Nerd

di icantwritebutitry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Pioggia e zuppe calde ***
Capitolo 3: *** Volumi che cadono rovinosamente ***
Capitolo 4: *** Quarantacinque minuti ***



Capitolo 1
*** Intro ***


Mi chiamo Alessandro, ho sedici anni e posso affermare con fierezza di non essere l'adolescente medio. Tutti i ragazzi della mia età che conosco giocano a calcio tutto il pomeriggio, non studiano, usano un linguaggio giovanile, che consente perlopiù in bestemmie e “complimenti” alle ragazze. La maggior parte esce il sabato sera e si ubriaca, “scopa”, ha un telefono cellulare di ultima generazione, un taglio di capelli uguale a quello di metà dei calciatori della serie A ed un paio di pantaloni di parecchi centimetri sotto la vita.

Io non sono così.

Per cominciare, non ho amici. Non ho mai cercato seriamente di creare un legame duraturo con qualcuno. La persona che più si avvicina ad un amico è il mio compagno di banco, ma non ho neanche il suo numero, quindi non credo conti.

Secondo, non mi piace il calcio, non ho mai bevuto un alcolico in vita mia, né mai baciato una ragazza.

Sono uno sfigato secondo tutte le persone che conosco, anche quelle con cui non ho mai parlato ma che si permettono di dare giudizi sul mio conto. Sinceramente, non mi interessa granché. Ho imparato a non importarmene, perché è questo che si fa, dopo anni passati ad essere presi in giro: o si muore o si impara a fregarsene, e io non ho mai pensato che qualche insulto valesse una vita umana, quindi sono ancora qui, con sommo dispiacere di un paio di persone che conosco.

Oltre che come sfigato, vengo spesso catalogato come nerd senza vita sociale. Il termine nerd mi piace già di più, credo di esserlo davvero: passo intere giornate al computer giocando a World of Warcraft, leggo tantissimi libri fantasy, moltissimi fumetti e parecchi manga.

Sono una persona diversa, in sostanza, talmente tanto che sono arrivato a sedici anni senza aver conosciuto qualcuno con le mie stesse passioni (escluse tutte le persone con le quali ho giocato ai Giochi di Ruolo online).

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Capitolo 2
*** Pioggia e zuppe calde ***


Oggi è un piovoso venerdì di fine settembre. Arrivo a scuola, in anticipo come sempre, pulisco gli occhiali dalle gocce di pioggia e mi siedo al mio posto. Aspetto che la lezione cominci, e nel mentre vedo alcuni miei compagni che hanno già preso a ridere. A ridere di me. Credo lo facciano ogni giorno da tre anni, e mi chiedo se non siano stanchi. Mi reputano un nerd senza vita sociale, eppure devo essere un minimo interessante, dato che sembra ci sia sempre un nuovo motivo per ridere di me. Ormai mi hanno già preso in giro per tutto, dal mio modo di vestire e di tenermi curato allo zaino che uso per andare a scuola (non ho nemmeno un Eastpak, che eresia!) e non capisco che cosa ci sia ancora di così divertente. Spesso divento noioso e allora via, partono con gli scherzi. Mi hanno giocato davvero dei brutti tiri, come quella volta in cui mi sporcarono i jeans di senape. O quando mi strapparono dalle mani un libro della Rowling, aggiungendo “Harry Potter è da bambini, cresci e scopati qualcuna!”, bruciandolo. Non lo dimenticherò mai. Il professore finalmente arriva in classe ed iniziamo la nostra lezione di Inglese. Qualche ora dopo sono fuori. Arrivo a casa e mi stendo sul letto, totalmente noncurante della zuppa di mia nonna in cucina. Mi urla qualcosa in dialetto veneto e capisco che devo alzarmi. Mia nonna, una donna veneta bassa, magra, curata e sempre piena di gioielli mi dice qualcosa che non capisco. -Come, nonna?- le chiedo. -Ho detto “com'è andata a scuola?” È la terza volta che te lo chiedo! Ho sessantadue anni ma tu sei più sordo di me, caro!- dice lei, quasi urlando. -Oh, bene!- rispondo. Mi guarda per un attimo. -Non me la conti bene, ragazzino. Guardami negli occhi- dice prendendomi il mento con una sveltezza tale che per poco non sputo la zuppa. -Non avrai mica preso un brutto voto a scuola?- sembra preoccupata. -No, nonna, te lo giuro, non è successo nulla- ripeto, continuando a mangiare. -Lo sai che alla nonna lo puoi dire, vero?- ha uno sguardo enigmatico, che faccio fatica a decifrare. -Nonna io a te direi qualunque cosa e lo sai benissimo!- -Bravo il mio nipotino! Ora continua a mangiare-. Incredibile il modo in cui riesce a passare da investigatrice a nonna apprensiva. Finita la zuppa, torno in camera. Fuori continua a piovere. Prendo una sedia dalla quale scaravento i panni sporchi e mi siedo davanti alla finestra, ad osservare rapito la pioggia fitta che cade a pochi centimetri di distanza da me. Amo la pioggia, rende magiche un po' tutte le cose.

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Capitolo 3
*** Volumi che cadono rovinosamente ***


È sabato sera e non so come passarlo: ho finito tutta la serie di Doctor Who due settimane fa, non ho più nessun libro da leggere, stessa cosa per i manga. Ho iniziato e finito tutti i miei videogiochi almeno due volte e la connessione Internet è saltata, quindi non posso connettermi e perdere le ore gironzolando sui siti, come sono solito fare. Guardo l'orologio: le 20.37. Ho un'idea folle. Senza pensarci neanche un minuto, mi rivesto e prendo ombrello e portafogli. Mi dirigo a passo svelto in salotto, dove mia nonna sta guardando un programma diretto da Carlo Conti. -Nonna, esco!- annuncio sorridente. -COSA?- urla saltando giù dalla poltrona. -E dove vai? Guarda fuori dalla finestra: piove a dirotto!- -Me ne vado in libreria, nonna- annuncio mentre mi lego le scarpe. -Torno prima delle dieci, tranquilla- cerco di rassicurarla. Mia nonna si avvicina a me. -E come mai esci, signorino?- mi guarda accigliata, con le mani sulla vita e uno sguardo a metà fra il sinceramente curioso e l'arrabbiato. -Ho finito i libri da leggere e non so cosa fare. Dai, nonna, lasciami andare, non esco mai!- per un attimo temo non mi lascerà. Poi sbuffa, maledicendosi per essere stata troppo buona. -Torna prima delle dieci o non vedrai mai più la luce del sole!-. La ringrazio e mi chino a darle un bacio sulla guancia. Prendo le chiavi di casa e me le ficco in tasca, scendendo velocemente le scale. Prima di aprire il portone, guardo fuori. Sta ancora piovendo, ma più debolmente. Mi guardo le scarpe. Mi sa che ho fatto male a mettermi le Converse. Inizio a camminare velocemente per la strada semi deserta, con l'ombrello aperto e la mano destra in tasca. Mi sto dirigendo verso il cinema della mia città. Sì, il cinema: è lì che voglio andare. Dentro quella struttura c'è la libreria più bella di tutta la città (e, a quest'ora, l'unica ancora aperta). Cammino per altri dieci minuti, preparando una lista dei libri e dei fumetti che devo comprare. La lista include tre libri di George R. R. Martin e due di C. S. Lewis, più il penultimo fumetto di Scott Pilgrim. Arrivo davanti al cinema, pregando di avere abbastanza soldi, ed entro. Sono subito travolto da un'orda di voci di persone di tutte le età, che discutono sul film da guardare e sull'orario, su quanto si farà più tardi e addirittura sui pop corn e le bibite da prendere. La facilità con cui certe persone riescono a crearsi problemi inutili spesso mi sorprende. Ignoro come posso tutte le persone in coda e mi dirigo verso la libreria. Entro e mi sento come a casa. La libreria è molto più calma rispetto al cinema: c'è poca gente gente e si respira un'aria decisamente più tranquilla. Stimo una quindicina di persone, lì dentro, non di più. Saluto con un timido sorriso il cassiere e mi dirigo verso il cosiddetto reparto fantasy, che consiste in mezzo metro di “scaffale” e in un sacco di libri accatastati, ammucchiati l'uno sull'altro. Prima di mettermi alla ricerca dei fantasy, decido di prendere il fumetto. Eccolo, il penultimo fumetto di Scott Pilgrim, a colori. Mi guarda e sembra quasi chiamarmi. Allungo la mano e sto per prenderlo quando... -Oddio, scusami!- mi giro verso la voce. Una ragazza di una decina di centimetri più bassa di me, occhi verdi e naso piccolo mi osserva, incuriosita ed impaurita allo stesso tempo. -Stavi... ecco stavi... per prenderlo?- mi domanda balbettando, indicando il volume. -Be', sì... ma sono sicuro ce ne sia un altro!- le rispondo imbarazzato. Mi metto a cercare velocemente fra gli altri volumi, ed intanto riesco a farne cadere rovinosamente almeno cinque. La ragazza soffoca una risata e mi aiuta a raccogliere i fumetti, che continuano a cadere. Alla fine, le porgo il volume tanto atteso. -Grazie- mi dice. Mi tende la mano. -Mi chiamo Ilaria, amante di Scott Pilgrim! Tu?- -Alessandro- bisbiglio. Ilaria resta con la mano a mezz'aria e, quando capisce che il saluto non verrà ricambiato, si affretta ad abbassarla. -Oh... bel nome- commenta, in evidente imbarazzo. -Ti ringrazio... anche il tuo non è male- Restiamo qualche secondo così, e comincio a pensare potrei essere incoronato “Re del Disagio”. -Scusa, non sono abituato a parlare con le persone...- inizio io, proprio mentre lei mi chiede qualcosa che non riesco a capire. -Come?- chiediamo all'unisono. Ilaria si mette a ridere. -Ti ho chiesto quali altri passioni avessi all'infuori di Scott Pilgrim- mi sorride. Ha un sorriso contagioso. -Oh, be', solite cose: videogiochi, libri fantasy, manga... tu?- mi guarda rapita. -Dimmi che non stai scherzando- il suo sguardo è fisso su di me. -No, perché dovrei?- le chiedo serio. -Abbiamo esattamente le stesse passioni- credo faccia fatica a crederci. Anche io, del resto. -Davvero? Non mi era mai capitato- le dico. -Neanche a me- -Dovremmo conoscerci- propongo. Ho parlato senza pensare, diamine! Ho paura di quanto dirà. C'è qualche secondo di silenzio. -Sto andando a vedere un film, vuoi accompagnarmi?- mi chiede. -Sì- le rispondo. Ci avviamo alla cassa per pagare lo stesso fumetto. L'immagine di mia nonna di fronte al televisore ed alla carnagione abbronzata di Carlo Conti mi passa per la mente. -A che ora finisce?- chiedo improvvisamente. Ilaria guarda sul biglietto. -Dieci e un quarto!- risponde. Paghiamo ed usciamo. Mi metto in coda alla cassa, pensando a quanto è successo in pochi minuti e a dove sono. Sono in coda nel cinema della mia città, sto per pagare il biglietto per vedere un film di cui non so nulla, con una ragazza incontrata neanche dieci minuti fa, che potrebbe avermi mentito su tutto e che potrebbe essere una spia reclutata da qualcuno, per rapirmi e fare esperimenti umani sul mio corpo in trance. L'idea mi gira in testa per un paio di minuti, finché Ilaria non mi esorta a comprare il biglietto. Un'ora dopo siamo fuori dal cinema. Ha finito di piovere, ed un piacevole odore di asfalto bagnato ci riempie le narici non appena usciamo. -È stata una bella esperienza- mi dice. -Già, anche per me- -Ti va... ecco... ti andrebbe di ripeterla? Magari la prossima volta ci troviamo in un parco, però- mi propone lei. Non ci penso un attimo. -Certo! Quando e dove?- -Lunedì, alle quattro. Possiamo trovarci al parco e poi fare un giro- -Perfetto, ci sto!- annuncio. -Mi dai... ehm... il tuo numero di telefono? Così, sai, nel caso non ti trovassi...- Ci scambiamo i numeri e ci prepariamo per l'arrivederci. -Be', allora... a lunedì- annuncio. -A lunedì!- risponde mettendosi a camminare nella direzione opposta alla mia. Percorro qualche metro, poi non resisto. -Ilaria!- urlo di colpo, girandomi. Si volta subito dalla mia parte e m'incammino verso di lei. -È buio, ecco, mi chiedevo se... non so, non hai paura?- le dico. Ho detto un'altra cavolata. Mi sembra d'aver preso gusto nel dire cose inappropriate al momento sbagliato. Ilaria si mette a ridere. -Effettivamente sì. Mi accompagneresti davvero?- mi chiede. Siamo illuminati solo dalla luce di un lampione, e riesco a vedere i suoi occhi verdi scintillare. -Perché no?- le chiedo. Ride una seconda volta e mi prende la mano, per poi lasciarla imbarazzata qualche secondo dopo. -Scusa. Non volevo- mi dice. -Fa niente- le dico imbarazzato. Iniziamo a camminare verso la strada che porta a casa sua. In quei pochi minuti scopro che la saga preferita di entrambi è quella scritta da George R. R. Martin, che abbiamo letto circa gli stessi libri e che entrambi non eravamo mai riusciti ad odiare Piton, di Harry Potter. Scopro anche l'amore di Ilaria per i Gorillaz, un gruppo di cui praticamente non conoscevo l'esistenza. Arriviamo a casa sua ridendo a causa di una mia pessima battuta. -Grazie- mi dice. -Grazie a te: ho passato una splendida serata- dico io, -ed il merito è solo tuo- -Oh, non dire così!- sorride, imbarazzata. -Ti ringrazio tantissimo. Spero che i tuoi non si arrabbieranno visto che tornerai a casa tardi- -No, figurati, mia nonna sarà ancora lì a guardarsi il programma con Carlo Conti!- rido, e lei fa lo stesso. Mi saluta un'ultima volta e la vedo salire e sparire su per le scale. Mi giro e torno a casa, stranamente di buon umore.

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Capitolo 4
*** Quarantacinque minuti ***


Entro in casa in punta di piedi, sperando di non fare rumore. -Alessandro De Mora! Vieni qui!- mia nonna si mette ad urlare e ad imprecare ed il sorriso sul mio volto svanisce in pochi secondi. -Sei in ritardo di quarantacinque minuti!- urla. -Quarantacinque!- ripete, senza abbassare il tono di voce. -Io avrei già dovuto essere a letto!- non so cosa dirle e mi metto a balbettare. Pessima mossa. -Puoi spiegarmi che cosa diamine hai fatto? Avevamo accordato l'orario insieme! Dovevi comprare dei libri, che cosa diamine hai fatto?!- le sue domande continuano, in un orrendo vociare che mi infastidisce, ma io non ho voglia di parlarle: non so cosa dirle, quale scusa inventarmi e non ho la forza per creare una storia di senso compiuto. Mi limito a guardarla, lo sguardo stanco, e cammino verso camera mia. Cerca di sbarrarmi la strada, ma con scarsi tentativi. Continua ad urlare, la sento ma non la ascolto. Arrivo finalmente in camera mia, chiudo la porta a chiave ed affondo la testa nel cuscino, senza nemmeno togliermi gli occhiali. Mia nonna continua a battere le sue piccole mani sulla porta, ma la ignoro. Mi svesto e mi infilo sotto le coperte. Qualche minuto dopo sento mia nonna arrendersi ed andare a dormire, rassegnata e, forse, umiliata. So che non avrei dovuto farlo. Immediatamente mi pento, ma era l'unica cosa da fare. Ciò che ho fatto è stato da ingrati, sì, ma non potevo dirle che cos'era successo. O sì? Perché no, del resto? Non era nulla di particolare, o sbaglio? Mi pento subito della mia scelta taciturna e mi arrabbio con me stesso come non ho mai fatto prima. Però, alla fine, ho tutto il diritto di essere arrabbiato con lei: è riuscita a far schizzare via la felicità dal mio corpo in pochi secondi, e il tempo passato con Ilaria sembra ora solo un ricordo lontano. Quindi... siamo pari? Non saprei.

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