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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Una passaporta per la morte *** Capitolo 2: *** Incominciare dall'inizio *** Capitolo 3: *** La cerva d'argento *** Capitolo 4: *** Prior Incantatio e cuori che battono *** Capitolo 5: *** L'astuto piano di una vecchia volpe ***
Si
dice che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un
uragano dall'altra parte del mondo. The ButterflyEffect
Sirius contemplò Harry per l’ultima
volta, e mentre il lampo di
luceverdegliattraversavalosguardosentì
la forza di due manistringergli la vita e trascinarlodentro il portale. Fu
risucchiato e tuttodivenne un bagliorebianco; si sentìcomprimere da tutte le parti e unasensazionefamiliare di strappo a livellodell’ombelicolotranquillizzò, cosìdeciseche, morto
per morto, tantovalevachiuderegliocchi e riposarsi
un po’.
Si ridestòincredulo da unostranosogno
e credetteall'improvviso
di spaccarsi in due. Una fittaaccecanteglispezzava il petto, e bruciavacosi forte che non appena si accorseportando le mani allo sterno di indossareancora la veste di prima la strappò
e le dita si insinuarononelcuore pulsante dellaferita. Sirius cercò di focalizzarelosguardosulle
sue mani, ma non vide nessunsangue; tremava e sudavamentresulsuo petto si disegnava, destinata a giacervi per sempre, unagrossasaettacheserpeggiava a livellodellosterno.
Si sdraiònuovamente, ansante, con losguardochedardeggiava
per capiredove fosse capitato. Glisembrava
di trovarsi in mezzo ad unaradura, glialberi si ergevanoattorno a lui ma unafittanebbialoconvinsecheprobabilmente non era più nelmondocheconosceva.
Come una pioggia di mattoni, tutto quello che era successo gli piombò ferocemente sulle spalle: Harry era
rimasto là, in preda ai mangiamorte, con i suoi
amici! E Remus? Erano sopravvissuti? L’angoscia gli morse le viscere e gli
tolse il respiro già carico per la cicatrice che ancora gli ardeva la pelle. Il
dolore esiste anche nel regno dei morti, o almeno lo
pensò mentre cercava con difficoltà di rimettersi in piedi. Non c’era rumore di uccelli, solo silenzio di tomba in quella
nebbia fitta e assiderante. Mentre cercava un qualche segno, di qualsiasi cosa,
inciampò malamente su un corpo disteso a terra e nascosto dalla nebbia.
È viva, fu il suo
unico pensiero quando ella si ridestò e gridò così
forte da farlo balzare in piedi spaventato. Gli parve d’un tratto che il tempo volasse, mentre dopo essersi accorto che quella donna stava
soffrendo le pene dell’inferno cercava di capire da dove arrivasse tutto quel
sangue. Sentì l’ansia crescere e insieme ad essa
l’urgenza di porre fine a quella sofferenza; gli ricordava la sua, si
rispondevano ed erano come due onde sonore perfettamente sovrapposte. Sirius
tremava come una foglia, un tremore che sulla sua pelle sapeva di Azkaban.
“Ehi, ehm,
piano, non piangere! Su, calmati... dimmi, hai una bacchetta? Ce l’hai? Ce l’hai, vero?”
Lei fece segno di no, mentre grosse lacrime le
bagnavano il viso; decise che non poteva darle retta, era visibilmente
spaventata e confusa e negava qualsiasi cosa lui le chiedesse. Sirius, che si
era dimenticato di aver perso la sua durante la battaglia, cercava
freneticamente con una mano la federa di cuoio in cui solitamente la
conservava, a livello della cintola. Poi la vide; la bacchetta della ragazza era
a pochi centimetri dalla mano che la usava – la sinistra- e che
probabilmente l’aveva usata poco tempo prima.
Non esitò e la prese in mano, mentre sussurrava piano parole di conforto a quella strega sconosciuta. La bacchetta di lei era calda al tatto e sembrava avesse subito
danni da un incantesimo estremamente potente perché una crepa si apriva
dall’impugnatura alla punta, lasciando intravedere un color lava incandescente
all’interno di essa. La vide sbuffare scintille indispettita sotto al suo tocco e al suo potere, ma dopo essersi assicurato che
funzionasse con un incantesimo di Appello decise che non era il momento di fare
tanto il difficile tentò tutti gli incantesimi di Guarigione che conoscesse. La
ragazza piangeva ed era piena di tagli sanguinanti, uno spettacolo orrendo, da
fare pietà, come se numerose mani l’avessero aggrappata; le braccia, il collo
esile e il petto erano in sangue. Sembrava che delirasse e il suo sguardo era
completamente offuscato.
Mentre sollevava le mani su di lei e mormorava a
bassa voce per arginare il flusso di sangue, lei parve immediatamente meno
pallida e piano piano riprese un respiro normale. Si puntellò sui gomiti e
timorosa lo guardò dritto negli occhi.
“Sirius”
Impallidì al suono del proprio nome. Pensò che
doveva averla già vista da qualche parte, tentò un
rapido sommario delle ultime notizie sulla Gazzetta, ma non si ricordava
affatto di lei. Forse era morta tempo addietro?
“Ci
conosciamo, vero? La tua faccia… mi dice qualcosa. Come ti senti?”
“Si, in un certo senso” lei parve essere sul punto di perdere
i sensi, si aggrappò al suo braccio e Sirius guardò la sua pelle perdere gli
ultimi sprazzi di colore “senti, parliamone meglio… quando le cose si saranno
risolte. Ho bisogno che ritroviamo qualcosa…”
Sirius parve
spiazzato, ma si riprese in fretta.
“Cos’è?”
disse, preoccupato.
Nemmeno
morto, lo avrebbero lasciato in pace? Dov’era il riposo eterno tanto nominato,
tanto invocato? Si ridestò quando vide le mani di lei
tastare il terreno.
“È un orologio;
è molto importante, Sirius. Aiutami… Ti prego,
Appellalo”
“Accio!” un
sibilo gli disse che qualcosa stava effettivamente sfrecciando verso di lui.
Acchiappò al volo l’orologio d’oro da taschino,
non ebbe neanche il tempo di guardarlo bene che lei glielo prese di mano
facendo scattare il coperchio. Alla vista delle lancette, come un segnale che
aspettava da tempo, si slanciò verso di lui “Presto,
vieni qui!” e si strinse forte alla veste scura di Sirius, che mentre stava per
caderle nuovamente addosso si sentì risucchiare per l’ombelico un’altra volta. Merlino,
cosa significa tutto questo? Istintivamente Sirius e la strega erano rimasti aggrappati per le vesti, per fortuna, perché
atterrarono in una seconda radura, non più conosciuta della precedente; si
ritrovarono stesi a terra ansanti. Il cielo era scoperto, incorniciato dalle
fronde di querce e platani lussureggianti. Non erano al riparo. Sirius si
sedette e si portò indietro i capelli arricciati dall’umidità, in un gesto di
nervosismo. La sua veste era una passaporta - un’altra-, ne era certo. E lei,
di cui non sapeva nemmeno il nome, l’aveva usata, chissà forse anche
programmata. Chi era quella strega?
Le ferite che tanto lo avevano spaventato poco
prima avevano ripreso a sanguinare ma lei sembrava non curarsene, era
visibilmente preoccupata da altro. Sirius sentì lo stomaco stringersi, la bile
risalire: non era ancora finita.
“Presto,
seguimi”.
Lo aiutò ad
alzarsi – con quale forza, si domandò Sirius- e si diressero verso
un sentiero fra gli alberi che aveva ben poco di rassicurante. La strada si
rivelò essere corta, e Sirius ne fu immensamente grato: in petto gli pulsava
ancora dolorosamente la cicatrice, era debole e stanco per tutti gli
incantesimi che aveva dovuto fare per far rinsavire la
strega.
Lei pareva riacquistare serenità nonostante il
viso pallido. Sirius ebbe modo di studiarla; era di media statura; i capelli marroni erano quasi rossicci, e dopo le varie cadute erano
bellamente arruffati attorno al viso; aveva un viso dalle curve morbide ma era
contratto in una maschera di serietà assoluta. Camminava sicura, ma tenendosi
le braccia, rabbrividendo. Le mani le tremavano debolmente quando cercò nelle
tasche della veste un mazzo di chiavi.
Poi gli chiese indietro la bacchetta, “Devo
rompere i sortilegi di Protezione” si arrampicò su un grosso masso ricoperto di
muschio accanto a loro e sollevò le mani; “Li ho messi io” aggiunse, forse
sperando di confortare Sirius che pareva ancora intontito e profondamente poco
convinto della piega che prendeva la situazione.
Se non altro me lo aspettavo, pensò
malignamente quando sentì le gambe diventare di ricotta per il terremoto; come
un fungo d'autunno, tra gli alberi si sollevava lenta una casupola in pietra,
facendo tremare tutto ciò che li circondava. Si sentì immediatamente al sicuro
là dentro, ma non riusciva a smettere di pensare ai compagni dell’Ordine. Non
ci fu alcun sospiro di sollievo. La rabbia che provava
per BellatrixLestrange gli
arse la gola, e parve risalire a tutta la bocca perchègli si seccò la lingua; non per quello di cui l'aveva
privato, ma per quello che aveva fatto al piccolo... continuava a rivivere la
maschera di orrore che aveva visto specchiata negli occhi di Harry mentre lui
se ne andava via. Sapeva cosa rappresentava ai suoi occhi, lo sapeva che
finalmente Harry era felice di poter contare su un adulto, l'idea di avere
qualcuno che ti aspetta da qualche parte era parsa rassicurante anche a lui...
tutti motivi che l'avevano spinto a buttarsi tra le braccia del nemico per
salvargli la pelle. La sua vecchia pellaccia inutile. Solo che era stato
ingannato e preso in giro dal Signore Oscuro per
essersi voluto aggrappare a quell'unica persona che era lui: Sirius. Per la
seconda volta nella sua vita, il senso di colpa lo avviluppò
come un serpente, e non riuscì a concentrarsi su nient'altro, nei minuti che
seguirono la chiusura della porta da parte della strega. Lei non gli prestò attenzione per qualche istante, era occupata a
proteggere nuovamente quell'angolo di bosco sicuro.
Sirius Black si lasciò cadere su una poltrona vicino ad
un focolare acceso - era stata lei ad accenderlo, o lo era già da prima? Non ne
aveva idea...- e si portò stancamente una mano sugli
occhi.
“Sirius” Una
timida voce femminile lo appellò alla realtà, che di
realistico non aveva proprio niente in quel momento:
“Posso
offrirti qualcosa, posso fare una zuppa...”
“No grazie,
ora siediti, per favore” lo disse con voce calma, ma il mento tremava
d’impazienza; aspettò che lei fosse seduta per cominciare.
“Io sono
morto, rassicurami. Perdona la mia maleducazione ma ho bisogno di chiarimenti.
È vero, giusto? Perché so di aver ricevuto una Maledizione Senza Perdono. Ne ho
sentito il contraccolpo qui sul petto, quella vipera velenosa… insomma, la mia
assassina, ha puntato al cuore. Mi ha fatto male, dunque sono morto, per forza.
Ma ora dove siamo, nel mondo dei morti? E, se posso
permettermi, tu chi sei, e cosa c’entri con tutto questo… con me?”
Lei parve impallidire, forse per la stanchezza,
ma rispose comunque abbassando la testa.
“Tu non sei morto, Bellatrix
ti ha colpito con un AvadaKedavra,
hai ragione; ma sono riuscita a trascinarti via al momento giusto, e ho deviato
l’incantesimo” alzò lo sguardo per incontrare il suo. La rabbia che incupiva il
viso di Sirius si dissolse un poco, per lasciar spazio all’incredulità:
“Stai
scherzando? Come hai potuto fare una cosa del genere ed essere
ancora viva? In ogni caso, io non…” lei si alzò in piedi a fatica e lentamente
si avvicinò per raggomitolarsi sulla poltrona di velluto di fronte alla sua.
“No, non sto
scherzando, Black. Non ti ricordi di
me, vero?”
Sirius non
se ne accorse ma il cuore di lei cominciò a contrarsi
più rapido che mai. Gli bastò un’occhiata per
rendersene conto. Non si ricordava affatto di lei. In
compenso, l’impressione di averla già vista si accentuò un poco.
“Emilia
Averill, piacere tutto mio a quanto vedo”
“Sirius
Black, ma tu mi conosci già non è così?”.
Le mani le tremarono quando prese a raccontare
la sua storia, mentre le ombre del fuoco danzavano sulle pietre scure dei muri
attorno a loro.
“…Ad Hogwarts,
quando tu, Lupin, Potter e Minus andavate alla stamberga strillante?” Sirius
annuì, deciso a non interrompere per pura impazienza “Sappi che non eravate
sempre soli. Per la mia incolumità, il preside mi aveva reso Irrintracciabile e
Disillusa, ma voleva qualcuno che vi tenesse d’occhio, sai, perché non
succedesse niente nella foresta, perché Lupin non ne combinasse una troppo
grossa… ogni volta, tu e Potter riuscivate a recuperare le briglie della
situazione. Io ero presente. Ero sempre con voi. Vi tenevo
d’occhio, per il professor Silente”.
Averill si perse nei ricordi, mentre lui la
fissava inebetito. Le pupille marroni del mago non
l’abbandonarono un solo istante. Improvvisamente si fecero minacciose; si era
fidato di lei, ma perché? Gli si strinse la gola, non la conosceva, e forse
nessuno dei due era morto come lui credeva. Aveva abbassato fin troppo la
guardia perché le era sembrata debole. Tienilo a mente, Sirius, questa donna
ti ha portato via dal tuo mondo; ti ha salvato la vita, ma non ti conosce
nemmeno, potrebbe anche averti preso in custodia per consegnarti a… solo il
pensiero della prigione in cui aveva passato quasi metà della sua vita gli fece rizzare capelli sulla nuca. Scosse la testa
con forza, non voleva fidarsi. Non doveva. Non poteva.
“A parte il fatto che non ce ne eravamo
mai accorti, io men che meno” ringhiò Sirius “come mai ti sei nascosta per
vent’anni? E per quale motivo sei saltata fuori adesso?!”
Non si lasciò impietosire dall’aria fragile che aveva preso in seguito alla
durezza delle sue parole. O forse non era per le sue parole? In entrambi i
casi, non era rilevante in quel momento, lui aveva bisogno di sapere.
“Silente non
voleva che si sapesse. Poi durante la guerra hanno fatto fuori la mia famiglia
per motivi che non sto a spiegarti. Tornata a casa, non c’era nessuno. A parte il gatto di casa, voglio
dire. Niente e nessuno che mi aspettasse, non avevo
più niente. Nemmeno un futuro, per quel che ne sapevo…” La voce si incrinò “Avevo perso tutto quanto”.
E fu in quel
momento che ricordò perché le era familiare. Gli
balenò in mente una ragazza carina che rideva con gli amici e faceva svolazzare
i libri sopra la sua testa, sdraiata su una panca nel parco di Hogwarts. Ma c’entrava davvero qualcosa con la strega che aveva
davanti in quel momento?
“Ora mi
ricordo di te… Prefetto Averill, Corvonero; la P non te la toglievi mai di
dosso, non è cosi?! Eri al 5° anno quando ero
all’ultimo. Dio, eccome se mi ricordo… James ti odiava, non so più quanti punti
gli avevi tolto per qualche stupidata… Come hai fatto a dare tanto nell’occhio
a Silente?” le scoccò un’occhiata antipatica che lei liquidò scuotendo la
testa.
Osservandola
meglio, si rese conto di conoscere la lei in miniatura e divisa scolastica, con
tanto di cappello di feltro e capelli spettinati. Toccò a lui perdersi nei
ricordi che, malamente e dolorosamente, aveva custodito da qualche parte.
“Non ho
avuto bisogno di dargli nell’occhio” disse con aria saccente, leggermente
innervosita “avevo dei buoni voti e mi comportavo bene, e Silente ha deciso che
fra i prefetti ero quella che meglio conveniva alla situazione; è stato
puramente casuale. Quello che è successo dopo, però, di meno”.
Mentre parlava si alzò e mormorò un Appello, e
un barattolo in vetro contenente essenza di Dittamo le volò addosso; si scansò
all’ultimo e con la punta delle dita lo afferrò. Déjà vu.
“Ed eri anche la cercatrice di Corvonero,
ora che ci penso” disse Sirius, più a se stesso che non a lei.
“Precisamente:
ci vedevamo spesso, e probabilmente mi hai anche indirizzato qualche parolaccia
durante le partite; ma non siamo mai stati amici, vero Sirius-quanto-sono-brillante-Black?”.
Stringeva le mani bluastre con forza, gli occhi
mandavano lampi, un attimo dopo si rivoltarono e perse
conoscenza. Avrebbe potuto accorgersene prima, del
tremolio dei suoi gesti, dell'indecisione nei suoi passi. Invece non l'aveva
fatto. Così, all'improvviso, il barattolo esplose a terra e il corpo di Averill
si accasciò nella poltrona, inerme. Era tutto macchiato di sangue attorno a
lei: la poltrona, perfino il pavimento. Sirius sentì ghiacciarsi il sangue
nelle vene. Le prese la bacchetta di mano;
“Reparo!”
esclamò, per poi accorgersi che il Dittamo non sarebbe mai stato sufficiente ad
arginare quelle ferite, tantomeno i suoi deboli incantesimi di Guarigione.
Cercò nervosamente una libreria per trovare un
libro di pozioni, anche di incantesimi, qualsiasi
cosa. Quella strega sapeva troppe cose che gli interessavano, e senza
giustificazione lo aveva sottratto alla morte, e, allo stesso tempo, ad Harry. Doveva capire. Aveva un disperato bisogno di
guarirla. Oltretutto, ora che l’aveva riconosciuta, un pizzico al cuore gli
diede l’ultima spinta di cui aveva bisogno per
decidersi.
Sirius aprì una porta scura e pesante che cigolò
rumorosamente, e i suoi passi echeggianti in quell’abitacolo raggiunsero una
scrivania. Era piena di libri e appunti, ma gli saltò
agli occhi la pagina tutta scribacchiata di un libro, che parlava vagamente di
incantesimi di Protezione; si accorse di una miniatura in bianco e nero, una
donna sembrava morta a terra e si dissanguava da ogni dove, era incredibilmente
ricoperta di tagli. Accigliato, ordinò alle candele della stanza di accendersi
e si sedette a leggere, mentre le mani gli tremavano per l’eccitazione. Perché
invece di morire si ritrovava in una situazione del
genere? Non aveva avuto un attimo di riposo! E adesso quella ragazza stava
perdendo tanto di quel sangue che si chiedeva come potesse essere ancora viva!
Una voce maligna si fece strada nella sua mente,
mettendolo faccia a faccia con la realtà dei fatti. Una voce che Sirius odiava
più di sua madre, più di Mocciosus, più di Minus… il
suo vero io, la sua vera essenza: andiamo
Sirius, non era quello che desideravi? Palpitazioni, azione, battaglia e
melodramma? Su, fatti sotto, e dimostrami di essere all’altezza della
situazione… o forse era meglio restarsene buoni buoni, quatti quatti a GrimmauldPlace insieme a quel
sudicione di Elfo Domestico? Scosse la testa arrabbiato
e si focalizzò sull’immagine che aveva visto poco prima. Non ci
riuscì. Ingoiò la bile e sbatté le palpebre più volte. Un bambino,
presumibilmente figlio di quella donna morente, era vivo e vegeto, e l’intuito gli indicò che forse era lui la vittima
prestabilita. Magia antica. Dall’altra parte della scena, l’aggressore
scagliava un dardo luminoso con la sua bacchetta. Magia nera.
Non gli venne immediatamente in mente quello che
gli sarebbe stato chiaro come il sole in un momento più tranquillo, ossia che
la scena ricalcava, più o meno precisamente, la notte
in cui il suo migliore amico e la moglie erano venuti a mancare. Riprese la
lettura.
"Se si vuole proteggere una
persona ad ogni costo, non si deve temere la morte… al momento opportuno, esser
presenti… consumata la pozione Protettiva da poco, come tutti i giorni prima
del predestinato… basterà interporsi, fra la persona da Proteggere e la nemica
Morte… nessuna garanzia di sopravvivenza… ma l’altro sarà salvo".
Gli scarabocchi attorno al paragrafo che stava
leggendo, a giudicare dalla calligrafia femminile, dovevano appartenere ad
Averill, e riguardavano quella pozione sopracitata.
Incorniciavano la pagina degli ingredienti, più in basso, e la ricetta era
interamente rivisitata. Questo significava che se anche avesse trovato la
soluzione al dissanguamento nel libro non ci sarebbe
stata nessuna certezza che avrebbe funzionato. Maledetta ragazza, cosa
le era venuto in mente?!
*°*
Un fumo verdognolo uscì dal calderone, segno che
la pozione era pronta. Si sporse e un odoraccio di erbe di campo, zuppa di
cavolo e asparagi gli pizzicò il naso. La pozione
Arginante era molto complicata, senza contare quante volte avesse dovuto
rileggere le modifiche della strega – accidenti, non ci capiva niente!-
nel timore di sbagliare tutto e ritrovarsi solo con i suoi dubbi. Con gesti
rapidi della bacchetta ottenne delle strisce di
tessuto da un lenzuolo e fece levitare il tutto verso il salotto. Averill era
ancora sdraiata mollemente sulla poltrona, sembrava aver ripreso conoscenza ma
era debole, non aprì nemmeno gli occhi. Sirius trasfigurò la poltrona in un
divanetto, un po’ rigido ma perfettamente adatto alla situazione. I segni che
si affrettò a guardare sulla carne pallida della giovane erano visibilmente
stati fatti da numerose mani. Senza rifletterci più di tanto la mise più comoda e stregò le bende perché s’imbibissero nel
calderone e poi s’insinuassero attorno alle ferite. Lavò rapidamente tutto il
sangue rappreso che aveva sui vestiti e attorno a lei, poi tornò di corsa al
libro aperto.
Rilesse la frase più volte, e poi prese a
camminare su e giù per la stanza.
“Inutilizzabile la pozione Rimpolpa
Sangue, si può forse attenuare il dolore e accelerare la guarigione tentando
una Soporifera, magari dormendo lei…”
Averill si svegliò e prese a respirare più a
fondo. Non riusciva a vedere chiaro, ma poco importava, era al sicuro. Sentì un
odore familiare provenire dal calderone nel camino.
“Pozione Soporifera?
Sei sicuro che sia una buona idea?” mugolò, senza aprire gli occhi.
“Senti, sei molto fortunata
ad essere in questo stato adesso, perché se no ti avrei già appesa al muro e
tartassata di domande!” Sirius non prese quasi fiato, e continuò imperterrito a
sbraitare e gesticolare senza riuscire a stare seduto “Cosa ti è saltato in
mente di fare quell’incantesimo? Non mi conosci neanche. Non sai chi sono, cosa
ho fatto negli ultimi anni. Per quello che sai, anzi, sono un assassino e un
fuorilegge ricercato! Nessuno sa chi sono io, che fine ho fatto. Cosa mi sia
successo veramente, dubito che tu ne sappia qualcosa. E adesso tu mi vieni a
dire... No, mi dispiace. Tu sei fuori
di testa. Anzi, fammi indovinare, è quel pazzo rimbambito di Silente che
ti ha obbligato a farla, vero? Si, dev’essere cosi…
Per la barba di Merlino… Accidenti!!” sembrava davvero impazzito, tanto che
Averill lo squadrò come avrebbe fatto con un Troll che cerca di esprimersi in
inglese corrente. Sirius sembrò rendersi conto della sfuriata contro di lei,
arrossì e si sedette di fronte con aggressività.
“Non è vero…
Silente, non è vero che mi ha obbligata. Mi ha solo
messo tra le mani tutte le informazioni necessarie ed io ho fatto quello che
ritenevo giusto fare. Non parlare male di lui, non con
me. Lui mi ha salvato la vita, e comunque mi ha detto
la verità su di te”. Sirius rimase di nuovo interdetto. Sembrava che ci fossero
dettagli di cui lui non solo non sapeva niente, ma che oltretutto non avrebbe
nemmeno potuto immaginare. Ormai era deciso a non perdersi una parola di
succosa verità.
“Sei sicura
di riuscire a parlare in questo stato? Non ti sembra il caso di parlarne
domani, o quantomeno quando ti sarai riposata? Senza offesa, ma sei
terribilmente macabra” Si agitò, come impacciato, sul velluto scuro.
“Probabilmente
non è una cattiva idea” assentì lei, e si rilassò immediatamente.
Rimase a guardarla sopita per qualche istante,
mentre i pochi e brevi istanti in cui l'aveva vista a
scuola si sovrapponevano al corpo sdraiato di fronte ai suoi occhi. Nonostante
l'inquietudine si addormentò come un bambino, con la mente brulicante di
ricordi che credeva ormai persi.
*°*
Harry
gridò il suo nome, più volte, e l’ultima gli sembrò
insopportabile. L’eccitazione folle negli occhi di Lestrange
raggiunse il suo culmine nel momento in cui, interdetto, rimase a mezz’aria e
gli cadde di mano la bacchetta. Il lampo verde lo raggiunse e l’avviluppò.
Tutto rallentò improvvisamente e i rumori si attenuarono. Sentiva il petto
dilaniarsi, e tutto quello che voleva, era vedere, toccare Harry per l’ultima
volta. Sperò che Remus non l’avesse visto, così vulnerabile e così molliccio,
sospeso nel nulla. Invece nessuno se n’era accorto, tranne il ragazzo e la sua
assassina. Non era morto, non ancora. E lì si accorse delle mani che cingendo i
suoi fianchi l’avevano afferrato e portato via. Mani invisibili ma decise.
Questa volta se ne accorse in tempo, e allungò disperatamente le braccia verso
Harry, “HARRY SONO QUI, SONO VIVO. ASPETTAMI HARRY” gridò, ma non sentì la
propria voce, mentre un’altra gli s’insinuò fra i pensieri, più subdola,
dolorosa “Tu non lo rivedrai. Te ne sei andato, e l’hai lasciato da solo,
indifeso. Non sei stato capace di proteggervi, i tuoi riflessi ti hanno
tradito… Forse era meglio se…”
“NO” gridò
Sirius, e si svegliò ansimante dalla poltrona nella quale si era addormentato.
La cicatrice in mezzo al petto era ancora calda
e sentì gli occhi inumiditi. Corrucciato, volse lo sguardo su tutta la stanza,
nulla era cambiato. Il caminetto cullava un fuoco sempre più docile, sul
tavolino c’era il calderone pesante con la pozione Soporifera, una boccetta con
l’Arginante, e accanto, sul divanetto, Averill che dormiva beatamente sul
fianco. Con calma, si disse. Si stropicciò il viso e portò una mano alla
cicatrice; quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva sentito il
cuore pulsare così rapido e forte? Si massaggiò il petto come per calmarlo e
s’incamminò di nuovo verso la stanza del libro. In uno strano stato d’inerzia,
cominciò a guardarsi attorno. L’arredamento era povero, ma lui cercava dettagli
più importanti. Qualche indizio, di lei, di lui o di Silente.
Perché chi altri c’entrava in quella storia, dopotutto?
Sul muro, sbiadito, c’era uno stendardo di
Corvonero. Una finestra aperta gli fece pensare che c’era un gufo in quella
casa. Nonostante tutto, la realtà stonava con l’idea che si era fatto di essa,
ossia che non era più completamente vivo. Eppure soffriva, provava rabbia,
dolore, imbarazzo e vergogna. Dalla battaglia alla morte alla
casa nel bosco. Scosse la testa, angosciato. Non riusciva a capacitarsi
di essere ancora vivo. Forse doveva ringraziarla? Aveva deciso che
l’avrebbe ringraziata al momento opportuno, quando avesse avuto un quadro più
esaustivo della situazione. Inutile affrettarsi. O forse sì, dato
che non sapeva nemmeno quanto sarebbe riuscito a tenerla in vita? La
testa gli scoppiava per le troppe domande, ma si rese conto di quanto macinasse
rapidamente gli avvenimenti. Si sentì inaspettatamente lucido. Da quanto tempo
aveva messo in letargo il cervello? Se lo figurò
materialmente in un ammasso rattrappito, e gli venne in mente quella volta che
James aveva nascosto un piatto di lasagne sotto al letto ad Hogwarts, e
l’avevano ritrovato due settimane dopo. “Flora et fauna”, o almeno così l’avevano battezzato ridacchiando.
Sbatacchiò la testa nella speranza di riportare l’attenzione al presente. Uscì
dalla stanza ed entrò, una dopo l’altra, in tutte le altre, che non erano poi così numerose a dirla tutta. Il corridoio era
corto e stretto e buio, lui lo attraversò con due
falcate e raggiunse la prima stanza, che richiuse poco dopo: era il bagno. La
seconda era la cucina, da cui aveva già preso tutti gli ingredienti per le
pozioni. Non vi trovò nulla, a parte una pentola in
rame contenente una zuppa fredda. Lo stomaco gorgogliò all’odore invitante di
cipolla. Determinato a non lasciarsi distrarre decise di mettere a scaldare la
zuppa sul fuoco, nel frattempo si affrettò ad
esplorare un piccolo ripostiglio, l’ultima porta della casa che non aveva
ancora aperto. Dovette convincere le candele a seguirlo perché nel corridoio
non si vedeva niente, nemmeno le maniglie delle porte che rimandavano solo un
fioco bagliore di luce riflessa. Nessuna finestra: dopotutto sembrava più un
rifugio anti-attacco che una confortevole dimora, un po' come lo era per lui GrimmauldPlace numero dodici.
Con la bacchetta ancora in mano, spalancò la porta e un’istante
dopo si ritrovò addosso Averill, più sanguinante che mai; lei lo strinse a se
così forte da fargli male, e le bende si spostarono, scoprendo numerose
incisioni ricolme di sangue. Sentì i brividi impadronirsi delle braccia e
percorrere i fianchi, e sì che ne aveva viste delle belle in vita sua. Cercò di
scrollarsela di dosso, ringhiò, gridò, e si dimenò ma lei rispose con un
sussurro poco umano, serrando la morsa sempre più forte: “Sei un uomo morto,
Sirius. È finita la vita felice che ti era stata concessa nella casa dei tuoi
genitori… Ti ho portato qui e non te ne andrai più… Lo senti il sangue che ti
bagna?" Sentì i vestiti inzupparsi e la pelle umida contro il petto di lei. Era intrappolato dalla sua presa, mai avrebbe
pensato che fosse così forte:
"È il sangue di quelli che sono morti
ieri, mentre ti portavo via” Sirius sentì le forze venire meno…
“…il sangue di Harry” …smise di dimenarsi…
“Ora basta, Accio… Riddikulus”
La vera Emilia Averill comparve alle sue spalle,
e Averill-la-macilenta scoppiò in una massa polverosa e scura, dopo essersi
interamente mummificata senza più riuscire a muovere
un muscolo. Le macchie di sangue sui vestiti di Sirius scomparvero, e la strega
richiuse la porta. Fece comparire un grosso lucchetto munito di catenacci, poi
gli diede un’occhiata in tralice:
“Sei un’idiota, Black”. Sospirò. “Perché
frughi nelle mie cose?”
Sirius aveva ancora lo sguardo fisso, era
arrabbiato con se stesso, e non riuscì a fare altro che vergognarsimostruosamente. Quando finalmente si decise a
sollevare lo sguardo, trovò subito quello della strega, che sembrava vagamente
conciliante e stanco assieme. Lei esitò, poi gli prese una mano fra le sue,
come a voler chiudere ogni conflitto.
“Hai intenzione di occuparti della zuppa o
devo farlo io? Se è la seconda, potrei davvero trasformarmi nel tuo peggiore
incubo…” ironizzò “Dai, vieni con me. Non ho intenzione di parlare di niente a meno che non vorrai farlo tu”.
Sirius non disse niente; sciolse la morbida
stretta di mano e la ringraziò seguendola nel salotto. Si occupò lui della cena
senza parlare più del necessario; la casetta acquistò calore e profumo di
cipolla, alleviando quel poco che le era possibile l’angoscia di entrambi. Dopo
aver sorseggiato la zuppa, sempre in silenzio, si sentì meglio.
Aveva una fame terribile. Ogni tanto alzava lo sguardo verso la strega, ma la
trovava concentrata sul piatto. Era terribilmente lenta,
insopportabilmente debole. Con un piccolo sbuffo, prese la bacchetta da
accanto alla mano di lei, e con un bisbiglio
trasfigurò il suo cucchiaio in una cannuccia d’argento con tanto di ghirigori
in filigrana. Si sentì inspiegabilmente meglio
vedendole in faccia l’ombra di un sorriso. D’un tratto
il macigno della stanchezza gravò sugli arti; lo stomaco era piccolo per
l'ansia, si era riempito più rapido del solito. Non desiderava altro che
sdraiarsi e dormire.
“Grazie,
Averill. È ora di rifare le bende. Se non ti spiace,
rimettiti sul divano”.
La strega era pallida e sembrava sempre un po’
incerta sui suoi passi, ma fece quello che le era stato detto. Non si sentiva affatto meglio, e l’idea di sdraiarsi parve
rinfrancarla; fare quell’incantesimo contro il molliccio l’aveva prosciugata in
tutti i sensi del termine. Avrebbe voluto rassicurare Sirius, parlargli, ma
faticava a tenere gli occhi aperti, e così non smise di guardarlo negli occhi
mentre si occupava di lei. Lui cambiò interamente le bende, le strinse e le
annodò a mano, rapidamente e – lei notò il tremore che lui mascherava
malamente a livello delle mani- le porse un bicchierone di pozione Soporifera.
Non ebbe il tempo di ringraziarlo, si addormentò all’istante. E Sirius,
riportati i resti di zuppa in cucina e diminuito il vigore del fuoco, la imitò.
*°*
Averill si agitava nel sonno, stringeva le mani
e le rilassava; era avvolta su se stessa, in posizione fetale. Nel mondo dei
sogni non si sentiva protetta. I ricordi riapparvero, indistinti, in un
susseguirsi di momenti vissuti, lieti e dolenti, familiari e presunti
annullati. A tutti stava negando, anima e corpo, l’accesso al suo cuore; ma il
muro era indebolito, e loro fecero breccia dove poterono…
Il
più recente: "La copertina di quel libro era
impolverata, ma una coraggiosa Emilia Averill non si era lasciata intimidire…
odore di pergamena, di candele bruciate… il libro si chiuse di scatto, la sua
mano spolverò la copertina mentre un’impercettibile tremolìo
l’attraversava. In conoscenza di causa, non poteva che agire. Nonostante il pericolo, nonostante l’infausta certezza che non
sarebbe mai potuta tornare indietro…".
"Ed ecco una piccola Averill, aveva quindici anni, si era appena
punzecchiata i polpastrelli, ma -Merlino- se era fiera
di quella spilla da Prefetto sulla veste! Quella mattina le scale non furono
capricciose… il succo di zucca l’aveva trangugiato, era già in divisa da
Quidditch… Corvonero – Grifondoro. Dovevano vincere! Quelli
erano solo dei palloni gonfiati".
"La sera stessa, quasi non sentiva i suoi passi… galleggiò orgogliosa
verso l’ufficio del professore di Trasfigurazione, sicuramente voleva
complimentarsi per la partita… aveva rubato il boccino sotto al
naso di Potter! Quell’allocco non la smetteva di
distrarsi guardando la tribuna in cerca di qualcuno… Delusione, curiosità…
Silente le aveva confidato un grande segreto, e lei doveva assolutamente tenere
chiusa la bocca…a Ma davvero, Lupin era…?".
Un
altro ricordo : "Era appollaiata su una
grossa cassapanca, protetta da un incantesimo di Disillusione –e uno
Deodorizzante, non si sa mai, con Lupin!- e osservava il quartetto fare a pezzi
il vecchio salotto ammuffito di quella casa abbandonata… Potter si divertiva a
scagliare incantesimi a raffica cercando di raggiungere l’esile Minus in forma
topesca; Lupin se ne stava in un angolo, leggeva un libro… ma lo sguardo era
inquieto e spesso rivolto alla luce chiara proveniente dalla finestra… e poi
c’era Black, quel randagio indisponente, che scodinzolava allegramente rivolto
agli amici… l’orologio d’oro che Silente le aveva prestato segnava che era in
arrivo il momento critico… Nessun libro avrebbe potuto prepararla a quello a
cui avrebbe assistito. La mattina seguente aveva ancora brividi e batticuori di
puro terrore… Ricordava solo guaiti, urla, risate demoniache e corse a
perdifiato… Il buio della foresta Proibita… e poi anche dolore e compassione. Povero Lupin".
"…Potter
scagliava incantesimi ma nessuno raggiungeva il ragazzo di Serpeverde… era
diventato bravo a pararli… Incredula, si sentì serrare la gola di rabbia quando
un fiotto di scintille finì per colpirlo alla spalla… Stava per intervenire, ma
ecco Black che, nel volersi interporre, si era preso in faccia la risposta del
giovane SeverusPiton ed
era finito disteso a terra. Lo vide rialzarsi con un balzo feroce, il naso in
sangue e i capelli scarmigliati, per contrattaccare, ma lei lo precedette. Si interpose con un incantesimo che pochi in quella scuola
conoscevano così presto e sapevano usare senza commettere errori. Decisamente quei ragazzi ne conoscevano nome e cognome, perchè lo bloccarono subito. L'esplosione attirò
l'attenzione dei passanti, ma la cerchia si dissolse presto all'arrivo del corpo insegnanti. Si concluse
tutto con una gita nelle cucine, dove << c’era un discreto bisogno di
aiuto per grattare via il grasso dalle pentole >> Era soddisfatta di sé…
Li aveva protetti tutti… Quella sera, Silente le aveva sorriso
raggiante…".
"Ed
eccola in quella casa, seduta alla scrivania… i vapori densi di pozioni diverse
e complicate erano mescolati in una disarmonia di odori… si,
quel sentimento era paura… aleggiava nell’aria, nascosta tra gli effluvi. Cosa avrebbe detto Silente, se avesse saputo della sua
decisione? Ma non poteva parlarne con nessuno, di quello che
aveva visto…". Si svegliò di soprassalto, tutto era buio e Sirius
dormiva. Era li, di fronte a lei. Ed era vivo. Scostò le piccole perle di
sudore dalla fronte cercando di riprendere fiato. Si sdraiò e cercò una
posizione più comoda, poi cadde nuovamente in un sonno tormentato.
"Si
rivide durante gli esami dei M.A.G.O. Era seduta in
mezzo alla sala, concentrata al massimo nell’ottenere quello che tutti si
aspettavano da lei.".
"Il profumo degli alberi in fiore l’accompagnava
mentre rileggeva distrattamente le lettere dei suoi genitori; qualche centinaio
di alberi più in là, Codaliscia, Lunastorta,
Felpato e Ramoso confabulavano a bassa voce, ma lei aveva fatto un incantesimo
di Amplificazione Sonora Irriconoscibile… sentì distintamente le voci dei
quattro ragazzi che parlavano del nome da dare ad una mappa… erano settimane
che ne parlavano… lei stessa, di nascosto e per la noia, aveva sibilato qualche
suggerimento alle loro orecchie il giorno prima… non se n’era accorto nessuno…
suo malgrado, sentì la propria bocca dischiudersi in un sorriso, poi sbuffò… ma
perché “del Malandrino”? Che razza di nome…".
"Era
cresciuta, si sentiva diversa. Ora quando accompagnava segretamente i quattro
furfanti nelle loro corse folli, il cuore le batteva all’impazzata… le sembrava
quasi di divertirsi insieme a loro... li seguiva in sella ad
un thestral che lei stessa non poteva vedere… il
petto era gonfio di orgoglio, si sentiva coraggiosa… ora controllava dall’alto,
ora se ne stava tra gli alberi, nascosta nelle anfrattuosità della foresta
Proibita". "…Potter e Black incastravano una mostruosa creatura al
suolo, cercando di impedirle ogni movimento… all’ultimo spasimo della figura
grottesca e disumana, loro si trasformavano rapidamente in cervo e cane,
scappando come ladri, e i latrati del cane assomigliavano spaventosamente ad una grassa risata incontrollabile...".
Infine, eccolo… quello che non avrebbe mai dovuto far breccia nel muro… il
ricordo da non ricordare. "Si era avvicinata molto…
Lupin avrebbe potuto girarsi da un momento all’altro… ma a lei non importava,
si sentiva al sicuro… dopotutto, quante volte li aveva visti fuggire a gambe
levate e cavarsela col sorriso? Tra l’altro, era
Irrintracciabile…".
Tutto
successe di nuovo nella sua mente, rapidamente, inaspettatamente: "Lupin
era trasformato, gli amici non troppo lontani lo tenevano d’occhio e lo
incitavano a seguirli… lei era scesa dal thestral per
seguirli… un ramo scricchiolò sotto alla scarpa e in
un attimo sentì le Protezioni svanire per la paura. Lupin l’aveva sentita. Ecco
che l’aveva anche vista. Sentì di non avere abbastanza aria nei polmoni, ma non
ebbe il tempo di aprire la bocca che lesse l’intenzione del lupo mannaro nei
suoi occhi. Stava per attaccarla. Paralizzata attese che sferrasse il suo
attacco, ma ecco che mentre Lupin era a mezz’aria si era ritrovato addosso il grosso cane nero. Sirius scodinzolava ed era
arrivato per puro caso nel momento giusto. I due ricominciarono gli
inseguimenti, latrando e ululando, uno ignaro, l’altro fortunatamente
distratto… Emilia si sentì scossa abbastanza da abbandonare la posizione di
paralisi… le ginocchia cedettero… tutto divenne nero…".
"Odore
familiare di infermeria… La voce di Silente sussurrava
garbatamente… “non è successo niente, mia cara… perdonami, non ti esporrò mai
più ad un rischio simile… me ne occuperò io… ora riposati” Era delusa, triste,
sconsolata…".
"Settimane
dopo… la tracolla era pesante e zeppa di libri, stava cercando di chiuderla
dopo aver tirato fuori la lettera… voleva ringraziarlo, fargli sapere che aveva
fatto qualcosa che l’aveva salvata… Aveva anche
scritto un piccolo, pulsante post scriptum a pié di
pagina che le era costato tutto il suo orgoglio. Ecco Sirius… era di fretta,
senza i suoi amici… I capelli scuri erano stranamente annodati in alto rispetto
alla nuca, i lineamenti puri e virili di quel viso bambino, e il cuore le tappò l'apertura della gola. Annodate erano anche
le corde vocali. Deglutì come per ingoiare un sasso. Veniva verso di lei, con la sua solita aria assente. Non guardava in
faccia nessuno, i sorrisi li riservava agli amici. E
lei sentì, come una scossa elettrica, il tocco della sua mano sulla spalla.
L’aveva scansata gentilmente per continuare la sua strada… Ripose la lettera e
tornò in sala comune. Era avvampata per la vergogna…"
Qualcuno
dice che il tempo cancella tutto tranne le emozioni, e che solo le emozioni diventano ricordi.
Lei tenne il segreto per sé sigillato dietro le
labbra, con una punta di amaro in bocca.
*°*
“Era diluita
la tua pozione Soporifera, vero?”
Lo guardò con
astio, come se fosse colpa sua. Come avrebbe potuto saperlo Sirius, che lei avrebbe avuto incubi tutta la notte? Lui replicò, con tono
abbastanza neutro, scrollando deliberatamente le spalle.
“Scusami,
non ce n’era più abbastanza. Pensavo che sarebbe bastata, sai, poi aggiungici
l’effetto placebo… perché, non hai dormito?”
Se ti può
confortare nemmeno io, cara, commentò mentalmente, acido come un pompelmo.
La strega volse lo sguardo altrove, torva, e si grattò distrattamente sotto ad una benda. Il sangue riprese a stillare ostinato e lei
cercò nuovamente lo sguardo del mago. Sirius aprì le braccia con fare
esasperato.
“Cosa diavolo ti è venuto in mente di grattarti?! Ero finalmente riuscito a calmare la cosa!” imprecò in
lungo e in largo mentre raschiava il fondo di pozione Arginante.
“…dovevo
rifarla comunque” Sentì la propria voce diminuire in volume involontariamente,
dopo aver visto la faccia atterrita della strega
“adesso stai ferma” le disse, burbero “guai a te se ti muovi!” aggiunse, e
prese in mano la bacchetta.
Aggiunse una buona dose di Dittamo, ma era come
mettere un mucchio di marmellata gelatinosa su una fetta di pane, se ne stava
lì immobile e non faceva il suo effetto. Le bende si mossero magicamente e si
strinsero un po’ più forte di prima attorno alla ferita che si era riaperta
poco prima. Decise che per il momento poteva bastare, ma sentì nuovamente l’inquietudine
invadergli la mente. Averill, dal canto suo, tremava impercettibilmente;
sentiva le proprie ore contate. Sirius parve notare il fermento dietro il verde
dei suoi occhi, e s’immobilizzò.
“Sirius…”
“Tu hai un sacco di cose da dirmi” lo disse scandendo ogni parola, mentre sentiva il sangue in
corpo pulsare più rapido “credo che sia venuto il momento di parlarne, cosa ne
pensi?”
“da dove
devo cominciare?” mormorò lei, guardando un punto impreciso nei resti del fuoco
della sera prima; lui lo riaccese con un gesto
stizzito della bacchetta.
“Dall’inizio,
Averill”.
Il fuoco scoppiettava allegro e stonava
terribilmente con l’aria che tirava quella mattina. Sirius era in attesa delle
sue risposte, e lei doveva dargliele. Nel vero senso del termine, s’intende.
Non riuscì ad avviare il discorso, perché anche risalendo il fiume dei ricordi
non le era mai stato chiaro dove tutto avesse preso inizio. Lo sguardo
interrogativo di Black non la mollava un secondo, e di certo non l’aiutava a concentrarsi. Averill sembrava un gatto
impaurito bloccato in un angolo senza vie di scampo.
“E va bene,
facciamo così” disse l’uomo, spazientito “cominciamo dal mio mantello. Come
diamine è possibile che sia diventato una passaporta e per quale motivo?”
La risposta le salì rapidamente dallo stomaco
– dove si trovava il suo morale appena un attimo prima- alle labbra;
quella era una domanda a cui poteva rispondere
facilmente.
“Avevo paura di spaccarmi con la
materializzazione congiunta” O di spaccare te.
“Mi era giunta voce che fossi un'auror; era una voce falsa?”
“Lo sono
– anzi ero" non perse tempo a dargli spiegazioni che sicuramente le
avrebbero fatto più male che a lui del bene "Un auror
capace di portarsi da un posto all’altro anche senza dover per forza ricorrere
alla materializzazione. Per l’amor del cielo, Sirius! Era ieri, e ti sei già
dimenticato in che stato eravamo? No, avevo troppa paura. Forse in un’occasione
tranquilla avrei potuto farlo, ma non ieri”
“Ok. Molto
bene. Come hai fatto a sapere dov’ero e cosa stavo facendo?”
“Non hai una
domanda di riserva?”
“E tu ce l’hai una giustificazione valida per questa assurda
faccenda?” ringhiò lui.
“Sirius, per
favore!”
“Allora
spiegami come hai fatto a portarmi via… in quel momento” rimbeccò, deciso a
ottenere qualcosa a tutti i costi.
L’avrebbe
spremuta come un limone. Non passava un’ora che lui non rivivesse quel momento,
e non solo si lambiccava senza risultati, ma l’angoscia di non sapere come stavano i suoi amici gli attanagliava dolorosamente l’addome
e rendeva ogni bisogno una necessità assoluta.
“Ero entrata
con i mangiamorte, ma non mi hanno vista.
Allora sono rimasta in un angolo, e ho aspettato. Poi quell’insulsa strega ha fatto
quella cosa, e ti ho preso al volo e portato via, dentro l’Arco. Eravamo in una
specie di limbo. Te la ricordi, la nebbia, vero? Poi
ti sei svegliato e abbiamo preso di nuovo la passaporta” non la smetteva di
arrotolare un filo che si sfibrava da una benda, cosa che infastidì Sirius
oltre ogni misura “ed eccoci qui”. “Mi stai dicendo che sapevi che Harry sarebbe andato al
Ministero per cercarmi? Che era tutta una finta solo per attirarci lì e
recuperare quella maledetta profezia?!Tu lo sapevi?” Era di nuovo in piedi, camminava per tutta la
stanza cercando di non aggredirla. C’era ancora molto da scoprire, dannazione.
“Non
proprio. Io non sapevo tutti i dettagli. Sapevo solo che tu
saresti morto a quest’ora se qualcuno non avesse fatto qualcosa”.
Black continuò a camminare, ma l’andatura era
inequivocabilmente passata dal galoppo al trotto. Ancora qualche sforzo
Averill… si incoraggiò la strega, appena prima di
piombare per l’ennesima volta nell’inconscio. Accidenti, Sirius. Impara a
controllare le tue emozioni.
“Cosa è successo
questa volta?” disse più a se stesso che ad Averill, la quale era sdraiata con
gli occhi chiusi e respirava debolmente. Le prese il polso, e la scoprì madida
di sudore e spaventosamente fredda. Emilia riaprì gli occhi, ma parve confusa.
“Dove
siamo?” biascicò lei, poi inaspettatamente sorrise. “Sei tu Sirius?”
Crollò di nuovo sul cuscino e si accorse che lui
le teneva il polso stretto in mano. Lo sentì aumentare
di portata ogni secondo di più. Di fronte a lei, l’uomo era visibilmente in
preda ad un grosso dilemma interiore. Si, ce l’hai con
lei perché tiene in pugno la situazione e la tua vita, è vero. Però ti sentirai
meglio quando saprai tutto e potrai trovare il modo di tornare dai tuoi. Magari
ti insegnerà addirittura il modo per sapere
preventivamente se qualcuno che conosci è in pericolo di morte! Qualcosa di
meno rischioso dell’orrendo “dono” di Harry. Chissà, forse anche lei ha accesso
alla mente di qualcuno del campo opposto. O forse no? Guarda in che stato è
adesso… che ne sarà di lei? Sirius si passò una mano sulla faccia con forza,
come per lavar via le tracce del bizzarro monologo che aveva appena avuto con
se stesso. Si sentì in colpa per essersela presa con lei, in quel momento gli sembrò più indifesa che mai. Senza guardarla negli occhi
le disse:
“Facciamo
così, adesso con molta calma e senza preoccuparti di niente mi spieghi un po'
di cose. Ho bisogno di sapere, capiscimi. Io resto qui, se vuoi
mi siedo vicino a te” aggiunse, perché sembrava riluttante nel vedere che si
stava alzando “che ne dici? Allora, cominciamo. Come mai correre un rischio
così grosso per una persona che non conta niente per te? Devi capirmi.
Per me potresti benissimo essere una spia del Ministero.
Che ne so io. Dunque, cosa mi dici adesso?”
“Che non
avresti potuto scegliere domanda peggiore, Black” ansimò la strega di rimando,
poi continuò “non ti aspettare una risposta illuminante…” lo
guardò, fugace, negli occhi.
Si morse la lingua, non aveva fatto altro che
strafalcioni e passi falsi per tutta la vita. Ecco l'ennesima prova. Lui la
fissò insistentemente, e lei dovette voltarsi. Provò caldo, freddo, brividi
ovunque, e un'inconfondibile voglia di vomitare l'anima.
“Settimane fa stavo pedinando Lestrange, l’ho seguita fin dove ti ho trovato ieri… e ho
sentito una profezia. Naturalmente riguardava lei, ma io speravo che riguardasse qualcosa di più interessante, se capisci cosa
intendo… Invece no. In compenso, un certo numero di cose, dopo la profezia, mi hanno fatto intuire che qualcuno sarebbe morto quel giorno
preciso a quell’ora precisa, a meno che non succedesse qualcosa”.
Sirius fece finta di niente nonostante lei
avesse visibilmente ignorato un dettaglio importante.
“Quel
qualcosa è successo. Sapevo della profezia, Sirius. Come potevo
lasciare che qualcuno morisse? Sarei stata una complice…” il
volto era una smorfia di dolore “poi ho capito che si trattava di te”.
Sirius
aveva sentito il polso della strega accelerare fra le sue dita. Che senso aveva
quel gran minestrone di informazioni frescamente
ottenuto? Non si sentiva sollevato, anzi. Averill lo aveva salvato correndo
deliberatamente il pericolo di morire. Era disposta a morire per me. Una gran
smorfia che assomigliava un po' a un sorriso amaro mangiava il suo bel viso.
Lui avrebbe fatto lo stesso per lei, per una perfetta sconosciuta? Certo, lei aveva
passato molto tempo con lui – con i Malandrini – senza metterlo al
corrente, lui non sapeva niente o quasi di lei, e quindi era diverso. Ma lo era
poi tanto? Si scoprì intento a guardarla negli occhi da un po' di tempo; cosa
nascondeva, dietro quei lineamenti decisi, quelle pieghe agli angoli della
bocca? E dietro alle sopracciglia strette e corrucciate, come le ali poderose
di un gabbiano che risale dal mare in tempo di bufera? Cosa stava cercando di
dirgli, con quello sguardo? Non riusciva a sostenerlo, era carico di emozioni,
e dopo aver deglutito sonoramente cercò di sostituire il suo con le parole.
“Perché, fra tutte le cose che avresti potuto fare,
hai deciso di tentare quell’incantesimo? Guarda come sei messa adesso. Avresti
potuto fare qualcos'altro, se anche l'avessi ritenuto necessario - e non ho
ancora capito appieno il perchè. Hai avuto a
disposizione settimane, per tutti i Gargoyle! Cosa ti ha detto il cervello? Non
avevi paura?”
Ammutolì
per il suono delle sue stesse parole: sentì improvvisamente un’emozione nuova
serrargli la gola, e inghiottì a vuoto. Non si stava sentendo in colpa, vero?
"Un giorno, senza saperlo, tu mi hai salvato la vita".
"Non è vero"
"Si che lo è. Lupin mi aveva vista e tu l'hai prontamente distratto"
"Non ci credo..." era scoppiato in una risatina isterica.
"Non era fatto apposta e tu lo sai. Non che io non ti sia riconoscente, lo
sono è ovvio, non sarei qui se tu non l'avessi fatto ma... insomma, non
capisco" sentiva le labbra incapaci della loro solita eloquenza, e attese
un attimo, nella speranza di riacquisirla "aspetta, quindi tu mi stai
dicendo che mi hai trascinato qui per non so quale debito mai riconosciuto? Non
esiste!"
La strega parve vergognarsi, aveva preso uno strano colorito in volto, ma riprese
a voce più alta: "Tu avresti fatto lo stesso".
Non ne aveva la più pallida idea, certo si era catapultato al Ministero per
l'Ordine, ma c'era anche Harry laggiù, con Hermione, Ronald, Ginevra e gli
altri.
"Tu come lo sai? Ne avevi la certezza assoluta?"
Fece una piccola pausa, poi riprese deciso "Devo essere onesto con te, non
so se l'avrei fatto. Sicuramente avrei cercato una soluzione, ma me la sarei
vista con qualcuno! Insomma, potevi parlarne con Silente, a questo punto, no?
E' una grossa responsabilità presa da soli. Troppo pesante per una persona
sola."
"Io veramente..."
"Non lo dire neanche. Silente ti ha lasciato fare una cosa del genere?!".
Toccò a lei sentire il tremore della sua stretta attorno al polso, così cercò
di sedersi per tenergli testa, ma era tutta finta spavalderia.
"N-no! No! Io non... Lui... Io gli ho mentito"
"Gli hai mentito?!"
"Si, gli ho mentito! Gli ho mentito, Sirius! Ce lo vedi Albus Silente, bilancia in mano e cuore nell'altra, a dirmi
<< e ora Emilia sacrificati per il bene supremo, stupido pezzo di carne!
>> ? Scordatelo! Non mi avrebbe mai permesso di cercare nella biblioteca
di Hogwarts, altrimenti! Ho dovuto glissare su alcuni dettagli"
"Come il fatto che saresti potuta morire, e io con te?!"
"Cos'è, colpa mia adesso? CHI è il padrino di Harry Potter, il ragazzo che
è sopravvissuto? CHI si è lanciato a capofitto nel cuore dell'azione,
rischiando la morte, convinto di cavarsela, e mettendo in atto quella
STRAMALEDETTA PROFEZIA?! Dimmelo, Sirius! Erano settimane che avevo tutto
preparato! E io che non mi sono neanche posta il problema di avere paura! Ho
preso quella orrenda pozioni tutti i giorni... e tu mi ringrazi così? Dio, meno
male che non ti devo più niente!"
Era
rossa in volto, accaldata per la rabbia. Gli occhi luccicavano pericolosamente.
Era furibonda.
"E di grazia, cosa sei andata a raccontare a
quella stupida mummia barbuta?!"
Era
pazzamente felice di potersela prendere con qualcun altro, almeno non sentiva
più i sensi di colpa. E poi Silente aveva sempre avuto quel suo strano lato
oscuro, lui l'aveva sentito subito! Sirius si era seduto nuovamente di fronte
ad Averill, proprio come la sera prima. Aspettava che lei continuasse con aria
folle.
"Che avevo scoperto una profezia su tua cugina.
Gli ho detto di aver scoperto che un giorno al Ministero avrebbe fatto fuori
qualcuno, se non l'avessi fermata. Mi ha guardata, trapassata da parte a parte,
e mi ha chiesto se << ero sicura di non correre alcun rischio >> e
se << fosse davvero necessaria la mia partecipazione >>. Voleva
chiedere aiuto a Severus, perfino Minerva, io gli ho
detto chiaramente che era una cosa che gli altri non potevano sapere. E lui mi
ha creduto"
"Ma guarda, e tu avresti preso per i fondelli uno dei più potenti legilimens del mondo magico...? Stai mentendo, è
evidente"
"No, Sirius, che non lo sto facendo! Lui si è semplicemente fidato di me.
Dopotutto gli avevo fatto capire che era di vitale importanza che non lo
sapessero gli altri dell'Ordine. Sai, le profezie sono roba delicata. Basta un
soffio..."
"Accorcia!" ringhiò lui, ancora incredulo per tutta la faccenda.
"Cos'altro c'è da aggiungere? Ho sentito una profezia sulla tua morte. Era
previsto che tu morissi. Se volevo cambiare il corso delle vicende era ovvio
che dovessi pagare cara l'intrusione." disse con tono pratico "Ed è
quello che sto facendo, Black. Non lo vedi? Sono ancora VIVA" annunciò
inviperita, con gesto teatrale.
Sirius si alzò di scatto e urtò il tavolino, facendo
cadere il calderone con un clangore metallico degno di un gong.
"Perdiana"
"E adesso cosa c'è?" si allarmò lei.
"L'incantesimo" annaspò Sirius "Era... era come quello di...
quello di Lily... per Harry".
La strega si voltò rapida a quelle parole; sapeva che prima o dopo ci avrebbe
visto chiaro, eppure non voleva. Era troppo presto, e lei non era pronta per
affrontarlo. Era troppo debole.
"Ma certo, tutto torna. Io... credevo che Riddle
l'avesse torturata..."
La
guardò stranito, incerto dei pensieri e dei suoi passi.
"Invece se l'era fatto da sola. Come te"
"È andata così... più o meno" aggiunse poi, preoccupata della sua
reazione.
Ora
Averill sentiva il sangue ribollire dentro, le ferite pulsavano senza sosta.
Era stanca, ma così intensamente presa dal momento che non ci fece quasi caso.
"È
un incantesimo di Protezione." biascicò Sirius, per poi andarle incontro e
sollevarla per le spalle.
"Tra una madre e un figlio. Da madre a figlio, capisci? Averill, dove
diavolo hai trovato quel genere di sentimenti per me in quel tuo dannato
cervello mangiato dai vermicoli?!" disse scuotendola come un sonaglio.
"Tu mi piacevi, a scuola..." disse lei con una vocina insignificante,
mentre gli occhi le si erano offuscati per la tensione.
È
così che si combatte, Averill? Sei una stupida. Una povera scema. Continua pure
a piangerti addosso, di questo passo ti scaverai una tomba da sola!
La
sua mente non la smetteva di vomitare insulti. Sentì ogni speranza volarsene
via e le membra svuotate da ogni forza già di per sé carente per le ferite che
la martoriavano.
"Sei pazza, definitivamente da ricoverare"
riuscì a dire Sirius, senza toglierle le mani dalle spalle.
Aveva
paura, nel contempo, che lei cadesse come una pera troppo matura, per poi spappolarsi
a terra. Ci era andato giù un po' pesante, con le parole, ma era esterrefatto.
Adesso la guardava, come se le sorprese dovessero per forza essere finite. Lei
non poteva amarlo fino a quel punto.
Sentì un brivido salirgli al petto per l'assurdità del pensiero malamente
formulato. Forse era pazza davvero. Ma non controllano i loro Auror al Ministero? Branco di imbecilli senza arte ne
parte! E Silente, quella vecchia volpe, non si era accorto di aver riposto
fiducia in una donna malata? Le sue riflessioni parevano lampeggiare come neon
da pub di un sobborgo babbano nel bel mezzo della sua
fronte. Averill le vedeva perfettamente, le accecavano gli occhi, ma non
riusciva a smettere di fissarle. Ecco, è finita. Mi rinchiudono al San Mungo,
magari mi sbattono pure ad Azkaban per tentato rapimento. Perchè
lui ovviamente non resterà. La lascerà libera di dissanguarsi e morire nel
mezzo del bosco, per farne ritrovare i resti vent'anni dopo, oppure la farà
sbattere in una cella - medica o legale, non faceva differenza per lei- nel
giro di ventiquattr'ore?
Le folli elucubrazioni di entrambi si arrestarono al suono distante di un
campanello. Si guardarono, rendendosi conto di quanto erano andati lontano con
la fantasia. E lui, improvvisamente all'erta, si diresse verso l'entrata con la
bacchetta della strega stretta in pugno. Sprizzava scintille multicolori, a
testimonianza del suo non proprio breve momento di squilibrio mentale.
"Non posso crederci... e ora cosa ci fai TU qui,
Mocciosus?" ragliò esasperato, indeciso se
chiudergli la porta in faccia o lasciarlo entrare, dopotutto, la situazione gli
era sfuggita di mano da qualche giorno e aveva l'impressione di vivere uno
strano e terribile incubo.
Non avevano sentito, presi com'erano, il rumore familiare, così consueto, di
una persona che si materializzava nelle vicinanze. Per un corto istante SeverusPiton parve spiazzato.
Poi ebbe di nuovo la meglio sulla propria espressività. Era un uomo di
corporatura asciutta e longilinea, nonostante la schiena fosse leggermente
incurvata; i capelli color carbone ricadevano lungo un viso ovale dalla pelle
olivastra e dall'espressione poco amichevole. Era un eufemismo. Sembrava la
caricatura involtolata nella carne di un tetro fantasma in bianco e nero.
"La domanda giusta è cosa ci fai tu qui, Black.
Emilia, esigo delle spiegazioni!" cercava di mantenere un tono neutrale
mentre gli occhi saettavano da Black al divanetto su cui era sdraita la donna, fasciata come una mummia egiziana.
Spinse
Black contro al muro con un braccio e lo ignorò deliberatamente mentre
raggiungeva Averill con passo spedito. I due si squadrarono, imbarazzata e
allucinato, finché Severus parlò. Nel mentre, faceva
apparire dal nulla un flacone di una pozione scura e densa.
"Lo sapevo che eri un'indicibile idiota. Lo sapevo benissimo, ecco perchè sono tornato. Tu non me l'hai raccontata giusta e io
lo sapevo"
"Severus, non ho bisogno dei tuoi insulti. E
cosa diamine intendi fare con quella roba?!" disse, mentre lui con gesti
secchi e una precisione impeccabile puliva le bende e le imbibiva con quella
strana pozione color sangue.
Sirius
guardava ormai la scena come uno spettatore, incapace di prenderne parte.
"Ecco fatto. No, non ringraziarmi, pazza di una
strega!"
Da
dove arrivava quell'uomo dal tono di voce preoccupato, assolutamente troppo per
essere quello che lui conosceva? Sirius non aveva mai visto il mago comportarsi
da amico con nessuno se non con Lily. La cosa non era poi durata molto, per via
delle dubbie frequentazioni di Piton. Non l'aveva mai
sentito sputare più di due parole.
"Se sei qui per conto di Silente, sappi che io
non ho nessun bisogno di-"
"Ma certo che sono qui per conto di Silente!" si affrettò ad annusare
il calderone che era caduto per terra poco prima "Black, scemo d'un cane.
Per quale motivo hai pensato di poterle dare della pozione Soporifera?! Sei
forse un medimago? Li conosci gli effetti
collaterali? Quanto a te, adesso ti porto a Hogwarts. Se sarai fortunata
Silente non ti prenderà a scarpate e accetterà di aiutarti. Proprio una bella
coppia di idioti"
La
strega sembrava aver preso fuoco di rabbia; gli lanciò uno sguardo assiderante,
mentre le mani le si artigliavano inconsciamente ai braccioli della poltrona.
"Ma come ti permetti? Piombi in casa mia e
cominci a dettar legge? Torna immediatamente da dove sei venuto. Fuori di qui! Ma
chi ti credi di essere? Nel caso in cui ti fosse sfuggito, ho tutto sotto
controllo e non so che farmene della tua arroganza! Credi che io sia ancora qui
grazie a te? Scordatelo, razza di acromantula
degenerata! Anzi, prima di andartene fammi un piacere, prenditi Black e
levatevi di torno entrambi. Mi state facendo scoppiare il cervello. Ma pensa un
po'..."
"Piton, tu sai come ha fatto a ridursi in quello
stato?" sussurrò Sirius, parlando per la prima volta.
“Nella tua lacunosa e dubbia conoscenza di come funzionino le cose a questo
mondo, mi sembra ti sia sfuggito il dettaglio non proprio insignificante che io
sono appena arrivato e che non posso avere in mano più informazioni di te.
Anche se naturalmente, se me ne facessi parte, forse potrei illuminarti” disse
con tono decisamente astioso.
"È un incantesimo"
"Come dici?" Piton si voltò di scatto
"Non ascoltarlo, è tocco e tu lo sai" rimbeccò Averill,
improvvisamente in ansia.
"Se ce n'è una qui con un grave caso di disequilibrio psicofisico sei
tu" disse, per poi rivolgersi al mago "ascoltami, tu. Quando James e
Lily sono morti"
"Chiudi quella bocca, finiscila di parlare a vanvera." ribatté Piton, innervosito
"PERDIANA, VUOI ASCOLTARMI?! QUESTA DONNA CHE HAI DAVANTI, MUMMIFICATA
DALLA TESTA AI PIEDI, MI HA SALVATO LA VITA USANDO LO STESSO INCANTESIMO DI
LILY NELLA NOTTE IN CUI TU-SAI-CHI GLI HA FATTO QUELLA FAMOSA VISITA DI
CORTESIA. ED È ANCORA VIVA." Lo gridò e sentì la voce incrinarsi,
finalmente poteva vuotare il sacco. Era sicuro di aver perso il senno a forza
di stare a stretto contatto con quell'altra.
"L'hai vista anche tu, quella notte, lo so, lo sanno anche i muri, Piton"
"Non è possibile"
"Ci risiamo..." Sirius roteò gli occhi con fare indisponente, ma Piton era impassibile.
"Io so cosa ha fatto Evans quella notte, ed è impossibile che questa qui
l'abbia fatto per salvare te".
"Severus" Si erano quasi dimenticati di
lei, quando la flebile voce raggiunse le loro auricole.
"Non mi sento affatto bene" disse, più piano, improvvisamente bianca
come un cencio.
"Lo so. Adesso andiamo. Tu cosa intendi fare?" ammiccò verso Sirius
"Resti qui al sicuro, a grattarti le croste, tanto per cambiare?"
"Non ti permettere Mocciosus." ringhiò di
rimando "Tu occupati di lei, io vado a recuperare il libro che ha usato,
l'ho trovato ieri. È pieno di appunti. Ovviamente per rendere le cose più
facili ha modificato tutto quello che c'era scritto, non ha saltato nemmeno una
riga! Comunque la cosa migliore sarebbe portarla al San Mungo e farla
internare. È fuori dalla grazia di Dio" e così dicendo si rimise il
mantello sulle spalle e corse a prendere il libro.
Un terribile "crac" fece tremare i vetri
della casa, e un'orrenda imprecazione gli uscì dalla bocca. Quel mentecatto se
n'era andato senza aspettarlo e aveva portato con se Averill. Si trattenne
dallo sfogarsi contro il muro. Come diamine sarebbe andato a Hogwarts senza
potersi materializzare? La risposta gli venne incontro in un'accecante scia
luminosa. Una... non ne era sicuro, sembrava... si, era proprio...
Una cerva argentea scalpitò nella sua direzione, e la voce tanto odiata di Piton rimbombò per la casa, sconquassandogli l'anima,
aiutata da ogni muro che lo circondava.
"Nel caso in cui il tuo acume non fosse
all'altezza della situazione già di per se abbastanza problematica senza
aggiungervi gli aggravanti di cui saresti perfettamente capace, sappi che non
tornerò indietro per materializzarmi con te" il disprezzo nel tono di voce
era ridondante "In un cassetto della credenza di fronte al camino c'è un
vaso in ceramica con su scritto << metropolvere
>>. Spero di essere stato abbastanza chiaro. In caso contrario, a mai più
rivederci" e la bestia maestosa scomparve lasciando il mago frastornato.
Sirius era preoccupato. Il libro vecchio di qualche secolo gravava sul torace
con il peso di tutti i suoi anni. Avrebbe rivisto Harry? Non che non ne fosse
capace, ma non se la sentiva di inventare una storia; non voleva mentire.
Eppure non sapeva come avrebbe potuto giustificare la sua assenza, per non
parlare del suo ritorno dal regno dei morti. Avrebbe dovuto dargli spiegazioni,
e non riusciva a darle nemmeno a se stesso. Prese una manciata di metropolvere dal vasetto che gli aveva indicato la cerva, e
varcando le alte fiamme color smeraldo del caminetto, esclamò "da
Silente!".
*°*
Nel mentre, SeverusPiton
era arrivato, con la donna infagottata fra le braccia, direttamente nei
sotterranei. Era il posto in cui lui insegnava, lavorava e dormiva, essendo
responsabile della casa di Serpeverde. Il posto rispecchiava il carattere
dell'uomo. Chiuso, indisponente, antipatico, freddo, oscuro. Proprio come
l'avrebbe descritto Sirius se in quel momento fosse stato presente. Lasciò che
Averill si sistemasse su una poltrona verde bottiglia del suo ufficio, di molto
più larga del suo corpo pallido, esangue. Le diede una rapida occhiata per
accertarsi che non fosse sul punto di svenire, ma la trovò con gli occhi
aperti, anzi sgranati. Si guardava attorno come persa nei ricordi.
Il mago si affrettò a raggiungere la porta, "Non ti muovere e non toccare
niente. Torno fra poco" e se ne andò senza darle spiegazioni, la veste
scura che si agitava al ritmo dei suoi passi. La strega sentiva il cuore
stretto in una morsa micidiale. Portò una mano al petto, stupidamente, per
liberarlo. Non ne uscirò viva e senza ferite, ma questo lo sapevo già. Forza,
Averill. La porta si spalancò, e Silente arrivò assieme a Black. L'uno era
imponente nei suoi abiti setosi e celesti, l'altro era una figura magra e
scura, terribilmente in contrasto. I capelli ricci di Sirius spuntavano in
tutte le direzioni; quelli di Silente, chiari e luminosi, scivolavano sulle sue
spalle, seguendo tutti, come ammaliati, la medesima cadenza. Averill alzò il
volto per gustarsi la scena.
"E Severus?"
"Temo di non averlo incrociato, in compenso ho trovato Sirius Black nel
mio camino, eppure ero sicuro che fosse morto"
"Le ha... le ha già raccontato tutto?" cominciò lei, mentre il mago
le prendeva il polso tra le mani con gentilezza.
"Non saprei. Cosa mi dici, Sirius?"
E Sirius raccontò quello che gli era successo negli ultimi due giorni,
omettendo alcuni fastidiosi dettagli. Silente nel frattempo sfiorava
delicatamente le incisioni a livello dell'avanbraccio, mormorando parole il cui
significato non arrivava ad orecchio alcuno, se non il suo. Prese un'aria
grave.
"Non dia ascolto a un randagio pluripregiudicato.
Quello che dice non ha assolutamente senso".
SeverusPiton era di ritorno, con
un calderone e numerosi attrezzi sconosciuti che gli levitavano dietro come
pulcini dietro un'anatra, rapida, sul pelo dell'acqua.
"La questione è grave, Severus, e non si devono
escludere a priori certe informazioni. Potrebbero rivelarsi particolarmente
utili. In ogni caso, ti chiedo di mettere il tuo astio per quest'uomo in fondo
alle tue tasche per le prossime ore. Vale anche per te, Sirius. Ne va della
vita di qualcuno"
"Qualcuno di folle"
"Qualcuno di sconsiderato"
Le voci di Sirius e Severus si levarono
contemporaneamente, producendo quello che Averill avrebbe definito, in una
situazione più consona, un'inutile interferenza cacofonica.
"Adesso vorrei la tua versione dei fatti, mia cara. Senza omissioni, per
favore" e Sirius sentì l'occhiata in tralice del vecchio preside
tartassarlo di interrogativi.
"Professore, sarò breve perchè in questo momento
le forze mi mancano. Come già detto settimane fa, ho origliato una profezia che
riguardava BellatrixLestrange
e un membro dell'Ordine, che in seguito ad alcune informazioni si rivelò essere
Black. Come lei ben sa, ho preso in prestito dei libri dalla biblioteca della
scuola. Sono andata nella sezione proibita agli studenti, avevo bisogno di
qualcosa di potente per proteggerlo. Sapevo che le mie conoscenze non erano
sufficienti. Mi sono imbattuta, leggendo, in una formula che prometteva di
salvare una persona in procinto di morire, mediante la presa giornaliera di una
pozione per un certo numero di giorni, e-"
"Ecco il libro in questione, signore" Sirius fece un passo avanti e
lo porse al mago che l'aprì immediatamente alla pagina giusta.
"Mmh" Silente divenne scuro in volto.
"Non per insultare la sua intelligenza, ma preside, lei sa che questo
sortilegio permette di salvare una persona condannata a morire solo sotto certe
condizioni" ora Piton, con il mento sollevato in
un'espressione indecifrabile, aveva teso una mano verso il libro; voleva
vederlo anche lui.
"Lasciala continuare" sibilò Sirius, precedendo la risposta di
Silente "Se tu non sei abbastanza intelligente da renderti conto della
situazione, finisce che lei muore sul serio e sarà in parte colpa tua. Un gran
bel peccato, se non per il piacere che finiresti ad Azkaban..."
"Adesso basta, o mi vedrete costretto a escludervi da questa faccenda. Emilia?"
"La pozione, dicevo. Ma non bastava, dovevo anche essere presente in quel
momento, ecco perchè ho chiesto il permesso al capo
dell'Ufficio Auror di andare a
"perlustrare" il piano dell'Ufficio Misteri. Era citato nella
profezia che dovesse succedere proprio nel cuore del Ministero. Per motivi che
non sto a spiegare..."
"Hai usato della felixfelicis
quel giorno?" disse Silente, senza lasciar intendere da dove avesse preso
quell'informazione.
"Io... no..."
"HAI USATO DELLA FELIX FELICIS?" latrò Sirius, spiazzato.
"Forse mi hai frainteso... io parlo del giorno in cui Sirius sarebbe
dovuto morire per mano di Bellatrix" disse
Silente.
Sirius e Severus si guardarono accigliati,
improvvisamente le loro discussioni in cagnesco appartenevano a un tempo
remoto.
"Si, signore. Nel dubbio, pensavo che avrebbe
potuto aiutare..."
"E NON TI E' VENUTO IN MENTE CHE POTEVA INTERFERIRE CON L'ALTRA POZIONE E
UCCIDERTI?" sbraitò Piton, furioso come nessuno
l'aveva mai visto.
"Io... non volevo rischiare invano. Professore, lei sa perchè
l'ho fatto. Non mi chieda oltre. Ero consapevole dei rischi. Non è affatto
colpa sua, se non si è fidato di me"
"Purtroppo temo che in parte sia il caso di dire che è anche colpa mia.
Certo non mi attribuisco i risultati, che essi siano meriti, come l'aver
salvato la vita di un uomo, o ferite magiche inguaribili come la tua, eppure avrei
dovuto perlomeno spiare nella tua mente, per sicurezza. Ma non l'ho voluto
fare."
Lei abbassò la testa, non voleva guardarlo in faccia. Era mortificata.
"Professore... come può dire che sono inguaribili, dia un'occhiata al
libro... sono sicuro che con un po' di tempo a disposizione..." cominciò Severus, d'un tratto concentrato.
I suoi occhi scuri erano stretti, le pupille
saettavano sulle pagine del libro aperto che il preside teneva ancora in mano,
come una statua in carne ed ossa.
"Lei non ha molto tempo a disposizione. Vedete,
le sue piaghe non cicatrizzano. Forse dovremmo tentare qualcosa per accelerare questo
aspetto della guarigione. Eppure qualcosa mi dice che non funzionerà"
"Il libro dice chiaramente che lei doveva morire al posto dell'altra
persona" s'intromise Sirius, con voce incerta "Lei non è morta. Ergo,
si deduce che qualcosa non è andato come doveva. Lei pensa che vivrà con delle
piaghe aperte per tutta la vita?"
"Siamo sinceri, Sirius!" disse Silente, con una punta di nervosismo
nella voce che sicuramente non voleva lasciar trasparire "Io non le auguro
niente di simile, ma credi davvero che sopravviverà
in questo modo? Io credo di no. Io credo che abbia appena firmato la propria
condanna a morte".
Averill
rimase di ghiaccio a quelle parole. Averill,
"un-ingegno-smisurato-per-il-mago-è-dono-grato", aveva creduto che in
un modo o nell'altro, dato che era ancora viva, se la sarebbe cavata. Averill
era poco più, in quel momento, di una bambina spaventata. Si era di nuovo spinta
oltre le proprie capacità. E questa volta, Sirius non l'avrebbe protetta,
neanche per sbaglio, neanche... volendo.
"Signor preside, ha visto le scritte attorno
alla ricetta? L'ha interamente modificata. Sono sicuro che lei ha potenziato la
protezione su sé stessa in questo modo, guardi. Secondo me potremmo partire da
qui." disse Piton, come deciso a non tener conto
di una singola parola appena pronunciata dal suo interlocutore.
Nessuno
osava più parlare. Averill era rannicchiata come un mucchio di polvere in uno
scopino. Sirius si passava continuamente la mano fra i capelli, passando per il
viso e stravolgendosi le pieghe d'espressione, in un insieme di sconclusionati
comportamenti nervosi.
Era un repertorio infinito, in confronto a Severus.
Lui era immobile, come se nulla l'avesse toccato, eppure se possibile era più
preoccupato di lui. Non voleva darlo a vedere, e si mordeva la lingua per non
parlare. Il preside e il professore di pozioni si sedettero di fianco senza più
proferire parola, leggendo interamente le pagine aperte sul manoscritto. Sirius
si avvicinò alla strega nel frattempo, come se improvvisamente si fosse sentito
colpevole. Si sedette nella poltrona accanto a lei e le chiese di porgergli un
braccio, così da poter riguardare sotto le bende.
"Avete notato che sembrano dei graffi?"
disse, mentre allontanava di scatto le dita dal polso ferito alla vista della
smorfia di dolore di Averill.
"Si, ma non si capisce... come la cosa sia collegata al sortilegio"
rispose Piton, in tono neutrale, ancora occupato a
leggere.
Silente
si alzò all'improvviso in uno svolazzo di vesti e si diresse verso Sirius.
"Hai riportato una cicatrice, non è così? Dovrei
chiederti di mostrarmela" Sirius si allontanò dalla poltrona senza
rispondergli, si avvicinò alla sorgente di luce -qualche candela galleggiante a
mezz'aria e un paio di timide lampade ad olio sulla scrivania di Piton- e comincìo confusamente a
svestirsi.
Avvampò
come un ragazzino quando sentì gli sguardi di tutti i presenti puntati sul suo
petto.
"Non ci sono dubbi, ora, Severus.
Guarda. È identica a quella del giovane Potter" constatò Silente, nello
stupore generale.
Perfino Averill si raddrizzò seduta nell'enorme
poltrona, e strabuzzò gli occhi per vederlo; non ci riuscì, e ricadde
pesantemente supina.
La ferita sottile che gli altri stavano osservando era già in fase di
cicatrizzazione, al contrario delle piaghe di Averill. Era liscia, con i
contorni leggermente arrossati, si insinuava fra i pettorali dell'uomo in
contrasto con la sua pelle chiara. Silente vi passò una mano sopra senza
toccarla e parve studiarla scrupolosamente. Piton,
interdetto, non si era alzato subito, ma ecco che ora prendeva Sirius per le
spalle e avvicinava il naso alla famosa cicatrice.
"Non... può essere" esclamò sgomento.
"Averill" disse poi "l'hai fatto davvero".
"Severus..."
"Io ti avevo detto di lasciar perdere i libri di magia oscura e di
concentrarti su incantesimi di protezioni comuni. Ti avevo detto che l'avrei
fatto io! Che avrei impedito a Bellatrix di andare al
ministero... Io... Ti avevo anche chiesto di dirmi chi fosse la persona che
rischiava di essere uccisa. Ti sei esposta per niente. Guarda cos'hai fatto... Potevamo
vedercela insieme! Per quale motivo non mi hai detto subito che era lui?"
"Che cosa cambia, Severus? Lui o un altro?! Per
me niente"
"Non mentirmi!"
"Non mi avresti mai aiutata per salvare Sirius!"
"Avrei potuto fare qualcosa. E tu non avresti fatto le cose in questo
modo".
Era una voce affranta che rimbombava nello spazio angusto della stanza nei
sotterranei. Sirius si stava ancora abbottonando la camicia quando Silente
prese la parola.
"Credo di sapere cosa fare, ma ho bisogno di
tempo, come dicevi poco fa, Severus. Vorrei che tu
preparassi il più potente distillato di Morte Vivente che sia mai riuscito a
fare. Dobbiamo metterla a riposo e credo che sia la via più efficace. Stavo
anche pensando a farle una Polisucco per trasformarla
in una persona di corporatura più robusta, in modo da minimizzare gli effetti a
lungo termine. Quanto a te Sirius, voglio che torni a nasconderti e che non
metti più piede a Hogwarts, è troppo pericoloso. Questo era un caso di urgente
pericolo e sono contento tu sia venuto, te ne ringrazio. Il quadro della
situazione, ora, non potrebbe essere più completo. Non contattare Harry, non
parlare a nessuno di questa faccenda. Ogni giorno Severus
ti manderà un gufo per informarti in caso di cambiamenti"
"Non potrei...?" stava per cominciare Sirius, che non aveva nessuna
voglia di obbedire a tutte quelle raccomandazioni strampalate.
"No, e debbo chiederti di promettere che non farai nulla di sconsiderato
una volta raggiunta la tua casa a GrimmauldPlace"
"Cosa intende per sconsiderato?"
"Cose di cui saresti perfettamente capace, in questo genere di
situazioni" e abbassò la testa, guardandolo sopra gli occhiali a
mezzaluna.
"D'accordo, io... d'accordo. Arrivederci allora" aggiunse
sommessamente, per nulla elettrizzato dalla prospettiva che gli si stava
materializzando dinanzi.
"Professor Silente, Averill..." fece un cenno di saluto, e lanciò uno
sguardo a Piton che non aveva smesso di guardarlo
come se fosse un barattolo in vetro con una testa mozza all'interno conservata
nella formalina "Hai tutti gli interessi a mandarmi quell'accidente di
gufo. Sai che verrò a prenderlo, se non me lo mandi tu"
"Era proprio di questo che parlavo, Sirius!" lo rimproverò Silente, e
posando una mano sulla sua spalla lo accompagnò alla porta.
Pochi istanti dopo, il venerando mago stava già
chiamando Madama Chips, l'infermiera della scuola, per comunicarle in gran
segreto tutta la faccenda. Mentre la donna si occupava di esaminare lo stato di
salute generale della strega, gli altri due maghi preparavano gli ingredienti
per le due pozioni che avevano deciso di fare.
*°*
Tutto era già pronto sul tavolo, aspettavano solo il
verdetto di Madama Chips, il via libera per agire.
"Non ho mai visto nulla di simile, Preside. In
ogni caso potete darle senza paura la pozione Polisucco,
credo che non possa succedere niente. Le piaghe non crescerrano
oltremisura, ecco puo' darsi che crescano
proporzionalmente al suo corpo, ma questo non lo sapremo senza provare; quanto
al Distillato di Morte Vivente, non ci saranno complicazioni né interferenze
con l'altra pozione; ma immagino che lo sappia già, vero professor Piton?" e gli rivolse un cenno al quale lui rispose
bruscamente.
"Ti ringrazio. Posso contare su di te, allora, Poppy?
Ti occuperai di lei? Faremo dei cambi, ognuno la seguirà per due ore in
successione in modo da evitare di prendere dei rischi. Poppy,
nessunaparola, a nessuno"
"Per chi mi ha presa, Preside?" disse
indignata, mentre il viso le si chiazzava di rosa per la stizza.
Piton si mise all'opera, la giornata
sarebbe stata lunga. Era lui il primo in lista a tenere la strega sotto
controllo, per cui dopo qualche minuto si ritrovò solo con lei. Si era limitata
a mugugnare dei ringraziamenti tutto il tempo fin quando Albus
Silente non se n'era andato. E ora silenzio. L'aria era fredda e umida, il
fuoco non bastava a scaldarla; su di esso, due calderoni colmi borbottavano
vapori colorati. Il rumore di un pestello scandiva il tempo e null'altro l'accompagnava,
se non qualche sospiro, ogni tanto, come a ricordare che Severus
non era lì da solo.
"Tu lo ami?" chiese a bruciapelo, senza
alzare lo sguardo dalla polvere di erbe magiche che stava pesando. Un fremito
sulle labbra.
"CHE COSA?!" sussultò lei.
Lui prese un piccolo cucchiaio d'oro dalla forma
tondeggiante, e di nuovo, con l'aria concentrata, ribadì "Tu ami
Black?" Il disprezzo le trapassò il petto e arrivò fino al cuore come una
freccia fatta d'aria. Non rispose subito.
"Pensavo che non t'importasse più niente di lui.
Credevo che l'avessi dimenticato, con il lavoro e tutto il resto. Invece no. Sei
una sciocca"
"Pensa per te, Piton" ribatté lei, ora
glaciale. Lui si decise ad alzare brevemente lo sguardo, incontrando il suo.
"Non mi sembra che tu sia in posizione di potermi giudicare" disse
poi lei, con la voce che le tremava in gola.
"Io non ti sto giudicando. Era una constatazione. Sapevo di non poter
cambiare niente, neanche parlandone. Eppure lo speravo, chissà perchè" disse poi, mentre la bocca prendeva una strana
piega, stretta e obliqua.
Sperava di riuscire a convincerla ad aprirsi con lo
sguardo, lui, proprio quello a cui nessuno aveva mai visto aprirsi le porte del
cuore. Invece non ci riuscì, e si limitò a rigirare la pozione con un gran
sospiro. Averill era ostinata, non voleva che le leggesse tutta la verità negli
occhi. Era sua, intima e dolorosa. Si
faceva già abbastanza pena da sola. Aveva buttato all'aria la sua vita e la sua
carriera per un uomo. L'uomo in questione non sapeva nemmeno chi fosse. A malapena
si ricordava di lei quando era una ragazzina. Arrossì al ricordo delle parole
di quella mattina che quello stesso uomo le aveva detto. Ora non provava altro
che rimorso e vergogna, per gli atti mancati, per quelli intrapresi e poi
rimpianti, e piangeva, sola, trascinandosi definitivamente in un silenzio di
tomba.
Capitolo 4 *** Prior Incantatio e cuori che battono ***
"KREACHER"
"Padron Sirius mi ha chiamato? - Feccia puzzolente che ha spezzato il
cuore della sua povera madre, oh Kreacher non lo ama, no..."
"Hai preso tu la lettera, vero?! Dove diamine è
finito il gufo? Per tutti i gargoyle!"
"Kreacher non avrebbe mai preso qualcosa senza chiedere, no. Kreacher
pulisce, rassetta, riordina, questi si! - Se non gli viene
chiesto, Kreacher dice quello che vuole al meschino traditore..."
"Il meschino traditore ti sente benissimo, razza d'idiota! E adesso ti
ordino di dirmi la verità, dov'è la lettera e dov'è il
mio benedetto gufo Kreacher!"
Kreacher, il vecchio elfo domestico di sua madre, si
avviò con passo strascicato verso il forno a gas della grande cucina di casa
Black, si acquattò sul pavimento e trasse una piccola busta color avorio,
addobbata con tanto di pallottole di polvere, e senza soffiarci su la porse al padrone mugugnando con grande indignazione per
essere stato colto in flagrante. Eppure succedeva tutti i giorni da una
settimana. Sirius ogni mattina doveva giocare alla caccia al tesoro con
Kreacher, farsi ridare la lettera e finalmente dargli una meritata pedata nel
sedere, per poi andare a leggersela al grande tavolo di legno massiccio della
cucina. Era vuota la casa, senza l'Ordine. Ogni tanti venivano a trovarlo i Weasley
e qualche Auror, solitamente per cena. Era un po'
come se venissero a fargli visita in prigione.
E doveva restare assolutamente segreto. Molly Weasley si proponeva sempre come
cuoca, e ne aveva ben donde. L'elfo di casa si rifiutava di preparare roba commestibile
per quei "traditori del loro sangue" e Sirius era incapace di
cucinare decentemente per così tante persone. Era un venerdi mattina, e Kreacher, stanco di essere sempre
preso con le mani nel sacco, aveva deciso di aggiungere un po' di piccante alla
situazione.
"Bene, adesso dimmi cosa hai fatto con quel gufo"
"Io non ho fatto niente, padron Sirius. Kreacher
non farebbe mai del male a..."
"Dove l'hai messo? Dimmelo" ringhiò minaccioso il mago, brandendo la
lettera come fosse un'arma letale.
"Io non sa... ha solo preso la lettera per il padroncino - un mentecatto che accoglie in casa lurida
feccia indegna che infanga la dimora dei suoi padri, oh povera la mia padrona,
cosa direbbe se vedesse Kreacher obbligato a servire..."
"Tu l'hai lasciato ANDARE VIA, KREACHER?!"
ora Sirius l'aveva preso per i vestiti e l'aveva sollevato, senza riscuotere
nell'elfo nessun timore.
"Kreacher non sa, Kreacher l'ha lasciato entrare, ha chiuso la porta
uscendo, pero' non sa se ha chiuso la finestra!
Kreacher è vecchio, padron Sirius..."
L'aria
da agnellino che aveva preso disgustò enormemente Sirius, che lo lasciò andare via senza reagire, ben sapendo che era
quello che più lo avrebbe reso felice; si diresse a passo pesante verso camera
sua, dove normalmente arrivava la posta da parte di Piton.
Con suo gran sollievo, il gufo era rimasto nella stanza, placido si era
accomodato sulla scrivania e ora sonnecchiava per riposarsi dal lungo viaggio.
Si sedette di fronte all'animale, il quale arruffò leggermente le penne per
essere stato svegliato, e squarciò il sigillo della busta, non prima di aver
soffiato con forza per far sparire le gatte di polvere.
"La situazione è incambiata.
Silente ribadisce di non uscire, ma io so che la cosa
in fondo ti fa piacere. Non sei mai stato in grado di assumere rischi più del
necessario. Un codardo, proprio come Potter. Non crogiolarti troppo però,
mentre gli altri lavorano per danni che hai causato tu. S. Piton"
Rilesse per sicurezza, poi la ripose sul tavolo, insieme alle
altre. Accarezzò piano il gufo marrone. Era ancora più frustrante essere in
quella casa. Più di quando la Tana dei Weasley era andata a fuoco per un
attacco da parte dei mangiamorte ed erano tutti
dovuti andare a vivere da lui, e subiva il controllo costante dei membri
dell'Ordine - certo, anche la loro compagnia, che non gli dispiaceva - senza
contare il via vai di quel cretino bisunto di Piton,
con tanto di frecciatine arroganti e tono mellifluo. Si preparava a un'altra
giornata noiosa. Non aveva niente da fare. Harry non gli scriveva più, lo
credeva morto. E lui così si sentiva, morto. Se non
altro aveva l'ippogrifo Fierobecco, a tenerlo
occupato. Scrollò leggermente le spalle e gustò l'aria fresca che arrivava
dalla finestra. Il cielo era stranamente azzurro, e le nuvole basse erano rade,
cosa rara a Londra. Le parole di Piton non lo
scalfivano più di tanto, era dai tempi della scuola che si scambiavano insulti.
Eppure un vago senso di inquietudine gli fece accelerare
il respiro. Era davvero, almeno in parte, colpa sua se quella donna si era
messa così tanto in pericolo? Un attimo prima era lui in procinto di morire, un
attimo dopo ritrovava le forze, e la vita dell'altra era appesa a un filo.
Com'era potuto succedere? Indugiava a lungo su quei pensieri, tutti i giorni,
soprattutto la mattina quando le accuse di Piton
arrivavano fresche fresche
in via cartacea, e l'ombra di quelle parole scritte in piccola calligrafia gli
restava impressa nella mente. Passò una mano sulla scrivania per raccogliere la
polvere che stava lentamente ma sicuramente invadendo tutta la casa. Gli
sembrava di essere un vecchio ninnolo da comò, di quelli che nemmeno sono
stregati e si muovono; lui se ne stava lì fermo, in una bolla di cristallo con
tanti brillantini che gli rovinavano addosso. Tutto si muoveva intorno a lui,
dandogli l'illusione di essere vivo, ma non poteva muovere un dito senza
scatenare una tormenta.
Doveva rispondere a Piton? Non l'aveva ancora mai
fatto, in più quell'altro non aveva nessuna certezza che il gufo arrivasse a
buon porto - Sirius era sicuro che se ne rallegrasse ogni giorno di più - e
quella mattina cosi rischiarata dal riflesso di sole
lui sentiva che era venuto il momento di farlo. Ma
cosa avrebbe potuto scrivere a Mocciosus senza
rischiare di essere scoperto? Tra quella faccenda e il fatto che era ricercato
dal mondo -magico e non- come pluriomicida, non sapeva più che cosa fosse
"veramente" grave, e se fosse poi così importante restarsene lì e
obbedire a Silente. Poi un piccolo morso allo stomaco gli
ricordò che qualcuno aveva buttato all'aria la sua vita per lui, e che anche
per quel motivo lui non aveva il diritto di rischiare. L'immagine di una donna
ferita, debole, pallida fece capolino fra i suoi pensieri. Ogni volta che
tornava lui scuoteva la testa per dimenticare. Avrebbe
preferito mille volte morire... "Davvero?" disse una voce
nella sua mente.
"E io che ti facevo combattivo, invece sei il
solito asticello... ti agiti come una furia e poi al
primo accenno di battaglia scappi a gambe levate... Sei incapace di gestire le
tue emozioni, incapace di accettare limiti imposti da altri, anche se sono il
miglior consiglio che possa darti un amico..."
"Il mio amico è morto quasi vent'anni fa, assassinato"
"Dunque Lupin ora non conta più niente,
mi pare giusto... Ma tu saresti capace di farlo, di correre il rischio e di
buttare tutto nel camino a bruciare per il tuo egoismo".
E
su questa linea di pensiero, in bilico come se fosse davvero in procinto di camminare
su un filo sospeso, prese la penna d'aquila e cominciò a scrivere. La mente
lavorava, rapida, eccitata per la possibilità di produrre un messaggio
codificato. Unica attività cerebrale, in quella settimana
piatta, lunga come non mai.
"Vorrei più dettagli sulla situazione, te la
senti, Mocciosus, senza che la notizia dilaghi
attraverso i muri? Passa il mio saluto alla Bella
Addormentata nel bosco, e se non sai chi sia leggiti la fiaba babbana. Felpato"
La mano tremava ancora piano, aveva scritto già un paio di lettere finite
direttamente nel cestino, ma questa gli sembrava che andasse abbastanza bene.
Diede un biscottogufo al bell'animale fulvo e gli legò a una zampa la missiva.
"Portala a Hogwarts, è
per SeverusPiton. Stai attento a non farti
controllare, è possibile che ti facciano male, mi raccomando" gli sussurrò piano, per poi vederlo allontanarsi con
gentilezza e spiccare il volo nel cielo azzurro.
Sirius
era preoccupato per via degli ultimi inserti sul giornale che non facevano che
parlare dei nuovi decreti ministeriali indetti da quella ibridofoba della Umbridge. Sapeva
che Edvige, la civetta di Harry, aveva subito dei controlli e già prima
dell'attentato al Ministero avevano dovuto smettere di scriversi via lettera,
sebbene facessero attenzione a rendere incomprensibili i loro messaggi.
Bene, si disse. E adesso cosa fare?
Subitanea arrivò l'ansia per l'attesa di una risposta che rischiava di non
arrivare. Ma lui ci sperava ardentemente, e non volle
pensare al peggio. Scese di nuovo in cucina e decise che era il momento di
spolverare. Sia lui che - maledetto il giorno in cui è nato - Kreacher non smettevano di starnutire a tutte le ore della giornata. Aprì
le finestre, l'aria frizzante era libera di entrare e si formò una corrente che
gli fece quasi credere di essere all'aperto. Dovette fare tutto a mano,
ovviamente; la sua bacchetta era stata ritrovata "misteriosamente"
sotto al naso di Caramell,
il Ministro della Magia, e questi aveva dato di matto. Nemmeno Silente sarebbe
stato in grado di fargliela riavere. Con un tuffo al cuore per la sua amata
bacchetta, ripensò a quella di Averill che giaceva in fondo a un vecchio
cassetto. Nessuno ne aveva parlato e non gli era stata
chiesta, per cui senza accorgersene l'aveva portata con se, in una tasca della
veste, la sera in cui Silente l'aveva congedato. Dopotutto lei dormiva, non ne
avrebbe avuto bisogno finché non avessero deciso che
poteva essere svegliata senza rischi. Lui non aveva più osato toccarla,
figuriamoci usarla.
Doveva solo sperare che Kreacher non la trovasse, perchè
sarebbe stato più difficile farsela rendere che con le lettere. Se James
sapesse che scambio letterine con quello storpio di Piton...
rabbrividì al solo pensiero, anche perchè aveva
dovuto accennare a questo fatto con Lupin, e lui ne era rimasto molto colpito.
Remus era fra i Malandrini sicuramente il più saggio, ma da lì a buttarsi fra
le braccia di Piton e sperare di trovarvi rispetto e
pentimento per il passato, ne passava di acqua. Certo era che si fidava di
Silente molto più di quanto non lo facesse il suo amico. Sirius aveva sempre
avuto remore nel affidare la propria esistenza in mano altrui. Non amava
condividere le proprie decisioni, sentiva che spettavano unicamente a lui. Per
quel motivo era scappato di casa a sedici anni, per lo
stesso aveva deciso che non sarebbe stato lui il custode segreto di James e
Lily -quale rimpianto, pero'-, e sempre per quello
ora indugiava se restare li a spolverare la cucina come un elfo domestico o
spiccare il volo con Fierobecco e volare dritto a
Hogwarts. Era preoccupato per i decreti anti-libertà della Umbridge, sapeva quanta fatica facesse il piccolo Harry -
piccolo, Sirius? Lui ha una vita ben più grandiosa della tua, guarda che
avventure, guarda quanto ha sofferto... no, lui non è
più piccolo! - a starsene imbalsamato a subire ordini da qualcuno. Almeno in
questo si assomigliavano!
Avrebbe voluto pensare liberamente che era uguale a James, invece eccolo uguale a sua madre. Evans era una strega meravigliosa,
ma così rigida, dritta, leale, sempre pronta a proteggere i più
deboli... non capiva che non avrebbero mai imparato a difendersi da soli, in
quel modo? E tale quale era Harry. Mai, come il giorno in cui era quasi morto,
aveva visto una simile banda di strampalati -Neville Paciock?
Luna Lovegood?!- mettersi
spalla contro spalla guidati da un adolescente come loro e affrontare qualcosa
di grosso come il Signore Oscuro. E invece l'avevano fatto,
pensò, come a voler ribattere contro se stesso. Tra una cosa e l'altra, il
tempo era passato davvero in fretta quella mattina. Era quasi l'una quando, per
lo spavento, aveva sbattuto la testa contro al mobile
della cucina, al suono stridulo e inconfondibile di una civetta. Corse più
rapido che mai su per le scale e trovò l'animale con una lettera in becco.
"E io dovrei correre dei rischi per te?
Nemmeno nel più felice dei tuoi sogni, B... Ops, Felpato. In compenso, puoi ritenerti fortunato.
Per puro caso il vecchio bacucco ha letto il tuo messaggio e mi ha fatto
l'indicibile regalo di liberare il suo casino per una chiacchierata stasera
alle 23h00. Gioisci, uomo insulso. Finalmente qualcuno
si degna di accettare le tue richieste di attenzione. Ti
spiegherò poi perchè la lettera è caduta nelle sue
mani. Ovviamente è colpa tua, razza d'imbecille. PS: sostituisci alla
"s" in casino la prima lettera del secondo nome del tuo amico peloso
in nomenclatura binomiale. S. Piton"
Il vecchio bacucco è Silente? E lui si lascia chiamare così da quel
professorino da quattro soldi? Bah, per quello che ne sapeva
poteva anche darsi che si era autoproclamato tale per proteggere i segreti
della missiva... Amico peloso? Si riferisce a Remus, dev'essere... LupusMannarus? E Sirius gioì
sul serio, al pensiero di usare nuovamente il camino. Sperava di parlare con
Silente, per avere notizie e anche per tentare di rivedere gli accordi... da
quanto era che non usciva, neanche in forma di cane? Se solo avesse potuto
spiegarsi con Harry... Strinse la lettera in mano fino
ad accartocciarla, senza accorgersene. Il cuore batteva rapido, finalmente un sorriso gli stirò le labbra e scoprì i denti fino ai canini.
Un dettaglio particolarmente animalesco del suo aspetto, che i suoi amici si
divertivano a rimarcare da sempre. Quando scese nuovamente le scale, si sentì
inspiegabilmente più leggero. Ci manca solo che mi emoziono quando ricevo
lettere da Mocciosus...Sirius
scese nuovamente le scale con vigore facendo scricchiolare il legno, come per
avvisare Kreacher che era meglio non mettersi fra i piedi. La
giornata aveva cambiato prospettiva e la cosa stupidamente, insulsamente, lo
elettrizzava. Si sentiva agitato mentre raccoglieva gli ultimi dieci
esemplari della Gazzetta del Profeta da un angolo vicino al caminetto, prima di
buttarveli dentro. E lui sapeva cosa fare per distrarsi, così riprese in mano
la scopa da dove l'aveva lasciata. Durante le ore che seguirono, ripulì tutto
il piano terra e il primo piano, tralasciando
volutamente la mansarda - dio solo sa cosa ci sia nascosto lassù - concentrato
come mai, nella speranza di tenere lontani i suoi pensieri. Quella casa, senza
la polvere, ritrovava sembianze meno lugubri, quasi familiari.
Mentre spostava la roba non aveva solo il presente da
rifuggire; sui mobili, i tappeti, il soffitto, una sottile patina perlacea
improvvisamente rianimava le cose, si sovrapponeva al presente ed ecco che
vedeva i ricordi ondeggiare come strane ombre biancastre alla luce fioca di una
candela. Era il passato che tornava in superficie, che faceva la spuma come le
onde dietro ai suoi occhi. Lo invadeva in ogni angolo della casa. Come
un'allucinazione rivedeva Reg, suo fratello, seduto in attesa della cena,
arrossire e sorridere dei complimenti rivoltigli dai suoi genitori; c'era Kreacher
che arrancava attorno al tavolo, gli abiti puliti, un'aria curata, le mani
ingombre di piatti ricolmi di buon cibo. Quel profumo era l'unica cosa buona
che ricordasse di quella casa. Nella sua camera da letto,
invece c'era un giovane e avvenente Sirius che gli camminava davanti per
appendere un poster ammiccante di una ragazza sconosciuta ed immobile, babbana, con somma disperazione di sua madre. Tornò in
cucina, l'animo imperturbabile. Aveva costruito una corazza contro quel genere
di ricordi.
Quando ebbe finito, guardò dalla finestra, prima di mettersi a cucinare. Il
cielo azzurro si era incupito. Era in quella transizione primaverile tra il
giorno e la notte, quando le rondini rumoreggiando tornano al nido, le strade
si riempiono di profumi di stufato e minestra, e i ragazzini salutano gli amici
per tornare a casa. Lui lo sapeva bene, aveva passato gran parte del suo tempo
di bambino la fuori, a tendere agguati alle lucertole ed
agli gnomi, a salvare cucciolate di gattini, e poi più grande a rifugiarsi in
lunghe passeggiate solitarie fra i babbani, deciso a
recidere ogni filo che lo legasse ai genitori. Essere un adolescente non è mai
facile, probabilmente per lui lo fu ancora di più. Aveva sempre disprezzato la
sua famiglia. Mise a bollire due patate, poi si preparò un'omelette agli
asparagi con molta calma. Fece qualunque cosa per riempire il tempo, pur di
scandirlo e di allontanare l'appuntamento di quella sera. Mangiò con una
candela accesa accanto, guardando il cielo fuori di tanto in tanto, distrattamente.
Lavò le stoviglie e passò lo straccio sul tavolo, nonostante fosse
perfettamente pulito.
Seduto sulla poltrona in salotto, ecco che un altro ricordo prendeva possesso
di lui. Seppe, in un modo contorto ed inconscio, che
stava dormendo. Questa volta era a Hogwarts, nel gran campo da Quidditch, nel
bel mezzo di una leggendaria partita Grifondoro-Serpeverde. Sfrecciava rapido e
battagliero verso un ignobile battitore di Serpeverde, ed era deciso a
disarcionarlo, quando sentì la voce di James provenire da dietro di lui:
"BLACK, QUI... MI
SENTI, MALEDETTO RANDAGIO? LO SO CHE SEI LI, MUOVITI,
GUARDA CHE PER ME È UN ATTIMO SPEGNERE IL FUOCO... INSOMMA BLACK?! NON CREDEVO CHE FOSSI PIGRO OLTRE CHE INSULSO!"
La
voce del compagno si era irrimediabilmente tramutata in quella di Mocciosus. Saltò seduto come una molla, senza fiato. Non si
diede nemmeno il tempo di riacquisire tutti i sensi, li
lasciò sulla poltrona mentre guizzava rapido verso il camino, vedendo scie
colorate ovunque attorno a lui. Si sedette davanti al camino; le fiamme verdi
mostravano quel brutto muso di Piton.
"Eccomi, sono qui. Dio mio,
c'era bisogno di urlare?" disse stropicciandosi il viso, ancora incapace
di mettere a fuoco.
"Io non sono qui a tua disposizione, nel caso in cui ti fosse sfuggito.
Certo, sei abituato a non fare niente da mattina a sera, posso capire che tu
non comprenda appieno il significato di VITA e LAVORO"
"Allora, come stai lei?" disse Sirius, la voce incerta. "Secondo te come sta? Tecnicamente è come morta,
e ha il suo solito aspetto. Non le abbiamo ancora dato la pozione Polisucco, mancavano solo i capelli di MadameMaxime, Silente è andato in Francia ieri mattina con
Hagrid. Sai, la Preside di Beauxbatons"
"So chi è MadameMaxime"
rispose irritato.
"Insomma, la sua corporatura è ideale, e poi si tratta di una donna - anzi
per essere precisi è una mezzogigantessa, ma non
siamo ancora riusciti a farglielo ammettere. Fatto sta che ora Silente ha una
fiala con una ciocca dei suoi capelli. Per fortuna avevo una scorta di Polisucco, altrimenti non ne uscivamo, ho dovuto prepararne
un calderone intero, ma ovviamente ci metterà un mese a maturare...".
Sirius
non l'ascoltava, dei suoi vanti non se ne faceva
niente. Cercava con lo sguardo attorno e dietro a lui,
ma Piton se ne accorse e il volto s'illuminò
malignamente in un sorriso arcigno. In tutta risposta lui si accigliò: mai
gli aveva visto un'espressione simile su quella sua faccia da cacca di
pipistrello!
"Stai cercando il
risultato della tua stupidità? Ti piace il macabro, Black? O forse la prova di
aver attirato l'attenzione di qualcuno che non fosse quel maiale di Potter e
quell'insignificante di Minus? Lupin non lo cito nemmeno, non
conta come umano".
"Chiudi quella boccaccia, se non vuoi che salto
nel fuoco e ti faccio fuori con queste mani!" ribatté Sirius, ora
seriamente arrabbiato. Si sentì comunque rassicurato.
Mocciosus sembrava di buon umore, e questo significava che
c'erano stati dei progressi positivi, giusto?
"E Silente?" chiese poi, sullo stesso tono
di prima. "Come puoi immaginare... Ah, giusto. Tu non puoi
saperlo. Ecco, lui è molto occupato e non ha tempo da perdere con te. Deluso,
Black? Ma non ti preoccupare, mi ha chiesto di farti
sapere, con mia grande gioia aggiungerei, che desidera invece parlare con te
lunedì, alla stessa ora. Non ti chiedo nemmeno se ce l'avrai,
un piccolo sprazzo di tempo libero... Ce l'hai, giusto?"
"Bene... ok. Allora, lei dov'è?"
Piton non disse niente, riprese la sua solita espressione
altera e si scostò leggermente. E lui la vide. Era sdraiata su un fianco - come
al solito, pensò involontariamente - ed era sulla
poltrona su cui l'aveva vista l'ultima volta, ora trasfigurata in un letto. Una
pesante coperta a righe verde-argento - Piton,
lurida serpe! - le arrivava al mento, nascondendo le ferite. Rabbrividì,
non una parola gli uscì dalla bocca. L'essenza di
Morte Vivente aveva funzionato perfettamente. I contorni degli occhi erano
violacei, le labbra scure e dischiuse, come se stesse dormendo. La pelle, che
lui non aveva mai visto luminosa ma che certamente un tempo la era stata, era d'avorio, tesa, inelastica. Sentì un piccolo
tuffo al cuore. Portò una mano al petto, come a cercare qualcosa che aveva
perso. Poi tutto si fece più chiaro. Lui non la odiava più. In una settimana e
poco più di solitudine aveva fossilizzato le sue impressioni su quegli strani
giorni trascorsi insieme, impressioni che in tempo normale non avrebbe mai messo in dubbio, tanto era abituato a basarsi
esclusivamente su di esse. L'aveva resa portatrice di tutti i suoi mali.
Era talmente impaurito, nell'incrociare la morte, che si era aggrappato
con tutte le sue forze alle sottane di quella donna. Quella donna che,
imperturbabile, si era preparata giorno dopo giorno ad affrontare la morte per
evitare la sua, che ora riportava orrende cicatrici, che aveva
buttato alle ortiche tutto quello che aveva. Una donna che agiva, senza
pensarci troppo, da sola. Sirius sentì la vergogna bruciargli in petto, il
senso di colpa abbatterlo più forte di prima. Per lui, per la sua pelle, si era
ridotta a un mucchietto di carne esangue. Provò un immenso sollievo quando
sentì lo sguardo indagatore di Piton, sapendo che non
riusciva a distinguere l'espressione sul suo viso attraverso le fiamme. Portò
comunque la mano alle tempie, come a volersi nascondere. Improvvisamente non
gli importava più che Silente non ci fosse per parlargli, era diventato
secondario.
"Ok, bene... allora... Porgi i miei saluti a
Silente... e... ad Averill..." e balbettando uscì
dal fuoco, senza dargli il tempo di rispondere.
Tornò
a sedersi sulla poltrona, incapace di fare altro. Si alzò, poi si sedette
nuovamente. Sembrava quasi che stesse combattendo contro se stesso. Era
ridicolo. Ringraziò Merlino che nessuno potesse vederlo in quello stato. Mentre
fissava il soffitto gli tornò in mente la bacchetta
che aveva buttato malamente nel cassetto della credenza appena tornato a casa.
Senza riuscire a spiegarsi perchè sentiva che ora
poteva toccarla di nuovo. Averill non poteva usarla, mentre dormiva. Nessuno
gliel'aveva reclamata. Corse a cercarla, poi tornò in
salotto tenendola stretta nel palmo della mano. Era fine, elastica,
meravigliosamente leggera. Ne sentì l'aura tiepida
irradiare lungo il suo braccio, stupìto, e la vide
sprizzare qualche scintilla. Sentì che non l'aveva di certo accettato come suo
padrone, ma era decisamente disposta ad aiutarlo in
caso di bisogno. Poco dopo stava facendo levitare oggetti a caso per la stanza,
come un ragazzino del primo anno appena arrivato a Hogwarts, ancora incredulo.
Fulminea un'idea gli attraversò la mente. PriorIncantatio.
Avrebbe potuto sapere tutte le ultime magie fatte dalla strega. PriorIncantatio.
Avrebbe potuto fornire informazioni essenziali a Silente e Piton,
con quella bacchetta.PriorIncantatio...
ma non era in grado di muovere le labbra e di pronunciare il sortilegio. Adesso
sì che aveva un buon motivo per parlare con Silente. Non solo teneva in mano
una fonte d'informazioni preziose che aveva silenziosamente negato in segreto
per una settimana, ma in più non era in grado di estrarle dalla bacchetta.
"Kreacher" gracchiò, e l'elfo si
materializzò davanti a lui, con ancora in mano un paio di vecchi pantaloni che
dovevano essere di suo padre. "Il padroncino desidera qualcosa? - Subdolo,
incapace, pavido, figlio ingrato..."
Alzò gli occhi al cielo, poi gli disse "Ho bisogno che tu vada a cercare
il professor Silente. È molto importante, devi farglielo capire. Digli che se
necessario mi sposterò io per raggiungerlo, altrimenti può venire qui. Lo farai?" alzò un sopracciglio, minaccioso.
"Kreacher può farlo. - Kreacher non è obbligato..."
"Ti ordino di farlo. Non farti vedere da nessuno, non
parlare con nessuno, se non Silente. Intesi?"
"Kreacher ha capito. Arrivederci, padron Sirius - povero vecchio
Kreacher, cosa gli tocca fare..."
E
Sirius andò a dormire, consapevole del fatto che sarebbe stato difficile, se
non impossibile per Kreacher trovare Silente prima dell'alba.
*°*
Dovette ricredersi, quando nel cuore della notte qualcuno suonò il campanello e
agitò tutti gli oggetti stregati della casa, a cominciare dal ritratto di sua
madre nel corridoio dell'entrata. La signora Black sembrava avere due paia di
polmoni, la sua voce squarciava i timpani ed era piacevole come una cornamusa
suonata nell'orecchio da un mago scozzese completamente ubriaco. Si alzò in
fretta, troppo, e arrivò barcollante alla porta. Quando l'aprì, la strana
coppia formata da Silente e Kreacher lo fece quasi scoppiare a ridere per
l'assurdità della situazione. Kreacher faceva evidentemente fatica a stare
vicino a quel mago così odiato dalla sua padrona, eppure così indiscutibilmente
buono. Purtroppo il mago in questione non aveva la sua solita espressione
conciliante. Sirius bofonchiò i suoi saluti mentre cercava di chiudere le tende
che di solito coprivano il ritratto di sua madre. Silente accennò ad alzare gli
occhi al cielo, le urla erano davvero insopportabili, così prese la bacchetta e
la mise a tacere personalmente. Seguì l'uomo in cucina
dove accettò volentieri un bicchiere di burrobirra. Raffreddò la propria e
quella di Sirius con un gesto accennato della bacchetta. Sirius lo ringraziò piano, ancora perturbato per il fatto di non
avere in tasca la sua.
Era come se gli mancasse un pollice, e tutte le cose più raffinate che si sentiva orgoglioso di saper fare ora si trovavano
catapultate nel vuoto cosmico.
"Pensavo di essere venuto qui
per qualcosa di assolutamente importante, Sirius. A cosa devo
la visita del tuo adorabile elfo domestico?" disse, alla vista di Kreacher
che sgattaiolava al piano di sopra nell'ombra delle scale a chiocciola. "Lo è davvero, è molto importante, credo. Mi sono
dimenticato di dirle l'altro giorno... quel giorno in
cui sono venuto a Hogwarts, che Averill mi aveva, ehm, affidato la sua
bacchetta. Insomma, tra una passaporta e l'altra ho visto che era ferita e l'ho
raccolta cercando di aiutarla perchè avevo perso la
mia. Poi ce la siamo condivisa, dato che lei non
rimaneva cosciente per più di qualche ora... Eccola qui" e gliela porse.
Silente
alzò un sopracciglio, avvertendo la bacchetta irradiare calore stretta nel
pugno dell'altro, e si accigliò quando la sentì fredda nelle proprie mani.
Sirius
lo vide toccarla piano; il tempo passava, Silente non diceva niente, e lui si
sentiva sempre più frustrato. Perchè non gli diceva
cosa stava facendo?
"Un po' di pazienza, Black..." mormorò lui
in tutta risposta, interpretando perfettamente l'espressione sul suo viso.
"Io avevo pensato di fare un"
"PriorIncantatio,
vero?" e Silente lo ripeté a bassa voce, puntando la propria bacchetta
verso quella di Averill in un gesto lento e misurato.
Vide
scie di luce attraversare lo sguardo del preside, e dovette tenersi le parole
strette in bocca per non farloinnervosire.
Si costrinse a bere ancora, visibilmente Averill aveva usato parecchio la
bacchetta di recente, oppure Silente era risalito molto indietro negli
incantesimi che aveva fatto in passato. Sirius sapeva che la strega era
particolarmente dotata, ne aveva avuto svariate prove nel tempo. E poi era una
Corvonero, aggiunse mentalmente.
"È... incredibile" sussurrò Silente, e per
la prima volta Sirius riconobbe il luccicchio dello
stupore illuminargli gli occhi grigi.
"Che cosa, professore?"
"Avevo sospettato... molto, ma..." si
riscosse e lo guardò sorridendo "Non so come una persona del tuo genere
possa aver suscitato tanto in quella donna così tranquilla, così
fondamentalmente..."
"Superiore a me?" confermò Sirius, leggermente innervosito.
"Eppure è successo, ed è stato così forte da influire sul sortilegio che
ha utilizzato. Sortilegio che lei ha magnificamente potenziato, ma ti sarei
grato se tu potessi non riferirle queste parole, non vorrei che si... come dire? Che si montasse la testa
e cominciasse a rischiare la vita per tutti quelli che conosce".
Sirius
sentiva il petto stringersi ritmicamente. Qualcosa non gli piaceva in tutte
quelle belle parole.
"Perchè...
Perchè Lily Evans non è sopravvissuta? Voglio dire, indubbiamente
i suoi sentimenti per Harry dovevano... Dovevano
andare oltre l'immaginabile... Insomma, io darei la vita per Harry, e non è
nemmeno mio figlio. Perchè Averill è viva? E Lily invece no?" "Io non ho tutte le risposte purtroppo. Possiamo
solo intuire, fare congetture. Io suppongo... che si sia sbagliata da qualche
parte, che magari abbia saltato di bere la pozione una volta o due... Non credo che avesse modificato la pozione fino al punto in
cui si è spinta Emilia. E indubbiamente non ha bevuto della
FelixFelicis quel giorno in cui lei e James
sono deceduti. Tu lo sai, perchè,
non è vero?" disse, posandogli una mano sul braccio con tatto.
"Perchè non sapeva quando sarebbe successo... e
prenderla tutti i giorni sarebbe stato controproduttivo...
dannoso..." biascicò con voce rauca.
Improvvisamente
si sentì troppo stanco per continuare quella
conversazione. Silente lo intuì, ma non diede segno di
volersene andare.
"Sirius, te lo dico a
scanso di equivoci, non sentirti colpevole. E se mi permetto di dirtelo è perchè so cosa significa perdere un amico"
"Un amico assassinato in casa sua assieme a sua moglie, perchèho rifiutato di esserne il
Custode Segreto" "E ti sei comportato come un vero amico. Umile e
leale. Ma non potevi immaginare cosa sarebbe successo,
e sai quanto me che non avevano preso tutte le precauzioni per proteggersi.
Hanno rifiutato anche le mie, Sirius. Non volevano credere che qualcuno potesse
attaccarsi al loro bambino, non aveva nemmeno un anno, era assurdo. Invece cosi
è stato. Oserei dire, per fortuna che Lily ha agito in
segreto preparando quella pozione e facendo l'incantesimo ed è riuscita a
salvare Harry"
"Si... perlomeno Harry è ancora qui. Professore,
quando potrò dirgli che sono vivo? Lei non ha idea dei sensi di colpa che provo..." "Dovrai sopportarli ancora per qualche tempo, mi
dispiace. Sarebbe troppo pericoloso. Non adesso, che Emilia è al sicuro
nascosta a Hogwarts. Ma prova a pensare un attimo: Voldemort si è reso conto da poco di avere libero accesso
alla sua mente, e ne ha già bassamente approfittato. Se scoprisse dove ti trovi
attraverso Harry, rischierebbe non solo di uccidere te, ma probabilmente di
venire a sapere che sei sopravvissuto grazie a lei. Harry si ritiene pienamente
colpevole per la tua morte. Vorresti davvero correre il rischio di infliggergli
un doppio colpo basso?"
"Direi di no." rispose Sirius che sentiva la bocca asciutta e la
lingua impastata contro il palato.
Quanto sarebbe durata ancora quella messinscena? Ne aveva più che abbastanza,
ma non poteva permettersi di ferire Harry nuovamente. Glielo doveva, a lui, a
James e Lily, e anche a se stesso. E poi c'era Averill. Si alzò e si grattò la
nuca, come perplesso. Non c'era una soluzione che fosse una. Il tempo di
reclusione si sarebbe protruso ancora a lungo, ormai era indubbio. Silente lo
stava ancora guardando, forse cercando in lui non fosse che una debole traccia di insicurezza. Sirius invece era maledettamente sicuro,
stavolta, che avrebbe passato il resto dei suoi giorni
murato vivo. Il vecchio mago si alzò, come per congedarlo, ma era lui che se ne
andava. Si strinsero brevemente la mano, come due parenti che non passavano
abbastanza tempo assieme da considerarsi una vera famiglia. Poi Silente ammiccò
alla bacchetta di Averill appoggiata sul tavolino, tra i due boccali vuoti di
burrobirra.
"Credo che tu possa
tenere questa bacchetta, Sirius. Dopotutto ti ha accettato, e con gran foga devo
dire. Anzi, ti sembrerà folle ma credo che non appena la sua proprietaria si
sarà ristabilita lei vorrà tornare a servirla"
"Quindi lei crede che Averill sopravviverà?"
"Ora che ho visto cosa ha fatto quella dannata testa calda, oserei dire di
si. Ma a bassa voce, per
scaramanzia" sorrise Silente.
E con un fragore pazzesco sparì. Sirius prese la bacchetta, spense le luci, e
tornò a letto.
*°*
La trapunta le pesava sullo sterno e aveva così sete da sentirsi soffocare.
Averill si ritrovò con gli occhi aperti verso un soffitto che non conosceva;
volse gli occhi attorno a sé mentre deglutiva saliva,
cercando inutilmente di ritrovare la voce. Vide Severus
che le sedeva accanto immobile come una statua e si sentì rassicurata. Dunque era viva. L'avevano guarita. Il filo dei pensieri
s'arrestò presto perchè i bisogni primari si fecero
sentire con gran forza.
"Sete" gracchiò.
"Ti sei svegliata!" scandì quell'uomo così oscuro mentre gli occhi
gli s'illuminavano "Devo chiamare Silente
all'istante".
"Sete" insisté lei scorticandosi la trachea.
L'uomo
capì e annuendo scomparve alla sua vista per tornare con un calice colmo di idromele. Sentì le sue mani sollevarla e appoggiarla ad un cuscino per mantenerla in posizione seduta. Avvicinò
cauta le labbra rosse e riarse al bicchiere e bevve a piccoli sorsi. Quando
ebbe finito di bere, dato che lui non si era ancora spostato, lanciò
un'occhiata accanto a sé e vide Severus assorto nel
guardarla. Sorrideva. Era storto, non era che un mezzo
sorriso, eppure quell'espressione le fece balzare il cuore in petto.
"Severus,
sorridi ora?
Sei pazzo?"
"Sei viva, sciocca. Potevi
non esserci più" le posò una mano sul polso stringendolo piano, un gesto spontaneo
e fulmineo, dopodiché la ritrasse e tornò fra gli scaffali vicino al caminetto.
Il
fuoco era calmo, Averill ne sentiva i sibili e vi
trovò conforto. Severus uscì dalla stanza facendole
un muto segnale di avvertimento: guai a te se ti muovi.
Tornò rapidamente con Silente alle calcagna senza dire una parola. Il vecchio
preside le mise una mano sulla fronte.
"Bentornata fra noi, Emilia. Ho appena chiesto a
Madama Chips di prepararti dei decotti Rinforzanti. Sarai felice di sapere che..."
La
porta si aprì nuovamente ed entrò Sirius Black. Averill arrossì e si nascose
ulteriormente sotto alle coperte, non aveva scordato
le loro conversazioni e i toni poco adulatori dell'uomo. Scoprì che il suo
cuore non lo aveva dimenticato. Era sempre così bello, quel viso ben sagomato e
ombreggiato dai ricci capelli neri le tolse il respiro. Sirius avanzò
cautamente, era estremamente imbarazzato; salutò
Silente e non rivolse nemmeno il solito ghigno odioso all'uomo accanto a lui.
Quando poi Silente fece cenno a Piton di allontanarsi
e di andare a conversare con lui altrove non poté che ricevere tre occhiatacce
ben assestate che fecero fiorire fra i baffi argentei un mezzo sorriso di puro
divertimento. Averill si riscosse; sentiva il cervello rattrappito e i pensieri
erano rari, passavano come scie colorate nella sua mente, ma nonostante la
sensazione di fiacchezza generale capì che si stavano comportando tutti e tre
come degli adolescenti e che Albus Silente non aveva ancora detto l'ultima parola.
"Averill, come stai?" Sirius sembrava
impacciato, i suoi occhi marroni erano scostanti.
"Così" e fece un sorriso sarcastico guardandosi attorno.
L’amarezza
per le parole che egli le aveva rivolto tempo addietro aveva spazzato via il
suo primordiale imbarazzo da ragazzina. Ora lo guardava sorretta da un coraggio
che non era suo.
"Mi dispiace. Non potevo venire qui, non potevo vedere come stavi... Silente me l'aveva
proibito. All'inizio la cosa non mi toccava... poi mi sono sentito in
colpa" disse lui senza guardarla "anche se non so in che misura io possa essere colpevole di qualcosa che hai fatto
tu! Riguardo alle parole che ti ho detto... ecco, io..."
aggiunse poi bofonchiando parole incomprensibili. "Sirius, mi sembri strano. Detto papale papale"
"E tu mi sembri in miglior forma" disse lui con un sorriso di
plastica, cercando di cambiare argomento.
Averill
sospirò. Non andremo mai d'accordo, io e te. Si
guardarono, si sorrisero e ne rimasero entrambi scossi.
*°*
Le cose sembravano essersi a tal punto rilassate da quando si era svegliata
Averill che lei e Sirius ebbero il tempo e le occasioni per conoscersi meglio
senza scannarsi a vicenda. Lui veniva a trovarla di tanto in tanto, si
scambiavano due parole assassine con fare giocoso e se ne andava; erano gli ordini
del preside, ovviamente. Niente innervosiva di più SeverusPiton del vedere quella donna a lui cara in compagnia
di quel rinnomato imbecille, come lo
definiva lui. Eppure Sirius regolarmente lo ignorava, andava a posare un bacio
sulla guancia di Averill e le chiedeva come stava. Lei non aveva mai osato
sperare tanto. Il cuore si stringeva così forte quando lo vedeva arrivare che
le mancava l'aria; Sirius la prendeva sempre in giro. Sembrava tanto quel
ragazzino che aveva a lungo spiato a scuola, quello per cui aveva avuto una
cotta colossale... finché venne un giorno come un altro, e tutto cambiò
all'improvviso, ma con gran naturalezza.
Lui si era chinato per darle il solito bacio, lei non si era accorta che fosse così vicino, le loro labbra si sfiorarono appena. Non
aveva mai immaginato provare nulla di simile in vita sua.
"So che non dovrei, ma
se potessi rifarlo... credo che non mi dispiacerebbe. Si,
credo proprio che non mi dispiacerebbe affatto..." disse Sirius senza
scostarsi, scoccando una freccia che le arrivò dritta la cuore. "Non ti è bastata la mia reazione? Cerchi sempre
conferme, come i bambini. Non ho mai detto che non ero d'accordo..."
"Spogliati delle tue spine razza di pianta
pustolosa e velenosissima!" borbottò lui mentre gli occhi scuri gli
brillavano di un riso trattenuto.
La
sollevò dal letto di peso e la prese fra le sue braccia, poi la baciò per
davvero.
Averill pensò di non avere un solo ricordo più bello di quello, e decise di
custodirlo gelosamente nelle pieghe più sicure del suo cuore.
Capitolo 5 *** L'astuto piano di una vecchia volpe ***
Non ricordava come fosse cominciata
la loro relazione. C'erano sicuramente di mezzo delle risate e qualche parola
detta con falso astio. Inspiegabilmente l'aura oscura e pesante che tanto a
lungo l'aveva seguita in quei giorni era scomparsa. Volatilizzata.
Averill si svegliava con il sole, mangiava e beveva con gusto, cadeva addormentata,
vedeva Sirius di tanto in tanto, litigava amabilmente con Severus.
Non era mai stanca.
Solo qualche emicrania le rovinava la giornata, ma
così come venivano esse se ne andavano.
Era così leggera che le sembrava di
sognare.
Non ricordava nemmeno quando avesse cominciato ad amarlo. Sapeva solo che in
quel momento lui la stava baciando e lei sentiva il corpo in tempesta.
Sirius la stringeva a sé e la sovrastava. Era alto e lei no. Ridevano sempre
delle due spanne di altezza che li separavano.
In quel momento, mentre il mondo sembrava ondeggiarle attorno come se vivesse
su un veliero, non rideva affatto. Sentiva il cuore in
subbuglio. Sirius era diverso da ciò che conosceva;
era aspro e vorace, come un ragazzino. Dopo un bacio ce n'era un altro; ogni
tanto si fermavano per guardarsi negli occhi, come se avessero tutto il tempo
del mondo.
In realtà dovevano chiudere la stanza a chiave per non farsi cogliere in
flagrante da Severus, o peggio ancora, Silente in
persona.
Accarezzò con dolcezza il petto di lui fra i contorni
della camicia che aveva sbottonato. La carne chiara la attirava, accendeva in
lei una bramosia malata, e chiedeva l’incontro con la sua con grande urgenza.
L'idea di sfiorare la sua pelle in quel modo la faceva sentire ubriaca.
Annegò nei suoi baci, fra le sue
braccia, dimentica di tutto.
*°*
Silente sedeva nello studio. Aspettava che Piton
arrivasse per discutere di affari più che primordiali. Era appena stato
reintegrato in qualità di preside, e in una situazione
diametralmente opposta si trovava il pavido Ministro della Magia, CorneliusCaramell. Erano settimane che perdeva tempo a
mandargli gufi a tutte le ore del giorno. Aveva provato tutti i generi di
approccio con quell'energumeno senza ottenere alcun risultato. Decisamente non era pane per i suoi denti. Oppure era
completamente impazzito, e purtroppo non c'era niente da recuperare. Ad ogni
modo non era più rilevante: qualche giorno prima appena aveva ricevuto la
notizia che Caramell avesse dato le proprie
dimissioni sotto obbligo del Magisterium. Non si era
ancora deciso chi fosse il nuovo Ministro, le voci di corridoio erano fin
troppe per affidarsi alla loro veridicità; perfino la Gazzetta del Profeta
vacillava nel buio, incerta se seguire le versioni obsolete del governo
precedente o quelle nuove e sconcertanti fornite da Silente.
Per questi ed
altri motivi doveva assolutamente fare in modo di spargere la notizia sul
ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Lord Voldemort,
come pochi ardivano chiamarlo. Silente non riusciva a non nominarlo nelle
conversazioni con i suoi conoscenti, gli riusciva difficile. Dopotutto Riddle era un suo vecchio studente. Un’amarezza straziante
gli aveva imposto un gran numero di scelte nel corso degli anni seguenti
l’ascesa al potere del mago oscuro, scelte che tempo permettendo potevano
redimerlo dai suoi peccati. Non aver riconosciuto un mostro simile quando c’era
la possibilità di renderlo innocuo ne faceva ampiamente parte.
Ad ogni modo, non si sarebbe risparmiato sui toni il giorno di fine anno
scolastico.
Sapeva già cosa dire agli studenti, l'argomento era delicato ma avevano
affrontato discorsi ben peggiori. Con una fitta al fianco egli ricordò Cedric Diggory, morto per mano di Lord Voldemort.
Ancora non gli era stata resa giustizia, perchè
nessun'autorità si era decisa a raccontare i fatti. In realtà, lui lo sapeva
bene, era stato Caramell a tagliare tutte le
comunicazioni e a seppellire la verità. Poi pensò anche a Harry, povero
ragazzo, al quale due giorni prima aveva confessato di conoscere il contenuto
della Profezia che riguardava la sua testuale condanna a vita strettamente
legata a quella di Lord Voldemort. Si grattò un
sopracciglio con un gran sospiro.
Mentre si decise finalmente a scartare una Bacchetta di Liquirizia sentì
bussare alla porta; sempre sul più
bello, pensò. Quelle caramelle avevano il potere di distrarlo per
qualche istante e addolcirgli l’animo.
"Professor Piton, le porgo i
miei saluti. Ha ricevuto le mie comunicazioni, allor dunque?" e
detto ciò addentò la caramella scura che si agitava come un lombrico.
"Sì, signor preside. Le ho anche risposto, ma ho
preferito consegnarle la missiva di persona. Se si scoprisse la presenza
ingiustificata di quella strega qui a Hogwarts non
vorrei che..."
"Bando alle ciance, Severus, se non ti dispiace"
"Emilia Averill è pronta per essere riportata a casa; sta molto meglio, la cicatrizzazione è ormai a buon punto. È inutile
che resti, non gioverebbe né a lei né a noi".
Albus Silente lo guardò di
sottecchi. Gli era parso di sentire un certo tono nervoso, o erano le sue
orecchie che si erano riempite di Nargilli? Ridacchiò
sotto i baffi. Aveva recentemente trascorso un pomeriggio intero con ciascuno
dei ragazzi che avevano seguito Harry al Ministero per
eventuali delucidazioni, e quello con Luna Lovegood
era stato di gran lunga il più divertente.
"Cosa ti turba,Severus?"
"Nulla, signore"
"..." "Tutto, Albus. So
quanto quella donna abbia sofferto e non mi piace sapere che rischia di
soffrire di nuovo, quando..."
"Non credi che sappia decidere da sé cosa sia meglio per lei?"
"No, credo di no" "Non puoi certo dire, neanche tu, di essere un campione
di scelte giuste. Quanto a me, non parliamone nemmeno..."
lo sguardo si scurì e assieme ad esso il volto;
"Manda una lettera a MadameMaxime
per ringraziarla, per favore. Adesso ho appuntamento con Black" disse poi,
e con un cenno di saluto lo congedò senza troppi
fronzoli. Fece comparire una poltrona davanti al caminetto e rimase in attesa.
Controllò l'orologio
un paio di volte, ancora niente. Si era appena assopito quando uno
strano sibilo lo fece riscuotere, e salutò con un sorriso cupo il busto di
Sirius Black che ondeggiava fra le fiamme.
"Preside, salve"
"Sirius” lo salutò in tutta risposta “Come sta
andando, a GrimmauldPlace?"
"Come al solito, non succede niente" rispose
lui annoiato.
"Cosa mi dici della bacchetta?" "È funzionale; non è di certo la mia, ma fa tutto quello
che le chiedo. Non lo trova strano, signor
preside?" "Affatto, per quel che mi riguarda. Quella donna
ha deciso di donare tutta se stessa per proteggerti. Cosa
vuoi che sia la sua bacchetta, per lei? Solo una piccola parte di sé; decisamente una bazzecola" asserì lui con un tono
stranamente buffo per l’argomento di conversazione. Ci fu una piccola pausa, poi
riprese a parlare.
"Devo chiederti un favore, si tratta di uscire di
casa stavolta, Black, e di correre dei rischi"
Il ghigno sarcastico di Sirius non passò inosservato fra le fiamme.
"Sono tutt'orecchi"
"Tu ed il professor Piton
dovreste portare Averill al sicuro, nella sua dimora. Sapresti materializzarti
nella casa in mezzo al bosco dove ti ha portato quella famosa notte..."
"Sì" rispose immediatamente Sirius, senza lasciargli il tempo di
terminare la frase "e non ci sono problemi, per quel che mi riguarda. Ma è sicuro che smaterializzarsi sia una buona idea? Non ci sono un sacco di controlli, di questi tempi?"
"Non ti preoccupare di questo, ho un piano".
Sirius ne era certo, aveva appena visto un lampo di orgoglio negli occhi
azzurri del vecchio mago.
La sera stessa, Remus era venuto a cenare da lui. Questi bussò alla porta
cercando di non svegliare il ritratto della madre di Sirius, invano. Aprì le
braccia con fare sconsolato e canzonatorio all’occhiataccia esasperata del
vecchio amico.
"Scusami, Sir" "Niente, non è niente. Allora, novità? Vieni di qui, ho preparato un arrosto al forno come pochi..."
e ciondolando lo guidò in cucina, dove aleggiava un buon profumo di carne e
patate. Remus sorrise pregustando l'istante in cui si sarebbero seduti a
tavola, e il suo sorriso si fece più ampio quando si sedette nella poltrona
preferita di Sirius. Lo guardò di sottecchi, prendendosi gioco di lui
deliberatamente.
"C'è il divano libero" sostenne Sirius. "Non vorrai mica farmi alzare! Che razza di
ospite... e io che vengo perfino a tenerti compagnia,
sei un ingrato" disse in tono melodrammatico.
"Taci, per favore!" rise lui.
"Da parte mia niente di nuovo” disse poi Remus cambiando discorso “ho incontrato Arthur in centro, mi ha detto che Molly sta
dando di matto. Non sopporta di dover mentire a Harry, e hanno più o meno deciso tutti, di comune accordo, che avrebbero
passato le vacanze insieme alla Tana una volta finita la scuola. Non se la
sente di raccontare frottole, anch'io mi ci vedo male ad
esser sinceri. Ecco. Quindi non verranno più a trovarti..." "Oh beh, cosa vuoi che sia. Ci
sono abituato" sorrise Sirius malinconico "io invece ho succose
novità" disse poi, in un tono che non prometteva nulla di buono. Remus
vide l’ombra di gioia malsana attraversare gli occhi dell’amico e non gli piacque affatto. Non erano più due ragazzini.
"Ma tu guarda!" disse però, indeciso sul
come affrontare la notizia.
"Si, che tu ci creda o meno" s'inasprì
Sirius del suo sarcasmo, per poi continuare come se stesse raccontando la buona
novella.
"Ho parlato
con Silente. Sposteranno
Averill fra un paio di giorni e mi ha chiesto di aiutarli"
Remus guardò l'amico così intensamente che l'atmosfera cambiò subitanea.
"Ti sembra il caso, Sirius?" disse, raggelandolo con un’espressione
calma che esprimeva tutta la sua pazienza da buon vecchio Lunastorta.
Solo che quel nome ridicolo non aveva più luogo d’essere. Due uomini come loro
non dovevano più permettersi di rischiare ancora vita e libertà per inutili
scorribande. Sapeva di innervosire l’amico con i suoi ammonimenti, si era
sempre espresso in questi termini con lui e non era mai stato ascoltato, ma non
se la sentiva di lasciarlo andare a piede libero in una direzione pericolosa;
non poteva perderlo, non di nuovo.
"Perchè no? Devo solo
scortarla fino a casa sua. Sai, quel posto sperduto
che ti dicevo..."
"Ne vale la pena?"
"Ovviamente l'idea di avere Mocciosus fra le
scatole non mi attira affatto, ma cosa vuoi farci? È
un'occasione che potrei non avere mai più! Chissà, magari invece di
materializzarmi Silente mi lascia portare fuori Fierobecco..." continuò imperterrito il mago, ignorando
deliberatamente il tono esasperato del suo amico.
"Averill, Averill, Averill" intonò Remus in una strana canzoncina
minatoria decisamente stonata.
Sirius impallidì, poi non disse più niente; Remus se ne accorse, così cercò di
cambiare discorso.
"Se no, che mi dici di Kreacher?"
"Oh, siamo alle solite" rispose Sirius in tono burbero scacciando via
le sensazioni sgradevoli che si erano impadronite di lui. "KREACHER" "Il padroncino mi ha chiamato? - Ecco che chiama il buon vecchio Kreacher per
un'altra delle sue idee malsane, povera signora Black, un mostro in salotto,
che deve fare Kreacher? Kreacher sopporta, sopporta sempre, ma questo è il
massimo che può..."
"Salve, Kreacher"
"La feccia di sangue ibrido mi
parla, signora Black, ma come rispondere a un simile..." "Dacci un taglio, Kreacher. Ed
ora racconta a padron Remus come abbiamo passato le ultime due settimane"
grugnì Sirius con un sorriso amaro.
Remus alzò lo sguardo verso di lui che si era spostato in cucina per rimediare
un paio di boccali ricolmi. Aveva notato l’espressione inquieta e cupa
dell’amico. Sirius gli porse il suo bicchiere senza una parola e tornò a
sedersi sorseggiando la burrobirra. Non trattenne un sospiro di apprezzamento
per la fresca fragranza della bevanda, e si rilassò un po’. L'elfo domestico
stringeva in mano la pezza che gli copriva il corpicino, sembrava un gesto di
nervosismo ma un occhio attento vi avrebbe visto il vero: Kreacher fremeva
d'indignazione.
"Kreacher ha ripulito la cucina, ha ripulito le camere, soprattutto quella
del signorino"
"Perchè non gli dici la
verità?"
"Ho riordinato anche il salotto, oh si. Era molto
disordinato. Kreacher non ama il disordine, ma è vecchio..."
Sirius scosse la testa.
"È rimbambito" commentò l’altro, gustando la burrobirra e trattenendo
a stento un ardito e sonoro singhiozzo. "No, Remus. Fa
finta. Mi ha nascosto apposta la Metropolvere
mentre "riordinava il salotto" e non riuscivo a contattare
Silente. Sono perfino arrivato in ritardo all'appuntamento, per una volta che
qualcuno voleva parlarmi"
"Non mi dire" ridacchiò Remus prendendo un sorso e ancora un altro.
Trovavano estremamente confortante essere lì, insieme,
da vecchi amici che erano. "Solo che non siamo vecchi, noi" dicevano
sempre. L'oscuro passato di entrambi aveva reso impossibile per tanto tempo
un'abitudine del genere; un lupo mannaro e un presunto assassino evaso da un
carcere di massima sicurezza. Una bella, improbabile, eppur vecchia, coppia di amici.
Ed era una cosa che entrambi amavano, spassarsela come da ragazzi, mangiando e
bevendo a bizzeffe fino a scoppiare e parlare del più e del meno. L’argomento
preferito di Remus era la musica, quello di Sirius il Quidditch (le donne, un
tempo; quando non minacciavano di salvargli la vita tentando il suicidio).
Potevano andare avanti per ore a parlare da soli senza ascoltare minimamente
l’altro, sorseggiando Burrobirra e schernendosi a vicenda con qualche battuta
di dubbio gusto.
Ora che finalmente potevano
approfittarne si vedevano appena possibile, impegni di Remus permettendo.
Sirius, dal canto suo, non aveva mai molto da fare, a parte starnutire per la
polvere. Non ne era ancora venuto a capo.
Poco dopo, continuando a
chiacchierare affabilmente, si misero a tavola per la cena. Il buon cibo e
qualche bicchiere di vino riuscirono a distrarre Remus dall'argomento che tanto
metteva in difficoltà il suo ospite. Sirius non se lo spiegava; ancora faticava
ad accettare la piega degli eventi, e spesso quando doveva affrontare ad alta
voce l'argomento “Averill”, si faceva di coccio e non rispondeva più; sembrava
un involucro, lasciava volare via la mente e tagliava ogni comunicazione con se
stesso e con gli altri. Masticò lungamente ogni boccone per distrarsi, ma non
riusciva a smettere di pensarla. Presto l'avrebbe rivista e si chiedeva cosa
sarebbe potuto succedere.
Erano ancora seduti, Sirius piluccava qualche briciola, quando suonò il
campanello scatenando per l’ennesima volta l’inferno firmato Black.
"Aspetti qualcuno?"
"Secondo te?" esclamò Sirius, caustico e un po' brillo. Quel buon
vino che si era appena versato era già andato giù per il gozzo, e il mago in uno
stato di totale inerzia mentale stava rimuginando sul fatto che forse era stato
il famoso bicchiere di troppo. Si alzò vacillante e arrivò alla porta. Quando vi trovò SeverusPiton scoppiò a ridere come un bambino.
"Sir? Chi è?" chiamò Remus dall'altra parte
del muro; aveva bevuto meno dell'amico solo perché doveva Smaterializzarsi e
tornare a casa sua, ma anche lui ci era andato giù un po’ troppo pesante.
"Ma guarda, il cane bastardo ha compagnia. Devi esser contento” commentò Piton
sprezzante, per poi rivolgersi alla suddetta compagnia “qual buon vento,
Lupin?"
"Severus" si alzò lui in tutta risposta,
serrandogli la mano in maniera un po' aggressiva e un po' rozza per via
dell'alcol.
Diplomazia, sprizzavano
i suoi nervi, cercando di mantenere alta la concentrazione malferma del
proprietario. Proprio così,fedele a me stesso,
pensava con qualche difficoltà, convinto che la presenza di Mocciosus
non potesse portare nulla di buono.
Sirius invece aveva ancora l’ombra di
un sorriso negli occhi quando si mise a fissare Piton
nell’attesa di una giustificazione per la sua sgraditissima presenza.
“Che hai da guardare?” sibilò lui,
prima di parlare, ignorando le deboli e cantilenanti proteste del mago.
“Lupin, Black, vedete
di riprendervi. Si, dato che ci sei anche tu, tanto
vale approfittarne. Prendi questo, e tu questo” e così dicendo lanciò una
boccetta a ciascuno di loro; per non si sa quale scherzo del destino l’afferrarono entrambi senza farla cadere a terra.
“Che diavolo è, veleno?”
“Si, vuoi
avvelenarci, viscida serpe?”
“Che razza di
mentecatto. Non mi aspettavo nulla di più da un mentecatto come te, Black”
rispose Piton con un’aria schifata degna del suo
repertorio di sempre.
“È Polisuccofrescamente preparata da me. Ora tu Lupin strappi i
capelli al tuo compare idiota e lui farà lo stesso con te. Tu Remus verrai con
me, io fingerò di essere Averill non appena mi sarà possibile ottenere un suo
capello. Black, se Dio vuole accompagnerai la vera
Averill senza ucciderla e senza tornare a rintanarti in questa nefandezza che
chiami casa. Noi viaggeremo sulla scopa, tu e Averill avrete una passaporta. È
più probabile che vedano noi, quindi non ti allarmare,
te lo dico perché so quanto tu possa essere vigliacco in certe situazioni”
“Non ti permettere Mocciosus” ringhiò lui, mentre il corpo guidato dall’alcol
aveva perso ogni inibizione e si trasformava in quello di un grosso cane nero.
Remus gli
saltò sulla groppa e gli chiuse il muso prima che aggredisse il mago. Una serie
di urli ridotti a guaiti sommessi infastidì i timpani di entrambi finché egli
non si calmò e prese ad uggiolare come un cucciolo. Decisamente non era la sera giusta per una missione di quel
calibro. Questo lo sapevano tutti e tre.
“Dacci qualche minuto, abbiamo
mangiato e bevuto un po’ troppo, non se lo aspettava per niente. Pensavo che
fosse previsto per la settimana prossima, e non sapevo che lui avesse già
accettato la proposta di Silente”
“Non c’è più molta scelta, per motivi
che non perdo tempo a spiegarvi” disse sbrigativo Piton
“ad ogni modo non si può più aspettare la data che è stata decisa oggi
pomeriggio. Per mia fortuna ci sei tu” arricciò il naso “così non dovrò
scambiare il corpo con quello fetido di Black. Nemmeno nei miei incubi più
fervidi ho mai immaginato un simile obbrobrio. Tutto questo
grazie a Silente e i suoi piani bislacchi”
“Per una volta, non ti schieri dalla
sua”
“Per una volta” ammise il mago, senza più aggiungere altro.
Con un tonfo sordo Sirius atterrò sul
parquet interamente nudo e con la maglia in brandelli attorno al collo.
“Sogno o son desto?”
“Smettila di
parlare come un idiota. Dai, Sirius, alzati! Dobbiamo scortare Averill stasera. Hai
capito? Non si può rimandare. Adesso vado a prenderci qualcosa per ridurre la
sbronza in cucina; tu stai qui, fermo. Severus, se
chiami l’elfo domestico puoi fargli portare degli
abiti per Sirius. Ah, dimenticavo: devi essere molto preciso se non vuoi
ottenere risultati deplorevoli con lui” ammiccò Remus indicando il vecchio elfo
che si sporgeva dalla porta del corridoio con il suo enorme naso aquilino,
pensando di non essere visto. Li stava spiando dall’arrivo di Piton.
Il mago ordinò a Kreacher di portare
una camicia e un paio di pantaloni per il suo padrone, e nello stupore generale
l’elfo obbedì con zelo. Erano anni che la dimora della sua amata padrona non
ospitava un così “nobile” personaggio, ne era assolutamente deliziato. Sirius
si vestì imbronciato, come un ragazzo cui avessero confiscato il giocattolo.
Bevve d’un fiato una strana bibita offertagli da Remus
e improvvisamente riprese un po’ di controllo su di sé.
“Perché mai Remus dovrebbe correre il
rischio di essere preso per me?”
“Non ti preoccupare,
Sirius. È praticamente impossibile che qualcuno abbia
una soffiata su stasera”
“Si, non ti
preoccupare” li canzonò Severus “Ci sarò io con lui”
disse, come se dovesse rassicurare una donzella dal cuore tenero. Sorrise
arcigno, poi per accelerare la situazione strappò lui stesso i capelli a Sirius
facendogli cacciare un grugnito di dolore. Non si avvicinò invece a Remus che
osservava la scena con aria rassegnata, ma nonostante tutto minacciosa. Sarebbe
stato sempre Mocciosus per loro, non importava l’età,
non importava il tempo che inesorabilmente cambia le
cose. Alcuni fatti non sarebbero mai cambiati, mai.
“Tutti pronti” confermò Sirius
all’indirizzo degli altri due, mentre una cert’aria di agitazione li agitava
tutti e tre.
“Al mio via” disse Piton.
Atterrarono ai confini di Hogwarts,
in un posto strategico ben nascosto agli sguardi indiscreti. Silente li aspettava
con in braccio un fagotto informe: Averill
addormentata.
“Dormirà per tutto
il viaggio. Abbiamo deciso
con Severus che era la soluzione migliore, dopo un
così lungo periodo d’indisposizione” disse, con aria grave, guardandoli tutti e
tre nel semibuio della notte.
“I capelli” chiese Piton.
Fece comparire una forbice d’argento e tagliò
delicatamente una ciocca nascosta. Sirius lo guardò
fare sensibilmente turbato, senza nascondere un’ombra di puro odio per il torto
subito poco prima. Si massaggiò la testa remore del dolore acuto che gli era
stato inflitto mentre Silente chiedeva loro di aprire
le boccette.
Scambiò i capelli con Remus senza una
parola mentre Piton ingurgitava già il primo sorso
della sua pozione; sempre bevendo trasfigurò i propri abiti in vesti femminili
adattandoli perfettamente al corpo che stava cambiando, un’azione veramente
complicata. Si fece basso, il viso diventò piccolo, i capelli crebbero. L’aria
austera combatteva con il viso dai tratti dolci della strega. Era sempre
visibile Piton, dietro quegli occhi scuri, o almeno
Sirius-Remus non ebbe
nessun problema a riconoscerlo.
Remus e Sirius, o meglio
Sirius e Remus ammirarono il suo corpo cambiare e volsero lo sguardo altrove
quando quello inclemente di Piton nelle vesti di
Averill li minacciò silenziosamente di farli fuori.
“Remus, ehm, Sirius. Prenderai la
scopa con il professor Piton. È nascosta fra gli
alberi, là dietro. Quanto a te… Remus” e così dicendo gli affibbiò la strega
fra le braccia “la veste di Emilia è la tua passaporta. Si attiverà fra un
minuto esatto. Vi porterà in un vicolo del paesello più vicino alla sua casa.
Dopodiché dovrai aspettare qualche minuto e si attiverà la seconda passaporta:
la collana che le ho messo al collo. Spero sia tutto chiaro. È così?”
“Perché io con lui?” si lamentò
Sirius-Remus disgustato.
“Si, perché
aver cambiato i piani?” chiese Piton con una voce
femminile che gli diede la pelle d’oca.
“Per questioni di
sicurezza. E ora via,
andate” li liquidò Silente imperturbabile, agitando la
mano. Con un ultimo sguardo a ciascuno di loro si avviò verso i cancelli della
scuola.
Sirius-Remus e Piton-Averill si scambiarono uno
sguardo di puro disprezzo. Guardarono Lupin-Sirius
con la strega in braccio e un’aria impacciata ma risoluta; lo videro contare i
secondi mentalmente. In realtà cercava solo di sfuggire a quella terribile
sensazione di essere squadrato – di
essere detestato- da entrambi.
Un attimo dopo sparì con un rumore
sordo attutito da un robusto Muffliato di Silente.
Rimasti soli, un ridicolo sfogo di
orgoglio li fece correre come ragazzini verso la scopa. Nessuno dei due voleva
stare dietro l’altro. Il caso volle che Sirius fosse più veloce, per cui a Piton non restò altro da fare che sedersi dietro di lui e
aggrapparsi alle sue spalle con l’aria di qualcuno che stava per vomitare.
Non ci volle molto tempo prima che
Remus-Sirius
raggiungesse la casa senza troppi problemi. Gli era sembrato di scorgere due
figure incappucciate all’angolo del vicolo, ma per fortuna era riuscito a
nascondersi e sfuggire alla loro vista fino all’attivazione della seconda
passaporta; con grande imbarazzo teneva stretta fra i denti la collanamentre la donna addormentata cominciava a pesargli
sui bicipiti. Maledì il fisico poco lavorato
dell’amico mentre sentiva un crampo farsi strada nel
braccio destro; stringere la bacchetta in mano era un’impresa titanica.
Si ritrovò in una casetta le cui
candele stregate si accesero al suo arrivo e
finalmente poté posare la donna sul divano.
“ExpectoPatronum. Vai a dire a Silente che
siamo arrivati senza intoppi” disse al suo patronus.
Si sedette stancamente sulla poltrona
accanto al caminetto e accese due piccole fiamme con un colpo di bacchetta. Non poté impedirsi di guardare la donna con gran curiosità.
Sirius non gli aveva voluto spiegare quasi niente di quella faccenda e lui era
riuscito a racimolare poche informazioni incongruenti; non appena si sarebbe
ridestata, avrebbe finalmente potuto scoprire chi era quella strega e cosa
avesse fatto per assumere tanta importanza nella vita dell’amico da fargli
perdere istantaneamente la parola. Con la curiosità negli occhi scuri che non
gli appartenevano si assopì nell’attesa che arrivassero gli altri.
Remus-Sirius si svegliò di soprassalto e inspirò
profondamente. Ricordò tutto e con uno sbadiglio si stiracchiò: aveva la carne grea. Ravvivò il fuoco e guardò l’orologio perché non c’era
ancora nessuna traccia dei due uomini e stava seriamente cominciando a
preoccuparsi. Era così lontana da Hogwarts quella casa? Purtroppo la passaporta
non permette di sapere nulla sulle distanze che si percorrono, a meno di
conoscere in anticipo il luogo di partenza e il luogo
d’arrivo.
Un mugolio improvviso lo fece
voltare: Averill non dormiva più. Aveva ancora gli occhi chiusi quando lui si
avvicinò con gentilezza, pronto a tenderle dell’acqua o qualsiasi cosa di cui
avesse bisogno. La guardò aprire gli occhi e fu subito stupito dall’aria
risoluta e consapevole che vi lesse.
“Sirius!”
Non ebbe il tempo di formulare nessun
altro pensiero che lei gli aveva improvvisamente ancorato le braccia attorno al
collo e l’aveva baciato con tutta la foga del mondo.
Proprio in quel momento si erano
affacciati boccheggianti alla porta della stanza un Remus ancora trafelato e
un’Averill dall’aria inorridita.