Dirty Little Secrets

di Fiamma Erin Gaunt
(/viewuser.php?uid=96354)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pilot ***
Capitolo 2: *** Moments later 1x01 ***
Capitolo 3: *** The Katherine Thing 1x02 ***
Capitolo 4: *** Please Do Talk About Me When I'm Gone 1x03 ***
Capitolo 5: *** Reality Bites me 1x04 ***
Capitolo 6: *** Salt meets Wound 1x05 ***
Capitolo 7: *** Save the Date 1x06 ***
Capitolo 8: *** The Prom 1x07 ***
Capitolo 9: *** The Prom II part 1x08 ***
Capitolo 10: *** The Homecoming Hangover 1x09 ***



Capitolo 1
*** Pilot ***


Pilot

 

Gemiti, leggermente soffocati, provenivano dal ripostiglio delle scope.

- Dobbiamo smetterla di vederci così. – sussurrò Mary, ravviandosi i boccoli ramati e rassettandosi la gonna, che nell’impeto del momento le era salita fino ai fianchi.

- Certo, e dimmi, sarai tu a dire a tua cugina che, invece di essere in biblioteca a studiare come avevi detto, eri chiusa in uno stanzino con me, che poi sarei il suo ragazzo? –

Mary aggrottò il naso, in una buffa espressione corrucciata.

- Certo che no, e poi smettila di ripeterlo, mi fai sentire ancora più in colpa. –

Rabastan rise, buttando la testa indietro e facendo scintillare i denti perfetti. Mary McDonald era incredibile, e non solo a letto, aveva quel modo di fare che riusciva sempre a strapparti una risata.

- D’accordo, non lo dirò più. – promise, chinandosi con tono cospiratore e sussurrandoglielo all’orecchio.

Un brivido corse lungo la schiena della ragazza.

Una risata roca, che le accarezzò il collo facendola rabbrividire nuovamente, fu la replica.

- Devo andare. –

S’impose di mantenere il tono risoluto, tutto stava a non lasciarsi incantare da quegli occhi così profondi.

- D’accordo, ci vediamo in giro. –

Un sorriso, che gridava arroganza come tutto in lui, e Mary si ritrovò a maledire la sua promessa di raggiungere Dorcas e Lily a cena.

- Sì, ci vediamo. – confermò, uscendo dall’angusto luogo e dirigendosi rapidamente verso la torre di Grifondoro.

Varcò la soglia proprio nel momento in cui, sicuramente stanche di aspettarla, Lily e Dorcas stavano uscendo.

- Finalmente! Si può sapere dove ti eri cacciata? – esclamò spazientita la rossa.

- Ero in biblioteca, dovevo finire il tema di Pozioni – mentì in fretta, ricevendo in risposta un’occhiata compiaciuta.

- Sono contenta che ti sia messa finalmente sotto con lo studio –

Già, lo studio, pensò ironica, mentre raggiungevano la Sala Grande e prendevano posto sulla panca in legno.

 

 

******

 

- Guardate qua. – esordì Charis, sventolando sotto gli occhi dei suoi amici un piccolo foglio di pergamena, compilato con una scrittura elegante.

- Di che si tratta? –

Rico le tolse il foglietto dalle mani e lo scorse rapidamente, passandolo poi ad Evan che cercava di leggere da sopra la sua spalla.

- Pare che Mary McDonad sia stata vista uscire da uno dei ripostigli di Gazza, visibilmente accaldata. rise il rampollo dei Wilkes.

Una risata maliziosa si levò dal tavolo verde argento.

Rabastan s’ irrigidì leggermente, sforzandosi di mantenere il consueto distacco.

- Dice con chi era? –

- No, ma non posso dire di biasimare chi era con lei. Voglio dire, è tremendamente sexy per essere una Mezzosangue! –

- Più che altro mi piacerebbe sapere chi è che ha inviato quel biglietto. – intervenne Charis, notando che anche agli altri tavoli ne era stato inviato uno e tutti parlottavano tra di loro.

- Magari si tratta di qualche insulsa Tassorosso che si diverte a spettegolare nella speranza di far sembrare la sua vita un po’ meno patetica. – considerò la Banks, interrompendo la sua discussione con Narcissa.

- Sì, è decisamente probabile. – si affrettò a replicare Rabastan, grato per il tentativo di chiudere la discussione.

- È strano comunque, sembra che la Jorkins questa volta non centri nulla; di solito saltella in preda al compiacimento invece stasera sembra piuttosto tranquilla. –

- Sì, Cissa ha ragione, sembra che qualcun altro abbia intenzione di soffiarle il titolo di impicciona rompi coglioni della scuola. –

- Che delicatezza, Banks, sei particolarmente di buon umore oggi, eh? –

- Qualcuno ha chiesto il tuo parere, Nott? Non mi sembra, perciò taci. –

Il ragazzo inarcò un sopracciglio e tornò a consumare silenziosamente la sua cena. Sembrava che la Banks celasse dietro la scontrosità la sua preoccupazione. Per cosa, tuttavia, non avrebbe saputo dirlo.

- Che hai Cissy? –

Charis rivolse un’occhiata preoccupata all’amica, che aveva appena selezionato con cura uno zuccotto di zucca e lo fissava con aria inorridita.

- Nulla, sto bene. – si affrettò a replicare la bionda, nascondendo nella manica della camicia il foglietto di pergamena che aveva trovato sotto lo zuccotto.

“Zucca zucca me lo dice, fidanzata bella traditrice.”

- Scusate, sono piuttosto stanca, vado in camera. –

Si alzò dal tavolo e percorse in fretta la strada che la separava dal portone; passando accanto al tavolo dei Grifondoro lanciò un’occhiata d’intesa ad uno dei Prefetti. Una volta uscita, non s’incamminò verso le scale che portavano ai sotterranei ma percorse la strada che conduceva alla Guferia. Era arrivata a destinazione da un paio di minuti quando un rumore di  passi la spinse a voltarsi.

- Ehi, è successo qualcosa? –

Sorrise, incrociando quegli occhi color miele che la guardavano con gentilezza e appena un lampo di preoccupazione. No, non era quello il momento di fissare Remus Lupin con aria sognante.

- Abbiamo un problema… E quando dico problema intendo una crisi a livello mondiale. –

Il ragazzo aggrottò la fronte, in un’espressione che lo faceva sembrare più grande e incredibilmente stanco.

- Di che si tratta? –

Gli porse il messaggio, osservandolo leggerlo e stringere i denti, segno evidente che era arrabbiato.

- Non so chi l’abbia scritto, l’ho trovato nel piatto degli zuccotti. –

- Hai ragione, questo è un problema. Che cosa hai intenzione di fare? –

Narcissa lo fissò stupita, - Scusami? –

- Intendo… se hai intenzione di chiuderla qui, sì insomma, posso capirti. –

Ma che accidenti stava dicendo?

- Vuoi che la chiuda qui? –

Remus scosse con decisione la testa.

- Certo che no, come ti salta in mente, ma non voglio neanche che tu abbia problemi. –

- Ehy, dobbiamo solo cercare di essere più discreti. Non preoccuparti, troveremo un modo. – sussurrò, alzandosi in punta di piedi e scoccandogli un tenero bacio a fior di labbra.

- Sì, ce la faremo. – replicò, anche se non convinto del tutto. Lui teneva a Narcissa, anzi ne era innamorato, e sapeva perfettamente di non poterle offrire un futuro degno di lei. Insomma, veniva da una famiglia che viveva con il minimo sindacale e per di più era un lupo mannaro… cosa avrebbe mai potuto offrirle? Eppure, per qualche strana ed incomprensibile ragione, la promessa sposa del ricco rampollo dei Malfoy aveva scelto lui… amava lui.

- Devo tornare in dormitorio, ho detto agli altri che sarei andata a dormire. –

- D’accordo, ci vediamo domani a lezione. – le sussurrò, lasciandola dalla sua presa e baciandola a sua volta.

Gli augurò la buonanotte e percorse le scale in fretta, stando attenta a non inciampare a causa del buio e passando la mano sul corrimano in pietra per ottenere il miglior equilibrio possibile. Era quasi giunta alla fine della rampa quando avvertì qualcosa di piccolo e pungente sotto le sue dita; lo prese, osservandolo alla luce delle torce, e vide che si trattava di una spilla che ricordava il colore degli occhi di Remus, su di essa c’erano un paio di gocce del suo sangue: doveva essersi punta quando l’aveva toccata. Stava per riprendere a camminare quando notò la pergamena che stava ai suoi piedi; la raccolse, aprendola con mano tremante e riconoscendo la calligrafia del messaggio che aveva ricevuto a cena.

“Attenta a non ferirti, principessa, molto spesso la verità fa male.”

L’accartocciò con rabbia, dandogli poi fuoco con un colpo di bacchetta. Non era possibile, lei che fin dal primo anno era sempre stata immune dai pettegolezzi, doveva cominciare a vivere nel terrore di essere spiata? Continuò la sua avanzata lungo i sotterranei, incurante del paio di occhi castani che l’osservava con guizzante cattiveria.

- Che il gioco abbia inizio. – mormorò, attendendo che la principessina si allontanasse e tornando al suo dormitorio.

 

 

 

 

Spazio autrice:

Come anticipato nell’introduzione, la storia è ispirata a Pretty Little Liars, e ambientata nella generazione dei Malandrini. Che dire, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e che sia riuscita ad incuriosirvi. Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando, ci tengo molto. Al prossimo capitolo.

Baci baci,

                 Fiamma Erin Gaunt

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Moments later 1x01 ***


Moments later 1x01

 

 

 

- Tu che ne pensi, Celeste? Ehy, mi stai ascoltando? –

La diretta interessata, una ragazza dai boccoli castano scuri e gli occhi color cioccolato, scosse la testa.

- Scusami, Eris, stavi dicendo? –

- Ti ho chiesto se avevi qualche idea su chi possa aver fatto questo. – replicò, sventolandole sotto il naso il foglio di pergamena che era stato misteriosamente recapitato al loro tavolo.

- Questo cosa? –

Eris alzò gli occhi al cielo, sbuffando esasperata. Non c’era niente da fare, sembrava che la sua amica quella sera fosse completamente immersa nel “fantastico mondo di Celeste Zabini”.

- Il biglietto anonimo su Mary. Vuoi almeno voltarti a guardarlo? – esclamò stizzita, notando che la ragazza sembrava non degnarla della minima considerazione. E, se c’era una cosa che Eris Greengrass proprio non tollerava, era non essere calcolata.

- Che biglietto? –

Ah, basta! Ora ne aveva decisamente abbastanza.

- Questo. –

Gli mise la pergamena sotto gli occhi, costringendola a tirarsi indietro per non incrociarli.

- Ma sei impazzita? – protestò debolmente Celeste, afferrandolo e leggendolo velocemente.

- Merda… chi può essere stato? –

- È esattamente quello che ti ho chiesto trenta secondi fa, quando fissavi il vuoto con aria molto stupida. –

- Non stavo fissando il vuoto, ero solo sovrappensiero. – protestò, trattenendosi dal correggerla dicendo che la sua attenzione era tutta rivolta al tavolo dei professori. Quell’anno la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure era stata assegnata a Marcel Bouvier, un giovane mago francese incredibilmente affascinante che lei aveva conosciuto durante la sua estate passata a casa dei nonni materni, nell’assolata Nizza. Ok, forse dire che l’aveva conosciuto era un po’ riduttivo; erano usciti insieme per tutta l’estate, la loro era stata intesa al primo sguardo e ancora adesso faticava ad entrare nell’ordine d’idee che lui era un suo professore… e soprattutto doveva continuare ad essere solo questo, indipendentemente dai loro trascorsi.

- D’accordo, come dici tu. Pensi di riuscire a tornare abbastanza lucida per andare a raggiungere Mary e darle il nostro sostegno, o è chiederti troppo? –

Storse leggermente il naso; l’ironia e il sarcasmo di Eris erano divertenti, soprattutto quando li rivolgeva su Rico, ma se era lei la vittima le cose cambiavano.

- Certo che posso farcela, ma il sarcasmo risparmialo per Wilkes, ok? –

Incurante della replica dell’amica, si alzò e raggiunse Mary, circondata da Lily e Dorcas che erano già entrate in modalità di amiche iper protettive. Passando davanti al tavolo dei professori non potè fare a meno d’incrociare lo sguardo di Marcel, che le rivolse un sorriso sghembo. Lo liquidò con un’occhiata ammonitrice: insomma, era stato proprio lui a dire che la loro storia doveva essere chiusa ed ora si metteva a sorriderle davanti a tutta la scuola? Lo vide aggrottare la fronte, perplesso, e si limitò a sillabargli: “Ti spiego poi”, poi tornò a rivolgere la sua attenzione a Mary.

- Tesoro, stai bene? – le chiese, stringendola in uno dei suoi famosi abbracci stritolatori e facendola ridacchiare: - Diciamo che sono ancora viva, ma se continui a stringere non lo rimarrò per molto. –

- Hai idea di chi possa essere questa stronza? – le chiese Eris, fissando con uno sguardo assassino il foglio di pergamena, come se la colpa di ciò che vi era scritto fosse solo ed esclusivamente di quel piccolo pezzo di carta.

- Chiunque, ma è strano, non mi è sembrato di vedere nessuno quando sono uscita. – replicò Mary, preparandosi mentalmente alla domanda che sarebbe inevitabilmente seguita.

E infatti…

- E lui… chi è lui? – volle sapere Dorcas.

- È… è uno del nostro anno. –

- Stai tergiversando… in che Casa è? –

Il silenzio di Mary fu una replica sufficiente.

- Santo Godric, Mary, dimmi che non è un Serpeverde! – esclamò Lily, venendo fermata all’istante dall’amica.

- Non farmi la paternale, Lils, ti ricordo che fino a un anno fa eri la migliore amica di uno di loro. –

La rossa annuì con espressione rammaricata: - Già, e guarda come è andata a finire. Non ci si può fidare di loro, Mary. –

- Sono d’accordo con Lily, cosa ti fa pensare che non sia stato proprio lui a mettere in giro la voce? - - Perché, Celeste, se lo avesse fatto avrebbe corso il rischio di essere smascherato… Insomma, era palese che si sarebbe trattato di lui. –

Le quattro ragazze annuirono davanti alla sua logica stringente.

- Perché non ci siamo arrivate prima noi, siamo Corvonero, dovremmo essere noi quelle intelligenti. – commentò tra sé e sé Celeste, venendo fulminata da un’occhiataccia di Lily. L’argomento intelligenza, così come le valutazioni scolastiche, era off limits tra loro, ne andava della salute mentale di tutte, visto che una sfida tra Celeste e Lily le avrebbe inevitabilmente portate ad un’isteria collettiva.

 - Allora, sappiamo che lui non può essere stato… ma qualche sua amica? –

- Lo escludo, so che non lo direbbe a nessuno, si rovinerebbe la reputazione se si sapesse in giro. –

- E tu stai con un tipo come questo, uno che si vergogna di te? – esclamò indignata Lily.

- Non ci sto insieme, Lils, è solo qualche incontro di divertimento. –

- In sostanza solo sano sesso. – le venne incontro Eris, con l’aria di chi la capiva alla perfezione.

Mary annuì, grata per l’inaspettato aiuto.

- Continuo a non capire come tu possa farlo. –

- Lo so, ma ora concentriamoci su qualcosa di più importante… dobbiamo sapere chi è questa stronza. – intervenne Dorcas.

- Perché siete convinte che sia una ragazza? –

- Perché bisogna essere maledettamente scaltre e abituate a fiutare un buon pettegolezzo per fare una cosa del genere, quindi sono certa che sia una ragazza. – replicò la bionda, mentre Eris annuiva confermando il suo brillante ragionamento.

- D’accordo… è una ragazza, ma chi? –

Un tossicchiare discreto interruppe la loro conversazione. Si trattava di un bambinetto che doveva essere al primo, massimo secondo, anno.

- Scusate, chi di voi è Celeste Zabini? – domandò incerto.

- Sono io, cosa vuoi? –

- Il professor Bouvier dice che vuole parlarti del tuo programma di studi, ti aspetta nel suo ufficio. –

Celeste lanciò un’occhiata al tavolo dei professori: ma come, se n’era andato senza che se ne accorgesse?

- D’accordo… ragazze, riprendiamo la conversazione domani mattina, va bene? –

- Certo, vai pure a sentire cosa vuole il sexy prof. – replicò maliziosamente Mary, facendola ridacchiare.

Uscì dalla Sala Grande in tutta fretta, imponendosi di darsi una calmata e percorrere la strada che la separava dall’ufficio con calma; non voleva mica arrivare con il fiatone e l’aria stravolta, né tantomeno desiderava dare l’impressione della diciassettenne che corre non appena il bel tenebroso fa un fischio.

Arrivò a destinazione dieci minuti più tardi, si prese un paio di secondi  per prepararsi mentalmente e risistemarsi i capelli e bussò lievemente.

- Vieni pure, Celeste, ti stavo aspettando. –

Sorrise sentendolo pronunciare il suo nome in modo così professionale. Tuttavia, una volta che si fu chiusa la porta alle spalle, il suo atteggiamento cambiò completamente. La spinse addosso al muro, arpionandole i fianchi e schiacciandola contro di lui, prese d’assalto le sue labbra: baciandole, leccandole e mordendole finchè non furono entrambi a corto di fiato.

- Ciao. – le sussurrò a fior di labbra.

- Ciao. – rise.

- Bella la trovata del programma scolastico, ingegnosa. –

- Sei una Corvonero, ho immaginato che apprezzassi quello che per voi è un “dono grato”. – replicò ironicamente, citando il loro motto.

- Sì, ho decisamente apprezzato. – ammise, cingendogli il collo con le braccia e baciandolo con passione.

Andarono avanti per mezz’ora finchè, ormai visibilmente accaldati, si separarono.

- Credo sia il caso di andarci piano. – mormorò controvoglia Marcel, accarezzandole una guancia e sorridendole teneramente.

- Già. Bè, sarà meglio che torni in dormitorio, Eris mi starà cercando. – replicò, dicendo a se stessa che se non fosse uscita di lì immediatamente avrebbe rischiato di saltargli addosso e strappargli via i vestiti.

- Sì, è meglio non attirare troppo l’attenzione. –

Si salutarono con l’ennesimo lungo e appassionato bacio, poi entrambi tornarono verso le rispettive stanze.

Celeste entrò nel dormitorio cercando di fare meno rumore possibile e rimase sorpresa dall’assenza di Eris, che aveva lasciato il letto intatto e la borsa ancora da disfare.

Stava per infilarsi sotto il copriletto blu quando notò un pezzetto di pergamena, della stessa dimensione di quello che era arrivato a cena, poggiato sul suo comodino. Lo aprì con mano tremante, dicendosi che magari si trattava di un messaggio per qualcun’altra delle sue compagne di stanza, o che poteva essere un semplice foglio bianco.

“Quando i professori baciano le studentesse iniziano i guai.”

Dannazione, quella stronza adesso si metteva a spiare anche lei? Nascose il biglietto nella tasca del pigiama e affondò la testa nel cuscino; era difficile, ma doveva cercare di mettersi a dormire, non poteva certo andare in giro con delle occhiaie stile zombie l’indomani.

 

 

 

 

***************

 

 

Tutto sommato Eris era profondamente grata al professor Bouvier; non fosse stato per lui non avrebbe saputo che scusa trovare per non andare in camera con Celeste. Per quanto le scocciasse l’idea di dover stare attenta ad ogni suo movimento, non aveva la minima intenzione di lasciar trapelare qualche informazione sul rapporto che aveva con quel ragazzo; specialmente perché lui non era solo un Serpeverde, ma IL Serpeverde: astuto, manipolatore e cinico. Insomma, il perfetto principe machiavelliano. Tutte caratteristiche che non avrebbero certo contribuito a farlo piacere alle sue amiche; dannazione, lei stessa, più spesso di quanto non avvenisse il contrario, faticava non poco a sopportarlo. Però doveva ammetterlo: era probabilmente il ragazzo più bello e sexy su cui avesse mai posato gli occhi.

- Sei in ritardo. – l’accolse la familiare voce roca, che suo malgrado le causò un brivido lungo la schiena.

- Lo so. – replicò incurante, prendendo posto sulla sedia che era comparsa in quel preciso istante. Doveva ammettere che quella Stanza delle Necessità era proprio una trovata geniale.

- Perché oltre a sapere non provi anche a regolarti di conseguenza? – le domandò ironico, versandosi un bicchiere di quello che, a giudicare dall’odore, tutto era fuorchè succo di zucca.

Rico alzò il calice in una sorta di brindisi al suo indirizzo e lo sorseggiò distrattamente, seguendo con gli occhi color ghiaccio lo sguardo della ragazza, che accarezzava il suo corpo partendo dalle gambe fino ad arrivare al petto, parzialmente visibile grazie alla camicia lasciata mezz’aperta.

Eris si sforzò di non guardarlo troppo palesemente; non le piaceva l’espressione compiaciuta che compariva sul volto dai tratti cesellati quando la beccava a fissarlo, c’era troppo compiacimento in quella sua aria di altezzosa arroganza. Del resto era un Wilkes, arroganza era il suo secondo nome.

- Sembrerebbe che ti piaccia ciò che vedi. – commentò, rendendo la voce volutamente più roca ed insinuante.

- Non sarei qui altrimenti, ti pare? – replicò a tono, decisa a non lasciarsi mettere in imbarazzo.

- Maledettamente giusto. –

Vuotò il bicchiere tutto d’un sorso.

- E a te piace ciò che vedi? – domandò maliziosamente.

Le si avvicinò con una velocità che la colse di sorpresa, chinandosi sul suo collo a sussurrarle: - Sei troppo coperta per i miei gusti, come faccio a dire se mi piace se non vedo nulla? –

Si ritrovò ad arrossire, rimproverandosi per quel momento di debolezza. Dannazione, perché doveva fare la figura della ragazzina timida e impacciata?

- Bè, a questo si può porre facilmente rimedio. – balbettò, sfilandosi il maglione della divisa e cominciando a sbottonare i polsini della camicia.

Rico si portò alle sue spalle, bloccandole le braccia lungo i fianchi e mordicchiandole alternativamente lobo e collo. Le sfuggì un sospiro.

- Lo sai che mi piace spogliarti, tu lo fai troppo in fretta. – la redarguì, con il tono che avrebbe usato un insegnante con un’alunna indisciplinata. Ed in effetti per lei era stato un po’ quello: il suo primo amante, ovviamente escludendo le relazioni che aveva avuto prima come quella con Fabian Prewett, che aveva contribuito alla sua formazione in quel campo insegnandole una moltitudine di giochini interessanti.

Sentì le sue mani che le sbottonavano la camicia, un bottone alla volta, sfiorandole di tanto in tanto la pelle candida e accendendo sempre più il suo desiderio. In nome di Rowena, la stava facendo impazzire. Cercò di aiutarlo nello spogliarla, ottenendo in risposta un lieve brontolio: non doveva disturbarlo.

Finalmente, dopo un’attesa che le parve interminabile, la camicia cadde a terra; avvertì il fresco della sera sulla pelle nuda, notando solo in quel momento che oltre all’indumento aveva tolto anche il reggiseno. La reazione che le venne istintiva fu quella di portarsi le mani sul seno, coprendolo come meglio poteva, malgrado sapesse che era sciocco essere tanto pudica dopo aver diviso il letto con lui in innumerevoli occasioni.

La prese per i fianchi, sollevandola di peso e spingendola ad allacciare le braccia intorno alla sua vita. Lo aiutò a sfilarsi maglione e camicia, afferrandolo per la cravatta e attirandolo verso la sua bocca; le loro labbra si presero immediatamente d’assalto, in una specie di lotta per la supremazia e, mentre le loro lingue giocavano a rincorrersi, ormai completamente dimentica di essere mezza nuda, sentì le mani calde del ragazzo che si chiudevano a coppa sul suo seno. Chiuse gli occhi, godendosi la sensazione di quel tocco possente e al tempo stesso delicato e soffocando un gemito sulle labbra del ragazzo.

La portò fino al letto, lasciandola cadere sul materasso e liberandosi dei pantaloni della divisa, che ormai non era altro che uno scomodo intralcio. Tornò a baciarla, mentre le sue mani trovavano la zip della gonna e la lasciavano cadere a terra insieme alle mutandine. Si fermò un attimo, godendosi lo spettacolo che aveva davanti: non aveva mai visto una ragazza così assolutamente perfetta, in quei momenti riusciva quasi a dimenticarsi del modo in cui si erano trattati in tutti quegli anni.

Prese a cospargere di baci e delicati morsi il petto di Eris, scendendo fino all’ombelico e risalendo; con la mano scese ad accarezzarle l’interno coscia, prendendosi il tempo di sentirla sospirare un paio di volte prima di affondare in lei. Affondò da prima con delicatezza, poi sempre più velocemente, finchè la ragazza non cominciò a gemere in modo inequivocabile; un affondo più forte degli altri la spinse mordersi il labbro per impedirsi d’urlare.

- Salazar, che espressione. – brontolò, la voce cupa come un ringhio a causa dell’eccitazione.

- Quale espressione? –

- Questa. –

Affondò nuovamente con forza, strappandole un gridolino di piacere e facendole chiudere gli occhi. Invertì le posizioni, facendola sedere su di sé e sostituendo le mani con la sua eccitazione.

- Muoviti per me. – brontolò, accarezzandole i fianchi e chiudendo gli occhi quando la sentì cominciare ad ondeggiare su di lui.

Un’ora più tardi Eris riuscì a sgattaiolare dalla presa del ragazzo, stando attenta a non svegliarlo, e cominciò la ricerca dei suoi vestiti.

- Che stai facendo? – mormorò Wilkes, la voce impastata dal sonno.

- Mi rivesto e torno in dormitorio. – replicò con tono di constatazione; non avevano mai dormito insieme, quella era una cosa da coppie e loro non lo erano.

- La camicia è lì, vicino alla poltrona. – la informò, osservandone i movimenti con attenzione. C’era un che di armonioso nel suo modo di muoversi, anche quando faceva qualcosa di tanto semplice come vestirsi.

- Che hai da guardare? –

- Non posso? Ti ricordo che ho visto e toccato abbondantemente ogni centimetro del tuo corpo, non c’è bisogno che tu faccia la virtuosa Corvonero… non con me. –

Riecco quell’insopportabile sorriso soddisfatto.

- Non esserne così compiaciuto, potrei anche decidere di non tornare più qui. –

Rico inarcò un sopracciglio con aria beffarda e allargò le braccia: - Bè, allora ti concedo un’ultima occhiata a tutto questo. –

Sbruffone… dannato sbruffone. Credeva davvero che non sarebbe riuscita a stare lontana da quel suo corpo così muscoloso, caldo e perfetto? Oh, dannazione, doveva mantenere il punto, non perdersi ad ammirare il modo in cui i bicipiti si contraevano o quanto fossero larghe e solide le sue spalle.

- Va a farti fottere, Wilkes. –

- Cos’è, una richiesta di bis? – sogghignò, facendola arrossire.

S’impose di non cedere e quella sfrontataggine le diede lo stimolo che le serviva per tenere il punto.

- Non credo proprio. – replicò tagliente, indossando la camicia e chiudendosi dietro la porta. Che accidenti era quella cosa a terra?

“A quanto pare l’algida Eris Greengrass segue il detto: tieni gli amici vicini e i nemici ancora più vicini.”

- Vaffanculo, stronza. – ringhiò, strappandolo in mille pezzi e gettandolo nel cestino più vicino.

 

 

 

Spazio autrice:

 

Ecco il nuovo capitolo. Spero vi piaccia, mi raccomando fatemi sapere che ne pensate (anche dicendo semplicemente che vi fa schifo). Al prossimo.

Baci baci,

                   Fiamma Erin Gaunt

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** The Katherine Thing 1x02 ***


The Katherine Thing 1x02

 

Quella mattina Katherine Banks aprì gli occhi con la consapevolezza che sarebbe stata una mattinata terribile; il risveglio del venerdì era sempre traumatico: il carico di studio e compiti della settimana, unito ad un inizio di giornata composto da due ore di Storia della Magia, avrebbe distrutto mentalmente e fisicamente chiunque. Uscì dal bozzolo di coperte che era il suo letto e si diresse verso il bagno trascinando controvoglia i piedi; nel letto accanto Charis dormiva ancora beatamente, forte della sua prima ora di buca, mentre Narcissa doveva essersi già svegliata e vestita, come testimoniava il letto disfatto ormai vuoto.

S’infilò sotto la doccia, regolando la temperatura finchè non fu sufficientemente calda da arrossarle la pelle, e si godette il getto che le accarezzava il corpo. Avrebbe voluto rimanere così per il resto della giornata.

Quando gambe e braccia ebbero ormai raggiunto il colorito di un’aragosta nella pentola, si decise a chiudere il getto e a cominciare a prepararsi. Cercò a tentoni la divisa, premurandosi di non accendere la luce: Charis Selwyn diventava pericolosa come un Basilisco se veniva accidentalmente sottratta alle sue otto ore di riposo giornaliere. Rinunciò ad annodare il cravattino con i colori della Casa e uscì dirigendosi verso la Sala Comune.

- Non dirmi che hai intenzione di presentarti a colazione in questo stato. –

- Buongiorno anche a te, Cissa. – replicò ironica, ignorando l’occhiata contrariata che la bionda aveva rivolto alla sua camicia più grande di un paio di taglie, che altro non era se non quella di Avery a cui l’aveva sottratta un paio di giorni prima, e alla cravatta legata come un cappio intorno al collo.

- Stai ferma, ci penso io. – sospirò la Black, afferrandola per il colletto e sistemandole l’infido arnese, - Ecco fatto, ora sei quasi presentabile. Certo, se non fossimo in ritardo ti rispedirei in camera a dare una sistemata a quei capelli: sono un disastro. –

Katherine intercettò l’occhiata che Avery, alle sue spalle, aveva rivolto al soffitto.

- Black, pensi di riuscire a liberare la mia ragazza il tempo necessario a salutarla come si deve? – intervenne ironico, prendendola per una mano e attirandola verso di lui. Si alzò in punta di piedi quel tanto che bastava per incontrare le labbra sottili e fresche del ragazzo.

- Non darle retta, a me i tuoi capelli piacciono così come sono. – le sussurrò all’orecchio, giocherellando distrattamente con una morbida onda castano scuro.

- Non dare mai retta a Narcissa Black in preda alle sue crisi modaiole è la prima regola per sopravvivere vivendo a stretto contatto con lei, non m’insegni sulla di nuovo Mason. –

- Ti ho sentita. – replicò la bionda fingendosi indignata.

- Lo so. –

Il sorriso malandrino della Banks coinvolse tutti i presenti, dando vita ad un’allegra risata collettiva.

- Mason, le mie scuse, ma devo conferire con la mia Cacciatrice. – intervenne Rico, strappandola gentilmente alla presa dell’amico e cingendole le spalle con un braccio con fare fraterno.

- Allora, lo hai già sentito? –

Katherine aggrottò leggermente la fronte, non capendo a cosa si stesse riferendo. Del resto era sempre così con lui: parlava, parlava ma in realtà non stava dicendo nulla, o meglio, nulla che potesse rivelarti esattamente ciò che gli passava per la testa.

- Non guardarmi con quell’espressione da cerbiatta confusa: che giorno è oggi? –

- Venerdì. –

- Questo lo so anche io, grazie per l’informazione, intendevo che numero è? –

- Il ventinove ottobre? – tentò nuovamente.

Non riusciva proprio a capire dove volesse andare a parare.

Rico si battè una mano sulla fronte con aria plateale: - Sul serio, Banks, penso che Avery ti stia contagiando con la sua idiozia… ancora qualche mese e ti ritroverai allo stesso livello mentale di un troll di montagna. –

Katherine gli appioppò un pugno sulla spalla, ma riuscì finalmente a ricordarsi che giorno fosse.

- È il compleanno di Tyler… me l’ero dimenticato, merda, sono proprio una pessima sorella maggiore. –

- Già, menomale che esisto io… immagini come sarebbe un  mondo senza di me? –

Lo guardò fingendo di soppesare la risposta: - Un mondo migliore? –

Rico scrollò le spalle con aria di studiata nonchalance: - Meriti una risposta secondo te? A proposito… Ev, fratello, devo dare un’occhiata al tuo tema di Storia della Magia. –

L’erede dei Rosier, che aveva appena fatto il suo ingresso, lo guardò con aria ironica: - Cosa ti fa pensare che io l’abbia fatto? –

- Stai scherzando? Evan Rosier che non fa un compito, Katherine Banks che si dimentica le cose, si sta rivoltando il mondo per caso? –

Si rivolse poi a Piton, seduto tra Mulciber e Avery e intento a chiacchierare sottovoce con Regulus e Barty, probabilmente riguardo qualche scherzo che avevano intenzione di fare ai Grifondoro.

- Severus, amico mio, hai forse intenzione di farti uno shampoo? No, perché a questo punto c’è da aspettarsi qualsiasi cosa… la mia vita non ha più certezze. –

Evan alzò gli occhi al cielo, mormorando qualcosa che suonava distintamente come “Salazar, perdonalo, non sa ciò che dice”.

- Rico… stavo solo scherzando, certo che ho fatto il tema. –

Gli porse il rotolo di pergamena che il moro intascò all’istante e trascinò via il cugino prima che potesse dire o fare qualcosa che gli avrebbe fatto guadagnare un Sectusempra da parte di Piton.

- È sempre più pazzo. – mormorò Narcissa, ridacchiando sotto i baffi, - Vogliamo andare? – aggiunse.

- Certo, tu inizia ad andare, io spedisco una lettera e ti raggiungo. –

L’amica annuì e l’accompagnò fino alla scalinata che portava in direzione della Guferia.

- Ti tengo il posto. –

Katherine le rivolse un distratto cenno d’assenso e cominciò la scalata verso la Guferia. Non aveva ancora idea di cosa scrivere a Tyler: insomma, cosa si scrive ad un fratello che vive in Francia come un recluso e che ha appena passato le tre notti peggiori del mese?

Con un sospiro recuperò penna e inchiostrò dalla borsa e cominciò a scrivere.

 

Caro Ty,

            spero che tu stia bene e non ti annoi troppo a casa degli zii. Ho pensato molto a te in queste notti e spero che non siano state troppo penose per te. Stai prendendo la pozione, vero? Purtroppo non ho ancora avuto modo di comprarti un regalo, ma domani abbiamo la prima uscita ad Hogsmeade e rimedierò a questa mancanza. Sono sicura di riuscire a trovare quella nuova divisa dei Falcons che ti piace così tanto e magari ci aggiungerò anche un piccolo extra… tutto dipende da quanto velocemente risponderai a questa lettera. Le cose qui al castello procedono come al solito: troppi compiti, troppe chiacchiere e troppa poca gente interessante (ovviamente escludendo la mia comitiva di Serpeverde). La settimana prossima ci sarà l’inizio del torneo studentesco, ti farò avere una cronaca dettagliatissima della partita. Rico ci tiene a salutarti e si unisce a me nel farti i migliori auguri per questo tuo quindicesimo compleanno. Non vedo l’ora che sia Natale per poterti riabbracciare. Ti mando un bacio, tua,

                                                                                           Kat

 

 

Rilesse la lettera un paio di volte, poi, quando fu certa di aver detto ciò che voleva senza risultare troppo melensa o scontata, richiamò il suo fido barbagianni e gliel’assicurò ad una zampa.

- Portala a Tyler, a casa degli zii a Nizza. – sussurrò, lasciandolo libero di spiccare il volo.

 Ripercorse velocemente i gradini che portavano al pianoterra e, troppo di fretta per rendersene conto, finì con lo scontrarsi con la persona che meno sopportava all’interno di Hogwarts: Sirius Black.

- Banks, hai dei gomiti appuntiti come stampelle, mi hai quasi ucciso. – borbottò, massaggiandosi le costole.

- Peccato che non ci sia riuscita, suppongo di dovermi esercitare di più. –

- Quando di deciderai ad ammettere che in realtà sei pazza di me e che sei solo troppo timida per ammetterlo? –

- Quando è giusto è giusto. Questa volta hai proprio ragione, Black. –

Sirius sgranò gli occhi, senza parole. Possibile che avesse davvero centrato il nocciolo della questione?

- Che intendi? – domandò guardingo.

- Che dovrei proprio essere pazza per farmi piacere uno come te. –

Scoppiò a ridere, con quella sua risata che ricordava prodigiosamente l’ululato di un lupo e che puntualmente la faceva rabbrividire.

- Bella risposta, Banks. Questa volta hai vinto tu, te lo concedo. –

Si scambiarono un ultimo sguardo e ripresero a camminare nella direzione che avevano preso quando si erano scontrati. Tutto sommato forse quella giornata non si preannunciava poi così male: aveva azzittito e ferito Sirius Black in un colpo solo.

- Finalmente sei arrivata, stavo per darti per dispersa. – esclamò Narcissa, spostandosi sulla panca per farle posto.

Katherine si servì una generosa porzione di uova strapazzate e scelse con cura alcune fette di bacon croccante. Stava per mettersi a mangiare quando una civetta della scuola atterrò davanti a lei. La liberò del foglio di pergamena e lo scorse velocemente: “Tutta colpa della luna, quando è piena fa impazzire la gente.”

Lo strinse furiosamente, facendo saettare gli occhi lungo le quattro tavolate. Vide Bertha Jorkins, al tavolo dei Tassorosso, ridacchiare insieme ad una sua compagna e non ci vide più. Percorse in fretta la distanza che separava i due tavoli e le piombò addosso, artigliandole la gola: - Se hai qualcosa da dire dimmela in faccia, capito razza di insignificante ragazzetta?! –

Rico la raggiunse in fretta, tirandola indietro di peso e costringendola a lasciare la presa.

- Calmati, Kat, non vorrai mica dare peso alle chiacchiere di una così, no? –

- È pazza, è completamente pazza, non le ho fatto nulla. – strepitava nello stesso istante la Tassorosso.

- Ascoltami bene, Jorkins, tu per me non esisti, sei il nulla, e sai cosa fa il nulla? Tace, non parla, non apre bocca e non manda bigliettini. Tu non sai proprio nulla e farai bene a chiudere quella bocca se non vuoi che ti strappi quella lingua da pettegola che ti ritrovi e te la faccia ingoiare a suon di schiaffi. –

Si liberò dalla presa dell’amico: - Puoi lasciarmi, sto bene adesso. –

Ritornò sui suoi passi e, come se non fosse successo nulla, riprese a fare colazione incurante delle occhiate che le venivano rivolte.

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci con il nuovo capitolo. Bè, penso sia abbastanza scontato quale sia il grande segreto di Katherine, ma avrà davvero individuato la ragazza che invia quei misteriosi biglietti o ha solo preso un abbaglio? Lo scoprirete solo continuando a leggere. Al prossimo capitolo.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Please Do Talk About Me When I'm Gone 1x03 ***


Please Do Talk About Me When I'm Gone 1x03

 

 

La scenata di Katherine Banks aveva fatto rapidamente il giro della scuola. Non era chiaro cosa avesse fatto o detto la Jorkins per farla scattare in quel modo e i più fantasiosi abbozzavano centinai d’ipotesi, alcune più realistiche come quella secondo cui la Tassorosso aveva messo in giro qualche falso pettegolezzo su di lei e altre assolutamente campate per aria.

- Mary Strongold, del terzo anno, giura di averla vista parlottare con Sirius Black prima di entrare in Sala Grande… scommetto che la Jorkins ha scoperto una tresca tra quei due. –

- Sul serio, ma non si odiavano? –

- Mah, secondo me è tutta una trovata per non destare sospetti… -

- Secondo me, invece, dovreste smetterla di ficcare il naso in fatti che non vi riguardano. –

Le due studentesse sobbalzarono leggermente, voltandosi e trovandosi davanti il profilo arrogante dell’erede dei Wilkes. Arrossirono furiosamente mentre la bionda, la più sfacciata delle due, gli rivolse un sorriso accattivante e prese a giocherellare con una ciocca di capelli.

- Rico, non ti avevamo visto, ci hai spaventate. – Emise un risolino acuto, avvicinandosi un po’ di più e posandogli una mano sul braccio con aria civettuola, - Allora, fai qualcosa di speciale domani? –

Le rivolse un’occhiata glaciale, prima di tirarsi indietro disgustato, : - Ti ho forse detto che potevi toccarmi? –

La biondina lo fissò interdetta, sembrò prenderlo come uno scherzo e ridacchiò di nuovo.

- Salazar, piantala di starnazzare come un’oca, mi fai venire il mal di testa. –

- Ma… ecco, l’altra sera noi… -

Il ragazzo alzò il mento come sfidandola a continuare la frase.

- Credi sul serio che una sveltina in un armadio delle scope abbia qualche importanza per me? Senza offesa, ovviamente, tesoro. –

La ragazza gonfiò le guance, indignata, e prese l’amica sottobraccio, allontanandosi con aria mista tra l’ira e la delusione.

- È la numero sette questa settimana o sbaglio? –

Si voltò verso la voce ironica che era intervenuta a commentare l’evento.

- Ah, Caradoc, sei tu. No, in realtà è l’ottava. – aggiunse distrattamente, per poi darsi dell’idiota. Aveva conteggiato anche Eris, non ricordando il fatto che della loro per così dire “relazione” nessuno doveva essere a conoscenza.

- Devo essermene persa una allora, io ne conto sette. –

- Colpa mia, con una ho bissato. – replicò, scrollando le spalle. Il Battitore dei Grifondoro si strinse nelle spalle, come a dire che faceva finta di credergli anche se la cosa non gli tornava più di tanto.

- Allora, hai visto il calendario delle partite? – domandò poi, tornando su un terreno meno insidioso.

- Sì, giocate contro i Tassorosso… è un inizio di campionato relativamente tranquillo. –

Il Serpeverde annuì, mentre insieme si dirigevano verso l’aula di Trasfigurazione. Merda, quelle due oche gli avevano fatto perdere tempo; era in ritardo e sicuro come l’inferno l’ arpia non si sarebbe fatta sfuggire l’occasione per rifilargli qualche compito in più. La sua previsione si avverò nel momento stesso in cui misero piede in aula.

- Dearborn e Wilkes, siete in ritardo. Dieci punti in meno ad entrambe le Case e, per quanto riguarda te Wilkes, per domani voglio un tema  di trenta centimetri sugli effetti della Trasfigurazione elementare: il compito che mi ha consegnato ieri era appena Accettabile.

Annuendo controvoglia e maledicendola mentalmente, prese posto accanto al cugino.

- Che è successo? – sussurrò Evan, stando attento a non farsi beccare dalla professoressa.

- Due pettegole mi hanno fatto perdere tempo… nulla di serio. – replicò a mezza bocca.

La lezione proseguì in un religioso silenzio e Rico si convinse persino a prendere appunti durante la spiegazione, cosa che di solito avveniva solo sotto minaccia di essere interdetto dal campionato scolastico.

- Hai visto Caradoc? – domandò a fine lezione.

Evan scosse la testa, arricciando il naso con disgusto: non aveva mai sopportato quel Dearborn,  troppo pieno di sé per i suoi gusti.

- Pazienza, continuerò il discorso con lui più tardi. –

Recuperarono le loro borse e insieme si diressero verso la Sala Comune, pronti a godersi una meritata pausa dopo quella doppia ora di arpia.

 

 

*******

 

- Indovina chi sono? –

Un paio di mani coprirono gli occhi di Caradoc, in un maldestro tentativo di celare l’identità di colui che l’aveva abbracciato. Tentativo di gran lunga vano, avrebbe riconosciuto quel tono spensierato e allegro ovunque.

- Andiamo, Benji, non ti stanchi mai di giocare, vero? –

Sbuffò, liberandosi dalla presa del compagno e tornando a cercare la sua mazza da Battitore: ma dove diavolo si era cacciata?

Benji sbuffò, mettendo su un lieve broncio che agli occhi del compagno di Casa risultava assolutamente adorabile.

- Pensi sempre al Quidditch, ed io? –

- Tra una settimana inizia il campionato, devo farmi trovare pronto. –

- Non hai risposto alla domanda… a me chi ci pensa? – insistè il biondo, incastonando gli occhi azzurri come il cielo primaverile in quelli mogano del ragazzo.

Caradoc sospirò, abbandonando la ricerca e spingendo il compagno contro il muro dello spogliatoio. Benji si lasciò sfuggire un gemito di sorpresa, che venne prontamente zittito dalle labbra carnose del Battitore. Continuarono a baciarsi per una decina di minuti, i corpi schiacciati l’uno contro l’altro e l’eccitazione a mille.

- Soddisfatto? Ora che ne dici di darmi una mano a cercare il resto dell’attrezzatura? – gli soffiò a fior di labbra, il respiro ancora corto per l’enfasi del momento che avevano appena condiviso.

Benji annuì, stirando le labbra rosse a causa dell’irruenza dei baci del ragazzo in un pigro sorriso: era il genere di espressione soddisfatta che avrebbe  ricordato quella di un gatto, se solo gli animali avessero avuto volti umani.

Ci vollero un paio di minuti per recuperare tutto l’armamentario, poi uscirono dallo spogliatoio: Caradoc davanti, con la scopa e la mazza da Battitore tra le mani, diretto verso il campo e Benji che lo seguiva per poi puntare verso le tribune. Sarebbe rimasto a vederlo volare fino alla fine, come sempre del resto, perché ogni momento rubato alla confusione scolastica era prezioso per due ragazzi che, almeno per il momento, non avevano alcuna intenzione di fare outing. Intendiamoci, fosse stato per Benji, non si sarebbe fatto problemi a scoccare un bacione mozzafiato al suo ragazzo davanti a tutta la Sala Grande, ma lui sembrava convinto del fatto che la sua fama di testa calda ne sarebbe uscita danneggiata e che tutti avrebbero cominciato a ridergli dietro. Ragion per cui i due Grifondoro attendevano pazientemente, incontrandosi clandestinamente e ostentando nulla più che una sincera amicizia in presenza di terzi.

Caradoc atterrò dopo un paio d’ore, quando aveva ormai cominciato a diluviare e la visibilità era  fortemente compromessa. Alzò lo sguardo verso le tribune, individuando sotto la coltre dei capelli bagnati, un Benji rannicchiato e visibilmente infreddolito che scendeva lentamente i gradoni in pietra.

- Avresti potuto ripararti, sei completamente zuppo. – commentò, osservandolo intenerito: con quei suoi capelli biondi bagnati e scompigliati, sembrava un pulcino.

- Da sotto al gazebo non sarei riuscito a vederti. – spiegò, rabbrividendo e starnutendo.

Caradoc alzò gli occhi al cielo: Benji e la sua testardaggine.

- Vieni, ci vuole una doccia calda e qualcosa di asciutto. –

Il ragazzo lo seguì docilmente, sorridendo radioso quando il Battitore gli cinse le spalle con un braccio e lo attirò rudemente a sé. Appoggiò la testa sulla spalla del compagno e gli si strinse maggiormente addosso, passandogli un braccio esile intorno alla vita. Lo sentì irrigidirsi, ma non gli disse di scostarsi un po’. Era questo che amava di Caradoc: con gli altri era freddo e  decisamente scorbutico, ma con lui questo aspetto del suo carattere veniva rimpiazzato da una dolcezza che nessun altro, all’interno di Hogwarts, poteva vantarsi di conoscere.

Tornarono nello spogliatoio, togliendosi a vicenda gli abiti bagnati finchè, nudi come madre natura li aveva fatti, entrarono nella stessa doccia e si godettero il getto bollente sulla pelle infreddolita. Un po’ di schiuma andò a finire sul volto di Benji, in un accenno di barba bianca che lo faceva sembrare incredibilmente ridicolo, e Caradoc l’eliminò con cura, dardeggiando la lingua lungo la mascella del ragazzo. Benji sospirò, afferrandogli le spalle e schiacciando il petto esile contro il suo muscoloso.  

Presero a baciarsi con sempre più frenesia finchè, quando mancava poco prima che entrambi perdessero il controllo e finissero per farlo dentro la doccia, udirono il familiare rumore scricchiolante della porta dello spogliatoio che veniva chiusa e un rumore di passi che si allontavano velocemente. Si scambiarono un’occhiata preoccupata: era possibile che qualcuno li avesse visti?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccomi con il nuovo capitolo, dedicato a questa coppia slash che sinceramente amo non so bene per quale motivo (basti pensare che non sono una gran fan dello slash, se si esclude la classica Oliver/Marcus e il mio OTP slash: Rabastan/Regulus). Tra parentesi, questa sera pubblicherò il primo capitolo di una slash dedicata proprio a quest’ultimo pairing e sarà intitolata: “Il Drago e il Leone”. Cooomunque, vorrei ringraziare tutte/i coloro che recensiscono, preferiscono, seguono, ricordano o semplicemente leggono questa fic: Grazie di cuore veramente a tutti, fa sempre piacere sapere che ci sono persone che apprezzano il lavoro di una scrittrice. Allora, vi propongo due piccoli sondaggi (per il momento solo sulle coppie che sono state presentate, non voglio spoilerarvi nulla u.u, invece i personaggi li avete visti praticamente tutti tranne James… ma insomma, Ramoso è sempre Ramoso u.u). Quindi, sondaggio n°1:

Quale coppia preferite tra quelle finora presentate?

- Remus/Narcissa;

- Celeste/Marcel;

- Rico/Eris;

- Rabastan/Mary;

- Caradoc/Benji

Quale personaggio preferite?

- Narcissa;

- Charis;

- Katherine;

- Rabastan;

- Rico;

- Evan;

- Eris;

- Celeste;

- Marcel;

- Lily;

- Dorcas;

- Sirius;

- Mary;

- Benji;

- Caradoc.

Fatemi sapere quali sono le vostre preferenze (valuterò se accontentarvi dedicando un po’ più spazio a loro nel corso della storia) e soprattutto cosa ne pensate di questo nuovo capitolo. Al prossimo.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Reality Bites me 1x04 ***


Reality Bites me 1x04

 

Un capannello di curiosi si era radunato intorno alla bacheca nell’ingresso principale. Gli studenti sgomitavano per cercare di farsi spazio e apprendere la novità del momento e, quando riuscivano ad avvicinarsi abbastanza, rimanevano impalati per un paio di secondi e poi cominciavano ad esibirsi nelle più svariate reazioni: le ragazze ridacchiavano con il tono di chi si trova davanti un succoso argomento di gossip, i ragazzi invece avevano dipinto sul volto un curioso misto tra incredulità e disgusto.

- Che succede? – domandò Lily, giunta nell’atrio proprio in quel momento, al suo fianco aveva le immancabili Dorcas e Mary.

- Pare che siano le foto compromettenti di due ragazzi. – replicò la vocetta di una bambina del secondo anno, Grifondoro anche lei.

- Bè, mi spiace per loro, ma sono contenta che finalmente tutta la scuola abbia trovato qualcun altro su cui riversare la propria sete di pettegolezzi. -

La rossa rivolse un’occhiata contrariata all’amica.

- Mary, proprio perché ci sei passata, dovresti mostrarti più indignata. –

La McDonald si strinse nelle spalle: - Infatti sono indignata, Lils, ma non per questo la smetteranno di chiacchierare. –

Lily annuì cupamente, in fin dei conti aveva ragione, in quella scuola sembrava che nessuno riuscisse a farsi gli affari propri.

- Dearborn, allora è per questo che ti atteggi tanto a macho? È tutta una recita per nascondere il fatto che sei un… -

Mulciber, notando l’ingresso dei due ragazzi che erano oggetto delle foto osè che erano state affisse nell’atrio, non si lasciò sfuggire l’occasione per provocarlo. Tuttavia non riuscì a finire la frase perché un preciso e fulmineo montante lo colpì sotto il mento, facendogli scattare la testa all’indietro con un che che ricordava vagamente uno di quei clown a molla che sbucavano dalle scatole giocattolo dei bambini. Nell’istante stesso in cui il Serpeverde veniva colpito, Avery e Nott si affiancavano all’amico, pronti a prendere parte allo scontro. La folla osservava la scena con pacato interesse: Dearborn era un duro, ma i Serpeverde erano in tre, avrebbero sicuramente avuto ragione di lui.

- Insomma, perché nessuno fa niente? Separateli! – esclamò Lily, cercando di mettersi in mezzo per separare i combattenti.

Mary e Dorcas la tirarono via: - Non essere sciocca, non vorrai rischiare di essere colpita. –

- Che succede qui? –

La voce roca di Rico si levò alta sopra il clamore dei colpi e gli incitamenti degli schieramenti delle due fazioni della rissa. Persino i diretti interessati smisero di picchiarsi: Mulciber aveva il naso rotto e un paio di denti si erano scheggiati, Caradoc sfoggiava un labbro gonfio e un taglio all’altezza dello zigomo destro, gli altri due a parte qualche lieve contusione stavano bene.

Evan approfittò di quel momento di calma per avvicinarsi alla bacheca e osservare il motivo dello scontro.

- È per questo, cugino. –

Degnò le foto appena di un’occhiata, poi le bruciò con un colpo di bacchetta.

- Non vedo nulla. Voi quattro piantatela di fare gli idioti e, per quanto riguarda tutti gli altri, il prossimo a cui sentirò dire anche una sola parola sulla faccenda se la vedrà con me… Ora sparite! - 

Gli studenti si diradarono in fretta, ognuno riprese la direzione che aveva intrapreso prima di quel parapiglia e i tre compagni di Casa lo guardarono con aria incredula.

- Difendi quel finocchio? – esclamò indignato Mulciber.

Mary emise uno sbuffo indignato: quell’idiota non le era mai piaciuto, ma sembrava non perdere occasione per confermare sempre più l’opinione che aveva di lui.

- Sono abbastanza sicuro che non ti abbia gonfiato solo perché gli andava di farlo… ora sparisci, ho visto per troppo tempo la tua brutta faccia, e lo stesso vale per voi due. –

- Non ti facevo amico dei Grifondoro, per di più di uno così, non sapevo fossi un cuore tenero. –

- Ti avviso, Mulciber, il mio pugno sta gridando a gran voce di finire ciò che Caradoc ha iniziato, non provocarmi. –

Mason, intuendo che il compagno di Casa era mortalmente sincero, prese sottobraccio l’amico e lo trascinò di peso verso la scala che conduceva ai sotterranei, Nott veniva dietro di loro.

- Avrei potuto cavarmela da solo. –

Rico sbuffò sarcastico: - Figurati, Caradoc, non c’è alcun bisogno che mi ringrazi… No, sul serio, smettila con tutto questo riconoscimento, mi metti in imbarazzo. –

Il Grifondoro abbassò lo sguardo, imbarazzato. Doveva ammettere che non avrebbe mai pensato che Rico Wilkes, lo stesso ragazzo che si divertiva a mettere in ridicolo e ad attaccar briga con chiunque non gli andasse a genio, avrebbe mai preso le sue difese. Era sorpreso, piacevolmente sorpreso.

- Forza, Dearborn, Madama Chips dovrà darti un’occhiata. Senza offesa, ma hai un aspetto disgustoso. – intervenne Evan, poggiandogli una mano sulla spalla e dirottandolo verso l’infermeria.

- Oh, ma non centra nulla la rissa, quella è proprio la sua faccia… è sempre stato così. – scherzò Rico, ricevendo in risposta un pugno amichevole sulla spalla.

Lily e le ragazze li osservarono allontanarsi così, ridendo e scherzando come se fossero amici di vecchia data e non avessero fatto che quello da quando erano nati.

- Da quando in qua quei tre sono amici? –

- Non credo che la loro sia proprio amicizia, non come la intendiamo noi almeno, penso che siano affinità caratteriali e poi, bè non saprei. – la corresse Dorcas.

- Rispetto. L’ho notato anche durante le partite di Quidditch, provano rispetto reciproco, indipendentemente da quale sia la Casa d’appartenenza. –

Guardarono Mary con sorpresa: quella ragazza aveva una capacità di capire i rapporti umani che molto spesso le lasciava senza parole, sembrava quasi in grado di leggerti dentro.

- Sai, credo che tu abbia proprio ragione. – decretò Lily, poi tutte e tre tornarono verso il loro dormitorio. Forse, se avessero fatto in fretta, sarebbero riuscite a farsi la doccia e andare a cena ad un’ora decente, tanto per cambiare.

 

 

 

 

 

 

********

 

 

 

 

 

Charis sedeva sui gradini della Guferia, aveva tra le mani una lettera e la rigirava con aria assorta. Non sapeva se aprirla o meno; da un lato avrebbe finalmente scoperto se i suoi sospetti erano fondati, ma dall’altro quelle poche righe avrebbero potuto stravolgere la sua vita in modi che ancora erano fuori dalla sua comprensione. Sbuffò, insomma si stava comportando come una sciocca Tassorosso, così non andava per niente bene! Tolse il sigillo di ceralacca del San Mungo e ne estrasse il foglio di pergamena, la mano che le tremava leggermente mentre scorreva con lo sguardo quelle righe compilate in modo ordinato. Tanta cura e attenzione contrastavano incredibilmente con il contenuto assurdo di quella missiva. L’accartocciò e la gettò nel cestino, incastrando la testa tra le ginocchia e cercando di imporsi di non scoppiare a piangere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Lo so, sono cattiva e voi mi odiate perché vi ho lasciato con la suspance sul contenuto di quella lettera, ma fidatevi l’attesa varrà la pena! Dunque, come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vogliate lasciarmi una vostra opinione. Al prossimo.

Baci baci,

                Fiamma Erin Gaunt

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Salt meets Wound 1x05 ***


Salt meets Wound 1x05

 

 

Regulus si guardava intorno, perplesso: “Dove accidenti si era cacciata Charis?” Intravide Narcissa e Katherine sedute su uno dei divanetti davanti al camino, stavano chiacchierando di chissà cosa.

- Ragazze, avete visto Charis? –

La mora lo scrutò con un sopracciglio elegantemente inarcato: - Credevo fosse con te, non la vedo da questo pomeriggio. –

- Hai provato a vedere in biblioteca? – interloquì Narcissa.

- È il primo posto in cui ho controllato, ma lì c’era solo Severus, e anche lui dice di non averla vista. –

Katherine e Narcissa si scambiarono un’occhiata vagamente preoccupata: non era da lei sparire senza dire dove fosse diretta.

- Sarà sicuramente qui intorno. Dividiamoci e la troveremo nel giro di cinque minuti. – propose la Banks, spingendo via la borsa con i libri e alzandosi in piedi.

- Regulus, tu cercala in giardino e nei sotterranei; io prendo i bagni e le aule; Katherine, a te tocca la Guferia e le torri. – ordinò Narcissa, sfoggiando il tono imperativo che sembrava essere proprio dei Black.

Mentre annuiva, Katherine si chiese distrattamente se ci nascessero con quell’inclinazione spontanea al comando o se fosse solo frutto della rigida educazione che veniva loro impartita fin dai primi anni di vita. Si divisero e cominciarono a cercarla: il primo che l’avesse trovata avrebbe immediatamente provveduto ad avvertire gli altri due.

 

 

*****

 

 

Dorcas era appena uscita dalla biblioteca; aveva finito di lavorare ad un tema di Pozioni particolarmente difficile e ancora adesso, mentre camminava, si mordicchiava le labbra cercando di decidersi a chiedere o meno aiuto a Lily. Era davanti al bagno dei ragazzi quando una mano dal colorito alabastrino le afferrò il polso e la trascinò dentro. Si lasciò sfuggire un gemito di protesta, che venne prontamente soffocato da un paio di labbra morbide, gelide e assolutamente familiari.
Evan. Certo, doveva aspettarsi che prima o poi si sarebbe rifatto vivo, in fin dei conti erano due giorni che non si prendeva il disturbo di farsi sentire.
- Buonasera anche a te, Rosier. – commentò sarcastica, quando il ragazzo allentò la presa e le permise di separarsi da lui.
Evan inarcò un sopracciglio, in quella che aveva imparato a identificare come la sua espressione divertita, e le rivolse un sorriso sghembo.
- Sei in vena di convenevoli stasera? – replicò, facendo leva con le braccia e sedendosi sul bordo della finestra; gli occhi blu la scrutavano da capo a piedi, soffermandosi appena una manciata di secondi in più del dovuto in corrispondenza delle gambe lasciate scoperte dalla gonna della divisa.
Suo malgrado, Dorcas si ritrovò ad arrossire leggermente. Dannazione, lei era una Grifondoro, non avrebbe dovuto essere immune ai geni Serpeverde?
- Sei carina quando arrossisci, Meadowes. –

Allungò una mano verso di lei e prese a giocherellare distrattamente con un riccio biondo.
Dorcas aveva scoperto che quel piccolo gesto sembrava avere un effetto rilassante su Rosier, come se fosse una sorta di anti stress.
- Mi piacerebbe poter dire lo stesso, ma non ho mai avuto occasione di verificarlo. – replicò, fissandolo con aria carica di aspettativa.
Evan buttò la testa indietro, ridendo divertito.
- Non credo accadrà mai. – ammise, mentre Dorcas annuiva come a confermare la sua affermazione.
Già, in fin dei conti non era neanche sicura che lui potesse arrossire. Certo, fino a poco tempo fa non credeva neanche che fosse possibile sentirlo ridere, eppure era proprio quello che stava facendo in quel momento.
Evan la confondeva, e non ne aveva mai fatto mistero; in sette anni di scuola poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui lo aveva visto esternare una qualsiasi emozione, sembrava fatto di ghiaccio.
In effetti il paragone era calzante. Evan Rosier avrebbe tranquillamente potuto essere scambiato per una scultura di ghiaccio: la carnagione chiara, i capelli color dell’oro, gli occhi blu e quell’aria gelida. Sì, avrebbe di sicuro fatto la sua bella figura in un giardino di ghiaccio.
- A cosa pensi? – chiese, scrutandola con aria accigliata.
- Nulla d’importante. –
- Riguarda me? – insistè.
Dorcas annuì lievemente.
- Allora voglio saperlo. – decretò, scendendo dal davanzale e avvicinandolesi.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
Ecco cosa mancava alla sua descrizione di Rosier: il suo despotismo.
- Non puoi obbligarmi a dirtelo se non ne ho voglia. –
- Andiamo, Meadowes, non fare la bambina, dimmi a cosa pensavi. –
Gli lanciò un’occhiataccia; e così faceva la bambina, e lui, che si impuntava con delle pretese assurde, cos’ era allora?
- Non sono affari tuoi, Rosier. – decretò, seccata, e fece per uscire dal bagno.
Evan la afferrò nuovamente, stavolta trattenendola con fermezza.
- Dove vai? –
- Vuoi sapere troppe cose. – gli fece notare, prima di aggiungere, - Ora, lasciami andare. –
Evan aggrottò la fronte, infastidito, ma fece come gli aveva detto. Non si sarebbe mai abbassato a chiederle di rimanere.
Soddisfatta, aprì la porta del bagno e fece per uscire, ma poi, in un impeto di infantilità, si volto a dirgli – Comunque, sto andando a trovare Gideon e Fabian. –
Detto ciò uscì, richiudendosi la porta alle spalle; con la coda dell’occhio osservò la reazione del ragazzo. Era una sua impressione o c’era una certa rigidità nel modo in cui Rosier serrava la mandibola?

Ormai rimasto solo, Evan battè il pugno contro la porta del cubicolo più vicino. Dannazione, quando faceva così non la sopportava proprio.
In nome di Salazar, era mai possibile che i suoi ormoni avessero dei gusti tanto discutibili in fatto di ragazze? Hogwarts era piena di studentesse che sarebbero state ben felici di passare anche una manciata di minuti in sua compagnia e lui finiva con il sentirsi attratto dalla ragazza più testarda e insopportabile che avesse mai avuto la sventura d’ incontrare?
- Sto andando a trovare Gideon e Fabian. – borbottò, in una buffa parodia.
Bene, per quanto lo riguardava, poteva tranquillamente rimanerci per il resto della vita con quei due. Rifiutato per un paio di Traditori del loro sangue, per di più Filobabbani: era una cosa inconcepibile.
Sbuffando, si passò una mano tra i capelli dorati, scompigliandoli leggermente, allentò il nodo della cravatta e si avviò verso i sotterranei.
Stupida Meadowes, pensò, mentre saliva a passo di carica la scalinata che portava al dormitorio maschile. Chi diavolo pensava di essere per sentirsi in diritto di trattarlo con quell’accondiscendenza?
Si lasciò cadere sul letto a baldacchino, attirando l’attenzione di Rabastan e Barty, che stavano discutendo di chissà cosa.
- Brutta giornata? – azzardò Rabastan, voltandosi verso di lui e scrutando il volto imbronciato dell’amico.
- Pessima. –
- Di molte parole come al solito. – commentò il cugino, uscendo dal bagno in una nuvola di vapore.
- Non ti ci mettere anche tu, Rico. – ringhiò Evan, lanciandogli un’occhiataccia.
- Brrr, sto tremando di paura. – rise il moro, sgranchiendosi la schiena in un guizzare di muscoli e lasciandosi cadere affianco a lui.
- Alzati dal mio letto, sei fradicio. – protestò, cercando di spintonarlo via, ma senza riuscire ad ottenere grandi progressi.

- Bella scoperta, sono appena uscito dalla doccia. – replicò ironico, mettendosi però a sedere e scrutandolo con attenzione.
- Allora, cosa ha combinato la Meadowes per farti incazzare? – chiese, trattenendo a fatica un sorriso davanti alla sua espressione stupita.
- La sopravvaluti, non è in grado di farmi incazzare – replicò, deciso a negare fino in fondo la realtà dei fatti.
Rico inarcò un sopracciglio, sbuffando incredulo.
- Ceeerto, come no, allora? –
- HapreferitoiPrewettame. - bofonchiò, il più velocemente possibile.
- Ev, non ho capito una parola, cerca di usare una lingua comprensibile al genere umano. –
- Ho detto che ha preferito i Prewett a me. – replicò esasperato.
- Uh, questo si che è grave, che affronto imperdonabile. – lo prese in giro Rico.
- Non sei di alcun aiuto, lo sai vero? –
- Lo so, ma in compenso mi sto divertendo molto. – affermò, sotto gli sguardi divertiti di Rabastan e Barty.
- Toglietemelo di torno o giuro che lo Schianto. – borbottò Evan, alzandosi dal letto e dirigendosi in bagno. Una bella doccia era quello che ci voleva.
Forse così sarebbe finalmente riuscito a togliersi di dosso il nervosismo.
 

 

 

*****

 

 

Ci vollero più di venti minuti prima che Katherine riuscisse a trovare Charis. La bionda Serpeverde era seduta su uno dei gradini della Guferia, incurante del fatto che fossero le sette passate e che il vento di una sera di fine ottobre non fosse proprio un toccasana per la salute, gli occhi verdi erano lucidi e arrossati: segno che aveva pianto. Le si avvicinò lentamente, accarezzandole un braccio con delicatezza.

- Ah, sei tu. – mormorò Charis, dopo un breve sussulto.

- Ti abbiamo cercato per tutta la scuola, cos’è successo? – le chiese, sedendole accanto e asciugandole una lacrima che le solcava le guance pallide.

- Non mi va di parlarne. –

Katherine annuì, leggendo in quegli occhi tutto ciò che l’amica non si sentiva abbastanza forte da confessarle: - D’accordo, se non vuoi dirmelo non fa niente, ma sappi che io ci sono. Capito, Chari, qualsiasi cosa sia, io ci sono. –

La bionda annuì, lasciandosi abbracciare e alzandosi in piedi.

- È tardi, dobbiamo andare a cena, e vi ho fatto preoccupare più di quanto fosse necessario. –

La Selwyn si ricompose, tornando a indossare la consueta maschera d’impenetrabilità. C’era qualcosa però, Katherine se n’era accorta perfettamente, di diverso in lei. Era un dolore autentico, profondo, qualcosa che da sole era impossibile da affrontare e imparare a conviverci. Charis aveva lo stesso sguardo spento che lei aveva avuto quando Tyler era stato aggredito, lo stesso che le tornava ogni volta in cui si affrontava l’argomento famiglia.

Percorsero la strada che le separava dalla Sala Grande in religioso silenzio, incontrando lì fuori Narcissa e Regulus.

L’erede dei Black si avvicinò immediatamente alla ragazza, scrutandola negli occhi.

- Si può sapere dove ti eri cacciata? Mi hai fatto preoccupare. – esclamò, rendendosi conto solo in quel momento di ciò che si era lasciato sfuggire.

Charis recuperò un barlume del suo solito sarcasmo e gli rivolse un sorrisetto malizioso: - Non dirmi che l’algido Regulus Black ha appena ammesso di preoccuparsi per qualcuno che non sia se stesso. –

Regulus le rivolse un’occhiataccia: - D’accordo, lo ammetto, ma che non si sappia in giro. –

Le tre ragazze scoppiarono a ridere, continuando a farlo finchè non furono entrate nella Sala Grande. Vennero accolte da un silenzio di tomba, poi cominciò il mormorio: soffuso, proveniente da tutti i tavoli, e diretto inequivocabilmente verso uno di loro quattro.

L’unico tavolo che non parlava era quello di Serpeverde, dove Rico ed Evan erano riusciti a imporre la loro autorità, ma anche da lì c’era chi lanciava occhiate inequivocabili.

- Con chi ce l’hanno? – domandò Narcissa, la voce leggermente incerta. Che la stronza del foglietto avesse deciso di far sapere della sua relazione clandestina a tutta la scuola?

Katherine cercò di capire verso chi fossero puntate le centinaia di paia d’occhi: - Credo ce l’abbiano con Charis. –

La Selwyn sussultò leggermente. Non era possibile che la cosa fosse stata scoperta, lei stessa lo aveva saputo solo quel pomeriggio e non l’aveva detto a nessuno.

- Bè, che avete da guardare? – esclamò, sfoggiando il suo solito tono freddo e indisponente.

- Sarà ora che impari ad abbassare la cresta, dopotutto non sei poi così pura come pensano tutti… o forse sì? Non credo che qualcuno qui possa averne la certezza. – replicò una Corvonero del quinto anno, facendo ridacchiare un paio di sue amiche.

- Se proprio devi costringerci a sentire quella tua insopportabile voce gracchiante, Carrow, farai bene a parlare chiaro. – ribattè Katherine. Non ci voleva un genio per capire che doveva riguardare la cosa che tanto turbava Charis e di cui non aveva voluto parlarle.

- D’accordo, Banks, parlerò chiaro. A quanto si dice, la tua amichetta non è una Selwyn, è stata adottata. –

Alecto ghignò soddisfatta, godendosi l’attenzione generale e ancor più lo sguardo perso di Charis.

- Nella tua inutile vita ne hai dette molte di stronzate, Carrow, ma questa le batte tutte. – replicò tagliente Narcissa, fissando la Corvonero con disprezzo.

- Oh, ma ne ho le prove: ecco qua. – ribattè, sventolando una copia di quella che era la lettera che il San Mungo aveva inviato; il fatto che fosse un test di paternità era palese, così come il risultato: il DNA di Charis non corrispondeva né a quello di suo padre né a quello di sua madre.

- Come l’hai avuta? – ringhiò Regulus, strappandogliela dalle mani e accartocciandola con violenza.

- È stata recapitata a tutti i tavoli, proprio come la storia della McDonald. – replicò per lei una ragazza dai capelli e gli occhi neri, l’espressione desolata nello sguardo.

Regulus la riconobbe come Elizabeth Greengrass, la sorella quindicenne di Eris.

Si voltò verso Charis, per spiarne la reazione, ma l’unica cosa che potè vedere fu la porta della Sala Grande che si richiudeva con uno schianto. Uscì fuori, dirigendosi verso il giardino e trovando la ragazza seduta a terra, il volto tra le mani per nascondere il fatto che stesse piangendo. Le sedette accanto, cingendole le spalle con un braccio e attirandola a sé.

- Da quanto lo sapevi? –

- Da questo pomeriggio, è per quello che non mi sono fatta vedere. – mormorò, la voce rotta dai singhiozzi.

- Avresti dovuto dirmelo, avrei capito. –

Charis gli rivolse un’occhiata penetrante: - Avresti capito, o meglio, ora hai capito? –

Regulus annuì: - Ho capito perché in questi giorni eri così tesa, nevrotica quasi, stavi aspettando questi risultati. Solo che avrei voluto esserci, aiutarti. Certo, ci sarò anche ora, ma non è la stessa cosa: stiamo insieme, no? Dovrei poter decidere se starti accanto e aiutarti in ogni momento, non per ultimo. –

La ragazza lo guardò da sotto il velo di lacrime, abbozzando un timido sorriso: - Quindi stiamo insieme? –

Le prese la mano, depositandole un lieve bacio sul dorso, poi intrecciò le dita alle sue: - Dopo tutta la fatica che ho fatto per farmi considerare da te, Charis? In nome di Salazar, certo che stiamo insieme! –

Si sorrisero, annullando la poca distanza che li separava e baciandosi dolcemente.

Loro due stavano insieme, avrebbero affrontato la questione della vera identità della sua famiglia senza separarsi. Aveva il suo appoggio, quella era l’unica cosa veramente importante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Ecco qual è il segreto della nostra Charis: in realtà è stata adottata! Allora, avete apprezzato la reazione del nostro bel Reg? Forse è un tantino OOC o un po’ forzata considerando il fatto che i Black non sono proprio degli esperti nell’esternare i sentimenti, ma ho pensato che dato il momento fosse necessaria un po’ di dolcezza. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, come sempre vi invito a lasciare un vostro parere e ringrazio chi: segue, preferisce, ricorda, recensisce o semplicemente fa parte della schiera dei lettori silenziosi. Un grazie di cuore a tutti voi. Al prossimo capitolo.

Baci baci,

                 Fiamma Erin Gaunt

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Save the Date 1x06 ***


Questo capitolo è dedicato a Sorting Hat come ringraziamento per tutte le meravigliose recensioni che ha scritto nel corso dei capitoli di questa storia. Grazie di cuore, fa sempre piacere sapere che c’è chi apprezza ciò che scrivo.

Save the date 1x06

 

 

La mattina seguente Hogwarts aveva già dimenticato la rivelazione del giorno precedente; o meglio, c’era ancora chi commentava malignamente e lanciava occhiatine impertinenti all’indirizzo di Charis, ma l’argomento del giorno era un altro: la prima uscita dell’anno ad Hogsmeade, tanto più perché essa coincideva con il giorno precedente alla festa di Halloween. Insomma, era l’occasione giusta per procurarsi un partner e un vestito che avrebbe lasciato tutti senza fiato. Per tutti, tranne che per i giocatori della squadra di Quidditch di Serpeverde; già perché a nulla erano serviti i commenti indignati dei componenti della formazione, che più che per il week end di libera uscita erano preoccupati per le reazioni delle loro ragazze quando avessero saputo che no, non le avrebbero accompagnate al villaggio. Rico era stato irremovibile: chi non si fosse presentato all’allenamento avrebbe liberato il proprio posto in squadra per qualcun altro che lo desiderava sul serio.

- Rico è un vero e proprio dittatore, farci allenare anche quando tutti gli altri sono in giro a divertirsi. – borbottò Mason, recuperando le protezioni e la mazza da Battitore.

Robert, al suo fianco, annuì energicamente e cominciò a stringere le cinghie dei suoi guantoni da Portiere.

- Avery, Nott, piantatela o userò quei manici di scopa per qualcosa di gran lunga meno piacevole. –

La velata minaccia del Capitano li zittì all’istante, spingendoli a dirigersi controvoglia verso il campo.

- Hanno ragione, sai, sei un despota senza cuore. – lo stuzzicò Katherine, ricevendo per tutta risposta una scherzosa pacca sul sedere.

- Fila ad allenarti, Cacciatrice dei miei stivali. –

- Sì, signor Capitano. –

Gli rivolse un beffardo saluto militare e raggiunse il resto della squadra.

Rico attese che anche Evan fosse pronto e insieme si diressero al centro del cerchio che avevano formato i ragazzi: - Allora, so che la cosa non vi piace per niente, ma dopo queste due ore potrete andare a girare per le strade mano nella mano e fare tutte quelle altre cose sdolcinate che vi piacciono tanto. Il campionato inizia sabato prossimo e credo sia superfluo dire che l’idea di perdere anche solo una partita non  è minimamente contemplata, quindi montate su quelle scope e datevi da fare o, quanto è vero che mi chiamo Rico Wilkes, avrò la vostra testa al termine del campionato. – concluse, lanciando occhiate gelide tutt’intorno. Il messaggio era chiaro a tutti: non stava affatto scherzando.

Con un sospiro, Robert volò davanti agli anelli, mentre Rabastan e Mason si posizionavano ai lati, Regulus svettava sopra tutti e Rico formava il tridente d’attacco insieme ad Evan e Katherine. Un lieve fischio diede l’ordine a Charis, che attendeva che Regulus finisse di allenarsi per andare insieme ad Hogsmeade, di liberare le varie palle. Fatto ciò la ragazza raggiunse sugli spalti Narcissa, che osservava l’allenamento con aria annoiata.

- Speriamo che finiscano presto, o quando arriveremo ad Hogsmeade i vestiti più belli saranno già stati presi. – mormorò la Black, torturandosi il labbro come se il pensiero di essere costretta a indossare gli scarti di qualcun altro le facesse venire gli scompensi.

- Vedrai, riusciremo a fare in tempo. A proposito, con chi hai intenzione di andare al ballo? – aggiunse incuriosita.

Narcissa sospirò, la condizione di fidanzata ufficiale di Malfoy le pesava enormemente: - Con Rabastan, anche lui non può andarci con nessun’altra visto che Melissa non è a Hogwarts. –

Charis le rivolse uno sguardo solidale: comprendeva perfettamente la frustrazione della ragazza, visto che di solito avrebbe avuto stuoli di cavalieri pronti a farsi in quattro per accompagnare la più bella delle sorelle Black.

- Oh, non farmici pensare. Torniamo alle cose importanti: che colore, blu o argento? – domandò, riferendosi chiaramente all’abito che avrebbe indossato.

- Direi argento, saresti una perfetta Dama Grigia. –

Narcissa annuì convinta, le piaceva l’idea di impersonare un fantasma giovane e bellissimo come quello della torre dei Corvonero.

- Hai già pensato al tuo di vestito? –

- Non ancora, pensavo a una delle muse. –

Gli occhi blu della Black s’illuminarono: - Ce l’ho. So quale dovresti essere: Urania, la musa dell’Astronomia. –

Sì, l’idea era sensata: lei adorava l’astronomia, la stessa Sinistra le aveva sempre detto che quello sarebbe stato un ottimo campo in cui specializzarsi.

- Sì, mi piace. – approvò con un sorriso.

E anche il problema del vestito era stato risolto. Forse, dopotutto, le cose avrebbero cominciato ad andare per il verso giusto, pensò Charis, tornando a osservare gli allenamenti.

 

 

 

*****

 

 

Erano passate due ore da quando avevano finito di allenarsi e Rico, dopo aver declinato l’invito ad andare a Hogsmeade con Evan e Rabastan, si era diretto in biblioteca. Di solito non frequentava molto quel luogo, non gli piaceva che la gente pensasse che era un secchione e a dir la verità non gli importava poi molto dei voti; la sua vita sarebbe stata il Quidditch, malgrado i suoi genitori non fossero affatto d’accordo. Aveva deciso così, era la sua vita; punto, fine della discussione. Comunque restava il fatto che doveva finire un tema per la McGranitt e non aveva la minima idea di cosa fosse la roba su cui doveva scrivere, quindi l’incontro con quel luogo nefasto era inevitabile.

Rimase sorpreso non appena ebbe varcato la soglia. Era convinto che fossero tutti andati a trascorrere il sabato all’aria aperta, invece c’era una ragazza seduta a uno dei tavoli, immersa nella lettura di un tomo dall’aria imponente e a dir poco polverosa. La divisa rivelava chiaramente che fosse una Corvonero. Qualcosa di familiare in quella chioma corvina lo spinse ad avvicinarsi e prendere posto al suo stesso tavolo. La ragazza alzò lo sguardo e arrossì di botto. Ecco, ora che la vedeva bene si ricordava chi fosse; era la sorellina di Eris… Com’è che si chiamava? Ah, sì, Elizabeth.

- Ciao Elizabeth, non ti disturbo vero? –

La Corvonero avvampò ancora di più.

Ok, ora era ufficialmente confuso: perché arrossiva come un peperone, aveva forse sbagliato nome?

- Ti chiami Elizabeth, giusto? – domandò, tanto per averne la conferma.

- S-sì, è solo che non mi aspettavo che sapessi chi fossi. – mormorò.

Ah, ora era tutto chiaro. Elizabeth Greengrass doveva appartenere alle schiere delle Nerd Corvonero; tipologia piuttosto comune, anche se non erano in molte ad avere un viso così bello, né delle gambe così sexy, considerò, lanciando un’occhiata alla porzione di pelle lasciata esposta dalla gonna della divisa.

Elizabeth seguì il suo sguardo e arrossì ancora di più: sembrava diventata un pomodoro umano. In circostanze di quel tipo si sarebbe messo a ridere senza ritegno, divertito dall’imbranataggine della ragazza in questione, ma lei gli suscitò un senso di tenerezza.

- Come mai te ne stai chiusa qui dentro invece di essere in giro per Hogsmeade a cercare un vestito o roba simile? –

Elizabeth lo fissò con aria divertita: - Lo dici come se fosse scontato che una ragazza vada a fare shopping prima di ogni ballo. –

- Perché, vorresti farmi credere che non è così? –

Scosse la testa: - No, in linea di massima hai ragione, ma se al ballo non ci vai non ti poni neanche il problema dell’abito, no? –

Rico avvertì una nota di delusione nella sua voce.

- Andiamo, vuoi farmi davvero credere che nessuno ti abbia chiesto di andarci con lui? No, perché te lo dico fin da subito, non ci credo. – affermò, lasciando che nel suo sguardo trasparisse il giudizio che aveva nei suoi confronti: era bella, non una di quelle bellezze prorompenti e procaci, ma questo non toglieva il fatto che lo fosse.

Elizabeth arrossì nuovamente: - In realtà mi hanno invitato un paio di ragazzi, ma ho detto di no. –

- Come mai? –

Non sapeva da cosa nascesse quel desiderio di farle domande, ma quella ragazza lo incuriosiva e voleva davvero riuscire a capirla meglio.

- Perché tra di loro non c’era il ragazzo che mi piace. – ammise, desolata.

- Bè, chiunque sia, deve essere proprio un idiota. – affermò solennemente.

Elizabeth inarcò un sopracciglio e rise divertita: - Sì, credo che un po’ lo sia. –

Rico spinse via i libri, attirandosi le occhiatacce della Pince che non tollerava quella somma noncuranza nei confronti di quelle che per lei erano vere e proprie reliquie.

- Vieni, andiamo. – decretò, prendendola gentilmente per un braccio e costringendola ad alzarsi.

Lo fissò perplessa: - Dove è che dovremmo andare? –

- Ad Hogsmeade, ovviamente, avrai bisogno di un vestito per domani. –

- Ma… ti ho già detto che non ho intenzione di andarci. – gli fece notare.

- Oh, tu ci verrai eccome, anche a costo di portartici di peso. –

In un misto di rassegnazione e divertimento, Elizabeth recuperò la sua borsa e lo seguì docilmente. Oltrepassarono il cancello sotto la sorveglianza di Gazza e s’incamminarono tra le viette del villaggio.

- Ok, non me ne intendo molto di negozi femminili, perciò dovrai essere tu a farmi strada. – ammise Rico, invitandola a prendere il comando di quella che era a tutti gli effetti una vera e propria “spedizione d’emergenza pre ballo”.

Elizabeth ridacchiò e, prima ancora di pensare a ciò che stava per fare, si ritrovò ad afferrare la mano del ragazzo al suo fianco e a stringerla con delicata fermezza.

- Così non corro il rischio di perderti per strada. – mormorò, mentre sentiva le guance arrossarsi sotto il peso di quello sguardo penetrante.

Rico non trovò nulla da ribattere, anche se doveva ammettere che era una sensazione strana quella di passeggiare mano nella mano con una ragazza, per di più se si trattava di una tipa che aveva conosciuto meno di un’ora prima. Si lasciò condurre in una piccola boutique, piena di abiti di tutti i toni dell’arcobaleno, in cui si ritrovarono faccia a faccia con Katherine e le altre due Serpeverde.

- Rico, credevo che saresti rimasto al castello. – commentò stupita la Banks, soffermandosi sulle mani intrecciate del Capitano e della Corvonero accanto a lui.

- Cambio di programma, devo scegliere il vestito per la mia dama. – replicò scrollando le spalle, come se non fosse nulla di speciale quello che stava facendo.

Narcissa osservò con più attenzione la ragazza, che doveva essere al quinto anno proprio come Charis: - Sbaglio o tu sei la sorellina di Eris Greengrass… Beth, no, Elsie. –

- Elizabeth. – la corresse gelidamente.

- Bè, fa lo stesso, non posso mica ricordarmi tutti i nomi delle ragazze della scuola. –

Charis intervenne, ammonendo l’amica con un’occhiataccia e rivolgendo un sorriso di scuse alla Corvonero.

- Perdonala, quando si tratta di shopping diventa scortese e nevrotica. –

Elizabeth si trattenne dal replicare che Narcissa Black era scortese e nevrotica con tutti quelli che non facevano parte della sua piccola cricca praticamente trecentosessantacinque giorni l’anno e adottò un’espressione imperscrutabile che le parve un ottimo compromesso.

- Sarà il caso di passare al prossimo negozio, o Cissa sbranerà la prossima commessa che dirà di non avere un abito di puro argento. – commentò ironicamente Katherine, rivolgendo un cenno di saluto ai due e trascinandosi dietro la Selwyn e la Black.

- Prova questo. – decretò d’un tratto Rico, porgendole un abito azzurro chiaro dal corpetto delicatamente intarsiato e la gonna in seta e tulle che le arrivava alla caviglia; completavano il tutto un paio di maniche in tulle che le nascondevano completamente le mani.

- Un vestito da ninfa? – domandò dubbiosa.

- Certo, potresti essere la ninfa Filonome dal momento che io sarò Ares. –

Elizabeth osservò ancora il vestito per un paio di secondi, poi si decise: - D’accordo, lo provo ma non garantisco nulla. –

S’infilò nel camerino, riemergendone una decina di minuti più tardi. Il vestito la fasciava più di quanto pensasse, ma riusciva comunque a camminare agevolmente. Alzò timidamente lo sguardo e si godette l’espressione sul volto del ragazzo di fronte a lei.

- Fantastica. – decretò Rico, prendendola per mano e facendole fare una piroetta.

La ragazza rise, in un misto di divertimento e compiacimento: - D’accordo, mi hai convinto, lo prendo. –

Pagarono il conto e si diressero verso i Tre Manici di Scopa. Erano appena entrati nel locale quando li videro, seduti a un tavolo leggermente in disparte e intenti a chiacchierare: Eris e Fabian.

Elizabeth notò il modo in cui lo sguardo di Rico si era incupito, era il genere di espressione che assumeva quando si preparava a fare a botte, e decise di prendere in mano la situazione. Si alzò in punta di piedi e gli mormorò all’orecchio, fingendosi più complice del dovuto a beneficio degli spettatori: - Vienimi dietro, ci penso io. –

- D’accordo. – le sussurrò a sua volta.

Elizabeth buttò la testa all’indietro e ridacchiò civettuola, assicurandosi che il suono della sua risata giungesse fino al tavolo dove erano seduti i due ragazzi. Eris alzò lo sguardo, mentre negli occhi color ghiaccio passava un lampo di sconcerto misto a irritazione. Che accidenti ci faceva Wilkes insieme alla sua sorellina, impegnato in quello che agli occhi di tutti sembrava chiaramente un appuntamento?

- Allora, a che ora passi a prendermi domani sera? – domandò Elizabeth, sempre tenendo la voce più alta del solito e scegliendo un tavolino non molto distante da quello della sorella. Le rivolse persino un cenno di saluto, accompagnato da uno dei soliti sorrisi sghembi di Rico.

- Per le sette, e cerca di non farmi aspettare troppo, dolcezza. – replicò, dandole un buffetto sul naso e facendola ridere.

Dal tavolo dietro al loro provenne chiaramente il rumore di una sedia che veniva spostata con forza: - Andiamo, Fabian, qui dentro l’aria sta diventando decisamente irrespirabile. – decretò la maggiore delle Greengrass, puntando verso l’uscita e trascinandosi dietro uno sconcertato Prewett.

- Ecco fatto, se ne sono andati. – commentò allegramente Elizabeth, mentre Rosmerta serviva le loro ordinazioni: un Idromele e una Burrobirra.

Passarono il resto del pomeriggio chiacchierando amichevolmente finchè, poco prima dell’ora di cena, Rico la riaccompagnò alla sua Torre e fece per raggiungere i suoi amici per la cena.

Aveva appena svoltato l’angolo quando s’imbattè nell’ultima persona che aveva voglia di vedere: Eris.

- Quindi quello di oggi con mia sorella era… un appuntamento? – esordì incerta.

- Come siamo formali, però suppongo si possa definire tale… Ti da fastidio che esca con lei? –

Si prese un paio di secondi prima di ribattere, cercando di mantenere la voce decisa come al solito: - Dovrebbe? –

Rico trattenne un sorrisetto divertito, e così voleva giocare.

- Non lo so, dimmelo tu. –

- No. –

Bugia, era palese che stesse mentendo.

- E a te da fastidio che a me non dia fastidio? – aggiunse.

Bè quella era una domanda facile, avrebbe persino potuto rispondere con assoluta sincerità, ma decise di continuare quel gioco ancora un po’.

- Dovrebbe? –

Eris non riuscì a trattenere un accenno di sorriso, ma si affrettò a tornare immediatamente seria: - Non lo so, dimmelo tu. –

- No, non mi da fastidio. –

- Bene. –

- Bene. –

- Benissimo. –

- Dobbiamo continuare ancora per molto? Sai, i ragazzi mi aspettano e avrei una certa fame. – intervenne Rico.

Eris si fece da parte, permettendogli di passare: - Prego. –

- Gentilissima. – replicò ironicamente, rivolgendole un beffardo accenno d’inchino e continuando la sua avanzata verso i sotterranei.

Sembrava che per una volta i loro scontri avessero registrato un pareggio.

 

 

 

 

Spazio autrice:

Ecco il nuovo capitolo, tutto per te Sorting visto che so quanto ti piace questa coppia. Spero che anche agli altri lettori sia piaciuto. Al prossimo.

 Baci baci,

                  Fiamma Erin Gaunt

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** The Prom 1x07 ***


The Prom 1x07

 

 

- Eris. Ehy, Eris, mi stai ascoltando? –

Celeste le sventolò una mano davanti agli occhi, ma non ottenendo risposta decise di provarne a seguire lo sguardo. Puntava dritto verso Wilkes, intento a chiacchierare con una moretta dall’aria familiare; ci mise un paio di secondi prima di capire che lei quella ragazza la conosceva eccome.

- Per il diadema di Priscilla Corvonero, ma quella è Elizabeth! –

In quel momento Eris parve tornare in sé e annuì con aria visibilmente irritata.

- Già, pare che abbiano iniziato a uscire insieme, li ho incontrati ieri ai Tre Manici di Scopa. –

- Un appuntamento… lui? – domandò incredula, fissandolo mentre rideva e scherzava con Elizabeth.

- Così pare, piuttosto, con chi vai al ballo questa sera? – domandò, cercando di cambiare discorso. Il fatto che Rico stesse frequentando sua sorella la mandava in bestia anche perché era abbastanza sicura del fatto che lo stesse facendo proprio per quel motivo e l’arrabbiarsi in quel modo non faceva altro che provare il fatto che lui non le sarebbe mai stato del tutto indifferente.

- Ci andrò con Jack Baston, me lo ha chiesto ieri sera e non ho trovato un motivo per rifiutarlo. – confessò, anche se dentro di se si sentiva tremendamente in colpa. Il che era ridicolo, insomma non sarebbe certo potuta andarci con Marcel e tutte le sue amiche avevano un cavaliere, avrebbe fatto la figura della stupida presentandosi da sola.

- Tu ci vai con Fabian? – aggiunse, cercando di distogliere l’attenzione da lei e dal suo cavaliere.

Eris annuì: - Sì, ma ieri abbiamo chiarito e convenuto di essere solo amici. –

- Di che parlate… ma quella con Wilkes non è tua sorella? – esclamò Mary, con un tono di voce abbastanza alto perché il diretto interessato la sentisse e si voltasse verso di loro; le abbagliò con un sorriso arrogante e un lieve occhiolino.

La maggiore delle Greengrass la fulminò con un’occhiataccia: - Sì, è lei, ma devi proprio farti sentire da metà Sala Grande? –

- Scusami, è che ero sorpresa. Allora, di che parlavate? –

- Dei nostri cavalieri, Eris andrà con Fabian e io alla fine ho accettato l’invito di Baston. – replicò Celeste, arrossendo davanti all’euforia dell’amica.

- Sì, finalmente degni di un’occhiata il nostro Portiere. Godric, ti ringrazio per averle finalmente aperto gli occhi su che gran figo sia quel gran bel figliolo di Jack Baston. –

- Tu, piuttosto, con chi ci vai? –

Mary le rivolse un sorrisetto che la diceva lunga: - Ma ovviamente con il mio degno compare, il caro buon vecchio Sirius. –

- Dorcas va con Gideon… e Lily? – considerò Eris, chiedendosi distrattamente se la sua rossa amica avesse finalmente deciso di accettare uno degli innumerevoli ed esasperanti inviti di Potter. Nah, era Halloween non la Fine del mondo.

- Lily andrà con Remus. –

Già, saggia e prevedibile scelta.

- A proposito di Remus, qualcuna di voi l’ha visto? – interloquì James, appena giunto davanti alle ragazze con un’espressione malandrina dipinta sul volto. Stava macchinando qualcosa, era più che ovvio.

- No, Capitano. Come mai lo cerchi? – replicò incuriosita Mary.

- Semplice, devo ucciderlo. –

Le ragazze scoppiarono a ridere.

- Qualcosa mi dice che hai saputo che Lily andrà al ballo con lui. –

James annuì, risentito: - Certo, ho appena scoperto che quel lupastro è uno sporco traditore e come tale merita la morte per mano mia, James Potter il Magnifico. –

A quelle parole risero ancora di più. Quando ci si metteva James riusciva sempre a dire o fare qualcosa di incredibilmente stupido.

- Ok, allora scusaci ma ti lasciamo alla tua operazione omicida. Buona fortuna, Capitano. – gli augurò la McDonald, guidando le amiche verso Lily e Dorcas che erano appena entrate.

 

 

 

*****

 

 

 

Remus era seduto sulla riva del Lago Nero, il libro di Incantesimi appoggiato sulle gambe e la bacchetta che si muoveva nell’aria, mentre a mezza bocca ripeteva l’incanto che doveva memorizzare. Stava quasi per riuscire ad eseguirlo correttamente, quando un paio di mani morbide e delicate gli coprirono gli occhi.
- Indovina, chi sono? –
Si prese un paio di secondi, facendo finta di aver bisogno di tempo per rifletterci.
- Ehm… Lily? – tentò, ironico.
Un lieve buffetto dietro al collo fu la risposta che ottenne.
- Sei tremendo, Lupin, come puoi paragonarmi alla Evans? – esclamò, sedendogli accanto e guardandolo come se l’avesse appena offesa mortalmente.
Il ragazzo la guardò in tralice, leggermente seccato dall’acidità di quella risposta.
- Scusa, dimenticavo che non sopporti che venga toccata la tua preziosissima Lily. –
Il sarcasmo con cui pronunciò quella frase lo spinse a voltarsi completamente verso di lei.
- Non è la mia Lily, è solo una mia cara amica. –
- E io invece non sono tua amica. –
Remus corrugò la fronte, non capiva dove volesse andare a parare.
- Certo che lo sei, ma cosa c’entra? –
Narcissa gli rivolse un sorrisetto malizioso: - No che non lo sono, altrimenti non potrei fare questo. –

Si chinò verso di lui e gli catturò le labbra in un lungo e passionale bacio. Ricambiò con trasporto, sorridendo a mezza bocca quando lei gli sussurrò, a fior di labbra, - In realtà sono qui anche per dovere, non solo per piacere. -

Ecco, finalmente metteva le carte in tavola. In un anno di frequentazione clandestina aveva imparato a conoscerla bene. Quando sorrideva in quel modo c’era da iniziare a preoccuparsi, perché era allora che usciva il suo lato Serpeverde.
- Di cosa si tratta? –
- Una cosa da niente, ti chiedo solo di darmi una mano con il tema di Storia della Magia. – replicò, ravviandosi i boccoli biondi e rivolgendogli il suo miglior sguardo da cerbiatta.
- Sei un’approfittatrice, te l’hanno mai detto Black? – replicò ironicamente.

- Sì, ma posso sempre offrirmi di pagare in natura, se può interessarti. –

Deglutì davanti a quelle labbra che sembravano quasi gridare di baciarle nuovamente e non smettere mai di farlo.

- Io… Sì, credo che non ci siano problemi. – acconsentì, imponendosi di tenere a bada i battiti del suo cuore, che davanti al sorriso di Narcissa avevano preso ad accelerare.
- Perfetto, allora dopo il ballo ci accorderemo per le modalità di pagamento, diciamo verso mezzanotte. Non fare tardi. – sussurrò, dandogli un buffetto sulla guancia e tornando verso l’atrio della scuola.

Remus si lasciò sfuggire un sospiro: quella ragazza gli avrebbe fatto prendere un infarto prima o poi, ne era più che sicuro. 

Stava per rimettersi a studiare quando un esagitato James giunse alla carica e si lanciò contro di lui. Ebbe appena il tempo di ripararsi il volto che si ritrovò steso sull’erba, con il tutt’altro che delicato gomito del suo amico piantato in un fianco.

- Mi stai uccidendo, James. – mormorò, cercando di impedirsi di morire soffocato.

- Bene, è proprio quello che voglio, infido traditore di un lupastro. – replicò, ma si sollevò quanto bastava per permettergli di tornare a respirare.

Ok, il Cercatore dei Grifondoro era completamente impazzito.

- Esattamente, cosa avrei fatto per meritare tutti questi complimenti? –

James lo fissò indignato: adesso si metteva anche a fare il vago.

- Vai al ballo con la mia futura moglie nonché madre dei miei figli, ecco cosa! – esclamò.

Remus scoppiò a ridere: - Ah, ma è per questo. L’ho fatto solo per impedire che qualcun altro la invitasse, Ramoso, dovresti saperlo che per me è come una sorella. –

Il moro lo guardò dubbioso, puntandogli minacciosamente un dito contro e sussurrando con un tono che voleva essere minaccioso: - Ne sei assolutamente sicuro, Remus Lupin? –

- Assolutamente. –

- Non sfiorerai la mia Lilyna più di quanto sia strettamente necessario? –

- No, James. –

- E vigilerai su di lei e su tutti quei viscidi individui che proveranno a chiederle di ballare? –

- Certamente. –

- Bene, in tal caso sarai il mio testimone alle nostre nozze, ma non dirlo a Sirius… il cagnaccio è ancora convinto di essere lui il prescelto. – aggiunse, chinandosi a sussurrargli l’ultima parte all’orecchio con fare da cospiratore.
 

- Porterò il segreto nella tomba. – assicurò.

- Molto bene, il mio lavoro qui è finito, ci vediamo a pranzo. –

Lo osservò allontanarsi con aria decisamente ringalluzzita e alzò gli occhi al cielo, sospirando platealmente: lui non aveva degli amici, aveva dei pazzi evasi dal San Mungo.

 

 

 

 

*******

 

Katherine era appena uscita dalla lezione di Difesa Contro le Arti Oscure e doveva ammettere che tutto sommato quella giornata stava procedendo alla grande: era riuscita a racimolare una decina di punti per la sua Casa, aveva ricevuto la risposta di Tyler che le assicurava che tutto stava andando bene dagli zii e sembrava che non fossero previste catastrofi o crisi almeno per quel giorno.

Ovviamente si sbagliava. Ne ebbe la conferma quando incrociò lungo il corridoio Sirius Black, visibilmente perso in chissà quali strani pensieri.

- Cosa c’è Black, hai perso il cervello e lo stai cercando? Ti do una brutta notizia, puoi fermare le ricerche: non lo hai mai avuto. –

- Ma come siamo dolci Banks, dimmi, sei proprio sicura di non essere per metà Banshee? –

Gli rivolse una linguaccia, gesto infantile ma che le venne spontaneo.

- Complimenti, molto matura. –

- Mi adeguo al livello mentale di quelli che ho davanti. – lo rimbeccò.

Sirius si portò una mano sul cuore, fingendo un’espressione terribilmente sofferente: - Ehy, così mi ferisci, sul serio. –

- Idiota. – borbottò, cercando di soffocare un accenno di risata.

La cosa non sfuggì al bel Malandrino che replicò, con l’aria di chi la sapeva lunga: - Un idiota che ti fa ridere, però. –

- Sai cosa, hai ragione, saresti perfetto come buffone di corte. –

- E tu saresti una perfetta regina: glaciale e bellissima. –

Katherine lo fissò perplessa, non capiva se fosse serio o la stesse semplicemente prendendo in giro. Nel dubbio rimase in silenzio, limitandosi a scrollare le spalle.

- Allora, la mia regina accetta una sfida per questa sera? –

Si prese un paio di minuti per studiarlo con attenzione, quel ghigno non prometteva nulla di buono.

- Che sfida? –

- Ah, no, prima accetta e poi te lo dico. –

- Come faccio ad accettare qualcosa che non so cosa sia? –

- Non dirmi che hai paura. – la provocò, mentre il ghigno si allargava ancora di più.

Katherine alzò gli occhi al cielo. Lei non aveva paura di nulla, tantomeno di uno sciocco donnaiolo da strapazzo come Black: - Ok, ci sto. –

- Dovrai riuscire a riconoscermi tra tutti gli altri studenti entro la mezzanotte. –

- E se ci riesco? –

- Se ci riesci esaudirò un tuo desiderio ma se fallirai, perché fallirai ne sono sicuro, allora sarò io ad avere diritto a un desiderio. – le spiegò.

Punta sull’orgoglio non ci pensò neanche per un secondo e annuì con decisione: - Perfetto, Black, abbiamo un accordo. –

Si strinsero la mano con solennità e poi ognuno riprese a camminare in direzioni opposte.

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Scusatemi per l’attesa, ma l’università e gli esami mi hanno portato via un sacco di tempo. Ad ogni modo, eccomi nuovamente tra voi con il nuovo capitolo. Spero che vi sia piaciuto e vi invito come sempre a lasciare un commentino. Al prossimo capitolo.

Baci baci,

                Fiamma Erin Gaunt

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** The Prom II part 1x08 ***


The Prom II part 1x08

 

 

 

 

La Sala Grande era stata decorata in modo sontuoso quella sera e la maggior parte dei ragazzi erano già arrivati quando Regulus e Charis fecero il loro ingresso; il primo indossava una fedele riproduzione della cotta di maglia di Febo Apollo e la seconda era assolutamente splendida avvolta nel suo abito blu mezzanotte adorno di lustrini argentati che creavano l’illusione che fosse ricoperta da un cielo stellato. Percorsero la strada che li separava dai piccoli divani della zona privè che era stata allestita per l’occasione sforzandosi di ignorare le chiacchiere che accompagnavano il loro passaggio.

- Lasciali perdere, non conosco un solo ragazzo che non sarebbe più che felice di averti al suo fianco, sei stupenda. – le sussurrò, chinandosi ad accarezzarle il lobo con le labbra.

Charis avvertì un brivido correrle lungo la schiena. Regulus le aveva fatto quell’effetto fin dal primo momento in cui erano stati abbastanza vicini per potersi anche solo sfiorare e lo sguardo che le aveva rivolto lasciava chiaramente intendere che la sua reazione non era passata inosservata e che era largamente condivisa anche da lui.

- Forse è il caso che vada a prendere qualcosa da bere, comincia a fare caldo qui. – mormorò, imponendosi di mantenere la calma e fare sfoggio di tutto l’autocontrollo che i suoi genitori gli avevano insegnato fin da piccolo.

- Certo, io raggiungo Narcissa e Rabastan. – replicò, indicando con un cenno del capo i due amici.

La rampolla di casa Black era a dir poco incantevole nelle vesti della Dama Grigia e anche il giovane Lestrange faceva la sua gran figura nelle vesti di Ker, la personificazione della morte in battaglia. Non appena li ebbe raggiunti, Narcissa le rivolse un sorriso artificioso, il genere che sfoderava sempre quando si trovava a quegli eventi mondani e che era incredibilmente diverso da quello solare e ironico con cui abbagliava le persone che le erano abbastanza vicine da poter essere considerati suoi intimi.

- Sei divina, oh Urania. – commentò Rabastan, baciandole delicatamente il dorso della mano, senza il solito tono frivolo e malizioso che lo contraddistingueva. Sembrava stranamente serio e composto mentre osservava la folla danzante… in effetti la sua espressione poteva essere definita solo in un modo: contrariata.

Provò a seguirne lo sguardo, ma le coppie sulla pista erano molte e non aveva idea di chi potesse aver suscitato il suo scontento. Nel frattempo Regulus tornò con due calici di Idromele. Lo sorseggiò lentamente e scandagliò la sala alla ricerca di volti noti. La maggior parte indossava una maschera quindi si trattava di un compito quasi impossibile carpirne le identità.

Era abbastanza certa che la Greengrass fosse la Dea della Discordia, una scelta non molto originale ma era di forte impatto avvolta in quell’abito color ghiaccio che la fasciava mettendone in risalto le curve e lasciando molto poco all’immaginazione; la Evans era una delle poche, insieme alla McDonald, a non indossare alcun ornamento che ne celasse il volto. Se la memoria non l’ingannava dovevano essere due delle tre Grazie mentre la Persefone al loro fianco e il delicato spirito della saggezza, con il volto celato da un velo d’organza, dovevano essere la Meadowes e la Zabini. Quindi le Corvonero e le Grifondoro erano state tutte individuate, così come i loro cavalieri che non avevano fatto quasi nulla per mascherare le loro identità. C’era Lupin, impacciato come sempre quando prendeva parte a qualche evento mondano, Potter nelle spoglie del Dio cornuto Herne, i due fratelli Prewett, i cui personaggi al momento non riusciva a ricollegare alla mitologia, e un Jack Baston nei panni dell’eroe Ercole che sorrideva radiosamente, evidentemente convinto di essere l’accompagnatore più fortunato della sala per essere riuscito ad attirare l’attenzione della Zabini.

Povero sciocco, se solo l’avesse guardata con attenzione avrebbe notato che la Corvonero si stava annoiando oltre ogni dire e cercava chiaramente qualcuno tra la folla.

- Devo preoccuparmi? –

La voce di Regulus le accarezzò la delicata e sensibile pelle dietro all’orecchio e la fece rabbrividire nuovamente.

Si voltò verso di lui, perplessa: - Per cosa? –

- Sembri molto pensierosa questa sera, stai cercando qualcuno con cui sostituirmi? –

Il tono del ragazzo voleva essere ironico, ma nei suoi occhi grigi lesse la paura che quanto chiesto rispondesse al vero. Adorava quando Regulus abbassava quella sua maschera di gelida sicurezza e perfezione e le permetteva di leggere dentro di sé.

Gli cinse il collo con le braccia e lo strinse a sé, baciandolo con decisione e mettendoci dentro tutta la passione che provava. Voleva che lui sapesse quanto lo desiderava.

- Ti sembra che io possa desiderare qualcun altro all’infuori di te? – gli sussurrò a fior di labbra.

Le rivolse un sorriso sghembo, uno di quelli che faceva quando si sentiva imbarazzato e che avevano il potere di farla sciogliere.

- Sono un vero idiota. – ammise.

- A volte, ma se non lo fossi probabilmente non mi piaceresti così tanto. Ora, signor Black, vuole decidersi a far ballare questa ragazza o deve essere trascinato sulla pista? –

La prese per mano, facendole un lieve baciamano: - Mi farebbe l’onore di ballare con me, signorina? –

- Assolutamente sì. – replicò, poi partì a passo di carica e lo trascinò dietro di se.

 

 

**********

 

 

Elizabeth non era mai andata a un ballo scolastico né tantomeno era mai stata invitata da un ragazzo bello e popolare come Rico Wilkes. Non aveva la minima idea di cosa avesse spinto il ragazzo a invitarla né del perché fosse così gentile e premuroso con lei, lui che era conosciuto dalla maggior parte del corpo studentesco come un grandissimo stronzo. Sapeva solo che le piaceva molto, forse persino troppo.

- Pronta al grande debutto, miss Greengrass? –

Era pronta? In nome di Rowena, certo che non lo era.

- Sì, andiamo. –

Si lasciò prendere sottobraccio, ritrovandosi a pensare a quanto fosse solido e muscoloso il corpo del ragazzo al suo fianco, e in men che non si dica si ritrovò con tutti gli occhi puntati addosso.

- Ma quella è Elizabeth Greengrass?... è veramente bellissima. –

- Hai capito la piccola Greengrass, nientemeno che Wilkes. –

- Sono davvero una coppia stupenda. –

Questi furono solo alcuni dei commenti che raggiunsero le orecchie della coppia.

- Congratulazioni, siete la coppia più chiacchierata della serata. – commentò Evan, andandogli incontro e porgendo a ciascuno un calice.

Rico lo vuotò d’un sorso, cingendo le spalle del cugino con un braccio e tenendo Elizabeth per mano, poi li indirizzò verso l’angolo dove si trova il resto del loro gruppo. Da lì aveva una vista perfetta del gruppo di Eris e la poteva osservare mentre scherzava con il suo cavaliere. Non riusciva davvero a credere che fosse andata al ballo con quell’idiota di Prewett che condivideva con il gemello l’unico neurone funzionante. Afferrò un altro calice e lo vuotò, ripetè l’operazione finchè non sentì l’alcool cominciare ad annebbiargli la testa. Non voleva pensare, non quella sera, e che Eris si divertisse pure con il suo bamboccio.

- Ti va di ballare? –

Elizabeth sgranò gli occhi, sorpresa. L’aveva visto osservare sua sorella e buttare giù un bicchiere dopo l’altro, non ci voleva certo un genio per capire che era geloso di lei.

- D’accordo. – mormorò, seguendolo sulla pista e cingendogli il collo con le braccia mentre si muovevano a tempo di musica.

Rico era un po’ brillo, ma riusciva perfettamente a capire quando qualcosa non andava e lo sguardo della sua dama era tutto tranne che raggiante.

- Ehy, bimba, cosa c’è che non va? -  

Elizabeth si sforzò di trattenere il tremito nella sua voce, non voleva che pensasse che fosse una ragazzina frignante.

- Nulla, solo che anche questa sera il ragazzo che mi piace non mi degna di un’occhiata. –

Le accarezzò una guancia con dolcezza, mettendole un boccolo scuro dietro l’orecchio: - Ti svelo un segreto, non vale la pena di stare male per un ragazzo, siamo tutti dei perfetti idioti. –

- Credi che dovrei fare ciò che voglio senza preoccuparmi di cosa possa pensare lui? –

Wilkes annuì.

Elizabeth raccolse ogni briciola di coraggio che aveva e, alzandosi in piedi, catturò le sue labbra. Il bacio durò un paio di secondi e non fu nulla più che un casto contatto di labbra, poi Rico si separò con gentile fermezza e la fissò con quei suoi occhi incredibilmente profondi e ammalianti.

- Elizabeth, io sono probabilmente il più idiota tra tutti i ragazzi presenti in questa sala, ma ci tengo a te… e proprio per questo voglio essere sincero. Sei molto carina, intelligente e divertente, ma io non sono quello giusto, finirò con il farti soffrire e non voglio. –

- E se a me non importasse, se fossi disposta a vivere il momento senza preoccuparmi del futuro? –

Non le rispose e si limitò a uscire dalla sala. Per la prima volta nella sua vita Rico Wilkes scappava da un confronto.

 

 

 

 

 

*********

 

 

Katherine si maledisse per la centesima volta. Tutta colpa del suo stupido orgoglio che le impediva di rifiutare una sfida, specie se fatta da quell’idiota di Black. Erano più di venti minuti che sondava la sala alla sua ricerca.

Aveva sperato che l’idiota si sarebbe scelto un travestimento facilmente ricollegabile a quello dei suoi amici o fosse in qualche modo riconoscibile e invece niente.

Con un sospiro si raddrizzò la maschera argentata che le copriva il volto e completava il suo abito dello stesso colore, con un generoso spacco che le arrivava fino alla vita. Se non altro doveva ammettere che anche lei era stata molto abile nel travestirsi, solo le sue amiche e Mason sapevano che era lei la giovane che si celava sotto il costume della dea Ecate.

Già, Mason, il suo stupido fidanzato che aveva passato l’intera serata in compagnia dei suoi altrettanto stupidi amici ed era ormai talmente ubriaco da non accorgersi nemmeno del fatto che l’avesse abbandonato su uno dei divanetti. Non lo sopportava più, non riusciva neanche a capire perché ci stesse ancora insieme.

Si diresse verso l’uscita, un po’ d’aria fresca le avrebbe fatto bene… e al diavolo quella stupida sfida, a buon bisogno Black le aveva giocato uno dei suoi soliti tiri e non si era neanche presentato. Si sedette su uno dei gradini dell’atrio del castello, rabbrividendo per via dell’umidità notturna. Un mantello si materializzò sulle sue spalle. Alzò lo sguardo e si trovò davanti un ragazzo con indosso una perfetta imitazione degli abiti di Orione, l’unica caratteristica visibile erano gli occhi di un singolare grigio liquido che luccicavano sotto la luce della luna.

- Ecate, la regina delle streghe. –

- Orione, il Cacciatore, scelta curiosa. –

Il ragazzo sorrise al di sotto della maschera. Aveva un bel sorriso, si ritrovò a pensare Katherine.

- La sua storia mi ha sempre affascinato, fin da bambino. Piuttosto, cosa ci fa una regina al freddo? –

- Mi annoiavo e comunque non credo siano fatti tuoi. - 

- Uhm, che caratterino, devi essere una Serpeverde. –

- Già, faresti meglio a starmi lontano, sono velenosa. – replicò ironicamente.

- Ho una buona dose di antidoto con me, credo di poter resistere anche a più di un morso. –

La replica la fece scoppiare a ridere. Quel ragazzo aveva un senso dell’umorismo che tendeva a sfociare nel sarcasmo e nell’ironia, era molto simile al suo e la cosa le piaceva.

- Forse dopotutto non sei una completa perdita di tempo, escludo quindi che tu possa essere un Tassorosso. –

- Addirittura, vostra maestà mi confonde con questo commento così pericolosamente simile a un complimento. –

- Grifondoro. Sì, sei decisamente un Grifondoro. – decise.

L’ironia e il sarcasmo l’avevano portata per un attimo a credere che potesse trattarsi di un Serpeverde, ma conosceva di vista tutti quelli dal quarto anno in su e nessuno aveva degli occhi così singolari.

- Ne sei certa? –

- Assolutamente, sei un dannato figlio di Godric. – confermò.

- È giusto, e sai anche chi sono? –

La domanda le fece suonare un campanello d’allarme nella testa. Dannazione, come aveva potuto essere tanto idiota da non capire di chi si trattasse? Avrebbe dovuto riconoscerlo fin da subito.

- Black! –

- Bingo, ma temo che vostra altezza abbia perso la scommessa, la mezzanotte è passata da un paio di minuti. – le fece notare, sorridendole in quel modo che aveva sempre trovato irritante, ma in quel preciso istante le dava meno fastidio del solito.

Sicuramente c’entrava il fatto che avesse bevuto. Sì, era così.

- Ok, ho perso. Dimmi cosa vuoi e facciamola finita. –

Il sorriso di Sirius si allargò ancora di più: - Un appuntamento. –

Katherine lo fissò incredula: - Puoi ripetere? –

- Credevo che ci sentissi bene, Banks, devo sillabartelo? Voglio un appuntamento con te. Nulla di impegnativo o formale, mi basta anche una sera di queste da qualche parte qui al castello. –

Ok, stava scherzando.

- È uno scherzo, vero? –

Per una frazione di secondo una scintilla di delusione passò negli occhi grigi del ragazzo: - Ti sembra che stia scherzando? –

No, in effetti era mortalmente serio.

- D’accordo, ho perso quindi è giusto che paghi. Un appuntamento, ma solo un paio d’ore e dopo il coprifuoco, non voglio che ci veda qualcuno. – chiarì.

Sirius annuì, tutto sommato era pur sempre meglio di niente.

- Ci organizzeremo più avanti per i dettagli, ora voglio solo andarmene a dormire e fare in modo che questa giornata finisca il prima possibile. –

Il ragazzo si fece da parte e riprese il mantello che gli porgeva. La osservò allontanarsi finchè non voltò l’angolo e sparì alla sua vista.

 

 

 

 

*********

 

 

Eris vide sua sorella baciare Rico, lo vide separarsi, parlarle e lasciare la sala in tutta fretta. Lanciò un’occhiata a Fabian e, certa che non avrebbe notato la sua assenza visto che era troppo impegnato a discutere con Gideon e Mary di Quidditch, decise di seguirlo.

Rimase ad aspettarlo fuori dal bagno degli uomini per una decina di minuti poi, ormai esasperata, si decise a entrare. Lo trovò appoggiato al davanzale della finestra, una bottiglia d’Idromele poggiata accanto e una boccetta di laudano che si rigirava distrattamente tra le mani.

- Quindi è quella roba che ti aiuta a essere così macho? – domandò, fissando l’oppiaceo con riprovazione.

- La virtuosa Corvonero che accorre a redimere l’impenitente Serpeverde. Non è un clichè piuttosto abusato di questi tempi? –

Non l’aveva mai sentito parlare con quel tono così disincantato. Quanto diavolo aveva bevuto per ridursi in quello stato? Gli si avvicinò abbastanza per notare che il laudano era vuoto per metà. Quell’incosciente ne aveva preso fin troppo. Con un gesto rapido gli sottrasse la boccetta.

- Ridammela. –

- Non ci penso minimamente. –

Incrociò le braccia e lo guardò con aria di sfida. Il messaggio era chiaro: non avrebbe ceduto.

- Ti ho detto di darmi quella cazzo di boccetta, Eris. – sbottò, avvicinandolesi e fissandola con rabbia.

La Corvonero sussultò leggermente, si era dimenticata come suonasse il suo nome pronunciato da quelle labbra.

- E io ti ho detto che non ho alcuna intenzione di dartela, Rico. –

Questa volta fu il turno del Serpeverde di trasalire.

Si ritrovarono a fissarsi negli occhi. C’era rabbia, desiderio e bisogno negli sguardi di entrambi. Si trassero l’uno all’altra, le mani che slacciavano con cieca fretta i bottoni e le bocche che si rincorrevano in una specie di lotta a base di denti, lingua e morsi. Andarono avanti finchè Rico non si separò con decisione dalla ragazza e si addossò alla parete più lontana. Eris gli lanciò un’occhiata stupita, non capiva cosa non andasse.

- Così non va bene, non va bene proprio per niente. Sono stufo di giocare, non voglio più doverti rincorrere in continuazione e stare a guardare mentre cerchi di farmi ingelosire con quell’idiota di Prewett 1. –

Eris inarcò un sopracciglio beffardamente: - Cerco? E tu non hai fatto lo stesso con mia sorella? –

- Probabilmente sì, ma Elizabeth meritava di meglio e l’ho allontanata. È una ragazza intelligente, sono sicuro che aveva già capito. –

- Lo penso anche io. – ammise, poi aggiunse: - Vuoi quindi sostenere di non esserti ingelosito vedendomi con Fabian? –

Rico le rivolse il suo classico ghigno che la fece sorridere. Sembravano passati anni da quando le aveva sorriso in quel modo per l’ultima volta.

- È ovvio che mi sono ingelosito, Greengrass, pensavo che voi Corvonero foste intelligenti. -

 - È così, per lo meno la maggior parte delle volte. –

Risero entrambi.

- E ora che vogliamo fare? – domandò incerta.

Le rivolse l’ennesimo ghigno: - Bè, io un’idea ce l’avrei. –

- Intendevo dopo. –

- Possiamo rifarlo e farlo ancora e ancora… abbiamo interi giorni da impegnare. –

Eris sorrise, alzando gli occhi al cielo. Probabilmente quella era la richiesta di ufficializzazione della loro relazione più diretta che avrebbe potuto ricevere da lui… e stranamente le andava bene così, per una volta voleva godersi quella felicità e basta.

 

 

 

 

************

 

 

 

Mary osservava Caradoc e Benji, seduti sul un divanetto e intenti a chiacchierare. Da quando avevano fatto outing sembravano più felici e spensierati che mai. Sospirò, anche lei avrebbe voluto potersi godere la sua storia alla luce del sole.

Lanciò un’occhiata a Rabastan, seduto accanto alla Black e visibilmente annoiata. Il Serpeverde alzò lo sguardo e le fece un occhiolino, per poi voltarsi in direzione della porta. Sì, quello era un chiaro invito.

- Celeste, ti dispiace se me ne vado? Sai, sono stanca e sinceramente non mi sto divertendo poi molto. –

La Corvonero si voltò verso di lei, interrompendo il contatto visivo che aveva istaurato con Marcel.

- Vai pure, non preoccuparti, anche io tornerò in Sala Comune. –

- Scherzi, non puoi piantare in asso Jack?! –

Già, Jack Baston, il suo cavaliere. Come aveva potuto dimenticarsi di lui?

- Sono stanca. – ribattè a mo’ di spiegazione. In circostanze diverse avrebbe anche aggiunto che Baston non era una compagnia poi così interessante e che non aveva prestato attenzione alla metà delle cose che le aveva detto durante la serata, ma Mary ci teneva così tanto a vederla sistemata e felice. Se solo avesse saputo che lei era già impegnata con qualcuno.

Mary annuì, non del tutto convinta, le augurò la buonanotte e si affrettò a uscire dalla Sala. Trovò Rabastan ad attenderla, appoggiato a una delle colonne con aria distratta. La trasse a sé con forza, facendola sbattere contro il suo petto muscoloso e la baciò con furia. Si separarono solo quando entrambi furono a corto di fiato.

- Finalmente, è tutta la sera che volevo farlo. –

Quella frase le dipinse un sorriso smagliante sul viso a forma di cuore. Felicità che venne prontamente spazzata via dal senso di colpa che provava ogni volta che si trovava tra le sue braccia. Era perfettamente consapevole che quelle parole avrebbe dovuto rivolgerle a sua cugina Melissa e non certo a lei.

- Cosa c’è che non va? – domandò, scrutandola con i suoi penetranti occhi azzurri.

- Nulla. – replicò, forse un po’ troppo in fretta per risultare credibile.

- Mary, riesco sempre a capire quando menti, vuoi dirmi di che si tratta… per favore? – aggiunse all’ultimo minuto, sorprendendola.

In sei anni di scuola non credeva di aver mai sentito Rabastan Lestrange abbassarsi a chiedere qualcosa per favore a chicchessia.

- È solo che mi sento in colpa, non dovrei volerti, è sbagliato. – mormorò, abbassando gli occhi.

Le sollevò gentilmente il mento, costringendola a guardarlo nuovamente negli occhi.

- Quello che c’è tra noi non è sbagliato, inaspettato forse, ma non sbagliato. –

Avrebbe voluto credergli più di ogni altra cosa, ma lei sapeva come stavano davvero le cose. Il loro era un doppio tradimento, da parte di Rabastan perché tradiva Melissa con lei e da parte sua perché aveva permesso ai suoi sentimenti di spingerla a fare qualcosa che avrebbe ferito sua cugina. Doveva mettere fine a tutto questo.

- È finita. –

Rabastan sgranò gli occhi, non riusciva a capire cosa stesse dicendo. Insomma, dove era finito tutto il coraggio e la testardaggine dei Grifondoro? Rinunciava a lui così, come se non le costasse nulla?

- È uno scherzo? No, perché ti avviso che non sei affatto divertente, McDonald. –

- No, non è uno scherzo, tra noi è finita. – replicò, sforzandosi di impedire alle lacrime che le pizzicavano gli occhi di sgorgare. Non avrebbe pianto davanti  a lui, doveva mostrarsi forte e risoluta.

Gli girò le spalle, incamminandosi verso le scale, ma la presa forte di Rabastan la costrinse a fermarsi e a voltarsi di nuovo verso di lui.

- Mary… -

- No, Rabastan, non dire niente. Ti prego, lasciami andare, per favore. – mormorò, lottando furiosamente contro le lacrime. No, dannazione, non doveva piangere!

Rabastan la scrutò negli occhi castani, arrossati e lucidi. Una lacrima fuggì traditrice e corse lungo la guancia morbida della ragazza. Stava piangendo. Aveva davanti la stessa ragazza che per interi anni era stata oggetto delle vessazioni di Mulciber e della sua cricca senza mai versare una sola lacrima e ora lei stava piangendo per lui.

La lasciò andare, osservandola correre via. Si era sbagliato, lasciarlo era costato moltissimo a Mary, ci teneva davvero a lui.

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccomi finalmente con il nuovo capitolo, chiedo scusa per l’attesa ma spero che la lunghezza e i fatti narrati possano compensarla. Come sempre vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate. Al prossimo capitolo.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** The Homecoming Hangover 1x09 ***


The Homecoming Hangover 1x09

 

 

 

 

 

 

Celeste allungò una mano accanto a sé, tastando le delicate lenzuola del letto di Marcel. Spalancò gli occhi, allarmata. Il ragazzo dormiva ancora beato, ma il Sole era già sorto e da lì a poco tutto il castello si sarebbe risvegliato. Sgattaiolò fuori dalle lenzuola, coprendosi con la camicia di Marcel che le arrivava a metà coscia, e cercando a tentoni i suoi vestiti. Li aveva appena trovati quando un lieve fruscio le annunciò che anche il suo ragazzo si era svegliato.

- Che stai facendo? – le chiese, trattenendo a fatica uno sbadiglio e fissandola con aria assonnata.

- Cerco i miei vestiti, tra poco inizierà a esserci un via vai pazzesco per i corridoi. –

Annuì, alzandosi e dandole una mano nella ricerca.

Dieci minuti più tardi, con il trucco sbavato e l’aria scarmigliata, uscì in corridoio e s’incamminò rapidamente verso la sua Sala Comune. Stava giusto per salire la scala che conduceva al dormitorio femminile, ringraziando Rowena per non aver incontrato nessuno, quando una voce la fece trasalire.

- Nottata impegnativa? –

Si voltò verso la ragazza che aveva parlato, guardandola in cagnesco, - Non credo siano affari tuoi, Carrow. –

- Hai ragione, non sono affari miei. -, ammise, - Comunque complimenti per Baston, è una gran bella conquista. – concluse, uscendo dalla Sala prima di darle il tempo di ribattere in qualche modo.

Con un sospiro, raggiunse la sua stanza e si chiuse in bagno, notando solo in quel momento che il letto di Eris era vuoto. Chiedendosi distrattamente se l’amica avesse deciso di dare un’altra occasione a Fabian, s’infilò sotto il getto caldo della doccia e rilassò i muscoli. Finalmente un po’ di pace.

 

 

 

*

 

 

 

Narcissa si svegliò con un fastidiosissimo mal di testa. Eppure non aveva bevuto molto, appena un paio di bicchieri, perciò non poteva trattarsi di post sbronza. Con la coda dell’occhio registrò che Charis non aveva ancora fatto ritorno e che Katherine, a giudicare dal rumore scrosciante dell’acqua, doveva essere sotto la doccia.

Reprimendo un gemito di dolore, indossò la sua vestaglia in pesante broccato e ciabattò verso l’armadio, recuperando la divisa che come al solito aveva perfettamente ripiegato e riposto con cura. Si potevano dire molte cose su di lei, ma sicuramente l’aggettivo che più la rispecchiava era uno: ordine. Una delle molte cose che la accomunavano con Remus, in effetti, pensò con un sorriso. Stava ancora sorridendo quando la porta del bagno si aprì e Katherine fece la sua comparsa tra il vapore.

- Dove credi di andare? – le disse, fissandola con aria minacciosa.

Le rivolse uno sguardo perplesso, - Che domanda difficile … Magari a lezione? –

- Non ti sei ancora vista allo specchio, vero? –

Aggrottò la fronte. Adesso cosa accidenti c’entrava lo specchio?

- Lo prendo per un no. Fossi in te lo farei. – disse, rispondendosi da sola e indicandole l’immenso specchio a figura intera che troneggiava nell’angolo.

Narcissa obbedì, sorprendendosi per l’ennesima volta per la stanchezza che sentiva addosso.

Cacciò un urlo, puntando un dito tremante contro la sua immagine riflessa.

- Che accidenti è quella roba?! –

- Varicella. Passerà in una decina di giorni, ma devi andare in infermeria. –

Magnifico, ci mancava soltanto che la isolassero come una raccapricciante creatura contagiosa.

- E come l’ho presa? –

Katherine si mordicchiò il labbro inferiore, pensierosa, - Di solito basta anche solo stare in un ambiente infetto, ma con uno sfogo del genere direi che l’hai presa direttamente dal malato. –

Un lampo di consapevolezza passò nella mente della ragazza. La notte precedente, dopo il ballo, aveva incontrato Remus sulla Torre d’Astronomia e ricordava perfettamente quanto la pelle del ragazzo fosse calda. L’aveva inizialmente imputato all’avvicinarsi della luna piena, ma forse era solo un attacco di tipo virale.

- D’accordo, andrò in infermeria, ma promettimi che tu e Charis mi verrete a trovare. – la scongiurò, rivolgendole la sua migliore espressione desiderosa d’affetto.

- Se la nostra bella bionda si ricorda di non poter vivere di solo sesso, verremo a trovarti dopo pranzo. – le promise con aria solenne.

Il pensiero di Regulus e Charis che si rotolavano tra le coperte le provocò un attacco di nausea.

- Kath, è mio cugino, vuoi forse farmi vomitare? –

- Certo che no, ma se proprio devi farlo allora vai in infermeria. – aggiunse in fretta, spintonandola scherzosamente fuori dalla stanza.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

- Che succede? – domandò Eris, alzandosi quanto bastava per permetterle di guardare il ragazzo che si stava rapidamente vestendo.

- Allenamenti. – replicò telegrafico, prima di aggiungere, - Hai visto le mie gomitiere per caso? –

Gliele lanciò al volo.

- Bei riflessi. Però ho una domanda: la squadra non ti ha ancora ucciso per via di tutti questi allenamenti extra? –

- Non sono allenamenti collettivi. Il lunedì mattina mi alleno un po’ da solo, visto che la prima ora è buca. –

- Quindi se per oggi li salti non succede nulla, no? – domandò, con un tono di voce pericolosamente seducente.

- Non iniziare, devo davvero allenarmi. – la pregò, smettendo però di vestirsi e posando lo sguardo su di lei.

- Iniziare a fare cosa esattamente? – mormorò, lasciando che il lenzuolo verde che la copriva scivolasse ai suoi piedi e la lasciasse con la sola protezione della lingerie che aveva indossato.

Sorrise davanti allo sguardo cupido con cui Rico accarezzava ogni porzione del suo corpo.

- Oh, al diavolo. – sbottò, gettando via le gomitiere e raggiungendola sul letto.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Dorcas venne svegliata da una scia di baci delicati che partivano dal lobo per poi scendere verso il basso. Quando raggiunsero la clavicola, aprì gli occhi e li puntò in quelli blu del ragazzo al suo fianco.

- Buongiorno. – sorrise, chinandosi a depositargli un casto bacio a fior di labbra.

- Buongiorno, raggio di sole. –

Il sorriso le si allargò ancora di più, contagiando anche Evan.

Un lieve e piacevolissimo odore le raggiunse le narici.

- Sono caffè e baggle al formaggio quelli che sento? –

- Potrebbero esserlo, tutto dipende dal fatto che io riceva un altro bacio oppure no. – replicò, sorridendole sfrontatamente.

Lo baciò ancora, ridacchiando, - Lo faccio solo per la colazione. –

Evan la guardò con un’aria di finta indignazione, - Ti vedi per così poco, Meadowes? –

- Solo a te, considerati fortunato. – replicò, sfuggendo alla sua presa e sgattaiolando verso il tavolo su cui era sistemato ogni sorta di ben di Dio.

- Amo questa stanza. – annunciò con aria seria, servendosi una generosa dose di caffè e zuccherandolo.

- Vuoi bere del caffè o dello zucchero innaffiato con qualche goccia di caffè? – la prese in giro, accennando al terzo cucchiaio che aggiungeva alla bevanda.

Dorcas gli rivolse una linguaccia e avvicinò la tazza al suo viso.

- Vuoi assaggiare? –

Con un’espressione schifata, Evan si tirò indietro facendola scoppiare a ridere.

- Vuoi avvelenarmi, forse? Tu e il tuo caffè ipercolesterolico state lontani da me. – replicò, afferrando la caraffa e versandosene una generosa dose. Lo buttò giù così, nero e amaro, proprio come piaceva a lui.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

La prima cosa che Celeste notò, non appena mise piede in Sala Grande, era che tutti gli studenti presenti chiacchieravano di chissà quale pettegolezzo. Vedendo Alecto Carrow in inseparabile compagnia della Jorkins, e notando che entrambe sembravano molto più agitate del solito, ipotizzò che doveva trattarsi di qualcosa di grosso o semplicemente incredibile.

Prese posto, sforzandosi di non tormentarsi con l’idea che l’oggetto di quelle chiacchiere poteva proprio essere il suo misterioso rientro mattutino alla Torre dei Corvonero.

Quando i battenti si aprirono, tuttavia, le venne confermato che le sue erano solo stupide paranoie.

Eris stava facendo il suo ingresso in compagnia di nientemeno che Rico Wilkes e, come se tutto ciò non bastasse, lo stava tenendo per mano. Entrambi i ragazzi procedevano a testa alta, apparentemente ignari che tutta la scolaresca stava commentando nient’affatto velatamente la novità.

- E quindi dopo Elizabeth anche Eris. Sembra che le Greengrass abbiano una vera passione per quel ragazzo. –

- Già, ma guardate come si guardano, secondo me la cosa andava avanti da molto tempo. –

Come era prevedibile, gli sguardi si posarono poi sulla piccola Elizabeth, che non aveva detto nulla e li fissava con l’aria di chi aveva appena ricevuto una pugnalata alle spalle.

Sforzandosi di mantenere la calma, distolse lo sguardo e afferrò un pezzo di pergamena. Scribacchiò in tutta fretta una frase e l’affidò a uno dei gufetti che aveva appena consegnato la posta al suo tavolo.

L’animaletto spiccò il volo e dopo poco atterrò davanti al destinatario del messaggio, che quando lesse quelle poche parole non potè fare a meno di ghignare con compiacimento.

 

“So chi sei, voglio essere dei vostri.

                                                          Elizabeth”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccomi con l’aggiornamento, dopo un’assenza scandalosa per cui non ho altre scusanti se non quella della mancanza d’ispirazione. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che sia valso l’attesa. Come sempre vi chiedo di farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1912885