Dirty Little Secrets di Fiamma Erin Gaunt (/viewuser.php?uid=96354)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pilot ***
Capitolo 2: *** Moments later 1x01 ***
Capitolo 3: *** The Katherine Thing 1x02 ***
Capitolo 4: *** Please Do Talk About Me When I'm Gone 1x03 ***
Capitolo 5: *** Reality Bites me 1x04 ***
Capitolo 6: *** Salt meets Wound 1x05 ***
Capitolo 7: *** Save the Date 1x06 ***
Capitolo 8: *** The Prom 1x07 ***
Capitolo 9: *** The Prom II part 1x08 ***
Capitolo 10: *** The Homecoming Hangover 1x09 ***
Capitolo 1 *** Pilot ***
Pilot
Gemiti,
leggermente soffocati, provenivano dal ripostiglio delle scope.
- Dobbiamo
smetterla di vederci così. – sussurrò
Mary, ravviandosi i boccoli ramati e
rassettandosi la gonna, che nell’impeto del momento le era
salita fino ai fianchi.
- Certo, e
dimmi, sarai tu a dire a tua cugina che, invece di essere in biblioteca
a
studiare come avevi detto, eri chiusa in uno stanzino con me, che poi
sarei il
suo ragazzo? –
Mary
aggrottò
il naso, in una buffa espressione corrucciata.
- Certo che
no, e poi smettila di ripeterlo, mi fai sentire ancora più
in colpa. –
Rabastan
rise, buttando la testa indietro e facendo scintillare i denti
perfetti. Mary
McDonald era incredibile, e non solo a letto, aveva quel modo di fare
che
riusciva sempre a strapparti una risata.
-
D’accordo, non lo dirò più. –
promise, chinandosi con tono cospiratore e
sussurrandoglielo all’orecchio.
Un brivido
corse lungo la schiena della ragazza.
Una risata
roca, che le accarezzò il collo facendola rabbrividire
nuovamente, fu la
replica.
- Devo
andare. –
S’impose
di
mantenere il tono risoluto, tutto stava a non lasciarsi incantare da
quegli
occhi così profondi.
-
D’accordo, ci vediamo in giro. –
Un sorriso,
che gridava arroganza come tutto in lui, e Mary si ritrovò a
maledire la sua promessa
di raggiungere Dorcas e Lily a cena.
-
Sì, ci
vediamo. – confermò, uscendo
dall’angusto luogo e dirigendosi rapidamente verso
la torre di Grifondoro.
Varcò
la
soglia proprio nel momento in cui, sicuramente stanche di aspettarla,
Lily e
Dorcas stavano uscendo.
-
Finalmente! Si può sapere dove ti eri cacciata? –
esclamò spazientita la rossa.
- Ero in
biblioteca, dovevo finire il tema di Pozioni –
mentì in fretta, ricevendo in
risposta un’occhiata compiaciuta.
- Sono
contenta che ti sia messa finalmente sotto con lo studio –
Già,
lo
studio, pensò ironica, mentre raggiungevano la Sala Grande e
prendevano posto
sulla panca in legno.
******
- Guardate
qua. – esordì Charis, sventolando sotto gli occhi
dei suoi amici un piccolo
foglio di pergamena, compilato con una scrittura elegante.
- Di che si
tratta? –
Rico le
tolse il foglietto dalle mani e lo scorse rapidamente, passandolo poi
ad Evan
che cercava di leggere da sopra la sua spalla.
- Pare che
Mary McDonad sia stata vista uscire da uno dei ripostigli di Gazza,
visibilmente accaldata. –
rise il rampollo dei
Wilkes.
Una risata
maliziosa si levò dal tavolo verde argento.
Rabastan
s’
irrigidì leggermente, sforzandosi di mantenere il consueto
distacco.
- Dice con
chi era? –
- No, ma
non posso dire di biasimare chi era con lei. Voglio dire, è
tremendamente sexy
per essere una Mezzosangue! –
-
Più che
altro mi piacerebbe sapere chi è che ha inviato quel
biglietto. – intervenne
Charis, notando che anche agli altri tavoli ne era stato inviato uno e
tutti
parlottavano tra di loro.
- Magari si
tratta di qualche insulsa Tassorosso che si diverte a spettegolare
nella
speranza di far sembrare la sua vita un po’ meno patetica.
– considerò la
Banks, interrompendo la sua discussione con Narcissa.
-
Sì, è
decisamente probabile. – si affrettò a replicare
Rabastan, grato per il
tentativo di chiudere la discussione.
- È
strano
comunque, sembra che la Jorkins questa volta non centri nulla; di
solito
saltella in preda al compiacimento invece stasera sembra piuttosto
tranquilla. –
-
Sì, Cissa
ha ragione, sembra che qualcun altro abbia intenzione di soffiarle il
titolo di
impicciona rompi coglioni della scuola. –
- Che
delicatezza, Banks, sei particolarmente di buon umore oggi, eh?
–
- Qualcuno
ha chiesto il tuo parere, Nott? Non mi sembra, perciò taci.
–
Il ragazzo
inarcò un sopracciglio e tornò a consumare
silenziosamente la sua cena.
Sembrava che la Banks celasse dietro la scontrosità la sua
preoccupazione. Per
cosa, tuttavia, non avrebbe saputo dirlo.
- Che hai
Cissy? –
Charis
rivolse un’occhiata preoccupata all’amica, che
aveva appena selezionato con
cura uno zuccotto di zucca e lo fissava con aria inorridita.
- Nulla,
sto bene. – si affrettò a replicare la bionda,
nascondendo nella manica della
camicia il foglietto di pergamena che aveva trovato sotto lo zuccotto.
“Zucca
zucca me lo dice, fidanzata bella traditrice.”
- Scusate,
sono piuttosto stanca, vado in camera. –
Si
alzò dal
tavolo e percorse in fretta la strada che la separava dal portone;
passando
accanto al tavolo dei Grifondoro lanciò
un’occhiata d’intesa ad uno dei
Prefetti. Una volta uscita, non s’incamminò verso
le scale che portavano ai
sotterranei ma percorse la strada che conduceva alla Guferia. Era
arrivata a
destinazione da un paio di minuti quando un rumore di
passi la spinse a voltarsi.
- Ehi,
è
successo qualcosa? –
Sorrise,
incrociando quegli occhi color miele che la guardavano con gentilezza e
appena
un lampo di preoccupazione. No, non era quello il momento di fissare
Remus
Lupin con aria sognante.
- Abbiamo
un problema… E quando dico problema intendo una crisi a
livello mondiale. –
Il ragazzo
aggrottò la fronte, in un’espressione che lo
faceva sembrare più grande e
incredibilmente stanco.
- Di che si
tratta? –
Gli porse
il messaggio, osservandolo leggerlo e stringere i denti, segno evidente
che era
arrabbiato.
- Non so
chi l’abbia scritto, l’ho trovato nel piatto degli
zuccotti. –
- Hai
ragione, questo è un problema. Che cosa hai intenzione di
fare? –
Narcissa lo
fissò stupita, - Scusami? –
-
Intendo…
se hai intenzione di chiuderla qui, sì insomma, posso
capirti. –
Ma che
accidenti stava dicendo?
- Vuoi che
la chiuda qui? –
Remus
scosse con decisione la testa.
- Certo che
no, come ti salta in mente, ma non voglio neanche che tu abbia
problemi. –
- Ehy,
dobbiamo solo cercare di essere più discreti. Non
preoccuparti, troveremo un
modo. – sussurrò, alzandosi in punta di piedi e
scoccandogli un tenero bacio a
fior di labbra.
-
Sì, ce la
faremo. – replicò, anche se non convinto del
tutto. Lui teneva a Narcissa, anzi
ne era innamorato, e sapeva perfettamente di non poterle offrire un
futuro
degno di lei. Insomma, veniva da una famiglia che viveva con il minimo
sindacale e per di più era un lupo mannaro… cosa
avrebbe mai potuto offrirle?
Eppure, per qualche strana ed incomprensibile ragione, la promessa
sposa del
ricco rampollo dei Malfoy aveva scelto lui… amava lui.
- Devo
tornare in dormitorio, ho detto agli altri che sarei andata a dormire.
–
-
D’accordo,
ci vediamo domani a lezione. – le sussurrò,
lasciandola dalla sua presa e
baciandola a sua volta.
Gli
augurò
la buonanotte e percorse le scale in fretta, stando attenta a non
inciampare a
causa del buio e passando la mano sul corrimano in pietra per ottenere
il
miglior equilibrio possibile. Era quasi giunta alla fine della rampa
quando
avvertì qualcosa di piccolo e pungente sotto le sue dita; lo
prese,
osservandolo alla luce delle torce, e vide che si trattava di una
spilla che
ricordava il colore degli occhi di Remus, su di essa c’erano
un paio di gocce
del suo sangue: doveva essersi punta quando l’aveva toccata.
Stava per
riprendere a camminare quando notò la pergamena che stava ai
suoi piedi; la
raccolse, aprendola con mano tremante e riconoscendo la calligrafia del
messaggio che aveva ricevuto a cena.
“Attenta
a
non ferirti, principessa, molto spesso la verità fa
male.”
L’accartocciò
con rabbia, dandogli poi fuoco con un colpo di bacchetta. Non era
possibile,
lei che fin dal primo anno era sempre stata immune dai pettegolezzi,
doveva
cominciare a vivere nel terrore di essere spiata? Continuò
la sua avanzata
lungo i sotterranei, incurante del paio di occhi castani che
l’osservava con
guizzante cattiveria.
- Che il
gioco abbia inizio. – mormorò, attendendo che la
principessina si allontanasse
e tornando al suo dormitorio.
Spazio
autrice:
Come
anticipato nell’introduzione, la storia è ispirata
a Pretty Little Liars, e
ambientata nella generazione dei Malandrini. Che dire, spero che questo
primo
capitolo vi sia piaciuto e che sia riuscita ad incuriosirvi. Fatemi
sapere che
ne pensate, mi raccomando, ci tengo molto. Al prossimo capitolo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 2 *** Moments later 1x01 ***
Moments later 1x01
- Tu che ne
pensi, Celeste? Ehy, mi stai ascoltando? –
La diretta
interessata, una ragazza dai boccoli castano scuri e gli occhi color
cioccolato,
scosse la testa.
- Scusami,
Eris, stavi dicendo? –
- Ti ho
chiesto se avevi qualche idea su chi possa aver fatto questo.
– replicò,
sventolandole sotto il naso il foglio di pergamena che era stato
misteriosamente recapitato al loro tavolo.
- Questo
cosa? –
Eris
alzò
gli occhi al cielo, sbuffando esasperata. Non c’era niente da
fare, sembrava
che la sua amica quella sera fosse completamente immersa nel
“fantastico mondo
di Celeste Zabini”.
- Il
biglietto anonimo su Mary. Vuoi almeno voltarti a guardarlo?
– esclamò
stizzita, notando che la ragazza sembrava non degnarla della minima
considerazione. E, se c’era una cosa che Eris Greengrass
proprio non tollerava,
era non essere calcolata.
- Che
biglietto? –
Ah, basta!
Ora ne aveva decisamente abbastanza.
- Questo.
–
Gli mise la
pergamena sotto gli occhi, costringendola a tirarsi indietro per non
incrociarli.
- Ma sei
impazzita? – protestò debolmente Celeste,
afferrandolo e leggendolo
velocemente.
-
Merda…
chi può essere stato? –
- È
esattamente quello che ti ho chiesto trenta secondi fa, quando fissavi
il vuoto
con aria molto stupida. –
- Non stavo
fissando il vuoto, ero solo sovrappensiero. –
protestò, trattenendosi dal
correggerla dicendo che la sua attenzione era tutta rivolta al tavolo
dei
professori. Quell’anno la cattedra di Difesa Contro le Arti
Oscure era stata
assegnata a Marcel Bouvier, un giovane mago francese incredibilmente
affascinante che lei aveva conosciuto durante la sua estate passata a
casa dei
nonni materni, nell’assolata Nizza. Ok, forse dire che
l’aveva conosciuto era
un po’ riduttivo; erano usciti insieme per tutta
l’estate, la loro era stata
intesa al primo sguardo e ancora adesso faticava ad entrare
nell’ordine d’idee
che lui era un suo professore… e soprattutto doveva
continuare ad essere solo
questo, indipendentemente dai loro trascorsi.
-
D’accordo,
come dici tu. Pensi di riuscire a tornare abbastanza lucida per andare
a
raggiungere Mary e darle il nostro sostegno, o è chiederti
troppo? –
Storse
leggermente il naso; l’ironia e il sarcasmo di Eris erano
divertenti,
soprattutto quando li rivolgeva su Rico, ma se era lei la vittima le
cose
cambiavano.
- Certo che
posso farcela, ma il sarcasmo risparmialo per Wilkes, ok? –
Incurante
della replica dell’amica, si alzò e raggiunse
Mary, circondata da Lily e Dorcas
che erano già entrate in modalità di amiche iper
protettive. Passando davanti
al tavolo dei professori non potè fare a meno
d’incrociare lo sguardo di
Marcel, che le rivolse un sorriso sghembo. Lo liquidò con
un’occhiata
ammonitrice: insomma, era stato proprio lui a dire che la loro storia
doveva
essere chiusa ed ora si metteva a sorriderle davanti a tutta la scuola?
Lo vide
aggrottare la fronte, perplesso, e si limitò a sillabargli:
“Ti spiego poi”,
poi tornò a rivolgere la sua attenzione a Mary.
- Tesoro,
stai bene? – le chiese, stringendola in uno dei suoi famosi
abbracci
stritolatori e facendola ridacchiare: - Diciamo che sono ancora viva,
ma se
continui a stringere non lo rimarrò per molto. –
- Hai idea
di chi possa essere questa stronza? – le chiese Eris,
fissando con uno sguardo
assassino il foglio di pergamena, come se la colpa di ciò
che vi era scritto
fosse solo ed esclusivamente di quel piccolo pezzo di carta.
- Chiunque,
ma è strano, non mi è sembrato di vedere nessuno
quando sono uscita. – replicò
Mary, preparandosi mentalmente alla domanda che sarebbe inevitabilmente
seguita.
E
infatti…
- E
lui…
chi è lui? – volle sapere Dorcas.
-
È… è uno
del nostro anno. –
- Stai
tergiversando… in che Casa è? –
Il silenzio
di Mary fu una replica sufficiente.
- Santo
Godric, Mary, dimmi che non è un Serpeverde! –
esclamò Lily, venendo fermata
all’istante dall’amica.
- Non farmi
la paternale, Lils, ti ricordo che fino a un anno fa eri la migliore
amica di
uno di loro. –
La rossa
annuì con espressione rammaricata: - Già, e
guarda come è andata a finire. Non
ci si può fidare di loro, Mary. –
- Sono
d’accordo con Lily, cosa ti fa pensare che non sia stato
proprio lui a mettere
in giro la voce? - - Perché, Celeste, se lo avesse fatto
avrebbe corso il
rischio di essere smascherato… Insomma, era palese che si
sarebbe trattato di
lui. –
Le quattro
ragazze annuirono davanti alla sua logica stringente.
-
Perché
non ci siamo arrivate prima noi, siamo Corvonero, dovremmo essere noi
quelle
intelligenti. – commentò tra sé e
sé Celeste, venendo fulminata da un’occhiataccia
di Lily. L’argomento intelligenza, così come le
valutazioni scolastiche, era
off limits tra loro, ne andava della salute mentale di tutte, visto che
una
sfida tra Celeste e Lily le avrebbe inevitabilmente portate ad
un’isteria
collettiva.
- Allora, sappiamo che lui
non può essere
stato… ma qualche sua amica? –
- Lo
escludo, so che non lo direbbe a nessuno, si rovinerebbe la reputazione
se si
sapesse in giro. –
- E tu stai
con un tipo come questo, uno che si vergogna di te? –
esclamò indignata Lily.
- Non ci
sto insieme, Lils, è solo qualche incontro di divertimento.
–
- In
sostanza solo sano sesso. – le venne incontro Eris, con
l’aria di chi la capiva
alla perfezione.
Mary
annuì,
grata per l’inaspettato aiuto.
- Continuo
a non capire come tu possa farlo. –
- Lo so, ma
ora concentriamoci su qualcosa di più importante…
dobbiamo sapere chi è questa
stronza. – intervenne Dorcas.
-
Perché
siete convinte che sia una ragazza? –
-
Perché
bisogna essere maledettamente scaltre e abituate a fiutare un buon
pettegolezzo
per fare una cosa del genere, quindi sono certa che sia una ragazza.
– replicò
la bionda, mentre Eris annuiva confermando il suo brillante
ragionamento.
-
D’accordo… è una ragazza, ma chi?
–
Un
tossicchiare discreto interruppe la loro conversazione. Si trattava di
un
bambinetto che doveva essere al primo, massimo secondo, anno.
- Scusate,
chi di voi è Celeste Zabini? – domandò
incerto.
- Sono io,
cosa vuoi? –
- Il professor
Bouvier dice che vuole parlarti del tuo programma di studi, ti aspetta
nel suo
ufficio. –
Celeste
lanciò un’occhiata al tavolo dei professori: ma
come, se n’era andato senza che
se ne accorgesse?
-
D’accordo… ragazze, riprendiamo la conversazione
domani mattina, va bene? –
- Certo,
vai pure a sentire cosa vuole il sexy prof. –
replicò maliziosamente Mary,
facendola ridacchiare.
Uscì
dalla
Sala Grande in tutta fretta, imponendosi di darsi una calmata e
percorrere la
strada che la separava dall’ufficio con calma; non voleva
mica arrivare con il
fiatone e l’aria stravolta, né tantomeno
desiderava dare l’impressione della
diciassettenne che corre non appena il bel tenebroso fa un fischio.
Arrivò
a
destinazione dieci minuti più tardi, si prese un paio di
secondi per
prepararsi mentalmente e risistemarsi i
capelli e bussò lievemente.
- Vieni
pure, Celeste, ti stavo aspettando. –
Sorrise
sentendolo pronunciare il suo nome in modo così
professionale. Tuttavia, una
volta che si fu chiusa la porta alle spalle, il suo atteggiamento
cambiò
completamente. La spinse addosso al muro, arpionandole i fianchi e
schiacciandola contro di lui, prese d’assalto le sue labbra:
baciandole,
leccandole e mordendole finchè non furono entrambi a corto
di fiato.
- Ciao.
–
le sussurrò a fior di labbra.
- Ciao.
–
rise.
- Bella la
trovata del programma scolastico, ingegnosa. –
- Sei una
Corvonero, ho immaginato che apprezzassi quello che per voi
è un “dono grato”.
– replicò ironicamente, citando il loro motto.
-
Sì, ho
decisamente apprezzato. – ammise, cingendogli il collo con le
braccia e
baciandolo con passione.
Andarono
avanti per mezz’ora finchè, ormai visibilmente
accaldati, si separarono.
- Credo sia
il caso di andarci piano. – mormorò controvoglia
Marcel, accarezzandole una
guancia e sorridendole teneramente.
-
Già. Bè,
sarà meglio che torni in dormitorio, Eris mi
starà cercando. – replicò, dicendo
a se stessa che se non fosse uscita di lì immediatamente
avrebbe rischiato di
saltargli addosso e strappargli via i vestiti.
-
Sì, è meglio
non attirare troppo l’attenzione. –
Si
salutarono con l’ennesimo lungo e appassionato bacio, poi
entrambi tornarono
verso le rispettive stanze.
Celeste
entrò nel dormitorio cercando di fare meno rumore possibile
e rimase sorpresa
dall’assenza di Eris, che aveva lasciato il letto intatto e
la borsa ancora da
disfare.
Stava per
infilarsi sotto il copriletto blu quando notò un pezzetto di
pergamena, della
stessa dimensione di quello che era arrivato a cena, poggiato sul suo
comodino.
Lo aprì con mano tremante, dicendosi che magari si trattava
di un messaggio per
qualcun’altra delle sue compagne di stanza, o che poteva
essere un semplice
foglio bianco.
“Quando
i
professori baciano le studentesse iniziano i guai.”
Dannazione,
quella stronza adesso si metteva a spiare anche lei? Nascose il
biglietto nella
tasca del pigiama e affondò la testa nel cuscino; era
difficile, ma doveva
cercare di mettersi a dormire, non poteva certo andare in giro con
delle
occhiaie stile zombie l’indomani.
***************
Tutto
sommato Eris era profondamente grata al professor Bouvier; non fosse
stato per
lui non avrebbe saputo che scusa trovare per non andare in camera con
Celeste.
Per quanto le scocciasse l’idea di dover stare attenta ad
ogni suo movimento,
non aveva la minima intenzione di lasciar trapelare qualche
informazione sul
rapporto che aveva con quel ragazzo; specialmente perché lui
non era solo un
Serpeverde, ma IL Serpeverde: astuto, manipolatore e cinico. Insomma,
il
perfetto principe machiavelliano. Tutte caratteristiche che non
avrebbero certo
contribuito a farlo piacere alle sue amiche; dannazione, lei stessa,
più spesso
di quanto non avvenisse il contrario, faticava non poco a sopportarlo.
Però
doveva ammetterlo: era probabilmente il ragazzo più bello e
sexy su cui avesse
mai posato gli occhi.
- Sei in
ritardo. – l’accolse la familiare voce roca, che
suo malgrado le causò un
brivido lungo la schiena.
- Lo so.
–
replicò incurante, prendendo posto sulla sedia che era
comparsa in quel preciso
istante. Doveva ammettere che quella Stanza delle Necessità
era proprio una
trovata geniale.
-
Perché
oltre a sapere non provi anche a regolarti di conseguenza? –
le domandò
ironico, versandosi un bicchiere di quello che, a giudicare
dall’odore, tutto
era fuorchè succo di zucca.
Rico
alzò
il calice in una sorta di brindisi al suo indirizzo e lo
sorseggiò
distrattamente, seguendo con gli occhi color ghiaccio lo sguardo della
ragazza,
che accarezzava il suo corpo partendo dalle gambe fino ad arrivare al
petto,
parzialmente visibile grazie alla camicia lasciata
mezz’aperta.
Eris si
sforzò di non guardarlo troppo palesemente; non le piaceva
l’espressione
compiaciuta che compariva sul volto dai tratti cesellati quando la
beccava a
fissarlo, c’era troppo compiacimento in quella sua aria di
altezzosa arroganza.
Del resto era un Wilkes, arroganza era il suo secondo nome.
-
Sembrerebbe che ti piaccia ciò che vedi. –
commentò, rendendo la voce
volutamente più roca ed insinuante.
- Non sarei
qui altrimenti, ti pare? – replicò a tono, decisa
a non lasciarsi mettere in
imbarazzo.
-
Maledettamente giusto. –
Vuotò
il
bicchiere tutto d’un sorso.
- E a te
piace ciò che vedi? – domandò
maliziosamente.
Le si
avvicinò con una velocità che la colse di
sorpresa, chinandosi sul suo collo a
sussurrarle: - Sei troppo coperta per i miei gusti, come faccio a dire
se mi
piace se non vedo nulla? –
Si
ritrovò
ad arrossire, rimproverandosi per quel momento di debolezza.
Dannazione, perché
doveva fare la figura della ragazzina timida e impacciata?
-
Bè, a questo
si può porre facilmente rimedio. –
balbettò, sfilandosi il maglione della
divisa e cominciando a sbottonare i polsini della camicia.
Rico si
portò alle sue spalle, bloccandole le braccia lungo i
fianchi e mordicchiandole
alternativamente lobo e collo. Le sfuggì un sospiro.
- Lo sai
che mi piace spogliarti, tu lo fai troppo in fretta. – la
redarguì, con il tono
che avrebbe usato un insegnante con un’alunna indisciplinata.
Ed in effetti per
lei era stato un po’ quello: il suo primo amante, ovviamente
escludendo le
relazioni che aveva avuto prima come quella con Fabian Prewett, che
aveva
contribuito alla sua formazione in quel campo insegnandole una
moltitudine di
giochini interessanti.
Sentì
le
sue mani che le sbottonavano la camicia, un bottone alla volta,
sfiorandole di
tanto in tanto la pelle candida e accendendo sempre più il
suo desiderio. In
nome di Rowena, la stava facendo impazzire. Cercò di
aiutarlo nello spogliarla,
ottenendo in risposta un lieve brontolio: non doveva disturbarlo.
Finalmente,
dopo un’attesa che le parve interminabile, la camicia cadde a
terra; avvertì il
fresco della sera sulla pelle nuda, notando solo in quel momento che
oltre
all’indumento aveva tolto anche il reggiseno. La reazione che
le venne
istintiva fu quella di portarsi le mani sul seno, coprendolo come
meglio
poteva, malgrado sapesse che era sciocco essere tanto pudica dopo aver
diviso
il letto con lui in innumerevoli occasioni.
La prese
per i fianchi, sollevandola di peso e spingendola ad allacciare le
braccia
intorno alla sua vita. Lo aiutò a sfilarsi maglione e
camicia, afferrandolo per
la cravatta e attirandolo verso la sua bocca; le loro labbra si presero
immediatamente d’assalto, in una specie di lotta per la
supremazia e, mentre le
loro lingue giocavano a rincorrersi, ormai completamente dimentica di
essere
mezza nuda, sentì le mani calde del ragazzo che si
chiudevano a coppa sul suo
seno. Chiuse gli occhi, godendosi la sensazione di quel tocco possente
e al
tempo stesso delicato e soffocando un gemito sulle labbra del ragazzo.
La
portò
fino al letto, lasciandola cadere sul materasso e liberandosi dei
pantaloni
della divisa, che ormai non era altro che uno scomodo intralcio.
Tornò a
baciarla, mentre le sue mani trovavano la zip della gonna e la
lasciavano
cadere a terra insieme alle mutandine. Si fermò un attimo,
godendosi lo
spettacolo che aveva davanti: non aveva mai visto una ragazza
così
assolutamente perfetta, in quei momenti riusciva quasi a dimenticarsi
del modo
in cui si erano trattati in tutti quegli anni.
Prese a
cospargere di baci e delicati morsi il petto di Eris, scendendo fino
all’ombelico e risalendo; con la mano scese ad accarezzarle
l’interno coscia,
prendendosi il tempo di sentirla sospirare un paio di volte prima di
affondare
in lei. Affondò da prima con delicatezza, poi sempre
più velocemente, finchè la
ragazza non cominciò a gemere in modo inequivocabile; un
affondo più forte
degli altri la spinse mordersi il labbro per impedirsi
d’urlare.
- Salazar,
che espressione. – brontolò, la voce cupa come un
ringhio a causa
dell’eccitazione.
- Quale
espressione? –
- Questa.
–
Affondò
nuovamente con forza, strappandole un gridolino di piacere e facendole
chiudere
gli occhi. Invertì le posizioni, facendola sedere su di
sé e sostituendo le
mani con la sua eccitazione.
- Muoviti
per me. – brontolò, accarezzandole i fianchi e
chiudendo gli occhi quando la
sentì cominciare ad ondeggiare su di lui.
Un’ora
più
tardi Eris riuscì a sgattaiolare dalla presa del ragazzo,
stando attenta a non
svegliarlo, e cominciò la ricerca dei suoi vestiti.
- Che stai
facendo? – mormorò Wilkes, la voce impastata dal
sonno.
- Mi
rivesto e torno in dormitorio. – replicò con tono
di constatazione; non avevano
mai dormito insieme, quella era una cosa da coppie e loro non lo erano.
- La
camicia è lì, vicino alla poltrona. –
la informò, osservandone i movimenti con
attenzione. C’era un che di armonioso nel suo modo di
muoversi, anche quando
faceva qualcosa di tanto semplice come vestirsi.
- Che hai
da guardare? –
- Non
posso? Ti ricordo che ho visto e toccato abbondantemente ogni
centimetro del
tuo corpo, non c’è bisogno che tu faccia la
virtuosa Corvonero… non con me. –
Riecco
quell’insopportabile sorriso soddisfatto.
- Non
esserne così compiaciuto, potrei anche decidere di non
tornare più qui. –
Rico
inarcò
un sopracciglio con aria beffarda e allargò le braccia: -
Bè, allora ti concedo
un’ultima occhiata a tutto questo. –
Sbruffone…
dannato sbruffone. Credeva davvero che non sarebbe riuscita a stare
lontana da
quel suo corpo così muscoloso, caldo e perfetto? Oh,
dannazione, doveva
mantenere il punto, non perdersi ad ammirare il modo in cui i bicipiti
si
contraevano o quanto fossero larghe e solide le sue spalle.
- Va a farti
fottere, Wilkes. –
-
Cos’è,
una richiesta di bis? – sogghignò, facendola
arrossire.
S’impose
di
non cedere e quella sfrontataggine le diede lo stimolo che le serviva
per
tenere il punto.
- Non credo
proprio. – replicò tagliente, indossando la
camicia e chiudendosi dietro la
porta. Che accidenti era quella cosa a terra?
“A
quanto
pare l’algida Eris Greengrass segue il detto: tieni gli amici
vicini e i nemici
ancora più vicini.”
-
Vaffanculo, stronza. – ringhiò, strappandolo in
mille pezzi e gettandolo nel
cestino più vicino.
Spazio
autrice:
Ecco il
nuovo capitolo. Spero vi piaccia, mi raccomando fatemi sapere che ne
pensate
(anche dicendo semplicemente che vi fa schifo). Al prossimo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 3 *** The Katherine Thing 1x02 ***
The Katherine Thing 1x02
Quella
mattina Katherine Banks aprì gli occhi con la consapevolezza
che sarebbe stata
una mattinata terribile; il risveglio del venerdì era sempre
traumatico: il
carico di studio e compiti della settimana, unito ad un inizio di
giornata
composto da due ore di Storia della Magia, avrebbe distrutto
mentalmente e
fisicamente chiunque. Uscì dal bozzolo di coperte che era il
suo letto e si
diresse verso il bagno trascinando controvoglia i piedi; nel letto
accanto
Charis dormiva ancora beatamente, forte della sua prima ora di buca,
mentre
Narcissa doveva essersi già svegliata e vestita, come
testimoniava il letto
disfatto ormai vuoto.
S’infilò
sotto la doccia, regolando la temperatura finchè non fu
sufficientemente calda
da arrossarle la pelle, e si godette il getto che le accarezzava il
corpo.
Avrebbe voluto rimanere così per il resto della giornata.
Quando
gambe e braccia ebbero ormai raggiunto il colorito di
un’aragosta nella
pentola, si decise a chiudere il getto e a cominciare a prepararsi.
Cercò a
tentoni la divisa, premurandosi di non accendere la luce: Charis Selwyn
diventava pericolosa come un Basilisco se veniva accidentalmente
sottratta alle
sue otto ore di riposo giornaliere. Rinunciò ad annodare il
cravattino con i
colori della Casa e uscì dirigendosi verso la Sala Comune.
- Non dirmi
che hai intenzione di presentarti a colazione in questo stato.
–
-
Buongiorno anche a te, Cissa. – replicò ironica,
ignorando l’occhiata
contrariata che la bionda aveva rivolto alla sua camicia più
grande di un paio
di taglie, che altro non era se non quella di Avery a cui
l’aveva sottratta un
paio di giorni prima, e alla cravatta legata come un cappio intorno al
collo.
- Stai
ferma, ci penso io. – sospirò la Black,
afferrandola per il colletto e
sistemandole l’infido arnese, - Ecco fatto, ora sei quasi
presentabile. Certo,
se non fossimo in ritardo ti rispedirei in camera a dare una sistemata
a quei
capelli: sono un disastro. –
Katherine
intercettò l’occhiata che Avery, alle sue spalle,
aveva rivolto al soffitto.
- Black,
pensi di riuscire a liberare la mia ragazza il tempo necessario a
salutarla
come si deve? – intervenne ironico, prendendola per una mano
e attirandola
verso di lui. Si alzò in punta di piedi quel tanto che
bastava per incontrare le
labbra sottili e fresche del ragazzo.
- Non darle
retta, a me i tuoi capelli piacciono così come sono.
– le sussurrò all’orecchio,
giocherellando distrattamente con una morbida onda castano scuro.
- Non dare
mai retta a Narcissa Black in preda alle sue crisi modaiole
è la prima regola
per sopravvivere vivendo a stretto contatto con lei, non
m’insegni sulla di
nuovo Mason. –
- Ti ho
sentita.
– replicò la bionda fingendosi indignata.
- Lo so.
–
Il sorriso
malandrino della Banks coinvolse tutti i presenti, dando vita ad
un’allegra
risata collettiva.
- Mason, le
mie scuse, ma devo conferire con la mia Cacciatrice. –
intervenne Rico, strappandola
gentilmente alla presa dell’amico e cingendole le spalle con
un braccio con
fare fraterno.
- Allora,
lo hai già sentito? –
Katherine
aggrottò leggermente la fronte, non capendo a cosa si stesse
riferendo. Del
resto era sempre così con lui: parlava, parlava ma in
realtà non stava dicendo
nulla, o meglio, nulla che potesse rivelarti esattamente ciò
che gli passava
per la testa.
- Non
guardarmi con quell’espressione da cerbiatta confusa: che
giorno è oggi? –
-
Venerdì. –
- Questo lo
so anche io, grazie per l’informazione, intendevo che numero
è? –
- Il
ventinove ottobre? – tentò nuovamente.
Non riusciva
proprio a capire dove volesse andare a parare.
Rico si
battè una mano sulla fronte con aria plateale: - Sul serio,
Banks, penso che
Avery ti stia contagiando con la sua idiozia… ancora qualche
mese e ti
ritroverai allo stesso livello mentale di un troll di montagna.
–
Katherine
gli appioppò un pugno sulla spalla, ma riuscì
finalmente a ricordarsi che
giorno fosse.
- È
il
compleanno di Tyler… me l’ero dimenticato, merda,
sono proprio una pessima
sorella maggiore. –
-
Già,
menomale che esisto io… immagini come sarebbe un mondo senza di me?
–
Lo
guardò
fingendo di soppesare la risposta: - Un mondo migliore? –
Rico
scrollò le spalle con aria di studiata nonchalance: - Meriti
una risposta
secondo te? A proposito… Ev, fratello, devo dare
un’occhiata al tuo tema di
Storia della Magia. –
L’erede
dei
Rosier, che aveva appena fatto il suo ingresso, lo guardò
con aria ironica: -
Cosa ti fa pensare che io l’abbia fatto? –
- Stai
scherzando? Evan Rosier che non fa un compito, Katherine Banks che si
dimentica
le cose, si sta rivoltando il mondo per caso? –
Si rivolse
poi a Piton, seduto tra Mulciber e Avery e intento a chiacchierare
sottovoce
con Regulus e Barty, probabilmente riguardo qualche scherzo che avevano
intenzione di fare ai Grifondoro.
- Severus,
amico mio, hai forse intenzione di farti uno shampoo? No,
perché a questo punto
c’è da aspettarsi qualsiasi cosa… la
mia vita non ha più certezze. –
Evan
alzò
gli occhi al cielo, mormorando qualcosa che suonava distintamente come
“Salazar,
perdonalo, non sa ciò che dice”.
-
Rico…
stavo solo scherzando, certo che ho fatto il tema. –
Gli porse
il rotolo di pergamena che il moro intascò
all’istante e trascinò via il cugino
prima che potesse dire o fare qualcosa che gli avrebbe fatto guadagnare
un
Sectusempra da parte di Piton.
- È
sempre
più pazzo. – mormorò Narcissa,
ridacchiando sotto i baffi, - Vogliamo andare? –
aggiunse.
- Certo, tu
inizia ad andare, io spedisco una lettera e ti raggiungo. –
L’amica
annuì e l’accompagnò fino alla
scalinata che portava in direzione della
Guferia.
- Ti tengo
il posto. –
Katherine
le rivolse un distratto cenno d’assenso e cominciò
la scalata verso la Guferia.
Non aveva ancora idea di cosa scrivere a Tyler: insomma, cosa si scrive
ad un
fratello che vive in Francia come un recluso e che ha appena passato le
tre
notti peggiori del mese?
Con un
sospiro recuperò penna e inchiostrò dalla borsa e
cominciò a scrivere.
Caro Ty,
spero che tu stia bene e non ti
annoi troppo a casa degli zii. Ho pensato molto a te in queste notti e
spero
che non siano state troppo penose per te. Stai prendendo la
pozione, vero?
Purtroppo non ho ancora avuto modo di comprarti un regalo, ma domani
abbiamo la
prima uscita ad Hogsmeade e rimedierò a questa mancanza.
Sono sicura di
riuscire a trovare quella nuova divisa dei Falcons che ti piace
così tanto e
magari ci aggiungerò anche un piccolo extra…
tutto dipende da quanto
velocemente risponderai a questa lettera. Le cose qui al castello
procedono
come al solito: troppi compiti, troppe chiacchiere e troppa poca gente
interessante (ovviamente escludendo la mia comitiva di Serpeverde). La
settimana prossima ci sarà l’inizio del torneo
studentesco, ti farò avere una
cronaca dettagliatissima della partita. Rico ci tiene a salutarti e si
unisce a
me nel farti i migliori auguri per questo tuo quindicesimo compleanno.
Non vedo
l’ora che sia Natale per poterti riabbracciare. Ti mando un
bacio, tua,
Kat
Rilesse la
lettera un paio di volte, poi, quando fu certa di aver detto
ciò che voleva
senza risultare troppo melensa o scontata, richiamò il suo
fido barbagianni e
gliel’assicurò ad una zampa.
- Portala a
Tyler, a casa degli zii a Nizza. – sussurrò,
lasciandolo libero di spiccare il
volo.
Ripercorse velocemente i
gradini che portavano
al pianoterra e, troppo di fretta per rendersene conto, finì
con lo scontrarsi
con la persona che meno sopportava all’interno di Hogwarts:
Sirius Black.
- Banks, hai
dei gomiti appuntiti come stampelle, mi hai quasi ucciso. –
borbottò,
massaggiandosi le costole.
- Peccato
che non ci sia riuscita, suppongo di dovermi esercitare di
più. –
- Quando di
deciderai ad ammettere che in realtà sei pazza di me e che
sei solo troppo
timida per ammetterlo? –
- Quando
è
giusto è giusto. Questa volta hai proprio ragione, Black.
–
Sirius
sgranò gli occhi, senza parole. Possibile che avesse davvero
centrato il
nocciolo della questione?
- Che
intendi? – domandò guardingo.
- Che
dovrei proprio essere pazza per farmi piacere uno come te. –
Scoppiò
a
ridere, con quella sua risata che ricordava prodigiosamente
l’ululato di un
lupo e che puntualmente la faceva rabbrividire.
- Bella
risposta,
Banks. Questa volta hai vinto tu, te lo concedo. –
Si
scambiarono un ultimo sguardo e ripresero a camminare nella direzione
che
avevano preso quando si erano scontrati. Tutto sommato forse quella
giornata
non si preannunciava poi così male: aveva azzittito e ferito
Sirius Black in un
colpo solo.
- Finalmente
sei arrivata, stavo per darti per dispersa. –
esclamò Narcissa, spostandosi
sulla panca per farle posto.
Katherine
si servì una generosa porzione di uova strapazzate e scelse
con cura alcune
fette di bacon croccante. Stava per mettersi a mangiare quando una
civetta
della scuola atterrò davanti a lei. La liberò del
foglio di pergamena e lo
scorse velocemente: “Tutta colpa della luna, quando
è piena fa impazzire la
gente.”
Lo strinse
furiosamente, facendo saettare gli occhi lungo le quattro tavolate.
Vide Bertha
Jorkins, al tavolo dei Tassorosso, ridacchiare insieme ad una sua
compagna e
non ci vide più. Percorse in fretta la distanza che separava
i due tavoli e le
piombò addosso, artigliandole la gola: - Se hai qualcosa da
dire dimmela in
faccia, capito razza di insignificante ragazzetta?! –
Rico la
raggiunse in fretta, tirandola indietro di peso e costringendola a
lasciare la
presa.
- Calmati,
Kat, non vorrai mica dare peso alle chiacchiere di una così,
no? –
- È
pazza,
è completamente pazza, non le ho fatto nulla. –
strepitava nello stesso istante
la Tassorosso.
- Ascoltami
bene, Jorkins, tu per me non esisti, sei il nulla, e sai cosa fa il
nulla?
Tace, non parla, non apre bocca e non manda bigliettini. Tu non sai
proprio
nulla e farai bene a chiudere quella bocca se non vuoi che ti strappi
quella
lingua da pettegola che ti ritrovi e te la faccia ingoiare a suon di
schiaffi. –
Si
liberò
dalla presa dell’amico: - Puoi lasciarmi, sto bene adesso.
–
Ritornò
sui
suoi passi e, come se non fosse successo nulla, riprese a fare
colazione
incurante delle occhiate che le venivano rivolte.
Spazio
autrice:
Eccoci con
il nuovo capitolo. Bè, penso sia abbastanza scontato quale
sia il grande
segreto di Katherine, ma avrà davvero individuato la ragazza
che invia quei
misteriosi biglietti o ha solo preso un abbaglio? Lo scoprirete solo
continuando
a leggere. Al prossimo capitolo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 4 *** Please Do Talk About Me When I'm Gone 1x03 ***
Please Do Talk About Me When I'm Gone 1x03
La scenata di
Katherine Banks aveva fatto rapidamente il giro della
scuola. Non era chiaro cosa avesse fatto o detto la Jorkins per farla
scattare
in quel modo e i più fantasiosi abbozzavano centinai
d’ipotesi, alcune più
realistiche come quella secondo cui la Tassorosso aveva messo in giro
qualche
falso pettegolezzo su di lei e altre assolutamente campate per aria.
- Mary
Strongold, del terzo anno, giura di averla vista parlottare con
Sirius Black prima di entrare in Sala Grande… scommetto che
la Jorkins ha
scoperto una tresca tra quei due. –
- Sul serio, ma
non si odiavano? –
- Mah, secondo
me è tutta una trovata per non destare sospetti… -
- Secondo me,
invece, dovreste smetterla di ficcare il naso in fatti
che non vi riguardano. –
Le due
studentesse sobbalzarono leggermente, voltandosi e trovandosi
davanti il profilo arrogante dell’erede dei Wilkes.
Arrossirono furiosamente
mentre la bionda, la più sfacciata delle due, gli rivolse un
sorriso
accattivante e prese a giocherellare con una ciocca di capelli.
- Rico, non ti
avevamo visto, ci hai spaventate. – Emise un risolino
acuto, avvicinandosi un po’ di più e posandogli
una mano sul braccio con aria
civettuola, - Allora, fai qualcosa di speciale domani? –
Le rivolse
un’occhiata glaciale, prima di tirarsi indietro disgustato,
: - Ti ho forse detto che potevi toccarmi? –
La biondina lo
fissò interdetta, sembrò prenderlo come uno
scherzo e
ridacchiò di nuovo.
- Salazar,
piantala di starnazzare come un’oca, mi fai venire il mal di
testa. –
-
Ma… ecco, l’altra sera noi… -
Il ragazzo
alzò il mento come sfidandola a continuare la frase.
- Credi sul
serio che una sveltina in un armadio delle scope abbia
qualche importanza per me? Senza offesa, ovviamente, tesoro. –
La ragazza
gonfiò le guance, indignata, e prese l’amica
sottobraccio,
allontanandosi con aria mista tra l’ira e la delusione.
- È
la numero sette questa settimana o sbaglio? –
Si
voltò verso la voce ironica che era intervenuta a commentare
l’evento.
- Ah, Caradoc,
sei tu. No, in realtà è l’ottava.
– aggiunse
distrattamente, per poi darsi dell’idiota. Aveva conteggiato
anche Eris, non
ricordando il fatto che della loro per così dire
“relazione” nessuno doveva
essere a conoscenza.
- Devo
essermene persa una allora, io ne conto sette. –
- Colpa mia,
con una ho bissato. – replicò, scrollando le
spalle. Il Battitore
dei Grifondoro si strinse nelle spalle, come a dire che faceva finta di
credergli anche se la cosa non gli tornava più di tanto.
- Allora, hai
visto il calendario delle partite? – domandò poi,
tornando su un terreno meno insidioso.
-
Sì, giocate contro i Tassorosso… è un
inizio di campionato
relativamente tranquillo. –
Il Serpeverde
annuì, mentre insieme si dirigevano verso l’aula
di
Trasfigurazione. Merda, quelle due oche gli avevano fatto perdere
tempo; era in
ritardo e sicuro come l’inferno l’ arpia non si
sarebbe fatta sfuggire
l’occasione per rifilargli qualche compito in più.
La sua previsione si avverò
nel momento stesso in cui misero piede in aula.
- Dearborn e
Wilkes, siete in ritardo. Dieci punti in meno ad entrambe
le Case e, per quanto riguarda te Wilkes, per domani voglio un tema di trenta centimetri sugli
effetti della
Trasfigurazione elementare: il compito che mi ha consegnato ieri era
appena
Accettabile.
Annuendo
controvoglia e maledicendola mentalmente, prese posto accanto
al cugino.
- Che
è successo? – sussurrò Evan, stando
attento a non farsi beccare dalla
professoressa.
- Due pettegole
mi hanno fatto perdere tempo… nulla di serio. –
replicò
a mezza bocca.
La lezione
proseguì in un religioso silenzio e Rico si convinse persino
a prendere appunti durante la spiegazione, cosa che di solito avveniva
solo sotto
minaccia di essere interdetto dal campionato scolastico.
- Hai visto
Caradoc? – domandò a fine lezione.
Evan scosse la
testa, arricciando il naso con disgusto: non aveva mai
sopportato quel Dearborn, troppo
pieno
di sé per i suoi gusti.
- Pazienza,
continuerò il discorso con lui più tardi.
–
Recuperarono le
loro borse e insieme si diressero verso la Sala Comune,
pronti a godersi una meritata pausa dopo quella doppia ora di arpia.
*******
- Indovina chi
sono? –
Un paio di mani
coprirono gli occhi di Caradoc, in un maldestro
tentativo di celare l’identità di colui che
l’aveva abbracciato. Tentativo di
gran lunga vano, avrebbe riconosciuto quel tono spensierato e allegro
ovunque.
- Andiamo,
Benji, non ti stanchi mai di giocare, vero? –
Sbuffò,
liberandosi dalla presa del compagno e tornando a cercare la
sua mazza da Battitore: ma dove diavolo si era cacciata?
Benji
sbuffò, mettendo su un lieve broncio che agli occhi del
compagno
di Casa risultava assolutamente adorabile.
- Pensi sempre
al Quidditch, ed io? –
- Tra una
settimana inizia il campionato, devo farmi trovare pronto. –
- Non hai
risposto alla domanda… a me chi ci pensa? –
insistè il
biondo, incastonando gli occhi azzurri come il cielo primaverile in
quelli
mogano del ragazzo.
Caradoc
sospirò, abbandonando la ricerca e spingendo il compagno
contro
il muro dello spogliatoio. Benji si lasciò sfuggire un
gemito di sorpresa, che
venne prontamente zittito dalle labbra carnose del Battitore.
Continuarono a
baciarsi per una decina di minuti, i corpi schiacciati l’uno
contro l’altro e
l’eccitazione a mille.
- Soddisfatto?
Ora che ne dici di darmi una mano a cercare il resto
dell’attrezzatura? – gli soffiò a fior
di labbra, il respiro ancora corto per
l’enfasi del momento che avevano appena condiviso.
Benji
annuì, stirando le labbra rosse a causa
dell’irruenza dei baci
del ragazzo in un pigro sorriso: era il genere di espressione
soddisfatta che
avrebbe ricordato
quella di un gatto, se
solo gli animali avessero avuto volti umani.
Ci vollero un
paio di minuti per recuperare tutto l’armamentario, poi
uscirono dallo spogliatoio: Caradoc davanti, con la scopa e la mazza da
Battitore tra le mani, diretto verso il campo e Benji che lo seguiva
per poi
puntare verso le tribune. Sarebbe rimasto a vederlo volare fino alla
fine, come
sempre del resto, perché ogni momento rubato alla confusione
scolastica era
prezioso per due ragazzi che, almeno per il momento, non avevano alcuna
intenzione di fare outing. Intendiamoci, fosse stato per Benji, non si
sarebbe
fatto problemi a scoccare un bacione mozzafiato al suo ragazzo davanti
a tutta
la Sala Grande, ma lui sembrava convinto del fatto che la sua fama di
testa
calda ne sarebbe uscita danneggiata e che tutti avrebbero cominciato a
ridergli
dietro. Ragion per cui i due Grifondoro attendevano pazientemente,
incontrandosi clandestinamente e ostentando nulla più che
una sincera amicizia
in presenza di terzi.
Caradoc
atterrò dopo un paio d’ore, quando aveva ormai
cominciato a
diluviare e la visibilità era
fortemente
compromessa. Alzò lo sguardo verso le tribune, individuando
sotto la coltre dei
capelli bagnati, un Benji rannicchiato e visibilmente infreddolito che
scendeva
lentamente i gradoni in pietra.
- Avresti
potuto ripararti, sei completamente zuppo. –
commentò,
osservandolo intenerito: con quei suoi capelli biondi bagnati e
scompigliati,
sembrava un pulcino.
- Da sotto al
gazebo non sarei riuscito a vederti. – spiegò,
rabbrividendo e starnutendo.
Caradoc
alzò gli occhi al cielo: Benji e la sua testardaggine.
- Vieni, ci
vuole una doccia calda e qualcosa di asciutto. –
Il ragazzo lo
seguì docilmente, sorridendo radioso quando il Battitore
gli cinse le spalle con un braccio e lo attirò rudemente a
sé. Appoggiò la
testa sulla spalla del compagno e gli si strinse maggiormente addosso,
passandogli un braccio esile intorno alla vita. Lo sentì
irrigidirsi, ma non
gli disse di scostarsi un po’. Era questo che amava di
Caradoc: con gli altri
era freddo e decisamente
scorbutico, ma
con lui questo aspetto del suo carattere veniva rimpiazzato da una
dolcezza che
nessun altro, all’interno di Hogwarts, poteva vantarsi di
conoscere.
Tornarono nello
spogliatoio, togliendosi a vicenda gli abiti bagnati
finchè, nudi come madre natura li aveva fatti, entrarono
nella stessa doccia e
si godettero il getto bollente sulla pelle infreddolita. Un
po’ di schiuma andò
a finire sul volto di Benji, in un accenno di barba bianca che lo
faceva
sembrare incredibilmente ridicolo, e Caradoc
l’eliminò con cura, dardeggiando
la lingua lungo la mascella del ragazzo. Benji sospirò,
afferrandogli le spalle
e schiacciando il petto esile contro il suo muscoloso.
Presero a
baciarsi con sempre più frenesia finchè, quando
mancava poco
prima che entrambi perdessero il controllo e finissero per farlo dentro
la
doccia, udirono il familiare rumore scricchiolante della porta dello
spogliatoio che veniva chiusa e un rumore di passi che si allontavano
velocemente. Si scambiarono un’occhiata preoccupata: era
possibile che qualcuno
li avesse visti?
Spazio autrice:
Eccomi con il
nuovo capitolo, dedicato a questa coppia slash che
sinceramente amo non so bene per quale motivo (basti pensare che non
sono una
gran fan dello slash, se si esclude la classica Oliver/Marcus e il mio
OTP
slash: Rabastan/Regulus). Tra parentesi, questa sera
pubblicherò il primo
capitolo di una slash dedicata proprio a quest’ultimo pairing
e sarà
intitolata: “Il Drago e il Leone”. Cooomunque,
vorrei ringraziare tutte/i
coloro che recensiscono, preferiscono, seguono, ricordano o
semplicemente
leggono questa fic: Grazie di cuore veramente a tutti, fa sempre
piacere sapere
che ci sono persone che apprezzano il lavoro di una scrittrice. Allora,
vi
propongo due piccoli sondaggi (per il momento solo sulle coppie che
sono state
presentate, non voglio spoilerarvi nulla u.u, invece i personaggi li
avete
visti praticamente tutti tranne James… ma insomma, Ramoso
è sempre Ramoso u.u).
Quindi, sondaggio n°1:
Quale
coppia preferite tra quelle finora presentate?
-
Remus/Narcissa;
-
Celeste/Marcel;
- Rico/Eris;
- Rabastan/Mary;
- Caradoc/Benji
Quale
personaggio preferite?
- Narcissa;
- Charis;
- Katherine;
- Rabastan;
- Rico;
- Evan;
- Eris;
- Celeste;
- Marcel;
- Lily;
-
Dorcas;
-
Sirius;
-
Mary;
-
Benji;
-
Caradoc.
Fatemi sapere
quali sono le vostre preferenze (valuterò se
accontentarvi dedicando un po’ più spazio a loro
nel corso della storia) e
soprattutto cosa ne pensate di questo nuovo capitolo. Al prossimo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt
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Capitolo 5 *** Reality Bites me 1x04 ***
Reality Bites me 1x04
Un capannello
di curiosi si era radunato intorno alla bacheca
nell’ingresso principale. Gli studenti sgomitavano per
cercare di farsi spazio
e apprendere la novità del momento e, quando riuscivano ad
avvicinarsi
abbastanza, rimanevano impalati per un paio di secondi e poi
cominciavano ad esibirsi
nelle più svariate reazioni: le ragazze ridacchiavano con il
tono di chi si
trova davanti un succoso argomento di gossip, i ragazzi invece avevano
dipinto
sul volto un curioso misto tra incredulità e disgusto.
- Che succede?
– domandò Lily, giunta nell’atrio
proprio in quel
momento, al suo fianco aveva le immancabili Dorcas e Mary.
- Pare che
siano le foto compromettenti di due ragazzi. –
replicò la
vocetta di una bambina del secondo anno, Grifondoro anche lei.
-
Bè, mi spiace per loro, ma sono contenta che finalmente
tutta la
scuola abbia trovato qualcun altro su cui riversare la propria sete di
pettegolezzi. -
La rossa
rivolse un’occhiata contrariata all’amica.
- Mary, proprio
perché ci sei passata, dovresti mostrarti più
indignata. –
La McDonald si
strinse nelle spalle: - Infatti sono indignata, Lils, ma
non per questo la smetteranno di chiacchierare. –
Lily
annuì cupamente, in fin dei conti aveva ragione, in quella
scuola
sembrava che nessuno riuscisse a farsi gli affari propri.
- Dearborn,
allora è per questo che ti atteggi tanto a macho?
È tutta
una recita per nascondere il fatto che sei un… -
Mulciber,
notando l’ingresso dei due ragazzi che erano oggetto delle
foto osè che erano state affisse nell’atrio, non
si lasciò sfuggire l’occasione
per provocarlo. Tuttavia non riuscì a finire la frase
perché un preciso e
fulmineo montante lo colpì sotto il mento, facendogli
scattare la testa
all’indietro con un che che ricordava vagamente uno di quei
clown a molla che
sbucavano dalle scatole giocattolo dei bambini. Nell’istante
stesso in cui il
Serpeverde veniva colpito, Avery e Nott si affiancavano
all’amico, pronti a
prendere parte allo scontro. La folla osservava la scena con pacato
interesse:
Dearborn era un duro, ma i Serpeverde erano in tre, avrebbero
sicuramente avuto
ragione di lui.
- Insomma,
perché nessuno fa niente? Separateli! –
esclamò Lily,
cercando di mettersi in mezzo per separare i combattenti.
Mary e Dorcas
la tirarono via: - Non essere sciocca, non vorrai
rischiare di essere colpita. –
- Che succede
qui? –
La voce roca di
Rico si levò alta sopra il clamore dei colpi e gli
incitamenti degli schieramenti delle due fazioni della rissa. Persino i
diretti
interessati smisero di picchiarsi: Mulciber aveva il naso rotto e un
paio di
denti si erano scheggiati, Caradoc sfoggiava un labbro gonfio e un
taglio
all’altezza dello zigomo destro, gli altri due a parte
qualche lieve contusione
stavano bene.
Evan
approfittò di quel momento di calma per avvicinarsi alla
bacheca e
osservare il motivo dello scontro.
- È
per questo, cugino. –
Degnò
le foto appena di un’occhiata, poi le bruciò con
un colpo di
bacchetta.
- Non vedo
nulla. Voi quattro piantatela di fare gli idioti e, per quanto
riguarda tutti gli altri, il prossimo a cui sentirò dire
anche una sola parola
sulla faccenda se la vedrà con me… Ora sparite! -
Gli studenti si
diradarono in fretta, ognuno riprese la direzione che
aveva intrapreso prima di quel parapiglia e i tre compagni di Casa lo
guardarono con aria incredula.
- Difendi quel
finocchio? – esclamò indignato Mulciber.
Mary emise uno
sbuffo indignato: quell’idiota non le era mai piaciuto,
ma sembrava non perdere occasione per confermare sempre più
l’opinione che aveva
di lui.
- Sono
abbastanza sicuro che non ti abbia gonfiato solo perché gli
andava di farlo… ora sparisci, ho visto per troppo tempo la
tua brutta faccia,
e lo stesso vale per voi due. –
- Non ti facevo
amico dei Grifondoro, per di più di uno così, non
sapevo
fossi un cuore tenero. –
- Ti avviso,
Mulciber, il mio pugno sta gridando a gran voce di finire
ciò che Caradoc ha iniziato, non provocarmi. –
Mason, intuendo
che il compagno di Casa era mortalmente sincero, prese
sottobraccio l’amico e lo trascinò di peso verso
la scala che conduceva ai
sotterranei, Nott veniva dietro di loro.
- Avrei potuto
cavarmela da solo. –
Rico
sbuffò sarcastico: - Figurati, Caradoc, non
c’è alcun bisogno che
mi ringrazi… No, sul serio, smettila con tutto questo
riconoscimento, mi metti
in imbarazzo. –
Il Grifondoro
abbassò lo sguardo, imbarazzato. Doveva ammettere che non
avrebbe mai pensato che Rico Wilkes, lo stesso ragazzo che si divertiva
a
mettere in ridicolo e ad attaccar briga con chiunque non gli andasse a
genio,
avrebbe mai preso le sue difese. Era sorpreso, piacevolmente sorpreso.
- Forza,
Dearborn, Madama Chips dovrà darti un’occhiata.
Senza offesa,
ma hai un aspetto disgustoso. – intervenne Evan, poggiandogli
una mano sulla
spalla e dirottandolo verso l’infermeria.
- Oh, ma non
centra nulla la rissa, quella è proprio la sua
faccia… è
sempre stato così. – scherzò Rico,
ricevendo in risposta un pugno amichevole
sulla spalla.
Lily e le
ragazze li osservarono allontanarsi così, ridendo e
scherzando come se fossero amici di vecchia data e non avessero fatto
che
quello da quando erano nati.
- Da quando in
qua quei tre sono amici? –
- Non credo che
la loro sia proprio amicizia, non come la intendiamo
noi almeno, penso che siano affinità caratteriali e poi,
bè non saprei. – la
corresse Dorcas.
- Rispetto.
L’ho notato anche durante le partite di Quidditch, provano
rispetto reciproco, indipendentemente da quale sia la Casa
d’appartenenza. –
Guardarono Mary
con sorpresa: quella ragazza aveva una capacità di
capire i rapporti umani che molto spesso le lasciava senza parole,
sembrava
quasi in grado di leggerti dentro.
- Sai, credo
che tu abbia proprio ragione. – decretò Lily, poi
tutte e
tre tornarono verso il loro dormitorio. Forse, se avessero fatto in
fretta,
sarebbero riuscite a farsi la doccia e andare a cena ad
un’ora decente, tanto
per cambiare.
********
Charis sedeva
sui gradini della Guferia, aveva tra le mani una lettera
e la rigirava con aria assorta. Non sapeva se aprirla o meno; da un
lato
avrebbe finalmente scoperto se i suoi sospetti erano fondati, ma
dall’altro
quelle poche righe avrebbero potuto stravolgere la sua vita in modi che
ancora
erano fuori dalla sua comprensione. Sbuffò, insomma si stava
comportando come
una sciocca Tassorosso, così non andava per niente bene!
Tolse il sigillo di
ceralacca del San Mungo e ne estrasse il foglio di pergamena, la mano
che le
tremava leggermente mentre scorreva con lo sguardo quelle righe
compilate in
modo ordinato. Tanta cura e attenzione contrastavano incredibilmente
con il
contenuto assurdo di quella missiva. L’accartocciò
e la gettò nel cestino,
incastrando la testa tra le ginocchia e cercando di imporsi di non
scoppiare a
piangere.
Spazio autrice:
Lo so, sono
cattiva e voi mi odiate perché vi ho lasciato con la
suspance sul contenuto di quella lettera, ma fidatevi
l’attesa varrà la pena!
Dunque, come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto e che
vogliate
lasciarmi una vostra opinione. Al prossimo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 6 *** Salt meets Wound 1x05 ***
Salt meets Wound 1x05
Regulus si
guardava intorno, perplesso: “Dove accidenti si era cacciata
Charis?” Intravide Narcissa e Katherine sedute su uno dei
divanetti davanti al
camino, stavano chiacchierando di chissà cosa.
- Ragazze,
avete visto Charis? –
La mora lo
scrutò con un sopracciglio elegantemente inarcato: - Credevo
fosse con te, non la vedo da questo pomeriggio. –
- Hai provato a
vedere in biblioteca? – interloquì Narcissa.
- È
il primo posto in cui ho controllato, ma lì c’era
solo Severus, e
anche lui dice di non averla vista. –
Katherine e
Narcissa si scambiarono un’occhiata vagamente preoccupata:
non era da lei sparire senza dire dove fosse diretta.
-
Sarà sicuramente qui intorno. Dividiamoci e la troveremo nel
giro di
cinque minuti. – propose la Banks, spingendo via la borsa con
i libri e
alzandosi in piedi.
- Regulus, tu
cercala in giardino e nei sotterranei; io prendo i bagni
e le aule; Katherine, a te tocca la Guferia e le torri. –
ordinò Narcissa,
sfoggiando il tono imperativo che sembrava essere proprio dei Black.
Mentre annuiva,
Katherine si chiese distrattamente se ci nascessero con
quell’inclinazione spontanea al comando o se fosse solo
frutto della rigida
educazione che veniva loro impartita fin dai primi anni di vita. Si
divisero e
cominciarono a cercarla: il primo che l’avesse trovata
avrebbe immediatamente
provveduto ad avvertire gli altri due.
*****
Dorcas
era appena uscita dalla biblioteca; aveva finito di lavorare ad un tema
di Pozioni
particolarmente difficile e ancora adesso, mentre camminava, si
mordicchiava le
labbra cercando di decidersi a chiedere o meno aiuto a Lily. Era
davanti al
bagno dei ragazzi quando una mano dal colorito alabastrino le
afferrò il polso
e la trascinò dentro. Si lasciò sfuggire un
gemito di protesta, che venne
prontamente soffocato da un paio di labbra morbide, gelide e
assolutamente
familiari.
Evan. Certo, doveva aspettarsi che prima o poi si sarebbe rifatto vivo,
in fin
dei conti erano due giorni che non si prendeva il disturbo di farsi
sentire.
- Buonasera anche a te, Rosier. – commentò
sarcastica, quando il ragazzo
allentò la presa e le permise di separarsi da lui.
Evan inarcò un sopracciglio, in quella che aveva imparato a
identificare come
la sua espressione divertita, e le rivolse un sorriso sghembo.
- Sei in vena di convenevoli stasera? – replicò,
facendo leva con le braccia e
sedendosi sul bordo della finestra; gli occhi blu la scrutavano da capo
a
piedi, soffermandosi appena una manciata di secondi in più
del dovuto in
corrispondenza delle gambe lasciate scoperte dalla gonna della divisa.
Suo malgrado, Dorcas si ritrovò ad arrossire leggermente.
Dannazione, lei era
una Grifondoro, non avrebbe dovuto essere immune ai geni Serpeverde?
- Sei carina quando arrossisci, Meadowes. –
Allungò
una mano verso di lei e prese a giocherellare distrattamente con un
riccio
biondo.
Dorcas aveva scoperto che quel piccolo gesto sembrava avere un effetto
rilassante su Rosier, come se fosse una sorta di anti stress.
- Mi piacerebbe poter dire lo stesso, ma non ho mai avuto occasione di
verificarlo. – replicò, fissandolo con aria carica
di aspettativa.
Evan buttò la testa indietro, ridendo divertito.
- Non credo accadrà mai. – ammise, mentre Dorcas
annuiva come a confermare la
sua affermazione.
Già, in fin dei conti non era neanche sicura che lui potesse
arrossire.
Certo, fino a poco tempo fa non credeva neanche che fosse possibile
sentirlo
ridere, eppure era proprio quello che stava facendo in quel momento.
Evan la confondeva, e non ne aveva mai fatto mistero; in sette anni di
scuola
poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui lo aveva visto
esternare
una qualsiasi emozione, sembrava fatto di ghiaccio.
In effetti il paragone era calzante. Evan Rosier avrebbe
tranquillamente potuto
essere scambiato per una scultura di ghiaccio: la carnagione chiara, i
capelli
color dell’oro, gli occhi blu e quell’aria gelida.
Sì, avrebbe di sicuro fatto
la sua bella figura in un giardino di ghiaccio.
- A cosa pensi? – chiese, scrutandola con aria accigliata.
- Nulla d’importante. –
- Riguarda me? – insistè.
Dorcas annuì lievemente.
- Allora voglio saperlo. – decretò, scendendo dal
davanzale e avvicinandolesi.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
Ecco cosa mancava alla sua descrizione di Rosier: il suo despotismo.
- Non puoi obbligarmi a dirtelo se non ne ho voglia. –
- Andiamo, Meadowes, non fare la bambina, dimmi a cosa pensavi.
–
Gli lanciò un’occhiataccia; e così
faceva la bambina, e lui, che si impuntava
con delle pretese assurde, cos’ era allora?
- Non sono affari tuoi, Rosier. – decretò,
seccata, e fece per uscire dal
bagno.
Evan la afferrò nuovamente, stavolta trattenendola con
fermezza.
- Dove vai? –
- Vuoi sapere troppe cose. – gli fece notare, prima di
aggiungere, - Ora,
lasciami andare. –
Evan aggrottò la fronte, infastidito, ma fece come gli aveva
detto. Non si
sarebbe mai abbassato a chiederle di rimanere.
Soddisfatta, aprì la porta del bagno e fece per uscire, ma
poi, in un impeto di
infantilità, si volto a dirgli – Comunque, sto
andando a trovare Gideon e
Fabian. –
Detto ciò uscì, richiudendosi la porta alle
spalle; con la coda dell’occhio
osservò la reazione del ragazzo. Era una sua impressione o
c’era una certa
rigidità nel modo in cui Rosier serrava la mandibola?
Ormai
rimasto solo, Evan battè il pugno contro la porta del
cubicolo più vicino.
Dannazione, quando faceva così non la sopportava proprio.
In nome di Salazar, era mai possibile che i suoi ormoni avessero dei
gusti
tanto discutibili in fatto di ragazze? Hogwarts era piena di
studentesse che
sarebbero state ben felici di passare anche una manciata di minuti in
sua
compagnia e lui finiva con il sentirsi attratto dalla ragazza
più testarda e
insopportabile che avesse mai avuto la sventura d’ incontrare?
- Sto andando a trovare Gideon e Fabian. –
borbottò, in una buffa parodia.
Bene, per quanto lo riguardava, poteva tranquillamente rimanerci per il
resto
della vita con quei due. Rifiutato per un paio di Traditori del loro
sangue,
per di più Filobabbani: era una cosa inconcepibile.
Sbuffando, si passò una mano tra i capelli dorati,
scompigliandoli leggermente,
allentò il nodo della cravatta e si avviò verso i
sotterranei.
Stupida Meadowes, pensò, mentre saliva a passo di carica la
scalinata che
portava al dormitorio maschile. Chi diavolo pensava di essere per
sentirsi in
diritto di trattarlo con quell’accondiscendenza?
Si lasciò cadere sul letto a baldacchino, attirando
l’attenzione di Rabastan e Barty,
che stavano discutendo di chissà cosa.
- Brutta giornata? – azzardò Rabastan, voltandosi
verso di lui e scrutando il
volto imbronciato dell’amico.
- Pessima. –
- Di molte parole come al solito. – commentò il
cugino, uscendo dal bagno in
una nuvola di vapore.
- Non ti ci mettere anche tu, Rico. – ringhiò
Evan, lanciandogli
un’occhiataccia.
- Brrr, sto tremando di paura. – rise il moro, sgranchiendosi
la schiena in un
guizzare di muscoli e lasciandosi cadere affianco a lui.
- Alzati dal mio letto, sei fradicio. – protestò,
cercando di spintonarlo via,
ma senza riuscire ad ottenere grandi progressi.
-
Bella scoperta, sono appena uscito dalla doccia. –
replicò ironico, mettendosi
però a sedere e scrutandolo con attenzione.
- Allora, cosa ha combinato la Meadowes per farti incazzare?
– chiese,
trattenendo a fatica un sorriso davanti alla sua espressione stupita.
- La sopravvaluti, non è in grado di farmi incazzare
– replicò, deciso a negare
fino in fondo la realtà dei fatti.
Rico inarcò un sopracciglio, sbuffando incredulo.
- Ceeerto, come no, allora? –
- HapreferitoiPrewettame. - bofonchiò, il più
velocemente possibile.
- Ev, non ho capito una parola, cerca di usare una lingua comprensibile
al
genere umano. –
- Ho detto che ha preferito i Prewett a me. –
replicò esasperato.
- Uh, questo si che è grave, che affronto imperdonabile.
– lo prese in giro
Rico.
- Non sei di alcun aiuto, lo sai vero? –
- Lo so, ma in compenso mi sto divertendo molto. –
affermò, sotto gli sguardi
divertiti di Rabastan e Barty.
- Toglietemelo di torno o giuro che lo Schianto. –
borbottò Evan, alzandosi dal
letto e dirigendosi in bagno. Una bella doccia era quello che ci voleva.
Forse così sarebbe finalmente riuscito a togliersi di dosso
il nervosismo.
*****
Ci vollero
più di venti minuti prima che Katherine riuscisse a trovare
Charis. La bionda Serpeverde era seduta su uno dei gradini della
Guferia,
incurante del fatto che fossero le sette passate e che il vento di una
sera di
fine ottobre non fosse proprio un toccasana per la salute, gli occhi
verdi
erano lucidi e arrossati: segno che aveva pianto. Le si
avvicinò lentamente,
accarezzandole un braccio con delicatezza.
- Ah, sei tu.
– mormorò Charis, dopo un breve sussulto.
- Ti abbiamo
cercato per tutta la scuola, cos’è successo?
– le chiese,
sedendole accanto e asciugandole una lacrima che le solcava le guance
pallide.
- Non mi va di
parlarne. –
Katherine
annuì, leggendo in quegli occhi tutto ciò che
l’amica non si
sentiva abbastanza forte da confessarle: - D’accordo, se non
vuoi dirmelo non
fa niente, ma sappi che io ci sono. Capito, Chari, qualsiasi cosa sia,
io ci
sono. –
La bionda
annuì, lasciandosi abbracciare e alzandosi in piedi.
- È
tardi, dobbiamo andare a cena, e vi ho fatto preoccupare più
di
quanto fosse necessario. –
La Selwyn si
ricompose, tornando a indossare la consueta maschera
d’impenetrabilità.
C’era qualcosa però, Katherine se n’era
accorta perfettamente, di diverso in
lei. Era un dolore autentico, profondo, qualcosa che da sole era
impossibile da
affrontare e imparare a conviverci. Charis aveva lo stesso sguardo
spento che
lei aveva avuto quando Tyler era stato aggredito, lo stesso che le
tornava ogni
volta in cui si affrontava l’argomento famiglia.
Percorsero la
strada che le separava dalla Sala Grande in religioso
silenzio, incontrando lì fuori Narcissa e Regulus.
L’erede
dei Black si avvicinò immediatamente alla ragazza,
scrutandola
negli occhi.
- Si
può sapere dove ti eri cacciata? Mi hai fatto preoccupare.
–
esclamò, rendendosi conto solo in quel momento di
ciò che si era lasciato sfuggire.
Charis
recuperò un barlume del suo solito sarcasmo e gli rivolse un
sorrisetto malizioso: - Non dirmi che l’algido Regulus Black
ha appena ammesso
di preoccuparsi per qualcuno che non sia se stesso. –
Regulus le
rivolse un’occhiataccia: - D’accordo, lo ammetto,
ma che non
si sappia in giro. –
Le tre ragazze
scoppiarono a ridere, continuando a farlo finchè non
furono entrate nella Sala Grande. Vennero accolte da un silenzio di
tomba, poi
cominciò il mormorio: soffuso, proveniente da tutti i
tavoli, e diretto
inequivocabilmente verso uno di loro quattro.
L’unico
tavolo che non parlava era quello di Serpeverde, dove Rico ed
Evan erano riusciti a imporre la loro autorità, ma anche da
lì c’era chi
lanciava occhiate inequivocabili.
- Con chi ce
l’hanno? – domandò Narcissa, la voce
leggermente incerta.
Che la stronza del foglietto avesse deciso di far sapere della sua
relazione
clandestina a tutta la scuola?
Katherine
cercò di capire verso chi fossero puntate le centinaia di
paia d’occhi: - Credo ce l’abbiano con Charis.
–
La Selwyn
sussultò leggermente. Non era possibile che la cosa fosse
stata scoperta, lei stessa lo aveva saputo solo quel pomeriggio e non
l’aveva
detto a nessuno.
-
Bè, che avete da guardare? – esclamò,
sfoggiando il suo solito tono
freddo e indisponente.
-
Sarà ora che impari ad abbassare la cresta, dopotutto non
sei poi
così pura come pensano tutti… o forse
sì? Non credo che qualcuno qui possa
averne la certezza. – replicò una Corvonero del
quinto anno, facendo
ridacchiare un paio di sue amiche.
- Se proprio
devi costringerci a sentire quella tua insopportabile voce
gracchiante, Carrow, farai bene a parlare chiaro. –
ribattè Katherine. Non ci
voleva un genio per capire che doveva riguardare la cosa che tanto
turbava
Charis e di cui non aveva voluto parlarle.
-
D’accordo, Banks, parlerò chiaro. A quanto si
dice, la tua amichetta
non è una Selwyn, è stata adottata. –
Alecto
ghignò soddisfatta, godendosi l’attenzione
generale e ancor più
lo sguardo perso di Charis.
- Nella tua
inutile vita ne hai dette molte di stronzate, Carrow, ma
questa le batte tutte. – replicò tagliente
Narcissa, fissando la Corvonero con
disprezzo.
- Oh, ma ne ho
le prove: ecco qua. – ribattè, sventolando una
copia di
quella che era la lettera che il San Mungo aveva inviato; il fatto che
fosse un
test di paternità era palese, così come il
risultato: il DNA di Charis non
corrispondeva né a quello di suo padre né a
quello di sua madre.
- Come
l’hai avuta? – ringhiò Regulus,
strappandogliela dalle mani e
accartocciandola con violenza.
- È
stata recapitata a tutti i tavoli, proprio come la storia della
McDonald. – replicò per lei una ragazza dai
capelli e gli occhi neri, l’espressione
desolata nello sguardo.
Regulus la
riconobbe come Elizabeth Greengrass, la sorella quindicenne
di Eris.
Si
voltò verso Charis, per spiarne la reazione, ma
l’unica cosa che
potè vedere fu la porta della Sala Grande che si richiudeva
con uno schianto.
Uscì fuori, dirigendosi verso il giardino e trovando la
ragazza seduta a terra,
il volto tra le mani per nascondere il fatto che stesse piangendo. Le
sedette
accanto, cingendole le spalle con un braccio e attirandola a
sé.
- Da quanto lo
sapevi? –
- Da questo
pomeriggio, è per quello che non mi sono fatta vedere.
–
mormorò, la voce rotta dai singhiozzi.
- Avresti
dovuto dirmelo, avrei capito. –
Charis gli
rivolse un’occhiata penetrante: - Avresti capito, o meglio,
ora hai capito? –
Regulus
annuì: - Ho capito perché in questi giorni eri
così tesa,
nevrotica quasi, stavi aspettando questi risultati. Solo che avrei
voluto
esserci, aiutarti. Certo, ci sarò anche ora, ma non
è la stessa cosa: stiamo
insieme, no? Dovrei poter decidere se starti accanto e aiutarti in ogni
momento, non per ultimo. –
La ragazza lo
guardò da sotto il velo di lacrime, abbozzando un timido
sorriso: - Quindi stiamo insieme? –
Le prese la
mano, depositandole un lieve bacio sul dorso, poi intrecciò
le dita alle sue: - Dopo tutta la fatica che ho fatto per farmi
considerare da
te, Charis? In nome di Salazar, certo che stiamo insieme! –
Si sorrisero,
annullando la poca distanza che li separava e baciandosi
dolcemente.
Loro due
stavano insieme, avrebbero affrontato la questione della vera
identità della sua famiglia senza separarsi. Aveva il suo
appoggio, quella era
l’unica cosa veramente importante.
Spazio autrice:
Ecco qual
è il segreto della nostra Charis: in realtà
è stata adottata!
Allora, avete apprezzato la reazione del nostro bel Reg? Forse
è un tantino OOC
o un po’ forzata considerando il fatto che i Black non sono
proprio degli
esperti nell’esternare i sentimenti, ma ho pensato che dato
il momento fosse
necessaria un po’ di dolcezza. Spero che questo capitolo vi
sia piaciuto, come
sempre vi invito a lasciare un vostro parere e ringrazio chi: segue,
preferisce, ricorda, recensisce o semplicemente fa parte della schiera
dei
lettori silenziosi. Un grazie di cuore a tutti voi. Al prossimo
capitolo.
Baci baci,
Fiamma Erin
Gaunt
|
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Capitolo 7 *** Save the Date 1x06 ***
Questo
capitolo è dedicato
a Sorting Hat come ringraziamento per tutte le meravigliose recensioni
che ha
scritto nel corso dei capitoli di questa storia. Grazie di cuore, fa
sempre
piacere sapere che c’è chi apprezza ciò
che scrivo.
Save the date 1x06
La mattina
seguente Hogwarts aveva già dimenticato la rivelazione del
giorno precedente; o meglio, c’era ancora chi commentava
malignamente e
lanciava occhiatine impertinenti all’indirizzo di Charis, ma
l’argomento del
giorno era un altro: la prima uscita dell’anno ad Hogsmeade,
tanto più perché
essa coincideva con il giorno precedente alla festa di Halloween.
Insomma, era
l’occasione giusta per procurarsi un partner e un vestito che
avrebbe lasciato
tutti senza fiato. Per tutti, tranne che per i giocatori della squadra
di
Quidditch di Serpeverde; già perché a nulla erano
serviti i commenti indignati
dei componenti della formazione, che più che per il week end
di libera uscita
erano preoccupati per le reazioni delle loro ragazze quando avessero
saputo che
no, non le avrebbero accompagnate al villaggio. Rico era stato
irremovibile:
chi non si fosse presentato all’allenamento avrebbe liberato
il proprio posto
in squadra per qualcun altro che lo desiderava sul serio.
- Rico
è un vero e proprio dittatore, farci allenare anche quando
tutti
gli altri sono in giro a divertirsi. – borbottò
Mason, recuperando le
protezioni e la mazza da Battitore.
Robert, al suo
fianco, annuì energicamente e cominciò a
stringere le
cinghie dei suoi guantoni da Portiere.
- Avery, Nott,
piantatela o userò quei manici di scopa per qualcosa di
gran lunga meno piacevole. –
La velata
minaccia del Capitano li zittì all’istante,
spingendoli a
dirigersi controvoglia verso il campo.
- Hanno
ragione, sai, sei un despota senza cuore. – lo
stuzzicò
Katherine, ricevendo per tutta risposta una scherzosa pacca sul sedere.
- Fila ad
allenarti, Cacciatrice dei miei stivali. –
-
Sì, signor Capitano. –
Gli rivolse un
beffardo saluto militare e raggiunse il resto della squadra.
Rico attese che
anche Evan fosse pronto e insieme si diressero al
centro del cerchio che avevano formato i ragazzi: - Allora, so che la
cosa non
vi piace per niente, ma dopo queste due ore potrete andare a girare per
le
strade mano nella mano e fare tutte quelle altre cose sdolcinate che vi
piacciono tanto. Il campionato inizia sabato prossimo e credo sia
superfluo
dire che l’idea di perdere anche solo una partita non è minimamente
contemplata, quindi montate su
quelle scope e datevi da fare o, quanto è vero che mi chiamo
Rico Wilkes, avrò
la vostra testa al termine del campionato. – concluse,
lanciando occhiate
gelide tutt’intorno. Il messaggio era chiaro a tutti: non
stava affatto
scherzando.
Con un sospiro,
Robert volò davanti agli anelli, mentre Rabastan e
Mason si posizionavano ai lati, Regulus svettava sopra tutti e Rico
formava il
tridente d’attacco insieme ad Evan e Katherine. Un lieve
fischio diede l’ordine
a Charis, che attendeva che Regulus finisse di allenarsi per andare
insieme ad
Hogsmeade, di liberare le varie palle. Fatto ciò la ragazza
raggiunse sugli
spalti Narcissa, che osservava l’allenamento con aria
annoiata.
- Speriamo che
finiscano presto, o quando arriveremo ad Hogsmeade i
vestiti più belli saranno già stati presi.
– mormorò la Black, torturandosi il
labbro come se il pensiero di essere costretta a indossare gli scarti
di
qualcun altro le facesse venire gli scompensi.
- Vedrai,
riusciremo a fare in tempo. A proposito, con chi hai
intenzione di andare al ballo? – aggiunse incuriosita.
Narcissa
sospirò, la condizione di fidanzata ufficiale di Malfoy le
pesava enormemente: - Con Rabastan, anche lui non può
andarci con nessun’altra
visto che Melissa non è a Hogwarts. –
Charis le
rivolse uno sguardo solidale: comprendeva perfettamente la
frustrazione della ragazza, visto che di solito avrebbe avuto stuoli di
cavalieri pronti a farsi in quattro per accompagnare la più
bella delle sorelle
Black.
- Oh, non
farmici pensare. Torniamo alle cose importanti: che colore,
blu o argento? – domandò, riferendosi chiaramente
all’abito che avrebbe
indossato.
- Direi
argento, saresti una perfetta Dama Grigia. –
Narcissa
annuì convinta, le piaceva l’idea di impersonare
un fantasma
giovane e bellissimo come quello della torre dei Corvonero.
- Hai
già pensato al tuo di vestito? –
- Non ancora,
pensavo a una delle muse. –
Gli occhi blu
della Black s’illuminarono: - Ce l’ho. So quale
dovresti
essere: Urania, la musa dell’Astronomia. –
Sì,
l’idea era sensata: lei adorava l’astronomia, la
stessa Sinistra le
aveva sempre detto che quello sarebbe stato un ottimo campo in cui
specializzarsi.
-
Sì, mi piace. – approvò con un sorriso.
E anche il
problema del vestito era stato risolto. Forse, dopotutto, le
cose avrebbero cominciato ad andare per il verso giusto,
pensò Charis, tornando
a osservare gli allenamenti.
*****
Erano passate
due ore da quando avevano finito di allenarsi e Rico,
dopo aver declinato l’invito ad andare a Hogsmeade con Evan e
Rabastan, si era
diretto in biblioteca. Di solito non frequentava molto quel luogo, non
gli
piaceva che la gente pensasse che era un secchione e a dir la
verità non gli
importava poi molto dei voti; la sua vita sarebbe stata il Quidditch,
malgrado
i suoi genitori non fossero affatto d’accordo. Aveva deciso
così, era la sua
vita; punto, fine della discussione. Comunque restava il fatto che
doveva
finire un tema per la McGranitt e non aveva la minima idea di cosa
fosse la
roba su cui doveva scrivere, quindi l’incontro con quel luogo
nefasto era
inevitabile.
Rimase sorpreso
non appena ebbe varcato la soglia. Era convinto che
fossero tutti andati a trascorrere il sabato all’aria aperta,
invece c’era una
ragazza seduta a uno dei tavoli, immersa nella lettura di un tomo
dall’aria
imponente e a dir poco polverosa. La divisa rivelava chiaramente che
fosse una
Corvonero. Qualcosa di familiare in quella chioma corvina lo spinse ad
avvicinarsi e prendere posto al suo stesso tavolo. La ragazza
alzò lo sguardo e
arrossì di botto. Ecco, ora che la vedeva bene si ricordava
chi fosse; era la
sorellina di Eris… Com’è che si
chiamava? Ah, sì, Elizabeth.
- Ciao
Elizabeth, non ti disturbo vero? –
La Corvonero
avvampò ancora di più.
Ok, ora era
ufficialmente confuso: perché arrossiva come un peperone,
aveva forse sbagliato nome?
- Ti chiami
Elizabeth, giusto? – domandò, tanto per averne la
conferma.
-
S-sì, è solo che non mi aspettavo che sapessi chi
fossi. – mormorò.
Ah, ora era
tutto chiaro. Elizabeth Greengrass doveva appartenere alle
schiere delle Nerd Corvonero; tipologia piuttosto comune, anche se non
erano in
molte ad avere un viso così bello, né delle gambe
così sexy, considerò,
lanciando un’occhiata alla porzione di pelle lasciata esposta
dalla gonna della
divisa.
Elizabeth
seguì il suo sguardo e arrossì ancora di
più: sembrava
diventata un pomodoro umano. In circostanze di quel tipo si sarebbe
messo a
ridere senza ritegno, divertito dall’imbranataggine della
ragazza in questione,
ma lei gli suscitò un senso di tenerezza.
- Come mai te
ne stai chiusa qui dentro invece di essere in giro per
Hogsmeade a cercare un vestito o roba simile? –
Elizabeth lo
fissò con aria divertita: - Lo dici come se fosse scontato
che una ragazza vada a fare shopping prima di ogni ballo. –
-
Perché, vorresti farmi credere che non è
così? –
Scosse la
testa: - No, in linea di massima hai ragione, ma se al ballo
non ci vai non ti poni neanche il problema dell’abito, no?
–
Rico
avvertì una nota di delusione nella sua voce.
- Andiamo, vuoi
farmi davvero credere che nessuno ti abbia chiesto di
andarci con lui? No, perché te lo dico fin da subito, non ci
credo. – affermò,
lasciando che nel suo sguardo trasparisse il giudizio che aveva nei
suoi
confronti: era bella, non una di quelle bellezze prorompenti e procaci,
ma
questo non toglieva il fatto che lo fosse.
Elizabeth
arrossì nuovamente: - In realtà mi hanno invitato
un paio di
ragazzi, ma ho detto di no. –
- Come mai?
–
Non sapeva da
cosa nascesse quel desiderio di farle domande, ma quella
ragazza lo incuriosiva e voleva davvero riuscire a capirla meglio.
-
Perché tra di loro non c’era il ragazzo che mi
piace. – ammise,
desolata.
-
Bè, chiunque sia, deve essere proprio un idiota. –
affermò solennemente.
Elizabeth
inarcò un sopracciglio e rise divertita: - Sì,
credo che un
po’ lo sia. –
Rico spinse via
i libri, attirandosi le occhiatacce della Pince che non
tollerava quella somma noncuranza nei confronti di quelle che per lei
erano
vere e proprie reliquie.
- Vieni,
andiamo. – decretò, prendendola gentilmente per un
braccio e
costringendola ad alzarsi.
Lo
fissò perplessa: - Dove è che dovremmo andare?
–
- Ad Hogsmeade,
ovviamente, avrai bisogno di un vestito per domani. –
-
Ma… ti ho già detto che non ho intenzione di
andarci. – gli fece
notare.
- Oh, tu ci
verrai eccome, anche a costo di portartici di peso. –
In un misto di
rassegnazione e divertimento, Elizabeth recuperò la sua
borsa e lo seguì docilmente. Oltrepassarono il cancello
sotto la sorveglianza
di Gazza e s’incamminarono tra le viette del villaggio.
- Ok, non me ne
intendo molto di negozi femminili, perciò dovrai essere
tu a farmi strada. – ammise Rico, invitandola a prendere il
comando di quella
che era a tutti gli effetti una vera e propria “spedizione
d’emergenza pre
ballo”.
Elizabeth
ridacchiò e, prima ancora di pensare a ciò che
stava per
fare, si ritrovò ad afferrare la mano del ragazzo al suo
fianco e a stringerla
con delicata fermezza.
-
Così non corro il rischio di perderti per strada.
– mormorò, mentre
sentiva le guance arrossarsi sotto il peso di quello sguardo penetrante.
Rico non
trovò nulla da ribattere, anche se doveva ammettere che era
una sensazione strana quella di passeggiare mano nella mano con una
ragazza,
per di più se si trattava di una tipa che aveva conosciuto
meno di un’ora
prima. Si lasciò condurre in una piccola boutique, piena di
abiti di tutti i
toni dell’arcobaleno, in cui si ritrovarono faccia a faccia
con Katherine e le
altre due Serpeverde.
- Rico, credevo
che saresti rimasto al castello. – commentò
stupita la
Banks, soffermandosi sulle mani intrecciate del Capitano e della
Corvonero
accanto a lui.
- Cambio di
programma, devo scegliere il vestito per la mia dama. –
replicò scrollando le spalle, come se non fosse nulla di
speciale quello che
stava facendo.
Narcissa
osservò con più attenzione la ragazza, che doveva
essere al
quinto anno proprio come Charis: - Sbaglio o tu sei la sorellina di
Eris
Greengrass… Beth, no, Elsie. –
- Elizabeth.
– la corresse gelidamente.
-
Bè, fa lo stesso, non posso mica ricordarmi tutti i nomi
delle
ragazze della scuola. –
Charis
intervenne, ammonendo l’amica con un’occhiataccia e
rivolgendo
un sorriso di scuse alla Corvonero.
- Perdonala,
quando si tratta di shopping diventa scortese e nevrotica.
–
Elizabeth si
trattenne dal replicare che Narcissa Black era scortese e
nevrotica con tutti quelli che non facevano parte della sua piccola
cricca
praticamente trecentosessantacinque giorni l’anno e
adottò un’espressione
imperscrutabile che le parve un ottimo compromesso.
-
Sarà il caso di passare al prossimo negozio, o Cissa
sbranerà la
prossima commessa che dirà di non avere un abito di puro
argento. – commentò ironicamente
Katherine, rivolgendo un cenno di saluto ai due e trascinandosi dietro
la
Selwyn e la Black.
- Prova questo.
– decretò d’un tratto Rico, porgendole
un abito azzurro
chiaro dal corpetto delicatamente intarsiato e la gonna in seta e tulle
che le
arrivava alla caviglia; completavano il tutto un paio di maniche in
tulle che
le nascondevano completamente le mani.
- Un vestito da
ninfa? – domandò dubbiosa.
- Certo,
potresti essere la ninfa Filonome dal momento che io sarò
Ares. –
Elizabeth
osservò ancora il vestito per un paio di secondi, poi si
decise: - D’accordo, lo provo ma non garantisco nulla.
–
S’infilò
nel camerino, riemergendone una decina di minuti più tardi.
Il
vestito la fasciava più di quanto pensasse, ma riusciva
comunque a camminare
agevolmente. Alzò timidamente lo sguardo e si godette
l’espressione sul volto
del ragazzo di fronte a lei.
- Fantastica.
– decretò Rico, prendendola per mano e facendole
fare una
piroetta.
La ragazza
rise, in un misto di divertimento e compiacimento: -
D’accordo,
mi hai convinto, lo prendo. –
Pagarono il
conto e si diressero verso i Tre Manici di Scopa. Erano
appena entrati nel locale quando li videro, seduti a un tavolo
leggermente in
disparte e intenti a chiacchierare: Eris e Fabian.
Elizabeth
notò il modo in cui lo sguardo di Rico si era incupito, era
il genere di espressione che assumeva quando si preparava a fare a
botte, e
decise di prendere in mano la situazione. Si alzò in punta
di piedi e gli
mormorò all’orecchio, fingendosi più
complice del dovuto a beneficio degli
spettatori: - Vienimi dietro, ci penso io. –
-
D’accordo. – le sussurrò a sua volta.
Elizabeth
buttò la testa all’indietro e ridacchiò
civettuola,
assicurandosi che il suono della sua risata giungesse fino al tavolo
dove erano
seduti i due ragazzi. Eris alzò lo sguardo, mentre negli
occhi color ghiaccio
passava un lampo di sconcerto misto a irritazione. Che accidenti ci
faceva
Wilkes insieme alla sua sorellina, impegnato in quello che agli occhi
di tutti
sembrava chiaramente un appuntamento?
- Allora, a che
ora passi a prendermi domani sera? – domandò
Elizabeth,
sempre tenendo la voce più alta del solito e scegliendo un
tavolino non molto
distante da quello della sorella. Le rivolse persino un cenno di
saluto,
accompagnato da uno dei soliti sorrisi sghembi di Rico.
- Per le sette,
e cerca di non farmi aspettare troppo, dolcezza. –
replicò, dandole un buffetto sul naso e facendola ridere.
Dal tavolo
dietro al loro provenne chiaramente il rumore di una sedia
che veniva spostata con forza: - Andiamo, Fabian, qui dentro
l’aria sta
diventando decisamente irrespirabile. – decretò la
maggiore delle Greengrass,
puntando verso l’uscita e trascinandosi dietro uno
sconcertato Prewett.
- Ecco fatto,
se ne sono andati. – commentò allegramente
Elizabeth,
mentre Rosmerta serviva le loro ordinazioni: un Idromele e una
Burrobirra.
Passarono il
resto del pomeriggio chiacchierando amichevolmente finchè,
poco prima dell’ora di cena, Rico la riaccompagnò
alla sua Torre e fece per
raggiungere i suoi amici per la cena.
Aveva appena
svoltato l’angolo quando s’imbattè
nell’ultima persona che
aveva voglia di vedere: Eris.
- Quindi quello
di oggi con mia sorella era… un appuntamento? –
esordì incerta.
- Come siamo
formali, però suppongo si possa definire tale… Ti
da
fastidio che esca con lei? –
Si prese un
paio di secondi prima di ribattere, cercando di mantenere
la voce decisa come al solito: - Dovrebbe? –
Rico trattenne
un sorrisetto divertito, e così voleva giocare.
- Non lo so,
dimmelo tu. –
- No.
–
Bugia, era
palese che stesse mentendo.
- E a te da
fastidio che a me non dia fastidio? – aggiunse.
Bè
quella era una domanda facile, avrebbe persino potuto rispondere con
assoluta sincerità, ma decise di continuare quel gioco
ancora un po’.
- Dovrebbe?
–
Eris non
riuscì a trattenere un accenno di sorriso, ma si
affrettò a
tornare immediatamente seria: - Non lo so, dimmelo tu. –
- No, non mi da
fastidio. –
- Bene.
–
- Bene.
–
- Benissimo.
–
- Dobbiamo
continuare ancora per molto? Sai, i ragazzi mi aspettano e
avrei una certa fame. – intervenne Rico.
Eris si fece da
parte, permettendogli di passare: - Prego. –
- Gentilissima.
– replicò ironicamente, rivolgendole un beffardo
accenno d’inchino e continuando la sua avanzata verso i
sotterranei.
Sembrava che
per una volta i loro scontri avessero registrato un
pareggio.
Spazio autrice:
Ecco il nuovo
capitolo, tutto per te Sorting visto che so quanto ti
piace questa coppia. Spero che anche agli altri lettori sia piaciuto.
Al
prossimo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 8 *** The Prom 1x07 ***
The
Prom 1x07
- Eris. Ehy,
Eris, mi stai ascoltando? –
Celeste le
sventolò una mano davanti agli occhi, ma non ottenendo
risposta decise di provarne a seguire lo sguardo. Puntava dritto verso
Wilkes,
intento a chiacchierare con una moretta dall’aria familiare;
ci mise un paio di
secondi prima di capire che lei quella ragazza la conosceva eccome.
- Per il
diadema di Priscilla Corvonero, ma quella è Elizabeth!
–
In quel momento
Eris parve tornare in sé e annuì con aria
visibilmente
irritata.
-
Già, pare che abbiano iniziato a uscire insieme, li ho
incontrati
ieri ai Tre Manici di Scopa. –
- Un
appuntamento… lui? – domandò incredula,
fissandolo mentre rideva e
scherzava con Elizabeth.
-
Così pare, piuttosto, con chi vai al ballo questa sera?
– domandò,
cercando di cambiare discorso. Il fatto che Rico stesse frequentando
sua
sorella la mandava in bestia anche perché era abbastanza
sicura del fatto che
lo stesse facendo proprio per quel motivo e l’arrabbiarsi in
quel modo non
faceva altro che provare il fatto che lui non le sarebbe mai stato del
tutto
indifferente.
- Ci
andrò con Jack Baston, me lo ha chiesto ieri sera e non ho
trovato
un motivo per rifiutarlo. – confessò, anche se
dentro di se si sentiva
tremendamente in colpa. Il che era ridicolo, insomma non sarebbe certo
potuta
andarci con Marcel e tutte le sue amiche avevano un cavaliere, avrebbe
fatto la
figura della stupida presentandosi da sola.
- Tu ci vai con
Fabian? – aggiunse, cercando di distogliere
l’attenzione da lei e dal suo cavaliere.
Eris
annuì: - Sì, ma ieri abbiamo chiarito e convenuto
di essere solo
amici. –
- Di che
parlate… ma quella con Wilkes non è tua sorella?
– esclamò
Mary, con un tono di voce abbastanza alto perché il diretto
interessato la
sentisse e si voltasse verso di loro; le abbagliò con un
sorriso arrogante e un
lieve occhiolino.
La maggiore
delle Greengrass la fulminò con un’occhiataccia: -
Sì, è
lei, ma devi proprio farti sentire da metà Sala Grande?
–
- Scusami,
è che ero sorpresa. Allora, di che parlavate? –
- Dei nostri
cavalieri, Eris andrà con Fabian e io alla fine ho
accettato l’invito di Baston. – replicò
Celeste, arrossendo davanti all’euforia
dell’amica.
-
Sì, finalmente degni di un’occhiata il nostro
Portiere. Godric, ti
ringrazio per averle finalmente aperto gli occhi su che gran figo sia
quel gran
bel figliolo di Jack Baston. –
- Tu,
piuttosto, con chi ci vai? –
Mary le rivolse
un sorrisetto che la diceva lunga: - Ma ovviamente con
il mio degno compare, il caro buon vecchio Sirius. –
- Dorcas va con
Gideon… e Lily? – considerò Eris,
chiedendosi
distrattamente se la sua rossa amica avesse finalmente deciso di
accettare uno
degli innumerevoli ed esasperanti inviti di Potter. Nah, era Halloween
non la
Fine del mondo.
- Lily
andrà con Remus. –
Già,
saggia e prevedibile scelta.
- A proposito
di Remus, qualcuna di voi l’ha visto? –
interloquì James,
appena giunto davanti alle ragazze con un’espressione
malandrina dipinta sul
volto. Stava macchinando qualcosa, era più che ovvio.
- No, Capitano.
Come mai lo cerchi? – replicò incuriosita Mary.
- Semplice,
devo ucciderlo. –
Le ragazze
scoppiarono a ridere.
- Qualcosa mi
dice che hai saputo che Lily andrà al ballo con lui.
–
James
annuì, risentito: - Certo, ho appena scoperto che quel
lupastro è
uno sporco traditore e come tale merita la morte per mano mia, James
Potter il
Magnifico. –
A quelle parole
risero ancora di più. Quando ci si metteva James
riusciva sempre a dire o fare qualcosa di incredibilmente stupido.
- Ok, allora
scusaci ma ti lasciamo alla tua operazione omicida. Buona
fortuna, Capitano. – gli augurò la McDonald,
guidando le amiche verso Lily e
Dorcas che erano appena entrate.
*****
Remus
era seduto sulla riva del Lago Nero, il libro di Incantesimi appoggiato
sulle
gambe e la bacchetta che si muoveva nell’aria, mentre a mezza
bocca ripeteva
l’incanto che doveva memorizzare. Stava quasi per riuscire ad
eseguirlo
correttamente, quando un paio di mani morbide e delicate gli coprirono
gli
occhi.
- Indovina, chi sono? –
Si prese un paio di secondi, facendo finta di aver bisogno di tempo per
rifletterci.
- Ehm… Lily? – tentò, ironico.
Un lieve buffetto dietro al collo fu la risposta che ottenne.
- Sei tremendo, Lupin, come puoi paragonarmi alla Evans? –
esclamò, sedendogli
accanto e guardandolo come se l’avesse appena offesa
mortalmente.
Il ragazzo la guardò in tralice, leggermente seccato
dall’acidità di quella
risposta.
- Scusa, dimenticavo che non sopporti che venga toccata la tua
preziosissima Lily. –
Il sarcasmo con cui pronunciò quella frase lo spinse a
voltarsi completamente
verso di lei.
- Non è la mia Lily, è solo
una mia cara amica. –
- E io invece non sono tua amica. –
Remus corrugò la fronte, non capiva dove volesse andare a
parare.
- Certo che lo sei, ma cosa c’entra? –
Narcissa gli rivolse un sorrisetto malizioso: - No che non lo sono,
altrimenti
non potrei fare questo. –
Si
chinò verso di lui e gli catturò le labbra in un
lungo e passionale bacio.
Ricambiò con trasporto, sorridendo a mezza bocca quando lei
gli sussurrò, a
fior di labbra, - In realtà sono qui anche per dovere, non
solo per piacere. -
Ecco,
finalmente metteva le carte in tavola. In un anno di frequentazione
clandestina
aveva imparato a conoscerla bene. Quando sorrideva in quel modo
c’era da
iniziare a preoccuparsi, perché era allora che usciva il suo
lato Serpeverde.
- Di cosa si tratta? –
- Una cosa da niente, ti chiedo solo di darmi una mano con il tema di
Storia
della Magia. – replicò, ravviandosi i boccoli
biondi e rivolgendogli il suo
miglior sguardo da cerbiatta.
- Sei un’approfittatrice, te l’hanno mai detto
Black? – replicò ironicamente.
-
Sì, ma posso sempre offrirmi di pagare in natura, se
può interessarti. –
Deglutì
davanti a quelle labbra che sembravano quasi gridare di baciarle
nuovamente e
non smettere mai di farlo.
-
Io… Sì, credo che non ci siano problemi.
– acconsentì, imponendosi di tenere a
bada i battiti del suo cuore, che davanti al sorriso di Narcissa
avevano preso
ad accelerare.
- Perfetto, allora dopo il ballo ci accorderemo per le
modalità di pagamento,
diciamo verso mezzanotte. Non fare tardi. –
sussurrò, dandogli un buffetto
sulla guancia e tornando verso l’atrio della scuola.
Remus
si lasciò sfuggire un sospiro: quella ragazza gli avrebbe
fatto prendere un
infarto prima o poi, ne era più che sicuro.
Stava
per rimettersi a studiare quando un esagitato James giunse alla carica
e si
lanciò contro di lui. Ebbe appena il tempo di ripararsi il
volto che si ritrovò
steso sull’erba, con il tutt’altro che delicato
gomito del suo amico piantato
in un fianco.
-
Mi stai uccidendo, James. – mormorò, cercando di
impedirsi di morire soffocato.
-
Bene, è proprio quello che voglio, infido traditore di un
lupastro. – replicò,
ma si sollevò quanto bastava per permettergli di tornare a
respirare.
Ok,
il Cercatore dei Grifondoro era completamente impazzito.
-
Esattamente, cosa avrei fatto per meritare tutti questi complimenti?
–
James
lo fissò indignato: adesso si metteva anche a fare il vago.
-
Vai al ballo con la mia futura moglie nonché madre dei miei
figli, ecco cosa! –
esclamò.
Remus
scoppiò a ridere: - Ah, ma è per questo.
L’ho fatto solo per impedire che
qualcun altro la invitasse, Ramoso, dovresti saperlo che per me
è come una
sorella. –
Il
moro lo guardò dubbioso, puntandogli minacciosamente un dito
contro e
sussurrando con un tono che voleva essere minaccioso: - Ne sei
assolutamente
sicuro, Remus Lupin? –
-
Assolutamente. –
-
Non sfiorerai la mia Lilyna più di quanto sia strettamente
necessario? –
-
No, James. –
-
E vigilerai su di lei e su tutti quei viscidi individui che proveranno
a
chiederle di ballare? –
-
Certamente. –
-
Bene, in tal caso sarai il mio testimone alle nostre nozze, ma non
dirlo a
Sirius… il cagnaccio è ancora convinto di essere
lui il prescelto. – aggiunse,
chinandosi a sussurrargli l’ultima parte
all’orecchio con fare da cospiratore.
-
Porterò il segreto nella tomba. –
assicurò.
-
Molto bene, il mio lavoro qui è finito, ci vediamo a pranzo.
–
Lo
osservò allontanarsi con aria decisamente ringalluzzita e
alzò gli occhi al
cielo, sospirando platealmente: lui non aveva degli amici, aveva dei
pazzi
evasi dal San Mungo.
*******
Katherine
era appena uscita dalla lezione di Difesa Contro le Arti Oscure e
doveva
ammettere che tutto sommato quella giornata stava procedendo alla
grande: era
riuscita a racimolare una decina di punti per la sua Casa, aveva
ricevuto la
risposta di Tyler che le assicurava che tutto stava andando bene dagli
zii e
sembrava che non fossero previste catastrofi o crisi almeno per quel
giorno.
Ovviamente
si sbagliava. Ne ebbe la conferma quando incrociò lungo il
corridoio Sirius
Black, visibilmente perso in chissà quali strani pensieri.
-
Cosa c’è Black, hai perso il cervello e lo stai
cercando? Ti do una brutta
notizia, puoi fermare le ricerche: non lo hai mai avuto. –
-
Ma come siamo dolci Banks, dimmi, sei proprio sicura di non essere per
metà
Banshee? –
Gli
rivolse una linguaccia, gesto infantile ma che le venne spontaneo.
-
Complimenti, molto matura. –
-
Mi adeguo al livello mentale di quelli che ho davanti. – lo
rimbeccò.
Sirius
si portò una mano sul cuore, fingendo
un’espressione terribilmente sofferente:
- Ehy, così mi ferisci, sul serio. –
-
Idiota. – borbottò, cercando di soffocare un
accenno di risata.
La
cosa non sfuggì al bel Malandrino che replicò,
con l’aria di chi la sapeva
lunga: - Un idiota che ti fa ridere, però. –
-
Sai cosa, hai ragione, saresti perfetto come buffone di corte.
–
-
E tu saresti una perfetta regina: glaciale e bellissima. –
Katherine
lo fissò perplessa, non capiva se fosse serio o la stesse
semplicemente
prendendo in giro. Nel dubbio rimase in silenzio, limitandosi a
scrollare le
spalle.
-
Allora, la mia regina accetta una sfida per questa sera? –
Si
prese un paio di minuti per studiarlo con attenzione, quel ghigno non
prometteva nulla di buono.
-
Che sfida? –
-
Ah, no, prima accetta e poi te lo dico. –
-
Come faccio ad accettare qualcosa che non so cosa sia? –
-
Non dirmi che hai paura. – la provocò, mentre il
ghigno si allargava ancora di
più.
Katherine
alzò gli occhi al cielo. Lei non aveva paura di nulla,
tantomeno di uno sciocco
donnaiolo da strapazzo come Black: - Ok, ci sto. –
-
Dovrai riuscire a riconoscermi tra tutti gli altri studenti entro la
mezzanotte. –
-
E se ci riesco? –
-
Se ci riesci esaudirò un tuo desiderio ma se fallirai,
perché fallirai ne sono
sicuro, allora sarò io ad avere diritto a un desiderio.
– le spiegò.
Punta
sull’orgoglio non ci pensò neanche per un secondo
e annuì con decisione: -
Perfetto, Black, abbiamo un accordo. –
Si
strinsero la mano con solennità e poi ognuno riprese a
camminare in direzioni
opposte.
Spazio autrice:
Scusatemi per
l’attesa, ma l’università e gli esami mi
hanno portato
via un sacco di tempo. Ad ogni modo, eccomi nuovamente tra voi con il
nuovo
capitolo. Spero che vi sia piaciuto e vi invito come sempre a lasciare
un
commentino. Al prossimo capitolo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 9 *** The Prom II part 1x08 ***
The Prom II part
1x08
La Sala Grande
era stata decorata in modo sontuoso quella sera e la
maggior parte dei ragazzi erano già arrivati quando Regulus
e Charis fecero il
loro ingresso; il primo indossava una fedele riproduzione della cotta
di maglia
di Febo Apollo e la seconda era assolutamente splendida avvolta nel suo
abito
blu mezzanotte adorno di lustrini argentati che creavano
l’illusione che fosse
ricoperta da un cielo stellato. Percorsero la strada che li separava
dai piccoli
divani della zona privè che era stata allestita per
l’occasione sforzandosi di
ignorare le chiacchiere che accompagnavano il loro passaggio.
- Lasciali
perdere, non conosco un solo ragazzo che non sarebbe più che
felice di averti al suo fianco, sei stupenda. – le
sussurrò, chinandosi ad
accarezzarle il lobo con le labbra.
Charis
avvertì un brivido correrle lungo la schiena. Regulus le
aveva
fatto quell’effetto fin dal primo momento in cui erano stati
abbastanza vicini
per potersi anche solo sfiorare e lo sguardo che le aveva rivolto
lasciava
chiaramente intendere che la sua reazione non era passata inosservata e
che era
largamente condivisa anche da lui.
- Forse
è il caso che vada a prendere qualcosa da bere, comincia a
fare
caldo qui. – mormorò, imponendosi di mantenere la
calma e fare sfoggio di tutto
l’autocontrollo che i suoi genitori gli avevano insegnato fin
da piccolo.
- Certo, io
raggiungo Narcissa e Rabastan. – replicò,
indicando con un
cenno del capo i due amici.
La rampolla di
casa Black era a dir poco incantevole nelle vesti della
Dama Grigia e anche il giovane Lestrange faceva la sua gran figura
nelle vesti
di Ker, la personificazione della morte in battaglia. Non appena li
ebbe
raggiunti, Narcissa le rivolse un sorriso artificioso, il genere che
sfoderava
sempre quando si trovava a quegli eventi mondani e che era
incredibilmente
diverso da quello solare e ironico con cui abbagliava le persone che le
erano
abbastanza vicine da poter essere considerati suoi intimi.
- Sei divina,
oh Urania. – commentò Rabastan, baciandole
delicatamente
il dorso della mano, senza il solito tono frivolo e malizioso che lo
contraddistingueva. Sembrava stranamente serio e composto mentre
osservava la
folla danzante… in effetti la sua espressione poteva essere
definita solo in un
modo: contrariata.
Provò
a seguirne lo sguardo, ma le coppie sulla pista erano molte e non
aveva idea di chi potesse aver suscitato il suo scontento. Nel
frattempo
Regulus tornò con due calici di Idromele. Lo
sorseggiò lentamente e scandagliò
la sala alla ricerca di volti noti. La maggior parte indossava una
maschera
quindi si trattava di un compito quasi impossibile carpirne le
identità.
Era abbastanza
certa che la Greengrass fosse la Dea della Discordia,
una scelta non molto originale ma era di forte impatto avvolta in
quell’abito
color ghiaccio che la fasciava mettendone in risalto le curve e
lasciando molto
poco all’immaginazione; la Evans era una delle poche, insieme
alla McDonald, a
non indossare alcun ornamento che ne celasse il volto. Se la memoria
non
l’ingannava dovevano essere due delle tre Grazie mentre la
Persefone al loro
fianco e il delicato spirito della saggezza, con il volto celato da un
velo
d’organza, dovevano essere la Meadowes e la Zabini. Quindi le
Corvonero e le
Grifondoro erano state tutte individuate, così come i loro
cavalieri che non
avevano fatto quasi nulla per mascherare le loro identità.
C’era Lupin,
impacciato come sempre quando prendeva parte a qualche evento mondano,
Potter
nelle spoglie del Dio cornuto Herne, i due fratelli Prewett, i cui
personaggi
al momento non riusciva a ricollegare alla mitologia, e un Jack Baston
nei
panni dell’eroe Ercole che sorrideva radiosamente,
evidentemente convinto di
essere l’accompagnatore più fortunato della sala
per essere riuscito ad
attirare l’attenzione della Zabini.
Povero sciocco,
se solo l’avesse guardata con attenzione avrebbe notato
che la Corvonero si stava annoiando oltre ogni dire e cercava
chiaramente
qualcuno tra la folla.
- Devo
preoccuparmi? –
La voce di
Regulus le accarezzò la delicata e sensibile pelle dietro
all’orecchio e la fece rabbrividire nuovamente.
Si
voltò verso di lui, perplessa: - Per cosa? –
- Sembri molto
pensierosa questa sera, stai cercando qualcuno con cui
sostituirmi? –
Il tono del
ragazzo voleva essere ironico, ma nei suoi occhi grigi
lesse la paura che quanto chiesto rispondesse al vero. Adorava quando
Regulus
abbassava quella sua maschera di gelida sicurezza e perfezione e le
permetteva
di leggere dentro di sé.
Gli cinse il
collo con le braccia e lo strinse a sé, baciandolo con
decisione e mettendoci dentro tutta la passione che provava. Voleva che
lui
sapesse quanto lo desiderava.
- Ti sembra che
io possa desiderare qualcun altro all’infuori di te?
–
gli sussurrò a fior di labbra.
Le rivolse un
sorriso sghembo, uno di quelli che faceva quando si
sentiva imbarazzato e che avevano il potere di farla sciogliere.
- Sono un vero
idiota. – ammise.
- A volte, ma
se non lo fossi probabilmente non mi piaceresti così
tanto. Ora, signor Black, vuole decidersi a far ballare questa ragazza
o deve
essere trascinato sulla pista? –
La prese per
mano, facendole un lieve baciamano: - Mi farebbe l’onore
di ballare con me, signorina? –
- Assolutamente
sì. – replicò, poi partì a
passo di carica e lo
trascinò dietro di se.
**********
Elizabeth non
era mai andata a un ballo scolastico né tantomeno era mai
stata invitata da un ragazzo bello e popolare come Rico Wilkes. Non
aveva la
minima idea di cosa avesse spinto il ragazzo a invitarla né
del perché fosse
così gentile e premuroso con lei, lui che era conosciuto
dalla maggior parte
del corpo studentesco come un grandissimo stronzo. Sapeva solo che le
piaceva
molto, forse persino troppo.
- Pronta al
grande debutto, miss Greengrass? –
Era pronta? In
nome di Rowena, certo che non lo era.
-
Sì, andiamo. –
Si
lasciò prendere sottobraccio, ritrovandosi a pensare a
quanto fosse
solido e muscoloso il corpo del ragazzo al suo fianco, e in men che non
si dica
si ritrovò con tutti gli occhi puntati addosso.
- Ma quella
è Elizabeth Greengrass?... è veramente
bellissima. –
- Hai capito la
piccola Greengrass, nientemeno che Wilkes. –
- Sono davvero
una coppia stupenda. –
Questi furono
solo alcuni dei commenti che raggiunsero le orecchie
della coppia.
-
Congratulazioni, siete la coppia più chiacchierata della
serata. –
commentò Evan, andandogli incontro e porgendo a ciascuno un
calice.
Rico lo
vuotò d’un sorso, cingendo le spalle del cugino
con un braccio
e tenendo Elizabeth per mano, poi li indirizzò verso
l’angolo dove si trova il
resto del loro gruppo. Da lì aveva una vista perfetta del
gruppo di Eris e la
poteva osservare mentre scherzava con il suo cavaliere. Non riusciva
davvero a
credere che fosse andata al ballo con quell’idiota di Prewett
che condivideva
con il gemello l’unico neurone funzionante.
Afferrò un altro calice e lo vuotò,
ripetè l’operazione finchè non
sentì l’alcool cominciare ad annebbiargli la
testa. Non voleva pensare, non quella sera, e che Eris si divertisse
pure con
il suo bamboccio.
- Ti va di
ballare? –
Elizabeth
sgranò gli occhi, sorpresa. L’aveva visto
osservare sua
sorella e buttare giù un bicchiere dopo l’altro,
non ci voleva certo un genio
per capire che era geloso di lei.
-
D’accordo. – mormorò, seguendolo sulla
pista e cingendogli il collo
con le braccia mentre si muovevano a tempo di musica.
Rico era un
po’ brillo, ma riusciva perfettamente a capire quando
qualcosa non andava e lo sguardo della sua dama era tutto tranne che
raggiante.
- Ehy, bimba,
cosa c’è che non va? -
Elizabeth si
sforzò di trattenere il tremito nella sua voce, non voleva
che pensasse che fosse una ragazzina frignante.
- Nulla, solo
che anche questa sera il ragazzo che mi piace non mi
degna di un’occhiata. –
Le
accarezzò una guancia con dolcezza, mettendole un boccolo
scuro
dietro l’orecchio: - Ti svelo un segreto, non vale la pena di
stare male per un
ragazzo, siamo tutti dei perfetti idioti. –
- Credi che
dovrei fare ciò che voglio senza preoccuparmi di cosa possa
pensare lui? –
Wilkes
annuì.
Elizabeth
raccolse ogni briciola di coraggio che aveva e, alzandosi in
piedi, catturò le sue labbra. Il bacio durò un
paio di secondi e non fu nulla
più che un casto contatto di labbra, poi Rico si
separò con gentile fermezza e
la fissò con quei suoi occhi incredibilmente profondi e
ammalianti.
- Elizabeth, io
sono probabilmente il più idiota tra tutti i ragazzi
presenti in questa sala, ma ci tengo a te… e proprio per
questo voglio essere
sincero. Sei molto carina, intelligente e divertente, ma io non sono
quello
giusto, finirò con il farti soffrire e non voglio.
–
- E se a me non
importasse, se fossi disposta a vivere il momento senza
preoccuparmi del futuro? –
Non le rispose
e si limitò a uscire dalla sala. Per la prima volta
nella sua vita Rico Wilkes scappava da un confronto.
*********
Katherine si
maledisse per la centesima volta. Tutta colpa del suo
stupido orgoglio che le impediva di rifiutare una sfida, specie se
fatta da
quell’idiota di Black. Erano più di venti minuti
che sondava la sala alla sua
ricerca.
Aveva sperato
che l’idiota si sarebbe scelto un travestimento
facilmente ricollegabile a quello dei suoi amici o fosse in qualche
modo
riconoscibile e invece niente.
Con un sospiro
si raddrizzò la maschera argentata che le copriva il
volto e completava il suo abito dello stesso colore, con un generoso
spacco che
le arrivava fino alla vita. Se non altro doveva ammettere che anche lei
era
stata molto abile nel travestirsi, solo le sue amiche e Mason sapevano
che era
lei la giovane che si celava sotto il costume della dea Ecate.
Già,
Mason, il suo stupido fidanzato che aveva passato l’intera
serata
in compagnia dei suoi altrettanto stupidi amici ed era ormai talmente
ubriaco
da non accorgersi nemmeno del fatto che l’avesse abbandonato
su uno dei
divanetti. Non lo sopportava più, non riusciva neanche a
capire perché ci
stesse ancora insieme.
Si diresse
verso l’uscita, un po’ d’aria fresca le
avrebbe fatto bene…
e al diavolo quella stupida sfida, a buon bisogno Black le aveva
giocato uno
dei suoi soliti tiri e non si era neanche presentato. Si sedette su uno
dei
gradini dell’atrio del castello, rabbrividendo per via
dell’umidità notturna.
Un mantello si materializzò sulle sue spalle.
Alzò lo sguardo e si trovò
davanti un ragazzo con indosso una perfetta imitazione degli abiti di
Orione,
l’unica caratteristica visibile erano gli occhi di un
singolare grigio liquido
che luccicavano sotto la luce della luna.
- Ecate, la
regina delle streghe. –
- Orione, il
Cacciatore, scelta curiosa. –
Il ragazzo
sorrise al di sotto della maschera. Aveva un bel sorriso, si
ritrovò a pensare Katherine.
- La sua storia
mi ha sempre affascinato, fin da bambino. Piuttosto,
cosa ci fa una regina al freddo? –
- Mi annoiavo e
comunque non credo siano fatti tuoi. -
- Uhm, che
caratterino, devi essere una Serpeverde. –
-
Già, faresti meglio a starmi lontano, sono velenosa.
– replicò
ironicamente.
- Ho una buona
dose di antidoto con me, credo di poter resistere anche
a più di un morso. –
La replica la
fece scoppiare a ridere. Quel ragazzo aveva un senso
dell’umorismo che tendeva a sfociare nel sarcasmo e
nell’ironia, era molto
simile al suo e la cosa le piaceva.
- Forse
dopotutto non sei una completa perdita di tempo, escludo quindi
che tu possa essere un Tassorosso. –
- Addirittura,
vostra maestà mi confonde con questo commento
così
pericolosamente simile a un complimento. –
- Grifondoro.
Sì, sei decisamente un Grifondoro. – decise.
L’ironia
e il sarcasmo l’avevano portata per un attimo a credere che
potesse trattarsi di un Serpeverde, ma conosceva di vista tutti quelli
dal
quarto anno in su e nessuno aveva degli occhi così singolari.
- Ne sei certa?
–
-
Assolutamente, sei un dannato figlio di Godric. –
confermò.
- È
giusto, e sai anche chi sono? –
La domanda le
fece suonare un campanello d’allarme nella testa.
Dannazione, come aveva potuto essere tanto idiota da non capire di chi
si
trattasse? Avrebbe dovuto riconoscerlo fin da subito.
- Black!
–
- Bingo, ma
temo che vostra altezza abbia perso la scommessa, la
mezzanotte è passata da un paio di minuti. – le
fece notare, sorridendole in
quel modo che aveva sempre trovato irritante, ma in quel preciso
istante le
dava meno fastidio del solito.
Sicuramente
c’entrava il fatto che avesse bevuto. Sì, era
così.
- Ok, ho perso.
Dimmi cosa vuoi e facciamola finita. –
Il sorriso di
Sirius si allargò ancora di più: - Un
appuntamento. –
Katherine lo
fissò incredula: - Puoi ripetere? –
- Credevo che
ci sentissi bene, Banks, devo sillabartelo? Voglio un
appuntamento con te. Nulla di impegnativo o formale, mi basta anche una
sera di
queste da qualche parte qui al castello. –
Ok, stava
scherzando.
- È
uno scherzo, vero? –
Per una
frazione di secondo una scintilla di delusione passò negli
occhi grigi del ragazzo: - Ti sembra che stia scherzando? –
No, in effetti
era mortalmente serio.
-
D’accordo, ho perso quindi è giusto che paghi. Un
appuntamento, ma
solo un paio d’ore e dopo il coprifuoco, non voglio che ci
veda qualcuno. –
chiarì.
Sirius
annuì, tutto sommato era pur sempre meglio di niente.
- Ci
organizzeremo più avanti per i dettagli, ora voglio solo
andarmene
a dormire e fare in modo che questa giornata finisca il prima
possibile. –
Il ragazzo si
fece da parte e riprese il mantello che gli porgeva. La
osservò allontanarsi finchè non voltò
l’angolo e sparì alla sua vista.
*********
Eris vide sua
sorella baciare Rico, lo vide separarsi, parlarle e
lasciare la sala in tutta fretta. Lanciò
un’occhiata a Fabian e, certa che non
avrebbe notato la sua assenza visto che era troppo impegnato a
discutere con
Gideon e Mary di Quidditch, decise di seguirlo.
Rimase ad
aspettarlo fuori dal bagno degli uomini per una decina di
minuti poi, ormai esasperata, si decise a entrare. Lo trovò
appoggiato al
davanzale della finestra, una bottiglia d’Idromele poggiata
accanto e una
boccetta di laudano che si rigirava distrattamente tra le mani.
- Quindi
è quella roba che ti aiuta a essere così macho?
– domandò,
fissando l’oppiaceo con riprovazione.
- La virtuosa
Corvonero che accorre a redimere l’impenitente
Serpeverde. Non è un clichè piuttosto abusato di
questi tempi? –
Non
l’aveva mai sentito parlare con quel tono così
disincantato. Quanto
diavolo aveva bevuto per ridursi in quello stato? Gli si
avvicinò abbastanza
per notare che il laudano era vuoto per metà.
Quell’incosciente ne aveva preso
fin troppo. Con un gesto rapido gli sottrasse la boccetta.
- Ridammela.
–
- Non ci penso
minimamente. –
Incrociò
le braccia e lo guardò con aria di sfida. Il messaggio era
chiaro: non avrebbe ceduto.
- Ti ho detto
di darmi quella cazzo di boccetta, Eris. – sbottò,
avvicinandolesi e fissandola con rabbia.
La Corvonero
sussultò leggermente, si era dimenticata come suonasse il
suo nome pronunciato da quelle labbra.
- E io ti ho
detto che non ho alcuna intenzione di dartela, Rico. –
Questa volta fu
il turno del Serpeverde di trasalire.
Si ritrovarono
a fissarsi negli occhi. C’era rabbia, desiderio e
bisogno negli sguardi di entrambi. Si trassero l’uno
all’altra, le mani che
slacciavano con cieca fretta i bottoni e le bocche che si rincorrevano
in una
specie di lotta a base di denti, lingua e morsi. Andarono avanti
finchè Rico
non si separò con decisione dalla ragazza e si
addossò alla parete più lontana.
Eris gli lanciò un’occhiata stupita, non capiva
cosa non andasse.
-
Così non va bene, non va bene proprio per niente. Sono stufo
di
giocare, non voglio più doverti rincorrere in continuazione
e stare a guardare
mentre cerchi di farmi ingelosire con quell’idiota di Prewett
1. –
Eris
inarcò un sopracciglio beffardamente: - Cerco? E tu non hai
fatto
lo stesso con mia sorella? –
- Probabilmente
sì, ma Elizabeth meritava di meglio e l’ho
allontanata.
È una ragazza intelligente, sono sicuro che aveva
già capito. –
- Lo penso
anche io. – ammise, poi aggiunse: - Vuoi quindi sostenere di
non esserti ingelosito vedendomi con Fabian? –
Rico le rivolse
il suo classico ghigno che la fece sorridere.
Sembravano passati anni da quando le aveva sorriso in quel modo per
l’ultima
volta.
- È
ovvio che mi sono ingelosito, Greengrass, pensavo che voi Corvonero
foste intelligenti. -
- È
così, per lo meno la maggior
parte delle volte. –
Risero entrambi.
- E ora che
vogliamo fare? – domandò incerta.
Le rivolse
l’ennesimo ghigno: - Bè, io un’idea ce
l’avrei. –
- Intendevo
dopo. –
- Possiamo
rifarlo e farlo ancora e ancora… abbiamo interi giorni da
impegnare. –
Eris sorrise,
alzando gli occhi al cielo. Probabilmente quella era la
richiesta di ufficializzazione della loro relazione più
diretta che avrebbe
potuto ricevere da lui… e stranamente le andava bene
così, per una volta voleva
godersi quella felicità e basta.
************
Mary osservava
Caradoc e Benji, seduti sul un divanetto e intenti a
chiacchierare. Da quando avevano fatto outing sembravano più
felici e
spensierati che mai. Sospirò, anche lei avrebbe voluto
potersi godere la sua
storia alla luce del sole.
Lanciò
un’occhiata a Rabastan, seduto accanto alla Black e
visibilmente
annoiata. Il Serpeverde alzò lo sguardo e le fece un
occhiolino, per poi
voltarsi in direzione della porta. Sì, quello era un chiaro
invito.
- Celeste, ti
dispiace se me ne vado? Sai, sono stanca e sinceramente
non mi sto divertendo poi molto. –
La Corvonero si
voltò verso di lei, interrompendo il contatto visivo
che aveva istaurato con Marcel.
- Vai pure, non
preoccuparti, anche io tornerò in Sala Comune. –
- Scherzi, non
puoi piantare in asso Jack?! –
Già,
Jack Baston, il suo cavaliere. Come aveva potuto dimenticarsi di
lui?
- Sono stanca.
– ribattè a mo’ di spiegazione. In
circostanze diverse
avrebbe anche aggiunto che Baston non era una compagnia poi
così interessante e
che non aveva prestato attenzione alla metà delle cose che
le aveva detto
durante la serata, ma Mary ci teneva così tanto a vederla
sistemata e felice.
Se solo avesse saputo che lei era già impegnata con qualcuno.
Mary
annuì, non del tutto convinta, le augurò la
buonanotte e si
affrettò a uscire dalla Sala. Trovò Rabastan ad
attenderla, appoggiato a una
delle colonne con aria distratta. La trasse a sé con forza,
facendola sbattere
contro il suo petto muscoloso e la baciò con furia. Si
separarono solo quando
entrambi furono a corto di fiato.
- Finalmente,
è tutta la sera che volevo farlo. –
Quella frase le
dipinse un sorriso smagliante sul viso a forma di
cuore. Felicità che venne prontamente spazzata via dal senso
di colpa che
provava ogni volta che si trovava tra le sue braccia. Era perfettamente
consapevole che quelle parole avrebbe dovuto rivolgerle a sua cugina
Melissa e
non certo a lei.
- Cosa
c’è che non va? – domandò,
scrutandola con i suoi penetranti occhi
azzurri.
- Nulla.
– replicò, forse un po’ troppo in fretta
per risultare
credibile.
- Mary, riesco
sempre a capire quando menti, vuoi dirmi di che si
tratta… per favore? – aggiunse
all’ultimo minuto, sorprendendola.
In sei anni di
scuola non credeva di aver mai sentito Rabastan
Lestrange abbassarsi a chiedere qualcosa per favore a chicchessia.
- È
solo che mi sento in colpa, non dovrei volerti, è sbagliato.
–
mormorò, abbassando gli occhi.
Le
sollevò gentilmente il mento, costringendola a guardarlo
nuovamente
negli occhi.
- Quello che
c’è tra noi non è sbagliato,
inaspettato forse, ma non
sbagliato. –
Avrebbe voluto
credergli più di ogni altra cosa, ma lei sapeva come
stavano davvero le cose. Il loro era un doppio tradimento, da parte di
Rabastan
perché tradiva Melissa con lei e da parte sua
perché aveva permesso ai suoi
sentimenti di spingerla a fare qualcosa che avrebbe ferito sua cugina.
Doveva
mettere fine a tutto questo.
- È
finita. –
Rabastan
sgranò gli occhi, non riusciva a capire cosa stesse dicendo.
Insomma, dove era finito tutto il coraggio e la testardaggine dei
Grifondoro?
Rinunciava a lui così, come se non le costasse nulla?
- È
uno scherzo? No, perché ti avviso che non sei affatto
divertente,
McDonald. –
- No, non
è uno scherzo, tra noi è finita. –
replicò, sforzandosi di
impedire alle lacrime che le pizzicavano gli occhi di sgorgare. Non
avrebbe
pianto davanti a
lui, doveva mostrarsi
forte e risoluta.
Gli
girò le spalle, incamminandosi verso le scale, ma la presa
forte di
Rabastan la costrinse a fermarsi e a voltarsi di nuovo verso di lui.
-
Mary… -
- No, Rabastan,
non dire niente. Ti prego, lasciami andare, per favore.
– mormorò, lottando furiosamente contro le
lacrime. No, dannazione, non doveva
piangere!
Rabastan la
scrutò negli occhi castani, arrossati e lucidi. Una lacrima
fuggì traditrice e corse lungo la guancia morbida della
ragazza. Stava
piangendo. Aveva davanti la stessa ragazza che per interi anni era
stata
oggetto delle vessazioni di Mulciber e della sua cricca senza mai
versare una
sola lacrima e ora lei stava piangendo per lui.
La
lasciò andare, osservandola correre via. Si era sbagliato,
lasciarlo
era costato moltissimo a Mary, ci teneva davvero a lui.
Spazio autrice:
Eccomi
finalmente con il nuovo capitolo, chiedo scusa per l’attesa
ma
spero che la lunghezza e i fatti narrati possano compensarla. Come
sempre vi
chiedo di farmi sapere cosa ne pensate. Al prossimo capitolo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 10 *** The Homecoming Hangover 1x09 ***
The Homecoming Hangover 1x09
Celeste
allungò una mano
accanto a sé, tastando le delicate lenzuola del letto di
Marcel. Spalancò gli
occhi, allarmata. Il ragazzo dormiva ancora beato, ma il Sole era
già sorto e
da lì a poco tutto il castello si sarebbe risvegliato.
Sgattaiolò fuori dalle
lenzuola, coprendosi con la camicia di Marcel che le arrivava a
metà coscia, e
cercando a tentoni i suoi vestiti. Li aveva appena trovati quando un
lieve
fruscio le annunciò che anche il suo ragazzo si era
svegliato.
-
Che stai facendo? – le chiese,
trattenendo a fatica uno sbadiglio e fissandola con aria assonnata.
-
Cerco i miei vestiti,
tra poco inizierà a esserci un via vai pazzesco per i
corridoi. –
Annuì,
alzandosi e
dandole una mano nella ricerca.
Dieci
minuti più tardi,
con il trucco sbavato e l’aria scarmigliata, uscì
in corridoio e s’incamminò
rapidamente verso la sua Sala Comune. Stava giusto per salire la scala
che
conduceva al dormitorio femminile, ringraziando Rowena per non aver
incontrato
nessuno, quando una voce la fece trasalire.
-
Nottata impegnativa? –
Si
voltò verso la ragazza
che aveva parlato, guardandola in cagnesco, - Non credo siano affari
tuoi,
Carrow. –
-
Hai ragione, non sono
affari miei. -, ammise, - Comunque complimenti per Baston, è
una gran bella
conquista. – concluse, uscendo dalla Sala prima di darle il
tempo di ribattere
in qualche modo.
Con
un sospiro, raggiunse
la sua stanza e si chiuse in bagno, notando solo in quel momento che il
letto
di Eris era vuoto. Chiedendosi distrattamente se l’amica
avesse deciso di dare un’altra
occasione a Fabian, s’infilò sotto il getto caldo
della doccia e rilassò i
muscoli. Finalmente un po’ di pace.
*
Narcissa
si svegliò con
un fastidiosissimo mal di testa. Eppure non aveva bevuto molto, appena
un paio
di bicchieri, perciò non poteva trattarsi di post sbronza.
Con la coda dell’occhio
registrò che Charis non aveva ancora fatto ritorno e che
Katherine, a giudicare
dal rumore scrosciante dell’acqua, doveva essere sotto la
doccia.
Reprimendo
un gemito di
dolore, indossò la sua vestaglia in pesante broccato e
ciabattò verso l’armadio,
recuperando la divisa che come al solito aveva perfettamente ripiegato
e
riposto con cura. Si potevano dire molte cose su di lei, ma sicuramente
l’aggettivo
che più la rispecchiava era uno: ordine. Una delle molte
cose che la
accomunavano con Remus, in effetti, pensò con un sorriso.
Stava ancora
sorridendo quando la porta del bagno si aprì e Katherine
fece la sua comparsa
tra il vapore.
-
Dove credi di andare? –
le disse, fissandola con aria minacciosa.
Le
rivolse uno sguardo
perplesso, - Che domanda difficile … Magari a lezione?
–
-
Non ti sei ancora vista
allo specchio, vero? –
Aggrottò
la fronte.
Adesso cosa accidenti c’entrava lo specchio?
-
Lo prendo per un no.
Fossi in te lo farei. – disse, rispondendosi da sola e
indicandole l’immenso
specchio a figura intera che troneggiava nell’angolo.
Narcissa
obbedì,
sorprendendosi per l’ennesima volta per la stanchezza che
sentiva addosso.
Cacciò
un urlo, puntando
un dito tremante contro la sua immagine riflessa.
-
Che accidenti è quella
roba?! –
-
Varicella. Passerà in
una decina di giorni, ma devi andare in infermeria. –
Magnifico,
ci mancava
soltanto che la isolassero come una raccapricciante creatura contagiosa.
-
E come l’ho presa? –
Katherine
si mordicchiò
il labbro inferiore, pensierosa, - Di solito basta anche solo stare in
un
ambiente infetto, ma con uno sfogo del genere direi che l’hai
presa
direttamente dal malato. –
Un
lampo di
consapevolezza passò nella mente della ragazza. La notte
precedente, dopo il
ballo, aveva incontrato Remus sulla Torre d’Astronomia e
ricordava
perfettamente quanto la pelle del ragazzo fosse calda.
L’aveva inizialmente
imputato all’avvicinarsi della luna piena, ma forse era solo
un attacco di tipo
virale.
-
D’accordo, andrò in
infermeria, ma promettimi che tu e Charis mi verrete a trovare.
– la scongiurò,
rivolgendole la sua migliore espressione desiderosa d’affetto.
-
Se la nostra bella
bionda si ricorda di non poter vivere di solo sesso, verremo a trovarti
dopo
pranzo. – le promise con aria solenne.
Il
pensiero di Regulus e
Charis che si rotolavano tra le coperte le provocò un
attacco di nausea.
-
Kath, è mio cugino,
vuoi forse farmi vomitare? –
-
Certo che no, ma se
proprio devi farlo allora vai in infermeria. – aggiunse in
fretta,
spintonandola scherzosamente fuori dalla stanza.
*
-
Che succede? – domandò Eris,
alzandosi quanto bastava per permetterle di guardare il ragazzo che si
stava
rapidamente vestendo.
-
Allenamenti. – replicò telegrafico,
prima di aggiungere, - Hai visto le mie gomitiere per caso? –
Gliele
lanciò al volo.
-
Bei riflessi. Però ho
una domanda: la squadra non ti ha ancora ucciso per via di tutti questi
allenamenti extra? –
-
Non sono allenamenti
collettivi. Il lunedì mattina mi alleno un po’ da
solo, visto che la prima ora
è buca. –
-
Quindi se per oggi li
salti non succede nulla, no? – domandò, con un
tono di voce pericolosamente
seducente.
-
Non iniziare, devo
davvero allenarmi. – la pregò, smettendo
però di vestirsi e posando lo sguardo
su di lei.
-
Iniziare a fare cosa
esattamente? – mormorò, lasciando che il lenzuolo
verde che la copriva
scivolasse ai suoi piedi e la lasciasse con la sola protezione della
lingerie
che aveva indossato.
Sorrise
davanti allo
sguardo cupido con cui Rico accarezzava ogni porzione del suo corpo.
-
Oh, al diavolo. –
sbottò, gettando via le gomitiere e raggiungendola sul
letto.
*
Dorcas
venne svegliata da
una scia di baci delicati che partivano dal lobo per poi scendere verso
il basso.
Quando raggiunsero la clavicola, aprì gli occhi e li
puntò in quelli blu del
ragazzo al suo fianco.
-
Buongiorno. – sorrise,
chinandosi a depositargli un casto bacio a fior di labbra.
-
Buongiorno, raggio di
sole. –
Il
sorriso le si allargò
ancora di più, contagiando anche Evan.
Un
lieve e piacevolissimo
odore le raggiunse le narici.
-
Sono caffè e baggle al
formaggio quelli che sento? –
-
Potrebbero esserlo,
tutto dipende dal fatto che io riceva un altro bacio oppure no.
– replicò,
sorridendole sfrontatamente.
Lo
baciò ancora, ridacchiando,
- Lo faccio solo per la colazione. –
Evan
la guardò con un’aria
di finta indignazione, - Ti vedi per così poco, Meadowes?
–
-
Solo a te, considerati
fortunato. – replicò, sfuggendo alla sua presa e
sgattaiolando verso il tavolo
su cui era sistemato ogni sorta di ben di Dio.
-
Amo questa stanza. –
annunciò con aria seria, servendosi una generosa dose di
caffè e zuccherandolo.
-
Vuoi bere del caffè o
dello zucchero innaffiato con qualche goccia di caffè?
– la prese in giro, accennando
al terzo cucchiaio che aggiungeva alla bevanda.
Dorcas
gli rivolse una
linguaccia e avvicinò la tazza al suo viso.
-
Vuoi assaggiare? –
Con
un’espressione
schifata, Evan si tirò indietro facendola scoppiare a ridere.
-
Vuoi avvelenarmi, forse?
Tu e il tuo caffè ipercolesterolico state lontani da me.
– replicò, afferrando
la caraffa e versandosene una generosa dose. Lo buttò
giù così, nero e amaro,
proprio come piaceva a lui.
*
La
prima cosa che Celeste
notò, non appena mise piede in Sala Grande, era che tutti
gli studenti presenti
chiacchieravano di chissà quale pettegolezzo. Vedendo Alecto
Carrow in
inseparabile compagnia della Jorkins, e notando che entrambe sembravano
molto
più agitate del solito, ipotizzò che doveva
trattarsi di qualcosa di grosso o
semplicemente incredibile.
Prese
posto, sforzandosi
di non tormentarsi con l’idea che l’oggetto di
quelle chiacchiere poteva
proprio essere il suo misterioso rientro mattutino alla Torre dei
Corvonero.
Quando
i battenti si
aprirono, tuttavia, le venne confermato che le sue erano solo stupide
paranoie.
Eris
stava facendo il suo
ingresso in compagnia di nientemeno che Rico Wilkes e, come se tutto
ciò non
bastasse, lo stava tenendo per mano. Entrambi i ragazzi procedevano a
testa
alta, apparentemente ignari che tutta la scolaresca stava commentando
nient’affatto
velatamente la novità.
-
E quindi dopo Elizabeth
anche Eris. Sembra che le Greengrass abbiano una vera passione per quel
ragazzo. –
-
Già, ma guardate come
si guardano, secondo me la cosa andava avanti da molto tempo.
–
Come
era prevedibile, gli
sguardi si posarono poi sulla piccola Elizabeth, che non aveva detto
nulla e li
fissava con l’aria di chi aveva appena ricevuto una pugnalata
alle spalle.
Sforzandosi
di mantenere
la calma, distolse lo sguardo e afferrò un pezzo di
pergamena. Scribacchiò in tutta
fretta una frase e l’affidò a uno dei gufetti che
aveva appena consegnato la
posta al suo tavolo.
L’animaletto
spiccò il
volo e dopo poco atterrò davanti al destinatario del
messaggio, che quando lesse
quelle poche parole non potè fare a meno di ghignare con
compiacimento.
“So
chi sei, voglio essere dei vostri.
Elizabeth”
Spazio
autrice:
Eccomi
con l’aggiornamento,
dopo un’assenza scandalosa per cui non ho altre scusanti se
non quella della
mancanza d’ispirazione. Spero che il capitolo vi sia piaciuto
e che sia valso l’attesa.
Come sempre vi chiedo di farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt
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