Third Sun

di bruciato
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La Sesta Via ***
Capitolo 3: *** The Battle of Newburg ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


« Qual'è il tuo problema, Raiden? » fece Kai, notando il pallore del suo amico.

Raiden alzò lo sguardo, pensieroso. Di solito non era nervoso prima di una missione, ma le cose erano diverse, quella volta. Una sensazione opprimente lo

attanagliava. Uno scossone fece vibrare le pareti del modulo di atterraggio. Raiden si lasciò cullare dal quel movimento.

« Niente Kai, sono solo nervoso. » rispose il ragazzo, freddamente.

Poi saettare l'occhio per tutto il modulo. C'era chi pregava in silenzio, chi poggiava la testa sulla canna del fucile, quasi a cercare un sostegno. E poi c'erano quelli come Kai, che ridevano e scherzavano, quasi a sdrammatizzare la terribile situazione in cui si stavano per cacciare.

Raiden guardò in basso. Il ciondolo regalatogli da Monil seguiva un moto circolare, quasi ipnotico. Chiuse gli occhi, cercò di creare nella sua mente l'immagine della ragazza. Voleva trovare un conforto, una faccia amica. Ma trovò solo la paura di non rivederla più.

Il modulo ballò ancora, stavano per entrare nell'atmosfera. La sirena iniziò a suonare. L'ambiente si riempì di una luce rossa, significava trenta secondi all'atterraggio.

« Raiden, vedi di non sparare ai nostri stavolta! » urlò Kai.

Qualcuno rise, e anche il diretto interessato abbozzò un sorriso. Si trattava di una vecchia storia, quando era ancora una recluta.

Si sentì un laser balenare accanto al modulo. Il cuore di Raiden ebbe un sussulto. Il sangue gli andò alla testa, si sentì incredibilmente eccitato.

Il TK stava andando in circolo.

Si abbassò la visiera dell'elmo e il portellone venne aperto. La luce purpurea del pianeta irradiò il modulo. Una folata di vento sferzò i corpi dei soldati. Iniziarono a gettarsi due alla volta. Era solo grazie alla pesantezza della tuta che nessuno veniva risucchiato fuori. Ma nonostante quella, il vento fischiava senza sosta nelle orecchie di Raiden.

Arrivò il turno suo e di Kai.

Prima di gettarsi, il ragazzo guardò in basso.

Dovevano essere più di diecimila metri.

Guardò Kai; al suo cenno, si gettò nel vuoto. Verso la superficie di Terra 2.

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Capitolo 2
*** La Sesta Via ***


La Sesta Via

 

L'olodisco aveva un volume decisamente troppo alto. Ma nessuno si era alzato per andare ad abbassarlo. Horace stava seduto sulla solita sedia di legno; in una mano la birra, nell'altra un pacchetto di Martex. Ma non beveva ne mangiava, in quel momento. Era troppo preso da ciò che quell'ologramma stava trasmettendo. Maria, invece, era dietro di lui. Aveva le mani poggiate sopra le grasse spalle del marito. Quasi a cercare un conforto, quasi a sperare che quella notizia fosse un falso trasmesso dalla Sesta Via; magari da qualche infiltrato alla TV nazionale.

Ma sapeva, in cuor suo, che quel gruppo non c'entrava nulla. Reks era in prima fila, seduto a terra. Più che altro perché l'altra sedia l'aveva presa Raiden, accanto a lui.

«...e siamo quindi giunti a ritenere l'invasione di Terra 2 come l'unica soluzione. Non ci saranno ripensamenti! » urlava il presidente.

«...e infine, dichiaro la leva militare obbligatoria per tutti gli uomini tra i diciotto e i trentacinque anni! Inizieremo i preparativi all'istante! »

Reks sapeva che quel momento sarebbe arrivato. Lui era già nell'esercito da tre anni, e conosceva qualcuno abbastanza in alto. Ma lui era così patriottico, così coraggioso, che Raiden ogni volta lo guardava con ammirazione.

« Immagino che tu sia in prima linea...» sussurrò Maria, guardando preoccupata Reks.

Il ragazzo guardò in un angolo della stanza.

« Lo sai che devo farlo. »

Horace si alzò dalla sedia, quasi in modo goffo, e si avvicinò a Raiden lentamente.

« Toccherà anche a te, figliolo. »

Gli occhi dell'adolescente stavano luccicando. Sarebbe dovuto andare in guerra, non ve n'era scampo. Annuì, tirando su col naso.

« Ci penserò io a lui.» disse Reks, voltandosi verso il fratello. « Intanto premerò per far sì che abbia l'addestramento avanzato, e non quello di base...»

Raiden allora era un ingenuo. Nemmeno sapeva quale differenza ci fosse tra i due tipi di addestramento. Guardò quindi con aria interrogativa suo fratello.

«Non andrai in prima linea, se te lo stai chiedendo. Ti addestrerai per un bel po'. Può darsi anche che quando avrai finito, la guerra sarà già conclusa.»

« Ma io voglio stare con te al fronte!» esclamò Raiden.

« I primi ad andare al fronte sono gli ufficiali come tuo fratello e la carne da macello.» puntualizzò Horace. « Ringrazia Dio che Reks è tra i primi, e ti permette di non essere tra i secondi. »

Reks annuì guardando in basso. Era un ufficiale di basso rango, ma guadagnava abbastanza da poter permettere a tutta la famiglia di non mangiare carne di ratto o di essere in mezzo alla strada. Tra l'altro, erano passati dal trentaquattresimo al ventesimo livello, sulla Terra. Era una cosa insignificante per quelli dal decimo livello in su, era come passare da una stalla piccola a una grande. Ma per quelli come Reks e Raiden, il ventesimo livello era come il paradiso. Non c'erano più gli scarafaggi dentro casa, non c'erano più i teppistelli della via pronti ad accoltellarti per uno screzio. Il ventesimo livello era comunque un brutto posto, ma c'era di peggio. Molto di peggio. Più in basso di tutti c'era il cinquantesimo. Lì non esisteva nemmeno il concetto della società e della legalità.

La costruzione di tante città sopra ad altre aveva prodotto una forbice economica tra i ricchi e i poveri sempre più ampia.

Maria andò ad accendere una candela, vicino a un dipinto del Cristo. “La disperazione porta a leggere i Vangeli...” pensò Raiden.

Reks si alzò e uscì fuori, nel balconcino della cucina. Raiden lo raggiunse.

Soltanto quelli del primo livello avevano il privilegio di vedere il cielo. Dal secondo in poi, di notte la città era illuminata quasi a giorno dai potentissimi riflettori posti sopra le loro teste, a qualche centinaio di metri di altezza. La città era piena di luci, rumori, grida... New York non dormiva mai. Una sonda sfiorò i due di qualche metro. Le sonde giravano spesso quel periodo, forse a causa della Sesta Via.

«Da quanto lo sapevi?» gli chiese il biondo.

«Due settimane. Ci hanno messo in pre-allerta da quattro.» rispose Reks.

Raiden cercò di contenere la rabbia.

«Perché non ce l'hai detto?» gli chiese poi, stringendo i pugni.

«Ho sperato fino all'ultimo che fosse un falso allarme. Ma a quanto pare è tutto vero» spiegò il fratello, guardando improvvisamente all'orizzonte.

Una luce rossa aveva illuminato gli occhi di Reks.

Raiden se ne accorse, e volse lo sguardo nella stessa direzione. C'era stata una grande esplosione, diversi chilometri più in là. Un boato scosse il cuore di Raiden, e Maria e Horace uscirono affannati.

«Che cazzo è successo ?!» urlò Horace.

«La Sesta Via..» sussurrò Raiden. Inizialmente, infatti, la nuvola di fumo era..una nuvola di fumo. Informe. Ma pian piano, quella massa oscura prese forma di diverse lettere, fino a formare una frase. “La Sesta Via non dorme mai.”

Le sonde antincendio erano già lì, intente a spegnere i fuochi che l'esplosione aveva creato. Il gigantesco pannello laser posto sopra la base del Diciannovesimo livello si illuminò. Tra i tanti valori che erano mostrati, uno era salito vertiginosamente. Quello dei decessi del mese. Da centoventidue a trecentocinquantasei.

La Sesta Via aveva ucciso più di duecento persone. Raiden sperava che non ci fosse qualcuno di sua conoscenza. Per fortuna Monil abitava dall'altra parte del livello.

Tra poco avevano anche un appuntamento.

«Papà, devo andare da Monil. Ci vediamo dopo.» disse, voltandosi verso il padre.

« Non se ne parla! Non dopo che questi bastardi hanno colpito il Ventesimo! »

Esclamò Maria.

«Tra poco dovrà andare in caserma.» La ammonì Horace. «Lasciamogli questi ultimi giorni di libertà, Maria.»

Raiden nemmeno aspettò l'assenso della madre. Si infilò la giacca di pelle e si catapultò fuori di casa.«Ma vedi di non fare tardi!» urlò suo padre, per farsi sentire. Raiden stava già scendendo le scale di corsa.

Non aveva voglia di ricordarsi del fatto che tra poco sarebbe andato ad addestrarsi per la guerra.

Scese in strada e si guardò attorno circospetto.

Forse un ricordo del Trentaquattresimo, ma era sempre bene controllare chi ci fosse agli angoli della strada. Iniziò a camminare, e decise di passare prima al bar che di solito era frequentato da lui e dai suoi amici. Magari per rilassarsi bevendo un po' di vodka.

Si accese una sigaretta, e aspirò a pieni polmoni. I suoi non sospettavano che fumasse, ma Reks probabilmente lo aveva intuito. A Reks non la si faceva. Mai. Raiden attraversò la strada, e arrivò al Kristy Bar. Il led azzurro dell'insegna si spegneva e riaccendeva spesso, ma sembrava quasi fatto apposta. Mark, il proprietario, un omone grasso e poco pulito, gli fece un cenno cogli occhi. Stava spazzando il cortile appena fuori il suo locale. Raiden rispose facendo un cenno con la mano, scostò le tendine e guardò a destra, verso i tavolini che i suoi amici solevano occupare.

« Ehi Raiden! Come stai, bastardo?» Lo salutò Jack, seduto assieme agli altri.

«Tutto bene figlio di puttana. E tu?» rispose Raiden sorridendo. Prese una sedia e si mise tra gli amici.

«Non mi lamento. Ma hai sentito della Sesta Via?»

«Quei bastardi hanno fatto esplodere un palazzo!» Esclamò Marcus, guardando verso l'olodisco del bar. Tutti si voltarono lì. Un condominio era stato praticamente disintegrato. Vi erano solo macerie al suo posto. Il trucco del fumo che prendeva forma poi, era vecchissimo. Lo usava anche Raiden a volte, a scuola.

Il biondo chiese della leva obbligatoria, quasi a volersi togliere un peso dallo stomaco.

«Io mi invento qualche malattia. Al limite gli dò il piscio di mio cugino, che ha l'intossicazione...» disse Marcus. «Non è la mia guerra questa.»

«E' vero! Io non ci vado!» gli fece eco Simon.

Mark arrivò come un fulmine. Non ci si sedeva mai al Kristy senza prendere qualcosa. Raiden non aspettò nemmeno la domanda, si limitò a voltarsi ordinando una Vodka 23.

«E te, Raiden?» gli chiese Jack. «Seguirai tuo fratello o te ne resti a casa?»

Raiden rimase muto per qualche secondo. Cercava di capire se dietro gli occhiali scuri di Jack ci fosse uno sguardo di sfida.

«Io ci vado, devo farlo. E' la patria che chiama.»

Sbottarono tutti a ridere. Neanche Raiden credeva a quello che aveva detto.

«Quale patria? Quella che ci stà facendo scivolare sempre di più verso la merda?» chiese Simon, sarcastico.

Raiden prese un'altra sigaretta dal suo pacchetto. Era agitato, e quelli che chiamava “amici” non lo capivano.

Jack si tolse gli occhiali, e li poggiò sul tavolo. I suoi occhi verdi brillarono, illuminati dalla tiepida luce bluastra del bar.

«Piantala Simon. Se Raiden vuole andare, è giusto che sia così. Anche io ci andrò.»

Il gruppetto rimase quasi sbalordito. Jack li osservò uno ad uno. Sembrava sorpreso dalle loro facce. Raiden non se lo sarebbe mai aspettato da Jack. Gli era sempre sembrato una persona superficiale, un buon amico sì, ma superficiale.

«Provo vergogna. Se perderemo e saremo invasi, la colpa sarà vostra e di quelli come voi.» Si alzò e si rimise gli occhiali da sole. Jack li portava sempre. Dal Secondo livello in giù il sole non si era mai visto. Ma lui li portava comunque.

«Ci vediamo, Raiden.»

Poi si dileguò, facendosi avvolgere dal crepuscolo che stava fuori il bar.

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Capitolo 3
*** The Battle of Newburg ***


Capitolo 3: The battle of Newburg

 

Mentre scendeva in picchiata, la tuta si serrò ancora di più per evitare l'assideramento. La radio iniziò a gracchiare dopo pochi secondi che si era gettato dal modulo.

«Spiegate le ali e volate. Dio sia con voi. »

Lo sguardo di Raiden fu attirato dalle scritte sulla manica destra della sua tuta.

Sesto reggimento. Sessantaseiesima divisione. Accanto alla numerazione, un teschio pirata.

Il pugno di Satana, li chiamavano. E avevano ragione.

Il sesto reggimento era tra i più pericolosi al mondo. Il loro addestramento era tra i più duri; dovevano sopportare prove fisiche e psicologiche al limite delle possibilità umane.

Uno di essi consisteva nello spezzare una caviglia al soldato, e fargliela risistemare con mezzi di fortuna. Raiden passò alla grande quella prova. Nemmeno gli innestarono la caviglia bionica, come fecero a molti altri.

«Sessantaseiesima divisione Fantasmi, dirigetevi nel settore Foxthroat e coprite la fanteria.» fece la nave madre, nell'orbita di Terra 2.

«Che mi dite del quarto?» chiese Kai. «Hanno ancora problemi sul crinale vicino New Sidney?»

« Negativo. » risposero. « Stanno avanzando come previsto. »

Solo allora Raiden si accorse che il suolo era sempre più vicino. Lanciò un'imprecazione, e premette sullo stomaco. La bolla antigravità si generò in un millisecondo, e lui atterrò delicatamente sull'arida terra del deserto.

Attivò subito il sistema di localizzazione. Il settore Foxthroat non era così lontano. Nella sua zona erano atterrati solo due compagni. Li chiamò alla radio e gli chiese di andare assieme.

Raiden guardò in alto. Il cielo violaceo di Terra 2 era un pugno nell'occhio come gli avevano descritto. Per il resto, il pianeta sembrava piuttosto simile al pianeta natale degli uomini. Vide due figure stagliarsi all'orizzonte. Controllò il fucile. Carico al massimo, così come la pistola d'ordinanza. Anche il sistema IFF e il dispositivo di occultamento parevano non aver sofferto del lancio. I due erano ormai arrivati.

« Andiamo?» chiese Raiden.

« Non ci presentiamo? » chiese uno dei due, quasi sorridendo. Doveva essere veramente eccitato di essere finalmente sul campo di battaglia. Stolto.

Nessuno dei due gli rispose. Raiden voltò le spalle e iniziò a camminare. «Sono il numero quarantasei.» fece poi.

« Io sono il venti. » rispose quello.

Raiden si voltò verso il terzo del gruppo.

«E tu?» chiese, alzando la visiera dell'elmo.

« Centoventitre. » rispose il tizio, distogliendo lo sguardo.

Raiden sapeva che dal centodieci in poi vi era solo gente poco raccomandabile. Stupratori, assassini, ladri e gente degli ultimi livelli. Reks aveva proprio fatto in modo che Raiden fosse tra i primi cento.

«Sapete perché siamo atterrati qui?» chiese Venti.

« A quanto pare dei venti ci hanno spinto fuori rotta.» rispose Raiden.

«Venti minuti, e saremo al punto di raduno. Da lì, attendiamo istruzioni. Se Dio vuole, avremo preso Newburg in poche ore. Non dovremmo incontrare particolari resistenze.»

«”Preso” è una parola grossa, comandante.» intervenì Centoventitre. «Newburg è da anni grande sostenitrice della dipendenza di Terra 2 dalla Terra. Non vedono l'ora che arriviamo, secondo me.»

 

Passarono il resto del breve viaggio in silenzio. Ogni tanto una volata di vento alzava un po' di sabbia dal terreno roccioso, ma non era nulla di fastidioso. Raiden non osava pensare a Kai. Lui aveva una tuta leggera, quella standard dei Fantasmi. Ma Kai era un marine di sfondamento.

In questo momento starà bollendo dentro quella gabbia...”

 

Arrivarono al centro di raccolta. Ma quello che vide non era minimamente previsto. Centinaia di soldati erano a terra, feriti più o meno gravemente. Le unità mediche correvano da una parte all'altra. Qualcosa era andato decisamente storto.

«Che diavolo è successo qui?» chiese Venti.

«Credo siano stati colpiti dai laser di sbarramento nella mesosfera.» ipotizzò centoventitre.

«Ma i ribelli non hanno antiaeree!»

«Le hanno eccome. Ma sono sotto il nostro controllo, da sempre.» lo contraddì Raiden. «Non possono usarle senza i codici.»

«Si, sicuramente è andata così.» concluse Venti. «Non possono essere feriti di guerra.»

In quell'istante, un soldato trafelato si avvicinò ai tre.

«Sessantaseisimo?» chiese, ansimando.

«Affermativo.» rispose Raiden.

«Dirigetevi a quel capannone laggiù.» fece, indicando in lontananza. «Sopra c'è scritto il vostro numero, sono tutti là.»

I tre andarono nel capannone. Faceva sempre più caldo. La tuta segnava quarantadue gradi centigradi. Kai ormai doveva essersi sciolto. Il capannone era stato costruito sul momento, e un grande telo verde lo ricopriva.

All'interno, centinaia di Fantasmi, che seguivano le istruzioni del maggiore Ryazan. «...signori, quindi è questo il...» il nero fermò il discorso, osservando i tre che erano appena entrati.

«Alla buon'ora, soldati!» esclamò. «Prego, accomodatevi.»

Si sedettero quindi sulle uniche tre sedie rimaste libere.

«Dicevo...» riprese Ryazan. «Dobbiamo supportare i carri e la fanteria. Approccio stealth e invisibilità quanto più possibile. Passiamo dietro le loro linee e facciamo tanto casino. Ci vediamo alle ventidue di stasera, ci caricano sui jet; lì vi spiegherò i piani d'attacco per bene. Entro sei ore, signori, avremo Newburg!»

« Ave! » urlò un soldato.

« Ave! » fecero tutti di rimando.

 

 

Aprì gli occhi che era notte. Sentiva dolore. Era vivo. Si guardò attorno. Decine di corpi. In alto, solo fumo. Macerie ovunque. Odore di sangue, di morte.

Il cielo era plumbeo, anziché viola. Sembravano quelle giganti macchie scure, chiamate nuvole. Mai viste dal vivo.

Era tornato sulla Terra? No, non era possibile. Cercò di alzarsi, ma il dolore alla schiena era troppo forte. Riuscì però a trascinarsi addosso a un muro crollato quasi del tutto. Sentiva rumori in lontananza. Parevano latrati. Forse era qualcuno che si lamentava del dolore. Ma perché era lì? Cos'era successo? Cercò di rimembrare, ma tutto ciò che gli venne alla mente furono immagini distorte dal dolore. Ricordava di essere entrato trionfante a Newburg con il sessantaseiesimo, ma null'altro. Non vi furono massacri o saccheggi. La popolazione festeggiò assieme a loro. Era risaputo che la parte desertica del pianeta vedeva di cattivo occhio il governo di Terra 2. Newburg era davvero una bella città, come gli avevano descritto. Non questo ammasso di macerie che aveva intorno. Ma cos'era accaduto a quella meraviglia di architettura? Newburg aveva grattacieli infiniti, ma anche riproduzioni di opere antiche a ogni angolo. Fontane romane, riproduzioni di monumenti storici della Terra...Aveva tutto questo. Non le macerie.

La tuta era praticamente morta. Sparava valori a caso, e dava posizioni casuali per tutto il pianeta. La radio era muta, ogni tentativo di contatto sarebbe stato vano.

 

Fece forza sul suo fucile, forse l'unica cosa funzionante che gli era rimasta, per alzarsi da terra. Cercò di usarlo come bastone, e si incamminò verso il centro della città, poco distante da quel che ricordava. Doveva solo percorrere una via, quella davanti a lui. Era tutto in frantumi. Le autostrade erano crollate al suolo. Autostrade...a New York erano pezzi di archeologia, e venivano utilizzate solo dal quarantesimo in poi. Tecnologia obsoleta, ma a basso costo.

Profonde crepe si erano formate nel terreno, quasi separavano la via in due. I corpi dei morti iniziavano a puzzare. Quanto era rimasto svenuto? A giudicare dall'arsura e dalla fame, almeno un giorno. Vide un uomo vivo a lato del marciapiede. «Ehi, tu!» sussurrò, con il poco fiato che gli era rimasto in gola. Le corde vocali gli dolsero in maniera atroce, parevano infuocate. Iniziò a tossire senza sosta, ma quando il dolore si fu placato l'uomo era già sparito.

Adesso ho anche le allucinazioni...” disse tra sé e sé.

Un soldato gemeva a terra, senza più le gambe. Doveva avere anche la schiena frantumata in mille pezzi, a giudicare dal modo innaturale con cui era a terra. Notò il biondo, e cercò vano di allungarsi verso di lui. Raiden gli si avvicinò, sempre zoppicando. Erano suoi, i latrati che sentiva prima. Una sofferenza di almeno un giorno; incapace di vivere. Incapace di morire.

Nessuno dei due riuscì a dire niente. Si guardarono solo negli occhi; sguardi che valsero più di mille parole. Sofferenza e compassione si liberarono in Raiden. Sapeva cosa chiedeva quel ragazzo. Raiden imbracciò il fucile, lo puntò e fece fuoco. Un baleno azzurro colpì e trapassò il cranio del giovane a terra. Aveva posto fine a una vita di sofferenze, prima che iniziasse. Sempre se fosse sopravvissuto.

Raiden arrivò finalmente alla piazza centrale di Newburg. Non vide null'altro che desolazione e morte. I corpi di civili e militari erano ovunque. Controllò la targhetta di qualcuno lì vicino. Come temeva, erano tutti del sessantaseiesimo. Iniziò a piovere, all'improvviso. Raiden si accasciò a terra, senza più forze.

Era solo, in una città di morte e polvere. Perché doveva essere sopravvissuto proprio lui? Perché Dio aveva voluto questo? Perché questo sterminio?

Raiden cercò di concentrarsi su Monil, ma la sua mente lo portò a Reks.

Le lacrime sgorgarono, e si mescolarono alle pesanti gocce di pioggia. 

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