Second Chances (La petite Mort)

di ChocoCat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una passaporta per la morte ***
Capitolo 2: *** Incominciare dall'inizio ***
Capitolo 3: *** La cerva d'argento ***
Capitolo 4: *** Prior Incantatio e cuori che battono ***
Capitolo 5: *** L'astuto piano di una vecchia volpe ***



Capitolo 1
*** Una passaporta per la morte ***


Would you trust, that anything can be?

Prologo

 

Si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo. The Butterfly Effect


 

Sirius contemplò Harry per l’ultima volta, e mentre il lampo di luce verde gli attraversava lo sguardo sentì la forza di due mani stringergli la vita e trascinarlo dentro il portale. Fu risucchiato e tutto divenne un bagliore bianco; si sentì comprimere da tutte le parti e una sensazione familiare di strappo a livello dell’ombelico lo tranquillizzò, così decise che, morto per morto, tanto valeva chiudere gli occhi e riposarsi un po’.

Si ridestò incredulo da uno strano sogno e credette all'improvviso di spaccarsi in due. Una fitta accecante gli spezzava il petto, e bruciava cosi forte che non appena si accorse portando le mani allo sterno di indossare ancora la veste di prima la strappò e le dita si insinuarono nel cuore pulsante della ferita. Sirius cercò di focalizzare lo sguardo sulle sue mani, ma non vide nessun sangue; tremava e sudava mentre sul suo petto si disegnava, destinata a giacervi per sempre, una grossa saetta che serpeggiava a livello dello sterno.
Si sdraiò nuovamente, ansante, con lo sguardo che dardeggiava per capire dove fosse capitato. Gli sembrava di trovarsi in mezzo ad una radura, gli alberi si ergevano attorno a lui ma una fitta nebbia lo convinse che probabilmente non era più nel mondo che conosceva.

 

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Capitolo 2
*** Incominciare dall'inizio ***


Come una pioggia di mattoni, tutto quello che era successo gli piombò ferocemente sulle spalle: Harry era rimasto là, in preda ai mangiamorte, con i suoi amici! E Remus? Erano sopravvissuti? L’angoscia gli morse le viscere e gli tolse il respiro già carico per la cicatrice che ancora gli ardeva la pelle. Il dolore esiste anche nel regno dei morti, o almeno lo pensò mentre cercava con difficoltà di rimettersi in piedi. Non c’era rumore di uccelli, solo silenzio di tomba in quella nebbia fitta e assiderante. Mentre cercava un qualche segno, di qualsiasi cosa, inciampò malamente su un corpo disteso a terra e nascosto dalla nebbia.

È viva, fu il suo unico pensiero quando ella si ridestò e gridò così forte da farlo balzare in piedi spaventato. Gli parve d’un tratto che il tempo volasse, mentre dopo essersi accorto che quella donna stava soffrendo le pene dell’inferno cercava di capire da dove arrivasse tutto quel sangue. Sentì l’ansia crescere e insieme ad essa l’urgenza di porre fine a quella sofferenza; gli ricordava la sua, si rispondevano ed erano come due onde sonore perfettamente sovrapposte. Sirius tremava come una foglia, un tremore che sulla sua pelle sapeva di Azkaban

“Ehi, ehm, piano, non piangere! Su, calmati... dimmi, hai una bacchetta? Ce l’hai? Ce l’hai, vero?”

 

Lei fece segno di no, mentre grosse lacrime le bagnavano il viso; decise che non poteva darle retta, era visibilmente spaventata e confusa e negava qualsiasi cosa lui le chiedesse. Sirius, che si era dimenticato di aver perso la sua durante la battaglia, cercava freneticamente con una mano la federa di cuoio in cui solitamente la conservava, a livello della cintola. Poi la vide; la bacchetta della ragazza era a pochi centimetri dalla mano che la usava – la sinistra- e che probabilmente l’aveva usata poco tempo prima.

Non esitò e la prese in mano, mentre sussurrava piano parole di conforto a quella strega sconosciuta. La bacchetta di lei era calda al tatto e sembrava avesse subito danni da un incantesimo estremamente potente perché una crepa si apriva dall’impugnatura alla punta, lasciando intravedere un color lava incandescente all’interno di essa. La vide sbuffare scintille indispettita sotto al suo tocco e al suo potere, ma dopo essersi assicurato che funzionasse con un incantesimo di Appello decise che non era il momento di fare tanto il difficile tentò tutti gli incantesimi di Guarigione che conoscesse. La ragazza piangeva ed era piena di tagli sanguinanti, uno spettacolo orrendo, da fare pietà, come se numerose mani l’avessero aggrappata; le braccia, il collo esile e il petto erano in sangue. Sembrava che delirasse e il suo sguardo era completamente offuscato.

Mentre sollevava le mani su di lei e mormorava a bassa voce per arginare il flusso di sangue, lei parve immediatamente meno pallida e piano piano riprese un respiro normale. Si puntellò sui gomiti e timorosa lo guardò dritto negli occhi.  

“Sirius”

 

Impallidì al suono del proprio nome. Pensò che doveva averla già vista da qualche parte, tentò un rapido sommario delle ultime notizie sulla Gazzetta, ma non si ricordava affatto di lei. Forse era morta tempo addietro? 

“Ci conosciamo, vero? La tua faccia… mi dice qualcosa. Come ti senti?”

Si, in un certo senso” lei parve essere sul punto di perdere i sensi, si aggrappò al suo braccio e Sirius guardò la sua pelle perdere gli ultimi sprazzi di colore “senti, parliamone meglio… quando le cose si saranno risolte. Ho bisogno che ritroviamo qualcosa…”

 

Sirius parve spiazzato, ma si riprese in fretta.

 

“Cos’è?” disse, preoccupato.

 

Nemmeno morto, lo avrebbero lasciato in pace? Dov’era il riposo eterno tanto nominato, tanto invocato? Si ridestò quando vide le mani di lei tastare il terreno.

 

“È un orologio; è molto importante, Sirius. Aiutami… Ti prego, Appellalo”

“Accio!” un sibilo gli disse che qualcosa stava effettivamente sfrecciando verso di lui.

 

Acchiappò al volo l’orologio d’oro da taschino, non ebbe neanche il tempo di guardarlo bene che lei glielo prese di mano facendo scattare il coperchio. Alla vista delle lancette, come un segnale che aspettava da tempo, si slanciò verso di lui “Presto, vieni qui!” e si strinse forte alla veste scura di Sirius, che mentre stava per caderle nuovamente addosso si sentì risucchiare per l’ombelico un’altra volta. Merlino, cosa significa tutto questo? Istintivamente Sirius e la strega erano rimasti aggrappati per le vesti, per fortuna, perché atterrarono in una seconda radura, non più conosciuta della precedente; si ritrovarono stesi a terra ansanti. Il cielo era scoperto, incorniciato dalle fronde di querce e platani lussureggianti. Non erano al riparo. Sirius si sedette e si portò indietro i capelli arricciati dall’umidità, in un gesto di nervosismo. La sua veste era una passaporta - un’altra-, ne era certo. E lei, di cui non sapeva nemmeno il nome, l’aveva usata, chissà forse anche programmata. Chi era quella strega?

Le ferite che tanto lo avevano spaventato poco prima avevano ripreso a sanguinare ma lei sembrava non curarsene, era visibilmente preoccupata da altro. Sirius sentì lo stomaco stringersi, la bile risalire: non era ancora finita. 

“Presto, seguimi”.

 

Lo aiutò ad alzarsi – con quale forza, si domandò Sirius- e si diressero verso un sentiero fra gli alberi che aveva ben poco di rassicurante. La strada si rivelò essere corta, e Sirius ne fu immensamente grato: in petto gli pulsava ancora dolorosamente la cicatrice, era debole e stanco per tutti gli incantesimi che aveva dovuto fare per far rinsavire la strega.

Lei pareva riacquistare serenità nonostante il viso pallido. Sirius ebbe modo di studiarla; era di media statura; i capelli marroni erano quasi rossicci, e dopo le varie cadute erano bellamente arruffati attorno al viso; aveva un viso dalle curve morbide ma era contratto in una maschera di serietà assoluta. Camminava sicura, ma tenendosi le braccia, rabbrividendo. Le mani le tremavano debolmente quando cercò nelle tasche della veste un mazzo di chiavi.

Poi gli chiese indietro la bacchetta, “Devo rompere i sortilegi di Protezione” si arrampicò su un grosso masso ricoperto di muschio accanto a loro e sollevò le mani; “Li ho messi io” aggiunse, forse sperando di confortare Sirius che pareva ancora intontito e profondamente poco convinto della piega che prendeva la situazione.

Se non altro me lo aspettavo, pensò malignamente quando sentì le gambe diventare di ricotta per il terremoto; come un fungo d'autunno, tra gli alberi si sollevava lenta una casupola in pietra, facendo tremare tutto ciò che li circondava. Si sentì immediatamente al sicuro là dentro, ma non riusciva a smettere di pensare ai compagni dell’Ordine. Non ci fu alcun sospiro di sollievo. La rabbia che provava per Bellatrix Lestrange gli arse la gola, e parve risalire a tutta la bocca perchè gli si seccò la lingua; non per quello di cui l'aveva privato, ma per quello che aveva fatto al piccolo... continuava a rivivere la maschera di orrore che aveva visto specchiata negli occhi di Harry mentre lui se ne andava via. Sapeva cosa rappresentava ai suoi occhi, lo sapeva che finalmente Harry era felice di poter contare su un adulto, l'idea di avere qualcuno che ti aspetta da qualche parte era parsa rassicurante anche a lui... tutti motivi che l'avevano spinto a buttarsi tra le braccia del nemico per salvargli la pelle. La sua vecchia pellaccia inutile. Solo che era stato ingannato e preso in giro dal Signore Oscuro per essersi voluto aggrappare a quell'unica persona che era lui: Sirius. Per la seconda volta nella sua vita, il senso di colpa lo avviluppò come un serpente, e non riuscì a concentrarsi su nient'altro, nei minuti che seguirono la chiusura della porta da parte della strega. Lei non gli prestò attenzione per qualche istante, era occupata a proteggere nuovamente quell'angolo di bosco sicuro.

Sirius Black si lasciò cadere su una poltrona vicino ad un focolare acceso - era stata lei ad accenderlo, o lo era già da prima? Non ne aveva idea...- e si portò stancamente una mano sugli occhi.

“Sirius” Una timida voce femminile lo appellò alla realtà, che di realistico non aveva proprio niente in quel momento:

“Posso offrirti qualcosa, posso fare una zuppa...

“No grazie, ora siediti, per favore” lo disse con voce calma, ma il mento tremava d’impazienza; aspettò che lei fosse seduta per cominciare.

“Io sono morto, rassicurami. Perdona la mia maleducazione ma ho bisogno di chiarimenti. È vero, giusto? Perché so di aver ricevuto una Maledizione Senza Perdono. Ne ho sentito il contraccolpo qui sul petto, quella vipera velenosa… insomma, la mia assassina, ha puntato al cuore. Mi ha fatto male, dunque sono morto, per forza. Ma ora dove siamo, nel mondo dei morti? E, se posso permettermi, tu chi sei, e cosa c’entri con tutto questo… con me?

 

Lei parve impallidire, forse per la stanchezza, ma rispose comunque abbassando la testa.

 “Tu non sei morto, Bellatrix ti ha colpito con un Avada Kedavra, hai ragione; ma sono riuscita a trascinarti via al momento giusto, e ho deviato l’incantesimo” alzò lo sguardo per incontrare il suo. La rabbia che incupiva il viso di Sirius si dissolse un poco, per lasciar spazio all’incredulità:

“Stai scherzando? Come hai potuto fare una cosa del genere ed essere ancora viva? In ogni caso, io non…” lei si alzò in piedi a fatica e lentamente si avvicinò per raggomitolarsi sulla poltrona di velluto di fronte alla sua.

“No, non sto scherzando, Black. Non ti ricordi di me, vero?”

 

Sirius non se ne accorse ma il cuore di lei cominciò a contrarsi più rapido che mai. Gli bastò un’occhiata per rendersene conto. Non si ricordava affatto di lei. In compenso, l’impressione di averla già vista si accentuò un poco.

 

“Emilia Averill, piacere tutto mio a quanto vedo

“Sirius Black, ma tu mi conosci già non è così?”.


Le mani le tremarono quando prese a raccontare la sua storia, mentre le ombre del fuoco danzavano sulle pietre scure dei muri attorno a loro.

 “…Ad Hogwarts, quando tu, Lupin, Potter e Minus andavate alla stamberga strillante?” Sirius annuì, deciso a non interrompere per pura impazienza “Sappi che non eravate sempre soli. Per la mia incolumità, il preside mi aveva reso Irrintracciabile e Disillusa, ma voleva qualcuno che vi tenesse d’occhio, sai, perché non succedesse niente nella foresta, perché Lupin non ne combinasse una troppo grossa… ogni volta, tu e Potter riuscivate a recuperare le briglie della situazione. Io ero presente. Ero sempre con voi. Vi tenevo d’occhio, per il professor Silente”.

 

Averill si perse nei ricordi, mentre lui la fissava inebetito. Le pupille marroni del mago non l’abbandonarono un solo istante. Improvvisamente si fecero minacciose; si era fidato di lei, ma perché? Gli si strinse la gola, non la conosceva, e forse nessuno dei due era morto come lui credeva. Aveva abbassato fin troppo la guardia perché le era sembrata debole. Tienilo a mente, Sirius, questa donna ti ha portato via dal tuo mondo; ti ha salvato la vita, ma non ti conosce nemmeno, potrebbe anche averti preso in custodia per consegnarti a… solo il pensiero della prigione in cui aveva passato quasi metà della sua vita gli fece rizzare capelli sulla nuca. Scosse la testa con forza, non voleva fidarsi. Non doveva. Non poteva.

 “A parte il fatto che non ce ne eravamo mai accorti, io men che meno” ringhiò Sirius “come mai ti sei nascosta per vent’anni? E per quale motivo sei saltata fuori adesso?!” Non si lasciò impietosire dall’aria fragile che aveva preso in seguito alla durezza delle sue parole. O forse non era per le sue parole? In entrambi i casi, non era rilevante in quel momento, lui aveva bisogno di sapere.

“Silente non voleva che si sapesse. Poi durante la guerra hanno fatto fuori la mia famiglia per motivi che non sto a spiegarti. Tornata a casa, non c’era nessuno. A parte il gatto di casa, voglio dire. Niente e nessuno che mi aspettasse, non avevo più niente. Nemmeno un futuro, per quel che ne sapevo…” La voce si incrinò “Avevo perso tutto quanto”.

 

E fu in quel momento che ricordò perché le era familiare. Gli balenò in mente una ragazza carina che rideva con gli amici e faceva svolazzare i libri sopra la sua testa, sdraiata su una panca nel parco di Hogwarts. Ma c’entrava davvero qualcosa con la strega che aveva davanti in quel momento?

 

“Ora mi ricordo di te… Prefetto Averill, Corvonero; la P non te la toglievi mai di dosso, non è cosi?! Eri al 5° anno quando ero all’ultimo. Dio, eccome se mi ricordo… James ti odiava, non so più quanti punti gli avevi tolto per qualche stupidata… Come hai fatto a dare tanto nell’occhio a Silente?” le scoccò un’occhiata antipatica che lei liquidò scuotendo la testa.

 

Osservandola meglio, si rese conto di conoscere la lei in miniatura e divisa scolastica, con tanto di cappello di feltro e capelli spettinati. Toccò a lui perdersi nei ricordi che, malamente e dolorosamente, aveva custodito da qualche parte.

 

“Non ho avuto bisogno di dargli nell’occhio” disse con aria saccente, leggermente innervosita “avevo dei buoni voti e mi comportavo bene, e Silente ha deciso che fra i prefetti ero quella che meglio conveniva alla situazione; è stato puramente casuale. Quello che è successo dopo, però, di meno”.

 

Mentre parlava si alzò e mormorò un Appello, e un barattolo in vetro contenente essenza di Dittamo le volò addosso; si scansò all’ultimo e con la punta delle dita lo afferrò. Déjà vu.

 “Ed eri anche la cercatrice di Corvonero, ora che ci penso” disse Sirius, più a se stesso che non a lei.

“Precisamente: ci vedevamo spesso, e probabilmente mi hai anche indirizzato qualche parolaccia durante le partite; ma non siamo mai stati amici, vero Sirius-quanto-sono-brillante-Black?”.

 

Stringeva le mani bluastre con forza, gli occhi mandavano lampi, un attimo dopo si rivoltarono e perse conoscenza. Avrebbe potuto accorgersene prima, del tremolio dei suoi gesti, dell'indecisione nei suoi passi. Invece non l'aveva fatto. Così, all'improvviso, il barattolo esplose a terra e il corpo di Averill si accasciò nella poltrona, inerme. Era tutto macchiato di sangue attorno a lei: la poltrona, perfino il pavimento. Sirius sentì ghiacciarsi il sangue nelle vene. Le prese la bacchetta di mano;

 “Reparo!” esclamò, per poi accorgersi che il Dittamo non sarebbe mai stato sufficiente ad arginare quelle ferite, tantomeno i suoi deboli incantesimi di Guarigione.

Cercò nervosamente una libreria per trovare un libro di pozioni, anche di incantesimi, qualsiasi cosa. Quella strega sapeva troppe cose che gli interessavano, e senza giustificazione lo aveva sottratto alla morte, e, allo stesso tempo, ad Harry. Doveva capire. Aveva un disperato bisogno di guarirla. Oltretutto, ora che l’aveva riconosciuta, un pizzico al cuore gli diede l’ultima spinta di cui aveva bisogno per decidersi.

Sirius aprì una porta scura e pesante che cigolò rumorosamente, e i suoi passi echeggianti in quell’abitacolo raggiunsero una scrivania. Era piena di libri e appunti, ma gli saltò agli occhi la pagina tutta scribacchiata di un libro, che parlava vagamente di incantesimi di Protezione; si accorse di una miniatura in bianco e nero, una donna sembrava morta a terra e si dissanguava da ogni dove, era incredibilmente ricoperta di tagli. Accigliato, ordinò alle candele della stanza di accendersi e si sedette a leggere, mentre le mani gli tremavano per l’eccitazione. Perché invece di morire si ritrovava in una situazione del genere? Non aveva avuto un attimo di riposo! E adesso quella ragazza stava perdendo tanto di quel sangue che si chiedeva come potesse essere ancora viva! Una voce maligna si fece strada nella sua mente, mettendolo faccia a faccia con la realtà dei fatti. Una voce che Sirius odiava più di sua madre, più di Mocciosus, più di Minus… il suo vero io, la sua vera essenza: andiamo Sirius, non era quello che desideravi? Palpitazioni, azione, battaglia e melodramma? Su, fatti sotto, e dimostrami di essere all’altezza della situazione… o forse era meglio restarsene buoni buoni, quatti quatti a Grimmauld Place insieme a quel sudicione di Elfo Domestico? Scosse la testa arrabbiato e si focalizzò sull’immagine che aveva visto poco prima. Non ci riuscì. Ingoiò la bile e sbatté le palpebre più volte. Un bambino, presumibilmente figlio di quella donna morente, era vivo e vegeto, e l’intuito gli indicò che forse era lui la vittima prestabilita. Magia antica. Dall’altra parte della scena, l’aggressore scagliava un dardo luminoso con la sua bacchetta. Magia nera.

Non gli venne immediatamente in mente quello che gli sarebbe stato chiaro come il sole in un momento più tranquillo, ossia che la scena ricalcava, più o meno precisamente, la notte in cui il suo migliore amico e la moglie erano venuti a mancare. Riprese la lettura.

 "Se si vuole proteggere una persona ad ogni costo, non si deve temere la morte… al momento opportuno, esser presenti… consumata la pozione Protettiva da poco, come tutti i giorni prima del predestinato… basterà interporsi, fra la persona da Proteggere e la nemica Morte… nessuna garanzia di sopravvivenza… ma l’altro sarà salvo".


Gli scarabocchi attorno al paragrafo che stava leggendo, a giudicare dalla calligrafia femminile, dovevano appartenere ad Averill, e riguardavano quella pozione sopracitata. Incorniciavano la pagina degli ingredienti, più in basso, e la ricetta era interamente rivisitata. Questo significava che se anche avesse trovato la soluzione al dissanguamento nel libro non ci sarebbe stata nessuna certezza che avrebbe funzionato. Maledetta ragazza, cosa le era venuto in mente?!

 

*°*

 

Un fumo verdognolo uscì dal calderone, segno che la pozione era pronta. Si sporse e un odoraccio di erbe di campo, zuppa di cavolo e asparagi gli pizzicò il naso. La pozione Arginante era molto complicata, senza contare quante volte avesse dovuto rileggere le modifiche della strega – accidenti, non ci capiva niente!- nel timore di sbagliare tutto e ritrovarsi solo con i suoi dubbi. Con gesti rapidi della bacchetta ottenne delle strisce di tessuto da un lenzuolo e fece levitare il tutto verso il salotto. Averill era ancora sdraiata mollemente sulla poltrona, sembrava aver ripreso conoscenza ma era debole, non aprì nemmeno gli occhi. Sirius trasfigurò la poltrona in un divanetto, un po’ rigido ma perfettamente adatto alla situazione. I segni che si affrettò a guardare sulla carne pallida della giovane erano visibilmente stati fatti da numerose mani. Senza rifletterci più di tanto la mise più comoda e stregò le bende perché s’imbibissero nel calderone e poi s’insinuassero attorno alle ferite. Lavò rapidamente tutto il sangue rappreso che aveva sui vestiti e attorno a lei, poi tornò di corsa al libro aperto.

Rilesse la frase più volte, e poi prese a camminare su e giù per la stanza.

 “Inutilizzabile la pozione Rimpolpa Sangue, si può forse attenuare il dolore e accelerare la guarigione tentando una Soporifera, magari dormendo lei…

 

Averill si svegliò e prese a respirare più a fondo. Non riusciva a vedere chiaro, ma poco importava, era al sicuro. Sentì un odore familiare provenire dal calderone nel camino.

 “Pozione Soporifera? Sei sicuro che sia una buona idea?” mugolò, senza aprire gli occhi.

“Senti, sei molto fortunata ad essere in questo stato adesso, perché se no ti avrei già appesa al muro e tartassata di domande!” Sirius non prese quasi fiato, e continuò imperterrito a sbraitare e gesticolare senza riuscire a stare seduto “Cosa ti è saltato in mente di fare quell’incantesimo? Non mi conosci neanche. Non sai chi sono, cosa ho fatto negli ultimi anni. Per quello che sai, anzi, sono un assassino e un fuorilegge ricercato! Nessuno sa chi sono io, che fine ho fatto. Cosa mi sia successo veramente, dubito che tu ne sappia qualcosa. E adesso tu mi vieni a dire... No, mi dispiace. Tu sei fuori di testa. Anzi, fammi indovinare, è quel pazzo rimbambito di Silente che ti ha obbligato a farla, vero? Si, dev’essere cosi… Per la barba di Merlino… Accidenti!!” sembrava davvero impazzito, tanto che Averill lo squadrò come avrebbe fatto con un Troll che cerca di esprimersi in inglese corrente. Sirius sembrò rendersi conto della sfuriata contro di lei, arrossì e si sedette di fronte con aggressività.

“Non è vero… Silente, non è vero che mi ha obbligata. Mi ha solo messo tra le mani tutte le informazioni necessarie ed io ho fatto quello che ritenevo giusto fare. Non parlare male di lui, non con me. Lui mi ha salvato la vita, e comunque mi ha detto la verità su di te”. Sirius rimase di nuovo interdetto. Sembrava che ci fossero dettagli di cui lui non solo non sapeva niente, ma che oltretutto non avrebbe nemmeno potuto immaginare. Ormai era deciso a non perdersi una parola di succosa verità.

“Sei sicura di riuscire a parlare in questo stato? Non ti sembra il caso di parlarne domani, o quantomeno quando ti sarai riposata? Senza offesa, ma sei terribilmente macabra” Si agitò, come impacciato, sul velluto scuro.

“Probabilmente non è una cattiva idea” assentì lei, e si rilassò immediatamente.

 

Rimase a guardarla sopita per qualche istante, mentre i pochi e brevi istanti in cui l'aveva vista a scuola si sovrapponevano al corpo sdraiato di fronte ai suoi occhi. Nonostante l'inquietudine si addormentò come un bambino, con la mente brulicante di ricordi che credeva ormai persi.

 

*°*

 

Harry gridò il suo nome, più volte, e l’ultima gli sembrò insopportabile. L’eccitazione folle negli occhi di Lestrange raggiunse il suo culmine nel momento in cui, interdetto, rimase a mezz’aria e gli cadde di mano la bacchetta. Il lampo verde lo raggiunse e l’avviluppò. Tutto rallentò improvvisamente e i rumori si attenuarono. Sentiva il petto dilaniarsi, e tutto quello che voleva, era vedere, toccare Harry per l’ultima volta. Sperò che Remus non l’avesse visto, così vulnerabile e così molliccio, sospeso nel nulla. Invece nessuno se n’era accorto, tranne il ragazzo e la sua assassina. Non era morto, non ancora. E lì si accorse delle mani che cingendo i suoi fianchi l’avevano afferrato e portato via. Mani invisibili ma decise. Questa volta se ne accorse in tempo, e allungò disperatamente le braccia verso Harry, “HARRY SONO QUI, SONO VIVO. ASPETTAMI HARRY” gridò, ma non sentì la propria voce, mentre un’altra gli s’insinuò fra i pensieri, più subdola, dolorosa “Tu non lo rivedrai. Te ne sei andato, e l’hai lasciato da solo, indifeso. Non sei stato capace di proteggervi, i tuoi riflessi ti hanno tradito… Forse era meglio se…

 

“NO” gridò Sirius, e si svegliò ansimante dalla poltrona nella quale si era addormentato.

 

La cicatrice in mezzo al petto era ancora calda e sentì gli occhi inumiditi. Corrucciato, volse lo sguardo su tutta la stanza, nulla era cambiato. Il caminetto cullava un fuoco sempre più docile, sul tavolino c’era il calderone pesante con la pozione Soporifera, una boccetta con l’Arginante, e accanto, sul divanetto, Averill che dormiva beatamente sul fianco. Con calma, si disse. Si stropicciò il viso e portò una mano alla cicatrice; quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva sentito il cuore pulsare così rapido e forte? Si massaggiò il petto come per calmarlo e s’incamminò di nuovo verso la stanza del libro. In uno strano stato d’inerzia, cominciò a guardarsi attorno. L’arredamento era povero, ma lui cercava dettagli più importanti. Qualche indizio, di lei, di lui o di Silente. Perché chi altri c’entrava in quella storia, dopotutto?

 

Sul muro, sbiadito, c’era uno stendardo di Corvonero. Una finestra aperta gli fece pensare che c’era un gufo in quella casa. Nonostante tutto, la realtà stonava con l’idea che si era fatto di essa, ossia che non era più completamente vivo. Eppure soffriva, provava rabbia, dolore, imbarazzo e vergogna. Dalla battaglia alla morte alla casa nel bosco. Scosse la testa, angosciato. Non riusciva a capacitarsi di essere ancora vivo. Forse doveva ringraziarla? Aveva deciso che l’avrebbe ringraziata al momento opportuno, quando avesse avuto un quadro più esaustivo della situazione. Inutile affrettarsi. O forse sì, dato che non sapeva nemmeno quanto sarebbe riuscito a tenerla in vita? La testa gli scoppiava per le troppe domande, ma si rese conto di quanto macinasse rapidamente gli avvenimenti. Si sentì inaspettatamente lucido. Da quanto tempo aveva messo in letargo il cervello? Se lo figurò materialmente in un ammasso rattrappito, e gli venne in mente quella volta che James aveva nascosto un piatto di lasagne sotto al letto ad Hogwarts, e l’avevano ritrovato due settimane dopo. “Flora et fauna”, o almeno così l’avevano battezzato ridacchiando.

Sbatacchiò la testa nella speranza di riportare l’attenzione al presente. Uscì dalla stanza ed entrò, una dopo l’altra, in tutte le altre, che non erano poi così numerose a dirla tutta. Il corridoio era corto e stretto e buio, lui lo attraversò con due falcate e raggiunse la prima stanza, che richiuse poco dopo: era il bagno. La seconda era la cucina, da cui aveva già preso tutti gli ingredienti per le pozioni. Non vi trovò nulla, a parte una pentola in rame contenente una zuppa fredda. Lo stomaco gorgogliò all’odore invitante di cipolla. Determinato a non lasciarsi distrarre decise di mettere a scaldare la zuppa sul fuoco, nel frattempo si affrettò ad esplorare un piccolo ripostiglio, l’ultima porta della casa che non aveva ancora aperto. Dovette convincere le candele a seguirlo perché nel corridoio non si vedeva niente, nemmeno le maniglie delle porte che rimandavano solo un fioco bagliore di luce riflessa. Nessuna finestra: dopotutto sembrava più un rifugio anti-attacco che una confortevole dimora, un po' come lo era per lui Grimmauld Place numero dodici.

Con la bacchetta ancora in mano, spalancò la porta e un’istante dopo si ritrovò addosso Averill, più sanguinante che mai; lei lo strinse a se così forte da fargli male, e le bende si spostarono, scoprendo numerose incisioni ricolme di sangue. Sentì i brividi impadronirsi delle braccia e percorrere i fianchi, e sì che ne aveva viste delle belle in vita sua. Cercò di scrollarsela di dosso, ringhiò, gridò, e si dimenò ma lei rispose con un sussurro poco umano, serrando la morsa sempre più forte: “Sei un uomo morto, Sirius. È finita la vita felice che ti era stata concessa nella casa dei tuoi genitori… Ti ho portato qui e non te ne andrai più… Lo senti il sangue che ti bagna?" Sentì i vestiti inzupparsi e la pelle umida contro il petto di lei. Era intrappolato dalla sua presa, mai avrebbe pensato che fosse così forte:

 "È il sangue di quelli che sono morti ieri, mentre ti portavo via” Sirius sentì le forze venire meno…

“…il sangue di Harry” …smise di dimenarsi…
“Ora basta, Accio… Riddikulus


La vera Emilia Averill comparve alle sue spalle, e Averill-la-macilenta scoppiò in una massa polverosa e scura, dopo essersi interamente mummificata senza più riuscire a muovere un muscolo. Le macchie di sangue sui vestiti di Sirius scomparvero, e la strega richiuse la porta. Fece comparire un grosso lucchetto munito di catenacci, poi gli diede un’occhiata in tralice:

 “Sei un’idiota, Black”. Sospirò. “Perché frughi nelle mie cose?”

Sirius aveva ancora lo sguardo fisso, era arrabbiato con se stesso, e non riuscì a fare altro che vergognarsi mostruosamente. Quando finalmente si decise a sollevare lo sguardo, trovò subito quello della strega, che sembrava vagamente conciliante e stanco assieme. Lei esitò, poi gli prese una mano fra le sue, come a voler chiudere ogni conflitto.

 “Hai intenzione di occuparti della zuppa o devo farlo io? Se è la seconda, potrei davvero trasformarmi nel tuo peggiore incubo…” ironizzò “Dai, vieni con me. Non ho intenzione di parlare di niente a meno che non vorrai farlo tu”.

 

Sirius non disse niente; sciolse la morbida stretta di mano e la ringraziò seguendola nel salotto. Si occupò lui della cena senza parlare più del necessario; la casetta acquistò calore e profumo di cipolla, alleviando quel poco che le era possibile l’angoscia di entrambi. Dopo aver sorseggiato la zuppa, sempre in silenzio, si sentì meglio. Aveva una fame terribile. Ogni tanto alzava lo sguardo verso la strega, ma la trovava concentrata sul piatto. Era terribilmente lenta, insopportabilmente debole. Con un piccolo sbuffo, prese la bacchetta da accanto alla mano di lei, e con un bisbiglio trasfigurò il suo cucchiaio in una cannuccia d’argento con tanto di ghirigori in filigrana. Si sentì inspiegabilmente meglio vedendole in faccia l’ombra di un sorriso. D’un tratto il macigno della stanchezza gravò sugli arti; lo stomaco era piccolo per l'ansia, si era riempito più rapido del solito. Non desiderava altro che sdraiarsi e dormire.

“Grazie, Averill. È ora di rifare le bende. Se non ti spiace, rimettiti sul divano”.

 

La strega era pallida e sembrava sempre un po’ incerta sui suoi passi, ma fece quello che le era stato detto. Non si sentiva affatto meglio, e l’idea di sdraiarsi parve rinfrancarla; fare quell’incantesimo contro il molliccio l’aveva prosciugata in tutti i sensi del termine. Avrebbe voluto rassicurare Sirius, parlargli, ma faticava a tenere gli occhi aperti, e così non smise di guardarlo negli occhi mentre si occupava di lei. Lui cambiò interamente le bende, le strinse e le annodò a mano, rapidamente e – lei notò il tremore che lui mascherava malamente a livello delle mani- le porse un bicchierone di pozione Soporifera. Non ebbe il tempo di ringraziarlo, si addormentò all’istante. E Sirius, riportati i resti di zuppa in cucina e diminuito il vigore del fuoco, la imitò.

 

*°*

 

Averill si agitava nel sonno, stringeva le mani e le rilassava; era avvolta su se stessa, in posizione fetale. Nel mondo dei sogni non si sentiva protetta. I ricordi riapparvero, indistinti, in un susseguirsi di momenti vissuti, lieti e dolenti, familiari e presunti annullati. A tutti stava negando, anima e corpo, l’accesso al suo cuore; ma il muro era indebolito, e loro fecero breccia dove poterono…

 

Il più recente: "La copertina di quel libro era impolverata, ma una coraggiosa Emilia Averill non si era lasciata intimidire… odore di pergamena, di candele bruciate… il libro si chiuse di scatto, la sua mano spolverò la copertina mentre un’impercettibile tremolìo l’attraversava. In conoscenza di causa, non poteva che agire. Nonostante il pericolo, nonostante l’infausta certezza che non sarebbe mai potuta tornare indietro…".

"Ed ecco una piccola Averill, aveva quindici anni, si era appena punzecchiata i polpastrelli, ma -Merlino- se era fiera di quella spilla da Prefetto sulla veste! Quella mattina le scale non furono capricciose… il succo di zucca l’aveva trangugiato, era già in divisa da Quidditch… Corvonero – Grifondoro. Dovevano vincere! Quelli erano solo dei palloni gonfiati".

"La sera stessa, quasi non sentiva i suoi passi… galleggiò orgogliosa verso l’ufficio del professore di Trasfigurazione, sicuramente voleva complimentarsi per la partita… aveva rubato il boccino sotto al naso di Potter! Quell’allocco non la smetteva di distrarsi guardando la tribuna in cerca di qualcuno… Delusione, curiosità… Silente le aveva confidato un grande segreto, e lei doveva assolutamente tenere chiusa la bocca…a Ma davvero, Lupin era…?".

 

Un altro ricordo : "Era appollaiata su una grossa cassapanca, protetta da un incantesimo di Disillusione –e uno Deodorizzante, non si sa mai, con Lupin!- e osservava il quartetto fare a pezzi il vecchio salotto ammuffito di quella casa abbandonata… Potter si divertiva a scagliare incantesimi a raffica cercando di raggiungere l’esile Minus in forma topesca; Lupin se ne stava in un angolo, leggeva un libro… ma lo sguardo era inquieto e spesso rivolto alla luce chiara proveniente dalla finestra… e poi c’era Black, quel randagio indisponente, che scodinzolava allegramente rivolto agli amici… l’orologio d’oro che Silente le aveva prestato segnava che era in arrivo il momento critico… Nessun libro avrebbe potuto prepararla a quello a cui avrebbe assistito. La mattina seguente aveva ancora brividi e batticuori di puro terrore… Ricordava solo guaiti, urla, risate demoniache e corse a perdifiato… Il buio della foresta Proibita… e poi anche dolore e compassione. Povero Lupin".

 

"…Potter scagliava incantesimi ma nessuno raggiungeva il ragazzo di Serpeverde… era diventato bravo a pararli… Incredula, si sentì serrare la gola di rabbia quando un fiotto di scintille finì per colpirlo alla spalla… Stava per intervenire, ma ecco Black che, nel volersi interporre, si era preso in faccia la risposta del giovane Severus Piton ed era finito disteso a terra. Lo vide rialzarsi con un balzo feroce, il naso in sangue e i capelli scarmigliati, per contrattaccare, ma lei lo precedette. Si interpose con un incantesimo che pochi in quella scuola conoscevano così presto e sapevano usare senza commettere errori. Decisamente quei ragazzi ne conoscevano nome e cognome, perchè lo bloccarono subito. L'esplosione attirò l'attenzione dei passanti, ma la cerchia si dissolse presto all'arrivo del corpo insegnanti. Si concluse tutto con una gita nelle cucine, dove << c’era un discreto bisogno di aiuto per grattare via il grasso dalle pentole >> Era soddisfatta di sé… Li aveva protetti tutti… Quella sera, Silente le aveva sorriso raggiante…".

 

"Ed eccola in quella casa, seduta alla scrivania… i vapori densi di pozioni diverse e complicate erano mescolati in una disarmonia di odori… si, quel sentimento era paura… aleggiava nell’aria, nascosta tra gli effluvi. Cosa avrebbe detto Silente, se avesse saputo della sua decisione? Ma non poteva parlarne con nessuno, di quello che aveva visto…". Si svegliò di soprassalto, tutto era buio e Sirius dormiva. Era li, di fronte a lei. Ed era vivo. Scostò le piccole perle di sudore dalla fronte cercando di riprendere fiato. Si sdraiò e cercò una posizione più comoda, poi cadde nuovamente in un sonno tormentato.

 

"Si rivide durante gli esami dei M.A.G.O. Era seduta in mezzo alla sala, concentrata al massimo nell’ottenere quello che tutti si aspettavano da lei.".

"Il profumo degli alberi in fiore l’accompagnava mentre rileggeva distrattamente le lettere dei suoi genitori; qualche centinaio di alberi più in là, Codaliscia, Lunastorta, Felpato e Ramoso confabulavano a bassa voce, ma lei aveva fatto un incantesimo di Amplificazione Sonora Irriconoscibile… sentì distintamente le voci dei quattro ragazzi che parlavano del nome da dare ad una mappa… erano settimane che ne parlavano… lei stessa, di nascosto e per la noia, aveva sibilato qualche suggerimento alle loro orecchie il giorno prima… non se n’era accorto nessuno… suo malgrado, sentì la propria bocca dischiudersi in un sorriso, poi sbuffò… ma perché “del Malandrino”? Che razza di nome…".

 

"Era cresciuta, si sentiva diversa. Ora quando accompagnava segretamente i quattro furfanti nelle loro corse folli, il cuore le batteva all’impazzata… le sembrava quasi di divertirsi insieme a loro... li seguiva in sella ad un thestral che lei stessa non poteva vedere… il petto era gonfio di orgoglio, si sentiva coraggiosa… ora controllava dall’alto, ora se ne stava tra gli alberi, nascosta nelle anfrattuosità della foresta Proibita". "…Potter e Black incastravano una mostruosa creatura al suolo, cercando di impedirle ogni movimento… all’ultimo spasimo della figura grottesca e disumana, loro si trasformavano rapidamente in cervo e cane, scappando come ladri, e i latrati del cane assomigliavano spaventosamente ad una grassa risata incontrollabile...".

Infine, eccolo… quello che non avrebbe mai dovuto far breccia nel muro… il ricordo da non ricordare. "Si era avvicinata molto… Lupin avrebbe potuto girarsi da un momento all’altro… ma a lei non importava, si sentiva al sicuro… dopotutto, quante volte li aveva visti fuggire a gambe levate e cavarsela col sorriso? Tra l’altro, era Irrintracciabile…".

Tutto successe di nuovo nella sua mente, rapidamente, inaspettatamente: "Lupin era trasformato, gli amici non troppo lontani lo tenevano d’occhio e lo incitavano a seguirli… lei era scesa dal thestral per seguirli… un ramo scricchiolò sotto alla scarpa e in un attimo sentì le Protezioni svanire per la paura. Lupin l’aveva sentita. Ecco che l’aveva anche vista. Sentì di non avere abbastanza aria nei polmoni, ma non ebbe il tempo di aprire la bocca che lesse l’intenzione del lupo mannaro nei suoi occhi. Stava per attaccarla. Paralizzata attese che sferrasse il suo attacco, ma ecco che mentre Lupin era a mezz’aria si era ritrovato addosso il grosso cane nero. Sirius scodinzolava ed era arrivato per puro caso nel momento giusto. I due ricominciarono gli inseguimenti, latrando e ululando, uno ignaro, l’altro fortunatamente distratto… Emilia si sentì scossa abbastanza da abbandonare la posizione di paralisi… le ginocchia cedettero… tutto divenne nero…".

 

"Odore familiare di infermeria… La voce di Silente sussurrava garbatamente… “non è successo niente, mia cara… perdonami, non ti esporrò mai più ad un rischio simile… me ne occuperò io… ora riposati” Era delusa, triste, sconsolata…".

 

"Settimane dopo… la tracolla era pesante e zeppa di libri, stava cercando di chiuderla dopo aver tirato fuori la lettera… voleva ringraziarlo, fargli sapere che aveva fatto qualcosa che l’aveva salvata… Aveva anche scritto un piccolo, pulsante post scriptum a pié di pagina che le era costato tutto il suo orgoglio. Ecco Sirius… era di fretta, senza i suoi amici… I capelli scuri erano stranamente annodati in alto rispetto alla nuca, i lineamenti puri e virili di quel viso bambino, e il cuore le tappò l'apertura della gola. Annodate erano anche le corde vocali. Deglutì come per ingoiare un sasso. Veniva verso di lei, con la sua solita aria assente. Non guardava in faccia nessuno, i sorrisi li riservava agli amici. E lei sentì, come una scossa elettrica, il tocco della sua mano sulla spalla. L’aveva scansata gentilmente per continuare la sua strada… Ripose la lettera e tornò in sala comune. Era avvampata per la vergogna…"

Qualcuno dice che il tempo cancella tutto tranne le emozioni, e che solo le emozioni diventano ricordi.

Lei tenne il segreto per sé sigillato dietro le labbra, con una punta di amaro in bocca.

 

*°*

 

“Era diluita la tua pozione Soporifera, vero?”

 

Lo guardò con astio, come se fosse colpa sua. Come avrebbe potuto saperlo Sirius, che lei avrebbe avuto incubi tutta la notte? Lui replicò, con tono abbastanza neutro, scrollando deliberatamente le spalle. 

“Scusami, non ce n’era più abbastanza. Pensavo che sarebbe bastata, sai, poi aggiungici l’effetto placebo… perché, non hai dormito?

 

Se ti può confortare nemmeno io, cara, commentò mentalmente, acido come un pompelmo. La strega volse lo sguardo altrove, torva, e si grattò distrattamente sotto ad una benda. Il sangue riprese a stillare ostinato e lei cercò nuovamente lo sguardo del mago. Sirius aprì le braccia con fare esasperato.

“Cosa diavolo ti è venuto in mente di grattarti?! Ero finalmente riuscito a calmare la cosa!” imprecò in lungo e in largo mentre raschiava il fondo di pozione Arginante.

“…dovevo rifarla comunque” Sentì la propria voce diminuire in volume involontariamente, dopo aver visto la faccia atterrita della strega “adesso stai ferma” le disse, burbero “guai a te se ti muovi!” aggiunse, e prese in mano la bacchetta.

 

Aggiunse una buona dose di Dittamo, ma era come mettere un mucchio di marmellata gelatinosa su una fetta di pane, se ne stava lì immobile e non faceva il suo effetto. Le bende si mossero magicamente e si strinsero un po’ più forte di prima attorno alla ferita che si era riaperta poco prima. Decise che per il momento poteva bastare, ma sentì nuovamente l’inquietudine invadergli la mente. Averill, dal canto suo, tremava impercettibilmente; sentiva le proprie ore contate. Sirius parve notare il fermento dietro il verde dei suoi occhi, e s’immobilizzò.

 “Sirius…”

“Tu hai un sacco di cose da dirmi” lo disse scandendo ogni parola, mentre sentiva il sangue in corpo pulsare più rapido “credo che sia venuto il momento di parlarne, cosa ne pensi?”

“da dove devo cominciare?” mormorò lei, guardando un punto impreciso nei resti del fuoco della sera prima; lui lo riaccese con un gesto stizzito della bacchetta.

 

“Dall’inizio, Averill”.

 

Il fuoco scoppiettava allegro e stonava terribilmente con l’aria che tirava quella mattina. Sirius era in attesa delle sue risposte, e lei doveva dargliele. Nel vero senso del termine, s’intende. Non riuscì ad avviare il discorso, perché anche risalendo il fiume dei ricordi non le era mai stato chiaro dove tutto avesse preso inizio. Lo sguardo interrogativo di Black non la mollava un secondo, e di certo non l’aiutava a concentrarsi. Averill sembrava un gatto impaurito bloccato in un angolo senza vie di scampo

“E va bene, facciamo così” disse l’uomo, spazientito “cominciamo dal mio mantello. Come diamine è possibile che sia diventato una passaporta e per quale motivo?

 

La risposta le salì rapidamente dallo stomaco – dove si trovava il suo morale appena un attimo prima- alle labbra; quella era una domanda a cui poteva rispondere facilmente.

 “Avevo paura di spaccarmi con la materializzazione congiunta” O di spaccare te.

“Mi era giunta voce che fossi un'auror; era una voce falsa?”

“Lo sono – anzi ero" non perse tempo a dargli spiegazioni che sicuramente le avrebbero fatto più male che a lui del bene "Un auror capace di portarsi da un posto all’altro anche senza dover per forza ricorrere alla materializzazione. Per l’amor del cielo, Sirius! Era ieri, e ti sei già dimenticato in che stato eravamo? No, avevo troppa paura. Forse in un’occasione tranquilla avrei potuto farlo, ma non ieri

“Ok. Molto bene. Come hai fatto a sapere dov’ero e cosa stavo facendo?

“Non hai una domanda di riserva?”

“E tu ce l’hai una giustificazione valida per questa assurda faccenda?” ringhiò lui.

“Sirius, per favore!”

“Allora spiegami come hai fatto a portarmi via… in quel momento” rimbeccò, deciso a ottenere qualcosa a tutti i costi.

 

L’avrebbe spremuta come un limone. Non passava un’ora che lui non rivivesse quel momento, e non solo si lambiccava senza risultati, ma l’angoscia di non sapere come stavano i suoi amici gli attanagliava dolorosamente l’addome e rendeva ogni bisogno una necessità assoluta.

 

“Ero entrata con i mangiamorte, ma non mi hanno vista. Allora sono rimasta in un angolo, e ho aspettato. Poi quell’insulsa strega ha fatto quella cosa, e ti ho preso al volo e portato via, dentro l’Arco. Eravamo in una specie di limbo. Te la ricordi, la nebbia, vero? Poi ti sei svegliato e abbiamo preso di nuovo la passaporta” non la smetteva di arrotolare un filo che si sfibrava da una benda, cosa che infastidì Sirius oltre ogni misura “ed eccoci qui”.
“Mi stai dicendo che sapevi che Harry sarebbe andato al Ministero per cercarmi? Che era tutta una finta solo per attirarci lì e recuperare quella maledetta profezia?! Tu lo sapevi?” Era di nuovo in piedi, camminava per tutta la stanza cercando di non aggredirla. C’era ancora molto da scoprire, dannazione.

“Non proprio. Io non sapevo tutti i dettagli. Sapevo solo che tu saresti morto a quest’ora se qualcuno non avesse fatto qualcosa”.

 

Black continuò a camminare, ma l’andatura era inequivocabilmente passata dal galoppo al trotto. Ancora qualche sforzo Averill… si incoraggiò la strega, appena prima di piombare per l’ennesima volta nell’inconscio. Accidenti, Sirius. Impara a controllare le tue emozioni.

 “Cosa è successo questa volta?” disse più a se stesso che ad Averill, la quale era sdraiata con gli occhi chiusi e respirava debolmente. Le prese il polso, e la scoprì madida di sudore e spaventosamente fredda. Emilia riaprì gli occhi, ma parve confusa.

“Dove siamo?” biascicò lei, poi inaspettatamente sorrise. “Sei tu Sirius?”

 

Crollò di nuovo sul cuscino e si accorse che lui le teneva il polso stretto in mano. Lo sentì aumentare di portata ogni secondo di più. Di fronte a lei, l’uomo era visibilmente in preda ad un grosso dilemma interiore. Si, ce l’hai con lei perché tiene in pugno la situazione e la tua vita, è vero. Però ti sentirai meglio quando saprai tutto e potrai trovare il modo di tornare dai tuoi. Magari ti insegnerà addirittura il modo per sapere preventivamente se qualcuno che conosci è in pericolo di morte! Qualcosa di meno rischioso dell’orrendo “dono” di Harry. Chissà, forse anche lei ha accesso alla mente di qualcuno del campo opposto. O forse no? Guarda in che stato è adesso… che ne sarà di lei? Sirius si passò una mano sulla faccia con forza, come per lavar via le tracce del bizzarro monologo che aveva appena avuto con se stesso. Si sentì in colpa per essersela presa con lei, in quel momento gli sembrò più indifesa che mai. Senza guardarla negli occhi le disse:

“Facciamo così, adesso con molta calma e senza preoccuparti di niente mi spieghi un po' di cose. Ho bisogno di sapere, capiscimi. Io resto qui, se vuoi mi siedo vicino a te” aggiunse, perché sembrava riluttante nel vedere che si stava alzando “che ne dici? Allora, cominciamo. Come mai correre un rischio così grosso per una persona che non conta niente per te? Devi capirmi. Per me potresti benissimo essere una spia del Ministero. Che ne so io. Dunque, cosa mi dici adesso?”

“Che non avresti potuto scegliere domanda peggiore, Black” ansimò la strega di rimando, poi continuò “non ti aspettare una risposta illuminante…” lo guardò, fugace, negli occhi.

 

Si morse la lingua, non aveva fatto altro che strafalcioni e passi falsi per tutta la vita. Ecco l'ennesima prova. Lui la fissò insistentemente, e lei dovette voltarsi. Provò caldo, freddo, brividi ovunque, e un'inconfondibile voglia di vomitare l'anima.

 “Settimane fa stavo pedinando Lestrange, l’ho seguita fin dove ti ho trovato ieri… e ho sentito una profezia. Naturalmente riguardava lei, ma io speravo che riguardasse qualcosa di più interessante, se capisci cosa intendo… Invece no. In compenso, un certo numero di cose, dopo la profezia, mi hanno fatto intuire che qualcuno sarebbe morto quel giorno preciso a quell’ora precisa, a meno che non succedesse qualcosa”.

 

Sirius fece finta di niente nonostante lei avesse visibilmente ignorato un dettaglio importante.  

“Quel qualcosa è successo. Sapevo della profezia, Sirius. Come potevo lasciare che qualcuno morisse? Sarei stata una complice…” il volto era una smorfia di dolore “poi ho capito che si trattava di te”.


 

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Capitolo 3
*** La cerva d'argento ***


Sirius aveva sentito il polso della strega accelerare fra le sue dita. Che senso aveva quel gran minestrone di informazioni frescamente ottenuto? Non si sentiva sollevato, anzi. Averill lo aveva salvato correndo deliberatamente il pericolo di morire. Era disposta a morire per me. Una gran smorfia che assomigliava un po' a un sorriso amaro mangiava il suo bel viso. Lui avrebbe fatto lo stesso per lei, per una perfetta sconosciuta? Certo, lei aveva passato molto tempo con lui – con i Malandrini – senza metterlo al corrente, lui non sapeva niente o quasi di lei, e quindi era diverso. Ma lo era poi tanto? Si scoprì intento a guardarla negli occhi da un po' di tempo; cosa nascondeva, dietro quei lineamenti decisi, quelle pieghe agli angoli della bocca? E dietro alle sopracciglia strette e corrucciate, come le ali poderose di un gabbiano che risale dal mare in tempo di bufera? Cosa stava cercando di dirgli, con quello sguardo? Non riusciva a sostenerlo, era carico di emozioni, e dopo aver deglutito sonoramente cercò di sostituire il suo con le parole.

“Perché, fra tutte le cose che avresti potuto fare, hai deciso di tentare quell’incantesimo? Guarda come sei messa adesso. Avresti potuto fare qualcos'altro, se anche l'avessi ritenuto necessario - e non ho ancora capito appieno il perchè. Hai avuto a disposizione settimane, per tutti i Gargoyle! Cosa ti ha detto il cervello? Non avevi paura?”

 

Ammutolì per il suono delle sue stesse parole: sentì improvvisamente un’emozione nuova serrargli la gola, e inghiottì a vuoto. Non si stava sentendo in colpa, vero?

"Un giorno, senza saperlo, tu mi hai salvato la vita".
"Non è vero"
"Si che lo è. Lupin mi aveva vista e tu l'hai prontamente distratto"
"Non ci credo..." era scoppiato in una risatina isterica.
"Non era fatto apposta e tu lo sai. Non che io non ti sia riconoscente, lo sono è ovvio, non sarei qui se tu non l'avessi fatto ma... insomma, non capisco" sentiva le labbra incapaci della loro solita eloquenza, e attese un attimo, nella speranza di riacquisirla "aspetta, quindi tu mi stai dicendo che mi hai trascinato qui per non so quale debito mai riconosciuto? Non esiste!"


La strega parve vergognarsi, aveva preso uno strano colorito in volto, ma riprese a voce più alta: "Tu avresti fatto lo stesso".
Non ne aveva la più pallida idea, certo si era catapultato al Ministero per l'Ordine, ma c'era anche Harry laggiù, con Hermione, Ronald, Ginevra e gli altri.

"Tu come lo sai? Ne avevi la certezza assoluta?" Fece una piccola pausa, poi riprese deciso "Devo essere onesto con te, non so se l'avrei fatto. Sicuramente avrei cercato una soluzione, ma me la sarei vista con qualcuno! Insomma, potevi parlarne con Silente, a questo punto, no? E' una grossa responsabilità presa da soli. Troppo pesante per una persona sola."
"Io veramente..."
"Non lo dire neanche. Silente ti ha lasciato fare una cosa del genere?!".
Toccò a lei sentire il tremore della sua stretta attorno al polso, così cercò di sedersi per tenergli testa, ma era tutta finta spavalderia.
"N-no! No! Io non... Lui... Io gli ho mentito"
"Gli hai mentito?!"
"Si, gli ho mentito! Gli ho mentito, Sirius! Ce lo vedi Albus Silente, bilancia in mano e cuore nell'altra, a dirmi << e ora Emilia sacrificati per il bene supremo, stupido pezzo di carne! >> ? Scordatelo! Non mi avrebbe mai permesso di cercare nella biblioteca di Hogwarts, altrimenti! Ho dovuto glissare su alcuni dettagli"
"Come il fatto che saresti potuta morire, e io con te?!"
"Cos'è, colpa mia adesso? CHI è il padrino di Harry Potter, il ragazzo che è sopravvissuto? CHI si è lanciato a capofitto nel cuore dell'azione, rischiando la morte, convinto di cavarsela, e mettendo in atto quella STRAMALEDETTA PROFEZIA?! Dimmelo, Sirius! Erano settimane che avevo tutto preparato! E io che non mi sono neanche posta il problema di avere paura! Ho preso quella orrenda pozioni tutti i giorni... e tu mi ringrazi così? Dio, meno male che non ti devo più niente!"

 

Era rossa in volto, accaldata per la rabbia. Gli occhi luccicavano pericolosamente. Era furibonda.

"E di grazia, cosa sei andata a raccontare a quella stupida mummia barbuta?!"

 

Era pazzamente felice di potersela prendere con qualcun altro, almeno non sentiva più i sensi di colpa. E poi Silente aveva sempre avuto quel suo strano lato oscuro, lui l'aveva sentito subito! Sirius si era seduto nuovamente di fronte ad Averill, proprio come la sera prima. Aspettava che lei continuasse con aria folle.

"Che avevo scoperto una profezia su tua cugina. Gli ho detto di aver scoperto che un giorno al Ministero avrebbe fatto fuori qualcuno, se non l'avessi fermata. Mi ha guardata, trapassata da parte a parte, e mi ha chiesto se << ero sicura di non correre alcun rischio >> e se << fosse davvero necessaria la mia partecipazione >>. Voleva chiedere aiuto a Severus, perfino Minerva, io gli ho detto chiaramente che era una cosa che gli altri non potevano sapere. E lui mi ha creduto"
"Ma guarda, e tu avresti preso per i fondelli uno dei più potenti legilimens del mondo magico...? Stai mentendo, è evidente"
"No, Sirius, che non lo sto facendo! Lui si è semplicemente fidato di me. Dopotutto gli avevo fatto capire che era di vitale importanza che non lo sapessero gli altri dell'Ordine. Sai, le profezie sono roba delicata. Basta un soffio..."
"Accorcia!" ringhiò lui, ancora incredulo per tutta la faccenda.
"Cos'altro c'è da aggiungere? Ho sentito una profezia sulla tua morte. Era previsto che tu morissi. Se volevo cambiare il corso delle vicende era ovvio che dovessi pagare cara l'intrusione." disse con tono pratico "Ed è quello che sto facendo, Black. Non lo vedi? Sono ancora VIVA" annunciò inviperita, con gesto teatrale.


Sirius si alzò di scatto e urtò il tavolino, facendo cadere il calderone con un clangore metallico degno di un gong.


"Perdiana"
"E adesso cosa c'è?" si allarmò lei.
"L'incantesimo" annaspò Sirius "Era... era come quello di... quello di Lily... per Harry".
La strega si voltò rapida a quelle parole; sapeva che prima o dopo ci avrebbe visto chiaro, eppure non voleva. Era troppo presto, e lei non era pronta per affrontarlo. Era troppo debole.
"Ma certo, tutto torna. Io... credevo che Riddle l'avesse torturata..."

 

La guardò stranito, incerto dei pensieri e dei suoi passi.

"Invece se l'era fatto da sola. Come te"
"È andata così... più o meno" aggiunse poi, preoccupata della sua reazione.

Ora Averill sentiva il sangue ribollire dentro, le ferite pulsavano senza sosta. Era stanca, ma così intensamente presa dal momento che non ci fece quasi caso.

"È un incantesimo di Protezione." biascicò Sirius, per poi andarle incontro e sollevarla per le spalle.
"Tra una madre e un figlio. Da madre a figlio, capisci? Averill, dove diavolo hai trovato quel genere di sentimenti per me in quel tuo dannato cervello mangiato dai vermicoli?!" disse scuotendola come un sonaglio.
"Tu mi piacevi, a scuola..." disse lei con una vocina insignificante, mentre gli occhi le si erano offuscati per la tensione.

 

È così che si combatte, Averill? Sei una stupida. Una povera scema. Continua pure a piangerti addosso, di questo passo ti scaverai una tomba da sola!

La sua mente non la smetteva di vomitare insulti. Sentì ogni speranza volarsene via e le membra svuotate da ogni forza già di per sé carente per le ferite che la martoriavano.

"Sei pazza, definitivamente da ricoverare" riuscì a dire Sirius, senza toglierle le mani dalle spalle.

 

Aveva paura, nel contempo, che lei cadesse come una pera troppo matura, per poi spappolarsi a terra. Ci era andato giù un po' pesante, con le parole, ma era esterrefatto. Adesso la guardava, come se le sorprese dovessero per forza essere finite. Lei non poteva amarlo fino a quel punto.
Sentì un brivido salirgli al petto per l'assurdità del pensiero malamente formulato. Forse era pazza davvero. Ma non controllano i loro Auror al Ministero? Branco di imbecilli senza arte ne parte! E Silente, quella vecchia volpe, non si era accorto di aver riposto fiducia in una donna malata? Le sue riflessioni parevano lampeggiare come neon da pub di un sobborgo babbano nel bel mezzo della sua fronte. Averill le vedeva perfettamente, le accecavano gli occhi, ma non riusciva a smettere di fissarle. Ecco, è finita. Mi rinchiudono al San Mungo, magari mi sbattono pure ad Azkaban per tentato rapimento. Perchè lui ovviamente non resterà. La lascerà libera di dissanguarsi e morire nel mezzo del bosco, per farne ritrovare i resti vent'anni dopo, oppure la farà sbattere in una cella - medica o legale, non faceva differenza per lei- nel giro di ventiquattr'ore?
Le folli elucubrazioni di entrambi si arrestarono al suono distante di un campanello. Si guardarono, rendendosi conto di quanto erano andati lontano con la fantasia. E lui, improvvisamente all'erta, si diresse verso l'entrata con la bacchetta della strega stretta in pugno. Sprizzava scintille multicolori, a testimonianza del suo non proprio breve momento di squilibrio mentale.

"Non posso crederci... e ora cosa ci fai TU qui, Mocciosus?" ragliò esasperato, indeciso se chiudergli la porta in faccia o lasciarlo entrare, dopotutto, la situazione gli era sfuggita di mano da qualche giorno e aveva l'impressione di vivere uno strano e terribile incubo.


Non avevano sentito, presi com'erano, il rumore familiare, così consueto, di una persona che si materializzava nelle vicinanze. Per un corto istante Severus Piton parve spiazzato. Poi ebbe di nuovo la meglio sulla propria espressività. Era un uomo di corporatura asciutta e longilinea, nonostante la schiena fosse leggermente incurvata; i capelli color carbone ricadevano lungo un viso ovale dalla pelle olivastra e dall'espressione poco amichevole. Era un eufemismo. Sembrava la caricatura involtolata nella carne di un tetro fantasma in bianco e nero.

"La domanda giusta è cosa ci fai tu qui, Black. Emilia, esigo delle spiegazioni!" cercava di mantenere un tono neutrale mentre gli occhi saettavano da Black al divanetto su cui era sdraita la donna, fasciata come una mummia egiziana.

 

Spinse Black contro al muro con un braccio e lo ignorò deliberatamente mentre raggiungeva Averill con passo spedito. I due si squadrarono, imbarazzata e allucinato, finché Severus parlò. Nel mentre, faceva apparire dal nulla un flacone di una pozione scura e densa.

"Lo sapevo che eri un'indicibile idiota. Lo sapevo benissimo, ecco perchè sono tornato. Tu non me l'hai raccontata giusta e io lo sapevo"
"Severus, non ho bisogno dei tuoi insulti. E cosa diamine intendi fare con quella roba?!" disse, mentre lui con gesti secchi e una precisione impeccabile puliva le bende e le imbibiva con quella strana pozione color sangue.

Sirius guardava ormai la scena come uno spettatore, incapace di prenderne parte.

"Ecco fatto. No, non ringraziarmi, pazza di una strega!"

 

Da dove arrivava quell'uomo dal tono di voce preoccupato, assolutamente troppo per essere quello che lui conosceva? Sirius non aveva mai visto il mago comportarsi da amico con nessuno se non con Lily. La cosa non era poi durata molto, per via delle dubbie frequentazioni di Piton. Non l'aveva mai sentito sputare più di due parole.

"Se sei qui per conto di Silente, sappi che io non ho nessun bisogno di-"
"Ma certo che sono qui per conto di Silente!" si affrettò ad annusare il calderone che era caduto per terra poco prima "Black, scemo d'un cane. Per quale motivo hai pensato di poterle dare della pozione Soporifera?! Sei forse un medimago? Li conosci gli effetti collaterali? Quanto a te, adesso ti porto a Hogwarts. Se sarai fortunata Silente non ti prenderà a scarpate e accetterà di aiutarti. Proprio una bella coppia di idioti"

 

La strega sembrava aver preso fuoco di rabbia; gli lanciò uno sguardo assiderante, mentre le mani le si artigliavano inconsciamente ai braccioli della poltrona.

"Ma come ti permetti? Piombi in casa mia e cominci a dettar legge? Torna immediatamente da dove sei venuto. Fuori di qui! Ma chi ti credi di essere? Nel caso in cui ti fosse sfuggito, ho tutto sotto controllo e non so che farmene della tua arroganza! Credi che io sia ancora qui grazie a te? Scordatelo, razza di acromantula degenerata! Anzi, prima di andartene fammi un piacere, prenditi Black e levatevi di torno entrambi. Mi state facendo scoppiare il cervello. Ma pensa un po'..."
"Piton, tu sai come ha fatto a ridursi in quello stato?" sussurrò Sirius, parlando per la prima volta.
“Nella tua lacunosa e dubbia conoscenza di come funzionino le cose a questo mondo, mi sembra ti sia sfuggito il dettaglio non proprio insignificante che io sono appena arrivato e che non posso avere in mano più informazioni di te. Anche se naturalmente, se me ne facessi parte, forse potrei illuminarti” disse con tono decisamente astioso.
"È un incantesimo"
"Come dici?" Piton si voltò di scatto
"Non ascoltarlo, è tocco e tu lo sai" rimbeccò Averill, improvvisamente in ansia.
"Se ce n'è una qui con un grave caso di disequilibrio psicofisico sei tu" disse, per poi rivolgersi al mago "ascoltami, tu. Quando James e Lily sono morti"
"Chiudi quella bocca, finiscila di parlare a vanvera." ribatté Piton, innervosito
"PERDIANA, VUOI ASCOLTARMI?! QUESTA DONNA CHE HAI DAVANTI, MUMMIFICATA DALLA TESTA AI PIEDI, MI HA SALVATO LA VITA USANDO LO STESSO INCANTESIMO DI LILY NELLA NOTTE IN CUI TU-SAI-CHI GLI HA FATTO QUELLA FAMOSA VISITA DI CORTESIA. ED È ANCORA VIVA." Lo gridò e sentì la voce incrinarsi, finalmente poteva vuotare il sacco. Era sicuro di aver perso il senno a forza di stare a stretto contatto con quell'altra.
"L'hai vista anche tu, quella notte, lo so, lo sanno anche i muri, Piton"
"Non è possibile"
"Ci risiamo..." Sirius roteò gli occhi con fare indisponente, ma Piton era impassibile.
"Io so cosa ha fatto Evans quella notte, ed è impossibile che questa qui l'abbia fatto per salvare te".
"Severus" Si erano quasi dimenticati di lei, quando la flebile voce raggiunse le loro auricole.
"Non mi sento affatto bene" disse, più piano, improvvisamente bianca come un cencio.
"Lo so. Adesso andiamo. Tu cosa intendi fare?" ammiccò verso Sirius "Resti qui al sicuro, a grattarti le croste, tanto per cambiare?"
"Non ti permettere Mocciosus." ringhiò di rimando "Tu occupati di lei, io vado a recuperare il libro che ha usato, l'ho trovato ieri. È pieno di appunti. Ovviamente per rendere le cose più facili ha modificato tutto quello che c'era scritto, non ha saltato nemmeno una riga! Comunque la cosa migliore sarebbe portarla al San Mungo e farla internare. È fuori dalla grazia di Dio" e così dicendo si rimise il mantello sulle spalle e corse a prendere il libro.

 

Un terribile "crac" fece tremare i vetri della casa, e un'orrenda imprecazione gli uscì dalla bocca. Quel mentecatto se n'era andato senza aspettarlo e aveva portato con se Averill. Si trattenne dallo sfogarsi contro il muro. Come diamine sarebbe andato a Hogwarts senza potersi materializzare? La risposta gli venne incontro in un'accecante scia luminosa. Una... non ne era sicuro, sembrava... si, era proprio...
Una cerva argentea scalpitò nella sua direzione, e la voce tanto odiata di Piton rimbombò per la casa, sconquassandogli l'anima, aiutata da ogni muro che lo circondava.


"Nel caso in cui il tuo acume non fosse all'altezza della situazione già di per se abbastanza problematica senza aggiungervi gli aggravanti di cui saresti perfettamente capace, sappi che non tornerò indietro per materializzarmi con te" il disprezzo nel tono di voce era ridondante "In un cassetto della credenza di fronte al camino c'è un vaso in ceramica con su scritto << metropolvere >>. Spero di essere stato abbastanza chiaro. In caso contrario, a mai più rivederci" e la bestia maestosa scomparve lasciando il mago frastornato.


Sirius era preoccupato. Il libro vecchio di qualche secolo gravava sul torace con il peso di tutti i suoi anni. Avrebbe rivisto Harry? Non che non ne fosse capace, ma non se la sentiva di inventare una storia; non voleva mentire. Eppure non sapeva come avrebbe potuto giustificare la sua assenza, per non parlare del suo ritorno dal regno dei morti. Avrebbe dovuto dargli spiegazioni, e non riusciva a darle nemmeno a se stesso. Prese una manciata di metropolvere dal vasetto che gli aveva indicato la cerva, e varcando le alte fiamme color smeraldo del caminetto, esclamò "da Silente!".


*°*


Nel mentre, Severus Piton era arrivato, con la donna infagottata fra le braccia, direttamente nei sotterranei. Era il posto in cui lui insegnava, lavorava e dormiva, essendo responsabile della casa di Serpeverde. Il posto rispecchiava il carattere dell'uomo. Chiuso, indisponente, antipatico, freddo, oscuro. Proprio come l'avrebbe descritto Sirius se in quel momento fosse stato presente. Lasciò che Averill si sistemasse su una poltrona verde bottiglia del suo ufficio, di molto più larga del suo corpo pallido, esangue. Le diede una rapida occhiata per accertarsi che non fosse sul punto di svenire, ma la trovò con gli occhi aperti, anzi sgranati. Si guardava attorno come persa nei ricordi.
Il mago si affrettò a raggiungere la porta, "Non ti muovere e non toccare niente. Torno fra poco" e se ne andò senza darle spiegazioni, la veste scura che si agitava al ritmo dei suoi passi. La strega sentiva il cuore stretto in una morsa micidiale. Portò una mano al petto, stupidamente, per liberarlo. Non ne uscirò viva e senza ferite, ma questo lo sapevo già. Forza, Averill. La porta si spalancò, e Silente arrivò assieme a Black. L'uno era imponente nei suoi abiti setosi e celesti, l'altro era una figura magra e scura, terribilmente in contrasto. I capelli ricci di Sirius spuntavano in tutte le direzioni; quelli di Silente, chiari e luminosi, scivolavano sulle sue spalle, seguendo tutti, come ammaliati, la medesima cadenza. Averill alzò il volto per gustarsi la scena.

"E Severus?"
"Temo di non averlo incrociato, in compenso ho trovato Sirius Black nel mio camino, eppure ero sicuro che fosse morto"
"Le ha... le ha già raccontato tutto?" cominciò lei, mentre il mago le prendeva il polso tra le mani con gentilezza.
"Non saprei. Cosa mi dici, Sirius?"


E Sirius raccontò quello che gli era successo negli ultimi due giorni, omettendo alcuni fastidiosi dettagli. Silente nel frattempo sfiorava delicatamente le incisioni a livello dell'avanbraccio, mormorando parole il cui significato non arrivava ad orecchio alcuno, se non il suo. Prese un'aria grave.

"Non dia ascolto a un randagio pluripregiudicato. Quello che dice non ha assolutamente senso".


Severus Piton era di ritorno, con un calderone e numerosi attrezzi sconosciuti che gli levitavano dietro come pulcini dietro un'anatra, rapida, sul pelo dell'acqua.

"La questione è grave, Severus, e non si devono escludere a priori certe informazioni. Potrebbero rivelarsi particolarmente utili. In ogni caso, ti chiedo di mettere il tuo astio per quest'uomo in fondo alle tue tasche per le prossime ore. Vale anche per te, Sirius. Ne va della vita di qualcuno"
"Qualcuno di folle"
"Qualcuno di sconsiderato"


Le voci di Sirius e Severus si levarono contemporaneamente, producendo quello che Averill avrebbe definito, in una situazione più consona, un'inutile interferenza cacofonica.

"Adesso vorrei la tua versione dei fatti, mia cara. Senza omissioni, per favore" e Sirius sentì l'occhiata in tralice del vecchio preside tartassarlo di interrogativi.
"Professore, sarò breve perchè in questo momento le forze mi mancano. Come già detto settimane fa, ho origliato una profezia che riguardava Bellatrix Lestrange e un membro dell'Ordine, che in seguito ad alcune informazioni si rivelò essere Black. Come lei ben sa, ho preso in prestito dei libri dalla biblioteca della scuola. Sono andata nella sezione proibita agli studenti, avevo bisogno di qualcosa di potente per proteggerlo. Sapevo che le mie conoscenze non erano sufficienti. Mi sono imbattuta, leggendo, in una formula che prometteva di salvare una persona in procinto di morire, mediante la presa giornaliera di una pozione per un certo numero di giorni, e-"
"Ecco il libro in questione, signore" Sirius fece un passo avanti e lo porse al mago che l'aprì immediatamente alla pagina giusta.
"Mmh" Silente divenne scuro in volto.
"Non per insultare la sua intelligenza, ma preside, lei sa che questo sortilegio permette di salvare una persona condannata a morire solo sotto certe condizioni" ora Piton, con il mento sollevato in un'espressione indecifrabile, aveva teso una mano verso il libro; voleva vederlo anche lui.
"Lasciala continuare" sibilò Sirius, precedendo la risposta di Silente "Se tu non sei abbastanza intelligente da renderti conto della situazione, finisce che lei muore sul serio e sarà in parte colpa tua. Un gran bel peccato, se non per il piacere che finiresti ad Azkaban..."
"Adesso basta, o mi vedrete costretto a escludervi da questa faccenda. Emilia?"
"La pozione, dicevo. Ma non bastava, dovevo anche essere presente in quel momento, ecco perchè ho chiesto il permesso al capo dell'Ufficio Auror di andare a "perlustrare" il piano dell'Ufficio Misteri. Era citato nella profezia che dovesse succedere proprio nel cuore del Ministero. Per motivi che non sto a spiegare..."
"Hai usato della felix felicis quel giorno?" disse Silente, senza lasciar intendere da dove avesse preso quell'informazione.
"Io... no..."
"HAI USATO DELLA FELIX FELICIS?" latrò Sirius, spiazzato.
"Forse mi hai frainteso... io parlo del giorno in cui Sirius sarebbe dovuto morire per mano di Bellatrix" disse Silente.


Sirius e Severus si guardarono accigliati, improvvisamente le loro discussioni in cagnesco appartenevano a un tempo remoto.

"Si, signore. Nel dubbio, pensavo che avrebbe potuto aiutare..."
"E NON TI E' VENUTO IN MENTE CHE POTEVA INTERFERIRE CON L'ALTRA POZIONE E UCCIDERTI?" sbraitò Piton, furioso come nessuno l'aveva mai visto.
"Io... non volevo rischiare invano. Professore, lei sa perchè l'ho fatto. Non mi chieda oltre. Ero consapevole dei rischi. Non è affatto colpa sua, se non si è fidato di me"
"Purtroppo temo che in parte sia il caso di dire che è anche colpa mia. Certo non mi attribuisco i risultati, che essi siano meriti, come l'aver salvato la vita di un uomo, o ferite magiche inguaribili come la tua, eppure avrei dovuto perlomeno spiare nella tua mente, per sicurezza. Ma non l'ho voluto fare."
Lei abbassò la testa, non voleva guardarlo in faccia. Era mortificata.
"Professore... come può dire che sono inguaribili, dia un'occhiata al libro... sono sicuro che con un po' di tempo a disposizione..." cominciò Severus, d'un tratto concentrato.

 

I suoi occhi scuri erano stretti, le pupille saettavano sulle pagine del libro aperto che il preside teneva ancora in mano, come una statua in carne ed ossa.


"Lei non ha molto tempo a disposizione. Vedete, le sue piaghe non cicatrizzano. Forse dovremmo tentare qualcosa per accelerare questo aspetto della guarigione. Eppure qualcosa mi dice che non funzionerà"
"Il libro dice chiaramente che lei doveva morire al posto dell'altra persona" s'intromise Sirius, con voce incerta "Lei non è morta. Ergo, si deduce che qualcosa non è andato come doveva. Lei pensa che vivrà con delle piaghe aperte per tutta la vita?"
"Siamo sinceri, Sirius!" disse Silente, con una punta di nervosismo nella voce che sicuramente non voleva lasciar trasparire "Io non le auguro niente di simile, ma credi davvero che sopravviverà in questo modo? Io credo di no. Io credo che abbia appena firmato la propria condanna a morte".


Averill rimase di ghiaccio a quelle parole. Averill, "un-ingegno-smisurato-per-il-mago-è-dono-grato", aveva creduto che in un modo o nell'altro, dato che era ancora viva, se la sarebbe cavata. Averill era poco più, in quel momento, di una bambina spaventata. Si era di nuovo spinta oltre le proprie capacità. E questa volta, Sirius non l'avrebbe protetta, neanche per sbaglio, neanche... volendo.

"Signor preside, ha visto le scritte attorno alla ricetta? L'ha interamente modificata. Sono sicuro che lei ha potenziato la protezione su sé stessa in questo modo, guardi. Secondo me potremmo partire da qui." disse Piton, come deciso a non tener conto di una singola parola appena pronunciata dal suo interlocutore.

 

Nessuno osava più parlare. Averill era rannicchiata come un mucchio di polvere in uno scopino. Sirius si passava continuamente la mano fra i capelli, passando per il viso e stravolgendosi le pieghe d'espressione, in un insieme di sconclusionati comportamenti nervosi.
Era un repertorio infinito, in confronto a Severus. Lui era immobile, come se nulla l'avesse toccato, eppure se possibile era più preoccupato di lui. Non voleva darlo a vedere, e si mordeva la lingua per non parlare. Il preside e il professore di pozioni si sedettero di fianco senza più proferire parola, leggendo interamente le pagine aperte sul manoscritto. Sirius si avvicinò alla strega nel frattempo, come se improvvisamente si fosse sentito colpevole. Si sedette nella poltrona accanto a lei e le chiese di porgergli un braccio, così da poter riguardare sotto le bende.

"Avete notato che sembrano dei graffi?" disse, mentre allontanava di scatto le dita dal polso ferito alla vista della smorfia di dolore di Averill.
"Si, ma non si capisce... come la cosa sia collegata al sortilegio" rispose Piton, in tono neutrale, ancora occupato a leggere.

 

Silente si alzò all'improvviso in uno svolazzo di vesti e si diresse verso Sirius.

"Hai riportato una cicatrice, non è così? Dovrei chiederti di mostrarmela" Sirius si allontanò dalla poltrona senza rispondergli, si avvicinò alla sorgente di luce -qualche candela galleggiante a mezz'aria e un paio di timide lampade ad olio sulla scrivania di Piton- e comincìo confusamente a svestirsi.

 

Avvampò come un ragazzino quando sentì gli sguardi di tutti i presenti puntati sul suo petto.

"Non ci sono dubbi, ora, Severus. Guarda. È identica a quella del giovane Potter" constatò Silente, nello stupore generale.

 

Perfino Averill si raddrizzò seduta nell'enorme poltrona, e strabuzzò gli occhi per vederlo; non ci riuscì, e ricadde pesantemente supina.
La ferita sottile che gli altri stavano osservando era già in fase di cicatrizzazione, al contrario delle piaghe di Averill. Era liscia, con i contorni leggermente arrossati, si insinuava fra i pettorali dell'uomo in contrasto con la sua pelle chiara. Silente vi passò una mano sopra senza toccarla e parve studiarla scrupolosamente. Piton, interdetto, non si era alzato subito, ma ecco che ora prendeva Sirius per le spalle e avvicinava il naso alla famosa cicatrice.


"Non... può essere" esclamò sgomento.
"Averill" disse poi "l'hai fatto davvero".
"Severus..."
"Io ti avevo detto di lasciar perdere i libri di magia oscura e di concentrarti su incantesimi di protezioni comuni. Ti avevo detto che l'avrei fatto io! Che avrei impedito a Bellatrix di andare al ministero... Io... Ti avevo anche chiesto di dirmi chi fosse la persona che rischiava di essere uccisa. Ti sei esposta per niente. Guarda cos'hai fatto... Potevamo vedercela insieme! Per quale motivo non mi hai detto subito che era lui?" "Che cosa cambia, Severus? Lui o un altro?! Per me niente"
"Non mentirmi!"
"Non mi avresti mai aiutata per salvare Sirius!"
"Avrei potuto fare qualcosa. E tu non avresti fatto le cose in questo modo".


Era una voce affranta che rimbombava nello spazio angusto della stanza nei sotterranei. Sirius si stava ancora abbottonando la camicia quando Silente prese la parola.


"Credo di sapere cosa fare, ma ho bisogno di tempo, come dicevi poco fa, Severus. Vorrei che tu preparassi il più potente distillato di Morte Vivente che sia mai riuscito a fare. Dobbiamo metterla a riposo e credo che sia la via più efficace. Stavo anche pensando a farle una Polisucco per trasformarla in una persona di corporatura più robusta, in modo da minimizzare gli effetti a lungo termine. Quanto a te Sirius, voglio che torni a nasconderti e che non metti più piede a Hogwarts, è troppo pericoloso. Questo era un caso di urgente pericolo e sono contento tu sia venuto, te ne ringrazio. Il quadro della situazione, ora, non potrebbe essere più completo. Non contattare Harry, non parlare a nessuno di questa faccenda. Ogni giorno Severus ti manderà un gufo per informarti in caso di cambiamenti"
"Non potrei...?" stava per cominciare Sirius, che non aveva nessuna voglia di obbedire a tutte quelle raccomandazioni strampalate.
"No, e debbo chiederti di promettere che non farai nulla di sconsiderato una volta raggiunta la tua casa a Grimmauld Place"
"Cosa intende per sconsiderato?"
"Cose di cui saresti perfettamente capace, in questo genere di situazioni" e abbassò la testa, guardandolo sopra gli occhiali a mezzaluna.
"D'accordo, io... d'accordo. Arrivederci allora" aggiunse sommessamente, per nulla elettrizzato dalla prospettiva che gli si stava materializzando dinanzi.
"Professor Silente, Averill..." fece un cenno di saluto, e lanciò uno sguardo a Piton che non aveva smesso di guardarlo come se fosse un barattolo in vetro con una testa mozza all'interno conservata nella formalina "Hai tutti gli interessi a mandarmi quell'accidente di gufo. Sai che verrò a prenderlo, se non me lo mandi tu"
"Era proprio di questo che parlavo, Sirius!" lo rimproverò Silente, e posando una mano sulla sua spalla lo accompagnò alla porta.

 

Pochi istanti dopo, il venerando mago stava già chiamando Madama Chips, l'infermiera della scuola, per comunicarle in gran segreto tutta la faccenda. Mentre la donna si occupava di esaminare lo stato di salute generale della strega, gli altri due maghi preparavano gli ingredienti per le due pozioni che avevano deciso di fare.


*°*

 

 

Tutto era già pronto sul tavolo, aspettavano solo il verdetto di Madama Chips, il via libera per agire.

 

"Non ho mai visto nulla di simile, Preside. In ogni caso potete darle senza paura la pozione Polisucco, credo che non possa succedere niente. Le piaghe non crescerrano oltremisura, ecco puo' darsi che crescano proporzionalmente al suo corpo, ma questo non lo sapremo senza provare; quanto al Distillato di Morte Vivente, non ci saranno complicazioni né interferenze con l'altra pozione; ma immagino che lo sappia già, vero professor Piton?" e gli rivolse un cenno al quale lui rispose bruscamente.
"Ti ringrazio. Posso contare su di te, allora, Poppy? Ti occuperai di lei? Faremo dei cambi, ognuno la seguirà per due ore in successione in modo da evitare di prendere dei rischi. Poppy, nessunaparola, a nessuno"

"Per chi mi ha presa, Preside?" disse indignata, mentre il viso le si chiazzava di rosa per la stizza.


Piton si mise all'opera, la giornata sarebbe stata lunga. Era lui il primo in lista a tenere la strega sotto controllo, per cui dopo qualche minuto si ritrovò solo con lei. Si era limitata a mugugnare dei ringraziamenti tutto il tempo fin quando Albus Silente non se n'era andato. E ora silenzio. L'aria era fredda e umida, il fuoco non bastava a scaldarla; su di esso, due calderoni colmi borbottavano vapori colorati. Il rumore di un pestello scandiva il tempo e null'altro l'accompagnava, se non qualche sospiro, ogni tanto, come a ricordare che Severus non era lì da solo.

 

"Tu lo ami?" chiese a bruciapelo, senza alzare lo sguardo dalla polvere di erbe magiche che stava pesando. Un fremito sulle labbra.
"CHE COSA?!" sussultò lei.


Lui prese un piccolo cucchiaio d'oro dalla forma tondeggiante, e di nuovo, con l'aria concentrata, ribadì "Tu ami Black?" Il disprezzo le trapassò il petto e arrivò fino al cuore come una freccia fatta d'aria. Non rispose subito.

 

"Pensavo che non t'importasse più niente di lui. Credevo che l'avessi dimenticato, con il lavoro e tutto il resto. Invece no. Sei una sciocca"
"Pensa per te, Piton" ribatté lei, ora glaciale. Lui si decise ad alzare brevemente lo sguardo, incontrando il suo.
"Non mi sembra che tu sia in posizione di potermi giudicare" disse poi lei, con la voce che le tremava in gola.
"Io non ti sto giudicando. Era una constatazione. Sapevo di non poter cambiare niente, neanche parlandone. Eppure lo speravo, chissà perchè" disse poi, mentre la bocca prendeva una strana piega, stretta e obliqua.


Sperava di riuscire a convincerla ad aprirsi con lo sguardo, lui, proprio quello a cui nessuno aveva mai visto aprirsi le porte del cuore. Invece non ci riuscì, e si limitò a rigirare la pozione con un gran sospiro. Averill era ostinata, non voleva che le leggesse tutta la verità negli occhi. Era sua, intima e dolorosa. Si faceva già abbastanza pena da sola. Aveva buttato all'aria la sua vita e la sua carriera per un uomo. L'uomo in questione non sapeva nemmeno chi fosse. A malapena si ricordava di lei quando era una ragazzina. Arrossì al ricordo delle parole di quella mattina che quello stesso uomo le aveva detto. Ora non provava altro che rimorso e vergogna, per gli atti mancati, per quelli intrapresi e poi rimpianti, e piangeva, sola, trascinandosi definitivamente in un silenzio di tomba.

 

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Capitolo 4
*** Prior Incantatio e cuori che battono ***


"KREACHER"
"Padron Sirius mi ha chiamato? - Feccia puzzolente che ha spezzato il cuore della sua povera madre, oh Kreacher non lo ama, no..."
"Hai preso tu la lettera, vero?! Dove diamine è finito il gufo? Per tutti i gargoyle!"
"Kreacher non avrebbe mai preso qualcosa senza chiedere, no. Kreacher pulisce, rassetta, riordina, questi si! - Se non gli viene chiesto, Kreacher dice quello che vuole al meschino traditore..."
"Il meschino traditore ti sente benissimo, razza d'idiota! E adesso ti ordino di dirmi la verità, dov'è la lettera e dov'è il mio benedetto gufo Kreacher!"

 

Kreacher, il vecchio elfo domestico di sua madre, si avviò con passo strascicato verso il forno a gas della grande cucina di casa Black, si acquattò sul pavimento e trasse una piccola busta color avorio, addobbata con tanto di pallottole di polvere, e senza soffiarci su la porse al padrone mugugnando con grande indignazione per essere stato colto in flagrante. Eppure succedeva tutti i giorni da una settimana. Sirius ogni mattina doveva giocare alla caccia al tesoro con Kreacher, farsi ridare la lettera e finalmente dargli una meritata pedata nel sedere, per poi andare a leggersela al grande tavolo di legno massiccio della cucina. Era vuota la casa, senza l'Ordine. Ogni tanti venivano a trovarlo i Weasley e qualche Auror, solitamente per cena. Era un po' come se venissero a fargli visita in prigione.
E doveva restare assolutamente segreto. Molly Weasley si proponeva sempre come cuoca, e ne aveva ben donde. L'elfo di casa si rifiutava di preparare roba commestibile per quei "traditori del loro sangue" e Sirius era incapace di cucinare decentemente per così tante persone. Era un venerdi mattina, e Kreacher, stanco di essere sempre preso con le mani nel sacco, aveva deciso di aggiungere un po' di piccante alla situazione.

 

"Bene, adesso dimmi cosa hai fatto con quel gufo"
"Io non ho fatto niente, padron Sirius. Kreacher non farebbe mai del male a..."
"Dove l'hai messo? Dimmelo" ringhiò minaccioso il mago, brandendo la lettera come fosse un'arma letale.
"Io non sa... ha solo preso la lettera per il padroncino - un mentecatto che accoglie in casa lurida feccia indegna che infanga la dimora dei suoi padri, oh povera la mia padrona, cosa direbbe se vedesse Kreacher obbligato a servire..."
"Tu l'hai lasciato ANDARE VIA, KREACHER?!" ora Sirius l'aveva preso per i vestiti e l'aveva sollevato, senza riscuotere nell'elfo nessun timore.
"Kreacher non sa, Kreacher l'ha lasciato entrare, ha chiuso la porta uscendo, pero' non sa se ha chiuso la finestra! Kreacher è vecchio, padron Sirius..."


L'aria da agnellino che aveva preso disgustò enormemente Sirius, che lo lasciò andare via senza reagire, ben sapendo che era quello che più lo avrebbe reso felice; si diresse a passo pesante verso camera sua, dove normalmente arrivava la posta da parte di Piton. Con suo gran sollievo, il gufo era rimasto nella stanza, placido si era accomodato sulla scrivania e ora sonnecchiava per riposarsi dal lungo viaggio. Si sedette di fronte all'animale, il quale arruffò leggermente le penne per essere stato svegliato, e squarciò il sigillo della busta, non prima di aver soffiato con forza per far sparire le gatte di polvere.

"La situazione è incambiata. Silente ribadisce di non uscire, ma io so che la cosa in fondo ti fa piacere. Non sei mai stato in grado di assumere rischi più del necessario. Un codardo, proprio come Potter. Non crogiolarti troppo però, mentre gli altri lavorano per danni che hai causato tu. S. Piton"

Rilesse per sicurezza, poi la ripose sul tavolo, insieme alle altre. Accarezzò piano il gufo marrone. Era ancora più frustrante essere in quella casa. Più di quando la Tana dei Weasley era andata a fuoco per un attacco da parte dei mangiamorte ed erano tutti dovuti andare a vivere da lui, e subiva il controllo costante dei membri dell'Ordine - certo, anche la loro compagnia, che non gli dispiaceva - senza contare il via vai di quel cretino bisunto di Piton, con tanto di frecciatine arroganti e tono mellifluo. Si preparava a un'altra giornata noiosa. Non aveva niente da fare. Harry non gli scriveva più, lo credeva morto. E lui così si sentiva, morto. Se non altro aveva l'ippogrifo Fierobecco, a tenerlo occupato. Scrollò leggermente le spalle e gustò l'aria fresca che arrivava dalla finestra. Il cielo era stranamente azzurro, e le nuvole basse erano rade, cosa rara a Londra. Le parole di Piton non lo scalfivano più di tanto, era dai tempi della scuola che si scambiavano insulti.

Eppure un vago senso di inquietudine gli fece accelerare il respiro. Era davvero, almeno in parte, colpa sua se quella donna si era messa così tanto in pericolo? Un attimo prima era lui in procinto di morire, un attimo dopo ritrovava le forze, e la vita dell'altra era appesa a un filo. Com'era potuto succedere? Indugiava a lungo su quei pensieri, tutti i giorni, soprattutto la mattina quando le accuse di Piton arrivavano fresche fresche in via cartacea, e l'ombra di quelle parole scritte in piccola calligrafia gli restava impressa nella mente. Passò una mano sulla scrivania per raccogliere la polvere che stava lentamente ma sicuramente invadendo tutta la casa. Gli sembrava di essere un vecchio ninnolo da comò, di quelli che nemmeno sono stregati e si muovono; lui se ne stava lì fermo, in una bolla di cristallo con tanti brillantini che gli rovinavano addosso. Tutto si muoveva intorno a lui, dandogli l'illusione di essere vivo, ma non poteva muovere un dito senza scatenare una tormenta.

Doveva rispondere a Piton? Non l'aveva ancora mai fatto, in più quell'altro non aveva nessuna certezza che il gufo arrivasse a buon porto - Sirius era sicuro che se ne rallegrasse ogni giorno di più - e quella mattina cosi rischiarata dal riflesso di sole lui sentiva che era venuto il momento di farlo. Ma cosa avrebbe potuto scrivere a Mocciosus senza rischiare di essere scoperto? Tra quella faccenda e il fatto che era ricercato dal mondo -magico e non- come pluriomicida, non sapeva più che cosa fosse "veramente" grave, e se fosse poi così importante restarsene lì e obbedire a Silente. Poi un piccolo morso allo stomaco gli ricordò che qualcuno aveva buttato all'aria la sua vita per lui, e che anche per quel motivo lui non aveva il diritto di rischiare. L'immagine di una donna ferita, debole, pallida fece capolino fra i suoi pensieri. Ogni volta che tornava lui scuoteva la testa per dimenticare. Avrebbe preferito mille volte morire... "Davvero?" disse una voce nella sua mente.


"E io che ti facevo combattivo, invece sei il solito asticello... ti agiti come una furia e poi al primo accenno di battaglia scappi a gambe levate... Sei incapace di gestire le tue emozioni, incapace di accettare limiti imposti da altri, anche se sono il miglior consiglio che possa darti un amico..."
"Il mio amico è morto quasi vent'anni fa, assassinato"
"Dunque Lupin ora non conta più niente, mi pare giusto... Ma tu saresti capace di farlo, di correre il rischio e di buttare tutto nel camino a bruciare per il tuo egoismo".


E su questa linea di pensiero, in bilico come se fosse davvero in procinto di camminare su un filo sospeso, prese la penna d'aquila e cominciò a scrivere. La mente lavorava, rapida, eccitata per la possibilità di produrre un messaggio codificato. Unica attività cerebrale, in quella settimana piatta, lunga come non mai.

"Vorrei più dettagli sulla situazione, te la senti, Mocciosus, senza che la notizia dilaghi attraverso i muri? Passa il mio saluto alla Bella Addormentata nel bosco, e se non sai chi sia leggiti la fiaba babbana. Felpato"

La mano tremava ancora piano, aveva scritto già un paio di lettere finite direttamente nel cestino, ma questa gli sembrava che andasse abbastanza bene. Diede un biscottogufo al bell'animale fulvo e gli legò a una zampa la missiva.

"Portala a Hogwarts, è per Severus Piton. Stai attento a non farti controllare, è possibile che ti facciano male, mi raccomando" gli sussurrò piano, per poi vederlo allontanarsi con gentilezza e spiccare il volo nel cielo azzurro.

 

Sirius era preoccupato per via degli ultimi inserti sul giornale che non facevano che parlare dei nuovi decreti ministeriali indetti da quella ibridofoba della Umbridge. Sapeva che Edvige, la civetta di Harry, aveva subito dei controlli e già prima dell'attentato al Ministero avevano dovuto smettere di scriversi via lettera, sebbene facessero attenzione a rendere incomprensibili i loro messaggi.

Bene, si disse. E adesso cosa fare? Subitanea arrivò l'ansia per l'attesa di una risposta che rischiava di non arrivare. Ma lui ci sperava ardentemente, e non volle pensare al peggio. Scese di nuovo in cucina e decise che era il momento di spolverare. Sia lui che - maledetto il giorno in cui è nato - Kreacher non smettevano di starnutire a tutte le ore della giornata. Aprì le finestre, l'aria frizzante era libera di entrare e si formò una corrente che gli fece quasi credere di essere all'aperto. Dovette fare tutto a mano, ovviamente; la sua bacchetta era stata ritrovata "misteriosamente" sotto al naso di Caramell, il Ministro della Magia, e questi aveva dato di matto. Nemmeno Silente sarebbe stato in grado di fargliela riavere. Con un tuffo al cuore per la sua amata bacchetta, ripensò a quella di Averill che giaceva in fondo a un vecchio cassetto. Nessuno ne aveva parlato e non gli era stata chiesta, per cui senza accorgersene l'aveva portata con se, in una tasca della veste, la sera in cui Silente l'aveva congedato. Dopotutto lei dormiva, non ne avrebbe avuto bisogno finché non avessero deciso che poteva essere svegliata senza rischi. Lui non aveva più osato toccarla, figuriamoci usarla.

Doveva solo sperare che Kreacher non la trovasse, perchè sarebbe stato più difficile farsela rendere che con le lettere. Se James sapesse che scambio letterine con quello storpio di Piton... rabbrividì al solo pensiero, anche perchè aveva dovuto accennare a questo fatto con Lupin, e lui ne era rimasto molto colpito. Remus era fra i Malandrini sicuramente il più saggio, ma da lì a buttarsi fra le braccia di Piton e sperare di trovarvi rispetto e pentimento per il passato, ne passava di acqua. Certo era che si fidava di Silente molto più di quanto non lo facesse il suo amico. Sirius aveva sempre avuto remore nel affidare la propria esistenza in mano altrui. Non amava condividere le proprie decisioni, sentiva che spettavano unicamente a lui. Per quel motivo era scappato di casa a sedici anni, per lo stesso aveva deciso che non sarebbe stato lui il custode segreto di James e Lily -quale rimpianto, pero'-, e sempre per quello ora indugiava se restare li a spolverare la cucina come un elfo domestico o spiccare il volo con Fierobecco e volare dritto a Hogwarts. Era preoccupato per i decreti anti-libertà della Umbridge, sapeva quanta fatica facesse il piccolo Harry - piccolo, Sirius? Lui ha una vita ben più grandiosa della tua, guarda che avventure, guarda quanto ha sofferto... no, lui non è più piccolo! - a starsene imbalsamato a subire ordini da qualcuno. Almeno in questo si assomigliavano!

Avrebbe voluto pensare liberamente che era uguale a James, invece eccolo uguale a sua madre. Evans era una strega meravigliosa, ma così rigida, dritta, leale, sempre pronta a proteggere i più deboli... non capiva che non avrebbero mai imparato a difendersi da soli, in quel modo? E tale quale era Harry. Mai, come il giorno in cui era quasi morto, aveva visto una simile banda di strampalati -Neville Paciock? Luna Lovegood?!- mettersi spalla contro spalla guidati da un adolescente come loro e affrontare qualcosa di grosso come il Signore Oscuro. E invece l'avevano fatto, pensò, come a voler ribattere contro se stesso. Tra una cosa e l'altra, il tempo era passato davvero in fretta quella mattina. Era quasi l'una quando, per lo spavento, aveva sbattuto la testa contro al mobile della cucina, al suono stridulo e inconfondibile di una civetta. Corse più rapido che mai su per le scale e trovò l'animale con una lettera in becco.

"E io dovrei correre dei rischi per te? Nemmeno nel più felice dei tuoi sogni, B... Ops, Felpato. In compenso, puoi ritenerti fortunato. Per puro caso il vecchio bacucco ha letto il tuo messaggio e mi ha fatto l'indicibile regalo di liberare il suo casino per una chiacchierata stasera alle 23h00. Gioisci, uomo insulso. Finalmente qualcuno si degna di accettare le tue richieste di attenzione. Ti spiegherò poi perchè la lettera è caduta nelle sue mani. Ovviamente è colpa tua, razza d'imbecille. PS: sostituisci alla "s" in casino la prima lettera del secondo nome del tuo amico peloso in nomenclatura binomiale. S. Piton"

Il vecchio bacucco è Silente? E lui si lascia chiamare così da quel professorino da quattro soldi? Bah, per quello che ne sapeva poteva anche darsi che si era autoproclamato tale per proteggere i segreti della missiva... Amico peloso? Si riferisce a Remus, dev'essere... Lupus Mannarus? E Sirius gioì sul serio, al pensiero di usare nuovamente il camino. Sperava di parlare con Silente, per avere notizie e anche per tentare di rivedere gli accordi... da quanto era che non usciva, neanche in forma di cane? Se solo avesse potuto spiegarsi con Harry... Strinse la lettera in mano fino ad accartocciarla, senza accorgersene. Il cuore batteva rapido, finalmente un sorriso gli stirò le labbra e scoprì i denti fino ai canini. Un dettaglio particolarmente animalesco del suo aspetto, che i suoi amici si divertivano a rimarcare da sempre. Quando scese nuovamente le scale, si sentì inspiegabilmente più leggero. Ci manca solo che mi emoziono quando ricevo lettere da Mocciosus... Sirius scese nuovamente le scale con vigore facendo scricchiolare il legno, come per avvisare Kreacher che era meglio non mettersi fra i piedi. La giornata aveva cambiato prospettiva e la cosa stupidamente, insulsamente, lo elettrizzava. Si sentiva agitato mentre raccoglieva gli ultimi dieci esemplari della Gazzetta del Profeta da un angolo vicino al caminetto, prima di buttarveli dentro. E lui sapeva cosa fare per distrarsi, così riprese in mano la scopa da dove l'aveva lasciata. Durante le ore che seguirono, ripulì tutto il piano terra e il primo piano, tralasciando volutamente la mansarda - dio solo sa cosa ci sia nascosto lassù - concentrato come mai, nella speranza di tenere lontani i suoi pensieri. Quella casa, senza la polvere, ritrovava sembianze meno lugubri, quasi familiari.

Mentre spostava la roba non aveva solo il presente da rifuggire; sui mobili, i tappeti, il soffitto, una sottile patina perlacea improvvisamente rianimava le cose, si sovrapponeva al presente ed ecco che vedeva i ricordi ondeggiare come strane ombre biancastre alla luce fioca di una candela. Era il passato che tornava in superficie, che faceva la spuma come le onde dietro ai suoi occhi. Lo invadeva in ogni angolo della casa. Come un'allucinazione rivedeva Reg, suo fratello, seduto in attesa della cena, arrossire e sorridere dei complimenti rivoltigli dai suoi genitori; c'era Kreacher che arrancava attorno al tavolo, gli abiti puliti, un'aria curata, le mani ingombre di piatti ricolmi di buon cibo. Quel profumo era l'unica cosa buona che ricordasse di quella casa. Nella sua camera da letto, invece c'era un giovane e avvenente Sirius che gli camminava davanti per appendere un poster ammiccante di una ragazza sconosciuta ed immobile, babbana, con somma disperazione di sua madre. Tornò in cucina, l'animo imperturbabile. Aveva costruito una corazza contro quel genere di ricordi.

Quando ebbe finito, guardò dalla finestra, prima di mettersi a cucinare. Il cielo azzurro si era incupito. Era in quella transizione primaverile tra il giorno e la notte, quando le rondini rumoreggiando tornano al nido, le strade si riempiono di profumi di stufato e minestra, e i ragazzini salutano gli amici per tornare a casa. Lui lo sapeva bene, aveva passato gran parte del suo tempo di bambino la fuori, a tendere agguati alle lucertole ed agli gnomi, a salvare cucciolate di gattini, e poi più grande a rifugiarsi in lunghe passeggiate solitarie fra i babbani, deciso a recidere ogni filo che lo legasse ai genitori. Essere un adolescente non è mai facile, probabilmente per lui lo fu ancora di più. Aveva sempre disprezzato la sua famiglia. Mise a bollire due patate, poi si preparò un'omelette agli asparagi con molta calma. Fece qualunque cosa per riempire il tempo, pur di scandirlo e di allontanare l'appuntamento di quella sera. Mangiò con una candela accesa accanto, guardando il cielo fuori di tanto in tanto, distrattamente. Lavò le stoviglie e passò lo straccio sul tavolo, nonostante fosse perfettamente pulito.

Seduto sulla poltrona in salotto, ecco che un altro ricordo prendeva possesso di lui. Seppe, in un modo contorto ed inconscio, che stava dormendo. Questa volta era a Hogwarts, nel gran campo da Quidditch, nel bel mezzo di una leggendaria partita Grifondoro-Serpeverde. Sfrecciava rapido e battagliero verso un ignobile battitore di Serpeverde, ed era deciso a disarcionarlo, quando sentì la voce di James provenire da dietro di lui:

"BLACK, QUI... MI SENTI, MALEDETTO RANDAGIO? LO SO CHE SEI LI, MUOVITI, GUARDA CHE PER ME È UN ATTIMO SPEGNERE IL FUOCO... INSOMMA BLACK?! NON CREDEVO CHE FOSSI PIGRO OLTRE CHE INSULSO!"


La voce del compagno si era irrimediabilmente tramutata in quella di Mocciosus. Saltò seduto come una molla, senza fiato. Non si diede nemmeno il tempo di riacquisire tutti i sensi, li lasciò sulla poltrona mentre guizzava rapido verso il camino, vedendo scie colorate ovunque attorno a lui. Si sedette davanti al camino; le fiamme verdi mostravano quel brutto muso di Piton.

"Eccomi, sono qui. Dio mio, c'era bisogno di urlare?" disse stropicciandosi il viso, ancora incapace di mettere a fuoco.
"Io non sono qui a tua disposizione, nel caso in cui ti fosse sfuggito. Certo, sei abituato a non fare niente da mattina a sera, posso capire che tu non comprenda appieno il significato di VITA e LAVORO"
"Allora, come stai lei?" disse Sirius, la voce incerta.
"Secondo te come sta? Tecnicamente è come morta, e ha il suo solito aspetto. Non le abbiamo ancora dato la pozione Polisucco, mancavano solo i capelli di Madame Maxime, Silente è andato in Francia ieri mattina con Hagrid. Sai, la Preside di Beauxbatons"
"So chi è Madame Maxime" rispose irritato.
"Insomma, la sua corporatura è ideale, e poi si tratta di una donna - anzi per essere precisi è una mezzogigantessa, ma non siamo ancora riusciti a farglielo ammettere. Fatto sta che ora Silente ha una fiala con una ciocca dei suoi capelli. Per fortuna avevo una scorta di Polisucco, altrimenti non ne uscivamo, ho dovuto prepararne un calderone intero, ma ovviamente ci metterà un mese a maturare...".


Sirius non l'ascoltava, dei suoi vanti non se ne faceva niente. Cercava con lo sguardo attorno e dietro a lui, ma Piton se ne accorse e il volto s'illuminò malignamente in un sorriso arcigno. In tutta risposta lui si accigliò: mai gli aveva visto un'espressione simile su quella sua faccia da cacca di pipistrello!

"Stai cercando il risultato della tua stupidità? Ti piace il macabro, Black? O forse la prova di aver attirato l'attenzione di qualcuno che non fosse quel maiale di Potter e quell'insignificante di Minus? Lupin non lo cito nemmeno, non conta come umano".
"Chiudi quella boccaccia, se non vuoi che salto nel fuoco e ti faccio fuori con queste mani!" ribatté Sirius, ora seriamente arrabbiato. Si sentì comunque rassicurato.


Mocciosus sembrava di buon umore, e questo significava che c'erano stati dei progressi positivi, giusto?

"E Silente?" chiese poi, sullo stesso tono di prima.
"Come puoi immaginare... Ah, giusto. Tu non puoi saperlo. Ecco, lui è molto occupato e non ha tempo da perdere con te. Deluso, Black? Ma non ti preoccupare, mi ha chiesto di farti sapere, con mia grande gioia aggiungerei, che desidera invece parlare con te lunedì, alla stessa ora. Non ti chiedo nemmeno se ce l'avrai, un piccolo sprazzo di tempo libero... Ce l'hai, giusto?"
"Bene... ok. Allora, lei dov'è?"


Piton non disse niente, riprese la sua solita espressione altera e si scostò leggermente. E lui la vide. Era sdraiata su un fianco - come al solito, pensò involontariamente - ed era sulla poltrona su cui l'aveva vista l'ultima volta, ora trasfigurata in un letto. Una pesante coperta a righe verde-argento - Piton, lurida serpe! - le arrivava al mento, nascondendo le ferite. Rabbrividì, non una parola gli uscì dalla bocca. L'essenza di Morte Vivente aveva funzionato perfettamente. I contorni degli occhi erano violacei, le labbra scure e dischiuse, come se stesse dormendo. La pelle, che lui non aveva mai visto luminosa ma che certamente un tempo la era stata, era d'avorio, tesa, inelastica. Sentì un piccolo tuffo al cuore. Portò una mano al petto, come a cercare qualcosa che aveva perso. Poi tutto si fece più chiaro. Lui non la odiava più. In una settimana e poco più di solitudine aveva fossilizzato le sue impressioni su quegli strani giorni trascorsi insieme, impressioni che in tempo normale non avrebbe mai messo in dubbio, tanto era abituato a basarsi esclusivamente su di esse. L'aveva resa portatrice di tutti i suoi mali.

Era talmente impaurito, nell'incrociare la morte, che si era aggrappato con tutte le sue forze alle sottane di quella donna. Quella donna che, imperturbabile, si era preparata giorno dopo giorno ad affrontare la morte per evitare la sua, che ora riportava orrende cicatrici, che aveva buttato alle ortiche tutto quello che aveva. Una donna che agiva, senza pensarci troppo, da sola. Sirius sentì la vergogna bruciargli in petto, il senso di colpa abbatterlo più forte di prima. Per lui, per la sua pelle, si era ridotta a un mucchietto di carne esangue. Provò un immenso sollievo quando sentì lo sguardo indagatore di Piton, sapendo che non riusciva a distinguere l'espressione sul suo viso attraverso le fiamme. Portò comunque la mano alle tempie, come a volersi nascondere. Improvvisamente non gli importava più che Silente non ci fosse per parlargli, era diventato secondario.

"Ok, bene... allora... Porgi i miei saluti a Silente... e... ad Averill..." e balbettando uscì dal fuoco, senza dargli il tempo di rispondere.


Tornò a sedersi sulla poltrona, incapace di fare altro. Si alzò, poi si sedette nuovamente. Sembrava quasi che stesse combattendo contro se stesso. Era ridicolo. Ringraziò Merlino che nessuno potesse vederlo in quello stato. Mentre fissava il soffitto gli tornò in mente la bacchetta che aveva buttato malamente nel cassetto della credenza appena tornato a casa. Senza riuscire a spiegarsi perchè sentiva che ora poteva toccarla di nuovo. Averill non poteva usarla, mentre dormiva. Nessuno gliel'aveva reclamata. Corse a cercarla, poi tornò in salotto tenendola stretta nel palmo della mano. Era fine, elastica, meravigliosamente leggera. Ne sentì l'aura tiepida irradiare lungo il suo braccio, stupìto, e la vide sprizzare qualche scintilla. Sentì che non l'aveva di certo accettato come suo padrone, ma era decisamente disposta ad aiutarlo in caso di bisogno. Poco dopo stava facendo levitare oggetti a caso per la stanza, come un ragazzino del primo anno appena arrivato a Hogwarts, ancora incredulo. Fulminea un'idea gli attraversò la mente. Prior Incantatio. Avrebbe potuto sapere tutte le ultime magie fatte dalla strega. Prior Incantatio. Avrebbe potuto fornire informazioni essenziali a Silente e Piton, con quella bacchetta. Prior Incantatio... ma non era in grado di muovere le labbra e di pronunciare il sortilegio. Adesso sì che aveva un buon motivo per parlare con Silente. Non solo teneva in mano una fonte d'informazioni preziose che aveva silenziosamente negato in segreto per una settimana, ma in più non era in grado di estrarle dalla bacchetta.

"Kreacher" gracchiò, e l'elfo si materializzò davanti a lui, con ancora in mano un paio di vecchi pantaloni che dovevano essere di suo padre.
"Il padroncino desidera qualcosa? - Subdolo, incapace, pavido, figlio ingrato..."
Alzò gli occhi al cielo, poi gli disse "Ho bisogno che tu vada a cercare il professor Silente. È molto importante, devi farglielo capire. Digli che se necessario mi sposterò io per raggiungerlo, altrimenti può venire qui. Lo farai?" alzò un sopracciglio, minaccioso.
"Kreacher può farlo. - Kreacher non è obbligato..."
"Ti ordino di farlo. Non farti vedere da nessuno, non parlare con nessuno, se non Silente. Intesi?"
"Kreacher ha capito. Arrivederci, padron Sirius - povero vecchio Kreacher, cosa gli tocca fare..."


E Sirius andò a dormire, consapevole del fatto che sarebbe stato difficile, se non impossibile per Kreacher trovare Silente prima dell'alba.


*°*


Dovette ricredersi, quando nel cuore della notte qualcuno suonò il campanello e agitò tutti gli oggetti stregati della casa, a cominciare dal ritratto di sua madre nel corridoio dell'entrata. La signora Black sembrava avere due paia di polmoni, la sua voce squarciava i timpani ed era piacevole come una cornamusa suonata nell'orecchio da un mago scozzese completamente ubriaco. Si alzò in fretta, troppo, e arrivò barcollante alla porta. Quando l'aprì, la strana coppia formata da Silente e Kreacher lo fece quasi scoppiare a ridere per l'assurdità della situazione. Kreacher faceva evidentemente fatica a stare vicino a quel mago così odiato dalla sua padrona, eppure così indiscutibilmente buono. Purtroppo il mago in questione non aveva la sua solita espressione conciliante. Sirius bofonchiò i suoi saluti mentre cercava di chiudere le tende che di solito coprivano il ritratto di sua madre. Silente accennò ad alzare gli occhi al cielo, le urla erano davvero insopportabili, così prese la bacchetta e la mise a tacere personalmente. Seguì l'uomo in cucina dove accettò volentieri un bicchiere di burrobirra. Raffreddò la propria e quella di Sirius con un gesto accennato della bacchetta. Sirius lo ringraziò piano, ancora perturbato per il fatto di non avere in tasca la sua.
Era come se gli mancasse un pollice, e tutte le cose più raffinate che si sentiva orgoglioso di saper fare ora si trovavano catapultate nel vuoto cosmico.

"Pensavo di essere venuto qui per qualcosa di assolutamente importante, Sirius. A cosa devo la visita del tuo adorabile elfo domestico?" disse, alla vista di Kreacher che sgattaiolava al piano di sopra nell'ombra delle scale a chiocciola.
"Lo è davvero, è molto importante, credo. Mi sono dimenticato di dirle l'altro giorno... quel giorno in cui sono venuto a Hogwarts, che Averill mi aveva, ehm, affidato la sua bacchetta. Insomma, tra una passaporta e l'altra ho visto che era ferita e l'ho raccolta cercando di aiutarla perchè avevo perso la mia. Poi ce la siamo condivisa, dato che lei non rimaneva cosciente per più di qualche ora... Eccola qui" e gliela porse.


Silente alzò un sopracciglio, avvertendo la bacchetta irradiare calore stretta nel pugno dell'altro, e si accigliò quando la sentì fredda nelle proprie mani.

Sirius lo vide toccarla piano; il tempo passava, Silente non diceva niente, e lui si sentiva sempre più frustrato. Perchè non gli diceva cosa stava facendo?

"Un po' di pazienza, Black..." mormorò lui in tutta risposta, interpretando perfettamente l'espressione sul suo viso.
"Io avevo pensato di fare un"
"Prior Incantatio, vero?" e Silente lo ripeté a bassa voce, puntando la propria bacchetta verso quella di Averill in un gesto lento e misurato.

Vide scie di luce attraversare lo sguardo del preside, e dovette tenersi le parole strette in bocca per non farlo innervosire. Si costrinse a bere ancora, visibilmente Averill aveva usato parecchio la bacchetta di recente, oppure Silente era risalito molto indietro negli incantesimi che aveva fatto in passato. Sirius sapeva che la strega era particolarmente dotata, ne aveva avuto svariate prove nel tempo. E poi era una Corvonero, aggiunse mentalmente.

"È... incredibile" sussurrò Silente, e per la prima volta Sirius riconobbe il luccicchio dello stupore illuminargli gli occhi grigi.
"Che cosa, professore?"
"Avevo sospettato... molto, ma..." si riscosse e lo guardò sorridendo "Non so come una persona del tuo genere possa aver suscitato tanto in quella donna così tranquilla, così fondamentalmente..."
"Superiore a me?" confermò Sirius, leggermente innervosito.
"Eppure è successo, ed è stato così forte da influire sul sortilegio che ha utilizzato. Sortilegio che lei ha magnificamente potenziato, ma ti sarei grato se tu potessi non riferirle queste parole, non vorrei che si... come dire? Che si montasse la testa e cominciasse a rischiare la vita per tutti quelli che conosce".


Sirius sentiva il petto stringersi ritmicamente. Qualcosa non gli piaceva in tutte quelle belle parole.

"Perchè... Perchè Lily Evans non è sopravvissuta? Voglio dire, indubbiamente i suoi sentimenti per Harry dovevano... Dovevano andare oltre l'immaginabile... Insomma, io darei la vita per Harry, e non è nemmeno mio figlio. Perchè Averill è viva? E Lily invece no?"
"Io non ho tutte le risposte purtroppo. Possiamo solo intuire, fare congetture. Io suppongo... che si sia sbagliata da qualche parte, che magari abbia saltato di bere la pozione una volta o due... Non credo che avesse modificato la pozione fino al punto in cui si è spinta Emilia. E indubbiamente non ha bevuto della Felix Felicis quel giorno in cui lei e James sono deceduti. Tu lo sai, perchè, non è vero?" disse, posandogli una mano sul braccio con tatto.
"Perchè non sapeva quando sarebbe successo... e prenderla tutti i giorni sarebbe stato controproduttivo... dannoso..." biascicò con voce rauca.


Improvvisamente si sentì troppo stanco per continuare quella conversazione. Silente lo intuì, ma non diede segno di volersene andare.

"Sirius, te lo dico a scanso di equivoci, non sentirti colpevole. E se mi permetto di dirtelo è perchè so cosa significa perdere un amico"
"Un amico assassinato in casa sua assieme a sua moglie, perchè ho rifiutato di esserne il Custode Segreto"
"E ti sei comportato come un vero amico. Umile e leale. Ma non potevi immaginare cosa sarebbe successo, e sai quanto me che non avevano preso tutte le precauzioni per proteggersi. Hanno rifiutato anche le mie, Sirius. Non volevano credere che qualcuno potesse attaccarsi al loro bambino, non aveva nemmeno un anno, era assurdo. Invece cosi è stato. Oserei dire, per fortuna che Lily ha agito in segreto preparando quella pozione e facendo l'incantesimo ed è riuscita a salvare Harry"
"Si... perlomeno Harry è ancora qui. Professore, quando potrò dirgli che sono vivo? Lei non ha idea dei sensi di colpa che provo..."
"Dovrai sopportarli ancora per qualche tempo, mi dispiace. Sarebbe troppo pericoloso. Non adesso, che Emilia è al sicuro nascosta a Hogwarts. Ma prova a pensare un attimo: Voldemort si è reso conto da poco di avere libero accesso alla sua mente, e ne ha già bassamente approfittato. Se scoprisse dove ti trovi attraverso Harry, rischierebbe non solo di uccidere te, ma probabilmente di venire a sapere che sei sopravvissuto grazie a lei. Harry si ritiene pienamente colpevole per la tua morte. Vorresti davvero correre il rischio di infliggergli un doppio colpo basso?"
"Direi di no." rispose Sirius che sentiva la bocca asciutta e la lingua impastata contro il palato.


Quanto sarebbe durata ancora quella messinscena? Ne aveva più che abbastanza, ma non poteva permettersi di ferire Harry nuovamente. Glielo doveva, a lui, a James e Lily, e anche a se stesso. E poi c'era Averill. Si alzò e si grattò la nuca, come perplesso. Non c'era una soluzione che fosse una. Il tempo di reclusione si sarebbe protruso ancora a lungo, ormai era indubbio. Silente lo stava ancora guardando, forse cercando in lui non fosse che una debole traccia di insicurezza. Sirius invece era maledettamente sicuro, stavolta, che avrebbe passato il resto dei suoi giorni murato vivo. Il vecchio mago si alzò, come per congedarlo, ma era lui che se ne andava. Si strinsero brevemente la mano, come due parenti che non passavano abbastanza tempo assieme da considerarsi una vera famiglia. Poi Silente ammiccò alla bacchetta di Averill appoggiata sul tavolino, tra i due boccali vuoti di burrobirra.

"Credo che tu possa tenere questa bacchetta, Sirius. Dopotutto ti ha accettato, e con gran foga devo dire. Anzi, ti sembrerà folle ma credo che non appena la sua proprietaria si sarà ristabilita lei vorrà tornare a servirla"
"Quindi lei crede che Averill sopravviverà?"
"Ora che ho visto cosa ha fatto quella dannata testa calda, oserei dire di si. Ma a bassa voce, per scaramanzia" sorrise Silente.


E con un fragore pazzesco sparì. Sirius prese la bacchetta, spense le luci, e tornò a letto.

 

*°*


La trapunta le pesava sullo sterno e aveva così sete da sentirsi soffocare. Averill si ritrovò con gli occhi aperti verso un soffitto che non conosceva; volse gli occhi attorno a sé mentre deglutiva saliva, cercando inutilmente di ritrovare la voce. Vide Severus che le sedeva accanto immobile come una statua e si sentì rassicurata. Dunque era viva. L'avevano guarita. Il filo dei pensieri s'arrestò presto perchè i bisogni primari si fecero sentire con gran forza.

"Sete" gracchiò.
"Ti sei svegliata!" scandì quell'uomo così oscuro mentre gli occhi gli s'illuminavano "Devo chiamare Silente all'istante".
"Sete" insisté lei scorticandosi la trachea.


L'uomo capì e annuendo scomparve alla sua vista per tornare con un calice colmo di idromele. Sentì le sue mani sollevarla e appoggiarla ad un cuscino per mantenerla in posizione seduta. Avvicinò cauta le labbra rosse e riarse al bicchiere e bevve a piccoli sorsi. Quando ebbe finito di bere, dato che lui non si era ancora spostato, lanciò un'occhiata accanto a sé e vide Severus assorto nel guardarla. Sorrideva. Era storto, non era che un mezzo sorriso, eppure quell'espressione le fece balzare il cuore in petto.

"Severus, sorridi ora? Sei pazzo?"
"Sei viva, sciocca. Potevi non esserci più" le posò una mano sul polso stringendolo piano, un gesto spontaneo e fulmineo, dopodiché la ritrasse e tornò fra gli scaffali vicino al caminetto.

 

Il fuoco era calmo, Averill ne sentiva i sibili e vi trovò conforto. Severus uscì dalla stanza facendole un muto segnale di avvertimento: guai a te se ti muovi. Tornò rapidamente con Silente alle calcagna senza dire una parola. Il vecchio preside le mise una mano sulla fronte.

"Bentornata fra noi, Emilia. Ho appena chiesto a Madama Chips di prepararti dei decotti Rinforzanti. Sarai felice di sapere che..."

La porta si aprì nuovamente ed entrò Sirius Black. Averill arrossì e si nascose ulteriormente sotto alle coperte, non aveva scordato le loro conversazioni e i toni poco adulatori dell'uomo. Scoprì che il suo cuore non lo aveva dimenticato. Era sempre così bello, quel viso ben sagomato e ombreggiato dai ricci capelli neri le tolse il respiro. Sirius avanzò cautamente, era estremamente imbarazzato; salutò Silente e non rivolse nemmeno il solito ghigno odioso all'uomo accanto a lui. Quando poi Silente fece cenno a Piton di allontanarsi e di andare a conversare con lui altrove non poté che ricevere tre occhiatacce ben assestate che fecero fiorire fra i baffi argentei un mezzo sorriso di puro divertimento. Averill si riscosse; sentiva il cervello rattrappito e i pensieri erano rari, passavano come scie colorate nella sua mente, ma nonostante la sensazione di fiacchezza generale capì che si stavano comportando tutti e tre come degli adolescenti e che Albus Silente non aveva ancora detto l'ultima parola.

"Averill, come stai?" Sirius sembrava impacciato, i suoi occhi marroni erano scostanti.
"Così" e fece un sorriso sarcastico guardandosi attorno.

 

L’amarezza per le parole che egli le aveva rivolto tempo addietro aveva spazzato via il suo primordiale imbarazzo da ragazzina. Ora lo guardava sorretta da un coraggio che non era suo. 

"Mi dispiace. Non potevo venire qui, non potevo vedere come stavi... Silente me l'aveva proibito. All'inizio la cosa non mi toccava... poi mi sono sentito in colpa" disse lui senza guardarla "anche se non so in che misura io possa essere colpevole di qualcosa che hai fatto tu! Riguardo alle parole che ti ho detto... ecco, io..." aggiunse poi bofonchiando parole incomprensibili.
"Sirius, mi sembri strano. Detto papale papale"
"E tu mi sembri in miglior forma" disse lui con un sorriso di plastica, cercando di cambiare argomento.


Averill sospirò. Non andremo mai d'accordo, io e te. Si guardarono, si sorrisero e ne rimasero entrambi scossi.


*°*


Le cose sembravano essersi a tal punto rilassate da quando si era svegliata Averill che lei e Sirius ebbero il tempo e le occasioni per conoscersi meglio senza scannarsi a vicenda. Lui veniva a trovarla di tanto in tanto, si scambiavano due parole assassine con fare giocoso e se ne andava; erano gli ordini del preside, ovviamente. Niente innervosiva di più Severus Piton del vedere quella donna a lui cara in compagnia di quel rinnomato imbecille, come lo definiva lui. Eppure Sirius regolarmente lo ignorava, andava a posare un bacio sulla guancia di Averill e le chiedeva come stava. Lei non aveva mai osato sperare tanto. Il cuore si stringeva così forte quando lo vedeva arrivare che le mancava l'aria; Sirius la prendeva sempre in giro. Sembrava tanto quel ragazzino che aveva a lungo spiato a scuola, quello per cui aveva avuto una cotta colossale... finché venne un giorno come un altro, e tutto cambiò all'improvviso, ma con gran naturalezza.

Lui si era chinato per darle il solito bacio, lei non si era accorta che fosse così vicino, le loro labbra si sfiorarono appena. Non aveva mai immaginato provare nulla di simile in vita sua.

"So che non dovrei, ma se potessi rifarlo... credo che non mi dispiacerebbe. Si, credo proprio che non mi dispiacerebbe affatto..." disse Sirius senza scostarsi, scoccando una freccia che le arrivò dritta la cuore.
"Non ti è bastata la mia reazione? Cerchi sempre conferme, come i bambini. Non ho mai detto che non ero d'accordo..."
"Spogliati delle tue spine razza di pianta pustolosa e velenosissima!" borbottò lui mentre gli occhi scuri gli brillavano di un riso trattenuto.

 

La sollevò dal letto di peso e la prese fra le sue braccia, poi la baciò per davvero.
Averill pensò di non avere un solo ricordo più bello di quello, e decise di custodirlo gelosamente nelle pieghe più sicure del suo cuore.

 

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Capitolo 5
*** L'astuto piano di una vecchia volpe ***


Non ricordava come fosse cominciata la loro relazione. C'erano sicuramente di mezzo delle risate e qualche parola detta con falso astio. Inspiegabilmente l'aura oscura e pesante che tanto a lungo l'aveva seguita in quei giorni era scomparsa. Volatilizzata.
Averill si svegliava con il sole, mangiava e beveva con gusto, cadeva addormentata, vedeva Sirius di tanto in tanto, litigava amabilmente con Severus. Non era mai stanca.
Solo qualche emicrania le rovinava la giornata, ma così come venivano esse se ne andavano.

Era così leggera che le sembrava di sognare.

Non ricordava nemmeno quando avesse cominciato ad amarlo. Sapeva solo che in quel momento lui la stava baciando e lei sentiva il corpo in tempesta.
Sirius la stringeva a sé e la sovrastava. Era alto e lei no. Ridevano sempre delle due spanne di altezza che li separavano.
In quel momento, mentre il mondo sembrava ondeggiarle attorno come se vivesse su un veliero, non rideva affatto. Sentiva il cuore in subbuglio. Sirius era diverso da ciò che conosceva; era aspro e vorace, come un ragazzino. Dopo un bacio ce n'era un altro; ogni tanto si fermavano per guardarsi negli occhi, come se avessero tutto il tempo del mondo.
In realtà dovevano chiudere la stanza a chiave per non farsi cogliere in flagrante da Severus, o peggio ancora, Silente in persona.

Accarezzò con dolcezza il petto di lui fra i contorni della camicia che aveva sbottonato. La carne chiara la attirava, accendeva in lei una bramosia malata, e chiedeva l’incontro con la sua con grande urgenza. L'idea di sfiorare la sua pelle in quel modo la faceva sentire ubriaca.

Annegò nei suoi baci, fra le sue braccia, dimentica di tutto.


                                                                                                                               
*°*



Silente sedeva nello studio. Aspettava che Piton arrivasse per discutere di affari più che primordiali. Era appena stato reintegrato in qualità di preside, e in una situazione diametralmente opposta si trovava il pavido Ministro della Magia, Cornelius Caramell. Erano settimane che perdeva tempo a mandargli gufi a tutte le ore del giorno. Aveva provato tutti i generi di approccio con quell'energumeno senza ottenere alcun risultato. Decisamente non era pane per i suoi denti. Oppure era completamente impazzito, e purtroppo non c'era niente da recuperare. Ad ogni modo non era più rilevante: qualche giorno prima appena aveva ricevuto la notizia che Caramell avesse dato le proprie dimissioni sotto obbligo del Magisterium. Non si era ancora deciso chi fosse il nuovo Ministro, le voci di corridoio erano fin troppe per affidarsi alla loro veridicità; perfino la Gazzetta del Profeta vacillava nel buio, incerta se seguire le versioni obsolete del governo precedente o quelle nuove e sconcertanti fornite da Silente.

Per questi ed altri motivi doveva assolutamente fare in modo di spargere la notizia sul ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Lord Voldemort, come pochi ardivano chiamarlo. Silente non riusciva a non nominarlo nelle conversazioni con i suoi conoscenti, gli riusciva difficile. Dopotutto Riddle era un suo vecchio studente. Un’amarezza straziante gli aveva imposto un gran numero di scelte nel corso degli anni seguenti l’ascesa al potere del mago oscuro, scelte che tempo permettendo potevano redimerlo dai suoi peccati. Non aver riconosciuto un mostro simile quando c’era la possibilità di renderlo innocuo ne faceva ampiamente parte.
Ad ogni modo, non si sarebbe risparmiato sui toni il giorno di fine anno scolastico.

Sapeva già cosa dire agli studenti, l'argomento era delicato ma avevano affrontato discorsi ben peggiori. Con una fitta al fianco egli ricordò Cedric Diggory, morto per mano di Lord Voldemort. Ancora non gli era stata resa giustizia, perchè nessun'autorità si era decisa a raccontare i fatti. In realtà, lui lo sapeva bene, era stato Caramell a tagliare tutte le comunicazioni e a seppellire la verità. Poi pensò anche a Harry, povero ragazzo, al quale due giorni prima aveva confessato di conoscere il contenuto della Profezia che riguardava la sua testuale condanna a vita strettamente legata a quella di Lord Voldemort. Si grattò un sopracciglio con un gran sospiro.

Mentre si decise finalmente a scartare una Bacchetta di Liquirizia sentì bussare alla porta; sempre sul più bello, pensò. Quelle caramelle avevano il potere di distrarlo per qualche istante e addolcirgli l’animo.

"Professor Piton, le porgo i miei saluti. Ha ricevuto le mie comunicazioni, allor dunque?" e detto ciò addentò la caramella scura che si agitava come un lombrico.
"Sì, signor preside. Le ho anche risposto, ma ho preferito consegnarle la missiva di persona. Se si scoprisse la presenza ingiustificata di quella strega qui a Hogwarts non vorrei che..."
"Bando alle ciance, Severus, se non ti dispiace"
"Emilia Averill è pronta per essere riportata a casa; sta molto meglio, la cicatrizzazione è ormai a buon punto. È inutile che resti, non gioverebbe né a lei né a noi".

Albus Silente lo guardò di sottecchi. Gli era parso di sentire un certo tono nervoso, o erano le sue orecchie che si erano riempite di Nargilli? Ridacchiò sotto i baffi. Aveva recentemente trascorso un pomeriggio intero con ciascuno dei ragazzi che avevano seguito Harry al Ministero per eventuali delucidazioni, e quello con Luna Lovegood era stato di gran lunga il più divertente.

"Cosa ti turba, Severus?"
"Nulla, signore"
"..."
"Tutto, Albus. So quanto quella donna abbia sofferto e non mi piace sapere che rischia di soffrire di nuovo, quando..."
"Non credi che sappia decidere da sé cosa sia meglio per lei?"
"No, credo di no"
"Non puoi certo dire, neanche tu, di essere un campione di scelte giuste. Quanto a me, non parliamone nemmeno..." lo sguardo si scurì e assieme ad esso il volto;
"Manda una lettera a Madame Maxime per ringraziarla, per favore. Adesso ho appuntamento con Black" disse poi, e con un cenno di saluto lo congedò senza troppi fronzoli. Fece comparire una poltrona davanti al caminetto e rimase in attesa.

 

Controllò l'orologio un paio di volte, ancora niente. Si era appena assopito quando uno strano sibilo lo fece riscuotere, e salutò con un sorriso cupo il busto di Sirius Black che ondeggiava fra le fiamme.

"Preside, salve"
"Sirius” lo salutò in tutta risposta “Come sta andando, a Grimmauld Place?"
"Come al solito, non succede niente" rispose lui annoiato.
"Cosa mi dici della bacchetta?"
"È funzionale; non è di certo la mia, ma fa tutto quello che le chiedo. Non lo trova strano, signor preside?"
"Affatto, per quel che mi riguarda. Quella donna ha deciso di donare tutta se stessa per proteggerti. Cosa vuoi che sia la sua bacchetta, per lei? Solo una piccola parte di sé; decisamente una bazzecola" asserì lui con un tono stranamente buffo per l’argomento di conversazione. Ci fu una piccola pausa, poi riprese a parlare.
"Devo chiederti un favore, si tratta di uscire di casa stavolta, Black, e di correre dei rischi"
Il ghigno sarcastico di Sirius non passò inosservato fra le fiamme.
"Sono tutt'orecchi"
"Tu ed il professor Piton dovreste portare Averill al sicuro, nella sua dimora. Sapresti materializzarti nella casa in mezzo al bosco dove ti ha portato quella famosa notte..."
"Sì" rispose immediatamente Sirius, senza lasciargli il tempo di terminare la frase "e non ci sono problemi, per quel che mi riguarda. Ma è sicuro che smaterializzarsi sia una buona idea? Non ci sono un sacco di controlli, di questi tempi?"
"Non ti preoccupare di questo, ho un piano".

Sirius ne era certo, aveva appena visto un lampo di orgoglio negli occhi azzurri del vecchio mago.


La sera stessa, Remus era venuto a cenare da lui. Questi bussò alla porta cercando di non svegliare il ritratto della madre di Sirius, invano. Aprì le braccia con fare sconsolato e canzonatorio all’occhiataccia esasperata del vecchio amico.

"Scusami, Sir"
"Niente, non è niente. Allora, novità? Vieni di qui, ho preparato un arrosto al forno come pochi..." e ciondolando lo guidò in cucina, dove aleggiava un buon profumo di carne e patate. Remus sorrise pregustando l'istante in cui si sarebbero seduti a tavola, e il suo sorriso si fece più ampio quando si sedette nella poltrona preferita di Sirius.
Lo guardò di sottecchi, prendendosi gioco di lui deliberatamente.


"C'è il divano libero" sostenne Sirius.
"Non vorrai mica farmi alzare! Che razza di ospite... e io che vengo perfino a tenerti compagnia, sei un ingrato" disse in tono melodrammatico.
"Taci, per favore!" rise lui.
"Da parte mia niente di nuovo” disse poi Remus cambiando discorso “ho incontrato Arthur in centro, mi ha detto che Molly sta dando di matto. Non sopporta di dover mentire a Harry, e hanno più o meno deciso tutti, di comune accordo, che avrebbero passato le vacanze insieme alla Tana una volta finita la scuola. Non se la sente di raccontare frottole, anch'io mi ci vedo male ad esser sinceri. Ecco. Quindi non verranno più a trovarti..."
"Oh beh, cosa vuoi che sia. Ci sono abituato" sorrise Sirius malinconico "io invece ho succose novità" disse poi, in un tono che non prometteva nulla di buono. Remus vide l’ombra di gioia malsana attraversare gli occhi dell’amico e non gli piacque affatto. Non erano più due ragazzini.


"Ma tu guarda!" disse però, indeciso sul come affrontare la notizia.
"Si, che tu ci creda o meno" s'inasprì Sirius del suo sarcasmo, per poi continuare come se stesse raccontando la buona novella.

"Ho parlato con Silente. Sposteranno Averill fra un paio di giorni e mi ha chiesto di aiutarli"
Remus guardò l'amico così intensamente che l'atmosfera cambiò subitanea.
"Ti sembra il caso, Sirius?" disse, raggelandolo con un’espressione calma che esprimeva tutta la sua pazienza da buon vecchio Lunastorta. Solo che quel nome ridicolo non aveva più luogo d’essere. Due uomini come loro non dovevano più permettersi di rischiare ancora vita e libertà per inutili scorribande. Sapeva di innervosire l’amico con i suoi ammonimenti, si era sempre espresso in questi termini con lui e non era mai stato ascoltato, ma non se la sentiva di lasciarlo andare a piede libero in una direzione pericolosa; non poteva perderlo, non di nuovo.


"Perchè no? Devo solo scortarla fino a casa sua. Sai, quel posto sperduto che ti dicevo..."
"Ne vale la pena?"
"Ovviamente l'idea di avere Mocciosus fra le scatole non mi attira affatto, ma cosa vuoi farci? È un'occasione che potrei non avere mai più! Chissà, magari invece di materializzarmi Silente mi lascia portare fuori Fierobecco..." continuò imperterrito il mago, ignorando deliberatamente il tono esasperato del suo amico.
"Averill, Averill, Averill" intonò Remus in una strana canzoncina minatoria decisamente stonata.

Sirius impallidì, poi non disse più niente; Remus se ne accorse, così cercò di cambiare discorso.

"Se no, che mi dici di Kreacher?"
"Oh, siamo alle solite" rispose Sirius in tono burbero scacciando via le sensazioni sgradevoli che si erano impadronite di lui. "KREACHER"
"Il padroncino mi ha chiamato? - Ecco che chiama il buon vecchio Kreacher per un'altra delle sue idee malsane, povera signora Black, un mostro in salotto, che deve fare Kreacher? Kreacher sopporta, sopporta sempre, ma questo è il massimo che può..."
"Salve, Kreacher"
"La feccia di sangue ibrido mi parla, signora Black, ma come rispondere a un simile..."
"Dacci un taglio, Kreacher. Ed ora racconta a padron Remus come abbiamo passato le ultime due settimane" grugnì Sirius con un sorriso amaro.

Remus alzò lo sguardo verso di lui che si era spostato in cucina per rimediare un paio di boccali ricolmi. Aveva notato l’espressione inquieta e cupa dell’amico. Sirius gli porse il suo bicchiere senza una parola e tornò a sedersi sorseggiando la burrobirra. Non trattenne un sospiro di apprezzamento per la fresca fragranza della bevanda, e si rilassò un po’. L'elfo domestico stringeva in mano la pezza che gli copriva il corpicino, sembrava un gesto di nervosismo ma un occhio attento vi avrebbe visto il vero: Kreacher fremeva d'indignazione.

"Kreacher ha ripulito la cucina, ha ripulito le camere, soprattutto quella del signorino"
"Perchè non gli dici la verità?"
"Ho riordinato anche il salotto, oh si. Era molto disordinato. Kreacher non ama il disordine, ma è vecchio..."

Sirius scosse la testa.

"È rimbambito" commentò l’altro, gustando la burrobirra e trattenendo a stento un ardito e sonoro singhiozzo.
"No, Remus. Fa finta. Mi ha nascosto apposta la Metropolvere mentre "riordinava il salotto" e non riuscivo a contattare Silente. Sono perfino arrivato in ritardo all'appuntamento, per una volta che qualcuno voleva parlarmi"
"Non mi dire" ridacchiò Remus prendendo un sorso e ancora un altro.

Trovavano estremamente confortante essere lì, insieme, da vecchi amici che erano. "Solo che non siamo vecchi, noi" dicevano sempre. L'oscuro passato di entrambi aveva reso impossibile per tanto tempo un'abitudine del genere; un lupo mannaro e un presunto assassino evaso da un carcere di massima sicurezza. Una bella, improbabile, eppur vecchia, coppia di amici. Ed era una cosa che entrambi amavano, spassarsela come da ragazzi, mangiando e bevendo a bizzeffe fino a scoppiare e parlare del più e del meno. L’argomento preferito di Remus era la musica, quello di Sirius il Quidditch (le donne, un tempo; quando non minacciavano di salvargli la vita tentando il suicidio). Potevano andare avanti per ore a parlare da soli senza ascoltare minimamente l’altro, sorseggiando Burrobirra e schernendosi a vicenda con qualche battuta di dubbio gusto.

Ora che finalmente potevano approfittarne si vedevano appena possibile, impegni di Remus permettendo. Sirius, dal canto suo, non aveva mai molto da fare, a parte starnutire per la polvere. Non ne era ancora venuto a capo.

Poco dopo, continuando a chiacchierare affabilmente, si misero a tavola per la cena. Il buon cibo e qualche bicchiere di vino riuscirono a distrarre Remus dall'argomento che tanto metteva in difficoltà il suo ospite. Sirius non se lo spiegava; ancora faticava ad accettare la piega degli eventi, e spesso quando doveva affrontare ad alta voce l'argomento “Averill”, si faceva di coccio e non rispondeva più; sembrava un involucro, lasciava volare via la mente e tagliava ogni comunicazione con se stesso e con gli altri. Masticò lungamente ogni boccone per distrarsi, ma non riusciva a smettere di pensarla. Presto l'avrebbe rivista e si chiedeva cosa sarebbe potuto succedere.

Erano ancora seduti, Sirius piluccava qualche briciola, quando suonò il campanello scatenando per l’ennesima volta l’inferno firmato Black.
"Aspetti qualcuno?"
"Secondo te?" esclamò Sirius, caustico e un po' brillo. Quel buon vino che si era appena versato era già andato giù per il gozzo, e il mago in uno stato di totale inerzia mentale stava rimuginando sul fatto che forse era stato il famoso bicchiere di troppo. Si alzò vacillante e arrivò alla porta. Quando vi trovò Severus Piton scoppiò a ridere come un bambino.

"Sir? Chi è?" chiamò Remus dall'altra parte del muro; aveva bevuto meno dell'amico solo perché doveva Smaterializzarsi e tornare a casa sua, ma anche lui ci era andato giù un po’ troppo pesante.
"Ma guarda, il cane bastardo ha compagnia. Devi esser contento” commentò Piton sprezzante, per poi rivolgersi alla suddetta compagnia “qual buon vento, Lupin?"
"Severus" si alzò lui in tutta risposta, serrandogli la mano in maniera un po' aggressiva e un po' rozza per via dell'alcol.

Diplomazia, sprizzavano i suoi nervi, cercando di mantenere alta la concentrazione malferma del proprietario. Proprio così, fedele a me stesso, pensava con qualche difficoltà, convinto che la presenza di Mocciosus non potesse portare nulla di buono.

Sirius invece aveva ancora l’ombra di un sorriso negli occhi quando si mise a fissare Piton nell’attesa di una giustificazione per la sua sgraditissima presenza.

“Che hai da guardare?” sibilò lui, prima di parlare, ignorando le deboli e cantilenanti proteste del mago.

“Lupin, Black, vedete di riprendervi. Si, dato che ci sei anche tu, tanto vale approfittarne. Prendi questo, e tu questo” e così dicendo lanciò una boccetta a ciascuno di loro; per non si sa quale scherzo del destino l’afferrarono entrambi senza farla cadere a terra.

“Che diavolo è, veleno?”

Si, vuoi avvelenarci, viscida serpe?”

“Che razza di mentecatto. Non mi aspettavo nulla di più da un mentecatto come te, Black” rispose Piton con un’aria schifata degna del suo repertorio di sempre.

“È Polisucco frescamente preparata da me. Ora tu Lupin strappi i capelli al tuo compare idiota e lui farà lo stesso con te. Tu Remus verrai con me, io fingerò di essere Averill non appena mi sarà possibile ottenere un suo capello. Black, se Dio vuole accompagnerai la vera Averill senza ucciderla e senza tornare a rintanarti in questa nefandezza che chiami casa. Noi viaggeremo sulla scopa, tu e Averill avrete una passaporta. È più probabile che vedano noi, quindi non ti allarmare, te lo dico perché so quanto tu possa essere vigliacco in certe situazioni”

“Non ti permettere Mocciosus” ringhiò lui, mentre il corpo guidato dall’alcol aveva perso ogni inibizione e si trasformava in quello di un grosso cane nero.

Remus gli saltò sulla groppa e gli chiuse il muso prima che aggredisse il mago. Una serie di urli ridotti a guaiti sommessi infastidì i timpani di entrambi finché egli non si calmò e prese ad uggiolare come un cucciolo. Decisamente non era la sera giusta per una missione di quel calibro. Questo lo sapevano tutti e tre.

“Dacci qualche minuto, abbiamo mangiato e bevuto un po’ troppo, non se lo aspettava per niente. Pensavo che fosse previsto per la settimana prossima, e non sapevo che lui avesse già accettato la proposta di Silente

“Non c’è più molta scelta, per motivi che non perdo tempo a spiegarvi” disse sbrigativo Piton “ad ogni modo non si può più aspettare la data che è stata decisa oggi pomeriggio. Per mia fortuna ci sei tu” arricciò il naso “così non dovrò scambiare il corpo con quello fetido di Black. Nemmeno nei miei incubi più fervidi ho mai immaginato un simile obbrobrio. Tutto questo grazie a Silente e i suoi piani bislacchi”

“Per una volta, non ti schieri dalla sua”

“Per una volta” ammise il mago, senza più aggiungere altro.

 

Con un tonfo sordo Sirius atterrò sul parquet interamente nudo e con la maglia in brandelli attorno al collo.

“Sogno o son desto?”

“Smettila di parlare come un idiota. Dai, Sirius, alzati! Dobbiamo scortare Averill stasera. Hai capito? Non si può rimandare. Adesso vado a prenderci qualcosa per ridurre la sbronza in cucina; tu stai qui, fermo. Severus, se chiami l’elfo domestico puoi fargli portare degli abiti per Sirius. Ah, dimenticavo: devi essere molto preciso se non vuoi ottenere risultati deplorevoli con lui” ammiccò Remus indicando il vecchio elfo che si sporgeva dalla porta del corridoio con il suo enorme naso aquilino, pensando di non essere visto. Li stava spiando dall’arrivo di Piton.

Il mago ordinò a Kreacher di portare una camicia e un paio di pantaloni per il suo padrone, e nello stupore generale l’elfo obbedì con zelo. Erano anni che la dimora della sua amata padrona non ospitava un così “nobile” personaggio, ne era assolutamente deliziato. Sirius si vestì imbronciato, come un ragazzo cui avessero confiscato il giocattolo. Bevve d’un fiato una strana bibita offertagli da Remus e improvvisamente riprese un po’ di controllo su di sé.

“Perché mai Remus dovrebbe correre il rischio di essere preso per me?”

“Non ti preoccupare, Sirius. È praticamente impossibile che qualcuno abbia una soffiata su stasera”

Si, non ti preoccupare” li canzonò Severus “Ci sarò io con lui” disse, come se dovesse rassicurare una donzella dal cuore tenero. Sorrise arcigno, poi per accelerare la situazione strappò lui stesso i capelli a Sirius facendogli cacciare un grugnito di dolore. Non si avvicinò invece a Remus che osservava la scena con aria rassegnata, ma nonostante tutto minacciosa. Sarebbe stato sempre Mocciosus per loro, non importava l’età, non importava il tempo che inesorabilmente cambia le cose. Alcuni fatti non sarebbero mai cambiati, mai.

“Tutti pronti” confermò Sirius all’indirizzo degli altri due, mentre una cert’aria di agitazione li agitava tutti e tre.

“Al mio via” disse Piton.

Atterrarono ai confini di Hogwarts, in un posto strategico ben nascosto agli sguardi indiscreti. Silente li aspettava con in braccio un fagotto informe: Averill addormentata.

“Dormirà per tutto il viaggio. Abbiamo deciso con Severus che era la soluzione migliore, dopo un così lungo periodo d’indisposizione” disse, con aria grave, guardandoli tutti e tre nel semibuio della notte.

“I capelli” chiese Piton.

Fece comparire una forbice d’argento e tagliò delicatamente una ciocca nascosta. Sirius lo guardò fare sensibilmente turbato, senza nascondere un’ombra di puro odio per il torto subito poco prima. Si massaggiò la testa remore del dolore acuto che gli era stato inflitto mentre Silente chiedeva loro di aprire le boccette.

Scambiò i capelli con Remus senza una parola mentre Piton ingurgitava già il primo sorso della sua pozione; sempre bevendo trasfigurò i propri abiti in vesti femminili adattandoli perfettamente al corpo che stava cambiando, un’azione veramente complicata. Si fece basso, il viso diventò piccolo, i capelli crebbero. L’aria austera combatteva con il viso dai tratti dolci della strega. Era sempre visibile Piton, dietro quegli occhi scuri, o almeno Sirius-Remus non ebbe nessun problema a riconoscerlo.

Remus e Sirius, o meglio Sirius e Remus ammirarono il suo corpo cambiare e volsero lo sguardo altrove quando quello inclemente di Piton nelle vesti di Averill li minacciò silenziosamente di farli fuori.

“Remus, ehm, Sirius. Prenderai la scopa con il professor Piton. È nascosta fra gli alberi, là dietro. Quanto a te… Remus” e così dicendo gli affibbiò la strega fra le braccia “la veste di Emilia è la tua passaporta. Si attiverà fra un minuto esatto. Vi porterà in un vicolo del paesello più vicino alla sua casa. Dopodiché dovrai aspettare qualche minuto e si attiverà la seconda passaporta: la collana che le ho messo al collo. Spero sia tutto chiaro. È così?”

“Perché io con lui?” si lamentò Sirius-Remus disgustato.

Si, perché aver cambiato i piani?” chiese Piton con una voce femminile che gli diede la pelle d’oca.

“Per questioni di sicurezza. E ora via, andate” li liquidò Silente imperturbabile, agitando la mano. Con un ultimo sguardo a ciascuno di loro si avviò verso i cancelli della scuola.

Sirius-Remus e Piton-Averill si scambiarono uno sguardo di puro disprezzo. Guardarono Lupin-Sirius con la strega in braccio e un’aria impacciata ma risoluta; lo videro contare i secondi mentalmente. In realtà cercava solo di sfuggire a quella terribile sensazione di essere squadrato – di essere detestato- da entrambi.

Un attimo dopo sparì con un rumore sordo attutito da un robusto Muffliato di Silente.

Rimasti soli, un ridicolo sfogo di orgoglio li fece correre come ragazzini verso la scopa. Nessuno dei due voleva stare dietro l’altro. Il caso volle che Sirius fosse più veloce, per cui a Piton non restò altro da fare che sedersi dietro di lui e aggrapparsi alle sue spalle con l’aria di qualcuno che stava per vomitare.

 

Non ci volle molto tempo prima che Remus-Sirius raggiungesse la casa senza troppi problemi. Gli era sembrato di scorgere due figure incappucciate all’angolo del vicolo, ma per fortuna era riuscito a nascondersi e sfuggire alla loro vista fino all’attivazione della seconda passaporta; con grande imbarazzo teneva stretta fra i denti la collana  mentre la donna addormentata cominciava a pesargli sui bicipiti. Maledì il fisico poco lavorato dell’amico mentre sentiva un crampo farsi strada nel braccio destro; stringere la bacchetta in mano era un’impresa titanica.

 

Si ritrovò in una casetta le cui candele stregate si accesero al suo arrivo e finalmente poté posare la donna sul divano.

Expecto Patronum. Vai a dire a Silente che siamo arrivati senza intoppi” disse al suo patronus.

Si sedette stancamente sulla poltrona accanto al caminetto e accese due piccole fiamme con un colpo di bacchetta. Non poté impedirsi di guardare la donna con gran curiosità. Sirius non gli aveva voluto spiegare quasi niente di quella faccenda e lui era riuscito a racimolare poche informazioni incongruenti; non appena si sarebbe ridestata, avrebbe finalmente potuto scoprire chi era quella strega e cosa avesse fatto per assumere tanta importanza nella vita dell’amico da fargli perdere istantaneamente la parola. Con la curiosità negli occhi scuri che non gli appartenevano si assopì nell’attesa che arrivassero gli altri.

Remus-Sirius si svegliò di soprassalto e inspirò profondamente. Ricordò tutto e con uno sbadiglio si stiracchiò: aveva la carne grea. Ravvivò il fuoco e guardò l’orologio perché non c’era ancora nessuna traccia dei due uomini e stava seriamente cominciando a preoccuparsi. Era così lontana da Hogwarts quella casa? Purtroppo la passaporta non permette di sapere nulla sulle distanze che si percorrono, a meno di conoscere in anticipo il luogo di partenza e il luogo d’arrivo.

Un mugolio improvviso lo fece voltare: Averill non dormiva più. Aveva ancora gli occhi chiusi quando lui si avvicinò con gentilezza, pronto a tenderle dell’acqua o qualsiasi cosa di cui avesse bisogno. La guardò aprire gli occhi e fu subito stupito dall’aria risoluta e consapevole che vi lesse.

“Sirius!”

Non ebbe il tempo di formulare nessun altro pensiero che lei gli aveva improvvisamente ancorato le braccia attorno al collo e l’aveva baciato con tutta la foga del mondo.

Proprio in quel momento si erano affacciati boccheggianti alla porta della stanza un Remus ancora trafelato e un’Averill dall’aria inorridita.

 

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