Ti odio e ti amo allo stesso tempo di LucreziaPo (/viewuser.php?uid=32158)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** House and Wilson's friendship: thing than more? ***
Capitolo 2: *** coming troubles ***
Capitolo 3: *** TRUTHS ***
Capitolo 4: *** giuro di dire la verità e nient'altro che la verità, raggio di sole!!!!! ***
Capitolo 5: *** conferme e terapie... ***
Capitolo 6: *** allucinazioni e peggioramenti ***
Capitolo 7: *** Litigi e separazioni ***
Capitolo 8: *** scuse ed abbracci ***
Capitolo 9: *** e finalmente...un bacio... ***
Capitolo 10: *** Confessioni e sentimenti ***
Capitolo 11: *** Miglioramenti ***
Capitolo 12: *** nuove conoscenze e moti di gelosia ***
Capitolo 13: *** Stress, paranoia e gelosia ***
Capitolo 14: *** Viaggi, presentimenti, dolore e conforto ***
Capitolo 15: *** credo proprio di essermi innamorato di te... ***
Capitolo 16: *** settimana bianca ***
Capitolo 17: *** Cadute e delusioni ***
Capitolo 18: *** Ora ci sei anche tu ***
Capitolo 19: *** Ritorni, litigi ed ammissioni: Ho bisogno di te... ***
Capitolo 20: *** Scoperte e complotti ***
Capitolo 21: *** Troppo coinvolto... ***
Capitolo 22: *** Anche io, nel senso... ***
Capitolo 23: *** Why? ***
Capitolo 24: *** Sai cosa provo. Sai che ti amo. Vieni da me... ***
Capitolo 25: *** Certe volte sei impossibile...me ne tiro fuori! ***
Capitolo 26: *** E scelgo te ***
Capitolo 27: *** Imprevisti, rapimenti e perdite ***
Capitolo 28: *** Litigi ***
Capitolo 29: *** Mi dispiace, siamo umani nel bene e nel male ***
Capitolo 30: *** Ci sei solo tu ***
Capitolo 31: *** Incrinature ***
Capitolo 32: *** preparativi e chiarimenti ***
Capitolo 33: *** Lo ammetto: ho bisogno di te... ***
Capitolo 34: *** Assolutamente ***
Capitolo 35: *** I'm only me when I'm with you... ***
Capitolo 1 *** House and Wilson's friendship: thing than more? ***
Questa
ficcy è ambientata…boh…sicuramente
dopo Stacy…durante la terza serie e dopo…ma
i collaboratori di House non si sono ancora licenziati….
A voi
la mia storia…
House and Wilson’s
friendship: thing than more?
Gregory
House sfiorò la cartella con la punta delle dita,
sospirando, lo sguardo fisso
sul foglio che stringeva tra le mani.
“Ne
è sicuro?”chiese, calmo.
Il
suo interlocutore fece segno di sì con la testa.
“Dovrà
fare qualche esame ancora, ma è quasi del tutto sicuro.
Non
si preoccupi, comunque. La medicina è molto avanzata su
questo campo.
Non
accadrà nulla di male… Stia tranquillo!”
House
lo guardò come se fosse impazzito e sorrise, ironico.
La
medicina è molto avanzata su questo campo!
Come
se non lo sapesse già! Era un medico o no?
“Certo
che sono tranquillo! Non c’è nessun motivo per
esser agitati!
Nulla
di cui preoccuparsi….”disse piano, sarcastico.
Ma
non c’era nulla su cui scherzare, stavolta.
Tutto vero, nessuno scherzo…..
Il
Princeton Plainsboro Teaching Hospital non era mai stato
così tranquillo come
quel limpido giorno d’ottobre.
Pochissimi
pazienti, rarissime visite e un sonnacchioso silenzio gravava su ogni
ufficio.
Il
dipartimento di Diagnostica era tranquillo, Chase, Foreman e Cameron
erano
seduti a chiacchierare del più e del meno e tutto era
innaturalmente calmo per
la mancanza di House.
Erano
ormai le dodici passate ed era tipico di House fare così
tardi anche quando
c’era molto da lavorare.
Stranamente,
però, il fatto che non fosse lì a fare battute o
diagnosi diede loro uno strano
senso…quasi di angoscia.
“Avete
visto House?”
La
voce di Wilson fece sobbalzare tutti e tre.
Erano
così assorti nei loro pensieri che non si erano neanche
accorti che era entrato
nella stanza.
Cameron
scosse la testa.
“Non
sappiamo dove sia finito. Ma è normale che faccia
così tardi di solito!”
“Beh,
deve sbrigarsi, altrimenti chi la sente la Cuddy!”disse
Wilson.
“Ma
non c’è lavoro!”protestò
Chase.
“Lo
spieghi a lei questo?”
Chase
tacque e proprio in quel momento entrò House nella stanza.
Tutti
si voltarono a guardarlo.
“Che
avete?”chiese lui.
“Ti
pare ora questa di arrivare?”chiese Wilson, le mani sui
fianchi.
“Scusa,
mamma! La prossima volta non lo farò
più!”lo canzonò lui, ricevendo
un’occhiataccia.
“Dove
sei stato?”domandò Foreman.
“In
giro. Non mi sembra che siano affari vostri, però.”
“No,
infatti. Ma sono fatti miei.”disse una voce alle spalle del
gruppo.
Lisa
Cuddy guardò House, che posò la giacca sulla
sedia e fece finta di ignorarla.
“House!
Guardami, almeno! Che cosa hai fatto per arrivare così tardi
al lavoro?”
“Cose.”
“Quali?”
“Se
lo vuoi sapere davvero, sono stato su un sito porno fino alle 4 del
mattino.
Ho
scoperto cose interessanti su di te, sai?
Non
sapevo amassi il sesso sadomaso!”
House
rise, mentre tutti gli altri si voltavano a guardare la scarlatta Cuddy.
“Sta
scherzando…”fece lei, sempre rossa in viso.
Era
una sciocchezza, un’altra delle sue.
Ormai
ne diceva così tante che nessuno ci credeva più,
ma il sospetto veniva
ugualmente….
“Come
vuoi tu.”disse House e se ne andò zoppicando,
senza dare alcun altra
spiegazione.
“Avanti!
Mi dica qual è il suo problema!”
Quasi
a volerlo punire per essere arrivato tardi ieri, la Cuddy
obbligò House a fare
mezza giornata di ambulatorio.
Il
nostro medico preferito era alla terza visita dopo un mal
d’orecchio, curabile
benissimo con quei cosi chiamati medicinali…, un tizio che
aveva avuto la
peggio in una rissa, (“E lei per un paio di lividi scomoda
così un medico? Non
si vergogna? Ma vada al diavolo, per piacere!”aveva
commentato un esaurito Dr House)
e questo che….
“Mi
fa male il braccio.”
House
sospirò.
Ma
dove diavolo erano finiti i casi interessanti?
“Da
quanto le fa male?”chiese.
“Ogni
volta che ci dormo sopra.”
House
lo guardò, sollevando appena uno sopracciglio.
“Hai
mai pensato…non so…di cambiare
posizione?”
“Sì,
ma non riesco a dormire così. Sono abituato ad appoggiarmi a
questo braccio.”
House
succhiò il suo lecca-lecca.
“Cosa
posso fare?”
“Elimini
il problema alla radice.”
“Cosa
dovrei fare?” il paziente lo guardò.
“Lo
amputi! Avanti un altro!”
“Vi
prego, ditemi che c’è un caso da
risolvere!”
House
entrò nello studio, esaurito più del solito.
Era
stato tutta la mattina a parlare con pazienti idioti e mentecatti, come
li
aveva definiti lui stesso.
“Ma
come si può andare all’ospedale per un paio di
lividi!”
Sedette
sulla poltrona, le mani sul viso.
Chase,
Cameron e Foreman si guardarono a vicenda, poi Cameron
iniziò a leggere la
cartella di una paziente.
“Abbiamo
il caso di una paziente di Boston.
30
anni, svenuta in un locale, è arrivata poche ora fa.
Presenta
febbre, rush, dolori alle articolazioni. Abbiamo fatto tutti gli esami
possibili, ma non siamo riusciti a capire nulla.”
“Non
mi stupisce affatto. Dà qua!”
House
le strappò di mano la cartella che la ragazza stava leggendo.
“Abbiamo
la anamnesi?”chiese.
“La
paziente è orfana. Non sappiamo a chi
chiedere!”disse Foreman.
House
si spazientì.
“Mio
Dio! Siete medici o cosa?
Non
è la prima volta che ci capita una paziente senza genitori.
Chase
e Foreman, andate a casa sua e scoprite più cose possibili.
Cameron,
tu parla con lei.”
“E’
sotto sedativi, sta dormendo!”
“Allora,
svegliala, no?”
“Ma…”
“Niente
ma! Muovetevi, voi!”
Quando
il suo team se ne andò, House chiuse gli occhi esausto.
Si
sentiva stanchissimo in quei giorni e sapeva benissimo il
perché.
Il
problema era che non riusciva a sopportare la verità, quella
realtà che lo
stava opprimendo.
Dopotutto
il caso era abbastanza semplice, ma House non osò protestare.
Grazie
alla anamnesi si capì che si trattava di un semplice caso di
Lupus ereditario.
Poche
medicine, qualche giorno all’ospedale e la paziente sarebbe
tornata a casa come
nuova.
Era
stato tutto così semplice, solo pochi
giorni…eppure House non sentiva la
mancanza dei suoi casi complicati…
Il
che era strano, molto strano!
“Tutto
bene?”
Wilson
gli batté una mano sulla spalla ed House, assorto
com’era, sobbalzò.
Era
rinchiuso nel suo studio, la musica nelle orecchie ed il Nintendo nelle
mani.
“Sì.”
“La
tua paziente è stata dimessa. Come mai non hai protestato
per la semplicità del
caso?
Era
una sciocchezza! E poi fare così non è da
te!”
“Ma
che volete tutti? Se mi faccio storie vi lamentate, se non le faccio vi
insospettite!”
Wilson
rise, prendendo una sedia e sedendosi accanto a lui.
“E’
vero, hai ragione!”
“Che
ci fai ancora qui? Non ti aspetta tua moglie a casa?”chiese.
Dopotutto
era tardissimo, le dodici passate…
“Non
mi va di tornare a casa. E poi non sto andando d’accordo con
lei, in questo
periodo.”
“Ti
avvicini al tuo terzo divorzio, eh?”fece lui, maligno, senza
smettere di giocare.
“Ahahah!
Spiritoso! Se continuo a pagare gli alimenti a tutte le mie mogli,
finisco sul
lastrico!”
“Chiedi
un aumento alla Cuddy, allora!”
Wilson
alzò gli occhi al cielo.
“Andiamo,
dai!”
Si
alzò togliendogli il videogioco dalle mani.
House
lo guardò torvo.
“Non
te l’ha mai detto nessuno di non toccare le cose
altrui?”
“No!
E comunque lo fai anche tu, perciò…
Andiamo
via, dai! Non vorrai dormire qui, spero! Ci prendiamo una bella
birra!”
“Però
guido io!”
House
zoppicò fino alla porta.
“Con
la moto?”
“No,
con il deltaplano! Ne ho comprato uno nuovo, te lo volevo far provare,
sai?”
“Povero
me! House, ti prego, ci tengo a rimanere vivo!
Quindi
non fare cazzate come al tuo solito! Vorrei poter vedere il giorno
successivo!”
House
rise.
“Anch’io
ci tengo a rimanere vivo! Speriamo che vada bene!”si
ritrovò a pensare.
Ciao a
tutti voi!!!!
Ho deciso
di scrivere la mia prima long-fic sul mio amatissimo Dr House, una
storia a cui
pensavo da tempo, ma a cui solo ora ho potuto dedicarmi!
Ecco a voi
il primo chappy della mia ficcy, spero vada bene, ma è solo
l’inizio…
Una cosa
solo…dato che mi sono persa alcune puntate delle serie di
House (ho visto tutta
la terza, la prima e solo parte della seconda), perdonate se ho fatto
errori o
detto sciocchezze (ne ero inconsapevole!!!).
Sono
apprezzatissimi commenti e consigli, li attendo con ansia!!!!
Se sperate
in una Huddy o Cotton Candy, cambiate storia!
Non so bene
come continuare, ma non sono previste queste love-story!!!!
Ora vado,
spero solo di avere tanti commenti!!!
Vi prego,
fatelo come regalo di fine anno (e dell’anno
nuovo!!!)!!!!!!!!!!!!
Un bacione
a tutti voi!!!!!
Lily Black
90
P.S.
l’episodio del braccio del paziente è stato preso
da un episodio della terza
stagione del Dr House.
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Capitolo 2 *** coming troubles ***
Un
giro in moto, un paio di birre ed il mattino dopo House
arrivò al lavoro più
assonnato che mai.
Non
aveva dormito granché e per svegliarlo ci voleva ben
più di una tazza di caffè
caldo.
Fortunatamente
la giornata volò tra casi da risolvere, diagnosi da fare e
team da prendere in
giro e schiacciare con la sua mente geniale, come faceva di solito.
Adorava
fare nuove diagnosi, sentire le baggianate che dicevano Chase, Cameron
e
Foreman e bocciarle tutte dalla prima all’ultima.
Lo
divertiva.
“Che
ha Cameron?”chiese Wilson, vedendo uscire la ragazza, a testa
china e con le
lacrime agli occhi quando entrò nel suo ufficio, alla fine
del lavoro.
“Niente.
È solo sconvolta.”
“Perché?
Che lei hai fatto?”
“Perché
deve essere sempre mia la colpa?”
“Perché
la maggior parte delle volte è
così?”rispose lui, ridendo.
“Non
ritiene giusto un destino di una paziente, contagiata
dall’HIV.”
“E
tu le dai torto?”
Wilson
era stupito.
“Diciamo
che non riesco a provare compassione per tutte le persone che soffrono.
Non
ho lo spirito da crocerossina, come lei.”
Wilson
sospirò.
“Devi
umanizzarti un po’, House.”
“E
come intendi fare, sentiamo? Conosci qualche magia o farmaco che io
ignoro che
mi faccia diventare la copia maschile di Cameron?”
Al
cenno di dissenso dell’amico, House rise.
“Lo
immaginavo.”e zoppicò via.
Wilson
lo rincorse.
“Dove
diamine vai così di fretta?”
“Ho
da fare. Ci vediamo domani.
Notte,
Wilson.”
“Notte,
House.”rispose l’oncologo.
Lo
vide allontanarsi da lui e non sapendo il perché
sentì una stretta al cuore.
Aveva
una brutta sensazione che non lo lasciava mai, quando pensava ad House.
Gli
stava nascondendo qualcosa, se lo sentiva.
Non
gli era sfuggito il sorriso triste dell’amico quando aveva
detto “Ho da fare”.
“In
che senso, non sta dando frutti?”chiese al medico.
“Credo
sia colpa dei suoi antidolorifici.
Deve
smetterla di prenderli se vuole stare meglio.”
“Non
posso smetterla. Non ci riesco.”
“Lei
è un drogato, Dr House e se non vuole morire, deve fare come
le ho detto.”
“Se
lo scordi.”disse e balzò giù dal
lettino dell’ospedale.
“Se
fa così, morirà.”
“Almeno
lo farò senza soffrire.”rispose lui, andandosene.
Era
stato uno stupido a rifiutare di continuare la cura.
Lo
sapeva ed ora i medici che lo curavano non facevano altro che chiamarlo
ed
incitarlo a tornare.
Non
ci riusciva ed aveva bisogno di dirlo a qualcuno, ma ogni volta che
l’idea lo
sfiorava, lui trovava il modo per allontanarla, una volta con un nuovo
caso,
un’altra con una diagnosi, o una cena….
Erano
passati tre giorni da quando aveva sospeso la cura ed ora la situazione
era
peggiorata.
Ora
il mal di testa che prima era solo passeggero nei primi giorni, ora era
continuo e fortissimo e la debolezza non lo lasciava mai.
Se
ci aggiungeva anche la nausea, sembrava una in gravidanza.
Era
ormai sera, quando se ne andò.
“Mi
dai un passaggio?”
Era
la voce di Wilson.
“Credevo
che odiassi venire con me in moto.”rispose lui.
“Infatti,
è così. Perché sei un pazzo
spericolato, drogato e zoppo.”
“Grazie
mille, Wilson.”
“Geena
ha preso l’auto e se non voglio tornare a casa a piedi con
questo freddo, dovrò
venirmene con te.”
“Monta
su, dai! Mi sa che ti avvicini sul serio al tuo terzo divorzio,
sai?”
“Mi
sa anche a me. È diventata troppo gelosa, appiccicosa ed
assillante.
Mi
chiama minimo tre volte al giorno per sapere che faccio. È
peggio di mia
madre!”
House
scoppiò a ridere ed accese la moto.
“Fai
la strada più lunga, House. Non voglio arrivare a casa
presto.”fece Wilson.
“Va
bene. Però dopo ti chiedo
l’extra.”rispose l’amico, iniziando a
correre.
Wilson
si dovette aggrappare alla sua vita per non cadere
all’indietro.
Lo
sentì ridere e non potè fare a meno si schiudersi
in un sorriso anche lui.
Sapeva
che House non gli avrebbe mai fatto rischiare la vita.
Nulla
gli dava quella certezza, ma lo sapeva e basta, se lo sentiva.
Come
sentiva che desiderava passare il suo tempo con lui e non a casa.
Come
sapeva che gli voleva bene e che anche lui gliene voleva anche se non
l’avrebbe
ammesso mai, orgoglioso com’era.
House
si concentrò sulla strada, strizzando gli occhi.
La
testa gli pulsava e la vista gli si stava annebbiando.
Accidenti!
Strinse la presa attorno alla moto e tentò di concentrarsi
il più possibile
sulla strada.
Ma
ormai non vedeva che luci ed ombre.
“HOUSE!”sentì
Wilson dietro di lui gridare.
Vide
una luce di fronte a lui e virò appena prima di schiantarsi
contro quell’auto.
Wilson
era dietro di lui. Se fosse morto a causa sua non se lo sarebbe mai
perdonato!
Ed ora cosa avrebbe fatto?
“House!
Ma cosa diamine di è saltato in mente?
Non
sbandare così, rischi di farci cadere dalla moto!”
Wilson
strinse la presa attorno alla vita dell’amico. Stava
iniziando a spaventarsi.
Era
da House fare certe cazzate, ma prima
per poco non si erano schiantati contro un auto.
Cosa
diamine gli stava succedendo?
Vide
una forte luce, qualcuno suonò il clacson ed House
sterzò velocemente, così
velocemente che la moto si inclinò ed entrambi rotolarono
giù, fortunatamente
non in mezzo alla strada, ma sul ciglio.
“MA
COSA DIAMINE TI E’ SALTATO IN
MENTE?”urlò Wilson, rialzandosi lentamente e
correndo verso l’amico che giaceva riverso a terra, la moto
buttata metri più
in là.
Non
c’era nessuno attorno a loro, solo macchine che schizzavano a
tutta velocità.
Nessuno
a cui chiedere aiuto.
“House!”
Wilson
si chinò sull’amico e lo aiutò a
rimettersi seduto.
Si
accorse che tremava, gli occhi chiusi.
Aveva
una ferita alla tempia da cui il sangue usciva copiosamente.
“Oddio,
House!”
“Stai
bene?”chiese lui, sempre tenendo gli occhi chiusi.
“Io…sì…ma
tu sei ferito! Dobbiamo andare all’ospedale!”
Wilson
lo costrinse a rimettersi in piedi ed insieme rimisero in piedi anche
la moto.
“Stavolta,
guido io. Tu reggiti.”
House
obbedì. Era troppo frastornato e confuso per reagire e
controbattere.
Nessuna
battuta sarcastica, nulla di nulla.
Montò
dietro all’amico e sospirò.
Accidenti!
A causa della sua malattia per poco lui e Wilson non morivano in un
incidente!
Aveva
perso il controllo della moto, aveva la vista annebbiata…
Che
stesse peggiorando?
Probabilmente
svenne durante il tragitto verso l’ospedale,
perché, quando si risvegliò, si
trovò adagiato su un letto e collegato ad un respiratore.
Accanto
a lui profondamente addormentato su una poltrona, c’era
Wilson, i capelli
castani che gli ricoprivano gli occhi.
E,
seduta accanto al letto, c’era…
“Bene!
Ti sei svegliato?”disse Lisa Cuddy, posando la rivista che
stava leggendo.
Si
avvicinò a lui e gli tolse il respiratore dal volto.
“Capisco
che non hai un marito, ma ti sei accampata
nell’ospedale?”chiese, cinico.
“Molto
divertente. E tu hai pensato che, dato che non sei soddisfatto della
tua vita,
la cosa ideale era tentare il suicidio?”rispose lei.
“Io
non ho tentato il suicidio. Non ancora, almeno.”
“Wilson
mi ha riferito che stavi per schiantarti contro un auto
perché avevi perso il
controllo della moto.
Quanto
eri fatto?”
“Non
ero fatto! Almeno, non più del solito.”
“Ed
allora come hai perso il controllo? Potevate morire tutti e
due!”
“E
saresti rimasta molto dispiaciuta, eh? Due primari in un solo colpo!
Che
tragedia per te! O forse dovrei dire, per l’ospedale? Non
credo ti sarebbe
importato di noi in quanto persone, ma in quanto medici.
O
sbaglio, Cuddy?”
Lei
tacque, stringendo i pugni.
“Io
non sono come te, House, anche se pensi il contrario.
Io
non sono misantropa, né opportunista, né cinica,
come te. Se mi preoccupo per
voi non lo faccio per l’ospedale, ma perché ci
tengo.
Anche
se credo che il verbo “tenere a qualcuno” non
rientri nel tuo vocabolario.”
Detto
ciò se ne andò, sbattendo la porta e facendo
sobbalzare House.
“Forse
ho un po’ esagerato.”si ritrovò a
pensare lui.
Di
colpo una leggera musichetta si diffuse nell’aria.
Era
la suoneria del cellulare di Wilson, House l’aveva sentita
tante di quelle
volte!
Si
liberò delle coperte e lo estrasse dalla giacca
dell’amico che, nonostante il
rumore, continuava a dormire.
“Dormiglione!”sussurrò,
con un mezzo sorriso sul volto, poi rispose.
“Pronto?”
“Pronto!
Sono Geena, la moglie di Wilson.
Con
chi parlo?”
“Sono
il Dr House.”
“E
che ci fa con il cellulare di mio marito? Lui
dov’è?”
“E’
occupato al momento.”rispose House, con un ghigno.
“Siete
soli?”
“No,
dopo ci raggiunge anche la Cuddy.
Stiamo
facendo una cosa a tre, ma se vuole ve…”
“Dà
qua!”
Wilson,
che probabilmente si era svegliato durante la chiamata, gli
strappò il
cellulare di mano.
“Geena?
Sono Wilson.”
Le
urla della moglie le sentì anche House, che trattenne a
stento le risate.
Quando
Wilson chiuse il cellulare, si voltò verso l’amico
ed annunciò:
“Sei
un vero idiota, lo sai?”
House
potè ridere, finalmente.
“Sì,
me lo dicono in tanti!”
“Bravo!
Complimenti! Ora pensa che io al lavoro faccia sesso con te e con la Cuddy!”
House
rise ancora più forte.
“E’
lei che non si fida di te! Che colpa ho io?”
Wilson
lo guardò, scettico.
“Ok,
forse un po’ di colpa ce l’ho! Ma era solo uno
scherzo!
Te
le trovi sempre tu le donne appiccicose e che non sanno stare allo
scherzo.”
“Ai
tuoi di scherzi, vorrai dire.”
“Sì,
ai miei.”
House
si mise seduto sulla poltrona e Wilson gli sedette accanto.
“Era
preoccupata. Ed anche io lo sono stato ieri sera. House, tu non hai mai
perso
il controllo della tua moto e ieri stavano per morire!
Che
diamine sta succedendo? E sei strano in questi giorni!
Sei
sempre di più scontroso e distaccato, sempre con la testa
tra le nuvole.
E
Cameron mi ha detto che spesso ti chiama un tizio all’ufficio.
Ha
detto che una volta ha sentito la tua conversazione e
l’è parso di capire che
era dell’ospedale poco lontano da qui, un oncologo.”
House
sbiancò.
“Mi
stai nascondendo qualcosa, House.
Tutti
mentono, anche tu. Che cosa mi stai nascondendo?”
House
chinò lo sguardo.
“Non
ti sto nascondendo nulla, Wilson.”
“Non
sai mentire e poi ti conosco troppo bene per non capire che qualcosa ti
turba.
Se
c’è qualch…”
“NON
HO NULLA!”esclamò House, più forte di
quanto avesse voluto.
“Non
ho bisogno del tuo aiuto, sto benissimo e so cavarmela egregiamente da
solo,
grazie.”disse gelido.
Lo
vide chinare lo sguardo e provò una stretta al cuore.
Wilson
tentava solo di aiutarlo e lui che faceva? Se la prendeva con lui come
se fosse
colpa sua.
“Scusami…Io
non volevo prendermela con te.”ammise.
“Stai
mentendo, non è così?”
“Non
sono mai stato più serio di così,
credimi.”
Wilson
lo guardò negli occhi.
Occhi
castani dell’oncologo contro gli occhi azzurri del bel
diagnosta.
“Sono
qui, se hai bisogno.”disse Wilson, senza distogliere lo
sguardo.
“Lo
so. Tu ci sei sempre per me. Grazie.”rispose House.
Ecco a voi un
altro chappy della
mia fan fiction sul mio amato Dr House.
Volevo
ringraziare di cuore Nike87,
Lady House e AshleySnape per aver commentato la mia storia e Selvy per
aver
inserito questa storia nei preferiti!!!
Siete grandi,
raga!!!!
Sono contenta
di aver avuto un po’
di recensioni, specialmente da voi che siete bravissime nello
scrivere!!!
Grazie,
grazie, grazie!!!
So che vi sto
tenendo sulle spine
con la faccenda del dottore e del dialogo di House con
quell’altro medico, ma
non preoccupatevi che ben presto saprete la verità!!!
E per quanto
riguarda il pairing,
penso che sia proprio House/Wilson, che adoro come coppia!!!
Attendo
vostre recensioni e
consigli, che ne ho bisogno, sono un po’ alle prime armi con
le long-fic di
House!!!!
Un bacione a
tutti voi e buon
inizio anno 2008!!!!!!!!!!
Lily Black 90
|
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Capitolo 3 *** TRUTHS ***
Il
tetto del Princeton Plainsboro Teaching Hospital.
Era
lì che House si rifugiava quando aveva un problema.
L’aveva
fatto quando Stacy era tornata ed ora, che aveva più bisogno
di pensare.
Da
quando aveva saputo la sua malattia, si era recato non meno di due
volte alla
settimana nell’altro ospedale e tra visite e varie diagnosi,
era stata
confermata la malattia ed anche la diagnosi.
Peccato
che la terapia non stava funzionando.
Forse
la spiegazione si doveva trovare nelle pillole di Vicodin che
continuava a
prendere e che probabilmente alteravano le medicine che gli
somministravano.
Ma
la scelta era tra il non soffrire con il Vicodin ed il soffrire per
farsi
curare per un’altra malattia e lui aveva scelto il non
soffrire.
Erano
giorni che aveva sospeso la terapia, ed i medici non facevano altro che
chiamarlo
ed incitarlo a venire; giorni passati dalla notte in cui lei e Wilson
per poco
non erano morti a causa sua…
Non
aveva detto nulla a Wilson anche se l’aveva visto preoccupato
ed apprensivo nei
suoi confronti.
Non
sapeva il perché; dopotutto Wilson era il migliore oncologo
che lui conosceva e
poteva benissimo fare una terapia all’ospedale dove lavorava,
ma non sapendo
perché continuava a tenersi dentro questo peso e non
riusciva a liberarsene.
“Che
ci fai qui?”chiese una voce familiare che lo fece sobbalzare.
House
si voltò e si ritrovò Wilson accanto.
“Pensavo.
Tu che fai? Mi pedini?”
“No!
Scappo da mia moglie Geena. È venuta all’ospedale
e vuole controllarmi.”
House
rise.
“Non
c’è nulla da ridere! È assillante,
asfissiante ed appiccicosa! Non so come
fare con
lei!”
“Mollala
e prenditi un altro cane!”rispose lui, bastardo come al
solito.
Stavolta
toccò all’amico ridere.
Si
sedette per terra sul freddo pavimento e voltò la testa
all’indietro, guardando
il cielo sgombro di nuvole.
“Ho
bisogno di parlarti.”disse House d’un tratto.
Wilson
alzò lo sguardo, incrociando gli occhi ai suoi.
Non
sapeva cosa gli avesse dato la forza per dirgli la verità.
Forse
il freddo, forse il fatto che si era riempito di Vicodin…
Fatto
sta che si sedette accanto all’amico e gli disse tutto: della
visita all’altro
ospedale giorni fa, al fatto che spesso si allontanava senza
specificare il
perché, del suo atteggiamento scostante e
distratto…
Gli
disse anche del cancro al cervello, stavolta vero e non inventato per
farsi di
eroina come l’ultima volta, e lo vide trasalire e cercare il
suo sguardo che
House evitò.
Se
l’avesse guardato negli occhi non sarebbe riuscito a
continuare, perciò tenne
lo sguardo ostinatamente fisso a terra.
Quando
finì, seguì un profondo silenzio interrotto solo
dal caos cittadino.
“Non
è uno scherzo, stavolta?”chiese Wilson.
House
scosse la testa.
“Da
quanto lo sai?”
“Qualche
giorno, ma pensando ai sintomi ed a tutto il resto lo sospettavo da
quasi un
mese.”
Estrasse
dalla borsa la sua cartella clinica.
“Ci
sono tutte le analisi che ho fatto e la terapia che ho
iniziato.”
“E
non sei venuto qui? Perché?”
“Non
lo so. Probabilmente se i medici dell’ospedale avessero
saputo che ero malato,
avrebbero fatto di tutto per farmi fuori loro!”
Rise
amaramente.
“Non
dire cazzate. Potevo benissimo curarti io. Sono anche io un oncologo,
in caso
te ne fossi scordato!
E
tu dove sei andato? Nell’ospedale qui vicino, la cui terapia
non ha prodotto
nessun effetto!”
“Forse
a causa del Vicodin che prendo ancora.”
Wilson
lo guardò storto.
“Che
ho fatto?”
“Da
oggi sono io il tuo medico curante! Dì a quelli
dell’altro ospedale che hai
cambiato idea e che ti fai curare da qualcun altro. Credo di essere
leggermente
più bravo di loro.”
“E
poi sono io quello presuntuoso! Che fai? Vuoi rubarmi il primato di
essere
irritante e arrogante?” rise.
“Comunque,
va bene! Lo farò!”
“Sei
un’idiota! Dovevi dirmi prima la verità!
Perché diamine ti sei tenuto tutto per
te?”
Wilson
era arrabbiato e preoccupato insieme.
“Non
lo so.”
Wilson
sospirò forte.
“Sei
un’idiota e continuerò a dirtelo finché
non ti comporterai diversamente!”
“Allora
lo farai per il resto della tua vita!”
House
rise.
L’amico
sfogliò la cartella di House.
“Te
lo sei proprio chiamato il cancro, eh? Prima lo scherzo, ora
questo…”
“Dovrò
stare più attento la prossima volta.
Se
ci sarà una prossima volta.”disse piano.
Niente
battute sarcastiche, solo la fredda e crudele realtà.
“Non
dirlo al mio team. Già basti tu che ti preoccupi per me,
evitiamo di dirlo a
tutto l’ospedale.”
“E
la
Cuddy?”
“Lo
scoprirà prima o poi. Se glielo dici tu, almeno ti crede.
Se
glielo dico io non sono convincente e crede che stia scherzando,
quindi…”
“Il
tuo team lo scoprirà prima o poi.”
“Quando
verrà organizzato il mio funerale.
Prima
no, e dì loro che mi piacciono le fresie e non i crisantemi
per quando morirò.
Sono
troppo macabri e tristi come fiori. Io sono un tipo allegro!”
Wilson
gli diede un pugno affettuoso sulla spalla.
“Tu
non morirai, Greg.”disse.
Non
si era neanche reso conto che l’aveva chiamato per nome,
intento com’era a
leggere la sua cartella.
“Mi
hai chiamato Greg.”gli fece notare House.
Wilson
alzò appena lo sguardo.
“Ah,
sì? Non me ne sono accorto.”
“Perché?”
“E’
il tuo nome, no?”
“Perché
ora? Perché sto male?”
“No,
non so perché. Ma sono dieci anni che ci conosciamo e ci
chiamiamo ancora per
cognome. È strano, non credi?”
“Già,
James.”disse
calcando il
nome.
“Andiamo,
dai! Prima che ci diano per dispersi.
Già
vedo la
Cuddy a
chiamare “Chi l’ha visto?” e
l’FBI per cercarci!”
Wilson
si alzò e gli tese la mano.
“E
con tua moglie che fai?”
“Le
dirò che ho da fare.”disse, sventolando la
cartella clinica dell’amico.
“Non
farla vedere troppo in giro, altrimenti gli altri medici vorranno avere
loro il
piacere di fami fuori.”
“SE
fossi più gentile, non penserebbero al modo di farti
fuori.”
Wilson
rise.
“E
comunque, stai tranquillo. Andrà tutto bene.”
“E’
questa la frase che dici sempre ai tuoi pazienti
terminali?”chiese House,
mentre zoppicava scendendo le scale.
“Tu
non sei terminale, Greg. Comunque no.”
“E
qual è?”
“Spera
di non sentirla mai.”
“Come
vuoi.”
House
fece per prendere il suo flacone di Vicodin, ma Wilson glielo
strappò di mano.
“Questo
lo prendo io.”
“Che
diamine hai intenzione di fare?”
“Sono
il tuo medico curante, ora, sai?
Quindi
queste le requisisco.”
“Non
ho solo quelle pillole, lo sai, vero? Non posso smetterla di prenderle.
Impazzirei
dal dolore.”
“Più
pazzo di così.”commentò lui, ridendo e
mettendosi in tasca il flacone.
“Ridammele.”
“Scordatelo,
Greg. La terapia non ha fatto effetto perché prendevi
queste, molte di queste.
Inizierò a dosartele, ma non le puoi prendere più
di una o due a volta.”
“Tu
sei matto! Ricordi, come sono stato male quando la Cuddy
ha fatto lo stesso?”
Iniziò
a zoppicare più veloce e lo raggiunse.
“Andiamo!
Non puoi farmi questo!”
“Certo
che posso! Sono il tuo migliore amico e sto cercando di proteggerti.
Eviteremo
che tu ti riduca come l’ultima volta, ma ti consiglio di
consegnarmi gli altri
flaconi di Vicodin. Altrimenti starai male sul serio e non per
l’astinenza.”
“D’accordo!
Come vuoi! Ma se poi muoio, ritieniti responsabile.”disse,
crudelmente, prima
di allontanarsi diretto al suo ufficio.
Il
suo team era al completo, intenti tutti e tre a leggere una cartella.
“Che
caso abbiamo oggi?”
“Ben
trovato, House! Ti pare ora di presentarti in ufficio?”chiese
Foreman.
“Scusa,
mamma! Comunque, che caso?”
“Uomo
sulla trentina, nausea, vomito, crampi muscolari e
iperventilazione.”lesse
Chase.
“Abbiamo
fatto vari analisi del sangue, Toc Screen e Tac.
Non
è uscito nulla.”
House
sospirò.
“Chissà
perché non mi sorprendo affatto!
Dio,
ma quando riuscirete a risolvere un caso da soli? Avete sempre bisogno
della
mia illuminazione?”chiese, alzandosi ed avvicinandosi alla
lavagna.
“Siamo
qui per fare ciò che vuole, nostro Signore. Pendiamo dalle
sue labbra.”lo prese
in giro Foreman.
“Lo
so che sono il migliore diagnosta e grazie per avermi paragonato a Dio,
Foreman, ma anche Lui ha collaboratori migliori di
voi.”concluse sprezzante.
E
da lì via ad ipotesi, domande, avventate e non, diagnosi
fatte e bocciate fino
a giungere a quella finale, pronunciata da Cameron.
House
la guardò, con uno strano ghigno sul volto.
“Credo
che stare con Chase ti faccia bene, sai? Ti ha svegliata un
po’!”disse, prima
di mandarli a somministrare al paziente i farmaci giusti.
Finalmente
un po’ di pace.
Si
sedette sulla sua poltrona ed iniziò a giocare con il
Nintendo.
Non
sentì neanche la porta aprirsi, finchè non vide
una figura avvicinarglisi.
“Sono
in pausa.”annunciò House, senza neanche alzare lo
sguardo.
“Il
Dr House?”
“So
che me ne pentirò, ma sì. Sono io. Lei
è?”
Si
decise ad alzare lo sguardo.
Di
fronte a lui c’era una giovane donna, dai lunghi e ricciuti
capelli scuri.
Poteva
essere carina, senza quell’espressione da maniaca sul viso!
Gli
occhi erano dilatati ed era bianca in volto.
“Sono
la moglie di Wilson.”
“Ohi!
Ohi!”pensò House.
“Che
cosa posso fare per lei?”disse, unendo la punta delle dita,
come faceva lo
psicologo di quell’ospedale.
“E’
tutta colpa sua.”
“Di
cosa?”
“E’
colpa sua se il rapporto tra me e Wilson sta andando a
puttane!”disse lei con
le lacrime agli occhi.
“Ci
mancava la pazza oggi!”pensò l’altro.
“Io
non ho fatto assolutamente nulla! Mi creda, se il suo rapporto va male,
la
colpa è soltanto sua.
E
se a Wilson viene voglia di andare a puttane è colpa sua,
mica mia!”
Lei
rise, una risata amara infelice.
“Sta
sempre con lei! Lavorate insieme, pranzate insieme, uscite insieme!
E
poi Wilson ha la faccia tosta di dirmi che non è innamorato
di lei!”
“Wilson
non è innamorato di me! È il mio migliore amico,
mica il mio amante!”
“E’
innamorato di lei, me ne sono accorta benissimo, anche se non lo
ammetterà mai!
Lei
è il suo amante!”
“Quale
amante? Di cosa state parlando?”chiese Foreman, entrando
nell’ufficio seguito
da Chase e Cameron.
Avevano
già fatto tutto il necessario per il paziente in cura.
“Nulla!
Piuttosto, siete stati veloci!”
“Già,
dovevamo solo somministrargli un farmaco. Non siamo così
idioti come tu ci
credi. Lei chi è?”
“Non
lo siete? Questa sì che è una notizia!
Dovrei
avvertire la stampa!
Già
vedo il titolo: “I collaboratori del Dr House, geniale
diagnosta del Princeton
Plainsboro Teaching Hospital, non sono degli idioti!”
Comunque,
lei è la moglie di Wilson. Venuta qui a fare reclami ed a
lamentarsi.
Come
se io c’entrassi qualcosa!”
“Lei
c’entra eccome! È tutta colpa
sua!”urlò lei.
Cameron
le si avvicinò.
“Signora,
si cal…”
La
ragazza non fece in tempo a finire la frase che la donna la spinse
all’indietro, dove fu prontamente afferrata da House.
“Grazie,
House.”mormorò lei.
“Ora
se ne vada, prima che chiami la sorveglianza.”disse Chase,
correndo a vedere
cosa si era fatta Cameron.
Ah,
l’amour!
“O
il reparto psichiatria! Ci starebbe bene rinchiusa lì.
Diciamo
per circa…tutta la vita?”
Geena
si avventò su House, prima che lui riuscisse ad evitarla.
Caddero
entrambi a terra.
“Toglietemela
di dosso, razza d’idioti!”esclamò House,
tentando di staccarsela di dosso, ma
la donna, furiosa, non faceva altro che colpirlo alla cieca, tentando
di fargli
più male possibile.
Geena
estrasse dalla tasca un piccolo coltello a serramanico e
colpì House ad un
braccio.
L’uomo
gemette e si difese usando il bastone e spingendola
all’indietro.
Prima
che la donna potesse ritentare di ferire House, qualcuno
l’afferrò per un polso
e l’allontanò dal medico.
Era
James Wilson.
“Ricordi
quando ti avevo detto che le trovavi tutte tu quelle asfissiati,
appiccicose ed
assillanti? Aggiungici anche pazze!”disse House, rialzandosi
da terra e
stringendosi il braccio destro dove c’era un profondo taglio
che sanguinava.
“Ma
cosa diamine ti è saltato in
mente?”urlò Wilson, contro la moglie, tenendola il
più lontano possibile dall’amico.
“LASCIAMI
ANDARE! LO VOGLIO AMMAZZARE, QUEL BASTARDO!”
“Non
è l’unica, mi creda.”fece Foreman,
sarcastico, beccandosi un’occhiataccia da
parte degli altri nello studio.
Wilson
le tolse di mano il coltello.
“Greg
ha ragione, tu sei pazza!”
“E’
stata colpa sua, se adesso non andiamo più
d’accordo!”fece lei, tentando di
liberarsi dalla presa del marito che però non la
lasciò andare.
“Ti
sei ubriacata, eh? Ecco perché ti comporti
così!”
“Lo
farei anche senza l’aiuto dell’alcool!”
“Questo
spiega molte cose.”sibilò House, che fu udito
dalla donna.
“TACI!
E’ TUTTA COLPA TUA!”
“Oddio!
L’hai detto già circa 4 volte. Non può
cambiare disco? Potrei annoiarmi!”
House
finse uno sbadiglio.
“Così
non mi aiuti, sai?”disse Wilson.
“La
moglie pazza è la tua, mica la
mia!””fece lui, non nascondendo una smorfia di
dolore per il braccio.
“Io
chiamo la sicurezza.”disse Chase e sparì, seguito
da Cameron.
“Tornate
in fretta! Non siete pagati per pomiciare in qualche angolo
dell’ospedale!”gridò House loro e Wilson
e Foreman sospirarono.
Geena
venne portata via di peso dalla sicurezza ed House, nonostante il
dolore al
braccio, non potè celare una risata.
“Povero
James Wilson! Tutte tu le trovi!”ridacchiò.
“E
tu dovevi per forza provocarla, eh?”disse Wilson, mentre
medicava all’amico la
ferita.
“Prima
l’incidente con la moto, poi questa ferita. Ma sempre nei
casini ti devi
cacciare?”
“Direi
che sono la mia specialità!”
Ciao
a tutti, mas amigos (spero di averlo scritto bene….)
Ho
deciso di postare oggi il chappy della mia ficcy sul Dr
House…
Qui
verranno rivelate molte cose, cose che probabilmente già
sospettavate…
Ecco
a voi il mio chappy nuovo nuovo,in attesa di una vostra recensione, o
sommo
pubblico….
Spero
moltissimo che vi
piaccia…
Non
sono espertissima del Dr House (in compenso direi di esserlo con Harry
Potter!!!)
e ci terrei a consigli e suggerimenti…
Voglio
solo migliorarmi…spero solo che ci siano recensioni che mi
diano una mano….
In
attesa della quarta stagione del MIO amatissimo medico (si vede che mi
piace,
eh?) (ma perché non sono nata in America? Perché
dico io? Uffiiiiiiiii)…….
Per
chi avesse Sky, su Fox dall’8 gennaio fa la seconda stagione
del Dr House con
casi da risolvere e Stacy da conquistare….!!!!
A
presto, ragazzi miei!!!!
Un
bacione e passate una buona Befana e un buon inizio scolastico
(NOOOOOOOOOOOO!!!! Io non ci voglio andare, non ci voglio andare, non
ci voglio
andare!!!!!!!!! Nd me)
Un
ringraziamento speciale a:
Lemnia:
grazie tesoro mio, dei complimenti che mi hai fatto!!!!
Sono
contentissima!!! Ti prego dimmi che ne pensi anche dei chappy
successivi, sono
curiosa di sapere le tue opinioni!!!!
Sei
un vero tesoro
grazie, grazie,
grazie!!!! E stai tranquilla che diventerà una House/Wilson,
li adoro sia
separati che insieme, ma venero la loro coppia!!!!!
Nike87:grazie
del commento, carissima!!!
Selvy:
grazie mille di aver commentato e di aver messo la storia tra i
preferiti, sono
lusingatissima!!!!
Grazie
anche a Lady House e cri86lea!!!!!!!!!!!!
Lady
House, adoro la tua ficcy, mi piace da morire, aggiorna presto ti
prego, sono
curiosissima e dimmi che ne pensi dei miei chappy, sono importanti le
tue
recensioni, sei bravissima!!!!!
dedico
questa ficcy alla mia migliore amica di msn Ashley Snape:
tesoro
mio, sei una persona speciale, dolce ed unica...grazie a Dio di avermi
fatto incontrare te, perchè sei davvero unica nel tuo
genere....ti voglio un mondo di bene e sappi che io ci sarò
sempre e comunque per te....SEMPRE!!!!!
Bacioni
sbaciucchiosi
Lily
Black 90
|
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Capitolo 4 *** giuro di dire la verità e nient'altro che la verità, raggio di sole!!!!! ***
Era
notte fonda, quando House sentì bussare alla porta.
Pioveva
a dirotto e il vento non faceva altro che scuotere i vetri e
disturbargli il
sonno.
Solo
il bussare alla porta, però, riuscì a convincerlo
ad alzarsi.
Ancora
intontito dal sonno andò ad aprire.
James
Wilson gli era di fronte, fradicio di pioggia.
“Che
diavolo ci fai qui? Sono le…”controllò
l’orologio “tre di notte!”
“Geena
mi ha cacciato di casa.”
“Ti
ha cacciato di casa?”
House
era incredulo e si mise a ridere.
Wilson
alzò gli occhi al cielo.
“Quando
avrai finito di ridere, mi stai a sentire?”
“Sì,
come vuoi! Parla!”
“Posso
dormire da te per un po’?”
“Che
c’è? Hanno finito le camere degli alberghi di
tutta la città?”
“Sono
le tre di notte. Saresti capace di farmi andare in giro sotto la
pioggia in
cerca di un albergo?”
“Fa
tanto Giuseppe, Madonna ed il bambino, ma senza pioggia!”
“HOUSE!
Saresti così bastardo da chiudermi la porta in faccia?
Ricordati
che sono il tuo medico curante e se voglio posso anche avvelenarti di
nascosto.”
“Non
ne saresti capace. Sei troppo Cameron versione maschile!”
“Non
mettermi alla prova!”
“E
va bene! Entra!”
Si
scostò per farlo entrare.
“Non
credo che saresti così bastardo da avvelenare un povero
malato di cancro.”
Wilson
rise.
“Non
tentare di farmi pena, perché non ci riesci.
Sei
sempre il solito House.”
“E
non cambierò mai, sappilo bene!”fece lui,
porgendogli una felpa ed un jeans
asciutto.
“Grazie.
Comunque, prima di buttarmi fuori Geena mi ha detto una cosa
assurda.”
“Cosa?”
House
si sedette sul divano, accanto all’amico, ogni traccia di
sonnolenza svanita
nel nulla.
“Sei
curioso, eh? Non avevi sonno?”
“Passato.
Sono curioso e mi piacciono i pettegolezzi.”
“Vecchia
comare.”rise lui e si mise comodo.
“Ha
detto che mi lasciava perché aveva capito tutto. Che non le
si poteva
nascondere nulla, che vedeva ogni cosa..”
“Ma
se era cieca come una talpa!”
Wilson
rise di nuovo.
“E
continua a dire che io sono innamorato di te. Ne è
certissima.”
“Questo
l’ha detto anche a me.”
Rimasero
in silenzio tutti e due, ascoltando il rumore della pioggia che colpiva
i vetri
senza sosta.
“Non
è stata colpa tua, come diceva lei, sai?
Non
prendertela, è solo una pazza.”
“Dal
suo comportamento di oggi, non l’avrei mai capito,
sai?”fece lui sarcastico.
Prese
dal frigo due birre e ne porse una all’amico.
“A
quest’ora?”fu il suo commento.
“Se
non la vuoi posso bere anche quella, non c’è
problema.”
“Piano
con l’alcool, ti fa male.”
“Non
ho neanche iniziato la tua terapia, che già rompi le
scatole?”protestò lui con
una smorfia e per fargli dispetto bevve metà della birra
tutta d’un sorso.
“Idiota.”
“Me
lo dicono in tanti, sai?”
“Forse
perché è vero? Fattene una ragione e cerca di
cambiare atteggiamento.”
“Mai.
Non ne sarei capace.”
Ridacchiò
e finì la sua birra.
“Wilson!
Anche tu in ritardo! Vedo che House ti sta
deviando!”esclamò la Cuddy
giorni dopo, vedendo i
due medici entrare, House con un ghigno sul volto e Wilson con la sua
espressione più terrorizzata.
Aveva
concesso all’amico di guidare la moto, stando ben attento a
tenerlo d’occhio e
se n’era subito pentito.
“Scusa,
Cuddy!
Cerco
ancora un appartamento e per ora sto a casa di House.
Ho
dovuto chiedere un passaggio al medico più spericolato del
mondo.”disse, mentre
House faceva un inchino.
“Ciao,
tesoro!”disse poi il diagnosta ad alta voce, facendo voltare
tutti i presenti
nella hall.
Cuddy
mi mise una mano sul volto, respirando piano.
“Ci
sarà un giorno in cui non mi farai fare figuracce come al
tuo solito?
E
poi non sono il tuo tesoro.”
“Scusa,
amore!”
“HOUSE!
Falla finita!”
“Tranquilla,
Cuddy! Te lo levo io di torno.”
Wilson
strattonò l’amico e lo allontanò dalla
Cuddy.
Salirono
sull’ascensore.
“Non
la finirai mai di fare l’idiota, eh? Lasciale un
po’ di tregua, dai!”
Premette
il tasto per il loro piano.
“Greg,
mi stai ascoltand…”
Si
voltò verso l’amico e lo trovò
accasciato contro una parete, il bastone per
terra.
House
respirò profondamente, la testa gli scoppiava, si
appoggiò ad una parete e si
lasciò scivolare…
Vide
tutto annebbiato attorno a lui….Wilson…non
riusciva neanche a vederlo bene…
Poi
tutto iniziò a vorticare dinanzi ai suoi occhi, li
serrò, colto dalla nausea.
“GREG!”sentì
Wilson gridare.
Si
accasciò per terra e svenne.
“GREG!”urlò
Wilson, chinandosi su di lui.
Era
svenuto, accasciatosi nell’ascensore.
Lo
scosse, tentando di farlo riprendere.
“Accidenti!”
L’ascensore
saliva troppo lentamente per i suoi gusti.
Mise
mano al cercapersone chiamò la Cuddy
ed il team di House.
Che
lo volesse o no, loro sarebbero venuti a saperlo, in un modo o
nell’altro.
Come
spiegare lo svenimento, altrimenti, senza accennare alla malattia.
Non
aveva avuto ancora il tempo per dirlo alla Cuddy, forse questa era
volta buona…
Si
inginocchiò accanto a lui, facendogli posare la testa sulle
proprie ginocchia…
“Resisti,
ti prego, Greg!”
Quando
la porta dell’ascensore si aprì si
ritrovò davanti la Cuddy ed il resto del
team.
“Datemi
una mano!”disse, sollevando l’amico ed issandoselo
su una spalla, aiutato da
Chase.
“Cosa
è successo?”chiese Cameron, preoccupata.
“Si
è sentito male in ascensore.”rivelò
Wilson.
“Stava
benissimo prima, quando faceva l’idiota!”disse la Cuddy,
mentre lo portavano
in una stanza libera e lo adagiavano sul letto.
“Che
cos’ha, Wilson? È strano in questi giorni,
l’hai notato anche te!”disse
Cameron.
“E
la telefonata di quell’altro oncologo,
poi!”incalzò la Cuddy,
per poi aggiungere
“Me l’ha detto Cameron.”
“L’FBI
non è nulla a confronto dello schieramento delle donne in
questo ospedale,
eh?”fece lui, sarcastico.
“Mettigli
il respiratore, Chase. Potrebbe averne bisogno.”aggiunse, poi.
Chase
obbedì.
“Tu
sai cos’ha. Diccelo.”disse Foreman.
Wilson
sospirò.
“Non
so se è il caso. Lui non era tanto d’accordo a
proposito.”
“Wilson!”
“E
va bene! Greg è malato!”
“Da
quando lo chiami Greg? Non lo chiami mai
così!”disse la Cuddy.
“E
poi “malato”? Di cosa?”
Wilson
sospirò nuovamente.
“Ha
il cancro. Stavolta non è uno scherzo, però.
È tutto vero.
Mi
ha dato la sua cartella per la conferma.”
“E
l’altro oncologo?”
“Era
in cura in un altro ospedale perché non gli andava di
diffondere qui la
notizia, ma ha sospeso la cura.”
Li
vide pallidi e tremanti.
Tutti,
perfino Foreman che detestava House ed il suo atteggiamento.
Cameron
soffocò un singhiozzò e cercò
l’abbraccio di un pallidissimo Chase.
La
Cuddy
taceva.
“Dimmi
che è uno scherzo.”
Wilson
scosse la testa.
“Ma
dovrai fare degli accertamenti, no?”
“Appena
House sarà d’accordo, sì. Non voglio
che pensi che non ci fidiamo di lui.”
“Perché
non ci ha mai dato prova di farlo, eh?”disse Chase,
sarcastico.
“Ma
è fin troppo serio per mentire. Ora, intendo.
E
poi non ne avrebbe motivo.”
“Tu
accertatene!
Appena
sta meglio fagli tutte le analisi che esistono: sangue,
Tac…qualunque cosa che
confermi o smentisca questo cancro.”disse e se
andò via, abbastanza sconvolta.
Il
team di House guardò Wilson, sconvolto.
“Da
quanto lo sai?”chiese Foreman.
“Qualche
giorno, non di più.”
Guardò
l’amico.
“E’
meglio se uno di noi resta accanto a lui.”disse, poi.
“Io
ho l’ambulatorio, ma se qualcuno mi sostituisce, resto
io.”propose Cameron.
“Faccio
io i tuoi turni.”si offrì Foreman e la ragazza gli
sorrise con gratitudine.
Chase
scoccò uno sguardo geloso alla propria ragazza, prima che
Wilson e Foreman lo
trascinassero fuori.
“Non
essere geloso.”disse l’oncologo.
“Non
sono affatto geloso!”
L’australiano
si voltò verso la stanza e la vide intenta a sfogliare una
rivista.
Poi
Cameron alzò lo sguardo ed incrociò il suo
sorridendo.
“Lei
ama te.”disse Wilson, battendogli una mano sulla spalla.
“Perché
allora è voluta rimanere lei?”
“Spirito
di crocerossina, direbbe House.”fece Foreman.
“Non
ti crucciar, Chase.”
“E
va bene.
Meglio
che vada. Ho un mucchio di scartoffie da riempire.”
“Io
vado a fare il turno di Cameron.”
“Ci
vediamo.”disse Wilson, vedendoli allontanarsi in diverse
direzioni.
Lo
sguardo cadde sull’amico che giaceva a pochi metri da lui ed
ebbe una stretta
al cuore.
Sperava
che sarebbe andato tutto per il verso giusto.
Doveva
andare per il verso giusto!
Ciaoooooooooooooooooooo
Eccomi
ad un nuovo chappy della mia fan fiction sul Dr House!!!!
Un
grazie a:
Anna
Mellory
Lady
House: non hai idea di quanto mi faccia piacere avere le
tue recensioni!!!!!!!!!!!!!!!!! Grazie, grazie, grazie!!!! Ti prego
continua a
seguirmi ed a commentare!!!!!!!!!!!!!!!!
Se
ti va di chattare un po’ con me il mio indirizzo msn
è artemisfowl@hotmail.it!!!!!!!!!!!!
Sei
una grande e mi piacerebbe chattare con te!!!!!! Ti prego
aggiungimi, mi farebbe molto piacere!!!!!!!!!!!
Lemnia:
che dire di te? Sei grandiosa a commentare!!!! Ed ho
letto un paio di tue storie e le adoro!!!! Grazie, grazie, grazie!!!!
Se
vuoi chattare con me, il mio indirizzo msn è artemisfowl@hotmail.it
Ashley
Snape: sei un vero tesoro, mia cara e sei una grandiosa
autrice!!!! Sappi che ti voglio un bene infinito, che non si
può neanche
immaginare tanto è grande!!!! Fammi sapere che ne pensi di
questo chappy per è
importantissimo!!!!!
Diciamo
che questa storia è una sorta
d’esperimento…spero che
vada bene e che piaccia agli altri….
Lasciati
qualche commento, anzi molti!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Vi
voglio bene, ragazzi!!!!!+
Bacioni
sbaciucchiosi
Lily
Black 90
|
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Capitolo 5 *** conferme e terapie... ***
Quando
si riprese dallo svenimento House fu assalito da tutto il suo team:
“House!
Mi dispiace così tanto!”
Cameron
che lo aveva abbracciato forte, approfittando del fatto che era debole
e
bloccato a letto.
“Sei
un vero idiota! Dovevi dircelo prima! Potevamo fare qualcosa!”
Foreman
gli aveva dato una pacca sulla schiena abbastanza forte,
chissà per screzio o
scherzo.
“Mi
spiace, House! Te lo sei proprio chiamato il cancro,
eh?”disse Chase,
abbracciandolo.
“Gliel’ho
detto anch’io.”disse Wilson, entrando nella stanza.
Appena
lo vide House esclamò:
“Dr
Wilson! Mi aiuti! Mi stanno molestando!”
Wilson
rise.
“Lasciatelo
stare, ragazzi!”
“Ma
non dovevi dirlo solo alla Cuddy, tu?”
“E
con loro come facevo?”
“Perché
volevi che non lo dicesse a noi?”chiese Foreman.
“Per
evitare la reazione di prima e quella dell’ultima
volta.”
“Siamo
preoccupati per te!”
“Razza
d’ingrato!”
“Grazie
e comunque non ce n’è bisogno! Sto
benis..”
Per
dimostrarlo House si era rizzato a sedere, ma un fortissimo mal di
testa ed un
giramento, lo costrinse a gemere e ricadere all’indietro.
“Cosa
dicevi sullo stare bene?”chiese Wilson.
“Siete
dei guastafeste, sapete?”disse lui, con gli occhi chiusi.
“La Cuddy
vuole che tu rifaccia
le analisi.”
House
sbarrò gli occhi.
“Cosa?”
“Mi
sento offeso! La
Cuddy
non si fida di me!”fece House, mentre entrava nella macchina
per fare la
Tac.
“E
tu le dai torto?”disse Wilson.
“Sta
fermo.”fece Foreman.
Nella
sala era riunito tutto il team di House più Wilson.
“E’
una cosa ridicola. So benissimo cos’ho!”
“House,
smettila di muoverti o ti anestetizzo!”disse Cameron.
House
si decise a stare fermo.
Wilson
e Chase si sistemarono davanti ai computer.
“Allora,
visualizza tutte le parti del corpo. In caso sia sfuggito
qualcosa.”
“Stomaco
pulito, pancreas e polmoni anche. Vai più su.”
“Un
suggerimento? Andate al cervello. Sapete quella massa di materia grigia
che è
contenuta nella scatola cranica, quella in testa? Quella che voi spesso
non
usate?”suggerì House, sprezzante.
“Se
continua così, lo stordisco davvero.”disse Wilson.
“Ti
ho sentito, sai? Hai l’altoparlante acceso! Non è
molto carino da parte del mio
medico curante, sai? Potrei offendermi!”
“Se
questo serve a farti stare zitto, va benissimo.”rispose
Wilson a tono.
“Fallo
contento, visualizza il cervello.”fece Chase.
Foreman e Wilson
obbedirono.
“Oh,
oh!”dissero tutti e quattro.
“Fatemi
indovinare: massa centrale circa quattro centimetri, che aumenta
interessando i
vari lobi del mio geniale cervello?”disse House, dalla
macchina.
Nessuno
si curò di farlo tacere.
Erano
fin troppo sconvolti.
“Per
adesso ha interessato il lobo frontale, per la debolezza e quello
occipitale
per i disturbi visivi, come l’annebbiamento della vista che
per poco non ha
fatto schiantare Wilson e me.”continuò.
“Fatelo
uscire.”disse Wilson in un soffio.
Ufficio
di House.
Vi
era riunito il diagnosta, il suo team, Wilson ed una spaventata Cuddy.
“Mi
credi adesso, Cuddy?”chiese House, giocando con il suo yo-yo.
Lei
annuì piano.
“House,
mi…”
“Basta
con “mi dispiace”! Ne ho piene le
tasche!”sbottò lui.
“Come
vuoi, però è vero.”
House
sbuffò, infastidito da tante attenzioni, continuando a
giocare.
Tutti
lo guardarono.
“Non
hai paura?”chiese Cameron, piano.
House
alzò lo sguardo verso di lei.
“Di
morire? No!”
“Dici
sul serio?”
Wilson
era sorpreso.
“Sì.
Dico sul serio.”
“Da
oggi Wilson si occuperà di
te.”sentenziò la Cuddy.
“Già!
Lo avevamo deciso già da prima.”rispose Wilson.
House
ignorò la conversazione.
“HOUSE!
Stiamo parlando della tua, potresti prestare un minimo
d’attenzione?”esclamò
Cuddy, facendo sobbalzare tutti i presenti, House compreso.
“Smettila
d’urlare! Vuoi farmi crepare prima?”disse,
guardandola, fingendosi
scandalizzato.
“Sei
un’idiota e lo sarai sempre, malato o no!”
“Oggi
iniziamo con la terapia, d’accordo?”disse Wilson
all’amico, ponendo fine al
bisticcio, esaminando ancora una volta la cartella.
“Come
vuoi!”fece l’altro svogliato. Sembrava non
importarsene nulla.
“Morirà?”chiese
Cuddy, appena usciti dall’ufficio di House, rivolta a Wilson.
“Non
lo so. Non è una passeggiata avere il cancro, soprattutto al
cervello.
Dipende
dalla terapia.”
“Ma
guarirà?”chiese Cameron stavolta.
Wilson
scrollò le spalle. Non sapeva che dire, anche se avrebbe
voluto dire con
sicurezza di sì, che sì sarebbe sopravvissuto.
House
aveva rischiato tante volte la vita, quando era stato sparato,
rischiando
l’overdose…ma mai come ora la
possibilità di sopravvivere era così bassa.
“Che
terapia dovrebbe utilizzare?”domandò Chase.
“Non
lo so. La chemioterapia o la radioterapia.Non
ne ho idea!”
Sedette,
il volto tra le mani.
“Non
può…morire…non
deve!”sussurrò, affranto.
Era
terrorizzato, più di quanto gliela aveva confidato.
Gregory
House poteva essersi sbagliato, poteva aver preso un abbaglio.
Ma
ora ne aveva la conferma e la verità era dura da accettare.
“Guarirà!
Riusciremo a salvarlo, Wilson.”
Cameron
gli sedette accanto e gli passò un braccio attorno alle
spalle, vedendolo
sconvolto.
Ma
nessuno degli altri stava meglio.
Era
facile dire che House era un rompiscatole, antipatico, misantropo,
scorbutico e
maleducato, ed era tutte queste cose!
Ma
trovarsi davanti una realtà che lo avrebbe strappato via
dalle loro vite non
era facile da accettare.
“Possiamo
usare la terapia Johuls. Non prevede solo la chemioterapia, ma aggiunge
anche
altri farmaci alla cura.”riflettè un attimo
Wilson, togliendosi la mano dal
volto.
“Ed
il Vicodin non può compromettere la sua
riuscita?”chiese Foreman.
“No,
se non ne prende molto e dato che adesso ce l’ho io il suo
flacone non lo
farà…”
“E
non pensi che ne qualcuno a casa, nascosto nell’ufficio o lo
potrebbe chiedere
al farmacista semplicemente?”
“Non
penso. Sono stato con lui in questi giorni e non l’ho mai
visto barare,
accettando la mia dose. Non so, ma forse ha pensato che vivere fosse la
scelta
migliore.”
“Ed
a casa sua?”
“Abito
anch’io con lui in questo periodo un po’ per dargli
un occhio, un po’ perché
sto cercando un appartamento. E non ha fatto nulla.”
“Chiedi
al farmacista dell’ospedale non dargli le pillole, se House
va a
chiedergliele.”gli consigliò Cuddy.
“Sì,
così House mi ammazza!”
“Stiamo
tentando di proteggerlo!”
“Ho
la netta sensazione che non gli piaccia essere protetto e sentire la
compassione altrui.”
“E
per questo che non ha detto subito la verità?”
Chase
era sbalordito.
“Ha
nascosto a tutti, anche a te per un po’, di avere il cancro,
solo perché non
voleva essere compatito?”
Wilson
annuì.
“Inizia
con la terapia Johuls oggi pomeriggio. Non ci sono rischi,
vero?”chiese Cuddy.
“No,
ma è molto lenta ad agire.”
Hola
a todos
amigos!!!!
Bonsoir
a tu le
monde…vabbè lasciamo perdere le lingue
perché solo con l’inglese me la cavo
bene!!!!
Rieccomi
qui, dopo
parecchio tempo direi, ad aggiornare la mia storia su Dr House....
In
primis: so che
spesso sfioro l’OOC ed ho deciso di mettere questo
avvertimento nella mia
storia, quindi…lettore avvisato mezzo salvato!!!!
In
secundis (ma
vieni!!! pure il latino mò come lingua…): scusate
se aggiorno raramente, ma al
momento sono un po’ troppo impegnata con altre
storie…
Un
ringraziamento a:
Ashley
Snape: sei un’amica
meravigliosa, mia cara e ti voglio molto molto
molto…bene!!!!!!!!!!
Lady
House: sono
contentissima che la mia storia ti piaccia!!!!
Nike
87: ciaooooo!!!
Come noterai ho messo l’avviso OOC nelle
avvertenze…ma se continui a seguirmi,
mi farebbe molto felice!!!!
Grazie
di
tutto!!!!!!!!
Narufan:
ovvio che
le cose cambieranno…ho qualche idea, ma nulla di + per
ora…mi sa che dovrai un po’
aspettare…il mio unico neurone è già
troppo sotto stress…kiss
Lemnia:
grazie dei
complimenti…sono molto commossa…non merito,
però!!! Hihihi continua a seguirmi,
mi raccomando…kiss kiss
Vlad
Tepes: grazie
dei complimenti, mi hanno fatto molto piacere…
Ma
mi sa che dovrai
aspettare ancora un po’ per l’evoluzione della
storia!!! Un bacione
Un
kiss ed un
abbraccio a tutti voi, soprattutto a coloro che recensiranno…
Lily
Black 90
|
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Capitolo 6 *** allucinazioni e peggioramenti ***
I
giorni passarono lentamente, tra cure e diagnosi.
Terminarono
piano quasi tre settimane.
Il
mal di testa di Greg non accennava a diminuire, ma grazie a Dio non era
svenuto
di nuovo.
Ma
ora al mal di testa si era aggiunta anche la nausea.
Gli
sembrava di essere una donna in gravidanza, che non sopportava
l’odore di
nulla.
Tutta
colpa di quei maledetti medicinali! E lui non poteva neanche
più mangiare la
sua briosce la mattina!
Il
diagnosta zoppicava per i corridoi e si sentiva addosso lo sguardo dei
suoi
assistenti, della Cuddy, di Wilson…
Sembrava
un sorvegliato speciale; pur capendo la loro preoccupazione andava su
tutti i
nervi quando qualcuno gli chiedeva come stesse e tutti finirono per non
pronunciare più questa domanda.
La
terapia Johuls prevedeva oltre alla chemioterapia anche altri farmaci e
così,
imbottito di quelli, più il poco Vicodin che Wilson gli
concedeva, House arrivava
a fine giornata reggendosi appena in piedi.
“Avete
visto Greg?”
James
entrò nella sala del diagnosta dove trovò i tre
assistenti intenti a riordinare
e revisionare cartelle.
“No.
Tutto bene?”
“Non
lo so, non lo vedo da dopo la terapia.”
“Piantatela
di preoccuparvi! Starà bene! E’ di House che
stiamo parlando, no?”
Chase
cercò di minimizzare, ma ottenne solo
un’occhiataccia da parte di tutti.
“Ha
il cancro! Come diavolo fai a dire di non
preoccuparci!”esclamò Cameron, infervorata.
“Io
vado a cercarlo! Ma deve finire questa storia!
Non
possiamo farci venire un infarto ogni volta che non riusciamo a
trovarlo!”
E
così iniziarono a girare per l’ospedale.
Fortunatamente
era tardi e non c’era molto lavoro da fare, altrimenti chi la
sentiva la
Cuddy!
Chiuso
in un bagno al terzo piano Gregory House vomitava anche
l’anima.
Che
tutto quel malessere dipendesse dalla chemio o dal cancro non gliene
fregava un
accidenti.
Voleva
solo stare meglio.
Respirò
profondamente, seduto sul freddo pavimento del bagno.
Tremava
da capo a piedi, si rese conto, quando si alzò piano per
sciacquarsi il volto.
Ma
quando alzò gli occhi, si rese conto che non era solo.
E
fin qui nulla di
strano, se l’individuo
dietro di lui non avesse avuto il viso coperto da un cappuccio calato
sugli
occhi ed uno strano abito scuro.
Il
diagnosta lo guardò, stranito.
Da
quando in qua si andava negli ospedali vestiti come la Falce
della Morte?
“Chi
diamine sei? E che ci fai vestito così?
Halloween
è passato da un bel pezzo, sai?”chiese sprezzante
e barcollò verso l’uscita,
ancora debole.
Ma
l’uomo lo fermò e lo prese per un braccio
costringendolo a voltarsi.
Occhi
azzurri contro occhi neri.
Neri
come un pozzo senza fine.
Per
la prima volta in vita sua Greg ebbe davvero paura.
“Non
hai paura di me, Gregory?”disse lui con voce profonda e cupa
da far rizzare i
capelli.
D’un
tratto capì di chi si trattasse, anche se
all’inizio era stata tutta una
stupida supposizione.
La
Falce
della Morte, ma
andiamo?
Eppure…
“No!”
Con
tutte le forze che aveva riuscì a liberarsi dalla presa
della Morte.
Lui,
lei, rise, una risata gelida che si diffuse in tutto il bagno.
“Non
fare lo spavaldo, Greg House. Io ti sto aspettando e tutti hanno paura.
Ne
avrai anche tu.”
“No!
Non ho paura di morire e non ho la minima intenzione di iniziare ora ad
averne!”
“Non
hai nulla da perdere in fondo. Fallo. Lasciati andare. Muori. Io ti sto
aspettando.
Non
hai nessuno, Greg. Sei solo, lo sei sempre stato. E lo sarai sempre,
anche
nella morte.”
Aveva
ragione e Greg lo sapeva benissimo, ma non gli importava.
Oppure
sì?
“Torna
più tardi. Ora non ho la minima voglia di morire. Ti faccio
io un fischio!”
Che
stupida allucinazione. Sognare la Morte!
E
poi perché diavolo non si stava ancora svegliando?
Cos’era successo?
Lei
gli si avvicinò, piano, lentamente.
Lui
non si mosse.
Se
era un sogno, e lo era di sicuro, non doveva avere paura di nulla.
Ma
Lui ( o Lei) lo afferrò per le braccia e lo strinse forte,
in una morsa
d’acciaio.
Ma
cosa diamine stava succedendo?
Tentò
di divincolarsi, ma non ci riuscì.
“Calmati.
Sei al sicuro ora. Smettila di agitarti.”disse Lei, mentre lo
serrava nella sua
morsa fatale.
“NO!
LASCIAMI ANDARE, RAZZA DI…”
E
poi sentì un leggero bruciore.
Come
di…una siringa?
E
poi tutto diventò nero.
Si
svegliò parecchi giorni dopo, steso in un letto
d’ospedale, con una flebo
attaccata al braccio e la testa dolorante.
Si
sentiva malissimo, come se qualcuno lo avesse usato come pignatta.
Serrò
gli occhi, sforzandosi di ricordare come diamine fosse arrivato
nuovamente su
un letto d’ospedale.
Il
cancro era peggiorato? La terapia non faceva effetto?
Lo
stava indebolendo invece di ridurre il tumore? Cosa diamine gli stava
succedendo?
L’ultima
cosa che ricordava era l’aver visto la Morte.
House
spalancò gli occhi di colpo.
Questo
non era possibile.
La
Morte
non era una persona che
tende agguati nei bagni, vestita di nero con il cappuccio calato sugli
occhi.
Forse
aveva visto troppi film.
Sì,
era decisamente quella la causa.
Aveva
avuto un’allucinazione. Ma…
“Ah!
Sei sveglio! Finalmente! Ero così preoccupato!”
Una
voce maschile lo distolse dai suoi pensieri contorti.
Era
James Wilson.
“Devi
smetterla di preoccuparti! Altrimenti ti verranno i capelli bianchi! E
poi chi
ci esce più con te?”scherzò House.
L’oncologo
fece una smorfia e Greg rise.
Ma
smise subito perché gli doleva la testa.
“Come
faccio se ogni volta che giro lo sguardo tu fuggi via e svieni o ti fai
prendere dalle allucinazioni?”
Greg
lo fissò, sbalordito.
“Cosa?”
Si
costrinse a mettersi seduto per guardare meglio l’amico.
Era
davvero stravolto, i capelli castani erano arruffati più che
mai e aveva delle
pesanti occhiaie.
“Ti
abbiamo trovato, io ed i tuoi assistenti, in un bagno del terzo piano.
Stavi
parlando da solo e ti muovevi stranamente, poi quando Chase ha provato
a
bloccarti ti sei messo ad urlare.
Ed
allora ti abbiamo infilato una bella dose di calmante.”
“Ho
avuto un’allucinazione.”
Era
un’affermazione.
“Sta
peggiorando e la terapia Johuls non
funziona.”continuò, guardandolo fisso negli
occhi per vedere la sua reazione.
James
non disse nulla.
Si
limitò a ricambiare lo sguardo, rimuginandoci su.
“Dobbiamo
interromperla.”proseguì Greg.
“E’
la più sicura e priva di rischi.”
“Ma
anche la meno efficace. Mi servono dei farmaci che combattono il mio
cancro,
non che mi tengano al sicuro.
Ci
vuole qualcosa di più aggressivo.”
James
Wilson non osò contraddirlo.
Primo
perché stava malissimo e poi perché aveva ragione
da vendere.
Il
problema delle terapie aggressive era che spesso facevano
più male che bene.
Potevano
ridurre il tumore e far morire il paziente di qualcos’altro.
“Terra
chiama James Wilson! Sei con noi o ti sei trasferito su
Plutone?”
House
si sporse un po’ per sventolargli una mano davanti al viso.
Si
era incantato, perso nei suoi pensieri.
“Sì…scusa…mi
sono distratto un attimo.”
“Ma
che oncologo che ho! Non ha la minima considerazione del suo
malato!”
Greg
si finse offeso, mentre James sospirava.
Ci
fu un po’ di silenzio.
“Gli
altri? È strano non avere le guardie del corpo!”
“La Cuddy
è a casa, ed anche
Foreman. Ma Cameron e Chase hanno il turno di notte.”
“Quanto
sono stato qui?”chiese il diagnosta.
“Quattro
giorni. È domenica sera.”
“E
tu sei stato qui per quattro giorni? Notevole! Vuoi vincere il premio
per il
medico più premuroso del mondo? Attento che
c’è anche Cameron in questa
categoria!”
“Non
sono stato sempre io a farti da guardia. Abbiamo fatto dei
turni.”
“Aah!
Capito!”
Altro
momento di silenzio.
“Cosa
hai visto nella tua allucinazione?”chiese d’un
tratto James.
Greg
lo guardò, sogghignando.
“Cosa
c’è? Ti diletti a fare lo psicologo,
ora?”
“Eri
spaventato…voglio sapere cosa hai visto.”
“Nulla
di che. Non ricordo bene.”
“Menti.
Ti conosco, Greg. So quando menti e quando sei turbato.
Ora
sei entrambe le cose.”
Greg
non disse nulla.
“Non
c’è nulla di cui preoccuparsi, Jimmy.
Nulla.”
“Non
hai nulla da
perdere in fondo. Fallo. Lasciati andare. Muori. Io ti sto aspettando.
Non
hai nessuno, Greg.
Sei solo, lo sei sempre stato. E lo sarai sempre, anche nella
morte.”
House
non gli
rivelò la sua allucinazione. Si
sentiva stupido anche solo a rifletterci sopra.
Aveva
immaginato la Morte. Forse
la sua malattia lo stava suggestionando e preparando al peggio?
Ma
lui non aveva intenzione di morire.
“Non
hai nulla da
perdere in fondo. Fallo. Lasciati andare. Muori. Io ti sto
aspettando.”
Aveva
detto. Aveva ragione. Era solo, che senso aveva combattere? E per cosa
poi?
Perso
fra i suoi pensieri, finì per addormentarsi e cadere nelle
braccia di Morfeo.
James
rimase lì a guardarlo dormire, vedendolo agitarsi nel sonno,
come preso da chissà
quali pensieri.
Le
sopracciglia aggrottate, una smorfia sul viso…
Ma
a cosa diamine stava pensando per essere agitato anche durante il
sonno? Si
ritrovò a pensare, ma non trovò nessuna
spiegazione.
Senza
neanche sapere perché, seguendo solo un impulso improvviso
tese la mano e prese
quella dell’amico, abbandonata sulle coperte.
Gliela
strinse, forse per fargli capire che non era solo, che non lo era mai
stato...
Che
aveva degli amici, delle persone che gli volevano bene e che era
un’idiota a
rendersi conto di tante cose anche di quelle più
insignificanti, ma di tralasciare quelle più importanti.
Come
l’amicizia…o l’amore…
Ed
eccomi alla fine di questo chappy…scusate ancora per il
ritardo,
ma sto seguendo fin troppe storie contemporaneamente ed un giorno
capiterà che
in una storia di Dr House mi metterò a parlare di Harry
Potter e Sirius Black!!!!
In tal caso perdonatemi, please!!!!
È
finalmente iniziata la quarta stagione su Mediaset, che io avevo
già visto in inglese dalle puntate che ho sul
pc…ma non importa!!!!
Che
carina che è Tredici, eh? L’adoro come personaggio
e sto
iniziando ad odiare Chase…più del solito,
intendo!!!
Ditemi
che ne pensate della quarta stagione…e seriamente: ce la
vedete Tredici con il MIO Greg???
grazie
a Narufan: è vero quello di prima era molto di passaggio,
avevi ragione!!! grazie della fiducia e delle recensioni!!! continua a
seguirmi e non mancare di dirmi che ne pensi!!!
Lemnia: grazie della recensione, Lemnia!!!! mi ha fatto come sempre
molto piacere leggerla, continua a dirmi che pensi dei miei capitoli,
mi raccomando!!! ma tu hai msn? mi piacerebbe molto poter chattare con
te!!!! un bacione
Kagura92:
grazie dei complimenti, sei davvero molto dolce!!!! continua a leggere
la mia storia e dimmi che ne pensi!!!!
siete delle grandi ragazze mie, mi fa molto piacere leggere le vostre
recensioni...continuate a seguirmi, vi prego...
Un
bacione
|
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Capitolo 7 *** Litigi e separazioni ***
“House! Stai
bene?”
Cameron guardò il suo capo
con occhi sgranati, trovandolo sveglio dopo giorni passati senza aprire
occhio.
Lui fece un ghigno.
Era passato solo un giorno da quando
si era risvegliato ed era già al lavoro.
Aveva obbligato gli infermieri a
portare lì la sua adorata lavagna bianca ed i suoi
pennarelli, per poter formulare nuove diagnosi ed indagare sui casi
proposti.
“Dovresti riposare! La Cuddy
ha detto che potevamo benissimo occuparcene noi!”
Cameron tentò di
protestare e si fece avanti per togliergli di mano i pennarelli, ma lui
la scansò e li alzò per non farli prendere.
Foreman, seduto su una poltrona della
stanza di House, ridacchiò piano.
“Su! Fai la brava, Cameron!
Sto solo facendo nuove ipotesi e poi l’inattività
mi rende nervoso!”
“Lascialo stare, Cameron!
Sai benissimo che tanto ottiene sempre quello che vuole!”
Chase entrò nella stanza.
“Grazie! Vedi? Devi fare
esattamente come fa il tuo boy!”
“Dartela vinta?”
“E’ una tecnica
che funziona sempre! E poi sto benissimo!”
“Sul serio? Non ti fanno
più male la testa e la gamba?”
“Sono sotto morfina! Cosa
vuoi che mi faccia male? Ed ora state zitti un secondo!”
I suoi assistenti alzarono gli occhi
al cielo.
Non sarebbe cambiato mai!
I giorni passarono con più
lentezza del solito.
House aveva convinto Wilson a
lasciarlo andare a lavoro, contrariamente all’amico che lo
voleva tenere ancora qualche giorno a riposo.
Quindi solo due giorni dopo le sue
allucinazioni, Gregory House era tornato al lavoro, tentando di
togliersi dalla mente ciò che aveva visto.
Ma non era facile, poiché
le parole gli ritornavano continuamente in mente.
Ormai si erano insinuate nella sua
mente e lo tormentavano ogni volta che la sua testa era libera da
pensieri.
Perciò faceva di tutto per
tenersi impegnato con nuovi casi.
E all’orizzonte
c’era anche un altro problema: la terapia da iniziare.
Dopo il fallimento della precedente,
Wilson si era messo a cercarne una migliore.
Ma Greg lo vedeva combattuto tra il
desiderio di scegliere la più adatta a distruggere il tumore
e quella che gli avrebbe riservato meno danni possibili.
Peccato che spesso erano
inconciliabili queste due cose.
Wilson lo sottopose ad un nuovo ciclo
di chemio, ma le cose non accennarono a migliorare.
Più sconfortato che mai,
Greg iniziò ad essere sempre più intrattabile con
tutti quelli che aveva a tiro, James soprattutto, come se in un certo
senso lo ritenesse responsabile di ciò che stava accadendo.
Il vento soffiava leggero quella
mattina ed un sole tenue brillava fiocamente, seminascosto da nuvole
che minacciavano pioggia.
Greg House sfiorò
nuovamente le sue analisi.
Non stava funzionando. Non stava
funzionando affatto. Nulla di ciò che aveva provato stava
dando il benché minimo frutto!
Il cancro era ancora lì e
non accennava a sparire o almeno a diminuire.
Sentì la rabbia e lo
sconforto crescergli in petto e gettò lontano la sua
cartella clinica, frustrato.
Non voleva morire, non ne aveva la
minima voglia.
Le cose dovevano cambiare ed in
fretta.
Lesse nuovamente la scheda di una
nuova terapia sperimentale.
Era quella l’unica
soluzione.
“Ehi! Che ci fai
qui?”
La voce di James lo distolse dai suoi
pensieri.
Greg alzò lo sguardo.
“Nulla. Mi nascondevo dalla
Cuddy! Mi ha propinato un caso che non ho intenzione di
risolvere!”
“Come no, detective dei
miei stivali! La
Cuddy sa come stai ed evita di darti casi idioti
ed inutili. Che è successo?”
Si sedette per terra sul pavimento
del balcone accanto all’amico.
“Sfuggivo dalla
Cameron…”
Sguardo scettico.
“Mi andava di pensare,
ok?”
“Ed hai pensato che il
balcone del mio ufficio fosse il posto più indicato per
farlo?”
“Almeno qui solo tu avresti
rotto!”
James rise.
“Sono le tue analisi,
vero?”
Indicò la cartella gettata
lontano da loro.
Greg annuì.
Gli lanciò uno sguardo
significativo e James capì.
“Non sta funzionando e lo
sai. Il cancro non è migliorato.”
“Greg…”
“Dobbiamo cambiare
terapia.”
Gli porse un plico di fogli.
La scheda di quella terapia che
leggeva prima.
James Wilson li sfogliò e
scosse la testa, restituendoglieli.
“Scordatelo! Levatelo dalla
testa!”
“Perché? Paura
di rischiare?”
“Tu che dici? È
una terapia sperimentale!”
“Ha superato tutti i primi
test! E poi è la più indicata per il mio cancro.
È diffuso ed ha bisogno di
una terapia aggressiva.”
“NO!”
“Andiamo! Sai benissimo che
solo se le dimensioni diminuiscono si potrà asportare il
tumore!”
“Ho detto di no, Greg! Sono
il tuo oncologo e la mia risposta è no!”
James Wilson si alzò ed
entrò nel suo ufficio.
Sbuffando, Greg si
appoggiò al bastone per alzarsi e lo raggiunse.
“Perché no? Non
fare l’ostinato!
Andiamo!”
“Ma ti rendi conto di cosa
mi stai proponendo?”
“Un’opportunità
per salvarmi la vita! Ma se preferisci usare una terapia sicura e
perfettamente inutile, fai pure!”
James gli lanciò uno
sguardo truce.
Poi uscì dal suo ufficio.
Cocciuto come sempre, Greg House lo
seguì zoppicando.
“Quella terapia potrebbe
danneggiarti i polmoni ed il cuore! Hai letto la scheda, no? Preferisci
essere salvato dal cancro e morire per il resto?”disse.
“Il cuore ed i polmoni
possono essere sostituiti! Il cervello no e poi il mio non lo voglio
cambiare con nessuno! È mio e me lo tengo!”disse,
battendo il bastone per terra con forza.
Parecchi si voltarono a guardarlo, ma
lui non se ne curò affatto, come al solito.
“E poi dubito fortemente
che tra un paio di mesi i nostri grandiosi scienziati abbiano inventato
un trapianto di cervello!”
“Sei un’idiota!
È troppo pericoloso! Tu non hai idea dei rischi! Anzi, li
conosci e non te ne importa!”
“Io corro rischi ogni
giorno! Per salvare vite utilizzo anche delle terapie sperimentali!
E lotto quotidianamente per salvare
una vita, con tutti i mezzi che possiedo!”
“A te non interessano i
pazienti! Lo fai solo per te! Per una tua semplice sfida
personale!”
Stavano urlando nel bel mezzo del
corridoio.
“E’ vero! Non
sarò come te o come Cameron, che vi affezionate ad ogni
stupido e singolo paziente! Ma pur facendolo solo per me, io salvo
delle vite e lo faccio utilizzando ogni mezzo! La sai la differenza tra
me e te?
A te interessano i pazienti, ma non
osi in nulla. Preferisci usare terapie “sicure”
anche se il loro intento è quello di uccidere il paziente
più lentamente e non di salvarlo!
Io me ne frego dei pazienti, ma
faccio di tutto per fare bene il mio lavoro!”
James lo guardò con tanto
d’occhi e così anche tutti i presenti nel
corridoio.
Nessuno aveva mai visto James Wilson
e Gregory House litigare così, urlando nel mezzo del
corridoio.
L’oncologo era sorpreso e
ferito insieme dal discorso dell’amico, mentre il diagnosta
restava in piedi, appoggiato al suo fedele bastone, respirando piano.
“Io non gioco con la vita
dei pazienti, Greg. Non come fai tu!”
Greg rise amaramente.
“Già tu li
uccidi e basta.”
Tacquero per un istante.
“Ridammi le mie analisi.
Cercherò un altro oncologo.”disse poi, sbalordendo
tutti, compreso se stesso.
Non sapeva neanche lui cosa
l’avesse spinto a dire quella frase.
Ma ormai non poteva e forse non
voleva rimangiarsi tutto e ritornare sui propri passi.
James scosse la testa.
“Cos’è?
Hai cambiato idea?”
“No. Ma non intenzione di
rimanere con le mani in mano mentre tu tenti di ucciderti!”
“Faccio quel che mi pare
della mia vita ed a te non deve interessare un accidenti!”
“Sto tentando di
salvarti!”
“Se lo stessi facendo, mi
daresti retta. Ma forse non sono così importante per correre
un rischio, vero Jimmy?
Non ne vale la pena,
eh?”disse sprezzante, con l’intento di ferirlo.
Quelle parole fecero più
male di tutto il resto.
“Non ne vale la pena, eh?
Non sono così importante per correre un
rischio?”aveva detto Greg House.
James Wilson tacque, tremando per la
rabbia.
Gli lanciò le analisi.
“Sei un vero stronzo. Forse
qui sono uno dei pochi che veramente si interessa a te.
Va al diavolo, House!”
E se ne andò, lasciandosi
dietro un silenzio attonito.
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Capitolo 8 *** scuse ed abbracci ***
James
Wilson gettò il plico di fogli sulla terapia sperimentale
nel cestino, senza
neanche degnarli di un’ulteriore occhiata.
Ribolliva
di rabbia e dolore.
Nel
suo studio House bistrattò i suoi assistenti più
del solito.
Era
rimasto qualche manciata di minuti ad esaminare un caso dei paperotti,
che gli
avevano chiesto aiuto, e prima di riuscire a dare una decente diagnosi,
House
li aveva mandati al diavolo e si era chiuso nel suo ufficio, disteso
sul
pavimento.
Prese
e lasciò perdere la sua adorata pallina.
Accese
e spense la televisione, anche se c’era General Hospital.
Lanciò
uno sguardo al lavagna completamente bianca che poco fa, preso da una
rabbia improvvisa,
aveva gettato per terra.
Serrò
gli occhi, tentando di ignorare le parole che poco prima aveva urlato a
James
Wilson.
“Non
ne vale la pena,
eh? Non sono così importante per correre un
rischio?”
Peccato
che, come era successo con le parole della Morte, quelle non facevano
altro che
rintronargli in testa.
Il
dolore alla gamba era insopportabile, superato solo da quello alla
testa.
Si
trascinò verso il flacone di Vicodin e ne ingoiò
una manciata sperando che
funzionasse per entrambe le cose, digrignando i denti per il dolore.
Si
ridistese sul pavimento e si lasciò andare ad un lungo e
tormentato sonno.
House
e Wilson non si rivolsero la parola per giorni.
Ormai
tutto l’ospedale sapeva del loro litigio e tutti ne erano
stupiti.
Gregory
House aveva un caratteraccio, ma non aveva litigato mai in quel modo
con il suo
migliore amico, né l’aveva mai accusato di non
importarsene.
House
aveva interrotto il ciclo di chemio ed ora combatteva il dolore solo
grazie al
Vicodin.
Troppo
orgoglioso per chiedere scusa, o anche solo per rivolgergli la parola,
Greg
rinunziò ad ogni consulto con l’oncologo ed
ignorando il dolore continuò a
lavorare.
“Non
puoi andare avanti così!”lo rimproverò
Cuddy, quando Greg le chiese per
l’ennesima volta di prescrivergli il Vicodin.
“Perché
no?”
“Perché
sei venuto da me a chiedere la prescrizione? I tuoi assistenti non sono
disponibili? Li hai mandati ad intrufolarsi a casa di qualcun
altro?”
“Solo
Foreman e Cameron. Chase fa il mio turno di ambulatorio. E poi mi hanno
boicottato. Vogliono che parli con Wilson e non
mi vogliono prescrivere nulla.
Forse
li dovrei licenziare.”
House
prese il foglio della prescrizione dalla mano della Cuddy, prima che
lei
cambiasse idea.
“Dovresti
risolvere la situazione! I tuoi assistenti hanno ragione!”
“E
perché tu, invece, mi aiuti?”
“Perché
senza Vicodin moriresti di dolore e potresti fare una pazzia!!!
Le
fai anche senza avere il dolore alla testa. Sommando le due cose, senza
Vicodin, saresti più pazzo di come sei ora. E non riesco a
reggerti già così,
quindi!”
House
fece un ghigno, che sembrò più una smorfia di
dolore.
“Grazie,
allora!”
Fece
per andarsene, ma Cuddy lo afferrò per un braccio e lo
costrinse a voltarsi.
“Greg
House, tu stai male. Hai un tumore al cervello. Se non inizi subito una
terapia,
morirai, lo vuoi capire o no?”
House
si liberò dalla sua stretta.
“So
quel che faccio. E non ho paura della morte.”
“Sì
che ne hai. Tutti hanno paura di morire ed il fatto che tu ti creda
diverso,
non ti rende tale!!! Sai quel che fai, eh?
Cosa
vuoi fare? Spingere Wilson ad assecondarti? Pensi che vederti su un
letto di
morte, lo costringerà ad accettare le tue pretese?
C’è
un motivo se ti ha rifiutato quella terapia, House e tu lo sai!
Non
puoi accusarlo di non voler rischiare, né tantomeno di non
importarsene!
Sei
stato davvero crudele! Sta, anzi no, stiamo cercando tutti di aiutarti!
Vorrei
solo che te ne rendessi conto, House!!!
Prova
solo per un secondo ad uscire dal tuo mondo di menefreghismo e renditi
conto
che ci sono persone che ci tengono a te, anche se in fondo non te lo
meriteresti neanche, dato il tuo caratteraccio! E se Wilson non vuole
usare
quella terapia significa che potrebbe solo peggiorare le tue condizioni
e non
salvarti la vita!!!”
House
era rimasto sorpreso dalla sfuriata della Cuddy e pur capendo le sue
motivazioni, aveva continuato cocciutamente per la propria strada.
Tutto
era immerso nel silenzio, non c’era il benché
minimo rumore.
Immerso
in un mondo così tranquillo, Gregory House era sfuggito ai
suoi assistenti ed
alla Cuddy e restava lì, seduto appoggiato contro il muro,
nella rampa di scale
di servizio.
Non
aveva nessun caso da risolvere in quei giorni.
Chiuse
gli occhi, affranto ed annoiandosi da morire.
Era
quasi un mese da quando lui e Wilson avevano litigato ed anche se si
sforzava
di pensarci, era piuttosto difficile farlo se la persona in questione
lavorava
nello stesso ospedale.
James,
dal canto suo, continuava a soffrire per le parole dette
dall’amico, ma non
aveva fatto nessun gesto per parlargli di nuovo ed orgoglioso anche
lui,
taceva.
Il
dolore in quei giorni non aveva fatto altro che tormentare il diagnosta
e
c’erano volte in cui era così forte che neanche il
Vicodin, una massiccia
porzione, riusciva a quietarlo.
Come
in quel momento, infatti.
Strinse
forte i pugni, finché le unghie non si conficcarono nella
carne, serrando gli
occhi e digrignando i denti.
Provò
a bilanciare il dolore ferendosi, sferrando in preda alla disperazione
un forte
pugno nel muro, ma neanche questo funzionò.
Accasciato
contro il muro, tentò di alzarsi aggrappandosi alla
ringhiera.
Ma
perse la presa e cadde, scivolando lungo la rampa di scale.
Terminò
la caduta, atterrando più dolorante che mai, sul
pianerottolo.
Imprecando
in tutte le lingue che conosceva rimase sdraiato sul freddo pavimento,
incapace
di muoversi a causa del dolore che lo invadeva ad ondate fortissime.
Rimase
lì per un tempo imprecisato, respirando affannosamente, gli
occhi chiusi e
mordendosi le labbra.
Non
aveva scelta. Doveva chiamare aiuto, anche se il suo orgoglio glielo
aveva
impedito per quasi un mese.
E
conosceva bene l’unica persona che glielo poteva offrire: non
la
Cuddy, né Cameron, Chase o
Foreman.
Lui.
Prese
il cercapersone e con uno sforzo si appoggiò al muro,
mettendosi quasi seduto.
“Ho
bisogno del tuo
aiuto. Sono alla rampa di scale.”scrisse
con mano tremante, per poi lasciare
cadere il cercapersone appena spedito il messaggio.
Non
restava che aspettare.
Quando
James Wilson lesse il messaggio stava parlando con un paziente.
“Mi
scusi un attimo.”disse, sentendo la vibrazione del
cercapersone.
Quando
lesse chi glielo inviava, imprecò tra sé.
“Come
diamine vuole, ora?”disse non preoccupandosi neanche di
abbassare la voce.
Il
paziente, un arzillo vecchietto di 80 anni, lo guardò,
interrogativo.
“Con
chi ce l’ha?”
“Con
un amico idiota.”rispose Wilson, cliccando per leggere il
messaggio.
Quando
lo fece lasciò cadere il cercapersone che rovinò
a terra con un rumore sordo.
“Cos’è
successo?”chiese il suo paziente.
“Nulla
di buono.”disse, prima di correre via diretto alla rampa di
scale.
Scese
di corsa le scale e quando vide l’amico accasciato contro il
muro sul
pianerottolo per poco non gli mancò il fiato.
“HOUSE!”
Greg
era semi-svenuto, quando James arrivò.
Sentì
rumori di passi, ma tenne gli occhi chiusi.
“House!”
Era
la sua voce, era venuto anche se lui si era comportato da stronzo nei
suoi
confronti.
Wilson
si inginocchiò accanto a lui e provò a farlo
alzare.
Ma
l’amico era troppo debole per fare anche un solo sforzo.
“Riesci
a sentirmi?”chiese piano, vedendolo con gli occhi chiusi.
Greg
annuì impercettibilmente.
James
si sedette accanto a lui e gli passò un braccio attorno alle
spalle, sostenendolo.
“Sto
bene.”disse piano l’altro.
“Non
direi proprio.
Sei
quasi svenuto dal dolore.”
“Avevi
ragion...ah!”gemette, improvvisamente, portandosi la mano
alla gamba ed alzando
gli occhi azzurro cupo velati di sofferenza verso il soffitto bianco.
“Non
importa chi aveva ragione. Ma sei stato uno stronzo in ogni
caso.”fece Wilson.
House
rise piano, ma smise subito perché gli doleva tutto.
“Io...non…volevo…dire…quelle
cose.”ansimò puntando lo sguardo verso Wilson.
Era
maledettamente sincero.
Wilson
lo notò dai suoi occhi, non tanto dalle parole.
Non
mentiva.
Non
stavolta, almeno.
“Lo
so. Non importa, davvero.”
“So
che t’importa…ero così preso da
quell’idea…”
“Che
non hai voluto sentire altre ragioni. Hai smesso la chemio ed hai
iniziato a
calmare il dolore con una tripla quantità di Vicodin. Sei
diventato un drogato
peggio di prima!”
“Diciamo
più di una tripla quantità. Chiedi alla Cuddy se
non mi credi.”
“Mi
hai ricattato per quasi un mese! Perché sapevi che se ti
avessi visto in
pericolo avrei fatto marcia indietro!”
“Ho
puntato sulle tue debolezze. Sono
un’abil…”
Serrò
gli occhi, gemendo forte e piegandosi in avanti.
Wilson
continuò a stringergli la spalla forte.
“Greg…
Non
puoi andare avanti così. Non puoi farlo. Ti prego.”
“Ce
la faccio.”
“Morirai!”urlò
Wilson d’un tratto, sorprendendo anche se stesso oltre
all’amico.
“E
se anche…”
“Mi
importerebbe, razza d’idiota! CI importerebbe! Non puoi
morire solo perché a te
non importa nulla. Non permetterò che tu ti lascia
andare.”
Wilson
scattò in piedi e lo fronteggiò, furibondo.
“Perché?
Perché no?”
Ora
anche House stava urlando.
“Perché
no, cosa? Perché non dovresti lasciarti morire? Sei un uomo
intelligente!
Arrivaci da solo!”
“Non
hai nulla da
perdere in fondo. Fallo. Lasciati andare. Muori. Io ti sto aspettando.
Non
hai nessuno, Greg.
Sei solo, lo sei sempre stato. E lo sarai sempre, anche nella
morte.”
Le
parole della Morte gli tornarono in mente di colpo.
“Lo
sai che non avrebbe senso continuare. Lo sai benissimo.”disse
abbassando la
voce.
“Non
dire stronzate! Da quando ti metti a pensare a queste cose? Da quando
hai
iniziato a riflettere sul senso della tua vita? Non hai mai detto cose
del
genere.”
“Anche
se vere.”
“Non
volevo dire questo. Né lo direi mai!”
Tacquero
per un po’, poi House confessò.
“E’
per via dell’allucinazione.”ammise.
“Un’altra?”
“No.
La prima.”
Wilson
lo guardò, continuando a rimanere in piedi, studiandone
l’espressione.
E
per la prima volta in vita sua lo vide in difficoltà.
Lo
vide tentennare.
“Ha
detto ciò che ho appena detto anche io. Che non aveva senso
andare avanti. Che
dovevo lasciarmi andare. Che ero solo e che non sarebbe cambiato nulla
neanche
da morto.”
Poi
si sforzò di sorridere.
“Ma
sono solo stupidaggini, vero?”
“Non
lo pensi.”
“Io…è
stata solo un’allucinazione!”
“Che
ti ha sconvolto! Altrimenti non diresti queste cose! E
perché non mi hai detto
nulla prima d’ora?”
“Pensavo
che fosse una stronzata.”
“Lo
era finché non ti ha spinto ad un suicidio.”
“Non
mi ha spinto a nulla!”
Sguardo
scettico.
“E
va bene! Come vuoi tu!”
Chinò
lo sguardo, portandosi una mano alla testa.
Wilson
si precipitò da lui, preoccupato.
“Greg…”
L’amico
era chino su se stesso, la testa tra le mani, gemendo di dolore.
“Va…tte...ne!”
Greg
tentò di allontanarlo da sé.
“Io
non vado da nessuna parte.”disse l’altro.
Si
sedette accanto a lui e seguì l’istinto, ignorando
una futura reazione
dell’amico.
Lo
strinse a sé in un abbraccio, facendogli posare la testa
contro la sua spalla.
Erano
vicinissimi, come mai in 20 anni che si conoscevano.
Greg
non si oppose alla sua stretta, così inaspettata da entrambi.
Non
solo perché non ne aveva la forza, ma anche
perché stava così bene stretto a
lui.
Una
sensazione che non aveva mai provato in sua compagnia.
Un
brivido di piacere nell’avvertire la sua stretta su di lui.
Il
dolore continuava ad essere forte, annebbiandogli la vista e facendogli
perdere
conoscenza.
Lottò
per rimanere cosciente ed ottenne quasi un compromesso.
Semi-svenuto
rimase stretto all’amico, appoggiati sul muro del
pianerottolo.
“Grazie.”si
ritrovò a dire con un filo di voce, continuando la lotta per
la coscienza.
Wilson
non disse nulla, si limitò a rafforzare la stretta.
“Ti
prego, fammi iniziare quella terapia.”disse Greg piano, la
testa appoggiata
alla sua spalla.
“No.
Hai già tentato di ucciderti troppe volte per i miei
gusti.”
“Sono
disposto a correre il rischio.”
“No.”
“Non
vuoi che guarisca a modo mio?”
“No,
se il tuo modo consiste in una cura sbagliata.”
“Ce
la farò.”
“Non
ne sono così sicuro.”
“Abbiamo
iniziato la cura che volevi tu. Ora iniziamo questa. Devo
inginocchiarmi e
supplicarti? Abbi pietà di un povero malato!”
James
rise.
“Un
povero malato idiota!”
“Come
vuoi. Allora?”
L’altro
sbuffò.
“Se
accetto mi prometti che non farai più quello che hai fatto
fino ad ora?”
“Non
curarmi o non parlarti?”
“Entrambe
le cose!”
Rise
ancora.
Il
dolore si era attenuato.
“D’accordo.”
“Allora
va bene.”
“Ti
ho fregato anche stavolta.”
“Guarda
che posso cambiare idea.”
“Non
lo farai.”
Wilson
sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
“Vero.
Ci tengo troppo per rischiare ancora.”
“Lo
hai fatto la prima volta!”
“Non
sapevo che avresti fatto una cazzata del genere! Ti credevo
più interessato a
te stesso!”
“Sbagliavi!”
“Come
fai ad essere così menefreghista?”
“Anni
ed anni di duro allenamento.”
“Quindi,
se accadesse a me una cosa del genere non te ne importerebbe
nulla?”
“No.”disse,
ma subito se ne pentì.
Provò
una stretta al cuore nel pensare che lui avrebbe sofferto a quella
negazione.
“Sì,
invece.”
“Sì?”
“Solo
per te, però. Non esageriamo.”
James
Wilson sorrise.
“Mi
sento lusingato.”
Stavolta
toccò a Greg House sorridere.
Appoggiò
meglio la testa sulla spalla dell’amico desiderando mantenere
ancora per un po’
quel bel contatto.
Si
voltò per ritrovarsi a pochi centimetri dal suo viso.
Il
dolore continuava a venire ed ad andare, come ondate.
Ad
ogni nuova ondata quasi inconsapevolmente cercava quel contatto con
l’amico.
Cosa
che mai aveva avuto il bisogno di fare prima d’ora.
Lui
sempre così indipendente, così menefreghista, ora
cercava un conforto e non si
allontanava a quella stretta.
Era
una novità nel suo carattere così introverso.
Una
novità forse positiva, dopotutto.
Con
Wilson aveva diviso tutto: gioie, battute, dolore, tanto dolore,
dall’una e
dall’altra parte.
Si
erano cacciati sempre nei guai l’uno per l’altro,
sempre.
Erano
una coppia di amici che avevano vissuto fianco a fianco per anni, e non
solo a
casa di House.
“Questa
malattia mi sta cambiando.”ammise e Wilson si
voltò a guardarlo, sorpreso.
“Vero.”dovette
dire.
“Non
ti avrei mai chiesto scusa così facilmente, altrimenti. E
non ti avrei pregato
di farmi iniziare la terapia che volevo.”
“Forse
stai diventando più umano.”
“See!
Non accadrà mai!”
“Perché
ti ostini a rimanere così? Perché non vuoi
cambiare? Ti sei creato una
reputazione ed un muro attorno a te che ti protegge da qualsiasi
delusione
d’amore o altro. Un muro che hai paura di abbattere e che non
vuoi che nessuno
abbatta.
Se
sei cambiato, anche solo di un po’, è una cosa
positiva.
Anche
se non mi aspetto che tu diventi un santo da un giorno
all’altro!”
“Ecco,
vedi! Questa è una cosa che non accadrà mai e poi
mai!”
James
rise, alzando gli occhi al cielo e dandogli una pacca sulla schiena.
“Saresti
una sorta di creatura mitologica. Un Gregory House buono e
gentile.”
Stavolta
toccò a Greg ridere.
“Ne
sentiresti la mancanza?”
“Direi
di sì. Anche se certe volte sei davvero
impossibile!”
Altra
risata.
“Andiamo.
Cerchiamo di salire queste benedette rampe di scale!”disse
Wilson d’un tratto,
accorgendosi che le fitte di dolore erano diminuite.
Si
alzò e tese la mano all’amico che
l’accettò con una smorfia di dolore,
alzandosi anch’egli.
“Tutto
bene?”chiese James, vedendolo barcollare leggermente.
Greg
annuì con fermezza.
“Andiamo!”disse
indicando le scale con il bastone ed appoggiandosi all’amico
per salire.
Camminarono
lentamente, dato che Wilson doveva reggere anche House, temendo che
potesse
cedere da un momento all’altro come poco prima.
“Eccovi!
Ma dove diamine vi eravate cacciati?”
Fu
la voce della Cuddy ad accoglierli appena varcata la porta.
“Niente
di che! Ci siamo solo fatti un giro per le scale di servizio.
È un posto così
interessante!”rispose Greg, lasciando la presa su Wilson e
camminando da solo.
L’amico
lo guardò preoccupato, rendendosi conto che si era
allontanato solo per non
essere infastidito dalla Cuddy con domande.
E
forse perché non voleva fare vedere che aveva bisogno di
aiuto.
Gli
lanciò uno sguardo quando lo vide appoggiato al bancone
delle infermiere.
“Sto
bene.”sembravano volergli trasmettere quegli occhi azzurri,
anche se non era la
verità.
“Cos’è
successo, Wilson? Pretendo una spiegazione!
Siete
spariti! Tu hai l’ambulatorio oggi e House non può
andarsene in giro così nelle
sue condizioni!”
Tacque
un secondo.
“Aspettate
un momento! Vi siete chiariti, vero? Non sopporto più il
fatto che non vi
parlate come bambini!”
“Sì,
abbiamo chiarito. È tutto risolto.”disse piano
Wilson, guardando nella
direzione di House.
Temeva
un suo cedimento.
“L’ho
convin...Ah!”
House
non riuscì a finire la frase che sentì
un’altra fitta, stavolta fortissima,
alla testa.
Scivolò
lungo il bancone, cadendo a terra.
“Oh,
mio Dio!”
La
Cuddy si
mise le mani davanti
alla bocca e corse dal diagnosta, preceduta da Wilson.
“House!
Riesci a sentirmi?”chiese l’oncologo, sollevandolo
dal pavimento e
sorreggendolo.
L’amico
teneva gli occhi chiusi, la bocca contratta dal dolore.
Si
accasciò tra le braccia di Wilson, svenendo.
“House!”esclamò
la
Cuddy.
Wilson
lo strinse a sé, controllandogli il battito.
“Dobbiamo
ricoverarlo ed iniziare la terapia che voleva.”disse cupo.
“Ma…”
“So
che è pericolosa. Ma con la sua cocciutaggine non si
è curato per quasi un
mese! Dobbiamo rimediare.”
Ciao
a tutti voi ragazzi del sito che leggete la mia storia!!!
Se
siete arrivati fin qui, vi ringrazio molto, poiché significa
che la storia vi sta coinvolgendo e che vi piace…o almeno lo
spero!!!
Hihihi!!!
House
e Wilson hanno finalmente fatto pace, ma le condizioni del
nostro diagnosta preferito sono irreparabilmente peggiorate e bisogna
iniziare
subito la terapia che desiderava lui.
Per
la prima volta in tantissimo tempo lui e Wilson si sono
ritrovati vicinissimi ed è mancato poco a…
Ma
mi sa che quello lo inserirò più avanti, abbiate
pazienza!!!
Grazie
a Lady House: anche io odio Amber, la
stronza-tagliagole!!! Ma come ha fatto Wilson a mettersi con lei?
È
grandioso quando dice ad House: “Se mi avessi fatto quegli
occhioni prima di Amber…”
Oddio!!!
E quando dice che sono una coppia ed House dice:
“Stiamo sempre parlando in senso metaforico?”
Macchè!!!
Sarebbe bellissimo se fosse reale!!!
Ecco
a te questo nuovo capitolo e mi raccomando dimmi che ne
pensi!!!!
Un
bacione ed un abbraccio
Lily
Black 90
|
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Capitolo 9 *** e finalmente...un bacio... ***
Il
rumore del monitor che controllava il battito di House era
l’unico rumore in
quella stanza d’ospedale.
James
Wilson finì di compilare le sue cartelle cliniche e
posò lo sguardo sull’amico
che giaceva inerme sul letto poco distante.
Erano
passati 4 giorni da quando si era accasciato sul pavimento e
d’allora non aveva
più aperto occhio.
Dalla
TAC che avevano fatto subito dopo lo svenimento, Wilson e la Cuddy
avevano scoperto che
il tumore era cresciuto, anche se di pochissimo.
Ora
tutte le speranze erano riposte in quella terapia tanto rifiutata
dall’oncologo
per i probabili rischi.
Anche
se le condizioni dell’amico erano stabili, Wilson non poteva
fare a meno di
continuare a fissare il monitor, temendo un possibile cedimento.
Un
ulteriore cedimento.
Gregory
House dormiva profondamente, sognando chissà che cosa, il
respiratore attaccato
al viso ed un’espressione rilassata sul volto.
James
non potè fare a meno di ricordare l’ultima volta
che l’aveva visto sereno…o
almeno sofferente a causa della malattia.
Quando
riusciva ancora a tenere a bada il dolore.
Era
passato davvero tantissimo tempo dall’ultima volta.
Ricordava
l’ultima volta che Greg era stato male davvero, in mezzo alle
scale di
servizio.
L’aveva
stretto al petto, forte, a sé.
Non
ricordava neanche lui quanto erano rimasti così, parlando o
rimanendo solo in
silenzio.
Non
l’aveva mai abbracciato prima d’allora, ma aveva
provato una bellissima
sensazione.
Con
quel gesto aveva voluto proteggerlo, farlo sentire al sicuro, con lui.
E
Greg non gli era sfuggito, non era stato scostante.
Era
rimasto lì, stretto a lui, aggrappandosi all’amico
quando il dolore era così
forte da avere bisogno di un sostegno.
James
rimase a fissarlo, mettendo da parte i documenti, preoccupato.
“Ehi,
ciao! Come sta?”
Cameron
entrò nella stanza, borsa a tracolla poiché era
orario di uscita.
“Stabile.
Ma non ha ancora aperto occhio.”
“Lo
preferisco così. Almeno non soffre. Negli ultimi tempi non
faceva altro che
mandar giù pillole per combattere il dolore.”
“Idiota
testardo e folle!”non potè fare a meno di dire
Wilson.
Cameron
abbozzò un sorriso, triste.
“E’
sempre stato così.”
Rimasero
in silenzio per un po’.
Poi
Cameron disse:
”La
Cuddy vuole
avvertire i genitori di House.”
Wilson
posò lo sguardo su di lei.
“E’matta!
Greg la uccide appena si sveglia.”
“Ha
ragione! È loro figlio ed hanno il diritto di sapere che sta
male.”
“Non
li vorrebbe qui e lo sai. Ha fatto di tutto per evitarli quando stava
bene.
Ed
ora che è malato, credo li eviterà ancora di
più.”
“Tenta
di convincerla tu, allora. Io ho detto che mi sembrava una buona idea.
‘Notte,
Wilson.”
“’Notte,
Cameron.”
“Appena
Greg si sveglia fa fuori la Cuddy.”pensò
Wilson, nuovamente, sorridendo al pensiero di
uno scontro tra House e la Cuddy.
I
loro bisticci erano famosi in tutto l’ospedale che, in quegli
ultimi tempi, era
rimasto irrealmente calmo.
Niente
più lotte per evitare l’ambulatorio o idee
strampalate cui sottoporre i
pazienti, niente più lotte di potere con la Cuddy…la
mancanza di House era percepibile da
chiunque.
Anche
se molti lo ritenevano, non a torto, insopportabile, era davvero strano
passeggiare per i corridoi e non sentire la musica provenire dal suo
ufficio o
le voci dei personaggi di General Hospital, tenuti a tutto volume.
Quei
4 giorni erano stati davvero strani.
Un
movimento distolse Wilson dai suoi pensieri che si spostarono
automaticamente
sul letto dove giaceva House.
Il
diagnosta si era svegliato, sbattendo le palpebre e la prima cosa che
aveva
fatto era stato liberarsi dal respiratore.
“Ehilà!
Ben svegliato!”
Lo
salutò.
“Ehi!
Sta diventando un abitudine svegliarmi in un letto d’ospedale
con te che vegli
su di me!”
“Solo
per colpa tua.”
“Non
farmi la predica! Sto male!”
House
cacciò la testa sotto il cuscino, comportandosi da bambino.
“D’accordo.
Non importa. Tanto l’hai sempre vinta tu!”
“E
tu non ti sei ancora abituato!”
Wilson
troncò la discussione sul nascere.
“Come
ti senti?”domandò, cambiando discorso.
“Non
sento nulla.”
James
si precipitò da lui.
“Cosa?”
“Parlavo
del dolore!”
House
tirò appena la testa da sotto il cuscino e lo
fissò, sorridendo.
“Sei
spassoso quando ti preoccupi!”
“Invece
tu sei insopportabile quando fai l’idiota! Comunque
è ovvio che non senti
nulla! Sei sotto massicce dosi di morfina!”
House
abbozzò un sorriso.
“Sei
un pazzo!”
“Lo
so!”
James
Wilson alzò gli occhi al cielo.
“Ho
iniziato la terapia, ma dovrai stare costantemente sotto
controllo.”
“Peggio
di prima? Fate prima a legarmi al letto!”
“La Cuddy
l’ha proposto, dato
ciò che hai combinato quando non ci parlavamo!”
House
ridacchiò.
“Ho
fatto un casino, vero?”
“Peggio.
Non fare altre pazzie d’ora in poi!”
“Sì,
mamma!”
“A
proposito di mamma…”iniziò Wilson ed
House subito si voltò a guardarlo negli
occhi.
“La Cuddy
vuole chiamare i tuoi
per dir loro che stai male…”
“Cosa?”
House
si rizzò a sedere sul letto così in fretta che
Wilson sobbalzò.
“Cosa?”ripetè.
“Rilassati,
House.”
James
diede un’occhiata ai monitor; non voleva che nulla sballasse
lo stato di House.
“Non
li voglio qui! Ora vado a dirgliene quattro! Ma nessuno in questo
ospedale si
fa gli affari suoi?”
E
balzò giù dal letto, sorprendendo
l’amico che gli corse incontro.
“Torna
a letto, razza d’idiota! Hai bisogno di riposo e di
tranquillità!”
“Credo
di aver dormito abbastanza, no? Quanti giorni sono stato qui?”
“Quattro,
ma…”
“Allora
bastano ed avanzano!”
E
prima che l’oncologo potesse fermarlo zoppicò via,
afferrando il suo bastone
dal comodino, dirigendosi verso l’ufficio della Cuddy.
“Greg!”
Wilson
alzò gli occhi al cielo, prima di corrergli dietro.
“Tu
non chiamerai i miei!”disse House entrando
nell’ufficio della Cuddy come una
furia.
La
dottoressa alzò appena gli occhi dal libro che stava
leggendo per posarli sul
diagnosta e sull’oncologo dietro di lui.
“Non
ho fatto ancora nulla. E poi non ti conviene correre qui come una furia.
Stai
male. Dovresti evitare di agitarti!”
“Lo
farei se qualcuno la finisse di farsi gli affari miei!”
“Come
ti senti?”
“Bene!
Concentriamoci su quello che avevi intenzione di fare!”
“Che
problema hai? Sono i tuoi genitori! Loro hanno il diritto di sapere se
il loro
figlio sta male!”
“Lo
possono leggere sul necrologio!”
“Devi
morire per farglielo sapere?”
House
sbuffò e si lasciò crollare sul divano
dell’ufficio della Cuddy.
Gli
altri due si voltarono a guardarlo.
“Greg…”disse
la
Cuddy.
“Non
li avvisare. Lasciali perdere!”
“Se
fossi madre, io lo vorrei sapere!”
“Ma
non lo sei, quindi stanne fuori!”disse, bruscamente.
“Greg…”
Stavolta
fu Wilson a parlare.
Ma
House non lo ascoltava, lo sguardo perso nel vuoto.
Il
dolore stava tornando.
Nascosto,
debole, ma stava tornando.
“L’effetto
della morfina quando svanisce?”domandò.
“Ti
senti male?”
“Rispondimi.”
“Tra
meno di mezz’ora. Ma non possiamo tenerti continuamente sotto
oppiacei.
Dovrai
sopportare il dolore aiutato dal Vicodin, ma non devi esagerare come
hai fatto
giorni fa. Non faresti altro che peggiorare la situazione.”
“Chiedi
l’impossibile…”
James
gli si accostò.
“Devi
solo tenere duro.”
House
si rivolse alla Cuddy.
“Non
li chiamare.”
“Solo
se non peggiori.”
Il
diagnosta chinò lo sguardo, annuendo.
“Affare
fatto.”
La
terapia adottata dai due medici, fortunatamente stava ottenendo
l’effetto
desiderato.
Il
tumore accennava a diminuire, anche se il dolore di House rimaneva
sempre
quello.
Il
diagnosta era costantemente sotto effetto di morfina e Vicodin e queste
droghe
non facevano altro che peggiorare il suo già pessimo
carattere.
Anche
se i suoi assistenti erano abituati a trattare con il suo
caratteraccio,
moltissimi pazienti si lamentarono dalla Cuddy, la quale pur
controvoglia fu
costretta a mandare House a casa.
“Starò
bene, mammina cara!”
Ghignò
House la mattina del primo giorno della sua
“vacanza”, ad un Wilson decisamente
preoccupato di lasciarlo a casa da solo.
“Non
sono svenuto, né mi sono sentito male, in
quest’ultima settimana!”
“Ma
hai picchiato tre infermieri, maltrattato quattro pazienti e finito una
confezione di Vicodin in una sola giornata! Stavi per andare in
overdose!”
House
fece un segno con la mano, come per dire sorvoliamo.
“House,
se il dolore è troppo forte, fatti solo
un’iniezione di morfina. Non esagerare,
ti prego. Non voglio tornare e vederti in coma.
E
se c’è qualche problema…”
“Ti
chiamo. Il numero è sul cellulare che è sul
tavolo in cucina.
So
dov’è la cucina e la morfina se ne ho bisogno!
Vuoi dirmi anche dov’è il mio
bagno in caso ho la nausea? Sai, non conosco bene questa
casa…”
“Fa
il bravo.”
Lo
salutò l’oncologo, prima di andare.
“Va
bene, mamma!”gli urlò dietro House.
Sentì
Wilson ridere, andandosene e sorrise anche lui, chiudendo la porta
dietro le
spalle.
Ed
ora una sana giornata a fare l’attività che amava
di più al mondo: il dolce e
sano oziare.
Il
dolore arrivò senza preavviso, devastandolo e tramortendolo
come un fiume in
piena.
Greg
si lasciò cadere sul letto della sua stanza, stringendo
forte il cuscino sulla
testa, quasi volesse zittire la sofferenza.
Non
era raro che arrivasse così, di botto.
Spesso
se ne stava accucciato tutta la giornata e tornava a fargli visita la
sera, o
lo tormentava per giornate intere.
Comunque
il dolore, sia quello della sua gamba matta, sia quello alla testa non
lo
lasciava mai, sconvolgendogli la vita e attenuandosi solo grazie a
massicce
dosi di calmanti.
Quelle
stesse dosi che erano finite in quel preciso istante.
Il
diagnosta gettò la confezione di Vicodin, ormai vuota, sul
pavimento, dopo
averne leccato anche le ultime briciole.
La
siringa che aveva fatto due ore fa di morfina, non era ancora riuscita
ad
attenuare il dolore.
Gemette,
alzando gli occhi al cielo.
“E
se c’è qualche
problema…”aveva detto Wilson.
Lui
non avrebbe potuto fare nulla per attenuargli il dolore.
Nulla.
Si
trascinò in cucina, semi-lucido.
Doveva
bilanciare il dolore.
Doveva
crearne uno ancora più grande.
Con
le mani che tremavano follemente, come il resto del suo corpo,
d’altronde, aprì
il cassetto della cucina e dopo un po’ trovò
ciò che cercava.
Un
bell’oggetto affilato.
Si
lasciò scivolare sul pavimento ed incise dei tagli sul
braccio e sull’altra
gamba sana.
Ferite
nette e molto profonde, dalle quale iniziò a sgorgare sangue
caldo.
Gemendo
di dolore, House serrò gli occhi, annegando nella sofferenza
e nel suo stesso
sangue.
“Greg?
Dove sei?”
Wilson
richiuse la porta con uno scatto dietro di sé e si
guardò intorno.
Nessuna
risposta.
“Greg?”esclamò,
a voce più alta.
Stava
iniziando a preoccuparsi.
Poi
qualcosa lo colpì.
Un
odore insieme acre e dolciastro.
L’odore
del sangue.
“GREG!”
Corse
a cercarlo e lo trovò in cucina, ricoperto di sangue.
“Oh,
mio Dio!”
L’amico
aveva dei profondi tagli su un braccio e su una gamba, che aveva
fasciato alla
bell’e meglio.
Il
pavimento era sporco del suo stesso sangue.
Era
semi-svenuto.
Si
precipitò da lui ed iniziò a fasciare nuovamente
le ferite che il diagnosta si
era auto-inflitto.
“James…”esalò
Greg, con un filo di voce.
Arrabbiato
e terrorizzato insieme, Wilson gli mollò un ceffone forte,
per fargli capire
ciò che aveva provato nel vederlo in quello stato.
“SEI
UN’IDIOTA! VOLEVI MORIRE, EH? VOLEVI AMMAZZARTI?”
“Io
non…le ferite…non mi avrebbero ucciso.”
“NON
LO PUOI SAPERE! POTEVA VENIRTI UN’EMORRAGIA! NON HAI NEANCHE
FASCIATO BENE LE
FERITE! SEI UN PAZZO! COSA DIAMINE VOLEVI FARE?”
“Non
ce la facevo…”
“POTEVI
CHIAMARMI! POTEVO AIUTARTI, INVECE DI TORNARE E TROVARTI IN QUESTE
CONDIZIONI!
HAI…MINIMAMENTE PENSATO A COME MI SAREI SENTITO IO, NEL
TROVARTI COSI’? CI HAI MAI PENSATO
ALLE CONSEGUENZE DELLE
TUE AZIONI? MAI RIFLETTUTO SUL
FATTO CHE POTREBBERO FAR STAR MALE CHI TI STA INTORNO?
MA,
NO! GRAZIE AL TUO MENEFREGHISMO, TE NE FREGHI DI TUTTI QUELLI CHE TI
SONO
ACCANTO E CHE SI PREOCCUPANO PER TE!”
Wilson
finì di fasciare le ferite di House e ripulì il
pavimento dal sangue
dell’amico, che, intanto, colpito dal schiaffo e dalla
sfuriata, taceva,
appoggiato ad un mobile della cucina, seduto sul pavimento.
Rimasero
in silenzio per attimi che sembrarono interminabili.
Greg
teneva gli occhi chiusi, digrignando i denti dal dolore e stringendosi
il
braccio fasciato.
Poi
James gli sedette accanto.
“Scusa…non
dovevo urlare in quel modo.”
Nessuna
risposta.
“Mi
sono preoccupato da morire quando ti ho visto in questo
stato.”
“Dalle
tue urla non l’avevo capito, sai?”gemette lui.
Stava
malissimo, ma riusciva ancora a trovare la forza di fare battute.
James
abbozzò un sorriso.
Poi
gli passò un braccio attorno alle spalle, rievocando la
scena delle scale di
servizio.
E
come allora, anche questa volta Greg non si oppose, ma si strinse a
lui,
tenendo sempre gli occhi chiusi.
“Non
voglio…perderti.”disse James, piano.
Greg
non rispose, ma si limitò a poggiare la testa sul suo petto.
Sentiva
il cuore dell’amico battere all’impazzata, per via
della paura che gli aveva
fatto prendere.
“Non
sopporterei di vederti morire e lo sai, Greg.”
Fitta
di dolore.
Fortissima,
stavolta.
Greg
perse la concezione del tempo e dello spazio e si accasciò.
Fortunatamente
James lo afferrò, prima che cadesse a terra, e
continuò ad abbracciarlo.
Come
l’ultima volta, erano vicinissimi.
Greg
si aggrappava a lui, come un naufrago ad un asse di legno in un oceano
di
dolore.
Erano
vicinissimi.
James
aveva il mento posato sul capo dell’amico e le braccia che
gli circondavano le
spalle, stringendolo fortissimo a lui.
Quella
stretta che entrambi amavano sentire.
Greg
voltò il capo verso di lui, sorridendo piano.
“Jimmy…”
“Che
c’è?”
“Promettimi
che andrai avanti se io morirò. So che la mia morte
sarà un evento clamoroso
per il resto dell’umanità, data la mia immensa
bravura e genialità…ma
promettimi di trovarti un altro che ti ruberà il pranzo e
che ti romperà le
scatole continuamente.”
James
non potè fare a meno di ridere.
“Te
lo prometto. Anche se penso che nessuno potrà mai eguagliare
la tua
insopportabilità. O il fatto che mi psicanalizzi in
continuazione.”
“Sì,
lo so!”
Altra
risata da parte dell’oncologo.
“Non
voglio che tu muoia. Non lo fare. Resisti.”
“Ci
provo.”
I
loro visi erano più vicini che mai, potevano sentire
l’uno il respiro
dell’altro.
Greg
stava così bene, stretto a lui.
Una
situazione di dipendenza pura, ma non gli importava.
Si
aggrappava alla sua stretta per resistere al dolore, e stranamente quel
contatto stava funzionando.
E
quel abbraccio, ancora più stranamente, gli stava piacendo
molto.
Avrebbe
voluto rimanere così per sempre.
Così,
loro due, seduti sul pavimento della cucina, con un coltello sporco del
sangue
del diagnosta abbandonato lontano da loro e l’odore del
detersivo per
pavimenti, usato per pulire il sangue per terra.
Si
stava così bene, Greg si sentiva protetto, come se per un
attimo tutto ciò che
gli stava accadendo, tutto il dolore gli arrivasse ovattato.
Poi
preso da chissà quale impulso, Greg si sporse in avanti,
annullando la distanza
che c’era tra lui e James.
Un
bacio.
Un
semplice bacio a fior di labbra.
Senza
un motivo, o una spiegazione, solo seguendo un istinto naturale.
E
James non si oppose.
Anzi,
ricambiò il bacio, approfondendolo.
Lo
strinse a sé, continuando a baciarlo, le loro lingue che
s’intrecciavano,
danzando all’interno delle loro bocche.
Un
bacio nato così, semplice, casto, che venne approfondito e
continuato da
entrambi.
Greg
si aggrappò a lui, stringendo forte la presa su di lui.
Si
staccarono soltanto per respirare, ricominciando a baciarsi con foga e
passione, sempre più crescente.
Il
suono del cellulare di Wilson l’interruppe, facendoli uscire
dal loro mondo di
serenità per farli ripiombare nella crudele e violenta
realtà.
La
bolla di sapone che avevano creato attorno a loro, estraniandosi da
tutto il
resto, venne violentemente rotta.
James
si sporse, continuando a stringere l’amico al petto,
ansimando un poco e prese
il cellulare dal tavolo della cucina.
“Pronto?”disse,
controllando la voce.
“Wilson?
Sono la Cuddy.
Volevo
sapere se andava tutto bene. House come sta?”
James
posò lo sguardo sull’amico che respirava ancora
affannosamente per i baci dati
e ricevuti.
“Potrebbe
andargli peggio. Poteva non vedere l’indomani.”
“Che
ha combinato?”
Il
tono di voce della dottoressa si era fatto ansioso e preoccupato.
“Si
è quasi fatto a pezzi da solo. Ha pensato che per compensare
il dolore, la cosa
migliore da fare era auto-infliggersi ferite su braccia e
gambe.”
“HA
FATTO COSA?”
Perfino
Greg riuscì a sentire l’urlo della Cuddy.
James
allontanò per un attimo il telefono dall’orecchio,
sobbalzando.
“Non
urlare. L’ho già rimproverato
abbastanza.”
“E
mi ha pure picchiato!”intervenne House, a sorpresa.
“Passami
House, così lo striglio ancora un po’.”
Ridendo,
Wilson passò il telefono all’amico, che lo prese
con una smorfia sul volto.
“Ehilà,
raggio di sole! Come ti va la vita?”
“Male,
dato che il mio miglior diagnosta si è quasi
suicidato!”
House
sbuffò nel telefono.
“Ti
interessi solo perché sono un ottimo diagnosta! Mi sento
offeso!”
James
Wilson ridacchiò.
Cuddy
respirò profondamente un paio di volte, prima di chiedere:
“Ora
come ti senti? Cosa ti va male?”
“Direi…tutto!
Ma va meglio. Ho appena scoperto che il contatto fisico fa
miracoli.”
A
quelle parole James posò lo sguardo sull’amico,
che gli sorrise.
“Che
intendi dire?”chiese la Cuddy.
James
gli fece segno di passargli il telefono.
“Diciamo
che ho scoperto che un abbraccio può fare
molto.”confessò Wilson al telefono.
“Io
non parlavo solo di quello.”disse House, piano, per non farsi
sentire dalla
Cuddy.
James
abbozzò un sorriso.
“Hai
abbracciato House ? E lui non si è opposto?”
“Diciamo
che non aveva la forza!”
“Mi
ha molestato!”urlò House e sia la Cuddy
che Wilson risero.
“Domani
fallo venire in ospedale. È un pericolo per stesso se sta da
solo. Dobbiamo
tenerlo d’occhio.”
“Non
sono un bambino!”disse House sentendo ciò che
aveva detto la
Cuddy.
“No,
ma sei un pericolo pubblico e privato.”rispose Wilson per la Cuddy.
“Domani
viene con te all’ospedale. Possiamo dargli una dose di
morfina, se il dolore è
insopportabile.”
“Direi
più di una. Oggi ha finito una confezione di Vicodin e una
dose di morfina e
non ha funzionato.”
“Ci
penserò. Buona notte a tutti e due.”
E
chiuse la conversazione.
“Mi
dovrete aumentare la dose di morfina.”disse Greg.
“Ora
non ci pensare. Il dolore è anche un fatto psicologico.
“Anche.”
Il
dolore si era chetato.
“Ti
accompagno in camera, su!”disse James, dopo un bel
po’ di tempo, trascorso sul
pavimento della cucina.
Greg
annuì, ma afferrò la mano dell’amico e
si alzò, tremante.
“Reggiti
a me.”disse l’oncologo.
“Non
sto facendo altro da quando mi sono ammalato!”
Greg
fece una smorfia, mentre gli passava un braccio attorno alle spalle.
“Questo
perché hai bisogno di aiuto.”
“Ce
la faccio benissimo da solo.”continuò, cocciuto.
“Ok.”
James
lasciò la presa.
Greg
preso alla sprovvista, rovinò sul pavimento.
James,
preso dal senso di colpa, si chinò per aiutarlo, ma Greg gli
mollò un calcio
che lo fece cadere anche lui, accanto all’amico.
“Così
impari! Razza di idiota!”
James
giaceva a terra, ridendo.
“Scusa!
Ma hai detto che ce la facevi benissimo da solo! Ti ho solo
accontentato!”
Greg
gli mollò un altro calcio.
Erano
entrambi distesi sul pavimento, James in preda alle risate, mentre Greg
aveva
una smorfia di dolore sul volto.
Ma
sotto sotto stava ridendo anche lui.
“Sta
diventando un’abitudine stare sul
pavimento!”decretò James.
“Che
hai contro i pavimenti? A me vanno
benissimo!”ribattè l’altro.
Altra
risata.
James
gli si avvicinò.
“Greg?”
“Cosa?”
“Per
prima…”
“Il
bacio?”
Il
cuore di Greg iniziò a battere più forte, ma il
diagnosta non gli prestò
attenzione.
“Sì.”
“Mi
dispia…”iniziò Greg.
“A
me no.”
Il
diagnosta si voltò a guardarlo, mentre sentiva il proprio
stomaco fare le
capriole.
Era
un’anomalia, lui adorava le anomalie, ma stavolta non se ne
curò.
Era
concentrato sulle tre parole dette dall’amico: “a
me no”.
“Cosa?”
“Non
mi è dispiaciuto affatto. Anche se è stato
strano. Ed ho ricambiato.”
“Lo
so. Sto scoprendo un lato di te che non conoscevo, James Wilson?
Sto
per scoprire perché tutti i tuoi matrimoni vanno in malora?
È sul serio colpa
mia?”
James
rise.
“Non
sono gay, razza d’idiota! E poi mica sono innamorato di
te!”
“Bene!”
“Ma
tu sì!”
“Eh?”
Stavolta
Greg era davvero stupito.
“Io
sono cosa? Sei matto?”
“Mi
hai baciato!”
Greg
si rizzò a sedere e lo fissò.
“Non
c’entra.”
“Ah,
no?”
“No!”
Anche
James si sedette, fronteggiandolo.
“Perché
allora?”
Greg
chinò lo sguardo, improvvisamente interessato alle venature
del parquet di casa
sua.
“Non
lo so.”disse, dopo un tempo interminabile. “Non so
cosa mi è preso.”
James
non disse nulla.
Non
sapeva che dire per spiegare quel gesto così improvviso. A
lui era…piaciuto?
Sì,
gli era piaciuto.
Sorrise
nel vederlo così confuso, anche se non sapeva spiegarsi il
perché.
Gli
si avvicinò ancora, posandogli una mano sul braccio fasciato.
Greg
alzò lo sguardo e lo incatenò al suo.
James
era ormai vicinissimo, come era successo poco fa.
Solo
che stavolta fu lui ad annullare la distanza tra loro con un altro
bacio.
Non
era razionale. Non ci avrebbero mai neanche scommesso.
Mai
avrebbero pensato che un giorno si sarebbero baciati, mandando al
diavolo i
perché, le congetture, le teorie.
Istinto,
puro istinto che li aveva portati ad annullare le distanze tra loro,
voglia di
trovare un contatto, di non voler rinunciare a quel contatto per nulla
al
mondo.
Stavolta
non ci furono squilli del telefono a disturbarli.
James
strinse l’amico a sé, provando una sensazione
bellissima.
Greg
ricambiò la stretta ed il bacio, amando quel bacio, quel
contatto.
James
si stese sul pavimento, tenendo Greg appoggiato a lui, sul petto,
interrompendo
il bacio.
Stettero
così per tutta la notte, stretti l’uno
all’altro.
E
per la prima volta dopo anni, Greg non pensò ai
perché di ogni gesto, ignorò il
suo cervello e diede retta al suo cuore.
E
stavolta quello gli diceva di non allontanarsi da James Wilson.
Ciao
a tutti, ragazzi miei!!!
Spero
che questo chappy vi piaccia e spero di non averlo fatto
troppo sdolcinato!!!
Finalmente
sono riuscita a descrivere il loro primo bacio e dato
che è il primo bacio tra loro due che scrivo, abbiate
pazienza se qualcosa non
va bene!!! I consigli sono sempre ben accetti, mi raccomando!!!
Un
grazie a:
sihu:
grazie del commento…hai ragione, House sta decisamente
migliorando con Wilson accanto!!! Dimmi che ne pensi di questo chappy!!!
Nihal93:ecco
a te il nuovo capitolo, sperando vivamente che ti
piaccia!!! Continua a seguirmi!!!
Lady
House: ecco a te le “dolci cosine”!!! spero solo di
non
aver esagerato con la sdolcinatezza!!! Cmq a me Cameron bionda non
piace
proprio…sul serio sembra una…cmq adesso sono una
fan di Tredici, anche se
Cameron è sempre una delle mie attrici preferite!!! Dimmi
che ne pensi del
chappy!!!
Lemnia:
grazie ad Amber quei due si sono detti quelle cose!!!
Meno male, almeno lei li ha fatti smuovere…ora attendiamo
che Wilson la lasci e
si metta con il nostro House!!!! Attendo tuoi commenti!!!
H
W: ecco la tua continuazione!!! Dimmi che ne pensi!!! E se ti
va di chattare un po’ con me, dato che sono una fan anche io
di House, il mio
indirizzo è artemisfowl@hotmail.it
Mi
piace sempre fare nuove conoscenze!!!
Grazie
a tutti quelli che commenteranno!!! Un bacio a chi
commenta e due a chi mette la storia tra i preferiti!!!
Baci
e abbracci
Lily
Black 90
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Capitolo 10 *** Confessioni e sentimenti ***
La luce del sole li sorprese ancora abbracciati distesi sul pavimento
del salotto.
Greg dormiva profondamente, la bocca leggermente spalancata, con un
espressione rilassata sul volto.
James sorrise nel vederlo così e lo scosse piano per
svegliarlo.
“Greg, andiamo! Svegliati! Dobbiamo andare
all’ospedale!”
“No…sto bene!”grugnì lui,
allontanando il braccio che l’amico teneva attorno alle sue
spalle.
James ridacchiò e si alzò.
“Da solo non ti lascio di nuovo. Stavolta vieni con
me!”
“Te lo scordi! Neanche morto!”affermò
lui.
James si chinò su di lui e lo afferrò per le
braccia, tirandolo su.
“Muoviti, Greg!”
“Se no che fai? Mi porti in braccio fino
all’ospedale?”
James alzò gli occhi al cielo.
“Ti prego! Non ho voglia di battibeccare di prima mattina!
Anche se vivendo con te, dovrei esserci abituato!”
“D’accordo! Come vuoi! Faccio tutto quello che
vuoi!”disse, arrendevole.
E chi aveva la forza di combattere dopo ieri notte? Le ferite pulsavano
ancora.
Greg si mantenne all’amico per dirigersi verso il bastone
posato poco lontano.
“Stai bene?”domandò James, vedendolo
barcollare leggermente, pur mantenendosi a lui ed al sostegno.
Il diagnosta annuì.
“Meglio di ieri sera, sicuramente!”
Ma era ancora molto pallido.
“Eccovi, finalmente!”
Fu quello il saluto della Cuddy appena Greg e James entrarono
nell’ospedale.
“Ehilà, Cuddy!”salutò Greg,
sforzandosi di fare un sorriso, ma quello che ne venne fuori fu una
sottospecie di smorfia.
La dottoressa se ne accorse.
“House? Cos’hai?”
“Nulla di nuovo.”fece lui, facendo per dirigersi
verso il proprio ufficio, ma si fermò a metà
strada, appoggiato al bastone.
Ansimava e la testa gli girava come una trottola.
La Cuddy e James Wilson in un attimo furono da lui.
“Devi farti ricoverare!”fece lei, rabbiosa,
sorreggendolo.
“No! Non ho intenzione di passare il resto dei miei giorni su
un letto d’ospedale!”
“E cosa vuoi fare? Trekking?”chiese James, ironico,
ricevendo un’occhiataccia in cambio.
“No, snowboard! Mi accompagni in Svizzera?”
“Vieni nel mio ufficio. Stattene buono per un
po’.”
“Direi che non è la stessa cosa!
Dov’è la neve?”
“Smettila di pensare allo snowboard!”
“Non posso andare nel mio ufficio? Risolvere casi? Non
so…lavorare?”
“E’ ufficiale che non stai bene! Se preferisci il
lavoro…”fece la Cuddy e James ridacchiò.
“Datemi una sedia a rotelle elettrica. Non ho alcuna
intenzione di rimanere bloccato sul divano dell’ufficio di
Wilson o su un letto!”
“Come vuoi!”
“Ehilà! Paperotti!”
House entrò allegramente nel suo ufficio, sulla sedia a
rotelle elettrica procuratagli dalla Cuddy.
La dottoressa si era subito pentita di quella concessione, vedendolo
sfrecciare lungo i corridoi dell’ospedale, stravolgendo due
pazienti e gettando all’aria tre infermieri.
Anche da malato, House era impossibile da gestire!
“House! Cosa ci fai qui? Non dovresti stare a
riposo?”chiese Chase, stupefatto.
“Ovvio che no! Altrimenti chi controlla che facciate bene il
vostro lavoro? Già vi siete dati
all’ozio!”ed indicò Foreman e Chase,
impegnati a leggere un giornale, mentre Cameron stava preparando il
caffè.
“Non abbiamo nessun caso da risolvere in questi
giorni!”ammise Cameron.
“Dite la verità, siete persi senza di
me!”ammiccò House ai tre.
“Già, proprio persi!”rispose Foreman.
“Tu come stai?”chiese Cameron preoccupata.
“Male se tu non mi dai subito una tazza di
caffè.”
Cameron alzò gli occhi al cielo e gliene porse una.
“Non dovevi startene un po’ a casa,
tranquillo?”
“No. Wilson ha deciso che dovevo venire qui in ospedale. Non
si fida a lasciarmi a casa da solo!”
“Già, perché potresti darle fuoco,
vero? In un raptus di follia?”
“No. Direi perché ha paura di vedermi di nuovo nei
casini.”
“Cosa?”chiese Cameron.
E quando House fece spallucce, la manica della giacca si
sollevò e solo allora i suoi assistenti si accorsero della
fasciatura sul braccio, accuratamente nascosta sotto la camicia e la
giacca.
Foreman gli afferrò il braccio e scoprì le
fasciatura.
“House! Cosa hai fatto?”
House si liberò della sua stretta.
“Nulla d’importante. Perché uno di voi
non va dalla Cuddy a chiedere qualche nuovo caso?”
“Come nulla d’importante? Cos’hai fatto?
Ti sei accoltellato o cosa?”
“Ho detto di non avere nulla!”
Ora House era davvero irritato.
“Hai tentato di bilanciare il dolore? Ti sei ferito da
solo?”chiese Chase.
“Sapete che vi dico? Ci vado io dalla Cuddy,
perché stranamente non ho voglia di stare con le mani in
mano.”
“Non puoi.”disse Cameron, ancora stupita per
ciò che si era fatto House.
“Perché no?”
“Perché la Cuddy ti vuole al riposo e ti ha tolto
tutti i casi fino alla tua guarigione. Così hai tutto il
tempo per giocare ai tuoi videogiochi, vedere la televisione, giocare
con la pallina o lo yo-yo o quello che vuoi.”fece Chase.
House lo fissò, sbalordito.
“Ed io che faccio?”
“Quello che vuoi. Basta che non fai
stupidaggini!”disse Cameron e con gli altri lasciò
l’ufficio, lasciando House da solo con i suoi pensieri.
“E continui così, Signor Gibbs! Noto dei bei
miglioramenti con questa cura!”
James Wilson si chiuse la porta dell’ufficio alle spalle,
sospirando.
Da quando aveva varcato la soglia dell’ospedale, non aveva
avuto un attimo di calma.
Accese la luce dell’ufficio e per poco non gli venne un colpo
quando vide la sedia a rotelle elettrica in un angolo ed il suo
proprietario occupato a giocare con il Nintendo sul divano.
“Greg! Mi hai quasi fatto venire un colpo!”
L’altro ghignò.
“Mi stai diventando deboluccio, Jimmy! Sono io quello malato
qui! Rispettiamo le parti!”
“Che ci fai qui?”
“Cercavo un posto tranquillo. Ed il mio ufficio non
è l’ideale! L’ufficio della Cuddy
neanche perché lei è impegnata con
uno…restava il tuo!”
James sorrise.
“La Cuddy mi ha tolto tutti i casi!”disse
improvvisamente Greg.
“Ha fatto bene! Non vuole che ti affatichi!”
“Mica sono sua nonna! Non mi affatico io!”
“Ma se oggi hai chiesto una sedia a rotelle
elettrica!”
“A proposito, sono guarito! L’ho abbandonata
qualche tempo fa!”
“Non ce la fai! In che lingua te lo devo dire? E
poi hai sempre disertato il lavoro, come mai ora sei voglioso di fare
qualcosa?”
“Perché sono un uomo attivo!”
“Sei un uomo impossibile!”
“Che ti piace!”ribattè l’altro
con un ghigno sul volto.
James Wilson lo guardò, stupito.
“Come amico di sicuro.”
“Non intendevo in quel modo e lo sai.”
“Stai scherzando?”
Greg House si alzò, facendo leva sul bastone.
James temette nel vederlo barcollare leggermente, ma fu un attimo ed il
diagnosta avanzò verso di lui.
“Non sono mai stato più serio in tutta la mia
vita.”
Occhi azzurri in occhi castani.
Erano l’uno di fronte all’altro, in silenzio.
“Tu non mi piaci. In quel senso, almeno. Te l’ho
detto anche ieri.”
“Mentivi e menti ancora adesso.”
James alzò gli occhi al cielo.
“Guardami negli occhi e dimmi che per te quel bacio non ha
significato nulla.”
“Perché lo vuoi sapere? Non ti importa!
È solo per la tua irrazionale voglia di sapere sempre tutto
di tutti! Se c’è qualcosa che non sai, fai di
tutto per scoprirla!”
Greg sbuffò.
“Andiamo! Rispondi! Lo sai che sono fatto cos! Non capisco
perché sprechi fiato ogni volta a dirmelo!”
“Non ha significato nulla.”disse.
“Non mi hai guardato negli occhi.”
James alzò lo sguardo, aprì la bocca, ma non ne
uscì nulla.
Non ce la faceva a dirgli una cosa del genere.
Soprattutto perché non la pensava affatto.
Greg sorrise.
“Bene. Come immaginavo.”
“Cosa?”
“Ha significato qualcosa.”disse, allontanandosi, il
diagnosta.
“Cosa?”
“Questo non lo so. Ma qualcosa di sicuro. Ne sono certo."
"E tu?"
Greg tacque, spiazzato dalla domanda.
"Greg..."
"Non lo so. E' stato...interessante."
"Interessante."ripetè l'altro.
"Sì. Altrimenti non avrei voglia di riprovarci.”
James sorrise, un pò spiazzato dal volgere degli eventi..
“Questo è uno dei tuoi soliti esperimenti,
vero?”
“Ovvio che sì! Ti va di fare la cavia?”
“Non mi usi sempre come cavia di laboratorio?”
“Io? No, mai!”
“Ma se tenti sempre di psicanalizzarmi?”
“Ma non mi sembra di averti mai usato per un esperimento.
Questo lo potrai dire solo quando ti ritroverai legato come un salame e
sottoposto a qualche mio crudele esperimento!”
James rise.
“Sei il sol…”
Ma non finì la frase perché House
l’aveva baciato.
Rimase stupito solo per un attimo, ricambiando poi e posandogli una
mano sulla spalla.
Il bussare alla porta li fece immediatamente allontanare.
Maledicendo chiunque gli venisse in mente, James Wilson
borbottò un:
“Avanti!”
Erano....
“House!”
Blythe House corse all’ interno dell’ufficio di
Wilson, correndo ad abbracciare il figlio.
Il padre del diagnosta, invece, se ne stava ancora appoggiato alla
porta dell’ufficio.
Non si era fatto avanti per paura di una pessima reazione da parte di
House, che era ancora sotto shock.
“Cosa ci fate qui?”domandò, allontanando
la madre da sé che lo fissava con i lucciconi agli occhi.
Era sicuramente colpa di Cameron.
O della Cuddy.
O di entrambe!
“Tu cosa ci fai qui? Dovresti riposare! Ci ha chiamato la
dottoressa Cuddy e ci ha detto che eri molto malato! Come mai non ci
hai detto nulla?”
“Non volevo farvi preoccupare. Andiamo, mamma. So cavarmela
benissimo da solo!”
Blythe vide la sedia a rotelle elettrica e la indicò.
“E quella allora? Non ti reggi in piedi!”
“Quello accadeva anche prima della malattia. Sono zoppo,
ricordi?”
“Ma prima non ne avevi bisogno! La dottoressa Cuddy ha detto
che per combattere il dolore usi anche la morfina! Che il
Vic…”
“Ora basta! Smettila! Sto bene, ok? Non vi ho detto nulla
perché siete maledettamente protettivi! Ed io lo
detesto!”
Si ritrovò ad urlare all’improvviso, sorprendendo
tutti compreso se stesso.
Non voleva urlare in quel modo contro Blythe e John House.
Sentiva gli sguardi di tutti addosso, compreso quello di Wilson che lo
fissava, sbalordito.
Poi improvvisamente sentì una fitta fortissima alla testa,
che lo fece lacrimare dal dolore...
Gemette, portandosi una mano alla tempia.
“GREG!”
Un urlo complessivo.
Con lo sguardo annebbiato, Greg House alzò il volto,
incrociando quello di James.
Gli afferrò la mano e si resse a lui.
“Piano! Siediti!”
James lo sorresse, facendolo sedere sul divano.
“Occorre un infermiere!”urlò.
I signori House guardavano i due medici con il cuore in gola,
preoccupatissimi.
“Sto b…”provò a dire House,
ma si ritrovò zittito da un’altra fitta,
più dolorosa della precedente.
Posò il capo sulla spalla dell’amico, attendendo
gli infermieri.
Sentì che l’oncologo rafforzava la presa sulla
mano che gli teneva, quasi a volergli dire di resistere, di tenere duro.
Greg House incrociò il suo sguardo e lo vide angosciato
più che mai.
“Non mollare.”sillabò l’altro.
Greg fece un piccolo segno di diniego con la testa.
“Ora no.”scandì in risposta.
L’ultima cosa che vide furono i suoi occhi castani.
Poi il buio lo inghiottì.
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Capitolo 11 *** Miglioramenti ***
James leggeva un libro di medicina nella stanza dove Greg
dormiva alla grossa.
Quasi non si accorse che qualcuno era entrato nella stanza.
“Come sta?”chiese una voce, facendolo sobbalzare ed
abbandonare il libro.
Era Blythe House.
“Dorme. Non è la prima volta che sviene. Ma io
continuo sempre a preoccuparmi.”
“Lei è Wilson? Il migliore amico di mio
figlio?”
L’oncologo annuì.
“Sono il suo medico curante.”disse, stringendole la
mano.
Aveva visto solo una volta la madre di Greg, molti anni prima, ma a
quanto pare lei non lo ricordava.
“Deve essere difficile avere in cura il proprio migliore
amico.”fece lei, sedendosi sul bordo del letto del figlio ed
accarezzandogli i capelli.
James sorrise nel vedere una scena così tenera.
“Sì. È molto difficile. Ma lo
è di più stare con le mani in mano e vederlo
soffrire.
È insopportabile.”ammise.
La vide annuire.
“Perché non ha detto nulla? Credeva di cavarsela
da solo?”
“Odia le attenzioni altrui. Non sopporta essere protetto. Gli
piace l’indipendenza, anche quando ha bisogno di
aiuto.”
“Lei è l’unico che lo sappia
gestire.”
James rise.
“Affatto. Riesce ad averla sempre vinta
lui…”
“Non è vero.”
Blythe e James si voltarono verso il letto di Gregory House.
James si alzò, sorridendo nel vederlo sveglio.
“Sì che è vero. E lo sai. Ricorda solo
quello che hai fatto per convincermi ad usare la terapia che volevi
tu!”
Greg ridacchiò piano, ma smise subito.
La testa gli rintronava ancora.
“Stai bene, tesoro?”chiese sua madre.
“Sì. Non è la prima volta che svengo. E
ogni volta che mi risveglio trovo Wilson vicino al letto, sempre
preoccupato.”
L’altro fece una smorfia.
“Devo smetterla di preoccuparmi per te.”
“Sono 20 anni che te lo ripeti e non ci sei mai
riuscito.”
Rise, ricevendo in cambio un’altra smorfia.
Lo sguardo di House si concentrò sulla madre che lo fissava,
preoccupata.
“Mi dispiace. Non volevo urlare in quel modo.”
“Perché non hai detto nulla? Preferivi che
sapessimo direttamente della tua morte? Casomai leggendo per caso un
necrologio?”
“Me la so cavare da solo.”
“Non è vero e lo sai. Hai bisogno di aiuto. Metti
da parte la tua cocciutaggine e fatti aiutare da noi.”
“Non ho bisogno del v…”
Greg tacque, digrignando i denti.
“Tesoro, cosa…?”
Greg alzò gli occhi al cielo, gemendo.
Era stato come se qualcuno gli avesse spremuto il cervello.
Sentì James avvicinarsi a lui e trafficare con la siringa di
morfina.
Dopo pochi istanti, il dolore si era attenuato.
“Grazie.”gemette, guardando l’amico.
Si sforzò di rimanere cosciente, ma non ce la fece e
ripiombò in un mondo dove il dolore arrivava solo ovattato.
Dopo quell’episodio fortunatamente non ci furono
più svenimenti.
La terapia a cui Greg si era sottoposto stava dando i suoi frutti,
anche se pochissimi.
Ma era già qualcosa.
Greg sembrava stare un po’ meglio: c’erano stati
alcuni mancamenti in quegli ultimi giorni, ma il mal di testa era un
po’ diminuito.
I suoi genitori decisero di rimanere nelle vicinanze, almeno
finché il loro figlio non fosse guarito del tutto.
Anche se stava un pò meglio, James, sempre protettivo nei
suoi confronti, continuò a stare a casa sua.
Greg non protestò. Molto probabilmente, anche se sicuramente
non l’avrebbe ammesso mai, adorava vivere con
l’amico.
Anche se era l’oncologo a cucinare ed a lavare i piatti
perché ogni volta il diagnosta trovava una scusa per
svignarsela.
“Sei impossibile! Non so come abbia fatto Stacy a vivere con
te per cinque anni!”disse James una sera, dopo aver sistemato
la cucina.
“Sarà stato per il mio fascino irresistibile!
Comunque ti mancherebbe solo un bel grembiule a fiori per sembrare mia
madre!”lo prese in giro il diagnosta, steso sul divano,
facendo zapping con il telecomando sui canali.
James ridacchiò.
Poi Greg gemette di colpo, attirando la sua attenzione.
“Greg…”
Gli occhi azzurri del diagnosta incrociarono i suoi e si
creò un legame tra loro, il suo sguardo rimase incatenato a
quello dell’amico.
"Sto bene."disse, bruscamente, distogliendo lo sguardo dal suo.
"Smettila di..."tentò di continuare.
Una fitta di dolore lo zittì di colpo, facendolo piegare in
due dal dolore, la testa fra le mani, come se gli stesse per scoppiare.
Terrorizzato, James fu in un attimo accanto a lui, cingendogli le
spalle.
Scivolarono ai piedi del divano, in ginocchio.
Greg tentò di protestare, dicendo che stava bene, che
sarebbe passato, non sopportando la sua preoccupazione.
"Taci! Metti da parte il tuo orgoglio per una buona volta! Hai bisogno
d'aiuto!"esclamò James.
Lo strinse a sè, facendogli appoggiare la testa sul suo
petto.
"Respira. Respira profondamente."sussurrò.
Posò lo sguardo su di lui, il cuore in gola.
Gli posò una mano sui suoi capelli, accarezzandoglieli in un
gesto automatico.
Greg non disse nulla, limitandosi a tenere gli occhi chiusi, appoggiato
al suo petto.
Avrebbe voluto rimanere così per sempre, appoggiato alla
spalla di James, con la televisione accesa che trasmetteva
chissà quala programma, seduto sul pavimento del salotto,
con il dolore che andava pian piano scemando...
"Va un pò meglio?"chiese James.
Il suo tono di voce era tremante: era molto preoccupato.
Greg fece un "Ok" con il pollice della mano.
"Grazie."disse, poi.
"Se arrivi a ringraziarmi, devi stare davvero male."
"Se preferivo lavorare..."
James rise.
Volse lo sguardo lentamente, ritrovandosi a pochi centimetri dal viso
di lui.
Sentì un groppo alla gola nell'incontrare quegli occhi
azzurro cupo.
Rimase incatenato al suo sguardo, incapace di fare qualsiasi altra cosa.
Fu istintivo avvicinarsi ancora di più, finchè
non sentì il respiro dell'altro sul suo viso.
Le loro labbra si sfiorarono, incontrandosi, le loro lingue
s'intrecciarono, mentre i loro cuori battevano all'unisono.
Greg gli passò una mano tra i capelli castani, mentre James,
continuando a baciarlo, non gli fu sopra, stendendolo sul pavimento, le
mani strette attorno ai polsi, mettendolo in trappola.
Greg si staccò da lui, sentendosi dominato.
"Che intenzioni hai?"chiese con un ghigno.
"Prova a immaginare."
James riprese a baciarlo, liberandogli i polsi e sbottonandogli la
camicia.
Posò le labbra sui suoi pettorali, sfiorandoglieli con la
punta delle dita, facendolo fremere.
Greg lo lasciò fare, per la prima volta incapace di reagire,
godendosi quel momento.
Mai avrebbe immaginato che sarebbe successa una cosa del genere.
James Wilson era da sempre il suo migliore amico, un'amicizia fondata
sulla fiducia, complicità, stima, rispetto.
Ne avevano passate così tante insieme, così tanti
dispetti che si erano fatti a vicenda, così tanti guai, che
gli sarebbe stato impossibile pensare ad una vita senza di lui...
Ed ora, sentire le sue mani su di sè, che percorrevano il
suo torace, fino a scendere lungo il bacino ed arrivare ai jeans,
giocherellare con la loro cinghia, gli fece provare una scarica
elettrica che gli percorse tutto il corpo.
James gli sbottonò i jeans e fece per abbassarglieli, ma
Greg lo bloccò, afferrandolo per il polso.
"Ora tocca a me."disse, iniziando a sfilargli la maglia di dosso.
Aveva uno splendido fisico, non l'aveva mai notato.
"Ho capito come hanno fatto le tue tre mogli a sposarti."
"Come?"
"Tutto merito del tuo fisico da sballo!"
James alzò lo sguardo al cielo, ridendo, ma non
potè provare piacere per quel complimento.
"Sei fuso!"
"Ovvio che sì! Altrimenti come avrei potuto pensare di farlo
con te?"
James fece una smorfia.
"Sempre il solito?"
"Per questo ti attiro."
Si guardarono per un lungo istante.
"Può darsi."ammise."Tu che spiegazioni hai?"
"Mai sentito dire che gli opposti si attraggono?"
"Stai applicando una legge?"
"Tento di trovare una spiegazione, perchè non sto capendo
più nulla."ammise.
"Sai che ti dico? Fragatene..."
Si chinò su di lui, catturandolo in un bacio e ponendo fine
ad ogni sua replica.
Si staccò da lui e lo guardò.
"Per una volta mi piace avere la situazione in mano."
Greg lo guardò. Poi improvvisamente gemette, attirando la
sua attenzione.
"Che c'è?"
"La gamba! Spostati, maledizione!"
Ma appena James si mosse, House ne approfittò per ribaltare
la situazione, acquisendo un ruolo dominante.
"Sei un figlio di puttana! Ed io che mi ero anche
preoccupato!"protestò lui, ma rideva.
Greg riprese a spogliarlo, sfilandogli i pantaloni e sfiorando il
membro di lui.
James gemette di piacere, lasciandolo fare, mentre l'erezione iniziava.
Lo bloccò, impedendogli di proseguire ancora e gli
sfilò i jeans del tutto, avvicinando il viso al suo e
mordicchiandogli le labbra.
Sentì il suo corpo su di lui, nudo e non potè
trattenersi dall'ammirarlo.
Vide il suo fisico magro, longilineo, perfetto.
Il suo sguardo si posò istintivamente sulla cicatrice della
gamba destra e Greg parve accorgersene.
Lo vide allontare lo sguardo, di colpo freddo.
James era riuscito a penetrare la sua corazza ed ora l'aveva privato
delle sue difese.
Usava la sua ultima: la freddezza.
Temendo di aver rovinato tutto, James si tolse da sotto di lui e lo
avvicinò, prendendogli il viso tra le mani, costringendolo a
guardarlo.
Respirava affannosamente.
"E' tutto ok."gli disse.
Greg ghignò.
"Sì. Ma è meglio se ci stai tu di sopra."
James rise.
"Siamo debolucci, eh?"disse, sentendosi un'irresponsabile
perchè lo stava sottoponendo ad uno sforzo.
"Un girono avrò la mia rivalsa."ghignò, ancora.
Fecero l'amore con passione e dolcezza.
Gemiti, ansiti, mani intrecciate e movimenti sinuosi...
James cingeva le spalle dell'amico, che dormiva, appoggiato a lui, sul
pavimento.
Il suo respiro era regolare, in sincronia con il suo.
Fissò, senza guardarlo realmente, il soffitto, mentre con la
punta dell'indice sfiorava la guancia ruvida dell'amico.
La barba, sfatta di qualche giorno, gli pizzicava i polpastrelli, ma
lui non ci fece caso.
D'un tratto lo sentì gemere nel sonno e sobbalzò;
un incubo, probabilmente.
Rafforzò la stretta su di lui e gli prese la mano,
intrecciando le dita con le sue.
"Sono qui, sta tranquillo. Non ti accadrà nulla di male. E'
una promessa."disse, a bassa voce, sperando, invano, che potesse
sentirlo.
Pensò al tumore, alle cure, ai recenti malesseri e
svenimenti e sentì un tuffo al cuore.
Mai come in quel momento quando la loro unione era stata più
forte che mai, quando lo aveva sentito dentro di sè,
sentì la consapevolezza di quel pericolo.
Non voleva perderlo. In tutti quegli anni non c'era stato un solo
giorno in cui non si erano parlati o visti o sentito.
Quanti guai gli aveva fatto passare per il suo caratteraccio, per i
suoi vizi, le sue dipendenze.
Ma l'aveva sempre difeso a spada tratta, sempre protetto. Era il suo
migliore amico ed anche se avesse commesso il più grande
sbaglio della sua vita, lui sarebbe stato lì ad aiutarlo, a
perdonarlo...
"Non ti lascerò andare."gli sussurrò
all'orecchio, e Greg mosse la mano che James stringeva, come se avesse
sentito.
Ed un sorriso distese il viso dell'oncologo, mentre chiudeva gli occhi,
liberandolo anche se per poco, dell'angoscia che lo attanagliava.
Ciao a
tutti voi, ragazzi che passate di qui!
Spero vi piaccia questo capitolo.
Ringrazio di cuore:
Lemnia: tesoro, non merito questi complimenti, ma li accetto molto
volentieri! Sono felicissima del fatto che ti piaccia la mia storia e
che continuerai a seguirla!!!
Continua a dirmi che ne pensi, poichè adoro le tue
recensioni!!! Un bacione
H W: grazie grazie grazie! Della recensione e soprattutto del
conversazione per msn...mi ha fatto bene parlare con te,
perchè, credimi, sto davvero male per come è
finita la quarta stagione e morirei se quei due litigassero e non si
parlassero più...Spero di no, anche perchè non si
può mandare al diavolo un'amicizia come quella (e noi
pensiamo ci sia sotto anche qualcosa di più forte, ma
lasciamo tutto nelle mani di David Shore...speriamo bene!!!) Continua a
recensire e dimmi che ne pensi!!!
Un bacione
Lily Black 90
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Capitolo 12 *** nuove conoscenze e moti di gelosia ***
Toc Toc Toc
Il bussare alla porta del suo ufficio fece sobbalzare James.
Si chiese chi poteva mai essere; Greg no di sicuro, abituato ad entrare
senza bussare, nè i suoi pazienti, dato che non aveva visite.
"Avanti!"disse, alzando gli occhi dalle sue cartelle.
"Ehilà, James! Disturbo?"
Era una voce che conosceva fin troppo bene, anche se non la sentiva da
moltissimo tempo.
Alto, capelli biondo scuro ed occhi chiari, Tom Johns entrò
nel suo ufficio, sfoderando il suo miglior sorriso.
"Tom! Ciao!"
Tom gli tese la mano che l'altro strinse, sorridendo a sua volta.
Capo d'un industria di tecnologia, viveva a New York ed era il suo
migliore amico all'università.
"Che ci fai qui?"
"Sono in vacanza, no? Ed ho deciso di farti una visita! Se non vengo
io, tu non ti fai vivo, eh?"
Vacanza.
Era quasi Natale. Come passava in fretta il tempo!
"Scusami! E' che..."
"Hai molto da fare con i tuoi pazienti! Lo so bene!"
"Quanto rimani qui?"
"Per un bel pò. Dopo i miei giorni di meritato riposo, ho un
affare da concludere con un pezzo grosso qui nel New Yersey. Quindi mi
avrai tra i piedi per un pò. Abbi pazienza!"
James rise.
"Figurati! Non c'è problema!"
Pranzo Mensa del Princeton Plainsboro Teaching Hospital
Due amici ridevano e scherzavano ad un tavolo, ma stavolta James non
era con Greg, bensì con Tom.
"E come va con il tuo compagno?"domandò, ricordandosi la
natura dell'amico.
"Male. Ci siamo lasciati da due settimane. Ora voglio solo divertirmi
un pò. Basta con le relazioni. Anche tu la pensi come me,
vedo. Dato che sei al tuo terzo divorzio."
James annuì.
Tom voltò lo sguardo un attimo e si bloccò.
"Alto, capelli scuri, mani grandi, fisico perfetto, occhi azzurri,
andatuta claudicante..."
A "andatura claudicante" James alzò lo sguardo dal suo
piatto per posarlo su Tom.
"Chi stai analizzando?"
Seguì il suo sguardo per capire il soggetto e sorrise.
Greg House era appena entrato nella mensa, seguito dalla Cuddy.
Probabilmente stavano discutendo, dato lo sguardo gelido che la Cuddy
gli rivolgeva ogni tanto.
Il diagnosta le fece un cenno con la mano e lei se ne andò.
"E' House. Gregory House."spiegò a Tom.
"Molto sexy."commentò.
James sentì uno strano tuffo al cuore, non potendo fare a
meno di essere d'accordo con lui.
Greg incrociò il suo sguardo e ghignò.
"Ora te lo presento."disse James a Tom che lo guardò
interrogativo.
Greg si fece largo tra la folla, zoppicando ed afferrò il
pacchetto di patatine che l'oncologo gli porgeva, già
conoscendo le sue intenzioni.
"Ehilà!"salutò, sedendosi.
"Greg, ti presento Tom Johns, il mio migliore amico
all'università. Tom, lui è Greg House."
"Il suo migliore amico di qui."disse
calcando il "qui".
Solo James se ne accorse e si limitò a lanciargli
un'occhiata interrogativa.
"Perchè la Cuddy ti stava rimproverando? Che hai combinato
oggi?"gli chiese, ignorando il suo sguardo.
"Nulla, per ora. Solo ho aiutato i paperotti a risolvere un caso."
"Riposati."
"Mi annoio!"
James alzò gli occhi al cielo, per poi posarli sui suoi.
Sentì un altro tuffo al cuore, nell'incrociarli.
Cavolo! Ma cosa gli stava succedendo?
Greg distolse lo sguardo, provando la stessa strana sensazione.
La conversazione proseguì senza troppi danni, anche se
spesso James sentì una sorta d'ostilità di Greg
verso Tom.
Ma forse era solo una sua impressione. Forse si comportava come al suo
solito.
Quando se ne andò dalla mensa, James non potè
trattenersi dal seguirlo con lo sguardo, finchè non
varcò la soglia, sparendo dalla sua vista.
"Ostile, direi."disse Tom, al quale non aveva certo risparmiato battute
e frecciate.
"Lo so, lo è con tutti. E' un uomo impossibile."
"M'interessano uomini così."disse Tom e James
sobbalzò.
"Cosa?"
"Ci starebbe?"
"Aspetta, aspetta, aspetta! Con te? Greg con te?"
"Talmente assurda come cosa?"
"Non è il tipo."
"Che sta con gli uomini o che ha una relazione?"
"Entrambe le cose."
"Ma io non voglio una relazione. Voglio solo divertirmi."
"No!"
Un "no" secco e gelido.
James lo fissò, allarmato.
"Come mai sei così...protettivo?"
"Non ti divertirai con lui, Tom. E' il mio migliore amico e se ti
azzardi a..."
"Calmati, James! Oddio! Era solo un ipotesi, rilassati."
James annuì.
Si era allarmato per nulla. Non stava dicendo seriamente, allora.
Lo voleva proteggere a tutti i costi.
Ed allora perchè aveva sentito un moto di gelosia, quando
Tom aveva adocchiato Greg?
"Chi è?"
"Chi è chi?"
"Tom qualcosa. Che ci fa qui?"
"E' in vacanza. Ed era passato a farmi una visita. Tutto qui."
Rimasero per un attimo in silenzio.
Poi James aggiunse:
"Penso ti abbia adocchiato."
Greg sobbalzò e lo guardò come se si fosse bevuto
il cervello.
Erano in macchina, in ritorno dall'ospedale.
"Cosa?"
James rise alla sua espressione sconvolta.
"Ha detto che sei molto sexy e che lo attirano gli uomini impossibili
come te."
"Tutto merito del mio fascino. Riscuoto vittime, ovunque."
Greg lo guardò e James distolse lo sguardo fissandolo sulla
strada.
"Stai attento, comunque. Ha detto che voleva solo divertirsi e mi ha
chiesto se ci saresti stato."
"E' fuori di testa."
"Lo so, perciò ti dico di fare il bravo e di..."
"Non parlare con gli sconosciuti e di non accettare caramelle?"
James rise.
"Precisamente."
"Va bene, mammina."
Tom, l'amico di Wilson, passava spesso per l'ospedale e Wilson si
ritrovò a dover dividere il suo tempo tra lui e Greg.
Ora che stava un pò meglio, Greg aveva ripreso con i suoi
amati casi, nonostante le preoccupazioni di Wilson e della Cuddy.
Cameron lo guardava preoccupata, temendo uno svenimento, un mancamento
o un segnale che stesse male...
E ciò le rimediava sempre sarcastiche battute da parte del
suo capo.
"Cameron! La posta non si mette a posto da sola! Meno occhi puntati su
di me e più su quelle lettere!
So di essere uno schianto, ma in questo reparto si dovrebbe anche
lavorare!"
E James non poteva fare a meno di ridere quando Greg gli raccontava
queste cose, anche se pensava alla faccia sicuramente triste della
bella dottoressa.
"E' preoccupata! E' normale! Anche io sono preoccupato!"
"Infatti! Non sopporto neanche te!"
James alzò gli occhi al cielo.
"Sto bene. Odio quando ficcate il naso nei miei affari."
"Sono il tuo oncologo."
"Mi aspettavo una frase del tipo: "Sono il tuo migliore amico"."
"Anche."
"In secondo piano."
"E' più importante che tu sia in salute, adesso."
"Quindi medico batte amico?"
"Smettila. Mi dai sui nervi quando mi fai queste domande. E poi sai che
non è vero."
Greg abbozzò un sorriso e chiuse gli occhi, steso
sul divano dell'ufficio di James.
"I tuoi? Sono ancora qui."
Sapeva benissimo che non stava dormendo.
"Sì. E non accennano ad andarsene. Ma per casa non passano.
Si limitano a bombardarmi di telefonate e visite inaspettate
all'ospedale."
"I genitori..."
Col passare dei giorni James conobbe un Tom che non aveva mai visto
prima.
Non era più il suo amico dell'università; anzi,
era totalmente diverso da come se lo ricordava.
Arrogante, presuntuoso, voleva ottenere sempre ciò che
desiderava...
Temeva per Greg: sapeva benissimo i pensieri di Tom su di lui e temeva
che potesse fargli del male.
Era più forte di lui, essere protettivo nei suoi
confronti....
"Sì e lui mi dice..."
Il vociare di Tom venne interrotto da Greg che aprì di colpo
la porta dell'ufficio dell'amico oncologo.
James, che era abituato, non disse o fece nulla, ma si
limitò ad alzare lo sguardo su di lui.
Tom, invece, sobbalzò.
"James, avrei bis..."
S'interruppe vedendo Tom.
La sua espressione era indecifrabile.
"Dicevi?"disse James, rivolgendosi al diagnosta.
"Avrei bisogno di un consulto su un cas..."
S'interruppe nuovamente allo sguardo severo dell'amico.
"Sto bene, piantala di comportarti come se fossi mia madre!
Già lo fanno la Cameron e la Cuddy."
James posò lo sguardo su di lui.
Stava sicuramente meglio di un mese prima, ma era ancora pallido e la
mano che stringeva il bastone, tremava leggermente.
"Dev..."
"Riposarmi? No, scordatelo. Se non lavoro, finisco per impazzire."
"Non più del solito. Sarebbe impossibile."
"Aha, aha, aha."fece sarcastico.
Gli mostrò una radiografia.
"Guarda qui." Indicò quella che sembrava una piccola macchia
vicino al cuore.
"Che pensate sia?"
"Chase ha detto tessuto cicatrizzato, Foreman un calcinoma e Cameron mi
stava preparando il caffè ed era d'accordo con Chase.
Non so se perchè vanno a letto insieme o se lo pensasse sul
serio. Io penso sia un cancro, ma la Cuddy ha detto che se non sono
sicuro non posso far fare alla paziente un intervento invasivo. Dice
che potrebbe morire. Come se aver avuto una crisi attacco di cuore ed
una crisi respiratoria, non significhi stare male."
James si avvicinò alla sua scrivania, alzando alla luce la
radiografia.
"Hai rag..."
S'interruppe di botto, vedendo l'amico piegarsi ed appoggiarsi sempre
di più al bastone.
Tom si alzò dalla sedia con un: "Cosa?"
Greg respirava affannosamente, una mano sul petto.
"Greg..."
James gli corse accanto, sorreggendolo.
"N-non res..."gemette lui, il respiro che si era fatto molto rado.
"Chiama un'infermiera! Dille che c'è bisogno di un
respiratore!"esclamò James, rivolto a Tom.
Lui lo fissò, impalato.
"MUOVITI, MALEDIZIONE!"
Greg tremava follemente, tra le sue braccia, respirando affannosamente,
come un naufrago in cerca d'aria.
"Resisti...cerca di respirare. Dei bei respiri profondi. Su..."
James era agitatissimo.
Sembrava fossero passate delle ore, quando Tom entrò,
seguito da un'infermiera.
James le strappò bruscamente di mano il respiratore e lo
posò sul viso di Greg, che riprese un pò del
colorito perso.
"E' tutto ok...calmati, ora."
Il diagnosta chiuse gli occhi, respirando profondamente.
"Tutto ok...tutto ok..."ripetè James, più e
più volte, finchè l'amico non si
addormentò.
"Com'è possibile? Il tumore al cervello non causa una crisi
respiratoria!"
La Cuddy camminava su e giù per il suo ufficio.
"Il tumore no, le medicine per curarlo sì..."
Cameron guardò severamente Wilson, come se fosse stata colpa
sua, le mani sui fianchi.
"Sul serio?"chiese la Cuddy, passando lo sguardo da lei a lui.
"Sì, possono compromettere cuore e
polmoni."continuò Foreman.
"Wilson! Accidenti, proprio quella cura!"
"Non dovresti essere neanche tu il suo oncologo! I buoni medici sono
obiettiv..."fece Cameron.
"Mi stai dicendo che non sono un buon medico?"
James alzò la voce.
"Sto dicendo che non sei obiettivo, nè imparziale. Sei
troppo coinvolto. House è il tuo migliore amico e l'affetto
che provi per lui ti spinge a fare scelte che non avresti fatto per un
altro paziente. Non ti saresti lasciato ricattare da qualcun altro.
Nessun altro oncologo avrebbe iniziato quella cura, se non avesse
sperimentato prima tutte le altre. Sapendo che è
rischiosissima, avresti dovuto rifiutarti!"
"House si è quasi ammazzato per ricattarmi. Credi che
qualcun altro avrebbe potuto gestirlo meglio di me?"
"Forse."
Wilson alzò lo sguardo al cielo, sconvolto.
"Wilson, sarebbe la cosa migliore."
La Cuddy fece per mettergli una mano sulla spalla, ma lui si
allontanò, brusco.
"Mi state dicendo che la cosa migliore per House in questo momento
è sentirsi abbandonato dal suo migliore amico?"
La voce gli tremava. Lottò per controllarla.
"No, certo che no. Ma..."
"Si fida di me, ok? Mi ha affidato la sua vita, sapendo che..."
"Che cosa? Che tu sei l'unico così folle da seguire le sue
pazze idee?"
"Sì! Che sono l'unico che può aiutarlo, ora. Io
non lo lascerò nelle mani di un altro."
E se ne andò, sbattendo dietro di sè la porta
dell'ufficio.
Tremava da capo a piedi, seduto sul pavimento del tetto, dove tempo
addietro House gli aveva rivelato di essere malato.
Sapeva che avevano ragione, tutti loro, ma non ce la faceva.
Era fin troppo debole per fare una cosa del genere.
E si rese conto di aver bisogno di House, forse più di
quanto ne avesse lui.
Non voleva lasciarlo andare, non voleva ferirlo....
Calde lacrime gli rigarono le guance, mentre guardava il cielo
rannuvolarsi.
Sobbalzò al vibrare del cellulare e con un tuffo al cuore
vide che il mittente era proprio la persona a cui stava pensando.
Deglutì a fatica e si asciugò le lacrime prima di
rispondere, tentando di parlare con calma.
Non voleva che sapesse che stava piangendo.
"Fammi indovinare. Sei fuggito con la caposala del reparto di
oncologia, ed ora ve la state spassando in un casinò?"
Wilson rise.
"Ovvio che sì. Non lo sentì il rumore delle
fiches?"
"Sono stato braccato."
" Blythe e John?"
"Oh, yeah. Sono preoccupatissimi. Neanche fossi andato in coma."
"Potevi morire."
"Naa."
"Se ti fosse successo in un altro luogo, dove non c'erano med..."
"Cosa piuttosto complicata dato che sono sorvegliato da te e la Cuddy
24 su 24? Tu vivi persino a casa mia!
Mi spieghi come faccio a stare senza un medico vicino?"
Tacque per un pò e Wilson lo sentì camminare, il
bastone che ticchettava sul pavimento.
"Dove vai?"gli chiese.
"Dove sei?"
"Rispondi alla mia domanda."
"Sono in ospedale. Quindi sarò soccorso da qualcuno se mi
viene un'altra crisi respiratoria."
"Avevo bisogno di pensare."
Se si fosse concentrato di più su ciò che aveva
intorno, forse Wilson si sarebbe accorto della porta del tetto che si
apriva.
Ma era fin troppo preso dai suoi pensieri, per rendersene conto.
"Mi sa che questo luogo è già stato riservato."
Wilson sobbalzò nel sentire la sua voce così
vicina.
Si voltò e lo vide a pochi metri da lui, appoggiato al muro.
"Ma se vuoi possiamo fare a metà."
Chiuse il telefono e si avvicinò, reggendosi al bastone.
"Come sapevi che ero qui?"
"Ti spiavo. Vuoi dirmi che non ti sei accorto della microspia che hai
nella giacca?"
"Intuizione."aggiunse al suo sguardo interrogativo.
"Ma una cosa che non ho intuito è perchè tu
stessi piangendo?"
"Non stavo piangendo."
"I tuoi occhi sembrano dire il contrario."
Wilson lo guardò, mentre l'altro si avvicinava di
più.
"Sono lucidi e prima quando hai risposto al telefono la tua voce era
spezzata. Come se tentassi di mantenerla calma, mentre prima ti eri
sfogato."
L'oncologo roteò lo sguardo e, chinandolo, annuì.
"Che ti ha detto la Cuddy? O Cameron? O chiunque altro sia stato."
"Nulla che non sapessi già."
"Ho molte doti, sai, ma leggere nel pensiero non è tra
quelle."
"Non ancora."aggiunse.
"Ho fatto un errore decidendo di curarti io. Non dovevo farlo. Dovevo
immaginare che non sarei stata la persona più adatta, che
avrei fallito.
Non posso, Greg. Sono troppo coinvolto e ciò mi impedisce di
vedere le cose con lucidità.
Non dovevo farmi ricattare con la storia della tua maledetta terapia,
che ha portato più danni che altro. Un altro oncologo
sarebbe stato impaziale, obiettivo.
Io non lo sono, nè mi illudo di porter mai esserlo.
L'affetto che provo per te mi spinge a fare scelte che non avrei fatto
per un altro paziente.
Ma non ce la faccio. Non voglio lasciarti andare. Non voglio che
qualcun altro si prenda cura di te.
E questo è da egoisti, maledettamente egoisti. E mi sono
reso conto che avevi ragione, che hai sempre avuto ragione.
Sono io che mi nutro delle persone che hanno bisogno. E non posso
permettere che accada ancora con te. Perchè
finirà che qualcuno si farà del male.
E non sarò io."
Wilson si alzò e fece per andarsene, ma House lo
bloccò afferrandolo per un braccio e voltandolo bruscamente
verso di lui.
"Non farlo. Non puoi."
"Non voglio, ma devo. Ti prego, non..."
S'interruppe di colpo. House l'aveva baciato, avvicinandosi a lui.
Sentiva le lacrime colargli lungo le guance, mentre gli sfiorava la
guancia con le dita, il braccio ancora bloccato nella sua ferrea presa.
"Questo non mi rende le cose più
facili."sussurrò, quando House si allontanò di
qualche centimetro per respirare.
Un tuono li fece sobbalzare ed iniziò improvvisamente a
piovere.
"Era quello l'obiettivo."
"No...io non..."
Un altro bacio, più intenso del precedente.
"House, smettila! Per fav..."
"Continuerò finchè non cambierai idea."
"Mi stai ricattando?"
House mise una mano sulla sua nuca, stringendo l'altra nella sua, e lo
avvicinò ancora di più.
"Sta funzionando?"
"Lo faccio per te. E' la scelta migliore."
"Non devi scegliere per me. So farlo benissimo da solo. Nel caso non lo
sapessi, qui il più grande e quello con più
esperienza, sono io."
"Non voglio che tu soffra."
"O non vuoi vedermi soffrire?"
"Entrambe le cose."
"Ho bisogno del tuo aiuto. Voglio che sia tu, e nessun altro, il mio
oncologo. Sai benissimo cosa succederebbe: io proporrei una cosa e lui
ne farebbe un'altra.
Così morirò e tu mi avrai sulla coscienza."
"Un'ottima argomentazione."
"Tu mi sai..."
"Gestire?"
"Forse."
"Sono l'unico che ti è sempre accanto."
"Sei un pazzo."
"Vuoi l'aiuto di un pazzo?"
"Voglio quello di qualcuno che mi capisca. E tu potresti essere adatto."
"Se ti accadesse qualcosa, per colpa mia..."
"Accadrebbe di peggio, se mi lasciassi alle cure di qualche tuo
collega. Sai che non mi fido."
"Tu non ti fidi di nessuno."
"Non proprio di nessuno. Sono pochi gli eletti che godono della mia
fiducia."
Wilson rise.
"Ne faccio parte?"
"Solo se cambi idea."
Wilson chiuse gli occhi.
"Ok. Ma sei un manipolat..."
House lo baciò nuovamente, lasciandogli il braccio libero.
Wilson gli passò una mano tra i capelli fradici. Erano
entrambi zuppi.
"Non devi convincermi ancora. Ho già detto di sì."
"Lo so. Infatti, non era per quello che ti ho baciato."
"E perchè?"
House ci pensò su per un attimo.
"Perchè mi andava."
"Non puoi fare sempre quello che ti va."
"Stavolta sì."
"E perchè?"
"Perchè tu sei più che disposto."
Touchè.
Wilson chiuse gli occhi, appoggiandosi a lui ed accarezzandogli i
capelli.
Lo baciò più e più volte, sulle labbra
e scendendo lungo il collo.
Gli sbottonò la camicia, toccandogli i pettorali ed
ammirandone la bellezza.
House gli tolse la cravatta e lo fece stendere sul pavimento del tetto,
chino su di lui.
Gli bloccò i polsi e continuò a baciarlo, vorace,
come se non ne avesse mai abbastanza.
"House..."
Wilson gemette il suo nome, quando sentì le sue mani
scendere ed arrivare nei suoi pantaloni.
House glieli sbottonò ed abbassò fino alle
ginocchia, sfiorandogli il pene con le dita.
Si adagiò su di lui e riprese a baciarlo, una mano dietro la
nuca di Wilson, l'altra che faceva su e giù sul suo petto
fino ad arrivare all'inguine.
"Fà fare a me."disse Wilson.
"Te lo scordi."
"Hou..."
Ma s'interruppe nuovamente al suo tocco, gemendo di piacere.
Sentiva la mano di House sul suo pene e godeva al suo tocco.
Lo sentiva muoversi su di lui, piano, strusciando contro il suo
inguine; House era chino su di lui e l'osservava, mentre gli
mordicchiava le labbra ed il mento sbarbato.
"Lo sai che se ci sorprendono qui..."
"Ti licenziano? Perchè stai facendo sesso con un tuo
paziente?"
"Anche."
La pioggia continuava a scendere, impetuosa.
House lo sovrastava.
"Non verranno qui a cercarci. Non ci ritengono tanto pazzi da stare
sotto questa pioggia. Anche se sbagliano."
Wilson lo tirò per la maglia e lo costrinse a chinarsi di
più verso di lui.
"Ho paura per te."
"Che mi prenda una polmonite?"
Wilson fece per alzarsi, ma House lo bloccò a terra.
"Tu non vai da nessuna parte."
"Potrei denunciarti per aggressione."
"Acconsentita? No, non credo."
"Non ho acconsentito."
"Noo! Il fatto che mi baciassi anche tu, era puramente cas..."
Wilson lo baciò.
"Vedi?"
"Era l'unico modo per farti stare zitto."
"Funziona. Lo dovresti usare più spesso."
Wilson rise, mentre House lo voltava di schiena.
Penetrò con dolcezza, senza fretta e loro assaporarono
quell'unione come facevano ogni volta.
Wilson strinse House al petto, rivestendosi lentamente.
Aveva smesso di piovere.
"Se ti prendi una polm..."
"Shh!"
House lo zittì, posandogli una mano sulle labbra.
Wilson gli mordicchiò le dita, ridendo.
Gli accarezzò i capelli, posando il mento sulla testa
dell'amico, seduti sul pavimento.
"Andiamo a casa, su."
"Mi ci porti tu in braccio. O aspettiamo un pò. Non ce la
faccio."
Wilson gli cinse le spalle con le braccia.
"Sei protettivo."
"Lo so. E tu hai bisogno della mia protezione."
"Naa."
"E' vero. Ammettilo."
House alzò il capo per guardarlo.
"No, non è vero."
"Ok."
Wilson lo scostò e si alzò.
"Allora io vado."
"Ci vediamo."
Wilson si avviò verso la porta.
"Se ti aspetti che ti corra dietro e ti chieda di fermarti, vuol dire
che non mi conosci affatto!"fece House.
Rideva.
Sapeva che non lo avrebbe lasciato lì sul tetto.
O almeno, lo sapeva, finchè Wilson non aprì la
porta del tetto e con un ultimo sguardo di sfida rivoltagli,
sparì dietro di essa.
"Tanto lo so che torni."esclamò alla porta.
Passarono dei minuti.
"Sei un vero idiota."
House si aggrappò al parapetto e si alzò, ancora
fradicio di pioggia e si avviò verso la porta, aprendola.
"Sei veramente un'idio....AAH!"
House si sentì afferrare per braccio e prendendo
l'equilibrio, si ritrovò addosso a Wilson.
"Sei-un-vero-"
"Idiota. L'hai detto già due volte."
House si staccò da lui ed incrociò le braccia sul
petto.
"Sapevo che non te ne saresti andato."
"Ma sei andato a controllare."
House sbuffò.
"Aiutami, su."
Wilson passò il braccio di House attorno al collo e lo
aiutò a scendere.
Sembrava davvero un bambino, quando teneva il broncio.
Arrivati a casa Wilson lo convinse a riposarsi e controvoglia il
diagnosta si stese sul proprio letto, protestando.
Ma nonostante i capricci che aveva fatto, s'addormentò di
botto.
Wilson s'appoggiò allo stipite della porta della sua camera
da letto, guardandolo dormire.
Era in momenti come quelli che desiderava più che mai che
andasse tutto bene.
Vederlo sereno, atteggiamento così inusuale per uno come
House, vederlo ridere, giocare e scherzare, lo facevano sentire meglio.
Era come se, per quegli istanti, il tumore fosse solo un incubo.
Si chiedeva spesso se, qualora House non si fosse mai ammalato, tutto
quello che era successo tra loro, si sarebbe ugualmente verificato.
Sobbalzò nel vederlo tremare e si precipitò
accanto a lui.
"House...ehi, Greg!"
Gemeva nel sonno e tremava forte.
Wilson gli posò una mano sul braccio, tentando di calmarlo.
E d'istinto si stese accanto a lui, alle sue spalle, cingendolo con le
braccia e posando il mento sui suoi capelli.
"Sono qui. Calmati. E' solo un incubo. E' tutto ok."
Dopo un pò House si calmò; Wilson rimase steso
accanto a lui, continuando ad abbracciarlo, protettivo.
"Jimmy...."
"Sono qui."
"Perchè mi stai abbracciando come un koala?"
Wilson rise, piano.
"Stavi tremando e gemevi nel sonno; volevo tranquillizzarti."
"Volevi provare che il contatto umano funziona sempre?"
"Può darsi."
Wilson fece per andarsene, ma House lo bloccò, stringendogli
il polso.
"Resta qui."
Wilson fece un cenno d'assenso con la testa.
"Domani voglio fare una TAC."fece House, dopo qualche minuto
di silenzio.
"D'accordo. Va bene."
"Hai paura?"
"Non sono io quello che se la deve fare."
"Sei agitato."
"Non è vero."
"Ti tremano le mani."
Wilson chinò lo sguardo sulle proprie mani; House aveva
ragione. Tremavano.
"Sto bene. Sono solo preoccupato."
House inaspettatamente intrecciò le dita con quelle di
Wilson, stringendole forte.
"Andrà bene."
Scusate
per l'attesa, ragazzi!
Ecco a voi un
altro capitolo della mia storia.
C'è un
cambiamento che ho apportato: le medicine che House sta assumendo
provocano danni al cuore ed ai polmoni e non al cuore ed ai reni, come
avevo scritto precedentemente.
Un grazie a:
SakiJune: sai
benissimo che adoro le tue recensioni e questa non può che
farmi molto piacere! Fammi sapere che ne pensi.
Kagura92:
sì, lo so, sto andando veloce! Spero che ti piaccia
ugualmente, comunque. Fammi sapere.
lady house: Grazie
per i complimenti *me molto rossa* e spero che anche questo ti piaccia!
H W: grazie mille
di tutto! Attendo tue notizie e commenti!
Un bacione a tutti
|
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Capitolo 13 *** Stress, paranoia e gelosia ***
“Ho paura di
guardare.”
“Devo farmi io la Tac
e tu hai paura? Ma che razza di medico sei?”
“Il tuo migliore
amico.”
“Pessima
giustificazione.”
James alzò gli
occhi al cielo per poi posarli nuovamente su
House.
“Stenditi,
dai.”
“Che intenzioni
hai?”
Greg lo guardò,
fingendosi spaventato.
“Idiota.”
L’altro
ridacchiò.
“Andia…”
Prima che James potesse
finire la frase Greg l’attirò a sé,
afferrandolo per la cravatta e lo mise a tacere con un bacio.
James si staccò
lentamente, curioso ed insieme timoroso di
vedere le analisi.
Aspettò di
vederlo disteso prima di mettersi davanti al
monitor, mordicchiandosi le labbra, ancora piene del suo sapore.
“Raggio di Sole!
Indovina un po’?”
Greg entrò
nell’ufficio della Cuddy, brandendo le analisi.
Si era tolto il camice e
indossava maglietta e pantaloni e
ghignava.
“Cosa?”
La dottoressa
posò immediatamente il telefono e passò lo
sguardo dal volto ghignante di Greg a quello di James che sorrideva,
dietro di
lui.
“I risultati
della Tac…”
Tacque per un istante.
“Sono…”
Altra pausa, mentre
giocherellava con essi.
“House!”lo
rimproverò la Cuddy, ansiosa.
“Ci vuole la
suspense in occasioni come queste, no?”protestò
lui, fingendosi indignato.
“Sta bene. Il
tumore è diminuito ancora ed appena diminuirà
di due centimetri esatti potrà essere
operato.”disse James e la Cuddy
tirò un sospiro di
sollievo.
Greg era offeso.
“Sei un
guastafeste, James Wilson!”
Gli lanciò le
analisi e brandì il bastone contro di lui.
Ma stava ridendo.
Quando i suoi dipendenti
seppero la notizia ebbero reazioni
molto diverse: Cameron gli saltò al collo e per poco non lo
fece cadere lungo
disteso sul pavimento, mentre Foreman e Chase si limitarono a sorridere
ed a
dargli pacche sulle spalle.
I suoi genitori furono
molto più melodrammatici.
Blythe scoppiò
in lacrime, sollevata, e lo coinvolse in un
abbraccio stritola-costole come solo le mamme sanno fare, al quale si
unì anche
John House.
“Piano!
Così mi soffocate! Non sono ancora guarito,
sapete?”
“Ma sei sulla
buona strada.”disse James quando Greg lo
ripeté quella sera, entrando nell’appartamento.
Greg annuì per
poi voltarsi a guardarlo.
“Che
c’è?”chiese James, appendendo le giacche.
Greg scrollò le
spalle e distolse lo sguardo.
“Nulla.”
James, sorpreso, lo
guardò zoppicare in cucina e trafficare
con i fornelli.
“Che
fai?”
S’appoggiò
allo stipite della porta e lo guardò, curioso.
“Cucino! Che ti
sembra che faccia? Balli la conga?”
“Sarei proprio
curioso di vederti. Sto solo cercando di
capire perché mi vuoi avvelenare. Aspetta prima
l’operazione, no? Così non ti
servirò più.”
Greg fece una smorfia.
Lasciò perdere
i fornelli e s’appoggiò allo stipite accanto
a lui, incrociando le braccia sul petto ed inclinando la testa di lato
per
guardarlo negli occhi.
James sentì un
buco allo stomaco nel sentirsi così vicino a
lui e non avrebbe mai immaginato che l’amico stesse provando
la stessa medesima
cosa.
“Ordino una
pizza.”
James interruppe quel
silenzio.
“Grazie.”
“Sto chiamando
solo la pizzeria. Non faccio nulla di che.”
“Infatti non era
per la pizzeria.”
Con il telefono in mano,
James si voltò a guardarlo e capì.
Sorrise.
“Sei cambiato,
sai?”
“Le persone non
cambiano.”
“E’
una delle tue filosofie. Ma il cambiamento fa parte
della vita. E’ inev…”
“E’
già ora di lezione? Non puoi proprio
risparmiarmela?”sbuffò il diagnosta.
Inutile discutere.
“Come
vuoi.”
“Grazie,
mammina.”
“Non chiamarmi
mammina, Greg.”
L’altro
s’avvicinò fino a trovarsi a pochi centimetri dal
suo viso.
“Perché?”
“Perché
se fossi la tua mammina, non potrei fare questo.”
James lo baciò,
posandogli una mano dietro la nuca.
Greg ricambiò
il bacio con passione, passandogli una mano
tra i capelli castani.
In poco tempo si
ritrovarono sul divano del salotto, il
telefono chissà dove, la pizza ormai dimenticata.
James lo strinse a
sé, baciandolo e sfiorandogli il corpo
con la punta delle dita, facendolo rabbrividire ad ogni suoi tocco.
Provavano una bellissima,
ma inspiegabile sensazione, stando
insieme.
Anche un solo sguardo
poteva scatenare un turbinio d’emozioni.
Bastava solo quello, a
volte, uno sguardo incrociato per il
corridoio, a far provare loro quello sfarfallio nello stomaco,
diventato ormai
familiare ad entrambi.
Tutto
questo…non sapevano spiegarlo…o molto
più
semplicemente, non volevano.
Per la prima volta Greg
temeva di definire qualcosa, di dare
una spiegazione logica o meno che fosse.
Temeva sia che fosse, sia
che non fosse, una cosa seria; e
non voleva essere ferito com’era successo con Stacy.
Mai prima d’ora
si era aperto così con qualcuno, almeno
sentimentalmente parlando.
James era riuscito a
penetrare la sua corazza, costruita
abilmente in tanti anni, ed ora Greg si sentiva più
vulnerabile che mai.
S’immobilizzò
sotto di lui e tacque.
“Greg…”
James lo vide turbato e
fece per accarezzargli il volto, ma
Greg gli scostò la mano bruscamente e si
allontanò da lui, sedendosi sul
divano.
“Greg…”
James ci
riprovò, non ottenendo cambiamenti.
“Stai
bene?”
“Sto
riflettendo.”
Il suo tono di voce ora
era freddo, gelido, sprezzante.
“Su
cosa?”
“Sta cambiando
tutto.”
“E ne sei
terrorizzato.”
“Sto
bene!”esclamò, la sua voce era quasi un urlo.
Fece per allontanarsi
ancora, ma James lo bloccò,
afferrandolo per i polsi e lo costrinse a rimanere accanto a lui.
“Ascoltami…”
“Non ne ho
vog…”
“Ascoltami! Non
farò mai NULLA…mai,
che possa mai ferirti. Mai. Ok?”
James era riuscito a
guardargli dentro, capendo cosa lo
turbava.
“Non
sarò un’altra Stacy, chiaro? Qualunque cosa stia
succedendo. Qualsiasi cosa sia…tutto
questo…”
James lo strinse
delicatamente a sé.
“Non potrai mai
essere come lei.”sussurrò Greg.
“Bene.”
“I tailleur ti
starebbero malissimo!”
Inizialmente James aveva
pensato che Tom venisse spesso in
ospedale per fargli visita, per parlare un po’ con lui.
Si erano sentiti di rado
dopo l’università e le loro lauree
e James iniziò a temere che queste ricorrenti visite
avessero un altro scopo.
Uno meno amichevole.
“Tra quanto te
ne vai?”gli chiese un giorno.
“Come sei
crudele! Mi vuoi cacciare di già?”
Tom fece una smorfia.
“No, sono solo
curioso.”
“Non so. Prima
devo concludere quell’affare e fare un paio
di cosette.”
“Tipo
quali?”
“Che
c’è? Preoccupato per me?”
“No. Non mi
piacciono certi tuoi atteggiamenti. Sei
cambiato. Te la fai con tutti, sei un violento.”
Tom scrollò le
spalle.
“Le persone
cambiano.”
“E tu in
peggio.”
Se
n’andò, il cuore stretto da un brutto
presentimento.
Fu un periodo molto
stressante per James.
Oltre a Greg, aveva alcuni
pazienti, la clinica e la
preoccupazione che Tom potesse far del male a Greg.
Non sapeva
perché, ma era certissimo che, se avesse potuto
liberarsi della sua supervisione, Tom avrebbe sicuramente aggredito il
diagnosta.
Fu due giorni dopo la loro
conversazione che vide Tom
parlare con Greg.
Avanzò verso di
loro, come una furia.
“Che cosa sta
succedendo qui?”chiese.
I due si voltarono verso
di lui.
“Nulla di che.
Ho solo invitato il tuo amico a venire ad uno
spettacolo di musica.”
“Ah,
sì? E perché non l’hai chiesto a
me?”
“Forse
perché quella sera hai una cena tra colleghi?”
“Ti avevo detto
di star lontano da lui, Tom.”
Greg lo guardò,
sorpreso.
Era furioso con
Tom. Perché?
“Calmati,
Jimmy!”disse Tom, ghignando.
“Non chiamarmi
Jimmy. Sai benissimo che detesto i tuoi
“nuovi” atteggiamenti e che voglio che tu stia
lontano dal mio migliore amico.”
“E’ un
paese libero e faccio come mi pare.”
“Quindi non ti
spiacerà se ti spacco la faccia, non è vero?
Se è un paese libero…”
Greg alzò il
bastone e lo mise tra loro, separandoli.
“Vi calmate o
no? Almeno fate pagare il biglietto per
vedervi sul ring, no?”
James abbassò
il suo sostegno e guardò truce Tom.
“Va al
diavolo.”
“Non prendo
ordini da te, mio caro Jimmy.”
Accadde tutto in mezzo
secondo.
James spinse Greg a terra,
allontanandolo e s’avventò su
Tom, colpendolo forte allo stomaco.
Tom si piegò in
due, gemendo, ma reagì e gli mollò un
pesante pugno sulla bocca.
“WILSON! E LEI,
COME DIAVOLO SI CHIAMA! SMETTETELA
IMMEDIATAMENTE!”
Era la Cuddy
ed era livida.
Greg, che si era rialzato
aiutato da Foreman, accorso con
gli altri per vedere cosa fosse successo, afferrò James per
un braccio e lo
trascinò lontano da Tom.
“Questo
è un ospedale, non un ring da combattimento!”
Il labbro inferiore di
James sanguinava abbondantemente e
lui si pulì con il dorso della camicia a coste.
“James, da te
non me lo sarei mai aspettato. E lei…”si rivolse
a Tom, che si reggeva ancora lo stomaco. “Se viene di nuovo
qui a creare
scompiglio, la faccio arrestare. Ora esca di qui, se non vuole che
chiami la
sicurezza.”
Tom se
n’andò, lanciando uno sguardo ghignante a James,
prima di varcare l’uscita.
“Qualcuno mi
vuole spiegare cos’è successo?”
La Cuddy
passò lo sguardo da James, che fissava il vuoto, a Greg che
gli stringeva il
braccio.
Non poche paia di occhi
erano puntate su di loro.
“Andiamo nel mio
uf…”
“Non ce
n’è bisogno, Cuddy. Mi sono lasciato prendere la
mano. Non accadrà più.”disse James,
alzando lo sguardo su di lei.
La Cuddy
annuì.
“Dovresti
riposarti, Wilson. Sei stravolto.”
“Sto
benissimo.”sbottò, arrabbiato.
“Come vuoi. Il
mio era solo un consiglio.”
Lanciò loro un
ultimo sguardo, poi se n’andò.
Man a mano anche i
paperotti s’allontanarono e Greg si voltò
verso di lui, trascinandolo nel suo ufficio.
“Ma cosa diamine
ti è saltato in mente?”esclamò.
“Deve stare
lontano da te.”
Greg lo guardò,
stupito.
“Sei
geloso.”constatò, calmo.
“Non
è affatto vero.”
“Certo che
è vero. Sei venuto verso di noi come una furia
e…”
“Non
è per gelosia. E’ assurdo.”
“Ed allora per
cosa?”
“Ti vuole fare
del male.”
“Sei un
paranoico.”sbuffò Greg e sprofondò
nella sua
poltrona.
“Non sono
paranoico. E’ vero.”insisté James.
“E come lo
sai?”
“Ti
vuole.”
“Non sono un
giocattolo, James. E poi so badare a me
stesso.”
“Non che non sai
badare a te stesso.”
“Lo dici
perché sono zoppo?”
Ora Greg si stava
arrabbiando.
“Lo dico
perché stai mal…”
“Basta con
questa storia! Il fatto che abbia il cancro non
ti da il diritto di decidere cosa io debba fare della mia vita. O chi
debba
vedere. O qualsiasi altra cosa.”
“Sono il tuo
migliore amico, House!”
“E con questo?
Odio la vostra apprensione, preoccupazione.
Mi sento soffocare con tutti i vostri sguardi addosso, come se non
vedeste
l’ora di vedermi stramazzare.”
“Non
è affatto vero! Non dire stronzate, House!”
“Smettila, ok?
Non ti ci mettere anche con le tue assurde
paranoie.”
“Non sono
paranoie. Me lo sento, ok?”
“Ti senti cosa?
Che domani il tuo amichetto verrà, mi rapirà
e mi porterà in un bordello?”
“Non scherzare!
Parlo sul serio. Ti fidi sempre del tuo
istinto e quando il mio mi dice qualcosa, non mi credi? Non ti fidi di
me?”
“Non
è il tuo istinto a parlare, Wilson! E’ la tua
irrazionale gelosia, la tua stanchezza, il tuo stress.
Sono settimane che non fai
altro che lavorare tantissimo e
sono tre giorni che ti porti il lavoro a casa e stai davanti alle tue
cartelle
fino a notte fonda.”
“Non vorrai
dirmi che sei preoccupato?”
James rise e lo
ferì, parlando così.
“Non me ne frega
un accidenti, ma non stressare anche
me.”rispose lui, per le rime.
“Bene.”
Fece per andarsene, ma
prima di chiudersi la porta alle
spalle si voltò verso di lui.
“E tanto per la
cronaca, non sono affatto geloso!”
Greg rise.
“Pensala come
vuoi. Ma se non vuoi essere onesto con me, sii
onesto con te stesso.”
Erano ormai le 11 passate
quando Greg entrò nell’ufficio del
suo migliore amico.
Lo vide chino su cartelle
e scartoffie.
“James…”
Al suono della sua voce
sobbalzò.
“Greg! Oddio,
scusa. Dovevamo andare a casa. Che ore sono?”
Aveva il labbro gonfio per
il pugno ricevuto e lo sguardo
esausto.
“Potevo andare
in taxi. Che ci fai ancora qui? Avresti
dovuto seguire il consiglio della Cuddy e riposarti. Per una volta ha
detto una
cosa sensata, quella donna.”
James lo guardò
per un attimo e poi posò lo sguardo
nuovamente sui fogli.
“Un attimo solo
ed and…”
S’interruppe
perché Greg, avvicinatisi, gli strappò i fogli
ed i documenti da sotto gli occhi.
“Greg! Non fare
l’idiota! Devo lavorare.”
“Puoi farlo
domani. Hai bisogno di riposare.”
“No che non
posso farlo domani. Mi hanno affidato altri tre
casi, devo rimettere a posto questi documenti e…”
Chiuse gli occhi.
“Non ce la
faccio.”
E d’un tratto
s’appoggiò a lui, posando la testa contro la
sua spalla.
Greg posò i
documenti sulla scrivania e gli mise un braccio
attorno alle spalle.
Non sapeva che fare in
occasioni come quelle.
“Non volevo
cedere. Sono così…”
“Stanco.”concluse
Greg per lui.
James
s’allontanò da lui e si passò una mano
sugli occhi.
“Andiamo a
casa.”
“Guido
io.”
“No, te lo
scordi.”
“James, sei
esausto. Se guidi tu, rischi un colpo di sonno.
Io sto bene.”
“NO!”
“Non hai
scelta.”
“Ah,
sì?”
“Ho io le tue
chiavi. Te le ho sfilate dalla borsa.”
Battibecchi, baruffe e
minuti dopo, Greg costrinse James a
dormire sul suo letto.
L’oncologo
protestò, ma s’assopì dopo pochissimo.
Greg si sdraiò
piano accanto a lui, attento a non
svegliarlo.
Alla fine era riuscito a
guidare e tutto era andato per il
verso giusto.
James accanto a lui
dormiva alla grossa. Era sul serio
esausto.
Girandosi nel sonno,
s’appoggiò a lui, il viso contro il suo
petto.
Greg fremette a quel
contatto e posò lo sguardo su di lui.
Oggi aveva picchiato Tom
solo perché l’aveva invitato ad uno
spettacolo e gli aveva urlato di stare lontano da lui.
E diceva di non essere
geloso.
Fu quasi tentato di
sussurrargli all’orecchio “E tu non
saresti geloso, eh?”, ma si trattenne.
Era piacevole guardarlo
dormire e pian piano s’assopì anche
lui.
Il mattino dopo James fu
svegliato da dei conati.
Si rizzò a
sedere e corse nel bagno dove vide l’amico che
dava di stomaco.
“Greg!”
Corse verso di lui,
inginocchiandosi sul pavimento e gli
posò una mano sulla spalla, aspettando che finisse.
Il diagnosta si
pulì la bocca con un asciugamano, tremando.
James gli passò
una mano sul braccio.
“E’ il
cancro?”chiese.
“Sei tu
l’oncologo qui. Ma escludo sia per il panino di ieri
sera.”
Si lavò i denti
e fece per dirigersi fuori dal bagno, ma le
ginocchia gli tremarono e crollò.
Fortunatamente James
l’afferrò prima che potesse battere la
testa contro il lavandino e lo sorresse, appoggiandolo sul suo petto.
Era tremante e pallido.
“Ti porto in
ospedale.”
“No, lascia
perdere. Sto bene. Ho solo un po’ di nausea. Se
non ne fossi certo penserei che tu c'entri qualcosa.”
James colse
l’allusione e rise, piano, contro il suo
orecchio. Greg rabbrividì a quel contatto.
L’oncologo
posò lo sguardo sul suo orologio e sobbalzò.
“Greg!”
“Cosa?”
“E’
mezzogiorno!”
Greg posò lo
sguardo sull’orologio ed annuì.
“Vedo che sai
leggere l’orologio. Stellina d’oro per
te.”
“Falla finita.
Dovevo andare a lavoro e lo sai. Perché non
mi hai svegliato?”
“Perché
eri tenero quando dormivi.”lo prese in giro.
Poi aggiunse.
“La Cuddy
ha chiamato un paio di volte ed io ho tentato di svegliarti, ma dormivi
troppo
profondamente. Lei ha deciso di darti un giorno di vacanza.
E’ preoccupata.”
“Dovrebbe
esserlo per te, non per me.”
“Sono geloso,
sì. Ma ha paura che tu abbia un esaurimento
nervoso. Dice che stai lavorando troppo.”
James chiuse gli occhi e
gli passò una mano attorno alla
vita, stringendolo a sé.
Mesi fa non avrebbe mai
osato quel contatto, non avrebbe
avuto neanche il coraggio d’abbracciarlo, ma ora…
“Forse ha
ragione.”ammise.
“Non crollare
anche tu. Non ce la farei a gestirti.”
“Promesso.
Faccio io la parte del più forte, ora.”
Tacque per un istante.
“E’
assurdo.”
“Cosa?”
“Stavo
ripensando a quello che mi hai detto ieri, nel tuo
ufficio.”
“Che sei
paranoico?”
“Che sono
geloso.”
Greg tacque.
“Mi hai detto di
essere onesto con me stesso.”
“Sì.”
“Forse avevi
ragione.”
Greg alzò lo
sguardo, stupito.
“Avevo ed ho
paura per te, che qualcuno ti faccia del
male…So che ti sembrerò paranoico, ma ho una
brutta sensazione. Odiavo il fatto
che ci provasse con te.”
“Parlando come
amico?”
“Ovvio.”
E come avrebbe dovuto
parlare, se non come amico?
Mah!
Greg tremava ancora e
James lo strinse ancora di più.
Erano seduti sul pavimento
del bagno, stretti l’uno
all’altro.
James posò la
fronte sulla sua e sobbalzò.
Scottava.
“Greg…”
“Mmm.”
“Hai la
febbre.”
“Mmm.”
Molto eloquente.
L’alzò
lentamente ed afferrò l’amico portandolo nella
camera
da letto.
Tentò di
posargli un panno freddo sulla fronte, ma lui si
divincolò.
“Lasciami, sto
bene…”
“Non fare il
bambino.”lo rimproverò.
“E’
solo un po’ di febbre…”
James sospirò
e, chino su di lui, riuscì a posargli sulla
fronte il panno.
Greg la smise di agitarsi.
“Non
preoccuparti.”
“Pensa a
riposarti, tu. E non pensare a me.”
“Hai una
faccia…”
“Meglio della
tua.”lo prese in giro e l’amico fece una smorfia.
Greg tese il braccio ed
afferrò il suo, tirandolo verso di
sé.
Colto alla sprovvista
James cadde su di lui.
“Greg!”
“Non urlare. Mi
fa male la testa.”protestò l’altro, ma
non
accennava a lasciarlo andare.
James era a pochi
centimetri dal suo viso ed aveva una
voglia matta di baciarlo.
“Fallo.”
Greg parve leggere la
voglia sul suo volto.
L’oncologo si
chinò su di lui e gli sfiorò le labbra con le
sue, baciandolo dolcemente.
Si stese accanto a lui, lo
sguardo sul soffitto, il braccio
stretto ancora da Greg.
“James?”
“Dimmi.”
“Resta
qui.”
Aveva la voce assonnata.
A quel “resta
qui” James sentì stringersi il cuore.
“Certo che
resto.”
Si chinò su di
lui e l’abbracciò, forte, facendogli posare
la testa sul proprio petto.
“L’avresti
mai detto?”
“Detto
cosa?”
“Che saremmo
arrivati fino a qui? Che saresti riuscito ad
abbracciarmi, senza avere il timore di una mia reazione?”
“Mai. Vedi che
sei cambiato?”
Greg sbuffò.
“Le cose
cambiano. Le persone no.”
James non
replicò ed un minuto dopo Greg si era
addormentato.
Fu tentato di alzarsi e
fare qualcosa, dare un’occhiata alle
cartelle, ma era così confortevole stringere a sé
Greg, sentire il suo calore
ed il respiro che gli solleticava il collo, che non osò
muovere un muscolo.
La Cuddy
e Greg costrinsero James a riposarsi per un altro giorno.
Rimase a casa con Greg, la
cui febbre scese entro la mattina
seguente.
“Mi raccomando,
Greg. Se hai bis…”
“Bisogno di
aiuto, chiamami o usa il cercapersone. Se lo
dimentico, posso usare i segnali di fumo in caso di tentato
rapimento?”
Erano tornati quel giorno
all’ospedale e James non faceva
altro che fare raccomandazioni all’amico.
“Son…”
“Preoccupato.”
“Smettil…”
“Di finire le
frasi? Non essere così prevedibile. Anche se
devo ammettere che mi hai sorpreso quando le hai suonate a Tom. Bel
pugno.”
“Grazie.”
“Jimmy,
rilassati, ok? Vai a consolare i tuoi pazienti
moribondi, prenditi un caffè e smettila di essere
paranoico!”
“Non…”
Iniziò James,
ma decise di lasciar perdere.
“Ci
vediamo.”
Gli batté una
mano sulla spalla e sorrise prima di avviarsi
verso l’ambulatorio, lasciandolo nel corridoio.
ciao a tutti!
grazie a:
H W: grazie per i
complimenti. E credimi, odierai Tom sempre di più. Jimmy e
Tom non sono MAI stati insieme e si sono sentiti qualche volta dopo le
loro lauree.
SakiJune: "mi stavi
facendo di nuovo piangere"...spero che non sia per la disperazione
XD!!!! Comunque grazie di tutto!!!
Dimmi che ne pensi!!!
lady house: grazie!!!
Anna Mellory: nessuno lo
sopporta Tom...allora ho fatto bene la sua descrizione!!!
Tra un pò
l'odierete sul serio, comunque.
Commentate!!!!
Baciotti!!!
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Capitolo 14 *** Viaggi, presentimenti, dolore e conforto ***
Passò una settimana
dal litigio di James e Tom e lui non si
fece più vedere all’ospedale.
Anche se non lo vedeva in giro
James continuava ad avere
quell’orribile presentimento.
Come un acido che lo corrodeva
dall’interno.
Aveva smesso di confidare a
Greg i suoi timori; già lo
chiamava paranoico…era meglio evitare di parlargli di
ciò.
E proprio 3 giorni dopo la
litigata, la
Cuddy gli aveva comunicato
una notizia.
“Una conferenza? A
Los Angeles?”
“Sì. Hanno
chiesto la tua presenza, Wilson.”
“Scordatelo.”
“Perché?”
“Sono quattro giorni!
E’ troppo tempo!”
“Pensi ad House,
vero?”
“Cuddy, no. Non me la
sento, ok?”
“Starà
bene, d’accordo? E’ in un ospedale, non gli
accadrà
nulla di male. Lo posso accompagnare io a casa, se ti fa sentire
più
tranquillo.”
“Devi andare. Non
puoi deludere tutti i tuoi colleghi e
malati terminali!”
Questo era Greg.
“No, non me la
sento.”
James sprofondò
nella sedia di fronte alla scrivania
dell’amico, chiudendo gli occhi.
“No.”ribadì.
“Invece ci vai. Non
potrai proteggermi per sempre. Sono
grande. Anzi, ho 9 anni più di te, per la precisione,
sai?”
James annuì.
“Ma non vado lo
stesso. Greg, non posso lasciarti andare
proprio ora. Non me la sen…”
“Vai!”
Greg
s’avvicinò, posando le mani sui braccioli della
sedia,
intrappolando James che vi era seduto.
“Non riuscirai a
con…”
Troppo tardi.
Greg aveva posato le labbra
sulle sue, zittendolo.
“Ci vai. Punto e
basta.”
James annuì.
Era inutile combattere con lui.
Specialmente se lo baciava
così!
Meno male che le tapparelle
bianche erano abbassate e
nessuno li poteva vedere!
Greg
l’afferrò per i fianchi e lo tirò
giù sul pavimento.
Ridendo James lo strinse al
petto, posandogli un bacio
leggero sulle labbra.
“Promettimi che
andrai.”
“Perché
insisti tanto?”
“Perché se
non sei capace di stare lontano da me per 4
giorni, come farai se dov…”
James gli tappò la
bocca con una mano. Sapeva cosa stava per
dire.
“Stai
zitto!”
S’alzò
lentamente e Greg, seduto sulla moquette, lo guardò,
stupito.
“James, non fare il
bambino!”
“Non voglio pensarci,
ok?”
“Invece
devi!”
Si alzò anche lui e
lo fronteggiò, reggendosi alla scrivania
ed al bastone.
“Perché?
Non posso pensarci dopo? Se sarà il
momen…”
“No. Non puoi vivere
nell’illusione che io ci sarò sempre,
che tu riuscirai a salvarmi la vita.”
“Stai
guarendo.”
“Voglio solo che
accetti la situazione. Non sfuggirla,
almeno.”
James chiuse gli occhi.
“D’accordo.
Ci proverò.”
Quando riaprì gli
occhi, Greg poté giurare di averli visti
lucidi.
Ma forse era solo una sua
impressione perché quando parlò,
li vide asciutti.
Non l’aveva mai visto
cedere, mai mollare, mai piangere, in
sua presenza.
E sapeva che se faceva
così, era solo per lui. Non voleva
peggiorare la situazione.
“Andrò
alla conferenza.”
“Bene. Tra quanti
giorni è?”
“Domani sera avrei il
volo.”
“Hai il
volo.”specificò.
James annuì.
“Ci vediamo,
James.”
La Cuddy
l’abbracciò brevemente e sorrise.
“Porta il vanto del
nostro dipartimento di oncologia, mi
raccomando.”
Foreman gli batté
una mano sulla spalla e Chase e Cameron
sorrisero.
Si guardò intorno.
Dov’era Greg?
Stava già entrando
in ansia, quando lo vide zoppicare lungo
il corridoio verso di loro.
“Perché
non sono stato invitato a questo comitato
d’addio?”chiese, fingendosi offeso.
“Ciao,
Greg.”
James sorrise.
“Volevo farti un
cartellone con su scritto “James Wilson,
oncologo delle meraviglie.” Ma non sono riuscito a trovare i
pennarelli.”
“Ultimo cassetto in
cucina, dove metti tutte le
cianfrusaglie.”
“Troppo tardi,
ormai.”
“In caso ti
servissero.”
“Per un cartellone di
“Bentornato!”?”
James rise.
Guardò
l’orologio.
Le sette e mezza. Il suo volo
era alle otto meno dieci.
“Meglio andare. Mi
raccomando, Greg. Sta attento.”
Gli lanciò uno
sguardo così timoroso e supplichevole che
Greg non ebbe il cuore di rispondergli per le rime.
Forse si stava sul serio
addolcendo?
Mah!
Sciocchezze!
“Sì, ok.
Non accetterò caramelle da sconosciuti, mi laverò
i
denti, prenderò le mie pillole e ti chiamerò
sette volte al giorno.”
“Sette no.”
“Dieci.”
“Una
basterà.”
“Tanto avresti pagato
t…”
Prima che potesse finire la
frase, James l’abbracciò di colpo.
Colto alla sprovvista e
stupefatto, per un attimo non seppe
che fare, davanti a tutti.
Solitamente non
s’abbracciavano in pubblico, non accadeva
mai.
Fino ad allora.
James lo strinse forte al petto
e Greg gli batté una mano
sulla spalla.
“Andrà
bene, su! Non parti mica per l’Himalaya!”
“Lo so,
ma…”
Greg si decise a rispondere
all’abbraccio, forte.
“Stai diventando come
mia madre.”gli confessò.
James si staccò da
lui, ridendo.
“Ci
vediamo.”disse, prima di andarsene velocemente.
Forse per non essere tentato
dalla voglia di rimanere lì.
“Ci
vediamo.”fece Greg piano, sentendo ancora addosso il suo
odore.
James arrivò a Los
Angeles dopo un’ora solo di volo e rimase
sbalordito nel vedere l’albergo dove si teneva la conferenza.
Immenso, sfarzoso, camerieri
ovunque e donne dai ricchi
gioielli ed un casin…
“Driin!
Driin!”
Sobbalzò al suono
del cellulare.
“Ciao,
House.”disse, sapendo benissimo che era lui.
“Com’è
albergo?”
“Come sai che sono
già arrivato? Mi fai spiare per caso?”
“Chiamalo intuito.
Allora?”
“Bello. Ricco.
C’è pure un casinò.”
“Va e
gioca.”
“Sono appena
arrivato, dammi almeno il tempo di cambiarmi e
posare la roba in camera, no? E poi che vuoi fare? Dilapidare il mio
patrimonio, facendomi giocare?”
“Ti consiglio io.
Basta che mi dici come si comportano gli
avversari.”
“Perché da
quello sai vedere che hanno in mano?”
“Sì.”
“Devi insegnarmi
come.”
La sua risata gli
rimbombò dentro.
“Un giorno o
l’altro.”
Giocarono un po’
insieme, anche se a miglia di distanza.
I consigli dell’amico
funzionarono e vinse.
“Vedi? Sono il tuo
portafortuna!”
Portafortuna….
Quanto era vero!
“Meglio che tu dorma,
Greg.”
“E’
mezzanotte! E’ presto, la notte è
giovane!”
“E che vuoi fare?
Chiamare una prostituta?”
Quasi quasi, anche se non
sapeva spiegarselo bene, preferiva
dicesse di no.
“No, oggi no. Notte,
Jimmy.”
“Notte,
Greg.”
Clic
“Notte.”sussurrò,
il telefono ancora in mano.
La conferenza non verteva solo
sull’oncologia. Per tutta la
giornata seguente James fu costretto ad assistere a interventi sulla
chirurgia,
psichiatria, radiologia, pediatria…
Quando fu il turno di un
diagnosta, il cuore di James fece
un balzo che non seppe spiegarsi bene.
Molto probabilmente anche House
era stato invitato, essendo
un genio in quel campo, ma la Cuddy aveva preferito
che rimanesse lì in ospedale.
E lui era perfettamente
d’accordo, con questa scelta. Troppo
stress.
Ma riusciva ad immaginarselo
sul palco, lui ed il suo
inseparabile bastone, la maglietta sotto la camicia ed i jeans, che
rispondeva
alle domande con sarcasmo e prendeva in giro chi non afferrava al volo
(ovvero
tutti tranne lui, che era il migliore).
Riusciva quasi a vederselo
accanto, lui ed il suo Nintendo,
che giocava mentre gli altri facevano i loro interventi.
Sarebbe stato bello averlo sul
serio con lui.
Un’altra volta,
magari. Sperando che ci fosse.
“E’
occupato?”
James sobbalzò,
immerso com’era nei suoi pensieri, ed alzò
lo sguardo.
A parlare era stata una bella
donna dai capelli rossi e gli
occhi scuri ed indicava il posto accanto a lui.
Scosse la testa e le fece segno
di sedersi con lui.
“S’accomodi.”
“Sono Vivian Dubois,
una pediatra del Meredith Hospital.”
Tese la mano.
“James
Wilson, oncologo del
Princeton
Plainsboro Teaching Hospital.”
Sorrise.
“E’
l’ospedale del Dr House? Lo conosco di fama.
Perché non
è potuto venire?”
Altro balzo al cuore.
“N-non ha potuto
lasciare il lavoro.”
Meglio non dire che era malato.
Non credeva che il suo amico
amasse questo tipo di pubblicità.
Fu piacevole chiacchierare con
Vivian. Era allegra e
spigliata. Anche lei avrebbe parlato tra due giorni , come lui.
“Stasera
viene?”
“Dove?”
“C’è
una cena con tutti gli ospiti. Nel ristorante qui
vicino. Potrebbe farmi da cavaliere, dato che anche lei non ha una
compagna, al
momento.”
“Perché
no?”
Sarebbe stato crudele
rifiutare. Aveva un volto così
speranzoso.
Anche se avrebbe preferito
rimanere a telefono con il suo
migliore amico piuttosto che andare ad una noiosa cena.
“Divertiti con
Priscilla.”fece House quando glielo disse.
“Vivian. E poi
è solo una cena con tutti gli altri dottori
del convegno. Nulla d’importante.”
“Sicuro che non ci
stia provando con te?”
“Non credo. Ha
chiesto di te. Perché non eri venuto.”
“Non gli avrai detto
la verità?”
“So che non ami
questo tipo di pubblicità. Ho detto che
avevi del lavoro da fare che non potevi lasciare.”
“Divertiti con
Vivian.”ripeté, correggendo il nome.
Aveva una voce strana.
“Tutto bene,
Greg?”
“Sì,
perché?”
“No, mi era
sembrato…Hai una strana voce.”
“Sono stanco. Ho
lavorato oggi.”
“House…”
Il suo tono era da rimprovero.
“Che avrei dovuto
fare? Il mio passatempo preferito passa il
tempo con gli altri suoi amichetti! Dovevo pur far qualcosa,
no?”
Passatempo preferito.
L’aveva chiamato
così.
Pensava che quello che
c’era tra loro fosse solo un
passatempo?
A dir la verità, non
sapeva neanche lui come definirlo.
“Mi hanno invitato.
Non potevo rifiutare.”
“Non conosci la
parola “no”?”
“Non capisco
perché tu sia così irritato.”
“Non sono
irritato!”
“La tua voce dice il
contrario.”
“Allora non avrai
sentito bene.”
James chiuse gli occhi.
“Senti, non ho voglia
di litigare.”
“Come ti
pare.”
“Greg, per favore! Mi
hai convinto tu a partire. Ora non
prendertela con me se senti la mia mancanza.”
“Io non sento la tua
mancanza. Senza di te mi sento più
libero. Posso fare quello che mi pare, bere, mangiare ciò
che voglio e vedere
chi mi piace.”
“Buon per
te.”
Tacquero per un istante.
Poi suonò il
campanello.
Era Vivian che era venuta, con
altri dottori per andare
insieme al ristorante.
“Invece a me tu
manchi.”ammise.
E chiuse la conversazione,
senza dargli neanche il tempo di
replicare.
Irritato per la conversazione,
urtato dal suo comportamento
e sentendo la sua mancanza più che mai, James
tentò di tutto per non pensare a
lui.
Fu il chiacchiericcio degli
altri, al quale s’univa, che lo
aiutò molto.
E fu il molto vino ed alcool
che lo aiutarono tantissimo.
Di ciò che successe
quella notte aveva solo idee molto
confuse.
Ricordava solo che Vivian, che
non lo mollava un attimo, era
entrata nella sua stanza d’albergo.
S’era svegliato ore
dopo con un mal di testa atroce, vedendola
nuda accanto a lui.
S’era addormentato e
risvegliato solo per salutarla quando,
verso le 4 di notte lei era tornata nella sua stanza.
“E’ stato
bello.”disse solo prima d’andarsene, lasciandolo
con un groppo alla gola e con il famoso mal di testa.
Chiuse e riaprì gli
occhi un paio di volte, tentando di
chiarirsi le idee.
Si bagnò il viso con
l’acqua gelida e vomitò, sentendo
ancora in bocca il sapore del molto alcool bevuto.
Aveva fatto sesso con Vivian.
Ed era questa la cosa,
più del fatto che si era ubriacato,
che lo sconvolgeva.
Vide il telefono posato sul
comodino ed automaticamente
digitò un numero.
Quello di casa di House.
L’amico rispose al
quarto squillo.
“Avanti.”disse,
anziché “Pronto”, con una voce impastata
dal
sonno.
Fu quella defiance che lo fece
ridere.
“Greg, sono
James.”
Un attimo di silenzio.
“James, brutto figlio
di puttana! Ma ti rendi conto di che
ore sono?”
Era arrabbiato e molto
assonnato.
James alzò lo
sguardo verso l’orologio.
Quasi le cinque del mattino.
“Scusa, ma avevo
bisogno di parlarti.”
“E le tue crisi non
potevi programmarle di giorno?”
“No, mi
spiace.”
Lo sentì sospirare e
ringraziò il cielo che non gli stava
sbattendo il telefono in faccia.
“Prendo qualcosa per
risvegliarmi.”
“Niente
alcool.”
Sentì qualcosa che
si versava in un bicchiere.
“Greg…”
“Non è
alcool. E comunque non hai modo di controllarmi.”
“E’
acqua.”disse, sentendolo tacere.
“Ok.”
Greg si passò una
mano davanti agli occhi e si sedette per
terra in cucina.
“Che hai?”
“Sono andato a letto
con una.”
“Vivian?”
“Sì.”
“Sapevo che ci
provava con te. Hai ceduto, eh?”
“Mi sono ubriacato ed
ho un mal di testa pazzesco.”
Chiuse gli occhi forte e vide
piccole lucine danzargli
dinanzi le pupille.
“James, siamo a
chilometri di distanza, come diavolo faccio
a darti una mano?”
“Sei un genio.
Provaci.”
Lo sentì sospirare.
“Hai il servizio in
camera?”
“Che
c’entra ora? Comunque, sì.”
“Chiama di sotto e
fatti portare miele e pane tostato.”
“Vuoi che faccia
colazione ora?”
“Il miele sul pane tostato, che
alcuni utilizzano, può funzionare perché il miele
è ricco di fruttosio che accelera
il metabolismo dell'alcool.”
“Ok.
Aspettami.”
“E
dove vuoi che vada?”
James
si allontanò dal telefono
per un minuto, giusto il tempo per chiamare, con il telefono della
stanza, la
reception e fare come gli aveva detto House.
Due
minuti dopo stava
sbocconcellando il pane, gli occhi chiusi.
Riprese
il telefono.
“Ci
sei?”
“Più
o meno. Ho ancora sonno, per
la cronaca.”
“Quante
volte ti devo chiedere
scusa?”
“Altre
mille. E non chiamarmi mai
più alle 5 di mattina. Prova verso le 11. Di sicuro
starò sveglio.”
“Ok.”
“Mi
hai chiamato perché ti
trovassi un rimedio casalingo contro la sbornia?”
“Ti
ho chiamato perché sono andato
a letto con Vivian.”
“Hai
fatto cilecca!”
“No,
mi ha detto che è stato
bello.”
“Allora
hai trionfato stanotte.
Sarà la tua prossima signora Wilson?”
“Non
avrei dovuto farlo.”
Teneva
gli occhi chiusi, mentre
masticava lentamente.
“Ci
rinuncio. Non ti seguo e non
voglio applicarmi a farlo. O mi dici cos’hai o chiami dopo.
Tra 5-6 ore.”
“Ero
arrabbiato con te. Irritato
per la nostra litigata. Non riuscivo a capire perché fossi
così…non
so…seccato…Ho provato a non pensarci e tira e
molla è finita con una sbornia ed
una notte di passione.”
“Povero
Jimmy. So che sei un bravo
ragazzo, ma non hai mai fatto cose del genere?”
“Non
è questo il punto!”
“E
dimmi qual è allora!”
“Quando
mi sono reso conto di ciò
che era successo, mi sono sentito male. Ho vomitato e non solo per la
sbornia.
La
verità è che avrei voluto che
ci fossi tu al suo posto.”ammise.
Tacquero.
“Il
fatto che andiamo a letto
insieme non significa che tu non possa avere nessun altro. Non stiamo
insieme.
È
solo…solo…qualcosa.”sussurrò
Greg.
“Ed
allora perché mi sento in
colpa? Perché mi sento come se
ti…t’avessi…tradito in un certo qual
modo?”
La
verità. La dannata verità.
“Non
lo so.”
Niente
prese in giro o battute
sarcastiche.
James
sospirò, gli occhi ancora
chiusi.
“Eri
geloso, vero?”chiese, poi.
“Quando?”
“Quando
ti ho parlato di Vivian e
della cena. Eri urtato e seccato.”
“Non
ero geloso. Tu sì di Tom.”
“Ammettilo.”
“No.”
“Non
me lo diresti, vero?”
“Indovinato.
Sono così. Prendere o
lasciare.”
James
taceva e Greg non sapeva che
dire.
Era
rimasto spiazzato da quella
confessione.
E
fu costretto ad ammettere che
forse, FORSE, un pizzico di gelosia lo aveva provato.
E
che aveva sentito qualcosa
stringergli lo stomaco quando James gli aveva detto “Sono
andato a letto
con una”.
“Lascia perdere, ok?
Mettici una pietra sopra. E blocca
questa situazione, se non vuoi arrivare ad un altro matrimonio ed al
tuo quarto
divorzio.”
“Ok…”
James si stese sul letto,
premendo il telefono all’orecchio.
Non sapeva spiegarsi il
perché, ma sentire Greg respirare
contro la cornetta era come averlo un po’ accanto.
“Stai con
me.”
“Difficile, dato che
io sono nel New Jersey e tu a Los
Angeles.”
“Intendevo con il
telefono.”
“Come vuoi. Ti stai
comportando stranamente, sai?”
“Mmm.”
“Vuoi addormentarti
con me al telefono?”
“Fallo anche
tu.”
“Tanto la paghi tu
questa telefonata.”
“Ok…”
Greg alzò gli occhi
a cielo e si distese nuovamente sul
proprio letto, con il telefono in mano.
Rimasero così per
tutto il resto della notte, finchè verso
le 10 James decise di chiudere la conversazione, seguito da Greg.
Il giorno dopo, o meglio
qualche ora dopo, James e Vivian
difficilmente si rivolsero la parola.
C’era un
po’ d’imbarazzo e James preferì rimanere
in camera
a ripetere il proprio discorso, in attesa di dirlo domani pomeriggio,
alle 7.
La giornata passò
monotonamente e quella sera chiamò Greg.
“Come vanno le cose
al PPTH?”domandò.
“Nulla di che. A
parte che Foreman sta uscendo con una tipa
di chirurgia, abbiamo beccato Chase e Cameron che lo facevano nel bagno
degli
uomini e la
Cuddy
ha minacciato di licenziarmi.”
“Nel bagno degli
uomini?”
“Probabilmente era il
luogo più vicino. O boh…scelta loro.”
“Perché ti
voleva licenziare?”
“Volevo segare in due
un paziente per vedere cos’aveva.”
“Quindi tutto
normale. Chi è la tipa?”
“Non so se la
conosci, ma ti posso dire che ha un bel
fondoschiena. Anche se non riuscirà mai a battere quello
della Cuddy.”
James rise.
Greg riusciva a risollevarlo
sempre, anche quando era molto
nervoso come in quel momento.
“Domani hai il tuo
intervento?”
“Aha. Augurami buona
fortuna.”
“Superstizioso? Pensi
che se non lo faccia farai fiasco?”
“Perché
chiedi sempre il perché di tutto?”
“Perché mi
chiedi il perché del perché chiedo sempre il
perché di tutto?”
James rise di nuovo.
“Buona
fortuna.”disse, però.
La mattina dopo James si
svegliò con lo stomaco in
subbuglio.
Non era il nervosismo,
perché si sentiva tranquillissimo.
Era qualcos’altro. Il
brutto presentimento che aveva sentito
nei giorni precedenti che ora sembrava ingigantito.
Afferrò il telefono
e chiamò Greg.
“Se hai
un’altra delle tue crisi di coscienza,
riattacca.”rispose lui, leggendo il numero sul display.
“Stai
attento.”
“Perché?”
Poi capì.
“Ti avevo detto di
smetterla.”
“Ed io di fidarti del
mio istinto.”
“Sarò in
ospedale, ok? Rilassati.”
“Ci
sentiamo.”
“Ciao,
Jimmy.”
Quella giornata al Princeton
sembrava non finire mai.
House vagò e
vagò per i corridoi senza una meta precisa,
senza avere nulla da fare.
Aveva aiutato i paperotti a
risolvere un caso, rifiutato
l’ambulatorio come di consueto…
Ed ora?
La verità era che
quei 4 giorni sembravano non finire mai.
“Invece
a me tu
manchi.”aveva detto James e lui aveva provato una
stretta al cuore.
Anche se non
l’avrebbe mai ammesso come aveva fatto lui,
sentiva la sua mancanza e molto.
Era una noia stare in ospedale
senza di lui.
Fortuna che mancava un solo
giorno al suo ritorno.
James sbocconcellò
un po’ di pane, senza avere neanche fame.
Aveva la nausea e si sentiva malissimo, ma non era per
l’intervento.
Più
d’un’ora prima delle 7 sentì nuovamente
quella
sensazione, quell’acido che gli corrodeva dentro.
I suoi pensieri andarono
immediatamente ad House.
Non era paranoia. Greg era in
pericolo e lui lo sapeva.
Vivian gli
s’avvicinò, vedendolo pallidissimo.
“James,
cos’hai? Sei stravolto!”
“D-devo
andare.”
“Cosa? Ma tra
un’ora tocca a te. Non puoi andare.”
James chiuse e
riaprì gli occhi.
“Mi dispiace. Ma
è un’emergenza.”
“Aspetta!”
Ma James aveva già
varcato la soglia della sala e prendeva
un taxi per l’aeroporto, portando con sé solo
portafoglio, cercapersone e
cellulare.
Erano quasi le sette quando
Greg sentì il suo cercapersone
squillare.
Sorpreso ed irritato che
qualcuno lo stesse chiamando mentre
vedeva “General Hospital”, rimase ancora
più stupito quando vide che si stava
chiamando da solo, che qualcuno aveva il suo numero di cercapersone.
Era un messaggio e diceva
“mensa”.
Curioso ed interessato, spense la TV
portatile e si diresse verso
la sala mensa.
Era deserta, i tavoli erano
vuoti, le sedie in ordine.
Si diresse al centro della
sala, guardandosi intorno.
SBAM
Sobbalzò quando
qualcuno alle sue spalle chiuse con violenza
la porta.
Si girò di botto.
Era Tom.
Era lui che l’aveva
attirato qui. Di colpo si sentì in
trappola, isolato.
Arretrò.
Se solo avesse dato ascolto a
James…
“Benvenuto, Greg
House.”
“Tom. Cosa ci fai
qui? Sai benissimo che la Cuddy ti farebbe
arrestare
se ti trovasse qui.”
Lo vide avanzare ed
arretrò istintivamente.
“Oh, non lo
scoprirà. Stanne certo. Volevo solo fare quattro
chiacchiere.”
“Potevi invitarmi per
un caffè.”
“Ho pensato che
questo posto sarebbe stato più indicato. Per
quello che avevo in mente.”
Tacque per un istante.
“Sai, ne avevo
parlato con il tuo amico, ma lui non era
stato tanto d’accordo con la mia idea.
Ti avrà detto che
sono interessato a te.”
""Interessato"...che vocabolo
strano per dire
che Tom voleva andare a letto con me."pensò Greg.
"Sì, ma io non vado con il primo che capita. Spiacente. Ma
ci sono posti
che potrei consi..."
Ma tacque, vedendolo avvicinarsi.
"Io voglio te, Gregory House."
"Beh...non sono un tuo giocattolo, Tom."
Arretrò nuovamente sbattendo contro un tavolo.
Lo teneva d’occhio.
Tentò di
allontanarsi, ma non ne ebbe il tempo perché Tom
gli fu addosso, afferrandolo per un braccio.
"Cosa diavolo vuoi?"chiese il
diagnosta, tentando
di liberarsi dalla sua ferrea stretta.
"Sono abituato ad ottenere sempre quello che voglio. Ed in questo ti
assomiglio, sai? E quello che voglio ora è.."
"Fottermi? Va al diavolo!"
Greg mosse il bastone così velocemente che Tom non se ne
accorse almeno finchè
Greg non lo colpì al braccio, costringendolo a mollare la
presa.
"Va al diavolo, Tom. E stammi lontano."
Greg teneva stretto il bastone, preparandosi ad usarlo.
Non lo temeva o forse sperava che stesse scherzando.
Tom ridacchiò.
"Cosa vuoi fare con quel bastone? Sei zoppo e malato e pensi di potermi
battere in uno scontro?"
Ghignò.
L'afferrò per l'altro braccio, parando il colpo del bastone
e lo sbatté a
terra, al di là del tavolo, strappandogli di mano, e non con
poca fatica, il
sostegno.
Greg cadde a terra, battendo la
testa contro una sedia.
Si sentì rintronare
e la nausea l’assalì.
Serrò gli occhi,
lacrimando dal dolore per la botta presa.
Era inerme e giaceva sul
pavimento.
Lo sentì avvicinarsi.
Fece per allontanarsi, ma Tom
s’inginocchiò accanto a lui e
gli bloccò i polsi.
“Lasciami!”
Lui
l’ignorò.
"Sai una cosa? Ho osservato te
e James in questi giorni
che sono venuto a trovarlo. Credo che, anzi...sono sicuro, che tra voi
ci sia
qualcosa."
Greg non rispose, ma si divincolò, tentando di liberarsi
dalla sua stretta.
"Non rispondi? Beh, chi tace acconsente."
Greg si divincolò, provando a tirargli un calcio, ma Tom in
un attimo gli fu
addosso, a cavalcioni, bloccandolo al pavimento con il suo peso.
“Levami le mani di dosso o mi metto ad urlare!”
“Sei troppo
orgoglioso per chiedere aiuto.”
“Aa…”iniziò,
ma Tom si chinò velocemente su di lui, posando
con prepotenza le labbra sulle sue.
Greg tentò di
allontanarsi, ma lui lo teneva bloccato contro
il freddo pavimento e provò a schiudergli le labbra per far
entrare la lingua,
ma il diagnosta le serrò, forte e lo morse a sangue.
Tom
s’allontanò, succhiandosi il labbro sanguinante.
“Puoi divincolarti
quanto vuoi. Ma sei in mio potere ora.”
Greg gli sputò in
faccia e lo guardò con odio.
“Io non sono in
potere di nessuno, né tantomeno in tuo.”
Tom si asciugò
velocemente il viso e poi tornò a bloccargli
i polsi.
"Hai un bel caratterino, eh? Così mi piaci."
Greg gemette quando lui spostò il peso sulla gamba malandata.
"Gemi di già? Ma se non ho fatto nulla!"
Tom rise, mentre Greg lo guardava con odio.
"Levati di dosso, pezzo di..."
Ma Tom colse nuovamente l’occasione al volo e lo
baciò, riuscendo stavolta ad
infilargli la lingua in bocca.
Nauseato e disgustato il
diagnosta tentò di morderlo di
nuovo, ma conscio della prima volta, Tom l’evitò.
Gli stringeva così
forte i polsi da fargli male e
pesantemente premeva il corpo sul suo.
Quando si staccò da
lui, Greg voleva vomitare, il cuore che
batteva a mille.
Stava malissimo: il dolore per
la botta presa alla testa si
combinava con quello del resto del suo corpo.
Tom ghignava.
"Lasciami andare!"
"Scordatelo!"
Lo guardò, dominandolo.
Si mosse su di lui, spingendo il pene contro quello di Greg.
Tom lo guardava, aspettandosi che l'altro gemesse o urlasse, ma Greg
non gli
diede soddisfazione.
"Ritornando all'argomento precedente...tu e James come passate il
tempo?
Come lo fai godere? Ti muovi così, figlio di puttana? Te lo
sbatti sul
pavimento?"
James.
Il pensiero di Greg
andò a lui. Voleva che fosse lì, avrebbe
voluto che non fosse mai andato a quella conferenza, anche se era stato
proprio
lui a convincerlo.
Aveva bisogno di lui e solo
ora, in quel preciso istante, se
ne rendeva conto completamente.
Non poteva immaginare che James
era arrivato da Los Angeles,
prendendo il primo volo per il New Jersey e che era arrivato in taxi
all’ospedale e lo stava cercando. Né che si era
fatto dire dalle infermiere
dove si era diretto.
Non poteva sapere nulla.
House sputò di nuovo
in faccia a Tom e stavolta lui
s'infuriò.
Con una mano sola gli bloccò i polsi e con l'altra
iniziò a sbottonargli i
pantaloni.
"Vediamo se ci riproverai dopo che ti avrò
sbattuto. Ho tutto il
tempo per insegnarti le buone maniere. Devi rispettarmi!"
"Te? E perchè dovrei? Perchè sei solo un'idiota
sessualmente frustrato?"ribattè
Greg, divincolandosi, mentre la mano dell'altro faceva scendere la
cerniera.
Non voleva farlo assolutamente, ma era del tutto impotente, impedito
dal peso
del corpo di lui sul suo.
Sentiva la mano di lui che trafficava con i suoi pantaloni ed era
disgustato al
solo pensiero che potesse fare sul serio quello che minacciava.
Tom infilò una mano nei jeans e lo sfiorò con le
dita.
“Urla. Chiedimi pietà. Supplicami di non
farlo.”
“Che senso avrebbe?
Faresti lo stesso quello che hai in
mente.”
Gemette, digrignando i denti.
“Voglio vederti
supplicare.”
“Mai! Mai davanti ad
uno come te!”
Lo baciò con forza
di nuovo e Greg serrò gli occhi per non
vederlo soddisfatto.
Mentre con una mano gli
bloccava i polsi, l’altra scendeva
su e giù per le sue gambe, e toccava ripetutamente il suo
pene.
“Grida il suo nome.
Grida il nome di James. Non era lui che
avrebbe dovuto proteggerti per sempre?
Ora dov’è?
A Los Angeles a scoparsi qualche bella
pollastra!”
Successe tutto molto
velocemente.
House sentì qualcuno
aprire la porta a spallate, ma Tom non
se n’accorse, impegnato com’era a tentare di
violentarlo.
Se n’accorse quando
ormai era in trappola.
Greg vide una cosa volare e un
secondo dopo Tom s’allontanò
da lui, colpito al volto da qualcosa.
Solo in seguito
d’accorse che era un vassoio della mensa.
“LASCIALO
ANDARE!”
Era una voce che conosceva
benissimo perché era quella che
aveva desiderato sentire in quel momento, più di ogni altra
cosa.
Si mise su un fianco,
semi-disteso sul pavimento, gli occhi
chiusi.
Non voleva aprirli. Non ci
riusciva.
Sentì qualcuno
urlare, Tom, dei suoni come dei colpi, come
dei pugni, e la voce di James.
Sentì qualcuno
avvicinarglisi. Sentiva il rumore dei suoi
passi. Delle sue scarpe con il tacco alto.
Era la Cuddy.
Aprì gli occhi per
conferma.
Il suo volto preoccupatissimo
fu la prima cosa che vide. La
bella dottoressa si chinò su di lui, velocemente.
Greg voltò lo
sguardo e vide James poco distante da lui che
stava picchiando Tom.
No, non lo stava picchiando. Lo
stava massacrando.
Lo guardò, stupito
mentre lo colpiva ripetutamente in tutte
le parti del corpo che riusciva a raggiungere.
“Wilson! Smettila!
Così l’ammazzi!”
Era la voce di Foreman.
House sentì altri
passi, altre voci, di Cameron, di Chase.
Erano venuti a cercarlo.
“E’ quello
che voglio fare!”esclamò James.
Il volto di Tom era una
maschera di sangue, quando Foreman e
Chase riuscirono ad allontanare Wilson da lui.
L'oncologo si liberò dalle loro prese con uno strattone e si
allontanò da Tom,
furibondo e disgustato.
Solo allora Greg si ricordò che aveva la cerniera sbottonata
e s’affrettò a
richiuderla.
Tremava forte e non riusciva a
controllarsi. La testa gli
rimbombava e sentiva dolore ovunque, mentre la nausea
l’attanagliava.
Serrò gli occhi di
nuovo.
“Greg…”
James allontanò la Cuddy
e crollò sul pavimento in ginocchio accanto a lui.
Sentì una fitta
acuta al petto nel vederlo in quelle
condizioni.
Greg aprì gli occhi e lo vide a pochi centimetri da lui.
"Jimmy..."
Sentiva un istinto di protezione che ora si era acuito più
che mai.
Avrebbe ucciso per lui. Lo sapeva con certezza. Avrebbe ammazzato Tom
se Chase
e Foreman non gliel’avessero impedito.
E di colpo, ignorando gli altri
presenti, si chinò su di lui
e lo strinse precipitosamente a sé, avvolgendolo con le
proprie braccia ed
abbracciandolo fortissimo.
Affondò il viso nel
suo collo e gli accarezzò i capelli con
le dita, tentando di calmarlo.
“Avevi ragione tu. Su
tutto.”sussurrò Greg, con un filo di
voce.
“Avrei preferito
mille volte avere torto. Essere solo
paranoico.”ammise, disperato.
La Cuddy
era immobile accanto a loro. Le sembrava quasi di invadere la loro
intimità,
stando lì con loro.
“Chiamate la
sorveglianza.”disse piano la Cuddy
agli altri, vedendo
Tom immobile sul pavimento grazie ai numerosi colpi di James.
James sentiva il cuore di Greg battere fortissimo contro il suo petto.
L’amico
era sotto shock anche se si sforzava di non darlo a vedere.
“La
testa…”gemette.
“Ti fa
male?”
“L-l’ho
sbattuta contro una sedia…”
James gliela tastò
con delicatezza.
“Hai solo un
bernoccolo, stai tranquillo.”
Si sentiva il sangue ribollire
nelle vene. Era furioso.
Lanciò uno sguardo
verso Tom e mentre una parte di lui
voleva ammazzarlo, l’altra non riusciva a lasciare Greg.
Era arrivata la sorveglianza.
Due tipi muscolosi afferrarono
Tom da terra.
“Lasciatemi!”
Tom si divincolò
alla presa delle guardie.
“WILSON!”urlò,
guardando l’ormai ex-amico.
“Che diavolo
vuoi?”
“Non capisco
perchè fai tutte queste storie! Io volevo solo
divertirmi un po’!"urlò, divincolandosi dalla
presa delle guardie.
James si voltò verso
di lui, furioso più che mai.
"DIVERTIRTI? PER DIVERTIRTI INTENDI FAR DEL MALE AL MIO MIGLIORE AMICO?
TU
SEI PAZZO!"
"Dì la verità, James!Quella non è solo
rabbia, è anche gelosia. Odi il
fatto che l'abbia toccato..."
“E’ vero! Sono geloso!
Ma non tentare di giustificare
quello che hai fatto, usando
quello che provo io!”esclamò.
“Toglimi una
curiosità: sei legato a lui perché lo ami o
perché ti piace sbattertelo e sei furioso con me
perché ti ho tolto
l’esclusiva?”
James lasciò andare
Greg e balzò in piedi.
Anche il diagnosta
s’alzò lentamente, barcollando e reggendosi
forte ad una sedia lì accanto.
L’afferrò
per un braccio, rivelando una forza che non pensava
di avere in quel momento e gl’impedì di lanciarsi
contro Tom.
“Non ne vale la
pena.”
“Invece
sì, Greg!”
"Sai benissimo quanto incoraggi
le risse, ma se lo fai
fuori poi dovrai compilare un sacco di scartoffie, andare ai
processi...troppo
lunga come cosa. Lascialo perdere."disse Greg, trattenendolo ancora.
James fece un paio di respiri profondi, gli occhi chiusi.
Annuì, piano.
Lo vide in piedi accanto a lui, che si teneva al suo braccio ed alla
sedia.
Tentava di riacquistare il
controllo della situazione dopo
esserne stato, prepotentemente, privato.
Lasciarsi abbracciare da lui
davanti a tutti era stato un
momento di debolezza e James lo capiva.
"Chiamate la polizia."disse la Cuddy,
con voce tremante.
Nonostante le insistenze della Cuddy di farsi ricoverare, Greg
rifiutò,
ripetendo che stava bene e di farla finita.
"Greg..."
"Se mi chiedi di nuovo come sto, giuro che mi metto ad urlare."
James e Greg erano nell'ufficio dell'oncologo.
Greg si stese sul divano, gli occhi chiusi. Aveva ancora una forte
nausea ed il
dolore alla testa, anche se diminuito molto.
Sapeva, anche senza vederlo, che James lo stava scrutando, preoccupato.
Non poteva fare a meno di comportarsi così rudemente.
Era una sorta d'auto-difesa e James lo sapeva benissimo.
Greg lo sentì avvicinarglisi e con un frusciare di abiti,
James s'inginocchiò
sul pavimento, accanto al divano, posando la testa su di esso accanto
al suo
corpo.
Rimasero in silenzio per quella che sembrò loro
un'eternità.
Poi James gli prese la mano e la strinse forte. Greg lo
lasciò fare, aprendo
gli occhi e scrutandolo.
"Non preoccuparti."gli disse.
"Ti ha violentato."
"Ha tentato. Non è riuscito a fare molto."ammise,
guardandolo.
"Era sopra di te. Ti ha baciato…Ti ha toccato...Ti ha fatto
del male...
L’avrei ammazzato se
Chase e Foreman non mi avessero
fermato.”
Greg non disse nulla.
“Per me?
L’avresti ammazzato per me?”disse, poi.
Era stupito.
“Sì.”
“Perché?”
E si rese conto di quanto fosse
vero.
“Perché ti
amo.”
Fu questa la prima risposta che
venne in mente a James. Si
stupì di averlo pensato.
“Sei
legato a lui
perché lo ami o perché ti piace sbattertelo e sei
furioso con me perché ti ho
tolto l’esclusiva?”aveva gridato Tom.
Perché
l’amava. E se ne rendeva conto solo ora, solo quando
l’aveva visto bisognoso più che mai di lui.
“Tengo a
te.”rispose, però.
“Avevi la conferenza
quando sei arrivato. Come diamine
hai…Come hai fatto a sap…”
Era confuso.
“Diciamo che ho
seguito il mio istinto. E mi diceva che eri
nei guai.”
“Se
t’avessi ascolt…”
James gli posò una
mano sulle labbra, zittendolo.
“No. Non è
colpa tua. Non lo pensare neanche.”
“Sei arrivato in
tempo.”
James continuò a
stringergli la mano e gli sfiorò la guancia
con le dita.
“Fammi
spazio.”disse, dopo un po’.
Mentre Greg si stringeva sul
divano, James si accoccolò
accanto a lui, abbracciandolo da dietro e posandogli la testa sulla
spalla.
Erano guancia a guancia: quella
liscia e profumata di
dopobarba di James e quella ruvida di barba non fatta da un paio di
giorni di
Greg.
Yin e Yang.
Erano agli opposti, erano
diversissimi, ma forse erano
proprio le loro differenze che li tenevano uniti più che mai.
Gli passò un braccio
attorno alla vita ed uno attorno alle
spalle, abbracciandolo fortissimo.
“Gli altri oncologi
ti ammazzeranno.”disse Greg, piano.
“Non
m’interessa. Sei più importante tu.”
“Non essere
romantico. Mi commuovo!”
James non disse nulla.
“James…”
“Dicevo sul
serio.”
“Oh. Grazie,
allora.”
Doveva stare sul serio male se
lo ringraziava così
sinceramente.
“Ricordo che ogni
volta che non stavo bene, fisicamente o
psicologicamente, mia madre mi diceva che la cosa migliore da fare era
mangiare
un po’ di cioccolato.”
“Mi stai dicendo che
sono turbato psicologicamente?”
“Saresti anormale se
non lo fossi.”
“Sto bene,
James.”
“D’accordo.
Ma sappi che il cioccolato stimola la produzione
di endorfina, che attenua il dolore e che favorisce il
buonumore.”
“Ottima spiegazione
medica.”
James si alzò piano
dal divano ed andò ad un cassetto della
sua scrivania.
“Fondente o al
latte?”
“Eh?”
James gli fece vedere due
tavolette di cioccolato e Greg non
potè fare a meno di ridere.
“Non ricordavo avessi
anche il cioccolato in quei cassetti.
Non devo aver frugato bene le altre volte. Al latte.”
“Va bene.”
James si distese nuovamente
dietro di lui e divise la
barretta in due pezzi uguali, porgendogliene uno.
Accoccolato tra le sue braccia
Greg si sentì protetto, per
la prima volta in quella giornata.
Appoggiò la testa
sulla sua spalla e chiuse gli occhi,
masticando lentamente.
“Un po’
meglio?”gli chiese James dopo un po’.
“Sì, ma
non credo sia tutto merito del cioccolato.”ammise.
James gli sfiorò le
labbra con il pollice e gli posò un
bacio sulla fronte, con dolcezza.
“Se sapessi cosa sto
provando ora, mi prenderesti per
un’idiota. Ma non posso fare a meno di sciogliermi ogni volta
che mi guardi. E
non hai idea di come mi sono sentito morire quando ti ho visto in
quelle
condizioni.”pensò.
“Che
hai?”gli chiese il diagnosta.
“Nulla.
Pensavo.”
“A cosa?”
“A
te.”pensò l’oncologo.
“Lascia
stare.”
James chiuse gli occhi e lo
strinse ancora di più.
Sentiva il proprio cuore
battere fortissimo e mentre
stringeva Greg provava una tempesta d’emozioni.
Il diagnosta di girò
lentamente verso di lui, finchè non si
ritrovò faccia a faccia con l’oncologo.
Mentre James
l’abbracciava di nuovo, Greg chiuse gli occhi
ed ammise:
“Ero geloso di
Vivian.”
James chinò lo
sguardo su di lui, posando il mento sulla sua
testa.
“Ed io di
Tom.”disse a denti stretti quel nome.
“Perché?
Cosa ci sta succedendo?”
“Non ne ho idea. Ma
qualunque cosa sia non è male, sai?”
Cenno d’assenso.
James affondò il
viso nei suoi capelli, respirando il suo
odore.
“Perdona la domanda,
ma so di lui?”
“Cosa?”
James era stupito.
“Di Tom,
intendo.”
“Ne dubito dato che
hai i miei vestiti.”
Greg ridacchiò.
“Sai di me, ora, e di
te.”ammise James e Greg alzò lo
sguardo verso di lui.
Sentì
l’odore della camicia.
“Non è
male.”
“E’
perfetto.”sussurrò.
Si accorse di ciò
che aveva detto solo dopo averlo detto.
“Cioè…io
non…”
“Hai ragione.
È perfetto, James.”
Ciao a tutti!!!!
Ecco a voi un altro
capitolo. Perdonatemi per ciò che ho scritto e non odiatemi,
vi prego.
Dico solo che tutto
questo era necessario!!!
un grazie a:
lady house: ecco a
te questo capitolo e Tom può fare davvero
paura.....commenta, mi raccomando!!!
H W: Wilson nel
telefilm soffre ed è per questo che fa decisioni che non ci
saremmo mai aspettate da lui. E' comprensibile.
Cmq stai tranquilla,
le mie fonti (Hugh Laurie) mi hanno riferito che quei due si
riappacificheranno, tranquilla!!! Dimmi che ne pensi!!!
Anna Mellory: W
Jimmy sul serio! Attendo tuoi commenti!!!
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Capitolo 15 *** credo proprio di essermi innamorato di te... ***
“Come
sta?”
La Cuddy
era la terza persona che glielo chiedeva quel giorno.
Prima era stato il turno
di Cameron e Chase.
James la
guardò, fermandosi nel corridoio.
“Sta
bene.”
“Ha detto
qualcosa? È turbato?”
James riprese a camminare.
“Non mi ha detto
nulla di ciò che gli è successo e ti
pregherei di non chiederglielo.
Se è turbato
non lo da vedere.”
“Foreman ha
detto che non è venuto nel suo ufficio, oggi. Di
solito da loro una mano, per passare il tempo, ma…”
“E’
nel mio, probabilmente. Abbiamo dormito lì, ieri notte.
Non è voluto tornare a casa.”
Cuddy chiuse gli occhi.
“Ha bisogno di
sfogarsi, James. Non è una cosa da nulla, una
tentata violenza sessuale.
Deve parlarne con
qualcuno.”
“Non ho nessun
intenzione di forzarlo, se è questo che mi
stai chiedendo.”
“Io pensavo ad
uno psicologo.”
James smise di camminare e
la guardò, con uno sguardo
divertito sul volto.
“Credi che
parlerebbe con uno psicologo? Probabilmente
passerebbe il suo tempo a denigrarlo ed a fargli perdere
tempo.”
“Non
può tenersi tutto dentro.”
“Cosa vuoi che
faccia, Cuddy? Vuoi vederlo crollare,
scoppiare in lacrime e distruggere cose?
Non è da
lui.”
“Non lo
sai.”
“Lo conosco
meglio di te.”
“Sì,
ma non si è mai ritrovato in una situazione del genere
prima d’ora, grazie al Cielo.
Non puoi prevedere la sua
reazione.”
“So solo che non
voglio che crolli. Sarebbe la cosa peggiore
da fare, soprattutto con il suo cancro al cervello.”
Nei giorni successivi Greg
non fece altro che evitare le
domande della Cuddy e degli altri.
Gli davano sui nervi quei
“Tutto bene?” “Come ti senti?”
e
quegli sguardi preoccupati che gli rivolgevano.
Era stufo di dire che
stava bene, benissimo e di smetterla.
“Se mi chiedono
di
nuovo come sto, io…”
Camminava su e
giù per l’ufficio di James, che lo scrutava,
alzando di tanto in tanto gli occhi dal materiale sul quale
“doveva” lavorare.
“Sono in ansia
per te. Ti vogliono bene.”
“Oh, come sono
dolci!”fece lui, sarcastico. “Finirò per
impazzire.”
Posò i palmi
delle mani sulla scrivania e si sporse vero
James.
Quando
quest’ultimo alzò lo sguardo, per poco non gli
venne
un colpo.
“Stavo pensando
ad una cosa.”
“Il
perché godi nel farmi prendere i colpi?”
“No. Di come tu
sia riuscito a “sentire” che…”
“Finiscila con
questa storia.”
Erano giorni che Greg
tentava di capire come James avesse
potuto sentire che era in pericolo.
“Hai sviluppato
un’empatia con me di cui io non sono a
conoscenza?”
“Sì,
ho preso le istruzioni da Internet. Se vuoi ti do il
link del sito.”
“Com….”
James si alzò
per sistemare un paio di libri e sbuffò.
“Smettila, ok?
Non mi va di pensare a quel giorno, ok?”
“Invece io
impazzisco di gioia nel ripensarci.”disse Greg.
James gli dava le spalle e
si accorse di come era diventata
fredda la sua voce.
Fredda ed ostile.
Si rese conto tardi di
quello che aveva detto e tacque.
Alle sue spalle Greg non
proferiva parola.
James si voltò
verso di lui.
Era ancora chino sulla
scrivania e teneva gli occhi chiusi,
i pugni serrati.
Fece per mettergli una
mano sulla spalla, ma lui si scostò,
bruscamente.
“Sai cosa odio
di questa storia?”
Non gli diede il tempo di
rispondere e continuò:
“Odio i vostri
sguardi preoccupati, la vostra apprensione
che, se già esisteva prima per via del cancro, non ha fatto
altro che
intensificarsi. Odio il fatto di essere commiserato. Le tue scuse, i
tuoi
tentativi di capire ciò che penso o provo, la tua paura di
vedermi crollare ed
il non saper come reagire se accadesse sul serio. Odio più
che mai la tua
compassione, la tua pietà.”
James gli prese un braccio
e glielo strinse.
Greg tentò di
allontanarlo, ma lui gli prese anche l’altro,
bloccandolo e fronteggiandolo.
“Ascoltami!
La mia non è
pietà, né compassione. Ho paura, Greg,
d’accordo? Ho paura di perderti, di vederti star male. Non
hai idea di come mi
sia sentito quando ti ho visto in quelle condizioni.
Avrei voluto morire,
piuttosto che vederti così.”
Greg taceva. Evitava il
suo sguardo.
“Mi sono accorto
che avrei ucciso per te, lo capisci questo?
Ne capisci l’importanza?
È un figlio di
puttana, ma aveva ragione, Greg.
Credo proprio di essermi
innamorato di te.”
Non seppe chi o cosa gli
diede la forza per ammettere ciò,
ma si sentì liberato da un peso.
Greg si
allontanò da lui.
“Sei
un’idiota!”esclamò.
“Sì,
lo so.”
Greg si mise una mano
dinanzi agli occhi, allontanandosi
ancora.
“Perché,
James? Perché cavolo ti sei innamorato di me?”
“Non dovevo
dirtelo. Né ora né mai.”
James chiuse gli occhi.
“Non dovevi
nemmeno provarlo! Tra tutte le persone di cui
potevi inn…
Hai scelto il momento
sbagliato!”
“Lo so, mi
dispiace. Stai male per Tom…”
“Non
è per lui, maledizione!”
“Ed allora per
cosa?”
Non capiva. Non riusciva a
capire per quanto si stesse
sforzando.
“Ho il cancro,
James. E la cosa che mi fa più male non è
essere malato, ma sapere che oltre a me ci rimetterà anche
un’altra persona e
quella sarai tu.”
“Greg, io
non…”
“Io sto morendo,
James.”
Lo disse con una
consapevolezza spaventosa.
E James
s’accorse con orrore che i suoi limpidi occhi
azzurro cupo erano umidi di lacrime.
“Vieni
qui.”
Greg tentò di
allontanare il suo abbraccio, ma non ci
riuscì.
James gli
s’avvicinò e lo strinse forte.
“Stai guarendo,
non dire così, d’accordo?”
“Sai benissimo
che potrei morire sotto i ferri.”disse, il
volto soffocato nella sua camicia.
Crollarono sul pavimento,
stretti l’uno all’altro.
James era spaventato e non
sapeva che fare.
Aveva ceduto. La sua
maschera di sarcasmo, di forza
apparente, era crollata.
Ora era solo con lui.
Greg sentì le
lacrime rigargli le guance prima che potesse
trattenerle.
Non sapeva neanche il
perché preciso del suo sfogo.
Ma era stata la
confessione di James a farlo cedere.
Fu come liberarsi di
un’enorme blocco, dell’angoscia, della
paura che nascondeva da quando aveva saputo che era malato, del dolore
per la
violenza subita, la tristezza di vedere James stare male, stare male
per lui….
Tutto quanto.
“Non farlo. Non
per me. Non cedere perché hai paura per
me.”sussurrò James.
Erano seduti sul
pavimento, Greg tra le sue braccia, che si
stringeva a lui, il volto affondato nella sua camicia, e lui che
l’abbracciava
con dolcezza e energia, cullandolo come un bambino piccolo.
“T’amo.
Ti amo tantissimo, più di quanto possa immaginare.
Se solo me ne fossi accorto prima avrei avuto un sacco di
tempo.”
“Già.
Sarebbe stato buffo vedere te che tentavi di
conquistarmi.”
“Ed ora? Non
dovrei farlo?”
“Sprecheresti
tempo.”
“Perché
è tardi?”
“Perché
mi hai già preso.”
James non disse nulla.
Si limitò a
stringerlo. Greg pianse pochissimo e si passò
una mano davanti agli occhi.
“Non dovevo
cedere.”
“Perché?
Hai fatto un Patto con Diavolo che t’impediva di
piangere?”
“E’ da
tantissimo che non piango.”
“Lo
immaginavo.”
Greg
s’avvicinò a lui e gli posò un bacio
sulle labbra,
leggero.
“Non
farlo.”disse James, gli occhi chiusi.
“Perché?
Credevo ti piacesse.”
Iniziò a
sfiorargli il petto con le mani, ma James lo bloccò
e gli afferrò i polsi.
“No.”
“Perché?”
“Non farlo solo
perché ti ho detto quello che sento. Mi sono
fregato da solo e lo so. Ma non ho intenzione di essere
un…”
“Un cosa? Hai
paura di me, ora?”
James teneva gli occhi
chiusi.
“Non ti
ferirò. E prometto di essere il più discreto
possibile su questa faccenda.”
“Prometti che
non dirai ad una conferenza che sono
innamorato di te?”
Greg riuscì a
baciarlo, cogliendolo di sorpresa.
“Non farlo
perché lo voglio io.”disse James, piano.
“Credimi, non
sei affatto l’unico a volerlo.”
E lo baciò con
più intensità di quanto avesse mai fatto.
James
s’abbandonò al suo bacio e fu come dimenticare
tutto,
i problemi, le angosce, ogni cosa.
Chiuse gli occhi,
posandogli una mano sulla nuca ed
avvicinandolo ancora di più a sé.
Si staccarono solo per
riprendere fiato e Greg posò la
fronte contro la sua, traendo respiri profondi.
James gli passò
un braccio attorno alle spalle e lo fece
accoccolare contro di sé, come poco prima.
Rimasero così,
senza bisogno di parlare, sentendo solo i
loro respiri ed i battiti del loro cuore all’unisono.
Ciao a tutti!
Scusate la brevità del capitolo!!!
Spero vi piaccia ugualmente. Finalmente James ha confessato tutto a
Greg.
Un grazie a:
Anna Mellory: direi in carcere! Se vai nel New Jersey uccidilo anche da
parte mia!!! Spero ti piaccia il chappy!!!
lady house: chi li tira più lontani? Che vinco se ci riesco?
Dimmi che ne pensi!!!
H W: grazie mille, tesoro!!! Spero ti piaccia anche questo!!!
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Capitolo 16 *** settimana bianca ***
Nei giorni successivi Greg non fece
altro che evitare le
domande della Cuddy e degli altri.
Gli davano sui nervi quei
“Tutto bene?” “Come ti senti?”
e
quegli sguardi preoccupati che gli rivolgevano.
Era stufo di dire che stava bene,
benissimo e di smetterla.
“Se mi chiedono di
nuovo come sto, io…”
Camminava su e giù per
l’ufficio di James, che lo scrutava,
alzando di tanto in tanto gli occhi dal materiale sul quale
“doveva” lavorare.
“Sono in ansia per te. Ti
vogliono bene.”
“Oh, come sono
dolci!”fece lui, sarcastico. “Finirò per
impazzire.”
Posò i palmi delle mani
sulla scrivania e si sporse vero
James.
Quando quest’ultimo
alzò lo sguardo, per poco non gli venne
un colpo.
“Stavo pensando ad una
cosa.”
“Il perché godi
nel farmi prendere i colpi?”
“No. Di come tu sia
riuscito a “sentire” che…”
“Finiscila con questa
storia.”
Erano giorni che Greg tentava di
capire come James avesse
potuto sentire che era in pericolo.
“Hai sviluppato
un’empatia con me di cui io non sono a
conoscenza?”
“Sì, ho preso le
istruzioni da Internet. Se vuoi ti do il
link del sito.”
“Com….”
James si alzò per
sistemare un paio di libri e sbuffò.
“Smettila, ok? Non mi va di
pensare a quel giorno, ok?”
“Invece io impazzisco di
gioia nel ripensarci.”disse Greg.
James gli dava le spalle e si accorse
di come era diventata
fredda la sua voce.
Fredda ed ostile.
Si rese conto tardi di quello che
aveva detto e tacque.
Alle sue spalle Greg non proferiva
parola.
James si voltò verso di
lui.
Era ancora chino sulla scrivania e
teneva gli occhi chiusi,
i pugni serrati.
Fece per mettergli una mano sulla
spalla, ma lui si scostò,
bruscamente.
“Sai cosa odio di questa
storia?”
Non gli diede il tempo di rispondere
e continuò:
“Odio i vostri sguardi
preoccupati, la vostra apprensione
che, se già esisteva prima per via del cancro, non ha fatto
altro che
intensificarsi. Odio il fatto di essere commiserato. Le tue scuse, i
tuoi
tentativi di capire ciò che penso o provo, la tua paura di
vedermi crollare ed
il non saper come reagire se accadesse sul serio. Odio più
che mai la tua
compassione, la tua pietà.”
James gli prese un braccio e glielo
strinse.
Greg tentò di
allontanarlo, ma lui gli prese anche l’altro,
bloccandolo e fronteggiandolo.
“Ascoltami!
La mia non è
pietà, né compassione. Ho paura, Greg,
d’accordo? Ho paura di perderti, di vederti star male. Non
hai idea di come mi
sia sentito quando ti ho visto in quelle condizioni.
Avrei voluto morire, piuttosto che
vederti così.”
Greg taceva. Evitava il suo sguardo.
“Mi sono accorto che avrei
ucciso per te, lo capisci questo?
Ne capisci l’importanza?
È un figlio di puttana, ma
aveva ragione, Greg.
Credo proprio di essermi innamorato
di te.”
Non seppe chi o cosa gli diede la
forza per ammettere ciò,
ma si sentì liberato da un peso.
Greg si allontanò da lui.
“Sei
un’idiota!”esclamò.
“Sì, lo
so.”
Greg si mise una mano dinanzi agli
occhi, allontanandosi
ancora.
“Perché, James?
Perché cavolo ti sei innamorato di me?”
“Non dovevo dirtelo.
Né ora né mai.”
James chiuse gli occhi.
“Non dovevi nemmeno
provarlo! Tra tutte le persone di cui
potevi inn…
Hai scelto il momento
sbagliato!”
“Lo so, mi dispiace. Stai
male per Tom…”
“Non è per lui,
maledizione!”
“Ed allora per
cosa?”
Non capiva. Non riusciva a capire per
quanto si stesse
sforzando.
“Ho il cancro, James. E la
cosa che mi fa più male non è
essere malato, ma sapere che oltre a me ci rimetterà anche
un’altra persona e
quella sarai tu.”
“Greg, io
non…”
“Io sto morendo,
James.”
Lo disse con una consapevolezza
spaventosa.
E James s’accorse con
orrore che i suoi limpidi occhi
azzurro cupo erano umidi di lacrime.
“Vieni qui.”
Greg tentò di allontanare
il suo abbraccio, ma non ci
riuscì.
James gli
s’avvicinò e lo strinse forte.
“Stai guarendo, non dire
così, d’accordo?”
“Sai benissimo che potrei
morire sotto i ferri.”disse, il
volto soffocato nella sua camicia.
Crollarono sul pavimento, stretti
l’uno all’altro.
James era spaventato e non sapeva che
fare.
Aveva ceduto. La sua maschera di
sarcasmo, di forza
apparente, era crollata.
Ora era solo con lui.
Greg sentì le lacrime
rigargli le guance prima che potesse
trattenerle.
Non sapeva neanche il
perché preciso del suo sfogo.
Ma era stata la confessione di James
a farlo cedere.
Fu come liberarsi di
un’enorme blocco, dell’angoscia, della
paura che nascondeva da quando aveva saputo che era malato, del dolore
per la
violenza subita, la tristezza di vedere James stare male, stare male
per lui….
Tutto quanto.
“Non farlo. Non per me. Non
cedere perché hai paura per
me.”sussurrò James.
Erano seduti sul pavimento, Greg tra
le sue braccia, che si
stringeva a lui, il volto affondato nella sua camicia, e lui che
l’abbracciava
con dolcezza e energia, cullandolo come un bambino piccolo.
“T’amo. Ti amo
tantissimo, più di quanto possa immaginare.
Se solo me ne fossi accorto prima avrei avuto un sacco di
tempo.”
“Già. Sarebbe
stato buffo vedere te che tentavi di
conquistarmi.”
“Ed ora? Non dovrei
farlo?”
“Sprecheresti
tempo.”
“Perché
è tardi?”
“Perché mi hai
già preso.”
James non disse nulla.
Si limitò a stringerlo.
Greg pianse pochissimo e si passò
una mano davanti agli occhi.
“Non dovevo
cedere.”
“Perché? Hai
fatto un Patto con Diavolo che t’impediva di
piangere?”
“E’ da tantissimo
che non piango.”
“Lo immaginavo.”
Greg s’avvicinò
a lui e gli posò un bacio sulle labbra,
leggero.
“Non farlo.”disse
James, gli occhi chiusi.
“Perché? Credevo
ti piacesse.”
Iniziò a sfiorargli il
petto con le mani, ma James lo bloccò
e gli afferrò i polsi.
“No.”
“Perché?”
“Non farlo solo
perché ti ho detto quello che sento. Mi sono
fregato da solo e lo so. Ma non ho intenzione di essere
un…”
“Un cosa? Hai paura di me,
ora?”
James teneva gli occhi chiusi.
“Non ti ferirò.
E prometto di essere il più discreto
possibile su questa faccenda.”
“Prometti che non dirai ad
una conferenza che sono
innamorato di te?”
Greg riuscì a baciarlo,
cogliendolo di sorpresa.
“Non farlo
perché lo voglio io.”disse James, piano.
“Credimi, non sei affatto
l’unico a volerlo.”
E lo baciò con
più intensità di quanto avesse mai fatto.
James
s’abbandonò al suo bacio e fu come dimenticare
tutto,
i problemi, le angosce, ogni cosa.
Chiuse gli occhi, posandogli una mano
sulla nuca ed
avvicinandolo ancora di più a sé.
Si staccarono solo per riprendere
fiato e Greg posò la
fronte contro la sua, traendo respiri profondi.
James gli passò un braccio
attorno alle spalle e lo fece
accoccolare contro di sé, come poco prima.
Rimasero così, senza
bisogno di parlare, sentendo solo i
loro respiri ed i battiti del loro cuore all’unisono.
Mancavano pochissimi giorni a Natale
e l’atmosfera natalizia
si respirava ovunque.
Alberi e decorazioni
nell’ingresso, persone che preparavano
i loro viaggi ed invitavano amici e parenti per cenoni.
“Detesto il
Natale!”esclamò House tre giorni prima,
liberandosi di un festone traditore che lo aveva avvinghiato.
James trattenne a stento una risata e
lo aiutò.
“Dai, non esagerare.
È una bella festa.”
“Sai che non credo in
Dio.”
“E’
un’occasione da passare con i parenti, con gli amici,
per divertirsi. Non vedo cosa ci sia tanto di male.”
“Ad esempio il fatto che i
miei sono qui 24 ore su 24 e tu
abiti a casa mia. Basta con le vicinanze.”
“Se vuoi me ne vado,
sai?”
“Naa. E poi chi cucina e
mette a posto?”
“Non sono la tua
cameriera.”
“Ti manca solo il grembiule
e potresti esserlo. Ho trovato
il tuo regalo di Natale!”
James alzò gli occhi al
cielo.
“Prendo le ferie domani. E
voglio passare il Natale in
tranquillità. Quindi non farti ven…”
Gli occhi di Greg
s’illuminarono.
“Greg, a cosa stai
pensando? Quello sguardo significa che ti
è venuta un’idea. Qual è?
Sentiamo.”
“Voglio andare a
sciare.”
James si sarebbe aspettato di tutto,
ma non questo.
“Fammi
pensare…no!”
E si diresse verso il suo ufficio. Ma
Greg non demorse.
“Andiamo, sarà
divertente.”
“Certo, vedere te che ti
rompi l’osso del collo! Non sto
nella pelle.”fece, sarcastico.
“Tu sai sciare, potresti
insegnarmi.”
“Come sai
che…?”
“Me l’hai detto
una volta, secoli fa.”
“E…”
“Andiamo, James. Non fare
il bambino. Tanto lo sai che alla
fine vinco io. Perché dobbiamo fare sempre le stesse
storie?”
James entrò nel suo
ufficio e si voltò verso l’amico.
“La mia risposta resta
sempre la stessa: no. Hai il cancro,
devi seguire la terapia tre volte a settimana, sei zoppo e ti viene in
mente di
fare una settimana bianca?”
“Le medicine le posso
portare. Ci sarà sicuramente un
ospedale in montagna e se non sbaglio il fatto di usare un bastone non
dovrebbe
essere un problema. Si usano quegli affari per sciare.”
“Per darsi la spinta e
scivolare giù. Comunque no.”
“Bene. Ci andrò
da solo.”
“Hai bisogno di
me.”
Greg giunse alla porta e lo
guardò.
“No, sei tu quello che hai
bisogno di me. Più di quanto ne
abbia io.”
E se ne andò.
James chiuse gli occhi, riflettendo.
“No,
sei tu quello che
hai bisogno di me. Più di quanto ne abbia io.”
Aveva ragione, maledettamente ragione.
Aveva bisogno di lui, anche se si
sentiva molto egoista ad
ammetterlo.
Corse fuori dall’ufficio.
Quanto odiava dargliela vinta!
“House!”
Il diagnosta si voltò,
reggendosi al bastone.
Stava nascondendo un ghigno.
L’aveva incastrato e lo sapeva
bene.
“Due condizioni. Vieni nel
mio ufficio.”
Ma perché diavolo riusciva
sempre a convincerlo?
“Sentiamo.”
Greg s’appoggiò
alla porta chiusa, le braccia incrociate sul
petto.
“Se ti senti male, se hai
mal di testa forte o svieni,
andiamo immediatamente all’ospedale e poi a casa. Se provi a
mentirmi, non ti
farò più nessun favore. Se fai qualche
stupidaggine, ce ne torniamo a casa. E
se provi a prendermi in giro, me la pagherai. Chiaro?”
“Sono quattro le
condizioni.”protestò House.
“Vuoi che ne trovi
altre?”
“No, vanno bene queste. Ma
toglimi una curiosità. Perché
dovrei prenderti in giro? È ovvio che non ti riferivi ai
miei scherzi, tanto ci
sei abituato. A cosa, allora?”
James gli dava le spalle.
“Nulla
d’importante. Solo non…non giocare con
me.”
E Greg capì.
Gli s’avvicinò e
l’abbracciò da dietro, posando il mento
sulla sua spalla.
“Promesso.”
“E ci andiamo in macchina.
Niente aereo o altre cose.”
“Ok.”
Continuò a stringerlo per
un po’, poi s’allontanò.
“Allora, le
medicine?”
“Prese.”
“Documenti?”
“Presi. James, ti vuoi
muovere o vuoi controllare tutto per
la decima volta?”
Greg era già in macchina
da dieci minuti e lo guardava
divertito controllare le valigie.
“Andiamo in montagna, qui
nel New Jersey. Non espatriamo,
mica. Rilassati.”
“Odio quando mi faccio
coinvolgere.”
Faceva un freddo esagerato e il cielo
minacciava neve.
James salì a bordo
dell’auto e s’allacciò la cintura di
sicurezza.
E prima che potesse aprir bocca Greg
gli mostrò che anche la
sua era allacciata.
“Andiamo, su!”
Fu un viaggio divertente. Le quattro
ore di cammino furono
riempite da chiacchiere, discussioni su quale musica mettere (ed alla
fine era
sempre House che vinceva), schifezze (che sempre House aveva portato)
da
ingurgitare, come patatine, salatini e noccioline.
“Pulisci tu,
dopo.”minacciò James, guardando sconsolato la
sua macchina piena di briciole.
“Non essere crudele. Sto
male.”
“Se stai male faccio marcia
indietro e ce ne torniamo a
casa.”
“I miei sarebbero contenti
di vedermi.”
Blythe e John non erano stati molto
d’accordo con l’idea
della settimana bianca.
Ma erano stati rassicurati da James.
“Comunque no, voglio
imparare a sciare.”
“Tu sei matto.”
“Ed è una cosa
che ami?”
James non rispose.
“Andiamo, sono curioso.
Cosa ti piace di me? Cosa ami di
me?”
“Greg, sto guidando, non mi
distrarre.”
“Rispondi, dai.”
Era accoccolato sul sedile, su un
lato, la testa appoggiata
alla mano e gli occhi fissi su James.
Cosa che non aiutava
affatto l’oncologo a concentrarsi.
“Cosa ami di
me?”ripeté Greg.
“Sei arrogante,
presuntuoso, cinico, egocentrico. Sei un
manipolatore bastardo, come ti chiama Foreman, ti piace manipolare la
gente ed
essere crudele per ottenere quello che vuoi. E certe volte mi fai
davvero
impazzire.”
“In che senso?”
“Eh?”
“Impazzire nel senso che
vorresti saltarmi addosso o nel
senso che ti faccio…”
“Arrabbiare. Sì,
quello. Sei un ottimo dottore ed ammiro la
tua genialità, intelligenza, la tua perspicacia. Ma
nonostante i tuoi mille e
più difetti, e ce ne sono, credimi, sono il tuo migliore
amico e non sono mai
riuscito a pensare alla mia vita senza la tua presenza. Mi viene da
ridere se
penso ad un qualsiasi momento senza di te.”
“Quindi mi ami anche se non
mi sopporti?”
“Certe volte non ti
sopporto. Comunque, sì. Ti odio e ti amo
allo stesso modo.”
James guardava dritto dinanzi a
sé. Sentiva lo sguardo di
Greg addosso.
Come se lo stesse analizzando.
“Non me lo diresti mai,
vero? Neanche se provassi quello che
sto provando io?”gli chiese.
“Non ci contare.”
James rise e poi tacquero.
Dopo un po’, vedendo che
non proferiva parola, approfittò di
una coda sull’autostrada per voltarsi verso di lui.
Era sempre accoccolato sul suo
sedile, raggomitolato su un
fianco, ma aveva gli occhi chiusi.
“Stai bene?”
“Mmm.”
Molto loquace.
James gli posò una mano
sulla fronte. Non era calda.
“Greg, non ti senti
bene?”
Il suono del clacson della macchina
dietro lo distrasse.
Continuò a guidare.
“Sto bene. Sono solo un
po’ stanco.”
“Sicuro?”
“Mmm. Se vuoi mi puoi
tenere la mano, così ti senti più
tranquillo.”
“Mi sembri un bambino,
certe volte.”disse, sorridendo,
vedendo Greg che gli tendeva la mano.
La strinse e rabbrividì al
quel contatto.
“Forse aveva
ragione.”disse Greg dopo un po’.
“Chi?”
“Geena. A dire che ero la
causa della fine del vostro
matrimonio. Ricordi cosa ha detto?”
James scosse la testa.
“Ha detto che tu avevi la
faccia tosta di dirle che non eri
innamorato di me, anche se passavamo moltissimo tempo insieme. Ed io le
avevo
risposto che tu eri il mio migliore amico, non il mio amante. Le cose
cambiano.”
Continuava ad avere gli occhi chiusi.
James gli sfiorò il dorso
della mano con la punta delle
dita.
“Riposati, ok? Il viaggio
è lungo.”
S’accorse che gli aveva
dato ascolto, solo quando sentì la
sua mano rilassarsi contro la sua.
Ma non mollò la presa,
riflettendo.
Geena aveva ragione. Era stata la
prima a vedere cosa c’era
tra loro. O meglio quello che provava lui.
Greg era un enigma. Non sapeva
ciò che pensasse riguardo
tutto ciò che era accaduto tra loro.
Ricordava che era stato proprio lui a
baciarlo per primo ed
a dare inizio a tutto. Ma quella sera stava malissimo, si era ferito da
solo….
Ma quando giorni fa gli aveva chiesto
di non farlo perché lo
voleva lui, Greg gli aveva risposto che non era l’unico a
volerlo, baciandolo
subito dopo.
James non riusciva a spiegarsi quella
storia.
Posò nuovamente lo sguardo
sull’amico addormentato, gli
lasciò andare un attimo la mano e gli sfiorò la
guancia destra leggermente, per
non svegliarlo.
E mentre si voltava nuovamente verso
la strada, avrebbe
giurato di averlo visto sorridere al suo tocco.
“E’
più bello questo o l’albergo di Los
Angeles?”chiese Greg
entrando nella Hall e portandosi dietro le proprie valigie.
“L’altro.
C’era Vivian, almeno.”lo stuzzicò.
“Bene. Chiamala e falla
venire qui. Così avrai compagnia.”
Era irritato.
James rise sotto i baffi e
s’avvicinò alla reception.
“Buonasera. Ho prenotato
due camere ieri pomeriggio. A nome
House.”
“Buonasera anche a voi. Mi
faccia controllare.
House….House…House…Sì, ecco
qui.
Ecco a voi le chiavi. Secondo piano.
Buon soggiorno al
Skylook Hotel.”
Quando si furono allontanati dal
bancone, House si voltò
verso l’amico.
“Hai davvero intenzione di
invitare lei, eh?”
“Chi?”
“Vivian. Altrimenti
perché avresti preso due camere?”
James guardò la sua faccia
e scoppiò a ridere.
“Sei un’idiota,
sai? Ne ho prese due solo perché sarebbe
stato…”
“Imbarazzante?”
“No, sospetto, se la Cuddy
o qualcun altro l’avesse scoperto.”
“Va bene. Dammi la mia
chiave.”
Giunti al secondo piano, Greg
trovò la sua stanza, l’aprì e
si chiuse dentro, lasciando James nel corridoio.
“Bambino!”fece
James, prima che chiudesse la porta.
Greg si limitò ad una
linguaccia, facendolo ridere.
James scosse la testa, sorridendo e
trovò la sua stanza.
Era di fronte quella di House.
Greg entrò nella sua
stanza e si gettò sul letto, chiudendo
gli occhi, le valigie posate distrattamente sul pavimento.
Si sentiva stanchissimo.
Optò per una doccia calda e quando
sentì l’acqua scivolargli addosso, fu come se
tutta la stanchezza fosse sparita
nel nulla.
Rimase sotto il getto
dell’acqua calda per più tempo del
necessario, riflettendo.
“Ti
odio e ti amo allo
stesso modo.”
Le parole di James gli rimbombavano
nella testa, non
riusciva a non pensare a ciò che gli aveva confessato.
“Non
me lo diresti
mai, vero? Neanche se provassi quello che sto provando
io?”gli chiese.
“Non
ci contare.”
Neanche se provassi quello che sto
provando io?
Stava bene con lui, con James. Era
capace di farlo sentire
al sicuro, in qualsiasi situazione fosse.
Come quando l’aveva stretto
a sé, dopo averlo salvato dalla
violenza di Tom.
Per un attimo era stato come se non
fosse successo nulla di
male, come se non fosse mai andato via a Los Angeles.
“Mi
sono accorto che
avrei ucciso per te, lo capisci questo? Ne capisci
l’importanza?
È
un figlio di
puttana, ma aveva ragione, Greg.
Credo
proprio di
essermi innamorato di te.”
“Non
dovevi nemmeno
provarlo! Tra tutte le persone di cui potevi inn…
Hai scelto
il momento
sbagliato!”
“Lo
so, mi dispiace.
Stai male per Tom…”
“Non
è per lui,
maledizione!”
“Ed
allora per cosa?”
“Ho
il cancro, James.
E la cosa che mi fa più male non è essere malato,
ma sapere che oltre a me ci
rimetterà anche un’altra persona e quella sarai
tu.”
“T’amo.
Ti amo
tantissimo, più di quanto possa immaginare. Se solo me ne
fossi accorto prima
avrei avuto un sacco di tempo.”
Tutte quelle parole, quei ricordi, si
mescolavano nella sua
testa.
Teneva a James, teneva a lui
tantissimo. Solo come amico?
Pensò alle volte che era
stato geloso quando stava con le
sue mogli, quando era andato a letto con Vivian, le belle sensazioni
che
provava quando erano insieme, le loro risate, i loro scherzi, la sua
protezione, il suo affetto, la sua amicizia che per lui era la cosa
più
importante di qualsiasi altra cosa, i brividi sulla schiena quando
l’abbracciava, la complicità, il loro
affiatamento, le sensazioni
indescrivibili che provava quando andavano a letto insieme, i
batticuori quando
incontrava le sue labbra e giocava con la sua lingua…
Tutto si mescolò nella sua
testa e…
Toc Toc Toc
Era scivolato lungo la parete della
doccia, fino a sedersi
sulle piastrelle chiare, senza neanche rendersene conto.
Uscì facendo attenzione a
non scivolare ed indossò
l’accappatoio, afferrando il bastone.
Era James.
“Ehilà, da
quanto tempo!”lo salutò Greg.
“Direi che non sei pronto
per la cena, eh?”
“Se non vuoi che vada in
accappatoio, no.”
“Vuoi che esca?”
“Perché?”
Greg stava rovistando nella prima
valigia che aveva trovato
per prendere un jeans ed una maglietta a caso.
“Se ti devi
vestire…”
“Sei tu che ti fai problemi
a vedermi nudo, non io. Inizio
ad offendermi.”
James alzò gli occhi al
cielo.
Lo guardò vestirsi,
ammirando i pettorali, i bicipiti e
soffermando sul…
“Credi abbia un bel
fondoschiena?”domandò Greg, d’un tratto,
infilandosi i jeans ed allacciando le scarpe Nike scure.
“Cosa?”
“Se lo
guardi…”
“Greg…”
James era esasperato.
“Andiamo!”
Si sentì tirare per un
braccio e portare di sotto, nella
sala da pranzo.
L’hotel era circondato da
prati immensi, ed era vicinissimo
alle piste da scii.
“Ci andiamo
domani.”decise Greg per lui.
James non ribattè. Gli
stava bene.
Passeggiavano sul prato.
L’oncologo si stringeva nel
cappotto rabbrividendo, mentre Greg sembrava non curarsene del freddo
polare
che faceva.
Era comodamente in felpa e cappotto.
“Ma non stai morendo di
freddo?”gli chiese l’oncologo,
fermandosi.
“No. Cammina, su! Il
movimento fa bene alla salute. E poi se
rimani lì impalato diventi un ghiacciolo.”
James sospirò e gli
s’incamminò dietro.
I gradi erano sicuramente sotto zero.
Tra poco avrebbe
nevicato.
Greg taceva.
“Tutto ok? Sei stranamente
taciturno.”
James si sedette accanto a lui su una
panchina umida.
“Sto bene. Pensavo. Mi
capita spesso, sai?”
“Già.”
Rimasero zitti per un po’.
Poi James venne colpito da un soffice
fiocco bianco.
“Nevica.”disse.
Greg, che teneva gli occhi fissi
sulle proprie scarpe, alzò
lo sguardo su di lui e poi sul cielo.
Fiocchi bianchi iniziarono ad
imbiancargli i capelli.
Sorrise.
“Già.”
“Forse è meglio
se rientriamo.”propose James, ma Greg si era
già alzato ed era chino sull’erba, già
ricoperta di un sottile strato di
bianco.
“Greg,
cosa…”
Non ebbe neanche il tempo di finire
la frase che l’amico gli
aveva tirato una palla di neve, colpendolo alla spalla.
Nevicava abbastanza forte, ed in poco
tempo tutto venne
ricoperto di fiocchi.
“Me la paghi!”
James afferrò una manciata
di neve e gliela tirò, mancandolo
di un soffio.
“Dovesti comprarti un paio
di occhiali, Jimmy!”
“Regalameli per
Natale!”e lo colpì in faccia con una
manciata di neve.
Sembravano due bambini, a giocare a
palle di neve in un
angolo del parco.
D’un tratto Greg
scivolò e cadde tra la neve.
“Greg!”
James gli corse accanto e si rese
conto che l’altro stava
ridendo.
“Andiamo dentro, su! Ora
basta, sei fradicio.”
“Anche tu.”rideva
ancora.
James tese la mano, ma Greg
afferrandola lo tirò verso il
basso, facendolo cadere addosso a lui.
Erano in una posizione a dir poco
equivoca, dato che James
era letteralmente sdraiato a pancia in giù su di lui.
Lo guardò severamente, ma
non potè reprimere una risata.
Successe tutto in un attimo. Greg
afferrò James per le
spalle e capovolse la situazione, issandosi a cavalcioni su di lui e
facendolo
affondare nella neve.
“Greg! Se
ci…”
“Chi vuoi che ci veda?
Siamo nel punto più estremo del parco
ed è sera. E poi ho una voglia matta di baciarti.”
Greg passò dalle parole ai
fatti in un secondo, posando le
labbra su quelle di James.
Erano entrambe gelate, ma
bastò un attimo e si riscaldarono
baciandosi intensamente.
James si staccò da Greg,
ridendo piano.
“Forse è meglio
se andiamo dentro, ok? Non voglio che ci
becchiamo qualcosa. Vuoi o no imparare a sciare?”
Greg si alzò, sbuffando e
James lo seguì.
Erano fradici fino al midollo.
“Vieni da me?”
Greg affondò le mani nelle
tasche, di fronte alla porta
della stanza.
“Non ti reggi neanche in
piedi.”disse James, dolcemente.
Infatti Greg si era dovuto appoggiare
allo stipite della
porta.
“Mi cambio e mi fai
compagnia. Andiamo.”
Era stanco morto.
“Va bene, come
vuoi.”
Greg si cambiò velocemente
e poi si stese sul letto, accanto
a James.
“Sei stanco
morto.”
James gli circondò le
spalle con le braccia e gli fece
appoggiare la testa sul suo petto.
“Sto ben.. Yawn!”
James posò il mento sul
suo capo, respirando il suo odore.
Greg era gelato.
“Hai
freddo.”disse, mentre lo copriva con una coperta.
“Tu sei gelato. Vieni
sotto.”
“Eh?”
“Non pensare male!
Intendevo sotto le coperte, idiota!”
Greg rise, gli occhi chiusi, mentre
James si sdraiava
accanto a lui, sotto le coperte.
Pian piano il freddo
passò, mentre dalla finestra si vedeva
ancora fioccare la neve.
Greg teneva gli occhi chiusi,
accoccolato tra le sue
braccia.
“Sto bene con
te.”sussurrò.
“Anche io.”
“Io lo so il tuo
perché. Ma non riesco a capire il mio.”
James scrollò le spalle.
“Forse sotto sotto tieni
anche tu a me.”
“Nei miei boxer?
Può darsi, vuoi che chieda?”
James soffocò una risata
nei suoi capelli e Greg rabbrividì.
“Freddo?”chiese
James, accortosi dei brividi.
“No, eri tu.”
James fu colpito.
“No,
eri tu.”
“Lo sai che ci tengo.
È solo che non sono il tipo che parla
di queste cose.”
“Già, sei un
duro, tu.”
“Già,
indovinato.”
Ma mentre lo stringeva al cuore,
James si rese conto di
quanto, in verità, fosse infinitamente fragile.
Di come era riuscito a penetrare
quella maledetta corazza
che si era creato addosso e di quanto fosse vulnerabile in quel momento.
Gli posò un bacio tra i
capelli ed intrecciò le dita con le
sue.
Rimasero abbracciati
finchè non s’addormentarono, esausti.
Ciao a tutti!!!
Un grazie a:
Anna Mellory:
sì, sono certa che Greg ce la farà! Dimmi che ne
pensi!
H W: grazie mille
per i tuoi complimenti, sai che adoro le tue recensioni! Grazieeeeeeeeee
lady house:
grazie, tesò! Attendo tuoi commenti!!!
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Capitolo 17 *** Cadute e delusioni ***
“Sembro uno che sta
scalando l’Himalaya.”fece Greg
l’indomani mattina.
Era imbacuccato in tuta da sci,
cappotto, occhiali di
protezione, guanti, sciarpa, sci e quegli affari correlati agli scii di
cui non
ricordava mai il nome.
James, nelle sue stesse condizioni,
rise e gli tese la mano.
“Ce la faccio!”
Lui la scansò e si
aggrappò al bastone per continuare a
salire.
James era poco più avanti
di lui e si voltava ogni tre passi
temendo di vederlo scivolare.
“Meglio iniziare dalla
pista per principianti.”
“Macché. Vai a
quella media.”
“No, ora mi dai retta. Ti
ho portato qui ed ora mi
ascolti.”s’impuntò James.
Aveva smesso di nevicare ed uno
spesso strato di neve
ricopriva la valle, poco distante dal loro hotel. Ma faceva ancora un
freddo
polare.
Greg sbuffò, ma vedendolo
così serio e preoccupato decise che,
per una volta, era meglio dargli retta.
Arrivati fino in cima, James gli fece
segno di sedersi.
“Scendo prima io, ok?
Guardami e tenta di memorizzare e
d’imitare i miei movimenti. Non azzardarti a seguirmi. Non
voglio che ti spezzi
l’osso del collo.”
Greg sedette su un cumulo di neve e
gli fece cenno di
scendere.
La pista era abbastanza piccola.
Lo vide scendere, vide con quanta
maestria si muoveva
ondeggiando e si dava la spinta per andare più veloce.
Quando risalì da lui,
aveva le guance rosse per il vento
preso in faccia e sorrideva.
“Tutto ok? Vieni. Scendo di
nuovo con te. Ascolta,
all’inizio è importante rimane in equilibrio.
Piegati leggermente sulle gambe e non
tentare di fare
sciocchezze. Se vuoi frenare, sterza di lato.
Ma non ti conviene fermarti nel mezzo
della pista, o rischi
di scivolare ancora di sotto.
Se vuoi una mano, ci sono io.
Ok?”
Era strano che, per una volta, fosse
James ad insegnargli
qualcosa.
“E’
strano.”disse, infatti.
“Cosa?”
“Tu che mi fai da
maestro.”
James alzò gli occhi al
cielo e si posizionò per scendere.
“Pronto?”
“Se ti dicessi di
no?”
“Scenderei lo stesso e ti
porterei con me. Che c’è, Greg?
Paura?”
“No, affatto. E lo
sai.”
“Dimostramelo.”lo
stuzzicò.
“Ok.”
Greg si diede la spinta, prima che
James potesse prepararsi.
Fu un’emozione sciare per
la prima volta, sentire il vento
che gli sferzava il volto.
Tentava di mantenersi leggermente
piegato in avanti, come
gli aveva detto James, ma cadde di lato, affondando sulla neve.
Quando James lo raggiunse, sterzando
di lato, stava ridendo.
“Avresti dovuto
aspettarmi!”lo rimproverò e
l’afferrò per un
braccio per rialzarlo.
Greg aveva le guance arrossate e
tremava leggermente.
“Idiota!”
“Sto bene!”
“E’ il tuo
ritornello, ormai! Evita di romperti l’osso del
collo.”
“Sono stato
bravo?”
“Ci sei già
andato, vero?”
“Forse.”ammise.
“E perché hai
voluto che t’insegnassi tu?”
Greg fece spallucce.
“Non me lo ricordavo. Avevo
7 anni, l’ultima volta e le
gambe mi funzionavano entrambe.”
“Perché hai
voluto riprendere gli scii in mano? Dopo tanto
tempo?”
“Penso che tu la conosca
già la risposta.”
L’oncologo
annuì, piano, chiudendo gli occhi.
Quando li riaprì Greg era
già a metà strada.
“Greg!”
Lo rincorse e
l’afferrò per un braccio.
“Piano! Non strafare, ti
prego! È già un miracolo che tu non
sia caduto durante la salita. Non tentare troppo la sorte.”
“Sarebbe stato impossibile
cadere. Tu m’avresti preso,
sicuramente.”
Aveva ragione.
La mattinata proseguì tra
salite e discese.
Praticamente erano i soli ad
usufruire di quella pista,
mentre gli altri preferivano quelle più difficili.
James, che sapeva sciare abbastanza
bene, guardava l’amico
scendere, sciando, ed ogni volta aveva il cuore il gola per la
preoccupazione.
Ogni volta Greg cadeva, ma
fortunatamente sempre quando
ormai era vicino alla fine della discesa.
Ed ogni volta che cadeva nella neve e
non riemergeva per un
po’, James correva da lui.
E lo vedeva che, immancabilmente,
sorrideva dinanzi alla sua
foga ed ansia.
“Dovresti rilassarti. Sto
bene. Anzi, credo che il freddo
m’abbia anestetizzato la gamba.
Non prendo Vicodin da circa tre
ore.”
“Un
record.”bofonchiò lui, mentre lo rivedeva risalire.
Sembrava un bambino e non un quasi -
cinquantenne.
“Greg, è ora di
pranzo.”
“Portami un
panino.”rispose l’altro, trascinandolo su con
lui.
“Andiamo a mangiare. Su,
vieni. Non fare il bambino!”
Per tutta risposta Greg gli fece la
linguaccia.
“Come non detto.”
“Prima voglio provare una
cosa.”
Ed iniziò ad incamminarsi
più sopra.
“GREG! Dove diamine
vai?”
Gli corse dietro. Per arrancare con
un bastone ed in tenuta
da scii, arrancava benissimo e veloce.
Forse sul serio il freddo gli aveva
anestetizzato la gamba e
non sentiva dolore.
Si rese conto troppo tardi di dove
erano arrivati.
Alla pista media, decisamente
più grande e ripida
dell’altra, anche se priva d’ostacoli come quella
per principianti.
Intuì immediatamente
quello che voleva fare.
“GREG! No, ti prego. Non
farlo.”
“Andiamo! Smettila di
preoccuparti. Non mi accadrà nulla.
Sono bravo o no?”
“Te la cavi. Su quella per
principianti. Questa è molto più
ripida. Se cadi, e cadi male, rischi di…”
Greg lo ignorò e prese
posizione.
“Ci vediamo di
sotto.”ghignò, ridendo.
James l’afferrò
per un braccio, ma Greg si stava già dando
la spinta.
Aveva una bruttissima sensazione.
Maledizione, se cadeva su quella per
principianti, allora…
Lo vide scendere, gridando come
un’idiota, ripidamente, lo
vide prendere sempre più velocità…
Poi d’un tratto lo vide
scivolare bruscamente e ruzzolare di
sotto.
Fece scivolando gli ultimi metri che
lo separavano dalla
fine.
E giacque, immobile.
“GREG!”
S’aspettava di vederlo
alzarsi, trionfante, con un ghigno
sul volto, come a voler dire “Te l’ho
fatta!”.
Ma Greg rimase immobile.
Preso dal panico, James si diede la
spinta e sciando, si
precipitò di sotto.
Non s’accorse della
bellezza della discesa, ma si rese solo
conto di quanto fosse ripida e difficile e pericolosa per uno che non
prendeva
in mano gli scii da una quarantina d’anni.
Pazzo!
Arrivò, sterzando accanto
all’amico e si chinò su di lui,
voltandolo su un fianco e togliendogli la neve di dosso.
Era svenuto
Agitatissimo, gli sfiorò
il volto, tremante, mentre gli
toglieva il guanto per sentire bene il polso.
Batteva ancora.
La caduta era stata davvero brutta e
Greg aveva fatto
scivolando parecchi metri.
Non osò muoverlo, temendo
che si fosse rotto qualcosa.
“Maledizione!”
“AIUTO!”urlò
con tutto il fiato che aveva in gola.
“AIUTATEMI!”
Dopo pochissimo venne raggiunto da
tre uomini, anche loro in
tenuta da scii, dalla pista di fianco.
“Cos’è
successo?”
Uno di loro parlò, con uno
strano accento tedesco.
“E’ svenuto.
È scivolato mentre sciava ed ha fatto una
brutta caduta.”
Vide un altro, biondo ed alto che
chiamava i soccorsi con il
proprio cellulare.
“Non si preoccupi. Il mio
amico sta chiamando un’ambulanza.
Fortunata che prende qui il suo
cellulare.”
James si liberò di
occhiali e scii e fece lo stesso,
delicatamente, con Greg.
Rimase immobile, probabilmente
pallidissimo, finchè non
arrivarono due infermieri e caricarono Greg su una barella.
Li seguì, ancora tremante
nell’ambulanza.
Le due- tre ore successive furono
molto angosciose.
Dovette rispondere a tutte le domande
di un infermiere
pedante e noioso che era interessato a sapere perfino se Greg avesse
mai avuto figli
o gatti.
“Lei
è?”
“Un suo amico.”
“Non ha nessun parente,
qui?”
“Ha 49 anni, non ha
più bisogno di avere l’accompagnamento
dei genitori. Ora lo posso vedere?”
“Lo stanno ancora
visitando.”
“Vi ho detto tutto
ciò che c’era da sapere. Per quanto mi
riguarda la cosa più importante era che ha un cancro al
cervello. Gli avete
fatto o no una maledettissima TAC?”
“Si calmi,
signor…”
“Wilson!”
“Wilson, sono un
medico!”
“Anche io e sono il suo
oncologo.”
L’infermiere parve zittito.
Poi ricominciò.
“Dovrei avvertire la
famiglia.”
“L’avverto io, se
non le dispiace. Ora posso vedere il mio
migliore amico o è chiedere troppo?”
Era esasperato e disperato allo
stesso tempo.
Voleva spaccare la faccia a quel tipo
pedante, ma allo
stesso tempo voleva sapere da lui dove diamine fosse Greg.
Forse la vicinanza di Greg
l’aveva reso più impulsivo o la
preoccupazione lo spingeva a spaccare la faccia ad infermieri pedanti.
Ad evitare spargimenti di sangue
arrivò un altro dottore.
“Lei è un amico
del signor House?”
“Sì!”disse,
forse troppo bruscamente.
Il dottore era sulla sessantina,
dall’aspetto gentile, ma
allo stesso modo forte e vigoroso.
James si pentì del tono
usato.
“Sono io.”disse,
più calmo.
“Roger, faccio io. Va al
secondo piano ed aiuta Madaleine.”
“Sì, dr
Hils!”
E l’ometto pedante
andò via.
“Mi scuso per Roger. Certe
volte è un po’ invadente. Fa
troppe domande.”
“Decisamente.”
“Come
sta?”aggiunse.
“Gli abbiamo fatto una TAC
come ci ha suggerito lei, appena
siete arrivati qui. Non c’è nessuna frattura, o
commozione. La testa è a posto,
fatta eccezione per il tumore.”
“Posso vederla? Sono un
medico anche io, il suo oncologo,
precisamente.”
“Sì.
Ecco.”
Tirò fuori da una cartella
la TAC
e gliela porse.
James la scrutò.
Il tumore continuava a regredire.
Meno male.
“Cos’ha?
Perché è svenuto?”
“Probabilmente per la forte
botta presa. È caduto
rovinosamente su un fianco ed ha due costole incrinate ed il polso ed
alcune
ossa della mano sinistra sono rotte.
Per il resto, solo qualche livido un
po’ qua e là. Stia
tranquillo.
Ma al momento consiglierei di evitare
gli scii.”
“Stia tranquillo. Non ne
vedrà un paio per molto moltissimo
tempo.”
“Le posso fare una
domanda?”
“Certo.”
“Per caso è il
suo compagno?”
La domanda spiazzò James.
“Cosa?”
“Non mi fraintenda, ma ho
visto con quanta apprensione ed
affetto gli è stato vicino.
Dal modo in cui lo guardava o come
parlava a Roger per
vederlo, ho pensato ad un tipo di legame più forte di
un’amicizia, anche se
fortissima, come ritengo sia la vostra.”
Non lo conosceva nemmeno, ma li aveva
analizzati alla
perfezione entrambi.
“E’ bravo a
leggere le persone.”
“Sì, direi di
sì.”
“Non è il mio
compagno. Non esattamente.”
“Ma avete una storia,
giusto?”
Una storia. La loro poteva chiamarsi
storia? Greg poteva
chiamarla storia, riservato com’era?
E lui? Sì, lui
sì, l’avrebbe chiamata così. Ma non
sapeva
che avrebbe pensato Greg a tal proposito.
“Una via di
mezzo.”ammise.
Il dottore Hils gli sorrise.
Poi gli indicò una porta.
“E’ sveglio.
Può andarsene tra un’ora, al massimo.”
“Grazie, dottor
Hils.”
E s’avviò verso
la porta, indicatagli.
Era furioso con lui. Se solo gli
avesse dato retta! Non gli
sarebbe accaduto nulla!
Era un’idiota, un cretino,
un testardo…
Entrò e lo vide, disteso
su un fianco, probabilmente non
quello delle costole incrinate.
“Jimmy…”lo
salutò ed abbozzò un sorriso.
Schiaff!
James gli si era avvicinato e gli
aveva mollato uno
schiaffo, lasciandogli l’impronta delle cinque dita sulla
guancia destra.
Greg non reagì.
Il dolore dello schiaffo si
sommò a quello per il polso, la
mano e le due costole.
“Sei un’idiota.
Domani torniamo a casa.”
“No.”
“Me l’avevi
promesso, Greg! Mi avevi promesso di non fare
stupidaggini!
E credo che fare la discesa media,
quando eri già caduto su
quella per principianti, sia una delle stupidaggini vietate!”
“James,
no…”
“Zitto o ti arriva un altro
schiaffo.”
Greg tacque.
James si sedette su una sedia,
lontano dal suo letto.
Era davvero molto arrabbiato.
“E’ un record.
Siamo arrivati ieri sera ed oggi ad ora di
pranzo, siamo in un ospedale per una tua stronzata. Davvero da mettere
nel
libro dei record.”
Driin Driin
Era il cellulare di James. Lo prese.
Tre chiamate perse da parte della
Cuddy, che gli stava
telefonando in quel momento.
“Pronto, Cuddy?
Sì, scusa. Ma sono all’ospedale.
Sì, nulla di grave. Greg
è caduto su una pista media. No,
tranquilla.
Ha due costole incrinate ed il polso
ed alcune ossa della
mano sinistra rotte.
Poteva andargli molto peggio.
Sì, gli dirò che è un’idiota
folle. Sì, buona Vigilia anche a te.”
Chiuse la conversazione.
La Vigilia.
Se
n’era dimenticato.
Posò lo sguardo su Greg e
lo vide con gli occhi chiusi,
l’impronta della sua mano ancora impressa forte sulla sua
guancia.
Non ce la fece a rimanere arrabbiato
con lui.
L’ondata di furia era
svanita rapidamente come era arrivata.
Si sedette sul bordo del letto.
“Senti dolore?”
“No. Mi hanno dato un
po’ di morfina.”
Continuò a tenere gli
occhi chiusi.
“Se sei arrabbiato con me,
vattene. Ci torno da solo
all’hotel.”
“Non sai la strada, dormivi
mentre guidavo.”
“Non per tutto il tempo. E
poi posso chiedere informazioni.”
Silenzio.
“Hai fatto una stronzata,
voglio che te ne renda conto.”
“Che vuoi fare? Levarmi la
paghetta per un mese, mamma?”
“Tu non andrai mai
più sugli scii, ok? So benissimo che se
ti portassi via da qui, faresti un’altra delle tue per
ottenere quello che
vuoi. Con te non funziona nulla.
E non posso neanche minacciare di
abbandonarti, perché sarei
il primo a non farcela.
Quello che mi fa più
arrabbiare è che sembra che qualsiasi
cosa ti scivoli addosso.
Mi hai detto che sono stato
un’idiota a provare qualcosa per
te, di più profondo dell’affetto che provavo per
il mio migliore amico. Mi hai
detto che la cosa che ti faceva stare più male era sapere
che oltre a te ci
avrei rimesso anche io.
Ma non te ne importa, invece. Ero
terrorizzato lassù. Ti ho
pregato di non farlo, di non scendere.
Hai ghignato ed hai riso, Greg. Mi
hai riso in faccia e sei
sceso.”
Era deluso, addolorato.
“Ti ho deluso.”
Non era una domanda, bensì
un’affermazione.
E la risposta già la
sapeva.
Ma sentirla fece ancora
più male.
“Sì,
molto.”
Tacquero.
“Rimaniamo qui come avevamo
previsto. Ma non posso
nascondere il mio dispiacere.
Vorrei che capissi che nella tua vita
non ci sei soltanto
tu.
E vorrei avere anche solo un
po’ dell’immensa considerazione
che hai per te stesso.
Mi hai deluso
profondamente.”
Ciao!!! XD
Un grazie a:
H W: grazie per
aver commentato! spero ti piaccia anche questo!!! dimmi che ne pensi!
lady
house: Dio, che grezza! scusa, non me ne sono accorta proprio!
vabbè...grazie per il commento e dimmi che ne pensi di
questo!
Kagura92:
grazie per i tuoi complimenti!!! sono contenta che ti piaccia la mia
storia. Ci hai preso sulla storia del cioccolato! Remus mi è
stato
molto utile! comunque è vero! funziona sul serio! dimmi che
ne pensi!!!
Ciaooooooooo
Baciotti baciottosi
|
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Capitolo 18 *** Ora ci sei anche tu ***
Deludere James fu una delle cose che
fece più male, in tutta
quella storia.
James rifiutò di parlargli
per tutta la giornata.
Tornati all’hotel ognuno di
loro si chiuse nella rispettiva
camera.
E quando la sera Greg non si
presentò, James non fece
assolutamente nulla.
Stava bene. Stava solo tenendo il
broncio, come un
adolescente viziato.
E James si rendeva conto di come
fosse lui stesso la persona
che l’aveva viziato.
Greg era abituato ad avere tutto
ciò che desiderava.
Faceva di testa sua, non fregandosene
degli altri.
E questo riusciva ad accettarlo,
prima. Ma adesso che, come
un’idiota, si era innamorato di lui, non lo reggeva
più. Faceva parte della sua
vita, era il suo migliore amico, anche se James provava qualcosa di
più.
Avrebbe voluto avere….non
so…un qualche tipo di
considerazione in più.
Erano le 5 del mattino quando
sentì squillare il cellulare.
Mezz’assonnato James si
passò una mano sugli occhi, sbadigliò e
rispose, con la seria intenzione di mandare al diavolo chiunque avesse
chiamato
a quell’ora.
Ma quando sentì la voce,
furono le intenzioni ad andare al
diavolo.
“Hai ragione. Hai ragione
su tutto.”
“Greg?”
Era ancora mezz’assonnato,
ma la sua voce l’avrebbe
riconosciuta in qualsiasi momento.
“Sì. So che ti
ho deluso e mi dispiace. Davvero.
Volevi che capissi che non
c’ero soltanto io nella mia vita.
Ma ti sbagli.
Ci sono soltanto io nella mia vita.
Sono abituato da troppo
tempo a pensare solo a me stesso.
Anche quando stavo con Stacy non
c’era spazio per lei. Hai
detto che avresti voluto avere anche solo un po’
dell’immensa considerazione
che avevo per me stesso. Sono un egoista bastardo, James.
Mi conosci. Ma non ho voglia di
litigare con te. Nessuna
voglia.
Ti ho detto che ci sono soltanto io
nella mia vita. È vero,
o lo era fino a poco tempo fa.
Sei fin troppo sensibile, ti lasci
troppo coinvolgere,
t’affezioni troppo a tutti i tuoi pazienti, hai bisogno delle
persone
bisognose, sei come un vampiro in cerca di sangue fresco.
Ma sei il mio migliore amico e sto
bene con te.
Ed ora in questi mesi mi sono sentito
bene con te in modo
diverso, più…profondo.
Tengo molto a te e sono sincero. Ti
farei usare su di me una
macchina della verità, se ne avessi una nelle vicinanze. Ma
sarà per una
prossima volta.
Quindi se ti va di far parte della
mia vita, e non solo come
mio migliore amico, potremmo…potremmo provarci.”
Ora James era completamente sveglio.
Si lavò velocemente e
si vestì.
“E se non
funzionasse?”chiese.
“Potremmo sempre provare
con la terapia di coppia.”propose.
James rise.
“Ma sono certo che
funzionerà. Mi conosci bene, dopotutto.
Ed io conosco bene te.
Facciamo la pace, su!”
Lo supplicò, come un
bambino piccolo, una nota di risata nella voce.
James sorrise.
“D’accordo. Ma ti
avviso, le cose cambieranno. Dovrai darmi
ascolto ogni tanto.”
Lo sentì ridere e gli si
rizzarono i peli sulla nuca.
“Te lo concedo.”
“Dove sei?”
“Vago solitario per il
parco. Mi fai compagnia?”
“Fermati alla panchina
dell’ultima volta. Ti raggiungo lì.”
“Una domanda: ma sono
l’unico qui a sentire freddo?”domandò
James, vedendolo in felpa e jeans.
“Direi di
sì.”
“Sei matto ad uscire senza
giacca. Ti verrà un accidenti.”
Greg scrollò le spalle.
James rimase in piedi di fronte a
lui, guardandolo.
Il suo sguardo andò alla
mano fasciata ed al suo ghigno in
volto.
“Ho ammesso di avere torto.
E credimi, è un grande passo
avanti per me.”disse Greg.
James sorrise.
“Vero.”
Greg si alzò e si
avvicinò a lui, finchè non fu distante
solo pochi centimetri dal suo viso.
Si sentiva invaso da
un’ondata d’eccitazione ed euforia, nel
trovarsi così vicino a James, come pochissime volte gli era
capitato.
Annullò le distanze fino a
posargli un bacio sulle labbra.
Fu come baciarlo per la prima volta,
la stessa forte
emozione, anche se la prima volta l’aveva fatto
istintivamente.
Ora lo voleva, lo voleva
disperatamente.
Gli posò la mano fasciata
dietro la nuca ed una attorno alla
vita, attirandolo a sé, con dolcezza.
James lo lasciò fare,
ignorando che si trovavano nel bel
mezzo del parco di un hotel e che qualcuno li avrebbe potuti vedere.
Greg gli passò una mano
tra i capelli.
Quando si staccarono sembrava passata
un’eternità.
Etchiù!
Greg interruppe il momento di pace,
starnutendo.
“Andiamo dentro,
vieni.”disse James, passandogli un braccio
attorno alle spalle e pilotandolo verso l’ingresso.
Driin Driin!
“James Wilson, se non
spegni quel dannato cellulare gli
faccio fare un volo dal tetto
dell’hotel!”minacciò Greg, alla terza
chiamata
sul cellulare dell’amico.
James gli fece segno di stare zitto.
“Sì, sono io.
Sì, è qui con me. Greg, è tua
madre.”
“Come mai ha il tuo
numero?”
“Perché tu hai
il cellulare per gioco. Voleva rintracciarti
ed ha chiamato me.”
“Due piccioni con una
fava!”sussurrò, prima di rispondere.
“Ciao, mamma.
Sì, sto bene. No…cosa? La Cuddy!
No, non mi sono rotto
nulla!
A parte il polso. Sto bene.
Sì, lo so, non lo devo fare più.
Buon Natale anche a voi.”
Chiuse la conversazione.
“Tutti quanti sanno che
sono caduto dagli scii.”
James fece spallucce.
“Gliel’avrà
detto la Cuddy.
Perché hai il cellulare
spento?”
“Perché sono un
povero malato zoppo che non vuole rotture.
Etchiù! Etchiù! Etchiù!”
“E che si è
beccato un raffreddore. Vieni in camera mia.”
“Sei già a
rischio se mi stai accanto. Se facciamo sesso,
allora…”
“Possibile che pensi solo a
quello?”
“Mi dici “vieni
in camera mia”!”
L’oncologo alzò
gli occhi al cielo, ma Greg lo seguì,
ridendo.
Le due stanze erano molto simili. Un
letto matrimoniale, un
bagno, due armadi, comodino, e…
“Hai la TV!
Non vale, in camera mia non c’è! Mi trasferisco da
t…”
James, che stava rovistando in un
armadio, gli tirò addosso
un paio di pullover.
“Che ci devo fare? Se vuoi
che te li stiri, hai sbagliato
persona!”
“Mettiteli. Dovrebbero
starti. Devi coprirti di più.”
“Pensavo di piacessi senza
vestiti!”
Greg ghignò.
“Idiota.”bofonchiò
James.
Greg sprofondò nel suo
letto, gli occhi chiusi.
Poco dopo udì le molle del
letto cigolare e James posargli
una mano sulla spalla.
Lo sentì stendersi accanto
a lui e voltarlo lentamente verso
di sé.
Era preoccupato.
“St…”
Prima che potesse finire la frase
Greg venne zittito da un
suo bacio.
Era un ottimo modo per metterlo a
tacere, doveva
riconoscerlo.
James si issò su di lui,
baciandolo con intensità sulle
labbra.
Greg le sentiva morbide e calde
contro le sue. Sfiorò la sua
lingua con la propria e non riuscì a reprimere un brivido di
piacere.
James era a cavalcioni su di lui e
gli baciò con foga il
collo, lasciandogli piccoli morsi.
Scese lentamente togliendogli di
dosso la felpa scura e
gli mordicchiò
i capezzoli, le mani
posate sul suo petto.
Faceva attenzione a non premere sul
torace; temeva di fargli
male per via delle costole incrinate.
Greg teneva gli occhi fissi su di
lui. James lo desiderava,
se ne rendeva conto.
Le sue mani esperte scesero
più giù arrivando ai jeans.
Portò una mano sotto i
boxer e lo sfiorò, facendo gemere
Greg.
Risalì lentamente e
catturò nuovamente le sue labbra in
altri baci favolosi, circondandogli la vita con una mano e sfiorandogli
il
petto con le dita, su e giù.
“James…”
“Shh. Fa fare a
me.”
James si tolse il maglione e
ridiscese nuovamente,
giocherellando con la cinghia dei jeans, prima di sfilargliela.
Affondò nuovamente la mano
nei boxer del diagnosta e glieli
sfilò con un rapido gesto.
Ora Greg era completamente nudo,
sotto di lui.
James si tolse velocemente il resto
dei vestiti e li gettò
in un angolo, insieme a quelli di Greg, mentre lo toccava ripetutamente
con le
mani.
Greg gemeva di piacere. Era
completamente in suo potere. E
amava tutto ciò.
Sentì le sue labbra sul
suo pene e gemette più forte.
“James…non…ah!”
James posò più
e più volte le sue labbra sul pene di Greg,
facendolo gridare di piacere.
Gli allargò piano le gambe
ed entrò dolcemente, come tutte
le volte, senza fargli male.
Se fosse successo, non se lo sarebbe
mai perdonato.
Ondeggiò con il bacino, su
e giù. Vedeva Greg con gli occhi
chiusi, le labbra socchiuse, che gemeva forte.
Risalì dolcemente su di
lui e lo circondò con le proprie
braccia, baciandolo svariate volte sulle labbra e sul collo.
Lo sentiva tremare leggermente e
s’affrettò ad andare sotto
le coperte, stringendolo al cuore.
Greg teneva lo sguardo fisso su di
lui.
“Che
c’è?”sussurrò. “Ti
ho fatto male?”
“No, non lo fai
mai.”
Chiuse gli occhi, e si
lasciò avvolgere dal suo tepore,
finchè non sprofondò nel mondo dei sogni.
Salve
a tutti!
Un
grazie a:
Kagura92:
Grazie per il commento!!! Ecco cosa Greg ha deciso di fare. Con James
accanto, con questo nuovo rapporto devo ammettere che è
cambiato...un pò! Dimmi cosa ne pensi!!!!
H
W: Grazie, mia cara! Dimmi cosa ne pensi di questo chappy!!!
UN bacioneeeeeeee
|
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Capitolo 19 *** Ritorni, litigi ed ammissioni: Ho bisogno di te... ***
“Che cosa hai intenzione di
fare? Sciare mentre io ti
osservo, seduto qui come un cretino?”chiese House, seguendo
l’amico su per la
salita, il giorno dopo.
“Sì, era quella
la mia intenzione. La prossima volta eviti
di fare discese pericolose.”
“Che vuoi che
faccia?”
Greg gemette di colpo, si
fermò a metà salita, la mano su un fianco.
James gli si precipitò
accanto.
“Le costole?”
Il diagnosta annuì.
Tremava leggermente.
“Rimani giù, ok?
Non fare movimenti bruschi. Passerà. Averle
rotte sarebbe stato anche peggio.”
“Lo sai?”
“Sì. Mi sono
rotto una costola quando avevo 10 anni. Cadendo
da un albero.”
“Imitavi Tarzan?”
“Una via di
mezzo.”
Greg ghignò, mentre
scendeva alla fine della pista media,
sedendosi su un cumulo di neve.
Proprio dove due giorni fa era caduto.
Le piste erano piene di gente,
stavolta, contrariamente a
quando era caduto lui.
Osservò James sciare con
un’agilità aggraziata e sorrise tra
sé.
L’oncologo si
avvicinò investendolo di neve.
“Ah, ah, ah! Davvero molto
maturo da parte tua, James
Wilson.”fece Greg, liberandosi dalla neve sul volto.
“Mi sento in colpa
perché ti ho lasciato qui ad annoiarti.”
“Non ero in castigo,
mammina?”
“Devo essere un pessimo
genitore, allora. Dopo facciamo
quello che va a te.”
“Sai bene cosa mi
va.”
“Oltre al
sesso…”e qui abbassò la voce per non
farsi sentire
dagli altri sciatori. “Null’altro?”
Greg si finse pensieroso.
“Mmm. No!”
James alzò gli occhi al
cielo.
“Ad essere sincero lo farei
anche qui in questo momento. Se
solo non ci fosse tanta gente.”
Greg lo guardò malizioso e
l’amico si sentì nudo di fronte a
lui, metaforicamente parlando.
Lo guardava con tale
intensità che sembrava volergli leggere
nella mente.
James ridacchiò.
“E’ la stessa
cosa a cui sto pensando anche io.”
“Siamo in sintonia,
allora.”
“Lo sai che è
così.”
Si chinò su di lui e gli
passò un braccio attorno alle
spalle, stringendolo brevemente a sé per un attimo.
Incidente a parte, fu una bella
settimana bianca.
Andarono in giro per il paese, nei
bar, divertendosi a
giocare a battaglie di neve e ridendo come bambini.
C’erano momenti in cui Greg
si fermava, riposandosi, gli
occhi chiusi, la mano su un fianco.
Il dolore andava scemando anche se
non era scomparso del
tutto.
Spesso James gli lanciava occhiate
preoccupate quando lo
vedeva disteso sul letto o accoccolato su una poltrona del salotto
dell’albergo, accanto al fuoco.
Temeva si sforzasse troppo.
“La devi smettere di
preoccuparti.”biascicò lui 4 giorni
dopo il loro arrivo.
Sedeva su una poltrona, raggomitolato
su un fianco, accanto
al camino.
James si sedette sul tappeto accanto
a lui e reclinò la
testa all’indietro posandola sulla poltrona.
“Non sono un robot. Non ho
il tasto stop o pausa.”
Gli posò una mano sul
braccio.
“Hai preso le
medicine?”
“Sì, smettila di
chiedermelo.”
Questa stanchezza non faceva altro
che preoccupare
ulteriormente James.
“Vieni, su. Ti porto in
camera.”
Si chinò su di lui e lo
aiutò ad alzarsi.
Quando furono nella camera di Greg,
il diagnosta crollò sul
letto e, afferrato James per la maglia, lo tirò su di
sé.
“Sei il
solito.”bofonchiò quest’ultimo.
Si trovava a pochi centimetri dal suo
volto ed il suo
sguardo indugiò sulle sue labbra perfette ed invitanti, per
poi risalire verso
i suoi occhi magnetici.
E nell’incrociarli
arrossì, senza motivo.
“Ti metto in
imbarazzo?”
Se n’era accorto. Ovvio, a
Gregory House non sfuggiva nulla.
James si liberò dalla sua
stretta e si stese accanto a lui.
“No.”mentì.
“Bugiardo.”
Greg teneva gli occhi chiusi.
Si spostò su un fianco e
posò la testa sulla spalla di
James.
L’oncologo lo strinse al
cuore.
“Non mi metti in imbarazzo,
Greg.”
“Ti piaccio.”
“Lo sai che è
così.”
“Ridillo.”
“Cosa? Che mi
piaci?”
“No, l’altra
cosa.”
James alzò gli occhi al
cielo, o, in questo caso, al
soffitto della sua stanza d’albergo.
“Perché?”
“Mi piace
sentirlo.”
Teneva gli occhi chiusi.
James gli passò un braccio
attorno al collo e gli sfiorò i
capelli scuri.
“Ti amo.”gli
sussurrò piano all’orecchio.
“Mmm…”
Pochi minuti dopo era già
profondamente addormentato.
“Vi siete divertiti in
vacanza?”
La Cuddy
accolse James con un sorriso e lanciò uno sguardo
preoccupato a Greg.
“Tantissimo, Raggio di
Sole! E vedo che sei riuscita a
sopravvivere alla mia lontananza!
Anche se i trenta messaggi al giorno
potevi risparmiarteli!
So di essere vitale per questo ospedale, ma…”
La Cuddy
alzò gli occhi al cielo per poi puntarli sulla fasciatura
alla mano del
diagnosta.
“Sei il solito
pazzo.”sospirò.
“Sto bene, su! Poteva
andarmi peggio, no?”
“Certo. Potevi romperti
l’osso del collo.”disse James, sarcastico.
“Non accadrà.
Perché ci sarai tu a
proteggermi.”affermò
Greg, ridendo, mentre James abbozzava un sorriso.
La bella dottoressa li
guardò sorridersi.
Erano diversi.
House era sempre stato un tipo
strano, ma in quegli ultimi
tempi aveva notato un netto cambiamento dei rapporti tra i due amici.
Gli sguardi che si lanciavano, le
battute allusive, come se
avessero un segreto in comune, prezioso che temevano di rivelare al
mondo intero.
“Non
accadrà. Perché
ci sarai tu a proteggermi.”
L’aveva detto in un
modo…la
Cuddy non avrebbe saputo
come definirlo…
Non era sicuro, non solo
almeno…l’aveva detto come se non
gli pesasse affatto essere protetto da qualcun altro e ciò
andava contro il suo
maledetto orgoglio…o almeno prima sarebbe stato
così, ma ora?
Greg s’appoggiò
al lavello del bagno, respirando a fatica.
Serrò gli occhi, tremante
da capo a piedi.
Si sentiva debolissimo ed il suo
respiro era rado.
Posò lo sguardo sullo
specchio del bagno e gli restituì lo
sguardo un uomo pallidissimo, bianco come un cencio.
Erano passati alcuni giorni dal loro
ritorno.
Il tumore era diminuito, presto si
sarebbe potuto operare.
Sempre che non fosse morto prima.
I medicinali che stava assumendo, o
meglio, che aveva
assunto, ora se ne rendeva pienamente conto, avevano un effetto
devastante sul
suo organismo.
Gli stavano distruggendo polmoni e
cuore.
Aveva avuto una crisi respiratoria
tempo fa e pochi giorni
fa aveva dovuto rallentare di proposito i battiti del suo cuore, per
evitare un
attacco cardiaco.
Sfortunatamente James era entrato nel
suo ufficio proprio
nell’istante in cui si era ficcato la siringa nel braccio.
“Greg!
Cosa diavolo
stai facendo?”
James corse
verso di
lui e gli tolse la siringa di mano gettandola lontano.
Ma ormai era
vuota ed
il suo contenuto stava aiutando Gregory House ad evitare un attacco di
cuore.
“Cosa
diavolo era?”
Greg non
rispose.
Tentò
di alzarsi dalla
sedia, ma le gambe gli cedettero e ricadde a terra.
James
l’afferrò al
volo prima che potesse toccare il suolo.
Sedette, con
il
compagno tra le braccia, terrorizzato.
Greg teneva
gli occhi
chiusi, ma tentò ugualmente di rialzarsi e liberarsi dalla
presa protettiva di
James.
L’oncologo
non lo
lasciò andare.
Gli
misurò il polso. I
battiti erano rallentati, grazie al contenuto della siringa, ma erano
ancora
irregolari.
“Eri
tachicardico?
Stavi per avere un attacco di cuore?”sussurrò.
Greg non
rispose.
Teneva la
testa posata
sulle ginocchia dell’amico, sul pavimento.
“HOUSE!
Rispondi,
maledizione!”
L’aveva
chiamato per cognome.
Cosa che non accadeva da una vita, ormai.
Il diagnosta
aprì la
bocca e fece per parlare, ma non uscì alcun suono.
Deglutì
un paio di
volte e riprovò.
“S-S-Sto
bene.”
“Io
sospendo le
cure.”decretò James.
“NO!”
“Stavi
per avere un
attacco di cuore, cazzo! Lo vuoi capire sì o no?”
Greg si
alzò, facendo
leva sulla sedia per rizzarsi in piedi e si allontanò da lui.
Aveva uno
sguardo
stralunato.
“Non
osare fare una
cosa del genere! Non azzardarti!”
Anche James
si alzò e
lo fronteggiò.
“Sono
io il tuo
oncologo.”
“Ed
io sono il
paziente, nel caso te ne fossi scordato.”
“Il
tumore si è
ridotto, potremo operare.”
“No.
Non ancora. Io
non mi metto volontariamente sotto i ferri senza avere la certezza che
venga
asportato del tutto. Aspettiamo che si sia ridotto ancora un
po’.
Ho bisogno
di queste
medicine.”
“Più
del Vicodin?”
“Di
entrambe le cose.
Non intendo interrompere un bel niente.”
“Così
t’ammazzerai!”
“Non
farò né più né
meno di quello che sta già facendo il tumore!”
“Sei
un’idiota! Queste
maledette medicine ti stanno distruggendo! Anche in vacanza!
C’erano dei
momenti in cui non riuscivi a reggerti in piedi!”
“Capitava
anche prima
d’iniziare questa terapia!”
“Non
così! Potevi
sentirti debole, ma non è mai successo che non riuscissi ad
alzarti dal letto.”
“Mi
sa che questa è
colpa tua, non delle medicine.”
Greg
ghignò e ciò fece
andare su tutte le furie James.
“ORA
BASTA! Ti levo
immediatamente le medicine e ti farai subito una TAC! Se le dimensioni
del
tumore non saranno quelle richieste, useremo un’altra
terapia. Ma non assumerai
più quelle medicine.”
Fece per
andarsene, ma
la voce di Greg lo bloccò con la mano sulla maniglia.
“Se
mi togli le
medicine, sappi che è finita.”
James rise,
dandogli
le spalle.
“Non
morirai per
l’interruzione di una terapia.”
“Intendevo
tra noi.”
James si
voltò verso
di lui, sorpreso.
“Non
dirai sul serio?
Andiamo, è u…”
“Dico
sul serio.”
Ed era
serissimo,
sprofondato nella sua sedia girevole.
“Stai
esagerando.”
“Io
ho bisogno di
quelle medicine, tu di me. Se me le togli, perderai anche me.
Ti
vorrò fuori dalla
mia vita. Io troverei un modo per ottenere ciò che voglio,
ma tu?
Ce la farai
senza me
nella tua vita?”
“E
tu? Ti sarebbe
davvero indifferente
la mia uscita di
scena?”
“Meno
che a te, di
sicuro.”
“Và
al diavolo, Greg.”
“Allora?
Che farai? Me
od i tuoi stupidi criteri?”
“Se
i miei stupidi
criteri servono a salvarti, scelgo loro. Preferisco vederti vivo e
lontano, che
morto e lontano comunque.”
E se ne
andò.
Ed erano tre giorni che non prendeva
quelle medicine.
James aveva mantenuto la sua parola,
gli aveva tolto le
medicine, e si era allontanato da lui, lasciando la casa ed andando in
un
albergo lì vicino.
“Stupido
idiota!”pensò.
Mancava ancora meno di mezzo
centimetro per poterlo operare
tranquillamente ed ora stava seguendo un’altra terapia.
Ora si sentiva malissimo. Cuore e
polmoni portavano lesioni,
provocandogli ancora, nonostante l’interruzione della
terapia, crisi e
complicazioni.
E non potevano aggiungere ulteriori
medicine per
proteggere i due organi, perché avrebbero alterato
l’effetto della terapia.
Odiava James in quel momento.
Lo odiava perché se
n’era andato, perché aveva scelto la sua
vita, perché l’amava troppo per scendere a
compromessi, perché era stato
disposto a sacrificarsi per proteggerlo.
Perché ora il vuoto
lasciato da lui in quella maledetta casa
e nella sua maledetta anima, gli stava facendo capire quanto fosse
stato
importante, troppo importante.
“E
tu? Ti sarebbe
davvero indifferente
la mia uscita di
scena?”
“Meno
che a te, di
sicuro.”
Era stata una bugia, una grossissima
bugia.
Per tre giorni non si erano rivolti
la parola. Tre giorni.
Sentiva che non ce
l’avrebbe fatta a resistere ancora.
Si stava dimostrando debole, molto
più di quanto pensasse di
essere.
Debole.
Aveva BISOGNO di James. Non delle
medicine, non del Vicodin,
quelle erano cose secondarie.
Aveva bisogno di LUI.
Ed era stato troppo orgoglioso per
poterlo ammettere, troppo
cieco per vederlo, e fin troppo sordo per sentirlo.
Lui, il geniale diagnosta, il grande
medico, lui che aveva
fatto vanto della sua freddezza, del suo orgoglio, della sua
insensibilità, si
rendeva conto di non riuscire a fingere ancora.
Prese il telefono e compose
istintivamente SOS Wilson,
ovvero il numero di cellulare del suo amico.
Al secondo squillo
riattaccò.
Si sentiva come un ragazzino alla sua
prima cotta!
Sospirò a fondo prima di
ricomporre il numero.
James rispose al primo squillo.
“So che sei tu. Conosco a
memoria il tuo numero.”
Aveva la voce impastata dal sonno.
Cosa comprensibile dato che erano le
tre della mattina.
“Ciao.”
Greg si lasciò scivolare
sul freddo pavimento del bagno, la
schiena contro il muro.
Sentì dei rumori
dall’altro capo del telefono.
“Stai bene, Greg?”
“Ho vomitato tre volte nel
giro di un’ora, se è questo che
volevi sapere.”
“Volevi dirmi
qualcosa?”
James tentò di dimostrarsi
freddo e distaccato, ma il suo
cuore batteva all’impazzata.
“Mi dispiace. Mi dispiace
tanto.”pensò Greg, ma dalle sue
labbra non uscì una sola sillaba.
Riprovò.
“Avevi ragione.”
“Sempre. Ma a quale preciso
momento ti riferisci?”lo prese
in giro.
Greg chiuse gli occhi.
“Hai voluto solo
proteggermi. Ma ormai il mio…corpo…è
danneggiato.
Anche se abbiamo iniziato
un’altra terapia per ridurre
ancora il tumore, non…
Mi dispiace, James.”
Si sentiva malissimo, come se
qualcuno gli stringesse il
petto in una morsa soffocante.
Il cuore batteva a mille e respirava
a fatica.
Poteva significare solo una cosa:
stava per avere un altro
attacco di cuore.
Sentì altri rumori
dall’altro capo del telefono: un numero
digitato, la porta che sbatteva.
Si piegò su sé
stesso.
“Sono da te in un attimo.
Calmati. Respira. Respira
profondamente. Ho chiamato l’ambulanza con il telefono
dell’albergo. Greg, sono
in macchina, ok?”
Greg mugugnò.
L’albergo era vicino casa
di Greg.
Telefono in mano James percorse di
corsa le tre strade che
li separavano, il cuore in gola.
Lo sentiva gemere al cellulare,
tremante.
Afferrò le chiavi dal
giubbotto, spalancò la porta
dell’appartamento.
E lo vide accasciarsi sul pavimento
del bagno, nel preciso
istante in cui varcò la soglia.
“GREG!”
Lasciò cadere il telefono
per terra e corse da lui.
Gregory House era accasciato sul
pavimento, immobile.
“No no no no!”
Non c’era battito.
“NO! GREG, NO!”
Lo colpì al petto per far
ripartire il cuore, soffiandogli
aria nei polmoni.
“MALEDIZIONE, GREG!
NO!”
Si sentiva morire, il cuore in gola.
Perché non arrivava quella
maledetta ambulanza? Perché?
Al suo sesto tentativo, Greg riprese
a respirare.
Boccheggiò, tremando da
capo a piedi e sussultò nel vederlo
chino su di lui.
“J-Ja…”
Tentò di dire, ma James lo
strinse al cuore forte,
scoppiando in singhiozzi.
Era la primissima volta che piangeva
di fronte a lui. La
prima volta che si dimostrava debole a causa di quella situazione.
Erano stati i secondi più
brutti della sua vita. Meno di un
minuto, in cui l’aveva visto immobile sul pavimento.
Non era svenuto, non si era sentito
male…No, il suo cuore
aveva smesso di battere per meno di un minuto. Se non
l’avesse chiamato…se non
fosse arrivato in tempo…
Affondò le mani nei suoi
capelli, aggrappandosi a lui.
L’amico era fragile,
indifeso.
“Non farlo…non
azzardarti…”boccheggiò James.
Posò le labbra sulla
fronte di Greg, respirando il suo
odore, sentendo il cuore battere, anche se irregolarmente.
In quel momento arrivò
l’ambulanza.
Ciao a voi, miei lettori!
Un grazie a:
H W: grazie per i
complimenti, spero che ti piaccia anche questo chappy! Dimmi che ne
pensi! un bacione
desme: che bello avere una
nuova lettrice! grazie dei tuoi complimenti, sono contenta che la
storia ti piaccia| continua a seguirmi e dimmi che ne pensi!!! un
bacioooooo
HouseGirl: non importa!
sono contenta che ti piaccia! Dimmi che ne pensi anche di questo! un
kiss
Ciauuuuuu
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Capitolo 20 *** Scoperte e complotti ***
"Dobbiamo operarlo.”
“Non accetterà mai!”
“Ha avuto un attacco di cuore. Se se non ti avesse
chiamato…”
“Il tumore non è…”
“Delle dimensioni adatte, lo so. Ma di pochissimo. Se
aspettiamo, se dovesse peggiorare…il suo organismo non
reggerebbe ad un’operazione al cervello. Rischierebbe di
morire in sala operatoria.
Né possiamo proteggere il cuore ed i polmoni,
perché…”
“Potremmo alterare gli effetti dei medicinali, sì,
lo so. Sono un medico anche io.”
“Sei troppo coinvolto, James. Lascia che me ne occupi
io.”
“No. È un mio paziente, gliel’ho
promesso. Ho giurato che l’avrei salvato e costi quel che
costi ho intenzione di mantenere questa promessa.”
La Cuddy lo guardò.
Era stravolto, i capelli castani arruffati sul capo, profonde occhiaie.
“Riposati. Ci penso io a dargli
un’occhiata.”
James scosse il capo, passandosi una mano sugli occhi.
“James, dico…”
“Non credo siano affari che ti riguardano,
Cuddy!”sbottò James, innervosito.
La dottoressa lo guardò per un attimo, turbata da tale
aggressività.
“Era solo un consiglio.”
“Riservalo agli altri. Io non ne ho bisogno.”
Si stava comportando come House, esattamente come lui.
Ma forse lo riteneva solo un modo per stargli più vicino.
James spostò lo sguardo sull’amico, che giaceva
immobile sul letto, il respiratore sul volto.
Il monitor indicava un battito regolare, ora.
Stava bene. Era vivo.
Posò la mano sulla sua, stringendola piano.
Tese l’altra mano sul suo volto, ora rilassato e gli
sfiorò la guancia ispida con la punta delle dita.
“Ti prego…ti prego…non
mollare…”
“No, non erano queste le mie intenzioni. Non mi
opererò ora.”
Erano passati tre giorni dal ricovero.
“Il tumore non…”
“Quelle erano le dimensioni che voleva Ford, come chirurgo.
Ma potrai operarti anch…”
“Aspettiamo.”
“House, no! Andiamo…”
“Cuddy, ho dett…”
“Lasciami parlare con lui. Da solo.”intervenne
Wilson.
La Cuddy lo guardò per un secondo, poi li lasciò
soli.
Greg posò lo sguardo sull’amico che gli era di
fronte.
“Non riuscirai a convincermi, James. Hai detto che doveva
essere di due centimetri in meno. Esattamente di quelle dimensioni.
Non…”
“Greg, ti opererebbero comunque. Se peggiorassi,
se…
Greg pensa al tuo organismo, se peggiorasse, non sopporterebbe un
operazione al cervello.
Ti prego…”
Greg era sprofondato nel cuscino, gli occhi chiusi.
“La mia risposta è no. Non
in…”
Greg tacque.
James aveva posato le mani ai lati del letto, intrappolandolo.
Greg alzò lo sguardo su di lui e lo vide più
determinato che mai.
Fece per allontanarlo, ma James gli bloccò i polsi sul
cuscino.
“No.”ribadì.
James si chinò su di lui e Greg sentì i loro
cuori battere forte, all’unisono.
L’oncologo posò le labbra sulle sue, baciandolo
con intensità.
Greg non oppose resistenza, imprigionato da lui.
James si staccò da lui di pochi centimetri.
Erano senza fiato.
“L-la…risposta
è…no…”
James lo baciò ed ancora.
“V-vuoi soffocarmi?”chiese Greg.
“Voglio solo salvarti.”
Gli sfiorò le labbra con le sue, continuando a tenergli i
polsi.
“Accetta. Fai l’operazione. Ti prego.”
“Aspettiamo.”
“Se dovessi peggiorare, rischieresti di morire sotto i ferri.
Sai che lo dico perché è la verità e
se ti voglio operare è solo perché è
l’UNICA scelta. Ho paura anche io.”
“Chi ti ha detto che ho paura?”sbottò
Greg.
James gli lanciò uno sguardo scettico.
Era sul letto e lo teneva sotto di lui.
“Fatti operare. Ti supplico, non…”
James tacque, la voce roca.
Greg lo vide chinare lo sguardo ed allentare la presa su di lui.
“Andiamo! Ma ti pare che pos…”
James tremava leggermente, ma quando alzò di nuovo lo
sguardo su Greg era più determinato che mai.
“Non cederò, chiaro? Voglio che tu stia bene, non
voglio che tu mandi tutto al diavolo solo per cocciutaggine. Ti prego,
Greg. Fallo per me.”
Lo baciò ancora, più intensamente delle volte
precedenti. Un bacio che sapeva di dolore, di paura e terrore, ma anche
di speranza e amore…
“H-hai vinto. Hai vinto.”si arrese Greg, facendogli
una smorfia.
James rise e lo strinse in un abbraccio che lo sorprese.
“Sei un bastardo, Jimmy. Un bastardo manipolatore.”
“Ho imparato dal migliore.”ammise, continuandolo a
stringerlo.
“Fammi spazio.”disse e si stese sul letto accanto a
lui.
Greg posò lo sguardo su di lui.
“Che c’è?”
“Nulla. Penso solo a cosa faranno Chase e Cameron dopo aver
visto come mi “convincevi”.”
James sobbalzò.
“Che cosa?”
“Cuddy! È la verità!”
“Cameron, andiamo! Wilson non farebbe mai del male ad House!
È una cosa ridicola. La cosa più assurda che
abbia mai sentito! Ed ho ascoltato le scuse di House, eh?”
La Cuddy firmò alcune cartelle e si ritrovò
Cameron nuovamente dinanzi, le mani sui fianchi.
“L’ho visto, Cuddy! Era su House, lo teneva fermo e
lo baciava!”
Iniziarono a camminare per i corridoi.
“Conosci Wilson, lui non…”
“L’ha visto anche Chase. Abbiamo visto male tutti e
due?”
“Può darsi!”
“Perché?”
La Cuddy si voltò e la fronteggiò, fermandosi nel
bel mezzo del corridoio.
“Wilson darebbe la vita per House. Si sta occupando di lui,
lo sta proteggendo in questo momento difficile. Non farebbe MAI del
male al suo migliore amico. Neanche se fosse impazzito.”
E la lasciò sola nel corridoio, con i suoi dubbi e le sue
domande.
“Ti mai passato per la mente, solo per un attimo, di
avvertirmi? Di dirmi che Chase e Cameron ci avevano visti?”
Aveva chiuso le tapparelle e lo guardava, insieme arrabbiato ed
imbarazzato.
“Me ne sono accorto dopo.”
“Dopo quanto?”
“Dopo…un po’. Mi sono voltato per un
attimo e li ho visti.”
James si passò una mano sul viso.
“Sono rovinato.”
“James, andiamo! Cosa possono farti?”
“Tipo buttarmi fuori?”
“Perché?”
“Perché ho una relazione con un mio
paziente.”
“Tu non ti preoccupi di essere licenziato. Hai paura di
sapere come reagiranno gli altri, quando sapranno che ci
frequentiamo.”
James, che stava camminando su e giù per la stanza, lo
guardo, fermandosi.
“Non me ne importa un accidenti di quello che
pensano gli altri.”
“Perché sei così in ansia,
allora?”
“Io…”
Il bussare alla porta l’interruppe.
Era la Cuddy.
Greg e James si lanciarono una rapida occhiata e poi le fecero cenno
d’entrare.
“Allora?”
“S’opererà. L’ho convinto
io.”
“Sì, me l’ha detto Cameron.”
Cadde il silenzio.
“Detto cosa, esattamente?”chiese James.
“Come l’hai convinto. Crede che tu abbia abusato di
lui.”disse, spostando lo sguardo da uno all’altro.
Cadde ancora il silenzio.
Poi Greg scoppiò a ridere, attirando lo sguardo degli altri
due.
“Che hai da ridere?”
James era stupito.
“Tu…ahaha…abus….andiamo! Non
lo faresti mai! E Cameron, che ha tanta fiducia nel
mondo…che ti prende per un maniaco…forse
è ancora presa da me…e mi vuole proteggere da te!
Ahaha!”
“House! Non è divertente. Potrebbe accusarlo di
molestie su un paziente incapace.”
Greg smise di ridere.
“Incapace a chi?”sbottò, nervoso.
“Nel senso che stai male e che non sei capace di
difenderti.”
“Io sto bene! E poi non…”
“Vuole denunciarmi?”intervenne James.
“E’ preoccupata. Io curiosa. Mi fido di te e so che
non faresti mai una cosa del genere al tuo migliore amico. Dimmi solo
com’è andata e vedrò di sistemare
tutto.”
Greg guardò l’amico che ricambiò lo
sguardo.
“Beh…”iniziò
l’oncologo.
“Abbiamo una relazione.”intervenne Greg, schietto.
Tutti e due si voltarono verso di lui.
“Greg!”
“L’ avrebbe saputo prima o poi, no? Non
è un segreto di Stato. O lo era fino a pochi minuti
fa.”
James si passò una mano tra i capelli, tacendo.
La Cuddy era allibita.
“Non me l’aspettavo.”ammise.
“Neanche noi.”fece Greg e James alzò gli
occhi al cielo.
“Quanto tempo?”
“Manca al matrimonio. Non so…diciamo che lo
volevamo fare verso giugno, ma…”iniziò
Greg, ma James lo zittì tirandogli addosso il cuscino della
poltrona.
Era molto rosso in viso.
“Un bel po’. Quasi due mesi.”disse, senza
guardarla, lo sguardo fisso su Greg.
“Due mesi.”ripetè lei.
“Ora lo dirai a tutto l’ospedale?”chiese
Greg.
“No, certo che no.”
La Cuddy li guardò.
“Cos’è esattamente? Una relazione? Una
storiella di sesso? Che cosa?”
James e Greg si guardarono.
“Beh…”iniziò James.
“Non credo siano fatti che ti riguardino”concluse
Greg.
“Greg…”fece l’amico.
“No, non sono fatti suoi cosa facciamo o meno nella nostra
vita privata. Posso anche essere l’amante segreto di Cameron
e non sarebbero ugualmente affari suoi.”
“Come volete. Ero solo curiosa.”disse la Cuddy,
prima di andarsene.
James si voltò verso l’amico.
“Perché l’hai aggredita?”
“Non l’ho aggredita! Le ho solo detto che non erano
affari suoi. Se credi che le abbia spezzato il cuore, rincorrila e
chiedile scusa. Io sono troppo stanco per farlo.”
Greg si girò su un fianco e tacque.
James gli si avvicinò e gli posò una mano sulla
spalla, stringendogliela piano.
“Gr…”fece per parlare, ma Greg lo
zittì con un gesto della mano.
Lo vide con gli occhi chiusi e si limitò a sedersi sul bordo
del letto, sfiorandogli i capelli con le dita.
“Stai bene?”chiese.
“Mmm!”
“Sicuro?”
“Vuoi che lo s…mmm!”
S’interruppe, colpito da un dolore fortissimo.
Sentì come se qualcuno gli avesse stretto il cuore in una
morsa.
Udì James chiamare un’infermiera e stringerlo a
sé.
“Calmati. Ti prego, calmati. Respira. Ti prego.”
Poi fu tutto buio.
“Dopodomani. Ho paura che peggiori. Meglio operarti il
più presto possibile. James, va bene?”disse la
Cuddy.
“Devo rispondere sinceramente?”
“No.”
“Allora va benissimo.”
James chiuse gli occhi e reclinò il capo
all’indietro contro la spalliera della poltrona.
Erano nella stanza di Greg, che li guardava, gli occhi socchiusi.
“Ok.”disse, piano.
“Solo ok? Non protesti?”
“No. Fallo tu per me, se ne hai voglia.”
James avvertì una stretta al cuore nel vederlo
così.
“Mi prenderesti qualcosa?”chiese.
“Qualcosa cosa?”
“Una bottiglia di birra.”rispose Greg e James e la
Cuddy alzarono gli occhi al cielo.
“Il bar è chiuso, Greg. E poi,
scordatelo.”
“Allora vai nel mio ufficio. Dovrebbe esserci una coca da
qualche parte.”
“Greg…”
“Su, non discutere. Non vedi che sto male?”
“Come vuoi.”
James si alzò, passandosi una mano sugli occhi ed
uscì.
“Una coca?”
“Ho bisogno che tu mi faccia un
favore.”iniziò Greg.
“Tu che mi chiedi un favore? Stai sul serio male!”
“Le analisi te lo confermeranno. Ho mandato via James
perché altrimenti si sarebbe
“leggermente” incavolato. Ma ho bisogno di una
mano.”
Si raddrizzò sul letto, con un gemito e puntò gli
occhi blu sulla Cuddy.
“Ti ascolto.”
Un grazie di cuore a:
Desme: grazie per i complimenti! Sono contenta che ti piaccia la
storia, continua a seguirmi! E per Greg...si vedrà...ma sta
tranquilla!!!
HouseGirl: sono lusingata!!! Grazie! Dimmi cosa ne pensi!
Kagura92: Grazie!!!! Fammi sapere!!!
tonkseremus4ever: oddio, grazie dei tuoi complimenti!!! Sei un tesoro,
grazie...Un bacioooo e continua a dirmi cosa ne pensi!!!
H W: lo so che è tristissimo e sono contenta che ti
piaccia...spero tu non pianga per il modo in cui scrivo...mmmm....hihi!
Grazieeeeeee. Fammi sapere!!!
UN bacioneeeeeeeee
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Capitolo 21 *** Troppo coinvolto... ***
“Allora domani lo
opererete?”chiese Cameron a James.
“Sì.
Domani.”
“Come sta?”
“Al momento dorme. Era
esausto.”
“Anche tu. Dovresti
riposarti.”
“No. Sto
benissimo.”
“Già. Hai delle
occhiaie gigantesche perché è una nuova
moda?”fece Chase e James lo fulminò con lo sguardo.
“Scusa…”
“Vado a vedere se la Cuddy
ha prenotato la sala operatoria per domani
pomeriggio. Ci vediamo.”
Ma guardando sull’elenco
delle prenotazioni, minuti dopo, si
rese conto di un errore.
Perché c’era il
Dr Mornore al suo posto? A quell’orario?
“Ci deve essere un
errore.”disse all’infermiera di turno,
indicando il nome.
“Dovrebbe esserci il mio
nome, non quello del mio collega.”
“Le conviene parlare con la Dr.ssa.
Cuddy. C’era lei con quel
dottore, quando ha firmato. O chieda direttamente a lui.”
“La Cuddy?”
“Esatto.”
“Spiegamelo!”
James entrò come une furia
nell’ufficio della Cuddy e la
sorprese al telefono.
“Scusa, Cinthia.
Sì, ti richiamo. Ciao.”
Attaccò.
“Stai prendendo le
abitudini di House, sai?”
“Sarà la sua
vicinanza.”fece James.
Lanciò sul tavolo
l’elenco.
“Spiegamelo.”
“Cosa dovrei spiegarti?
È l’elenco delle prenotazioni.”
“Lo so. Mi chiedo solo
perché al posto del mio nome ci sia
quello di Mornore. Perché sembra che sia lui ad operare
House, o sbaglio?
Pensavo ad un errore, ma l’infermiera mi ha detto che sapevi
tutto, che eri con lui quando ha firmato. Perché?”
La Cuddy
chiuse gli occhi, sospirando.
Li riaprì.
“Me l’ha detto
House.”
James sbatté
così forte la borsa sul tavolo che Greg si
svegliò di soprassalto.
“Che
diami…”
Tacque vedendo l’amico.
Greg era stanco, esausto, ma James
era a dir poco furioso.
“Perché
l’hai fatto?”chiese James, le braccia incrociate
sul
petto.
“Beh, dipende. Di che
diavolo stai parlando?”
“Mornore! Perché
hai deciso che ti operasse lui? È un…bravo
collega, ma…”
“Non riesci a parlare male
dei tuoi colleghi, eh? Sei troppo
buono!”
“Non è il
momento di scherzare! Ti ho aiutato, sostenuto, ti
ho tenuto d’occhio, sono andato persino a vivere a casa tua
per controllare che
non facessi qualche stronzata o che ti sentissi male…
E dopo mesi
che…è questo che…”
Non riuscì a parlare e
chiuse gli occhi, portandosi una mano
alle labbra e dandogli le spalle.
Greg si aspettava una reazione del
genere, quando aveva
detto alla Cuddy il suo piano.
Si alzò lentamente
aggrappandosi al letto e gli si avvicinò.
“Non ti voltare
bruscamente. Sono piuttosto instabile in
questo periodo.”
“Lo sei sempre stato,
ricordi? Hai una gamba matta.”
Aveva una strana voce.
“Non starai piangendo!
James, diamine!”
James si voltò verso di
lui e se lo ritrovò a pochi
centimetri da lui.
Fece inconsapevolmente un passo
indietro.
“No, affatto. Sono solo
furioso. Perché cazzo l’hai fatto?
Non ho intenzione di lasciarti nelle mani di un altro oncologo,
chiaro?”
“Si tratta solo
dell…”
“Solo? Tutte le cure, tutte
le lotte e le terapie portano qui,
a questa maledetta operazione. Ti rendi conto che stai affidando la tua
vita
nelle mani di uno che neanche conosci?”
“Non si tratta di conoscere
o meno. È uno degli oncologi che
stimi di più. Lo dici sempre.”
“Non c’entra. Non
sto dicendo che non sia bravo, è che…Mi sento
tradito, chiaro?”
Greg alzò gli occhi al
cielo.
“Ora non farne un
dramma.”
“Perché?”
“Non ce
n’è! Non c’è un
perché!”
“Ed allora lascia che ti
operi io.”
“NO!”esclamò
con tutto il fiato che riuscì a racimolare.
James tacque per un secondo.
“Perché?”
“E’ una mia
decisione. Non c’è bisogno che tu sappia il
perché.”
“Non ti fidi di me? Non
credi che…Che cosa?”
“Non ne sei capace, chiaro?
Non ne sei in grado, lo vuoi
capire, sì o no?”
Calò un silenzio pesante.
“Stai dicendo che non sono
capace di fare il mio lavoro? Di
operare un cavolo di tumore?”
“Sto dicendo che non sei in
grado di operare me!”
“Spiegami la
differenza!”
“Non sto dicendo che tu non
sei capace di fare il tuo
lavoro. Ma non ce la faresti. Non con me. No, James.”
“Credi che ti ammazzerei
durante l’operazione? Che apra
qualcos altro al posto del cervello?”
“Sei troppo
coinvolto!”
James scoppiò a ridere,
amaramente.
“Sono troppo coinvolto, eh?
Tu che dici? Sono il tuo
migliore amico! Ti conosco da quasi 10 anni, convivo con te da qualche
mese…e mi
sono innamorato di te, maledizione!”
Era arrabbiato.
“James…”
“Non cercare di calmarmi,
Greg! Sta zitto. Sta zitto.”
James iniziò a passeggiare
per la stanza, su e giù, tentando
di sbollire la rabbia.
“Non ne sono in grado,
eh?”
“Riusciresti a farlo? Ad
operarmi senza cedere? A non
crollare se le cose dovessero andare ma…”
“E
tu?”esclamò James, d’un tratto,
interrompendolo.
Greg non rispose.
“Certo. Tu ce la faresti.
Il grande Gregory House,
impassibile, insensibile e strafottente. Anche se ci fossi io su una
barella…anche se stessi morendo…”
“Non lo puoi
dire.”
“Non voglio neanche
pensarci, ma…”
“Non lo sai.
Non…”
“Ti conosco e lo sai!
Saresti capace di mostrarti freddo
anche se io stessi morendo!”
“Spera di non saperlo
mai…”
Tacquero.
“James, ascolta. Hai fatto
la tua parte, ok? Ora basta.
Assumi il ruolo di familiare.”
James chiuse gli occhi ed
annuì.
“Un’altra
cosa.”disse Greg.
James riaprì gli occhi e
lo guardò.
“Cosa
c’è, adesso?”
“Non voglio che tu stia in
sala operatoria. Nessuno di voi,
ma tu in particolare.”
“NO! Te lo scordi! Se ti
dovesse acc…”
“Ci sarà uno
staff…”
“Da quando in qua ti fidi
degli altri? Greg, ti pre…”
“NO.”
Era inamovibile.
“Sempre perché
sono troppo coinvolto?”
“Sì. A
proposito, starai con i miei. La Cuddy li ha avvertiti
poco fa.”
“Non complottare
più contro di me. La Cuddy è stata
una
traditrice.”
“Voi complottare sempre
contro di me!”
“Non lo sai.”
“Lo sospetto ed ho
ragione.”
James lo guardò.
Si reggeva forte al letto.
“Stenditi.”
“Sto bene. Ce la faccio.
Smettila di fare la moglie
preoccupata”
James arrossì e fece una
smorfia.
Greg gemette forte e sentì
il terreno cedere da sotto i
piedi.
Sarebbe caduto sul pavimento, se
James non l’avesse
prontamente afferrato ed aiutato ad issarsi sul letto.
“Certe volte serve fare la
moglie preoccupata.”
Greg gli fece una linguaccia, gli
occhi chiusi.
Si girò su un fianco e
James si sedette sul bordo del letto.
“La testa?”
“Mmm…”
James gli sfiorò i capelli
con le dita e gli pose un bacio
sulla fronte.
Greg gemette.
“Che hai?”si
allarmò James. “Ho fatto qualcosa
che…”
“No. Sei troppo sdolcinato.
Mi fai venire la nausea.”
James l’avrebbe volentieri
picchiato se non l’amico non
fosse stato così male.
“Sei un idiota.”
“Lo
so…”
S’assopì subito
e dormì per tutto il resto della giornata.
James gli rimase accanto
più che potè, finchè la Cuddy
non venne a chiamarlo
inferocita.
Aveva saltato tre ore di ambulatorio
e quattro visite per
stare con l’amico…
“So che sei preoccupato, ma
hai bisogno di concentrarti
anche su qualcos altro. O di andare a riposare. Scegli tu.”
“Vado dai miei pazienti.
Non me la sento di dormire.”
“Sei
sic…”
“Sì! Sto
bene!”tagliò corto lui, prima
d’incamminarsi.
Voltò indietro lo sguardo
solo per una frazione di secondo,
posandolo sull’amico addormentato…
C’era solo una parola per
descriverlo…e quella parola era fragile.
Ciao a tutti!!!!
Un Grazie a:
desme: grazie mille!!!
HouseGirl: ecco soddisfatta la tua
curiosità!!!
lady house: pensavi questo?
mmm....comunque grazie per i tuoi complimenti!!!!
Kagura92: grazieeeeeee!!!
H W: grazie mille, mia cara!!!
Spero di aver soddisfatto la vostra
curiosità!!! Continuate a seguirmi ed a commentare e se
avete suggerimenti, ben vengano, perchè la storia
è agli sgoccioli, quindi se volete qualcosa...parlate!!!
UN bacioneee
|
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Capitolo 22 *** Anche io, nel senso... ***
“Che vuoi fare oggi? Vuoi
qualcosa di speciale? Mangiare
qualcosa che non hai mai mangiato? Fare qualcosa che non hai mai fatto
in tutta
la tua vita?”
House guardò Chase, come
se fosse impazzito.
Gli girava ancora la testa, ma stava
meglio. Molto meglio,
per girare per l’ospedale ed aiutare i paperotti.
“Vuoi che festeggi in
qualche modo il mio ultimo giorno?
Vedo che hai una grande aspettativa dell’intervento! Mi ha
già prenotato la
bara?”
Quella sera. Quella sera
l’avrebbero operato.
E tutto sarebbe dipeso da
quell’intervento.
“No, io
non…”
“Non sprecare il fiato, non
voglio fare nulla. Ma se già mi
hai organizzato uno strip-tease con donne dai 20 anni in su, ok. Non
spostarlo.”
“Che strip-tease?”
James si unì a loro, che
accompagnavano House alla mensa per
la colazione.
I suoi assistenti, pur sapendo che
c’era qualcosa tra il
loro capo ed il primario di oncologia, non ne facevano parola con lui,
pur
discutendone assieme.
Solo Cameron lanciò uno
strano sguardo a Wilson, che aveva
affiancato House nella camminata, prendendole il posto. Ma nessuno ci
fece caso
o se ne accorse.
“Quello che Chase mi ha
organizzato per festeggiare il mio
ultimo giorno, alla grande.”
James guardò
l’internista, che si limitò a fare spallucce.
Una delle solite follie di House.
“Sii
positivo.”disse James.
“Lo sono. È
Chase che…”
“Gli ho solo chiesto se gli
andava di fare qualcosa in
particolare.”
Era esasperato.
James alzò gli occhi al
cielo.
“Ci penso io.”
Chase e gli altri se ne andarono,
lasciandoli soli.
“Dovresti essere a
letto.”disse severo, l’oncologo.
“Solo se ci vieni anche
tu.”
“House!”
“Sto bene, Jimmy. Sono solo
un po’ stanco. Ma mi reggo in
piedi, mentre ieri…”
“Lo so. Davvero non vuoi
nulla di particolare?”
“Tenti di soddisfare le mie
ultime richieste?”
“Non sono le ultime e lo
sai.”
“No, non lo so. E neanche
tu.”
James s’avvicinò
al bancone.
“Un caffè ed un
the.”
“Ti sei dato alla dieta
salutista?”lo beffeggiò Greg.
James ghignò.
Glielo porse.
“E’ per
te.”
“Cosa? E dove sarebbe il
mio meritatissimo caffè?”
“Ti rende nervoso. Meglio
non caricare il tuo cervello,
ancora di più.”
Greg tese la mano e tentò
di afferrare il caffè che reggeva
l’amico.
Ma James allontanò la
tazza, ghignando.
“No. Fai il bravo e bevi il
tuo the.”
“James, me la paghi. Te lo
giuro.”
“Avvisato i tuoi?”
“Ora non cambiare discorso.
No, l’ha fatto la Cuddy.”
“E…?”
“Verranno oggi. Sono ancora
in tempo per scappare.”
“Non fare il
bambino.”
“Sì, invece. Se
fossi nei miei panni, non sopporteresti
tutte quelle smancerie, preoccupazioni, sdolcinatezze
e…”
“Sono preoccupati e ti
amano. Che c’è di strano?”
“Mi soffocano. Attentano
alla mia vita.”
“Sei ancora qui,
vedo.”
“Non resisterò
ad un altro loro attacco. Aiutami a fuggire.”
“Scordatelo. Rimarrai qui.
Greg, sono i tuoi genitori e si
comportano da genitori. E tu da figlio ingrato che fugge per
evitarli.”
“Tutti sono nei loro ruoli,
vedo. E tu? Che ruolo hai?
Quello dell’oncologo o della moglie preoccupata?”
James alzò gli occhi al
cielo per poi posarli su House.
“Non ne ho idea.”
Si sedettero e Greg chiuse gli occhi,
spostando lontano da
sé il the, nauseato.
“Bevi, su. Non fare il
bambino.”
“Stavo pensando a quello
che ha detto Chase. Forse il
canguro australiano non ha tutti i torti, dovrei fare qualcosa. Un
viaggio on
the road.”
“Nelle tue condizioni? Non
ti accompagnerei neanche al
supermercato più vicino.”
Greg gli fece una linguaccia.
“Su! Non farmi
questo.”
“Che vorresti
fare?”
“Qualcosa.”
“Qualcosa tipo cosa? Chase
ti ha messo un grillo per la
testa ed ora…”
“Sì, lo so.
Allora?”
“Non
so…”
“Non avere idee
folli.”
“Tipo prendere la moto
e…”
“Quella è
un’idea folle, no!”
“Guideresti tu.”
“Per
andare…”
“Non so! Voglio solo usare
la moto…o meglio, andarci su!”
James lo guardò.
“Andiamo, Jimmy!”
“La macchina, no,
eh?”
“Su!”
“Greg…”
“Andiamo!”
Gregory House si sporse sul tavolo
all’improvviso, finchè
non si trovò a pochi centimetri dal viso di James.
L’oncologo
deglutì, non riuscendo a spostarsi di un
millimetro, inchiodato dai suoi occhi azzurri magnetici.
“D’accordo.”
“Più
veloce!”urlò Greg all’orecchio
dell’amico.
Se avesse potuto, James avrebbe
alzato gli occhi al cielo,
ma si limitò ad accelerare solo un po’.
Greg si stringeva alle sue spalle,
ridendo.
James temeva che cadesse, ma non
poteva lasciare la moto.
“Greg, fermiamoci. Non sono
tanto bravo con le moto e lo
sai!”esclamò.
Lo sentì sbuffare.
“Ok, fermati. Non vorrei
assistere ad un tuo schianto contro
un albero.”
James posteggiò e fece
scendere l’amico, che barcollò e
s’aggrappò forte a lui.
“Greg!”
James lo strinse al petto.
“Ehi, ehi, ehi! Tranquillo.
Ti tengo, ti tengo.”
Erano accanto in un parco, in una
giornata uggiosa e
ventosa.
James lo strinse ancora di
più al petto.
“Sto bene, sto
bene.”mugugnò Greg.
“Forse è
me…”
“No. Rimaniamo.”
“Dove?”
“Ovunque, basta che non sia
l’ospedale.”
Si staccò da lui e si
diresse verso il parco.
In un attimo James gli fu accanto.
“Cosa vuoi fare
esattamente? Dare da mangiare ai piccioni?
Fare la carità ai poveri? Cosa?”
“No.”
Si distese su un tavolo da picnic del
parco, lo sguardo
rivolto al cielo.
Era lo stesso parco dove era andato
con Eve, la paziente
stuprata che aveva richiesto lui come proprio medico.
“Greg…”
James si sedette sulla panchina
accanto e lo fissò.
Ma che aveva?
“Venivo sempre qui. Per
sfuggire alla Cuddy, per guardarmi
intorno…”
“Sperando che chi faceva
jogging si spezzasse una gamba.”
Greg rise.
“Anche.”
“Crudele.”
“Naa.”
“Oh,
sì!”
Risero.
James posò lo sguardo su
di lui e lo vide chiudere gli
occhi, le braccia aperte sul tavolo da picnic.
Avvertì una stretta al
cuore, che non seppe spiegarsi al
momento.
Solo in seguito si rese conto che
sembrava così…arrendevole,
così fragile.
Era quella la parola che gli veniva
in mente ogni volta che
lo vedeva così…spezzato.
“Smettila di
preoccuparti.”disse Greg.
James s’accorse di averlo
fissato, senza neanche
accorgersene.
“Greg…non ce la
faccio…non ce la farei e lo sai.”
Greg capì subito.
Si rizzò a sedere.
“Devi.”
James si alzò in piedi e
si allontanò da lui.
“Per te è
facile. Se fosse accaduta a me una cosa del
genere, avresti ricominciato come se non fosse successo
nulla!”
“Adesso stai
esagerando.”
“Sbaglio, forse?”
“Sì. Non sarei
così…impassibile e menefreghista di fronte
alla morte, James. Specialmente se fosse la tua.”
Tacquero.
Erano immobili, James in piedi e Greg
seduto sul tavolo di
legno.
Poi James
s’avvicinò piano e lo strinse al petto.
“Mi dispiace. Scusa. Io
non…”
Greg, colto di sorpresa da
quell’abbraccio, si limitò a
dargli pacche sulla schiena.
“Ce la farai. E poi
perché diavolo pensi al dopo? Hai così
tanta sfiducia nell’operazione?”
James si staccò da lui,
ridendo.
“No, affatto. Ho solo
paura. Tutto qui.”
Fu una giornata strana quella.
James portò Greg ovunque
l’amico volesse.
Non avrebbe mai voluto lasciarlo. Non
voleva che giungesse
l’ora di tornare all’ospedale, non voleva vederlo
entrare nella sala operatoria
e stargli così lontano, come Greg gli aveva imposto.
“Se sono io a dovermi
operare, perché diavolo sei così
agitato?”
Erano tornati all’ospedale
da circa mezz’ora e James non
aveva fatto altro che tormentarsi le mani, lanciando sguardi
all’orologio.
“Appunto perché
sei tu a doverti operare. Se solo mi
permettessi di operart…”
“No. La mia risposta
è no.”
Rimasero un
po’fronteggiandosi, ma poi James mise da parte
ogni discussione.
Greg si sedette sul letto, afferrando
una rivista posata lì
vicino.
In quel momento arrivarono i genitori
di House.
Il diagnosta volse uno sguardo
angosciato all’amico, che si
limitò ad alzarsi e lasciarli soli.
Non senza aver prima ricevuto uno
sguardo assassino da parte
di Greg.
“Sei…sei…non
ho parole!”
“Sarebbe la prima
volta!”
James rise.
“Non avresti dovuto
lasciarmi con i miei.”
“Perché no?
Avevano il diritto di stare con te. Smettila di
fare l’idiota. Come sei riuscito ad allontanarli
stavolta?”
“Ho detto loro che dovevo
discutere di una cosa importante
con il mio oncologo.”
“Ecco spiegata la chiamata
urgente sul mio cerca-persone.
Credevo fosse qualcosa di più serio, che il voler
allontanare i tuoi.”
“Lo è. Credevo
volessi passare del tempo qui. Non volevo
privarti del piacere della mia presenza…”
“Greg House,
sei…”
“Sbagliavo?”
Greg lo guardò e
tentò di avvicinarsi, ma le gambe gli
cedettero.
James gli si precipitò
accanto.
“Greg! Diamine!”
Cadde a terra stringendo
l’amico al petto.
“S-sto
bene…”
“Col cavolo che stai bene!
Cosa ti è preso? Cosa…”
“L-la
testa…”
“Ti gira? Ti fa male?
Cosa?”
“Ssh…non
urlare...ci sento ancora…”
James continuò a
stringerlo, aiutandolo ad alzarsi e
facendolo stendere sul letto.
Greg teneva gli occhi chiuse e
stringeva i denti.
Era fin troppo orgoglioso per
ammettere di stare male.
James si chinò su di lui e
gli cinse le spalle con un
braccio.
Senza neanche dargli il tempo di
replicare o di
allontanarlo,orgoglioso com’era, si stese sul letto e gli
cinse le spalle con
forza ed affetto, facendolo accoccolare contro il suo petto.
Rimasero così, stretti
l’uno all’altro, finchè il dolore non
s’attenuò.
Ma anche allora, James non volle
lasciarlo andare e Greg non
fece nulla per allontanarlo.
Ed il tempo correva, crudele,
strappando loro quei momenti
insieme prima dell’operazione.
James stringeva forte Greg, la mente
affollata di mille
pensieri, sentendolo così fragile tra le sue braccia e
temendo di mollare la
presa.
“Promettimi una
cosa….”
“Cosa?”
“Non mollare. Non farlo, ti
prego.”
“James! Sei un oncologo!
Dovresti essere abituato a lasciar
andare i tuoi pazienti!”
“Tu non vai da nessuna
parte.”
Aveva una voce strana, rotta.
Greg alzò lo sguardo su di
lui e non ebbe il coraggio
d’infierire.
James era stravolto, sembrava stesse
lottando con se stesso
per non cedere.
“D’accordo.”
James reclinò il viso
verso il suo e lo baciò dolcemente
sulle labbra.
Fu un bacio approfondito, dolce e
pieno di dolore allo
stesso tempo.
James si staccò da lui e
gli sussurrò, a pochi centimetri
dal viso.
“Ti amo. Non scordarlo
mai.”
“Come potrei? Sei la mia
ombra…”
James rise, piano.
Greg lanciò uno sguardo
all’orologio al polso di James.
Vedendo che mancavano solo 10 minuti,
James lo abbracciò
fortissimo.
“Paura?”chiese.
“No. Sono un uomo forte,
io. Non tremo, come fai tu.”
Infatti James stava tremando
leggermente.
Chiuse gli occhi e posò le
labbra sulla fronte di House e
poi tra i suoi capelli.
“James?”
“Mmm…”
Greg tacque per un attimo. Doveva
dirglielo. Poteva non
averne più l’occasione.
“Anche io.”
“Anche io cosa?”
James non capiva.
“Anche io, nel
senso…” Era dura ammetterlo.
Lo amava. Greg amava il suo migliore
amico. Ma era dura
combattere contro il suo orgoglio…
Ma doveva farlo, doveva
dirglielo…”
“T’amo…ti
amo anche io…”ammise.
E fu come levarsi un peso dal cuore.
Colse lo sguardo stupito
dell’amico, un secondo prima che la Cuddy
entrasse accompagnata
dal dr Monrose.
James si allontanò piano
da lui, continuando a guardarlo,
stupito.
“Pronto, signor
House?”
Era sempre strano sentirlo chiamare
“Signor House” e non “Dr
House”…
“Sì.”
Si voltò verso James e la Cuddy,
che era pallidissima e visibilmente
preoccupata.
“Ci vediamo dopo.”
“Aspetta, House!”
La Cuddy
gli si avvicinò e gli gettò le braccia al collo,
abbracciandolo forte.
Greg era stupito, ma non fece nulla.
“Andrà
bene.”
“Allora, smettila di
piangere. O ti cade tutto il trucco.”
La Cuddy,
infatti, aveva lo sguardo lucido.
Rise e si allontanò da lui.
Poi volse lo sguardo a James, che era
rimasto immobile dopo
la confessione di House.
“James…”disse
la dottoressa.
James si riscosse da quello stato di
trance in cui era
caduto e s’avvicinò ad House.
Lo strinse a sé, per un
attimo, poi lo lasciò andare.
Lo vide allontanarsi con un sorriso
sghembo, verso la sala
operatoria.
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Capitolo 23 *** Why? ***
James s’appoggiò
al vetro ed osservò la scena dall’alto.
La Cuddy,
accanto a lui, taceva.
Avrebbe voluto dirgli tante cose, per
tranquillizzarlo,
rassicurarlo, dirgli “andrà tutto
bene”…
Ma come poteva farlo, se non era
convinta neanche lei?
Osservavano House steso sul lettino
nella sala operatoria,
immobile, una mascherina d’ossigeno sul viso, sotto i
ferri…
Avevano appena finito
d’asportare il tumore, ma James non si
sentiva affatto tranquillo.
Aveva un’orrenda
sensazione…
Un attimo dopo Greg stava avendo un
attacco cardiaco.
“HOUSE!”urlarono
lui e la
Cuddy e James si voltò indietro,
correndo verso
la sala operatoria, il cuore in gola…
Non poteva, non
doveva…no…
Arrivò nella sala con il
fiatone ed un paio di medici si
girarono verso di lui.
L’ignorò.
Greg era immobile, non respirava.
Chino su di lui Monrose tentava
di fargli ripartire il cuore con il defibrillatore.
“Libera! Ancora, andiamo!
Libera!”
Nulla. Nulla. Nulla…
“Fa fare a me!”
Wilson afferrò il
defibrillatore dalle mani del collega e
tentò di far ripartire il cuore di Greg.
“Non mollare…non
osare…non t’azzardare…l’avevi
promesso,
maledizione, Greg! Non mi lasciare…ti
prego…”pensò, disperato.
Sentiva le voci degli altri,
s’accorgeva dei secondi che
passavano, ormai era quasi un minuto…
E’ finita,
dicevano…
No, non era finita. Non era
finita…
E poi…
Sentire nuovamente il cuore di Greg
battere fu il suono più
bello della sua vita…
Respirava piano, il cuore batteva
lentamente, ma era vivo…
Era tra loro e non se ne sarebbe
andato tanto presto.
Sentiva le lacrime offuscargli gli
occhi quando lasciò
andare il defibrillatore.
La Cuddy,
che si era precipitata nella sala seguendolo, gli mise una mano sul
braccio e
lo portò fuori dalla sala…
Tutto accadde come in un
sogno…ma una sola cosa era
importante: Greg era vivo…
“Si riprenderà,
sta tranquillo. Monrose ha detto che ha solo
bisogno di riposo, ma che, per precauzione, è meglio
continuare con la chemio
per un paio di settimane.”
James annuì, gli occhi
chiusi.
Era seduto fuori della sala
operatoria, la testa appoggiata
all’indietro sul muro, gli occhi chiusi.
Dentro, una tempesta
d’emozioni.
Era terrorizzato.
Sentì la Cuddy
sedersi accanto a lui e stringergli piano il braccio.
“Starà
bene.”ribadì.
“L-lo so. Sembravo un pazzo
nella sala operatoria, vero?”
Rise amaramente.
“Un
po’.”ammise la Cuddy.
“Ma eri giustificato. Volevi salvarlo. E poi mi sono
precipitata anche io di sotto, no? Se fossi arrivata prima, avrei fatto
la tua
stessa cosa.”
“Ma per motivi
diversi.”ammise.
“Sì.”
Tacquero per un istante.
James chiuse gli occhi, tremante.
“Non
voglio…perderlo…non voglio che gli accada
qualcosa di
brutto…non riuscirei a vederlo soffrire
ancora…”
Sentì la Cuddy
passargli un braccio attorno alle spalle e James
s’appoggiò a lei, come un bambino bisognoso di
conforto…
Greg rimase incosciente nei giorni
successivi, nella
settimana successiva.
Tenuto costantemente sotto controllo
da James, Cuddy, il suo
team ed i suoi genitori, sembrava dormire tranquillamente.
James passava accanto a Greg
più tempo possibile. Si sedeva
accanto a lui, sulla poltrona o sul bordo del letto e gli parlava
piano…
Infatti, secondo recenti studi,
parlare alle persone
dormienti od addirittura in coma, riusciva a calmarli…
Gli sfiorava il volto con la punta
delle dita, assicurandosi
che nessuno lo stesse guardando, gli stringeva piano la mano, sperando
che
rispondesse alla presa…
James non era affatto tranquillo.
Lo vedeva riposare, vedeva i valori
nella norma, tutti i
valori, eppure temeva qualcosa…
“Non mi sento affatto
tranquillo, Cuddy.”
James s’appoggiò
al vetro della porta della stanza di House,
guardando il diagnosta giacere immobile.
“Rilassati.
Starà bene. È normale che sia incosciente. Dopo
tutto quello che ha passato, mi sembra ovvio. È come se il
suo corpo avesse
premuto il tasto Reset…ha bisogno di riprendersi.”
“Vorrei solo…non
so…anche solo parlargli…e
sentirlo…”
La Cuddy
s’avvicinò e s’appoggiò a lui.
“So che lo
ami…”
James rise, piano.
“Come se avesse importanza,
ora.”
“Ne ha. Cosa ti ha detto
House? Prima dell’operazione…”
James chiuse per un attimo gli occhi,
afferrando quel
momento.
Sorrise prima di rispondere.
“Mi ha detto
“Anche io…”…”
La Cuddy
lo guardò senza capire.
“E’ un linguaggio
in codice tra voi o…?”
“Nel senso
che…ha detto che mi amava anche lui…”
La Cuddy
lo fissò, stupefatta.
“A memoria d’uomo
è la prima volta che House dice “Ti amo”
in anni ed anni…”
“Avvisiamo i
giornali.”
“Sei felice?”
“Lo sarei di più
se si svegliasse…”
“Lo riabbraccerai presto.
Ne sono certa.”
“Wilson!”
James sobbalzò
all’urlo di Cameron e si voltò verso di lei.
La dottoressa correva verso di lui,
seguita da Chase e
Foreman.
James, seduto con la Cuddy
nella stanza di House, gli guardò, stupito.
“Cos…”
“Wilson, mi…ci
dispiace…non volevamo…stavamo parlando
e…non
potevamo immaginarlo…”
Cameron era piuttosto agitata.
Dopo aver scambiato un breve sguardo
con James, la
Cuddy le andò vicino.
“Cos’è
successo? Parla.”
“I genitori di House.
Stavamo parlando della vostra
relazione e ci hanno sentito. Passavano di lì, non so
perché…Ci hanno fatto
delle domande, ci hanno chiesto da quanto tempo vi stavate frequentando
così e
se ne sono andati furiosi.”spiegò Foreman,
più calmo.
“Cosa?”esclamò
James, facendoli sobbalzare.
“Furiosi?
Perché? Cos’hanno detto
precisamente?”chiese la Cuddy.
“Che avrebbero preso dei
provvedimenti.”disse Chase.
Tutti gli sguardi erano puntati su
James che chiuse gli
occhi, passandosi una mano dinanzi al viso.
Respirò profondamente.
“E tra tutti gli argomenti
del mondo della relazione
dovevate parlare proprio della relazione tra me e
Greg?”sibilò a bassa voce, ma
si vedeva chiaramente che era furioso.
“Che
accadrà?”chiese la Cuddy.
“Non ne ho idea. Ma dubito
che accetteranno tutto
questo...qualunque cosa sia…”
Respirò profondamente
un’altra volta.
“Wilson,
ci…”iniziò Cameron, ma venne interrotta
dall’oncologo.
“Lascia perdere. Ora mi
tocca solo aspettare e vedere cosa
hanno in mente.”
James scoprì cosa avevano
in mente giorni dopo.
“Un ordine di restrizione?
E per quale assurdo
motivo?”esclamò James, leggendo sbalordito il
foglio che gli avevano porto i
genitori di House.
Erano entrati come due furie giorni
dopo e gli avevano dato
quel foglio.
“Del tribunale?”
“Abbiamo un amico
lì che ha velocizzato le cose. E se non
l’accetterà saremo costretti a trascinarla davanti
ad un tribunal e farla
arrestare. Scelga lei.”
James era sbalordito.
“E posso sapere, se mi
è concesso, il motivo di tale
idiozia?”
“Ha o non ha una
“relazione”…”John House
virgolettò con le
dita “relazione” “Con mio figlio
Greg?”
James tacque per un secondo.
“Chi…”
“Non le riguarda. Ha o non
ha?”
“Non le
riguarda.”replicò James.
“Siamo i suoi genitori.
Abbiamo tutto il diritto di
saperlo.”
“Ed anche se
fosse…perché diavolo avete fatto emanare un
ordine di restrizione su di me?”
“Ed avete iniziato a
frequentarvi o meglio ad andare a
letto, quando ha scoperto di avere un
tumore?”incalzò Blythe.
James stava iniziando a capire.
“Non sono affari
vostri.”
“Invece
sì!”
“Sono il suo migliore
amico, maledizione! Ed anche il suo
oncologo!
Non gli avrei mai fatto qualcosa di
male!”
“Già.
Sarà stato facile approfittarsi di lui, quando stava
male ed iniziare questa “insana
relazione”!”
“Appr…Ma come
diavolo le è saltato in mente? Io
non…”gridò
James, furioso.
Da quando Gregory House era diventato
la donzella in
pericolo? Era ridicolo!
“Ed allora
perché avete iniziato a “frequentarvi”
solo ora?
Solo dopo che ha scoperto di avere un
tumore?”incalzò Blythe.
James non rispose. Non ne aveva idea.
“Allora?”
“Non lo
so.”ammise, stringendo il foglio così forte nella
mano che stava per farlo a pezzi.
“Allora, dato che non lo
sa, farà meglio a stare lontano da
mio figlio Greg. Di almeno 20 metri, come dice
l’ordine. Non potrà più averlo in cura,
né dare consigli…nulla…
Si dimentichi di lui. Per sempre.
Altrimenti la trascineremo in
tribunale e sarà semplice
farla accusare di molestie ad un paziente incapace di difendersi, zoppo
e
malato. E la radieranno dall’albo.
Non si avvicini.”disse
John, lapidario e se ne andò.
Blythe rimase a guardarlo.
“Non è come
pensate.”
James fece un ultimo disperato
tentativo.
“Non so cosa
pensare.”rispose lei e lo lasciò solo.
James appallottolò il
foglio e lo lanciò il più lontano
possibile da sé.
S’appoggiò alla
parete del suo ufficio e si lasciò scivolare
a terra, gli occhi chiusi.
Dove diavolo era Greg quando aveva
bisogno di lui? Dov’era
quando tutto andava a rotoli?
Sentì le lacrime rigargli
le guance e non fece nulla per
fermarle.
Si
dimentichi di lui.
Per sempre.
Come se fosse stato possibile, anche
solo pensabile…
Afferrò i documenti, le
carte, le cartelle cliniche sulla
sua scrivania e lanciò tutto per terra, in preda alla rabbia.
Perché diavolo era
successo? Perché doveva stargli lontano?
Perché quello che era successo era stato visto
dall’ottica sbagliata? Perché i
suoi maledetti sentimenti erano stati fraintesi?
Si sentiva morire ed in quel preciso
istante il cuore di
House rallentò precipitosamente fino a fermarsi…
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Capitolo 24 *** Sai cosa provo. Sai che ti amo. Vieni da me... ***
“Dove diamine
sei?”urlò la Cuddy la telefono.
James era seduto, spalle al muro,
circondato dalle cose che
aveva gettato a terra.
“Non ha
importanza.”
“Sì che ne ha!
House ha avuto un attacco di cuore!”
James spalancò gli occhi.
“COSA?”
“Abbiamo fatto ripartire il
cuore, ma sta male, James. Devi
venire assolut…”
“Arriv…Cuddy,
hanno fatto emanare un ordine di restrizione
su di me. Non posso avvicinarmi a Greg.”
“COSA?”
Stavolta fu il turno della Cuddy
d’urlare.
“Vengo ugualmente. Non
poss…”
“Resta dove sei. Dimmi
cos’è successo.”
James sbuffò e le
raccontò brevemente cos’era successo.
“Credono
che…”
“Sì! Ora posso
venire?”
“No. Devi stare lontano da
lui almeno 20 metri, giusto? Non
ti
puoi avvicinare alla sua stanza.”
“Da che parte stai,
insomma?”sbottò, furioso.
“E’ inutile
arrabbiarsi, James.”
“Greg ha avuto un attacco
di cuore, io non mi posso
avvicinare a lui e tu mi dici che è inutile arrabbiarsi?
Già, è proprio inutile!
Non c’è nessun motivo!”
“Lo sai che assomigli a lui
quando parli così?”
“Sai che posso essere
stronzo come lui se non mi dici cosa
diamine devo fare?”
Era disperato.
“Non ti avvicinare. Rimani
lontano, fisicamente. Possiamo
sentirci per telefono. Ti terrò aggiornato. Di ogni cosa.
Stai tranquillo. Non
servirebbe a nulla perdere il posto e farti radiare
dall’albo. Anzi
peggiorerebbe la situazione.”
“Come sta?”
“Ora meglio. Ma il battito
del cuore è irregolare. Ed ha la
febbre alta.”
“Infezione.”
“Probabile. Siamo in attesa
di un’eco.”
James annuì.
“Febbre alta?”
“Per adesso 38. Ma
è sotto antibiotici ad ampio spettro.
Stiamo tentando di proteggere cuore e polmoni che sono usciti molto
indeboliti
dai farmaci anti-tumorali che ha preso e dall’operazione,
soprattutto il cuore.
Ha ceduto due volte nel giro di una settimana e qualche
giorno.”
James si passò una mano
sugli occhi.
“Non può cedere.
Non DEVE.”
“Lo stiamo proteggendo come
possiamo. James, andrà bene. E
risolveremo anche il tuo problema.”
“Che passa decisamente in
secondo piano.”
La Cuddy,
dall’altro lato del telefono, sorrise, triste.
“Ti terremo aggiornato. E
sgriderò Cameron, Chase e Foreman,
da parte tua.”
Greg riemerse dal suo stato
d’incoscienza, dopo quasi due
settimane e mezzo.
Aveva la febbre altissima, a 39, era
sotto anti-biotici che
non avevano migliorato molto la situazione…
La Cuddy
era in piedi accanto a letto e controllava il dosaggio dei medicinale.
Sobbalzò quando
notò cambiamenti nel monitor e sobbalzò
quando lo vide con gli occhi aperti, velati.
Era pallidissimo e molto debole.
“House!”esclamò
e gli si precipitò accanto, preoccupata.
Era la prima volta che apriva gli
occhi, dall’operazione.
Gli portò una mano al
polso e controllò la frequenza
cardiaca e poi la fronte, agitata.
“C-cos…cos…cos’è
suc-cesso…?”balbettò il diagnosta,
tentando
di lottare contro la febbre…
“D-dov…è?”
La Cuddy
non rispose. Che avrebbe dovuto dirgli? Che i suoi genitori non avevano
capito
nulla di loro ed avevano fatto emanare un ordine di restrizione su
James? Che
James non poteva avvicinarsi a lui?
“N-non può.
Verrà appena possibile. Te lo prometto.”
Lo stava trattando come un bambino,
ma non vedeva altra
soluzione…
Greg chiuse gli occhi, combattuto. Si
sentiva malissimo,
come se l’avessero picchiato.
Perse i sensi, sprofondando
nuovamente tra i cuscini…
“Ha chiesto di
te.”
La Cuddy
raggiunse James nel suo studio.
“Si è
ripreso?”
Per poco James non lasciò
cadere la cartella che stava
leggendo, per la sorpresa.
“Non esattamente. Ha
riaperto gli occhi, ma sta male. Ha
ancora la febbre alta e battito irregolare.
Oggi ha sfiorato i 40 quando ha perso
di nuovo i sensi.”
James strinse forte i pugni,
terrorizzato e preoccupato.
“Ma state curando
l’infezione?”
“Ci stiamo provando. Deve
averla contratta dopo l’operazione,
od appena prima quando il cuore si è indebolito. Ma non
sappiamo quale sia
esattamente e l’eco non ci ha aiutato. Gli stiamo dando degli
anti-biotici, ma
non stanno dando alcun risultato…”
Greg uscì e riemerse dal
suo stato d’incoscienza più volte, nei
giorni successivi.
Si sentiva ferito, abbandonato
così senza alcuna spiegazione
dal suo migliore amico.
“Chiede di te. Come sempre.
E continua a stare male.”
James chiuse gli occhi,
giocherellando con il cibo.
Erano nella sala mensa.
“Non mi aiuta. E lo sai.
Dirmelo non cambierà la situazione
e poi sei tu che m’impedisci di rischiare. Se fosse per me,
manderei al diavolo
tutto.”
“Lo so.”
La Cuddy
sobbalzò quando suonò il suo cercapersone.
Ed impallidì quando lesse
il messaggio di Foreman.
“House
sta delirando.
È impazzito.”
“Vieni!”
La Cuddy
afferrò James per il polso e corse verso la stanza.
“LASCIATEMI! LASCIATEMI
ANDARE! LEVATEMI LE MANI DI DOSSO!
NO!”
Greg si divincolò dalle
prese di Chase e Foreman ed arretrò
afferrando l’asta accanto al letto che reggeva i medicinali,
brandendola contro
di loro, e sbattendoli fuori della stanza, come aveva fatto prima con i
genitori.
La Cuddy
arrivò poco dopo, seguita da Wilson, trafelati entrambi.
“Cos’è
successo?”
“Non ne ho
idea…Ho provato a dargli un calmante per il
dolore, perché si stava lamentando da parecchio e si
è divincolato dalla mia
presa. È impazzito, ha iniziato ad urlare di andarcene, di
stargli lontano…Ha
urlato che non voleva noi, né loro…”E
Foreman indicò i genitori di House.
Il cuore di James batteva fortissimo.
Vide Greg appoggiarsi
al muro e lasciarsi cadere a terra, la testa tra le mani, gemendo,
dall'altra parte del vetro.
“Quanto ha di
febbre?”chiese, piano.
“41.”
“E’ troppo alta
per essere semplice febbre. È febbre
cerebrale e non ha un’infezione…Ci
sbagliavamo."sussurrò piano, riflettendo.
“Ma…”fece
la
Cuddy.
“Il battito irregolare, i
due infarti…è tutta colpa di quei
maledetti medicinali. Dobbiamo metterlo assolutamente sotto dialisi ed
eliminare gli ultimi residui delle medicine, prima che facciano altri
danni…”
La Cuddy
annuì.
“Dobbiamo? Cosa ha
intenzione di fare? Non dovrebbe neanche
essere qui! Chiamo immedia…”iniziò
Blythe, rivolgendosi, furiosa a James.
“Lei non
chiamerà nessuno. È solo e soltanto colpa vostra
se
vostro figlio è in quelle condizioni. Se aveste permesso al
dottor Wilson di
stare vicino a vostro figlio, come ha fatto per mesi, prendendosi cura
di lui
ed aiutandolo, forse avremmo evitato questa crisi!”
La Cuddy
difese a spada tratta James.
L’oncologo aprì
lentamente la porta ed entrò chiudendosela
piano alle spalle, ignorando tutti gli altri.
Fu come avesse chiuso il mondo fuori.
Anche se solo per un
attimo. Le voci arrivano attenute.
S’avvicinò piano.
Greg sobbalzò quando
s’accorse della sua presenza ed alzò lo
sguardo.
James lo rivide per la prima volta
dopo giorni, fu quasi
vicino a sfiorarlo dopo quasi tre settimane.
Era pallidissimo, gli occhi azzurro
cupo infossati,
circondati da occhiaie, velati; tremava da capo a piedi, la testa tra
le mani…
“G-greg…sono
James… Mi senti?”
S’avvicinò di
più e tese la mano, facendo per sfiorarlo, ma
Greg si ritrasse.
“NON MI TOCCARE! STAI
LONTANO DA ME!”urlò.
James fece un balzo
all’indietro, sobbalzando.
“Greg…ti
prego…calmati…”
“VATTENE VIA! STAI LONTANO,
COME HAI SEMPRE FATTO!”
Fu come se qualcuno avesse pugnalato
James al cuore.
Tentò
d’avvicinarglisi e poi fu costretto ad arretrare
quando Greg afferrò l’asta e gliela
puntò contro.
“Non capisci…ti
prego, lascia che ti spieghi…”
“NON C’ERI! NON
CI SEI STATO MAI!”
Era impazzito, delirava.
“Ti prego! Lasciami
spieg…”
“AVEVI DA FARE, EH? DOVE
DIAVOLO ERI?”
James si sentì morire
quando incontrò il suo sguardo.
Si era sentito abbandonato, tradito,
ferito…da lui…
Avrebbe dovuto rischiare, mandare
tutto all’aria…l’avrebbe
fatto, se la
Cuddy
non gliel’avesse impedito…avrebbe rischiato tutto
per lui…ma senza lavoro,
senza nulla…non l’avrebbe di certo
aiutato…
S’avvicinò e
tese la mano verso di lui.
“Greg…ti
preg…”
Ma la sua frase venne spezzata
poiché Greg lo colpì, con
forza, allo stomaco, facendolo stramazzare a terra.
Non se l’aspettava ed il
dolore per la botta arrivò subito,
impetuoso…
Cadde sul pavimento, reggendosi lo
stomaco, gemendo forte,
il fiato mozzo e sentì gli altri, al di là della
porta, esclamare.
Per avere la febbre cerebrale Greg
era piuttosto forte…
Rimase con la fronte premuta sul
freddo pavimento.
Vide l’asta dei medicinali
ruzzolare a terra.
S’alzò
lentamente, vedendo l’amico appoggiato al muro,
tremante, una mano sulla fronte.
Preoccupato, approfittò di
quel momento di debolezza e corse
verso di lui.
“NO! NO,
LASCIAMI!”urlò Greg, vedendolo.
“G-greg…ti
prego…”
“NON MI TOCCARE,
ALTRIMENTI….”
“Cosa fai? Mi colpisci di
nuovo?”
Lo vide annuire, in preda al delirio.
Tentava di difendersi, spaventato. Ma
stava combattendo
contro il nemico sbagliato.
“Provaci.”lo
incalzò.
Greg lo colpì alla
mascella, con tutta la forza che aveva in
corpo.
James barcollò, ma non
s’allontanò, limitandosi a asciugarsi
il sangue che fuoriusciva dal labbro spaccato.
Greg fece per colpirlo ancora, ma
James lo bloccò,
afferrandolo per il polso.
“Vuoi ferirmi? Vuoi farmi
del male? Perché non ci sono
stato? Perché non ho potuto?”
Greg si liberò con uno
strattone dalla presa di James, che
lo lasciò andare ed arretrò di qualche passo.
“PERCHE’ NON HAI
VOLUTO! PERCHE’ SE FOSSI MORTO, SAREBBE
STATO TUTTO PIU’ SEMPLICE! PERCHE’NON TE NE IMPORTA
UN ACCIDENTI!”urlò Greg,
fuori di sé, avvicinandosi a James, finché non
furono l’uno di fronte
all’altro.
“MA COSA DIAVOLO DICI? COME
POTREI PENSARE UNA COSA DEL
GENERE? COME POTREI FREGARMENE DI TE, SE SAREI DISPOSTO A TUTTO, PER
TE, PER
VEDERTI SANO E SALVO E FELICE, MALEDIZIONE?SEI
IMPAZZITO!”gridò James.
Vide Greg allontanarsi da lui e
chiudere gli occhi e avrebbe
giurato di aver scorto delle lacrime...
James s’avvicinò
e gli tese le mani.
“Fidati di me. Sai che puoi
fidarti. Ti spiegherò tutto, ma
ti prego, devi fidarti.”
Lo vide esitare.
“Sai cosa provo. Sai che ti
amo. E sai anche che nulla lo
cambierà.”sussurrò. “Vieni da
me.”
James tese la mano ed
afferrò la sua, attirandolo a sé, con
dolcezza.
Lo sentì fragilissimo
contro il suo petto, nonostante la
furia di prima, e l’abbracciò, respirando il suo
odore, cingendogli la vita con
un braccio ed il collo con l’altro.
Greg s’accasciò
tra le sue braccia e James cadde a terra,
continuandolo a stringerlo.
“Mi dispiace…mi
dispiace…mi dispiace…scusami se non ci sono
stato…se non ti sono stato vicino…non era
perché avevo da fare…i tuoi hanno
fatto emanare un ordine di restrizione su di me…non potevo
avvicinarmi…avrei
voluto farlo, avrei voluto starti accanto in queste ultime settimane.
Mi
dispiace tanto….”
“C-cosa…?”
“Ti spiego tutto dopo. Ora
calmati, ti prego. Hai una febbre
cerebrale e quei maledetti medicinali che hai preso ti hanno quasi
ammazzato…”
Greg posò la fronte contro
il suo petto e James sobbalzò nel
sentirla così bollente.
Fece segno agli altri di entrare.
La Cuddy
si precipitò verso di loro, con una siringa di calmante in
mano.
“Faccio io.”
James gliela tolse di mano e la
infilò nel braccio
dell’amico.
“Ora calmati.”
“Dì loro che non
è vera…qualsiasi cosa…si
siano…inventati…per
l’ordine…”sussurrò
riferendosi ai genitori.
La Cuddy
tentò di farlo alzare, ma Greg gemette, non riuscendo
più a divincolarsi per la
morfina entrata in circolo.
“Faccio io. È un
bambino, certe volte.”
James s’alzò,
afferrando Greg e facendolo stendere sul
letto.
“Riposati.”gli
disse piano.
“Ho…do…r...mi…to…tr…op…po….”
James rise, piano ed, incurante degli
altri, si chinò e gli
posò sui capelli un tenero bacio.
“Andrà
bene.”
|
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Capitolo 25 *** Certe volte sei impossibile...me ne tiro fuori! ***
I genitori di House, dopo la sfuriata
della Cuddy, non se
l’erano presa più con James ed erano stati
costretti a far togliere l’ordine di
restrizione, con gran sollievo dell’oncologo.
Greg era fragile, aveva ancora la
febbre alta e, messo sotto
dialisi, stava espellendo i residui dannosi dei medicinali
anti-tumorali.
“Come possono dei farmaci
anti-tumorali farlo stare anche
peggio?”chiese Blythe alla Cuddy ed a James.
“Sono farmaci pericolosi,
quelli che ha assunto, ma gli
unici efficaci. Siamo riusciti ad asportare il tumore con successo, ma
danneggiando cuore e polmoni. Ora li stiamo proteggendo.
Starà
bene.”disse la Cuddy, mentre James non
proferiva parola.
Teneva lo sguardo fisso
sull’amico, terrorizzato.
“Quindi ti lasciano
vedermi?”sussurrò Greg all’oncologo.
“Più o meno.
Almeno finché non starai meglio.”
Greg sbuffò.
“Sono ridicoli. Come se tu
potessi mai farmi del male…”
“Già. E comunque
hai un bel gancio.”disse riferendosi al
pugno ricevuto.
Greg rise.
“Scusa. Non ricordo nulla
di quello che è successo.”
Sembrava sincero.
“Hai solo iniziato ad
urlare ed aggredire tutti. E mi hai
colpito con l’asta dei medicinali e mi hai tirato un
pugno.”
“Ecco perché hai
quella ferita sul labbro… Mmmm…”
“La febbre è
scesa ed i valori stanno rientrando nella
norma. Come ti senti?”
“In gran forma. Pronto per
una maratona.”
James alzò gli occhi al
cielo, sorridendo.
“Stanco. Ed annoiato. Per
quanto tempo mi terrete qui?”
“Finché non ti
sarai ripreso del tutto.”
“E’ quasi un mese
che…”
“E rimarresti qui anche per
un anno, se servisse a farti
stare bene.”
“Ma sto bene.”
Greg tentò di alzarsi, ma
un violento giramento di testa lo
fece accasciare sui cuscini.
Sentì James corrergli
accanto e controllargli il polso.
Sentì i battiti del
proprio cuore rallentare e chiuse gli
occhi, combattendo contro la nausea.
Poi svenne…
“I farmaci non stanno
funzionando, il cuore continua a
peggiorare. I battiti aumentano e rallentano, su e giù, come
in una giostra. Se
continua così, House avrà bisogno di un
trapianto.”
La Cuddy
lanciò uno sguardo a James.
“Non può subire
un trapianto. Il suo organismo non
reggerebbe.
Ha subito un’operazione al
cervello da poco. Morirà. E lo
sai.”fu costretto ad ammettere, nonostante la stretta al
cuore.
“Che scelte abbiamo?
Rischia un attacco di cuore.”
James non rispose.
Loro e lo staff erano riuniti
nell’ufficio della dirigente.
“Tutto per colpa dei
farmaci che ha preso?”chiese Cameron.
“Sì. I polmoni
stanno meglio, sono protetti dagli steroidi,
ma il cuore…”
“Mettetelo sotto bypass. Lo
inserisco nella lista trapianti.
James, non abbiamo altra scelta.”
La Cuddy
chiuse gli occhi, spaventata.
James rimase con Greg per il resto
della giornata,
controllando i suoi valori ed i battiti.
Era terrorizzato e più
sfiduciato di quanto volesse
ammettere.
Avrebbe voluto solo vederlo stare
bene, poterlo stringere a
sé…
“Non voglio nessun
trapianto. E sospendete i medicinali per
il cuore, dato che non hanno fatto un accidenti.”disse Greg,
la voce fioca, il
giorno dopo quando la Cuddy
gli disse del trapianto.
“Non m’interessa
quello che vuoi, House! Ne hai bisogno.”
“N-no.”
“Perché quale
assurdo motivo? Qualcosa tipo “gli organi sono
miei e nel mio corpo non voglio quelli altrui?”?”
esclamò la Cuddy.
“Q-qualcosa del
genere…”
La Cuddy
strinse i pugni, furiosa.
“Sei impazzito? Hai fatto
di tutto per seguire quella
maledetta terapia, per salvarti ed ora…”
Greg non rispose.
Era disteso su un fianco,
pallidissimo e quella mattina era
stato messo sotto bypass.
“James….”
La Cuddy
guardò l’oncologo, implorante.
“L-lascialo
f-fuori…E’ inutile che lo metti in mezzo. N-non
mi lascerò convincere…”
“Vuoi morire?
Perché è quello che succederà se
continui
così!”gridò la Cuddy,
su tutte le furie.
James corse a calmarla.
“Urlargli contro non
servirà a nulla. Provo io a farlo
ragionare. Vai.”
Rimasti soli, James
s’avvicinò all’amico.
“N-non dire
nulla.”sussurrò Greg, gli occhi chiusi.
“Sì, invece. Sei
un’idiota.”
“L-lo so.”
“Perché diavolo
ti vuoi ammazzare?”esclamò, rudemente.
“N-non voglio un
trapianto.”
“Ma ne hai bisogno,
maledizione!”
“Provate
qualcos’altro.”
“Ci abbiamo provato! I
medicinali non servono, Greg! Hai
bisogno di…”
“N-no.”
“Ma ti rendi conto delle
sciocchezze che stai dicendo?
Perché diavolo devi rendere tutto così
complicato? Perché dobbiamo combattere
anche se stiamo cercando di salvarti?”
Greg non rispose.
Lo sguardo di James andò
all’elettrocardiogramma.
Il battito era un po’
debole, ma non correva nessun rischio.
Non ancora.
“Ti prego, Greg. Ti prego,
accidenti! Fidati di noi…di me.
Ti chiedo solo questo.”
“U-usate l-la
l-levoxicitina.”
“Cosa?”
La levoxicitina era un farmaco
sperimentale, usato
solitamente per proteggere e curare i danni cardiaci. Ma
l’effetto non era mai
assicurato.
“U-usate
q-quella.”
“Ora basta. Non ho
intenzione di ascoltarti un secondo di
più. Sei già nella lista trapianti
e…”
“T-toglimi di
lì.”
“Scordatelo!”
“S-sono ancora in grado di
decidere. Toglimi da quella
maledetta lista.”
“Posso dire che sei
incapace di decidere ed eseguire lo
stesso il trapianto.”
“N-non puoi. N-non hai la
delega. E non lo faresti contro la
mia volontà. M-mi ami troppo.”
“Già. E forse
è un errore.”
Cadde il silenzio.
“N-non ci credo.”
“E’ la
verità. È un errore. Non riesco ad essere
obiettivo.
Non riesco a proteggerti.”
“L-l’hai fatto.
F-fino ad ora. V-vuoi mandare a puttane ogni
cosa?”
James allargò le braccia e
lo guardò.
“Perché no? Tu
lo stai facendo con la tua vita!”
“N-non
morirò.”
“Sì.
Morirai.”
“S-sono sopravvissuto ad
un’op…”
“E morirai per un attacco
di cuore.”
“V-voglio la levoxicitina.
E toglimi da quella lista.”
“Parla con la Cuddy.
Io
me ne tiro fuori.”
Greg aprì gli occhi,
stupefatto.
“C-cosa?”
“Me ne tiro fuori. Lascio
decidere agli altri. A quanto pare
non sono in grado di gestirti.”
“J-james!
A-andiamo!”
Ma l’oncologo era
già fuori.
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Capitolo 26 *** E scelgo te ***
“House ha insistito per
farsi mettere sotto
levoxicitina.”disse la Cuddy
a Wilson, incontrandolo in ambulatorio.
“Mmm.”
“Cos’è
successo?”
“Il solito. È
odiosamente testardo ed ignora puntualmente i
consigli delle persone che si preoccupano. Il solito.”rispose
aprendo una
cartella che gli aveva porto l’infermiera.
“E’ fatto
così. Non puoi cambiarlo, non del tutto. È
già
molto che si sia…”
“Innamorato di me? Io lo
trovo folle, per i suoi parametri.
Mi chiedo se non sia stato solo l’effetto della
quasi-morte.”continuò,
sfogliando la cartella.
“Non credo. House
è cambiato. Nelle piccole cose, ma è
cambiato. Anche ammettere che avesse bisogno di te, di qualcuno,
è importante,
visto com’è fatto.”
“E’ stato tutto
un errore.”
“Lo ami.”
La Cuddy
gli tolse la cartella clinica da sotto gli occhi.
“Ed è stato solo
un…”
“Errore? Perché
non ti ascolta? Perché fa di testa sua?
È House! È
così e non cambierà. Ma non significa nulla, se
tiene a te.”
“Se…”
“Tiene a te. Altrimenti non
si sarebbe messo ad urlare che
non eri accanto a lui quando aveva riaperto gli
occhi…”
James abbozzò un sorriso.
“La
levoxicitina…funziona?”
“E’ presto per
dire qualcosa. Ma probabilmente sì. È House
anche quando è in fin di vita…
Io mi fiderei delle sue
trovate.”
E se ne andò, lasciando
James con i suoi pensieri.
James stette lontano da Greg per
qualche giorno, pur
informandosi delle sue condizioni dalla Cuddy, riflettendo.
La Cuddy
aveva ragione: Greg non sarebbe mai cambiato e doveva accettarlo.
La cosa che temeva era che quella
loro “relazione” fosse
solo…un’avventura, una sciocchezza…
E se fosse stato così, la
loro amicizia non sarebbe più
stata la stessa.
Loro non sarebbero stati
più gli stessi.
“Migliora. Aveva ragione
lui.”
La Cuddy
gli s’avvicinò, vedendolo appoggiato al vetro
della porta della stanza di
House, come giorni fa.
“Sta bene, James. Entra e
chiarisci con lui.”
“Ha detto qualcosa della
mia…assenza?”
“No, nulla. Avrà
capito che avevi bisogno di tempo per
riflettere. Le tue conclusioni?”
“Le avrò perse
per strada. Non so cosa fare.”
“Entra. Potrebbe essere
questo un inizio.”
James rise, piano ed aprì
la porta.
Greg era sveglio e sfogliava
distrattamente un libro. Il suo
comodino era pieno di giornali, cd ed
un I-pod.
Alzò lo sguardo appena
James varcò la soglia.
“Il ritorno del figliol
prodigo. Spiacente, ma non ho capre
da offrirti.”
“Agnelli. Non
importa.”
S’avvicinò.
“Visto? Sto bene. Avevo
ragione!”fece Greg.
“Come sempre.”
Cadde un pesante silenzio.
“Tra quanto ti
dimetteranno?”
“Forse tra una settimana. E
poi dovrò fare anche un mese di
chemio.”
“La tua idea ha funzionato.
Ma poteva anche peggiorare la
situazione.”
“No…”
“Ti avevo chiesto solo di
fidarti di me.”
“Ed io mi sono
rifiutato.”
“Sì.”
“Scusami.”
“Menti.”
“Forse. Ma avevo ragione
io, accidenti! La mia idea ha
funzionato e…”
James si passò una mano
sugli occhi e Greg tacque.
“Andiamo, James! Mi conosci
da una vita! Sai che faccio
sempre come mi pare, perché ora è diventato un
problema?”
“Perché il fare
a modo tuo ti ha quasi ucciso.”
“E mi ha anche
salvato.”
“D’accordo.”
James lo guardò,
arrendendosi.
“Dovrò prenderne
atto.”
“Su. Vieni.”
James si sedette sul bordo del letto
di Greg, appoggiando la
testa all’indietro, sui cuscini.
Greg lo guardava.
“Che
c’è?”
“Nulla. Sto cercando di
capire cosa stai aspettando.”
James alzò gli occhi al
cielo, capendo cosa intendesse.
“No. Non è il
luogo più adatto per qualsiasi cosa tu abbia
in mente. Considera anche che i tuoi hanno emanato un ordine di
restrizione
contro di me accusandomi di molestie su un paziente incapace di
difendersi…”
Greg rise.
“Non è
divertente.”
“Sì che lo
è, ammettilo!”
Continuò a ridere.
“Da quando ho scoperto di
avere un tumore, sei diventato tu
quello cinico e malvagio ed io quello dolce e gentile.”rise.
“Tu? Dolce e gentile? Che
essere mitologico!”
James gli cinse le spalle con un
abbraccio e posò il mento
sulla sua spalla, guancia a guancia, liscia e ruvida, sfiorandogli la
testa
ancora fasciata per l’operazione subita.
“Chiamami anche
sentimentale, ma non voglio rinunciare a
tutto…tutto questo.
Ho troppa paura.”
“Paura di
perdermi?”
“Sì.”
Greg non disse nulla. Non se la
sentiva d’infierire, di
prenderlo in giro…
“Vorrei continuare a
proteggerti, come ho sempre fatto,
stringerti e tenerti stretto a me…”
“A me sta bene.”
Greg avvicinò il viso al
suo, ancora di più.
James gli posò un bacio
sul collo e sulla guancia.
Si spostò un
po’, sfiorandogli le labbra con le sue e…
“Figlio
di…Lascialo stare…”
Accadde tutto in un attimo.
John House entrò nella
stanza come una furia ed afferrò
James allontanandolo da Greg.
L’oncologo
barcollò, colto di sorpresa, mentre Greg s’alzava
dal letto, stupito.
“Tu! Come diavolo osi
toccarlo?”
John sferrò un pugno a
James che cadde a terra, tremante.
“James!”
Greg fece per
“corrergli” incontro, ma Blythe lo trattenne.
“No, Greg,
non…”
“Lasciami stare!”
Greg si liberò della presa
della madre con uno strattone e
corse da James, parando l’altro colpo che John aveva sferrato.
“Lascialo,
accidenti!”
James tossiva, ancora a terra.
Si alzò, alle spalle
dell’amico.
“Greg, spostati o picchio
anche te.”
“Scordatelo. E non sarebbe
la prima volta.”
Greg barcollava e si dovette
appoggiare a James, chiudendo
gli occhi.
“Calmati. Non ti agitare.
Non avresti dovuto alzarti e
correre qui. Sei…”
“Bene! La prossima volta
lascerò che ti picchino.”
“Doveva stare lontano da
mio figlio. È per questo che
abbiamo fatto emanare un ordine di
restrizione!”esclamò Blythe.
“Revocato.”corresse
Greg, continuandosi ad appoggiarsi a
James.
“Io non tollerò
questa…questa cosa! Tu
stai male e…”disse Blythe, rivolgendosi al figlio.
“E sono ancora in grado di
intendere e di volere. Nonostante
quello che avete fatto scrivere
nell’ordine.”ribatté.
“Tesoro,
noi…”
“So badare a me stesso. E
se scelgo di stare con James
è perché mi va e non perché lui mi
abbia
costretto. Come se riuscisse a farlo qualcuno.”
Blythe lo guardò, gli
occhi spalancati.
“Ti va?”
“Sì.”
“Ma
cos’è? Una storiella? Un’avventura? Solo
sesso? Cosa?”fece John.
“Qualsiasi cosa sia non
è affar vostro. Neanche se gli
avessi chiesto di sposarmi, lo sarebbe, quindi…”
James alzò gli occhi al
cielo.
Greg barcollò e per poco
non cadde a terra.
“Greg!”
James, prontamente,
l’afferrò.
“A letto. Subito. Devi
riposarti, accidenti!”
Greg annuì.
I suoi se ne andarono, costretti
dallo sguardo fulminante
del figlio ancora arrabbiati e sconvolti.
“Mi perdoneranno
mai?”chiese James.
“Fregatene. Mica devi
chiedere solo la mia mano.”
“Finiscila con questa
storia, andiamo!”
Greg scoppiò a ridere,
seguito dall’amico.
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Capitolo 27 *** Imprevisti, rapimenti e perdite ***
“Un respiro profondo.
Così…bravo. Senti dolore da qualche
parte?”
“Sì. Alla gamba.
Mi passeresti le mie pillole?”
“Sei stato sotto morfina
per settimane! Hai ancora bisogno
di…”
“Vicodin! Vicodin!
Vicodin!”
“O gli dai quelle maledette
pillole o lo anestetizzi! Non
sopporto quando fa così!”esclamò la Cuddy,
mentre Greg ghignava.
Greg ingoiò un paio di
pillole, chiudendo gli occhi.
“Aah! Ora va
meglio.”
“Non dovresti
più avere quei mal di testa lancinanti di
prima. Ma per quanto riguarda la debolezza e la nausea, si ricollegano
alla
chemio che dovrai seguire per un mese.”
Greg sbuffò.
“Andiamo o no? O vuoi farmi
vivere qui?”insistè.
Voleva tornare a casa, nonostante le
preoccupazioni di
James.
“Per
carità!”fece la Cuddy
e sia Greg che James scoppiarono a ridere.
“Muoviti! Ho voglia di fare
con te una certa cosa…”
House ghignò, mentre
Wilson arrossiva leggermente.
“Idiota…”
“House, aspetta!”
La Cuddy
l’abbracciò improvvisamente, lasciandolo
impietrito per la sorpresa.
“Se ti sei decisa a venire
a letto con me, sono spiacente di
deluderti, ma sono un po’ impegnato al
momento…”ed indicò James, che
sbuffò.
“No. Ti ho abbracciato
perché sono stata in pensiero per
tanto tempo per te. E sono contenta che tu stia bene.”
“Le solite
scuse…”
“House! Prenditi qualche
settimana di riposo…torna quando te
la senti, ok?”
“E ti privi così
del tuo miglior dottore? Farai un grave
danno all’ospedale!”
“Vai!”
“Se mi lanci di nuovo
quello sguardo preoccupato, ti giuro
che…”minacciò Greg, quando varcarono la
porta di casa.
Era un secolo che non ci mettevano
piede.
Nelle settimane precedenti James
aveva dormito in ospedale,
pur di tenerlo d’occhio.
“Come vuoi.”
Greg si appoggiò alla
porta, chiudendo gli occhi.
Si sentiva stanchissimo.
Sentì James afferrarlo per
un braccio e portarlo da qualche
parte.
Camera da letto, capì
quando lo fece stendere sul materasso.
“Dormi.”gli
intimò.
Greg gli afferrò il polso
e non lo lasciò andare.
James parve capire il messaggio,
perché si stese accanto a
lui, circondandogli le spalle con le braccia.
“Sono qui.”disse.
“Lo so. Ci sei sempre. Sei
la mia ombra…Certe volte mi fai
paura…”
“Dormi,
su…”
Greg s’appoggiò,
tremante al muro, vomitando anche l’anima
in bagno.
“Sono stufo.
Sarò dimagrito di almeno dieci chili per questa
maled…”
S’interruppe, colto da un
ennesimo conato.
James guardò il bagno dove
Greg si era rifugiato,
preoccupato, anche se la nausea ed il vomito erano soltanto effetti
collaterali
della chemio.
Erano nel bagno
dell’ospedale, tre giorni dopo.
A dispetto della nausea e la
debolezza, Greg stava meglio ed
aveva ripreso a lavorare.
Era intrattabile…
“E’
normale.”
“Questo non mi aiuta,
sai?”sbottò, nervoso.
Aveva un nervosismo addosso che non
l’abbandonava mai.
Ed era più scorbutico del
solito.
“Passerà. Stai
tranquillo.”
House decise di ignorarlo.
Non gli servivano a nulla le sue
parole di conforto…
Greg aprì la porta del
bagno, pallidissimo ed ingoiò un paio
di pillole.
Si sciacquò il viso,
tremante.
“Và a casa. Ti
accompagno io. Sei uno straccio.”sussurrò
James.
“Grazie mille. Ma ne ho
abbastanza di avere il baby-sitter!”
S’avviò fuori
del bagno, seguito dall’amico.
“Stai male.”
“Meglio di prima.”
“Sì,
ma…”
“Smettila di preoccuparti,
maledizione! Sto bene! E poi…”
Driin Driin Driin
Greg s’interruppe al suono
del cellulare di James.
L’oncologo
afferrò il cellulare e gli fece segno d’aspettare
un minuto.
Greg fece per parlare, ma si
fermò quando vide James
impallidire, ascoltando la chiamata.
“James…cosa…”
“C-cosa? E quando? M-mi
disp…sì, arrivo. A-arrivo subito.
Tranquilla. Ci penso io.”
Chiuse la conversazione, bianco con
un cencio, evitando il
suo sguardo.
“Chi era? Una tua amante od
ex-moglie? Cos…James, stai
bene?”
James si passò una mano
dinanzi gli occhi e non rispose.
Erano immobili al centro del
corridoio.
La Cuddy,
poco distante da loro, s’avvicinò, preoccupata
vedendo James immobile e
pallido.
“James,
cosa…?”
“E-era mia madre. M-mio
padre è m-morto questa mattina….”
“Bevi questo.”
“Cuddy, sto bene.
Smettila.”
“Appunto, non berlo.
Chissà che ci avrà messo dentro.
Potrebbe voler tentare di avvelenarti e tu non lo sospetteresti
neanche!”intervenne Greg, strappando di mano a James la tazza
che gli aveva
porto la
Cuddy.
La dirigente lo fulminò
con lo sguardo.
“Non lo farei
mai.”
“Sì, certo.
Sotto quella quarta, c’è una donna
malvagia.”
James abbozzò un sorriso,
mentre la
Cuddy alzava gli occhi al
cielo.
“Devo partire per il
funerale, Cuddy. Aiutarli e… è tra un
paio di giorni e…”
“Lo so. Vai, tranquillo. Se
non sono indiscreta, come… com’è
successo?”
James chiuse gli occhi.
“Infarto.
Fulminante.”
Tacquero.
“Vai e stai con tua madre e
tuo fratello.”
“Ma come farai con i miei
pazienti e…”
“Ci penserò io.
Vai tranquillo.”
James infilò nella borsa
la roba che gli capitò a tiro,
soprappensiero.
“Aspetta, aspetta. Ok,
questa felpa è mia, ma se vuoi te la
presto e…che ci fa un mestolo nella tua valigia? Vuoi
preparare la zuppa per
tutti?”
“Scusa.
Sono…”
“Sconvolto?”
“Sto bene. Sono solo
soprappensiero. E devo sbrigarmi. Parto
per Baltimora domani alle 11. Ho già ordinato il biglietto,
dopo la telefonata.”
Gli ridiede il mestolo e
continuò ad infilare roba nella
borsa, distrattamente, senza proferire parola.
“Questa la
porto.”disse, indicando la felpa.
“Per ricordarti di
me?”
Ghignò.
“No. È troppo
sepolta e non ho tempo per riesumarla.”
Greg lo guardò.
Lo vedeva concitato e pensieroso.
Quando aveva ricevuto la
notizia era impallidito di botto e si era immobilizzato, sorpreso e
sconvolto.
Ora, invece, non mostrava nessun
segno di sofferenza. Era
strano.
Non aveva pianto, né aveva
avuto gli occhi lucidi, né nulla…
Era distaccato o così si
mostrava.
Chiuse la borsa e la posò
ai piedi del divano.
Poi si guardò intorno.
“James…ehi!”
Greg l’afferrò
per le spalle e lo voltò, rudemente, verso di
lui.
“Cosa
c’è?”chiese l’altro.
“Sembri una di quelle
macchine comandate…non stai fermo un
attimo.”
“Ho fretta.”
“Ora sono io a dirtelo:
“Rilassati”.”
James si liberò dalla sua
presa e scosse la testa.
“Tranquillo. Sto bene.
Domani riposati, ti prego. Non andare
al lavoro. Non voglio che guidi quella
moto.”sussurrò James.
“Cosa? La vuoi mettere
sotto chiave? Sto bene, cavolo!”
“No. Almeno aspetta un
po’. Dopo la chemio.”
“Ti odio quando fai
così.”
Ma il suo sguardo apprensivo mise a
tacere ogni protesta del
diagnosta.
“Mi farò venire
a prendere dalla Cuddy, va bene, mamma?”
“Sì. Ci vediamo
tra un paio di giorni.”disse prima di
stendersi sul divano.
Cadde il silenzio tra loro.
“E’
già andato all’aeroporto?”
“Buongiorno anche a te,
Raggio di Sole!”
Greg s’infilò
nell’auto della Cuddy, sbuffando e
strofinandosi le mani per riscaldarsi.
La gamba gli faceva male
più del solito; ingoiò una manciata
di pillole e sbattè la portiera.
Era una giornata gelida e il cielo
preannunciava neve.
“House…”
“Sì.”
“E come stava?”
“Agitato. Ed
assonnato.”
“Perché?”
“Credo che la colpa sia
mia.”
“House…cosa
avete...”
“Perché pensi
sempre al sesso? D’accordo che non hai un uomo
da… una vita? Ma smettila di pensare solo a quello! Comprati
un cane e pensa a
lui! Tieni la mente impegnata!”
“Sei il solito! La tengo
impegnata! Ho dovuto pensare
a te, che avevi un tumore, ed a James, al quale ieri è morto
il padre e che ora
sta partendo per Baltimora, da solo.”
Tacque.
“Avresti dovuto
accompagnarlo.”
Greg la guardò, stupito.
La dottoressa gli lanciò
uno sguardo, preoccupato.
“Scordatelo.”
“Perché non gli
hai chiesto di venire con lui?”
“Perché non
voglio, la spiegazione è semplice! Mi ci vedi ad
un funerale, circondato da pinguini imbalsamati, tutti i parenti di
James? Non
sono fatto per queste cose! Finirei per…”
“Combinare uno dei tuoi
soliti guai e metterlo in
imbarazzo?”
“Non ne ho voglia. Non se
ne parla. Non lo farei mai. E poi
sarà già su quel volo a
quest’ora!”
La Cuddy
fece una brusca frenata e voltò la macchina nella direzione
opposta.
Greg andò a sbattere
all’indietro contro il sedile, per la
violenza della virata.
“Cosa diavolo stai
facendo?”
“Ti accompagno
all’aeroporto.”
“Cosa? Scordatelo! Io non
ci voglio andare, non…”
“E’ il tuo
compagno, maledizione! E sta soffrendo! Ha
bisogno di te!”
“Devo fare la chemio
e…”
“Odi fare la chemio, non
usarla come scusa! Per un paio di
giorni non morirai, dato che il tumore è stato
asportato.”
“Non ho nulla da
mettere…”
“Mettere? Felpa e jeans
andranno bene. O usa la carta di
credito e comprati un completo da pinguino, se vuoi. Basta
scuse!”
“Ok, nessuna scusa! Fammi
scendere! Torna indietro!”
“House, ascolta. Lo ami o
no?”
“Fammi scendere! E poi non
c’entra un accidenti. No, lo
odio! Dirò qualsiasi cosa, ma non salirò su
quell’aereo!”
“Sta soffrendo ed ha
bisogno…”
“Della sua famiglia, dei
suoi parenti piagnucolosi, di sua
madre, non di me! Torna indietro!”
“Sta male.”
“Non lo da a vedere.
Sembrava tranquillo. Era solo un po’
distaccato ed agitato perché doveva partire per un maledetto
funerale!”
“E non ti sembra strano che
non abbia pianto, saputo la notizia?
Non può tenersi tutto dentro!”
“E che sei? La sua
psicologa? Fammi scendere od apro la
portiera!”
Posò la mano sulla
maniglia. Non voleva assolutamente andare
a quel dannato funerale.
Nemmeno per lui. Mai e poi mai.
“Così finiresti
per ammazzarti e farlo stare anche peggio di
come sta al momento.”
Greg chiuse gli occhi, la mano ancora
sulla maniglia.
“Sei pazza!”
“Lo faccio per
voi.”
“E fatti gli affaracci
tuoi!”
“Ti ha protetto, ti
è stato accanto quando stavi male.
Avrebbe dato la vita per te. E tu non vuoi accompagnarlo ad un
funerale?”
“Non puntare sui sensi di
colpa, tanto non funziona! Voglio
scendere! Voglio scendere! Voglio scendere! Voglio
scendere!...”
“So che hai un cuore anche
tu, House, anche se continui a
negarlo. Lo so perché hai ammesso di aver bisogno di James,
di volerlo,
d’amarlo…”
Greg ripensò allo sguardo
dell’amico quando aveva ricevuto
la notizia, la sua espressione impietrita, la sua agitazione…
“Ma perché
diavolo non ti fai gli affaracci tuoi?”
“Come stava? Che
faceva…”
“Si teneva occupato! Con il
lavoro, ed ieri sera con la
valigia! Non ha parlato del padre! Non ha detto una sola parola! Non mi
ha
detto nulla! Ora che lo sai, sei soddisfatta?”
Era nervosissimo.
“Prendi il volo delle 11
per Baltimora, mi raccomando.”
“NO!”
“Ti tolgo
l’ambulatorio per un mese.”
“Quattro.”
“No, due.”
“Tre o prendo il primo taxi
che trovo all’aeroporto e me ne
torno a casa.”
“Ok, tre. Fingi di essere
dispiaciuto, stagli vicino…Fagli
un favore!”
Greg s’arrese, gli occhi
chiusi ed annuì.
“Lo faccio solo
perché non ho scelta!”sbottò, irritato.
“Lo fai perché
lo ami.”
Greg alzò gli occhi al
cielo.
Non ci pensava mai e non voleva farlo.
“Ripeterlo ti fa sentire
realizzata?”
“Sì.”
La Cuddy
sorrise, mentre il diagnosta sbuffava.
“Volo delle 11 per
Baltimora in partenza. I ritardatari sono
pregati d’affrettarsi.”disse l’hostess.
James appoggiò la fronte
al finestrino accanto al suo posto.
Stava quasi per nevicare.
“Si sposti! Non vede che
c’è un disabile, qui? Non lo vede
il bastone? Ah, i giovani d’oggi!”
James sobbalzò nel sentire
una voce familiare e si voltò
così velocemente che il collo cricchiò.
Era la voce di… Greg? Cosa
diavolo ci faceva lì?
Si diede un piccolo pizzicotto sul
braccio per controllare
che fosse sveglio.
Ahi! Faceva male, quindi…
S’alzò cercando
il compagno con lo sguardo.
Lo vide poco lontano.
“Greg!”
Si fece avanti ed afferrò
l’amico per un braccio, voltandolo
verso di lui.
Sì, era lui: imbacuccato
in coppola, sciarpa, guanti, giacca
e felpa, avrebbe riconosciuto quegli occhi azzurro cupo ovunque.
“Cosa ci fai qui?”
Il cuore di James si
riempì di gioia nel rivederlo, subito
inondato da una sensazione di panico ed angoscia. Aveva desiderato
portarlo con
sé, avere il suo appoggio, la sua compagnia, ma non aveva
osato chiederlo…
Gregory House non era esattamente il tipo adatto ai funerali od alle
ricorrenze
in famiglia. E da poco era stato dimesso dall’ospedale dopo
un’operazione al
cervello, l’asportazione di un tumore e varie complicazioni
al cuore… No, non
poteva venire! Non doveva essere lì. Doveva rimanere in
ospedale, fare la
chemio e…
“Scendi.
Andiamo.”disse, subito, stringendogli le braccia.
“Scordatelo. Ho
già pagato il biglietto e…”
“Te lo rimborso. Scendi.
Non ti porto con me. Non voglio che
tu abbia una ricaduta.
Su, vieni!”
“Mi dispiace, signori, ma i
portelloni sono stati
chiusi.”disse loro una hostess con un sorriso imbalsamato,
quando
s’avvicinarono all’uscita.
“Ma…”
“Vi prego di prendere
posto. L’aereo decollerà tra poco.”
James si voltò verso il
compagno, le mani sui fianchi.
“Appena arriviamo a
Baltimora, prendi il primo aereo e
ritorni di filato qui.”
“Scordatelo. Sono venuto
per accompagnarti. Mi hanno
costretto e rapito…”
“E chi ti ha
costretto?”
“La Cuddy”
ghignò.
“Appena
torno…”
“Prendete posto,
prego.”insistè l’hostess.
Greg gli fece un cenno con il capo ed
andò a sedersi al suo
posto distante tre file da James.
Ansioso, James riuscì con
un cambio di posto a far sedere
Greg accanto a lui.
“Smettila di preoccuparti.
E pensa a cosa dire al commiato”
sbuffò Greg, prima di ingoiare un’altra manciata
di pillole e mettersi le
cuffie dell’I-pod nelle orecchie.
“Ma come ti è
saltato in mente di convincerlo? No, Cuddy,
no… Lo so, ma… Sto bene, smettetela di
preoccuparvi! E se stesse male? No, che
sciocchezza, non è per quello… Non puoi? Andiamo!
Se gli succedesse qualcosa?
Sì che sono un oncologo, ma… Ok, va
bene!”
James chiuse la conversazione e
sospirò.
Erano all’aeroporto di
Baltimora e appena messo piede a
terra, James si era informato sui voli. Quello per il New Jersey
partiva alle
due del pomeriggio, ma non se la sentiva di lasciar partire Greg,
soprattutto
perché la Cuddy
non poteva venirlo a prendere. Cielo! Si stava comportando come una
mamma.
“Ha detto
che…”
Si voltò verso il punto in
cui si trovava Greg e sobbalzò
quando non lo vide seduto accanto a lui.
Lo prese il panico, subito dissoltosi
quando lo vide accanto
alla macchinetta delle merendine.
“House!”
L’afferrò per un
braccio e lo voltò verso di sé. “Non ti
devi allontanare, maledizione!”
Greg scartò la merendina,
alzando gli occhi al cielo,
esasperato.
“Smettila! Non farti
prendere per una mamma isterica. Qual è
il verdetto?”
“Rimani qui. E te ne torni
con me.”
“Alleluja.
Andiamo.”
Zoppicò avanti, ma James
rimase immobile lì dov’era.
“Perché?”
“Devi andare ad un funerale
o sbaglio?”sbuffò.
Era irritato, la gamba gli faceva un
male cane, la
Cuddy l’aveva praticamente
rapito e costretto ad accompagnare Wilson al funerale del padre ed ora
il suo
amico si stava facendo venire i complessi…
“No. Non quello.”
Greg lo guardò
interrogativo.
“Perché ti sei
lasciato convincere?”
“Costringere. È
diverso.”
“Perché?”
“Mi andava di fare un giro
per Baltimora. E poi non avevo
alcuna scelta. In cambio sono esonerato dall’ambulatorio per
tre mesi…”
“Ah.”
Che s’aspettava James?
L’oncologo aveva quasi sperato che
l’avesse fatto per lui, solo
per lui…
Speranza vana. Greg s’era aperto con lui, rivelando i suoi
sentimenti, solo
quando stava per morire; un evento del genere non sarebbe
più ricapitato.
Doveva accettarlo così
com’era… burbero, irritato ed
irritante…e chiuso.
James annuì, afferrando la
valigia e facendogli segno di
seguirlo.
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Capitolo 28 *** Litigi ***
“Oh, James! Che cosa
terribile, mi dispiace così tanto!”
Appena varcò
l’ingresso dell’albergo, dove l’aveva
invitato
sua madre e suo fratello, James venne investito da una donna dai corti
capelli
scuri, che l’abbracciò stretto.
“Mel…Lo so.
Dispiace tanto anche a me!”
La donna si staccò da lui,
asciugandosi le guance umide.
“La zia e Joe sono di
là.”
Ed indicò un folto gruppo
di persone, tra le quali Greg,
riconobbe, anche se non li vedeva da tempo, la madre ed il fratello di
James,
con la moglie di lui, Rebecca.
Poi lo sguardo di Mel cadde su Greg,
che si guardava
intorno.
“E lui chi
è?”
“Gregory House, il mio
com…migliore amico. Gli ho chiesto di
accompagnarmi.”
Meglio tralasciare che era salito
sull’aereo a sua insaputa,
convinto dalla Cuddy…
“Piacere, io sono Mel, la
cugina di James.”
Tese la mano che Greg non prese, come
suo solito.
Ad uno sguardo interrogativo di Mel,
James scrollò le
spalle, come per dire “lascia perdere”.
“JAMES!”
Rose Wilson, la madre, corse verso di
loro, abbracciando
forte James e scoppiando a piangere.
Guardandosi intorno e vedendosi
circondato da parenti e visi
contriti, Greg maledisse la Cuddy per averlo
“convinto”, se così si poteva definire
un
rapimento, ad accompagnare il suo migliore amico.
“Mamma…su,
calmati. Andrà…andrà tutto
bene…”
James strinse a sé la
donnina dai capelli ingrigiti così
somigliante a lui, accarezzandole il capo.
“E’
s-stato…così…cos…i-improvviso…N-non
ce l’aspettavamo…”
“Mi dispiace, mamma. Mi
dispiace tantissimo.”
James continuò a
stringerla.
Poi fu il turno di Joe a stringerlo.
“Mi sono precipitato qui
appena ho potuto.”disse James.
“Grazie, ci serve il tuo
aiuto…con tutto il resto…”
“Ciao,
Greg…”
Rose s’avvicinò
al diagnosta e l’abbracciò, cogliendolo di
sorpresa.
James per poco non scoppiò
a ridere di fronte alla faccia
stupita dell’amico.
“Hai accompagnato James,
giusto? Grazie.”
Greg annuì.
“Mi dispiace, signora
Wilson.”disse lui, imbastendo uno
sguardo contrito.
Doveva essere un ottimo attore in
quell’occasione…
Ne valeva dei suoi tre
mesi…
“Lo so, grazie, ragazzo
mio.”
Rose lo lasciò andare,
continuando a piangere.
“House.”disse
Joe, guardandolo, rigido.
“Joe.”
James e la madre passarono lo sguardo
da Greg a Joe.
Loro non erano mai andati
d’accordo, soprattutto perché Joe
non riusciva ad accettare il carattere di Greg.
Rose, invece, per amore di James, ci
riusciva.
“Non ti
aspettavamo.”
“Immagino. È
stata una cosa…improvvisa…”e
guardò James, che
per poco non scoppiò a ridere, ricordando il
“rapimento” che gli aveva
raccontato Greg.
“Comunque, dubito tu riesca
a trovare una stanza libera.
Quella di James
gliel’abbiamo riservata.”
“Può stare da
me. Non c’è nessun problema.”disse James
con
naturalezza, nonostante gli sguardi stupiti della madre e del fratello.
S’avviò alla
reception e prese le chiavi della stanza
riservata.
“C’è
un’altra stanza libera?”domandò alla
signorina alla
reception.
“No, signore. Mi
dispiace.”
Com’era
d’aspettarselo.
“Dormi da
me.”disse, lanciando a Greg le chiavi.
“Sì, io sul
letto e tu sul tappeto.”
James ghignò.
“Vedremo.”
“Sfidalo ad una gara di
corsa. Sono certo che vinceresti
tu.”disse gelido Joe.
“Joe, basta. Lascia stare
Greg. Non è il momento, né il
luogo.”intervenne Rose, vedendo James che avanzava verso il
fratello,
arrabbiato.
“Andiamo.”disse
l’oncologo, afferrando l’amico per un
braccio e trascinandolo via.
“Mi spieghi una
cosa?”chiese Greg, giocherellando con il
bastone, rigirandolo tra le dita sopra di sé, steso sul
letto.
Si sentiva uno schifo, in preda al
dolore ed alla nausea,
provocata dai medicinali che doveva ancora prendere.
Ma la curiosità era troppo
forte.
“Cosa?”
“Sei bizzarro. Mi
aspettavo…non so…fiumi di lacrime? Dove
hai lasciato i tuoi sentimenti? Negli altri pantaloni?”
“Li avrò
dimenticati a casa. E poi sto bene.”
James gli voltava le spalle, frugando
tra la sua roba.
“Sei rimasto sconvolto
quando hai saputo la notizia della
morte di tuo padre, impietrito. Ma poi hai continuato come se non fosse
successo nulla, venendo qui come se fosse solo un compito
da…”incalzò Greg.
“Che
t’importa?”sbottò, nervoso, girandosi e
fronteggiandolo.
“M’incuriosisce.
È interessante.”
Ghignò.
Interessante.
Figuriamoci! Per House si trattava
solo di un divertimento…
“Spiacente, ma non mi va di
essere una cavia per le tue
congetture.”
Chiuse con violenza la borsa e lo
guardò.
“E non mi va di farmi
psicanalizzare da te. Ci vediamo.”
Fece per andarsene, voltandogli le
spalle, ma Greg s’alzò e
lo raggiunse, afferrandolo per un braccio e costringendolo a voltarsi
verso di
lui.
Incrociarono gli occhi per una
manciata di secondi, durante
i quali furono percorsi da uno strano brivido.
Greg gli strinse il braccio per un
attimo, poi lo lasciò
andare.
James rimase incollato al suo sguardo
per un secondo, poi si
voltò e se ne andò.
Greg si stese sul letto, gli occhi
chiusi, le mani sugli
occhi.
Si sentiva malissimo. Da quando James
se n’era andato non
aveva fatto che vomitare, colto dalla nausea, si sentiva uno straccio.
Inoltre il suo migliore amico era
andato chissà dove e non
si faceva vedere da circa 3 or…
Sobbalzò quando
sentì la chiave girare nella toppa.
Come non detto…
James entrò, con una
strana espressione sul volto, tra il
divertito e l’esasperato.
Incapace di reggersi in piedi, debole
come si sentiva, Greg
voltò appena il capo verso di lui, lanciandogli uno sguardo
interrogativo.
James si voltò
all’indietro e salutò con un cenno qualcuno
fuori della porta.
Udì la voce di Joe.
“Ci vediamo domani.
G-grazie.”
E chiuse la porta dietro di
sé.
“Allora? Devo essere
geloso?”biascicò Greg, prendendolo in
giro, una mano sugli occhi.
“Falla finita. Era mio
fratello.”
James aveva la voce impastata.
“Incesto, quindi?”
“Idiota.”rise.
Una risata strana.
Greg lo guardò meglio e lo
vide barcollare leggermente.
“Hai bevuto!”
Era sorpreso.
“E da quando è
illegale?”
S’avvicinò al
comodino e fece per prendere la flacone di
Vicodin, ma la mano di Greg fu più veloce, vincendo la
stanchezza e la
debolezza, e gliela strappò di mano.
“Da quando ti comporti come
un idiota?”
“Da stasera.”
“Cosa
vuoi fare?”
“Dammi una pillola, su! Te
le prescrivo io! Ho un mal di
testa pazzesco.”
“E la prossima volta
evit…James, no! Molla! Sei impazzito?
Vuoi collassare? No!”
James aveva tentato di afferrare il
flacone, salendo sul
letto accanto a lui, ma Greg gliel’aveva prontamente portato
fuori mano.
“Greg! Andiamo,
molla!”
“Te lo scordi! Sei andato
fuori di testa, vuoi farti venire
qualcosa?”
Si gettò su di lui,
bloccandogli il braccio e tentando di
afferrare le pillole che tanto anelava.
“Smettila, idiota!
Così mi fai mal…”
Ruzzolarono entrambi a terra e Greg
batté violentemente la
testa contro il pavimento, mollando le pillole, prontamente afferrate
da James.
Greg fu assalito da un dolore
fortissimo, peggiorato da una
nausea cresciuta a dismisura dopo la botta presa.
Giaceva su un fianco piegato in due,
tremante.
Si portò una mano al capo,
alla ferita dell’operazione che
bruciava follemente, come se stesse andando a fuoco…
La vista gli
s’annebbiò per alcuni secondi di paura, poi
rimise a fuoco.
“GREG!”
James s’accorse di
ciò che era successo e si precipitò da
lui, il mal di testa e le pillole ormai dimenticate.
“Greg…”
Tentò di sfiorarlo, ma
Greg l’allontanò bruscamente da sé,
tremante.
“Cosa…dove ti fa
male? La testa? Fammi vedere, maledizione…”
“Non mi
toccare…stai lontano da me!”esclamò,
con tutta la
forza che riuscì a racimolare.
“Greg, mi dispiace, non
volevo. Ero solo…”
“Ubriaco? Impazzito?
Idiota?”
“Sì…
Mi dispiace…”
Greg s’alzò,
afferrandosi con forza al comodino lì vicino.
Gli ci volle tutta la forza che
possedeva per alzarsi, senza
l’aiuto del suo bastone.
James tese la mano per aiutarlo, per
soccorrerlo, ma ancora
Greg lo evitò, scansandolo.
Andò in bagno, barcollando
e tremando violentemente e si
chiuse dentro, vomitando.
“Greg. Ti prego, apri. Mi
dispiace. Ti prego. Non so cosa mi
sia preso. Scusami…”
James s’appoggiò
alla porta del bagno.
Nessuna risposta dall’altro
lato, sentiva solo il suono
dell’acqua che scorreva.
“Greg!”
“Và al
diavolo.”
Una voce soffocata e tremante.
“Senza di te non vado da
nessuna parte.”
“Ora non fare il romantico.
Mi dai la nausea!”
“Apri questa
porta.”
Batté su di essa.
“Altrimenti che fai? La
sfondi a spallate? Usi le bottiglie
che ti sei scolato?”
“Smettila. Sono solo un
po’…fuso, tutto qui.”
“Non poco, dato che volevi
ingoiare anche i miei
anti-dolorifici!”
“Apri. Voglio stare con
te.”
“Stai con me. Sono
dall’altro lato della porta.”
“Greg…”
“Se la tua intenzione
è quella di scopare, prenditi una
puttana. Io non sono disponibile.”
“Greg! Lo sai che non
è per quello, accidenti! Ti amo.”
“Grazie tante.”
“Apri. Greg, apri questa
porta, andiamo. Greg!”
Nessuna risposta.
James continuò a chiamarlo
ed a battere sulla porta, ma poi
s’arrese.
S’addormentò con
un forte cerchio alla testa, la nausea e la
sensazione di essere la persona più orrenda del
mondo…
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Capitolo 29 *** Mi dispiace, siamo umani nel bene e nel male ***
SBAM
A svegliarlo la mattina dopo fu una
caduta all’indietro.
Infatti, Greg aveva aperto la porta,
facendolo cadere
all’indietro e svegliandolo.
“B-buongiorno.”balbettò
l’oncologo.
Nessuna risposta.
Greg si limitò a
sorpassarlo ed ad andarsi a vestire,
frugando tra la sua roba.
“Hai ancora intenzione di
accompagnarmi al funerale?”chiese
James, rimanendo steso sul pavimento ed alzando solo lo sguardo su di
lui.
Nessuna risposta.
“Per quanto hai ancora
intenzione di non parlarmi?”
Nessuna risposta.
Greg continuò a rovistare
nella valigia dell’amico, gettando
a terra tutto quello che gli capitava a tiro.
James si decise ad alzarsi e fece per
toccarlo, ma come la
sera precedente, Greg si allontanò.
Afferrò la sua felpa, che
James aveva messo erroneamente
nella valigia ed un pantalone che poteva andargli.
James alzò gli occhi al
cielo e gli porse una sua camicia.
“Metti questa.”
Ancora nessuna risposta.
Greg si limitò ad
ignorarlo ed a vestirsi.
James non insistette. Dopotutto a lui
non importava come era
vestito. Anche in costume da bagno gli sarebbe andato bene. Anche se
era un
funerale.
Rendersi conto che quella mattina
c’era il funerale, gli
provocò una stretta al cuore.
Avrebbe visto suo padre per
l’ultima volta, nella bara…
Avrebbe dovuto parlare di
lui…cosa dire?
Che ricordi richiamare alla memoria?
Cosa rimpiangere?
Non ricordava neanche
l’ultima volta che l’aveva visto da
vivo…
Era passato così tanto
tempo…forse due anni fa…
Era così impegnato con
l’ospedale da dimenticare la sua
famiglia? Li vedeva solo in occasioni come quelle?
Si sentì male al solo
pensarci e si vestì velocemente.
Greg continuava a tacere.
James avrebbe voluto sentirlo
parlare, ascoltare qualche sua
congettura o pensiero, qualsiasi cosa…
Ma nulla.
Il funerale passò
velocemente, come in un sogno.
James sentiva le persone parlare,
rievocava i ricordi,
parlava del padre, ma tutto gli scivolava addosso…
L’unica cosa che gli rimase
impressa nella memoria fu la
vista di suo padre Jude nella bara, spezzato, morto…
Mai l’avrebbe rivisto, mai
avrebbe sentito la sua risata,
ascoltato i suoi consigli, parlato con lui…mai
più.
E solo ora aveva acquistato quella
consapevolezza.
Prima era stato solo una
consapevolezza latente, ora era
certa.
Fu inondato da ricordi, che lo
riportarono indietro nel
tempo, alle loro chiacchierate, vacanze, gite…
Sobbalzò quando
sentì qualcuno posargli la mano sulla
spalla.
Per un attimo sperò che
fosse Greg, ma fu deluso dalla vista
di suo fratello, quando si voltò.
“Dov…?”chiese.
Joe capì.
“E’ salito di
sopra. Vieni con gli altri, su.”
Toc Toc Toc
Gregory House avrebbe bellamente
mandato al diavolo chi
stava bussando alla porta e che aveva interrotto la visione di General
Hospital
dalla sua Tv portatile, se i colpi non fossero stati così
insistenti.
S’alzò e
zoppicò fino alla porta.
E non fu affatto sorpreso di vedere
James, appoggiato allo
stipite della porta, con lo sguardo chino.
Aveva le
chiavi…perché bussare?
Rimasero in silenzio e per un attimo
nessuno dei due fece
nulla.
“Non lo vedevo da due
anni.”disse piano James. “L’ultima
volta da vivo, al Natale di due anni fa.”
Greg non seppe che dire. Era molto
arrabbiato per la sera
precedente e la testa gli faceva ancora molto male.
Avrebbe voluto fare qualche battuta,
prenderlo in giro, ma
le parole gli morirono sulle labbra, gelandosi, quando
incrociò il suo sguardo.
Era sconvolto, spezzato.
“Parlavamo poco durante
l’anno, solo qualche telefonata,
ogni tanto.”
James s’appoggiò
al muro accanto alla porta e si lasciò
scivolare, sedendosi per terra.
“Non riesco a credere che
non lo potrò più
rivedere.”sussurrò piano.
Greg accostò la porta e
s’appoggiò al muro accanto a lui, in
piedi.
Non sapeva ancora che dire. Anzi
sì, ma non erano cose che
avrebbe voluto sentire…
“Non riesco a pensare che
non ascolterò più i suoi consigli,
che non gli parlerò più, che non
discuterò più con lui…
Mi mancano perfino le nostre
discussioni, pensa…
C’era
sempre…c’è sempre
stato…anche quando mio fratello è
scomparso…riusciva a tenerci uniti, ad evitare che ci
separassimo, lacerati da sensi
di colpa e dolore…era come un collante…
Più della mamma riusciva a
riappacificarci quando
litigavamo, ad organizzare le cene in famiglia…gli piaceva
averci vicino.
Riusciva sempre ad ascoltarci, a consigliarci e riservava sempre un
abbraccio
per tutti noi, anche quando siamo cresciuti…”
“Doveva essere un buon
padre.”
Finalmente Greg ritrovò
l’uso della parola.
James non lo guardò, ma
annuì.
“Sì. Un ottimo
padre, davvero.”
Tacquero di nuovo.
“Se fossi stato
più vicino a loro…se non fossi stato sempre
così lontano, così distante…forse
tutto questo non sarebbe mai successo….”
Greg lo guardò, stupito.
“Non dire
sciocchezze.”disse duramente, avvicinandosi e fronteggiandolo.
James s’alzò
appoggiandosi al muro.
“Sciocchezze? Se fossi
stato con lui, al momento dell’infarto,
forse l’avrei salvato! Forse sarebbe qui, se
io…”
“Già. E se
l’avesse avuto in ospedale, sarebbe stato
sicuramente salvato! O forse sarebbe uscito e sarebbe stato investito
da un
camion!”
“E con questo cosa diavolo
vorresti dire?”esclamò, alzando
la voce e guardandolo negli occhi.
I suoi erano lucidi ed umidi.
Tentò di allontanarsi, ma
Greg gli posò le mani sulle spalle
e lo costrinse a rimanere dov’era.
“Che è successo
e tu non potevi farci nulla!È morto! E devi
fartene una ragione. Non- è- colpa-
tua!”sbottò, sillabando l’ultima frase.
“Sono stato lontano dalla
mia famiglia per tanto tempo. Sono
stato impegnato con l’ospedale, con i pazienti…Ho
vissuto lontano da loro e…”
“Ed hai 40 anni.
È normale allontanarsi dalla propria
famiglia ad una certa età. So che vuoi loro bene, ma non
puoi…controllarli,
proteggerli per sempre…”
James chinò lo sguardo.
“Non è colpa
tua, d’accordo? Non potevi fare nulla. Né tu,
né tua madre, né tuo fratello. È
successo e devi fartene una ragione!
Nell’ospedale, nel tuo
reparto muoiono pazienti ogni giorno
e non puoi farci nulla! Puoi dire che non è giusto, che
volevi non accadesse…ma
non puoi cambiare le cose.”disse piano, cercando di essere il
più delicato
possibile.
Lo vedeva così fragile,
che sarebbe bastata una sola battuta
per farlo crollare in mille pezzi.
Si chinò su di lui e gli
sfiorò le labbra con le sue.
S’allontanava e
s’avvicinava sfiorandole con insistenza e
non dandogli tempo per baciarlo, tanto rapidamente
s’allontanava.
Poi dopo un po’ mise fine a
quella adorabile tortura e le
posò sulle sue, schiudendole con dolcezza e baciandolo.
James ricambiò il bacio,
incapace di reagire, incantato dal
suo tocco.
Greg sobbalzò quando
s’accorse che le guance di James erano
umide.
S’allontanò da
lui e lo vide piangere.
“Mi chiedevo quando avresti
ceduto.”
“E-era questo che volevi?
V-vedermi cedere? V-vedermi
piangere?”
“Vederti come un essere
umano e non come un automa.”
James si strinse a lui,
circondandogli la schiena con le
braccia ed appoggiando il viso contro il suo collo.
Greg ricambiò la stretta,
cullandolo un po’, mentre l’altro
era scosso da singhiozzi.
L’abbracciò
forte, appoggiando le labbra sul suo collo e
baciandolo con insistenza.
James rise, tra le lacrime.
“Che
c’è?”chiese Greg.
“Mi fai il solletico. Tutto
qui.”
“Entra su.”
“Non mi farai dormire di
nuovo sul pavimento appoggiato alla
porta del bagno, vero?”
“Non sono stato io a
costringerti, eh? E poi anche io ho
dormito così.”
“Ti sei chiuso nel
bagno!”
“Mi hai
picchiato!”
“Tentavo di prendere le tue
pillole e poi ero ubriaco. E ti
avrò chiesto scusa una decina di volte.”
“Troppo poco. Almeno
mille.”
“Stai bene? Ti sei ferito?
Sei…”
“Calmati. Ho solo un
bernoccolo.”
Greg sentì James
rilassarsi stretto a lui.
“Ma ho avuto una nausea
tremenda. Sia per la botta che…”
“Per la chemio. Lo so. Mi
dispiace.”
“Smettila di scusarti.
Diventi noioso, altrimenti.”
“Ok…”
“Entriamo,
dai…”
Greg s’appoggiò
all’amico e chiuse la porta alle loro
spalle.
Ma non sapevano che tutta la loro
chiacchierata era stata
vista da qualcuno….precisamente da Joe e da sua moglie
Rebecca…
James fece l’amore con Greg
con intensità, stringendolo al
cuore e baciandolo ripetutamente.
Aveva bisogno di lui, lo voleva
accanto…
Voleva averlo dentro di
sé, gemere il suo nome e sfiorargli
il viso ed il corpo…
Avrebbe voluto annegare in quegli
occhi azzurro cupo.
S’appoggiò al
suo petto, gli occhi chiusi, sotto le coperte
e Greg gli circondò le spalle con un braccio.
“T’amo.”disse
James.
“Mmm…”
“Non hai intenzione di
dirmelo più, vero?”
“Dovrai aspettare
un’altra operazione al cervello.”
“Che spero non arrivi
mai.”
“Se lo vuoi
risentire…”
“Non importa.
M’accontenterò. E grazie.”
“Di cosa?”
“Di essere qui.”
“E’ stata la Cuddy
a costringermi. Ringrazia lei.”
“Sei rimasto. Potevi
tornare a casa, quando ti volevo far
prendere l’altro volo, trovare un modo per tornare a
casa…ma sei rimasto.
Grazie.”
“Forse avrei dovuto
scommettere sul fatto che avresti dato
di matto nel vedermi sull’aereo.”
Ghignò, ridacchiando.
“Avresti vinto. Ero
terrorizzato. Lo sono. Non avresti
dovuto. Saresti dovuto startene all’ospedale. Hai saltato due
giorni di chemio
e…”
“Li
recupererò.”
“Grazie.”
James gli sfiorò le labbra
con un bacio leggero, subito
approfondito da Greg.
Rimasero stretti l’uno
all’altro tutta la notte.
Greg lasciò che James
parlasse, si sfogasse, piangesse,
stretto forte al suo petto…
Lasciò emergere, per una
volta
e sperò che fosse l’ultima perché non
gli piaceva , il suo lato umano…
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Capitolo 30 *** Ci sei solo tu ***
“L’hai visto
anche tu! Becca, cara, l’hai visto anche tu!”
“Joe, ora calmati. Stai
dando fuori di matto. Esageri.”
“L’ha baciato e
dici che IO esagero?”
“Sì. Anche
se…si frequentassero…o se stessero
insieme…perché
dovrebbe darti fastidio?”
“Hai visto che lo teneva
contro il muro e lo baciava! E poi
House è un bastardo! Non ho mai capito come faccia James a
frequentarlo, ad
essere il suo migliore amico!”
“Se tuo fratello lo
considera il proprio migliore amico, un
motivo ci sarà. Da quanto si conoscono?”
“Più di 11
anni.”
“11 anni! Caspita!E credi
che sia un’amicizia fondata su
solo fumo? C’è un legame che li lega, da 11 anni,
Joe. Si vogliono bene, sono
legati tra loro, sono migliori amici da anni…”
“Mi chiedo come abbia fatto
a sceglierlo come amico!”
“Non sono tanto sicura che
gli amici si possano scegliere,
sai? Non c’è un luogo dove andare, inserire le
caratteristiche che vuoi e
scegliere tra vari candidati. È il destino che lega due
persone.
E tu non puoi farci nulla.”
“E’ un bastardo,
menefreghista, egoista, odioso ed
antipatico. È scorbutico, scontroso ed
egocentrico.”
“Lascialo stare. Sono
affari suoi e di James.”
“Non lo sopporto.”
“Non devi farlo,
infatti.”
“Se lo vedo gliene dico
quattro.”
“Joe! No! Non fare
sc…”
“Non preoccuparti, Becca.
Ci penso io.”
“A che ora è il
volo?”
“4 del pomeriggio. Prova
questi. Vedi se ti vanno.”
James lanciò a Greg un
paio di jeans ed una camicia a
costine.
Greg guardò la camicia,
critico e gliela rilanciò.
“Quella puoi tenertela.
Dovresti portare sempre qualche mio
vestito.”
“Nel caso tu mi segua o
t’imbarchi con me?”
“Certo che
sì!”disse, dal bagno.
James rise.
“Mi vanno un po’
piccoli.”
“Non dire sciocchezze. Sei
della mia altezza.”
“Naa. Sono più
alto io.”
“Di un paio di
centimetri.”
“Contano!”
“O metti quelli o vai in
mutande, decidi!”
“Fa freddo! Non posso
mettermi i miei di jeans.”
“Li hai sporcati!”
“Devi smetterla di fare mia
madre. Mi fa senso, altrimenti,
baciarti e fare sesso con te!”
“A proposito di
madre…quando part…”
“Già
partiti!”
“Cosa? E non li hai neanche
salutati?”
“Loro non hanno salutato
me. Erano “leggermente” arrabbiati
per la nostra relazione.”
“Mi dispiace, è
colp…”
“Taci. Altrimenti ti ficco
questi calzini in bocca!”disse,
brandendo un paio di calzini nella sua direzione.
James rise.
“Muoviti e getta tutto
nella borsa. Non vedo l’utilità di
piegare ogni cosa.”fece Greg, guardandolo mentre metteva in
ordine i vestiti.
“Inizia a scendere tu. Poi
ti raggiungo.”
James l’attirò a
se per baciarlo per un attimo e poi lo
lasciò scendere.
Era appena sceso nella
Hall dell'albergo, quando...
“House!”
La voce di Joe fece sobbalzare il
diagnosta, che si voltò,
un po’ infastidito.
“Che
c’è?”
“Devo parlarti.”
“Parla.”
“Non qui. Vieni nel
salotto.”
“Cosa
c’è di tanto importante che tu non possa dirmi
qui?”
“Vieni e basta.”
“Certo! Ed io eseguirei i
tuoi ordini, perché…”
Joe l’afferrò
per un braccio e lo trascinò fuori della sala
da pranzo, spingendolo nel salotto lì accanto.
Lo stringeva così forte
che gli lasciò il segno e lo spinse
nella stanza così violentemente che Greg cadde sul pavimento.
Si alzò lentamente.
“Ma cosa diavolo
vuoi?”esclamò il diagnosta, sorpreso, il
braccio destro indolenzito.
“Voglio che tu lasci in
pace mio fratello.”
“Cosa?”
“Vi ho visti ieri sera. Ti
ho visto mentre lo baciavi.”
Greg tacque, la mano stretta attorno
al bastone.
“Taci, quindi? Beh, chi
tace acconsente.”
“Non vedo come siano affari
tuoi."
"LO SONO!"urlò, avvicinandosi ed afferrandolo per le spalle.
Lo sbattè violentemente
contro il
muro.
Greg chiuse gli occhi, gemendo per il
colpo.
Era accasciato contro il muro.
"Sai una cosa? Mi ha sempre
incuriosito il vostro
rapporto. Non sono mai riuscito a capire come un figlio di puttana come
te
potesse essere il migliore amico di mio fratello."disse Joe.
"Sarà per il mio fascino, la mia intelligenza....sai,
riscuoto molto
successo."ribatté lui, ansimando per la botta presa.
“DEVI lasciarlo stare. Sta
lontano da lui. Sparisci dalla
sua vita.”
“Và al
diavolo!”
Joe s’avvicinò,
tentandolo di colpirlo ancora, ma Greg parò
il colpo e gli diede una bastonata sul braccio.
“Ahi! Figlio di
puttana!”
“Ma cosa
diavolo…Joe! Joe, smettila!”
Udirono la voce di Rose che in quel
momento entrò con
Rebecca e James, sentedo il loro litigio animato.
Rimasero stupiti nel vedere Greg e
Joe che si picchiavano.
Joe la ignorò.
Afferrò Greg, gli
bloccò il braccio e gli mollò un pugno
allo stomaco, violentissimo.
Greg si piegò in due dal
dolore e stramazzò al suolo,
gemendo.
“No! Joe, smettila,
maledizione!”
James corse in avanti e
bloccò l’ennesimo colpo del
fratello.
Si gettò su Greg,
proteggendolo con il proprio corpo e
stringendolo al petto.
“Spostati. Lo voglio
ammazzare.”esclamò Joe.
Era arrabbiato.
Ma James di più.
Lo guardava con uno sguardo
d’assassino.
Era furioso.
“Te lo scordi! Se provi a
toccarlo, ti giuro che non
risponderò delle mie azioni.”
Tutti tacquero.
“James…”iniziò
Joe.
“Sta zitto! Non dire una
parola, non voglio sentire nulla!”
Era inginocchiato a terra e stringeva
Greg a sé.
Continuò a stringerlo per
un po’.
Poi l’allontanò
piano da sé.
“Tu stai bene?”
L’amico annuì,
reggendosi lo stomaco.
“S-smettila.”
“Di fare che?”
“Di proteggermi
sempre.”
“Non posso. Non ti posso
perdere di vista un secondo che ti
ritrovo coinvolto in una rissa o…”
Tacque, riferendosi involontariamente
a Tom.
Greg abbozzò un sorriso,
mentre James lo tirava su di peso.
Avrebbe voluto stringerselo al cuore
per sempre, ma lo
lasciò andare.
Non era il momento, né il
luogo, né tantomeno la compagnia…
“Perché diavolo
lo stavi picchiando?”chiese l’oncologo,
furioso, rivolgendosi al fratello.
“Perché
l’ho visto. Ieri sera.”
James lo guardò
interrogativo. Poi lanciò uno sguardo a Greg
e capì.
“E gli ho detto di stare
lontano da te.”
“Và al
diavolo.”
“E’ quello che ha
detto anche lui, sai?”
“Non sono affari tuoi.
Stanne fuori.”
“Joe, di cosa state
parlando? Cos’è successo ieri
sera?”domandò Rose, mentre Rebecca, al suo fianco,
taceva, fulminando il marito
con lo sguardo.
“Ho visto Greg che baciava
James.”
Cadde il silenzio e poi…
“COSA?”esclamò
Rose, guardando Greg, sconvolta.
James lo spinse dietro di
sé, protettivo.
Fu un atto involontario.
“Mamma, calmati. Non
prendetela con lui. La cosa è
stata…voluta. E non è stata la prima
volta.”
Altro sbalordimento generale.
“Cosa stai cercando di
dire, James?”
Rose tentò di mantenersi
calma.
“Greg ed io ci
frequentiamo…da un po’…”
“Un po’
quanto?”
“Un po’ tre
mesi.”fece Greg.
“Grazie,
Greg.”disse James e si passò una mano sul viso.
“Tre mesi? È per
Greg che hai lasciato tua moglie? Hai
sempre avuto una relazione con lui, vero?
È per questo che hai
divorziato tre volte!”
Rose era agitatissima.
“Se avesse avuto una
relazione con me sin dall’inizio, non
si sarebbe neanche sposato.”puntualizzò Greg.
James si voltò verso di
lui.
“Lasci parlare me? Per
favore…”fece, quasi supplichevole.
“Ok. Come vuoi.”
“Non è colpa
sua.”
“Geena pensava di
sì. Ha incolpato lui della fine del vostro
rapporto, quando l’ho sentita!”incalzò
Rose.
“Accidenti a Geena ed alla
sua boccaccia!”pensò James.
“Ha mentito. Abbiamo
iniziato a frequentarci…dopo.”
“Perché?”
“Non lo so il
perché. Perché stava male, perché
avevo
bisogno di qualcuno…non lo so!”
“Ed invece di stare con una
donna, hai deciso di scopare il
tuo migliore amico? Dopotutto è più semplice ed
economico. Mica lo devi
invitare a cena o comprargli qualcosa…”intervenne
Joe.
James fece per avvicinarglisi,
furioso, ma Greg lo
trattenne.
“Ringrazia che mi abbia
trattenuto Greg, altrimenti ti avrei
spaccato la faccia.”
“Hai avuto tre mogli.
Perché ora…”
“Mamma, non sono affari
tuoi, chiaro? Lasciaci stare.”
“Sei
ga…”
“Sono innamorato, di chi
non ti deve interessare.”
E detto ciò se ne
andò, afferrando Greg per un braccio e
tirandolo dietro.
Si lasciò alle spalle un
silenzio attonito.
“Lui l’avrebbe
accettato.”disse James, pensando al padre.
Greg lo guardò.
“Ed ora ho combinato un
casino. Non avrebbe dovuto saperlo.
Ora si agiterà e…
Non ci voleva. Non
ora…”
“Starà bene. Non
mori…”
Tacque, frenando una battuta.
James non lo guardava.
“Smettila di preoccuparti.
Lo accetterà anche lei. E se
non…”aggiunse Greg.
“Mi rimani tu.”
James alzò lo sguardo su
di lui.
“Prendere o
lasciare.”
“Prendo. Altrimenti rimango
da solo.”
“Ehi! Per chi mi hai preso?
Per il premio di consolazione?”
James scoppiò a ridere e
l’abbracciò di colpo, nell’hall
dell’albergo.
“Figurati. Tu sei il primo
premio.”gli sussurrò
all’orecchio.
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Capitolo 31 *** Incrinature ***
“Allora? È
andato tutto bene?”
La Cuddy
li accolse, preoccupata, quando varcarono la porta il giorno dopo.
“Sì. Ma poteva
anche non essere così.”disse James a denti
stretti.
Greg alzò gli occhi e
zoppicò via.
“Dove
vai?”esclamò James, correndogli dietro.
“A lavorare. Rilassati. Sei
fin troppo agitato!”
“E me ne fai una colpa?
Sono successe troppe cose in troppo
poco tempo!”
Chiuse gli occhi un attimo,
passandosi una mano sul viso e
quando li riaprì si voltò verso la Cuddy.
“Fammi un favore, ti prego:
non fargli fare più cose
rischiose. È ancora debole.”
“Sì,
mamma.”rispose la Cuddy.
“Vedi? Anche per lei ti
stai comportando come una mamma!
Calmati, ok? E non pensare a me.
So che sarà impossibile,
per il mio charme, il mio genio….
ma almeno provaci!”intervenne Greg, con un ghigno.
Stringeva forte il suo bastone ed era
molto pallido.
“Non dovevi andare a
lavorare?”disse l’altro irritato.
“Una dose di calmante,
no?”
“Vai!”
Greg
s’allontanò, ghignando.
Toc Toc Toc
“Sei pronto,
tesoro?”
Greg entrò
nell’ufficio del suo migliore amico, prendendolo
in giro.
James alzò appena la testa
dalla cartella che stava
leggendo, arrossendo lievemente.
“Non farti venire un
esaurimento nervoso, ok? La Cuddy non ce la farebbe
a
gestire anche te. E poi ama solo me...”
“Non rischio nulla. Sto
solo rimettendo a posto. Ho un sacco
di cose arretrate.”
“Chiedi aiuto alla Cameron.
È brava a rimettere a posto
cartelle e scartoffie.”
“Se se la cava con le tue,
immagino.”
“James, vieni. Anche tempo
fa ti comportavi così.”
“Così
come?”
“Come un pazzo. Ti stai
stressando troppo, ok? Sono successe
troppe cose in poco tempo, l’hai detto tu stesso. E non sei
in grado di
metabolizzarle tutte.”
“Ce la faccio benissimo.
Grazie della psicoanalisi.”
“Vieni!”
James lo guardò e lo vide
appoggiato alla porta, il bastone
stretto nella mano così forte che le nocche era diventate
bianche, che lo
squadrava.
Era molto pallido.
“Greg…Stai
bene?”
“S-sì. Vuoi
venire o no?”
James cedette.
“D’accordo.”
“Alleluia.”
James si sedette sul bordo del divano
accanto a Greg che,
steso, aveva gli occhi chiusi e l’aria esausta.
Gli sfiorò il viso con le
dita e si chinò su di lui,
accarezzandogli una guancia con i polpastrelli.
“Brutta giornata?”
“Colpa di Chase e Cameron.
Non ho idea se stiano o meno
insieme, ma non fanno altro che litigare o fare sesso. Noi almeno
facciamo
entrambe le cose e non diamo fastidio a nessuno.”
“A parte sconvolgere i
nostri parenti, non abbiamo fatto
assolutamente nulla…”ghignò James,
sarcastico.
Si chinò un altro
po’ su di lui e lo baciò sulla fronte.
“Per non parlare del caso
che ho preso dalla Cuddy…”
“Difficile?”
“Con il mio cervello? Mah!
Impossibile! Ma avrei voluto
risparmiarmi le crisi sentimentali della paziente, che gli altri hanno
deciso
di mollarmi perché la Cuddy
li aveva coinvolti tutti e tre nell’ambulatorio per coprire i
miei turni…”
“E non potevi fuggire via o
cosa? Come al tuo solito?”
“No…doveva
firmare un maledetto consenso per un maledetto
intervento.”
“Hai fatto il ciclo di
chemio, vero?”
Greg non rispose e James
sobbalzò.
“Greg! Maledizione!
È il quarto giorno che salti. Così non
farai altro che ritardare la guarigione?”
“Sto bene, cavolo! Avete
asportato il tumore e…”
“E la chemio si deve fare
in ogni caso!”
Tacque chiudendo gli occhi.
Greg aprì i suoi e lo vide
esausto, le mani sugli occhi.
“Non esagerare. Ok.
Farò i cicli di chemio. Solo perché sei
fissato. E per evitare un tuo ricovero.”
“St…”
“Taci e stenditi.”
James si stese accanto a Greg sul
divano stringendoselo al
petto, forte.
“20 febbraio.”
“Caspita, come passa il
tempo! Non sapevo che sapessi
leggere il calendario, sai?”
La Cuddy
bloccò il diagnosta all’ascensore, verso sera,
salendo con lui.
Erano passati parecchi giorni dalla
“gita” e Greg aveva
tentato di riprendere la vita di sempre, con i suoi casi, le sue teorie
e
follie, dovendo gestire anche l’umore dell’amico,
umore peggiorato dalla morte
del padre…
Com’era da prevedere.
“Chemio?”chiese la Cuddy,
scrutandolo, preoccupata.
“No, fuggo.”
“Smettila di fare
così. Lo metterai in crisi.”
“Chi?
L’infermiere?”
“James. È
spaventato per te. È sotto pressione e sta
soffrendo. Non complicargli di più le cose.”
Greg alzò gli occhi al
cielo.
“Non ho alcuna intenzione
di sentirmi uno schifo dopo ogni
seduta, chiaro? Se vuoi puoi dirglielo tu, o lo farò io.
Benissimo.”
“Non è affatto
vero. E poi dovresti pensare a quel povero
tailleur…tra un po’ scoppierà. Non
è in grado di contenere più il tuo
sedere.”
Stavolta fu il turno della Cuddy di
alzare gli occhi al
cielo.
“Non stavi con
James?”
“Abita a casa mia,
è diverso da “stare con”. È
tutta una
questione di sillogismo. E poi non ce lo vedo con la gonna. E tu sei
troppo
provocante per farmi tacere. Mi provochi, donna!”
Greg le puntò addosso il
bastone.
“Tra una settimana
è il compleanno di James. Compie 40
anni.”
La Cuddy
rimase impassibile alle sue battute.
Greg la guardò, con uno
sguardo che voleva dire: “E con
questo?”.
“Già.”
Arrivarono al piano del reparto di
diagnostica e la
Cuddy lo seguì.
“Pensavo di fargli qualcosa
di speciale.”
“Una notte con te? Anzi no,
sarebbe traumatizzante. Non
arriverebbe oltre i 40.”
La Cuddy
lo ignorò e continuò.
“Ho bisogno del tuo
aiuto.”
“Hai dimenticato che sono
la persona meno adatta in assoluto
per i compleanni?”
“E’ il tuo
migliore amico. Il tuo convivente. Il tuo
compagno. Scegli quella che più
t’aggrada.”
“Non hai detto
“mio oncologo”!”
“Perché passa
“leggermente” in decimo piano, rispetto alle
altre cose.”
Erano arrivati all’ufficio
di House e la
Cuddy lo seguì.
“Pensavo ad organizzargli
una festa a sorpresa.”
“Non è il tipo
da feste. E poi è solo uno stupido
compleanno!”
“Per te, forse! Forse sei
tu il tipo che odia le feste con
gli amici ed i parenti!”
“Vive con me! Qualcosa
glielo dovrò aver insegnato!”
Greg sprofondò nella sua
poltrona.
“Aiutami.”
“E cosa ottengo?”
“L’aver reso
felice il tuo migliore amico.”
“Pessimo motivo.”
“Andiamo!”
“No, scordatelo.
È solo uno stupido compleanno. Perché
diavolo dovrebbe essere contento per aver raggiunto i 40? Capelli
più bianchi,
lentezza e…”
“Tu ne hai 49.”
“Sì, ma io sono
l’immagine della bellezza! Lui è un comune
essere umano!”
“Andiamo!”
“Non riesci a ricattarmi,
eh?”
“Ti ho già tolto
3 mesi d’ambulatorio per aver accompagnato
James.”
“Mi ci hai
costretto!”
“Cos’altro vuoi
da me? Aiutami. Te lo chiedo per favore.”
“Non sarò di
certo l’unico amico di Wilson.”
“No, ma sei il suo
compagno, lo conosci da 11 anni e…ti
servono altre motivazioni?”
“Almeno 100, se vuoi
convincermi ad appoggiare questa tua
follia!”
“House! Ti prego! Fallo per
Ja…”
“Fare cosa?”
In quel momento entrò
James nella stanza e Greg e la Cuddy tacquero.
“Ecco…fare la
chemio. Ha saltato anche oggi pomeriggio.”
House la fulminò con lo
sguardo.
“Mente. Sai che sono un
alunno diligente.”
Sorrise all’amico che non
ricambiò.
“Cosa
c’è?”chiese la Cuddy.
“Nulla. Ho solo deciso che
sono stufo di combattere per
convincerlo a guarire. M’arrendo.
Ti ho portato solo questo. Pensavo ti
potesse interessare.”
Lanciò a Greg un fascicolo
ed uscì, senza aggiungere una
parola.
La Cuddy
lanciò un rapido sguardo al diagnosta, ma House si era
già alzato e zoppicava
velocemente verso James.
“Ehi!
Ehi,
James! Wilson,
fermati,
maledizione!”
L’oncologo si
fermò nel bel mezzo del corridoio, le mani
nelle tasche del camice, lo sguardo puntato su di lui.
“Cosa ti
prende?”esclamò Greg.
“Nulla. Semplicemente sono
stanco di cercare di salvarti.
Sei adulto e vaccinato. Sbrigatela da solo.”
E gli voltò le spalle,
andandosene.
Greg ritornò in ufficio,
confuso.
Cosa diavolo gli era preso?
“Ti ha mandato al diavolo, vero?”
La Cuddy
lo guardò, sorridendo.
“Indirettamente, ma era
quello il messaggio.”
“Te lo meriti. Ha fatto
bene.”
Greg tacque.
“E’
un’idiota.”
“Tu sei l’idiota,
qui. Lui sta solo cercando d’aiutarti.
Mettitelo bene in testa.”
Greg alzò gli occhi al
cielo.
Ci mancava solo la Cuddy
con la predica…non bastava Wilson.
“Allora? M’aiuti
o meno? Così gli dimostri che non sei
un’idiota completo. Dimostragli un po’
d’umanità.”
“Organizzando una festa?
Bel modo!”
“Dimostrandogli che ci
tieni a lui. Che lo am…”
“Non dirlo. Non
è…”
“Vero?”
“No.”
“Perché ti
ostini a non ammetterlo?”
“Affari miei. Comunque la
risposta è sempre no. E neanche
una notte di sesso infuocato con te mi farebbe cambiare idea.”
“Ha bisogno di una tua
dimostrazione d’affetto.”
“So io di cosa ha
bisogno…”
“Siete una coppia ora,
è più…”
“Non siamo una coppia,
Cuddy!”
“Cosa siete allora? Due
amici che dividono il letto?”
“Sì, una cosa
del genere.”
“Sai che posso essere molto
fastidiosa, House. Aiutami ad
organizzare questa maledetta festa e chiudi la bocca con
Wilson.”
“Altrimenti?”
“Ti renderò una
vita un inferno. Ci metterò tutte le mie
forze.”
“E’ una
minaccia?”
“Ti prego!”
“D’accordo. Ti
aiuterò in questa stupida festa! Smettila
d’angosciarmi!”
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Capitolo 32 *** preparativi e chiarimenti ***
“Ehi!”
James sentì qualcuno
afferrarlo per la giacca e tirarlo
all’indietro.
Per poco non cadde
all’indietro, voltandosi verso l’uomo
alle sue spalle.
Sobbalzò quando
incrociò i suoi occhi color azzurro cupo.
“Hai intenzione di fuggire
e lasciarmi qui?”
“Troveresti il modo per
tornare a casa.”
James tentò di liberarsi
dalla sua presa, ma Greg non mollò
la presa.
L’aveva afferrato per la
giacca e non aveva alcuna
intenzione di lasciarlo andare.
“Mi lasceresti?”
“No.
Cos’hai?”
“Sei insopportabile. Ecco
cos’ho.”
“Lo sai che lo sono. Mi
conosci da 11 anni.”
“Troppi.”
Greg tacque, come se qualcuno
l’avesse appena
schiaffeggiato.
Fissò James allibito.
Cosa voleva dire con
“troppi”?
“James…cosa…cosa
vuoi dire con “troppi”?”
Gli si formò un groppo
alla gola, senza sapere il perché.
James si voltò verso di
lui e lo vide basito, immobile.
Aveva persino lasciato andare la
presa della sua giacca.
“Io con…Greg!
Era per dire, cavolo! Sono dovrei essermi
abituato alla tua testardaggine, anche se voglio convincerti a fare
qualcosa
per il tuo bene. Tutto qui. Non intendevo null’altro. Non
avrei mai
inteso…finire la nostra…amicizia o relazione,
come vuoi chiamarla. Sarebbe assurdo!”
“Non ci avevo pensato,
credimi!”
“Sì. Avevi una
faccia…”
“Non riuscivo a capire
dov’è stessi andando a
parare…”
“Sese…”
James ridacchiò.
Aveva uno sguardo stanco e profonde
occhiaie.
Attirò a sé
Greg senza dargli il tempo di protestare e
l’abbracciò.
“Cos’hai?”sussurrò
il diagnosta, avvolto nelle sue braccia.
“Sono solo stanco. Tutto
qui.”
James appoggiò la testa
nell’incavo della spalla dell’amico,
stringendolo per un po’, prima di staccarsi.
“Andiamo a casa,
su.”
Greg strinse forte il bordo della
scrivania per alzarsi.
Tremava forte, perse la presa e cadde
sul pavimento del suo
ufficio.
Maledisse in mezzo secondo tutti i
santi che conosceva,
gemendo forte.
Era da solo, i suoi paperotti erano
appena andati a fare una
sfilza d’analisi alla paziente di turno e
James…beh, lui era impegnatissimo con
i suoi adorati moribondi…
Gemette, respirando a stento,
stringendosi la gamba e
posando la fronte sul bordo gelido della scrivania.
Forse non fare la chemio non era
stata una buona idea…
La gamba pulsava terribilmente e la
nausea l’attanagliava.
Tentò di respirare a
fondo, digrignando i denti e riprovò ad
alzarsi, per la seconda volta.
La stanza iniziò a
vorticare fortissimo e ricadde
nuovamente.
“House!”
Il diagnosta tenne gli occhi chiusi e
sentì una persona afferrarlo
per le braccia e metterlo seduto contro il muro.
“House!”
“L-lo conosco il mio nome.
Smettila di…mmm!”
Si premette una mano sulle labbra e
gemette.
“Cosa diavolo di
prende?”
Era la Cuddy.
“Cosa hai? Mi serve un
carrell…”
House la bloccò e la Cuddy
si voltò a guardarlo.
Era sconvolta, inginocchiata a terra,
accanto a lui.
“N-non chiamare
nessuno…ora…ora mi passa…”
Greg serrò gli occhi,
combattendo contro la nausea ed il
dolore che lo attanagliava, mentre la Cuddy
gli parlava…
Non riuscì a capire una
sola parola, ma sentì la sua presa
attorno al suo braccio, lo stringeva forte…
“Non è normale e
lo sai! Devi fare quella maledetta chemio!”
La Cuddy
era furibonda.
Greg sprofondava nella poltrona si
fronte la scrivania del
Decano di Medicina, ancora
molto
pallido.
“N-non ho alcuna intenzione
di sentirmi uno schifo dopo ogni
ciclo. Mi tengo i miei tormenti, grazie tante.”
“Perché ami
essere un uomo tormentato e complessato? Perché
hai paura di stare bene?”
“Non sto bene con la
chemio!”
“Ti può guarire,
maledizione! Hai avuto un tumore. Devi
farla, c’è il rischio che il tumore ricompaia,
che…”
“Me la caverò! E
poi con la chemio sto anche peggio…”
“Già
perché oggi pomeriggio eri l’immagine della
salute! Non
riuscivi neanche ad alzarti in piedi. È stato come ritornare
agli inizi, quando
hai scoperto di avere il tumore.”
“E’ stato solo un
momento, accidenti! Non ho intenzione di
fare quella maledetta chemio e si azzardi a dire a James di oggi
pomeriggio…”
“Che fai? Mi vomiti
addosso? House, sei uno straccio!”
“Me la posso
cavare.”
La Cuddy
lo guardò e vide davanti a sé un uomo distrutto.
“Vuoi cavartela da solo per
puro spirito d’indipendenza o
perché non vuoi che ci preoccupiamo? Che James si
preoccupi?”
“Lascialo fuori. Non
c’entra.”
“Hai bisogno della chemio,
anche se la detesti. Devi stare
bene.”
Greg non si mosse. Poi lentamente
scosse la testa.
“Tieni la bocca chiusa con
James. È già stressato di suo.”
La Cuddy
sospirò.
“Cambiamo discorso,
ok?”
“Festa…”
Il diagnosta alzò gli
occhi al cielo.
Appena ieri la Cuddy
l’aveva costretto a compilare gli inviti per gli altri
amici di James.
Inviti che Greg aveva volutamente
sbagliato a scrivere
perché non gli andava giù questa cosa…
E che la Cuddy
aveva dovuto compilare di nuovo.
“Per Stacy e
Mark.”fece la Cuddy, compilandone uno.
Aveva chiamato House nel suo ufficio
con un pretesto ed ora
la scrivania era inondata di fogli.
“No. Non li voglio in casa
mia.”
La festa l’avrebbero fatta
lì.
“Non fare il bambino. Non
la vedi da anni.”
“Già ed appena
la vedrò sarà colpo di fulmine di nuovo. Per lei
ovviamente. Vuoi fare questo a James? Coinvolgerlo in una lotta
all’ultimo
sangue per me?”
Greg prese l’invito e fece
per stracciarlo, ma la Cuddy fu più
veloce e glielo
strappò di mano.
“No. Sono amici di
James.”
“E vengono a casa mia.
No.”
“Hai paura di
ciò che potrebbe pensare Stacy se sapesse che
tu e James…”
“Se sapesse che si
è accampato da me…Già , che gran
segreto…”
“Se sapesse che state
insieme.”
“Non stiamo insieme.
Andiamo solo a letto insieme.”
“Convivete da mesi, siete
inseparabili sul lavoro e non,
avete una relazione…”
“E’ il mio
migliore amico.”
“Compagno.”
“Non mi piacciono le
etichette.”
“Lo prendi in giro
chiamandolo “tesoro”. Me l’ha
raccontato.”
“Sono bravo a
scherzare.”
“Perché mi stai
aiutando, se non lo ami?”
“Tu faccio un favore e poi
ti ricatto quando ho bisogno di
qualcosa.”
La Cuddy
aveva alzato gli occhi al cielo.
Aveva già mandato gli
inviti ed ora tormentò Greg per sapere
tutti i gusti del loro amico.
“E non hai intenzione di
pensare all’intrattenimento?
Nessuna spogliarellista?”protestò Greg.
“Per te o per
lui?”
“Per lui,
ovviamente.”
Ghignò.
“Niente spogliarelliste.
Non fare guai. Devi solo tenerlo
lontano per un po’ di tempo da casa. Dammi le chiavi e chiedo
aiuto a Cameron
per organizzare tutto.”
“La crocerossina in
azione.”
“E’ amica di
Wilson, come Chase e Foreman. Sei solo tu che
sei incapace di crearti amicizie.”
“Sono un tipo complicato.
Alle donne piace.”
“Ed anche a lui.”
“Lui mi ama.”
“E non ne
approfittare.”
Greg la guardò.
“No. Affatto.”
Era tremendamente serio.
Greg chiuse gli occhi, steso sul
pavimento, le cuffie nelle
orecchie.
Si lasciò avvolgere dalla
musica, il cielo che si faceva
sempre più scuro, mentre il dolore alla gamba
l’attanagliava.
La testa era un po’
indolenzita…
Ingoiò una manciata di
pillole e serrò gli occhi.
Riuscì ad avvertire che
qualcuno era entrato solo quando gli
gettò di lato una cartella clinica.
Sobbalzò ed
aprì gli occhi.
James era in piedi accanto a lui e lo
guardava. Sembrava
distrutto.
Greg si tolse le cuffie dalle
orecchie.
“Mi serve un
consulto.”disse l’oncologo.
“A te serve un letto. Senza
me dentro, stavolta. Sembri uno
che è appena passato sotto uno schiacciasassi.”
Era stanchissimo e si vedeva
moltissimo.
“Lo sembreresti anche tu se
avessi fatto 4 ore
d’ambulatorio. Sono stanco.”
“Allora riposati.”
“Ho troppe cose da fare,
ancora. Dai un’occhiata a quella
cartella, per favore?”
James si sedette sul pavimento con
lui e lo guardò mentre
apriva la cartella e le dava un’occhiata.
“Eclampsia.”mormorò
Greg.
“Come pensavo.
Grazie.”
James fece per alzarsi, ma Greg lo
bloccò, afferrandogli il braccio.
“Che
c’è?”
“Devi correre a coccolare
la tua paziente?”
“Direi che devo andare a
comunicarle la notizia.”
“Sei stanco.”
“Non
preoccuparti.”
“Figurati. Ma sei crolli di
sonno in macchina…”
“Fidati. Non ti metterei
mai in pericolo.”
James si chinò su Greg e
lo strinse a sé, forte.
“Stai
bene?”sussurrò l’oncologo.
“S-sì.
Perché?”
“Sei fragilissimo. Ho paura
di stringerti forte.”
Greg lo guardò, stupito.
“Sei poetico,
stasera?”
“Sei troppo
debole.”
“Sto bene. È
tardi, sarò stanco.”
“Non c’entra la
stanchezza.”
“Cosa c’entra,
allora, oncologo delle meraviglie?”
“La chemio che non
fai.”
“Starei peggio.”
“E poi miglioreresti.
Così invece non stai facendo che
peggiorare.”
Greg tacque.
“So badare a me
stesso.”
“Hai avuto bisogno di
me.”
“Me la sarei cavata anche
senza il tuo aiuto.”sbottò,
irritato. “Come ho sempre fatto.”
James lo lasciò andare e
si alzò.
Lo fronteggiò.
“Vuoi ricominciare a farlo
di nuovo? Basta dirmelo! Posso
stare lontano da te. Se servisse a farti stare meglio, non ci penserei
due
volte.”
Greg s’alzò,
barcollando.
“Non ci
riusciresti.”ghignò.
Era irritato.
“Ci sono già
riuscito.”
“Ora non ce la faresti. Mi
ami troppo per ferirmi.”
“Non ti farei assolutamente
nulla. Non te n’importerebbe.”
Greg tacque.
Era una bugia.
Combatté contro il suo
maledetto orgoglio.
“Sai che tengo a
te.”mormorò.
Dire quelle cose così
scontate, gli costò moltissimo.
“No. Non lo so. Non so un
accidenti!”
“Ma che diavolo stai
dicendo?”
“Non so nulla, ok? Non so
cosa pensi, cosa fai, cosa
provi…assolutamente nulla. Su questa storia, su di
me…sei un enigma! E ne sono
stufo!
Vorrei solo avere qualche certezza da
te, ok? Vorrei solo
sapere cosa ti passa per la testa, se mi stai
“usando”, se tieni a me, cosa
faresti se io dovessi mollare tutto…Solo questo.”
“Questo è
tanto.”
James fece per andarsene.
Greg l’agguantò
per il braccio e lo spinse contro il muro,
ponendosi a pochi centimetri dal suo viso.
Appoggiò le mani ai lati
del suo viso, mettendolo in
trappola.
“Vuoi delle certezze da
me?”
James non riusciva a parlare. Aveva
la gola secca.
Si limitò a fare un cenno
del capo.
Greg s’avvicinò
al suo viso, posando la fronte contro la
sua.
“E’ solo
sesso.”disse James. “Vero? Solo quello?”
“Quello aiuta, e molto, ma
non credo.”
“Quello che mi fa stare
più male è che se tutto questo
dovesse finire male, ti perderei. Per sempre. Non potremo mai
più essere quelli
di prima. Mai più migliori amici, lo capisci? Non potremmo
dimenticare tutto.
Io non ci riuscirei.”ammise.
“E’ questo che
temi? Di perdermi?”
“E’ la mia
più grande paura, sì.”
Tacquero.
“Siamo rimasti invischiati,
Greg.”
“Ed io non voglio
liberarmi.”
E lo baciò.
Fu un bacio incredibile, carico di
promesse, di speranze,
d’amore.
James gli circondò il
collo con le braccia e lo strinse a
sé.
Mordicchiò le sue labbra,
le assaporò, percorso dai brividi.
“Dimmelo. Solo
stavolta.”mormorò, contro le sue labbra.
“No.”
“Perché?”
“Tu l’hai detto
tante di quelle volte che ha perso
importanza ormai. Non voglio dirlo.”
James fece per allontanarsi da lui,
ma Greg lo teneva
bloccato.
“Stai dicendo che non provo
nulla, che non ti am…”
“Solo che lo dici spesso.
Non che non mi ami.”
“La differenza?”
“So cosa provi.
È inutile ripeterlo.”
“Meglio fatti che
parole?”
“Meglio baci che
parole.”
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Capitolo 33 *** Lo ammetto: ho bisogno di te... ***
La Cuddy
entrò nell’ufficio di Greg, due giorni, trovandolo
coinvolto in una diagnosi
differenziale con il suo staff.
“Posso parlarti?”
“Se hai intenzione di
parlare della scorsa notte, ti
comunico che non ho alcuna intenzione di ripetere
l’esperienza. Troppo
traumatizzante.”fece lui, con un ghigno.
Foreman, Chase e Cameron alzarono gli
occhi al cielo.
Erano abituati alle uscite idiote del
loro capo.
“Niente affatto.”
“E se vuoi fare sesso con
qualcuno chiedi a Foreman. Lui è
libero.”
“Non voglio chiedere nulla
del genere, House!”
“Non ha nulla a che fare
con te?”chiese lui, speranzoso.
“Si tratta del tuo
compagno.”
Greg tacque, smettendo di scherzare e
tutti concentrarono
gli occhi sulla Cuddy.
“Cos’è
successo?”chiese, serissimo.
“Ha appena picchiato un
paziente.”
“Cosa? Wilson ha picchiato
un paziente?”esclamò Cameron,
sorpresa come tutti.
“Poco fa. In ambulatorio.
Probabilmente era seccante o cose
del genere e…”
“Ma cosa diavolo gli
è saltato in mente?”
Greg era stupito.
“Beh…tu non sei
nuovo a queste cose.”fece Foreman.
“Lui sì,
però.”
“Il paziente non
sporgerà denuncia, ma devi parlare con
Wilson. Non l’ho mai visto
così…nervoso, irritato…
È stressato, sfiduciato.
Due giorni fa è morto un bambino di
5 anni, suo paziente. Te l’ha
detto?”continuò la Cuddy.
Greg scosse la testa.
“Immaginavo.”
“Perché?”
“Perché non
vuole stressarti con le sue preoccupazioni o
problemi.”
“E’ un
idiota.”
“Sei egocentrico.
Può darsi che non gli abbia lasciato
spazio per…”
“Stai dicendo che ora la
colpa è mia? Se è fuori di testa?”
“House!
Non so di chi
sia la colpa o se sia di qualcuno!”
“Ed allora sta zitta se non
sai un accidenti!”
Tacquero.
“So
che…”
“Sai? Cosa sai?”
“So che sei
cambiato.”
“Io non sono affatto
cambiato. E se vuoi te lo posso anche
dimostrare.”
“No. Hai ragione. Bisogna
seguire la tua teoria: le persone
non cambiano. È vero. Non nelle cose importanti. Ma ti sei
preoccupato per
James quando ho detto che si trattava di lui.”
Greg non rispose.
“Saresti sempre disposto ad
uccidere un paziente per
dimostrare una tua teoria, o inventarti cose surreali ed operazioni
folli. Sei
sempre lo stesso Gregory House, folle, che ho assunto. Ma sei cambiato
nei suoi
confronti. L’hai ammesso nella tua vita.”
“Già faceva
parte della mia vita. È il mio migliore amico,
ricordi?”
“Non così. Ti
chiedo solo di stargli vicino. Di capire cosa
gli sta succedendo. Se dipende da te o dalla morte del padre
o…qualsiasi cosa…
“Come vuoi. Ma lo finisci
di risolvere tu questo caso. L’hai
già spedito nel reparto psichiatria?”
“E’ ancora in
ambulatorio.”
“Strano che tu non lo abbia
ancora legato a qualcosa. O
credi lo faccia io nel tempo libero?”ghignò lui.
“Sparisci, House.”
“E’ permesso,
tesoro?”
Greg entrò nella Sala 1
dove James stava visitando una
paziente.
L’oncologo si
limitò a fulminarlo con lo sguardo ed a
controllare il battito della paziente.
“E’ tutto ok. Si
è presa solo un bello spavento. Tutto
qui.”le disse.
“Sì. Capita
spaventarsi ed il nostro cuore fa una cosa
strana, sa? Accelera i battiti. Che cosa affascinante e strana, vero,
tesoro?”intervenne Greg, gelido e la paziente
uscì, accigliata.
“Vuoi finirla?”
“Ah, perché ti
secca?”
“Vuoi far sapere a tutto
l’ospedale che ci frequentiamo?”
“Credo già lo
sappia. Se Cameron non ha affisso i manifesti,
mi stupisco di lei.
Perché? Te ne
vergogni?”
Gli s’avvicinò.
“No, idiota. Mi da solo
fastidio che…parlino.”
“E tu lasciali
parlare.”
Greg posò le labbra su
quelle di James, catturandole con un
bacio.
James si staccò dopo
pochissimo.
“Và via. Devo
lavorare. Mi distrai.”
“Era quello
l’obiettivo.”
“Ed allora vai a distrarre
qualcun altro. Ho un sacco di
lavoro arretrato.”
“La Cuddy
mi ha detto che hai picchiato un paziente.”
“Gli ho chiesto scusa.
È tutto ok. Torna al tuo ufficio.”
“Cosa diavolo ti
è preso?”
“Sai, non sei esattamente
la persona più adatta a rimproverarmi.”
“Non è da
te.”
“Ci sono un sacco di cose
che non mi sarei aspettato da me
in questi mesi. Ad esempio fare sesso con te.
Quindi…”
“Scelta tua.”
“E non me ne sto pentendo,
infatti. Ora te ne vuoi andare?”
“Vieni via da questo posto.
Andiamo a pranzo.”
“Non ho fame. Dovrai
mangiare da solo, oggi, mi dispiace.”
“Perché non mi
hai detto del tuo paziente?”
“Di chi?”
“Del bambino che non sei
riuscito a salvare.”
James tacque, irrigidendosi.
“L’hai detto
anche tu per mio padre. Sono cose che capitano.
Era inutile parlartene.”replicò, asciutto, ma Greg
avrebbe giurato di aver
visto i suoi occhi inumidirsi.
“E da quando hai estromesso
questi particolari dalle nostre
conversazioni?”
“Da quando non ho voglia di
parlarne!”
“Perché?”
“Perché diavolo
devi chiedere sempre il perché di tutto? Ci
sono cose inutili delle quali non
voglio parlare. Perché t’interessa? Solo per
soddisfare la tua maledetta
curiosità?”
“Sono fatto
così! E non sono cose inutili se
ti fanno soffrire...”
Era sincero per una volta.
“Sto bene, House!
Perché diamine ti preoccupi per me?
Dovresti pensare a te, a riprenderti…”
“Sto bene! Sei tu quello
che sta cadendo a pezzi! La Cuddy
è…”
“Scommetto che ti ha
mandato lei a parlarmi.”
“E’ stata lei a
dirmi tutto. Cosa che tu non hai fatto!”
“Perché non era
importante!”
“Hai perso la
testa!”
“La mia testa è
a posto! Sto benissimo. Sono felice, ok?”
“Già, sei
l’immagine della felicità!”
“Cosa vorresti
dire?”
“Stai soffrendo e non vuoi
ammetterlo.”
“Sono stato mesi terrorizzato
all’idea di vederti morire, mi sono innamorato
del bastardo che sei e per poco non sei morto
mentre tentavo di rianimarti. Poi è stata la volta dei tuoi
genitori e di quel
maledetto ordine, del tuo cuore che stava cedendo e tu che eri troppo idiota per fidarti di chiunque
altro che non fosse di te stesso. E
poi è stata la volta di mio padre,
della sua morte, del
suo funerale, di mio
fratello che ti ha picchiato, del
bambino di soli 5 anni che non sono stato in grado di salvare e
contavano su di
me…
Ed oggi di
quel idiota
del paziente che non la finiva più
d’assillarmi…
Cosa cazzo dovrei fare? Mettermi a
piangere? L’ho fatto e
c’eri anche tu. Rompere cose? L’ho fatto!
Ora cosa
diavolo
pretendi da me?”gridò, avvicinandosi ad ogni frase
a Greg.
Ora erano vicinissimi, i loro visi
quasi si sfioravano e
James era sull’orlo di una crisi, gli occhi umidi.
“Tira il freno.
Rallenta.”sussurrò Greg, fin troppo stupito
da quello sfogo.
Non si era reso conto di tutto quello
che aveva dovuto
patire il suo migliore amico in quei mesi.
“Non posso, ok? Ho troppe
cose cui pensare, da fare e…”
“Che possono
aspettare.”
“Non posso! Ora, ti prego,
lasciami con i miei pazienti!
L’ha fuori c’è la fila di persone che
aspetta una mia visita. E ho 5 visite per
oggi pomeriggio ed un mio collega mi ha chies…Uh!”
Fu un attimo.
James barcollò arretrando,
portandosi una mano al capo,
colpito da un violentissimo capogiro.
“James…Cosa ti
succede?”
Greg l’afferrò
per un braccio, ma l’oncologo
l’allontanò.
“N-nulla. S-solo un
capogiro…”
S’appoggiò allo
scaffale dei medicinali, posando la fronte
sul freddo metallo, tentando d’attenuare il dolore che
provava.
Greg s’avvicinò,
ma, come prima, James l’allontanò.
“Vai. E fa entrare un altro
paziente.”disse, controllando la
voce.
“Non visiterai nessuno in
queste condizioni. Potresti
ammazzare qualcuno.”
“Sparisci dalla mia vista,
House! Sto bene! Vai via!”disse
urtato, la voce flebile.
Lasciò la presa sullo
scaffale e gli fece cenno di
andarsene, spazientito.
Greg sbuffò,
s’avviò alla porta.
E poi un secondo capogiro, ancora
più violento del primo,
colpì l’oncologo.
Sbam
Greg si voltò di colpo e
lo vide a terra.
“JAMES!”
Gli fu accanto in un attimo,
controllandogli polso e
battito.
Il cuore batteva più
lentamente del solito e James era pallidissimo
e la sua pressione era precipitata pericolosamente…
Zoppicò velocemente alla
porta e l’aprì.
“Qualcuno porti il carrello
d’emergenza! Il Dr Wilson è
svenuto!”gridò, afferrando dal cassetto delle
siringhe una contenente
Epinefrina, per accelerargli il flusso del cuore.
“Ed ora chi è
che ha bisogno di aiuto…”disse, fissando il
volto del compagno, preoccupato.
“Esaurimento nervoso. E non
sono affatto stupita.”
Greg lanciò uno sguardo
alla Cuddy, prima di concentrarsi
nuovamente sul suo videogame.
James era stato ricoverato e loro
vegliavano su di lui.
“Sembra stare
meglio.”constatò la dottoressa.
“Dorme, è sotto
sedativi ed è stata Jess di oncologia a
spogliarlo ed ad infilargli il camice. Anche io starei bene al suo
posto.”ribatté Greg, riferendosi
all’infermiera famosa per le sue generose
prosperità.
“Sei il solito.”
“Uhm…”
Greg continuò a giocare.
“Quando inizierai a
crescere?”
“Quando mi
preoccuperò e mi occuperò di
qualcuno…Ops, lo sto
già facendo!”disse, irritato.
Era preoccupato sul serio.
“Scusa,
io…”
“Lascia perdere.
Impediscigli di lavorare. Da a qualcuno le
sue ore di ambulatorio ed alleggeriscigli il peso dei pazienti. O ce lo
ritroveremo sul serio del reparto di psichiatria.”
“Hai ragione.”
“Come sempre. Solo tu ne
dubiti ancora.”
“Almeno
c’è la festa. Così si
distrarrà un po’…”
Cadde il silenzio, interrotto ogni
tanto dal suono del
videogame di Greg.
“Ti lascio solo con lui. Se
si sveglia, o succede qualsiasi
altra cosa…”
“Ti avvertirò.
Lo so...”
Greg rimase seduto a fissare il volto
del compagno. Sembrava
veramente distrutto.
Tentò di concentrarsi sul
suo videogioco, ma fu
completamente inutile. I personaggi, le istruzioni di
gioco…gli guizzavano
dinanzi gli occhi, senza avere alcun senso…
Lo gettò, infastidito in
un angolo, dove si spense con un
rumore acuto.
Vide James agitarsi e, preoccupato,
gli s’avvicinò.
L’oncologo aprì
gli occhi lentamente.
Posò lo sguardo sul
compagno ed abbozzò un debole sorriso.
“E-ehi…”
“Idiota.”
“C-ciao anche a
te.”
“Quando imparerai a darmi
ascolto?”
“S-sto
bene…”
“Certo. Sei svenuto
perché non avevi di meglio da fare, eh?”
“G-greg….ti
prego…sto b…”
“Zitto. Prova a dirlo
ancora una volta e potrei anche non
rispondere delle mie azioni.”
James tacque.
“Avevi la pressione
così bassa che sei svenuto. E non
significa stare bene.”
“E’ successo solo
una volta.”
“Aspettiamo che tu venga
prima investito da una macchina e
ne riparliamo, ok?”
“E qual è la tua
mossa, genio?”
“Io? Io non farò
assolutamente nulla.”
Greg si sedette sulla poltrona
accanto al letto e prese in
mano in cellulare.
“Aspetterò di
vedere cosa farai tu.”
“Ce la faccio.”
“Buon per te.”
James s’alzò
lentamente e gli s’avvicinò, appoggiandosi allo
schienale della poltrona.
“Cosa vuoi che
faccia?”gli sussurrò all’orecchio.
“Tira il freno.”
“E vado in vacanza alle
Maldive?”
“Se vengo con te,
sì.”
“Greg…”
Il diagnosta si alzò,
fronteggiandolo ed appoggiandosi al
bastone.
“Ammettilo. Hai bisogno di
aiuto.”
James chiuse gli occhi.
“Cosa vuoi che
faccia?”ripeté.
“Spetta a te
decidere.”
“Fallo tu.”
Greg rise.
“Ti fidi più di
me che di te?”
“Ora sì. Non so
cosa mi stia succedendo.”
S’avvicinò.
“Rimani a casa. Riposati.
Parla con qualcuno. Parla con me.”
James annuì ed
afferrò le sue mani, stringendosi a lui.
Greg, stupito, gli batté
una mano sulle spalle.
“Ti è ancora
difficile?”chiese James.
“Fare che? Sai che per me,
nulla è difficile.”
“Abbracciarmi. Fare queste
cose “sdolcinate”.”
“Sì. Molto. Ma
sei m’applico sono bravo, vero?”
“Sei
perfetto…”
James chiuse gli occhi, respirando il
suo odore. Si sentiva
così tranquillo quand’era con lui, così
bene, così protetto…
Sentì le lacrime rigargli
le guance, senza neanche essersene
reso conto.
Tentò di asciugarle in
modo che Greg non le vedesse, ma il
diagnosta abbozzò un ghigno.
“Fregatene.”
James si chiese dove fosse
l’amico che di fronte a
manifestazioni di debolezze non faceva altro che prendere in giro ed
essere
pungente.
“Non
cambiare.”gli disse.
Non voleva. Non per lui.
“Cosa?”
“Non comportarti
diversamente con me. Non farlo. Non voglio.
Non per me.”
“Non sono cambiato. Cerco
solo di fare meno il bastardo…con
te.”
“Perché?”
“Perché
crolleresti. Perché rischi di impazzire. E non
riuscirei a reggerti…”
Quanto era maledettamente vero.
Strinse le braccia attorno alla sua
schiena e posò il viso
contro la sua spalla.
“Mi sa che la Cuddy
ti vuole mandare da uno psicologo. Dice che non stai
superando ciò che è successo.”
“Dille di smetterla di
preoccuparsi.”
“Anche secondo me non stai
superando un bel niente.”
“Se parli di mio padre, ci
sto provando, ok?”
Tentò di sciogliersi
dall’abbraccio, ma Greg gliel’impedì.
“Sono passati pochi giorni.
Ed hai pianto solo una volta.
Non ne parli mai e…”
“Non lo sai.”
“Viviamo insieme, andiamo a
letto insieme…ci ritroviamo
persino in bagno insieme! Come fai a dire che non lo so?”
“Sto cercando di andare
avanti.”
“Evitando di
pensarci?”
“Non sei nella mia
testa…grazie al Cielo.”
“Molto divertente. Segui i
consigli della Cuddy. In questo
momento mi sento la persona più inadatta per stare con
te.”
“Stronzate.”
“Non sono precisamente
la persona più sensibile del mondo. Ma posso prestarti la Cameron.
Ti saprà confortare
meglio di me.”
“Greg? Fammi un favore: la
prossima volta che ti viene in
mente una sciocchezza del genere, sta zitto e non la dire,
ok?”
Greg rafforzò la stretta.
“Va bene.”
Era in momenti come quello che James
Wilson si rendeva conto
di come sarebbe stato impossibile andare avanti senza Gregory House.
Aveva bisogno di
tranquillità e di tirare il freno ed anche
se Greg House era l’esatto opposto della persona
tranquilla…beh…aveva sviluppato
una tale condizione di dipendenza da lui, che allontanarsi sarebbe
stato
impossibile.
La Cuddy
l’aveva obbligato a prendersi un periodo di riposo e Greg,
che forse sotto
sotto aveva capito che parte dello stress era dovuto alla sua malattia
ed a ciò
che n’era seguito, rimaneva con lui.
“La Cuddy
ti ammazza, se salti ancora l’ambulatorio. E non puoi
ignorare le chiamate dei
tuoi assistenti per sempre, sai?”rise James.
Era steso sul divano accanto al
compagno, gli occhi chiusi.
“Sì che posso.
Potrei gettare il cercapersone dalla
finestra!”
“Talmente che sei
preoccupato per me? Mi ami così tanto?”lo
prese in giro James.
“Affatto! Pensavo solo di
prendermi un anno sabatico.”
“Impazziresti. Non ce la
faresti!”
“Sarebbe divertente. Andare
in giro e fare stronzate…”
“Che fai anche
qui!”
James rafforzò la stretta
attorno alla vita di Greg e posò
il viso contro il suo collo.
“Stai bene? Sei troppo
affettuoso oggi.”
Greg lo guardava interrogativo,
ghignando, ma quando James
fece per sciogliersi dall’abbraccio, lo trattenne.
“Non ho detto di
andartene.”
“Anche perché
questo è il mio ufficio.”
Risero, stretti l’uno
all’altro.
“Dicevi sul serio?
Dell’anno sabatico?”mormorò James.
“Mmm…Forse. Mi
annoio a starmene qui. Sono un tipo attivo,
io?”
“E cosa vorresti fare,
sentiamo! Scalare le montagne o
riprovarci con gli scii?”
“Il bunging
jumping!”
James scoppiò a ridere.
“Te lo proibisco! Saresti
un pericolo pubblico, per te e per
quelli che ti circondano!”
“Sarebbe fico!”
“Ci sono un sacco di cose
“fiche”, che non includono il
rompersi l’osso del collo!”
“E far morire te di
crepacuore!”
“Già. Ma
andarsene via, lontani da tu…”
“Lontani? Chi ha detto che
ti porterei con me?”ghignò Greg.
James alzò lo sguardo su
di lui, incrinando appena un
sopracciglio come a voler dire “a chi vorresti darla a bere,
eh?”.
“Non ti porterei con me,
James. Te lo giuro. Sei un tipo
troppo tranquillo per fare le cose che ho in mente.”
Greg ghignava.
“Se intendi andare in giro
per locali ed ubriacarsi o stare
con le prostitute…beh…”
“Intendo cavalcare le
rapide in canoa, andare in Perù e
visitare Machu Picchu…”
“Ce la farei. Non sono
così provinciale e cittadino!”
Greg rise.
Si guardarono per un lungo attimo,
tacendo.
Poi James gli fece uno sguardo
supplichevole, prendendolo in
giro e sedendosi sul divano, al suo fianco.
“Non mi convinci. Se fai
così mi dai so…”
James posò le mani ai lati
del suo viso, intrappolandolo.
L’oncologo si
chinò lentamente su di lui, sfiorandogli le
labbra con le sue.
“Portami con te, ok?
Altrimenti troverò un modo per vendicarmi.”rise
contro le sue labbra.
Sapeva che non sarebbe mai andato via
senza di lui. Niente e
nessuno gli dava una certezza simile, ma lo sapeva e basta.
Lo baciò con dolcezza,
godendosi quel bacio attimo per
attimo.
Quando si allontanò Greg
ghignava.
“Togliti quel ghigno dalla
faccia, Greg!”
Il diagnosta rise.
“Hai bisogno di un
apprendistato sulla coercizione. Davvero.
Per convincermi ci vorrà molto di più di un
bacio.”
“Andiamo!”
Si guardarono nuovamente per un lungo
istante, occhi castani
contro occhi azzurro cupo.
James deglutì a vuoto.
Perché diavolo gli faceva sempre
quest’effetto guardare Greg?
Erano mesi che si frequentavano, non
avrebbe mai smesso di
esplodergli il petto?
Greg l’afferrò
per un braccio, tirandolo su di sé,
interrompendo il contatto.
Aveva visto James fremere al suo
sguardo, come ogni volta.
E, anche se non l’avrebbe
ammesso neanche sotto tortura, gli
era difficile interrompere quel legame di sguardi.
Sentì la presa di James
farsi più forte attorno a lui.
“Ti porterei, ok? Ma
dovresti fare il bravo…”lo prese in
giro.
“Mft! Io?”
“Lasciamo perdere. Sarebbe
divertente vederti alle prese con
le rapide o con la scalata del monte Huayna
Picchu.”
“Già,
divertentissimo! Saprei chi incolpare della mia morte!
Saresti davvero intenzionato ad andare in Perù?”
“Direi di sì. Mi
darei alla scalata di un monte.”
“Con la tua gamba non ti
allontaneresti dall’albergo.”
“Farei questa
follia.”
“Già,
immagino.”
James alzò lo sguardo su
di lui. Stava scherzando od era
davvero intenzionato a partire?
Greg passò le giornate che
lo separavano dalla festa,
tallonato dalla Cuddy, che gli chiedeva consigli e dai suoi assistenti,
che lo
assillavano con le loro idiote ipotesi…
A dirla tutta, quello era un periodo
che non riusciva a
stare in ospedale; lo annoiavano i soliti casi, fin troppo semplici per
il suo
genio, ed il fatto che James non lavorasse.
Era privo del suo giornaliero sfizio,
gli mancavano le sue
entrare in scena in ambulatorio o nel suo ufficio, prendendolo in giro
apertamente e pubblicamente ed i loro consulti.
La cosa divertente di avere James in
ospedale era lavorare
con lui.
Ed ora nulla e s’annoiava.
L’idea dell’anno
sabatico non lo turbava molto, anzi
l’allettava. Sarebbe stato divertente andarsene per un
po’, da tutto e da
tutti.
Fuggire via..con James? Con il suo
migliore amico, il suo
compagno?
Sì, l’avrebbe
fatto e visto anche la determinazione di
James, l’avrebbe fatto anche lui.
“Come sta?”
“Sono stufo di questa
domanda, sai? Sta morendo, ok?”
“Smettila. Se
così fosse tu non te ne staresti a girovagare
per i corridoi.”
“E chi te lo
dice?”
“Il fatto che sei
innamorato di lui?”
La Cuddy
bloccò House fronteggiandolo.
“Sta bene, si sta riposando
e pensa ai campi fioriti. Ora mi
lasci andare?”
“Abbiamo fatto la cosa
giusta?”
“Se parli della scorsa
notte…direi di no! Sono ancora
traumatizzato!”
“Parlo della
festa.”
“Idea tua. È tua
la colpa se va male.”
“E per James che sono
preoccupata, House! Non per la festa!”
“Starà
bene.”
“In questo momento
è fragile…ce la farà
a…”
“Stare ad una festa?
Mmm…”
“Affrontare tutti. Verranno
anche i suoi parenti ed i suoi
amici. E ci sei tu. State insieme, Greg.
Ce la farà
a…”
“Non tutti sanno
che…”stiamo insieme”. E non
c’è bisogno di
dirlo. E poi ce la farebbe. Smettila di preoccuparti. Ti fai venire le
rughe…”
Ci mancava solo il capo
preoccupato…
“Hai pensato al
regalo?”
“Cosa? Che regalo? Non
basta la festa che tu mi hai
convinto ad organizzare?”
“Convinto, hai detto bene.
Potevi anche rifiutarti.”
“Dovevo avere qualcosa da
fare. Mi annoiavo.”
“Nessun regalo?”
“Non sono il tipo che
festeggia i compleanni. O le feste in
generale. Sono una stupidaggine.”
“E’ solo
un’occasione per essere felici, per stare con gli
amici…Solo tu riesci a vederci qualcosa di male.”
House fece una smorfia, limitandosi a
scrollare le spalle.
“Pensa al regalo.”
“Se lo portassi con me in
giro per il mondo?”propose House,
sogghignando.
L’idea l’aveva
solleticato più volte da quando ne avevano
parlato.
Ma era troppo folle, troppo da
irresponsabili…
Ma in fondo, quando mai ci aveva
fatto caso a cose del
genere?
“Me lo riporteresti in una
bara. Nessun regalo pericoloso.
Già stare con te è una sfida continua ed un
costante pericolo.”
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Capitolo 34 *** Assolutamente ***
40 anni.
James si svegliò quella
mattina con questa consapevolezza:
aveva compiuto 40 anni.
Richiuse gli occhi, rendendosi conto
che alla fine non gli
importava granché dei compleanni.
Forse stare con Greg gli aveva fatto
quest’effetto.
Lo sentì muoversi accanto
a lui, sotto le coperte ed aprì
gli occhi.
“B-buongiorno.”sussurrò.
Greg, il viso affondato nel cuscino,
si limitò a mugugnare
ed a voltarsi verso di lui.
Il suo sguardo azzurrino parve
traversarlo da parte a parte
e James fu preso dai brividi.
“Freddo o sono
io?”mormorò Greg, accortosene.
“Sei sempre tu.”
L’altro rise, traendolo a
sé per un bacio decisamente poco
casto.
“Mmm…focoso
oggi, eh?”lo prese in giro James, quando Greg,
si sistemò sopra di lui, intrappolandolo nella sua presa.
“Voglio inaugurare alla
meglio questa giornata.”
Si riferiva al compleanno?
James lo escluse; sapeva benissimo
che Greg detestava i
compleanni.
Ma si rese conto, quando
sentì i suoi baci roventi sul
collo, che il motivo non gli fregava granché…
Era iniziata decisamente
nel migliore dei modi quella giornata…
“Auguri, Dr
Wilson!”
“Grazie, Janice.”
James sorrise ad
un’infermiera nell’atrio.
“Buon compleanno,
James!”
La Cuddy
sorrise e l’abbracciò, mentre Greg alzava gli
occhi al cielo.
La dottoressa se ne accorse e
sbuffò, staccandosi da James.
“Non fare il guastafeste,
almeno per oggi! È il compleanno
di James.”
“Anche quello del premio
Nobel Leon Cooper! Dovrei fargli gli
auguri?”
“Se
hai il suo
numero nel cellulare, cosa di cui dubito, sì! Ed anche a
Jam…”
James
rideva. Era
divertente vederli bisticciare.
“Lascialo
in pace,
dai. Non importa. Sai che non importa.”
La
Cuddy
lanciò un ultimo sguardo a House, sorrise a
James e poi se ne andò.
“Sì
che t’importa.
Ora ne farai una questione personale.”fece Greg, sbuffando.
“Cosa?”
“IO
che non voglio
farti gli auguri.”
“Non
me la sono
presa.”
“Perché
no?”
James si
fermò e lo
guardò.
Era
stupito.
“Aspetta
un secondo.
Vuoi che mi arrabbi perché non mi hai fatto gli
auguri?”
“No.”
“Ed
allora cosa…”
“Ero
curioso.”
“Mi
farai impazzire
un giorno di questi.”
Erano
ormai
all’ascensore.
James
aspettò che le
porte si chiudessero e che fossero da soli per tirarlo a sè
per la giacca e
baciarlo.
“Ti
vergogni degli
altri?”sussurrò Greg a pochi centimetri dalle sue
labbra.
“Me
ne frego. Ma mi
secca baciare qualcuno in pubblico e non perché sei tu.
Saresti l’unica persona
che…”
“Ti
faresti in
pubblico?”
“Non
sono così
disinibito!”
Greg
ricambiò il
bacio proprio nel momento in cui le porte si aprirono dinanzi a Chase,
Cameron
e Foreman.
James e
Greg si
staccarono l’uno dall’altro, per niente imbarazzati.
“Buongiorno,
paperotti!”salutò House.
“B-buongiorno.”fece
Chase.
“Auguri,
James.”
Cameron
fece per
abbracciare l’oncologo, ma incontrò a
metà strada il bastone del suo capo che
la bloccava.
“E’
un primario.
Porta rispetto, dottoressina!”
Cameron
arretrò,
spiazzata, mentre Chase e Foreman si lanciavano uno sguardo
significativo.
James
intuì e guardò
Greg.
Abbassò
il sostegno
del compagno e ghignò.
“G.E.L.O.S.O.”disse,
sillabando.
Greg lo
guardò,
scettico.
“Per
niente.
Potresti anche fuggire con lei, ora. Non mi interesserebbe. Solo Chase
perderebbe la sua compagna di letto, ma per il
resto…”
“Bugiardo.”
Non fu
solo James a
dirlo, ma anche gli altri tre.
Greg
alzò lo sguardo
al cielo, sbuffando.
Quando
riabbassò il
capo, lo colse un violento capogiro.
“HOUSE!”
Sentì
braccia
familiari afferrarlo e l’odore di James avvolgerlo.
“Ma
cosa diavolo?
Cos’hai?”
Era
agitato.
“S-s-olo
un
capogiro.”
James,
aiutato da
Foreman, lo sorreggeva per evitare che cadesse.
“Nell’ufficio.
Aiutami, Foreman.”
Quando
Greg
sprofondò nella sua poltrona era ancora pallidissimo.
“E’
la prima volta
che hai capogiri?”
“No,
Dr Wilson.
Credo che si ricomparso il tumore, sa?”
“Smettila
di fare
l’idiota! Potrebbe riformarsi e lo sai! Specialmente se non
fai la chemio.”
“Quella
falla tu!”
Greg
aveva gli occhi
chiusi, raggomitolato di lato sulla poltrona.
I suoi
collaboratori
lo guardavano, ansiosi.
“Sparite.
Non sto
morendo.”sbuffò Greg, come se si fosse accorto dei
loro sguardi, anche con gli
occhi chiusi.
“Potresti.
Ti pre…”
“James,
chiudi il
becco. Sto bene. È successo solo stavolta. Sto benissimo.
Sprizzo vita da tutti
i pori. Sono in grado di scalare un monte.”
“Già,
se sei legato
ad una barella, sì, certo! Ho saputo che hai saltato 5
incontri questo mese. 5
su 9.”
“Non
vado d’accordo
con la chemio. Lo sai.”
“Con
la bara sì?
Dimmi come la preferisci. Te la ordino da subito.”
James era
sarcastico, ma era terrorizzato che stesse male come mesi prima e
vederlo
fragile e con gli occhi chiusi dinanzi a lui, non aiutava a
distoglierlo dalle
immagini del passato, anzi…
“Greg…Ti
prego.”
Greg
aprì gli occhi.
“Non
mi supplicare.
Mi fai pena, James.”
“Per
favore. Fatti
quella maledetta chemio. Promettimelo.”
“No.”
“Altri
4 incontri.”
“No.”
“Ti
lascio.”
“No.”
“Sei
un disco
rotto?”
“No.”
Tacquero
per un
istante, poi scoppiarono a ridere entrambi.
James si
sedette sul
bordo della poltrona.
“Non
mi
lasceresti.”disse Greg.
“No.
Ma ti
anestetizzerei e ti farei risvegliare mentre fai la chemio.”
“Bastardo.”
“Lo
faccio per te.”
“4.
Solo questi
ultimi. Non aumentare il numero. Se vuoi diminuirlo,
però…”
“4.
Promettimelo.”
“Va
bene! Ora te ne
vai?”
“Sì.”
James si
alzò e
rimase fermo dinanzi alla poltrona.
Pur con
gli occhi
chiusi Greg sapeva che era ancora lì.
“Ancora
qui? Il tuo
ufficio è fuori dal mio, per cominciare, poi devi
andare…”
“So
dov’è. Ti sto
aspettando.”
Greg
aprì un occhio
e lo vide tendergli una mano.
Aprì
anche l’altro
occhio.
“Per
far che? Ti
vuoi approfittare di me? Qui non va bene?”
L’espressione
di
James era impassibile.
“1
ciclo. Ora.”
“Oh,
te lo scordi!”
“Me
l’avevi
promesso.”
“Promesso
no.”
“Hai
detto “va
bene”.”
“Ti
ho dato ragione,
è diverso dal promett…”
James
l’afferrò per
le braccia e lo
costrinse a mettersi in
piedi.
Greg
barcollò,
aggrappandosi a lui.
“Ti
detesto.”bofonchiò.
“E’
per il tuo
bene.”
“E
da quando in qua
vado a letto con mia madre?”
“Andiamo.”
James si
passò un
braccio di Greg attorno al collo, aiutandolo ad andare nel Reparto
Oncologia.
“T-ti odio. T-ti detesto.
Q-questa te la faccio pagare
cara!”
Greg era chiuso in un cubicolo del
bagno, vomitando.
“Non potrai essere
arrabbiato con me per sempre, Greg. È per
la tua…”
“S-salute?”
“Fammi entrare,
dai.”
“V-vuoi vomitare al posto
mio? Se fosse possibile, ti
cederei volentieri il posto.”
Greg guardò di sfuggita
l’orologio da polso: le nove di
sera. Probabilmente la Cuddy
e gli altri erano già nel suo appartamento.
E sarebbe dovuto tornare a casa.
Se fosse stato in grado di alzarsi in
piedi.
James bussò con insistenza
alla porta del cubicolo ed,
infastidito, Greg fu costretto a lasciarlo entrare.
“Fai dei respiri profondi.
Ok?”
“Stai provando a farmi
passare la nausea? È per la chemio,
non aspetto nessun figlio, tranquillo.”
“Già, era stato
quello il mio primo pensiero.”
James si inginocchiò sul
pavimento, accanto a lui e lo
trasse a sé, facendogli posare la testa contro il suo petto.
“Ti odio quando fai
qualcosa per il mio bene.”fece Greg.
James rise, una risata che fece
vibrare la cassa toracica
dove Greg era appoggiato.
James l’abbracciava
delicatamente da dietro.
“A-andiamo a
casa.”
Greg fece un paio di respiri profondi
e si alzò in piedi,
reggendosi a James.
“Sicuro? Non vuoi prima
riposarti?”
“No, altrimenti per colpa
della tua brillante idea sulla
chemio finirò per dormire in bagno. E non ci tengo
affatto.”
“Non guardarmi
così, Wilson! Sto benissimo!”
“Ma se dieci minuti fa
stavi vomitando anche l’anima?”
James lo guardava apprensivo.
Tirò fuori le chiavi di
casa ed aprì la porta…un secondo
prima di essere investito da urla ed abbracci.
“Auguri, James!”
Per un attimo James Wilson non
capì più nulla.
Riuscì a scorgere, appena
aperta la porta di casa, visi e
persone familiari, prima di essere investito da abbracci e grida.
Greg rimase un attimo sulla porta e la Cuddy
gli corse incontro,
dopo aver abbracciato James.
“Stai bene? Sei
pallidissimo!”
Greg le fece un cenno, come per dire
“non m’infastidire”, lo
sguardo su James, che si ritrovava completamente circondato da amici,
colleghi
e parenti.
La sua casa, solitamente solitaria e
vuota, era
completamente piena di gente.
Per un attimo, come era
già successo altre volte, si pentì
di aver acconsentito a questa festa a sorpresa…
Se qualcuno gli avesse toccato il
pianoforte non avrebbe
oltrepassato da vivo la sua porta di casa!
James, completamente basito, si
voltò verso la sua direzione
e fece per raggiungerlo quando fu riacciuffato dalla folla e
più precisamente
da sua cugina Betty.
Greg ghignò quando lo vide
avvolto nella folla.
S’appoggiò allo
stipite della cucina, osservando da lontano
gli invitati.
Non aveva voglia di una festa, di
essere coinvolto…
Se ne stette in disparte, la testa
reclinata all’indietro,
gli occhi chiusi.
Sentiva chiacchiere, risate, battute,
ma se ne voleva
estraniare.
La nausea l’attanagliava e
la testa gli girava
violentemente.
Serrò gli occhi.
Poi sentì qualcuno
avvicinarglisi e sfiorargli una spalla.
“Greg? Stai bene?
Cos’è successo?”
Era la voce di…
La madre di Wilson?
Greg riaprì gli occhi di
colpo. Fu una pessima mossa.
Sentì la terra mancargli
da sotto i piedi e sentì Rose
afferrarlo e trascinarlo su una sedia in cucina.
“Chiamo
Jam…”
“Lo lasci stare. Sto
bene.”
“Stavi solo
svenendo!”
Greg teneva nuovamente gli occhi
chiusi, ma era certissimo
che la donna fosse accanto a lui con lo stesso sguardo apprensivo del
figlio.
Ci mancava solo lei.
“Si vada a divertire. Lo
faccia per suo marito. Faccia
quello che lui non è riuscito a
fare…”ribattè gelido.
Non voleva la compassione di nessuno.
Rose Wilson lo guardò,
senza battere ciglio.
“Perché ti
comporti così? Sto solo…”
“Compatendomi? Non ho
bisogno dell’aiuto di nessuno, di
nessun consiglio o…”
“Stai male, Greg!”
“E non sono affari che la
riguardano.”
“Sei il compagno di mio
figlio. La situazione tocca anche
me.”
“No, affatto. Non
c’entra un accidenti. E poi non mi
sembrava tanto entusiasta l’altra volta…”
Greg si piegò su se
stesso, gemendo, colto da un’improvvisa
fitta allo stomaco.
La nausea lo tormentava
più che mai.
“Ero…anzi, sono
in una situazione difficile. E poi tu non
sei il genero che tutti vorrebbero.
Sei irritante, arrogante,
presuntuoso, testardo, maleducato
e fai di tutto per averla vinta. E James, invece, è gentile,
premuroso,
disponibile…
Siete agli antipodi.”
“E’ un modo
bastardo per dire “Lascia
in pace mio figlio”?”
Genero? Mah!
Rose alzò gli occhi al
cielo.
“E’ modo per dire
che mi rendo conto di ciò che provate
l’uno per l’altro, anche se siete le ultime persone
che avrei visto insieme.
Specialmente dopo le tre mogli di James.”
“G-già sono
stupito anche io…”
“E si vede che tu sei
innamorato di lui.”
“Naa. Io non
so…”
“Anche se moriresti pur di
non ammetterlo.”
Rose sorrideva.
Greg gemette.
“Ti preparo qualcosa,
d’accordo? Contro la nausea.”
“E’ per la
chemio, dubito ci s…”
“Ci sono rimedi per
combattere contro la nausea.”
Greg le fece cenno di fare come
voleva e chiuse gli occhi.
Passò meno di un minuto e
sentì qualcuno cingergli le spalle
da dietro ed abbracciarlo forte.
Riconobbe la stretta di James, ma
continuò a tenere gli
occhi chiusi.
“Mi dispiace tanto. Mi sono
liberato solo ora.”
“Torna di là.
Sparisci.”
“Scordatelo. Mentre tu stai
male, io dovrei andare là a…”
“E’ la tua festa,
o sbaglio?”
“E chi me l’ha
organizzata? Lo sai? La Cuddy?”
“Mi sa di
sì.”
“Mi sa? Non lo sai? Come ha
fatto ad entrare a casa tua e…”
“Avrà duplicato
le chiavi, che diavolo ne so!”
Era irritato.
“O l’hai aiutata
tu. Ci sono tutti i miei colleghi, amici e
parenti. Lei non li conosceva tutti. Tu sì e sai anche che
tutti i numeri sono
sul mio cellulare, di cui conosci la password e…”
“Che vorresti
dire?”
“Sei stato tu?”
“No! Ti sembro il tipo che
organizza una festa per
qualcuno?”
“No,
ma…”
“Perché vuoi
saperlo?”
“Sono curioso.”
“Ecco qui.”
Rose Wilson posò sul
tavolo una tazza di acqua calda
e…qualcos altro.
Greg aprì gli occhi e
fissò l’oggetto.
“Mamma, lo vuoi avvelenare?
Cosa stavate facendo poco fa?”
“Fai troppe domande, sai,
James?”sbottò Greg.
“Facevo conoscenza con il
mio genero.”
“Genero? Mamma, non siamo
mica sposati!”
“Ma state
insieme.”
“Sì,
ma…”
“Cos’è
questa roba?”
Greg indicò la tazza,
sospettoso.
“Acqua calda, limone e
succo di miele. Aiuta.”
“Per una gravidanza, non
per…”
“Tutto.”
“Non è un metodo
scientifico. È un rimedio della nonna
o…”
“Prova! Cos’hai
da perdere?”
“Non mi attira
molto.”
“James, faglielo
bere.”
“No,
cosa…”
Rose uscì dalla cucina,
lasciando James e Greg da soli.
James continuò a stringere
Greg da dietro, circondandogli le
spalle con le braccia.
Greg alzò lo sguardo su di
lui, come per dire “E’ il momento
delle cose sdolcinate?” e James rise.
“Stai male.”
“Colpa tua.”
“Quando la smetterai di
dare la colpa a me? Quando la
smetterai di fare l’idiota ed inizierai a seguire i miei
consigli?”
“Il giorno del
mai!”
Greg avvicinò alle labbra
la tazza, sospettoso.
“Mmm…”
“Bevila. Fidati.”
“E se è
avvelenata?”
“Per una buona
volta…fidati!”
Greg lo guardò per un
secondo, poi sorseggiò lentamente.
Non era affatto orrenda come si era
aspettato.
Stranamente aveva un buon sapore.
“Non è
male…Ma non è la bevanda che opterei per una
pubblicità per una squadra di baseball!”
James continuò a
stringerlo forte.
“Vai di
là.”fece Greg, liberandosi improvvisamente dalla
sua
stretta.
“E tu?”
“Me ne starò qui
e berrò un bicchiere di..”
“Nulla. Tu non berrai
proprio nulla. Vieni di là, andiamo.”
James fu tentato di prenderlo per
mano e trascinarlo, ma si
limitò a fare un cenno.
“Non sono il tipo da queste
feste.”
“Già, sei il
tipo che sta con le prostitute.”
“Vedo che mi conosci. Tu
sei solo…”
“Un’eccezione?”mormorò
James.
L’aveva detto con una
strana espressione, che preoccupò
Greg.
“Una a lungo termine, non
farti i complessi.”
“James!”
I due uomini sobbalzarono al grido di
Stacy, che travolse
James in un abbraccio.
“Ciao! Auguri!”
James ricambiò
l’abbraccio, sorridendo.
Erano anni che non la vedeva.
Si staccò da lei e la
guardò.
Capelli corvini a caschetto, occhi
scuri ed una
certa…rotondità…
“Vedo che le cose tra te e
Mark vanno bene…”sentenziò Greg,
osservandola in dolce attesa.
“Sì, direi di
sì.”
Era radiosa.
“Mi dispiace se non
è potuto venire, ma aveva un impegno a…”
“Sta tranquilla. Non ne
sentiremo la mancanza.”ghignò Greg.
Cadde un silenzio imbarazzante nel
quale James passò lo
sguardo da Greg a Stacy.
Quello di Greg era fisso su di lui,
mentre Stacy guardava
l’ex- compagno.
“A dir la
verità…”iniziò
Stacy…
“La dovete
finire.”concluse James.
“Ma…”
Greg aprì la bocca per
parlare, ma James lo zittì con lo
sguardo.
“D’accordo. Va
bene. Facciamo i bravi, mammina.”
“Non
chiamarmi…Ok, lascia perdere!”
James guardò il compagno
per un lungo istante, quasi
annegando nei suoi occhi azzurro cupo.
“Tutto ok?”disse
Stacy guardandoli fissarsi negli occhi per
un attimo. Era stupita da quel forte contatto che si era instaurato tra
di loro.
“A-assolutamente.”sussurro
James, mentre Greg si limitava ad
un cenno.
Fu quasi doloroso allontanare i loro
sguardi. Erano così
abituati a quei piccoli momenti, che fu dura rinunciarvi.
Fu strano mantenere una certa
distanza tra loro, quella
sera.
L’unico vero motivo era
Stacy, o almeno James era l’unico
che si preoccupava della sua possibile reazione, se avesse saputo che
il suo
amico ed il suo ex-compagno si frequentavano da ormai 4 mesi o
giù di lì.
Greg si limitava ad assecondarlo,
senza essere realmente
interessato alla cosa.
Semi-distrutto per la chemio, sperava
solo di concludere la
serata nel modo più veloce ed indolore possibile. E quella
festa era quasi
giunta alla fine.
“Bella festa, eh? Sei
sorpreso?”
Rebecca, la cognata, si
avvicinò a James, abbracciandolo.
“Ehi! Ciao. Sì,
mi piace, anche se non ho idea di chi
l’abbia organizzata.”
“Non ti applicare troppo.
Sicuramente una persona che ti
vuole molto bene.”
Cadde il silenzio.
La donna lo guardò e si
scostò i capelli dagli occhi.
“Mi spiace per tuo
fratello. Non è potuto…”
“Voluto
venire.”
“Sì.”fu
costretta ad ammettere.
“E’ ancora
arrabbiato per la mia storia con Greg?”
“Direi di sì ed
è un’idiota. Perché Greg tiene a
te…a modo
suo.”
“Sì, so che
tiene a me. Vorrei solo che Joe si mettesse l’anima
in pace su noi due. Non posso credere che si siano
picchiati…dopo il funerale
di mio padre, poi!”
Lei sorrise.
“E’ ora della
torta.”
La Cuddy
afferrò James per un polso e lo trascinò verso un
tavolo in salotto.
Divertito Greg vide l’amico
in imbarazzo, costretto
all’usuale rito degli auguri, dei propositi e delle
canzoncine dei “Tanti
Auguri.”
“Ora ne sono
certissimo.”
James gli
s’avvicinò 20 minuti dopo, porgendogli una fetta
di torta.
“Di che?”
Greg se ne stava appoggiato al muro,
in silenzio, gli occhi
semi-chiusi.
“Che tu sei davvero un lupo
solitario con un cuore d’oro.
Hai organizzato tu la festa.”
“Sbagliato. Ritenta, la
prossima volta sarai più fortunato.”
“Numero uno: gli indirizzi
e numeri di telefono di tutti.
Solo tu conosci la password sul mio cellulare.”
“Non significa nulla.
È…”
“Numero due: sei
l’unico a sapere i miei cibi preferiti, la
mia marca di birra e salatini preferiti.”
“Hai tanti amici. Non
sarò l’unico.”
“Numero tre: la festa era a
casa tua. Ciao, grazie di essere
venuti.”
James salutò coloro che se
ne stavano andando.
La casa era quasi vuota,
c’erano solo Cuddy e Stacy, che
stavano rimettendo un po’ in ordine, chiacchierando.
“E’ stata la Cuddy.
Forse
ha duplicato la mia chiave l’ultima volta che ci abbiamo dato
dentro.”
James rise.
“No. Non è come
te. Non ruberebbe mai una chiave e la
duplicherebbe.”
“Tu
non…”
“Numero quattro: sei
l’unico a sapere che la mia torta
preferita non è la millefoglie come pensano tutti, ma quella
al cioccolato al
latte e fragole.”
“Naa.”
“L’unico e solo
che mi conosce alla perfezione.”
“Penso di conoscere di te
non solo i tuoi gusti.”
“E’ una
confessione?”
James si fece più vicino.
“No, affatto.”
“Sei stato tu.”
“Perché
t’interessa? Cosa cambierebbe?”
“Di certo non quello che
provo. E neanche la mia opinione su
di te. Sono solo curioso. Andiamo! Posso sempre chiederlo alla Cuddy,
ma lo
voglio sapere da te.”
Greg sbuffò.
“Ho solo collaborato, ok?
La finisci di dannarmi?”ammise,
infastidito.
James rise e quasi inaspettatamente
l’abbracciò, fortissimo,
avvolgendolo nelle sue braccia.
Come quasi sempre lo sentì
fragile nella sua stretta e
chiuse gli occhi, posando la guancia ben rasata contro la sua ruvida.
“Ti amo. Tantissimo. Ed il
più bel regalo che potessi farmi
non è stato collaborare per questa festa, anche se mi hai
stupito, ma averti
qui…con me. Sano e salvo.”
“Sei il solito sdolcinato!
Quando capirai che…”
Greg non finì la frase,
perché sentì le labbra di James
sulle sue dapprima con delicatezza, sfiorandole, poi con passione,
schiudendole
per approfondire il bacio.
Si lasciò andare,
ricambiando il bacio, incurante di tutto e
di tutti, soprattutto…
“Greg! James!”
James sobbalzò e
s’allontanò da Greg, che guardava davanti a
sé, infastidito.
Era stata Stacy.
E li guardava sconvolta.
“Cosa hai da
urlare?”domandò Greg, noncurante.
“C-cosa diamine..cosa
stavate…”
“Pomiciavamo, mi sembrava
ovvio.”
James taceva e gli lanciò
uno sguardo come per dire “Non
esagerare”.
“P…pomiciavate?
Ma cosa? Greg, James è sposato…cosa
diavolo…”
“Era. È in
divorzio, ora.”
“Pomici con lui e
l’hai fatto divorziare? Greg, ma cosa
diamine…”
“Rilassati o rischi un
parto prematuro al 5 mese. Noto che
non hai capito un bel niente…”
“Cosa
c’è da capire? Cosa c’è ti
diverti a fare sesso con il
tuo migliore amico? Pensi di usarlo per…”
“Cosa? Stacy, aspetta!
C’è un…”
James fece per parlare, frapponendosi
tra i due, ma sentì il
bastone di Greg spingerlo di lato, mentre il suo padrone si faceva
avanti.
“Cosa faccio o non faccio
io nella mia vita privata non sono
affari che ti riguardano.”disse, algido.
“Se fai del male a James,
sì, invece!”
“E da quando è
diventato la donzella in pericolo?”sbottò,
divertito.
“Da quando tu sei un
bastardo, figlio di puttana.”
Greg fece per avanzare, ma James
l’afferrò un braccio,
forte.
Si guardarono per un lungo attimo.
“Calmati.”sussurrò,
avvicinandosi e posandogli un braccio
attorno alle spalle.
Tacquero tutti per un interminabile
attimo.
“Stacy, non è
come pensi.”disse James, calmo.
“Non è come
penso? Ed allora cosa?”
James fece un respiro profondo.
“Ci
frequentiamo…da un po’ in quel senso. Ma non come
la
pensi tu. Non credo di essere una donzella in pericolo e tantomeno
capace di
farmi usare da lui.”
“Ed allora cosa?
È il sesso che vi diverte?”
“Cosa
t’interessa?”intervenne Greg, ma James lo
bloccò di
nuovo.
La Cuddy
era in silenzio e li guardava.
James fece un altro respiro profondo.
“Sono innamorato di lui.
Davvero, tantissimo. So che ti
sembrerà strano, ma è così.”
James cingeva le spalle di Greg con
un braccio, stretto a
lui.
Greg era immobile e passava lo
sguardo da Cuddy a Stacy, la
testa reclinata contro la spalle del compagno.
“Innamorato? Cosa?
Come?”
Stacy era stupita, a dir poco.
Decisamente non se
l’aspettava.
“E’ una lunga
storia. Ti basti solo sapere che non è solo
sesso, che c’è qualcosa di
più.”
“E tu, tu sei capace di
amare qualcuno che non sia te
stesso?”disse Stacy, guardando Greg, gelida.
“Stacy!”esclamò
la
Cuddy, prendendo la parola per la prima volta in
quella
discussione.
“Assolutamente.”
Suonò quasi come una
promessa.
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Capitolo 35 *** I'm only me when I'm with you... ***
“Uhm!!!
Mmm…”
Greg si gettò sul letto
affondando il viso nel cuscino.
La stanza sembrava vorticargli
intorno.
Sentì la sua ancora di
salvezza afferrarlo per le spalle e
stringerlo da dietro.
“Mi dispiace. Sta
tranquillo, ora…”
“Passa…lo
so…l’hai detto un miliardo di volte.”
James continuò a
stringerlo, posando il mento sulla sua
spalla.
“Grazie, di tutto. Della
festa, di essere qui…grazie.”
“Non fare così o
vomito, chiaro?”
James rise.
“Ok.”
Rimase così per un lungo
attimo, poi sentì Greg staccarsi da
lui e stendersi su un lato del letto.
“Ora lo sanno praticamente
tutti che stiamo
insieme.”sussurrò James, lo sguardo al soffitto.
Ma a dirla tutta non gliene fregava
molto.
Il suo sguardo cadde su una busta
bianca sul comodino.
Lanciò prima uno sguardo a
Greg, che sembrava essersi
addormentato, poi prese la busta.
Il mittente era l’aeroporto
del New Jersey e destinatario Mr
House.
“Metti
giù.”
Era la voce di Greg, che si
alzò lentamente e gli tolse la
busta dalle mani.
“Cos’è?”
“Nulla
d’importante.”
“L’aeroporto del
New…”
“Parto, ok? Te
l’avevo accennato, ricordi? Il
Perù…”
Fu come se qualcuno avesse tirato a
James un pugno allo
stomaco.
Aveva il fiato mozzo.
Lo guardò, stupito.
Partire? Ma cosa…?
“Non me l’avevi
accennato! Era solo una chiacchierata. Non
significa che tu possa partire.”
“Devo chiedere a te il
permesso?”
“Non andare. Non puoi. Hai
la chemio, hai…”
“Te?”
Greg era in piedi di fronte a lui,
reggendosi al bastone.
James era devastato.
Voleva davvero andarsene? Partire per
il Perù?
Credeva che quella fosse stata solo
una chiacchierata ed
invece…voleva sul serio partire.
Sarebbe partito.
“Non farlo. Non
andare.”disse tra sé e sé.
Al diavolo l’orgoglio, al
diavolo tutto!
Non doveva partire, partire senza di
lui, lasciarlo…
“Sì,
anche.”
“Sì, soprattutto
a giudicare dal tuo sguardo. Sembra che ti
abbia appena comunicato qualche catastrofe, qualche
morte…”
Quasi.
James si alzò e fece per
allontanarsi, ma Greg lo bloccò per
il polso e lo trasse a sé.
Non ce la faceva a torturarlo
ancora…
Erano a pochi centimetri dal viso
l’uno dell’altro.
“Credevi sul serio che me
ne sarei andato?”
“Il
biglietto…”
“Vero. Parto. Ma non ho
detto che sarei partito da solo.”
Gli porse la busta, che James,
titubante aprì.
Due biglietti. Due.
“Vuoi che parta con te per
il Perù?”
“Pensavo di invitare la Cuddy,
ma ti saresti offeso.”
“Mi stai chiedendo di
mollare tutto, di lasciare tutto e
tutti per partire con te?”
“Stavi morendo poco fa,
quando pensavi che me ne sarei
andato senza di te, che ti avrei lasciato!”
James respirò a fondo, il
polso ancora intrappolato nella
presa di Greg.
“Sei pazzo. Come
farai…faremo? Il lavoro, le tue cure…”
“Altre poche sedute e posso
fare quello che voglio ed andare
dove voglio. E poi ho due mesi di malattia che posso chiedere e
tu…beh,
parleremo con la Cuddy. Non
mi lascerebbe mai partire da solo.”
“Da quando ci stai
pensando?”
“Da un po’.
Vieni? Fuggi via con me?”
Greg lo guardava divertito.
L’idea della fuga gli piaceva e
con James…beh, sarebbe stato divertente.
Molto.
“Parti con me. Sii
irresponsabile per una volta. Non pensare
alle conseguenze e seguimi.”
“Se non ci fossi io a
tenerti a freno, saresti già in
obitorio.”
“Se non ci fossi io a
trascinarti nelle mie follie, saresti
morto di noia.”
“Complementari.”disse
James a bassissima voce.
Il cuore gli batteva fortissimo.
“Cosa?”
“Ho detto che siamo
complementari.”
Greg si chinò su di lui e
posò le sue labbra su quelle di
James, baciandolo con passione.
Fu un bacio lungo, durante il quale
raramente riemersero per
riprendere fiato, quasi nutrendosi l’uno della presenza
dell’altro.
Quando si staccarono, stavano
boccheggiando.
James annuì.
“S-sì. Vengo con
te. Ho deciso di seguirti in quest’ennesima
follia, Dr House.”
Ridendo, Greg lo spinse
all’indietro e trascinato
dall’amico, caddero sul letto.
James
l’abbracciò fortissimo, posando le labbra sulle
sue,
ripetutamente.
“Folle, folle,
folle.”sussurrò, mentre ridevano.
L’amava, l’amava
moltissimo e l’avrebbe seguito fino in capo
al mondo.
Greg si lasciò stringere e
coccolare dall’unica persona che
poteva farlo.
“Hai ritrovato la tua
serenità?”chiese James, rafforzando la
stretta attorno a lui.
Greg rise, piano.
L’aveva trovata?
Incrociò gli occhi di
James, ridenti ed insieme innamorati.
“Sì, direi di
sì.”
“Con me?”
“Ti credi troppo
importante, sai?”
Risero, ancora.
“Sì….Con
te, sì…”
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