDIARTI QUELLO CHE C’E’ SCRITTO SU QUELLO STRAMALEDETTO COPIONE, BESTIA, INVECE DI ROMPERMI L’ ANIMA CON QUESTE BAGGIANATE ! ! !” sbottò Oliver, cogliendo tutti di sorpresa e spaventandoli a morte. Benjamin fece un balzo indietro e se la svignò di corsa.

“’ L’inverno del nostro scontento’...ma come si fa ad essere più stupidi ? ! ?” continuò Oliver, scendendo dal palco. “Già che ci siamo, aggiungiamoci anche ‘Essere o non essere’ e ‘O Romeo, Romeo.. ‘ ! Non studiano neanche la loro parte e pretendono di infilarci dentro roba che non ne ha niente a che fare ! Me lo dici cosa c’entra York con Macbeth ? Eh ? Me lo dici ? ! ?” urlò, rivolgendosi a Benjamin che si era rifugiato in fondo alla sala e si era fatto piccolo piccolo. “Visto che ti piacciono le citazioni, perché non ci mettiamo, che so, Banquo con il reggicalze e le scarpe col tacco, tipo ‘The Rocky Horror Picture Show’ ? Davenport sarebbe felicissimo ! ! !”.

Poi, voltandosi di scatto, gridò a voce ancora più alta : “E PERCHE’ QUEI TRE IMBECILLI NON ARRIVANO, CHE SIAMO GIA’ IN UN RITARDO CLAMOROSO ? ! ?”.

“Veramente i tre imbecilli erano andati a recuperare un po’ di legna e attrezzi per sistemare le scenografie, visto che il loro ingresso in scena non era previsto per oggi” disse con calma Jack, costringendo di nuovo Oliver a voltarsi.

“Siamo arrivati già da cinque minuti, ma tu eri troppo occupato a disintegrare Benji per notarci” disse Julian posando a terra un grosso fascio di assi. “Sai, non hanno ancora inventato il teletrasporto...”.

Oliver, sudando freddo, disse : “Va bene, scusatemi...sono un po’ nervoso... ma ora è meglio se cominciamo davvero”. Alzò la testa e si guardò intorno : “Beth, Lucy, Patty...Paul e Tom.” disse, sfogliando il copione e tornando sul palco. “Forza, scena prima. Che poi sarebbe la terza, ma lasciamo perdere...” continuò, pensando ai brutali tagli fatti da Davenport all’opera originale.

I cinque attori seguirono il regista sul palcoscenico. “Avanti le tre streghe” disse Oliver.

Le ragazze si misero in cerchio e, in coro, lessero ad alta voce :

“Siam le Sorelle Destinatrici,

 che se ne vanno per terra e per mare,

 mano in mano, tondo tondo

 tre volte di là, tre di qua,

 e per far nove ancora tre.

 Zitte ! La fattura c’è !”

Tommy fece un passo in avanti, emozionato. Il suo entusiasmo diminuì sempre di più, mentre si accorgeva che tutti tenevano gli occhi fissi su di lui. Con voce tremolante, lesse :
“Mai visto un giorno così brutto e bello...”.

Entrò in scena Paul-Banquo :” Quanto manca per Forres ? E che son queste vecchie grinzute malvestite (mamma mia, pensò Oliver, se Shakespeare sentisse questo scempio..”) ? Siete vive ? Mi capite ?Non parete nemmeno donne, tanto siete brutte !”.

“Sarai bello tu !” sbottò Lucy. Oliver fece cadere le braccia e disse :

“Lucy, era la battuta di Paul...”.

“Ah, scusa.”

“Però sono stato convincente, eh Ollie ?” disse il ragazzo, dando di gomito a Oliver, che con noncuranza rispose : “Sì, sì, va bene, andiamo avanti...”.

“Salute, Macbeth !” continuarono le tre ragazze. “Salute a te, Barone di...”.

FRENFRENFRENFRENFRENFREN !

Tutti girarono la testa per vedere da dove venisse quel rumoraccio.

“Mark, ma che diavolo stai facendo ? ! ?” disse Oliver all’amico che stava armeggiando con un seghetto.

“Non vedi ? Stiamo intagliando qualche asse per rinforzare questa schifezza di ‘castello’, se possiamo chiamarlo così ! Non vorrai che crolli proprio durante la recita ?” rispose Mark.

“Va bene, ma dovete farlo proprio adesso ?” disse Tommy, che cominciava ad innervosirsi.

“E quando, altrimenti ? L’ha detto Ollie che quelli che non provano devono lavorare !” disse Jack. Oliver fece un cenno con la mano e disse : “Okay, okay, continuate pure... dov’eravamo rimasti ?”.

“Salute a te, Barone di Cawdor, che re sarai domani !” continuarono le ragazze.

“Signore, perché...”

“Un momento, un momento” disse Oliver interrompendo Paul. “Tom, non startene lì come un baccalà, muoviti ! Qui tu dovresti essere intimorito da...”

“E secondo te non lo sono abbastanza ? ! ?” sbottò Tommy, che tremava come una foglia e sudava freddo. “Non ce la faccio più, Ollie !”.

“Ma Tom, non avevi detto tu che...”

BAMBAMBAMFRENFRENFRENFRENFRENBAMBAMFRENBAMBAMBAMBAMBAM !

Ci mancava il martello, pensò Oliver. Poi, alzando la voce, riprese : “...che sarebbe stato fantastico, che saresti stato un attore di prim’ordine eccetera ?”.

“Sì,ma non avevo ancora idea di come sarebbe stato veramente ! Solo l’idea che ci siano qua i ragazzi, bada bene, i nostri compagni di classe, mi manda nel pallone, figurati quando sarò davanti a tutta la scuola !”

“Insomma, Tom !” sbottò Oliver, decisamente arrabbiato “Devi farla finita con questa storia ! Tutti qui sono nelle tue stesse condizioni e...”

I DON’T KNOW WHY YOU ARE MEAN TO ME...

“Cosa cavolo... ?” disse Oliver interrompendosi di colpo.

...WHEN I CALL ON THE TELEPHONE...

Tutti si guardarono in giro, piacevolmente sorpresi, mentre Oliver si dirigeva deciso verso la sorgente da cui usciva la voce di Michael Stipe, cioè una radiolina che Mark aveva acceso, e la spense di colpo.

“Ma come, Ollie” protestò Mark “Pensavo che i REM ti piacessero !”.

“Sì, ma non adesso, pezzo di idiota ! Stiamo provando, se non l’hai ancora capito ! Come se non bastasse il casino che state facendo ! Se vuoi ascoltare la musica, fallo con le cuffie !”. Detto fatto, Mark fece spallucce e tirò fuori dallo zaino un paio di auricolari che si infilò subito, e poi ricominciò a lavorare.

“Ricominciamo da capo, è meglio ! “ disse Oliver tornando verso il piccolo manipolo di attori.

“Se ci interrompono ancora una volta giuro che...”

THESE WOOOOOOOORDS...YOU WILL BE MIIIIIIIIIIIIINE....

Questa volta non era la radio : era direttamente Mark, che si esibiva in un vocalizzo da paura. Oliver era verde.

“Io...io...non ci posso credere...” disse, coprendosi la faccia con le mani.

...ALL THE TIIIIIIIIIIIIIIIIME....

Oliver perse del tutto la calma e strappò via le cuffiette dalle orecchie di Mark urlando: “MA LA VUOI PIANTARE ? ! ?”.

Il ragazzo bisbigliò :”Scusa Ollie... ma non riesco a non cantare mentre lavoro...”

“E ALLORA CANTA SOTTOVOCE !” sbraitò in tutta risposta Oliver. “E’ la quarta volta che interrompiamo le prove, e abbiamo appena cominciato ! Non ne posso più, avete capito ? ! ? Se solo penso che dovremo tirare avanti in questo modo per un mese mi viene da vomitare ! ! ! Non avete idea della voglia che ho di mandare all’inferno voi e questa recita del...”

“Ollie, calmati !” intervenne Julian. “Se ti sente Davenport ti...”

“Davenport ? ! ?” lo interruppe Oliver. “Sai cosa gli dico, io, a Davenport ? ! ?”

“No, che cosa ?” risuonò una voce niente affatto rassicurante.

Oliver si voltò e impallidì nel vedere la minacciosa ombra del preside che, a braccia conserte, si stagliava contro la porta dell’Auditorium. Julian deglutì, pensando a ciò che attendeva l’amico.

“Forza, Hutton, cos’è che dovresti dirmi ?”

“Ahem...eeeh....ecco...” balbettò Oliver. “...che...che lo spettacolo deve continuare, sì. Certo. Come diceva il poeta .... Bene ! Forza, ragazzi, tutti in scena...” disse con voce rotta, battendo le mani che gli tremavano come foglie. Se non sviene ora vuol dire che è proprio una roccia, pensò Paul.

“Aspetta, aspetta, Hutton” disse il preside raggelando ulteriormente il ragazzo.”Volevo parlarti un attimo. Vieni” ed entrambi uscirono dalla sala. Subito scattarono i commenti tra gli altri ragazzi. Jack sosteneva che Davenport avrebbe sostituito Oliver ; Stephen addirittura credeva che l’avrebbe sospeso, mentre Maddy era sicura (e Tommy pregò che avesse ragione) che il preside sarebbe stato magnanimo con tutti e avrebbe abolito la recita per quell’anno e tutti quelli a venire (Amen, pensò Philip). Ad ogni modo, i ragazzi decisero di impegnarsi al massimo e prendere un po’ più sul serio la cosa.

“Facciamolo almeno per Ollie” disse Maddy. E gli altri furono d’accordo.

Comunque, riguardo alla conversazione tra Oliver e Davenport si sbagliavano tutti.

Appena furono fuori dalla porta, il preside disse : “Allora, Hutton, come procedono le cose ?”

“Come vuole che vadano ? Baker ha il terrore del palco, la Anderson ha pestato Ross (e anche me, se non l’ha notato), Price ha le manie di grandezza, a nessuno importa un accidente di quello che stiamo facendo e io sto per avere un esaurimento nervoso. A parte questo, tutto bene, grazie.”. Detto ciò, aggiunse : “Ah, e siamo ancora alla prima scena...immagini quello che succederà più avanti !”.

“Beh, direi che non è decisamente un buon inizio ! Ma...tenete duro, vedrete che tutto si sistemerà”. Davenport si voltò e fece per andarsene, ma si voltò di nuovo e aggiunse : “Ah, se hai qualche problema, ricordati che mi puoi trovare...”

“...il lunedì fino alle 10.30 .... Grazie, professore”, disse Oliver sospirando. E tornò al suo infame lavoro, lasciando il preside con la netta sensazione che la faccenda sarebbe davvero stata più complicata del previsto. Comunque Davenport aveva deciso che ormai di tutto ciò non gli importava più di tanto, visto che i ragazzi dovevano sbrigarsela da soli. Al massimo avrebbe scaricato tutta la colpa di un eventuale disastro su Hutton. Questi studentelli che si spacciano per intellettuali, pensò. Almeno, così gli fece comodo pensare.

 

 

10. Si cercano soluzioni

 

 

Fino al lunedì successivo le cose migliorarono. Tutti cercarono di impegnarsi al massimo, almeno per tener buono Oliver che stava seriamente pensando di spararsi un colpo in testa. L’unico che aveva ancora dei seri problemi era Tom, che, oltre a non riuscire a spiccicare una battuta senza balbettare, cominciava anche a soffrire d’insonnia, almeno a giudicare dalle occhiaie che aumentavano ogni giorno. Ma i ragazzi erano certi che avrebbero trovato un modo per tranquillizzarlo a dovere, a costo di imbottirlo di sedativi.

Quindi, a quanto sembrava, tutto avrebbe dovuto procedere liscio come l’olio, e la recita si stava rivelando come tutti l’avevano immaginata : una noiosa seccatura che nessuno aveva potuto evitare.

E invece l’imprevisto era proprio dietro l’angolo...e aspettava alcuni dei nostri amici.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitoli 11-15 ***


11

11. Paul perde la testa

 

 

Il primo a cadere nella rete del destino fu Paul.

 

 

“Dove cavolo l’ho messo ?” disse tra sé e sé Paul frugando nervosamente nello zaino.

“Cosa stai cercando ?” chiese Stephen vedendo l’amico indaffarato.

“Il copione” rispose il ragazzo senza alzare lo sguardo. “Non ricordo più dove l’ho messo...eppure ero convinto di averlo sabato, quando abbiamo finito le prove...”.

“...scusa un attimo, mi stai dicendo che da sabato tu non hai più neanche letto la tua parte ?” disse Stephen, incredulo.

“Beh, sai, sabato sera è venuto a cena mio zio Kevin e abbiamo suonato fino a tardi...”

“Quale zio Kevin, il session-man ?”

“L’unico zio Kevin che ho... mi ha insegnato un giro  fantastico ! Ve lo farò sentire, quando ricominceremo le prove con i PLW... “.

Stephen sorrise vedendo l’espressione beata che aveva assunto Paul parlando dello zio chitarrista e del suo gruppo ; da quando i ragazzi erano impegnati nella rappresentazione, lui e gli altri componenti dei “Picasso’s Last Words” (PLW per gli amici) , tra cui c’erano anche Julian, Oliver, Mark e lo stesso Paul, avevano sospeso le prove, e di questo Paul soffriva parecchio, anche perché suonare in gruppo non era la stessa cosa che farlo da soli. Indubbiamente, togliere la musica a Paul significava sottoporlo ad un atroce supplizio.

“...poi domenica sono riuscito ad imparare l’assolo di “Layla”... mi ci è voluto tutto il giorno ma ce l’ho fatta ! Così non ho fatto in tempo a studiarmi la parte...so che Ollie non sarà contento, ma non ho proprio potuto farne a meno !”

“Ti credo, ti credo” disse Stephen “Ora, però, farai meglio a trovare davvero il tuo copione, prima che Ollie ti scortichi vivo !”

“Non dirmelo... ah, mi sa che l’ho lasciato nell’Auditorium !”. La campanella suonò, ricordando ai ragazzi che stavano per ricominciare le lezioni. “Va beh, andrò a recuperarlo durante l’intervallo” decise Paul sedendosi al suo posto.

Detto fatto, appena suonò la campanella delle 10.00 Paul si fiondò nell’Auditorium assieme a Stephen (che si era offerto di aiutare l’amico nella sua ricerca). Quando arrivarono davanti all’ingresso, videro che la porta era socchiusa, e un sacco di gente incuriosita sbirciava attraverso lo spiraglio.

“Che stanno facendo ?” domandò Paul ad una ragazza che stava uscendo ed aveva un’aria piuttosto delusa.

“E’ meglio se state fuori...gli ‘Stand Up’ stanno cercando una cantante, e non vogliono che si faccia casino durante le prove” rispose lei “Ne hanno già scartate quattro, me inclusa, e credo che faranno notte prima di trovarne una.”

“Ah, i mitici ‘Stand Up’... chissà se quel trombone di Leon Mitchell c’è ancora” disse Stephen con aria di superiorità. Paul non rispose, e, infischiandosene dell’avvertimento della ragazza, entrò in sala. Non aveva mai sopportato Mitchell : era stato anche lui nei PLW e aveva creato un sacco di problemi. Per fortuna se n’era andato e aveva messo in piedi una sua band, che veniva comunemente considerata ‘rivale’ degli stessi PLW...

L’ingresso di Paul fu accolto con una serie di gelidissime occhiate da parte di Leon Mitchell e dei suoi accoliti, ma il ragazzo non se ne curò e iniziò a frugare tra le poltroncine. Non alzò lo sguardo dai sedili finchè salì sul palco una strana ragazza bionda dall’aspetto insignificante che iniziò a cantare con voce piuttosto bassa. Paul la guardò un attimo e ascoltò le prime note della canzone. L’aveva già sentita alla radio diverse volte, e non gli era mai particolarmente piaciuta.

You could say this was an independent love song...

“Eccolo qua” disse, sollevando il copione che aveva finalmente trovato in seconda fila. Rivolse lo sguardo a Stephen, che lo aspettava sull’uscio, e gli mostrò il plico di fogli. Stava per uscire, quando qualcosa lo bloccò.

I’LL SHOW YOU HOW TO TAKE ME...

Paul spalancò la bocca, fece cadere il copione e si girò a guardare la ragazza, che aveva lanciato un acuto incredibile e inaspettato.

...GO DOWN, GO DOWN...

...quella voce...

...I’LL SHOW YOU HOW TO TURN ME...

...dove l’aveva presa ?

...RIGHT ON, RIGHT ON...

Non aveva mai sentito niente di simile.

Quella ragazza dai lunghi capelli biondi e gli enormi occhiali dalla montatura sottile si era trasformata sotto i suoi occhi : Paul non riusciva più a distogliere lo sguardo da lei e continuava a fissarla a bocca aperta. Stephen si chiese se per caso l’amico non si fosse rimbambito del tutto. Sì, la tizia cantava bene, ma non era certamente il caso di fissarla così...

...IN A DIFFERENT WAY, IN A DIFFERENT WAY...

Ormai per Paul non esisteva più nulla. Era completamente avvolto dalla voce della sconosciuta che lo stava trasportando lontano da tutto...dalla scuola...dalla recita...dai PLW e gli ‘Stand Up’...

Come poteva quella voce appartenere alla sconosciuta che si trovava sul palco, aggrappata al microfono e con gli occhi chiusi come se temesse di essere trascinata via da una forza invisibile ?

“Ma che cavolo sta facendo ?” pensò Stephen vedendo il ragazzo sorridere imbambolato. “Dev’essergli partita qualche rotella...”

In effetti si sbagliava di poco ; Paul aveva completamente smesso di pensare...avrebbe potuto stare ad ascoltare la ragazza sul palco per tutta la vita. Ormai era fatta, era cotto di lei.

Quando la canzone finì,la ragazza rivolse uno sguardo imbarazzato al leader degli ‘Stand Up’, che, con aria sufficiente,le disse : “Sì...beh, puoi andare...ti faremo sapere”.

Ti faremo sapere ! Come potevano mandare via così quell’angelo caduto?

Lei arrossì e bisbigliando un “Grazie” scese dal palco. Dirigendosi verso l’uscita, a testa bassa e sguardo mesto,urtò leggermente contro la spalla di Paul, che non le aveva staccato gli occhi di dosso un istante.

“Scusami”, sussurrò timidamente.

“Figurati” , rispose Paul con aria trasognata, continuando a seguirla con lo sguardo.

“Allora, ti muovi ?” disse Stephen all’amico, tirandogli una manica. Paul non rispose, completamente perso in una nuvola rosa.

“Ma cos’hai ?” domandò di nuovo Stephen, preoccupato, raccogliendo il copione che l’amico aveva ormai abbandonato sul pavimento. “Sei stato folgorato sulla via di Damasco ?”

“Devo conoscerla, Steve” disse Paul, riprendendosi.

“Conoscere chi ?”

“Come chi ? ! ?Lei ! ! ! La sua voce da usignolo...tu non sai cos’ho provato nel sentirla cantare ! Quella non era la sua voce...era la sua anima !”

“Ci siamo” disse Stephen alzando gli occhi al cielo. “Paul, non posso credere che tu ti sia innamorato di una perfetta sconosciuta solo sentendola cantare ! Magari non è nemmeno il tuo tipo, e poi...lasciamelo dire, non è un granchè !”

“E con questo ?” replicò Paul stizzito. “Ha carattere, e si vede...anzi, si sente ! E’ dolce, leggiadra e al tempo stesso potente come...”

“...come la sua voce. L’hai già detto, uffa !”

“Devo conoscerla ! Devo...o ne morirò, ne sono certo !”

“Adesso non esagerare...stai facendo un po’ troppo il melodrammatico ! Comunque, se proprio ci tieni a saperlo, è in terza A.”

“Ma come” disse Paul sorpreso ed eccitato “Allora sai anche chi è !”

“Altrochè” rispose Stephen. “Si chiama Sarah Nash, ed è una delle migliori amiche della mia Heather” .

 

 

12. Got my mind set on you

 

 

Sarah Nash... Sarah Nash...

Paul non riusciva più a levarsi quel nome dalla testa ; l’immagine della ragazza occupava totalmente i suoi pensieri. Come avrebbe potuto presentarsi a lei ? Cosa le avrebbe detto ? E soprattutto, come avrebbe reagito lei ?

“Pianeta Terra chiama Paul Diamond... Pianeta Terra chiama Paul Diamond... Rispondi Paul... Su quale pianeta sei precipitato ?” disse Oliver tenendo il copione arrotolato davanti alla bocca come se fosse un megafono. Il ragazzo si scosse un attimo e rispose :

“Dici a me ?”.

“No, a quello dietro di te... e non ti girare, per la miseria ! Era una stupida battuta...” disse Oliver, notando che l’amico stava effettivamente guardandosi alle spalle. “Si può sapere dove hai la testa ? Tocca a te !”.

“Perdonalo Ollie”, intervenne Stephen cingendo con un braccio le spalle di Paul. “L’amore fa degli strani scherzi...”.

“Amore ? Paul è innamorato ?” disse incredulo Mark. Secondo lui (e tutti quelli che conoscevano il ragazzo) Paul non avrebbe mai potuto innamorarsi di nessun altro che della sua chitarra, con cui sarebbe vissuto felice e contento per il resto della sua vita ; è logico quindi che la notizia che il suo cuore batteva per una ragazza in carne ed ossa avesse sconvolto tutti ! In men che non si dica, Paul fu circondato dai compagni che lo tempestarono di domande.

“Chi è ?”

“E’ carina ?”

“La conosco ?”

“Dove abita ?”

“Le hai già parlato ?”, e via discorrendo. Ci manca solo che gli chiedano di che colore porta le mutande, pensò Oliver, seccato per l’ennesima interruzione delle prove.

Paul, che era piuttosto riservato e non aveva gradito la massiccia intrusione nella sua vita privata, lanciò a Stephen uno sguardo che significava più-tardi-facciamo-i-conti-spione.

“Questa sì che è una notizia !” esclamò Benjamin fregandosi le mani. “Dai, dicci almeno come si chiama !”

“Certo, così vai subito a spiattellarlo a mezza scuola, pettegolo come sei !” rispose Paul.

“Chi, io ?” disse Benjamin con un’espressione da cherubino raffaellesco.

“Sì, Benji, lo sappiamo tutti che sei peggio di una portinaia !” disse, ridendo, Julian.

Effettivamente la fama di Benjamin Price era quella del maggior diffusore di pettegolezzi di Sevenoaks. Volete sapere con quanti ragazzi è uscita Olivia Maiden? Chiedetelo a Benji. A chi corre dietro Andy Morgan ? Chiedetelo a Benji. Di chi è innamorato Paul Diamond ? Chiedetelo a Benji... No, Paul non aveva assolutamente intenzione che la voce si diffondesse, e magari arrivasse anche alle orecchie di Sarah.

“Avanti Paul, a noi lo puoi dire” disse Tom. “Con chi vuoi confidarti se non con i tuoi amici ?”

“Non parlare, Paul” intervenne Elizabeth, “Credi davvero che questi pecoroni sappiano tenere a freno la lingua ?”

“Comincia a frenare la tua, gallina !” rispose Julian. La ragazza stava per ribattergli con estrema acidità, ma si trattenne vedendo che l’amico le aveva strizzato un occhio, come per dire ‘salviamo le apparenze’. Elizabeth sorrise e fece finta di niente.

Intanto, messo sotto pressione dai compagni, Paul aveva ceduto.

“E va bene, si chiama Sarah...”

“Sarah come ?”

“Sarah Simpson ? “

“Sarah Roberts ?”

“Non sarà mica quella gnocca di Sarah Halloran ?” lo interruppero i ragazzi.

“Fatemi finire, cavolo ! Adesso capisco come si sente Ollie quando tutti lo interrompono !” Oliver sospirò e ringraziò l’amico del pensiero... e intanto anche quella giornata di prove stava andando a farsi benedire.

“Si chiama Sarah Nash... ed è in classe con la ragazza di Stephen”.

“Cosa ?” esclamò, deluso, Oliver, che ormai si era lasciato incuriosire. “Quella biondina con l’aria svanita e gli occhialoni alla Dave Mattacks ? Certo che potevi trovartene una migliore !”

“Ollie ! ! !”

“Eddai, Stephen, non dirmi che non è vero ! Ha l’aria di essere sveglia come una sardina...”

“E tu che ne sai ? ! ?” sbottò Paul, che era diventato rosso come un pomodoro. “Come ti permetti di giudicare così una persona che neanche conosci ? ! ? Ti consiglio di riflettere bene sulla tua carriera di ‘tombeur des femmes’ , invece di fare lo sputasentenze ! Perché, a quanto mi risulta, sei l’ultima persona che dovrebbe esprimersi su certi argomenti !”

Lasciando Oliver e gli altri impietriti, Paul scagliò a terra con rabbia il copione e uscì di corsa dalla sala.   

“Dai, Paul, scusami...non fare così...” disse Oliver, raccogliendo il copione e seguendo l’amico.

Gli altri ragazzi stettero un attimo ad ascoltare le voci dei due disperdersi lungo il corridoio della scuola. “Povero Ollie”, disse Jack.

“Ma smettila !” disse Julian “era ora che anche lui prendesse la sua bella badilata di letame in faccia !”

“E’ vero, ma cerca di capire...” disse Tom imbarazzato.

“Capire cosa ? Va bene, può darsi che ultimamente l’abbiamo fatto uscire un po’ dai gangheri, ma non può permettersi di insultare tutti come gli pare ! Chi si crede di essere, il Padreterno ?”

“Julian ha ragione” disse Elizabeth. “Ollie ha decisamente esagerato. Ha ferito i sentimenti di Paul e la cosa più saggia che deve fare è solo chiedergli scusa.”

“Un momento... Elizabeth che dà ragione a Julian... c’è qualcosa che non mi torna !” disse beffardamente Mark, incrociando le braccia. “Sei sicura di sentirti bene ?”.

“Già, forse ho la febbre alta e sto delirando !” rispose Elizabeth ridendo.

“Beh, ormai credo che ce ne possiamo andare” disse Tom guardando fuori dalla finestra e tirando un sospiro di sollievo. Paul e Oliver erano in cortile e stavano ancora discutendo animatamente.

“L’hai scampata anche oggi, eh ?” disse Jack battendo una mano sulla schiena del ragazzo che arrossì pensando al suo incubo peggiore. “Vedi di farti passare alla svelta la tua maledetta fobia del pubblico, il tempo stringe !”

Già, il tempo stringe... e sarà bene prendere provvedimenti, pensò Tom. D’altronde, non stava mica andando al patibolo : decise quindi che dove avrebbe fallito il self-control, avrebbe funzionato il Tavor. Dev’essercene una confezione da qualche parte, si disse Tom pensando a quella meravigliosa scatoletta di tranquillanti che si trovava a casa sua in qualche cassetto, inutilizzata da tempo. Raccolse le sue cose sorridendo, convinto di aver trovato la soluzione ai suoi problemi : in realtà, se avesse saputo cos’avrebbero escogitato di lì a poco i suoi amici, si sarebbe subito fatto venire in mente un’altra idea.

 

 

 

Intanto,il destino proseguiva il suo gioco di combinazioni con qualcun’altro...

 

 

13. Così lontani, così vicini

 

 

 

Non sapevano nemmeno loro com’era successo, ma, uscendo dall’Auditorium, Elizabeth e Julian si erano messi a chiaccherare, ed ora stavano dirigendosi insieme verso casa.

“Non vedo l’ora che questa storia sia finita “ disse Julian, “Non ne posso più di ripetere sempre le stesse battute ! Poi ci si mette anche quel nevrastenico di Ollie... non gli va mai bene niente ! Insomma, fossimo una compagnia di professionisti...”

“E’ vero, pretende un po’ troppo” disse Elizabeth, “Ma bisogna anche capirlo. Si è ritrovato tra capo e collo una bella responsabilità, ed è ovvio che perda facilmente le staffe. Io non riesco nemmeno a sbrogliarmela con la mia parte, figurati lui che deve dirigere tutta l’orchestra !”

“Che fai, lo difendi adesso ?”

“No, voglio solo dire che non dobbiamo demonizzarlo troppo ! Vedrai che, quando tutto sarà finito, tornerà il solito Oliver di sempre !”

“Lo spero bene” rispose Julian sospirando “Anche perché non ci lascia liberi un attimo... ci fa provare anche tutto il week-end !Ha perfino fatto sospendere le prove dei PLW...”

“Sia lodato Oliver Hutton !” lo interruppe Elizabeth “Lo nomineranno eroe della patria per avere risparmiato l’udito degli abitanti di Sevenoaks da una banda di spaccatimpani come voi !”. Vedendo che Julian la stava guardando in cagnesco, la ragazza si affrettò a precisare : “Scherzavo, non preoccuparti ! Lo sai che non mi perdo uno dei vostri concerti !”

“Lo spero bene ! Comunque questo sabato non vengo alle prove neanche se mi ci trascina in catene!”

“Cos’hai, un appuntamento con una delle tue pollastre ?” domandò Elizabeth sarcastica.

“Molto meglio... mi hanno regalato due biglietti per il concerto di Van Morrison alla Carter Hall !”. Elizabeth si bloccò all’istante, guardando l’amico a bocca spalancata.

“...stai scherzando ?” disse, attonita, rimettendosi poi in cammino.

“Nossignora ! Il problema è che mi toccherà andarci da solo... Amy e papà non ne vogliono sapere, Philip, che si spaccia per il mio migliore amico, mi ha riso in faccia e nessuno degli altri ha intenzione di venirci ! “

“Ma...ma davvero ?” disse Elizabeth, sempre più incredula.

“Già ! Sembra che io sia l’unico ragazzo ad ascoltare Van Morrison invece delle Spice Girls in questo buco di posto !”

“E...e Paul ?”

“Ho pensato anche a lui... ma Paul è il tipo che ascolterebbe anche due barattoli che cozzano uno contro l’altro... in quanto a musica è assolutamente onnivoro ! Gli piace qualsiasi cosa emetta un suono !”

“E per te è un problema ?”

“No, ma mi piacerebbe andarci con qualcuno che mi dà un po’ più di soddisfazione... insomma, si sa che Van Morrison non è un cantante che può piacere a tutti perché non sempre le sue canzoni sono orecchiabili... ma per me sono speciali ! E poi...beh, diciamo che lo apprezzo anche per ragioni...per così dire...’sentimentali’”. Julian si fece più serio e guardò altrove.

“Già, posso immaginarlo” disse Elizabeth, pensando alle radici irlandesi del ragazzo. “Anche lui è di Belfast come te, vero ?”

“Proprio così. Comunque dove lo trovo un disgraziato che mi accompagni al concerto ?”

“Beh, una ce l’hai proprio di fronte...” disse Elizabeth guardando a terra e torcendosi le dita dietro la schiena. Julian la fissò stupefatto.

“Non...non dirmi che ascolti Van Morrison !” balbettò il ragazzo.

“E’ uno dei miei cantanti preferiti” sospirò Elizabeth. “Ho cercato anch’io un biglietto per quel concerto, ma erano tutti esauriti da tempo...”. Si interruppe un attimo, poi, visibilmente imbarazzata, riprese il discorso. “Non ho tutti i suoi dischi... ma conosco quasi tutte le sue canzoni... alcune mi fanno impazzire, come ‘Moondance’... o ’Snow in San Anselmo’...”

“ ‘Caravan’ ” proseguì Julian senza staccare gli occhi dalla ragazza.

“Madame George”

“Take it where you find it”

“La mia preferita.”

“Anche la mia...” Tra i due ci fu un attimo di silenzio, durante il quale Elizabeth si sentì sempre più a disagio.

“Certo che è incredibile” riprese Julian.

“Già, così pare” rispose Elizabeth.

Arrivati all’incrocio tra Broadfields Avenue e Ashford Road, la ragazza disse. “Beh, io vado di qua. Ci vediamo domani”. Si voltò e fece per andarsene quando Julian la fermò.

“Aspetta” disse. “Hai da fare sabato sera ?”

“No, ma...” rispose Elizabeth titubante.

“Il concerto inizia alle nove e mezza ; passo a prenderti alle nove. Fatti trovare pronta !” disse, e, sorridendo, corse via.

“Hey, un momento...” intervenne Elizabeth cercando di fermare l’amico.

“... puntuale, mi raccomando !” disse Julian in lontananza, agitando una mano per salutare la ragazza.

Elizabeth restò un attimo sul marciapiede, inebetita, senza riuscire a credere alle parole dell’amico. Se lo racconto agli altri non ci crederanno mai, pensò. Sabato sera vado ad un concerto con Julian Ross... e che concerto, ragazzi !

Felice, corse verso casa chiedendosi cos’avrebbero pensato le sue amiche alla notizia che lei avrebbe passato una serata favolosa con il ragazzo più bello del paese.

 

 

 

 

 

14. La notte porta consiglio

 

 

Quella notte, nel loro letto, rintanati sotto le coperte, i ragazzi erano assorti in un nugolo di pensieri.

 

Oliver pensava alla figuraccia che aveva fatto con Paul, alla fatica con cui era riuscito a farsi perdonare e alla sua lingua, che diventava spesso troppo lunga al momento sbagliato. Pensava a come lo stavano giudicando gli amici, visto il modo in cui lui ultimamente li trattava ; dopotutto erano stati tutti costretti a lavorare contro la loro volontà, e non stavano certo preparando una rappresentazione alla ‘Royal Albert Hall’, ma una stupida recita scolastica (in cui uno scrittore fallito pretendeva di elevarsi al livello del Grande Bardo) di cui non importava un accidente a nessuno...e l’amicizia dei compagni era un prezzo troppo alto da pagare per una sciocchezza del genere. Decise quindi che si sarebbe messo il cuore in pace e non avrebbe più fatto lo spocchioso ; comunque sarebbe andata, lui per tutti sarebbe rimasto il buon vecchio Oliver Hutton, intellettuale sì, ma anche secondo chitarrista dei Picasso’s Last Words nonché tifoso sfegatato dell’Arsenal.

 

Paul, ovviamente, pensava a Sarah ; a dire il vero, più che pensare stava fantasticando sul suo incontro con lei, i loro dialoghi e le dichiarazioni di reciproco amore che si sarebbero certamente scambiati entro breve tempo. Ben presto, però, i suoi sogni rosa confetto furono spazzati via dal terrore che la ragazza lo rifiutasse, o peggio ancora fosse già impegnata, dando così il cuore del povero Paul in pasto ai cani... Poi si disse che, in fin dei conti, non poteva saperlo finchè non si presentava a lei e l’aveva conosciuta... E se non fosse riuscito nemmeno a parlarle, facendo la figura del salame ?

Con queste terribili preoccupazioni in testa, Paul chiuse gli occhi e sprofondò in un sonno senza sogni.

 

Elizabeth pensava a Julian, ed era un pochino perplessa. Senza dubbio il rapporto tra loro era nettamente migliorato, ma in modo così improvviso che la ragazza faticava ancora a rendersene conto. Fino ad allora non era mai andata troppo d’accordo con Julian, anzi, quando si erano conosciuti, tre anni prima, l’aveva trovato decisamente antipatico. Forse era quel suo modo di fare molto spiccio, il fatto che lui diceva in faccia a tutti quello che pensava e riusciva sempre a zittire chi diceva qualche stupidaggine... probabilmente aveva un carattere troppo forte per i suoi gusti. O forse era più semplicemente il fatto che attirava le ragazze come le mosche ad aver insidiato in Elizabeth l’idea che lui fosse un farfallone che amava solo divertirsi con le sue spasimanti. Niente di più falso, e di questo si era accorta abbastanza in fretta ; Julian era stato con una ragazza, Janet Lane, per sette mesi ; poi lei si era trasferita a Hull e gli aveva piantato un bel paio di corna, ma lui, chiaramente, non se n’era mai accorto e aveva continuato a scriverle che l’amava follemente finchè non aveva conosciuto il suo ‘rivale’... anche lui, tra l’altro, ignaro del ruolo del ragazzo nella vita di Janet. Julian era rimasto talmente bruciato dalla cosa che non aveva più voluto impegolarsi con nessun’altra, tantomeno con ragazzine che gli sbavavano dietro solo perché era bello. E bello lo era, eccome...

Elizabeth non aveva mai voluto ammetterlo, ma ora lo stava facendo ; Julian aveva un fisico snello e asciutto al tempo stesso, forse per merito dello sport che praticava con costanza (era un discreto cavaliere e un bravo cestista) e aveva un viso davvero stupendo. I suoi brillanti occhi color nocciola avevano sempre un’espressione intelligente e vivace, e quando sorrideva mostrava una dentatura così perfetta che pareva uscita dalla pubblicità di un dentifricio. E vederlo sorridere si poteva considerare una delle gioie della vita.

Sì, dopotutto non era così male, pensò Elizabeth. Piano piano i due si erano avvicinati e la reciproca indifferenza era stata sostituita da un rapporto di amore-odio (che, secondo Philip, era l’anticamera del matrimonio) in cui lui spesso si divertiva a stuzzicarla per vedere le sue reazioni, e lei non aspettava altro per mostrargliele.

Poi c’era stato l’episodio del pugno... e da lì, stranamente, le cose avevano iniziato a cambiare. Si beccavano ancora, ma non come una volta, e chiacchieravano più volentieri.

E ora il concerto... non riusciva a crederci. Quel ragazzo che aveva a lungo detestato le dava la possibilità di vedere il suo cantante preferito... Ma cosa stava succedendo ?

 

Julian a sua volta pensava ad Elizabeth, e alla piega che stava prendendo il loro rapporto. E stranamente non riusciva affatto ad immaginare in che modo avrebbe potuto proseguire. Il tradimento di Janet era stato un duro colpo per lui, e non riusciva più a pensare ad un’altra relazione senza aver paura di essere di nuovo ferito. Per questo, dentro di sè, temeva di innamorarsi ancora ; se la prossima gli avesse di nuovo spezzato il cuore non avrebbe potuto sopportarlo. Eppure con Elizabeth era diverso ; fino ad allora non l’aveva mai considerata più di una semplice compagna di classe, ma ora stava diventando qualcos’altro, benchè non capisse esattamente cosa. Con lei stava bene, nonostante i continui battibecchi si divertiva e parlava volentieri. Sentiva di potersi fidare di lei, era diversa dalle altre... lei lo capiva. Era solo questo che gli faceva un po’ paura ; Julian era impenetrabile, non gli piaceva mostrare i suoi stati d’animo più profondi. Quando soffriva, lo faceva in silenzio, senza che nessuno potesse notarlo. E purtroppo aveva sofferto tanto, non solo per Janet ; lei era stata solo una goccia nel mare di dolore che provava da cinque anni...

“Posso immaginarlo. Anche lui è di Belfast come te, vero ?”. In quel momento aveva notato qualcosa negli occhi di Elizabeth, come se avesse visto l’improvviso velo che si era parato davanti allo sguardo del ragazzo. Chissà, forse avrebbe potuto confidarsi un po’ con lei, e magari l’avrebbe aiutato a spostare il macigno che aveva sul cuore.

Ma cosa vuoi che glie ne importi, pensò con amarezza.

Lei non può aiutarmi in alcun modo.

Nessuno lo può fare.

Chiuse gli occhi e pregò che almeno quella notte gli incubi non arrivassero.

 

Sempre nello stesso istante, Tom pensava alla recita... poi ad Amy Ross, che sarebbe stata lì a guardarlo mentre lui, sul palco, incespicava in un errore dietro l’altro... poi al preside Davenport... poi ad Oliver che, malgrado fosse il suo migliore amico, cominciava a stargli sui nervi... poi di nuovo ad Amy Ross, finchè il sonno prese il sopravvento su di lui, aiutato da un paio di compresse di Tavor che il ragazzo aveva ingerito per cercare di passare decentemente la nottata.

 

Benjamin, invece, pensava che la recita era un piattume unico e che, nonostante le opinioni decisamente avverse di Oliver, qualcosa andava comunque modificato.

E lui, genio tra i genii, sapeva come.

 

Gli altri, infine, erano tutti decisi a mettere in pratica le loro geniali idee su come tranquillizzare Tommy e dare una calmata anche al povero Oliver. Unico problema : l’avrebbero fatto l’uno indipendentemente dagli altri...

 

 

Difatti più di una persona si disse che era arrivata l’occasione giusta quando, il pomeriggio successivo, Tommy si presentò alle prove con un grosso thermos pieno di tè.

 

 

 

 

 

 

15. Tè verde

 

 

Tommy era stranamente allegro e rilassato quando, dopo le lezioni, i ragazzi si trovarono come al solito nell’Auditorium per provare. Quando Jack lo vide armeggiare con un thermos e riempirsi una tazza, gli disse :

“Hey Tom, che hai lì dentro, camomilla ?”.

Qualcosa di meglio, pensò Tom sorridendo.

“No, è solo un po’ di tè. Uhm, tè verde, per la precisione” rispose, ma si mangiò subito la lingua sperando che nessuno glie ne chiedesse un po’, altrimenti avrebbe significato rivelare il fatto che il segreto della sua calma non dipendeva per nulla dal suo autocontrollo, e Tom ci teneva a mantenere un po’ di dignità.

Tutti, comunque, pensarono che il ragazzo fosse diventato matto.

“Spero per te che almeno sia deteinato !” disse Julian.

“Julian ha ragione !” intervenne Oliver preoccupato, “Non sei già abbastanza agitato ? Lo sai che il tè è stimolante quanto il caffè ?”.

“Sì che lo so” rispose Tom, un po’ seccato per la pedanteria dell’amico, “Ma non vi preoccupate, contiene una mia piccola...ricetta della felicità !”.

“Sì...mezzo litro di sonnifero !” disse Paul ridendo. Tom arrossì notando con vergogna quanto il ragazzo si fosse avvicinato alla verità. Nel frattempo, Mark, ridacchiando sotto i baffi e facendo finta di niente, stava frugando nello zaino alla ricerca di una boccettina...

“Boh, contento tu... Cos’è, Java ? Gunpowder ? Darjeeling ?” domandò Oliver, incuriosito.

“Ehm... Gunpowder !” rispose Tommy, cercando di ricordarsi la qualità di tè verde più disgustosa che conoscesse.

“Fantastico ! Adoro il Gunpowder ! Dai, versamene una tazza” esclamò Oliver. “Brindiamo a Shakespeare, perché non si rivolti troppo nella tomba !”.

Tommy non sapeva più da che parte guardare. Non poteva offrire a Oliver del tè corretto con un narcotico ! D’accordo, aveva sciolto solo tre tavolette in mezzo litro di tè, e probabilmente l’amico non si sarebbe neanche accorto dell’effetto... magari si sarebbe sentito un pochino più rilassato...

Con un po’ di riluttanza, versò un goccio di tè nella tazza di plastica che Oliver gli porgeva.

Fantastico, pensò Mark, due piccioni con una fava...

“Puah ! Ma quanto limone ci hai messo ?” disse Oliver assumendo un’espressione un po’ schifata. “Per non parlare dello zucchero ! Credo che mi stia già venendo il diabete !”.

“Beh... sai... a me piace così...” borbottò Tom. In effetti aveva un po’ esagerato, ma almeno aveva coperto il saporaccio del Tavor.

“E poi questo non è nemmeno tè verde ! Sembra... sembra più un Earl Grey corretto !” disse Oliver con aria da intenditore. Effettivamente Tommy aveva fatto una sparata piuttosto grossa, non considerando i gusti raffinati di Oliver. Colto in fallo, fu salvato in extremis da Lucy, che disse : “Vedi di non esaltarti troppo, Lord Twinings ! Vogliamo cominciare o no ?”.

“Uffa, per una volta che non ci si mette Ollie cominci tu ?” disse Stephen sbuffando.

“Brava Lucy, così si fa !” disse Oliver posando la tazza. “Forza pelandroni, al lavoro ! Visto che oggi mi sento magnanimo, vi lascerò andare una mezz’oretta prima !”.

“Lunga vita ad Ollie !” esclamò Philip battendo le mani.

Mentre gli altri ragazzi andavano in scena, Mark si avvicinò furtivamente al thermos che Tom aveva lasciato incustodito, e, cercando di non farsi notare, vi versò dentro metà del contenuto della boccetta che aveva in mano. Finita l’operazione, si guardò in giro e disse : “Ma sì, crepi l’avarizia !” e versò la quantità rimanente.

Nel frattempo, Tom stava dando il meglio di sè...

“Non dormirai più ! Macbeth scanna il sonno innocente...”.

... mentre Oliver, che quasi non ascoltava, si sentiva stranamente leggero.

“...che dipana la matassa imbrogliata dell’ansia...”.

Sì, stava quasi per addormentarsi. Meglio bere un’altra tazza di tè.

“Te ne porto un altro goccio, Tom ?” disse all’amico quando quest’ultimo aveva finito di recitare.

“Ci penso io !” disse Philip, correndo, zelante, a prendere il thermos. Ma prima di portarlo al ragazzo, sempre senza farsi notare, ci rovesciò dentro anche lui uno strano intruglio.

“Grazie Phil” disse Oliver prendendo le tazze che l’amico gli porgeva e passandone una a Tom, il quale si disse che, se una tazza l’aveva fatto rilassare, un’altra l’avrebbe calmato del tutto.

“Che strano sapore” disse Tom.

“Ti credo, con tutta la robaccia che ci hai messo dentro ! Se volevi ammazzarlo del tutto, bastava che ci aggiungessi anche il latte !” rispose Oliver bevendo una grossa sorsata.

Ma Tom non si riferiva a quello.

“Che diavolo...” disse, quando la stanza cominciò a girargli intorno. “Scusate, ragazzi, non mi sento bene... è meglio che mi sieda un attimo...”.

“Fai pure” disse Oliver con noncuranza, buttandosi anche lui su una poltroncina e chiudendo gli occhi con un sospiro. Gli altri ragazzi iniziarono a preoccuparsi : c’era qualcosa che decisamente non quadrava.

“Ma Ollie... e le prove ?” disse Elizabeth, un po’ confusa dall’atteggiamento del ragazzo.

“Le prove ?... Ah già... Sì. Dunque... Eravamo rimasti...” bofonchiò Oliver alzando leggermente la testa e socchiudendo gli occhi. “L’ inverno del nostro scontento... C’è ancora una macchia qui... hanf, ronf, Benji... ti ammazzo... SNARL !” e si addormentò del tutto, accoccolandosi sulla poltroncina. Nel frattempo, su un’altra poltrona, Tom ronfava di gusto con la testa reclinata all’indietro e la bocca spalancata. Un filo di saliva gli colava dal labbro inferiore.

“Ma che cavolo sta succedendo ? ! ?” esclamò Julian.

“Accidenti, mi sa che ho esagerato” disse Mark mordendosi le nocche della mano.

“Come sarebbe ? ! ? Che diavolo hai combinato ? ! ?” disse Jack mettendo le mani sui fianchi. Elizabeth, intuendo cos’era accaduto, afferrò il thermos e ne annusò il contenuto.

“Ma che roba è ?” disse, storcendo il naso. In effetti, il micidiale beverone aveva assunto un forte odore di ciliegia.

“Ehm...” disse Mark, messo alle strette dagli sguardi irritati dei compagni. “A dir la verità ci ho aggiunto qualcosina... pensavo che sarebbe servita a calmare i nervi a Tom, e quando ho visto che anche Ollie lo beveva mi son detto che era fatta... potevamo sistemarli tutti e due...”.

“Oddio !” esclamò Philip portandosi una mano alla fronte. “Vuoi dire che anche tu... come me... noi...”.

“Ci volete spiegare cos’avete combinato ?” disse Maddy mentre Tom e Oliver russavano come trattori. “Che cosa avete messo in quel maledetto tè ?”

“Beh... io ci ho messo un po’ di Valium” disse Mark. Quasi mezza boccetta, ma è meglio non dirlo, pensò.

“E tu, disgraziato ?” disse Benjamin, rivolgendosi inorridito a Philip.

“Io sono stato più sul naturale... camomilla e valeriana, per la precisione. C’era anche del Bromazepam, ma era proprio pochino pochino pochino...”

“Ma siete matti ! Li avete narcotizzati ! E adesso cosa facciamo ? ! ?” urlò Maddy, in preda ad una crisi isterica.

Sapevano tutti cosa dovevano fare : chiamare di corsa un’ambulanza e sottoporre Tom e Oliver ad una bella lavanda gastrica. Quello che non sapevano era come spiegare la cosa ai due sventurati.

 

 

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Capitolo 4
*** Capitoli 16-20 ***


16

16. Tutto ricomincia

 

 

Ci vollero due giorni per far uscire Tom e Oliver dall’ospedale e altrettanti per spiegar loro la dinamica dell’accaduto. Tuttavia furono entrambi piuttosto malleabili con i loro maldestri compagni, Tom perché, anche se non l’avrebbe mai ammesso, era parzialmente responsabile dell’incidente, mentre Oliver credeva che il fatto fosse una ritorsione contro di lui per il modo in cui si stava comportando.

Il problema più grosso fu, però, convincere i loro genitori a lasciarli tornare al lavoro. La signora Hutton, poi, visto che era già la seconda volta che il suo figliolo subiva uno strano incidente, si era convinta che dietro a tutto c’era lo zampino di una specie di ‘Fantasma dell’Opera’ che stava tentando di sabotare i ragazzi. Di nuovo Oliver inventò una scusa piuttosto elaborata, alla quale mamma e papà abboccarono nuovamente (la fiducia nel loro ragazzo era davvero troppo abbondante), e così non ebbe grossi problemi a riprendere il suo posto.

Tom, invece, ebbe il problema contrario : il veto dei genitori era giusto quello che ci voleva per fargli abbandonare il suo ingombrante ruolo. Invece i signori Baker erano fermamente convinti dell’importanza di portare a termine gli impegni presi e, seppure a malincuore, non si lasciarono intenerire dall’aspetto supplichevole e malconcio del figlio, il quale non potè fare altro che mandar giù l’amaro boccone e darsi dell’idiota per essersi tirato la zappa sui piedi.

Comunque, né Tom né Oliver scoprirono mai l’identità dei colpevoli, grazie all’omertà e allo spirito di gruppo dei compagni. Il tutto, però, rese i due parecchio sospettosi nei loro confronti, e sarebbe passato un bel po’ di tempo prima che accettassero di nuovo qualsiasi bevanda o genere alimentare proveniente dalle mani degli amici.

Malgrado l’accaduto, le prove ripresero normalmente, e, per qualche tempo, tutto sembrò procedere per il meglio.

 

 

17. Il primo passo

 

 

Seduto a tavola, in mensa, Paul teneva lo sguardo fisso nel vuoto e pungolava con la forchetta la striminzita coscia di pollo che aveva nel piatto. Non aveva ancora mangiato un boccone.

“Paul, ma cosa ti ha fatto di male quella povera bestia ? Almeno, quello che ne resta...” disse Stephen.

“Niente, non ho fame” rispose Paul.

“Beh, posso capire che il pollo con i piselli non ti piaccia, ma non è il caso di torturarlo in quel modo...passa, vah” disse Philip afferrando il piatto di Paul e vuotandone il contenuto nel suo.

“Phil, fai schifo, sei proprio una fogna...” commentò Julian allibito.

“Ma inshomma, vuoi che queshto...gnam...queshto ben di Dio fignishca gnella...munch...shpasshatura ?” rispose il ragazzo masticando un grosso boccone. “She...glom !”. Inghiottì il tutto. “Se Paul non ha fame sono cavoli suoi...con tutta la gente che non ha da mangiare...”

“Wow, tu sì che capisci gli amici !” disse Stephen. “Invece di fregargli il pranzo, perché non lo aiutiamo ad abbordare Sarah ?”.

“Steve, guarda che non ho bisogno della mamma, posso anche sbrigarmela da solo. E poi sono fatti miei” intervenne Paul piuttosto seccato. Ad ogni modo, Stephen aveva centrato perfettamente il problema. Nonostante gli innumerevoli tentativi, Paul non era ancora riuscito a sconfiggere la timidezza e dichiararsi alla ragazza che gli aveva rubato il cuore. Non sapeva far altro che guardarla incantato finchè lei se ne accorgeva e, arrossendo, spariva dalla sua vista. A tal punto temeva di fare la figura dell’idiota da non capire che la stava già facendo.

“Dai Paul, non fare così” lo rincuorò Julian “Vedrai che prima o poi arriverà l’occasione giusta...”

“Io credo che sia già qui” disse Mark inarcando un sopracciglio e guardando alle spalle di Paul, che gli stava seduto di fronte. “Guardate un po’ chi c’è là in fondo...”

Quando Paul si voltò, il cuore gli sobbalzò nel petto : Sarah, che mangiava il suo pollo tenendo il capo chino sul piatto, era seduta tre tavoli più indietro. Ed era sola.

Paul si rigirò verso i compagni con il cuore in gola. Che faccio ?,sembrava chiedere con lo sguardo. Stephen gli mise una mano sulla spalla e gli disse : “E’ la volta buona. Vedi di non sprecarla.”. Gli altri gli fecero un cenno con la testa e sorrisero, per dargli un po’ di coraggio. Paul si voltò di nuovo verso la ragazza ; dopo averla guardata per un attimo, si alzò con decisione e disse : “Gente, io vado”.

I ragazzi avrebbero voluto battergli le mani.

Quando Sarah lo vide dirigersi verso di lei, ebbe la tentazione di alzarsi ed uscire di corsa. Ma cosa voleva quel tipo ? Non poteva essere interessato ad una come lei. E allora perché continuava a guardarla ?

“Ciao” disse Paul sedendosi.

“Ciao...” rispose Sarah arrossendo vistosamente.

“Ecco...io...volevo solo... insomma...” farfugliò Paul imbarazzato. Maledizione, pensò. Sarah lo stava guardando con aria dubbiosa. Doveva trovare le parole.

“VolevosolodirtichetihosentitacantidaDiomichiamoPaullosochesembroundeficien...”

“Scusa, cos’hai detto ?” lo interruppe Sarah, investita dallo sproloquio di Paul che l’aveva quasi divertita. Accortosi di aver fatto la figura dell’ebete, il ragazzo arrossì come un pomodoro e trasse un profondo respiro. Calmo, si disse. Stai calmo, altrimenti è finita.

“Io...ti ho vista la settimana scorsa alle prove...gli Stand Up, ricordi ?” Okay, così va meglio. “Hai urtato contro la mia spalla mentre uscivi...mi hai chiesto scusa e io ti ho detto che non importava”.

Sarah abbassò lo sguardo e, con un filo di voce, disse :”Veramente...non mi ricordo”

SBADABRANG ! Paul ingoiò filosoficamente il rospo e proseguì.

“E’ vero, che idiota...come potresti ricordartelo ? Non significa nulla...”

“Beh...se te ne sei ricordato...forse vuol dire che è importante, no ?”

Paul era rimasto sorpreso dalle parole della ragazza. La guardò negli occhi e notò in essi uno sguardo curioso e al tempo stesso pieno di speranza. Capì che doveva averla colpita in qualche modo. Le sorrise e proseguì.

“Alla fine...ti hanno presa nel gruppo ?”

“No... almeno, non ho più saputo niente... ma non credo proprio” rispose Sarah guardando altrove. Paul capì che doveva essere stata davvero una grossa delusione.

“Mi dispiace” disse “Sai, ti ho sentita...secondo me vali moltissimo, hai una voce davvero splendida”

“Grazie” rispose Sarah sorridendo. “Comunque non importa, me lo aspettavo. Credo che loro abbiano bisogno di qualcuno che...faccia un po’ più scena, non so se mi spiego...”

Paul scosse la testa e rise. “Lo vedi ? E’ questo il problema di Leon Mitchell e soci. Sono tutto fumo e niente arrosto, si perdono solo dietro le apparenze e non hanno ancora capito che la cosa veramente importante...è ciò che sta qui” disse, portandosi una mano alla gola “E qui”, e si portò l’ altra mano al petto, nel punto in cui gli batteva fortissimo il cuore.

Sarah si sentiva strana : imbarazzata, confusa e felice al tempo stesso.

“Ti ringrazio. Ora però è meglio che vada... devo ripassare un po’” farfugliò alzandosi. “Compito in classe di matematica...”. Sorriso. Sguardo basso. Silenzio. “Comunque mi chiamo Sarah...” riprese, tendendo la mano al ragazzo che ora la guardava con dolcezza.

“Lo so” rispose sorridendo. “Io mi chiamo Paul”.

I due si strinsero la mano e i loro occhi si incontrarono di nuovo...gli splendidi occhi azzurri di Sarah e i dolci occhi castani di Paul. La ragazza poi lo salutò e scappò via di corsa.

Paul rimase a guardarla ancora una attimo, ed era convinto che la storia non sarebbe finita lì.

 

 

18. Piove sempre sul bagnato

 

 

Grazie al suo exploit in sala mensa, Paul aveva finalmente ritrovato il buonumore ; la sua euforia contagiò praticamente tutti e le prove continuarono con tranquillità.

Almeno fino al giorno successivo.

 

Ora che Julian ed Elizabeth litigavano un po’ meno, Benjamin non aveva più altre uscite folli e perfino Tom sembrava essersi calmato (il tutto con somma gioia di Oliver,che finalmente poteva svolgere il suo lavoro in santa pace), Philip si annoiava a morte. Il suo personaggio era uscito di scena e i lavori di ristrutturazione delle scenografie erano quasi terminati ; ormai non gli restava altro da fare che grattarsi la panza tutto il santo giorno. Non poteva nemmeno tornarsene a casa a farsi gli affari propri, perché Oliver pretendeva la presenza di tutta la compagnia durante le prove, in caso ci fossero dei problemi, e la cosa che Philip, tipo dinamico per natura, odiava di più era rimanere con le mani in mano. Inoltre, dopo l’episodio del tè drogato, non era più accaduto nulla di divertente e quella recita che il ragazzo (forse l’unico tra tutti) considerava un piacevole diversivo aveva raggiunto l’apice della monotonia.

Stufo di restarsene seduto, andò a fare un giretto dietro le quinte. Avevano da pochissimo montato il sipario e secondo lui non era stata una grande idea, perché la ribalta veniva notevolmente ristretta. Mentre Maddy, brandendo un candeliere, recitava i deliri da sonnambula di Lady Macbeth, Philip si infilò dietro il tendone di sinistra, dove Mark attendeva di entrare in scena.

“Che pizza” disse. “Non vedo l’ora che arrivino le sei...”

“Scherzi ? Dà un’occhiata a come si muove Maddy e vorrai fermare il tempo !” rispose Mark, senza staccare gli occhi dal sedere della ragazza.

“Com’è che sei diventato un poeta ? Mi sa che questa recita del cavolo ti ha dato un po’ alla testa, caro il mio MacDuff !” rispose acido Philip ; ma, dopo aver spostato gli occhi nella stessa direzione di quelli di Mark, fece un sorrisetto e disse :”Ah, beh, però...” e si appoggiò alla parete per ammirare con comodo il panorama.

“...Via , macchia maledetta !...Un soldato, aver paura ?...Chi pensava che il vecchio avesse in corpo tanto sangue ?” disse Maddy, tenendo gli occhi sbarrati e muovendosi come se fosse davvero sonnambula. Era veramente brava, Oliver era certo che quella parte fosse su misura per lei.

“Avete sentito ?...” esclamò Stephen entrando in scena.

Oliver scosse la testa e disse :”Stop !”

Ci risiamo, pensò Philip.

Stephen alzò le mani al cielo ed esclamò : “Ma porc... è possibile che appena dico qualcosa tu debba sempre fermare tutto ? ! ? Sono tre parole in croce, dove diavolo è che sbaglio ? ! ?”

“Il punto, Steve, è che sei espressivo come un nano di gesso” rispose, calmo, Oliver.

“Toh, questa non l’avevo mai sentita !” disse Stephen.

“Ascoltami, recitare non significa ripetere a pappagallo quello che c’è scritto su uno stupido foglio di carta ! Vuol dire anche calarsi nella parte, vivere gli stessi sentimenti del proprio personaggio...e possibilmente anche capirli !”

“Ma cosa devo capire ? ! ? Sono un medico ! ! ! Ascolto gli sproloqui di una pazza e li commento, fine !”

“Lo vedi che non hai capito niente ? Ricominciamo da capo. Atto quinto, scena prima.”

“Ma Ollie !” protestò Maddy “E’ la quarta volta che la rifacciamo ! Non puoi far ripetere solo la battuta di Stephen ?”

“Uhm...no, altrimenti facciamo casino... comunque non preoccuparti, Maddy, tu sei davvero perfetta !” disse Oliver prendendo la mano della ragazza e avvicinandola alle labbra. Maddy glie la sottrasse rapidamente, fulminandolo con gli occhi. Patty, che da tempo faceva un discreto filo al ragazzo e aveva assistito alla scena, incrociò le braccia, e , guardandolo in cagnesco, disse :

“E bravo Ollie ! Scommetto che stai cercando tutte le scuse possibili per rimirarti quella smorfiosa, e magari anche provarci, giusto ? ! ?”. Oliver diventò paonazzo.

“Modera i termini, Gatsby !” ribattè Maddy stizzita. Tra le due non correva buon sangue. “Chi lo vuole, quello ? ! ? Per conto mio te lo puoi anche tenere !”

“E vai, ecco la rissa !” disse Philip stringendo i pugni. Finalmente un diversivo...

“Non contarci troppo, Phil, sta arrivando il paciere...” disse Mark. Difatti Tommy si era messo in mezzo e stava cercando di calmare le parti in questione, tra la delusione di Oliver e l’irritazione delle due ragazze. In breve, il clima tornò tranquillo.

“Al diavolo ! Possibile che non succeda più niente di divertente ?” esclamò Philip dando una manata contro il muro. Appena compiuto quel gesto, però, si fermò, incuriosito, ad osservare il punto che aveva colpito.

“Cosa intendi per divertente ?Mandare Ollie e Tom all’ospedale ?” disse Mark in tono critico.

“Aspetta, Mark, guarda qui “ disse Philip indicando una leva che sporgeva dal muro.

“Che cavolo è ?” si chiese Mark.

In effetti, nessuno ci aveva mai fatto caso. Chissà da quanto tempo era lì...e aspettava solo di essere abbassata...

“Fermo lì, disgraziato !” disse Mark afferrando la mano che Philip stava allungando verso la leva. “Non vorrai mica tirarla ?”

“Dai, Mark, cosa vuoi che succeda ? Guardala, è tutta di legno marcio, sarà vecchia come mio nonno ! Sarà già tanto se non mi resterà in mano !”

“Sì, va bene, ma...”

“Ma cosa ? Forse nasconde un passaggio segreto, una specie di rifugio per sfuggire ai nazisti...” disse Philip gongolando e stringendo le dita intorno al pezzo di legno.

“A parte il fatto che i nazisti non sono mai arrivati in Inghilterra, la nostra scuola non è così vecchia” replicò Mark, con un po’ di pedanteria. “E poi, di solito, una leva che si trova vicino ad un palcoscenico serve ad azionare...”

YAAAAAAAAAAARGH ! ! !

“...ehm...una botola ?” disse timidamente quel furbone di Philip, che pochi secondi prima aveva abbassato con forza la leva.

Mark lo incenerì con un’occhiata e poi si precipitò in mezzo al palco, dove tutti gli altri si erano riuniti in cerchio e stavano guardando verso il basso.

“Non capisco... il pavimento si è aperto all’improvviso... e Ollie.... è volato giù... si è alzato un polverone...” farfugliò Maddy, inginocchiata accanto a quel buco quadrato. Patty singhiozzava.

“Eeeeeh... che è successo, ragazzi ?” disse Philip tentando di fare l’indifferente. Mark si girò verso di lui e, tirandolo per un braccio, gli disse : “Dà un’occhiata al tuo lavoretto, Mister Cosa-Vuoi-Che-Succeda ! ! !”

Philip si chinò a guardare nel buco e vide Oliver, un paio di metri più sotto, steso a faccia in giù, con braccia e gambe allargate, su un vecchissimo materasso ricoperto di polvere e ragnatele. Il meccanismo funzionava ancora perfettamente, a quanto sembrava.

“Ahem.....Ollie...hai bisogno di qualcosa ?” disse Philip. Oliver non rispose.

“Sì, che tu lo vada a prendere, imbecille !” disse Mark sferrando un poderoso calcio nel sedere a Philip, che volò nella botola finendo addosso ad Oliver.

“Mark, sei impazzito ? ! ? Vuoi che ci rimettiamo anche un attore, oltre che al regista ? ! ?” esclamò Julian.

“Meglio, due rompiscatole in meno ! Vado a chiamare l’ambulanza... tanto ormai conoscono la strada !” rispose Mark allontanandosi.

“Hey, di sopraaaah... tirateci fuoriiiiih...” borbottò Oliver con un filo di voce. Philip era steso sulla sua schiena, privo di sensi.

I ragazzi, levando gli occhi al cielo, si domandarono quale tremenda maledizione incombesse su di loro.

 

19. Quel che Julian si porta dentro

 

 

Sabato sera, ore 20 e 45.

Elizabeth, che stava aspettando Julian, si guardò un’ ultima volta allo specchio. Niente male, Betsy, davvero niente male, si disse. Aveva passato tutto il pomeriggio cercando l’abito adatto per la serata (e ad inventarsi una scusa buona per aver saltato le prove) e, dopo aver ribaltato tutto l’armadio, aveva finalmente optato per un vestitino azzurro lungo fino al ginocchio, con le spalline sottilissime che si incrociavano dietro la schiena e un paio di sandali a tacco alto allacciati alla caviglia. Si ravvivò i lunghi capelli neri e, infilandosi gli orecchini, pensò a cosa le avrebbe detto Julian. Di certo le avrebbe fatto qualche battutaccia, come al solito. La sorprese, però, di non aver fatto altro che pensare a quel ragazzo tutto il santo giorno : insomma, l’ evento (con la E maiuscola) era il concerto di Van Morrison, e anziché ringraziare tutti i santi del Paradiso per l’occasione d’oro che le era capitata o sperare che Julian non la bidonasse all’ultimo minuto (in fin dei conti i biglietti li aveva lui) se ne restava davanti allo specchio a civettare. Cosa cavolo si aspettava da lui ? Che le chiedesse di sposarlo ? Soffocò una risatina immaginando lei e Julian come marito e moglie : lui che scappava per casa con il giornale sottobraccio mentre lei, urlando, gli tirava dietro un intero servizio di piatti in porcellana...

Lo squillo del campanello la riportò alla realtà. “Però ! Ha davvero spaccato il minuto !” disse guardando l’orologio. Afferrò la borsetta e scese di corsa le scale.

“Ciao a tutti ! Non so a che ora torno, non aspettatemi !”

“Cerca di non fare troppo tardi” disse sua madre dalla cucina.

“Di che ti preoccupi ? E’ in ottima compagnia !” ribattè il padre, sottovoce. Sapeva benissimo che sua figlia non avrebbe gradito la battuta.

Quando Elizabeth aprì la porta, rimase per un istante senza fiato.

Julian, che si trovava davanti a lei con le mani in tasca e il solito sorriso smagliante, era semplicemente favoloso, forse ancora più bello del solito. Era vestito in modo semplice e al tempo stesso elegante, con un paio di pantaloni grigi, una camicia bianca con il colletto alto, un gilet nero sulle spalle e scarpe nere tirate a lucido. La camicia ricordò ad Elizabeth quelle che usavano i contadini irlandesi il secolo scorso, con la differenza che quella doveva certamente uscire da un lussuosissimo negozio di Oxford Street.

Non c’era niente da fare, l’ insieme era davvero perfetto ; in più, con i capelli sistemati con un po’ di gel era davvero irresistibile.

“Guarda che non dobbiamo mica andare all’Opera” fu tutto quello che Elizabeth riuscì a dire.

“Stavo giusto per dirti la stessa cosa” rispose il ragazzo. “Andiamo, vah ! Permette, madame ?” disse porgendo il gomito ad Elizabeth da perfetto cavaliere.

“Con piacere, monsieur Ross !” rispose lei prendendo a braccetto l’amico.

“E allora...via, che è tardiiii !”. Julian partì di corsa tirandosi dietro la ragazza e rischiando di farla cadere, ma si fermò dopo pochi metri ridendo.

“Lo sapevo, sei il solito buffone !” disse Elizabeth, scoppiando anche lei in una risata.

 

“Accidenti, c’è davvero un sacco di gente !” disse Julian guardandosi intorno mentre stavano facendo la fila per entrare nel teatro.

“Te l’ho detto che era tutto esaurito...hey, tu ! In coda come tutti, furbastro !” esclamò Elizabeth mentre un tizio cercava, facendo lo gnorri, di passarle davanti. “Ma tu guarda questo...e voi non spingete, cafoni ! Non vedete che siamo compressi come sardine ? ! ?”

“Possibile che tu debba sempre fare la zitella acida ?” borbottò Julian, contrariato. “Il tuo stemma nobiliare cos’è, un limone ?”

“Non ti rispondo solo perché, se non fosse stato per te, ora non sarei qui...”

“Biglietti, prego...”

“Julian, ti muovi ?”

“Un attimo, non sono mica Flash Gordon... ecco qua” disse Julian dopo prendendo i biglietti dal portafogli. Senza che il ragazzo se ne accorgesse, però, un rettangolo di carta gli scivolò a terra. Elizabeth si affrettò a raccoglierlo. “Hey, vecchio, perdi i pezzi per strada ?” disse. Quando si rialzò e lo guardò meglio, però, vide che si trattava di una fotografia piegata a metà. Carina, pensò sorridendo. Ritraeva Julian e sua sorella Amy, più giovani di qualche anno, in compagnia di un ragazzo più grande, dai corti capelli castani e gli occhi verdi. Un bel ragazzo, a dire la verità. A giudicare dai visi sorridenti e spensierati dei tre, dovevano essere davvero felici, quel giorno. Erano seduti in un prato, e Julian, che teneva Amy sulle gambe, aveva le spalle cinte da un braccio dello sconosciuto. Elizabeth girò la foto e sul retro trovò una scritta :

Amy, Julian e Sean

Enniskillen, maggio 19...

 

L’anno in cui Julian era arrivato a Sevenoaks. Ma chi era Sean ?

“Cosa vuoi adesso ?” disse Julian spazientito. Guardò verso la ragazza e, vedendo la foto che teneva in mano, impallidì. “...dove l’hai trovata ?”

“Ti è caduta quando hai preso i biglietti...beh, potresti almeno ringraziarmi !” rispose Elizabeth porgendogli la fotografia.

“Sì, sì, grazie...adesso andiamo, però” disse Julian mettendo via la foto in fretta e furia.

“Senti un po’ ma quello Sean chi è ?” domandò curiosa Elizabeth seguendo l’amico lungo i corridoi del teatro. “Potresti almeno presentarmelo, quel fustacchione !”.

“Ecco i nostri posti” disse il ragazzo facendo finta di niente.

“Che c’è, fai il geloso ? Beh, comunque devo dirtelo, è una gran bell’anima !” disse allegramente Elizabeth, mettendosi a sedere. Julian non rispose.

Hai detto la parola giusta, pensò.

 

Il concerto era spettacolare, Julian ed Elizabeth non stavano più nella pelle tanto erano emozionati e si stavano distruggendo le mani a furia di applaudire. La voce calda e forte di Van Morrison, e le sue struggenti melodie un po’ blues, un po’ jazz e un po’ folk facevano accapponare la pelle. Avevano chiesto il bis dopo “Celtic ray” e cantato a squarciagola il coro di “Caravan” e “Wavelength”.

E’ tutto perfetto, pensò Elizabeth.

Ora aveva attaccato “Madame George”.

Down the Cyprus Avenue...

Elizabeth non aveva mai capito il testo di quella canzone. Dopo qualche minuto si voltò verso Julian per chiedergli cosa fossero Cyprus Avenue e Fitzroy, ma quello che vide le fece morire in gola le parole.

Il ragazzo guardava fisso davanti a sé, con le braccia incrociate strette al petto, e aveva gli occhi lucidi...

...And you know you gotta go...

Elizabeth capì che faticava a trattenere il pianto, e le si strinse il cuore quando vide una lacrima scendere lungo la guancia di Julian, che cercava di soffocare i singhiozzi. Il ragazzo l’asciugò immediatamente, cercando di non farsi notare. Trasse un profondo respiro e guardò distrattamente in direzione di Elizabeth, sperando che la ragazza non lo notasse. E invece incrociò, con grande imbarazzo, lo sguardo di Elizabeth, che, pur essendo turbata, gli sorrise dolcemente. Lui la ricambiò con un sorriso affrettato e abbassò gli occhi.

...Say goodbye to Madame George...

Senza più guardarlo, Elizabeth pose la sua mano su quella di Julian, che stringeva il bracciolo della poltrona. Il ragazzo mollò la presa e afferrò delicatamente le dita dell’amica, tenendole strette. Il brutto momento era passato...

...Dry your eyes for Madame George...

...per ora.

 

Al termine del concerto, i due amici, stanchi ed emozionati, si diressero verso casa continuando a ridere e cantare.

“Certo che ha una pronuncia davvero orribile !” commentò Elizabeth.

“Per forza, con tutti gli anni che ha passato in America !” rispose Julian.

“Sì, bravo...la verità è che quando voi irlandesi parlate sembrate avere una patata in bocca !”

“Ci stai dando dei mangiapatate ? Guarda che potrei nominarti almeno un migliaio di inglesi veraci che parlano molto peggio !”

“He, he...ho pungolato il tuo orgoglio dell’Ulster, vero ?” lo stuzzicò la ragazza. “Adesso che farai, mi metterai una bomba sotto casa ?”

Julian non le rispose, ma le lanciò uno sguardo di fuoco. Elizabeth arrossì, vergognandosi delle sue parole.

“Scusami, ho detto un’idiozia” disse a bassa voce.

“Come al solito ! Va beh, ti perdono” disse Julian alzando le spalle.

I due proseguirono in silenzio. Elizabeth ripensò al pianto sommesso dell’amico, e ,anche se non sapeva come mai, lo collegò alla fotografia.

“Senti...” domandò con cautela. “Non è per farmi i fatti tuoi, ma... non mi diresti chi era Sean ? Un tuo amico ?”.

Julian si fermò e la guardò dritta negli occhi.

“Se non ti va di rispondermi non importa...lo so che sono una maledetta curiosa !”. Julian continuò a guardarla.

“Scusami. Ti prometto che non ne parlerò più” continuò la ragazza, abbassando lo sguardo.

Julian tacque per un momento.

“Era mio fratello” rispose.

“...Come ?” disse Elizabeth, confusa.

“Sean, quello della foto. Era mio fratello. Sean Robert Ross.”

“Tu...hai un altro fratello, oltre ad Amy ?” domandò Elizabeth, stupefatta.

Julian sospirò stringendosi nelle spalle.

“Non l’ho più” rispose. “L’hanno ammazzato a Belfast cinque anni fa”.

Elizabeth si sentì gelare.

“Quella era una foto della nostra ultima gita insieme” continuò Julian, con lo sguardo fisso nel vuoto.

 

 

20. Sogni perduti e sogni ritrovati

 

 

I due amici deviarono verso il parco e si sedettero in riva al ruscello, accanto ad un vecchio salice piangente. Julian non aveva nessuna voglia di parlare, ma sapeva benissimo che avrebbe dovuto farlo perché, forse, dopo si sarebbe sentito meglio. Durante il breve tragitto, Elizabeth non aveva detto una parola ; mai e poi mai si sarebbe aspettata che quel ragazzo nascondesse una tragedia così grande e fosse riuscito a mascherarla per così tanto tempo tempo. Ma ora Julian aveva deciso di confidarsi proprio con lei, e lei stessa, sebbene stupita, aveva accettato senza chiedergli il perché , senza un motivo ; l’avrebbe fatto e basta.

Dopo cinque minuti di silenzio, durante i quali i due non si erano scambiati nemmeno uno sguardo, Julian si sdraiò sull’erba e cominciò a parlare.

 

“Avevo sette anni quando i miei genitori divorziarono. Amy doveva ancora compierne sei e Sean, che ne aveva già quindici, era l’unico che capiva come stavano le cose. Per quanto riguardava me e mia sorella, ci eravamo di colpo trovati senza mamma, sempre troppo occupata con la sua associazione di beneficenza per prendersi cura dei suoi figli che soffrivano come cani, e senza papà, che si era subito trasferito qui in Inghilterra dove lavorava già da tempo e dove si sarebbe risposato dopo un paio d’anni. Tutto quello che ci rimaneva era Sean, e per quattro anni fu per noi padre, madre e fratello maggiore.

Sean era quello che ci aiutava a fare i compiti, che ci faceva giocare, era quello che ci spiegava come funzionava il mondo, che ci difendeva dai prepotenti, era quello che ci rimboccava le coperte e ci raccontava le filastrocche per farci addormentare. Tutta la nostra vita ruotava intorno a lui. Fino alla notte in cui ce lo portarono via per sempre”.

 

“Quella sera, mamma aveva portato Amy dal dentista, e poi si erano fermate a trovare zia Martha. Telefonarono dicendo che non sarebbero tornate per cena, così io e Sean decidemmo di guardarci un film e farci una pizza. Non immagini quanto fossi felice di avere il mio fratellone tutto per me, ero sicuro che sarebbe stata una serata favolosa ; magari saremmo andati a prenderci un gelato e avremmo giocato a Monopoli, dove io avrei imbrogliato come al solito e Sean avrebbe fatto finta di arrabbiarsi. Insomma, ci saremmo divertiti un mondo.

E così fu, finchè non suonarono alla porta”.

 

“Sean andò ad aprire, convinto che fosse il fattorino della pizzeria. Invece era un ragazzo di neanche vent’anni che, senza dire una parola, gli sparò un colpo di pistola in testa.

Io stavo uscendo dalla cucina con un bicchier d’acqua in mano, e non mi ero nemmeno reso conto di quello che era successo. Quando vidi Sean steso sul pavimento con un buco in fronte mi sentii mancare e feci cadere il bicchiere sul pavimento. Se non l’avessi fatto , forse quel tizio non si sarebbe neanche accorto di me, e non mi avrebbe scaricato tre colpi nello stomaco “.

 

Elizabeth si portò una mano alla bocca, sconvolta, senza riuscire a trattenere un brivido lungo la schiena. Julian continuò il suo racconto, con la voce vuota e spenta di chi ha vissuto troppo a lungo con un dolore bruciante nel petto.

 

“Mi svegliai in ospedale quattro giorni dopo, salvo per miracolo grazie ai vicini che avevano sentito gli spari. Accanto al mio letto c’erano i miei genitori. Non gli dissi una parola ; dentro di me li maledissi perché se Sean era morto era tutta colpa loro, perché se non si fossero lasciati non sarebbe successo niente, e io non potevo perdonarli, li odiavo, li odiavo perché Sean non doveva andarsene e lasciarmi solo, e se era morto lui, volevo, dovevo morire anch’io...”

 

“Julian...”

Il ragazzo stava stringendo i denti per ricacciare indietro le lacrime. Poi il suo tono si fece più pacato.

 

“Non era vero, naturalmente, ma in quel momento ero furioso...furioso e spaventato perché non sapevo come sarebbe stata la mia vita dopo allora. Mi accorsi di essere stato un dannato egoista quando vidi Amy. Se n’era rimasta in disparte senza dire nulla, con gli occhi lucidi, e appena si avvicinò al letto, mi buttò le braccia al collo piangendo e chiedendomi di non lasciarla mai sola, di tornare presto a casa perché aveva bisogno di me...”

 

“Come avevo potuto dimenticarmi di lei ? Ormai io ero tutto quello che le era rimasto, e lei era tutto quello che mi rimaneva. Le promisi che mi sarei sempre preso cura di lei, che saremmo stati come una persona sola e che qualsiasi cosa ci fosse successa, l’avremmo affrontata insieme.

Finora abbiamo mantenuto la nostra parola, e sono sicuro che continueremo a farlo.”

 

“Comunque, la polizia mi fece le solite domande inutili, dopodichè mamma impacchettò me ed Amy e ci spedì a Sevenoaks con papà. Niente più mamma, niente più Sean, niente più Irlanda. Fine”

 

“Ma perché ?...non potevate rimanere a Belfast ?” domandò Elizabeth.

“Certo che potevamo. Ma i nostri genitori avevano paura... paura di ritorsioni, intendo. Forse non sai cosa significa vivere in stato di guerra.”

Elizabeth deglutì. “Allora l’omicidio di Sean...è stata l’IRA ?”

Julian scosse la testa. “E’ possibile che per qualsiasi cosa succeda in Irlanda del Nord voi inglesi diate la colpa all’IRA ? Non sai che una guerra è sempre combattuta da due parti opposte ?”

“Scusami. Vuoi dire che sono stati...quelli dell’altra parte ?”

“Sì. Vedi, Sean era entrato nel Sinn Fèin (braccio politico dell’IRA, n.d.S). Ciò che gli stava più a cuore era combattere per la pace del nostro paese...ma lui non voleva farlo con le armi. Sapeva che non era il modo giusto, e aveva ragione.

Lui era convinto che il dialogo tra le parti fosse il punto di partenza per l’unica soluzione possibile, cioè il compromesso. Do ut des, ce l’hanno sempre insegnato a scuola. Non puoi pretendere qualcosa senza dare nulla in cambio. Nemmeno quando, per sette secoli, ti hanno sempre strappato tutto di mano, anche i diritti più elementari.”
Elizabeth notò una vena polemica nella sua voce ; evidentemente Julian aveva recepito alla perfezione gli insegnamenti del fratello. Ad ogni modo, non poteva certo dargli torto ; la fazione a cui apparteneva il ragazzo era sempre stata quella più danneggiata nel corso della storia del suo paese.

“Non hai idea di quanti amici, sia cattolici che protestanti, avesse Sean...ed erano quasi tutti d’accordo con lui. Ma, evidentemente, il tizio che l’ha ammazzato non la pensava così, e tanto è bastato...”

 

“La cosa triste, Beth, non è tanto che quello fosse convinto di essere nel giusto, ma che non avesse capito che il suo gesto avrebbe di nuovo generato una spirale di violenza senza fine, quella violenza che si sta cercando invano di far cessare da troppo tempo. Pochi giorni dopo la morte di Sean lo trovarono morto, e la vendetta fu rivendicata dalla ‘mia parte’. E puoi star certa che la cosa non è finita lì. Qualcuno avrà assassinato l’assassino dell’assassino...e così via. Non finirà mai, finchè ogni famiglia non avrà in casa la sua croce.”

 

Elizabeth si alzò e si avvicinò al salice ; ne afferrò un ramo e se lo fece scorrere tra le dita.

“Voglio farti una domanda” disse. “Prenderesti il posto di tuo fratello ? Continueresti quello che lui ha iniziato ?”

Julian sospirò. “Sì” rispose. “Io credo in Sean e in tutto quello in cui credeva lui. Ha lasciato un progetto a metà, e mi sembra giusto portarlo a termine...”

“Ne ero sicura.”

“...ma non voglio tornare in Irlanda. Non ora, almeno. Ho bisogno di altro tempo per accettare tutto, visto che non ne sono stato ancora capace. Ma prima o poi credo che dovrò farlo, sarebbe da vigliacchi restare qui a guardare.”
“Nessuno ti obbliga a farlo” disse Elizabeth con voce tranquilla, “Ci sono molti modi diversi in cui combattere, quello che conta è che tu non svenda mai i tuoi ideali”.

Una leggera brezza scompigliò i capelli dei due ragazzi.

“E poi tu non sei affatto un vigliacco. Io al tuo posto sarei impazzita dal dolore  e avrei distrutto le persone che mi erano vicine con i miei scatti di nervi. Tu invece non ti sei mai lamentato di nulla, hai cercato in tutti i modi di stare vicino a tua sorella e proteggerla, e credo che tu ci sia riuscito benissimo. Amy è una ragazza felice, lo capirebbe chiunque...basta vederla quando sta con te.”

“Amy è molto più forte di me”

“Può darsi. Ma tu non hai più un fratello maggiore che ti fa da angelo custode...anzi, forse sì, anche se non puoi vederlo...e sono sicura che è terribilmente orgoglioso di te”.

Julian non riuscì a trattenere una lacrima.

“Mi  manca da morire” disse con un nodo enorme che gli serrava la gola.

Elizabeth si inginocchiò accanto a lui, gli baciò la tempia e lo abbracciò.

“Sei il ragazzo più coraggioso che io abbia mai conosciuto, Julian Ross” gli disse, mentre lui ricambiava il suo abbraccio asciugandosi la lacrima.

“E anch’io sono fiera di te... anche se sei un rompiscatole di prima classe e a volte ti ucciderei  ! ! !”

Entrambi scoppiarono a ridere.

Julian non disse più nulla ad Elizabeth quella sera, ma se lei lo avesse guardato negli occhi avrebbe capito che per quel ragazzo era diventata più di una semplice amica.

E anche lui aveva iniziato ad occupare un posto speciale nel cuore di lei.

 

 

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Capitolo 5
*** Capitoli 21-25 ***


21

21. Segni di cedimento

Nonostante tutti i disastri che erano capitati, la situazione alle prove doveva ancora toccare il fondo.

Quel lunedì erano già tutti nell’Auditorium pronti a mettersi al lavoro (Oliver e Philip erano ancora un po’ acciaccati a causa dell’incidente della botola, tuttavia non avevano osato lamentarsi e se ne stavano ben alla larga da Mark, avendo capito che le rare volte in cui il ragazzo si arrabbiava erano guai seri), quando Maddy entrò di corsa, raggiante.

“Indovinate un po’ cos’ho qui !” disse sollevando una borsina di plastica.

“Uhm...hai fatto la spesa ?” rispose distrattamente Julian.

“No, cretino, dà un’occhiata ! Anzi, è meglio se ci pensa il diretto interessato...vieni a vedere, Tommy !”, disse la ragazza togliendo dalla sporta un fagotto di stoffa e aprendolo con orgoglio davanti all’amico.

“Tadaaa... !”

“...”

“E allora, non dici niente ?” protestò Maddy.

“Non ho parole... l’hai fatto tu ?” disse Tommy, mentre i suoi compagni osservavano divertiti la scena : dalle mani di Maddy pendeva il costume di Macbeth...con qualche difettuccio.

“Tutto con le mie manine, tesoro !”

Si vede, pensò ridacchiando Elizabeth : la blusa verde brillante (troppo attillata, per la verità), che si doveva stringere in vita con una cintura di fintissimo rettile, aveva un colletto di pizzo a cappe che Maddy doveva aver tolto da un grembiule dell’asilo e un mantello marrone che si allacciava al collo con uno spago dalle estremità sfilacciate. Quanto ai pantaloni, consistevano semplicemente in un vecchio paio di fuseaux bianchi in cui Tom non sarebbe entrato neanche dopo una dieta da Biafra.

“Carino come sudario” commentò acida Patty. Maddy finse di ignorarla.

“Allora, ti piace ? Ci ho lavorato sopra tutta la settimana, solo per te !” disse la ragazza in tono speranzoso. Tom non ebbe il coraggio di risponderle ; avrebbe recitato nudo, piuttosto che indossare quella roba, ma non voleva deludere Maddy, che sognava invano un segno di gratitudine da parte del ragazzo.

Ci pensò Stephen, con il suo savoir-faire da elefante, a riportarla alla cruda realtà.

“Sì, quel costume da carnevale è proprio carino, peccato che siamo un po’ fuori stagione. Avanti, cos’è che dovevi farci vedere ?”

Maddy diventò prima bianca come un cadavere, poi paonazza. I ragazzi temevano che esplodesse. E così fu.

“BRUTTOIGNORANTEROMPISCATOLEIDIOTADASTRAPAZZONONHAIIDEADELLA-FATICACHEMIE’COSTATOMETTEREINSIEMEQUESTAROBALEMIEDITA
SONODIVENTATEDEIPUNTASPILLI-MICISONOCONSUMATAGLIOCCHIETUHAIILCORAGGIODIINSULTARECOSI’ILMIOLAVORO-MAARRANGIATI
CRETINOSEVUOIUNCOSTUMEFATTELOFAREDATUANONNAINCARRIOLA ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !”. Detto questo, si sedette a terra e scoppiò a piangere premendosi il costume sulla faccia e imbrattandolo tutto di mascara.

Tutti i ragazzi si precipitarono a consolarla.

“No, ti prego, non fare così...”

“Non lo pensava sul serio...”

“Sei stata bravissima...”

“Sei una ragazza da sposare...”

“E’ il costume più bello che io abbia mai visto...”. Tom sussultò e si morse la lingua, pentendosi amaramente di quello che aveva appena detto. Maddy colse la palla al balzo e, rialzando gli occhi ancora umidi verso di lui, disse :

“Davvero ? Allora lo indosserai ?”

Tom tentennò un istante.

“Ma certo che lo farà !” esordì Oliver mettendo un braccio attorno alle spalle dell’amico. “E scommetto che non vede l’ora, vero Tommy ?”

Tom si sentì perduto. Passò in rassegna lo sguardo di Maddy, che lo guardava piena di speranza, quello dei suoi compagni, che lo osservavano con invidia perché lui era stato l’unico ad entrare nelle grazie della giovane, e quello delle ragazze, che significava ‘te la sei cercata, adesso sbrogliatela da solo’.

Sospirando, Tom si fece coraggio e disse : “Va ben...”

“Stupendo ! Provatelo subito !” esclamò Maddy saltando in piedi. In men che non si dica aveva trascinato Tom nel magazzino e, dopo avergli cacciato in mano l’orrida veste, gli aveva chiuso la porta alle spalle.

Ormai è in trappola, pensò Philip.

Un paio di minuti dopo, il povero Tom fece capolino dalla porta e, con la mano, fece cenno ad Oliver di raggiungerlo. Dopo che il ragazzo fu entrato nella stanza, Tom richiuse di forza la porta e sibilò :

“Vedi di fare qualcosa, io non esco conciato così ! ! !”

“Tom, piantala, non riesco neanche a vederti...qui c’è buio pesto ! Senti, adesso devi farlo, non vorrai deludere la tua (calcò parecchio quest’ultima parola) Maddy ? E poi devi ritenerti fortunato, finora sei l’unico che ha un costume di scena !” disse ironicamente Oliver “Per cui smettila e usciamo di qui, comincio a soffrire di claustrofobia...”. Detto questo, spalancò l’uscio e, mettendosi in fianco ad esso, annunciò : “Signore e signori...ecco a voi...Macbeth Baker!”

Appena Tom uscì, i ragazzi riuscirono appena a trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa risata. Lo spettacolo che si era presentato ai loro occhi era veramente ridicolo : Tom non sembrava Macbeth, ma un misto tra la parodia di Robin Hood, un ballerino classico e un salsicciotto in scarpe da ginnastica.

“Hmm...forse ti è un po’ stretto sui fianchi” borbottò, pensierosa, Maddy.

“Anche da qualche altra parte, direi” aggiunse Lucy in tono sarcastico. Tom arrossì e cercò di avvolgersi nel mantello, che però gli copriva a malapena la schiena e gli arrivava giusto sotto la vita.

“Sie...siete solo invidiosi, ecco la verità !” balbettò il ragazzo.

“Come no ! Però scommetto che ora sei tu che invidi noi, vero Tommy ?” disse Jack ridendo.

“Sì, sì, ridete pure, vedrete quando ci sarete voi nelle zampe di Maddy...allora riderò io !” rispose sotto voce Tom, per non farsi sentire dalla ragazza. “Se avete finito di....fare commenti, potrei andare a cambiarmi, che dite ?”

“Dico che purtroppo è tardissimo e dobbiamo cominciare alla svelta !” disse Oliver, beffardo “Per cui ti toccherà provare in costume...non è un grande onore ? Pensa che non siamo nemmeno alle prove generali !”

“Ollie, non puoi...”

“Oh, sì che posso ! E ora piantala di fare storie e muoviti ! Dobbiamo rifare la scena del coltello.”

Tom, arrabbiatissimo, si diresse a grandi passi verso Oliver, che lo aspettava in scena assieme a Paul.

“Questa me la paghi, bastardo” gli sibilò in un orecchio dopo averlo afferrato per il collo della camicia. “Giuro che appena è finito tutto ti...”

“Scusate, Julian è qui ?”

Tutti si voltarono a guardare la nuova venuta. Appena Tom capì chi era, desiderò ardentemente di non essere mai nato.

“Ciao Amy... Ti serve qualcosa ?” disse Julian lanciando uno sguardo imbarazzato verso Oliver e Tom e dirigendosi verso la sorella.

“Dovevo solo portarti le chiavi di casa...esco a far shopping con Karen, e papà non c’è...ehi, ma chi è il tizio col mantello ?” chiese Amy incuriosita notando, disgraziatamente, la ‘mise’ di Tom.

“Ehm...anticipo di prove generali ! E ora vai, svelta, non vorrai far aspettare Karen !” la incalzò Julian, per evitare che la ragazza identificasse Tom. Il ragazzo, a sua volta, stava cercando di defilarsi, ma fu bloccato dalla voce squillante di Amy.

“Ah, ma è Tommy ! Quanto sei carino ! Sembri un po’ Batman, ma più simpatico !”

Tom cominciò a sudare profusamente, un po’ per l’imbarazzo, un po’ per l’involontario complimento di Amy. Le fece un sorriso ebete e cercò di farfugliare qualcosa.

“Eeeh...vedi...costume...Maddy...carino, vero ?...”

Maddy incrociò le braccia, indispettita dal comportamento del ragazzo. Possibile che lui non la considerasse minimamente, lei che era ambita da quasi tutti i ragazzi della scuola, e che le preferisse una sbarbina di un anno più giovane ? Era proprio vero ; si desidera sempre ciò che non si può avere.

Amy, comunque, era veramente carina, sempre fresca e vivace. Nonostante assomigliasse poco a Julian, chiunque li vedesse insieme capiva che erano fratelli. Lo stesso sguardo, lo stesso sorriso, lo stesso modo di esprimersi gesticolando e di ridere buttando la testa all’indietro ; poco importava che lei avesse lunghi capelli castani e occhi verde scuro e lui fosse moro con gli occhi nocciola, si notava al volo che uscivano dallo stesso stampo.

“Ora devo proprio scappare. Buon lavoro a tutti...ciao Tommy !” disse agitando una mano verso il ragazzo e sfoderando uno dei suoi più bei sorrisi.

“...e buon lavoro anche a te, fratellone !” disse poi, alzandosi in punta di piedi a baciare la guancia di Julian.

I ragazzi la guardarono uscire di corsa e sospirarono ; eh, già, Amy era proprio una ventata di aria fresca.

“Forza, ciurma, al lavoro ! Che c’è, vi siete incantati ?” disse Oliver, battendo le mani come al solito per richiamare l’attenzione dei presenti. “Paul, Tom. Atto secondo, scena prima. Saltiamo subito all’incontro con Macbeth.”

Oliver si mise comodo (ben lontano dalla botola !) ad ascoltare il dialogo tra Banquo e il suo signore.

“Chi va là ?” disse solennemente Paul.

“Un amico” rispose Tom con aria scocciata.

“Ancora in piedi, monsignore ? Il Re è.... Sarah !” gridò all’improvviso Paul dopo aver visto dalla finestra la ragazza dei suoi sogni che si dirigeva verso il cancello.

“Aspetta Saraaaaaaah ! Ti devo parlareeeeeeee !”

No, no, NO ! ! ! , si disse Oliver, vedendo l’amico saltare giù dal palco e lanciarsi verso l’uscita.

“Torno subito, continuate senza di me !” disse Paul, sparendo nel corridoio.

“Tre battute. Questo è un vero record “ disse Oliver.

“Che facciamo, Ollie, continuiamo ?” disse Tom, ancora seccato per la figuraccia fatta con Amy Ross.

“Certo che continuiamo...almeno facciamo il tuo monologo, così non ci pensiamo più. Dai, vieni qui al tavolo e attacca, ma veloce che sono già stufo” rispose Oliver, appoggiandosi al muro.

Tom fece un passo in avanti e, dopo aver guardato cosa c’era sulla tavola, la indicò con il pollice e disse con aria incredula: “Ma che cos’è, un coltello ?”

“Sì, la battuta era più o meno questa... cerca di dirla in modo un po’ più convinto !”

“Guarda Ollie che non stavo mica recitando... ti ho chiesto se quella roba è un coltello... o mi state di nuovo prendendo per il sedere ?”

Detto ciò, sollevò con due dita una specie di sciabola di plastica formato mignon, che portava in rilievo sulla lama la scritta ‘Sandokan’.

“Senti, stendiamo un velo pietoso...” disse Oliver “Era l’unica cosa che assomigliasse ad un coltello che avevamo a disposizione...probabilmente ci giocava il nonno di Davenport...insomma, vedi di far finta di niente e continua !”

Tom, perplesso, posò quell’arma letale e, dopo essersi schiarito la voce, disse :

“E’ un coltello, quello che vedo qui davanti ?”

Oliver scosse la testa e disse : “Non così...non devi domandarti se quello è un coltello o una forchetta...devi apparire tentato...quell’arma ti farà commettere un omicidio, ricordatelo !”

“Va beh... E’ un coltello , quello che...”

“No !” lo interruppe nuovamente Oliver “Meno deciso !”

“E’ un coltello, quello che vedo qui davanti ?”

“Ho detto meno deciso !”

“Ma insomma, Ollie !”

“E dai, ricomincia !”

Tom stava ribollendo dalla rabbia.

“E’ un coltello, quello...”

“No.”

“Non è un coltello ?” disse Tom in tono sarcastico.

“Tommy...”

“Va bene, va bene. Hm. E’ un coltello quello che...”

“Alza la voce, se parli così non ti sente nessuno !”

“E’ un...”

“Tom, un tipo strano sta cercando di fregarti la bicicletta” disse Benjamin guardando fuori dalla finestra.

“TI AMMAZZOOOOOOO ! ! ! ! ! ! ! ! !”

Tom afferrò il pugnale giocattolo e si precipitò fuori dalla stanza.

Oliver avrebbe voluto piangere ; invece si chiese, come tutti gli altri, quale sarebbe stata la reazione del ladro di biciclette nel vedersi correre incontro Tommy conciato in quel modo abominevole.

22. Provaci ancora, Paul !

Mentre tutto questo accadeva, Paul era riuscito a raggiungere Sarah appena prima che uscisse dal cancello.

“Sarah ! Aspettami !”

La ragazza si voltò di scatto e si spaventò un pochino vedendosi correre incontro Paul, tutto rosso e con il fiatone ; in un attimo, il ragazzo la raggiunse. Sarah avrebbe voluto scappare via ; imbarazzatissima, senza avere il coraggio di guardare Paul in faccia, disse :

“Ehm...ciao, Peter. Come va... ?”

“Paul” rispose, ansimando, il ragazzo.

“...Come ?”

“Mi chiamo Paul, non Peter” disse, con un filo di delusione nella voce, riprendendo fiato. Ma come, si era già dimenticata il suo nome ? “Per fortuna ce l’ho fatta...devo aver travolto tre o quattro persone mentre correvo qui !”

Sempre guardandosi in giro, come se temesse di essere spiata da qualcuno, la ragazza disse :
“... Perché, devi dirmi qualcosa, Pet...ehm, Paul, scusa !”

“Peter, Paul...non fa molta differenza, sempre santi sono !” rispose il ragazzo con una risata. “Comunque...insomma, volevo salutarti...è un po’ che non ti vedo !”

“Beh, a dire la verità...l’ultima volta è stato tre giorni fa, in mensa... poi c’è stato il week-end di mezzo e...”

“Oh, già. Comunque...tutto ok ? Com’è andato il compito di matematica ?”

“Ma...come hai fatto a ricordartelo ?” chiese, stupita, la ragazza.

“Beh, sai...il vecchio Paul ha la memoria di un elefante !”

“Comunque tutto bene, grazie... e la vostra recita ?”

“Lascia perdere... stiamo impazzendo tutti !”

In cinque minuti le raccontò tutti i disgraziati avvenimenti di tre settimane di lavoro. La ragazza rise, e Paul si disse che era stupenda quando era felice. Avrebbe voluto inventarsi qualcos’altro per sentirla ridere ancora.

“Comunque abbiamo tutti bisogno di un po’ di relax...io non so nemmeno quando è stata l’ultima volta in cui ho preso in mano la chitarra !” continuò Paul.

“Tu suoni la chitarra ? E’ stupendo ! E hai un gruppo o suoni per conto tuo ?”

“Tutt’e due...anche se suonare in gruppo è molto più divertente ! Conosci i Picasso’s Last Words ?” chiese, speranzoso, Paul.

“Uhm..no, mai sentiti” rispose Sarah dopo averci pensato un po’ su.

E tre, si disse Paul, visibilmente deluso. Sembra quasi che lo faccia apposta !

“Beh, i membri sono quasi tutti miei compagni di classe. C’è Mark Landers, il figlio del veterinario, quello alto, con la pelle scura...lui suona il flauto e il sax. E’ un po’ impacciato e quando si muove combina spesso qualche disastro, ma è grandioso, a volte tira fuori certi numeri...”

“Davvero è così bravo ?”

“Il migliore. Poi c’è Julian Ross che suona il pianoforte... saprai sicuramente chi è, non è il tipo che passa inosservato !”

“Sì, credo di aver capito... quasi tutte le mie compagne di classe sono cotte di lui ! Hai detto che suona il piano ?”

“Sì, e anche lui è un fenomeno ! Altro che quello sbruffone di Leon Mitchell !” affermò Paul con orgoglio, prendendosi l’ennesima rivincita nei confronti del detestato leader dei ‘This Was’.

“In effetti Leon suona molto bene...ma se mi dici che Julian è anche meglio, allora...”

“Non c’è paragone, te l’assicuro. Julian è un talento naturale...e poi la sua matrigna è un’insegnante di musica !” aggiunse, dando di gomito a Sarah.

“Ah, così ha un’allenatrice personale ! Proprio fortunato !”

“Puoi dirlo forte ! Poi c’è Ollie Hutton, il nostro regista, che suona anche lui la chitarra. Lui, però, si occupa dell’accompagnamento. Alla batteria, invece, c’è Alan Crocker, di quarta A. E’ l’unico esterno.”

“Capisco. E un bassista ce l’avete ?”

“Come no ! Mi stavo dimenticando di Stephen, che amico ingrato sono ! Vedi, è stato uno dei fondatori dei PLW , insieme a me ! Sai che ha imparato a suonare il basso in un mese ? Certo, se ti dico i primi risultati...Lui lo attribuisce al fatto che è mancino, ma esagera un po’...a volte crede di assomigliare a Paul McCartney...”

“Aspetta un attimo” lo interruppe Sarah. “Hai detto PLW ? E Stephen, per caso, di cognome fa Mallory ?”

“Sì, è lui, perché ?”

“Ma allora ho capito chi siete !” esclamò Sarah dandosi un colpo di mano sulla fronte. “Io sono in classe con Heather Blackwood, la ragazza di Stephen Mallory !”

Era vero, Paul se n’era dimenticato.

“Ecco perché il nome mi suonava famigliare... Heather mi ha parlato tantissimo del vostro gruppo !”

“E te ne ha parlato bene, spero !”

“Eccome ! Mi ha chiesto un sacco di volte di venirvi a sentire, ma...beh...non avevo mai tempo...” mentì Sarah. Sarebbe stato meglio dire che non avevo voglia di starmene lì come un baccalà mentre Heather lumava il suo ragazzo, pensò.

“Stai scherzando ?” esclamò Paul. “Allora DEVI venire a vederci !”

“Io...veramente...non so...” tentennò timidamente Sarah.

“Senti, noi suoniamo giovedì prossimo al ‘Mickey and the Mouse’, il locale in fondo a Gillingham Close...ti prego, vieni ! Ci tengo un sacco ! Non ti deluderemo, vedrai ! E poi, se ti va, potrai cantare qualcosa con noi...”

Sarah non sapeva cosa dire...non poteva dire di no allo sguardo supplichevole di quello strano ragazzo che aveva conosciuto da pochissimi giorni e già manifestava un grande interesse per lei.

“D’accordo, verrò. Ma non so per quanto potrò rimanere...”

“Fantastico !” la interruppe Paul “noi cominciamo alle otto e mezza, se vuoi venire prima mangiamo qualcosa insieme !”

“Va bene, ma...”

“Ora devo scappare, altrimenti Ollie mi fucila ! Grazie mille per la splendida notizia, ti aspetto !” disse Paul correndo via.

“Non mancherò !” rispose Sarah, salutando il ragazzo. Non capiva perché, ma sentiva il cuore batterle forte...

Paul non stava più nella pelle. Ridendo e saltando come un canguro rientrò nell’Auditorium giusto mentre tutti gli altri avevano iniziato a levare le tende.

“Ti sei perso una scena...” gli disse Stephen, vedendolo tornare “Tommy vestito da Robin Hood che inseguiva un ladro di biciclette con uno spadino di plastica...mai riso tanto in vita mia ! E tu dov’eri finito ? Hai trovato Sarah ?”

“Sìììììììì ! ! !” esclamò Paul, al settimo cielo. “Abbiamo chiacchierato un po’...beh, sarebbe meglio dire che io ho parlato e lei mi ascoltava...ma comunque non importa ! L’ho fatto, Steve !”

“Fatto cosa ? Le hai chiesto di uscire ?”

“Non proprio...l’ho invitata al concerto di giovedì! Non è fantastico ? Le ho detto che, se voleva venire prima...”

“Alt un attimo” lo interruppe Stephen “Non starai parlando di giovedì prossimo ?”

“Sì...il concerto nel locale di Jack... perché, c’è qualcosa che non va ?”

“Paul...sai che giorno è giovedì prossimo ?” disse Stephen incrociando le braccia.

“N-no...”

“Te lo ricordo io. E’ il 14 giugno.”

“E allora ?”

“Come allora ? Ci sono le prove generali ! Non dirmi che te ne sei dimenticato !”

“O mio Dio...” Paul impallidì.

“La recita è venerdì...abbiamo annullato tutto già da due settimane ! A parte il fatto che non c’è tempo, anche volendo, non abbiamo uno straccio di pezzo nuovo da provare !”

NOOOOOOOOOO, avrebbe voluto gridare Paul. Ma non c’era tempo per disperarsi ; doveva trovare una soluzione, e doveva trovarla in fretta.

23. Malintendersi

Tornando a casa, Paul si maledisse per essere stato così stupido. Ma come aveva potuto dimenticarselo ? Forse era stato l’eccessivo entusiasmo del momento che gli aveva fatto perdere la testa. Ma adesso la cosa importante era dire tutto a Sarah. Come diavolo avrebbe reagito ? Si sarebbe arrabbiata o sarebbe stata comprensiva e l’avrebbe perdonato ? Certo che sei proprio un genio, si disse Paul, un bidone al primo appuntamento... come minimo non ti guarderà mai più in faccia, e ne avrà tutte le ragioni. Comunque devo solo dirle che il concerto è rimandato a data da definirsi e chiederle scusa...non è mica la fine del mondo. Potrò comunque chiederle di uscire a spettacolo concluso, ci saranno un sacco di altre occasioni per vederci ! Certo, dovrò cercare di ricordarmi quando sono libero... magari è meglio se do un’occhiata al calendario... HEY, MA CHE STO DICENDO ? ! ?

Paul si scosse e si passò le mani sulla faccia. Devo essere impazzito, si disse. Cosa pensavo di fare, dirle “Scusa cara, controllo un attimo la mia agenda...sì, ho un buco libero domani tra una colazione d’affari e una riunione”... sto decisamente esagerando. Basterà solo riflettere prima di parlare. E’ così semplice !

Sospirando, entrò in casa e si buttò sulla poltrona. Com’era quella vecchia canzone di Bob Marley?, pensò. Everything is gonna be alright... andrà tutto benissimo.

L’indomani, appena suonata la campanella dell’intervallo, Paul si precipitò con il cuore in gola a cercare Sarah. La ragazza era ancora seduta al suo banco, intenta a copiare degli appunti ; quando vide Paul, che, nervosissimo, si torceva le dita sulla porta, si alzò e gli andò incontro sorridendo.

Quant’è carina, pensò Paul osservando i lunghi capelli biondi che ondeggiavano ad ogni passo della ragazza. Sembra un raggio di sole.

“Ciao Paul ! Hai visto che stavolta mi sono ricordata il tuo nome ?”

“Ehm...ciao Sarah... come va ?” balbettò il ragazzo, visibilmente imbarazzato. Sarah si accorse subito che qualcosa non andava ; sembrava quasi che Paul non volesse essere lì. Di riflesso, si mise sulla difensiva.

“Bene...sì, piuttosto bene... e tu ?”

“Io..ecco...volevo dirti che...insomma..”

Sarah cominciò a spazientirsi ; possibile che quel benedetto ragazzo iniziasse tutti i suoi discorsi con frasi sconnesse ?

“Insomma cosa ?” disse la ragazza, mettendo le mani sui fianchi. Paul si accorse del cambiamento d’umore di Sarah, e ciò lo rese ancora più inquieto.

“Volevo dirti che...il concerto di giovedì...non puoi venire... “ Non puoi venire ? Mio Dio, cosa sto dicendo ? ! ?

“Ah.” Disse Sarah, fredda come il ghiaccio.

“No..cioè, puoi venire se vuoi, ma il concerto non c’è...in realtà l’abbiamo sospeso per le prove generali, quindi non troveresti nessuno, he, he, che idiota !”. Paul ridacchiò nervosamente, capendo che stava mandando tutto a farsi friggere.

“Allora dove cavolo devo venire ?”

“Da nessuna parte. Cioè, no...se ti va possiamo uscire lo stesso a bere qualcosa...”

“Ma non avevate le prove generali ? ! ?”

“Ah, già, è vero. Niente giovedì, allora. Facciamo venerdì ?... no, aspetta. Questo week-end non ci sono. Poi ci sono di mezzo gli esami, e sicuramente vorrai studiare...” disse Paul cercando di fare il ragazzo premuroso. Naturalmente, però, ottenne l’effetto contrario.

“Senti, lascia perdere. Ho capito.” Rispose Sarah girando i tacchi e incamminandosi lungo il corridoio.

Paul cercò disperatamente di fermarla : “No, aspetta, non mi sono spiegato...”

“Non c’è niente da spiegare, Peter” lo interruppe Sarah senza voltarsi “Proprio niente. Ci vediamo quando avrai le idee un po’ più chiare”.

Paul la guardò scomparire dietro l’angolo. Sentì un groppo in gola e un lacrimone salirgli all’occhio. Lo ricacciò indietro con un singhiozzo. Cretino, si disse. Stupido, idiota, deficiente, deficiente...

“Oh, allora sei qui ! Ti ho cercato dappertutto !” disse Mark apparendo improvvisamente alle spalle del ragazzo con una rivista tra le mani. Paul non si mosse e continuò ad imprecare dentro di sé.

“Guarda” continuò Mark “Ti ho portato ‘Rolling Stone’ di questo mese, c’è un mega servizio su Pat Metheny e...”

“IMBECILLE ! ! !” sbottò improvvisamente Paul alzando le mani al cielo.

“Ma...ma che ti ho fatto ?” sussurrò Mark, allibito.

“No, non tu... IO ! ! !” esclamò Paul scoppiando in lacrime e cercando appoggio sulla spalla di Mark.

“Ci siamo... dai, torniamo in classe che mi racconti tutto” disse Mark circondando con un braccio le spalle dell’amico che piangeva come un bambino con la faccia nascosta tra le mani.

Arrivati in classe, i due furono subito circondati dai compagni, che , con grande spirito di solidarietà, lasciarono sfogare l’amico.

“Accidenti, non ci voleva proprio” disse Julian.

“No che non ci voleva !” esclamò Paul, disperato. “Non posso crederci...è finita ancora prima di cominciare !”

“Ma Paul, non potevi proprio stare un po’ più attento alle parole ? Te l’ho sempre detto, tu dici sempre quello che non pensi !” disse Stephen.

“Grazie tante, Steve” disse Paul asciugandosi il naso “Se l’avessi fatto ora non sarei qui a frignare, no ? Comunque è fatta, devo togliermela dalla testa, non c’è più niente da fare...”

“Non è detto” disse Mark portandosi pollice e indice al mento, pensieroso. “Forse c’è una soluzione...ma dovremmo prima interpellare i Picasso’s Last Words.” Paul, Stephen, Julian e Oliver gli lanciarono un’occhiata interrogativa.

“Sì” continuò il ragazzo “Credo proprio che si possa ancora fare qualcosa.”

24. A tutto c’è rimedio

Sarah si buttò sul letto, furiosa. Come aveva potuto farsi prendere in giro ancora una volta ? E soprattutto, come poteva ancora credere che qualcuno si interessasse a lei ? Certo, quel tipo...Peter, Paul, come diavolo si chiamava, gli venisse un colpo, era stato davvero convincente. La finta estasi alle prove, l’approccio in sala mensa, la scena all’uscita... tutto perfetto. Se lo vedeva, Paul, a scherzare con gli amici... “Scommettiamo che nel giro di tre giorni mi intorto quella biondina scema ?”. Chissà cos’aveva vinto, il bastardo. Ce l’aveva quasi fatta. Sarah riusciva quasi a sentire le risate alle sue spalle...possibile che se ne accorgesse sempre troppo tardi ? Ma stavolta non glie l’avrebbe fatta passare liscia...

La ragazza si voltò su un fianco. Improvvisamente, la rabbia lasciò il posto alla delusione e all’amarezza. Sarah iniziò a piangere sommessamente. Ma perché ?, si chiese. Lui sembrava così diverso... quando l’aveva conosciuto sembrava che non glie ne importasse niente se lei era timida e impacciata, se non era bella o se gli altri la chiamavano Sarah la Talpa a causa della sua forte miopia. Sarah la Talpa...com’era umiliante !

Non avrei mai dovuto ascoltare Heather e andare a quel maledetto provino, si disse. E comunque non mi farò più prendere in giro. Chi se ne frega se resterò sola per tutta la vita...tanto lo sono già !

Si scosse un attimo quando sentì bussare alla porta della sua stanza.

“Sarah, c’è qui Heather” disse sua madre. La ragazza si asciugò in fretta gli occhi e andò ad aprire.

Sua madre se n’era già andata e, in piedi in mezzo al corridoio, se ne stava una ragazza dai corti capelli castani e un sorriso gentile.

“Ma come, sono solo le otto e mezza e tu sei già a letto ?” disse, ridendo.

Sarah si grattò la testa. “No, stavo solo riflettendo...vieni, entra”.

“Riflettendo ? Diciamo che stavi dormendo” disse l’amica mettendosi a sedere sul letto.

“Magari” ribattè Sarah “Non riesco a togliermi dalla testa quel pezzo di...”

“Frena, cara” la interruppe Heather “Mi sa che te la sei presa un po’ troppo. Io non credo che lui volesse prendersi gioco di te...”

“Ah, no ? E allora com’è che mi ha dato buca ancora prima che potessimo cominciare a conoscerci ? No, non dirlo : si è accorto di non essere il ragazzo giusto per me, che io merito di più, e tutte le altre balle che mi sento raccontare da sedici anni a questa parte !”

“Hey hey, che bambina precoce ! Non dirmi che hai ricevuto il tuo primo due di picche quando eri ancora al reparto maternità...”

“Heather, per favore. Non è giornata.”

“Scusa, era una battutaccia, lo so. Ma voglio solo dirti che stai traendo delle conclusioni un po’ troppo affrettate.”

“Ma quali conclusioni affrettate ! ! !” sbottò Sarah “I casi sono due : o quello è del tutto deficiente o è completamente idiota !”

“Oppure è uno che non ci sa molto fare con le ragazze” aggiunse Heather.

“Dì pure per niente, in questo caso. Comunque io non ci credo. Nemmeno lo scemo del villaggio arriverebbe a tanto” disse Sarah incrociando le braccia e guardando fuori dalla finestra.

“Adesso stai davvero esagerando” replicò Heather “Capisco quanto tu possa essere arrabbiata, ma conosco Paul e so per certo che non aveva la minima intenzione di ferirti. Anzi, ora sta anche più male di te”.

“Ma nooo... e tu questo come lo sai ? Ah, già, dimenticavo che è il migliore amico del tuo bello...magari è lui che ti manda in avanscoperta ?”

“Senti, ora piantala altrimenti ti prendo a sberle” disse Heather minacciando Sarah con l’indice teso. “Tutta questa storia è frutto di uno stupido malinteso del cavolo a cui Paul ha tutta l’intenzione di rimediare...così”. Heather tirò fuori dalla borsetta una busta bianca su cui c’era scritto ‘Per Sarah’, e la consegnò all’amica che la fissò stupita.

“Che cavolo è ?” chiese la ragazza.

“Aprila e lo scoprirai, idiota” rispose l’amica sorridendo.

Con mani tremanti, Sarah aprì la busta e ne tirò fuori un biglietto scritto a mano che diceva :

Sei ufficialmente invitata

ad uno speciale concerto dei Picasso’s Last Words

che si terrà giovedì 14 giugno alle 20.30

al secondo piano del bar

“MICKEY AND THE MOUSE”.

Chiedi di Jack.

Per favore, vieni.

Ti aspetto

Paul

“E’ uno scherzo, vero ?” disse Sarah.

“Prendilo come ti pare” rispose Heather alzandosi e dirigendosi verso la porta “Se fossi in te, però, approfitterei di quest’occasione”

Sarah restò un attimo in silenzio. Guardò prima il biglietto, poi Heather. “Te l’ha dato lui ?” disse.

“Sì, e dagli occhi che aveva direi che ci teneva davvero molto.”

Sarah sospirò, poi accennò ad un sorriso.

“Beh” disse “Tutti hanno bisogno di una seconda possibilità, giusto ?”

“Direi che ne avete bisogno entrambi” rispose Heather.

Scoppiarono entrambe a ridere, e Sarah si sentì molto più sollevata.

25. Tonight’s the night

Mentre si dirigeva verso il “Mickey and the Mouse”, Sarah si domandò se non fosse il caso di girare i tacchi e darsela a gambe. E se si fosse trattato di uno stupido scherzo, l’ennesimo che avrebbe dovuto subire ? Se non ci fosse stato nessuno ad aspettarla, salvo qualche faccia sghignazzante che non si sarebbe fatta il minimo problema a sfotterla per mesi ? No, era stata Heather a darle la lettera, e lei non si sarebbe mai prestata ad un gioco del genere... era la sua migliore amica ! E poi aveva ricevuto l’invito direttamente dalle mani di Paul, a sua volta migliore amico di Stephen...se ci fosse stato sotto qualcosa, lui l’avrebbe certamente saputo, e la stessa Heather glie l’avrebbe cavato fuori in un batter d’occhio !

Mentre si diceva che stava diventando decisamente troppo sospettosa (cosa legittima, visti i precedenti), si trovò, quasi senza rendersene conto, davanti all’ingresso del bar.

Sarah tirò un profondo respiro ed entrò, guardandosi intorno. Gli avventori erano ridotti a sette o otto persone, quattro delle quali erano impegnate ad un tavolo da biliardo e gli altri erano seduti al bancone, dietro il quale la barista, una tipa dal viso tondo e i capelli a caschetto, stava asciugando i bicchieri senza degnarla di uno sguardo.

Nessuna faccia nota ; la ragazza cominciò a sentirsi decisamente a disagio. E adesso ? pensò.

“Sarah ?”

“... !”

La voce la fece sobbalzare. Si voltò e capì che la voce roca apparteneva ad un ragazzo spettinato e sorridente fermo davanti ad una porta aperta dietro al bancone ; oltre essa era visibile una rampa di scale.

“Tu sei Sarah Nash, vero ?” continuò quello strano tipo.

“S...sì” balbettò lei.

“Fantastico, sei puntuale come un orologio ! Sali, stavamo giusto aspettando te !” disse lui, invitandola con un cenno a salire.

“Stavamo ?” disse lei, sorpresa. “Un momento...ma tu chi... ?”

“Ah, già, che stupido ! Io sono Jack Morris... Paul ti avrà sicuramente detto di chiedere di me, giusto ? Ora andiamo, forza, quelli muoiono dalla voglia di suonare !”

Sarah si mosse lentamente verso Jack. “Senti, ma... com’è che possiamo salire e scendere da questo posto come ci pare e piace ?” disse, indicando la porta.

“Semplicemente perché questo bar è mio” rispose il ragazzo “Cioè, è dei miei genitori ! Quella racchia musona che sta servendo i cocktail è mia sorella Paula” disse indicando la giovane barista che immediatamente si girò e disse in malo modo al fratello : “Ti ho sentito, sai ? Vedete di non fare troppo casino, tu e i tuoi amichetti fracassoni, altrimenti ve le suono io !”

“Ti adoro, Paula, cosa farei senza di te ?” rispose Jack in tono sarcastico, salendo le scale insieme a Sarah. La sorella lo ignorò. “Non preoccuparti, Sarah, abbaia tanto ma non morde quasi mai... piuttosto, sei pronta all’evento mondano dell’anno ?”

“A dir la verità non ho ancora capito in cosa consista... la faccenda è stata piuttosto confusa” rispose la ragazza.

“Oh, lo capirai da sola. Comunque devo dire che Paul aveva ragione...”

“Come sarebbe ?” chiese Sarah con uno sguardo interrogativo.

“Beh, sei più carina di quanto immaginassi !”. Sarah arrossì, mentre Jack alzò gli occhi verso la fine della scala, che si apriva direttamente in un’ampia mansarda.

“Eccoci qua !” esclamò Jack. “Possiamo cominciare, ragazzi !”

Una volta nella stanza, Sarah si guardò attorno, sorpresa. I ragazzi e le ragazze che stavano seduti ai tavolini si erano voltati verso di lei e l’avevano salutata amichevolmente... ma lei non li aveva mai visti !

Ad un tratto, vide Heather venirle incontro.

“Credo che dobbiamo fare un po’ di presentazioni “ disse, prendendo per mano l’amica e portandola dal gruppetto di sconosciuti che, nel frattempo, si erano alzati e la stavano circondando. Ma dov’era Paul ?

“Questo è Tom... poi qui ci sono Elizabeth, Benjamin, Philip... Jack l’hai già conosciuto, vedo... queste sono Patricia e Madeleine, e infine ecco Amy, la sorella di Julian...sai, quel gran...”

“Heather !” esclamarono all’unisono Philip e Jack.

“...ehm, insomma, te ne ho già parlato.” continuò Heather, imbarazzata. “Ragazzi, questa, se non l’avete capito, è...”

“Sarah !”

Paul sbucò da una porticina, seguito a ruota dal resto dei Picasso’s Last Words, e corse dalla ragazza a braccia aperte.

“Allora sei venuta ! Meno male, non ci speravo più !”, disse, prendendola per mano. Sarah arrossì come al solito.

“Ciao Paul” disse “Mi stavo giusto chiedendo dove fossi finito...”

“Stavo mangiando un boccone con il resto del gruppo...non preoccuparti, non ti avrei mai bidonata !”

“Beh, una volta l’hai fatto, se non sbaglio...” disse Sarah, che non sapeva ancora se fidarsi completamente del ragazzo.

“Purtroppo è vero, ma non dipendeva da me” rispose Paul facendosi serio. “Comunque vieni, ti presento gli altri !” continuò, trascinandola verso i compagni che si erano diretti verso i loro strumenti, montati in fondo alla sala.

“Stephen lo conosci già...questi sono Mark, Julian, Oliver e Alan !” . I ragazzi sorrisero e la salutarono.

“Cavoli, Paul, non ci avevi detto che la tua amica era una bambola in carne ed ossa !” esclamò Alan.

E due. Sarah era sempre più imbarazzata. Guardò di sottecchi Paul, pensando di trovargli un sorrisetto di compiacimento dipinto sul viso, come se si fosse messo d’accordo con i compari per renderla più malleabile. Invece notò che il ragazzo la guardava con gli occhi carichi di gioia e affetto.

“E’ vero” rispose Paul sorridendo “Sei bellissima !”.

Il cuore di Sarah cominciò ad accelerare. Forse aveva fatto bene a mettere quella gonna a tubino nera, la camicia annodata in vita e le scarpe col tacco... e anche a sostituire gli occhiali con le lenti a contatto e a sfoggiare un velo di mascara e ombretto. Ma c’era dell’altro : sentiva che i complimenti dell’amico non erano una semplice constatazione, come quelli di Jack e Alan. Avevano qualcosa di più profondo dietro, qualcosa che Sarah non riusciva ancora a spiegarsi...

“Paul, che dici se attacchiamo ? Si sta facendo tardi” disse Oliver mettendosi la chitarra a tracolla.

“Un momento” disse Sarah “Ma voi non avevate le prove generali, oggi ?”

“Difatti le abbiamo avute” rispose Elizabeth, affiancandosi alla ragazza “Ma il nostro Ollie è stato tanto buono da accelerare un po’ le cose...vero Ollino ?”

Oliver le lanciò un’occhiataccia. Quando Mark aveva lanciato la proposta del concerto estemporaneo, lui, naturalmente, non era stato d’accordo. Era chiaramente una follia sottrarre tempo alle prove il giorno prima della recita...e poi chissà a che ora avrebbero finito di suonare ! Alla fine, però, le suppliche di Paul avevano vinto, e lui aveva dovuto arrendersi al fatto che “al cuor non si comanda”. Aveva così deciso di lasciar perdere i costumi, le scenografie e tutto il resto, e di provare solo le scene più impegnative ; in questo modo se l’erano cavata in un pomeriggio, con gran gioia per il resto della compagnia.

“Ollie ha ragione ! Sarah, vai pure a sederti insieme agli altri...” disse Paul. Poi si voltò a guardare i Picasso’s Last Words, che si erano già messi ai posti di manovra e imbracciò anche lui la chitarra.

“Signore e signori, grazie per essere venuti qui stasera !” esordì il ragazzo, rivolgendosi al pubblico.

“Purtroppo il tempo che abbiamo a disposizione non è molto, quindi suoneremo poche canzoni...ma buone !”

“Speriamo !” disse Benji ridendo.

“Tranquilli, vi assicuro che non vi pentirete di essere qui ! Ma per favore, non chiedeteci il bis, altrimenti Paula ci butterà fuori con la scopa, insieme alla spazzatura ! E ora... un, due, tre... “

Le dita di Julian scivolarono velocemente lungo la tastiera, accompagnate dopo un attimo dalla batteria di Alan e dal basso di Stephen, a cui si aggiunsero subito le chitarre di Paul e Oliver, le quali formarono l’accompagnamento. Sarah, che aveva un buon orecchio e una discreta conoscenza musicale, riconobbe subito “Year of the cat”.

Paul iniziò a cantare.

On a morning from a Bogart movie...

Sarah osservò gli spettatori, che seguivano la canzone chi muovendo ritmicamente i piedi o la testa, chi canticchiandola tra sé e sé. Mark, che aspettava di entrare con il suo assolo, picchiettava le dita sul sassofono che aveva a tracolla.

I ragazzi suonavano bene ed erano perfettamente a loro agio. Sarah ripensò alle sensazioni che aveva provato mentre cantava “Independent love song” davanti ai This Was e si chiese se per Paul era la stessa cosa. Sicuramente no, si disse, e forse lui stava prendendo la cosa nel modo giusto ; mentre era sul palco, Sarah aveva avuto una grandissima voglia di scappare via, come se si vergognasse di quello che stava facendo ; era evidente che Paul era felice, e che per lui cantare e suonare erano una grandissima gioia che voleva condividere con tutti. Poco importava di quello che pensavano gli altri ; l’importante era che ci credesse lui.

...But the drum-beat strains of the night remain / in the rhythm of the new-born day...

E lui ci credeva, eccome !

La ragazza si rese conto che avrebbe avuto molto da imparare da Paul ; capì che ciò che contava non era fare una cosa bene o male, ma avere il coraggio di farla. E poi quella sera aveva organizzato tutto per lei...

...You know sometimes you’re bound to leave her / but for now you’re going to stay...

Aiutata dalla melodia, la felicità esplose dentro Sarah.

In the year of the cat ! ! !

Far parte del coro fu una sensazione meravigliosa.

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Capitolo 6
*** Capitoli 26-29 ***


26

 

26. The rhythm of my heart

 

 

“Bravi, bravi, bravi !” disse Sarah battendo le mani mentre i Picasso’s Last Words, dopo aver eseguito l’ultimo brano, si inchinavano davanti al loro pubblico. Non era mai stata così felice ; era circondata da sconosciuti eppure si sentiva perfettamente a suo agio. Tutti erano stati gentilissimi con lei, un po’ perché sapevano quanto Paul ci tenesse, un po’ perché la ragazza era talmente dolce e affabile che fare amicizia con lei non era per niente un problema.

“Allora Sarah, che ne dici dei PLW ?” chiese Paul, felice e sudato, dopo essersi liberato della chitarra.

“Fantastici, semplicemente fantastici !” rispose la ragazza con entusiasmo “Altro che Stand Up ! Mitchell e soci hanno le ore contate, ve lo dico io ! Che sound, che interpretazioni...”

“Beh, calma !” la interruppe Oliver “Non esagerare adesso...dobbiamo migliorare parecchio e abbiamo ancora molta strada da fare...”

“Per arrivare a Top of the Pops ?” intervenne Julian “Eddai Ollie, possibile che tu prenda sempre tutto così seriamente ? Tieni conto che l’unico qui dentro che può fare davvero fortuna è Paul ! Noialtri...beh, per ora continueremo a divertirci e basta !”

“Parla per te ! Ammesso che non ti interessi eguagliare Roy Bittan (anche se non ci sei molto lontano), io ho tutta l’intenzione di diventare un novello Clarence Clemons !” disse Mark ridendo.

“Sì, e poi quando Bruce Springsteen vorrà rinnovare la E Street Band ti chiamerà...ma se quando ti hanno pescato suonavi il flauto nella banda degli scout ?” disse Philip con ironia “Dove contavi di arrivare allora ?”

“Uhm...all’angolo della strada, forse ? Certo che se mi fossi comprato un organetto e una scimmia ammaestrata forse ora sarei pieno di soldi !”

Tutti scoppiarono a ridere, poi raggiunsero i tavolini dove si sedettero per godersi un po’ di riposo.

“Jack, ci porti qualcosa per sciacquarci la bocca ?” chiese Paul.

“Come no ! Che ne dici di un bel torcibudella per scaldare un po’ gli animi ?” rispose Jack sparendo per le scale.

“Veramente siamo già caldi” disse Stephen abbracciando Heather “Forse ci sarebbe servito prima del concerto, hai presente che performance ?”

“Sei il solito beone, Steve !” disse Elizabeth sedendosi accanto a Julian “Comunque devo ammettere che non siete affatto male...anche tu” disse rivolgendosi al ragazzo “sei notevole come strimpellatasti...la tua versione di New York City Serenade mi è piaciuta parecchio...”

A Julian si illuminarono gli occhi, anche se cercò di non darlo a vedere. “Davvero ?” disse “Credevo che te ne saresti andata dopo due canzoni al massimo...sei riuscita a stupirmi !”

“Tu non mi conosci abbastanza, amico...” disse Elizabeth con aria maliziosa. Il ragazzo deglutì e si guardò un po’ in giro per nascondere l’imbarazzo ma ad un tratto si bloccò.

“Hey, dov’è finita Amy ?”

“L’ho vista uscire sulla terrazza un paio di minuti fa” rispose Elizabeth.

“Sarà andata a prendere un po’ d’aria” disse Julian alzandosi “E io la imito. Qua dentro fa un caldo...”

“E’ meglio che tu te ne stia qui buono, fratellino” disse Elizabeth afferrandogli una spalla e rimettendolo a sedere “E’ già andato Tommy a farle compagnia...”.

Tommy ? pensò Julian, un po’ frastornato. Sapeva che sua sorella piaceva parecchio al ragazzo (e anche a lei non era indifferente), ma , sebbene lui l’avesse più volte incoraggiato, Tom non era mai riuscito a prendere l’iniziativa. Chissà che questa non sia la volta buona, si disse Julian guardando verso la portafinestra.

 

Amy, con i gomiti sul poggiolo e le mani incrociate sotto il mento, stava ammirando il paesaggio che si stagliava oltre il davanzale. Tom era dietro di lei, accanto alla portafinestra, e la guardava senza dire una parola. Non ce la farò mai, si disse, lei è troppo per me. Sospirando, stava per andarsene quando Amy, senza voltarsi, disse all’improvviso : “Non è una splendida serata, Tommy ?”

Il ragazzo restò un attimo interdetto. “Sì, ma...io...”

“Non preoccuparti, non ho poteri paranormali...ho solo riconosciuto il tuo profumo !”

“...il mio profumo ?” disse Tommy avvicinandosi.

“Sì, è lo stesso che usa Julian...mi piace un sacco !”. Tom rabbrividì. Pericoloso, molto pericoloso.

“Comunque non hai risposto alla mia domanda” continuò Amy.

“Uh ? Come ?”

“Ti ho chiesto se non trovi anche tu che questa serata sia splendida...sbaglio o sei un po’ distratto ?”

Tom arrossì. Qui di splendido vedo solo te, avrebbe voluto dire. Ma dalle labbra non gli uscì altro che un vago “Sì...sì...certo, davvero fantastica...c’è un panorama che...oh, accidenti !”. Cretino, si disse. Controllati, stai mandando tutto a rotoli. Vedi di non finire come Paul, diglielo e basta !

“Senti, Tommy...”

“Sì ?” rispose il ragazzo con voce tremolante.

“Io ti piaccio o no ?”. Tom sentì una fitta allo stomaco.

“Co-co-come ? !”

“Insomma, tutte le volte che ti vedo o non dici niente o te ne stai lì come un baccalà a balbettare frasi senza senso...ora voglio sapere se lo fai perché ti sono antipatica...”

“Nonono, Amy, che stai dicendo ? Tu non mi sei affatto antipatica, anzi ! E’ solo che...” Qui stiamo diventando un po’ troppo espliciti, pensò Tom. Devo cercare di non ingarbugliare troppo le cose e arrivare dritto al sodo, altrimenti sono rovinato !

“Che...cosa ? Insomma, mi vuoi rispondere ? Perché si dà il caso che...”

“Che... ?”.

“...che tu mi interessi parecchio, maledizione ! Lo so, questi discorsi non dovrebbe farli una ragazza...il fatto è che sono stanca di aspettare nel dubbio che il ragazzo di cui sono innamorata non abbia il coraggio di decidersi. Un sacco di gente si è persa in questo modo e dopo si è mangiata le mani. Tutto quello che voglio è una certezza, in positivo o in negativo. Qualunque sia la tua risposta, la accetterò.”

Tom si sentiva stranamente calmo. Guardando l’orizzonte, oltre il quale si perdeva la campagna circostante, disse : “Una risposta...sai qual’è la mia risposta, Amy ?”

“Quale ?” chiese la ragazza con l’animo ormai in tumulto.

“Questa” rispose Tommy prendendola tra le braccia “Spero che ti piaccia”.

E la baciò.

 

 

 

 

 

27. Ollie il beone

 

 

Mentre Tom e Amy rientravano nella sala mano nella mano, rientrava anche Jack, reggendo tra le braccia una cassetta di lattine.

“Birra per tutti, ragazzi !” esclamò. Gli altri lo guardarono stupefatti.

“Stai scherzando ?” disse Mark allibito “Lo sai che se ci becca qualcuno i tuoi rischiano la galera ? E’ proibito servire alcolici ai minorenni !”

“Riecco Mark che fa la maestrina...” intervenne Philip “Stiamo facendo una festa privata, neanche i clienti più affezionati possono arrivare quassù, cosa vuoi che succeda ?”

“Uhm, siamo proprio in una botte di ferro ! Ti ricordo che l’ultima volta che hai detto queste parole tu e Ollie siete finiti dritti al Pronto Soccorso...”

“Tranquillo, Mark” disse Jack “Questo bar è aperto da vent’anni e non è mai venuto un cane a rompere le scatole... Quanto a mio padre, non si accorgerebbe che gli frego la birra neanche se gli passassi con la cassa sotto il naso !”

“Bravo Jack, così si fa ! Alla faccia del proibizionismo...BURP !” disse Oliver che, zitto zitto, si era già scolato due lattine.

“Hey Ollie, non avrai deciso di ubriacarti proprio stasera, eh ?” disse Paul, un po’ preoccupato.

“Sto solo an...annegando i miei dispiaceri nell’alcool...” borbottò Oliver, con la voce sempre più impastata, svuotando la terza lattina “E ultimamente sono tanti...dovresti saperlo... HIC ! Sorry, mi è venuto il snigh...scingh...singhiozzo, he, he !”

I ragazzi erano piuttosto imbarazzati : era la prima volta che vedevano Oliver ubriaco fradicio, e sperarono ardentemente che fosse anche l’ultima.

“Qualcuno deve farlo smettere, Jules” sussurrò Elizabeth all’amico, tirandolo per una manica “Se domani quello si presenta in scena sbronzo, Davenport lo sbatte fuori su due piedi !”. Nel frattempo Oliver aveva terminato la quarta lattina e stava assalendo la quinta.

“A me lo dici ? E comunque hai ragione...” rispose Julian. Poi, rivolgendosi all’amico, disse : “Ollie, piantala di bere e vai a prenderti una boccata d’aria, se continui così finirai per stare male !”

“Fa...fatti gli affari tuoi, Sgiulian...sto benisscimo !” rispose, barcollando, il ragazzo.

Julian, pensando che forse Tom, essendo il migliore amico di Oliver, avrebbe potuto fare qualcosa di più, si rivolse al ragazzo...ma voltandosi verso di lui lo vide perso nei dolci occhioni di Amy. Colto da un momentaneo imbarazzo, girò lo sguardo verso Jack e notò che aveva attaccato bottone con Sarah, suscitando la gelosia di Paul che lo guardava torvo. Cercò Stephen, ma lo trovò intento a sbaciucchiarsi con la sua fidanzata, mentre Philip, Mark e Alan stavano parlando di calcio...e quando quei tre cominciavano non c’era verso di farli smettere.

My bonnie lies over the oceaaan...My bonnie lies over the seeeaaa...”

Di male in peggio. Ci mancava che attaccasse con le canzoni da osteria.

Elizabeth cercò invano di mettere il ragazzo a sedere e portargli via le birre, ma Oliver si aggrappò tenacemente alla cassetta e non ci fu verso di separarlo da essa. Nel frattempo Maddy se n’era andata, disgustata dal pietoso spettacolo che Oliver stava offrendo, mentre Patty cercava anche lei disperatamente di far tornare in sé l’amato bene, ma, visto che non c’era niente da fare, scoppiò a piangere come al solito, prontamente consolata da Lucy.

“Bevevano i nostri padri ?...Sììì !”

Julian avrebbe voluto strangolarlo : possibile che non si rendesse conto di quanto si stesse rendendo ridicolo ?

“Bevevano le nostre madri ?...Sììì !”

Ad un tratto, Julian vide Benjamin che se ne stava sogghignante in un angolo, fregandosi le mani.

“Benji, almeno tu dammi una mano ! Dobbiamo trascinarlo subito in bagno e cacciargli la testa sotto il rubinetto, altrimenti...”

“Ma la vuoi piantare di preoccuparti ?” lo interruppe Benjamin “E’ grande abbastanza per cavarsela da solo ! E poi è solo un po’ allegro, che male c’è ?”

Nel frattempo, Oliver era salito su una sedia e, sorreggendo l’ennesima lattina vuota, sbraitava traballando :

“E noi che figli siaaamo, beviam, beviam, beviaaamo...”

Allegro?, pensò Julian guardando Benjamin con sospetto. Questo sta macchinando qualcosa.

In effetti, la sbronza di Oliver aveva fatto venire a Benjamin un’altra delle sue solite, grandi idee, che avrebbe completato il geniale piano che aveva in mente per l’ indomani.

Intanto, Oliver si era rimesso a sedere e , dopo aver buttato la testa sul tavolo, si era addormentato come un bambino e russava sonoramente facendo le bolle dal naso.

“Direi che la festa può finire qui, ragazzi” disse Elizabeth “Un milione di sterline a chi farà schiodare Ollie da quella sedia !”

“E un altro milione a chi lo rimetterà in piedi domani mattina” disse Julian, preoccupato.

 

 

28. Verso casa

 

 

“Sei sicuro di riuscire a reggerlo fino a casa, Benji ? Ollie non è proprio una piuma, considerando che è pure ubriaco...”

“Sì, sì, non preoccupatevi. Un pochino riesce ancora a reggersi in equilibrio, e poi è proprio sulla mia strada.”

“Okay, ma vedi di non mollarcelo, per strada !” disse Jack.

La serata musicale, trasformata da Oliver in un festino da alcolisti anonimi ma non troppo, era definitivamente conclusa. I ragazzi erano quasi tutti andati via e Benjamin, con la faccia del buon Samaritano e le intenzioni di Giuda, si era offerto di accompagnare a casa l’amico che aveva la mente ancora offuscata dagli effetti della birra.

“Tranquilli” disse il ragazzo dopo essersi messo un braccio di Oliver attorno al collo “Arriveremo a casa in un batter d’occhio, vero Ollie ?”. E intanto faremo un bel discorsetto, caro il mio regista, pensò il ragazzo sogghignando.

“Sc...scicuro ragassci...BURP !...ragazzi... Oooh...Jack, ferma la stanza... continua a girarmi intorno...” borbottò Oliver costringendo Benjamin a dirigersi a zig-zag verso l’uscita “Scusa Benji...HIPS ! Che dici se ci facciamo un balletto ?”

“Ma certo, basta che non ci becchi la polizia...” rispose Benjamin scendendo piano le scale.

“Secondo me quei due non ci arriveranno mai, a casa” disse Elizabeth.

“E nemmeno noi, se non ci diamo una mossa !” ribattè Julian rimboccandosi le maniche “Forza, con un po’ di collaborazione riusciremo a sistemare tutto prima dell’alba !”

“Sentite” disse Jack “Voi andate pure, ci penso io a riordinare. Tanto camera mia è praticamente dietro questo muro !”

“Grazie Jack, non per fare la pigra, ma io dovrei proprio scappare. C’è qualche anima pia che può scortarmi fino a casa ?”

“Non c’è problema, Beth” rispose Amy “Sono sicura che a mio fratello non dispiacerà affatto !”

Julian, sbigottito, si voltò di scatto verso la sorella. “Cosa ? ! ? Ma...Amy, che stai...”

“Volevo solo dire di non preoccuparti, io vado a casa con Tommy. Lui è di strada, mentre Elizabeth è un po’ più distante...”

Julian lanciò uno sguardo misto tra lo stupefatto e il perplesso oltre Amy e incrociò gli occhi di Tommy, che, alzando le spalle, sembrò dire “Io non c’entro, ha fatto tutto da sola”.

“Va beh, affare fatto. Ma mi sa che quello sotto scorta sarò io...”

“Piantala, pagliaccio, e muoviti che è tardissimo ! Ciao a tutti !” disse Elizabeth avviandosi all’uscita tirando Julian per un orecchio.

“Ahiaaa ! Visto che avevo ragione ? E mollami !” esclamò Julian, costretto a seguire l’amica.

“Gran bella coppia” commentò Jack. Poi, rivolgendosi ai rimanenti, cioè Paul, Sarah, Amy e Tommy, disse : “E voi che fate ancora qui ? Sciò, sciò, fuori dai piedi che devo dare una bella ripulita !”

“Senti, Jack” disse Paul dopo essersi scambiato un’occhiata con Sarah “Se vuoi ci fermiamo noi a riordinare. Tanto il bar resta aperto ancora per un po’...non ci impiegheremo molto. E poi le ho promesso di farle sentire un pezzo che ho scritto...”

“Uhm, così volete starvene soli soletti, eh ? D’accordo, tanto anche dopo i vostri concerti siete sempre voi che sistemate tutto...ma fate i bravi, mi raccomando !”

“Non preoccuparti, papino !” disse Paul guardando Jack sparire per le scale.

“Beh, ora è meglio se ce ne andiamo anche noi. Buona notte” disse Amy prendendo per mano Tommy.

“Anche a voi... e mi raccomando , Tom, cerca di dormire !” disse Paul ridendo.

“Sarà dura ! A domani !” rispose Tom, confuso e felice.

Quando anche loro due se ne furono andati, Sarah disse :

“Eh, credo proprio che il vostro primo attore stanotte non chiuderà occhio, ma non so se per l’agitazione o per la felicità !”

“Scusa, felicità per cosa ?” chiese Paul scuotendosi un attimo.

“Ma come, non te ne sei accorto ? Si è messo con Amy proprio stasera...non hai visto come ha cambiato atteggiamento nei suoi confronti, dall’inizio della serata ?”

“Boh, francamente non ci ho fatto caso...”

“Ah, voi uomini non avete proprio intuito per certe cose...”

Paul sorrise. “Sarà” disse. Ed iniziarono a riassettare la stanza.

Terminato il lavoro, Sarah disse :

“E allora, che aspetti a farmi sentire la tua opera ?”

“Oh, già, che stupido, me ne stavo dimenticando” disse Paul imbracciando la chitarra. Bugia, non se n’era affatto scordato, aspettava solo il momento buono. E ci aveva pensato Sarah a crearlo.

Mentre accordava lo strumento, disse : “E’ un bel po’ che ci lavoro, ma non è ancora completo. Magari puoi darmi qualche suggerimento, che ne dici ?”

“Ci penseremo dopo” disse Sarah impaziente “Ora attacca, sto morendo dalla curiosità !”

Le dita di Paul cominciarono a pizzicare le corde della chitarra traendone una dolcissima melodia che però conteneva anche un pizzico di malinconia. Sarah ne fu subito catturata.

Dopo qualche minuto, Paul terminò l’esecuzione del brano, ma né lui né Sarah aprirono bocca finchè le ultime note non svanirono nell’aria.

“Allora, che ne pensi ?” chiese Paul, timoroso.

“E’...è bellissima” rispose la ragazza, che sembrava quasi estasiata. “ho provato una sensazione...indescrivibile...davvero, non riesco a credere che l’abbia scritta tu, cioè...non offenderti, non intendevo...”

“Tranquilla, ho capito !” disse Paul sorridendo.

“Come l’hai intitolata ?”

Posando la chitarra e sospirando, Paul rispose :

“A dire la verità le ho dato un titolo da pochissimi giorni...si chiama ‘When you’re not there’.”

“ ‘Quando tu non ci sei’ ?” disse Sarah.

“ ‘Quando tu non ci sei’ “ ripetè Paul.

Restarono un attimo a guardarsi negli occhi sorridendo, senza parlare.

“Si è fatto davvero tardi, è meglio andare” disse poi Sarah, guardando l’orologio. “Mi accompagneresti a casa, Paul ?”

“Con immenso piacere” rispose il ragazzo.

 

 

Mentre Amy e Tom si dirigevano verso casa tenendosi teneramente a braccetto, Julian camminava silenzioso lungo la strada che portava dagli Anderson. Elizabeth, al suo fianco, non disse nulla, ma era sicura di sapere a cosa (o meglio, a chi) fossero rivolti i pensieri del ragazzo. Alzò gli occhi al cielo terso, pieno di stelle, e annusò l’aria tiepida, profumata di gelsomino. Si preannunciava un’estate veramente stupenda. Ad un tratto, Julian disse :

“Sai cosa mi era venuto in mente, Beth ?”

“Direi di no, non sono una telepate...”

“Il ritornello di ‘Just like a woman’ di Bob Dylan. Quello che dice ‘si comporta proprio come una donna...e crolla come una bambina’.”

“Lo sapevo...stavi pensando ad Amy, vero ?” disse Elizabeth sorridendo e pensando che Julian a volte (molto, ma molto di rado) era davvero trasparente.

“Che intuito, ragazza mia ! A dir la verità dovrei capovolgere le parole di Dylan... Vedi, lei è così ingenua, allegra, piena di vita, così...così piccola. Poi ci sono delle volte, come stasera, in cui sembra comportarsi proprio...”

“...proprio come una donna. E’ vero, un po’ ha stupito anche me.”

“Prima o poi doveva succedere...è solo che io faccio un po’ fatica a rendermene conto. La mia piccola Amy...non è più tanto piccola !”

“Tanto che si è levata dai piedi il fratellone con gran classe !” disse Elizabeth. “E poi non è mai stata così piccola...ricordati che ha quindici anni, solo uno meno di noi ! Il tuo ruolo di fratello iperprotettivo è finito da un pezzo, Julian ! Guarda Floyd, il mio fratellino : ora ha tredici anni e cambia le ragazze come si cambia le calze ! Certe volte mi fa un’invidia...vorrei proprio sapere come fa !”

“Già, ormai dobbiamo arrenderci all’idea che siamo stati sorpassati...accidenti, ma arriverà anche per noi il momento buono ? ! ?”

“Arriverà, non preoccuparti” rispose Elizabeth.

Per noi... chissà, si dissero entrambi.

“Guarda le stelle, Beth” disse poi Julian con voce tranquilla “Non ho mai visto un cielo così sereno.”

Elizabeth alzò gli occhi. Non c’era una nuvola e le stelle sembravano diamanti sparsi su un telo di velluto nero.

“Tu riconosci le costellazioni, Julian ?” 

“Ma certo ! Guarda, là c’è Orione... lo vedi ?” disse indicando con l’indice un punto imprecisato nel cielo.

“No” rispose Elizabeth.

“...e quella là a destra, a forma di carro, è l’Orsa Maggiore. Là, in fondo al manico, c’è la Stella Polare, quella che indica il Nord...”

“Ma non era l’Orsa Minore ?”

“Boh, chi si ricorda ? Comunque lì c’è Cassiopea...e un po’ più sotto c’è il Cigno, lo vedi ?”

“Attento !”

“A cosa ? AHIA !”

L’avvertimento di Elizabeth non era stato abbastanza tempestivo, perché Julian, che aveva smesso di guardare la strada per concentrarsi sulla galassia, aveva abbassato gli occhi giusto in tempo per trovarsi di fronte un lampione. L’impatto fu inevitabile.

“Ti sei fatto male, Julian ?” esclamò Elizabeth.

“Sto benissimo... Oooh, che botta, accidenti !”

“Fermo, non toccarla, fammi un po’ vedere...” disse Elizabeth scostando delicatamente le dita del ragazzo e sfiorandogli la fronte. “Santo cielo, guarda che bernoccolo... Per fortuna siamo arrivati ! Vieni, devi metterci su un po’ di ghiaccio”.

Elizabeth aprì la porta di casa e accese la luce del soggiorno.

“Senti, lascia stare, i tuoi staranno dormendo, non voglio disturbare” sussurrò Julian tenendo la mano sulla fronte “E poi va un po’ meglio, non preoccuparti...”

“Vuoi piantarla di rompere ? Siediti là, io arrivo subito” ordinò Elizabeth indicando il divano e scomparendo oltre la porta della cucina. Al ragazzo imbarazzato e dolorante non restò altro da fare che obbedire.

Elizabeth tornò dopo un minuto con un fagottino in mano. “Non riesco a trovare la borsa del ghiaccio, al suo posto dovrai accontentarti di questo fazzoletto...è pulito, non preoccuparti. Aspetta ancora un attimo...”

“Beth, senti...”

“...che riprovo a cercarla.” E se ne andò di nuovo, dopo aver mollato il fazzoletto in mano all’amico.

Julian, un po’ a disagio, si portò l’involto alla fronte, ma da un angolo scivolò fuori un po’ di ghiaccio.

“Oh, cavolo !” esclamò il ragazzo cercando di prendere al volo i cubetti che, però, finirono nella bomboniera aperta sul tavolino di fronte a lui.

“Tutto okay, Jules ?”

Il ragazzo alzò di scatto la testa e , velocemente, mise il coperchio sulla bomboniera.

“S...sì, tutto okay. Hai trovato la borsa ?”

“Non ancora, ma non mollo”. Brava, continua a cercare mentre io sistemo questo pasticcio, si disse Julian. Posò il fazzoletto sul tavolino e alzò il coperchio della bomboniera. Il ghiaccio si stava squagliando e aveva inumidito il fondo del soprammobile.

Julian cercò di afferrare i cubetti, ma gli scivolarono maldestramente dalle mani e si sparpagliarono sul tappeto. Il ragazzo aggrottò la fronte, si diede del deficiente e si chinò a recuperare ciò che restava del ghiaccio accucciandosi sotto il tavolino. In quel momento entrò Elizabeth.

“Niente da fare, non la trovo...ma che diavolo stai facendo ?”

“Uh ? AHIA !”. Julian si alzò di scatto, scordandosi della sua scomoda posizione, e sbattè la testa contro il tavolino. Ad Elizabeth scappò una risatina e aiutò l’amico a rialzarsi.

“Si può sapere cosa stavi combinando là sotto ?”

Julian sospirò e aprì la mano ; i cubetti che aveva recuperato si erano sciolti, e dal suo palmo colò un rivoletto d’acqua fresca.

“Mi spiace, Beth, ti ho lavato il tappeto...”

“E anche il tavolino, vedo” disse la ragazza sollevando per un angolo il fazzoletto ormai zuppo. “Sei proprio un disastro, Julian...”

Il ragazzo la guardò un po’ storta, ma non potè fare a meno di sorridere.

“Comunque “ disse “Per guardare le stelle...ho finito per vedere le stelle !”

Scoppiarono entrambi a ridere.

“Dì un po’...ma tu conosci davvero le costellazioni ?” chiese Elizabeth.

“Chi, io ? Vuoi scherzare ? Me le sono inventate ! Non so un accidente, io, di astronomia !”

Elizabeth spalancò al bocca, afferrò un cuscino e colpì Julian in faccia.

“Brutto...brutto imbroglione ! Ti faccio vedere io cosa succede a prendermi in giro...pagliaccio che non sei altro !” esclamò, ridendo, la ragazza continuando a picchiare l’amico.

Julian non rimase con le  mani in mano e, dopo aver preso anche lui un cuscino, rispose al fuoco.

Un minuto dopo la porta di casa si aprì e apparve Floyd, il fratellino di Elizabeth. I due ragazzi, che se le stavano ancora suonando sul divano, si ricomposero quando lo videro fissarli stupito.

“Hey, cos’è ‘sto casino ?” disse.

“E’ questa l’ora di rientrare, disgraziato ?” esclamò Elizabeth. “Per fortuna mamma e papà dormono sodo, altrimenti ne sentiresti delle belle ! Ora fila a dormire, non ho voglia di buttarti giù dal letto domattina !”

“Guarda che non devo mica fare io la strega nella recita di domani, sorellina...” disse Floyd salendo le scale.

“Sparisci prima che te le suoni, cretinetto !”

“Ma va’ sulla forca !”

“Stronzo !” sbottò Elizabeth mentre il fratello si chiudeva alle spalle la porta della camera.

“Però, che affiatamento !” commentò Julian.

“Che vuoi farci, non sono mica tutti pappa e ciccia come te ed Amy !”

Julian si alzò, pensieroso. “Che dici, sarà il caso che mi fidi di Tom ?” disse.

“Chiediti se devi fidarti di Amy, piuttosto” rispose Elizabeth accompagnando il ragazzo alla porta. “Tom è praticamente una suora !”

“Uhm...forse hai ragione” disse Julian uscendo.

“Ti fa ancora male la botta ?”

“No, davvero, è passata.”

“Sicurosicurosicuro ?”

“Sicurissimo, sto benone. Scusa per il disturbo.”

“Non vuoi ancora un po’ di ghiaccio ? Aspetta, forse ho una pomata che...”

“NOOOOO....cosa devo fare per convincerti ? ! ? Guardami, sono esattamente uguale a prima...”. Spiccò un balzo sul marciapiede e si mise a ballare cantando “She’s a maniac, maniac...”

“FINITELA CON QUESTO CASINO ! DOMANI MATTINA DEVO ANDARE A LAVORARE, IO ! ! !” urlò una voce dalla finestra di fronte.

Julian si zittì e si fece piccolo piccolo, mentre Elizabeth scosse la testa e rise.

“Sì, sei proprio come prima” disse la ragazza “Stupido tale e quale a prima !”.

 

Nel frattempo, Benjamin era già stufo marcio di avere Oliver sul groppone, anche perché, oltre a lasciarsi andare ad un sonoro rutto ogni dieci metri e a fare un baccano d’inferno, al ragazzo puzzava tremendamente il fiato.

“Oooh, Benji... per fortuna c’è ancora qualcuno che mi capisce...vero Benji ?...Vero che mi capis...HIC !...sci ? “Sì, sì, certo” rispose Benjamin pregando che casa Hutton non fosse troppo lontana “Ti capisco eccome...ma, per favore, cerca di non alitarmi in faccia ! Cosa ti sei bevuto, l’acqua del water ?”

“Il water...ha, ha ! Il water... Ma l’avete sentito ?” rispose Oliver parlando con immaginari ascoltatori “Sai cosa ci butto io nel water, eh Benji ? Mi ci butto iooooo.... Così quegli altri cornuti imparano a prendersi gioco di Olivr...Oviler...Oliver Hutton, ecco ! MUOIA SANSONE CON...CON TUTTI I FILISTEIIIIII...BURP !”

“Ollie, per favore ! ! !”

“S...scusa Benji...ma qui non c’è più nessuno che mi vuole bene...neanche il mio gatto mi vuole bene...ma almeno tu mi vuoi bene, eh Benji ? Perché io ti voglio bene, anche se...BUUURP...ne voglio di più a Maddy... he, he !”

“Mi sembra giusto”

“Ma neanche lei mi vuole bene...solo quella rimbambita di Patty mi vuole bene, ma io non le voglio bene, allora mi vuoi bene sì o no ? ! ?”

“Certo che ti voglio bene, Ollie” rispose Benjamin sospirando. Per fortuna erano quasi arrivati...

“Davvero ? ! ? Forse sei l’unico, alloraaa... HIC !”

Benjamin colse la palla al balzo. “Ma no, Ollie” disse in tono mellifluo “Anche gli altri ti vogliono bene...solo non capiscono che tu stai facendo del tuo meglio per questa recita !”

“No che non capiscono” disse Oliver che, scaldandosi, stava lentamente recuperando la lucidità “Non capiscono un accidente ! Io non voglio fare il bastardo, non sono un bastardo, questo lo sai, vero, Benji ? Lo sai ? Eh ? Lo sai ?”

“Sì che lo so” rispose Benjamin.

“E ALLORA COME FACCIO A SPIEGARGLIELO ? ! ?”

“Non devi spiegargli proprio niente...loro hanno solo bisogno di essere tenuti un po’ più in considerazione, di sentirsi importanti. Vedi, un regista non deve usare solo il bastone, ma anche la carota...lasciali un po’ liberi di fare quello che vogliono e vedrai che le cose non potranno far altro che migliorare !”

“Geniale...” disse Oliver “E... e per esempio ?”

“Per esempio potresti cominciare da me...sai, ho una fantastica idea per rendere la recita un vero successo ! Lasciami fare e vedrai che perfino Davenport si inchinerà davanti al tuo genio !”

“Tu...tu non mi convinci mica...” borbottò Oliver con sospetto.

“Fidati di me, Ollie. Credi forse che potrei fare qualcosa per danneggiarti ? Io che ti voglio bene come...come un fratello ?”. Sono proprio un gran bastardo, si disse Benjamin.

“E’ vero, me l’hai appena detto...ma lo sai che ho la memoria un po’ corta ? Uh, guarda, siamo arrivati... As...aspetta che prendo le chiavi del cancello...BROOOT !”

“Da’ qua, ci penso io” disse Benjamin lasciando andare Oliver e strappandogli di mano le chiavi di casa. Oliver poichè aveva perso il suo punto d’appoggio, barcollò in avanti e si aggrappò alla ringhiera.

“Allora, mi lascerai fare a modo mio ?” disse Benjamin tornando a sorreggere il ragazzo e accompagnandolo lungo il vialetto d’ingresso.

“E...e va bene, fai un po’ quello che vuoi...”

Benjamin, chiaramente, non aspettava altro che sentire queste parole. Lanciando un urlo di gioia, mollò Oliver sui gradini davanti alla porta e corse via dicendo : “Fantastico ! Grazie Ollie, ti voglio bene ! Ah, ricordati che l’hai detto tu, eh ? Scusa se scappo ma è tardissimo e i miei saranno ultrapreoccupati, ciaoooo ! ! !” E sparì dietro l’angolo.

“Benji...as...aspetta...non ce la faccio a rialzarmi da solo...Benji ! ! !” gridò Oliver tentando disperatamente di sollevarsi da terra.  “Oddio, sto malissimo...ma dove diavolo se n’è andato ? Ho tutto lo stomaco sottosopra...” disse, premendosi con una mano la fronte e con l’altra l’addome.

“Se...se i miei mi vedono rientrare in questo stato mi ammazzano...oh, mamma !”

Barcollando, Oliver raggiunse la vaschetta per uccelli che si trovava in mezzo al giardino e vi si aggrappò al bordo.

“Appena in tempo...OOOH ! ! !” disse.

E fece la più brutta vomitata di tutta la sua vita.

 

 

29. Fratello e sorella

 

 

Secondo Julian, per essere a metà giugno faceva decisamente caldo. Troppo caldo per essere in Inghilterra. Si era svegliato con la gola riarsa, un po’ per la temperatura, un po’ per la cantata in compagnia, e dopo essersi girato un paio di volte nel letto si era deciso a scendere in cucina per bere un bicchier d’acqua. Magari anche uno di latte fresco, che su di lui aveva sempre avuto un effetto calmante, visto che mancavano meno di sei ore alla recita e aveva un dannato bisogno di dormire.

Tornando di sopra, però, notò della luce filtrare sotto la porta della camera di Amy ; piano piano socchiuse l’uscio e sbirciò nella stanza della sorella. Amy era sdraiata sul letto con gli occhi aperti e le mani incrociate dietro la testa, e, pur essendo assorta nei suoi pensieri, si accorse subito della presenza del fratello e gli sorrise.

“Veramente dovrei essere io a non riuscire a dormire, stanotte !” disse Julian sottovoce ricambiando il sorriso. Amy gli fece cenno di entrare. Lui socchiuse piano la porta alle sue spalle e andò a sedersi ai piedi del letto della ragazza.

“Agitato ?” gli chiese Amy.

“Un po’. Mai come Tommy, credo !” rispose Julian.

“A dir la verità non mi sembrava così agitato stasera !”

“Direi...qualcuno gli ha fatto perdere completamente la testa ! Spero che domani sia in sé, altrimenti è la volta che Ollie lo ammazza sul serio !”

“Bof, credo che Ollie domani dovrà solo pensare a smaltire la sbornia... stasera non riusciva a mettere un piede davanti all’altro !”

“In effetti...”

“E poi se solo osa toccare il mio Tommy, lo tocco io...con la mazza da cricket !”.

Julian rise. “Senti senti...e com’è andato il ritorno a casa, cara la mia amorina di Peynet ?” disse con un pizzico di malizia.

“Benissimo” rispose Amy con occhi sognanti  “Mi ha raccontato un sacco di cose su di lui che neanche immaginavo... Lo sapevi che è nato a Parigi e ha vissuto lì  per diversi anni prima di trasferirsi in Galles ?”

“Eccome se lo so” disse Julian “Secondo te perché mi faccio regolarmente passare i compiti in classe di francese ? Lo parla meglio lui del nostro professore !”

“E comunque, caro il mio fratellino copione, parla anche un po’ il gallese... mi ha detto anche qualche parola, tipo ngwyffwyd ... o qualcosa di simile”

“Nghfche ? ! ?”

“Boh, credo significhi ‘fiore di campo’ o giù di lì...”

“Molto romantico.”

“Già. E sai che quando era in Galles tirava di scherma ?”

“Sul serio ?” disse Julian sorpreso.

“Certo. Ha voluto smettere perché aveva ammazzato un suo avversario per sbaglio...”

“Cosa ? ! ?”

“Sì, è successo che durante una gara al tipo è saltata via la maschera e Tommy gli ha trapassato un occhio con il fioretto...una scena davvero raccapricciante !”

Julian era un po’ sconvolto. “Ma...ma davvero ?”

“Certo.”

“...Buon Dio !”. Restarono un attimo in silenzio.

“Julian”

“Eh ?”

“Guarda che era una balla...”

“Ah, ma va’ all’ inferno, Amy !” esclamò Julian seccato (ma anche un po’ sollevato). “Mi hai fatto prendere un colpo !”

“Certo che, anche se non sei nato sotto il segno dei Pesci, abbocchi lo stesso !”

“Va’ all’ inferno !”

“Già detto...sei un po’ ripetitivo, fratellone !”

“Uffaaa...”

“Comunque tirava davvero di scherma. Ha smesso quando è venuto qui. Mi ha fatto anche vedere il tesserino della federazione.”

“E perché ha smesso ?”

“Mah, dice che non gli piaceva più di tanto.”

“Ah.”

Altro attimo di silenzio.

“Però il Galles un po’ gli manca” continuò Amy “Dice che un giorno o l’altro gli piacerebbe tornarci...”

“Non con te, spero !”

“Che c’è, fai il gelosone, adesso ?”

“No, è che...”

“Guarda che sei praticamente stato tu a buttarci una nelle braccia dell’altro...’ Tommy di qua, Tommy di là, è un bravo ragazzo, dovresti conoscerlo’... adesso sono cavoli tuoi !”

“E’ vero, hai ragione” ammise Julian sorridendo.

“E poi... beh, mi piace anche perché un po’ ti somiglia...”

“Eh ? ! ?”

“Ma sì, avete qualcosa in comune...è qualcosa che non riesco ad esprimere bene a parole...voi mi fate sentire al sicuro, ecco. Protetta, amata. Con voi andrei anche in capo al mondo, perché non mi abbandonereste mai. Non chiedermi come faccio ad esserne tanto sicura, lo so e basta.”

“Dici davvero ?” disse timidamente Julian, felice per le parole della sorella.

“Certo. Dì un po’, non è che mi sono innamorata di te ?” disse Amy in tono scherzoso.

“Hey, non avrai mica il complesso di Edipo ? ! ?”

“Edipo aveva sposato sua madre, non sua sorella, ignorante !”

“Boh, è lo stesso. Comunque” continuò Julian tirando un sospiro “sono felice per te, devi credermi. Ma occhio, se solo prova a farti soffrire lo ammazzo con le mie mani !”

“Non ho dubbi” disse Amy mettendosi a sedere sul letto e abbracciando il fratello. “Ti voglio bene, Julian. Cosa farei senza di te ?”

“Uhm...forse ti daresti alla pazza gioia !”

“Stupido !” esclamò Amy scoppiando in una risata cristallina.

Julian strinse forte l’adorata sorella tra le braccia. Sei tutto quello che mi resta, Amy, si disse.

“E comunque se volete scappare in Galles dovrete prima fare i conti con me !” disse il ragazzo per scacciare la malinconia che stava cominciando a pervadere il suo animo.

“Ma dove vuoi che vada senza di te...” rispose Amy soffocando uno sbadiglio. Poi tornò a sdraiarsi.

“Puoi restare qui finchè non mi sono addormentata ?”

“Sì, certo” disse Julian sfiorando con un dito la punta del naso della sorella.

“Sean lo faceva sempre. Così faceva scappare i brutti sogni, diceva.” Julian non rispose. Toccava a lui, ora, difendere il sonno di sua sorella, ma non c’era più nessuno che difendesse il suo dagli incubi che tornavano a visitarlo ogni notte facendogli rivivere, come in una maledizione, gli avvenimenti di cinque anni prima.

“Mi manca tanto, Julian.”

“Anche a me. Dormi ora” rispose Julian rimboccando le coperte alla sorella.

“Jules...” disse Amy con la voce sempre più assonnata.

“Cosa c’è ?”

“...Credi che torneremo in Irlanda, prima o poi ?”

Julian tacque per un istante, pensando a quel paese che tanto aveva amato e odiato, in cui undici anni della sua vita erano stati cancellati da un colpo di pistola. Nonostante tutto quello che era successo, anche se Sean era morto, Julian lo sentiva ancora vivere dentro di lui, nei suoi ricordi, e nessuno glie lo avrebbe mai portato via. Mai, mai più. Finchè Julian fosse stato al mondo. Gli tornarono in mente le parole di un fumetto che aveva letto un po’ di tempo prima :

“La vita si alterna alla morte e scorre in un tempo senza fine...è un trucco che le serve per giocare con le forme e costruire emozioni, desideri, sogni, rinnovando le cose continuamente...e quando anche il dolore sembra insopportabile, quando si muore, e sembra che tutto finisca, niente in realtà finisce veramente...”*

“Ci torneremo, Amy” disse accarezzando i capelli della sorella donna-bambina ormai addormentata “Te lo prometto”.

 

*Carlo Ambrosini, Napoleone n.4 “Storia di Allegra”, Sergio Bonelli Editore.

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitoli 30-32 ***


30

30. Rumori di sottofondo

 

 

Quello che successe il giorno dopo... beh, si farebbe prima a raccontare quello che non successe !

 

Oliver arrivò a scuola con un’ora di ritardo e la testa che gli esplodeva. Pregando che Davenport non fosse nei paraggi, corse nell’Auditorium immaginando che i suoi soci fossero ancora in alto mare ; invece fu piacevolmente sorpreso nel vedere che i ragazzi si erano perfettamente organizzati e quasi tutto era al suo posto.

“Ollie, finalmente ! Eravamo preoccupatissimi, stavamo anche per telefonare a casa tua...” esclamò Philip andandogli incontro.

“Ti prego, Phil, non urlare o mi si apre in due la testa...” lo interruppe Oliver.

“Okay, scusa. Comunque noi siamo venuti qui alle otto, abbiamo sistemato le scenografie e i costumi. Abbiamo avuto anche un pochino di tempo per provare...ora ci stiamo cambiando”

“Niente da dire, siete stati proprio bravi. Gli sfondi sono a posto ?”

“Sì, ci ha pensato Mark. Sono tutti in ordine. Però...”

“Sì, sì, perfetto” disse Oliver prestando poca attenzione alle parole del ragazzo “Steve, sistemati meglio quella barba, a sinistra è più lunga che a destra !”

“Toh, è appena arrivato e già rompe” borbottò Stephen mentre Oliver aveva lasciato Philip per andare a controllare che il sipario fosse ben fissato.

“Ollie, c’è una cosa che devo dirti prima che...” disse Philip correndogli dietro.

“Dopo, Phil, dopo. Oooh... bestia, che mal di testa...non è che hai un cachet ?”

“Ollie, è importante, vuoi ascoltarmi o no ? Si tratta di...”

“Buongiorno, Hutton ! Sbaglio o siamo piuttosto in ritardo ?”

Oliver si voltò di scatto e una morsa gli strinse lo stomaco. “Professor Vinegar ! Che ci fa qui ? ! ?”

“Ecco di che si tratta” disse Philip scuotendo la testa e tornando dagli altri. In realtà non si trattava solo di quello, ma di una notizia che forse Oliver avrebbe preferito ricevere dagli amici anziché direttamente dal professore ; almeno si sarebbe preparato al peggio.

“Il giro di conferenze a cui ho partecipato è finito prima del previsto” disse Vinegar “Così ho pensato che non potevo perdermi la prima del mio miglior allievo...”

“Non si sarebbe perso niente, professore, proprio niente” rispose Oliver “Se le raccontassi tutto quello che ci è capitato...”

“Posso immaginarlo, ma non preoccuparti. Qualche intoppo c’è sempre ! Piuttosto, che ti è successo ? Sembri stravolto e hai le occhiaie che ti arrivano alle ginocchia”

“Ehm...ho dormito piuttosto male, stanotte...”

“Hey Ollie, ti sei ripreso dalla sbronza di ieri sera... Ops... Salve, professor Vinegar...” disse Jack arrivando (come al solito) in ritardo e al momento sbagliato. Oliver impallidì, mentre Vinegar lo guardò un po’ storto.

“Ehm...non ci faccia caso, professore, va tutto bene. Ha già preso posto ? Inizieremo tra mezz’ora, tre quarti d’ora al massimo” disse Oliver.

“Sì, già fatto. Piuttosto, c’è una cosa di cui volevo parlarti...lo vedi quel signore ?” disse Vinegar indicando un uomo distinto che gironzolava nella sala “Si chiama Alan Jenkins, ed è un mio vecchio amico... L’ho ritrovato per caso durante un seminario e l’ho convinto a venire a vedervi...”

“Va bene, ma non capisco...è solo una recita scolastica, perché si è tanto preoccupato di...”

“Alan è il direttore dell’Accademia d’Arte Drammatica di Brighton” lo interruppe Vinegar.

“Cosa ? ! ?”

“L’ho detto poco fa ai tuoi compagni. Se gli piacerà il vostro modo di lavorare, sono convinto che avrete ottime possibilità di entrare in quell’Accademia... Gli ho parlato molto bene soprattutto di te, Hutton, ritengo che tu sia il più meritevole... Credo che sarebbe stata un’ottima occasione anche per gli altri, ma a quanto pare la cosa non interessa a nessuno...forse a Price ; dalla faccia che ha fatto mi è sembrato che l’idea gli piacesse”.

“E...e gli altri cos’hanno detto ?”

“Che ce la metteranno tutta per farti fare una bella figura. Sono stati veramente molto generosi.”

“Capito. Vado un attimo a suicidarmi e torno”

“Non mi sembra il caso di scherzare, Hutton !” disse Vinegar, piuttosto seccato “E’ una cosa seria ! Non ti sto parlando del teatrino delle marionette, può andarne della tua futura carriera !”

Oliver allargò le braccia e spalancò la bocca per gridare in faccia a Vinegar che con quella compagnia non sarebbe mai andato da nessuna parte, e che, visti i precedenti, qualsiasi cosa avessero detto i ragazzi, da quella sala, quel giorno, non avrebbe mai potuto uscire nulla di buono... ma tutto ciò che riuscì a dire fu : “... Ha ragione, professore, la ringrazio. Le prometto che faremo tutti del nostro meglio.”

“Ottimo. Ora devo andare a parlare con Davenport, cercherò di tenervelo lontano...ci vediamo alla fine. In bocca al lupo !” disse Vinegar strizzando un occhio ad Oliver e dirigendosi verso il preside, che aveva appena fatto il suo ingresso in sala.

Perfetto, si disse Oliver, come polverizzare il sogno di una vita. Era tutto inutile, sarebbe stato un disastro e lui non avrebbe potuto farci niente. Oliver teneva tantissimo ad entrare in quell’Accademia e a diventare regista teatrale...ed ora Vinegar, credendo di fargli un favore, gli aveva rovinato la carriera.

“Ollie ! Come stai ? Posso parlarti un attimo ?” Il saluto di Julian fece tornare in sé il ragazzo.

“Come no. Già che sei qui, ti spiacerebbe fare un colpo di telefono a Sir Laurence Olivier e chiedergli di venire a darmi una mano ?”

“Ma Ollie, Laurence Olivier è morto nell’ ’89 !”

“E io magari scherzavo. Cosa c’è ?”

“Ehm... abbiamo un problema.”

“Uno dei tanti. Spara”

“Paul ha il raffreddore.”

“E allora ?”

“E’ completamente afono”

“Cosa ? ! ?”

“A-fo-no. Ha perso la voce, non riesce più a parlare...”

“So benissimo cosa vuol dire, accidenti ! Dov’è adesso ?”

“E’ andato a prendersi un tè al distributore automatico, ma...”. Non riuscì a finire la frase che Oliver si era già precipitato fuori dalla porta dell’Auditorium.

Quando vide Paul, il ragazzo stava sorseggiando un tè bollente, circondato dagli amici preoccupati. Aveva già indossato il costume, e quello era un buon segno.

“Paul ! Cosa diavolo ti è successo ?” disse Oliver.

“Oh, dod so. Bi sodo svegliato stabattida che dod respiravo più...” disse Paul con un filo di voce “Ba dod preoccuparti...addrò id sceda lo stesso...ETCI’ !” Tirò su col naso. “Tadto la bia parte dod è bolto ludga...e poi ho già preso ud’aspirida...”

“Andiamo bene...non è che hai la febbre ?” disse Oliver.

“Do, davvero, sto bede...” sussurrò Paul, cercando di tranquillizzare Oliver.

“Mi sa che ci hai dato un po’ troppo dentro con le canzoni ieri sera, eh Paul ?” disse Stephen.

“Do, è che sodo ribasto ud po’ fuori a chiacchierare cod Sarah, e...”

“Ah, si dice chiacchierare, adesso ?”

“Sbettila, cretido !”

“Comunque, visto che il pubblico farà un po’ fatica a sentirti, cerca di gesticolare il più possibile, okay ? Magari farai anche un po’ più di scena...ma se ti senti male, dimmelo subito !” disse Oliver.

“Okay, davvero, dod preoccuparti”

E come diavolo faccio a non preoccuparmi ?, pensò Oliver.

 

Oliver era nervoso come un gatto. Due brutte notizie erano già arrivate, ora aspettava che la terza gli piombasse addosso da un momento all’altro.

“Ollie...posso parlarti un istante ?” disse timidamente Patty avvicinandosi al ragazzo. Oliver fece un balzo per lo spavento, non avendo riconosciuto la ragazza già perfettamente truccata da Sorella Destinatrice.

“Patty...che vuoi ? Mi hai fatto prendere un colpo...” Ecco la terza seccatura, si disse.

“Volevo solo dirti una cosa...prima che la recita inizi...mi basta un attimo...”

“Sì, sì, parla” rispose Oliver con noncuranza.

“Ecco...io...non so come dirtelo, ma...”

“Hey ! Cos’è questa puzza di salsiccia ? ! ?” la interruppe Oliver.

“La mia colazione. Stamattina sono uscito di fretta” rispose Mark.

“Vedi di farla sparire alla svelta, mi sta venendo da vomitare ! Ma tu guarda che schifo...scusa, Patty, dicevi ?”

“Beh...sai...ultimamente sei stato un po’... nervosetto, ecco. Per colpa di questa recita, intendo. Tutta questa responsabilità sulle tue spalle ti deve avere stressato un po’...”

“Puoi dirlo forte, sorella ! Jack, dov’è finito Tommy ? Non dirmi che ha avuto un altro attacco di panico !”

“No, tranquillo. Prima era qui che girava, sarà andato di nuovo in bagno.” rispose Jack.

“... E sappi che capisco benissimo i tuoi scatti di nervi...erano più che legittimi. Quindi voglio dirti che non hai mai perso la mia...ammirazione, e che qualunque cosa accada io...” Tirò un sospiro. “...Sarò qui accanto a te, per sostenerti e...”

“Oh, la botola è a posto, vero ? L’avete fissata bene ? No, perché non vorrei che ci fosse qualche ‘incidente di percorso’...” disse Oliver lasciando perdere Patty e correndo a controllare la leva nel muro.

Patty, che stava perdendo la pazienza, corse dietro al ragazzo e disse : “Insomma, Ollie, hai capito cos’ho detto ? ! ?”

“Eh ? Sì, sì, ho capito. Ragazzi, tra cinque minuti tutti qui, ho un discorsetto da farvi !” Poi, rivolgendosi a Patty, disse : “Scusa, non ho mica capito cosa dovevi dirmi...” E si girò di nuovo a controllare maniacalmente la leva. Patty era rossa dalla rabbia.

“Ollie” disse.

“Eh”

“Va’ al diavolo, vuoi ?”

“Eh ? ! ?”. Questa l’aveva capita. Patty, intanto, gli aveva voltato le spalle e se n’era andata a raggiungere Elizabeth e Lucy, intente a provare la loro parte.

Beh, ma che le ho fatto ?, si disse Oliver. Non ho detto niente e mi manda al diavolo... Non le capirò mai, le ragazze !

“Oh, Tommy ! Eccoti qua !” esclamò poi Oliver vedendo arrivare l’amico “Tutto bene ?”

“Benissimo...credo. E tu, ti sei ripreso da...”

“Zittozittozitto !” disse Oliver tappando la bocca a Tom “Davenport potrebbe essere da queste parti...Allora, sei pronto ?”

“Sì, spero che vada tutto bene ! La parte l’ho imparata e  quanto al costume...per fortuna Maddy ci ha rinunciato ! Questo che mi ha fatto mia madre è decisamente migliore... L’unico problema è che...insomma, è un po’ imbarazzante...”

“Vuota il sacco”

“Vedi...da stamattina sono andato in bagno quattro volte.” sussurrò Tom dopo essersi accertato che nessuno lo ascoltasse “Una a casa e tre qui. E ho ancora un po’ di mal di pancia...”

“Ma cos’è, un lazzaretto ? ! ?” esclamò Oliver lasciando cadere le braccia “Io ho un mal di testa da cani, Paul ha il raffreddore, tu la dissenteria...”

“Ssshhh ! Ollie !” sibilò Tom.

“Senti, probabilmente è solo un po’ di agitazione. Beviti un tè e vedrai che ti passa tutto, ok ? E adesso ascoltami bene.” Oliver prese la faccia di Tom tra le mani e avvicinò bruscamente la sua  fronte a quella del ragazzo. “Ora tu salirai su quel palco e sarai Macbeth. Capito ?”

“Sì, certo” borbottò Tom, un po’ spaventato.

“No che non hai capito...voglio dire che tu non solo interpreterai Macbeth...ma che diventerai Macbeth...mi sono spiegato ?”

Tom annuì con forza.

“E ti voglio cattivo...ok ?”

“Sì, sì”

“Il più grande bastardo che esista su questa terra”

“Cattivissimo, sì”

“E non avrai paura di niente e nessuno...”

“Niente e nessuno” ripetè Tom

“Altrimenti vengo lì e ti spezzo le braccine...sono stato chiaro ?”

“Chiarissimo” disse Tom deglutendo.

“Perfetto. Ora vai. Duro, mi raccomando” disse Oliver mollando la faccia di Tom e dandogli una pacca sulla schiena.

Il ragazzo si allontanò di corsa ripetendo dentro di sé che doveva essere il più duro dei duri, e il più bastardo dei bastardi. Pensandoci, però, forse doveva tornare ancora un momento in bagno.

 

“Snif... Dod è che qualcudo ha ud fazzoletto di carta ?” bisbigliò Paul dopo aver tirato su col naso per l’ennesima volta. Malgrado avesse fatto di tutto per rassicurare gli altri sul suo stato di salute, era veramente a pezzi. Però la serata con Sarah ne era valsa la pena, eccome !

“Di carta non ne ho, però puoi usare il mio...è pulito” disse Julian passando il suo fazzoletto a Paul.

“Grazie Juliad...ETCI’ ! Bi hai salvato la vita...io de avevo solo un pacchetto e l’ho fatto fuori id dieci biduti ! Ho dovuto arradgiarbi cod la carta igiedica...SNIF !”.

Mentre il ragazzo apriva il fazzoletto per soffiarsi rumorosamente il naso, Elizabeth, che girellava in zona, notò sul bordo dello stesso fazzoletto tre iniziali ricamate...JRR. Chiaramente non perse tempo e iniziò a stuzzicare Julian.

“Hey, nobiluomo, ce l’hai anche sulle mutande il monogramma ?” disse strappando il fazzoletto di mano a Paul.

“Hey ! Ridabbelo !” disse il ragazzo riprendendoselo.

“Non rompere, Beth, me l’ha fatto mia nonna” rispose Julian arrossendo.

“Ma che cara...però mi sa che le è scappata una erre di troppo !”

“Uff...è il mio secondo nome” disse Julian spazientito “Tu ti chiami Laura e io mi chiamo...” Il ragazzo si bloccò improvvisamente e si morse la lingua, maledicendosi per aver parlato troppo.

“Tu ti chiami...come ?” chiese Elizabeth.

“Ehm...Laurence”

“Julian, Laurence non inizia per erre...”

“Uff...e va bene ! La erre sta per Rory...”

“Rory ? ! ?”

“...Che è il diminutivo di Laurence !”

Elizabeth tacque un attimo, sorpresa. “Ma non puoi chiamarti Rory !” disse.

“Ah, no ? E perché ?”

“E’ un nome da cane !”

“Senti, il mio bisnonno si chiamava Rory Ross... Ha partecipato all’insurrezione di Pasqua del ’16 e ha combattuto a Sud-El-Bar. Io sono fiero di questo nome, mettitelo bene in testa !”

“E come lo chiamavano, il to bis ? A-cuccia-bello ? O, visto che era Rory Ross...Ahrahra ?”

“Ma la vuoi piantare ? ! ?” sbottò Julian, veramente irritato.

“Va bene, scusa.”

Dopo un attimo di silenzio, Elizabeth riprese :

“Julian”

“Eh ?”

“Posso chiamarti Fido ?”

“No.”

“E Geiar ?”

“Beth...”

“Okay, okay. Jules, allora ?”

“Sì, quello va bene” disse Julian sospirando.

 

“YUHUUU... Oliver, tesoro !”

Oliver alzò gli occhi al cielo sperando di aver sentito male. Ma guardando verso l’angolo a sinistra del palco, dietro le quinte, vide che si trattava proprio di sua madre. Rassegnato, le andò incontro.

“Mamma...ti avevo detto che ho molto da fare, per favore, vuoi andare a sederti ?”

“Oh, non potevo farlo senza prima salutare il mio tesorino...sei agitato ? Vuoi che ti porti una camomilla ?” Oliver diventò paonazzo.

“Va tutto bene e non ho bisogno di niente ! E ora, per favore, va’ a sederti ! ! ! Hai trovato posto ?”

“Sì, caro...sono proprio vicino alla mamma di Philip, così faremo due chiacchiere...”

“Mia madre è qui ? ! ? Oh, no ! ! !” esclamò Philip, che passava di là, mettendosi le mani nei capelli.

“Calma, Phil, niente panico !” disse Oliver. Poi, rivolgendosi di nuovo a sua madre, disse :

“Senti, ora dovrei dire due paroline ai ragazzi, quindi...”

“Solo una cosa. Tu hai sentito qualche rumore strano, stanotte ?” Oliver cominciò a sudare freddo.

“N...no, non mi sembra. Perché ?”

“Qualche ubriacone è entrato in giardino e ha vomitato nella vaschetta per gli uccelli. C’era un odore terrificante. Se scopro chi è stato gli stacco la testa dal collo. Comunque non preoccuparti e pensa a fare del tuo meglio...tanti auguri, tesoro !” E se ne andò.

Oliver deglutì e si asciugò il sudore dalla fronte. Per ora l’ho scampata bella, pensò. Poi si voltò verso gli altri e, battendo le mani, disse :

“Gente, è ora. Tutti qui intorno a me, forza !”

Gli attori si radunarono intorno al loro regista.

“Abbiamo controllato tutto, e pare che ogni cosa sia in ordine. A questo punto, dunque, dovrei farvi un discorsetto d’incoraggiamento.” Tacque per un istante, osservando i volti perplessi dei compagni.

“Il problema è che la nostra situazione è tutt’altro che incoraggiante...quindi vedete di fare del vostro meglio e...che Dio ce la mandi buona ! Forza, tutti ai posti di manovra !”

I ragazzi si misero tutti al loro posto ; la tensione era davvero al massimo.

Maddy cercò di regolarizzare il respiro ; Stephen fece gli scongiuri ; Philip era convinto di essersi già dimenticato la parte ; Tom pregò che non gli venisse un altro attacco di mal di pancia ; Julian baciò la medaglietta di San Patrizio che portava sempre al collo ; Paul si soffiò il naso.

Insomma, la recita stava per iniziare.

“Sipario” disse Oliver facendo un cenno a Mark.

Il ragazzo provò più volte, ma i pesanti tendoni non si aprirono.

Stava tirando la corda sbagliata.

 

 

 

 

 

31. Di male in peggio

 

 

La recita era iniziata da pochi minuti, ma Oliver desiderava ardentemente che fosse già finita.

Dietro le quinte osservava, con il cuore in fibrillazione, lo svolgersi dello spettacolo, che, per il momento, sembrava scorrere liscio...ma quanto sarebbe durata ?

Ba abbiabo visto davvero tutto questo o era uda visiode ?” declamò Paul sforzando terribilmente la sua voce e roteando le braccia come Oliver gli aveva consigliato di fare.

I tuoi figli saranno re” disse Tom con voce apparentemente tranquilla (ma un attento ascoltatore vi avrebbe facilmente percepito un vago tremolio...).

Tu sarai re !” disse Paul in tono solenne allargando velocemente le braccia. Tanto velocemente che, senza accorgersene, diede una gran manata in faccia al povero Tom, che barcollò un attimo all’indietro portando a sua volta una mano al viso.

Tranne Davenport, tutti risero. Benissimo, pensò Oliver. Quanto ci è voluto ? Cinque minuti ?

Paul e Tom, nel frattempo, pur essendo imbarazzati, cercarono di proseguire come se niente fosse successo.

Oliver, notando la loro reazione, tirò un sospiro di sollievo.

 

“Ollie, io non esco !” sibilò Philip un secondo dopo facendo prendere un infarto al ragazzo.

“Phil, se sbuchi ancora una volta in questo modo ti ammazzo” rispose Oliver portandosi una mano al petto “Dammi solo un motivo per non uscire ! ! !”

“Te ne do due, se vuoi” disse Philip sudando freddo “Primo : mia madre è là in mezzo che ride. Secondo : appena mi vedrà comincerà sicuramente a strillare ‘Bravo Philip, bravo il mio bambino’ e robacce simili. Terzo...”

“AAALT. Si era parlato di due motivi” lo interruppe Oliver.

“Sì, ma...”

“Non me ne frega niente. E poi tu non devi stare in scena per più di cinque minuti. E adesso sparisci”. Oliver era stato veramente tassativo. Al povero Philip non restò altro da fare che mettersi in un angolino con la coda tra le gambe. La sua parte era corta, questo era vero...ma come faceva a spiegare ad Oliver che non se la ricordava più ?

 

Cambio di scena.

Paul e Tom si fiondarono dietro le quinte e scostarono leggermente il tendone per osservare il pubblico.

“Oddio, eccole là” disse Tom.

“Ma chi ?” chiese Mark avvicinandosi ai due.

“Amy...”

“...e Sarah” aggiunse Paul.

“E allora ?” disse Mark.

“Stanno ridendo. Tutte e due. Di noi.” Disse Tom sconsolato.

“Ma vah” disse Mark “Per me si stanno annoiando a morte”

“Dod è vero !” sbottò Paul, un pochino ferito nell’orgoglio.

“Tom, a parte il fatto che siete stati grandi a riprendere la recita con nonchalance, tutti gli esseri umani che c’erano in sala hanno riso quando ti è arrivato il ceffone” disse Mark.

“Sì, ba...” disse Paul.

“Amy e Sarah sono due esseri umani, quindi hanno riso.” Proseguì Mark.

“Effettivamente” disse Tom.

“Già” disse Paul.

“Davenport non è un essere umano, quindi non ha riso. Il sillogismo calza. Fine”

“E’ vero, Mark, ma questa tua filosofia spicciola non ci è di grande consolazioneee...” Tom si sentì afferrare per la collottola.

“I signorini vogliono degnarsi di tornare in scena o preferiscono prima una tazza di tè ? ! ?” ringhiò Oliver trascinando Paul e Tom verso la ribalta. “Si può sapere cosa aspettate, deficienti ? ! ? Gli altri sono fuori da un pezzo !” Detto questo, li scaraventò in scena.

“Ollie, non mi sembra questo il modo...” intervenne Stephen. Oliver gli lanciò uno sguardo rovente.

“...Okay, come non detto...” aggiunse il ragazzo girando i tacchi.

 

Benjamin, sul palco, si sentiva un dio. Finalmente toccava a lui ! Ora tutti avrebbero capito chi era davvero Benji Price. Ma il suo entusiasmo non sarebbe durato ancora molto.

Con voce solenne, disse : “Cawdor è stato giustiziato ? E i commissari non sono tornati ancora ?” Bestia, quanto sono bravo, pensò.

Sire...” esordì Julian inchinandosi davanti a Benjamin-Re Duncan. Ma la sua battuta finì lì, perché, mentre si inchinava, sentì un diabolico rumore...il tipico rumore della stoffa che si lacera...

Rialzandosi di scatto, tastò il retro del suo costume, e, impallidendo, capì che si era rotto esattamente all’altezza del sedere. Imprecando dentro di sé, cercò di continuare con naturalezza, anche se gli altri attori, che avevano capito cos’era successo, si stavano guardando l’un l’altro imbarazzati.

“Ehm...Sire...non ancora....”. Il ragazzo terminò la sua unica battuta in quella scena, mentre gli altri, che avevano capito il problema, cercarono di mettere Julian a proprio agio, e si disposero tutti in modo che il ragazzo non dovesse volgere le spalle al pubblico. Però, questo si chiama gioco di squadra, ammise Oliver.

Ma Julian non era affatto contento della sua situazione, e mentre i suoi amici dialogavano, tentò piano piano di scivolare dietro le quinte.

“Dove diavolo stai andando, imbecille ? ! ? Torna subito fuori ! ! !” sibilò Oliver spingendo Julian verso il palco.

“Ma Ollie, il costume...”

“Ci penseremo dopo al costume ! Ora vai via, via ! ! !”

Malcolm, io ti nomino ora principe di Cumberland...ma dov’è finito ? ! ?” disse Benjamin sottovoce, notando il brusco ritorno in scena di Julian. Arrossendo, il ragazzo si rimise nella sua posizione, pregando che non ci volesse ancora molto per concludere la scena.

 

“Ma sei proprio un deficiente ! Come si fa a rompere un costume proprio lì ?” disse Elizabeth armeggiando con ago e filo. “Dai, togliti i calzoni.”

Julian, che stava pensando ad una bella risposta acida da dare alla ragazza, restò a bocca aperta.

“...Cosa, scusa ? ! ?” disse, incredulo.

“Ti ho detto di toglierti i calzoni, svelto. Forse riesco ad aggiustarli prima del tuo ritorno in scena” rispose Elizabeth. Poi, vedendo che il ragazzo la fissava dubbioso, aggiunse : “Mio Dio, Julian...non sono mica una maniaca sessuale....vai là dentro, spogliati e dammi quei maledetti pantaloni ! Prima che sia notte, possibilmente...” disse, indicando la porta del magazzino.

“Guai a te se mi guardi le mutande” disse Julian agitando un indice verso la ragazza. Camminando rasente al muro, si infilò nello sgabuzzino.

“Sai che spettacolo....” disse Elizabeth incrociando le braccia e alzando gli occhi al cielo. “Allora, hai finito ?”

La mano di Julian, che reggeva i pantaloni rotti, sbucò dalla porta. “Toh, ma fa’ in fretta” disse il ragazzo.

Sbuffando, Elizabeth afferrò i calzoni e sbattè la porta del magazzino lasciando a Julian giusto il tempo per ritrarre il braccio.

“Che seccatore che sei” disse la ragazza.

“Ha parlato l’angioletto” rispose Julian da dietro la porta.

 

Nel frattempo, Maddy stava declamando il suo primo monologo da Lady Macbeth, ed era davvero grande.

Vieni, notte cupa...

“Bella gnocca !” urlò una voce dal fondo della sala.

“Va’ al diavolo, testa di..” ribattè Maddy istintivamente.

“...Mio amore carissimo !” intervenne Tommy, appena balzato in scena, tentando di salvare la situazione.

Maddy si ricompose, e proseguì la scena tagliandone bruscamente una grossa parte. Ad Oliver, però, cominciarono a fumare le orecchie.

 

La situazione si mantenne stabile ancora per un po’, finchè Julian, stufo di restare da solo, al buio e senza pantaloni in quella specie di sgabuzzino che puzzava di muffa, tentò di aprire la porta per vedere a che punto fosse Elizabeth con i lavori di riparazione del suo costume.

Girò la maniglia un paio di volte. Niente. La porta era bloccata.

Diede un paio di manate alla porta stessa, ma non ottenne alcun risultato.

“PSSSSSS ! Hey ! Beth ! Beth !” sussurrò Julian cercando di non farsi prendere dal panico. Nessuno lo sentì. “PSSSS ! C’è qualcuno che mi sente ? ! ? Phil ! Beth ! Steve ! Aiuto !”

Il suo appello rimase nuovamente inascoltato ; tutti i suo amici, infatti, o erano sul palco a recitare, o stavano attentamente seguendo lo spettacolo. Ormai claustrofobico, Julian crollò.

Questo castello ha un sito incantevole...

BAMBAMBAMBAMBAMBAM !

“...L’aria è dolce per i nostri sensi delicati...

BAMBAMBAM  BAMBAMBAMBAM !

Benjamin e gli altri si guardarono intorno, confusi, cercando di capire da dove venisse quel rumore. Per cercare di coprirlo, non trovarono altra soluzione che parlare più forte.

OH, ECCO LA NOSTRA OSPITE ONORATA...

BAMBAMBAM ! “AIUTOOOO ! FATEMI USCIREEEEE !”

Finalmente, Oliver ed Elizabeth (con buona parte del pubblico che però credeva si trattasse di una scena normalissima) si accorsero che la voce spaventata proveniva dal magazzino, dove Julian continuava disperatamente a colpire la porta con i pugni.

“Oh, cavolo ! Ecco perché non era ancora entrato in scena !” disse Oliver accorrendo verso la porta. “Hey Jules ! Come diamine hai fatto a restare chiuso lì dentro, razza di impiastro ? ! ?”

“Chiedilo alla signorina che ha delicatamente sbattuto la porta quando ci sono entrato ! Insomma, fate qualcosa, voglio uscire da quiiiiiiiii ! ! ! “

Elizabeth sbuffò. “Stai calmo, vado a cercare un cacciavite...proveremo a forzare la serratura, visto che la chiave non c’è”

“Sì, chiama la Banda Bassotti, vah !” disse Julian “Ora che aspetto voi...”. Cercando di mantenere la calma, il ragazzo fece il punto della situazione. Era chiuso nel magazzino, non c’era aria né luce, era in mutande e doveva già essere sul palco da un pezzo. C’era poco da stare allegri !

“Ecco, proviamo con questo....” disse Stephen armeggiando con un cacciavite a stella.

TLAC. La serratura si aprì al primo colpo.

“Grande Steve !” disse Oliver spalancando la porta “Julian, sei sa...”

Non riuscì a finire la frase per il semplice motivo che il ragazzo, il quale aveva optato per una decisa spallata e si era lanciato a tutta velocità contro la porta, non era riuscito a fermarsi in tempo per evitare di travolgere il povero Oliver.

Gli attori, ovviamente, non poterono far nulla per coprire quel baccano infernale.

“Ollie, stai zitto...non dire niente...non fare niente di cui potresti pentirti, anche se ora lo vorresti fare, oh se lo vorresti fare....” si disse Oliver a denti stretti, rosso dalla rabbia, mentre Julian, rialzandosi, inceneriva con lo sguardo Elizabeth.

“I tuoi pantaloni, Julian...” gli disse. Il ragazzo glie li strappò di mano e li infilò velocemente.

“Carini i boxer con le pecore” aggiunse poi Elizabeth.

Julian strappò il cacciavite di mano a Stephen, che osservava la scena imbambolato, e lo tirò dietro alla ragazza, mancandola clamorosamente.

 

“Phil, per favore, mi stai facendo venire il mal di mare...” disse Oliver osservando l’amico che camminava avanti e indietro come un’anima in pena.

“Ollie, senti...io...non mi ricordo un accidente ! ! !”

“E’ quello che dici tutte le volte che stai per essere interrogato, Philip...e ora muoviti che tocca a te.”

Paul era già sul palco quando il sipario si aprì. Philip entrò, terrorizzato.

A che putto è la dotte, figliolo ?...KOFF, KOFF !” disse Paul, tossendo.

“Certo che Banquo col raffreddore è proprio il massimo” disse Lucy dietro le quinte.

“Beh, diciamo che rende bene l’idea della notte fredda e tenebrosa...” disse Julian sistemandosi i calzoni.

“E tu che ci fai con le braghe in mano ? ! ?”

“Oh, la tua collega Elizabeth mi ha fatto un lavoretto...”

“COSA ? ! ? Brutto maiale che...” sbottò Lucy, scandalizzata.

“Frena, frena ! Ho strappato i pantaloni e lei me li ha aggiustati, cos’avevi capito ? ! ?” la interruppe Julian arrossendo.

“Beh, resti un maiale lo stesso” disse Lucy, che con Julian non andava molto d’accordo (dopo il due di picche che il ragazzo le aveva rifilato).

“La finite voi due ? Credo che Phil non abbia ancora detto una parola...” disse Oliver.

In effetti, Philip se ne stava immobile sul palco con gli occhi sbarrati e non aveva ancora aperto bocca da quando era entrato.

La...la...” balbettò il ragazzo, completamente nel pallone, mentre sua madre lo guardava confusa.

Stupido idiota, dì qualcosa, pensava Oliver digrignando i denti. Ma il ragazzo non si sbloccò. Fu allora che Stephen decise di prendere in mano la situazione.

Fulmineo, afferrò il primo copione che aveva sottomano e, alzando la voce, disse :

La luna è calata. Non ho sentito le ore

Tutti, sul palco e dietro le quinte, si voltarono a fissare il ragazzo. Philip, attonito, capì al volo di cosa si trattava, e, voltando leggermente le spalle al pubblico, assecondò l’amico, che continuava a recitare al posto suo.

“Grande... Siamo di fronte al primo playback della storia del teatro” disse Benjamin sottovoce.

“Sarà” ringhiò Oliver “Ma io lo ammazzo lo stesso”.

 

Terminato il suo intervento (anche se si era limitato a fare la bella statuina) Philip tornò di corsa dietro le quinte, sudato e pallido come uno straccio, e non potè evitare di finire nelle grinfie di Oliver.

“Philip...cosa devo fare con te... ?”

“Te l’avevo detto, Ollie, non dirmi che non te l’avevo detto ! ! !” esclamò Philip.

“Ma dovevi dire solo due battute ! ! ! Due misere...striminzite...battute...” continuò afferrando Philip per il collo e scuotendolo avanti e indietro.

“Per l’amor del cielo, smettila, Ollie !” intervenne Mark cercando di separare i due.

“No ! Io non la smetto finchè questo deficiente non mi spiega come ha fatto, lui che ha la parte più corta di tutti, a dimenticarsela ! ! !” disse Oliver senza lasciare andare Philip, che stava diventando viola.

“Ti conviene ascoltare Mark e venire a dare un’occhiata qui, Ollie. Vinegar sta facendo una faccia strana” disse Elizabeth sbirciando il pubblico.

Oliver spinse via Philip, che si portò una mano al collo boccheggiando, e scostò leggermente il tendone.

In effetti Vinegar e il suo amico Jenkins, che stavano parlottando tra loro, sembravano piuttosto perplessi riguardo all’accaduto.

“Lo sapevo...lo sapevo !” esclamò Oliver mettendosi le mani nei capelli. “E’ l’inizio della fine...”

“Su, Ollie !” lo esortò Benjamin dandogli una pacca sulle spalle “Non tutto è perduto ! Abbiamo appena cominciato, il bello deve ancora arrivare, fidati !”.

Nel vedere l’espressione sorridente ed ottimista di Benjamin, Oliver non sapeva se tirarsi su il morale o avere ancora più paura. Comunque, pensò sospirando, ormai la frittata è fatta, peggio di così non può andare.

Ma si stava sbagliando di grosso.

 

Nelle scene successive, tutti cercarono di fare del loro meglio, e, incredibilmente, non ci furono incidenti. Però Oliver era convintissimo che sarebbe successo qualcosa, se lo sentiva nel midollo...

Erano arrivati ad un punto cruciale : l’assassinio di re Duncan da parte di Macbeth su consiglio della perfida moglie.

Benjamin, cioè il re, era andato a dormire dall’altra parte del palco, e Tom-Macbeth (che si era scaldato a dovere e stava facendo davvero un buon lavoro) aveva afferrato il fatidico coltello di plastica (che per fortuna il pubblico non poteva vedere nei particolari) e, con fare da grande attore, stava recitando il suo primo, vero monologo.

E’ un coltello, quello che vedo qui davanti ?”. Vai così, Tom, sei grande, si disse Oliver. Era incredibile quanto l’atteggiamento del ragazzo fosse cambiato durante la recita ; era diventato molto più sicuro di sé, la voce non gli tremava più e si stava veramente calando nel personaggio. Nessuno avrebbe detto che era davvero lui. Quanto a Lady Macbeth...beh, praticamente era lei che aveva retto lo spettacolo fino ad allora !

Vado, ed è fatto. La campana mi esorta” disse solennemente.

Sotto lo sguardo fiero e attento di Maddy, Tom si diresse verso la parte destra del palco (quella da dove Benjamin era sparito) pronto a compiere un brutale regicidio.

Non la sentire, Duncan : è un rintocco che ti chiama al cielo o all’inferno” disse.

Ma non riuscì a fare proprio nulla, perché Benjamin, che si era tolto il costume da re Duncan ed ora era vestito pressappoco come Tom, era zompato sul palco facendo prendere un infarto allo stesso Tom, a Maddy, agli altri ragazzi e a tutto il pubblico.

Fermati, o vile ! E’ la tua coscienza che te lo ordina !  disse, sguainando una delle finte spade che erano a disposizione. Seguirono varie scene di panico :

Maddy urlò.

Oliver credette di svenire, e l’avrebbe fatto se Julian e Mark non l’avessero sorretto prontamente.

Davenport diventò viola dalla rabbia e spalancò la bocca, ma le uniche parole che ne uscirono furono “Ma...ma....ma....”

Vinegar era completamente nel pallone e non riuscì a spiegare a Jenkins cosa stesse succedendo perché non l’aveva capito neanche lui.

Tom aveva fatto un balzo all’indietro, sbiancando completamente, e continuava a voltarsi prima verso Oliver, poi verso Maddy, infine verso il pubblico, implorando mentalmente i presenti di dirgli cosa doveva fare.

“Benji, cosa diavolo ti sei messo in testa ? ! ?” sibilò.

Benjamin non lo considerò nemmeno.

Vedo che tentenni” disse puntando la spada verso Tom “Comprendi forse la follia del tuo gesto ?

“E’ impazzito” disse Maddy scuotendo la testa.

“Ditemi che sto sognando” disse Oliver a mani giunte.

Intanto Benjamin continuava imperterrito il suo monologo.

Credi forse che il potere ti giunga da una sì sanguinosa azione ? Tu che disprezzavi il vigliacco Cawdor oseresti far questo al re che tanto ti ama ?

“Sta improvvisando” disse Julian stupefatto “Ma dove vuole arrivare ?”

“So benissimo dove vuole arrivare ! ! !” esclamò Oliver, paonazzo “E non sta affatto improvvisando ! ! ! Quel...quel...non ho parole per definirlo...sta impersonando la coscienza di Macbeth e cerca di dissuaderlo dall’uccidere il re !”

“Pazzesco” disse Paul.

“Geniale” disse Jack.

“Geniale un corno !” sbottò Oliver “Per le sue stramaledettissime manie di grandezza sta mandando completamente a rotoli il mio lavoro !”

“Mio ?” disse Stephen “Vorrai dire il nostro lavoro !”. Oliver lo ignorò.

“Dio solo sa quanto si sarà preparato per questa pagliacciata...oh, ma stavolta quell’attoruncolo da quattro soldi non la passa liscia, quant’è vero che esisto ! Mark, sipario, svelto !”

“Ma Ollie, la scena non è ancora finita !” disse Mark.

“E chi se ne frega ! Questa stupida pantomima è durata anche troppo ! Muoviti ! ! !”

Mark obbedì all’ordine e si precipitò verso i cordoni, sperando di azzeccare quello giusto, ma la sua eccessiva foga fece crollare l’intero tendone addosso agli attori, seppellendoli sotto una montagna di similvelluto rosso. Il bastone portante beccò Tom in testa.

“Ehm...intervallo !” disse Jack dopo essersi precipitato in scena per cercare di salvare la situazione.

 

Mentre sul palco alcuni ragazzi stavano cercando, tra le risate e lo sconcerto generale, di risistemare alla bell’e meglio la scenografia e il sipario, Oliver si era avventato contro Benjamin che, deluso per la repentina interruzione, era tornato dietro le quinte.

“Ma io ti spezzo le gambe ! ! !” sbottò Oliver afferrando il ragazzo per il bavero del costume. Jack e Philip riuscirono a malapena a trattenerlo.

“Si può sapere chi diavolo ti ha detto di fare una stronzata del genere, eh imbecille ? ! ?”

“Beh...tu, Ollie !” rispose Benjamin come se nulla fosse successo.

“Benji, guarda che non ho nessunissima voglia di scherzare...per cui non provarci nemmeno a fare il cretino con me ! ! !”

“No, no, davvero...ieri sera, quando ti ho accompagnato a casa, hai detto che potevo fare le modifiche che volevo...io te l’avevo chiesto e tu avevi accettato, proprio non ricordi ? “

“Ma cosa vuoi che mi ricordi ? ! ?” sbraitò Oliver aumentando la presa “Ieri sera ero ubriaco come un irlandese !”

“Hey, vacci piano con gli insulti !” intervenne Julian.

“E tu stai zitto ! Voglio solo sapere cos’è passato per la testa di questo deficiente quando ha deciso di mettere in atto una...una...bestialità del genere ! ! ! Ma chi ti credi di essere, Kenneth Branagh ? ! ?”

“Ma era tutto perfetto ! “ disse Benjamin tentando di difendersi “Ci ho lavorato sopra un sacco, era solo una piccola modifica accuratissima che non avrebbe creato problemi a nessuno, la mia personale interpretazione di un celebre passaggio...il teatro è anche questo, Ollie, modellare la scena, non solo copiarla !”

“Già, tutto perfetto...a parte un piccolo dettaglio : PERCHE’ DIAVOLO NON CI HAI AVVISATI ? ! ?” sbottò Tom massaggiandosi la testa ancora dolorante.

“Senti, Benji” disse Oliver mollando il ragazzo e puntandogli contro l’indice “In tutta questa dannata storia sono stato picchiato, insultato, drogato, ubriacato e preso per i fondelli...”

“Veramente ti sei ubriacato da solo, a quanto mi risulta”

“Zitto, Phil, non è il momento” disse Maddy.

“...per cui dammi solo un motivo (e dico uno) per cui non dovrei sbudellarti dopo quello che mi hai combinato ! ! !”

“Insomma, basta !” intervenne Elizabeth per cercare di placare gli animi “Ci penserete dopo a litigare, ora non è né il momento né il luogo !”

“Giusto” disse Mark tentando di sdrammatizzare un po’ la situazione “Altrimenti, invece di un finale con botto avremo un...finale con botte !”

“Mark, un’altra battuta come questa e ti caccio il flauto su per il...”

“HUUUUTTOOOON ! ! ! ! !” ruggì una voce alle spalle dell’intera compagnia. Impallidendo all’unisono, tutti i ragazzi si girarono e videro Davenport, verde, che soffiava fumo dalle narici.

“Oddio...”disse Oliver con un filo di voce.

“HUTTON ! SPERO CHE TU ABBIA UNA GIUSTIFICAZIONE CONVINCENTE PER QUESTO MAGNIFICO EXPLOIT ! ! !”

“Pro-professore...le po-po-posso spiegare...” balbettò Oliver.

“...PERCHE’ E’ LA PRIMA VOLTA CHE SI VERIFICA UNO SCEMPIO DEL GENERE, E IO NON POSSO TOLLERARLO, HAI CAPITOOO ? ! ?”

“Ma-ma-ma...”

“NESSUN ‘MA’ ! ! !” continuò Davenport agitando minacciosamente l’indice in aria “IO AVEVO RIPOSTO IN TE LA MASSIMA FIDUCIA ! ERO CONVINTO CHE AVRESTI SVOLTO IL TUO LAVORO IN MODO INECCEPIBILE, E INVECE...INVECE HAI RIDOTTO UN’OPERA STRAORDINARIA IN UNA BUFFONATA DA CIRCO ! ! !”

Oliver aveva gli occhi gonfi di lacrime e gli altri ragazzi si sentirono mostruosamente in colpa.

“CREDI CHE POSSA LASCIAR CORRERE UNA COSA DEL GENERE, EH ? LO CREDI ? ! ?”

“Io...le chiedo scusa, professore” disse Oliver tenendo lo sguardo basso.

Davenport stava per inveire di nuovo contro il ragazzo, ma una voce lo bloccò.

“No, sono io che devo chiederle scusa.”

Tutti, compreso Davenport, volsero gli occhi verso Benjamin.

“Tutto questo è colpa mia. Sono stato io a rovinare il suo spettacolo.”

La voce di Benjamin non era piagnucolosa né strafottente, ma straordinariamente seria e calma. O dice sul serio o è veramente un ottimo attore, pensò Tommy.

“Ma...Price, cosa stai dicendo ?” disse Davenport.

“Quello che le ho appena detto” rispose il ragazzo “Gli altri non c’entrano, è stata una mia idea. Se la prenda con me, non con Oliver.”

“Stai dicendo che...tu hai agito tenendo i tuoi compagni all’oscuro di tutto ?”

“Sì, sì. Non ero in malafede, assolutamente no, ma ho sbagliato. Se deve punire qualcuno, punisca me.”

Davenport, sebbene ancora furente, si ritrovò del tutto spiazzato di fronte a quella dichiarazione che, a parte tutto, attestava nel ragazzo una certa maturità.

“Beh...certo, bisognerà prendere provvedimenti...ma...”

“No...cioè...aspetti, professore...” disse Oliver tentennando. Le parole di Benjamin gli avevano fatto sbollire la rabbia, e , in fin dei conti, lo stava difendendo davanti al preside...Oliver si sentì a sua volta in dovere di aiutare l’amico.

“Benji ha cercato di fare del suo meglio...perché...ehm...ci tiene davvero tanto...forse si è...immedesimato un po’ troppo nella situazione....sa, il metodo Stanislavskij...”

“Metodo Stanislavskij ?” disse Davenport, ormai rabbonito “Non mi risulta proprio che Price abbia frequentato l’ Actors’ Studio...comunque per questa volta passi, ma alla prossima non sarò così clemente...” e se ne andò.

Dopo l’uscita di scena di Davenport, l’imbarazzo regnò per qualche istante tra i ragazzi.

“Grazie per avermi difeso, Ollie” disse poi timidamente Benjamin.

“Figurati...” disse ancora più timidamente Oliver “...e poi sono io che devo ringraziare te per avermi difeso da quell’ignorante...”

Tutti sorrisero : forse Oliver aveva davvero abbandonato i panni del regista esaltato per tornare ad indossare quelli del solito, vecchio Ollie.

“Pace ?” disse Benjamin tendendo la mano all’amico di sempre.

“Pace” disse Oliver stringendogliela.

Benjamin sorrise felice, ma la sua espressione cambiò in un attimo perché Oliver lo strattonò violentemente verso di sé e gli sibilò in un orecchio :

“Comunque ora ti piazzi buono in un angolino e guai a te se muovi un muscolo prima che lo spettacolo sia finito, altrimenti stasera tu non torni a casa...”. Benjamin deglutì.

“...Perché prima passi dall’obitorio...capito ?”

“Come no” rispose Benjamin sudando freddo.

 

I ragazzi sistemarono tutto a tempo di record, e, dopo aver rassicurato Oliver che non avrebbero più combinato guai, ripresero lo spettacolo.

Il regista, tutt’altro che tranquillo, si rimise imbronciato dietro le quinte, implorando tutti i santi del Paradiso che nessuno causasse altri problemi. Non si era mai sentito così umiliato in vita sua ; tutto il pubblico, praticamente, rideva di lui, e sarebbe stato ricordato per gli anni a venire come colui che aveva reso Macbeth una commedia. Chissà se si stavano davvero divertendo alle sue spalle... e chissà se i suoi amici non l’avevano fatto apposta a rendere la recita un vero disastro... D’altronde Oliver era uno dei migliori studenti della scuola, e qualcuno avrebbe goduto parecchio a screditarlo davanti agli occhi di tutti, in particolare dell’insegnante che più lo stimava... Magari si erano messi tutti d’accordo...

D’un tratto Oliver si scosse e si vergognò profondamente dei suoi pensieri. Come poteva dubitare dell’onestà dei suoi amici ? Pensò all’intervento di Benjamin davanti a Davenport e si commosse. Poi diede un’occhiata a come stava procedendo la recita e capì immediatamente che tutti stavano dando il massimo. Cosa poteva pretendere di più da loro, visto che, poveretti, per loro il teatro era solo una specie di cinema in cui non si potevano allungare i piedi sulle sedie davanti ?

...Maledizione, riecco quegli stupidi pensieri. Oliver li ricacciò indietro ancora una volta, ma non capì che, nel suo cervello, l’idea di onnipotenza che si era costruito senza rendersene conto stava facendo amicizia con il suo complesso di persecuzione.

 

Ad ogni modo, Oliver aveva deciso di dare ancora un po’ di fiducia a quella sgangherata compagnia, e tutto filò liscio per diverso tempo, finchè arrivò il momento tanto atteso : la follia di Lady Macbeth.

Maddy era indubbiamente stata la più brava di tutti, e anche durante le prove Oliver non aveva mai dovuto correggerla o rimproverarla in nulla. Sicuramente sarebbe stata favolosa anche in quella scena, e forse gli avrebbe dato una mano a risollevare la sua reputazione...

Prima si presentarono sul palco Hillary Banks (Oliver quasi non si ricordò di lei, sebbene fossero stati in classe insieme per tre anni, e ringraziò mentalmente Davenport per aver assegnato una parte brevissima a quella tipa tanto insulsa) e Stephen, rispettivamente nel ruolo della dama di compagnia e del medico.

“Quando ha camminato l’ultima volta ?”  disse Stephen.

I due cominciarono a conversare sulla salute mentale della regina, mentre, dietro le quinte, tutti aspettavano con ansia il trionfale ingresso in scena di Lady Macbeth.

Ma Lady Macbeth non arrivava.

Oliver fu nuovamente colto dal panico. “Dove diavolo è finita Maddy ? ! ? Tocca a lei, adesso ! ! !”

“E’ andata un secondo in bagno” rispose Elizabeth “Ha avuto dei problemi con una lente a contatto, sembrava che avesse un occhio pesto”.

Glie lo pesto io se non si muove, avrebbe voluto dire Oliver, ma si trattenne giusto perché, come il 99% dei ragazzi della scuola, Maddy gli piaceva un sacco.

“Vai a chiamarla, svelta !” disse.

Si voltò di nuovo verso Hillary e Stephen, che, ormai, avevano esaurito le loro battute, e ricambiavano imbarazzati lo  sguardo di Oliver nella speranza che lui gli dicesse cosa dovevano fare.

“Improvvisate !” sussurrò il ragazzo. I due si guardarono di nuovo, piuttosto perplessi sul da farsi ; poi Stephen prese la parola.

“Ehm...Notate come...come si aggira nei meandri di questo castello...con quel candeliere in mano...

“Già...sembra...sembra un fantasma, vero ?” rispose Hillary, che non sapeva proprio cosa dire.

Andarono avanti così per un po’, e sembrava che se la cavassero abbastanza bene.

Ad un certo momento, però, in sala ricominciarono a girare commenti e risatine.

“Fuori la bellona !” gridò la solita voce.

Neanche a farlo apposta, in quel preciso istante arrivò Maddy, tutta trafelata e con un occhio gonfio e arrossato, seguita a ruota da Elizabeth.

“Eccomieccomieccomi !” disse afferrando in tutta fretta il candeliere “Scusa Ollie...ma questa maledetta lente...”

“Non importa, me lo racconti dopo ! Sei pronta ?”

“Prontissima !” disse la ragazza ravvivandosi i capelli e correndo fuori, sulla ribalta.

C’è ancora una macchia quiiiIIIIIH ! ! !”

Lady Macbeth inciampò trionfalmente nel lungo costume e rotolò, altrettanto trionfalmente, davanti ai piedi di Hillary e Stephen, che non poterono fare altro che seguire con gli occhi la loro regina mentre andava a spiaccicarsi contro la parete opposta.

Hillary prese l’iniziativa. “Ehm...Sire, la regina è morta !” disse rivolgendosi a Macbeth, che in quel momento si stava facendo gli affaracci suoi dietro le quinte.

“Ma la dovevo dire io questa battuta !” sussurrò Stephen, contrariato.

Oliver, coprendosi la faccia con entrambe le mani, scosse la testa.

“Sipario” disse con voce sconsolata.

 

“Non avete idea di quanto vi sto odiando, ragazzi” disse Oliver con la fronte appoggiata al muro “E non chiedetemi il perché, ne ho tutti i motivi.”

Fuori, sul palcoscenico, ci si stava preparando per l’assalto finale al castello di Dunsinane, cioè la famosa terrazza di compensato che, non si sapeva come, riusciva a reggere il dolce peso di Tom-Macbeth, il quale fingeva di osservare in lontananza l’avvicinarsi dell’esercito (costituito dai soli Julian e Jack) abilmente mimetizzato con cespugli di carta velina verde.

“Dai, non dire così...” disse Mark masticando rumorosamente un sandwich al prosciutto.

“Ma si può sapere come diavolo fai a mangiare in ogni momento ? ! ?” disse Oliver, giunto ormai all’esasperazione “Guardati, ti sei pure sbrodolato tutto con la maionese ! Fai schifo, fai !”

Mark si allontanò imbronciato, pulendosi il costume con le mani e borbottando tra sé e sé qualche insulto piuttosto volgare. Per ripicca, addentò un altro paio di sandwich.

Ad un tratto, la figura magra e occhialuta del professor Vinegar spuntò dietro ai tendoni, facendo prendere un leggero infarto ad Oliver e compagni.

“Cerca di mantenere la calma, Hutton” disse.

“Mi spiega come faccio ? Non c’è niente che vada per il verso giusto, niente !”

“Non direi... l’idea del ‘playback’ non è stata del tutto malvagia, e ci sono tanti particolari che denotano una certa collaborazione tra tutti i membri della compagnia. Qualche errore, poi, è inevitabile per dei dilettanti allo sbaraglio !”

“Ah, sì ? E della performance di Price che mi dice ?”

“Lasciamo perdere...come idea poteva anche funzionare, ma non in questo contesto. Comunque mi sto lavorando per bene Jenkins...per ora mi sembra abbastanza soddisfatto, considerate le premesse, basta che non combiniate altri disastri...”

“Sarà dura.”

“Ma no. Guarda fuori, mi sembra che tutto stia filando liscio...”

Facendo gli scongiuri, Oliver sbirciò oltre i tendoni. Jack e Julian, quatti quatti e incespugliati, si stavano avvicinando furtivamente al castello, e Tom manifestava apertamente l’ansia per l’imminente attacco. In effetti, le cose non stavano poi andando tanto male...

“L’assalto finale...una delle parti più emozionanti” disse Vinegar appoggiandosi al muro.

Improvvisamente si udì uno scatto ed uno strano rumore.

“Professore ! Si sposti subito da lì !” disse Patty. Vinegar non si era accorto che, con il suo peso, concentrato nel posto sbagliato, aveva lentamente fatto abbassare la leva che apriva la botola...

E non se ne accorsero neppure i ragazzi sul palcoscenico, finchè Julian, che guidava l’assalto, ci finì dentro.

Siamo abbastanza vicini. Buttate via gli schermi di foglieeeEEEH ! ! !”. Il ragazzo atterrò sul vecchio materasso (che per fortuna non era stato rimosso) con un tonfo sordo.

“Hey ! Stavolta io non c’entro, eh !” disse Philip alzando le mani.

Jack, disorientato, non aveva ben capito cosa fosse successo e cercò di aggirare la buca, impastocchiando qualche frase improvvisata per tener buono il pubblico.

“Ehm...Anche se il mio valoroso fratello è caduto...”. E’ caduto per davvero, pensò ridacchiando Stephen mentre Oliver soffriva come se gli stessero strappando un’unghia. “...dobbiamo andare sempre avanti, perché la nostra missione ce lo imponeeee...OOOH... ! ! !”

Purtroppo Jack non era stato abbastanza attento a dove metteva i piedi, e inciampò malamente nei rami che lo avvolgevano, finendo addosso alla terrazza del castello. Come era naturale, la costruzione (che già stava in piedi per miracolo) cedette e si schiantò al suolo trascinando con sé il povero Tom.

Di fronte a quel nuovo disastro, Oliver agì senza pensare.

“Fuori MacDuff !” disse, spingendo Mark sulla ribalta.

“Hey, ma non ho ancora finito...” protestò il ragazzo, ma in men che non si dica si ritrovò davanti al pubblico con l’ennesimo sandwich tra le mani. Dopo aver scambiato un’occhiata con l’attonito Tommy, che nel frattempo si era rialzato e si stava ripulendo il costume dalle schegge di legno, capì cosa doveva fare.

“A noi, cane !” esclamò sguainando la spada e gettando via il panino.

Tom fece la stessa cosa, e in breve i due cominciarono a duellare.

Asciugandosi i sudori freddi, Oliver, dietro le quinte, disse : “Forse ce la caviamo, professor Vinegar...professore ? Ma dov’è andato ? ! ?” Vinegar se l’era svignata senza che nessuno se ne accorgesse, ed era tornato da Jenkins a calmare le acque.

Intanto i due contendenti stavano duellando alla grande, ma Tom ebbe la pessima idea di far riaffiorare i suoi ricordi di schermidore, e, senza che Mark se ne rendesse conto, gli rifilò un paio di rapidissime stoccate che lo disarmarono in un attimo.

“Cosa stai facendo, cretino ? ! ?” disse Oliver mettendosi le mani nei capelli.

Accortosi del fatto, Tom restò un attimo imbambolato. Senza aspettare che Mark recuperasse la spada, fece cadere la sua e si gettò a terra, fingendo di essere stato colpito a morte.

Mark si chinò sull’amico. “Stai bene ?” disse, preoccupatissimo.

“Sì, idiota, ma adesso vattene, mi hai appena ammazzato !” sussurrò Tom.

Nel frattempo, Julian, ancora frastornato per il volo che aveva fatto, era riuscito a risalire a forza di braccia, e si stava ancora issando sul palco alle spalle di Mark quando questo si girò verso di lui e gridò :

“Salve, re di Scozia !”. A quel punto, il pubblico non capì più nulla.

Julian si issò a fatica sul palcoscenico e, traballando, disse, in mezzo al frastuono generale : “E’...è finita, vero ?”

Piangendo, Oliver chiuse il sipario per l’ultima volta.

“Ora abbiamo davvero ucciso Macbeth” disse.

 

 

 

 

32. Applausi

 

 

Quando i pesanti tendoni si chiusero, tutti i ragazzi tirarono un grosso sospiro di sollievo.

“E vai !” disse Jack battendo un cinque all’emozionatissimo Tom.

“Ancora non posso crederci” disse Tom ridendo “E’ stato un casino dall’inizio alla fine ma...ragazzi, devo ammettere che mi sono divertito !”

“Anch’io, a parte quando sono rimasto chiuso nel magazzino” disse Julian.

“E quando Benji ha fatto la sua improvvisata” aggiunse Stephen.

“E quando Philip non si ricordava più la sua parte” disse Benjamin, quasi per ripicca.

“E quando...”

“Oh, basta ! E’ andata così, l’importante è che ce l’abbiamo fatta ad arrivare fino in fondo...in qualche modo ! Forza, ora salutiamo il pubblico con un bell’inchino e poi andiamo tutti al bar a festeggiare !”

La proposta di Mark, però, non fu accolta nel modo sperato perché i ragazzi si accorsero che Oliver, il quale non aveva ancora aperto bocca, se ne stava seduto in un angolino e aveva lo sguardo completamente perso nel vuoto.

“Ollie, che hai ?” disse Philip avvicinandosi al ragazzo e cingendogli le spalle con un braccio. Oliver non rispose.

“Dai...tirati su e non preoccuparti, non è mica morto nessuno ! Siamo riusciti comunque a cavarcela, e poi tu hai fatto un ottimo lavoro, se ne sono accorti tutti ! Beh, abbiamo avuto qualche problemino, ma d’altronde... “

“Piantala di dire stronzate, porca miseria ! ! !” sbottò Oliver alzandosi di scatto e scostando il braccio di Philip in malo modo. Tutti ammutolirono.

“Avete tutti una gran bella faccia tosta ! ‘Ma sì, abbiamo avuto qualche problemino, ma chi se ne frega, tanto c’è quell’imbecille di Ollie che si prende la colpa di questo sfacelo’ ! Non è forse questo che intendevate, eh ? ! ?”

“Mio Dio, ma che stai dicendo ?” disse Elizabeth sconvolta.

“Lo sapete benissimo ! Non ve ne è mai importato un accidente di tutta questa storia, e adesso non aspettate altro che scaricare il barile su di me non appena Davenport verrà qui con la frusta in mano a reclamare un colpevole !”

“Adesso stai davvero esagerando, Ollie” disse Mark allungando un braccio verso il ragazzo “Si vede che era destino che...”

“Non sto affatto esagerando, invece, e non dire le solite fesserie sul destino perché ho smesso di crederci un sacco di tempo fa ! Sono stato davvero stupido a sperare che per una volta avreste fatto un sacrificio e avreste cercato di far filare tutto liscio...meglio divertirsi e lasciare che sia lo sfigato regista di turno a sbrogliarsela, vero ? Non potete...non potete immaginare quanto fosse importante questo spettacolo...tutta la mia carriera dipendeva da oggi, e voi...voi...”

“Gente, il pubblico ci reclama” disse Philip, che si era perso la discussione perché era rimasto a sbirciare fuori dal tendone.

“Andateci voi a salutare il vostro pubblico, visto che ci tenete tanto” ribattè Oliver incrociando le braccia e voltando le spalle ai ragazzi “Io non esco. E poi quella massa di ignoranti là fuori non se ne accorgerebbe nemmeno”.

Tutti tacquero, sconvolti dall’uscita del loro amico...o di quello che ritenevano tale e che di Oliver aveva ben poco, finchè Patty non si fece avanti.

“...Quindi tu credi che noi ti abbiamo boicottato, è così ?” disse.

“L’hai detto tu” rispose Oliver facendo spallucce, strafottente.

Patty scosse la testa, ridendo. “Sai cosa ti dico ? Nessuno di noi avrebbe mai fatto una bastardata del genere...” Oliver sogghignò. “...ma avremmo dovuto farla sul serio.”

Tutti puntarono gli occhi sulla ragazza, e anche ad Oliver, malgrado facesse finta di niente, si drizzarono le antenne in testa.

“Sì, avremmo dovuto boicottarti...fare di tutto perché Vinegar, Davenport e quel Jenkins capissero veramente che razza di carogna sei !”

“Carogna io ? ! ?” ribattè Oliver “Ma hai un’idea di...”

“Vuoi sapere cosa vedo io ? Un sedicenne frustrato che sta perdendo tutti i suoi amici per colpa del suo egoismo, ecco cosa vedo !”

“Tu non sai cosa significava per me tutto questo...” disse Oliver con le lacrime agli occhi.

“Lo so benissimo, invece ! Tanto che tutte le persone che ti trovi davanti ora avrebbero fatto carte false per aiutarti a realizzare il tuo sogno ! E invece ti è andata male, e vuoi sapere di chi è la colpa, visto che ci tieni tanto ?”

“Sentiamo...”

“Tua, solo tua.”

“Questa è proprio bella !”

“E sai perché è successo tutto questo ? Perché tu non hai mai avuto fiducia in noi...non l’avevi fin dall’inizio ! Hai sempre giocato a fare il grand’uomo senza renderti conto delle persone con cui stavi lavorando ! Hai visto solamente quello che volevi vedere, tutti i lati negativi possibili, senza considerare gli sforzi che abbiamo fatto per te, per non rendere questo gioco un inferno...perché di un gioco si è trattato, se non l’hai capito ! E se consideri tutto questo un fallimento...beh, è anche il tuo fallimento ! Il tuo fallimento come amico...”

Nessuno, nemmeno Oliver, ebbe il coraggio di ribattere alle parole di Patty, che stava rivelando una grinta insospettabile.

“Sicuramente non siamo stati il massimo, anzi, ne abbiamo combinate davvero di cotte e di crude, ma non l’abbiamo mai fatto per danneggiarti, né abbiamo mai pensato di scaricarti la patata bollente, come invece stai facendo tu adesso...” continuò.

Oliver abbassò lo sguardo, pensieroso. Il discorso di quella ragazza gli stava rodendo il fegato...perché sotto sotto sapeva che aveva ragione.

“...per cui è ora che anche tu ti prenda le tue responsabilità. E adesso muovi il culo e vieni a salutare il pubblico !”

Nessuno fiatò, mentre Oliver, immobile, ripensava a tutti gli avvenimenti del mese precedente, i disastri, le urla, le risate, i momenti di euforia, di ansia e di serio impegno. Quante cose aveva dimenticato...

In un attimo, come in un flash, gli vennero in mente le parole di una vecchia canzone di Stevie Nicks :

ma ogni volta che pensi di mollare / pensa a quello che sai / pensaci / pensaci prima di andartene...

Poi alzò gli occhi e vide i volti degli amici che, nonostante tutte le frasi cattive e piene d’astio che lui aveva vomitato su di loro, non lo guardavano affatto con disprezzo o con rabbia, ma con la speranza di riallacciare il filo che rischiava di spezzarsi tra loro.

E improvvisamente scoppiò a ridere.

Patty diventò rossa dalla rabbia. “Si può sapere cosa c’è da ridere, cretino ? ! ?” disse.

Con le lacrime agli occhi, stavolta per le risate, Oliver disse : “Hai ragione, Patty, sono proprio un cretino”.

Tutti capirono che lo diceva con sincerità.

“Mi dispiace, ragazzi, mi dispiace davvero. Non capisco cosa mi sia successo, forse mi sono montato un po’ troppo la testa...fatto sta che sono stato un maledetto egoista, non avrei mai dovuto dirvi tutte quelle...quelle...”

“Stronzate” puntualizzò Jack.

“...Stronzate, appunto. Vi siete comportati da buoni amici e io vi ho trattato malissimo. Non merito il vostro affetto”

“Oh, beh, adesso stiamo andando un po’ troppo sul patetico !” intervenne Julian mettendo una mano sulla spalla di Oliver.

“Diciamo che...beh, anche noi ti chiediamo scusa per i guai che abbiamo combinato, anche se possiamo assicurarti che non erano proprio intenzionali...e che ti perdoniamo ! Giusto ragazzi ?”

“Oh yeah !” esclamò Stephen alzando un braccio. Tutti risero.

“Non avevo dubbi” disse Oliver mentre i suoi amici lo circondavano per abbracciarlo “E ora forza, i nostri spettatori ci attendono !”

“Ammesso che sia rimasto qualcuno !” disse Philip.

Mentre uscivano sulla ribalta, Oliver fermò un attimo Patty.

“Senti...grazie” le disse.

“E di cosa ?” rispose la ragazza, stando un po’ sulle sue.

“Di avermi fatto rinsavire...se non ci fossi stata tu sarei rimasto solo come un cane ! Certo che da te proprio non me l’aspettavo un intervento del genere !”

“Che ti devo dire...sarò anche innamorata ma non idiota !” disse Patty arrossendo.

“Comunque che ne dici se ti presento le mie scuse davanti ad una pizza oggi a pranzo ? Se non ricordo male sono stato parecchio cafone anche con te !”

“Uhm...stai cercando di comprare il mio perdono ?”

“Assolutamente no”

“Okay, se offri tu accetto !”

Entrambi risero, e Patty pensò che non era mai stata così felice in vita sua.

 

Quando furono sul palcoscenico, i ragazzi si accorsero che gli spettatori non se n’erano affatto andati, anzi, quando videro la compagnia al gran completo applaudirono con tutta la forza che avevano nelle mani e urlarono a gran voce.

“Paul, sei grande ! ! !” gridò Sarah, mentre Amy mandò un bacio a Tom ed entrambi i ragazzi sfoderarono un sorriso a novanta denti.

Qualcuno lanciò sulla ribalta dei bigliettini per Maddy, piegati come aeroplanini di carta, uno dei quali si ficcò nei capelli di Lucy.

Philip salutò sua madre, che non diceva nulla perché stava piangendo dalla commozione.

Perfino Davenport applaudiva, anche se la sua espressione non era molto convinta.

Gli attori e il loro regista si presero per mano, emozionatissimi, e fecero un profondo inchino. Quando si rialzarono, Julian ed Elizabeth si accorsero che si stavano stringendo la mano a vicenda, ma fecero entrambi finta di niente.

Oliver, invece, vide con la coda dell’occhio Vinegar fare un cenno verso Jenkins, poi unire pollice e indice come per dire “OK” e applaudire sorridendo. Il ragazzo pensò che forse Mark aveva ragione quando parlava del destino. Il destino li aveva pilotati abilmente verso sentieri che probabilmente non avrebbero mai imboccato : i giochi delle coppie per Paul e Tom (che tra l’altro era davvero cambiato), la riscoperta di un’amicizia per Julian ed Elizabeth...perfino la possibilità di coronare il suo sogno, che ora vedeva concretizzarsi sempre di più nel battito di mani di Jenkins.

Quando i ragazzi lo spinsero in avanti a ricevere l’ovazione del pubblico, Oliver ringraziò mentalmente Davenport per avergli permesso, anche se non lo sapeva, di imparare quanto, sia nel teatro che nella vita, fosse importante avere fiducia in se stessi e negli altri e, soprattutto, tenere duro fino alla fine.

Poi, felice, si chinò a raccogliere gli applausi.

 

 

 

FINE

 

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