The beauty of life is made of shadow and light.

di Son Ken
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Chapter Two. ***
Capitolo 3: *** Chapter One. ***
Capitolo 4: *** Chapter Three. ***
Capitolo 5: *** Chapter Four. ***
Capitolo 6: *** Chapter Five. ***
Capitolo 7: *** Chapter Six. ***
Capitolo 8: *** Chapter Seven. ***
Capitolo 9: *** Chapter Eight. ***
Capitolo 10: *** Chapter Nine. ***
Capitolo 11: *** Chapter Ten. ***
Capitolo 12: *** Chapter Eleven. ***
Capitolo 13: *** Chapter Twelve. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


Buon pomeriggio e buona domenica :)

Non pensavo che l'avrei mai potuto dire vista la mia incostanza, la mia ispirazione altalenante e tantissime cose, ma state per leggere una fic multicapitolo. Scritta da me. Sono così emozionata che potrei... boh, svenire.
Bando alle ciance, dovrei dire almeno di cosa parla, spiegare l'ambientazione e altra roba, no?
E' una KuroKaga perché ormai questi due sono la mia OTP e sto amando davvero scrivere di loro, ambientata in un ipotetico futuro, cinque anni dopo che i nostri due cari protagonisti hanno finito il liceo. Kagami ha combinato la sua dose di cavolate in questi anni, ma non spoilero nulla perché so che c'è gente che non apprezza sapere tutto subito.

Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto e apprezzato almeno una mia fanfiction finora, per avermi pian piano dato il coraggio di compiere questo passo.
In particolare vorrei ringraziare Mary, Noe e Sary del Bad Fess Quintrio (di cui non ricordo i nick di EFP ma pazienza), che sin dall'inizio mi hanno apprezzata e hanno sopportato gran parte dei miei scleri; Laxehara che mi ha sempre incoraggiata quando ne avevo più bisogno ed è l'unico autore maschio degno di stima che ho trovato finora (buona fortuna per gli esami! <3); Kalahari, Wanweirdo, Gary Hawkeye e Eleninetales che hanno la pazienza di tollerare ogni giorno una che trova KuroKaga anche in un piatto di spaghetti (?) e che mi hanno dato diversi consigli utilissimi; Emy Kuran che, soprattutto all'inizio, mi ha dato dei consigli; Lusty e Rota per avermi lasciato due delle recensioni più belle che abbia mai ricevuto, che mi hanno resa felicissima e che tuttora mi fanno sorridere.

Ovviamente qualunque commento è ben accetto, che sia positivo o negativo :) Se invece volete qualche spoiler, meglio chiedere per MP invece XD Sarò felice di rispondervi :3
Buona lettura!

PS: Il titolo è una frase di Lev Tolstoj, uno scrittore e filosofo russo dell '800, ed è tratta dal romanzo Anna Karenina. Ed è scelto totalmente a caso.


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

«Kuroko, mi sono fidanzato. Dopo il diploma tornerò negli Stati Uniti e mi sposerò.»
«Spero siate felici insieme, Kagami-kun.»

Quel giorno, qualcosa si ruppe.
Ma, forse, quel qualcosa poteva ancora essere riparato.

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«Scordati che io stia qui un giorno di più, puttana!»
«Ma... Tiger...»
«E i bambini vengono con me! Non voglio che i miei figli vengano educati da una donna simile! E poi tu li hai sempre considerati una seccatura, quindi meglio se te ne libero, no?!»

Un giovane uomo, dai capelli rossi come il fuoco che gli bruciava dentro per la rabbia, era uscito dalla camera da letto di un loft di Los Angeles sbattendo la porta.
Era furioso.
Ma non con la moglie, che aveva colto in flagrante mentre lo tradiva con un collega. Era furioso con se stesso.

“Dopo tutto quello che ho fatto per lei... nel nostro letto poi! E con Raynold! Proprio quello inguardabile si è scelta!”
Aveva iniziato a preparare le valigie, mettendo le cose un po' alla rinfusa ma prendendo tutto ciò che riteneva importante.

Gli finì tra le mani una maglia bianca con un numero 10 stampato in rosso. Però qualcosa dall'altra parte stava tirando quel pezzo di stoffa.

«Papà, come mai urlavi brutte cose alla mamma?»

Taiga prese in braccio la bimba, stringendola forte. Tremava, aveva sentito tutto e si era spaventata molto.

«Stai tranquilla Hikari... la mamma e papà hanno solo litigato perché sono entrambi degli scemi.»

Le accarezzava i capelli con dolcezza, Kinoko non meritava le lacrime di sua figlia.

«Ma tu non vuoi più bene alla mamma, vero?»
«Piccola, è più complesso di-»
«Se mamma e papà si lasciano io voglio stare con papà. Mizu non sopporta la mamma.»

Solo allora il ragazzo notò un bambino che osservava timidamente la scena, nascondendosi parzialmente dietro la porta. Aveva gli occhioni blu pieni di lacrime, era sul punto di scoppiare in un pianto interminabile.
Gli si avvicinò, chinandosi alla sua altezza, e gli accarezzò una guancia.

«Anche se papà non vuole più bene alla mamma, sarà sempre con voi. Ma voi siete sicuri di voler stare con me e non con la mamma?»

I due piccolini annuirono con convinzione, e Mizu saltò al collo del padre.

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«Pronto? Hey, Tatsuya... potresti ospitarmi per qualche giorno? Avevi ragione, ho fatto una quantità enorme di cazzate.»

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Capitolo 2
*** Chapter Two. ***


Buonasera a tutti, spero abbiate passato una felice settimana :)
Spero inoltre che siate tutti pronti al 1 Febbraio e che abbiate prenotato le vostre copie di Kuroko's Basket in fumetteria. Personalmente l'ho fatto a Dicembre e ora che manca una sola settimana sono ormai pronta al fangirling!
Comunque, come al solito ci tengo a ringraziare i recensori (Iria, Gary Hawkeye, susyko, Rebychan, Rota, Skarry e Meyu_; è davvero un piacere per me leggere le vostre recensioni e rispondervi!), i nuovi follower (Akiko_, apple19, mayoko chan, Meyu_, Skarry e susyko) e anche i nuovi Preferiti/Ricordati (AKASHIsama, briciolaFINE93, Skarry e _Lily).
Del capitolo non c'è molto da dire, a parte una cosa: un evento di questo capitolo sarà importante in seguito.

Buona lettura!


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

«Kagami-kun, c'è qualcosa che ami più del basket?»
«Assolutamente no. Nulla potrebbe separarmi da questo sport.»

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«Tiiiiiger! È possibile che tu pensi solo ed esclusivamente a quello stupido basket? Trovati un lavoro!»
«Ma io-»
«Mi ami, no? Allora fallo... fallo per me.»
«Uff, va bene...»

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“Di chi è stata la pessima idea di mettere la sveglia?!”

Taiga non era certo felice di svegliarsi al suono di quell'insistente trillo e constatare che erano solo le 6 e 45 del mattino, visto che aveva dormito poco. Il discorso con Tatsuya la sera precedente l'aveva scosso e gli aveva tolto il sonno per almeno mezza nottata, aveva assolutamente bisogno di riaddormentarsi e poi magari anche picchiare a sangue il genio che aveva deciso di far suonare la sveglia che stava sul comodino.
Quando allungò il braccio verso l'oggetto, notò che accanto vi era un foglio: piccolo, giallastro -era sicuramente un post-it, ma il cervello di Taiga non era ancora abbastanza sveglio da rendersene conto-, con una scritta a mano in una calligrafia semplice e chiara, elegante. Era sicuramente di Himuro.

“Hikari e Mizu non possono certo stare tutto il tempo in casa da soli. Qui vicino c'è un asilo, i vicini ne parlano bene quindi credo sia un buon posto.”

Sollevò la testa reggendola con un braccio, ci mise diversi attimi a elaborare il significato di quelle parole ma appena lo realizzò spalancò gli occhi e si sollevò alla velocità della luce, come se qualcuno gli avesse appena buttato addosso un secchio d'acqua fredda.
Non ci aveva pensato affatto!

Ci mise una decina di minuti a prepararsi, tra doccia-lampo e liti con le valigie che ancora non aveva disfatto per trovare una maglia, una giacca e un paio di pantaloni che non facessero necessariamente a pugni tra loro.
Poi andò a svegliare anche i bambini, l'impresa fu abbastanza semplice in realtà. Li aiutò a prepararsi, soprattutto Hikari che era abituata ad essere vestita dalla mamma a differenza di Mizu che era più indipendente anche perché la madre spesso non lo notava neanche se era in difficoltà e di conseguenza aveva imparato pian piano a pensare a se stesso.

Kagami scoprì così che mettere un vestitino carino, bianco e rosa con tanto di gonna a pieghe, alla figlia poteva essere una vera impresa, non tanto perché lei si ribellava -non le faceva piacere, ma non lo odiava neanche- ma piuttosto perché quei cosi, per lui, erano davvero assurdi da infilare.
Così come era assurdo il comportamento della bambina, che subito dopo era corsa a infilarsi una felpa rossa che con il vestito carino non c'entrava proprio nulla, scompigliandosi i capelli rossi nel gesto e costringendo quindi il padre a sistemarglieli. Soprassediamo sulle dubbie capacità di Taiga in ciò, considerato il trattamento che aveva riservato ai propri stessi capelli qualche minuto prima limitandosi a tamponarli e strofinarli un po' con l'asciugamano tanto per non farli gocciolare.

Ecco, in certi momenti Taiga amava tantissimo Mizu.

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Si sentiva leggermente in imbarazzo in quel momento, a camminare per strada con una bimba sulle spalle che gli tirava i capelli e un bimbo più piccolo in braccio che gli faceva domande assurde del tipo “L'Idrogeno non ha elettroni, quindi come fa a legarsi con l'Ossigeno per formare l'acqua?”. Doveva smettere di comprargli tutti i libri che destavano il suo interesse per una bella copertina senza prima guardare cosa trattassero. Altrimenti poteva rischiare di fargli leggere libri erotici per sbaglio, e non sarebbe stata un'ottima cosa.

Alla fine, il trio raggiunse la destinazione prefissata senza problemi.
L'atrio dell'asilo non era molto grande, ma era molto colorato e accogliente, alle pareti vi erano appesi diversi disegni e alcuni nonostante fossero fatti da bambini la cui età massima poteva raggiungere i cinque anni erano molto carini.
Kagami si avvicinò alla scrivania dove era seduta una giovane donna dai lunghi capelli castani mossi sciolti sulle spalle, probabilmente la segretaria o una maestra che svolgeva quella funzione.
Diede alla donna tutte le informazioni necessarie all'iscrizione, cercando di essere il più cordiale possibile. A ventitré anni aveva ancora qualche problema con le forme di cortesia, inutile nasconderlo.

«Oh, i suoi figli sono molto fortunati. Il sistema li ha inseriti entrambi nella classe di Tetsuya-sensei! Senza offesa per gli altri, ma è il maestro migliore che abbiamo.»

Il cuore di Taiga mancò un battito.

“Tetsuya-sensei... no, non può essere. Insomma, non è possibile che sia lui, è ovvio che si tratti solo di qualcuno con lo stesso nome!”

«Ovviamente se vuole può conoscerlo, immagino che vorrà sapere almeno che faccia ha la persona che qui dentro si occuperà dei suoi bambini.»

Mentre la ragazza parlava, il cellulare di Kagami vibrò nella tasca dei pantaloni.

“From: Tatsuya Himuro
Subject: //
Text: Idiota, corri alla stazione dei pompieri e completa il trasferimento. Atsushi dice che non ti vuole nutrire a vita e sono d'accordo con lui perché a mandarci in fallimento economico bastano le sue, di spese alimentari.”

«Ne sarei molto felice, ma ora ho un impegno improrogabile a quanto pare. Grazie e arrivederci!»

Disse, per poi salutare anche i figli e correre via. Erano questi i momenti in cui gli allenamenti di Riko ai tempi del liceo mostravano i loro frutti.

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Hikari entrò nell'aula con passo sicuro, seguita da un Mizu dall'aria molto più timida, quasi completamente nascosto dietro la sorella.
Lei si presentò ai nuovi compagni e corse a giocare con i robot insieme a un gruppetto di ragazzi, il più piccolo invece si limitò a mettersi in un angolo e affondare la testa nel libro in Inglese che portava con se.
Pensava di passare la solita giornata di lettura senza essere notato, ma una figura imponente -in realtà non così imponente, ma lui era pur sempre un bimbo di tre anni- si mise davanti a lui.

«Che leggi, Mizu-chan?»

Il bimbo sollevò la testa incuriosito e osservò il ragazzo dai capelli azzurri e gli occhi blu che si era intanto chinato alla sua altezza e lo aveva affiancato.

«Leggo un libro di Arthur Conan Doyle. Ma è in Inglese, non so ancora leggere la scrittura giapponese...»

Ammise con un po' d'imbarazzo.

«E ti piacerebbe imparare?»

Non si aspettava una reazione simile, solitamente tutti lo guardavano storto. Lui invece gli aveva sorriso e chiesto se voleva imparare a leggere anche il Giapponese.

«Certo!»

Scattò in piedi, mettendo il segnalibro alla pagina in cui era arrivato e seguendo il maestro con aria felice.
Fu allora che lo vide, in un angolo, dimenticato da tutti.

«Tetsuya-sensei, quello che cos'è?»

Tirò il ragazzo per un dito, cercando di catturare la sua attenzione, mentre con l'altra mano indicava un oggetto.

«Quello... quello è un pallone da basket, ma qui nessuno dei bambini sembra apprezzarlo, probabilmente perché la palla pesa più di quella da calcio o perché per giocare servono meno persone, o... sinceramente non so proprio perché non piaccia, è uno sport bellissimo.»

Mizu non era un grandissimo osservatore, ma chiunque avrebbe notato che alla parola "basket" gli occhi di Tetsuya-sensei avevano iniziato a brillare.
Proprio come quelli del suo papà quando gli raccontava di quello sport.
Però non si era mai informato a sufficienza e sui suoi libri non aveva trovato nulla, quindi non sapeva com'era a livello pratico quello sport che tanto piaceva al suo papà.

«Tetsuya-sensei, prima di imparare a leggere... mi può insegnare a giocare a basket?»

Kuroko in quello sguardo, nonostante gli occhi del bambino fossero blu e non avesse le sopracciglia doppie -in realtà di esse vi era un piccolo accenno, ma era appena visibile-, ci vide il suo Kagami. Quello del liceo, il ragazzo innamorato del basket che aveva conquistato il suo cuore e che, dopo cinque anni, non era ancora riuscito a togliersi dalla testa.


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Capitolo 3
*** Chapter One. ***


Buonasera, sono tornata con il primo capitolo :)

Innanzitutto, per la felicità di chi si lamentava, questo capitolo è decisamente più lungo rispetto al prologo! Non è lunghissimo in realtà, ma io e le cose lunghe proprio non andiamo d'accordo.
Senza anticiparvi troppo, vi dico che in questo capitolo inizierò a torturare Kagami-kun e... fateci l'abitudine, vah. Più si va avanti, più problemi avrà a comprendere i propri sentimenti. Però è un bravo ragazzo, su.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito (Iria, Emy Kuran, susyko, Gary Hawkeye, Vitzi e Rebychan) e inserito la storia tra i Preferiti (Emy Kuran, Mugiwara no Marimo, Rota e v_chan) e le Seguite (BeyondTheLimit, darkalexandra85, EWILAN, HaruHaru, Iria, La_Marie, MingFu2, MirakoKodomo, Natsume, Nihiliz, Piccolo essere, Rebychan, Rika86, Vitzi e Wrong - oddio, siete 15 persone!), e ovviamente ringrazio anche chi ha letto solamente, è gratificante vedere un numero alto nel contatore delle visite (ma anche quello delle recensioni e dei preferiti/seguite)! <3

Detto questo, vi auguro buona lettura! <3


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

«Taiga, ti consiglio di non farlo. Non sposare quella ragazza.»
«Perché? Io la amo e lei mi ricambia...»
«Ne sei sicuro? Sinceramente, non credo ti ami davvero. Tsubaki-san sta cercando di cambiarti, e non certo in meglio. Non ti riconosco più.»
«Non sto affatto cambiando, Tatsuya. Smettila di preoccuparti, non sei mia madre. E neanche mio fratello maggiore.»
«Poi non dire che non ti avevo avvertito.»

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Il trillo del campanello annunciò il loro arrivo nella grande villa in cui viveva Himuro, pochi attimi dopo la porta venne aperta e Kagami si trovò a dover piegare il collo verso l'alto per introdursi al gigantesco ragazzo che aveva davanti.
Due metri e otto centimetri di infantilismo e cocciutaggine, con in mano un ovvio pacchetto di patatine alla paprika dolce.

«Tatsuya mi ha detto che potevo venire, quindi...»
«Oh, già, Muro-chin ha detto che ti sei lasciato con la ragazza o una cosa del genere... entra pure, Ka-chin

Nonostante fossero passati ormai diversi anni da quando Tatsuya e Atsushi si erano messi insieme e di conseguenza aveva deciso di entrare in buoni rapporti con quest ultimo, Kagami rimaneva sempre un po' sorpreso nel sentire quel "Ka-chin" con cui ormai era stato ufficialmente soprannominato.

«Mizu-chin, vuoi una patatina?»

Ecco un'altra cosa a cui non si sarebbe mai abituato.
Murasakibara aveva l'aria infantile e costantemente seccata, ma con i bambini era davvero bravo. Diventava simpatico addirittura.

“Probabilmente si trova bene con gente la cui età biologica corrisponde alla propria età intellettuale” era stato il primo pensiero di Taiga a riguardo.

Il bimbo, che fino ad allora stava accoccolato al petto del padre, si sporse leggermente verso il pacchetto colorato.

«Grazie mille, Atsushi-san.»

Era strano sentire parlare Mizu Kagami.
Aveva una voce dolce e sottile, davvero delicata. Era appena udibile, gentile ed educato, tranquillo con appena una nota di timore quando parlava con una persona molto più imponente di lui o qualcosa lo spaventava particolarmente.

Dopo avergli sorriso e accarezzato una guancia, l'ex giocatore dello Yosen si rivolse alla bambina che affiancava Taiga tenendolo per mano.

«Tu invece preferisci la cioccolata, vero Pikari? Tieni, questa l'ho presa apposta per te.»

Si abbassò al livello della bimba e gli porse una barretta di cioccolato bianco, che aveva scoperto qualche mese prima essere molto apprezzato dalla simpatica testolina rossa.

Poi tornò a Taiga, facendogli cenno di trovare una scusa per allontanare i più piccoli. Doveva parlargli.

«Hikari, Mizu, perché non andate di sopra a vedere le vostre stanze? Sono sicuro che Atsushi ve le ha già preparate!»

Grazie al tono allegro che aveva usato non destò alcun sospetto ai piccoli, che corsero verso le scale appena ricevettero le indicazioni necessarie per raggiungere le camere in cui avrebbero alloggiato.

Appena rimasti soli, Kagami non tardò a rivolgersi al suo coetaneo.

«Siamo soli. Che devi dirmi, Murasakibara?»
«Perché sei tornato in Giappone? Per allontanarti dalla vipera bastava cacciarla di casa, no?»

Aveva un tono severo, assolutamente lontano dal suo solito atteggiamento. Era preoccupato per lui?

«È pur sempre la madre dei miei figli, non sono così stronzo da lasciarla di punto in bianco senza un tetto sulla testa.»
«Ma non hai risposto alla mia domanda: perché sei tornato in Giappone invece di restare in America?»

Taiga non sapeva che rispondere. “Me ne torno in Giappone” era stato il suo primo pensiero nel momento in cui aveva deciso di divorziare, non si era chiesto neanche lui perché volesse tornare lì.
Lo diceva il suo cuore, e lui agiva sempre d'istinto, seguendolo.

«Perché sentivo di doverlo fare.»

Murasakibara lo guardò storto, non capendo pienamente quelle parole. Kagami lo notò, ma non sapeva proprio come spiegare ciò che voleva dire.

«C'entra per caso il fatto che in Giappone ci sia Kuro-chin? Ieri mattina dopo la tua telefonata Muro-chin l'ha ipotizzato.»

Non sapeva perché, ma quel “Kuro-chin” gli fece sentire qualcosa dentro, precisamente una dolorosa fitta al cuore.
Kuroko che c'entrava in tutto quello?
Lui non aveva assolutamente sentito l'impulso di tornare in Giappone per rivederlo, proprio no!
O forse sì?
No, non poteva proprio essere.
O almeno, Kagami cercava di convincersi in ogni modo che non fosse così. Per fortuna aveva davanti Murasakibara e non Himuro, il ventiquattrenne avrebbe sicuramente capito quale tempesta di quesiti senza risposta e sentimenti contrastanti stava attraversando la mente del rosso in quell'istante.

«Comunque non mi importa, se hai deciso di tornare hai i tuoi motivi e non devo mica farmi i fatti tuoi... tanto a quello ci pensa Muro-chin. La tua stanza è al primo piano, seconda porta a sinistra, subito dopo il bagno. Quelle di Mizu-chin e Pikari sono vicine alla tua. Buon riposo, Ka-chin!~»

Dopo aver insidiato il dubbio in Kagami, l'aveva liquidato come nulla per andare a svaccarsi sul grande divano del soggiorno, davanti alla tv, in compagnia di ogni tipo di schifezza reperibile a Tokyo e dintorni.

“Certo che è un tipo strano.”

Taiga non poté che prendere le valigie che aveva appoggiato precedentemente a terra e dirigersi verso la stanza indicata, non senza gettare una fugace occhiata nelle stanze dei suoi bambini per trovarli addormentati sul loro letto con ancora tutti i vestiti addosso per la stanchezza. Dodici ore di viaggio erano pesanti per chiunque, figuriamoci per due bambini piccoli.

Gettati i borsoni in un angolo si gettò sul letto anche lui, senza però riuscire a chiudere occhio.

Stava pensando a Tetsuya, non riusciva a levarselo dalla testa.

Ricordava di aver avuto lo stesso problema quando si era fidanzato con Kinoko: per logica sarebbe dovuta essere lei il centro di tutti i suoi pensieri, invece non poteva fare a meno di pensare al proprio compagno di squadra, in ogni istante della giornata.
A quei tempi la prese molto alla leggera, era assolutamente convinto di amare la sua fidanzata sopra ogni altra cosa, che il problema potesse essere risolto semplicemente vedendo di meno Kuroko. Fu anche per questo che quando la ragazza gli chiese di trasferirsi a Los Angeles, perché a lei il Giappone proprio non piaceva, acconsentì subito.

E in effetti il problema sembrava risolto, aveva smesso di pensare al ragazzo dai capelli azzurri e si era sposato. Aveva anche avuto una figlia poco tempo dopo, tutto andava per il meglio.
Poi nacque Mizu, e il problema si ripresentò appena questi fu in grado di mostrare qualche tratto della propria personalità. Tranquillo, riflessivo, quasi invisibile ai propri coetanei. Il collegamento con lui fu inevitabile.
E ora il suo istinto lo portava in Giappone appena firmate le carte del divorzio.

E tutto gli sembrava fin troppo giusto.

«Taiga?»

Una voce irruppe nel silenzio della stanza, destando il ragazzo in questione che era perso nei propri pensieri ormai da qualche ora. Questi si sedette quindi sul letto, invitando l'altro a entrare.

«Scommetto che sei qui per farti i fatti miei, Murasakibara mi aveva avvertito.»

Sospirò, rassegnato. Non si sentiva pronto ad affrontare la situazione, ma sapeva che Himuro non l'avrebbe risparmiato per questo.

«Non proprio. Sono qui solo per avere una conferma di ciò che ho cercato di farti capire per anni.»

Aveva il tono seccato di chi ha ripetuto lo stesso discorso per decine di volte senza che il proprio interlocutore sia riuscito a capirci una parola.
Sembrava un po' una presa per i fondelli, ma Kagami cercò di non farci caso.

«Di cosa si tratterebbe?»
«Del fatto che tu non abbia mai amato Tsubaki, ovviamente.»
«Ma che stai-»
«Eri innamorato di un'altra persona e lo sei tuttora.»

Definirlo sconcertato era riduttivo. Era stato sposato con quella ragazza, l'aveva sicuramente amata!

«Non dico che tu non abbia provato nulla per lei, ma non era amore. Il vero amore ce l'avevi sotto il naso e non sei riuscito a vederlo nonostante tutto.»

Parlava come se fosse certo di tutto ciò da anni e non fosse mai riuscito a dirlo, e forse era davvero così.

«E chi sarebbe?»

Gli era venuto naturale chiederlo, perché se Tatsuya credeva ciò che aveva appena detto aveva sicuramente un nome da dire.

«Questo non te lo dico, anche perché se ci pensi bene riuscirai a risponderti da solo.»

E se n'era andato, esattamente come aveva fatto il suo ragazzo qualche ora prima.
Avevano intenzione di farlo impazzire con tutte quelle domande senza risposta che lo stavano spingendo a porsi.


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Capitolo 4
*** Chapter Three. ***


Buonasera e scusate per il ritardo! D:
Ho avuto due settimane incasinatissime, vi chiedo scusa! Ma la vita reale a volte rompe molto le scatole e i pc non collaborano (Word crashava allegramente)...
Ringrazio chi ha recensito e messo tra le Seguite/Preferite, avendo scroccato un pc di fortuna per pubblicare stavolta non faccio l'elenco ma sappiate che vi ringrazio tutti dal profondo del cuore <3
Il capitolo sinceramente è molto boh, neanche ho avuto il tempo di revisionarlo quindi andandoci pesante con le critiche per farmi notare i miei errori mi fareste solo un favore >.<

Buona lettura!


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

 

The beauty of life is made of shadow and light

«Papà, che cos'è l'amore?»
«Beh, l'amore è... quando ti brillano gli occhi e il cuore ti batte più forte solo pensando a qualcuno, quando senti che quello stesso cuore potrebbe fermarsi al solo pensiero di perderlo, quando non riesci a dimenticarlo anche volendolo con tutte le tue forze, perché lo ami troppo per riuscirci.»

-----

«Tetsuya-sensei! Tetsuya-sensei!»

L'interpellato si voltò in direzione della voce cristallina che lo chiamava, non sorprendendosi di vedere spuntare una testa rossa da sotto un tavolo.
Solitamente non era tanto accondiscendente, era gentile ma evitava di prestare particolare attenzione a qualcuno perché gli altri bambini non si ingelosissero, ma Hikari-chan era diversa, qualcosa in lei e in suo fratello lo spingeva a volerli coccolare.
Gli piacevano tutti i bambini, ma verso quei due nutriva già un affetto particolare nonostante fossero diventati suoi allievi solo quella mattina.

«Che ti serve, Hikari-chan?»

La bimba lo guardò con un tenero faccino imbronciato, le doppie sopracciglia arcuate in un'espressione arrabbiata.

«I capelli... mi danno fastidio!»

Era davvero indispettita da ciò, come se fosse il più grande problema al mondo in quel momento.
Tetsuya avrebbe ridacchiato in un altro momento, ma in quell'istante la bambina gli faceva troppa tenerezza.

Si avvicinò e la prese in braccio, portandola nella stanza dove teneva le proprie cose e prendendo dal proprio armadietto un pettine e un elastico per capelli, perché sapeva che lavorando in un asilo bisognava avere un po' di tutto a portata di mano.
Le pettinò i capelli con dolcezza, stando attento a non tirarli troppo.

«Solitamente la tua mamma come ti lega i capelli?»

Le chiese, accarezzandogli la testa. Visto che doveva sistemarglieli, tanto valeva farlo per come preferiva la bambina.

«La mamma mi faceva le trecce, ma a me non piacciono molto e credo che non piacciano neanche a papà, visto che stamattina non me le ha mai fatte.»

L'uso del verbo al passato lo insospettì. Che la madre fosse morta? Che fosse figlia di genitori separati? Non era affar suo la vita privata della famiglia di Hikari, ma qualcosa lo spingeva a volersi impicciare. Forse si sarebbe informato in seguito, quando il padre sarebbe venuto a prenderli.

«Allora... ti faccio la coda, okay?»

Ricevette un segno di assenso, quindi legò i capelli della bambina in una coda ordinata.

«Thank you! Ora non avrò problemi!»

Quel sorriso aperto e sincero, così dolce e simile a quello del suo Taiga, gli scaldò il cuore.

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L'atrio sembrava decisamente più stretto ora, Taiga si sentiva assolutamente a disagio tra tutte quelle giovani donne. Inoltre alcune lo guardavano come si guarda una preda succulenta, e la cosa non lo faceva certo stare tranquillo.
Finalmente adocchiò i suoi figli, che gli corsero incontro con aria felice. Sembrava si fossero trovati bene.

«Papà, oggi mi sono divertita tanto!»

Hikari era felice, e a Kagami non sfuggì il fatto che aveva i capelli legati e ben pettinati. Chi glieli aveva sistemati?

«Oggi ho imparato alcuni simboli giapponesi, si chiamano... hiragana! E ho anche giocato a basket, è davvero bello!»

Mizu sorrideva apertamente, in una maniera davvero insolita per lui. Era difficile riuscire a ottenere quell’espressione particolarmente felice da lui se non si sapeva su cosa puntare.

«Tetsuya-sensei è mitico!»

Quell'insegnante doveva essere davvero bravo, se i suoi figli lo adoravano così tanto.
Voleva davvero vedere che faccia aveva.
Sì, lo voleva.

Nonostante ciò, si sentì le ginocchia molli e i suoi pensieri si fermarono improvvisamente nel momento in cui lo vide.
Capelli azzurri corti lisci e scompigliati, occhi blu profondi, decisamente più basso di lui.
Era lui, non c'era dubbio. Era Kuroko.
Taiga non era pronto a rivederlo, a sentire di nuovo la sua voce, a-

«Kagami-kun?»
«Kuroko...»

Il cuore gli scoppiava in petto solo nel dire quel nome. Era una vita che non lo faceva, anche se lo aveva pensato moltissimo.
Ma l'altro non poteva immaginare tutto ciò.
Non sapeva cosa dire o fare, non era pronto a incontrarlo e il suo cervello aveva anche deciso di abbandonarlo nel momento del bisogno.

«Kagami-kun, sono felice di rivederti.»

Lo sguardo che ricevette in quel momento fu difficilissimo da interpretare. Tristezza, ma anche felicità. Nostalgia mista ad affetto. Era la certezza di essergli mancato e la felicità per averlo rivisto, mista a una tristezza che Taiga proprio non riusciva a motivare.

«Anch'io.»

Gli sorrise, perché era davvero felice di vederlo nonostante il casino che si trovava in testa. Perché gli era mancato specchiarsi in quegli occhi blu che lasciavano trasparire ogni emozione di Tetsuya. Poi una signora sui trent'anni richiamò l'attenzione del maestro, e quello scambio di sguardi venne bruscamente interrotto.

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Erano quasi arrivati alla villa di Murasakibara e Himuro, quando Taiga si accorse che Mizu e Hikari lo stavano fissando con aria indagatrice.

«Papà... prima eri strano.»

Il rosso cercò di capire il significato di quelle parole, giungendo dopo qualche secondo alla conclusione. Doveva aver fatto una faccia da pesce lesso. Di fronte ai suoi figli. Per Kuroko.
Non poteva andare peggio.

«È che... papà non vedeva da tanto tempo Tetsuya-sensei ed era stupito di trovarselo davanti così all'improvviso, tutto qui.»

Si stava giustificando nella maniera più stupida del mondo probabilmente, ma doveva dire qualcosa di sensato, o almeno provarci.
La verità era che rivedere Kuroko aveva fatto crollare ogni singola certezza che ancora era integra, lo aveva mandato in confusione ancora più di quanto lo fosse già. E poi c'era quel battito insistente, quel martellante bruciore all'altezza del cuore che non sentiva da troppo tempo. Neanche al suo matrimonio o alla sua prima volta l'aveva sentito così rapido e potente, era qualcosa che riusciva a scatenare solo Tetsuya. Lui, con la sua semplice presenza spesso celata dalla sua abilità a passare inosservato.
Quando aprì la porta per rientrare, giunse alla semplice conclusione di non starci capendo più nulla.
Com'era possibile tutto ciò?

Non immaginava neanche che, in un appartamento poco distante, Tetsuya stava provando le stesse identiche sensazioni, che la consapevolezza di non essere riuscito a dimenticare la scottante delusione che aveva avuto a 18 anni dopo aver coltivato per tre anni il proprio amore era tornata a farsi sentire, fortissima. In realtà non se n'era mai andata, ma rivedere Kagami aveva riportato alla luce tutto ciò che aveva celato nell'ombra con tanta fatica.

“Che farò quando lo rivedrò?”

Era questa la domanda esplosa in testa a entrambi, a cui nessuno dei due sapeva trovare una risposta.

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Capitolo 5
*** Chapter Four. ***


Buongiorno!

Oggi sono particolarmente tranquilla ed espansiva, quindi... posso abbracciarvi tutti? <3
No, sul serio, aver superato i 30 follower e sapere che ben quattordici persone hanno messo la long nei Preferiti mi riempie il cuore di gioia! *saltella per la stanza* Non ce la faccio a nominarvi tutti, ma vi ringrazio dal profondo del cuore <3 E ringrazio anche i recensori, che mi allietano sempre la giornata con le loro belle parole <3
Ieri, come sa chi mi ha come amica su Facebook (a proposito, se vi va di aggiungermi il mio account è questo e accetto con entusiasmo l'amicizia a chi è di EFP), ero tanto infreddolita e sonnecchiante da non avere neanche le energie di cambiare stanza e accendere il pc e ho passato il pomeriggio e la serata sfogliando Blue Exorcist 9 (copertina sconvenientissima, sembra quasi che abbia comprato un hentai) e ruolando AoMura e AkaKise.

Dedico quindi questo capitolo a Oximoron (a Bea, precisamente, che ruola con me delle KagaKuro puccissime e che mi ha traviato alla AoMura), a Wanweirdo a cui l'avevo promesso mentre lo scrivevo perché ha indovinato una cosa a riguardo, a Kalahari che ieri si è presa un colpo e ha bisogno di tante coccole e a Gary Hawkeye che venerdì ha fatto il compleanno e a cui non ho fatto un regalo e che quindi spero mi perdoni facendosi bastare questa piccola dedica.

In questo capitolo succede tanto e nulla, inoltre alla fine sono certa che mi vorrete morta :')

Buona lettura!


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

«Kuroko... tieni. Non posso mangiare tutti questi cheeseburger da solo!» 
«Grazie.» 

Kuroko incurvò leggermente le labbra all'insù, sapeva che già da un po' Kagami prendeva un hamburger in più rispetto alla propria quantità abituale solo per offrirlo a lui. 
Kagami lo guardò e sorrise anche lui, finalmente soddisfatto. Gli regalava un panino ogni giorno solo perché la prima volta aveva sorriso e a lui piaceva la sensazione che provava nel vedergli in volto quell'espressione. Neanche si era accorto che un gesto casuale fosse diventato in breve un'abitudine, ma gli stava bene. 


Gli stava bene qualunque cosa, se poteva vedere Kuroko sorridere. 


----- 


Taiga si svegliò bruscamente, quasi lanciando un urlo. La sensazione che provava era simile a una scottatura al petto, si mise istintivamente la mano nel punto che sentiva bruciare, situato sulla sinistra. Il cuore batteva fortissimo e non accennava a rallentare. 
Non aveva fatto un incubo, anzi. Ma era proprio il fatto che il sogno fosse così bello a spaventarlo. 


Non era frutto della propria fantasia, era un ricordo. La fine della Winter Cup, al primo anno, quando lui e Kuroko si abbracciarono così forte da incastrarsi perfettamente ognuno nel corpo dell'altro.  
L'aveva persino chiamato per nome quella volta, negli spogliatoi, con il volto premuto sui suoi capelli e le sue mani sulla propria schiena. 
Era uscito da poco dalla Zone ed era morto di fatica, ma sentiva di avere energia sufficiente a poterlo stringere a sé per sempre. 


Kagami non riusciva proprio a credere di aver sognato ancora Tetsuya. 
Erano passate due settimane da quando l'aveva rivisto per la prima volta, ed erano due settimane che non riusciva a pensare per più di trenta secondi a qualcosa senza che il suo volto o la sua voce facesse capolino nella sua testa.  
Era diventata un'abitudine anche vederlo nei propri sogni, ogni notte.

Ogni notte sognava una situazione diversa, che poteva essere sia già vissuta che una fantasia, che però prevedeva una costante: toccarsi. 
In ogni singolo sogno lui toccava Kuroko, che fosse per un abbraccio come quella notte, per passargli una penna o perché se lo trovava addosso. 

In effetti, la cosa che lo preoccupava di più nell'intera situazione era quest'ultimo fattore, il sognare di trovarsi in situazioni romantiche o erotiche con il suo ex compagno di squadra. 
Non era innamorato di lui, non lo era affatto! 
Ma non poteva negare l'evidente bisogno di un contatto con l'altro, di sentirlo vicino e non così distante da sembrare una visione. 

Da quando si erano visti la prima volta, non si erano più rivolti la parola. I loro sguardi si incrociavano quasi ogni giorno quando Taiga andava a prendere Hikari e Mizu all'asilo, ma nessuno dei due aveva provato ad avvicinarsi all'altro. 
Kagami era semplicemente insicuro, voleva capire cosa gli stava succedendo prima di avvicinarsi a lui, però non ce la faceva più. 
Per lui, era come avere un pallone da basket e il divieto di uscire a giocare: alla fine avrebbe preso il pallone, sarebbe corso a fare una partita e alla fine avrebbe affrontato le conseguenze della propria azione con il sorriso sulle labbra. 

Aveva capito cosa fare. 


Doveva semplicemente trovare una scusa per avvicinarlo, per poter avere l'occasione di stringerlo ancora tra le proprie braccia. Era un desiderio un po' egoistico, lo sapeva, ma se c'era un modo per mettere fine a quel tormento era risolvere ciò che l'aveva creato. 


Perché lui era convinto, convintissimo, di sognarsi Kuroko ogni notte solo perché sentiva la mancanza del rapporto che c'era tra loro cinque anni prima. 

----- 

Era comodo essere pompieri a Tokyo. 
Non che non succedesse mai nulla, ma c'era sicuramente molto meno lavoro che a Los Angeles. La maggior parte del tempo lo passavano in stazione, lui e i suoi colleghi. 
Ecco, una cosa che mancava a Los Angeles era tutta quell'attività in caserma. In America era un luogo abbastanza impersonale, che serviva tanto per sedersi dieci minuti e bere qualcosa tra una chiamata e l'altra; lì in Giappone invece era curata e sistemata un po' come se fosse una casa. Vi erano tavoli, sedie, qualche divano e ovviamente libri, fumetti, giochi di società vari e persino vecchi videogiochi. 

Spesso i suoi colleghi si dilettavano con delle partite a poker, Taiga li ignorava e preferiva dedicarsi a battere tutti i record in Crash Bandicoot su una vecchia Playstation insieme a un altro suo collega di poco più grande di lui, che poteva avere al massimo trent'anni. 

“From: Ryota Kise 
Subject: Hey! (^^)/ 
Text: Mi hanno detto che sei rientrato in Giappone! Perché non organizzi una festa per rivedere i tuoi carissimi ex avversari? )^o^(” 


“From: Kagamicchi 
Subject: ... 
Text: No.” 

“From: Ryota Kise 
Subject: // 
Text: Perché? ç____ç Non vuoi rivederci?!” 


“From: Kagamicchi 
Subject: ... 
Text: Mi basta vedere ogni giorno Murasakibara. Se dovessi vedere anche te, la faccia da sberle di Aomine, il superstizioso con gli occhiali e quel pazzo di Akashi tutti insieme i miei nervi non reggerebbero.” 

From: Ryota Kise 
Subject: // 
Text: Vedi Murasakibaracchi ogni giorno? Quindi stai da lui e Himuro, l'altro dello Yosen! Un motivo in più per organizzare la festa, hanno una villa immensa! (^_^)” 


From: Kagamicchi 
Subject: ... 
Text: Ma io non voglio dare una festa solo perché sono tornato in Giappone, è una cosa stupida!” 

From: Ryota Kise 
Subject: // 
Text: Quindi ci vediamo tutti Sabato alle 19:30 alla villa di Murasakibaracchi, giusto? Avviso gli altri! (^_~)” 


E Kagami era una persona pacifica, davvero, ma in quel momento avrebbe sfigurato a pugni il bel faccino da modello di Kise. 

From: Kagamicchi 
Subject: ... 
Text: Ma tu sei tutto scemo! Non ho tempo per certe cose, e poi preferisco stare con i miei figli che con un gruppo di pazzoidi come voi della Generazione dei Miracoli.” 


Ecco, gli aveva dato buca. Che non si facesse più vivo, altrimenti avrebbe rischiato di lanciare il cellulare da qualche parte e sarebbe stata una sofferta perdita per il suo portafogli, quella del costoso dispositivo. 
E quando il suddetto “costoso dispositivo” trillò nuovamente, Taiga avrebbe avuto davvero voglia di spaccarlo in mille pezzi. 
Raccogliendo tutta la propria pazienza, si limitò a gettare un'occhiata al display che si era illuminato, sorprendendosi del fatto che comparisse l'anteprima del messaggio. 
Chi era la cellula procariota che inviava ancora sms e non email come tutte le persone normali? 

Tetsuya Kuroko 


Kagami si sentì mancare l'aria per un'istante, spalancando gli occhi e appiccicandoli letteralmente al retina dello smartphone. Erano cinque anni che non leggeva quel nome ed era la prima volta in assoluto che lo leggeva in caratteri latini -aveva cambiato cellulare e si era abituato ad avere l’Inglese come lingua di sistema, perché cambiarla solo perché si era trasferito?-; ma la sorpresa maggiore era che ci fosse davvero scritto quel nome, che avesse davvero ricevuto un messaggio da parte sua. 

“Ciao Kagami-kun. 
Potresti venire all'asilo? È per Mizu-chan.” 


Questo non andava affatto bene. Taiga si stava decisamente preoccupando. 

Kagami Taiga: Dammi 10 minuti e sono lì.” 


----- 

Come da copione, Kagami si presentò all’asilo dopo 8 minuti e 43 secondi precisi, con giusto qualche goccia di sudore che gli imperlava leggermente il viso, sul quale era impressa un’espressione preoccupata. 
Nel correre aveva pensato a tutto ciò che poteva essere successo al figlio, prevedendo ogni singola ipotesi possibile.

Aveva avuto una reazione allergica? Sicuramente no, l’unica che aveva una leggerissima allergia -al polline, che non si manifestava neanche spesso- era Hikari. 

Si era fatto male? Kagami sperava davvero di no, anche perché non riusciva proprio a immaginare come un bambino tanto tranquillo come Mizu potesse riuscire a farsi qualcosa di più grave di un taglio con una pagina del suo libro. E sicuramente Kuroko non l’avrebbe mai chiamato per così poco. 

E se avesse litigato con uno degli altri bambini? Anche questo gli sembrava impossibile, perché Mizu tendeva inconsciamente all’isolamento preferendo spesso la compagnia di un buon libro a quella dei propri coetanei, non amava particolarmente giocare. 

Forse aveva iniziato a piangere per qualche ragione inspiegabile? Altra cosa improbabile, Kagami sapeva che Kuroko se la cavava molto bene con i bambini perché ai tempi delle superiori era capitato loro di aver a che fare con un bambino che si era perso in un centro commerciale e in quell’occasione aveva dimostrato grande abilità; quindi era sicuro che ora fosse anche più bravo e che potesse calmarlo senza chiedere aiuto. 


Ogni suo dubbio si dissolse quando si ritrovò davanti Tetsuya e Mizu, quest’ultimo con un’espressione talmente felice da non sembrare neanche sua. 

«Papà, giochiamo a basket tutti insieme?»

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Capitolo 6
*** Chapter Five. ***


Salve!
Sono tornata con il consueto aggiornamento settimanale, sono sempre più felice del seguito che sto ricevendo. Quindi grazie a tutti, che siate recensori, follower, lettori o semplici sostenitori.
L'entusiasmo per la SBK manifestato nella mia ultima pubblicazione (che potete trovare qui --e una recensione fa sempre piacere, soprattutto in casi come questo!) ha portato una sfiga tremenda, ma io sono filo-Aprilia quindi tutto sommato non è andata male.
Ma mi dicono che non siamo qui per parlare di Superbike, passiamo alle cose che vi interessano.
Avevamo lasciato Kagami in una strana situazione, con Mizu che gli aveva fatto una certa richiesta. Questo capitolo è il seguito del precedente in tutto, è come se avessi scritto un capitolo e l'avessi diviso in due per sadismo, in pratica 8D
Spero che vi piaccia, e i commenti sono sempre graditi!

Buona lettura!


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

Kagami posò lo sguardo prima sul figlio poi sull'ex compagno di squadra, stupito come non mai. Lui si era preoccupato tanto e invece non solo Mizu stava benissimo, ma gli aveva appena chiesto di giocare a basket!

Sentì l'entusiasmo iniziare a scorrere nelle sue vene, non giocava da tantissimo tempo.

A Los Angeles ogni tanto, senza dirlo alla moglie perché sapeva che si sarebbe arrabbiata, si dava al basket d'azzardo o aiutava Alexandra con i suoi allievi; per un periodo era addirittura arrivato al punto di passare tutto il proprio tempo libero al campo da playground e si era fatto una certa fama, anche perché molti dei giocatori migliori erano avversari che aveva già affrontato da ragazzo. Inoltre Alex aveva la lingua lunga e non perdeva occasione, in passato come ora, di parlare dei suoi primi e prediletti allievi.

Lo sapeva, persino una partita con un bambino piccolo avrebbe potuto soddisfare il bisogno di sentire la plastica ruvida della palla a spicchi sulle dita, il fruscio della rete che si allarga per far entrare un tiro perfetto, lo stridere delle scarpe che si consumano con scatti rapidi sul parquet di un campo tradizionale o sull'asfalto da playground.

«Scusa se ti ho disturbato, ma ha insistito molto...»

Tetsuya aveva un'espressione dispiaciuta, ma uno strano bagliore negli occhi. Aveva lo stesso desiderio di giocare del bambino che gli stava vicino, solo meglio celato.

Fremeva, seppur in maniera composta e poco evidente se non a uno sguardo attento e capace di scrutare nella sua anima come quello del rosso, dalla voglia di giocare.

Avrebbero potuto sfiorare lo stesso pallone, sfidarsi, lasciarsi trasportare dall'adrenalina e dalla competitività che su quel campo li rendevano simili per la prima volta dopo anni; potevano guardarsi e cercare di riconoscersi a vicenda come i compagni di squadra affiatati che erano stati e non come i due sconosciuti che sembravano essere in quel momento.

E Taiga non avrebbe mai potuto rifiutare una proposta simile, e non solo perché due paia di occhioni blu lo stavano guardando imploranti.

-----

«Comunque... perché mi hai inviato un sms tradizionale e non una mail?»

Kagami guardò Kuroko con aria interrogativa, desideroso di togliersi quel piccolo dubbio.

«Abbiamo sempre usato i messaggi tradizionali noi due, non vedo perché cambiare abitudini.»

E Taiga l'avrebbe davvero considerata una scusa per non dire di essere senza internet mobile o con un telefono troppo scarso per supportare messaggi diversi dai tradizionali, se quelle parole non fossero uscite dalle labbra di Kuroko.

Labbra che si ritrovò ad osservare per un solo istante in cui i suoi occhi rossi furono attraversati da una scintilla di cui proprio non riusciva a cogliere l'origine.

-----

Alla fine avevano giocato tutto il pomeriggio al campetto del quartiere, divertendosi molto.

Il team formato da Kagami e Mizu si era dimostrato molto affiatato, complice anche il fatto che al bambino risultasse abbastanza semplice imitare i movimenti del padre. Si scoprì così che aveva ereditato da Taiga il talento nel saltare, seppur la sua elevazione fosse ancora minima perché era pur sempre un bambino di tre anni per nulla allenato ad ogni salto sembrava migliorare leggermente.
Al contrario, Kuroko e Hikari si erano ritrovati in difficoltà: erano bravi a far girare la palla e a smarcarsi dagli avversari, ma avevano non pochi problemi nell'andare a canestro. Gli unici abbastanza alti da poter tirare erano Taiga e Tetsuya, ma le difficoltà di quest'ultimo nei confronti del rosso erano palesi, e diventavano anche più evidenti quando si ritrovavano l'uno contro l'altro.

La partitella si era conclusa con un pareggio, due bimbi stremati e due giovani uomini felici; tutti seduti vicini sull'asfalto in compagnia di qualche bottiglietta d'acqua per dissetarsi.

«Mizu, Kagami-kun... siete davvero forti insieme.»

Kuroko si stava asciugando un po' di sudore passandosi la manica della giacca sulla fronte, si era sicuramente stancato maggiormente rispetto al coetaneo. Sorrideva appena nel guardare il piccolo Mizu appoggiato al padre, il quale nel frattempo stava aprendo una bottiglia d'acqua per Hikari.

«Anche tu sei forte.» sorrise «È stato bello giocare insieme dopo tanto tempo.»

Kagami quasi si sorprese della semplicità con cui erano uscite quelle parole dalla propria bocca, di come era stato facile dire all'altro ragazzo almeno una piccola parte di ciò che provava.

Neanche si era accorto che nel frattempo l'altro aveva messo giù il braccio e che le loro mani erano talmente vicine da sfiorarsi, e se l'avesse notato non sarebbe stato un bene: Tetsuya aveva fatto incatenare i loro sguardi dopo le poche parole che si erano detti e il suo cuore stava già impazzendo per questo.

«Papà... ho fame.»

L'esclamazione della bambina più grande destò entrambi, che realizzarono solo in quel momento che l'orologio segnava le sette e dieci di sera, il sole stava tramontando e nessuno di loro aveva mangiato nulla da quando, separatamente, avevano pranzato.

Taiga si alzò e invitò con un cenno anche il resto dello strano gruppo a farlo; quindi invitò tutti, incluso Kuroko, ad andare a mangiare al fast food lì vicino.
Compreso il tempo di attesa nel fare la fila, il più grande ci mise circa cinque minuti a prendere da mangiare e raggiungerli al tavolo, dove Kuroko era rimasto con i fratelli Kagami.

Arrivato il vassoio, la piccola rossa si avventò allegra sul vassoio per afferrare un panino molto sostanzioso destinato a lei, mentre il fratello minore prese tranquillamente il proprio toast.
Kagami scartò uno dei numerosi cheeseburger che aveva preso per sé, per poi porgere a un Tetsuya un po' spaesato un milkshake doppio al gusto di vaniglia e cioccolato.

Fu in quel momento che le loro mani si sfiorarono per la prima volta dopo cinque anni di lontananza e Kagami avrebbe voluto davvero darsi uno schiaffo per la propria idiozia, perché secondo lui era una sciocchezza anche solo pensare che l'altro fosse arrossito leggermente e sicuramente ci aveva visto male per una frazione di secondo quando vide quegli occhi azzurri brillare appena d'emozione.

«Tieni, non posso certo farti morire di fame.»

Cercò di mantenersi più tranquillo mentre gli passava uno dei propri cheeseburger, con la precisa intenzione di sfiorare quelle dita ancora una volta.

E l'altro afferrò anche il panino, e Kagami volle darsi ancora dell'idiota per gli stessi motivi di prima.

«Grazie.»

E si sentì semplicemente scoppiare il cuore in petto quando quella voce atona e delicata che avrebbe riconosciuto in mezzo a mille disse quella semplice parola.

Non riusciva ancora a capire, lui, il perché di tutte quelle emozioni che stava provando, ne veniva solamente travolto senza sentire il bisogno di porsi domande, almeno in quel momento.

Sentiva solo che era giusto, che per qualche assurdo motivo doveva essere così, che era una cosa normale quel mezzo scompenso cardiaco che si verificava a ogni sguardo, tocco o parola del ragazzo dai capelli azzurri.

Infine si congedarono amichevolmente, dopo aver fatto un po' di strada tutti insieme perché abitavano davvero vicini, separati solo da un centinaio di metri ciascuno da percorrere in direzioni diverse appena arrivati a un incrocio.

Per Taiga, aver ritrovato parte di quel legame era come vivere un sogno.

-----

«Buonasera, Kagami-kun.»

Il ragazzo in questione sobbalzò colto alla sprovvista. Sapeva che il compagno di classe passava sempre alla stessa ora e che ogni giorno si fermava proprio a quel tavolo, ma ogni volta veniva colto di sorpresa.
Lo stupore però dopo qualche istante lasciava sempre il posto ad un sorriso rilassato, che la giornata appena trascorsa fosse stata felice o meno.

Ecco perché Kuroko ogni giorno, a qualunque costo, si fermava al Maji Burger.
Un milkshake, il sorriso di Taiga Kagami e il calore che sentiva all'altezza del cuore nel vederlo gli bastavano a essere felice.

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Capitolo 7
*** Chapter Six. ***


Buonasera!

Odio le introduzioni, con tutto il cuore. No, scherzo, mi fa piacere dirvi due parole prima del capitolo :)
By the way, inizialmente questa settimana non avrei neanche dovuto pubblicare. Ho la febbre e neanche riesco a ragionare bene... tuttavia, AomineTetsuya_chan mi ha trattata con così tanta dolcezza che... awww, il mio cuoricino si è sciolto come burro e ho deciso di sforzarmi e pubblicare questo capitolo, anche se è un pochino corto sono riuscita ad arrivare al punto che volevo!
Premetto che mezzo capitolo è auto-fanservice, che non so se è tutto scritto in maniera decente perché non sto abbastanza bene da riuscire a betarmi (ho un Alpha Reader e non un Beta Reader. Why.) e che regalerò un qualcosa (?!) a chi indovinerà il film che vede Kagami a inizio capitolo.
E premierò anche chi dedurrà l'importanza che avrà per me la prima recensione a questo capitolo, che sarà la quarantaseiesima. Ma tutte le recensioni sono importanti, eh :D
Buona lettura!


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

«Kagami-kun, potresti darmi la tua mano sinistra?»

Taiga lo guardò stranito.
Stavano percorrendo l'ultimo tratto di strada che li separava da scuola, nonché l'unico che potevano fare insieme.
Era inverno, faceva un tale freddo che Kagami era avvolto in un giubbotto pesante e Kuroko indossava una sciarpa gigante dall'aria tanto morbida che il rosso pensò subito a quanto sarebbe stato bello sprofondarci la testa dentro.

«Che devi farci?»

Aveva intanto allungato la mano in direzione dell'altro, che l'aveva semplicemente stretta dopo aver messo su di essa il guanto che prima portava alla mano destra.

«Non voglio che le tue mani si raffreddino per colpa mia.»

Era una giustificazione che non stava in piedi e lo sapevano entrambi, anche se Kuroko era effettivamente colpevole delle mani fredde di Kagami in quanto i guanti che aveva erano quelli dell'altro che li aveva dimenticati a scuola il giorno prima e non aveva resistito a indossarli.

Taiga si sentì improvvisamente la mano più calda, e nonostante volesse dare il merito al guanto nel profondo del suo cuore sapeva che invece non centrava assolutamente nulla.

-----

Ore due e trentotto, diceva l'orologio digitale della sua stanza.
Questo significava che sarebbe stato tutta la notte sveglio e che ormai non c'era nulla da fare. Ogni speranza di addormentarsi era in fumo, passata la mezzanotte.
Visto che Himuro gli aveva detto “fai come se fossi a casa tua”, Kagami decise di alzarsi per vedere un film in DVD.

Audio in Inglese, ovviamente, e la scelta ricadde su un film fantascientifico ambientato, secondo la descrizione, in una galassia lontana lontana.
Poteva essere un futuro, un presente o un passato a livello temporale, ma niente lo specificava. La Terra neanche veniva menzionata, in fondo.

Ci stava un ragazzo biondo che passava il tempo ad allenarsi, vi si riconobbe parzialmente nonostante questi volesse diventare “Cavaliere Qualcosa” -la parola Kagami mica l'aveva compresa ancora, era la prima volta che vedeva il film- e non un giocatore di basket.

Poi ci stava una specie di regina o senatrice -aveva inteso poco anche qui, alle tre di notte non capiva molto- molto tranquilla, determinata e abile nel parlare, oltre che molto bella.

«Ricorda un po' Kuroko, quella tizia...»

Fu il suo commento ingenuo, ignaro degli eventi successivi.

E al povero Taiga cadde la mascella a terra quando si accorse che la ragazza che tanto gli ricordava Kuroko era innamorata persa del Cavaliere Jedi -ecco qual era il termine!- in cui lui si era riconosciuto.

“Ma non finiscono davvero insieme, vero? Insomma, c'è la guerra, lui non può avere una fidanzata perché il codice glielo impedisce e lei è una donna con troppo potere... si saranno semplicemente presi una sbandata!”

Non che ce l'avesse con loro, ma il pensiero che ci avesse riconosciuto proprio se stesso e Kuroko -insomma, proprio la persona che gli stava friggendo il cervello da più di due settimane- lo metteva sotto pressione.
Insomma, due persone avevano un carattere simile al loro e si innamoravano a vicenda... che fosse successa la stessa cosa a lui, che come il giovane protagonista stesse penando inconsapevolmente per amore?

Provò a scacciare quel pensiero, che però si fece sempre più pressante nella sua testa.

Quando il film si concluse proprio con il matrimonio segreto del Cavaliere e della senatrice di Naboo, Kagami giunse a una semplice conclusione: doveva assolutamente cercare di fare chiarezza, qualunque cosa questo potesse comportare.
E, se per qualche stranissimo e improbabile caso avrebbe capito di avere una cotta per Kuroko, gliene avrebbe parlato e si sarebbe fatto spezzare il cuore, perché se di una cosa era certo era il fatto che l'azzurro non avrebbe mai ricambiato certi sentimenti da parte sua.

Kagami tolse il DVD e passò a un altro film, una roba d'azione, qualcosa gli diceva di non provare a cercare un eventuale sequel di quello che aveva appena visto.

-----

Taiga si ritrovava due occhiaie spaventose, terribilmente simili a quelle che aveva ai tempi del liceo ogni volta che doveva giocare una partita importante, quando aprì la porta d'ingresso dell'asilo con i figli al seguito.
Mizu stava abbracciato al volume 7 di quella che doveva essere una grossa enciclopedia, avvolto in una giacca pesante perché soffriva molto il freddo; Hikari invece saltellava in giro, i capelli ovviamente sciolti vista l'abilità inesistente del padre in certe cose, reggendo in mano null'altro che un pallone da minibasket coloratissimo e immacolato, evidentemente nuovo.

Kuroko andò incontro ai tre, accarezzando la testa ai piccoli e salutando con un cenno il più grande.

«Ciao, Kuroko.»

Kagami si sorprese di come quel saluto fosse uscito rilassato e spensierato dalle proprie labbra, visto che era teso come una corda di violino nel trovarsi davanti quel ragazzo.

«Buongiorno, Kagami-kun. Hai dormito, stanotte?»

Ecco, giusto la domanda peggiore.
Kagami mica si era reso conto di quanto fossero evidenti le occhiaie che si ritrovava, quindi quando il giovane maestro gli pose quel quesito non poté fare a meno di pensare che avesse qualche potere paranormale, che l'avesse visto insonne o gli avesse letto la mente.

«Beh, diciamo...»

Si limitò a una risposta vaga, aveva ormai imparato a convivere con il fatto che lui sapeva. Era talmente naturale e familiare, che sapesse sempre tutto ciò che gli passava per la testa e che con uno sguardo riuscisse a capire cosa lo tormentava.
Che sapesse anche disciogliere la matassa di emozioni confuse che stava provando da quando era tornato in Giappone?
Taiga non gliel'avrebbe chiesto in quel momento.

E, anche se avesse voluto farlo, non avrebbe potuto.
Assurdamente, in quel momento entrambi i loro cellulari avevano emesso il breve suono della ricezione di un messaggio.

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Capitolo 8
*** Chapter Seven. ***


Buonasera.

Scusatemi per il ritardo, scusatemi davvero. Non avrei mai voluto stare lontana per così tanto, ma ne ho passate di cotte e di crude in questo mese e non ero psicologicamente in grado di scrivere qualcosa di decente.
Ma non sono qui a parlare dei miei problemi, sono qui per darvi l'aggiornamento che avete dovuto tanto attendere.
Ovviamente sono come sempre una sadicona e ho interrotto sul più bello.
E poi non so che dire, se il capitolo non vi sembrerà particolarmente... insomma, se non vi sembrerà essere come dovrebbe... scusatemi.
Ringrazio chi è ancora qui a seguire la fic nonostante il mio ritardo e ringrazio chi mi è stato vicino in queste settimane, ovvero le cinque persone a conoscenza della situazione e una sesta che mi ha aiutata inconsapevolmente facendomi ruolare con lei ogni giorno e quindi svuotare la mente.
Questo capitolo è dedicato soprattutto a voi, anche se non vi nomino.

Detto questo, vi auguro una buona lettura!


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

Taiga non sapeva perché lo stava facendo.
Sapeva solo che stava sprecando ogni domenica libera a sua disposizione da circa un mese, alla ricerca della perfezione.

“In fondo si tratta di latte, vaniglia e amido... non può essere così difficile!”

Questo è ciò che si era detto e che pensava ingenuamente prima di provarci, perché l'impresa di mescolare quei tre ingredienti in maniera perfetta si era rivelata difficile persino per lui che con la cucina era portato.
Il problema era che non poteva più aspettare. Era arrivato il giorno del test e lui ancora non aveva idea di come fare. Ed era troppo testardo per andare al supermercato a comprare del gelato già pronto all'uso.

Provò ad assaggiare l'ultimo tentativo per disperazione, e si sorprese.
Era buono.

Poteva finalmente preparare un vanilla shake artigianale per Kuroko.

-----

Le notifiche ricevute si rivelarono due e-mail da parte dello stesso mittente

«From: Ryota Kise»

Fu ciò che Kagami disse a voce e che entrambi lessero sullo schermo.

“Subject: Festa per il ritorno di Kagamicchi! (^_^)/*”

E il rosso iniziò a insultare mentalmente il biondo, mentre Tetsuya lo guardava come a volere spiegazioni.

Text: Io e Himuro-kun abbiamo, di comune accordo, deciso di organizzare una festa per il ritorno di Kagamicchi!
Sarà una bella occasione per rivedersi tutti dopo anni, non credete? ((*w*))
Il posto è la casa di Himuro-kun e Murasakibaracchi, la data è sabato prossimo alle 19:30. Non mancate e ricordate di vestirvi bene! (•_~)/”

«Kagami-kun, se stringi più forte di così quel povero cellulare rischi di distruggerlo.»

Il ragazzo citato sospirò e cercò di calmarsi, per poi inoltrare la propria risposta.

From: Taiga Kagami
Subject: Re: Festa per il ritorno di Kagamicchi! (^_^)/*
Text: Kise, per favore, muori.
Non voglio nessuna stupida festa.”

From: Daiki Aomine
Subject: Re: Festa per il ritorno di Kagamicchi! (^_^)/*
Text: Se si tratta di irritare l'idiota dalla carminia chioma, contate sulla mia presenza per sabato sera.”

From: Tatsuya Himuro
Subject: Re: Festa per il ritorno di Kagamicchi! (^_^)/*
Text: Taiga, vedi il lato positivo! ^^ Non vuoi rivedere i tuoi vecchi amici?”

From: Satsuki Momoi
Subject: Re: Festa per il ritorno di Kagamicchi! (^_^)/*
Text: Che bella idea, Ki-chan! Contate su di me <3”

From: Riko Aida
Subject: Re: Festa per il ritorno di Kagamicchi! (^_^)/*
Text: Io e Junpei-kun ci siamo sicuramente!”

Kagami sospirò e si passò una mano tra i capelli, con aria quasi terrorizzata.

«Credo proprio che questa stupida festa verrà fatta.»

-----

Alla fine, la “stupida festa” stava per essere fatta. L'immenso ingresso della villa della famiglia di Murasakibara, che ormai i genitori avevano lasciato al figlio, era stato sistemato a dovere per ospitare almeno un centinaio di persone. Infatti a quanto pare Ryota non si era affatto trattenuto nell'invitare persone di ogni tipo, persino gente che Kagami neanche conosceva.
E menomale che doveva essere una festa in mio onore, aveva pensato il povero ragazzo quando aveva visto l'elenco dei presenti.

Taiga si stava preparando, cercando di sembrare almeno degno di stare in una sala piena di gente incravattata e intubata in vestiti che, ne era sicuro, costavano quanto tutte le scarpe da basket che aveva in casa messe insieme.
Non sapeva neanche legarsi una cravatta -ecco perché aveva scelto un liceo che non la prevedesse nella divisa!-, al proprio matrimonio era stato talmente disperato da dover chiedere aiuto a- no, non doveva pensarci.
Era stata quasi un trauma, quella giornata che sicuramente non avrebbe mai ricordato come la più bella della propria vita ma meritava di certo un posto d'onore tra le più assurde.

Comunque nonostante la disperazione era riuscito nel proprio intento di indossare senza troppi problemi quel gessato argento che gli aveva regalato la madre circa due anni prima.
A dispetto dei propri immani sforzi sapeva comunque che si sarebbe tirato addosso l'odio di Kise, perché abbinare delle Converse All Star nere a un abito elegante per il biondo superava ogni limite di decenza esistente al mondo.

“Eppure Zachary Levi non lo critica nessuno, quindi che mi importa del senso estetico di quell'idiota?”

Si mise quindi la giacca senza abbottonarla e si diresse nella sala dove già erano arrivate un paio di persone.

Poteva chiaramente vedere ad esempio Satoshi Tsuchida in compagnia di una bella ragazza dai capelli scuri e lo sguardo solitamente bonario di Rinnosuke che squadrava entrambi con attenzione mentre prendeva un cocktail offertogli da Shinji.
Oppure la coach Riko Aida, solitamente composta e esemplare, fasciata in un bel vestito blu zaffiro e con le gote leggermente arrossate mentre stringeva la mano del capitano Hyuga, che indossava una cravatta abbinata al vestito della castana e, Taiga lo notò per un riflesso del lampadario in cristallo, aveva una fede d'oro al dito.

“Quindi alla fine si sono sposati, i piccioncini...”

Kagami ridacchiò e guardò l'orologio.
Ore 19:43, e aveva già dovuto stringere la mano a una cinquantina di persone ascoltando frasi come «Bentornato!» o «Ma perché, eri partito?» che lo avevano annoiato tremendamente.
Kise, la malefica mente organizzatrice di tutto, durante tutto ciò girava allegramente a braccetto con un Aomine che non condivideva molto quell'entusiasmo.

Ore 19:44, e Taiga si stupì di quanto si stesse annoiando.
Aveva preso qualche tartina al formaggio, giusto per non soffrire troppo la fame, continuando a guardarsi intorno e scorgendo, mentre scattavano le 19:45, un Kazunari già leggermente brillo che saltellava attorno a un Midorima che si sistemava gli occhiali un po' imbarazzato reggendo in una mano un tamburello da tarantella -perché Oha-Asa va sempre ascoltata e anche in smoking bisogna portarsi dietro il proprio portafortuna del giorno per non incorrere nella cattiva sorte.

Poi Kagami lanciò uno sguardo al portone che si era appena richiuso e sentì il respiro mancargli per più di un attimo.
Taiga non era il tipo di persona che veniva colpito dalla bellezza fisica di qualcuno, tanto da sposarsi con una ragazza che lui stesso definiva carina, non bella.
Eppure in quel momento stava pensando esattamente all'aggettivo "bellissimo" per definire ciò che il proprio sguardo aveva appena incrociato.

Tetsuya Kuroko, appena entrato in sala in smoking nero e camicia bianca, era semplicemente bellissimo ai suoi occhi.

E lui se ne rendeva conto solo adesso.

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Capitolo 9
*** Chapter Eight. ***


Buona domenica.
Oggi sono abbastanza giù di morale, e questo si nota dalla lunghezza del capitolo, che è più breve del solito. Ma gli eventi compensano e poi dovevo necessariamente spezzare qui la narrazione per aumentare la suspence. Vi voglio bene Comunque... abbiamo un Kagami post-"sincope da visione di un figo in smoking" e un Kuroko che invece appare abbastanza rilassato, perché è nota la sua apparente freddezza.
Per la vostra felicità, quella di Kuroko e anche la mia, il nostro Tai-chan è ancora vivo.
E nel frattempo ho pensato a un bel po' di tresche varie ed eventuali dietro la MuraHimu e la AoKise, perché ho cambiato OTP quindi è giusto così (?). No, scherzo, sono coppiette felici anche se per un attimo ho davvero immaginato di tutto. La colpa è di Omoxiron che mi fa ruolare AoMura e me la fa anche piacere.
AomineTetsuya_chan, qui abbiamo la scena che mi hai ispirato tu, ovviamente a metà perché sono cattivissima.
Ringrazio chi legge e chi recensisce, soprattutto questi ultimi perché mi dicono il loro parere e mi fanno tanto felice <3

Buona lettura!


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

C'erano alcune cose che persino Kagami non comprendeva di se stesso.
Ciò che sfuggiva alla sua comprensione però era una cosa seria stavolta. Perché davvero, non gli era mai successo nulla di più assurdo.
Ogni mattina se lo ritrovava qualche centimetro più vicino, non sapeva neanche come fosse possibile visto che si addormentavano entrambi sempre nella stessa posizione.

E Taiga avrebbe potuto anche tollerare la cosa, se solo non fosse arrivata quella mattina.
Se solo non si fosse svegliato con quel volto
troppovicino al proprio. Così vicino che quando sollevò la testa sfiorò involontariamente quelle labbra rosee e appena schiuse con le proprie.
Non fu un bacio vero e proprio, perché appena il rosso se ne rese conto si staccò imbarazzatissimo e confuso, perché per qualche strano motivo non aveva sentito la sensazione di disgusto che avrebbe sempre immaginato di provare nello baciare un maschio.

Tetsuya continuò a dormire, ignaro di tutto, in quell'ultimo giorno di training camp.

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Il rosso restò come incantato nel punto in cui si trovava per almeno tre minuti, o comunque abbastanza tempo da lasciare a Kuroko tutto il tempo di vederlo, raggiungerlo e salutarlo una decina di volte, tanto che dovette sventolargli una mano davanti per farsi notare.

«Kagami-kun... tutto bene?»

Il tono del giovane lasciava trasparire una punta di preoccupazione, derivante principalmente dal non aver ricevuto risposta fino ad allora.

«Eh? Certo, che domande fai?»
«Sembravi incantato o una cosa del genere...»

E Kagami in quel momento sentì l'impellente esigenza di nascondere il volto dietro le mani, perché era sicurissimo che le proprie guance fossero in fiamme.

«D-dev'essere stata sicuramente una tua impressione, ero semplicemente distratto!»

Cerca di dissimulare in ogni modo l'imbarazzo, con scarsi risultati. La realtà era che si era incantato e rischiava di farlo di nuovo, ma non poteva certo dirlo proprio a lui.
E nel farsi tanti problemi si era perso di nuovo nell'ammirarlo, da bravo idiota quale si sentiva in quel momento.

«Kagami-kun, ho la camicia sgualcita o una macchia sulla giacca? Non fai che fissarmi...»

Taiga si limitò ad arrossire e scuotere la testa, sotto lo sguardo stranito dell'azzurro che non riusciva proprio a comprendere a cosa fosse dovuto quell'improvviso imbarazzo che stava impedendo loro di avere una conversazione normale.

Poi, come colto da un'intuizione improvvisa, Kuroko si sfilò la cravatta e scompigliò i capelli, fino ad allora pettinati in maniera insolitamente perfetta ma molto affascinante, con una mano.

«Il mio abbigliamento troppo formale ti metteva a disagio, vero?»

Tetsuya lo disse con tono così dolce e tranquillo che avrebbe potuto sciogliere anche un cuore di ghiaccio, e Kagami non poté non regalargli un sorriso grato per quella comprensione.

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La festa proseguiva tranquilla, come da programma.

Taiga era riuscito a superare quella mezza sincope che aveva avuto all'arrivo di Kuroko e ora stava parlando con il bel ragazzo in smoking quasi senza problemi. Non avevano accennato neanche lontanamente al matrimonio da cui usciva il rosso, ma in compenso quest'ultimo aveva potuto sapere diverse cose riguardo a come l'azzurro avesse passato gli ultimi cinque anni.

Aveva avuto una vita abbastanza tranquilla, lui, aveva intenzione di laurearsi ma non potendo mantenersi gli studi aveva preferito trovarsi un lavoro che era finito per piacergli e alla fine non aveva più voluto lasciare.
Viveva da solo da solo due anni, tuttavia la madre passava comunque ogni settimana a controllare che il giovane non trascurasse le faccende di casa e riuscisse a cucinarsi sempre pasti commestibili o almeno non letali.

Questo fece ridere abbastanza Kagami, che invece viveva da solo già ai tempi del liceo e sicuramente non veniva controllato, avendo entrambi i genitori a Los Angeles. E poi anche Kuroko, un po' di riflesso e un po' perché quella situazione in fondo la trovava comica anche lui.

Ma non sorrisero solo a quello, ogni singola parola di quella conversazione amichevole incurvò all'insù le labbra di entrambi i ragazzi, erano davvero sereni in quel momento.

Taiga si sentiva un po' come una delle protagoniste di Betsuma, quelle che dopo mesi di lunghi capitoli e tavole retinate riuscivano a parlare con quel ragazzo che guardavano sin dal primo capitolo, e per lui quel primo capitolo era iniziato con il ritorno in Giappone.
A questo pensiero volle darsi uno schiaffo, perché evidentemente aveva letto troppi fumetti di Alexandra quand'era più piccolo per fare certi pensieri -lui non era la protagonista di uno shojo, e Tetsuya non era assolutamenteil protagonista maschile!

Ma tutto stava andando decisamente bene. Stava riuscendo a parlare con Kuroko e con ciò stava cercando di capire cosa provasse davvero. Ora era consapevolmente arrivato a un pensiero simile a“forse ho quasi una cotta per lui”, e per la sua mente era davvero un gran risultato.

Poi qualcosa gli toccò la schiena.
Più precisamente, gliela spinse.
E Kagami cercò in ogni modo di non cadere addosso al proprio interlocutore e buttarlo a terra, ma ci riuscì solo parzialmente.

Quella spinta li avvicinò fin troppo, facendo aderire i loro corpi nel tentativo di non cadere.
E le loro labbra si trovarono dove non avrebbero dovuto essere per nessuna ragione al mondo, almeno secondo Kagami: su quelle dell'altro, appoggiate in maniera morbida e precisa.

Non doveva essere un bacio, quell'incidente. Avrebbero dovuto entrambi staccarsi con un'espressione disgustata dopo un istante di shock, eppure a Taiga sembrava che quell'istante stesse durando una vita.

O forse il tempo stava passando ed erano loro due a non volersi separare.

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Capitolo 10
*** Chapter Nine. ***


Nove è il quadrato di tre, Nove è il numero atomico del Fluoro, Nove mesi la gestazione, Nove le Muse, Nona la sinfonia che contiene l'"Inno alla Gioia" di Beethove- no, scusate ma a quanto pare questa frase è stata già usata da qualcun altro.
Comunque, a quanto pare siamo al capitolo numero Nove (perché il Prologo non è compreso nel conteggio).
E io ho fatto tutto questo casino solo per inserire quel pezzo di citazione su questo numero, sì. Un biscotto e il mio amore a chi la riconosce! <3
Passando alle cose serie... scusatemi per il ritardo. Scusatemi davvero, ma devo traslocare e ho poco tempo per scrivere, inoltre il dispositivo su cui scrivevo maggiormente, il mio cellulare, è in assisenza dal 3 Aprile D:
Avrei volentieri scritto e aggiornato già Domenica 7, ma mi sono lasciata distrarre dal Motomondiale! çwç Non preoccupatevi, sono sicurissima che succederà ancora, se le gare saranno tutte come quelle di quel giorno.
Ma parliamo del capitolo! Non so che dire stavolta, solo di tenervi pronti per il fluff, perché qui ce n'è tanto. Ovviamente vedremo la conclusione di ciò che nel capitolo precedente è stato lasciato in sospeso, ovvero il tanto atteso bacio.
E non vi dico nient'altro, però mi farebbe davvero piacere se qualcuno di voi potesse dare un'occhiata a questa mia fic e dirmi che ne pensa, se ne ha tempo e voglia ^^

Buona lettura!


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

Tetsuya era avvampato appena aveva sentito quelle labbra calde sulle proprie, ma nella sua mente non era passato neanche per un secondo il pensiero di sottrarsi.
Dopo pochi secondi entrambi chiusero gli occhi e assaporarono pienamente quel contatto che stavano trovando sempre più piacevole, anche se nessuno dei due si azzardò ad approfondirlo.

Restarono in quella posizione a lungo, e sarebbero rimasti anche per più tempo se solo una mano dalle dita fasciate in bianco non si fosse appoggiata sulla spalla di Kagami.

Questi fu costretto a staccarsi e fu solo allora che comprese ciò che era appena successo, mentre l'azzurro sgranava appena gli occhi e si portava una mano alla bocca, visibilmente rosso.

«Vi porgo le mie scuse da parte di Takao, come potete vedere è leggermente andato.»

La voce posata di Shintaro fece luce sulla situazione, perché era successo che l’ormai ubriaco Kazunari avesse urtato per sbaglio Taiga.

Quel bacio non era stato nulla più di un evento involontario.
Un incidente.

E questa consapevolezza non faceva che scombussolare maggiormente Taiga.
Se nessuno dei due lo voleva, perché era successo? Perché invece di staccarsi avevano preferito restare in quella posizione?

Nessuno dei due sapeva rispondersi chiaramente, perché nessuno dei due era a conoscenza dei sentimenti dell’altro.
Taiga poi non aveva pienamente compreso nemmeno i propri, di sentimenti.

Aveva capito solo una cosa: Kuroko gli faceva uno strano effetto, da quando l’aveva rivisto. E forse anche da prima, ma era qualcosa di meno intenso o comunque vi si era abituato e riusciva a non considerarlo.
Ora, voleva solo capire qualcosa in più.

Il filo dei suoi pensieri però si interruppe bruscamente in pochi secondi, nel sollevare leggermente la testa e guardare l’ex asso dello Shutoku.

«Midorima… ma tu non portavi gli occhiali?»
«Ora porto le lenti, mi sembra evidente.»

Era stato liquidato fin troppo velocemente per i propri gusti, quindi si voltò verso Takao come a cercare maggiori spiegazioni e si accorse che il ragazzo indossava un paio di occhiali identici a quelli che portava Midorima ai tempi delle superiori.

«Ha un difetto di vista.»

Esordì Kuroko, aprendo bocca per la prima volta da quando lui e Taiga si erano involontariamente baciati.

«Ti consiglio di non chiedergli altro a riguardo, Kagami-kun.»

E questi seguì il consiglio, congedandosi con i due e scusandosi addirittura per la propria indiscrezione, perché viste le parole di Tetsuya quello doveva essere un tasto delicato per loro.

Però non resistette, e dopo qualche minuto iniziò a sommergere Kuroko di domande per saziare la propria curiosità.

«L’Hawk Eye di Takao-kun era in realtà il primo sintomo di un grave difetto di vista, che ha iniziato a manifestarsi poco prima della fine del terzo anno. Tuttavia si era ostinato a non correggerlo, perché sapeva che per il proprio problema sarebbe stato costretto ad andare spessissimo da un oculista a farsi visitare e avrebbe dovuto spendere un sacco di soldi, cosa che non poteva permettersi. Quindi Midorima-kun ha accantonato il proprio sogno di diventare chirurgo e ha studiato per diventare oculista, laureandosi in un tempo record e aprendo un piccolo studio privato con l’aiuto dei propri genitori. A quel punto, è diventato l’oculista di Takao-kun e, per incoraggiarlo a mettere gli occhiali e non peggiorare ulteriormente il proprio problema, ha iniziato a usare le lenti a contatto e gli ha regalato la propria montatura.»

Fece una spiegazione esauriente, che sorprese molto Taiga.

«Ovviamente Takao-kun non ha idea del fatto che Midorima-kun non volesse affatto diventare oculista.»
«E tu come fai a sapere tutto questo?»
«Momoi-san è molto informata e mi racconta sempre di tutto.»

Entrambi si sorrisero, senza neanche sapere perché.
Poi iniziarono a guardarsi intorno, giusto per vedere come procedeva la festa. Riko era imbarazzatissima perché Junpei l’aveva baciata cogliendola di sorpresa, Izuki conversava con Koganei e, per quanto possibile in un caso del genere, con Mitobe, Tsuchida sembrava scomparso perché probabilmente lui e la fidanzata si erano appartati da qualche parte, Murasakibara assaggiava tutti i dolci disponibili accanto a un Himuro che lasciava si ingozzasse con aria rassegnata. Aomine e Kise discutevano come dei mocciosi su un argomento ignoto tenendosi però per mano, Momoi scattava foto a raffica.

Insomma, sembrava che tutti si stessero divertendo.

Incluso, a differenza di quanto immaginava, Kagami stesso.
Quel Kagami che odiava le feste e mettersi in tiro per vedere gente di cui non gli importava o con cui non aveva bisogno di presentarsi in maniera tanto elegante, quello che non voleva neanche una festa dedicata al proprio ritorno in Giappone e aveva considerato stupida l’idea di Kise fin dal primo minuto, quello che davvero avrebbe preferito passare la serata in pigiama davanti alla televisione in compagnia dei suoi figli che invece erano dovuti andare a nanna presto perché troppo piccoli per quell’ambiente.
E quel Kagami che aveva cambiato idea sulla festa appena si era trovato davanti il suo Kuroko, perché bastava quella lieve presenza perché tutto diventasse più bello e interessante per lui.

Si passò una mano tra i capelli e guardò l’orario, notando che si stava facendo fin troppo tardi.
Si vergognava ad ammetterlo, ma in condizioni normali dopo la mezzanotte la sua lucidità calava bruscamente, tanto che rischiava di addormentarsi da un momento all’altro.
Non era fatto per restare alzato fino a tardi, probabilmente proprio perché odiava le feste e evitava di parteciparvi quando possibile.
Ecco perché si era strofinato un occhio e aveva deciso che, per quanto piacevole fosse stato conversare con Kuroko -perché dopo un iniziale imbarazzo dovuto a ciò che era successo avevano ripreso a chiacchierare come i vecchi amici che erano, anche se con un po’ di rossore che ogni tanto si palesava sul volto dei due senza che vi fosse una spiegazione logica.

E salutare fu proprio la cosa più triste, perché se dire agli altri che la festa era finita era stato relativamente semplice, congedarsi con Tetsuya fu incredibilmente complicato.

«Ehm… credo che questa serata sia finita… ci vediamo domani?»

Il tentativo di Taiga fu fin troppo timido, quasi non sembrava lui. Era visibilmente dispiaciuto di non poter stare insieme all’altro ancora per un po’, ma non poteva avere pretese assurde e lo sapeva bene.

«Certo, Kagami-kun. Sarà un piacere.»

E si sorrisero ancora, perdendosi negli occhi l’uno dell’altro. Forse lo sguardo che si stavano rivolgendo in quell’istante non riusciva a trasmettere ciò che ognuno dei due aveva nel cuore, né si stavano realmente sforzando perché fosse così. Non si azzardarono nemmeno a rovinare quel momento con le parole, nessuno voleva spezzare quel dolce equilibrio con la propria voce.

Però quell’equilibrio venne spezzato da Kuroko, che si avvicinò al rosso per un solo istante, lasciandogli un bacio sulla guancia. Leggero e dolce, come la vaniglia di cui Taiga aveva sentito il profumo nei capelli di Kuroko quando questi si era avvicinato al suo volto.

«Buonanotte e sogni d’oro, Taiga-kun

-----

Tetsuya odiava la solitudine, nonostante spesso sembrava vi si rifugiasse dentro.

Tetsuya odiava le sere d’estate, perché erano troppo calde per dormire con una piccola coperta o un pigiama lungo e troppo fredde per passarle in pantaloncini e canottiera, almeno per lui.

Tetsuya odiava i training camp, perché sopportare dei pesanti allenamenti non era mai stato il suo punto forte e sentiva la mancanza della propria stanza e dei propri libri, perché non poteva portarne.

Amava invece la compagnia di Taiga, che si presentava come uno spiraglio di luce nei momenti d’oscurità assoluta.

Amava il poter condividere la stanza con lui e dormire nel futon accanto al suo, perché quel leggero tepore di cui necessitava per non avere freddo riusciva a trovarlo semplicemente avvicinandosi all’altro.

E forse avrebbe anche amato i training camp con il Seirin, perché la stanchezza per l’intera settimana d’intenso allenamento e la nostalgia della lettura era svanita improvvisamente nel sentire quel piacevole tepore sulle proprie labbra, seppur per un solo istante.

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Capitolo 11
*** Chapter Ten. ***


Buonasera!
Quello di oggi è un altro capitolo tanto fluff, e... ODDIO E' IL PRIMO CAPITOLO CHE PUBBLICO DALLA NUOVA CASA! <3 Perché ho finito il famoso trasloco, sì. E sono felicissima.
By the way, vorrei ringraziare come sempre chi ha commentato e anche chi ha solo letto, così come vorrei ringraziare chi mi ha involontariamente ispirato e tutto.
E scusate la brevità del


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

La prima volta che erano usciti insieme, e con tale definizione si intende che si erano messi d’accordo per vedersi loro due in un determinato posto e passare il pomeriggio in compagnia l’uno dell’altro nonostante non fosse necessario e senza che capitasse per caso, era stato al secondo anno delle superiori, qualche mese dopo il compleanno di Kagami.

In origine sarebbero semplicemente dovuti andare a comprare del materiale da allenamento in un negozio sportivo che aveva appena messo gli sconti su tutta la merce in negozio, ma dopo aver passato qualche ora a fare i più svariati acquisti si erano ritrovati a prendere un gelato insieme.
Uno solo.
In due.
Perché Kuroko aveva troppa poca fame per mangiare un gelato intero ma voleva comunque mangiarne un po’,e Taiga non sapeva dire di no ad uno solo dei capricci di Tetsuya nemmeno a quei tempi.

Poi erano finiti al luna park, e il diciassettenne dall’aspetto più adulto rispetto alla propria vera età aveva lanciato urla strazianti e si era stretto all’altro ragazzo per tutto il tempo in cui erano stati nella “terrificante casa dei fantasmi” che in realtà di terrificante aveva solo le pareti che sembravano intonacate da delle scimmie.

E poi ancora in tanti altri posti, perché ogni volta che sembrava che stessero per salutarsi uno dei due trovava qualcosa da fare per restare insieme ancora un pochino e alla fine si diedero l’arrivederci solo quando ormai era sera da un pezzo e la signora Kuroko aveva chiamato il figlio urlandogli di rientrare subito a casa con la minaccia di dimenticarsi di uscire da solo per i prossimi cent’anni e Kagami aveva dovuto calmarla, rassicurarla sulle condizioni del figlio e prendersi la colpa di tutto, per poi scoppiare a ridere insieme all’altro appena conclusa quella conversazione.

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Taiga-kun.

Per Kagami, quel nome era diventato quasi un’ossessione nel giro di pochi minuti e anche ora che era mattina e si stava facendo la doccia non riusciva ancora a toglierselo dalla testa.
Era abituato a essere chiamato per nome -era cresciuto in America!-, eppure stavolta la cosa l’aveva scosso molto.

Non era solo il suo nome.
Era un suono dolce e pacato, piacevolissimo da ascoltare. La voce di Tetsuya era delicata e trasmetteva tranquillità, tuttavia era abbastanza particolare da catturare l’attenzione di chi si soffermava ad ascoltarla. Kagami l’avrebbe potuta ascoltare per ore senza stancarsi.
E sentire quella voce scandire la parola che costituiva quel nome per il rosso era la cosa più bella del mondo.

Il ricordo di quel nome e quel saluto, così come quello precedente del bacio accidentale che si erano dati, si erano incisi in maniera permanente nella sua mente, e non sentiva il minimo bisogno di scacciarli.

Prese una ciotola di vetro, per poi versarvi un po’ di latte e della farina e iniziare a mescolarli. Quindi le uova e il formaggio, e iniziò a sbattere il composto in maniera più decisa per farlo montare un po’ e non creare grumi. Infine un pizzico di sale e un’ultima mescolata, per poi versare tutto in padella.

Era riuscito, contrariamente alle proprie aspettative, a dormire davvero bene quella notte. Non ricordava se aveva sognato e cosa, ma si era svegliato con il sorriso sulle labbra. Si sentiva sereno, anche se rimaneva confuso aveva deciso di lasciare che le incertezze pian piano si risolvessero autonomamente e raccogliere solo le poche certezze che aveva.

La prima, di chiamarsi Taiga Kagami e di avere ventitré anni e due figli.
La seconda, di essere un ex giocatore di basket e di amare quello sport con tutto il cuore.
La terza, di provare qualcosa di forte all’altezza del cuore al pensiero di Tetsuya Kuroko.
La quarta, che tutto ciò che stava provando era naturale e come tale andava semplicemente accettato.

Finì di strapazzare le uova per sé, quindi iniziò a preparare le tazze di latte per i figli, che di lì a poco sarebbero stati in cucina e che lui aveva viziato infinitamente, tanto che erano abituati ad alzarsi dal letto e trovarsi la colazione pronta per come la preferivano.

Hikari esigeva un cornetto alla crema pasticcera ogni mattina, accompagnato da del latte caldo poco zuccherato. Inoltre la piccola pretendeva che il cornetto fosse grande, perché doveva riempirle lo stomaco.
Mizu invece era decisamente più semplice, almeno alle apparenze: un semplice bicchiere di latte freddo zuccherato gli era sufficiente per riempirsi e avere le energie per tutta la mattina. Ma doveva essere rigorosamente latte intero. Fresco o al massimo pastorizzato, perché quello a lunga conservazione dei supermercati non gli piaceva.

«Good morning

La vocina squillante di Hikari fece capire a Taiga di non essere più solo, quindi accolse i bambini con un sorriso e servì loro la colazione.

«Papà… c’è poco zucchero.»

Anche questa piccola lamentela di Mizu era una consuetudine, perché per quanto zucchero il rosso mettesse in quel latte il bambino voleva per forza mettersene un cucchiaino lui.
E Taiga aveva imparato a lasciarglielo fare, perché la mano di Mizu non tremava nel tenere il cucchiaino e riusciva sempre a mettersi lo zucchero senza sporcare il tavolo, quindi non aveva motivo per non concedergli quel piccolo capriccio.

Appena i tre finirono di prepararsi, uscirono tutti insieme.
Stavolta i bambini si limitavano a tenere ognuno una mano del padre, la più grande lo strattonava leggermente per qualsiasi motivo: da una foglia dalla forma strana alla vetrina di un negozio di dolci, tutto attirava l’attenzione della bimba.
Il più piccolo invece era molto tranquillo, si era perso nella lettura di un romanzo decisamente troppo impegnativo per un bimbo della sua età e Taiga doveva solo controllare che non sbattesse contro qualche palo della luce perché troppo assorto nella propria attività per notarlo.

Arrivati all’asilo, l’unico adulto dei tre Kagami iniziò a cercare con lo sguardo una testa azzurra, scoprendo che l’altro era di fronte a sé e quasi prendendosi un colpo.

«Buongiorno, Kagami-kun. E buongiorno anche a voi, Mizu-chan e Hikari-chan.»

Kuroko li accolse con un lieve sorriso, per poi mandare i bambini nell’aula di propria competenza a giocare con i coetanei.

«Kagami-kun…»
«Sì, Kuroko?»
«Ciò che è successo ieri…»

E qui Kagami ebbe un tuffo al cuore. Il timore che il ragazzo si fosse pentito di non avergli tirato subito uno schiaffo appena si era verificato quell’incidente si stava rafforzando improvvisamente.
Non voleva sentirsi rifiutato proprio da lui.

«Se vuoi possiamo far finta che non sia mai successo…»

Mormorò, incerto. Lui sicuramente non ci sarebbe riuscito, ma in quel momento gli era sembrata la cosa più sensata da dire.
E venne sorpreso, perché sul volto dell’altro vide un’espressione che sembrava quasi volta a prenderlo in giro, come se avesse detto la cosa più stupida del mondo.

«Bakagami, sei proprio un caso disperato a volte. Non stavo dicendo né pensando una cosa simile.»

Taiga si ritrovò ad avvampare come una ragazzina, perché se Tetsuya non stava per dire ciò davvero non sapeva cosa aspettarsi.
Insomma, si era preparato a almeno quarantasei modi diversi di essere rifiutato, ma non aveva contemplato neanche per un secondo la possibilità che ci potesse essere anche solo una sfocata ombra di approvazione da parte dell’ex compagno di squadra.

Quindi si era ritrovato con una non molto gloriosa espressione definibile “da pesce lesso”, o, più precisamente, “da merluzzo essiccato”.

«Non voglio far finta che non sia mai successo, né forzare nulla. Non voglio iniziare una relazione con te solo perché ci siamo dati un bacio accidentale, ma neanche rifiutarne a priori una sua eventuale nascita.»

Nel dire quelle parole, un leggero rossore si diffuse sulle guance chiare di Tetsuya. Sembrava in imbarazzo, e lo era: la sola idea di una relazione con Kagami lo faceva arrossire, ma lui era sempre stato un tipo chiaro e diretto.

Il più alto si ritrovò a sorridere come uno scemo, felice. Non essere rifiutato era già per lui una grandissima conquista, e lo era ancora di più il fatto che Kuroko volesse quasi dargli una possibilità.

E fu proprio questa felicità a fargli venire un’idea altamente stupida, che non avrebbe dovuto avere per nessun motivo al mondo.
Ma, arrivato a questo punto, voleva provare a rischiare.

«Posso accettare… a una condizione.»
«Quale?»
«Per favore; concedimi un appuntamento, Tetsuya.»

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Capitolo 12
*** Chapter Eleven. ***


Buonasera.

Innanzitutto, scusatemi per la pessima frequenza. Davvero, la scuola è una brutta bestia... pensate che io dovrei stare a studiare Diritto ed Economia per l'interrogazione di domani, mica a pubblicare. Ma ho un voto quantomeno decente, credo, quindi una brutta interrogazione non mi rovinerà la media. Spero. Altrimenti la colpa non è vostra, tranquilli.
Comunque in questo capitolo abbiamo ancora fluff e fluff, tanto fluff. E mi sa che andrà avanti così per tutto l'appuntamento, poi... preparatevi, perché non dico che ci sarà angst ma qualche piccola complicazione entrerà in scena di sicuro.
Il flashback a differenza delle altre volte ha un legame molto poco importante con il capitolo, ma è ormai una tradizione quindi lo mantengo.
E l'ultima scena del capitolo è fanservice personale, perdonatemi XD Ma ce ne sarà altro nel prossimo capitolo.
Detto questo, ringrazio come sempre i lettori/recensori/follower e auguro a tutti una buona lettura!


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

Di Taiga Kagami tutti sapevano poche essenziali cose: diciassette anni, alto, bello -anche se il suo viso non esattamente tranquillo e affabile faceva spesso passare ciò in secondo piano davanti alle ragazze-, bravo a basket ma non a scuola, determinato e sicuro di sé.

Per questo, gran parte delle persone sbagliava a giudicarlo, perché sin da quand’era piccolo e viveva nella bella Los Angeles i pregiudizi altrui l’avevano sempre preceduto ed erano in pochi che cercavano di essere suoi amici, praticamente nessuno al di fuori dell’asfalto tinto di azzurro e verde di Venice Beach*.

Poi si era trasferito in Giappone, dove nonostante la situazione fosse addirittura peggiore essendo più grande non lo considerava più un problema.
E iniziate le scuole superiori, aveva incontrato Tetsuya.

Lentamente, aveva iniziato ad amare il fatto che l’altro lo considerasse proprio per il basket che sapeva giocare, era come se il suo dedicarsi costantemente a quello sport e in qualche modo ritrovarsi a rinunciare al resto lo avesse ripagato ampiamente.

E si sentiva il diciassettenne più felice della Terra. O almeno di tutta Tokyo.

-----

Kuroko era avvampato alla proposta di Taiga, per poi sorridere dolcemente.
Non immaginava che l’altro gli avrebbe davvero chiesto un appuntamento, a dire il vero non immaginava neanche che potesse farlo in maniera tanto impacciata da sembrare quasi… Tetsuya non voleva neanche pensarlo perché credeva di illudersi inutilmente, ma Taiga gli sembrava quasi innamorato.
Vedeva ardere nei suoi occhi un desiderio e una passione che non gli erano affatto sconosciuti, ma che non aveva mai visto brillare in quelle iridi rosse fuori da un campo da basket.

Il ragazzo si limitò infine ad annuire, non solo perché desiderava sul serio quell’appuntamento, ma anche perché davanti a quella determinazione tanto intensa da sembrare quasi tangibile non sarebbe mai riuscito a negarglielo.

«Quando ci vediamo?»
«Sabato hai impegni?»

Quando Tetsuya scosse la testa Kagami sentì quasi l’impulso di saltare di gioia. Ma avrebbe sbattuto sicuramente la testa contro il soffitto, quindi si trattenne.

«Quindi ci vediamo sabato… verso le 16?»
«Kagami-kun… solo gli adolescenti si danno appuntamento di pomeriggio per uscire insieme.»

Taiga arrossì, improvvisamente imbarazzato, mentre Tetsuya iniziò a ridacchiare all’espressione alquanto comica che aveva assunto il più alto.

«V-vuoi cambiare orario, quindi?»

Chiese timidamente il rosso, passandosi una mano tra i capelli. L’altro scosse la testa.

«Va benissimo vederci di pomeriggio, tranquillo…»

E si sorrisero dolcemente. Poi Kuroko iniziò a guardare verso il basso in maniera insistente, come se stesse osservando qualcosa.
E Kagami stava davvero per abbassare lo sguardo per vedere di cosa si trattava, se solo la voce pacata dell’altro non avesse richiamato la sua attenzione.

«Kagami-kun…»
«Sì?»
«Anche se lo trovo piacevole… perché mi hai preso per mano?»

Solo allora Taiga si accorse che la sua mano destra aveva preso la sinistra di Tetsuya e la stava stringendo delicatamente.
Al proprio tocco poteva sentire i polpastrelli ruvidi e la parte del palmo più vicina al polso leggermente rovinata dalle tante volte che la gomma del pallone da basket aveva strofinato contro la pelle chiara e liscia, apparentemente più delicata di ciò che era.
Aveva una mano morbida quel ragazzo, ma sorprendentemente forte. Una di quelle la cui presa ferrea non avrebbe mai fatto scappare nulla, una volta preso.

E Kagami non voleva assolutamente lasciarla, ma dovette farlo.

«Scusa, non me n’ero accorto…»

Ridusse tutto a un’ammissione e incompleta ma sincera, intrisa di una timidezza che solitamente non faceva parte di lui.

Kuroko non poté fare a meno di sorridere ancora, perché con quel ragazzo era terribilmente semplice e naturale ritrovarsi a farlo, e questo non gli era successo con nessuno, soprattutto nei cinque anni in cui erano stati separati. Quasi non ricordava cosa si provasse nel dedicare un sorriso sincero a qualcuno, ma Taiga glielo aveva fatto riscoprire con la semplicità che lo caratterizzava sin dagli anni delle superiori, con la sincerità che Tetsuya aveva visto nel suo cuore sin da quando si erano incontrati per la prima volta.

«Ora… credo che sia meglio che vada in caserma, non vorrei arrivare in ritardo…»

Kagami si dileguò, anche se non avrebbe voluto farlo, dopo aver sciolto la stretta delle loro mani.

Aveva ottenuto un appuntamento, aveva la possibilità di farlo innamorare.
Sentiva di potercela fare.

Ciò che non sapeva, era che non avrebbe avuto alcun bisogno di nulla, perché il cuore di Kuroko non aveva mai smesso di battere per lui, perché il ragazzo dai capelli azzurri si era reso conto da molto tempo dell’intensità dei sentimenti che provava.

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E, dopo che la sera stessa si era messo d’accordo con Kuroko riguardo il luogo e l’orario preciso in cui incontrarsi, il Sabato era arrivato davvero velocemente.
Dopo che Atsushi si era generosamente offerto di fare da babysitter ai suoi figli -e lui si fidava di quel ragazzo, perché per quanto non gli fosse simpatico sapeva che era una brava persona e che era affezionato ai due, soprattutto a quella piccola peste di Hikari- e Tatsuya gli aveva detto in almeno tre lingue di stare tranquillo e non preoccuparsi per loro nemmeno per un istante ma di pensare solo al suo appuntamento, Taiga aveva deciso di affrontare la sfida maggiore, quella dell’abbigliamento.

Perché, va detto, Taiga Kagami era assolutamente incapace di abbinare due capi insieme. Soprattutto se si sentiva sotto pressione come in quel momento.
Himuro gli aveva offerto di prendere tutto quel che voleva dal suo armadio, visto che portavano più o meno la stessa taglia ed avevano un rapporto molto simile a quello tra consanguinei, quindi aveva decisamente troppa scelta.
Dopo aver scartato un po’ di capi e abbinamenti improponibili, che gli fecero chiedere cosa ci facessero dei pantaloni azzurri a pois o un’orrenda maglietta blu elettrico con una stampa color giallo evidenziatore -che avrebbe puzzato d’esagerazione persino sulla Yamaha M1 più nota nel mondo delle corse- nell’armadio di un essere umano, scelse finalmente qualcosa da mettere.
Ovviamente, il trauma dei precedenti ritrovamenti gli fece compiere la saggia scelta di affidarsi solo alle proprie cose.

Infine prese le cose essenziali -portafogli, chiavi, cellulare- e osservò il casco nero e argento in un angolo: era da un po’ che non prendeva la moto, forse sarebbe stata ora di farlo per un’occasione del genere.

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*Venice Beach: playground più famoso della West Coast, è situato proprio a Los Angeles ed è a pochi passi dalla spiaggia omonima.

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Capitolo 13
*** Chapter Twelve. ***


Buonasera, e scusate l'immenso ritardo.

Innanzitutto ci tengo a spiegarne i motivi, ovvero la mia gastrite e il non avere più un pc personale su cui mi è consentito scrivere in santa pace. Nonostante ciò, prometto che non abbandonerò questa fic fino alla sua conclusione, quindi anche se mi vedete sparire per lunghi periodi non temete mai.
Ringrazio tutti coloro che sono rimasti nonostante tutto, e ringrazio la Tetsu e Teal eyes (e anche la lettrice-fan che ho incontrato su Facebook alcuni giorni fa. Sei amorevole <3) per avermi gentilmente spronata a pubblicare e ringrazio anche chi ha recensito lo scorso capitolo mostrandomi di esserci.
Anche io ci sono, anche se credete che sia scomparsa. Tengo a tutti voi e tengo ai miei personaggi, non voglio abbandonarvi.
Passando al capitolo, c'è da dire che questo è un concentrato di auto-fangirling, perché tra le altre cose ho iniziato la scuola guida e il mio amore per le moto in questo periodo è più vivo che mai. Infatti ho messo un sacco di note esplicative che spero possano chiarire le cose difficili da comprendere, ma se vi è sfuggito qualcosa o comunque non vi è poco chiaro un qualunque riferimento (potrebbe essermi sfuggito qualcosa, in fondo io parlo fluentemente di motori e moto da quando ero piccola e per me tali riferimenti sono abitudinari) potete tranquillamente chiedere :)
Per il resto... buona lettura!


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light


Il bello del vivere in California, per un ragazzo che aveva appena conseguito la patente e possedeva una moto nuova di zecca, era poter girare a Laguna Seca[1].
Nonostante la fama del circuito di Montrey, la curva 1 gli era sembrata semplice da affrontare. Ovviamente, dovette ricredersi già alla Andretti-Hairpin, decisamente più stretta da prendere.
Alla curva 5, iniziò a capire cosa rendeva davvero famoso quel circuito, perché Taiga non aveva mai visto una sola gara di MotoGP o Superbike né era un appassionato di Champ Car o A1[2], e le panoramiche dall’alto certo non gli avevano fatto intuire che quel circuito non fosse piano ma si sviluppasse in gran parte su una collina.
Affrontata la salita e il rettilineo Rahal, la curva 7 sembrò quasi uno scherzo.
E poi arrivò alla chicane formata dalle curve 8 e 8A, il celeberrimo Corkscrew [3]. Quella coppia di curve che non solo era complicata di per sé, ma che veniva resa ancora più difficile da affrontare dal fatto che rappresentava una brusca discesa dalla collina su cui si era articolato il circuito fino a quel momento.
Quando si rese conto di ciò che doveva fare si sentì salire il cuore in gola, e fu quasi un miracolo che riuscì ad affrontare la situazione senza perdere l’anteriore e ritrovarsi sulla ghiaia.
Tanto che questo fece sembrare semplicissime la Rainey e le due curve conclusive del tracciato, nonostante anche loro fossero ardue.

Alla fine del giro di pista, si sentì stranamente felice. Non era come giocare a basket, ma era comunque divertentissimo. Quella roba gli era piaciuta più di quanto si aspettasse.

«Posso fare un altro giro?»

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Alla fine, Kagami si lasciò guidare da quell’istinto che l’aveva fatto voltare.
Aveva preso il casco e sfilato le chiavi della moto dal cinturino in cui le aveva messe quando aveva deciso di toglierle dal portachiavi a forma di fiamma che usava tutti i giorni, sin dalle scuole medie. La fiamma arancione e rossa era ormai segnata da decine di graffi che avevano rovinato la vernice colorata in più punti lasciando risaltare l’acciaio dal colore argenteo al di sotto di essa, tuttavia Taiga non aveva intenzione di cambiare portachiavi per così poco. Anche perché semplicemente non vedeva una ragione valida per fare ciò.

Si era quindi diretto nel garage dove aveva chiesto a Tatsuya di poter lasciare la sua Fireblade[4] e aveva messo il casco, dopo aver osservato per un attimo i due kanji sul retro[5].

“Questa parola è usata per indicare un’emozione intensa, come quella provata nel vedere qualcosa di esclusivo, profondamente soddisfacente e intensamente eccitante.”

Se quando aveva acquistato quell’oggetto alcuni anni prima nemmeno ci aveva fatto caso, adesso quei due caratteri avevano assunto un significato nuovo e profondo.
Parlavano di Kuroko, di ciò che provava ogni volta che stava con lui sin da quando l’aveva incontrato.
Parlavano del loro modo di giocare a basket al liceo, speciale e vincente, che accelerava i battiti di entrambi per qualcosa di più intimo della semplice fatica dovuta a quaranta minuti di gioco.
Parlavano dell’eccitazione che sentiva crescersi dentro ogni volta che pensava a quel ragazzo o si trovava in sua compagnia, delle emozioni che provava ogni volta che sentiva la sua voce.
Ammirazione, ogni volta che dalle sue labbra usciva un discorso serio e preciso, seguendo il filo di un ragionamento perfetto che sfuggiva alla comprensione di Taiga ma di cui si fidava a prescindere.
Soddisfazione, quando vedeva nascere un piccolo sorriso sul volto dell’altro e sapeva che era motivato da qualche suo gesto più o meno volontario.
Dolcezza, quando sfiorava la sua pelle anche per il motivo più stupido e si stupiva ogni volta di quanto quella semplice azione lo rendesse intimamente felice.

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Tetsuya nel frattempo era arrivato sul luogo dell’appuntamento con anticipo, si sentiva stranamente entusiasta e su di giri.
Aveva avuto più di un’esperienza di appuntamento prima di allora, dalla disperata richiesta dell’amica Satsuki Momoi che alle medie aveva una cotta per lui ad alcune ragazze che si erano mostrate interessate ad uscire con lui e a cui Kuroko per cortesia nei confronti del gentil sesso non aveva mai negato una piccola possibilità, essendo comunque single seppur il suo cuore fosse già stato conquistato dal ragazzo dai capelli rossi che ora stava attendendo con una punta d’impazienza che gli faceva leggermente tremare le mani ed osservare lo schermo del cellulare che gli mostrava lo scorrere lento dei minuti.

Quando lo riconobbe nel ragazzo a bordo di una moto dalle tinte classiche dell’HRC[6], sentì il suo cuore saltare un battito per lo stupore. Lo trovava già attraente, ma quell’entrata in scena lo aveva reso ancora più affascinante ai suoi occhi.
Lo guardò con ammirazione mentre scendeva dal mezzo e sfilava il casco, dedicandogli un dolce sorriso e salutandolo con un cenno della mano.

«Kagami-kun, sei arrivato con dodici minuti d’anticipo.»
«Importa qualcosa? Tu eri già qui.»

Kuroko arrossì e chinò appena lo sguardo, ma si riscosse subito e sorrise dolcemente.

«Sono arrivato in anticipo proprio per questo. Volevo essere già qui e non farti aspettare, nel caso tu fossi arrivato prima di me.»

Taiga fissò gli occhi cremisi nei suoi per un attimo, poi si chinò alla sua altezza e sfoderò un sorrisetto ironico.

«Eri impaziente per caso, Tetsuya?»

Lo disse con tono quasi canzonatorio, ma senza l’intenzione di prenderlo davvero in giro.
In fondo tale pensiero non faceva che scaldargli il cuore e riempirglielo d’amore.

Poi si sollevò porgendogli una mano e guardandolo con dolcezza, perché era davvero felice e voleva semplicemente dimostrarlo e rendere partecipe di ciò anche l’altro ragazzo.

«Dove andiamo?»
«Beh» Taiga cercò di non far notare il rossore voltando leggermente la testa. Le idee ce le aveva, il problema era esprimerle.

Kuroko rise divertito, gli faceva quasi tenerezza quell'imbarazzo di cui preferì non chiedersi la ragione.
Da persona logica qual era, aveva già capito che Kagami era innamorato di lui, anche perché l'altro aveva sempre mostrato i propri sentimenti in maniera così palese che chiunque si fosse messo a cercare un senso ai suoi gesti e ad ogni sua reazione sarebbe giunto alla medesima conclusione. Tuttavia voleva far finta di nulla, perché per anni  aveva ritenuto quell'amore a senso unico e aveva ormai accettato l'idea che non ci fossero speranze. Per quanto fosse bello, aveva bisogno di abituarsi al semplice fatto di essere ricambiato.

Taiga gli lanciò un'occhiataccia, e Tetsuya gli prese le chiavi della moto dalla mano sinistra con una semplicità disarmante.

«Che vuoi fare?»
«Mi prendo l'altro casco e ti porto a fare un giro, ovviamente.»

“Innanzitutto, cosa ti assicura che io abbia un secondo casco? In secondo luogo, come hai fatto a prendermi le chiavi in maniera tanto semplice? E infine...”

«Perché dovrei lasciarti guidare?»
«Perché non dovresti lasciarmelo fare, piuttosto?»

A dire il vero, Kagami aveva una buona serie di motivi. A cominciare dal possessivo e semplice “perché è la mia moto!”, passando in seguito per un sensato “non so neanche se sai guidare né tantomeno se hai la patente” e concludendo con un infantile “perché volevo essere io a portare in giro te e non il contrario”.

Tuttavia, non disse nulla e rimase a guardarlo mentre infilava l’X-Lite x-802[7] che Kagami teneva sulla moto per eventuali passeggeri in testa e avviava il motore, per poi indossare anche lui il proprio casco e salire per la prima volta come passeggero su quella moto.

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[1] Mazda Raceway Laguna Seca:  è un circuito situato a circa 12 km da Montrey, in California, che si sviluppa per 3610 metri e comprende 11 curve (tecnicamente sono 12, ma la 8 e la 8A vengono considerate un’unica curva). È considerato “particolare” perché comprende un brusco scollinamento che rende la pista difficile da affrontare (quasi tutti i circuiti professionistici sono in piano, questo no).
È inoltre da segnalare la presenza di una laguna al centro della linea curva che costituisce la pista.

[2] MotoGP, Superbike, Champ Car e A1: sono quattro delle competizioni che si corrono sul circuito. La MotoGP e la Superbike, le due più note, sono campionati motociclistici.

[3] Corkscrew o Cavatappi: le curve 8 e 8A sono il tratto più celebre della pista e costituiscono il brusco scollinamento da percorrere alla velocità di 80 km/h circa che rende speciale Laguna Seca. E non sto a spiegare altro, vi lascio solo MotoGP Historic Battles (http://www.youtube.com/watch?v=JY9mrKR5SkA) a farvi vedere cos’è Laguna Seca, cosa un pilota può fare su quella pista e come sia possibile vedere un uomo baciare un Cavatappi.

[4] Honda CBR1000RR Fireblade: http://www.hondaitalia.com/moto/modello/cbr1000rrc/ La scheda tecnica parla da sola.

[5] il casco in questione è il modello Corsa della AGV, in un’edizione limitata che riporta i kanji della parola “kando” di cui ho scritto la traduzione. Qui (http://static.blogo.it/twowheelsblog/agv-valentino-rossi-corsa-winter-edition-helmet/agv-corsa-limited-edition-2013-04.jpg) una foto del retro del casco. Ho scelto questo casco perché rappresenta un rapporto che, a modo suo, è d’amore e ricorda quello tra Kuroko e Kagami in questa fic, in cui Kagami ha lasciato Kuroko per poi ritrovarlo nuovamente.

[6] Honda Racing Corporation: solitamente viene abbreviato in HRC, ed è il reparto corse dell’Honda. I suoi colori caratteristici, ovvero quelli del logo, sono il bianco, il blu e il rosso. Il fatto che le Honda definite “HRC” nella MotoGP possiedano invece come colori principali l’arancione, il rosso e il nero è dovuto allo sponsor principale del reparto nel Campionato di  Velocità, ovvero la Repsol.

[7] X-Lite X-802: è il modello di casco indossato da Jorge Lorenzo, in netta contrapposizione con l’AGV Corsa di Kagami (modello indossato da Valentino Rossi). L’ho scelto sia per questo che perché è comodissimo. A voi un’immagine (http://www.x-lite.it/upload/warehouse/2011/X-802_11_19_600_.jpg).

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