I giorni seguenti furono
per Ryan
talmente irreali da sembrare quasi un sogno. Continuava con la solita
vita di sempre, con il solito lavoro di sempre. Fortunatamente non
c'erano casi molto complicati da risolvere ....a dire il vero c'erano
proprio pochi casi da risolvere e l'attività lavorativa si
limitava alle procedure di routine, il più delle volte ad
analisi da compiere per prove da portare in tribunale o per cercare di
fare luce su vecchi casi mai risolti.
Ma lui si sentiva come sospeso, come in bilico fra quella
normalità
e la snervante attesa di quello che sarebbe accaduto, di cosa sarebbe
accaduto, di come sarebbe accaduto; perché qualcosa doveva
accadere, la lettera di Sarnoff non lasciava spazio a dubbio alcuno. E
se da un lato Ryan era contento di avere mandato sua moglie e sua
figlia lontane da ogni pericolo (così, almeno, sperava);
dall'altra parte si sentiva solo, stramaledettamente solo. E poco
serviva che i colleghi lo invitassero, a volte, a cena o a bere
qualcosa, poco importava sapere che, notte e giorno, c'era sempre
qualcuno: Walter, o Eric, o Frank o addirittura Horatio, che lo
teneva d'occhio da lontano pronto ad intervenire. A lui mancava il
calore e l'amore di sua moglie, gli mancava avere qualcuno che lo
capisse al volo e lo tirasse su di morale nei momenti più
bui; gli
mancavano le risate, i giochi e le coccole di sua figlia e quel modo
tutto speciale che hanno i bambini di farti dimenticare ogni
preoccupazione. E certe volte si domandava come aveva fatto, prima, a
cavarsela da solo, si rendeva conto che non riusciva
più
a farcela; desiderava, ogni giorno di più, che la resa dei
conti
arrivasse, finalmente, almeno sarebbe finito tutto in un modo e
nell'altro.
E al tempo stesso aveva paura, non tanto della morte in se e per se,
quanto del modo
in cui sarebbe potuta arrivare e pregava in cuor suo che, se davvero
era giunta la sua ora, almeno potesse essere il meno doloroso
possibile.
Il volo per Puerto Rico era stato tranquillo, senza alcun problema.
Erano arrivate che faceva già piuttosto tardi per cui
Natalia,
sua sorella Anjia e la sua figlia adottiva Olivia, si erano cercate un
bel posticino in cui cenare e avevano poi preso possesso della casa di
Eric che era molto, molto carina.
"Anche se è arredata in modo molto maschile" aveva
sentenziato Anjia osservando con attenzione mobili e suppellettili;
Natalia aveva soffocato un risolino, conosceva molto bene Eric e la
casa aveva un qualcosa che rispecchiava pienamente la
personalità del suo proprietario.
Proprio quella sera, nel mettere Olivia a letto, Natalia
accusò
uno strano malessere, una specie di nausea; diede colpa alla cena
(vuoi vedere che il pesce non
era fresco e mi sono intossicata),
cercò di mandare giù qualcosa di alcolico per
vedere di
alleviare il malessere e di dormire meglio e si coricò,
sicura
che l'indomani non avrebbe avuto più niente.
Ma si sbagliava; quello strano malessere era sempre presente e
sembrava, piuttosto peggiorare anziché risolversi.
Una mattina mentre era in spiaggia intenta a giocare con Olivia, le
venne un forte capogiro. Si fermò e dovette sedersi sulla
sabbia;
"Mamma?" chiese Olivia "perché ti sei seduta"
"Piccolina, la mamma non so sente tanto bene. Vai a cercare zia Anjia e
falla venire qui e....." questa volta il capogiro si
ripresentò
più forte e la nausea diede luogo a un conato quasi di
vomito
"....e dille di portarmi da un medico o in ospedale"
Olivia non rispose, era spaventatissima e non sapeva dove andare, cosa
fare, rimaneva come pietrificata a guardare la sua mamma che
stava male. Fortunatamente, proprio in quel momento, Anjia
ritornò
dalla sua passeggiata sulla battigia. Si fermò,
capì che
sua sorella non stava bene e che sua nipote era molto confusa, prese
il telefonino e chiamò immediatamente il pronto soccorso.
Gli avevano fissato, con dello scotch, una ricetrasmittente
proprio al centro del torace, vicino al cuore;
"Questa, però, è solo una specie di specchietto
per le
allodole" aveva sentenziato Horatio mentre Ryan guardava l'apparecchio
fissato sulla sua pelle "di sicuro la troveranno
immediatamente, perché si aspettano di trovarla. Questa e il
cellulare sono le prima cose che si preoccuperanno di fare sparire. Ma
non hanno pensato a questo" e Horatio tirò fuori un
piccolissimo
oggetto grande ancor meno di un bottone da polsino "questa è
una
trasmittente miniaturizzata. Te la posizioneremo nel premolare a perno
che hai nell'arcata inferiore, quello che sostituisce uno dei due denti
che hai perso....diciamo in servizio.....tranquillo, figliolo, non
sentirai alcun male, ti portiamo da un bravo dentista che ti
farà l'anestesia e tutto il resto".
(Sta bene, pensò
Ryan
, solo che quando
l'ho perso, il dente, mica ce l'avevo l'anestesia. )
Una volta debitamente incapsulato, si accorse che se lo
sentiva bene, il nuovo dente, non gli dava alcun fastidio,
come se fosse da sempre parte di se. Certe volte non gli
sembrava
nemmeno di averlo, a meno che la vicinanza ad un campo magnetico o a
una forte fonte di energia elettrica non mandasse
l'apparecchio in tilt;
allora cominciava a fischiare in modo veramente insopportabile. Ma
erano casi veramente rari.
E poi venne il fatidico giorno.
Ryan stava raccogliendo delle prove all'esterno
di un edificio, mentre Eric era andato a cercare di carpire qualche
notizia dalle persone che abitavano nel vicinato, quando
sentì
distintamente un qualcosa di duro e freddo premergli sulla parte
posteriore del collo;
"Okay, signor Wolfe" la voce che parlava aveva un forte accento slavo
"ti conviene non stare a fare tanto il furbo, hai un coltello puntato
sulla tua nuca...ora ci mettiamo a camminare lentamente, molto
lentamente....attento che se ti muovi sei morto"
Ryan, per un attimo, considerò l'idea di cercare di scappare
(tanto sono morto lo
stesso)
ma quello spirito di conservazione innato in ognuno di noi
glielo
impediva. Non poteva fare altro che sperare che Eric fosse negli
immediati
paraggi e potesse accorrere in suo aiuto, ma non riusciva a
vederlo.....peraltro non si poteva nemmeno voltare a cercarlo,
né mettersi ad urlare con quel coltello che gli premeva
sulla
pelle. Fu così che si lasciò condurre fino ad
un Van parcheggiato
poco lontano e chiudere nell'ampio cassone.
Eric, di ritorno da suo giro di interviste, fece appena in tempo a
vedere che lo spingevano dentro al veicolo e che lo portavano via.
Giusto il tempo di salire sulla sua Hummer, mettere in moto e
lanciarsi all'inseguimento e il Van si vedeva appena. Era
già lontano.
"Horatio" esclamò un concitato Eric al telefonino, ci siamo:
lo
hanno presto. Sono all'inseguimento, sembrano dirigersi fuori
città, verso gli Everglades.....riuscite a rintracciarlo?
Riuscite a rintracciare me?"
"Sì, Eric, stiamo cercando la connessione. Purtroppo non
riusciamo
a rintracciare Wolfe. Continua l'inseguimento ma non intervenire da
solo, ok? quella è gente spietata"
"Va bene!" rispose Eric. Ma non era tanto convinto. (
E se lo uccidono?, pensava
, dovrei vederlo ammazzare senza
fare niente?). Non aveva, però, tempo per
rfletterci sopra, doveva stare attento alla strada e seguire quel
maledettissimo Van.
Come previsto da Eric, si fermarono nelle paludi degli Everglades; il
cubano parcheggiò l'autovettura in un luogo poco
visibile e si mise in attesa, senza
comunque staccare gli occhi dal furgone.
L'autista scese dal posto di guida, aprì il portellone
posteriore e due uomini, uno dei quali era Ivan Sarnoff,
portarono
fuori Ryan.
Wolfe aveva la camicia aperta sul petto
(allora gli hanno trovato la
trasmittente, come previsto) e
la stessa era strappata in più punti, guardandolo Eric si
rese
conto che barcollava e quasi incespicava sui piedi. Lo avevano
malmenato, questo era chiaro, Ryan non era uno che se ne stava
tranquillo, aveva quella maledetta mania di provocare e sfottere e i
russi di sicuro non dovevano avere preso in grande simpatia il suo modo
di fare.
Gli avevano legato i polsi con del fil di ferro e lo avevano fatto
inginocchiare a terra;
"Bene, signor Wolfe" era Ivan Sarnoff a parlare "la tua ora
è
giunta. Se vuoi puoi pregare.....immagino che ti dispiacerà
lasciare quello schianto di moglie che ti sei trovato....che ci
troverà in te, poi...mah...L'hai fatta andare via, eh? Lei e
la
bambina.....ma vedrai che riuscirò a trovarle, prima o poi,
e
allora sì che ci sarà da divertirsi.....eh....ci
sarà da divertirsi un mondo." e il russo
sghignazzò
allusivamente;
"Brutto bastardo! Le devi lasciare stare!" Ryan gli sputò
addosso e fece quasi per alzarsi e lanciarsi contro Sarnoff, ma due
mani
forti lo spinsero nuovamente sul terreno, buttandolo a terra mentre
alcuni
calci ben assestati lo colpivano direttamente sulle costole. Gemette
dal
dolore per le botte e gemette una seconda volta quando una presa
fortissima per i capelli lo riportò in ginocchio. Lo
scagnozzo
di Sarnoff sfilò dalla tasca una Glock
(noto tipo
di pistola n dr)
e gliela puntò verso la tempia.
"Addio, signor Wolfe."
"BANG!"
Lo sparo risuonò inesorabile e l'uomo che aveva Ryan sotto
tiro
cadde a terra, Wolfe si lasciò cadere anche lui, per
proteggersi. Riuscì a rendersi conto che Eric era
alle sue spalle e che lo sparo che aveva ucciso il russo proveniva
dalla sua pistola. Intuendo
quello che sarebbe accaduto immediatamente dopo, gridò:
"Eric, attento!";
ma il cubano si era già sdraiato a terra per
schivare il proiettile indirizzato a lui e continuava a
sparare.
Quasi contemporaneamente si sentirono altri spari; Ryan si ritrovava a
terra, steso su di un fianco, con le mani legate dietro alla schiena,
in una posizione scomoda e insicura. Non riusciva a
rannicchiarsi
a dovere, non poteva usare le braccia e le mani per proteggersi la
testa; più cercava
di liberarle e più il filo di ferro si stringeva
intorno
ai suoi polsi al punto che aveva iniziato a penetrare nella pelle e
gli bloccava la circolazione. L'unica cosa in cui sperava
era di
avere la fortuna di non essere colpito da alcun proiettile.
"Eric, Eric! cosa succede?" gridò Wolfe ma non ebbe alcuna
risposta.
Poi la sparatoria cessò.
I tre russi giacevano a terra morti.
"Eric, ragazzo mio, stai bene?" Horatio si era chinato sul cubano per
accertarsi delle sue condizioni; fortunatamente erano riusciti ad
arrivare in tempo altrimenti sia Eric, sia Ryan sarebbero stati
ammazzati;
"Sì, Horatio, sto bene....tutto a posto. Certo che ce ne
avete messo di tempo! " chiese Delko;
"Scusa Eric, ma la ricetrasmittente non mandava il segnale";
"Quella nel dente? non dirlo a Wolfe o diventa matto! " fece per ridere
ma cambiò immediatamente espressione, il suo viso si fece
serio
mentre chiedeva: "Wolfe....come sta? E' ferito?"
"Non lo so....ci sono Frank e Walter con lui".
"Ryan, Ryan, rispondi....dai Ryan!" Walter si era seduto a terra
per poter controllare meglio le condizioni del collega. Aveva
il
viso ed il corpo ricoperti di lividi ed ecchimosi, ma non sembrava
avere ferite gravi;
"....Walter....." la risposta arrivò dopo qualche minuto e
quasi sottovoce;
"Ryan, figliolo....sei ferito?" questa volta era stato Frank a parlare;
"Non credo, però non mi sento le mani." Wolfe aveva
recuperato un minimo di voce "Ti prego Frank: liberami i polsi";
"Oh, merda!" fu l'osservazione del maturo agente alla vista dei polsi
di
Ryan serrati nel fil di ferro, che ormai gli aveva bloccato la
circolazione, tanto che le mani erano diventate cianotiche,
"Walter, aiutami a liberargli i polsi!".
Piano piano, con delicatezza, riuscirono sciogliere i lacci, ci volle
del tempo dato che, realmente, erano entrati nella pelle, arrivando
anche a tagliarla in più punti, tanto che usciva il
sangue
e si vedevano alcune piaghe. Finalmente le mani di Ryan furono libere.
Egli sussultò brevemente, notando i lividi e i segni sui
propri
polsi, ma si sentì anche sollevato dal fatto che
lentamente cominciava a riacquistare sensibilità nelle mani.
Walter lo aiutò ad alzarsi, sorreggendolo poi, nel frattempo
erano arrivati anche Horatio ed Eric.
"Ryan, come stai?" chiese Delko "tutto bene?"
"Sì Eric, sto bene.....almeno credo....devo
ringraziarti,
amico mio, hai rischiato la tua vita per me. Senza il tuo aiuto non so
se ce l'avrei fatta."
"Non avrei mai potuto....mai, Ryan, lasciare che ti ammazzassero come
un cane. Non ce l'avrei fatta a vederti morire davanti ai miei occhi";
il cubano pose la propria mano sulla spalla del collega e lo
attirò a se per un abbraccio fraterno, sentì che
stava tremando e lo rassicurò:"E' finita, Ryan, tranquillo,
è finita"
"Sì, è finita, almeno lo spero......" disse poi
Ryan, e, cercando di recuperare un certo spirito, "certo
che
quando morirò.....voglio andare in Paradiso,
perché
all'inferno ci sono già stato oggi";
"Signor Wolfe" intervenne Horatio "vedo che la voglia di scherzare non
ti manca......spero che sia un buon segno!" poi, più piano,
con fare paterno
"figliolo, scusaci se non siamo intervenuti prima."
"Non importa; siete arrivati al momento giusto..... grazie, grazie di
tutto";
"Ed, ora, Signor Wolfe, devi andare a farti medicare i lividi e le
abrasioni ai polsi, poi vieni nel mio ufficio"
Era già tarda sera quando Ryan entrò nell'ufficio
di Horatio;
"Signor Wolfe" esordì il luogotenente in modo quasi
distaccato, per poi cambiare subito atteggiamento e
rivolgersi più
dolcemente al suo agente "Ryan, ragazzo mio, stai bene?" avuto un cenno
affermativo come risposta, continuò: "Figliolo,
grazie a te e a quell'altro zuccone di Eric siamo
riusciti a liberarci di Ivan Sarnoff e a mandarlo al demonio.
Complimenti, hai fatto un ottimo lavoro"
"Allora, posso fare tornare Natalia e Olivia?" Ryan non vedeva l'ora di
riabbracciare la sua famiglia;
"Sì, certo... ma ho un'altra proposta da farti....Ti do' due
settimane di ferie e le raggiungi. Questa faccenda ti ha di sicuro
provato e hai bisogno di un po' di riposo....te lo meriti"
Ryan guardò Horatio con gratitudine, quasi incredulo
dell'offerta che gli era stata fatta, e gli disse:
"Grazie, Horatio, grazie veramente....però posso chiederti
una cosa?"
l'altro rispose affermativamente con un cenno del capo;
"Non dire niente a Natalia, se la chiami...voglio farle una sorpresa ed
essere io il primo a dirle che è tutto finito"
"Okay, figliolo....e ora vai.....avrai da fare e dovrai
sbrigarti se vuoi riuscire ad imbarcarti domani"
Natalia era in casa da sola, quel pomeriggio. Anjia e Olivia erano
andate in spiaggia ma lei aveva preferito rimanere tranquilla
a
casa. Se ne stava sdraiata sul divano, intenta a leggere un libro,
quando
sentì bussare alla porta; andò ad aprire e,
lì
davanti a lei, un po' pallido, col viso segnato ma sorridente, c'era
suo marito.
"Oh" fu più un grido che un'esclamazione "Ryan! Ryan, Ryan,
Ryan......"; continuava a ripeterne il nome all'infinito come un mantra
mentre gli buttava le braccia al collo e gli occhi le si riempivano di
lacrime;
"Va tutto bene.....Nat..... va tutto bene" ripeteva lui stringendosela
forte al petto "tranquilla, va tutto bene...ssshhh non piangere, sono
qui, qui da te......sto bene, sono salvo ....
siamo salvi ....va tutto
bene, va tutto bene, amore mio"
e la stringeva sempre più forte, mentre le baciava la
fronte, i capelli, le guance umide di pianto.
Rimasero abbracciati a lungo e avrebbero potuto rimanere allacciati a
quel modo per ore....per l'eternità, forse, se non fosse
stato
per una voce di bambina proveniente dalla strada;
"Papi! papi! sei qui! sei qui!!!" Olivia, di ritorno dalla spiaggia,
aveva lasciato Anjia dietro di se e incominciato a correre verso Ryan.
Questi, sentendola arrivare, si sciolse delicatamente dall'abbraccio di
sua moglie per correre incontro a sua figlia;
"Patatina, patatina mia!" la chiamò ridendo, ma aveva gli
occhi
umidi, mentre la prendeva in braccio, la sollevava come al solito
e le dava un grosso bacio sulla guancia "la mia bimba! la mia bimba
speciale.....come stai, patatina mia? Bene? sì ....si vede
che
stai bene", la guardò con estrema tenerezza;
"Il mio papi!" rispose la piccola "sono così felice che tu
sia
qui, papi.....tanto tanto felice. Mi sei mancato, mi sei mancato un
sacco....ma ora sei qui, ora sei qui....." e la piccola
appoggiò la testa sulla spalla del proprio padre ansiosa di
ricevere baci e coccole ......che, peraltro, non tardarono ad arrivare.
Ryan non più ebbe modo di parlare da solo con Natalia fino a
sera tarda quando entrambi stavano per andare a letto; lui era
già disteso con la schiena appoggiata al cuscino, a
petto
nudo e sopra le lenzuola mentre lei, in top e calzoncini, si
stava coricando......lo guardò bene, notando i lividi sul
corpo,
oltre a quelli sul viso, e i polsi escoriati e bluastri,
prese le
mani di lui nelle proprie e se le portò entrambe
alle
labbra per baciargli i lividi e le escoriazioni, poi gli si
accoccolò vicino.
"E' stata dura?" gli chiese accarezzandogli il viso;
"No, non tanto" fu la risposta ma il viso di lui si era come oscurato;
"Non mentirmi.....te lo leggo negli occhi";
"Non riesco mai a fregarti, vero? E' stata dura, sì....e la
cosa più difficile è
stato non averti con me.....sei tu la mia forza, Natalia.....sei tu che
mi dai il coraggio, sei tu la parte migliore di me. Quello che ho fatto
l'ho fatto per te, per te e per la
nostra piccolina.....e, nonostante sia stato difficile, lo rifarei non
una,
ma cento volte";
"Vuoi parlarne?"
"Non ora ....ora voglio solo abbracciarti", Ryan socchiuse gli occhi e
la strinse forte a sè; avrebbe voluto fare
l'amore....ma Natalia, percependo l'eccitazione
di suo marito, fece in modo di sciogliersi dall'abbraccio;
"No, Ryan, non lo possiamo fare.....non possiamo fare l'amore per
almeno due mesi"
"E perché?" lui era estremamente stupito e meravigliato che
sua moglie lo respingesse;
"Perché aspetto un bambino!" fu la risposta pronunciata
sottovoce, quasi fiocamente ma con grande dolcezza;
"Un bambino?!!! ma com'è possibile?....tu non puoi avere
bambini, Natalia"
"E' quello che ho detto al medico, qui in ospedale.....ma le analisi e
gli esami parlano chiaro: sono incinta......lo so sembra assurdo.....ma
è così....qui non se lo sanno spiegare, dicono
che
è stato un
miracolo."
"Non ci credo, non è possibile......sarebbe troppo bello,
troppo
bello avere un altro bambino....non è possibile...non
è
vero!"
"Ma devi crederci, amore mio, è la verità. Daremo
un
fratellino a Olivia....fra otto mesi, se tutto va bene......spero solo
che
non ci siano problemi." Natalia si rabbuiò per un attimo
"Vedi,
la mia è una gravidanza di quelle a rischio,
così mi hanno detto, date le mie condizioni. Tu mi
dovrai aiutare.....devo stare a riposo, non affaticarmi, evitare le
emozioni forti e non
potremmo fare l'amore fino al compimento del terzo mese"
"Certo che ti aiuterò. Non mi pesa prendermi cura di te e
non mi importa dei due mesi di astinenza: la cosa
veramente importante è che state bene tu e il
bambino" tacque per qualche secondo e poi continuò "vedrai
che andrà tutto bene e nostro figlio nascerà
senza problemi......sarò padre.....nuovamente
padre....è
bellissimo, davvero è un miracolo. Il miracolo
dell'amore.....".
Ryan
pose il proprio palmo aperto sul ventre di sua moglie accarezzandolo
delicatamente; "il nostro bambino....." proseguì "....qui
c'è il nostro bambino....dormi bene, piccolino, cresci in
fretta. Il tuo papà non vede l'ora di abbracciarti" poi,
rivolto
verso Natalia, "Olivia lo sa già?";
"No....glielo diremo insieme. Tu ed io com'è giusto che
sia......Ryan sai di che cosa ho avuto paura?"
"No, di cosa?"
"Di doverglielo dire da sola! Temevo che tu non ne uscissi vivo e non
so, davvero non so che cosa avrei fatto senza di te....non so
se ce l'avrei fatta a crescere i nostri figli da sola!" e Natalia
versò alcune lacrime, sommessamente.
Ryan la strinse a se' e le disse:
"Sssshhh, Nat, va tutto bene. Sono qui, qui con te....li cresceremo
insieme i nostri bambini.....stai tranquilla, ora....ci sono io.....ci
sono qua io a prendermi cura di te e dei bambini....non sei sola. Non
sarai sola mai; resterò sempre con te.....Ti amo,
Natalia....ti amo
tanto....immensamente.....immensamente".
La tenne a lungo fra le sue braccia, accarezzandola e baciandola e
felice di ricevere a sua volta baci, coccole e carezze. Poi la
sentì rilassarsi sempre più e si accorse, dal suo
respiro lento, che si era addormentata.
Steso sul letto con sua moglie fra le braccia e il miracolo di una
nuova vita che stava per nascere, Ryan si scoprì
ancora incredulo del
grande dono che aveva ricevuto. Già si riteneva felice e
soddisfatto di avere una figlia adottiva che lo adorava letteralmente
ma ora....un figlio, un altro bambino in arrivo.......e
nonostante tutto. Era tutto troppo bello, troppo perfetto, non poteva
crederci.
E invece era vero, reale; era una benedizione, un miracolo.
Il miracolo dell'amore.
The
miracle of love
Will
take away your pain
When
the miracle of love
Comes
your way again.
Lunghetto eh? ...scusate
ma non volevo
spezzarlo spero che non vi rompiate troppo a leggerlo.....allora
cominciamo con le spiegazioni, la canzone "The miracle of love"
è degli Eurythmics, è bellissima, vecchiotta e mi
è venuta in mente mentre scrivevo il capitolo qui, se
volete c'è il link http://www.youtube.com/watch?v=s901V3GvELQ
Lo so, lo so che probabilmentela gravidanza di Natalia non
regge dal punto di vista medico e
che è una cosa manifestamente illogica che lei abbia un
figlio....ma alla fine mi è uscita questa cosa e spero
(ancora?) che non la troviate troppo assurda.
Mi scuso anche per il ritardo con cui l'ho postato ma è
stato un
po' difficile da mettere insieme e poi sono stata in vacanza per una
settimana ed è stata vacanza da tutto, anche da internet.
Bene saluto tutti e soprattutto le due più grandi fan delle
mie
Wolvista ovvero Mick (il kiwi ormai è buono per farci la
marmellata :D ) e la mia nuova, affezionatissima, fan
SuperCsi.....
ma siete tutti benvenuti a leggere e recensire
A presto
Love
Jessie