Elizabeth Lodge

di Felem
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Lodge ***
Capitolo 2: *** Incantevole ***
Capitolo 3: *** Catherine ***
Capitolo 4: *** Il ballo ***
Capitolo 5: *** Danzate con me ***
Capitolo 6: *** Bambina ***
Capitolo 7: *** Soldatini di piombo ***
Capitolo 8: *** La lettera ***
Capitolo 9: *** Il bacio di fiori ***
Capitolo 10: *** Il malessere porta la vita ***
Capitolo 11: *** Le perle del cielo ***
Capitolo 12: *** Mostri ***
Capitolo 13: *** La partenza ***
Capitolo 14: *** Desideri nascosti ***
Capitolo 15: *** Allegria travolgente ***
Capitolo 16: *** Amore e Odio ***



Capitolo 1
*** I Lodge ***


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                                                                        Capitolo I   "I Lodge"



Giungo 1807, Londra




Soffiava un vento caldo per le campagne nei pressi di Londra.
Tutto ciò non sembrava affatto turbare Elizabeth, che nella sua totale spensieratezza si dilettava con la lettura, sporgendo di tanto in tanto il capo al di fuori della carrozza, cercando di memorizzare ogni singolo particolare del paesaggio a lei tanto caro. Amava viaggiare, poiché lo studio le permetteva raramente di lasciare la città, ma lei e la sua famiglia erano soliti trascorrere il tempo, durante il periodo estivo, in villeggiatura.
Una cara zia possedeva un terreno nelle campagne lì vicine nel quale Elizabeth e la sua famiglia passavano intere giornate conoscendo nuove persone, partecipando ad importanti eventi e rilassandosi all'aria aperta, mettendo da parte i libri per qualche tempo.
Anche se la ragazza non rispettava l'ultimo punto da me elencato, dal momento che amava leggere: i libri erano il suo unico svago, la sua unica passione.
Era in compagnia di questi ultimi che trascorreva le sue giornate.

- Liza, guarda che meraviglia. Posa quel dannato libro e dedica un po' di attenzione a tua sorella.- Così disse Anne, la più giovane delle sorelle di Elizabeth, di appena due anni più piccola.

- Anne, non usare questo linguaggio! Se ti sentisse nostro padre..- la apostrofò il maggiore dei fratelli, Jonathan, ragazzo diligente, dai capelli biondi come il grano e dal bell'aspetto, amato da tutte le ragazze di Londra e dintorni.

Quel giorno indossava una camicia di lino bianca, infilata ordinatamente nei pantaloni beige, i suoi occhi verdi tendenti al nocciola si abbinavano perfettamente al paesaggio, che scrutava con attenzione. Elizabeth taceva, osservando divertita i due fratelli, per poi posare il suo sguardo sul minore, Robert, di appena sette anni.
Il bambino dagli occhi verdi ed i capelli castani osservava la scena, stuzzicando il vestito rosa confetto di Anne, ornato di pizzi e merletti, muoveva abilmente le tenere mani, formando delle pieghe sul morbido tessuto. Anne era indispettita da questo gesto ripetitivo, ma lo lasciava fare, credendolo intento ad ammirare la bellezza dell'abito.

- Tieni le mani a posto, Robert, vorrai forse sgualcirmi il vestito prima di arrivare dalla nostra amata zia?- Disse seccata Anne, spingendo via il fratello minore.

- Non temere, non ti noterà alcun ragazzo, in ogni caso.

- Non osare offendermi in tal modo, fratellino - disse così lei, pizzicando una guancia al piccolo Robert - farò strage di cuori.- Aggiunse in fine ammiccando e guardando Elizabeth con aria di sufficienza.

La carrozza correva lungo i campi ed il fruscio del grano risuonava fluido come le parole sotto gli occhi di Elizabeth. Anne, Jonathan e Robert ridevano rumorosamente, accompagnando e a tratti, disturbando la lettura di Liza, che solo a volte alzava lo sguardo, puntando gli occhi scuri sui fratelli, che li avevano chiari come quelli della signora Lodge, madre dei ragazzi e moglie del signor Lodge.

- Oh, Liza. Dici che avremo tempo per vedere anche Mary?- Chiese Anne ad Elizabeth.

Una luce che raramente illuminava lo sguardo della ragazza, apparve negli occhi di Elizabeth che per la prima volta, durante il viaggio, chiuse il libro posandolo accanto alla stoffa del vestito color cielo che indossava. Quel nome riusciva sempre a migliorarle la giornata: Mary.
Mary era la maggiore delle sorelle di Elizabeth, la primogenita, aveva cinque anni in più di lei, ne aveva ventitré. Da poco si era sposata e rare erano state le occasioni in cui le due sorelle si erano viste. Elizabeth adorava Mary, era l'unica persona in grado di capirla, di comprendere fino in fondo le sue paure, ed ora, il matrimonio l'aveva allontanata da lei.
Per questo Elizabeth diffidava degli uomini,
li trovava rudi e villani, nonostante trovasse gradevole la compagnia di David, il marito di Mary. Di giovani avvenenti ne aveva incontrati, ma l'interesse che suscitavano in lei non andava oltre l'aspetto fisico. I suoi pensieri al riguardo furono interrotti dalle sue stesse parole.

- Sono sicura che avremo occasione di vederla - disse Elizabeth, trattenendo a stento la gioia e cercando di sembrare seria e contenuta come il solito -arriveremo tra un poco e lì potremo passare un po' di tempo con lei.

Accarezzò, sporgendosi in avanti, i morbidi riccioli castani di Robert, sorridendogli con dolcezza. Il fratello ricambiò il suo gesto mostrando alla sorella tutti i denti da latte, in un sorriso che si protraeva da uno zigomo all'altro. Liza accennò ancora un lieve sorriso, che le donava un'aria da ragazza sveglia, quale era. Una volta fatto ciò sporse la testa dalla carrozza scorgendo all'estremità di quest'ultima, la figura imponente del signor Lodge, uomo di mezza età, con una folta barba bianca ornata da qualche filo argenteo, mentre era intento a conversare con sua moglie.

- Padre - urlò Liza in preda all'euforia dovuta al pensiero di rivedere Mary - secondo voi quanto manca ancora prima di giungere da vostra sorella?

Il signor Lodge curvò divertito il capo, cercando di intravedere tra i drappeggi bordeaux che formavano le tendine della carrozza, il viso roseo della tanto amata figlia.

- Liza, amore mio, tra circa dieci minuti saremo arrivati. Di te mi posso fidare, tieni a bada i tuoi fratelli!- Le rispose il padre, con voce calda ed affettuosa.

Elizabeth ricacciò il capo all'interno della carrozza, lusingata dalle parole del padre. Non si lasciava incantare così facilmente dalle parole di un uomo, ma aveva grande stima del signor Lodge e saperlo così affezionato a lei la rendeva felice. Posò i capelli castani sciolti sull'imbottitura del sedile e chiuse gli occhi, assaporando in anticipo un abbraccio della sorella.
Mentre la giovane teneva gli occhi socchiusi, respirando a fondo l'aria estiva, la giovane Anne estrasse da una sacca di pelle ornata con perline bianche una boccetta di cristallo contenente un liquido profumato, ne fece cadere due gocce sui polsi ed una sul collo, sfregando le due parti del corpo ed infine riponendo la boccetta all'interno della sacca. L'aria della carrozza divenne satura del penetrante odore di rose del profumo di Anne ed Elizabeth non potè fare a meno di arricciare il naso disgustata, sporgendo il busto interamente fuori dalla carrozza. Liza allargò le narici cercando di respirare un po'di aria pulita e non appena riaprì gli occhi per poco non cadde dalla carrozza in movimento, quando un uomo a cavallo le passò a pochi centimetri dal naso. Si voltò immediatamente, cercando di capire chi fosse tale villano. Scorse più avanti un uomo in divisa su un possente destriero, egli aveva dei folti riccioli biondi che gli ricadevano lungo il collo, spalle larghe ed una giacca bianca, come il suo cavallo. Continuava a rimanere in quella posizione rischiosa, tenendo gli occhi scuri puntati su quell'uomo che non si era nemmeno voltato per accertarsi che stesse bene e che non fosse ferita. La carrozza aumentò di velocità ed Elizabeth rischiò una seconda volta di finire a terra, i folti capelli castani svolazzavano al vento ed il suo sguardo scrutava indispettito il "tutt'altro che gentiluomo" che continuava a cavalcare fiero di fronte a lei. Una strana curiosità si impadronì di Liza, che desiderò con tutta se stessa, conoscere il volto dell'uomo. E quando la carrozza fu sul punto di raggiungere il magnifico cavallo bianco, il cavaliere spronò quest'ultimo, tagliando per un campo lì vicino, uscendo dalla visuale nonché dalla mente di Elizabeth.

- Non vedo l'ora di vedere la zia.- Disse Jonathan passandosi una mano tra i capelli biondi e sospirando, come era solito fare.

- Ha promesso di portarmi a caccia un giorno di questi, non vedo l'ora.- Continuò Robert, seguendo le orme del fratello.

- Non trovate che la caccia sia un qualcosa di ripugnante? L'odore del sangue mi disgusta.- Si lamentò Anne, piagnucolando.

- Fidati sorella cara, nulla è più disgustoso dell'unguento che ti sei sparsa sui polsi.- Così disse Jonathan, dichiarando apertamente guerra ad Anne.

Anne era una bella ragazza, aveva sedici anni, dei boccoli biondi le ricadevano lungo le spalle ed una frangetta sovrastante gli occhi verdi della fanciulla, rendeva il suo volto ancora più tondo di quello che già fosse. Le guance erano piene e rosse e le labbra sottili prendevano una piega elegante rendendo il suo volto, di conseguenza la sua persona, ingenua ed indifesa. Indossava un abito rosa confetto, la gonna a cerchio le impediva i movimenti e le evidenziava i fianchi, sottolineando le sue forme già ben visibili, un bustino rosa antico tenuto da lacci purpurei le evidenziavano le curve dei seni che sembravano ancora più sodi di quello che già fossero. Era davvero bella ed avvenente ed i giovani londinesi e non, la seguivano come cani fedeli, questo la divertiva molto anche se il suo vero e proprio "sogno" restava quello di attirare le attenzioni di un ufficiale, amava gli uomini in uniforme. Anne lanciò un'occhiata offesa al fratello maggiore e non parlò per il resto del viaggio, ascoltando, anzi sentendo, Anne non ascoltava mai, le discussioni dei fratelli.

- Liza, tu non sei contenta si vedere la zia?- Chiesero all'unisono Robert e Jonathan.

- Molto, sapete che adoro la compagnia di Margaret- Elizabeth solitamente la chiamava per nome, dopo tutto la zia aveva solo pochi anni in più di lei - E' una donna divertente ed ama conversare degli argomenti più improbabili, mi affascina.

Elizabeth si sistemava i capelli mossi in una treccia, cercando di farli apparire meno in disordine, quando il piccolo Robert si alzò sporgendo le braccia minute dalla carrozza, salutando così, una donna che li attendeva in fondo alla strada.

- Oh, benvenuti!- Così urlò Margaret.

Margaret era la sorella minore del signor Lodge, aveva all'incirca trent'anni. Non si era mai sposata e ciò non sembrava turbarla, anche se spesso il fatto era motivo di scompiglio tra i suoi ospiti. Elizabeth la trovava interessante, trascorreva interi pomeriggi con la zia passeggiando per i boschi e discutendo di letteratura e avvenimenti passati, era sempre in grado di farla sorridere. Margaret aveva dei capelli castani tenuti in un'acconciatura pratica, ma allo stesso tempo elegante, gli occhi scuri come quelli di Liza ed era in carne, questo gli uomini lo apprezzavano, ma sembrava essere lei a non apprezzare loro. La carrozza, si fermò di fronte ad un casale, quasi interamente rivestito di edera, Margaret gli venne incontro. Robert picchiettava le dita sullo sportello della carrozza, pregustando il momento in cui la zia lo avrebbe accolto donandogli qualche giocattolo nuovo di zecca, Jonathan cercava di mantenere la calma ma era inevitabile per lui sorridere durante l'attesa, Anne perse totalmente il controllo, in fondo non ne aveva. Sbatteva i piedi e si dimenava emettendo urletti soffocati, simbolo di felicità, attendeva con ansia l'arrivo della zia, che tirandosi su la fine del vestito correva verso la carrozza, e scuoteva Elizabeth cercando di trasmettere la sua pazzia anche alla sorella. La donna paffutella, finalmente raggiunse la carrozza, dalla quale per primo scese il fratello, che la poté abbracciare con foga, a seguire la signora Lodge che la salutò con un elegante inchino. I ragazzi osservavano la scena rapiti, la stessa identica storia da ormai tutta la loro vita, eppure non si stancavano mai di vedere i propri volti riflessi negli occhi della zia e notare ogni volta la felicità che quel momento gli donava. Lo sportello della carrozza finalmente si aprì e la prima a lanciarsi fuori da quest'ultima, ovviamente, fu Anne che si aggrappò al collo della zia, quasi facendola cadere.

- Oh, zia. Quanto mi siete mancata.

- Anche tu Anne, ho una sorpresa per te, te la mostro più tardi.

Il secondo ad uscire dalla carrozza fu Jonathan che andando incontro alla zia la abbracciò calorosamente, sorridendole come meglio poteva.

- Zia, siete bella come al solito, per voi gli anni sembrano non passare mai.- Eh, sì. Ci sapeva fare con le donne.

- Caro Jon, sei il solito gentiluomo, ti ho portato queste da Parigi- gli disse porgendogli un pacco di sigarette finissime ed elegantissime - spero ti piacciano.

- Le amo già.

Robert scese spavaldo dalla carrozza inciampando e cadendo a terra, quando la zia gli porse la mano destra per aiutarlo a ritornare in piedi, Robert la prese tra le sue mani e la baciò, facendo un inchino.

- Oh, un altro piccolo gentleman, ora che mi hai dimostrato di essere un uomo gentile e premuroso, che ne diresti di abbracciarmi?- Disse Margaret al bimbo, abbracciandolo e porgendogli un soldatino di piombo.

Per ultima scese Elizabeth, con una tale grazia da sembrare irreale, ovviamente lei ne era totalmente inconsapevole, andò verso Margaret e l'abbraccio, senza dire nulla. La zia continuava a stringerla, per poi avvicinarsi al suo orecchio e sussurrarle qualcosa.

- Ho un regalo anche per te, Liza.- Così dicendo le porse un'agendina di pelle scura.

Anne guardò disgustata il regalo di Elizabeth, pretendendo di vedere il suo, Liza invece accarezzava affascinata l'agendina con le mani affusolate, sorridendo ogni volta che i suoi polpastrelli incontravano la rifinitura di cuoio. Margaret prese per mano Anne e la portò con se dentro il casale, mentre alcuni domestici prendevano le valigie ed il resto della famiglia seguiva la zia dentro casa.
All'entrata un meraviglioso salone, con carta da parati color crema, stupiva ogni volta Elizabeth che si guardava intorno meravigliata. Margaret prese sotto braccio le ragazze portandole nella loro stanza, una confortevole camera rivestita da carta da parati bianca a fiorellini blu, con un letto matrimoniale dove le due sorelle avrebbero dormito, un armadio ed una scrivania affiancata da un mobile di ciliegio ricoperto da soprammobili. Lì avrebbero dormito per i prossimi tre mesi, come tutte le estati.

-Apri l'armadio, mia cara Anne.- Così le aveva detto la zia.

La ragazza eseguì ciò che le era stato ordinato ed una volta aperte con violenza le ante, vide un meraviglioso vestito verde chiaro, ornato da piccole perline bianche che lo rendevano elegante, sin troppo per i gusti di Elizabeth. Profumava di gelsomini, Liza amava quell'odore. Anne iniziò a strillare dalla gioia, abbracciando la zia e ringraziandola come meglio poteva.

- Questo ti servirà - inoltre aggiunse Margaret, mentre già Elizabeth si era sdraiata sul letto - tra qualche giorno vostra sorella Mary darà la sua prima festa, ci sarà musica, danze ed...- esitò prima di pronunciare quella parola che avrebbe reso Anne ancora più euforica - ufficiali, uomini in uniforme, bimba mia.

Così le due gioirono insieme, mentre Elizabeth disponeva i suoi abiti e quelli della sorella all'interno dell'armadio. Presto calò la sera e le due sorelle si ritrovarono a parlare rumorosamente sotto le coperte.

- Liza, non sei nemmeno un poco emozionata per la festa di Mary?

- Non per la festa, ho atteso così a lungo, non vedo l'ora di vederla.

- Oh, hai sentito la zia Margaret? Ci saranno uomini in divisa.

- Figuriamoci, saranno sicuramente conoscenti di David. Conosco Mary e conosco gli uomini in divisa e so per certo che tendono ad essere presuntuosi quanto arroganti.

- Ammetti che hanno un loro fascino, sono così attraenti.

- Immaginali tra vent'anni, quando il loro bell'aspetto sarà svanito e di loro non rimarrà altro che una fisarmonica di menti e pance, calvizia e vecchiaia.- Disse Elizabeth canzonando la sorella.

- Tu hai troppa fantasia, Liza. Goditi le cose al momento, hai diciott'anni. Tra un po' dovrai pur sposarti, no?

- Io non mi sposerò, cara Anne. Nessun uomo sarà mai tanto attraente da farmi innamorare di lui.

- Come vuoi, sorella. Mettiamola in questi termini: domani vedremo Mary, sei contenta?

- Molto.

- Ne sono felice, ora dormiamo. Buona notte.

- Buona notte.

E così Elizabeth si addormentò, nascondendo l'emozione che l'idea del futuro incontro aveva suscitato in lei.




Dalla scrittrice ai lettori: 
Carissimi lettori, questa è la seconda fan fiction che scrivo. Purtroppo, per un errore, ho dovuto riscriverla due volte, perdendo così, tutti i miei lettori e recensioni. Non fa nulla, ci riprenderemo! 
Alla prossima, Felem ♥

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Capitolo 2
*** Incantevole ***


Image and video hosting by TinyPic                                                                                                Capitolo II  "Incantevole"



-
Liza, svegliati!- Le aveva urlato nell'orecchio destro con un tono e dei modi privi di grazia.

Elizabeth percepì una scossa scuoterle il corpo ed immediatamente aprì gli occhi, alzandosi di scatto dal letto e sciacquandosi il viso nella tinozza di porcellana, ripiena di acqua tiepida, che Margaret le aveva posato sul comodino affianco al letto. Anne continuava a dirle di alzarsi, non vedendo la sorella già in piedi, mentre lei saltellava sul morbido letto.

- Buongiorno, Anne.- Disse Elizabeth con tono cortese, di certo le buone maniere non le mancavano.

Così uscì dalla camera da letto, senza nemmeno vestirsi, con indosso solo la camicia da notte bianca che le arrivava fino a metà polpaccio. In altre occasioni, quell'abbigliamento avrebbe creato scompiglio, ma la sua famiglia la conosceva e sapeva benissimo che Liza era una ragazza, sebbene giovane, molto prudente e coscienziosa.

- Buongiorno, Liza! Cosa gradisci per colazione? Siediti cara.

La zia Margaret la prese sotto braccio, senza nemmeno darle il tempo di realizzare dove si trovasse. La sala da pranzo dove erano seduti era spaziosa, accogliente ed aveva un'aria estiva, poichè sui davanzali delle finestre che la rendevano molto luminosa erano presenti, in quantità esagerate, fiori di ogni tipo. Elizabeth sedeva su uno sgabello di legno e lentamente masticava un pezzo di pane, ricoperto di confettura alla pesca, e sorseggiava del tè bollente. Robert muoveva il suo soldatino di piombo lungo il tavolo, correndo attorno a quest'ultimo, mentre Jonathan sedeva di fianco a Liza, bevendo anch'esso del tè e sfogliando un giornale appena letto dal signor Lodge che invece gustava una meravigliosa e profumata crostata cucinata dalla sorella. Margaret non faceva altro che fare avanti ed indietro dalla cucina alla sala da pranzo, tornando ogni volta con piatti e dolci differenti. Anne piroettava per la stanza, indossando un vestito nocciola che le donava un'aria pomposa, come al solito. La signora Lodge era intenta ad ammirare la bellezza della figlia.

-Anne- le ripeteva spesso - sei bella come il Sole.

Ed Anne si sentiva bella e rideva danzando sul pavimento di marmo della sala dove si trovavano, sfoggiando il suo vestito come fosse stato il più prezioso tra i gioielli. Qualcuno bussò alla porta e, per pochi istanti, l'allegria della mattinata fu interrotta dal silenzio dell'attesa.

- Apro io!- Esordì Anne, scapicollandosi al portone principale.

Le chiacchiere ripresero ed Elizabeth continuava, taciturna, a sorseggiare il suo tè. Pochi istanti dopo Anne rientrò nella sala da pranzo stringendo tra le mani una lettera e successivamente sventolando il pezzo di carta sotto il naso di Liza, che parve infastidita dal suo gesto. Canticchiava una canzone, spesso utilizzata durante le fiere o le feste di paese, continuando a volteggiare su se stessa. Jonathan si alzò d'improvviso, dirigendosi verso la sorella, strappandole così la lettera dalle mani, quello fu un ulteriore affronto per Anne.

- Volete che io la legga?- Chiese gentile il ragazzo.

L'intera famiglia, in particolare Anne, acconsentì. Jonathan lesse ad alta voce il testo della lettera, sigillata da ceralacca scarlatta. Elizabeth taceva, fissando l'interno della tazza da tè, ormai vuota.
                                                                                                                                                                                                     
           

                                                                                                                                                                8 Giugno 1807, Canterbury (Londra)
                                                                                                                                                   


Carissimi, spero siate giunti a casa della zia Margaret e che il vostro viaggio sia stato privo di complicazioni. Ormai è qualche mese che non godo della vostra presenza e mi piacerebbe sapere come state. La vita qui è deliziosa ed io e David abbiamo da poco acquistato una magnifica casetta, vicino alla costa. La vita da donna sposata è più impegnativa del previsto, devo ancora abituarmi al nuovo cognome: Mary Evans. Suona strano anche a voi, o solo una mia impressione?
In ogni caso, tralasciando le informazioni inutili, avrei bisogno di comunicare a ciascuno di voi qualcosa che da tanto ho bisogno di dirvi.
Prima di tutto, vi invito oggi a pranzo, spero accettiate il mio invito. Ho alcune sorprese o comunicazioni per voi, vi darò qualche anticipazione.
Vorrei rivolgere i miei più cari saluti alla zia Margaret, inoltre vorrei scusarmi per non essere lì con voi, come al solito;
Jon, fratello mio, dovresti vedere la cugina del mio amato David, è una ragazza così cara, presto te la farò conoscere;
Rob, piccolo, qui abbiamo un vasto terreno, so che la zia ti ha promesso di portarti a caccia e, sebbene io sia contraria, potrà farlo presso di me;
Anne, dolce Anne, non ho pensato ad un vero e proprio regalo per te, ho solo chiesto a David di invitare qualche suo amico in divisa all'evento del quale vi parlerò più avanti nella lettera (sempre che non ve ne abbia già parlato la zia);
Papà, vi sono grata, senza di voi non avrei mai conosciuto David e domani vorremmo mostrarvi la nostra casa, sperando ottenga la vostra benedizione;
Mamma, spero di vedervi presto, mi manca la vostra figura;

Elizabeth non muoveva un solo muscolo del viso, anche se la delusione stava prendendo posto nel suo cuore. La sorella tanto cara, non l'aveva nominata, si stava dimenticando di lei. Ma la ragazza, tirò di colpo su la testa, come risvegliata improvvisamente da un lungo sonno, quando Jonathan andò avanti nella lettura.

Liza, cara mia, sei la persona che più mi manca in questo momento. Ho un regalo speciale per te, non vedo l'ora di vederti, ho un sacco di cose da raccontarti.
Detto questo ci terrei a dirvi che entro pochi giorni si terrà, presso la mia abitazione, un ballo. Sarà un'importante occasione per tutti voi per fare nuove conoscenze e divertirvi anche in mia compagnia. Spero possiate soggiornare da me qualche giorno prima dell'evento.
Vi mando i miei più caldi saluti.
 
                                                                                                                Mary


Un'esaltazione di massa, colpì la famiglia Lodge, perfino Elizabeth che posò la tazzina per recarsi immediatamente al piano superiore.
Una volta entrata in camera iniziò a rovistare nell'armadio, cercando un vestito adatto all'occasione, avrebbe rivisto Mary dopo tanto. Liza solitamente non curava così tanto l'abbigliamento, ma un'agitazione l'aveva colpita, rendendola nervosa come non mai. Estrasse dall'armadio un vestito ghiaccio, posandolo delicatamente sul letto, era uno dei vestiti più belli che possedeva: aveva una scollatura tondeggiante, tenuta insieme da alcuni lacci di pizzo azzurro, non era sorretto da alcun ferretto e gli ricadeva morbido sui fianchi, esaltando la semplicità della giovane. Osservò l'abito, ben disteso sul materasso e sorrise all'idea di rivedere la sorella. Si diresse verso una stanza, accanto alla sua, dove c'era una tinozza di legno appoggiata alle pareti spoglie, la riempì con dell'acqua messa a bollire e chiese l'aiuto della sorella Anne che delicatamente, una volta che Liza si fu insaponata il corpo ed i lunghi capelli, le versava sulla nuca l'acqua tiepida contenuta all'interno di una brocca decorata da fiori dipinti. Elizabeth si curò in maniera tale da sembrare di porcellana, dopo un bel bagno caldo, la sua carnagione diafana risultava sempre più bianca. Si asciugò con un panno lì vicino ed indossò l'abito color ghiaccio, le stava d'incanto. Anne la fece sedere sul bordo del letto, mentre le acconciava i morbidi capelli castani, in una treccia che le partiva dalla parte alta della nuca e che terminava poco sopra il collo, per poi lasciare la massa di capelli mossi, sciolti lungo la schiena. In fretta e furia l'intera famiglia si precipitò all'interno della carrozza, sperando di arrivare, come richiesto, entro l'ora di pranzo a casa Evans.

- Oh, che emozione! Hai sentito di cosa parlava Mary? Uomini in uniforme!- Disse Anne, scuotendo le spalle di Elizabeth, che osservava rapita l'agendina donatale da Margaret.

- Sei bellissima.- La assecondò Liza, tenendo stretta fra le mani, la copertina di cuoio del libricino.

Il resto del viaggio lo passarono in silenzio, osservando il paesaggio costiero che ora li circondava. Si respirava aria di mare, Elizabeth non lo aveva mai visto. la vista del mare in lontananza la rapì, mentre lo osservava affascinata, quando lo specchio blu fu interrotto da una distesa di alberi e da una villa che si presentava davanti a loro. Doveva essere quella l'abitazione di Mary, era bellissima, una casa composta da travi bianche, fiori in abbondanza ricoprivano il prato ed i davanzali dell'abitazione ed un tetto formato da tegole azzurrine si abbinava perfettamente al colore del mare. Elizabeth si affrettò a scendere dalla carrozza e, questa volta, fu la prima. Corse di fronte al cancello nero che la divideva dalla sorella, mentre osservava la figura di quest'ultima uscire dal portone della villa. Era bella come al solito, i capelli biondi erano lasciati sciolti sulle spalle, gli occhi verdi le sorridevano da in fondo il prato, Elizabeth aprì il cancello avvicinandosi sempre più a Mary. Indossava un vestito di pizzo bianco, semplice ed elegante, proprio come lei. La sua bellezza la lasciava esterrefatta ogni singola volta, sin da quando erano bambine. Le corse incontro, abbracciandola e facendola cadere sul prato, le due continuavano a ridere e a stringersi, Liza alzò lo sguardo e intravide la figura di David che le osservava divertito ed accanto a lui un altro uomo, egli indossava una giacca bianca. Le due sorelle si rialzarono dal prato e continuarono ad abbracciarsi sorridendo, mentre il resto della famiglia le raggiungeva.

- David, aiuta Liza a portare i bagagli dentro casa.- chiese gentilmente Mary al marito.

David si avvicinò ad Elizabeth, abbracciandola e sollevandola da terra. Era un bell'uomo, sulla trentina, aveva gli occhi chiari ed i capelli castani tendenti al rosso, era socievole e schietto, per questo aveva conquistato la simpatia di Elizabeth. Le prese una valigia, insieme si diressero all'entrata chiacchierando, mentre Elizabeth non fece più caso al ragazzo che attendeva il loro arrivo sulla soglia di casa. Prima ancora che potesse giungere al portone, l'uomo già si era ritirato all'interno dell'abitazione ed Elizabeth e la famiglia posarono i bagagli, accomodandosi ognuno nella propria stanza e scendendo immediatamente in attesa del pranzo. Elizabeth fu la prima ad entrare in cucina, per poi fare due passi nella sala da pranzo, piroettando su se stessa, in quel momento la stanza pareva esser vuota e le sembrò opportuno compiere tale gesto.

- Siete un'abile danzatrice.- Le disse con tono freddo una voce alle sue spalle.

Elizabeth non si voltò immediatamente, ma quando lo fece vide di fronte a sé un giovane, avrà avuto circa vent'anni, aveva i capelli biondi e due occhi azzurri come il cielo diurno incontravano i suoi, cielo notturno, in attesa di una risposta. Indossava una giacca bianca, ed alcune medaglie si posavano sul petto, un ufficiale. E fu lì che lo riconobbe, quell'essere spregevole che per poco non l'aveva uccisa, durante il viaggio in carrozza. "Come poteva Mary frequentare un tale individuo?"

- Di certo, voi non siete un abile fantino.- Rispose Elizabeth indietreggiando di qualche passo e lanciandogli un'occhiata sprezzante. 

Inizialmente l'uomo sembrò non capire, ma poco dopo si accese nei suoi occhi azzurri una scintilla, che fece intendere ad Elizabeth che aveva ricordato il suo gesto da villano.

- Siete voi, dunque, l'incosciente che aveva sporto l'intero busto da una carrozza in corsa?- Le disse lui di rimando. "Che arrogante!"

Elizabeth avrebbe tanto voluto rispondere a tale provocazione, quando David li raggiunse nella sala da pranzo.

- Mia cara Liza, vedo che avete già avuto l'onore di conoscere mio cugino, Adam Evans.

Il ragazzo dai capelli biondi si avvicinò ad Elizabeth, prendendole la mano destra e portandola delicatamente verso le sue labbra, la ragazza fu inebriata dal suo odore, sapeva di gelsomini, Liza amava quell'odore. Le morbide labbra si posarono sulla mano di lei, che avvertì un brivido attraversarle la schiena, come poteva un uomo tanto arrogante suscitare in lei tale interesse? Adam alzò lo sguardo verso Elizabeth, puntando i suoi occhi sul suo viso, divenuto rosso per l'imbarazzo.

- Incantato.- Si limitò a dirle lui.

Elizabeth accennò un lieve inchino, mantenendo gli occhi scuri puntati su di lui, in segno di sfida. David le cinse le spalle con il braccio destro e disse fiero al cugino.

- Lei è Liza, ha diciott'anni, ne dimostra appena quindici?

Elizabeth rimase seria, mentre l'ufficiale avanzò sorridendole.

- Suppongo Liza, sia l'abbreviazione di Elizabeth, lo preferisco per intero - disse per poi aggiungere con tono suadente - Ritengo non andiate fiera del fatto che sembriate più giovane. Fidatevi di me, è la cosa che più mi affascina in una donna.

Questa ultima affermazione lasciò Elizabeth senza fiato, che immediatamente gli diede le spalle, uscendo dalla sala. Anne la vide e le chiese il motivo di tanto turbamento. Liza non rispose, mentre la sorella entrava civettando nella sala da pranzo e per poco non svenne alla vista di un ufficiale. Un ufficiale molto affascinante. Liza sporgeva solo metà del volto paonazzo, da dietro l'arcata che la divideva dal resto della famiglia, mentre osservava Anne rivolgere ad Adam un inchino talmente esagerato, da farle quasi toccare il pavimento col naso. Il ragazzo rispose col solito baciamano.

- Lei è la più bella delle sorelle di Mary, non la trovi incantevole?- Gli disse David, dandogli una pacca sulla spalla sinistra.

L'ufficiale non si mosse, accennò un lieve sorriso e rivolgendole un elegante inchino le baciò per una seconda volta la mano. Ad Elizabeth parve stesse guardando nella sua direzione, stesse osservando il suo viso, messo per metà in ombra dall'arcata dietro la quale si era rifugiata dal suo stesso imbarazzo. Così quando i loro sguardi per una seconda volta si incontrarono Adam Evans disse, quasi sussurrò, una parola dando una risposta al cugino, che risuonò nella testa di Elizabeth per tutta la giornata.

- Incantevole.



Dalla scrittrice ai lettori: 
Cari lettori, ecco il secondo capitolo! Adam non è forse un po' troppo arrogante per i gusti di Elizabeth? 
Recensite in molti, grazie di tutto! 
Baci, Felem ♥

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Capitolo 3
*** Catherine ***


Image and video hosting by TinyPic                                                                Capitolo III "Catherine"


Si trovavano nel vasto giardino sul retro della villa a sorseggiare del tè. Elizabeth osservava la sorella civettare con l'ufficiale che le insegnava a tirare con l'arco, era veramente abile. Adam si tolse la giacca rimanendo con gli eleganti calzoni ed una camicia, simile a quella di Jonathan, anch'essa bianca. Robert e la zia Margaret si erano recati nei boschi lì vicino assieme al signor Lodge, per poter cacciare, come promesso.

- Oh Liza, è uno sport meraviglioso! Provaci.- Le urlò, senza un accenno di grazia, la sorella Anne, mentre Adam la guardava con aria di sufficienza in attesa di una risposta.

- Non vorrei disturbare ulteriormente il signor Evans, lo vedo già impegnato ad insegnarti a maneggiare un arco e delle frecce, reputo che per oggi ne abbia abbastanza.- Rispose Elizabeth, rivolgendo uno sguardo supplichevole a Mary che immediatamente la raggiunse con in mano una tazza di tè.

- Come vuoi, antipatica.- Le disse ridacchiando Anne, sbattendo le ciglia di fronte alla figura dell'ufficiale.

Togliendo le antipatie che Elizabeth aveva nei confronti di Adam, reputava che i due fossero proprio una bella coppia. Nonostante la ragazza volesse un bene dell'anima alla sorella minore, sapeva perfettamente che quest'ultima era dotata di scarsa intelligenza e che si sarebbe accontentata di un uomo affascinante, ma completamente privo di buone maniere. Mary si sedette accanto ad Elizabeth porgendole il tè caldo e posando la chioma bionda sulla sua spalla nuda.

- Non hai molta simpatia per Adam, o mi sbaglio?

- Non ti sbagli affatto, abbiamo avuto un precedente episodio che mi ha dimostrato quanto villano possa essere.

- Oh, Liza. Smettila di essere così orgogliosa, ma ti capisco: Adam alle volte sa essere davvero testardo, come te del resto, ma fidati se ti dico che è un gentiluomo.

Elizabeth sorrise alla sorella, pensando che, nonostante il matrimonio, l'ingenuità di Mary fosse rimasta tale. Le diede un bacio sulla guancia quando improvvisamente, fece irruzione nel giardino David, accompagnato da una ragazza. La fanciulla aveva capelli rossi, che le ricadevano in morbidi boccoli lungo la schiena, occhi azzurri, di un azzurro che solo una volta aveva visto, non molto tempo prima. La pelle era chiara, quasi di più di quella di Elizabeth che la osservava meravigliata ed incuriosita. Il primo a rompere il silenzio glaciale che si era creato tra gli ospiti fu Adam, che andò incontro alla giovane, accarezzandole il viso. Liza abbassò lo sguardo.
"Gentiluomo? Come un uomo che passa così facilmente da una fanciulla all'altra può esser definito gentile?"

- Sorella cara.- Si limitò a dire l'ufficiale alla meravigliosa ragazza dai capelli rossi.

Elizabeth si sentì immediatamente in colpa per aver pensato male del giovane, nonostante il ragazzo fosse davvero un presuntuoso, così si volto nella stessa direzione dove tutti gli ospiti guardavano. David presentò la ragazza.

- Gentili ospiti, vi presento mia cugina: la signorina Catherine Evans.

La giovane indossava un abito bianco che risaltava ancora di più i suoi occhi ghiacciati, ma la rendeva smunta e ancor più pallida di quello che già fosse. Catherine fu immediatamente riempita di attenzioni, sia da parte dei parenti che dall'intera famiglia di Liza, che pensò la ragazza fosse fisicamente molto fragile. Si riparava dal sole con un ombrellino, nonostante di sole in quell'ora della giornata non ce ne fosse molto e continuava a tossire, delle volte rumorosamente. Mary si alzava in continuazione dalla propria postazione, per chiedere alla cugina del marito se si sentisse o meno a proprio agio. "Che donna premurosa."

- Desiderate un po' di tè?

Elizabeth rivolse lo sguardo verso la sorella Anne e la trovò da sola di fronte al bersaglio, mentre cercava di sferrare un tiro decente. Liza non si voltò, sapeva benissimo chi avesse dietro.

- No, grazie. Ho già favorito.

- Cosa state leggendo?- Domandò Adam, sfiorando con le lunghe dita le pagine del libro che Elizabeth teneva tra le mani, che adesso tremavano.

- Una raccolta di poesie. Gradite la poesia?- Ribattè Elizabeth, porgendogli un'ulteriore domanda.

- Non in particolar modo, preferisco dilettarmi con dei romanzi d'avventura, li trovo più...interessanti.

- Fate bene, vostra sorella è incantevole.- Rispose Liza in assenza di argomenti.

- Ne sono a conoscenza, è una caratteristica della mia famiglia.

Elizabeth, chiuse di scatto il libro, ancor prima che l'ufficiale potesse togliere da esso le sue dita. Lo guardò girandosi d'improvviso ed incontrando i suoi occhi, lo rimproverò con aria beffarda.

- La modestia, non è la migliore delle vostre virtù, suppongo.

- Mi definirei, "realistico".- Disse lui continuando a fissare gli occhi scuri di lei.

- Cosa vi fa pensare di essere così affascinante?- Rispose Elizabeth, fingendosi totalmente disinteressata.

Adam avvicinò la bocca al suo orecchio destro, facendo rabbrividire Elizabeth, che non ebbe nè la forza, nè il tempo di ritirarsi.

- Elizabeth, prima vi tremavano le mani.

- Non ho mai conosciuto uomo più presuntuoso ed arrogante di voi.- Ringhiò Elizabeth, rivolgendo il suo sguardo sulle proprie mani.

- Ed io donna più schietta di voi - disse lui posando la mano destra su quelle di Liza, che ora tremava davvero.

- Siete un uomo pericoloso.

- Siete una donna incosciente.

I due si ritrovarono l'uno a pochi centimetri dall'altra, Elizabeth lo guardava spaesata mentre Adam accennò un sorriso malizioso. Fu quel semplice inarcamento degli angoli della bocca che convinse Elizabeth a ritrarsi, notando che tutti i presenti li stavano fissando. L'ufficiale si alzò d'improvviso, rendendosi anch'esso conto della situazione, si sistemò la camicia, senza nemmeno guardare Elizabeth, tornando così da Anne, che strepitava per vedere nuovamente il volto di Adam Evans. Elizabeth riprese la lettura, notando Jonathan conversare con la cugina di David. Catherine rideva, mentre lui le offriva un altro po' di tè e le dedicava mille attenzioni. Elizabeth si perse nei propri pensieri alzandosi e dirigendosi verso l'entrata dell'abitazione, dove si scontrò con il piccolo Robert, di ritorno dalla caccia, aveva l'aria soddisfatta mentre la raggiungeva con due conigli in mano. Elizabeth indietreggiò alla vista delle povere bestie penzolare dalle esili mani del fratello di soli sette anni e si voltò, senza fare troppe storie, entrando di corsa nell'abitazione. Più disgustata che mai entrò in camera, per potersi fare un bagno caldo. Abbandonò gli indumenti a terra mentre lei nuda si dirigeva nel bagno, là dove l'attendeva una vasca colma di acqua bollente. Si immerse totalmente nella vasca, chiudendo gli occhi ed abbandonandosi ai propri pensieri. Arrivò la sera ed Elizabeth preferì saltare la cena, si chiuse in camera sua e non ne uscì. Si era accomodata sotto le coperte, nel letto matrimoniale e niente e nessuno l'avrebbe convinta ad uscirne. Nessuno tranne Mary.

- Tesoro, oggi ho visto come vi guardavate.

- Come ci guardavamo?- Chiese Elizabeth alla sorella che si era infilata nel letto con lei.

- Vi guardavate come due estranei che desiderano ardentemente conoscersi.

- O come due estranei che si detestano- rispose Liza, per poi cambiare argomento - Com'è la vita da sposati, Mary?

- Magnifica, mi mancate un mondo.

- Anche tu ci manchi, parlami della prima notte di nozze.- Osò chiedere Elizabeth alla sorella, pudica come nessun'altro nella famiglia.

- Elizabeth Lodge! Sai che queste non sono cose delle quali due sorelle dovrebbero discutere.- La ammonì Mary.

- Mary, sei anche la mia migliore amica. Dimmi, allora, cosa hai provato?- Insistè Liza.

- Inizialmente un po' di dolore, poi è stato gradevole. Lo amo.- Disse imbarazzata.

- Credi sia opportuno fare l'amore prima del matrimonio?

- Assolutamente no!- Quasi urlò Mary

- Perchè un uomo ed una donna non posso unirsi fisicamente finchè ad unirli non è la carta?

- Volere divino, mia cara Liza, volere divino.

Detto questo baciò la sorella sulla fronte ed uscì dalla stanza, necessitava di riposo, il giorno dopo si sarebbe tenuto il ballo del quale si era tanto parlato.




Dalla scrittrice ai lettori:
Cari lettori, i battibecchi tra i due sono sempre più frequenti. Mi pare ben chiaro che Adam ed Elizabeth non si sopportino molto, poveri ragazzi. 
Recensite in molti! 
Baci, Felem ♥

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Capitolo 4
*** Il ballo ***


Image and video hosting by TinyPic                                                            Capitolo IV "Il ballo" 


- Liza, svegliati!- Le aveva urlato una voce a lei famigliare.

Elizabeth non aveva nemmeno fatto in tempo a realizzare di chi fosse la voce, che subito era stata colpita da una cuscinata. Non c'era dubbio: Anne.

- Cosa succede?- Biascicò Liza alla sorella minore.

- Cosa succede? Oh, Liza, mia cara. Il ballo!

Anne, tirava forte la sorella assonnata per le maniche della camicia da notte, spingendola insistentemente nel bagno, pretendendo che Elizabeth si lavasse nel giro di trenta secondi.
Una volta che Elizabeth fu sola nel bagno poté lavarsi con calma. Ne uscì scocciata, odiava le feste, tanto meno i balli.

- Non sei emozionata?- Anne continuava a scuotere prepotentemente la sorella.

- Un mondo!- Rispose Elizabeth. Mentiva

Finalmente Anne si poté ritenere soddisfatta, così uscì saltellando dalla camera di Elizabeth, che si buttò sul letto. Sentiva le morbide a candide lenzuola sotto di lei, mentre ci si attorcigliava dentro, come una crisalide all'interno del suo bozzolo, chissà che anche lei non sarebbe divenuta una farfalla. Passava le mani affusolate lungo le pieghe del materasso, guardando il soffitto alto e sospirando, come chi ha passato una notte in bianco. Rimanendo in quello stato vegetativo, si sfilò lentamente la camicia da notte bianca, facendola scivolare sul pavimento freddo, così si alzò. Il corpo nudo, avvolto unicamente dal lenzuolo, che ne risaltava le morbide forme. Vi chiederete il "perchè" del suo gesto. Ebbene gli occhi attenti di Elizabeth avevano intravisto un'ombra sostare fuori dalla porta della sua camera e, poco dopo che Anne se ne fu andata, un bigliettino era scivolato sotto la porta.

                         

                                                              "Recati in camera mia, non indossare nulla, ho una sorpresa per te."

                                                                                                                        Mary




Elizabeth aprì delicatamente la porta della sua camera, inoltrandosi per i corridoi bui dell'abitazione. Anne si era recata in giardino e la casa doveva essere interamente a disposizione di Liza e Mary, almeno così credeva. Il lenzuolo bianco le ricadeva lungo i fianchi, lasciando scoperta la schiena bianca di lei, che camminava a piedi nudi sul pavimento di marmo. Avvertì una presenza alle sue spalle e si irrigidì, posando interamente la pianta del piede sulle lastre gelide. Un brivido le percorse la schiena ed il sussulto che ebbe quando si voltò, non fece altro che enfatizzare l'agitazione e la rabbia che la persona dietro di lei, le procurava. Strizzò gli occhi cercando di capire nel buio, chi avesse davanti. Un profumo le accarezzò il viso, penetrandole prepotentemente nelle narici, l'uomo di fronte a lei accese una candela, illuminando gli occhi azzurri, in contrasto col fuoco del cerino.

- Non credevo foste solita aggirarvi per i corridoi dell'abitazione di vostra sorella...- sussurrò Adam per poi avvicinarsi lentamente alla guancia di lei e sospirarle nell'orecchio - peraltro nuda.

Elizabeth, fu trapassata da parte a parte da una scossa, che la stordì temporaneamente. Rimase in silenzio, contemplando i lineamenti marcati del giovane, la luce della candela, interposta fra i loro visi, illuminava parzialmente il volto di lui. Un filo di luce seguiva le linea del suo naso ed i boccoli dorati incorniciavano il viso mascolino, che ora aveva assunto un'espressione maliziosa. I suoi occhi scrutavano divertiti l'esile corpo di Elizabeth, che era persa nei suoi occhi.

- Credevo non vi fosse alcuno dentro casa, oltre me e Mary.

l'ufficiale posò il piattino di bronzo con sopra la candela su un mobile lì vicino, così da poter avere la mani libere, prese una ciocca di capelli di Elizabeth, portandogliela dietro l'orecchio.

- Allora vi lascio sole.

Elizabeth annuì esasperata, tenendo le mani serrate in una morsa sul petto. Fece per girarsi, quando l'ufficiale la afferrò per un braccio, portandola a pochi centimetri dal suo volto, arrivando a sfiorare le sue labbra contro il naso di Liza.

- Ditemi che ci sarete stasera.- Le soffiò lui, allentando la presa sul braccio.

- Non amo particolarmente i balli.- Rispose Elizabeth, continuando a fissarlo negli occhi.

- Io non ne trarrò alcun vantaggio, fatelo per vostra sorella.

Avvicinò il torace muscoloso, contro il petto di Elizabeth, che si abbassava ed alzava freneticamente. Fu quel contatto a riportare Liza con i piedi per terra.

- Per Mary.- Quasi urlò in tono sprezzante.

La ragazza se ne andò, entrando in camera della sorella. Si ritrovò di fronte ad un morbido letto matrimoniale, sopra al quale si accasciò, per poi sussultare alla vista improvvisa di Mary.
 
- Liza, sei completamente rossa. Qualcosa non va? Vedo che hai letto il mio biglietto.- Disse Mary, osservando attentamente la sorella minore.

La fece accomodare sul letto matrimoniale, dirigendosi verso l'armadio di quercia che fronteggiava la delicata figura di Elizabeth, che si era adagiata sul morbido materasso. Mary rovistò impaziente dentro l'armadio, tirando fuori da esso, calze, bustini, gonne, biancheria, pizzi, copri spalle, scarpe, accessori etc. etc. Dopo circa quindici minuti disse ad Elizabeth di chiudere gli occhi.

- Ora puoi aprirli.

Ed Elizabeth obbedì, senza esitare, davanti a sè vedeva Mary, col volto paonazzo e tra le braccia della sorella un meraviglioso vestito da sera. Elizabeth non era mai stata tanto affascinata da un capo d'abbigliamento come quel giorno, un delicato vestito color crema che esprimeva insieme eleganza, semplicità e buon gusto. Aveva un'ampia scollatura, non troppo eccessiva, le maniche a palloncino decorate da alcuni nastri avorio, aveva un odore mai sentito prima. O almeno, le uniche volte in cui era stata in grado di riconoscerlo erano state a casa di Margaret, in uno dei suoi dolci: vaniglia.

- Mary, è meraviglioso.- Disse Elizabeth, accarezzando il morbido tessuto ed abbracciando la sorella.

Quell'abito le piaceva davvero, se lo infilò giusto per provarlo, e si piacque quando vide la propria immagine riflessa nello specchio.


                                                                                         
                                                                                                        **********



Centinaia di invitati si divertivano nella sala da ballo. Fanciulle con vestiti colorati e con il volto incipriato conversavano tra di loro, madri di famiglia erano intente ad indovinare le future coppie e ad organizzare possibili matrimoni. I padri di famiglia erano seduti su delle sedie di velluto, mentre fumavano, chi sigari pregiati, chi pipe di legno ed avorio. Fu lì che Elizabeth  vide il padre conversare con David, che invece di chiacchierare con gli altri ragazzi, discuteva animatamente col signor Lodge. Elizabeth aveva i capelli tirati su in un'acconciatura dettagliatissima ed ornata da perline color crema, come il vestito che indossava. Sembrava una bambola di porcellana, la pelle diafana e le guance leggermente rosse la rendevano delicata ed infantile, il tutto entrava in contrasto col meraviglioso vestito che la faceva sembrare attraente ed affascinante. Scese lentamente le scale, dal piano superiore, uno strascico di stoffa rossa percorreva i gradini e, mentre lei scendeva attenta questi ultimi cercando di non inciampare, si accorse che l' intera sala la stava fissando. Immediatamente si sentì a disagio, non amava i balli.

- Liza, cara!- Quella voce angelica la salvò dagli sguardi indiscreti che la torturarono per tutta la serata.

- Mary, sei bellissima.

- Vieni con me, tra un poco inizieranno le danze. So che non ami ballare, ma ci sono molti ragazzi avvenenti e potresti pur concedere un ballo a qualcuno di loro, non credi?

- Ci proverò.- Rispose Elizabeth abbozzando un sorriso.

In fondo alla sala da ballo c'era un'orchestra ed un giovane intonò una melodia malinconica con il violino. Poco dopo la danza lenta che era iniziata si trasformò in un valzer frenetico pieno di cavalieri sudati, impegnati a far piroettare le proprie dame, e fanciulle esauste e con dei grandi giramenti di testa.
Elizabeth osservava il tutto divertita, passeggiando per la sala come se nulla fosse: non amava danzare, ma gradiva la buona musica. Intravedeva in lontananza Jonathan e Catherine danzare molto lentamente, la ragazza doveva essere estremamente magra, perchè i due volteggiavano con estrema facilità. D'un tratto la coppia cessò di ballare e Catherine sussurrò qualcosa all'orecchio di Jon, che prendendola per mano, la condusse fuori dall'abitazione. "Jon, sempre il solito!"   
Robert infastidiva le signorine presenti nella sala, che chiacchieravano tra di loro. Qualcuna, esasperata dall'insistenza del piccolo, accettava di ballare, qualche altra se ne andava sdegnata e Robert si limitava a fare spallucce. Elizabeth, vedendolo, scoppiò in una risata, che parve insonora alle sue orecchie, poichè sovrastata dal valzer.

- Cosa ci trovate di tanto divertente?- Ancora lui! - Mi recherò al più presto a consolare quelle povere dame.- Disse una voce maschile alle sue spalle, con una tale sensualità da sembrare irreale.

- Allora, andate.- Rispose Elizabeth, appoggiandosi alla parete, seguendo i movimenti dell'ufficiale, che era di fianco a lei.

- Siete per caso infastidita?- Disse lui, sperando che la risposta di Elizabeth fosse positiva.

- Per nulla. Anzi, vi supplico, danzate con quelle povere fanciulle - Disse Liza, prendendo il coltello dalla parte del manico - Siete così cieco da non vedere che smaniano in attesa di danzare con voi?

Adam si sistemò la giacca, guardando torvo le fanciulle che lo fissavano desiderose che lui concedesse loro un ballo. Si avvicinò lentamente ad Elizabeth, non sembrava molto lucido in quel preciso istante.

- Non ballerei con voi per nessuna ragione al mondo, siete così...inesperta.- Questo le disse, accarezzandole il viso con le lunghe dita e facendola arrossire per l'irritazione. O qualcos'altro.

Elizabeth pensò immediatamente che un giovane come lui, doveva aver avuto molte esperienze alle spalle e capì che quella affermazione non si riferiva solo al piano della danza. Lo afferrò per una manica, portandolo a pochi centimetri dal suo mento, non sapeva nemmeno lei il motivo di questa sua reazione.

- Io, inesperta?- Lo sorprese lei - ma tornando a parlare della danza: andate pure, preferirei morire piuttosto che danzare con un villano come voi.

- Se proprio volete che io me ne vada, allora lasciatemi.- Rispose lui, divertito.

Elizabeth mollò immediatamente la presa, andandosene indignata. Si nascose dietro ad una colonna, ansimando, era riuscita a tenere a freno le proprie emozioni. Le emozioni che quel tocco, quella voce, quell'odore suscitavano in lei. Sporgendo il viso ben curato da dietro la colonna, intravide l'ufficiale porgere un inchino ad Anne, baciandole la mano. I due si lanciarono piroettando in mezzo alla pista, danzando freneticamente, lei era rapita dai suoi occhi e dal suo petto muscoloso, che Adam teneva a dovuta distanza dalla giovane. Gli occhi dell'ufficiale perlustravano la stanza, alla disperata ricerca di qualcosa, poi improvvisamente si fermarono su di lei, guardandola con superiorità.

"Inesperta"

Elizabeth avanzò tra la folla, alla ricerca di un cavaliere, il tutto mantenendo gli occhi puntati sulla coppia intenta a danzare in mezzo alla sala. Si avvicinò a Mary, che ballava col marito, ridendo come una bambina. Le sorrise ed accelerò il passo, dirigendosi verso l'uscita, quando una mano le si posò sulla spalla e voltandosi vide un ragazzo moro con gli occhi verdi, offrirle un ballo. In altre occasioni avrebbe rifiutato, ma le circostanze glielo impedivano.

- Come vi chiamate?- Chiese il giovane con gentilezza.

- Liza, il vostro di nome?

- Matthew, sono felice abbiate accettato di danzare con me. E' tutta la sera che vi osservo.- Quest'ultima frase fece arrossire Elizabeth, che si trascinò assieme al giovane in mezzo alla sala, vicino Anne ed Adam.

Matthew si teneva a dovuta distanza, cingendo la vita di Elizabeth col braccio destro, mentre quello della ragazza era posato sulla spalla di lui. Spesso le due coppie di ragazzi si incontrarono, insieme agli sguardi dell'ufficiale e di Liza. I due non si perdevano mai di vista, avidi l'uno del corpo dell'altra. Ci fu il così detto "cambio della dama" ed i cavalieri si dovettero scambiare la dama con la coppia affianco. Elizabeth chiuse un secondo gli occhi facendosi trasportare dalla scia del momento, per poi riaprirli ed essere fulminata dalle iridi azzurre che la osservavano, fameliche. Adam non rispettò la distanza tra i corpi dei danzatori che le buone maniere imponevano, le cinse i fianchi portandoli contro i suoi ed accostando il suo naso a quello di Elizabeth. La ragazza ritrasse il volto da quello dell'ufficiale.

- Alla fine avete ceduto.

- Avrei continuato volentieri a danzare tutta la serata con Matthew - Adam la guardò perplesso, divenne leggermente rosso in volto - Il ragazzo con il quale ballavo prima.

- Perchè non lo avete fatto?

- Il "cambio della dama", signor Evans, voi siete così "esperto", dovreste conoscerlo alla perfezione.

La musica si fermò all'improvviso, facendo intendere ai due di doversi finalmente staccare l'uno dall'altra. Elizabeth accennò un lieve inchino, per poi passarsi una mano sulla spalla, con un gesto sprezzante, come a ripulirsi del tocco dell'ufficiale. Adam la guardò indispettito e riprese a danzare con altre mille dame, fino allo sfinimento, continuando ogni singola volta, a guardare Elizabeth in volto. Liza dopo quel ballo, decise che ne aveva abbastanza e sistemandosi il vestito posò il busto contro un'arcata lì vicina.
Sopra di lei v'era una sorta di balconcino, dal quale poteva vedere dei giovani uomini in divisa conversare tra di loro delle conquiste fatte durante la festa. Uno in particolare spiccava tra essi, lo stesso ragazzo biondo, con il quale per qualche secondo aveva danzato, la osservava da sopra. Come fosse stato un dio, pronto a giudicarla. Sorrideva agli amici, sfoggiando i denti bianchi, perfetti e a tratti la guardava, a volte con sguardo dolce, alle volte con una rabbia suscitata in lui dalle precedenti discussioni.
Elizabeth era intenta a guardare la sua figura quando qualcosa le cadde a terra, si chinò per raccoglierlo e quando rialzò il capo, il giovane non era più sopra la sua testa.

Forse se l'era solo immaginato.

Un inebriante profumo la colpì nuovamente alle spalle, il profumo di gelsomini si mischiò al suo, di vaniglia. Elizabeth continuò a mantenere la sua posizione, senza mai voltarsi. Delle mani a lei sconosciute le percorsero la schiena, eppure quel tocco le era così famigliare. Delle labbra inumidite dalla saliva si posarono vicino al suo collo sussurrandole qualcosa. Sul marmo dell'arcata sulla quale era poggiata vide riflesse quelle infinite iridi blu, rivolse un' ultima volta uno sguardo attento al balcone, lui non c'era.

Un dio sceso dall'Olimpo.

- Vi prego, Elizabeth, danzate con me. 




Dalla scrittrice ai lettori: 
Cari lettori, spero vi sia piaciuto questo capitolo emozionante! la storia deve ancora prendere forma e mi auguro avrete pazienza. 
Recensite in molti, nessun commento è stupido. 
Baci, Felem ♥

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Capitolo 5
*** Danzate con me ***


Image and video hosting by TinyPic                                                               Capitolo V "Danzate con me"


- Vi prego, Elizabeth, danzate con me.- Disse Adam posandole la mano calda sulla spalla nuda.

Elizabeth perse un battito e smise di respirare per qualche secondo, in quell'istante le pareva di non udire più alcuna musica. Con le mani fredde ed affusolate percorse le proprie clavicole, scorrendo lungo i lacci color avorio che contornavano la scollatura dell'abito, fino a toccare la punta dell'indice dell'ufficiale. Accarezzò quelle mani, così forti, appartenenti ad un uomo così rude. L'ufficiale continuava a tenere la mano sinistra posata proprio lì, nell'incavo tra il collo e le spalle ed Elizabeth percorse lentamente, in un tragitto arduo e straziante, le dita di lui, fino ad intrecciare le dita della mano destra con quelle dell'ufficiale. Così si voltò istintivamente, tenendo la mano incrociata con quella di lui, che la guardava con le pupille dilatate, come un drogato che ha appena ricevuto la sua dose.

- Sapete che non amo danzare.- Gli soffiò Elizabeth a pochi centimetri dalle sue labbra carnose, voleva acquisire una sicurezza che le mancava.

Adam la fece appoggiare contro l'arcata, mantenendo le loro mani intrecciate in una morsa, che faceva pulsare sempre più forte il sangue di entrambi. Si portò l'intreccio di dita vicino al mento, sfiorando le nocche di Liza con le morbide labbra.

- Concedetemi un ballo, vi prometto che non vi importunerò più, a meno che non siate voi a desiderarlo.

- Vi reputo un essere talmente spregevole, che farei di tutto pur di non sentir più parlare di voi.- Disse Elizabeth, tremando come una foglia.

L'ufficiale, si spinse contro di lei, con dei movimenti capaci che la fecero rabbrividire mentre il suo profumo, si insinuava prepotentemente nel naso di Liza.

- Allora, danziamo.- Non vi fu alcun tono interrogativo in quell'affermazione, era un ordine. Elizabeth era una ragazza diligente, non avrebbe mai osato disobbedirgli.

Cingendole i fianchi con la mano libera dalla presa di Elizabeth, l'ufficiale portò la ragazza nel bel mezzo della sala. Non ci fu imbarazzo, nè insicurezza nei loro movimenti, solo una coordinazione, che stupì entrambi. Elizabeth lo detestava, ora lo sapeva. Eppure non aveva mai desiderato ballare con un uomo prima d'ora, voleva danzare con lui per tutta la sera. Adam la stringeva sempre più forte, adesso risalendole con entrambe le mani lungo la schiena, Elizabeth teneva le sue sulle spalle di lui, respingendo pudicamente il tocco dell'ufficiale. 


Concedetemi un ballo, vi prometto che non vi importunerò più, a meno che non siate voi a desiderarlo

Ancora risuonavano quelle parole nella testa di Liza. Stava concedendo un ballo ad un uomo dannatamente arrogante, impudico e rude; dopodiché sperava non l'avrebbe più tormentata con il suo odore, la sua voce, le sue provocazioni, semplicemente non l'avrebbe più attratta in quel modo. L'ultimo punto della frase, lasciava Elizabeth perplessa.

A meno che non siate voi a desiderarlo; a meno che non fosse stata lei a desiderarlo.

In fondo, era solo un ballo, nulla di più. Elizabeth si abbandonò ai piaceri che quel tocco le provocava e, in una mossa sfacciata, strinse le spalle dell'ufficiale, facendo aderire ulteriormente il suo petto contro quello di lui.

La danza frenetica continuava.

- Dite qualcosa.- Le disse Adam, facendola volteggiare su se stessa e portandosela davanti, facendo aderire la schiena di lei, contro il suo petto.

- Preferirei non parlare.- Rispose Elizabeth infastidita.

- Non siate sciocca.

L'ufficiale le teneva entrambe le mani sui fianchi, delicatamente risalì con destra lungo il ventre di Elizabeth, fino a giungere al petto, dove si soffermò. Infine le sfiorò il mento, portandole due dita al di sotto di esso e voltandole il capo nella sua direzione. Voleva una risposta.

- Non lo sono mai stata- eppure stava danzando con lui, eppure fremeva quando le sue mani le sfioravano il collo - incosciente non è sinonimo di sciocca.

Adam, con uno scatto rapido, che non diede il tempo ad Elizabeth di respirare, riportò la ragazza nella posizione originale, accorciando ulteriormente le distanze.

- Nel vostro caso, i due aggettivi sono sinonimi, siete una bambina.- Le rispose lui, beffardo, colpendo Elizabeth là dove era più vulnerabile.

Non era una bambina, era una donna;

Inesperta.

Liza, si strinse ulteriormente al busto dell'ufficiale, sfiorando le labbra di quest'ultimo.

- Non sono io la bambina.

- Dimostratemelo.

Elizabeth si staccò immediatamente da Adam, riprendendo a danzare, rispettando le dovute distanze. I due si guardavano, con aria di sfida. L'ufficiale tremava, come trattenuto, strepitava in attesa di qualcosa. Fissava morbosamente l'orchestra, per poi posare nuovamente il suo sguardo su Elizabeth. La voleva, prima che le danze fossero terminate.

Liza si accorse di tale desiderio e decise di accontentarlo, sfiorandogli la barba rasata con le dita affusolate e percorrendogli la mascella con movimenti delicati, sentiva un senso di onnipotenza pervaderla e, spinta da tale sensazione si avvicinò al viso di Adam.

- Siete voi il bambino, non riuscite a stare pochi secondi in assenza di una donna che vi curi.- Soffiò.

Continuarono a danzare, continuando a guardarsi, senza dire nulla. Sembrava una battaglia, ciascuno dei due cercava di dimostrare all'altro chi fosse il più forte. Elizabeth stava vincendo.

Aveva vinto.

Lei lo costringeva ad attendere impaziente la sua prossima mossa, mentre le mani di lui, le stringevano i polsi ed a tratti i fianchi, implorandole di avvicinarsi.

Aveva vinto.

Se ne accorse, Elizabeth, e glielo fece notare. L'ufficiale, cogliendola di sorpresa, le strinse la carne dei fianchi, infrangendo qualsiasi regola. La sollevò in aria, con le braccia forti, mentre Liza non opponeva resistenza e lentamente la riportò verso il basso.

Elizabeth avvertiva il naso dell'ufficiale correrle delicatamente lungo il corsetto, mentre ancora i suoi piedi non toccavano terra, discendeva dal paradiso.
Avvertì le labbra di Adam che le carezzavano il collo e Liza con le punte delle scarpe, sentiva la presenza del pavimento sotto di lei.
Infine quelle labbra e la punta del naso affilato le percorsero il mento, risalendo lungo le labbra ed il naso di lei, prima che Elizabeth potesse nuovamente tornare con i piedi per terra. In tutti i sensi.

Aveva perso.

Entrambi si guardarono, ansimando. La sala pareva esser vuota e poco a poco, la musica venne sostituita da un brusio di sotto fondo. Elizabeth ruotò lentamente il volto, rendendosi conto che la sala si era fermata: i danzatori, l'orchestra, Mary, Anne, David. Tutti li fissavano, sguardi indiscreti scrutavano lei e dame insaziabili smaniavano lui. Liza si staccò immediatamente da quel corpo, divenuto bollente e se ne andò, con gli occhi lucidi, dalla sala, uscendo in giardino.

Aveva perso.

Corse per un po' attraverso il labirinto di aiuole e statue presenti nel giardino della villa, alla ricerca di un po' di tranquillità. Quando la trovò, si lasciò cadere sul manto erboso, levandosi le scarpe e slacciandosi il corsetto, facendolo cadere a terra. Si trascinò vicino ad un salice, poggiando la schiena lungo il tronco e riposando le gambe doloranti. I lunghi rami dell'albero la racchiudevano, proteggendola dagli sguardi indiscreti. Infilò le lunghe dita tra i propri capelli, districando la complessa acconciatura, rimanendo così con i capelli sciolti. I raggi lunari le illuminavano il viso stanco, risaltando la pelle diafana, accaldata per il ballo. E non solo.
Chiuse gli occhi portando il capo all'indietro e posandolo lungo la corteccia ruvida, qualche lacrima le scese lungo le guance, stava avendo una crisi di pianto e la cosa non le piaceva affatto. Si portò il palmo della mano sotto gli occhi, asciugandosi le lacrime, scoprendo di riuscire a sentire ancora l'odore di gelsomini sulla pelle.

"Cosa le stava succedendo? Cosa aveva risvegliato in lei un uomo tanto spregevole?"

Cercava inutilmente di smetterla, ma i singhiozzi non cessavano e la sua mente era offuscata dal pensiero incessante che gli invitati stessero pensando male di lei e della sua famiglia. Si portò le ginocchia sotto il mento, chiudendo gli occhi e rimanendo lì, protetta dai rami del salice e cullata dal silenzio della notte.

- Elizabeth, cosa state facendo?- Una voce maschile la riportò alla realtà e le fece alzare nuovamente lo sguardo.

- Voi...Matthew. Io non stavo facendo nulla.- Disse Liza, sentendosi sollevata vedendo che il ragazzo di fronte a lei non fosse Adam, ma tremendamente oppressa dal pensiero che l'ufficiale in quel momento stesse danzando, incurante di lei.

- Posso tenervi compagnia?

- Certamente.

Matthew si sedette affianco ad Elizabeth, che osservandosi meglio, si sentì terribilmente in imbarazzo, ricordandosi di non aver indosso né le scarpe, né il corsetto. I raggi della luna illuminavano il viso ovale del ragazzo, incorniciato da una folta chioma bruna che risaltava gli occhi verde bosco. Indossava una camicia tendente all'azzurro e delle bretelle mantenevano su i pantaloni di un leggero tessuto. Matthew notando l'imbarazzo di Elizabeth le sorrise.

- State benissimo, non temete - Liza arrossì - piangevate per lui?- Indicò l'entrata della villa.

- Affatto - non voleva ammetterlo - gli sguardi delle persone lì presenti mi hanno turbata.

- Capisco - rise lui, per poi sussurrarle senza alcuna punta di malizia nella sua voce - se vi può far stare meglio, una delle dame che vi osservava, non appena ve ne siete andata è inciampata. Non riusciva più a rialzarsi.

Elizabeth scoppiò in una sonora risata, rallegrandosi per esser riuscita a dimenticare la spiacevole, non del tutto, serata. Matthew era un bravo ragazzo, gradiva parlare con lui e lo stesso valeva per il giovane che l'ascoltava al chiaro di luna. Quando la serata giunse al termine i due si salutarono, ridendo come non mai.

- Avrò occasione di rivedervi?- Disse Matthew accennando un lieve inchino, senza la prepotenza con la quale Adam agiva nei suoi confronti.

Elizabeth ne fu colpita e senza esitazione annuì, vedendolo poi dileguarsi nella notte. 




Dalla scrittrice ai lettori:
Cari lettori, finalmente il quinto capitolo! Spero ne restiate soddisfatti quanto me! 
Per me è importantissimo ricevere molte recensioni, mi aiutano a capire i miei errori e se ciò che scrivo viene o no apprezzato. 
Vi ringrazio. 
Baci, Felem ♥

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Capitolo 6
*** Bambina ***


Image and video hosting by TinyPic                                                                                     Capitolo VI "Bambina"


- Elizabeth, qualcosa ti turba? E' tutta la mattinata che non fai altro che tacere.

Mary le prese le mani tra le sue, cercando di cogliere lo sguardo perso di Elizabeth, che fissava un punto nel vuoto. Adam dall'altra parte della stanza la fissava, cercando di essere il più discreto possibile, glielo aveva promesso.

"Concedetemi un ballo, vi prometto che non vi importunerò più, a meno che non siate voi a desiderarlo"

Liza si passava ossessivamente le mani sul collo, ricordando il tocco dell'ufficiale, voleva dimenticare, non accettava il fatto di rendersi così debole, così vulnerabile al cospetto di un uomo qualsiasi. Continuava a fissare il salice, presente lì in giardino. I suoi pensieri furono interrotti dall'arrivo di Catherine, accompagnata da Jonathan, sembrava allegra e meno delicata delle volte precedenti. "Possibile che Jon avesse un tale effetto su di lei?"
A seguire i due giovani, c'era un ragazzo: una folta chioma bruna circondava i lineamenti dolci e poco marcati e gli occhi verdi sorridevano alla vista di Liza.
Adam giocava con le ciocche di capelli di Anne, guardando famelico le forme di Elizabeth, che accorgendosi di ciò, non esitò un istante prima di alzarsi e dirigersi verso il ragazzo che la guardava con tanta dolcezza.

- Matthew, cosa ci fate qui? E' un piacere vedervi.

- Liza!- Le rispose lui, avvolgendole un braccio attorno alla spalla, acquisendo così una confidenza che Elizabeth gli avrebbe concesso molto avanti nel tempo.

David si alzò d'improvviso, correndo incontro al giovane e stringendogli la mano amichevolmente.

- Liza, cara, inutile presentarti Matthew, è un medico e vorremmo recarci tutti insieme in un posto che scommetto apprezzerai. Prima di fare questo - sussurrò le ultime parole ad Elizabeth, non voleva farsi sentire - dobbiamo accertarci che Catherine sia in grado di sostare a lungo sotto il sole estivo.

Elizabeth annuì, sorridendo un'ultima volta a Matthew, che sparì oltre la soglia di casa, insieme alla fragile Catherine. Liza si voltò, tornando alla sua postazione iniziale, in tempo per vedere l'ufficiale abbassare d'improvviso lo sguardo. Colse nei suoi occhi una scintilla, era rosso in volto, si tolse la giacca rimanendo con la camicia che aderiva perfettamente al suo torace, lasciando intravedere i pettorali ben marcati. Elizabeth deglutì più volte alla vista di quel corpo scultoreo, lo avrebbe definito un Michelangelo.
Si alzò d'improvviso, seguendo il tragitto della sera prima, sparendo ancora una volta nel labirinto di alberi che circondava il giardino di casa Evans.
Quando si accorse di esser uscita dalla visuale dell'intera famiglia, si sdraiò sul prato, riparandosi all'ombra di un albero. Quel luogo le donava una pace a lei sconosciuta prima di quel momento. Indossava il vestito più leggero che possedeva, che le facilitava i movimenti e l'alleviava dal caldo. Sentì un rumore, non si scompose, continuando a tenere gli occhi chiusi. Probabilmente era una lepre, nient'altro.

- Vedo che avete una certa simpatia per il dottor Brown, Matthew Brown.- "Ma quale lepre, qui si trattava di un vero e proprio cacciatore. Non solo di povere bestie!"

Elizabeth aprì di scatto gli occhi, mettendosi a sedere.

- E' un uomo gentile e premuroso, non vedo perchè non dovrebbe attirare la mia attenzione.

- Mh, per favore. Non siate ridicola, è un ragazzo qualsiasi.- Disse l'ufficiale, avvicinandosi sempre di più alla figura di Elizabeth, ben riparata dall'ombra.

- Noi due, signor Evans, avevamo un patto - disse Liza, mantenendo la calma - un ballo e non mi avreste più importunato.

- Avete ragione, ma qualcosa in me, mi impedisce di rispettare la mia promessa.

Elizabeth si alzò in piedi, avvicinandosi ad Adam, che sicuro di sé, mantenne la sua posizione.

- Quindi mi state dicendo che, oltre ad essere un uomo arrogante, siete solito venire meno ad un giuramento? Strano, la vostra divisa dovrebbe simboleggiare la fedeltà che avete nei confronti di una promessa fatta alla vostra terra. Se riuscite a mantenere quella, allora mi chiedo come mai non siate in grado di mantenere la parola data ad una povera fanciulla, vittima dei vostri soprusi.- Sbottò Elizabeth.

- Fermatevi, Elizabeth, lasciatemi spiegare. Mantengo sempre le mie promesse, ma c'era una piccola eccezione nelle parole di ieri sera, ricordate?

                                                          "...a meno che non siate voi a desiderarlo."

- Ora, ditemi, Elizabeth. Volete ch'io resti?

Adam la spinse contro il tronco dell'albero e Liza sentì il cuore batterle all'impazzata, doveva rimanere forte. L'ufficiale avvicinò il viso a quello di Elizabeth, privandola di un bacio, rimanendo a pochi millimetri dalla sua bocca. Voleva fosse lei a desiderarlo, lei a bramare le sue labbra. la ragazza ruotò il viso verso destra, in questo modo Adam le sfiorò la guancia con le labbra, respirandole sul collo. Elizabeth ritornò nella posizione originale, sfiorando la bocca di Adam, privandolo di un vero e proprio bacio, facendogli assaporare il sapore delle proprie labbra, senza concedergli il lusso di fonderle con le proprie. L'ufficiale la guardava dritta negli occhi, in attesa di un qualcosa che non avvenne, poichè Elizabeth interruppe il loro "gioco".

- Converserete con me, mantenendo le dovute distanze. Vi concederò qualche passeggiata per i boschi, potremo conversare delle volte del tempo o di letteratura, gli unici discorsi che potremo mai aprire riguardanti i rapporti fisici, saranno riguardo vostra sorella e mio fratello maggiore.

- Accetto.- Adam si staccò da lei, assumendo un'espressione differente, sedendosi contro il tronco dell'albero, Elizabeth si sedette affianco a lui.

- Ditemi, Adam, quanti anni avete?

- Venti, voi ne avete diciotto, eppure noto un'enorme differenza.

- Dunque mi considerate infantile. Cosa vi porta a pensare male di me?- Chiese incuriosita Elizabeth.

- Vi siete messa a piangere dopo aver danzato con me, ricordate?

- Voi, come fate a saperlo?- Elizabeth divenne rossa per l'imbarazzo e la collera.

- Vi ho seguita, volevo sapere come stavate, vi ho trovata che vi disperavate come una neonata- disse, per poi aggiungere con una punta di amarezza nella sua voce - poi il dottor Brown vi ha tenuto compagnia, non ho potuto far altro che andarmene.

- Mi avete seguita!

- Elizabeth, ve l'ho appena detto. Cambiando argomento: cosa vi spinge a disprezzarmi? - Le chiese sfacciatamente Adam.

- Tutto di voi mi disgusta.

- Dite sul serio? Eppure mi sembrate attratta da me, non credete?

- Come osate insinuare ciò?

- Elizabeth - disse Adam alzandosi - non c'è nulla di male nell'ammettere di provare attrazione verso una persona. Ve l'ho detto, siete una bambina.- Detto questo si allontanò, lasciando Elizabeth sola, all'ombra di quell'albero.

Lei non era una bambina e lui aveva la presunzione di ritenersi tanto attraente.

In effetti lo era.





Dalla scrittrice ai lettori: 
Cari lettori, finalmente il sesto capitolo (yuppi). 
Dato che siete in tanti a seguire questa storia, mi piacerebbe che recensiste questo capitolo, così capisco dove sbaglio e se la storia piace. 
Siete dei lettori fantastici. 
Baci, Felem ♥

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Capitolo 7
*** Soldatini di piombo ***


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                                                                                    Capitolo VII  "Soldatini di piombo"





Il mare.

Elizabeth non lo aveva mai visto ed era emozionata all'idea di dover per la prima volta aver a che fare con una tale immensità.
La carrozza correva lungo la costa e lei sporgeva la testa fuori.

"Siete una donna incosciente."

Il profumo marino le accarezzava il volto ed assieme a lei, nella carrozza v'erano Mary, Anne, Catherine e la signora Lodge. Gli uomini cavalcavano fieri i propri destrieri, Elizabeth avrebbe tanto voluto fare lo stesso.

Catherine, con la sua chioma rossa, guardava fuori dalla carrozza. Jonathan a tratti si accostava a quest'ultima, mandandole un bacio portandosi il palmo della mano alla bocca sottile. Liza provò invidia e ribrezzo, allo stesso tempo, per la felicità che i due irradiavano. Mary continuava a studiare attenta, i gesti di Elizabeth, che non si curava tanto delle attenzioni della sorella. Anne, invece, vestita di pizzi e merletti come al solito, conversava con la signora Lodge. Elizabeth continuava ad osservare il paesaggio, lei osservava tutto ciò che la circondava, lo faceva sempre. La distesa di alberi, d'improvviso, fu sostituita dalla vastissima quantità di acqua blu, che contornava le coste inglesi.
Liza rimase a bocca aperta e per lo stupore si affacciò di scatto al di fuori della carrozza, con tutto il busto, ancora una volta.
Osservava la vastità di quel panorama, nulla prima d'ora l'aveva affascinata in una simile maniera. Si sporse, mentre sentiva le mani delle altre passeggere tirarle la gonna, si sporse troppo e rischiò di cadere, ancora una volta.
Si sporse troppo in avanti e quando fu sul punto di cadere, delle braccia forti la trattennero per il busto, Elizabeth alzò il capo cercando il volto di chi l'aveva salvata dalla propria imprudenza. Fu così che la vastità del mare, fu sostituita da quella degli occhi di Adam, che a cavallo la sorreggeva per le spalle.

"Siete un uomo pericoloso."

Non aveva cercato di ucciderla o di umiliarla con le sue maniere da villano. Non questa volta.
Elizabeth ritornò nella carrozza, che finalmente si fermò in un punto erboso, vicino la sabbia, non molto distante. Anne, come al solito, si lanciò al di fuori di essa, portandosi dietro la povera madre che faticava a seguirla ovunque. Catherine fu accompagnata al di fuori del veicolo da Adam e David e quanto Elizabeth fu, anch'essa, sul punto di scendere, una mano la trattenne per la gonna. Mary la fece nuovamente sedere ed una volta accertatasi che la famiglia si fosse allontanata dalla carrozza, chiuse gli sportelli e fissò attentamente Elizabeth, che la guardava perplessa.

- Dobbiamo parlare, Elizabeth.- Mary non la chiamava mai per nome e, quando lo faceva, l'argomento della conversazione era sempre serio.

Una volta appurato il fatto che Mary le stesse per dare una cattiva notizia, Liza decise di rimanere in silenzio, limitandosi ad annuire.

- La festa, l'altra sera, ricordi? Mi dispiace ricordarti cosa è successo...- Mary fu bruscamente interrotta da Elizabeth.

- So perfettamente cosa è successo, l'euforia del momento mi ha inebetita, è ciò mi ha spinto a danzare tanto sfacciatamente con l'ufficiale. Ti chiedo scusa.

- Liza, non devi chiedermi scusa, devo solo domandarti di "reprimere" un poco i tuoi istinti. Gli invitati erano scandalizzati, non avete rispettato le distanze e l'anziana signora Cooper era in procinto di denunciare entrambi per atti osceni in luogo pubblico. Capisci la gravità della situazione? Ti ho sempre reputato una ragazza intelligente, allora cos'è che ti ha spinta a comportarti in quel modo?

- Non lo so.

- Ti credo, è normale alle volte non saperlo. Elizabeth - di nuovo quel maledetto nome pronunciato da una così dolce donna - dimmi la verità. Cosa c'è tra te ed Adam? Giuro che non ne farò parola con nessuno.

- Assolutamente nulla, Mary! Quell'uomo mi disgusta. Mi ha promesso che dopo un ballo, non mi avrebbe mai più infastidita con la sua prepotenza. Gli ho concesso un ballo e lui ha mantenuto la sua parola.

Elizabeth divenne improvvisamente nervosa, sudava freddo e non riusciva ad incontrare lo sguardo ingenuo della sorella maggiore.

- Eppure vi allontanate sempre insieme, ogni volta che lo nomino sei accaldata o divieni rossa.

- Ripeto- disse un'ultima volta Liza prima di scendere con forza dalla carrozza - quell'uomo mi disgusta.

Si tolse le scarpe e si diresse con grazia verso la distesa blu che la precedeva. Catherine si dispose all'ombra sotto un ombrellino, che le reggeva Jonathan. Mary passeggiava col marito lungo la spiaggia bianca, che Anne carezzava con ammirazione. Il signor e la signora Lodge conversavano tra di loro della bellezza del mare e Liza si teneva lontana da quell'immensità meravigliosa eppure così pericolosa. La guardava ipnotizzata.

- Mi reco più in là, vorrei fare due passi da sola, spero non vi dispiaccia.- Disse Elizabeth alla famiglia, non vedeva l'ufficiale nei paraggi. Ciò la preoccupava e la sollevava allo stesso tempo.

Ora Liza era sola a camminare per la spiaggia, con il suo vestito color cielo. Esso era così leggero che ad Elizabeth pareva d'esser nuda. Dei violenti cavalloni s'infrangevano lungo gli scogli ed il rumore delle onde cullava i pensieri della giovane. Elizabeth si guardò intorno, assicurandosi non ci fosse nessuno nei paraggi ed osò immergere un piede nell'acqua salata. Era fredda, terribilmente fredda. Ritirò immediatamente il piede infreddolito, per poi ritentare immergendolo nuovamente. Sotto la pianta del piede avvertiva la sabbia bagnata, che pian piano rendeva accettabile la temperatura dell'acqua marina. Passo dopo passo giunse a bagnarsi fino alla vita. Si sentiva nuda, dal momento che il sottile velo che costituiva il vestito le aderiva al corpo, facendo trasparire le forme acerbe di Elizabeth.
Non sapeva nuotare.

- Vi andrebbe di nuotare?- Così le aveva urlato una voce alle sue spalle. "Maledizione! Possibile che il fato fosse contro di lei? Ogni singola volta che credeva d'esser sola, nei momenti più imbarazzanti, spuntava dal nulla l'odiosa figura dell'ufficiale, pronto ad umiliarla."

- No, grazie. Sto bene così.- Rispose Elizabeth incrociando le braccia al petto.

- Me lo dovete, dopo che vi ho salvata.- Le rispose Adam, levandosi le scarpe ed immergendosi fino al ginocchio.

- Un altro passo e sarete costretto a buttarli.- Elizabeth indicò i pantaloni di lino dell'ufficiale.

- Se preferite, li levo.- Puntualizzò lui, facendo arrossire la ragazza.

Adam si sfilò la camicia bianca, lasciando scoperto il torace perfetto. Un Michelangelo.
Elizabeth continuava a guardarlo deglutendo più volte, con scarsi risultati. L'ufficiale si avvicinò all'esile figura di Liza schizzandola con l'acqua salata.

- Cosa fate? Siete impazzito?- Domandò Elizabeth, per poi rispondere alla provocazione, agitando le mani nell'acqua e bagnando il povero ragazzo.

- Allora, nuotate?

- Io..Io non sono capace.- Ammise Liza mordendosi il labbro inferiore.
 
Adam le cinse i fianchi con il braccio, sollevandola dalla distesa d'acqua e disponendola a pancia in sotto, in modo tale che potesse galleggiare. Portò le braccia di lei intorno al proprio collo, l'acqua giungeva alle spalle di entrambi. Liza iniziò istintivamente a muovere le gambe e fu lì che si accorse di stare nuotando, aggrappata al collo di lui.
Nuotava, senza affogare, mentre era nel mare degli occhi di lui che si perdeva. L'
immensità dei suoi occhi, meravigliosa eppure così pericolosa. Lo guardava ipnotizzata.

- Non siete così tanto male.- Le disse lui, ridendo. Con una dolcezza, mai mostrata prima d'ora.

Liza gli sorrise anche lei.

- Torniamo a riva?- Non voleva affogare nel mare degli occhi di lui. Voleva salvarsi.

I due tornarono sulla sabbia, dove si sdraiarono, lasciando che i loro corpi fossero riscaldati dai raggi del sole cocente.

- Vi darò altre lezioni.

Elizabeth non disse nulla, si lasciò trasportare dal rumore delle onde.

Si alzò dalla sabbia umida e si diresse di fretta e furia dal resto della combriccola, sperando che nessuno notasse l'assenza di Adam, che in qualche modo potesse essere ricondotta a lei. Lì si accovacciò vicino a Mary, che la osservava dubbiosa. Quello sguardo indagatore, rivoltole dalla persona che più amava al mondo, la ferì più di ogni altra cosa.
La voce debole di Catherine interruppe improvvisamente quella connessione che si era creata tra lo sguardo di Mary e la delusione di Elizabeth nel vedere la sorella così diffidente.

- Elizabeth, siete completamente bagnata.- Le disse sorridendo la ragazza.

A Liza piaceva Catherine, possedeva un fascino ed una delicatezza, priva nelle maniere del fratello. Scoppiò a ridere.

- Oh, scusatemi. E' la prima volta che vedo il mare, ho cercato di..- rivolse uno sguardo incerto alla sorella maggiore - reprimere i miei istinti, ma è stato più forte di me.

- Vi invidio terribilmente. Se solo la mia fisionomia mi permettesse di abbandonarmi ai miei istinti primordiali, lo farei. Non capisco cosa vi ha spinto a fermarvi.

Il discorso si faceva interessante, tutti i presenti notarono l'affinità che cresceva tra le due. Elizabeth si avvicinò a Catherine, accomodandosi sulla sabbia vicino a lei.

- La ragione.

Adam in quel momento giunse e parve stupito nel vedere la sorella conversare con Liza.

- Fatemi il piacere. Davvero parlate di ragione in vacanza?

- Lo reputo l'unico modo per non correre rischi.- Disse Elizabeth divenendo seria ed ignorando il fatto che lì assieme a loro fossero presenti altre persone.

Anche Catherine pareva esserselo dimenticato.

- Lo reputate un modo per non correre rischi, non per essere felici.

- Cosa intendete?

- Elizabeth, supponiamo voi vi trovaste di fronte a due piatti: il vostro pasto preferito ed un cesto di frutta.- Disse Catherine prendendo in mano una mela, che le fu porta da Jonathan, lui la guardava rapito - Adesso, la ragione vi imporrebbe di scegliere la mela, perchè più salutare.- Continuò mostrandole il frutto rosso - L'istinto, la vostra parte più vera, vi suggerirebbe di gustarvi il vostro piatto preferito - Rivolse una breve occhiata a Jon, fugace, ma che Liza colse ugualmente - perchè più soddisfacente.

Catherine la fissava con gli occhi di ghiaccio.

- Ditemi Liza, voi cosa scegliete?
 
I presenti la fissavano a bocca aperta, Adam la guardava sperando in una risposta inversa di quella che Elizabeth diede.

- In tutta la mia vita, poche volte mi sono abbandonata agli istinti primordiali - guardò a lungo l'ufficiale, voleva che lui se ne accorgesse, che la sentisse - e mai mi hanno resa felice.

Si accarezzò il vestito bagnato, sorridendo.

- Mangiare una mela, celerebbe più soddisfazioni di quanto crediate.

Cahterine guardò attentamente il frutto, prima di lanciarlo ad Elizabeth, che lo colse al volo.

- E ragione sia!

Mordendo la mela rossa come il suo viso in quell'istante, Elizabeth e le donne lì presenti, ritornarono in carrozza.
Liza vedeva il sole sposare il mare, il crepuscolo, in quello spettacolo di colori e fuochi estivi. Il tremitio del disco purpureo riflesso sull'acqua salata l'estasiava. Pian piano sentiva le palpebre cederle, mentre gli altri passeggeri dormivano beatamente, cullati dai movimenti regolari della carrozza. Liza stringeva il frutto rosso tra le mani e quando gli occhi le si chiusero, gli arti cedettero e la mela lucida fu sul punto di cadere dalle sue mani delicate, una scossa la fece sobbalzare. La carrozza era ferma, tutti i presenti con lei nell'abitacolo si stropicciavano gli occhi, risvegliati violentemente da un sonno tranquillo. Gli uomini, essi a cavallo, si avvicinarono alla carrozza con volti cupi ed arrossati, un guasto alle ruote aveva fermato la corsa. Anne emise un urletto soffocato, piagnucolando come sempre, scese scocciata come non mai dal veicolo; Mary, mantenendo la sua tranquillità si diresse verso David, che con un gesto elegante la fece salire sul destriero pezzato che cavalcava, lei si accomodò dietro di lui; Jonathan pose con una tale destrezza, l'affezionata Catherine sul cavallo argenteo, davanti a lui, così per farla sentire protetta. Elizabeth scese anche lei, in tempo per vedere i propri genitori montare a cavallo ed Anne inciampare maldestramente sul proprio vestito. Il piccolo Robert, assonnato, tirò il vestito di Liza che gli accarezzò il capo e risero così tanto assieme nel vedere la povera Anne dimenarsi a terra. L'ufficiale scese prontamente dal suo cavallo bianco, avvicinandosi con aria preoccupata alla svampita Anne, che lo guardava, protraendo il labbro inferiore in avanti, con gli occhi lucidi. Elizabeth non riusciva a trattenere le risate, ma era come frustrata nel vedere Adam accarezzare il capo della sorella, con aria tutt'altro che sensuale, ma con una dolcezza incredibile. L'ufficiale l'aiutò ad alzarsi e fulminò Elizabeth con lo sguardo, fece salire Anne dietro di lui, sul cavallo bianco.

- Liza, porta tuo fratello. Sei l'unica ragazza a saper cavalcare in famiglia!- Le aveva detto il signor Lodge.

Elizabeth obbedì e montò sul mulo che trascinava la carrozza, ormai andata e destinata all'abbandono. Il piccolo Rob da dietro, le cingeva il grembo con le braccia minute ed affondava il capo nella schiena di lei. Era una scena a dir poco squallida, vedere la povera Liza cavalcare quel mulo assieme al fratello e a seguire, le coppie di giovani che montavano destrieri di razza pura. A guidare il gruppo c'erano David e Mary, quella poteva ritenersi soddisfatta nel vedere Elizabeth lontana dall'ufficiale. Quest'ultimo cavalcava, mantenendo la sua compostezza, il cavallo bianco dal pelo lucido come una perla e, dietro di lui, la dolce Anne, che posava il capo tra le sue scapole, chiudendo gli occhi. I riccioli di lei, divenuti ancor più biondi dopo una giornata sotto il sole cocente, si adattavano perfettamente all'incarnato ed ai colori di lui. Elizabeth non poteva fare a meno di fissarli, di osservare i loro movimenti. Adam a tratti ruotava il capo in modo tale da poter vedere Anne e sorrideva compiaciuto, nessun sorriso malizioso o sguardo suadente sul suo volto, solo una dolcezza tipica di un vero e proprio Gentleman.
Elizabeth ancora ricordava le parole di Mary, che pareva saperla lunga.


"Adam alle volte sa essere davvero testardo, come te del resto, ma fidati se ti dico che è un gentiluomo."

Perchè allora con lei era un villano?


Liza continuava a stringere il frutto rosso tra le mani, cavalcando il piccolo mulo, allo stremo delle forze. Verso metà del viaggio la povera bestia cedette e si fermò, rifiutandosi di andare avanti. Calava la sera ed il clima era fresco ed accettabile. Elizabeth era paonazza e continuava a spronare il mulo, maledicendolo ogni singola volta, i capelli in disordine fungevano da orribile contorno a quello che già era il suo aspetto in quel momento. Dopo vari tentativi, si limitò a posare il capo tra le orecchie della bestia ed emettere un lamento, mentre Robert accarezzava l'animale. Era bagnata, stanca ed arrabbiata. Non sapeva bene per cosa, ma quel sentimento a lei sconosciuto, risiedeva nel suo cuore e nulla avrebbe potuto allontanarlo così facilmente. A circa trenta metri da lei, riusciva ancora ad intravedere l'ufficiale, che improvvisamente cambiò direzione. Galoppava verso di lei.
Elizabeth avvertì una mano sfiorarle la spalla e subito alzò il capo con il volto interamente arrossato.

- Quindi sareste voi l'unica ragazza a saper cavalcare? - Chiese ironicamente Adam, una volta sceso da cavallo.

Anne era assonnata ed accarezzava il morbido pelo del cavallo bianco, chiudendo gli occhi ed abbandonandosi ad un sonno che prima o poi l'avrebbe colta. L'ufficiale si diresse verso Elizabeth prendendole le mani tra le sue. Liza fu come scossa da quel gesto e sentì quel sentimento che prima sostava nel suo cuore poco a poco allontanarsi. Non poté fare a meno di sorridere.

Cosa le prendeva?

Il suo sorriso fu interrotto dallo sguardo compiaciuto e dai movimenti freddi di Adam. Sapeva di avere un tale effetto su di lei. Che le aprì delicatamente le mani, prendendole la mela.

- E' stanco, sopportarvi è difficile.- Questa affermazione la lasciò basita. Andando contro ogni sua aspettativa, la ferì.

Adam diede la mela al mulo che dopo essersi nutrito e riposato, ricominciò a camminare. Elizabeth si toccava i capelli, nel tentativo di sistemarseli, il viso paonazzo era tornato ad essere pallido, come al solito, e le mani esili stringevano fino a far diventare le nocche bianche, le redini della bestia. Robert aveva ceduto al sonno ed era totalmente adagiato sulla schiena di Liza. Poco dopo scorsero in lontananza la villa ed Elizabeth ed Adam furono gli ultimi a dover riporre i propri "destrieri".
La stalla era enorme, travi di legno formavano il tetto della struttura e del fieno disposto ordinatamente era situato sul lato destro dello spazio. Tutti gli altri cavalli si riposavano accanto alle mangiatoie, privi finalmente della sella. Adam legava il suo cavallo bianco, accarezzandolo come fosse stato suo figlio, mentre Elizabeth aveva appena terminato di sbrigliare il suo "mulo da corsa".

- Lasciate che io vi aiuti.- Le aveva detto Adam, mentre ripuliva la bestia, felice più che mai, di potersi riposare.

Non era mai stanco, era impeccabile. Mentre lei, in una sola settimana, era riuscita a ridicolizzarsi in tutti i modi possibili. Qualsiasi suo movimento era goffo, almeno in quell'istante, così decise di stare ferma e di guardarlo. Lo guardava mentre muoveva quelle mani capaci, tanto da far sentire a proprio agio perfino un mulo. La sua mela era stata mangiata, aveva perso anche la ragione. Non del  tutto, quel briciolo di cervello rimasto nella sua scatola cranica le impediva di buttarsi a terra e di scoppiare in un pianto che le avrebbe reso le cose ancora più difficili. Sentiva un peso sullo stomaco. Vedere Adam ed Anne insieme le pesava, avrebbe voluto urlare, spingerlo via, dimostrarsi forte.
L'ufficiale non alzava mai lo sguardo, mentre fissava la bestia e le sue iridi azzurre si riflettevano dentro quelle scure dell'animale. I riccioli biondi erano umidi e gli aderivano al cranio. Dopo aver terminato di pulire l'animale si diresse verso Elizabeth.

- Sarà meglio rientrare.- Aveva perso quel tono suadente. Ad Elizabeth mancava.

Rientrarono insieme nella villa e trovarono la famiglia Lodge e parte degli Evans radunati attorno ad un tavolo. Jonathan tremava e stringeva una lettera fra le mani, era aperta. La ceralacca blu ormai sbriciolata, ricadeva lentamente sul pavimento. Jon la fissava, senza dire nulla ed era pallido. Mary lo guardava in attesa che leggesse la lettera, Anne sonnecchiava e Robert muoveva il suo soldatino di piombo sul tavolo attorno al quale erano radunati.
Catherine era dietro di lui e aveva gli occhi rossi, come i suoi capelli. Elizabeth si stropicciava le mani ed Adam la guardava serio e leggermente preoccupato. Liza cercava la mela: l'aveva mangiata una bestia. Le era rimasto un briciolo di ragione, che perse totalmente quando Jonathan lesse le prime righe della lettera.

Robert alzò lo sguardo, il suo soldatino di piombo cadde pesantemente sul pavimento di marmo. Per tutta la stanza non si avvertì altro che quel tonfo. 






Dalla scrittrice ai lettori: 
Cari lettori, scusate se vi ho fatto aspettare tanto per il settimo capitolo. Ora che ho l'estate libera, perchè senza debiti (yuppii) potrò dedicarmi anche alla fan fiction. Cosa conterrà quella lettera? Spero vi sia piaciuto il capitolo. Recensite in molti, come nei capitoli precedenti. Mi fa sempre molto piacere. 
Baci, Felem ♥

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Capitolo 8
*** La lettera ***


Image and video hosting by TinyPic                                                                         Capitolo VIII  "La lettera"





Jonathan aveva lo sguardo fisso sulla lettera, aveva ripreso la sua naturale calma e cercava in tutti i modi di trasmetterla anche a Catherine.
La povera ragazza aveva gli occhi lucidi e mormorava qualcosa tra le sue labbra carnose e rosee, come una preghiera. I presenti erano turbati, mai quanto Elizabeth che fissava il fratello con sguardo incredulo. Adam la osservava come chi crede di sapere già tutto.

Forse lui sapeva

Jonathan lesse ad alta voce le prime righe e Catherine si limitò a dare un'occhiata rapida al fratello, che sussurrò a bassa voce parole poco comprensibili a Liza.

- Non potevo.

Non poteva cosa? Cosa stava succedendo?

Jonathan lesse.

 


                                                                                                                                                                             Londra, 21 Giugno 1807



Egregio signor Jonathan Lodge,
dal momento che avete raggiunto la maggiore età, la legislatura inglese prevede in caso di necessità che voi vi arruoliate.
L'esercito di Napoleone si è spinto ben oltre i confini previsti ed è giunto fino alla penisola Iberica. Per ora ha inviato qualche truppa per sondare il territorio, ma temiamo che entro pochi mesi ci sia lo scoppio di una nuova guerra. Gli spagnoli hanno richiesto i nostri soldati e noi abbiamo accettato.
Data la vostra posizione sociale abbiamo fatto in modo che foste mandato in un'ala dell'esercito maggiormente sicura ed io ho avuto l'incarico di scrivervi personalmente, poichè amico intimo di vostro padre. Sarete sotto la mia guida, dovrete recarvi in caserma il 26 Giugno, lì vi verrà assegnata un'uniforme ed un incarico ben preciso, che dovrete rispettare. La partenza sarà immediata.

Potrete portare con voi i seguenti oggetti:

- Pasta dentifricia, un pettine ed altri utensili adibiti all'igiene personale;
- Carta e penna per scrivere lettere ai vostri cari, non necessitate d'inchiostro. Saremo noi a fornirvelo.

Per il resto l'esercito sarà in grado di fornirvi il necessario. Il giorno prima della partenza invieremo un medico presso la vostra abitazione, che avrà l'incarico di accertarsi del vostro stato di salute. Portate con voi la lettera, la quale testimonierà il richiamo alle armi ed il vostro ruolo di soldato semplice.
Avrete un compagno di stanza, il nome rimarrà ignoto fino al vostro arrivo. La nostra sarà una spedizione di controllo in terra spagnola, la permanenza sarà breve a meno che non ci siano imprevisti. Tornerete al più presto a casa.

Ricordate, è per la vostra Patria.

                                                                                                           

                                                                                                                        Arthur Wellesley





Silenzio. Solo quello si udiva per la stanza.
Catherine lo fissava da dietro e lui sembrava essersi dimenticato del resto della famiglia. Quando finalmente si ricordò della ragazza rossa in viso e di capelli che respirava a fatica dietro la sua figura, si voltò prendendole le mani tra le sue. Catherine lo fissò a lungo, poi tolse le mani delicate dalla sua presa e si diresse verso il fratello che la guardava dispiaciuto. Adam tentava di deglutire quel poco di saliva che gli bagnava la gola secca. La giovane sorella si fermò davanti a lui, trapassandolo con quegli occhi di ghiaccio, eppur infuocati. Lo uccideva con quegli occhi, lo malediceva, lo straziava ed ancora lo vedeva morto.

Lui sapeva ciò che sarebbe successo e non le aveva detto nulla

Lo guardava sdegnata ed Elizabeth si sentì trafitta anche lei da quello sguardo truce. Adam protrasse una mano verso il viso di Catherine, che gliela spostò violentemente, per poi andarsene. Uscì dalla stanza senza fare rumore, con un orgoglio ed una dignità, che ad Elizabeth in quel momento sarebbero servite. Sentiva le lacrime affiorare sul suo volto, nessuno se ne accorse.
Adam si guardava le punte delle scarpe infangate e più volte chiuse gli occhi pesantemente. Liza provò la stessa sensazione di pesantezza in quel silenzio che l'avvolgeva, soffocandola. Le lacrime le rinfrescavano il viso pallido ed accaldato: Erano salate, come il mare. Loro non trasmettevano tanta gioia, almeno in quel momento.
Non sentiva più nulla, nessun rumore, nessun sapore al di fuori delle lacrime salate, nessuna mano ad accarezzarle il volto e a consolarla. Le sue guance erano graffiate dalle goccioline salate.

- Non voglio.- Jonathan interruppe il silenzio glaciale.

- Tu devi partire, figlio mio.- Gli aveva risposto il signor Lodge con aria severa.

Elizabeth si era sentita sollevata, sapeva che il fratello sarebbe dovuto partire lo stesso, ma l'idea che lui non volesse andare via la consolava.

- Ed è mia intenzione partire. Non voglio alcun privilegio, nè favore. Sono un uomo.

Il conforto di Liza era volato via, come le lacrime di Anne che seguirono quell'affermazione. La ragazza piangeva accasciata a terra, disperata. Più nessuno si curava di darle attenzioni, più la ragazza piangeva ed urlava disperata. Era come una bambina, Liza la biasimava per questo.
Il signor Lodge guardava il figlio pietrificato, finchè Jonathan non si alzò e corse via, probabilmente alla ricerca della sua Catherine. Era innamorato, glielo si leggeva negli occhi.

La stanza ritornò improvvisamente vuota, Elizabeth non si era accorta di nulla. Le lacrime le scendevano sul viso ed in fondo alla stanza vedeva l'uomo che prima era accanto a lei, stare in un angolo a scrutarla. Il suo sguardo era infuocato, pareva deluso, pentito, frustrato. Liza si chinò a terra, cercando di non far vedere all'ufficiale che stava piangendo.
Raccoglieva i frantumi di ceralacca blu, li stringeva tra le mani posandoli sul tavolo ed osservando le proprie mani divenute dello stesso colore della cera. Teneva lo sguardo sul pavimento di marmo, quando le sue gambe cedettero e si ritrovò accasciata a terra a raccogliere la polvere blu. Graffiava con foga il marmo striato, come a scavarvi una fossa dove seppellirsi, piangeva e grattava con le dita la superficie marmorea.
Le sue mani furono immediatamente fermate da altre due, che si erano sovrapposte alle sue. Dita lunghe si intrecciavano ancora una volta alle sue. Pian piano quelle mani la portarono ad accarezzare le striature del pavimento, a percorrerle con estrema delicatezza e non più a deturparle. Liza non volle alzare lo sguardo, non vedeva di chi fossero quelle mani. Lo intuì e si lasciò aiutare. Le dita lunghe le percorsero le braccia e senza forzarla ad alzare il viso le asciugarono le lacrime, passando sotto gli occhi scuri.
L'indice le passò sulla gote, poi la mano che l'accarezzava si allargò, posandosi interamente sullo zigomo di lei. Le mani la accarezzarono, le diedero conforto.
Liza manteneva lo sguardo basso e si sentì persa quando quel toccò la abbandonò.

Sentì dei passi e la curiosità batté la tristezza e la stanchezza. Elizabeth tirò su lo sguardo in tempo per vedere un uomo con le scarpe inzaccherate, i riccioli biondi ed un portamento elegante uscire dalla stanza.
Adam.

Elizabeth uscì fuori dalla stanza e si diresse in camera sua, voleva stare da sola. Trovò Robert sul suo letto a giocherellare con le lenzuola bianche. Riusciva sempre a farla stare bene. Liza si mise accanto a lui e gli accarezzò la testa, scompigliando alcune ciocche di capelli castani. Il bimbo sorrideva ed agitava il soldatino di piombo sul letto, urlando alcune frasi per incitare al combattimento il piccolo giocattolo. Liza pensò che il piccolo non fosse in grado di capire certe cose e decise di non parlare con lui del fratello Jonathan.
Il bambino continuava a giocherellare con le lenzuola candide, non curandosi della sorella che aveva lo sguardo perso nel vuoto.

- Il mio soldatino è forte.- Esordì Robert scrutando Elizabeth con gli occhi vispi.

- Lo so.- Rispose Liza abbozzando un sorriso.

- Te lo regalo, se vuoi.

- E' tuo, Rob. Che me ne faccio io?

Robert la guardava con gli occhi verdi, serio, come non era mai stato. Si avvicinò a carponi alla figura di Liza, che sedeva sul morbido materasso. Le toccò i capelli castani scompigliati ed Elizabeth si vergognò terribilmente di quel suo aspetto. Lui con le mani le prendeva i capelli mossi e glieli sistemava in una morbida treccia. Mary glielo aveva insegnato e da quel giorno Robert faceva trecce su trecce a tutte le bambine della sua età. Liza percepiva quel gesto come un rituale sacro tra loro due.
Il bimbo immergeva le soffici mani tra i capelli tutt'altro che morbidi di lei ed in poche mosse glieli legò con un nastrino azzurro. Le accarezzò il viso e le percorse il mento con la punta del fucile del soldatino di piombo.

- Lui ti proteggerà.

Robert le posò il giocattolo sulle cosce e le prese il viso tra le mani, esplorandolo. Le accarezzava le guance e la bocca cercando di capire qualcosa. Ripercorreva le striature del suo viso marmoreo, causate dalle lacrime. Come lei poco prima aveva fatto col pavimento.

- Se è questa la sua funzione dovresti donarlo a Jonathan.- Elizabeth si lasciò scappare quell'affermazione e se ne pentì amaramente.

Il fratello sarebbe scoppiato a piangere e lei si sarebbe sentita in colpa. Il piccolo Robert non si mosse e dopo un attimo di atroce silenzio, continuò il suo percorso sul viso di lei per poi dirle qualcosa che Elizabeth non subito comprese.

- Serve più a te che a lui.

Elizabeth decise che quella sera il fratello minore avrebbe dormito con lei, tra le sue braccia. Voleva fornirgli la protezione che le mancava.
Così cambiò il fratello e gli chiese di infilarsi nel letto, mentre lei si preparava per la notte.
Liza si chiuse in bagno, sopra il lavabo v'era uno specchio di dimensioni mastodontiche. Si guardò a lungo, aveva le occhiaie ed i capelli messi in ordine dal fratello contrastavano con il viso stanco. Si lavò, ripulendosi dalle emozioni di quella giornata. Si infilò la camicia da notte bianca ed entrò anche lei nel letto matrimoniale, nel quale già dormiva il piccolo Robert, con un sorriso stampato in volto ed il viso rilassato. Elizabeth lo abbracciò, lo strinse come avrebbe voluto che qualcun'altro facesse con lei, gli sussurrò parole dolci, che lei avrebbe voluto sentirsi dire e gli accarezzò i capelli, come qualcuno avrebbe dovuto accarezzare i suoi.
Lo fece stare bene, come nessuno mai aveva fatto sentire lei.
Fissava la luna, fuori dall'enorme finestra presente in quella camera. Non riusciva a dormire, non era la prima volta. Quella finestra le metteva agitazione, era alta all'incirca tre metri e larga due. Aveva uno spazio sul quale ci si poteva adagiare, per osservare il panorama, un boschetto di pini marittimi, il salice.
Il mondo le offriva una visuale meravigliosa, che lei rifiutava. Aveva paura delle altezze e non si affacciava da quella finestra, mai, nè si sporgeva. Osservava il tutto rannicchiata nel suo letto, senza fiatare, senza muovere un muscolo. Poi decise di scendere dal materasso, divenuto così duro quella notte. Forse era il suo corpo ad essersi irrigidito. I piedi scalzi toccarono il pavimento freddo come la notte e si diresse alla porta. Senza alcuna luce, senza alcuna guida.
Elizabeth si incamminò per il corridoio buio, illuminato a tratti da alcune candele. I suoi passi erano silenziosi e non avvertiva alcun rumore. Poi, il silenzio piatto della sera fu interrotto da un brusio di sottofondo. Delle voci maschili conversavano tra di loro a bassa voce, come per non farsi sentire. Liza seguì il richiamo di quelle voci e giunse davanti ad una porta, alla fine del corridoio. La ragione le impose di tornare indietro, ma lei accostò l'orecchio alla porta di mogano.

- Come sta?

- Ha solo un po' di febbre. E' una ragazza molto fragile, le passerà.

- Cosa devo fare?

Elizabeth scostò leggermente la porta e riuscì a vedere l'ufficiale ed un altro ragazzo conversare. Parlavano di Catherine, ne era certa.

- Le farò un'iniezione, basterà ad alleggerire la febbre.- Così disse il ragazzo moro che dava le spalle ad Elizabeth, la quale osservava rapita la scena.

Adam si portò una mano alla fronte e si accarezzò la ricrescita della barba con aria pensierosa. Poi annuì e rivolse un ultimo sguardo alla porta. Gli occhi dell'ufficiale incontrarono il viso pallido di Elizabeth, che si stagliava in contrasto con la luce fioca delle candele. Liza si ritrasse immediatamente e corse via, giù per le scale.
Il perchè di quel gesto le fu sconosciuto. Avrebbe dovuto rifugiarsi in camera sua, invece aveva preferito scendere giù, in giardino, da sola, al buio e con un'escursione termica da far rabbrividire.

La verità era che non riusciva a dormire. Corse di nuovo lì, sotto quel salice, si accasciò vicino al tronco e pensò.
Ora sapeva che Catherine si era presa una leggera febbre dopo la notizia di Jonathan, che l'ufficiale l'aveva sorpresa ad origliare le sue conversazioni private, che il fratello Robert era più forte di quanto lei stessa non lo fosse, che la sorella Anne forse non aveva pianto solo per attirare attenzioni.

E lei? Cosa sapeva su di Elizabeth? Come stava? Avrebbe tanto voluto che qualcuno glielo chiedesse, che qualcuno la stringesse a sè e le dicesse che andava tutto bene, che il fratello sarebbe tornato sano e salvo a casa.

Elizabeth non capiva cosa le stesse accadendo. Era sempre stata una ragazza forte e determinata, niente l'aveva mai toccata sul piano emotivo. Eppure non aveva nemmeno trovato il coraggio di guardare negli occhi Jon, mentre leggeva la lettera. Non aveva mantenuto quel briciolo di dignità in lei rimasta, buttandosi a terra di fronte ad Adam.
Grattava la corteccia del salice e cercava di arrampicarsi sui rami pendenti, con scarsi risultati.

Poi delle braccia le cinsero i fianchi e la sollevarono, ponendola su uno dei rami più bassi. Elizabeth sussultò e quasi non cadde.
Scivolò e si ritrovò faccia a faccia col ragazzo moro e dagli occhi verde bosco che la fissava con una dolcezza indescrivibile. Indossava un camicie bianco panna, se lo tolse immediatamente e lo fece scivolare a terra. Elizabeth in quel momento avrebbe voluto correre via, piangere, scappare. Non lo fece.
Aveva già pianto di fronte a lui, ma non voleva ridicolizzarsi un'altra volta. Non ora.

- Elizabeth, ascoltatemi. Ho qualcosa da dirvi...- Liza interruppe di scatto il povero Matthew. E solo dopo si accorse di stare urlando.

- Quanto ancora vorrete farmi soffrire? Tutti voi, tra lettere, malattie, febbri, dichiarazioni ed altro! Sto impazzendo. Non annunciatemi un qualcosa che poi verrò a sapere comunque con questi giri di parole infernali! Dannazione, parlate! Non annunciatemi che avete bisogno di dirmi qualcosa, ditemelo e basta!

Così lui le disse, le mostrò ciò che voleva lei sapesse.

E di lì a poco Elizabeth vide il suo volto avvicinarsi ed avvertì un calore sconosciuto sulle labbra. 






Dalla scrittrice ai lettori: 
Carissimi lettori, ben tornati! 
Prima di tutto vorrei scusarmi con voi per due cose: la prima è che ho postato dopo una settimana, la seconda è che il capitolo è molto breve. 
Per il resto spero vi sia piaciuto. Vi prego lettori, recensite. Mi fa un sacco piacere che siate in 29 a seguire la mia storia, ma non so mai realmente se tutti la apprezzano, quindi mi piacerebbe recensiste in molti. 
Baci, Felem ♥


Il capitolo è dedicato ad Indeed che so leggerà e mi darà un parere sul racconto. 

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Capitolo 9
*** Il bacio di fiori ***


Image and video hosting by TinyPic                                                                 Capitolo IX "Il bacio di fiori"







Quel calore sbocciò ben presto in un bacio.

Matthew teneva una mano sul braccio di lei e con l'altra le accarezzava il viso pallido e sconvolto. Premeva le labbra morbide contro quelle di Elizabeth, che teneva gli occhi sbarrati, puntati su quelli di lui, chiusi. Sapeva di agrumi, di arance e di fiori di lavanda. Sapeva di estate.
Matthew socchiuse leggermente le labbra per posarsi nuovamente sul labbro inferiore di Liza, che non rispondeva al richiamo di lui.
Quel bacio era una carezza, era il conforto, era protezione. Era un bacio casto, dove le labbra si sfiorano, premono le une sopra le altre. Senza l'intrusione del tessuto molle che Elizabeth detestava con tutta sé stessa e che non reputava romantico, se inserito in un bacio.
Avrebbe voluto reagire a quel disperato tentativo di comunicare con lei, ma non ci riuscì e continuò a fissarlo in quei pochi secondi. Finalmente Liza si mosse e gli posò le mani sul petto, spingendolo via. Prima guardò il giovane medico, immediatamente dopo fissò le punte delle scarpe che non indossava. Realizzò, così, di essere in camicia da notte, senza il corsetto e con gli strati di merletti e pizzo, che aderivano alle sue gambe fino al ginocchio, al di sotto dell'abito per la notte. Cercò di coprirsi, infilandosi dietro al tronco, nascondendosi da lui. Matthew la raggiunse e le prese nuovamente il viso tra le mani.

- Elizabeth, avete capito ciò che vi stavo dicendo?

Liza non sapeva cosa rispondere. Certo, aveva capito quali fossero le intenzioni di Matthew, ma non le erano ancora ben chiari i sentimenti che lei provava nei confronti del giovane. Aveva danzato con lui e mai, mai le sue intenzioni erano state quelle di farlo invaghire di lei.

- Sì...no...non lo so.- Rispose Liza balbettando.

Matthew distolse le sue iridi verdi da quelle di lei, che assumevano sfumature grigiastre con la luce della luna. Sorrise nuovamente e le prese le mani tra le sue.

- Mi mancherete.- Così le aveva detto il medico.

Ed Elizabeth capì, realizzò il punto più drammatico di tutta questa storia. Matthew sarebbe dovuto partire, come medico, probabilmente.
Gli prese le mani e se le portò sui fianchi, gli cinse le spalle con le braccia. I due si strinsero e si abbracciarono a lungo. Mentre lui le teneva le mani sulla schiena e la stringeva, Liza fissava le finestre della villa, tutte buie. Tutte tranne una.

I suoi pensieri passarono da Matthew a David, anche lui sarebbe dovuto partire. A Mary ed alla delusione di quest'ultima per un eventuale decesso del marito. Poi pensò nuovamente a Jonathan e a Catherine. Si conoscevano da sole due settimane ed i due erano già presenti l'uno nei sogni dell'altra.
Ma in tutti i suoi ragionamenti, pensieri ed ipotesi un volto rimaneva fisso, un unico, atroce, sgradevole pensiero. Un singolo filo conduttore che univa tutti i suoi pensieri e preoccupazioni riguardo la partenza. Fissava la finestra illuminata e vedeva un ragazzo camminare avanti ed indietro per la stanza, postura eretta, portamento elegante. Non ebbe alcun dubbio sulla sua identità.

L'ufficiale per lei, era quel filo conduttore. Tutto si ricollegava a lui. Ogni suo pensiero in quel momento riguardava Adam. Sarebbe dovuto partire.

"Meglio così" pensava Liza "In questo modo sarò costretta a non doverlo sopportare!"

Ma una voce nella sua testa le diceva di andare, di andare da lui. Dal suo filo conduttore per rimettere insieme i pezzi di questa storia.

Elizabeth si staccò immediatamente dalla figura di Matthew e corse in fretta e furia dentro l'abitazione.
Aprì il portone che aveva lasciato aperto e brancolando nel buio, camminando a carponi sulle scale, riuscì a trovare il corridoio. Si alzò in piedi ed aprì la porta della camera di Mary, sapeva cosa doveva fare. Voleva sapere. Voleva sapere chi sarebbe dovuto partire, quando ed il perché Jonathan lo aveva saputo solo ora. Si accostò di fretta al letto della sorella e strattonò David che quasi non cadde.

- Per Dio! Cosa fai Liza!- Le aveva detto Mary, mentre il marito biascicava parole confuse e si sottometteva al volere di Elizabeth.

La ragazza lo prese per la manica del pigiama e lo trascinò per tutto il corridoio, fino a giungere lì. L'ultima stanza di quel tunnel.
Una luce fioca traspariva da sotto la porta e si udivano dei passi. Elizabeth non ci pensò due volte e, senza nemmeno bussare, si precipitò all'interno della stanza. Adam si girò di scatto e si lasciò scappare una risata, vedendo il cugino David con i lunghi baffi rossicci, quasi cadere a terra per il sonno ed accanto a lui Liza, con la camicia da notte ed i capelli tirati in una treccia.

- Non è vostro solito bussare?- Disse Adam sorridendo sghembo e squadrando da capo a piedi la giovane.

- Non è il momento!- Sbraitò Elizabeth, accompagnando velocemente David vicino ad una poltrona e facendolo sedere.

- Siete giunta in camera mia come se fosse scoppiata la guerra.- Disse ironizzando l'ufficiale.

- E' scoppiata la guerra.

- Potrei...potrei avere un po' d'acqua?- David cercava di infilare in mezzo a quella discussione qualche richiesta. Era assonnato e per poco non si addormentò sulla poltrona.

Adam ed Elizabeth si girarono ed urlarono all'unisono nella direzione del povero uomo.

- No!

Elizabeth prese Adam per una manica e lo trascinò vicino al letto, spingendovi l'uomo sopra, che ammiccò.

- So quali sono le vostre intenzioni, non c'è bisogno che siate così...esplicita.

- Tacete! Buon Dio, tacete! Anche nel cuore della notte siete in grado di offendere in tal modo una ragazza?- Disse Liza per poi borbottare - Essere ignobile.

Elizabeth cercava in fretta e furia uno sgabello nella stanza o per lo meno un cuscino dove potersi sedere, rovistando ovunque e sentendo il nervosismo risalirle nello stomaco.
Di nuovo sentì delle mani toccarle le spalle, quel tocco rassicurante che l'aveva fatta calmare poche ore prima. Adam le porse un cuscino e subito dopo si diresse vicino ad un armadietto dal quale prese una bottiglia di Vodka e dei piccoli bicchieri, minuscoli, che Liza non aveva mai visto.
L'ufficiale la fece accomodare sul letto e versò il liquido ambrato nel bicchiere minuscolo, così glielo porse. La ragazza fissò a lungo l'alcolico che stringeva tra le mani. Aveva freddo ed il suo corpo era intorpidito. Bevve un sorso ed immediatamente sentì il liquido fluido scenderle in gola e riscaldarle il petto in una vampa di calore.
Il secondo a bere fu David, che parve immediatamente più sveglio, Adam si astenne dall'ingerire la Vodka.

- Qualcuno mi vuole spiegare il perchè di questa cosa?- Disse David in maniera nervosa.

Elizabeth fissava il bicchiere e finì di bere il suo contenuto per poi alzarsi in piedi e camminare avanti ed indietro per la stanza, mentre i due uomini seduti la guardavano impazienti.

- Ora, mio fratello andrà in Spagna. Chi altri di voi andrà in quel luogo?- Disse Liza fingendosi calma.

- Tutto questo frastuono solo per domandarmi dove trascorrerò l'estate? Suvvia Liza!- Così la canzonò David.

L'ufficiale posò una mano sulla spalla del cugino.

- Non è il momento di scherzare.

- Oh, e va bene Adam- Annunciò divenendo serio David - Io non andrò, per la vecchia Sandy, la conosci?

David si abbassò i pantaloni ed Elizabeth ebbe un sussulto. Le mostrò una cicatrice repellente sulla coscia sinistra.

- Mi da ancora dei problemi.- Insistette David - Ed ora, con permesso, mi recherò nella mia stanza. Mary ultimamente non sta troppo bene con lo stomaco.

David uscì dalla camera e tornò dalla moglie, fingendo che nulla fosse accaduto.

Ora Adam era rimasto da solo con Elizabeth e la guardava, osservando minuziosamente ogni dettaglio della sua figura. Liza si sentì nuda, nonostante ciò fece qualche passo verso l'ufficiale.

- Voi partirete?

Erano vicini, lui sempre seduto e la guardava esitante. Si limitò ad annuire e ad abbassare il capo.
Liza si avvicinò ad Adam, sul bordo del letto, seduta affianco a lui. Allungò una mano nella direzione dei suoi riccioli biondi. L'ufficiale si girò di scatto ed Elizabeth riportò la sua mano sul cuscino, distogliendo lo sguardo dalle iridi azzurre di lui.

- La mia colpa è stata quella di non averlo detto a mia sorella, capite? E' così fragile.

- E' l'istinto protettivo di un fratello. Non è colpa vostra, ma del vostro istinto.- Disse Liza pienamente convinta delle sue parole.

Adam la guardò a lungo, aveva l'aria disperata. Prese di colpo il polso di Elizabeth, che indietreggiò fino a toccare con la schiena la testata del letto. A quel punto l'ufficiale con rabbia le soffiò a pochi centimetri dal naso parole sprezzanti.

- Voi non capite! Voi siete la vostra ragione, ma io, io! Io sono il mio istinto. E' colpa del mio istinto, è colpa mia.

La guardava con le pupille dilatate e gli occhi rossi. Elizabeth era spaventata, ultimamente tutto le faceva paura. Aiutare gli altri sembrava farla stare bene, non capiva il perchè.
Tanto alla fine lei non ci guadagnava nulla, nessuno faceva mai nulla per lei. Adam si rese conto della sua reazione spropositata e riprese la calma iniziale facendo finta di niente, affacciandosi così alla finestra presente nella camera.

- Sapete Elizabeth, questa finestra mi fornisce un'amplia visuale sul mondo.- Le disse lui carezzandosi la barba rasata.

- Un bel paesaggio, non trovate? Ottimo per le passeggiate notturne.- Divagò Liza

- Ottimo per permettere alle donnette di fornicare con qualche povero ingenuo.

Elizabeth lo guardò indignata. Subito dopo ebbe un sussulto e l'immagine delle labbra di Matthew vivida nella sua mente. Immediatamente si sentì sporca, la vergogna si faceva spazio dentro i suoi pensieri e tutto diveniva ancora più offuscato.

- Cosa insinuate con ciò? Chi vi ritenete per poter giudicare a questo modo una fanciulla? Il padrone del mondo, forse?

- No, ma vi ripeto Elizabeth. Questa finestra mi fornisce un'amplia visuale su quest'ultimo.- Disse lui sorridendo.

Li aveva visti

Liza percepì una punta di amarezza nella sua voce. ma si convinse che fosse solo una sua impressione.
Non trovava le parole per esprimere la propria indignazione. Come osava, lui, essere spregevole, darle della "donnetta"? Forse era abituato a chiamare così le donne che ingenuamente non resistevano al suo fascino. Ed Elizabeth, stupida Elizabeth, che per un istante era stata triste per la sua imminente partenza.

- Non siate così taciturna.- Continuò divertito Adam, mentre Liza tratteneva le imprecazioni che avrebbe voluto urlargli.

- Mi dispiace, Adam, ma le donnette non sprecano il proprio tempo a conversare.- Gli rispose Elizabeth ammiccando.

Subito dopo tirò su il naso.

- Non vi disturberò più.

Si girò e si diresse verso la porta con le lacrime agli occhi, aveva di nuovo freddo e la testa le girava. Voleva dormire. Poi una mano le afferrò il braccio.

- Scusatemi, vi prego scusatemi.- L'ufficiale capì di aver esagerato.

Ora Adam la guardava dritta negli occhi e aveva perso quella sua sicurezza iniziale. Almeno per ora.
Elizabeth lo zittì e così come era arrivata, se ne andò da quella stanza, sentendo le guance in fiamme.

Robert ancora dormiva e di questo ne fu felice.
I suoi pensieri tornarono immediatamente ad Adam. Sarebbe dovuto partire e non poteva nascondere a sé stessa che la cosa non le stava bene.

Perchè? Lei lo odiava.

Matthew l'aveva baciata e questa cosa la infastidiva.

Perchè? Dopo tutto un minimo lui le interessava.

Si accasciò vicino alla porta e chiuse gli occhi, sfiorò la propria bocca e rivide la scena di quel bacio, sbocciato dal calore delle sue labbra.
Quello non era il suo primo bacio. Ad una festa di paese, suo cugino Benjamin l'aveva presa e gliene aveva stampato uno sulle labbra. Quello era il genere di bacio che era solita dare e non si spiegava come mai, un bacio simile ad uno già ricevuto la scuotesse tanto.
Era solo un bacio, lei non aveva fatto nulla.

Ora pensava ad Adam, era un rude, villano, odioso, ma anche lui aveva dei principi e degli affetti, questo doveva ammetterlo. Sapeva che dopo la partenza non avrebbe più sentito parlare di lui ed era intenzione di Liza mantenere i rapporti con Matthew.
Non avrebbe più visto Adam, non gli avrebbe più parlato, mai più il suo profumo. Quel profumo.

Lo detestava. Allora perchè fremeva e sentiva le lacrime uscire al solo pensiero di non doverlo mai più vedere?

Poi dei passi, silenzio davanti alla sua porta. Liza tese l'orecchio e non avvertì alcun rumore. Un pezzo di carta scivolò sotto la porta.




                                               

                                            Elizabeth, vorrei parlarvi prima della mia partenza. Incontriamoci domani sera.


                                                                                    vostro, Adam




Suo.
L'ufficiale era suo. O almeno così lui si considerava.
Lui non si era illuso che Elizabeth potesse appartenergli, si era convinto di appartenere a quest'ultima.
Cosa stava succedendo? Liza questo non lo sapeva. Tutti volevano dirle qualcosa, lei non era abbastanza grande per gestire tutto.
Ma lui sarebbe partito. Lei non l'avrebbe più rivisto.
Lei non voleva vederlo.

O forse sì. 





Dalla scrittrice ai lettori: 
Cari lettori, come state? 
Come vedete ho aggiornato il prima possibile. Spero vi sia piaciuto il capitolo. 
Vorrei aggiungere una nota che nel capitolo precedente mi è sfuggita: il generale Arthur Wellesley è esistito veramente. Era a capo degli inglesi nella battaglia che i nostri protagonisti combatteranno. Per diverse ragioni ho dovuto anticipare la battaglia al 1807, invece che nel 1808. Spero la cosa non vi dispiaccia.  
Recensite in molti, mi farebbe molto piacere. 
Baci, Felem ♥

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Capitolo 10
*** Il malessere porta la vita ***


Image and video hosting by TinyPic                             Capitolo X "Il malessere porta la vita"







Elizabeth si svegliò stringendo tra le mani il delicato pezzo di carta sul quale Adam aveva lasciato il suo messaggio.

Aprì gli occhi ed il buio che aveva tra le palpebre incrociò la luminosità degli occhi di Robert. La fissava incuriosito, per poi far ricadere il suo sguardo sul fogliettino.
Liza serrò le mani in due pugni, togliendo il pezzo di carta dalla portata del fratello minore.

- Ho fame.- Le disse Robert

- Scendi, il cuoco deve aver preparato una buona colazione. Ti raggiungo.- Rispose Elizabeth continuando a fissare il volto del fratello in posizione supina.

Robert obbedì, si alzò e scese al piano inferiore. Come se nulla fosse.
Liza balzò giù dal letto e chiuse la porta a chiave, respirando velocemente. Si posò contro la parete ansimando, mentre alla luce del giorno rileggeva attentamente ogni singola parola di quel messaggio. Non sapeva dove riporre quel segreto. Alzò il cuscino sul quale aveva dormito e prese l'agendina di cuoio regalatale da Margaret. La aprì e pose all'interno di quest'ultima il pezzo di carta. Scrisse la prima pagina di quel suo "porta segreti".



Questo non sarà un diario. Quindi è inopportuno che io cominci il tutto scrivendo "caro diario", no. Questo è un quadernino degli appunti.
Prenderò nota delle mie emozioni, non degli eventi che hanno contribuito alla loro formazione. Così che io possa ricordare cosa si prova nella vita reale, nei momenti in cui sarò persa.

Sbigottimento. Questa è l'emozione della mia giornata.

                                                                                                                 Elizabeth




Chiuse il piccolo quaderno e lo ripose in cima all'armadio, salendo sul comodino.
Entrò in bagno e dopo essersi lavata accuratamente, come suo solito, si strinse il corsetto talmente forte da non riuscire a respirare. Strinse i lacci fino a sentire i polmoni bruciare. Voleva soffocare in quelle che erano le sue emozioni. Infilò la biancheria intima, che le ricadeva fino a metà polpaccio. Era una giornata piovosa, faceva freddo, nonostante fosse fine Giugno. Quello strato di pizzo e vari merletti le teneva al caldo le gambe lisce. Indossò un vestito verde scuro, era bellissimo. Aveva dei bordi di stoffa dorata lungo le maniche e la gonna, le stava d'incanto. Si guardò allo specchio. Quella mattina il suo viso era riposato. Le goti erano rosee ed il resto del viso bianco, come la neve. Il suo volto era luminoso, il suo sguardo spento. Il suo vestito aveva una scollatura a barchetta, che lasciava intravedere le curve morbide del seno di Liza. I capelli morbidi le ricadevano sciolti sulla schiena ed Elizabeth li lasciò in quello stato, pettinati ma senza essere acconciati. Scese di sotto.

Tutta la famiglia era riunita attorno al tavolo della colazione. Il signor Lodge a capotavola leggeva il giornale, David sedeva all'altro capo del tavolo rettangolare. Anne aveva i capelli biondi legati in un'acconciatura che le appiattiva i capelli per tutta la cute, per poi rilasciare la massa di boccoli color grano, defluire attraverso un nastro in un'esplosione di ricci. Portava un vestito Giallo paglierino e sedeva tra il signor Lodge ed Adam. Quest'ultimo la fissava, cercando di essere il più discreto possibile. La scrutava, soffermandosi sul suo viso, schiudendo la bocca. Era meravigliato, stupito.
L'unico posto rimasto libero, ad eccezione di quello riservato a Mary, la quale non era ancora scesa, era la sedia di velluto rosso posta tra l'ufficiale ed il fratello Jonathan. Subito affianco del fratello c'era la tenera Catherine, che si rifiutava di parlare con Adam e che salutò Liza con un sorriso luminoso.

- Liza, vieni.- Così le disse il signor Lodge.

Non era mai affettuoso con le proprie figlie, ma aveva una sorta di attaccamento speciale nei confronti di Liza, nonostante il prediletto fosse Jon.
Elizabeth si avvicinò all'imponente figura del padre, che le prese il volto tra le mani e le baciò la fronte. Quel gesto zittì il resto della famiglia, ma fece sorridere Elizabeth.

La ragazza si sedette, come previsto, vicino all'ufficiale.
Non osava guardarlo negli occhi, voleva cacciarlo via. Era offesa per l'insinuazione della sera prima, non si sarebbe mai aspettata una frase del genere da Adam. O almeno, ancora non si capacitava del perchè l'ufficiale fosse così gentile con le altre dame e non con lei.
Mangiò una fetta di pane con del burro ed una tazza di tè, nulla di più. Continuava a fissare la sedia vuota, sulla quale avrebbe dovuto sedersi Mary.
A tratti fissava impazientemente le lancette del pendolo presente nella sala da pranzo. Udiva lo straziante ticchettio ed ogni secondo di più cresceva la sua ansia nel voler sapere dove fosse la sorella. David aveva detto che la povera ragazza aveva dei dolori di stomaco e Liza sperava con tutta sè stessa, non si fosse ammalata.

- Cosa ti ha detto?- Sussurrò Liza al fratello, stringendogli la mano, mentre lui osservava i lineamenti spigolosi di Catherine.

Aveva gli zigomi alti e leggermente scavati, era estremamente magra.

- E' preoccupata, come tutti del resto. Le spedirò una lettera a settimana, gliel'ho promesso. E' molto delicata la mia "fiamma".- Disse Jonathan lanciando uno sguardo ai capelli, appunto, rosso fuoco della sorella dell'ufficiale.

Liza accennò un sorriso e all'ennesimo ticchettio del pendolo, si alzò nervosamente dalla propria sedia. Lasciò la tavola e si diresse immediatamente verso la stanza dei coniugi Evans. Una volta giunta di fronte alla porta di quella camera, la scostò e fece qualche passo in direzione del letto. Trovò Mary seduta a fissare il muro con un panno tra le mani.
Liza si sedette sul letto, vicino a lei. la stanza era ben illuminata e Mary, la quale indossava unicamente la biancheria intima, continuava a guardare la parete di fronte a sè.
Poi, buttò il panno per terra. Qualche lacrima scese sul suo viso tondo, molto simile a quello di Anne.

Forse stava male, ecco perchè piangeva.

Gli occhi verdi si posarono subito su Liza ed un sorriso magnifico, mai visto prima d'ora sul volto di Mary, si stampò sul viso della ragazza.
Mary rideva ed abbracciò la sorella.

Erano lacrime di gioia.

Liza fissava il panno bianco, candido, sul pavimento ed un presentimento si insinuò dentro di lei.
Tale sensazione venne confermata dalle parole di Mary.

- Liza guardalo, è bianco, candido. Non è sporco. E' all'incirca una settimana che è in quello stato.- Lo sguardo cauto di Elizabeth si posò sul ventre della sorella.

- Tu..?- Liza venne interrotta.

- Aspetto un bambino.


                                                                                      

                                                                                                     **********





Elizabeth passeggiava per il prato immenso di quella villa.
Passeggiò a lungo fino a giungere ad un'enorme distesa di alberi. Era un bosco fitto, troppo per una giovane fanciulla.
Ma Liza necessitava di pace e ritenne quello fosse il luogo adatto per una gita serale. Tenava tra le mani il pezzo di carta. Si inoltrò nel bosco, fino a giungere ad un fiumiciattolo che scorreva lì vicino. Il cielo era nuvoloso ed una leggera pioggerella rendeva il clima fresco e leggermente umido.
Il folto tetto naturale creatosi nella distesa di alberi, non permetteva alle leggere goccioline di passare e faceva filtrare la fioca luce della sera. I morbidi capelli di Elizabeth, a causa dell'umidità, erano divenuti una folta cascata di riccioli castani. Liza si tolse le scarpe e si sedetta su di una roccia, vicino al fiume.

Il suo riflesso nell'acqua aveva i contorni poco definiti ed Elizabeth si divertiva a rovinare la propria immagine, tirandovi sopra dei sassolini.
Vedeva il riflesso nitido del proprio volto pallido e del vestito verde bosco svanire, con un solo tocco, la cosa le piaceva e la divertiva. Nonostante la trovasse al contempo macabra.
Stringeva tra le mani il foglio avorio e avrebbe voluto gettarlo nell'acqua, farlo trasportare e consumare dalla corrente. Ma non lo fece. Lottava per prendere una decisione.
Non sapeva se andare incontro ad Adam e vederlo un' ultima volta, dopodichè cancellarlo dalla sua vita; oppure se evitarlo, non dargli alcuna possibilità e cancellarlo da quel preciso istante. Il fruscio delle foglie e lo scorrere del fiumiciattolo la tranquillizzavano. Chiuse gli occhi e si stese lungo una delle fasce d'erba fiorita che incorniciavano il letto del fiume, immergendo la mano sinistra dentro quest'ultimo. Il profumo di fiori e bacche selvatici le penetrava prepotentemente nelle narici.
L'aria era satura di quel profumo e Liza si sentì, anche lei, parte di quella natura che la circondava.

La sera stava calando e l'unico cielo che vedeva sopra la propria testa continuava ad essere il tetto d'alberi.

Così decise, lo avrebbe dimenticato.

Si alzò lentamente da quella sua posizione che la rilassava ed indietreggiando, per osservare meglio il paesaggio, si scontrò con una superficie umida alle sue spalle.
Si voltò improvvisamente e vide a pochi centimetri dal proprio naso, le froge di un cavallo bianco dilatarsi ed inviarle aria calda dritta sul viso.
Urlò e cadde all'indietro, giusto per vedere l'ufficiale smontare da cavallo ed aiutarla ad alzarsi.

Maledizione! Il destino aveva optato per un incontro prima dell'addio.

- Cosa ci fate qui?- Sbottò Elizabeth scocciata

- Cosa ci fate voi qui? Un uomo come me può passeggiare per i boschi, ma non è cosa buona che una donna si inoltri da sola per questi paesaggi.- l'apostrofò Adam

- So badare a me stessa. A differenza vostra, che non sapete mordervi la lingua per un solo istante!

- Oh, come se voi voste in grado di mettere da parte l'orgoglio - disse l'ufficiale, per poi aggiungere - e, se non erro, noi due avevamo un incontro prestabilito, mia cara Elizabeth.

La sfacciataggine di Adam, fece perdere ad Elizabeth quel minimo di autocontrollo rimastole. La ragazza si portò vicino al giovane, spintonandolo all'indietro e sbattendogli sul naso il fogliettino scritto da lui.

- Sapete cosa me ne faccio delle vostre parole?!- Urlò Liza, per poi strappare con violenza il pezzo di carta davanti agli occhi dell'ufficiale

- Cosa sarebbe questo? Un affronto? Non siete in grado di provocare un uomo, Elizabeth. In tutti i sensi.

Liza si portò una mano sul viso accaldato ed invertì la propria direzione, tornando vicino al fiume. Si sedette e rimase lì. Adam la seguì, sedendosi accanto a lei.

- Perchè volevate vedermi?- Gli domandò Liza

- Volevo discutere un'ultima volta con voi. Sembra che solo in questo modo siate in grado di conversare con me.

- Adam, tacete, per cortesia. Siete un uomo sgradevole e privo di senso dell'umorismo.

- La donna priva di senso dell'umorismo siete voi, mia cara. Voi che non capite che le mie erano parole sarcastiche. Volevo vedervi.

- Per fare cosa?- Elizabeth gli posò involontariamente una mano sul petto.

L'ufficiale si sbilanciò e da seduto, posò il busto sul manto erboso. Si portò le mani dietro la nuca e tirò un lungo sosprio. Liza rimase seduta, lo fissava, fissava quegli occhi infuocati. E con quegli occhi continuava a scrutarlo, aveva un mondo dentro che teneva nascosto e lui, lui ne era affascinato.

- Semplicemente per vedervi.

Quelle parole zittirono Elizabeth che si stese sopra il morbido materasso di fiori, vicino a lui. Guardava il suo profilo, contornato dalla luce fioca che riusciva a penetrare. Quella luce si rifletteva anche nei suoi occhi, puntati al cielo.

- Perchè lo fate?- Elizabeth era seria e continuava a guardarlo, seppur sdraiata.

- Faccio cosa?

- Non lo so, voi...voi siete un rude, villano, odioso. Perchè?

- E' il mio essere.

- Non con gli altri.

Adam si alzò improvvisamente.

- Cosa dovrei dire di voi? Mostrate di essere attratta da me e non negate l'evidenza Elizabeth. Eppure, nonostante ciò, voi baciate un altro uomo.

- Credete davvero di essere così affascinante? Sparite, andate via! Voi per me non siete nulla.

Adam si diresse verso il cavallo, iniziando a slegarlo dal punto nel quale lo aveva legato. Elizabeth lo fissava col volto rosso e ad un certo punto gli diede le spalle, incrociando le braccia al petto. Sul suo volto v'era una smorfia di dolore e Liza non cedette alla tentazione di voltarsi per poter cogliere le emozioni dell'ufficiale.

- Sapete una cosa? Siete una donnetta!- Disse Adam montando a cavallo e spronando quest'ultimo per partire, lasciando così lei da sola.

Elizabeth non si voltò, mai. Nemmeno quando un lampo rischiarò il tetto di foglie ed un tuono rombò talmente forte da percuotere interamente il suo corpo. Non si voltò nemmeno quando vide riflettersi nel ruscello la figura di un cavallo in piedi sulle zampe posteriori. Non si voltò, mai. Neppure quando udì un tonfo.

Ma quando udì le sue grida ed un qualcosa spezzarsi con un rumore secco. Lì non potè fare a meno di voltarsi ed incrociare il suo sguardo, mentre era accasciato per terra, il cavallo imbizzarrito ed il suo braccio contorto in una posizione innaturale.

E fu lì che non potè fare altro che urlare il suo nome, spaventata.




Dalla scrittrice ai lettori:
Cari lettori, come va? Spero vi sia piaciuto il capitolo. Partirò e non posterò per le prossime due settimane, chiedo scusa. Se ci sono degli errori di ortografia vi prego di perdonarmi, il correttore automatico è K.O. Per il resto, il povero Adam sembra essersi fatto male, speriamo si risolverà tutto. Recensite in molti e ditemi cosa ne pensate!
Baci, Felem ♥

Il capitolo è dedicato a Camilla, che ha creato il banner.




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Capitolo 11
*** Le perle del cielo ***


Image and video hosting by TinyPic    Capitolo XI "Le perle del cielo"






Adam giaceva al suolo, con il braccio destro rivolto verso la nuca ed il palmo della mano al suolo.

Quella posizione innaturale inizialmente impressionò Elizabeth che, subito dopo, si mise all'opera per cercare aiuto. Ora pioveva ed il tetto d'alberi non era sufficiente a trattenere le lacrime del cielo e le fratte grondavano d'acqua piovana, come i vestiti di Liza. L'ufficiale la fissava con il volto contratto in un'espressione di dolore e gli occhi azzurri puntati sul suo volto la supplicavano di non lasciarlo lì da solo.

Elizabeth si accasciò al suolo, vicino alla figura di Adam e gli portò un braccio sotto le ascelle, aiutandolo così ad alzarsi in piedi, il braccio destro era zuppo di sangue e Liza cercava di non guardarlo, evitando di sentirsi male. Elizabeth e l'ufficiale, seguiti dal destriero bianco si allontanarono di poco dal fiumiciattolo e la giovane fece sedere l'uomo in un punto riparato dalla pioggia, mentre lei zuppa, legava il cavallo ad un albero.

- Cosa fate?

- Sono molto più veloce da sola, che con voi alle costole. Cercherò aiuto. Sarò di ritorno a breve.- Disse Liza, mostrando il suo totale disinteresse nei confronti dell'ufficiale.

Adam non disse nulla, era un uomo forte. Appoggiò il busto al tronco di un albero e attese lì immobile che Elizabeth facesse qualcosa. La ragazza lo intuì e vedendo il braccio di lui continuare a grondare di sangue, gli si avvicinò, prendendogli il volto tra le mani e sussurrandogli parole rassicuranti.

- Fidatevi di me, sarò di ritorno al più presto. Resistete, le donnette sanno essere molto veloci.

Adam accennò un sorriso, appena in tempo per vedere la figura di lei, che scalza correva per la distesa.
Elizabeth correva, senza sosta, vedendo il paesaggio intorno a lei divenire un mescolarsi di trattini ed ombre. La pioggia le offuscava la vista ed i vestiti bagnati appesantivano la sua corsa. Corse a più non posso, con la gonna ed i piedi inzaccherati ed i capelli sciolti completamente bagnati.
Giunse di fronte al portone della villa, poi si bloccò di colpo. Se avesse aperto quella porta, se avesse chiesto aiuto alla sua famiglia nessuno si sarebbe risparmiato i commenti.
Si sarebbero chiesti cosa ci facessero i due giovani soli nel bosco. Elizabeth era pietrificata, col fiatone, dinanzi al portone di ferro e legno di fronte alla villa. Poi avvertì una mano dietro la schiena e si girò immediatamente. Due occhi verde bosco, perfettamente intonati al suo abito la scrutarono preoccupati.

- Cosa fate qui, da sola, sotto la pioggia?- Chiese il giovane medico, impugnando un ombrello e coprendo l'esile figura di Liza.

- Aiutatemi, vi prego.- Quasi sussurrò la ragazza, abbastanza forte perchè Metthew potesse sentirla.

- Devo visitare Catherine, Elizabeth, non potete chiedermi questo!- Matthew la stringeva a sè ed Elizabeth lo spintonò via.

- E' ferito! E' lì da solo! Adam è nel bosco, vi prego!

E fu così che il medico non resistette alle parole supplichevoli della ragazza e la seguì per il bosco, più veloce che mai e quando vide, anche lui che era un medico, rimase sconvolto.
L'ufficiale si era tolto la giacca e perfino la camicia bianca intrisa di sangue. La carne dell'avambraccio era lacerata ed un qualcosa di appuntito spuntava da quest'ultima. Osso avrebbe detto Elizabeth. Il medico si affiancò a quest'ultimo con la valigetta di pelle nera e ne tirò fuori una stecca di legno, lunga all'incirca quaranta centimetri. Guardò a lungo la frattura di Adam per poi esordire.

- Signor Evans, è una frattura scomposta.- Così richiamò Liza al suo fianco e gli chiese di tenere la mano dell'ufficiale.

Fu tutto talmente rapito, tutto talmente veloce che Elizabeth percepì unicamente un lamento soffocato, vide l'ufficiale digrignare i denti ed infine il braccio tornato alla posizione originale. Matthew tirò fuori dalla valigetta un ago sterilizzato ed una volta immerso in un liquido trasparente, trafisse la carne dell'ufficiale con quell'arnese, come fosse stato un abito o un pezzo di stoffa. Adam taceva, non un lamento, teneva gli occhi chiusi e Liza avvertiva la stretta dell'ufficiale farsi sempre più forte. Quando il medico finì di operare, Adam si decise a lasciarle la mano e rimase stupito lui stesso, dei segni violacei che aveva impresso sui polsi della fanciulla, che lo guardava preoccupata, non curandosi dei propri lividi.

- Liza, prendetemi quella garza.

Elizabeth aprì la valigetta e tra siringhe e vari utensili da medico, tirò fuori una garza candida che avvolse attorno al braccio dell'ufficiale, con movimenti delicati.
Una volta fatta la fasciatura i tre si incamminarono verso l'abitazione. Matthew ed Elizabeth si guardavano e a tratti si sorridevano, mentre Adam che camminava tra i due, guardava in cagnesco la figura del medico.

- Vi ringrazio per la medicazione.- Così l'aveva ringraziato Adam.

- E' il mio lavoro signor Evans. Tutto per Elizabeth.- Disse queste parole estremamente lusinghiere, che al contrario di ogni aspettativa, suscitarono un fastidio insolito in Liza.

L'ufficiale non potè fare a meno di scoppiare in una sonora risata udendo le parole del medico e a seguito notare l'espressione contrariata di Elizabeth.

- Davvero? Elizabeth vi ha chiesto di curarmi?- Chiese divertito Adam.

- Mi ha implorato di salvarvi.- Incalzò Matthew, sorridendo ad Elizabeth, che sprofondava nell'imbarazzo.

- Davvero? Davvero Elizabeth?- Chiese sorridendole maliziosamente l'ufficiale.

- So essere caritatevole.- Così terminò la discussione Liza.

Giunsero di fronte al portone, che questa volta aprirono. Matthew si recò immediatamente nella stanza di Catherine, domandando a Liza di accompagnare l'ufficiale in camera sua.
Salirono le scale insieme ed Elizabeth non lo degnò di uno sguardo. Lo aiutò ad asciugarsi, pulirsi e ad infilarsi una camicia, non riuscendo a non fissare i pettorali scolpiti e quel corpo sinuoso che le si presentava davanti. Era bagnata fradicia, senza le scarpe ed interamente ricoperta di fango. Si diede uno sguardo veloce e si accorse che Adam per un attimo fugace posò il proprio sguardo sulla scollatura della ragazza.

"Siete una donnetta"

Ed è così che si sentiva in quel momento, una donnetta. Stava facendo del male a Matthew, passando del tempo con l'ufficiale ed illudendolo a questo modo. Stava facendo del male a sè stessa, ogni volta che sentendo quel profumo di gelsomini, fremeva all'idea che l'ufficiale potesse accarezzarla, anche solo con quel profumo.
Cercò di rimuovere quei pensieri e dando un'ultimo sguardo all'ufficiale e ripensando a quanto lui la odiasse, dopo quella passeggiata che si era rivelata più pericolosa del previsto, gli sorrise. Gli sorrise, come non aveva mai fatto, con un tale modo ed una tale finzione in quella sua allegria da spaventare anche sè stessa.
Ma quel suo sorriso esagerato, non copriva il dolore in fondo ai suoi occhi ed Adam se ne accorse.

- Non penso siate una donnetta, sia ben chiaro. Penso solo siate estremamente sciocca.

Disse l'uomo rudemente, senza peli sulla lingua. Con una tale fermezza e freddezza che fece irrigidire Liza.

Come aveva fatto a percepire i suoi pensieri?

Elizabeth si limitò a chinare il capo, in segno di rispetto.

- Lo so.- Disse, per poi fare un lieve inchino ed uscire da quella stanza, ancora una volta, nelle peggiori delle condizioni.

Andò in camera sua e dopo essersi lavata e cambiata si recò dalla sorella maggiore.
La trovò davanti alla finestra, mentre osservava le goccioline di pioggia cadere all'impazzata. Elizabeth le si avvicinò da dietro, per poi cingerle il busto con le braccia, affondando la testa nella sua schiena. Sentì le mani calde della sorella afferrarle le proprie e tirò un sospiro di sollievo nel sentire quella stretta delicata.

- Liza, cosa facevi lì?- Di nuovo una morsa le prese il petto e per un istante le fu impossibile respirare.

-Passeggiavo Mary, devi credermi, poi l'ufficiale a cavallo è giunto da me. Non sapevamo entrambi che ci saremmo incontrati. Poi un fulmine, il cavallo si è spaventato ed Adam è caduto.

Mary lasciò le mani della sorella e la fissò a lungo, con i lineamenti duri e gli occhi vispi che la rimproveravano.

- Da quando lo chiami per nome, Liza?

Elizabeth non potè fare altro che chinare il capo e posare entrambe le mani aperte sul ventre della sorella, che si ammorbidì, dopo quel gesto così spontaneo.

- Mi è venuto spontaneo, Mary. Perdonami.

Cosa stava accadendo all'animo gentile della sorella maggiore?

- Non deve più accadere.- Mary le prese il volto tra le mani con un'espressione preoccupata -Nessuno, mai, deve notare la vostra affinità, Liza. Reprimila. Sarebbe un disonore.

Mary la fissava ed Elizabeth cercava di distogliere lo sguardo dagli occhi verdi della sorella.

- Elizabeth, pensa solo a cosa potrebbero pensare gli altri!

Quando Liza finalmente la guardò negli occhi, vide il suo riflesso in quelle iridi. Si buttò ai piedi della sorella, affondando il viso tra le pieghe della sua gonna, sentendo il morbido velluto aderirle al volto. Disse parole espresse in un lamento, che Mary udì e che non potè far a meno di comprendere.

- Ti prego, Mary, perdonami.

I lineamenti della ragazza si rilassarono e posò una mano sulla spalla di Elizabeth. Ci fu un silenzio atroce, che seguì quel gesto altrettanto freddo. Quell'insopportabile tacere delle due sorelle, fu interrotto dall'irruzione violenta in camera, di una terza fanciulla.

- Sorelline mie! Il povero Adam è ferito. Che disgrazia! Lo andrò a trovare nella sua stanza a breve.

Anne saltò sulle spalle di Liza, che si era rialzata e per poco non la fece cadere, stampandole un bacio sulla guancia. Elizabeth cercava un rifugio dalle parole e dall'umiliazione subita dalla sorella e non poté fare altro che fiondarsi tra le braccia di Anne. La quale era ben felice di poter esprimere il proprio affetto nei confronti della sorella.
Amava gli abbracci, non era come Elizabeth. Anne era sempre gioiosa, faceva amicizia con tutti ed era solare come nessun'altro nella famiglia. Elizabeth, invece, era taciturna, ombrosa, i suoi amici erano i libri. I suoi amori erano le parole, il migliore afrodisiaco per lei.

I suoi amici, i suoi affetti reali stavano svanendo in un vortice senza fine.


                                                                                           **********




Robert giocherellava con una cordicina trovata per terra e si divertiva a fare nodi di ogni tipo.

Correva per i corridoi, stringendo un cuscino tra le mani e lanciandosi sul pavimento marmoreo, lucidato con la cera, tenendo sotto il ventre il morbido pezzo di stoffa riempito con delle piume. Così scivolava, come trasportato da una corrente invisibile, per i lunghi corridoi di casa Evans. Jonathan lo chiamava "pinguino" quando si comportava in questo modo. Cosa fosse un pinguino Robert non lo sapeva, ma Jon gli aveva detto che scivolava sul ghiaccio proprio come lui.

Chi era questo pinguino?

Dopo aver terminato la sua slittata folle lungo i corridoi, decise che avrebbe inventato qualche nuovo gioco per le scale della villa. Scendeva due a due i gradini dell'abitazione, quando fuori dalla finestra si accorse che aveva cessato parzialmente di piovere. Persisteva qualche gocciolina, ma a Robert non importava, a lui piaceva saltare nelle pozzanghere di fango. Lo faceva sempre con Elizabeth. Per questo motivo decise di chiamarla.

- Liza! Liza! Le pozzanghere di fango!- Così le aveva urlato giunto in fondo alla scalinata.

La signora Lodge ed il resto della famiglia erano riuniti in una stanza circolare, con un caminetto e delle poltrone bordeaux. Robert era affascinato dal fuoco e guardava le scintille scoppiettare sopra il legno umido.

Si guardò intorno, c'erano tutti, tranne Anne ed il signore vestito di bianco che si era rotto il braccio. Liza sedeva vicino al camino con un libro in mano, aveva l'aria triste e Robert le tirò la gonna, fino a trascinarla fuori dalla stanza.

- Le pozzanghere, Liza!

Un lampo attraversò lo sguardo della ragazza e Rob, in pochi secondi, si ritrovò a correre per il prato umido con la sorella maggiore.
Correva e sentiva ancora qualche gocciolina cadergli sul volto roseo e pulito. Indossava una camicia di flanella color avorio ed i calzoni arrotolati fino al ginocchio gli rendevano i movimenti più facili.

- Ti sfido, Elizabeth!- Urlò alla sorella mentre continuavano entrambi la loro corsa.

- Ah, sì? Cosa proponi?- Lo canzonò Liza.

- Una caccia al tesoro.

Robert vide la sorella fermare di scatto la sua corse ed incuriosita avvicinarsi a lui.

- Di che genere?

- Ti ricordi che David ha detto che i suoi porta fortuna erano delle pietre blu? Quelle che si nascondono nei giardini e che servono per abbellire la casa. Sono preziose ed in tutto devono essere poche. A chi ne trova di più- Disse per poi tenderle la mano tenera - Accetti?

Liza strinse la mano di Robert ed in un soffio pronunciò quella fatidica parola.

- Ci sto.

Ed in un soffio volò via, alla ricerca delle sfere blu.

Le strade dei fratelli si separarono e Rob si infilò in uno stretto labirinto presente nella villa. Era enorme ed era contornato di statue e cespugli alti il triplo di lui. Esplorava i piccoli angioletti di pietra con le soffici mani e perlustrava il terreno infangato alla ricerca delle "perle del cielo", così le chiamava David. Erano il suo porta fortuna, appartenevano da generazioni alla propria famiglia e dovunque andasse le portava con sè. Per innaugurare l'abitazione le avevano sparse per il giardino ed ora Robert le avrebbe trovate, avrebbe battuto Liza a tutti costi. Sentì un rumore e si accasciò sotto una delle pareti erbose. Sentiva il terriccio aderirgli alle guance e tastando il suolo con le dita, sentì un bozzetto sotto il palmo. La pioggerellina non cessava e lo rinfrescava dalla lunga corsa. Scavò accuratamente ed estrasse da suolo una delle pietre sferiche. la guardò in contrasto con la luce fioca che traspariva dalla fitta coltre di nubi sopra la sua testa. Era blu ed assumeva delle sfumature violacee. Se la infilò in tasca e continuò la sua corsa disperata verso le altre perle.

Corri Robert!

E lui correva senza sosta. I capelli castani che gli aderivano alla fronte sudata, la mano destra in tasca per assicurarsi di non perdere il bottino. Sentiva dei passi.

Non ti fermare, Robert!

Lui la prendeva sul serio. Se l'avessero trovato? Di certo non lo avrebbero ucciso come nelle favole, al massimo gli avrebbero fatto il solletico. Ma la sua era una favola e sentiva l'adrenalina salire nel suo corpo minuto. Continuava a correre, con il volto ed i vestiti sporchi di terra. Poi la vide, tra i cespugli vide quella fontana, il centro di quel labirinto dal quale sapeva, sarebbe stato molto difficile uscire. Fece qualche passo avanti, cautamente, controllando che la sorella non fosse nei paraggi. Poi immerse interamente il braccio nell'acqua cristallina e vi tirò fuori fiori secchi, bacche, un nocciolo perfino. Poi sentì un qualcosa di duro e nuovamente estrasse una perla.

Sentiva una voce femminile, Elizabeth era vicina, corse. Corse come non mai. Il terrore cresceva nelle sue membra e sentiva il corpo affaticato e dolorante. Giunse ad un vicolo cieco e decise così, di passare sotto l'altra mura d'erba e si ritrovò davanti a due giovani.

Era in mezzo a due muri d'erba e di foglie, accarezzava l'edera con una mano e con l'altra tastava il proprio bottino. I due ragazzi non si erano accorti di lui.
Lui era il signore vestito di bianco, che copriva con i riccioli biondi il viso della fanciulla. Lei indossava un vestito giallo paglierino. Finalmente si staccarono e Robert, nascondendosi dietro all'alto muro d'erba vide il volto di Anne.

Cosa stavano facendo? Perchè appiccicavano le proprie facce? Si stavano mordendo? Forse avevano litigato ed era un loro modo per picchiarsi. Doveva forse intervenire?

I due continuavano quella strana danza e Robert era disgustato alla vista dei due abbracciati che appiccicavano, socchiudevano, mordevano l'uno le labbra dell'altra. Poi capì, quello era un bacio. Il papà glielo aveva descritto ed una volta gli disse che lui ne aveva dati tanti da ragazzo, ma che mai ne aveva dato uno come alla mamma.
Robert era inorridito da quello spettacolo, lui di certo non avrebbe mai baciato.

Poi una mano gli toccò la spalla e Rob sussultò.

- Ne ho trovate tre! Ora ti ruberò tutte le pietre!- Così gli aveva detto Elizabeth.

Poi l'aveva vista, aveva visto il suo volto contrarsi nel vedere l'uomo in bianco baciare Anne. Lui si era subito staccato e aveva guardato Elizabeth, che era corsa via, facendo cadere a terra le perle azzurre.

Forse, perfino lei, era troppo disgustata per guardare quel bacio.






Dalla scrittrice ai lettori:
Carissimi lettori, chiedo venia. Scusatemi tantissimo, è molto, troppo tempo che non aggiorno, ma la connessione è assente e sto scrivendo altre due ff.
Mi dispiace avervi fatto attendere così a lungo. Vi auguro una buona lettura, recensite in molti. 
Baci, Felem ♥

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Capitolo 12
*** Mostri ***


Image and video hosting by TinyPic Capitolo XII "Mostri"




Elizabeth era rintanata sotto il suo letto.
Sopra di lei poteva solo vedere le travi sottostanti al materasso e quel poco che riusciva ad intravedere era offuscato dalle lacrime, che le bagnavano il volto. Cercava di trattenerle, ma nulla le impediva di versare la prova concreta che vedere Anne e l'ufficiale assieme la turbava. Era stesa su un fianco, sul pavimento di marmo e taceva, mentre la lacrime salate le bagnavano le labbra. Non voleva vedere nessuno.

Perchè quella reazione? Cosa le importava di chi baciasse o meno l'ufficiale?

Anne era bella, le sembrava più che normale che un uomo palesemente attratto dalle belle donne, le andasse dietro. Allora perchè sentiva un peso sul petto e non riusciva ad impedire alle lacrime di affiorare sul suo viso? Si mordeva il labbro inferiore, cercando di reprimere il pianto.
Il suo sguardo era spento, il suo volto era ritornato stanco, sembrava esser invecchiata cent'anni tutti insieme. I capelli sciolti ricadevano sul pavimento e qualche ciocca castana le si appiccicava sul viso accaldato. Si portava le mani sugli occhi a stropicciarseli con foga. Una mano morbida le accarezzò il braccio ed Elizbeth pregò con tutta sè stessa che non fosse l'ufficiale. Non voleva vederlo, non voleva guardarlo negli occhi ed urlargli di andare via ancora una volta. Socchiuse leggermente le dita, per scorgere il volto di chi in quel momento le accarezzava il viso. Fu sollevata nel scorgere gli occhi verdi di Robert e gli sorrise, fingendosi allegra.

- Perchè sei scappata?- Le aveva chiesto il bambino castano.

Liza non trovava la forza di rispondere, lo guardava attraverso le fessure tra le sue dita e non osava levare quel muro di mani di fronte ai suoi occhi.

- I baci fanno paura anche a me. Io non bacerò mai, Liza.

Elizabeth tolse finalmente le mani dal viso e potè incrociare lo sguardo innocente di Robert, che la guardava con fare protettivo.

- Non baciare mai, Robert.- Gli disse Elizabeth guardandolo negli occhi.

- Sono disgustosi.- Continuò il bambino.

Liza gli sorrise, ma si sentì al contempo in colpa per quella sua affermazione. Aveva baciato, aveva desiderato di essere baciata, aveva visto persone baciarsi e sempre, sempre i baci le avevano portato del dolore. Avrebbe voluto poter dire al fratello che i baci erano un qualcosa di unico, una sorta di nutrimento per l'anima e che il corpo ne era insaziabile. Ma non lo fece, perchè mai nella sua vita aveva provato l'ebrezza della fame verso un bacio, un uomo. Ed il bacio tra Anne ed Adam l'aveva disgustata, ferita, devastata.

- Saranno la causa della mia infelicità.- Aveva commentato, forse un po' troppo nostalgicamente, Elizabeth.

- Se ti spaventano mandali via.- Aveva detto Rob, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Elizabeth lo guardò incuriosita.

- Come?

- Quando Jon mi racconta dei mostri viscidi delle paludi, che si sono stufati dell'umidità e vivono dentro gli armadi asciutti, io quando ho paura chiudo gli occhi. E loro se ne vanno.

- Mi stai suggerendo di non vedere per convincermi che l'ufficiale e nostra sorella non si siano baciati?

- Ti sto dicendo come non pensarci. Con i mostri funziona.

Liza rotolò fuori da quello spazio angusto e si mise a sedere sul letto assieme al fratellino.

- Potrebbe funzionare.- Rispose Liza con gli occhi lucidi.

Robert si alzò, stringendo le "perle del cielo" tra le mani e tirandone una ad Elizabeth, che la prese al volo e fece per uscire dalla camera.

- Liza, un'ultima cosa. Credo che tu abbia paura solo dei baci dell'uomo vestito di bianco.- Detto questo il bimbo uscì.

Elizabeth rimase immobile a fissare la porta bianca della sua stanza richiudersi con forza. Dopo ricominciò a guardare la finestra della sua camera, alla quale non si era mai avvicinata per paura di cadere.

Se fosse caduta a chi sarebbe importato? Non a lei, di certo.

Fissava le goccioline cadere dal cielo plumbeo e si massaggiava le tempie in attesa che il mal di testa improvviso che l'aveva colta se ne andasse via.

"
... io quando ho paura chiudo gli occhi. E loro se ne vanno."

Liza chiuse gli occhi e contò fino  a dieci.
Uno, lei non era entrata nel labirinto; due, non aveva visto Adam ed Anne insieme; tre, loro non si erano baciati; quattro, ad Elizabeth non era importato nulla; cinque, lei non ci teneva all'ufficiale; sei, non avrebbe più ceduto alla tentazione di essere sua; sette, Adam non era suo; otto, non avevano danzato insieme; nove, per lei l'ufficiale era un semplice conoscente tutt'altro che affascinante.
Dieci, per lei Adam non era nessuno.


 Riaprì gli occhi e sentì l'immediato bisogno di ripulirsi. Andò in bagno e si immerse nella vasca colma d'acqua bollente.
Tenne il capo sott'acqua, fino a sentire i polmoni bruciare e la vista divenire offuscata. Ripetè quest'azione per più volte. Riemergeva da quello stato vegetativo ed ogni volta si sentiva rinascere più forte, ritornando alla ragazza che era prima. Orgogliosa e terribilmente indifferente a ciò che la circondava. Impossibile da scalfire e da conquistare. L'acqua fortificava sempre di più la sua corazza, ripulendola definitivamente dalle sue emozioni.

Uscì dalla vasca di porcellana, dirigendosi in camera sua completamente nuda e col corpo bagnato. Si osservò attentamente a quello che era lo specchio presente su una delle ante dell'armadio. Il corpo era flessuoso e delicato, reso lucido dall'acqua, le spalle larghe, il seno ben definito, nonostante le sue forme ancora immature, il collo sottile e le gambe lunghe. I capelli castani sciolti le aderivano alla schiena candida e le braccia esili lungo il suo corpo, le quali terminavano col le mani affusolate, stese l'ungo i fianchi. Gli occhi scuri puntati sul proprio riflesso, la bocca carnosa delineava una sorta di ghigno sul volto di Liza, dandole un'aria altezzosa.
Elizabeth si asciugò il corpo ed i morbidi capelli, indossando un vestito rosso bordeaux, anch'esso con i bordi d'oro. Si legò i capelli in un insieme di trecce, che le ruotavano attorno alla nuca, con dei movimenti concentrici, fino a giungere al centro del cranio. Alcune ciocche castane le ricadevano sul viso divenuto duro, in dei boccoli fluenti. Scese le scale, tenendo la testa alta e guardando dritta davanti a sè.

Entrò nel salotto, là dove erano tutti seduti a sorseggiare del tè. Lo sguardo dei presenti si posò sulla sua figura ed Elizabeth vide David accennare un sorriso compiaciuto.
Si sedette su una delle poltrone dello stesso colore del suo abito, come se nulla fosse. Adam la guardava preoccupato, era fredda e l'unica persona che degnò di un sorriso fu Robert.  Il bambino si sedette al suo fianco ed Elizabeth notò, fingendo uno sguardo compiaciuto, che la sorella minore guardava con gli occhi sognanti la figura dell'ufficiale, che continuava perplesso a fissare il volto di Liza.

- Come mai ti sei cambiata?- Quella voce che Elizabeth un tempo aveva considerato come una casa nella quale rifugiarsi, interruppe il silenzio creatosi nella stanza.

- Mi sentivo - Liza guardò dall'alto al basso Adam - sporca, Mary cara.

A Mary non sfuggì quella permanenza dello sguardo di Elizabeth sul corpo dell'ufficiale e, notando la sorella minore Anne, guardare Adam con uno sguardo inebetito capì che Liza si riferiva ai due.

- Cosa intendete?- Le aveva domandato poi l'ufficiale guardandola con il suo solito fare ironico.

Non l'avrebbe presa in giro, non questa volta.

- Preferirei non rispondere. Mi è alquanto difficile parlare di sporco con una persona che ha una tale familiarità con quest'ultimo.

Elizabeth gli sorrise con aria vittoriosa. Vide l'ufficiale dilatare le narici e mordersi il labbro superiore, trattenendosi dal rispondere. Anne intuì qualcosa e sorrise imbarazzata, a lei non sarebbe affatto dispiaciuto se l'intera Inghilterra avesse saputo di quel loro bacio. La tensione di poteva tagliare con il coltello, mentre i due giovani si guardavano in cagnesco.

- Ti donano i capelli in questo modo, vedo che hai seguito i miei consigli.- Esultò all'improvviso Anne, rivolgendosi alla sorella Elizabeth e sperando che quest'ultima le riconoscesse tale merito.

Robert si mise a ridere, Liza mantenne la sua compostezza.

- Ti ringrazio, Anne. Ora scusatemi, ho un gran mal di testa, preferisco riposare. Catherine?- Disse Elizabeth notando l'assenza della ragazza.

- Non si sente troppo bene.- Le rispose freddamente Adam, aveva l'aria ferita, ma non lo fece notare.

Elizabeth si alzò e si recò presso il lungo corridoio, costeggiato dalle camere da letto. Si soffermò a lungo davanti alla stanza di Catherine, ma alla fine si convinse a non entrare. probabilmente stava riposando. Continuò il suo percorso, passando davanti alla propria camera, fermandosi davanti alla porta ed entrando all'interno della stanza. Se ne stava rintanata in quel luogo, senza voler vedere nessuno, continuando a fissare la finestra, senza mai sporsi da questa. Si morse il labbro inferiore e buttò fuori tutto l'odio che aveva in corpo. Emise un urlo straziante, portandosi un cuscino davanti alla bocca e sopprimendo quello sfogo.

Qualcuno bussò prepotentemente alla porta.

- Non voglio vedere nessuno, al momento non mi sento bene.- Disse Liza sicura che chi stesse bussando fosse la madre.

- Non importa.- Così disse la voce maschile.

L'ufficiale con il braccio non fasciato aprì la porta e si recò infuriato al cospetto di Liza. Il suo petto si abbassava ed alzava ritmicamente ad una velocità impressionante ed aveva il volto paonazzo, in contrasto con gli occhi ghiacciati. Elizabeth lo guardava sorpresa ed infastidita.

- Ho detto che non mi sento bene.

- Voi, voi non avete alcun diritto di trattarmi così!- Le urlò a pochi centimetri dal viso.

- Io vi tratto come mi pare. Ora osate dire che le mie parole sono menzogne e non vi rivolgerò mai più la parola.

Liza incrociò le braccia al petto e fissò a lungo la figura dell'ufficiale.

- Vostra sorella mi ha baciato ed io ho ben volentieri accettato il dono che mi è stato offerto.- Sorrise lui.

- Bene, ne sono felice. Non capisco per quale futile motivo stiamo discutendo di una simile sciocchezza.

L'ufficiale la guardò a lungo. Poi si diresse con passo spedito verso la sua figura minuta. Liza tolse le braccia dal proprio petto, facendo qualche passo indietro e portandosi le mani lungo i fianchi. Adam le prese la mano destra e portò Elizabeth a pochi centimetri dal proprio viso. Inseguito lasciò la mano di Liza e con il braccio sinistro, le strinse con forza la giuntura che univa il busto alla gonna ed Elizabeth non potè fare altro che afferrargli la giacca con le mani sottili, per non sbilanciarsi.

Anche con un braccio rotto, i suoi movimenti erano sempre così dannatamente sensuali e fluidi.

Le sfiorò il naso con le labbra ed Elizabeth fu pervasa da un brivido che cercò di reprimere.

- Dopo averci visto, Elizabeth, siete corsa via.

Liza non fece nulla per allontanarsi da quella presa, dalla quale si sarebbe facilmente potuta divincolare. Sentiva il suo respiro caldo sul volto ed avrebbe desiderato essere un po' più alta per poter sentire quelle labbra non più sulla punta del suo naso, ma sulla sua stessa bocca.

Basta. Doveva essere forte, doveva resistere.

- Mi disgusta vedere la mia amata sorellina illusa a questo modo da voi.

Adam accorciò ulteriormente le distanze ed Elizabeth si sentì catturata da quel suo profumo che la inebriava.

- Volevate essere voi al suo posto, ammettetelo.

L'intera figura di Liza fu colta da un calore improvviso, seguito da un fremito, che Elizabeth non seppe controllare e che non sfuggì all'ufficiale. Il quale a fin troppe dame aveva procurato quella medesima sensazione.

- Mai.

Adam le posò la mano sinistra sul petto, facendola indietreggiare, fino a farle posare il bacino sul bordo della finestra. Elizabeth non ci fece caso, aveva annullato totalmente le sue paure ed il mondo esterno, in quel preciso istante. Riusciva a sentire solo il suo profumo. In questo modo Liza era sopraelevata e finalmente aveva libero accesso alle labbra di lui.

- Ve lo concedo Elizabeth. Vi concedo le mie labbra, so che lo volete.

Liza sentì quel calore pervaderla a tal punto da riportarla con i piedi per terra. Si girò di scatto, scorgendo il paesaggio marittimo dietro le sue spalle ed ebbe un sussulto, afferrandosi alle spalle di lui. Scese immediatamente da quella posizione ed Adam scoppiò a ridere.

- Una donna della vostra portata ha paura delle altezze?

Della sua portata? Cosa intendeva con quella frase dalle mille ed ambigue interpretazioni?

- Lasciate che io vi aiuti a superare le vostre paure.


"Se ti spaventano mandali via." Lei non aveva paura.

Si avvicinò a lui, guardandolo negli occhi. Quelle iridi di ghiaccio, meravigliose, gelide eppure in grado di scioglierla. Quello sguardo così profondo che la metteva a nudo, la spogliava.


"... io quando ho paura chiudo gli occhi. E loro se ne vanno." Elizabeth lo voleva lì con sè.

Gli strinse la mano e sentì il suo tocco e le dita lunghe intrecciarsi nuovamente con le sue. Guardò la finestra ma non si fermò di fronte a quella sua paura con lui al suo fianco.


"Mi stai suggerendo di non vedere per convincermi che l'ufficiale e nostra sorella non si siano baciati?" Non faceva altro che pensarci.

Aveva quell'immagine fissa nella mente, si sedette sul davanzale.


"Ti sto dicendo come non pensarci. Con i mostri funziona." Lui era un odioso mostro.

Quando sentì il suo braccio cingerle il ventre, una sicurezza le riscaldò i pensieri e per un attimo riuscì a non pensare ad altro che al suo tocco.

" Potrebbe funzionare." Funzionava e come.

Il vento le accarezzava il viso e sentiva l'adrenalina salire nel suo corpo minuto, vedendo la distesa d'alberi così piccola sotto i suoi occhi scuri.


"Saranno la causa della mia infelicità." Eppure Elizabeth sembrava essere così felice.

Iniziò a ridere e quando voltò il viso per cercare i suoi occhi, anche lui rideva e si sentì immensamente attratta da quel suo volto mascolino e ben marcato. I loro visi così vicini, Liza sentì l'impudico bisogno di sporgersi ulteriormente sulla sua figura. Quando lei fu sul punto di sfiorare le sue labbra e richiedere un bacio, Adam indietreggiò e scoppiò in una risata beffarda.

"
Liza, un'ultima cosa. Credo che tu abbia paura solo dei baci dell'uomo vestito di bianco." Ed era così.

Liza lo guardò, lui rideva e la guardava come se fosse stata un fenomeno da baraccone. Lei lo aveva umiliato e lui stava facendo lo stesso con lei.
La stava umiliando, si era fatto mostrare la sua parte più vera, per poi ferirla. Mostrandogli che in fondo era lei a desiderarlo e che quel desiderio non si sarebbe spento così facilmente.


"Saranno la causa della mia infelicità." Ora si sentiva realmente sconfitta, infelice.

- Nessuno mi tratta in quel modo di fronte ad altre persone.- Le disse in un soffio.


Adam aveva vinto, ancora una volta. Ed Elizabeth se ne rese conto solo quando lo vide uscire dalla sua camera. 
 
 
Dalla scrittrice ai lettori:
Cari lettori, come sempre scusate per il ritardo. Sono una ritardataria, è risaputo. Allora, vi è piaciuto il capitolo? Se sì mi piacerebbe recensiste.
Baci, Felem ♥
Alla prossima!

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Capitolo 13
*** La partenza ***


Image and video hosting by TinyPic                                                                     Capitolo XIII "La partenza"




Canterbury (Londra), 26 Giugno 1807

Elizabeth si svegliò appena in tempo per udire i passi affrettati dei suoi coinquilini. Dopo essersi preparata si fiondò giù per le scale vedendo un carretto di legno pieno zeppo di paglia. Robert giocherellava con i fili d'erba secca e picchiettava con un bastoncino sulle ruote del carro, Anne stringeva un fazzoletto di seta bianco tra le mani e Mary sistemava accuratamente il colletto della giacca di Jonathan. Un uomo calvo, dai folti baffi bianchi era alla guida del carretto ed aiutava David a caricare i bagagli su quest'ultimo. L'uomo anziano indossava una lunga tunica sgualcita intrisa di sudore ed un gilè di pelle scuro.

Adam fissava il tutto mordendosi il labbro inferiore, si sentiva impotente, inutile, in quel suo stare immobile a causa della frattura. Il braccio fasciato con centinaia di strati di stoffa bianca, non gli impediva di mantenere il suo contegno ed il suo solito fare arrogante.

Liza si guardava in giro alla ricerca di Catherine, che ancora non era scesa. Dalla notizia della partenza nessuno l'aveva più vista girare per casa.
L'aria era umida a causa delle piogge, quel giorno il cielo era leggermente nuvoloso, ma non v'era alcuna traccia di un'imminente tempesta. La signora Lodge accarezzava il viso di Jon, facendogli mille raccomandazioni, mentre il signor Lodge cercava in tutti i modi di essere utile. Egli sollevava casse piene di roba e le issava sul carro, per poi sedersi su un busto d'albero mozzato ed asciugarsi la fronte con la manica.

Improvvisamente da dietro il mucchio di paglia sbucò la figura del medico, anch'esso intento a sistemare i propri bagagli. Stringeva tra le mani la lettera e non guardò mai in faccia Elizabeth. I due non si erano più parlati dal giorno in cui Matthew aveva soccorso l'ufficiale. Adam puntò le iridi azzurre sulla figura del medico, a tratti posandosi su di Elizabeth per poter scorgere un qualche cenno sul volto di quest'ultima nel vedere Matthew. Liza teneva gli occhi scuri sull'uomo calvo alla guida del carro. Era un vecchio panciuto, i lunghi baffi gli coprivano il labbro superiore ed emanava un odore forte, del quale era impregnato l'intero mezzo di trasporto. C'era un qualcosa di inquietante in quella singolare figura, Elizabeth non avrebbe saputo definire cosa fosse, ma non osò mai rivolgere parola all'uomo. Matthew oramai aveva terminato di sistemare i propri bagagli sul carro, ma i vispi occhi verdi continuavano ad osservare impazienti Liza, la quale si trovava di fianco all'ufficiale e che sperò con tutta sè stessa che arrivasse il fratello ad interrompere quel triangolo di sguardi. I suoi desideri furono avverati.

- Non mi saluti piccolina?- Jonathan le affondò una mano nei capelli castani e glieli arruffò con un gesto secco, che fece sorridere Liza.

- Non me ne hai dato il tempo.

- Oh, dannazione! Sei sempre pronta a discutere.- La rimproverò Jon.

Il giovane non fece in tempo a terminare la sua ramanzina che si ritrovò le braccia esili di Elizabeth attorno al collo. Sentiva il suo respiro sul petto ed i suoi capelli arruffati sotto il mento liscio.

- Sta' attento, Jon.

- Sono un Lodge - Le disse accarezzandole il viso - non sono mica un Evans, non mi faccio male così facilmente.- Lanciò una rapida occhiata ad Adam ed Elizabeth accennò un sorriso imbarazzato.

Poi il ragazzo iniziò a guardarsi intorno preoccupato e si allontanò dalla vista della sorella. Il giovane medico continuava a fissarla con un'aria ansiosa, mentre in maniera pressoché ridicola Anne sventolava il suo fazzoletto di pizzo ogni volta che il fratello le passava davanti. Liza sentì una stretta allo stomaco, vedendo Matthew perdere le speranze ed issare l'ultimo pacchetto rimastogli in mano, scusa per restare più tempo giù dal carro. Fece qualche passo, le gambe camminavano da sole e quando si trovò di fronte al medico non seppe cosa dirgli. Osservava la figura di quell'uomo alla luce del sole. I capelli neri gli ricadevano morbidamente sulla fronte, coprendogli in parte la fronte madida di sudore, gli occhi verdi erano stanchi ed ora nuovamente speranzosi, indossava una camicia ed i pantaloni più semplici che possedesse. Quell'abbigliamento lo rendeva estremamente semplice, ma la sua eleganza persisteva nei modi del giovane.

- Quindi, arrivederci.- Il ragazzo pose la mano destra a Liza, la quale dopo un momento di esitazione lo attirò a sè e gli bacio la guancia.

- Non vi dimenticherò mai, Matthew. Vi scriverò, lo giuro, vi racconterò la vita in città quando a Settembre tornerò a casa e avremo modo di vederci quando tornerete anche voi.- Quelle ultime parole uscirono incerte dalle sue labbra.

- Tornerò.

Così salì sul carro, dando una moneta all'uomo calvo, il quale concesse gli ultimi saluti ai futuri soldati.
Liza si voltò, in camicia da notte, per rientrare dentro casa. Non amava gli arrivederci, tanto meno gli addii. Urtò la spalla dell'ufficiale, notando una strana espressione sul volto di lui, che impassibile continuava a fulminare la figura del medico.


                                                                                           



                                                                                               **********





Non sapeva il perchè di quella sua reazione. Jonathan  stava partendo e lei era lì, ferma sul suo letto a fissare la propria immagine riflessa nello specchio.
Vedeva la propria figura sdraiata sul soffice materasso, i suoi capelli rossi mantenevano la vivacità che lei sembrava aver perso.

"Catherine" si ripeteva "non pensare a lui. Tornerà."

Stringeva le lenzuola con le sue mani magre del colore del latte, le sue iridi azzurre erano puntate su quelle dita delicate che dal tessuto candido che rivestiva il materasso si spostarono sulla propria veste di seta bianca. Non voleva indossare alcun vestito. A che serve indossare un bell'abito se il ragazzo per il quale saresti disposta ad apparire più bella se ne va? Le ciocche rosse le ricadevano morbide e ricce sul naso affilato, ma non aveva nè la forza nè la voglia di riportarle al loro posto. Quindi le lasciava fare, lasciava che i suoi capelli ribelli le ricadessero sul viso e ovunque volessero andare.
L'aveva conosciuto lì, tre settimane prima, da subito era stato estremamente gentile con lei. Non le aveva dimostrato quelle false attenzioni che si dedicano ad una persona della quale ci si interessa unicamente ciò che ci può dare, no. Lui l'aveva amata dal primo istante in cui le aveva rivolto parola. Era stato così gentile durante le loro passeggiate. Catherine non aveva mai camminato così tanto e così a lungo esposta ai raggi del sole. Lui le teneva un ombrellino di pizzo bianco sopra la testa e Cat si faceva cullare dalle sue parole, dai suoi gesti. Poi un giorno, non era passata nemmeno una settimana, lui l'aveva portata in un prato fiorito, il più bello che Catherine avesse mai visto: viole, margherite, tulipani ed altri tipi di fiori sorgevano lungo quella prateria immensa, infinita. Le aveva preso le mani tra le sue e sulle prime Cat rimase perplessa e spaventata da quel tocco. Jonathan l'aveva guardata e Catherine fu piacevolmente sorpresa, quel giorno, nel notare che i suoi occhi verdi si abbinavano perfettamente ai fili d'erba e che i suoi capelli biondi erano simili al grano mosso dal vento. Jon continuava a fissarla, Catherine sorrise a quel ricordo, non le aveva detto nulla, nè l'aveva baciata. La guardava e basta, la ammirava con uno stupore che la fece sentire estremamente bella, preziosa. Non l'aveva mai toccata, ma Catherine aveva sviluppato una sorta di attenzione nei suoi confronti quasi maniacale, eccessiva, credeva che lo stesso fosse per lui. Fino a pochi giorni prima era convinta che entrambi provassero dei forti sentimenti l'uno nei confronti dell'altra, ma che ogni cosa dovesse avvenire a suo tempo, per questo Jonathan non l'aveva mai sfiorata.

Ma ora, ora che era sdraiata sul suo letto senza di lui si rendeva conto che forse Jonathan non doveva tenerci poi così tanto a lei se nemmeno era passato a salutarla.

"Sciocca! Nemmeno tu sei andata da lui!" Le diceva una voce nella sua testa.

- Io sto male, sono fragile, questo lui dovrebbe saperlo. Lui non è qui e non verrà a salutarmi.- Disse a sè stessa in quell'attimo di realizzazione.

Sentì le lacrime offuscarle la vista, quando avvertì un cigolio ed intravide la porta aprirsi. Un ragazzo fece qualche passo all'interno della stanza e Catherine non si trattenne dal piangere. Gli occhi verdi di lui la fissavano disperati. Jonathan era estremamente dispiaciuto nel sapere che quelle lacrime erano causate dalla sua partenza e fece per avvicinarsi a Catherine.

- Vai via! Quando non stavo bene, questi giorni perchè non sei venuto?!- Gli urlò Catherine, rimanendo sdraiata.

Jon si avvicinò a lei, mettendosi a sedere e la giovane ragazza dai capelli rossi si alzò d'improvviso, dandogli una botta e spostandosi dal letto. L'improvviso cambio di posizione le fece girare la testa, tutto girava: i muri, il letto, il soffitto e Jonathan.
Il ragazzo biondo le portò un braccio attorno i fianchi quando Cat rischiò di cadere e lei, debolmente ed inutilmente, cercò di liberarsi dalla sua presa dimenandosi come una pazza.

- Ora sono qui!- Gli urlava Jonathan continuando a sorreggerla.

Catherine piangeva e più pensava a quanto fosse ridicola in quello stato più le lacrime affioravano sul suo volto fin troppo pallido. Poi lui le prese il viso tra le mani in un movimento rapido, guardandola negli occhi. Senza la minima esitazione posò le sue labbra su quelle della ragazza, che fu attraversata da un fremito.

Il loro primo bacio

I loro nasi premevano l'uno contro l'altro e Jon affondava le mani nei riccioli rossi di Catherine. Le loro lingue cercavano entrambe impazienti di farsi spazio nella bocca dell'altro. Catherine sentì le lacrime scenderle più forti di prima, quando la consapevolezza della guerra si fece nuovamente spazio dentro di sè.
Poi il ragazzo si fermò e le prese il volto tra le mani.

- Sono qui, ci sono.

Ma poi se ne sarebbe andato e lei, lei cosa avrebbe fatto?



                                                                                              **********



La paglia secca pizzicava sotto le cosce del medico, il quale fissava impaziente l'entrata della villa in attesa che Jonathan Lodge tornasse dal suo ultimo saluto.
Quando finalmente lo vide si accorse che il ragazzo aveva un'espressione amara sul volto. Quell'ultimo arrivederci o addio, chissà, doveva averlo fatto soffrire più di qualunque altro. Adagiandosi sul carretto, prima che il ragazzo biondo lo raggiungesse, pensò anche lui alla sua famiglia.

Era arrivata anche da lui la lettera e si era ritrovato quasi subito a consolare la madre, a sentirsi in dovere di onorare il padre e a dare la notizia ad Emily.
Emily aveva nove anni. L'aveva trovata a giocare con un bastoncino di legno nella stalla. Le trecce corvine le ricadevano lungo la schiena e gli occhi verdi erano impegnati e mirare il bersaglio, un secchio posto su una trave, che la ragazzina doveva far cadere lanciando il bastoncino. Emily si accorse della sua presenza e saltellò da lui su un piede solo, punzecchiandolo con la punta del bastone.

- Combatti cavaliere!- Gli aveva urlato in preda all'euforia del momento.

- Combatto. Fuori, però. Con i soldati, quelli veri.

La ragazzina aveva lasciato cadere il bastone ed era scappata via, via da lui e da quella verità. Era infuriata.
L'intera famiglia si era mobilitata per le ricerche della piccola, ma nessuno l'aveva trovata. Matthew sapeva dove si rifugiava di solito e non ci mise molto a capire il suo nascondiglio. Si recò nel pollaio e la trovò dietro una pila di nidi. Teneva le ginocchia piegate e le braccia incrociate sul petto, aveva un'espressione indignata e si rifiutava di parlare con Matthew.

- Potevi dirlo prima. Ti odio.

- Non potevo, l'ho saputo ora. Sono costretto, ma mi recherò lì come medico. Io curo, non uccido.

I due fratelli si dicevano tutto, nonostante l'abissale differenza d'età. Lui le aveva parlato di Elizabeth, ma ad Emily non piaceva particolarmente, almeno dalle descrizioni.

- Elizabeth lo sa?

- No.

- Farai come il principe che poi torna a casa e sposa la principessa?- Le aveva chiesto lei fissandolo negli occhi.

- Tornerò solo per stare con te.- Le aveva risposto. Ad Emily questo era bastato e non ne avevano più parlato.

Matthew cacciò via quei pensieri non appena Jonathan si sedette vicino a lui. Osservò accuratamente i volti dei presenti: Anne, quella ragazza dai capelli dorati agitava freneticamente le mani e muoveva quel suo fazzoletto bianco, Robert taceva ed osservava la scena con calma. Come gli ricordava Emily quel bambino!
Liza lo guardava, anzi, era lui a fissare lei. Quell'addio gli era piaciuto. Speranzoso, semplice e poco complicato. Il vecchio pelato alla guida del "mezzo" se così lo si poteva chiamare, spronò il mulo ed il carro si mosse, allontanandosi dagli Evans e dai Lodge.

Mantenne il suo sguardo su di Liza, finchè anche lei non divenne un puntino sfocato in fondo alla via per la guerra.






Dalla scrittrice ai lettori: Carissimi lettori, che pessima scrittrice che sono! E' passato un sacco di tempo e l'unico capitolo che riesco a pubblicare è un testo striminzito degno di una bimbetta di prima elementare. Scusate davvero, questo è il "capitolo di passaggio" per eccellenza e spero non ve la prendiate se non è molto bello. 
Alla prossima! 
Baci, Felem ♥
Ho pubblicato una nuova ff, per leggerla: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2142744&i=1
 

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Capitolo 14
*** Desideri nascosti ***


Image and video hosting by TinyPic Capitolo XIV " Desideri nascosti"



Era passata all'incirca una settimana dalla partenza di suo fratello.

La casa sembrava esser vuota da quando Jonathan era partito e nulla in quei giorni era riuscita a rallegrarla. Quella mattina, come al solito, una volta preparatasi per la giornata scese in salone per salutare il resto dei coinquilini e, sempre come al solito, non vide Catherine in compagnia del fratello Adam.
L'ufficiale dopo lo spiacevole incidente verificatosi nel bosco aveva il braccio destro ingessato e tutta la sua vitalità sembrava essere scomparsa. Elizabeth spesso aveva considerato l'ipotesi di assistere Catherine, ma l'ufficiale le aveva ripetuto più volte di starsene occupando lui stesso. 

"Dice di badare a Catherine. Ma chi si occuperà di lui? Sembra perso." Pensò Elizabeth vedendolo quella mattina.

Di sicuro, sapeva Liza, non sarebbe stata lei la donna a dovergli badare. Ancora gli bruciava l'offesa subita quel giorno in cui erano rimasti da soli e lui, sciocco, era quasi riuscito a farsi baciare. Elizabeth quel giorno indossava un delizioso abito verde, con delle bordature di satin dorato, che contornavano le maniche le quali terminavano poco sopra il gomito. Sulla lunga gonna verde bosco erano stati accuratamente ricamati dei fiori d'oro e d'argento. Il corpetto che portava sopra il vestito era di un'acceso verde scuro, che si abbinava deliziosamente al tessuto verde bosco dell'abito, ed anch'esso aveva delle rifiniture di satin oro ed argento. Vestita a quel modo sembrava una donna di lignaggio superiore a quello che era il suo, ma quel dì si sentiva particolarmente bene, dunque perchè non indossare un abito che rispecchiasse il proprio benessere?

Ed infatti era quella la parola che quel giorno scrisse sul suo taccuino: benessere.

Pochi giorni prima Mary le aveva mostrato una porta di legno, nascosta parzialmente da un armadio. Questa portava in una sorta di sala sotterranea, nella quale si ergeva la più vasta biblioteca che Elizabeth avesse mai visto. Scaffali immensi, di quercia, si estendevano lungo le pareti di tutta la stanza. Volumi rilegati in pelle, vecchi e nuovi, riempivano ogni singolo spazio vuoto.

"Il patrimonio degli Evans." Così l'aveva definito Mary, anche se non capiva il perchè, non amava particolarmente i libri. Invece Liza, Liza sì che capiva quale ricchezza avesse davanti.

Scese giù per la scalinata di pietra dentro quella che era la sala cieca, accese delle lampade ad olio lungo le pareti e si abbandonò su una delle sedie di velluto presenti nella sala. Dentro quel posto c'era un lieve odore di umidità e di polvere, che però non disturbava Liza, la quale invece di leggere, utilizzò il tempo a sua disposizione per riflettere.

"Adam. Quel mascalzone ha creduto che io volessi baciarlo, con quel suo fare prepotente. Che sciocco! Chissà Catherine cosa ha fatto in questi giorni, non è mai uscita dalla sua stanza, forse è arrivata l'ora che io la vada a trovare. Poi Mary, oh Mary. Il suo bambino sarà uno splendore. Deve ancora dirlo a David, lui di sicuro ne sarà entusiasta."

E tra quei pensieri si ricordò che forse era opportuno verificare che la delicata Catherine stesse effettivamente bene. 

Salì di fretta le scale, sentendo i capelli castani e sciolti ricaderle sulla scollatura che lasciava parte della sua schiena diafana nuda. Uscì dalla biblioteca salendo al piano superiore, fino a giungere di fronte alla porta della camera di Cat.

Quella era una giornata uggiosa, come le ultime sette giornate, del resto. Portò uno dei pugni serrati davanti la vasta porta di legno e vi battè contro la mano. Silenzio, non udì nemmeno un rumore.

Che Catherine fosse uscita?

Escluse immediatamente quella ipotesi, insistendo nel bussare alla porta. Bussò e bussò ancora, finchè non sentì le nocche dolerle. Così, abbandonò le buone maniere ed entrò di prepotenza in quella stanza vuota. O meglio, abitata da una persona vuota. Quasi subito fu pervasa da un odore pungente, estremamente forte, e per poco non rigettò la colazione.
In quella stanza il buio regnava sovrano e non uno spiraglio di luce filtrava dalle immense finestre, per un istante Liza fu tentata di abbandonare quel luogo. L'unico suono che le parve di percepire fu un flebile sussurro, un sospiro, probabilmente. Avanzò nell'oscurità, fino ad urtare qualcosa di duro, per improvvisamente l'equilibrio e si ritrovò a cadere in avanti. Per fortuna riuscì a fermare la caduta in tempo, portando i palmi aperti davanti al suo corpo e fu con le mani che toccò sul pavimento qualcosa di estremamente viscido e fetido. Per l'agitazione finì con il rotolarsi nell'oscurità, brancolando nel buio, scalciando come un cavallo imbizzarrito. Solo quando riuscì a rimettersi in piedi uscì da quella stanza. chiudendo la porta con violenza e correndo sconvolta giù per le scale. L'agitazione fu talmente vasta che non fece nemmeno più caso al liquido putrido che le appiccicava le mani. Corse, gradino per gradino, lungo la scalinata di pietra.

Corse e finì per urtare qualcuno. Ahimè, quel Qualcuno.

L'ufficiale per poco non cadde anche lui dalle scale, rischiando di rompersi l'altro braccio. Adam indossava un semplice paio di pantaloni di cotone ed una morbida camicia color avorio, interamente stropicciata e che gli ricadeva disordinatamente lungo le cosce. I riccioli biondi erano umidi, come se li avesse appena lavati, ma non fosse riuscito ad asciugarli e gli occhi azzurri erano puntati sulla sua figura sconvolta.

- Vi sentite bene?- Mormorò fissando le mani di Liza.

Istintivamente anche lei abbassò lo sguardo e si accorse di avere le mani impregnate di vomito, oramai secco. Ebbe un sussulto e fu nuovamente sul punto di rimettere.

- Vostra sorella...avevate detto che stava bene...- Riuscì a biascicare infine.

Adam parve scocciato a quell'affermazione, come se ritenesse impossibile che qualcuno potesse mettere la sorella prima di lui. Che sciocco egoista. In effetti, valutò Elizabeth, anche l'ufficiale sembrava esser appena uscito dalla trincea.

Si limitò a fargli un cenno col capo e risalì le scale. L'ufficiale la seguì fino alla soglia della sua camera.

- Volete forse concludere quello che avevamo iniziato?- Adam le mostrò un sorriso sghembo.

Elizabeth non trattene un gemito di irritazione e si diresse a passi spediti dentro la propria stanza, sciacquandosi le mani lerce in una tinozza d'acqua fredda. Una volta fatto ciò si diresse a passi incerti verso la stanza di Catherine.

- Possibile che non siate mai entrato in camera di vostra sorella?- Chiese iraconda Liza.

- Ho provato, vederla in quello stato mi uccide.- Disse in un sospiro quasi divertito Adam.

- Siete voi ad uccidere lei in questo modo.

Rispose infine Liza, dando un lieve calcio alla porta che si spalancò e questa volta trattenne il fiato e a denti stretti si fece spazio nel buio fino a giungere a quella che doveva essere una finestra. Tastò a lungo la superficie legnosa, fino ad aprire le enormi ante, facendo penetrare la luce di quella giornata di pioggia all'interno della stanza. Si sporse ed ebbe un sospiro di sollievo nel respirare aria pulita. Voltò lentamente il capo e scorse l'ufficiale in fondo alla stanza, sulla soglia della porta, a fissare il tutto immobile, con una calma glaciale. Poi, il suo sguardo incerto si posò sul letto sfatto, dove giaceva immobile una figura pallida ridotta ad un minuscolo cumulo d'ossa. Fece qualche passo verso Catherine, che giaceva immobile, con i riccioli rossi che le ricadevano sul viso non visibile, e fece attenzione a non calpestare le feci, il vomito e l'urina sparse sul pavimento. Lanciò una rapida occhiata ad Adam che  ora era accanto a lei e con un rapido movimento della mano spostò una ciocca di capelli rossi dal viso della ragazza, scoprendole il volto. Ciò che vide non le piacque affatto. La ragazza teneva gli occhi sbarrati fissi in un unico punto, il volto grigio stava assumendo sfumature giallastre, la carne delle sue labbra disidratate ricoperta di piccole ferite ed infine i suoi occhi di ghiaccio occupavano quasi tutto il viso scarno. Le pupille di Cat erano talmente dilatate, intente a filtrare un poco di luce, da far apparire i suoi occhi quasi neri. Il corpo magro, estremamente magro, le cosce spaziate l'una dall'altra, il ventre piatto e le costole in evidenza.
Liza ebbe un sussulto e fece un passo indietro.

- No, no, no. Non posso vedere.- Balbettava incessantemente Adam, portandosi la mano sinistra tra i capelli e tirandosi istericamente le ciocche bionde.

Elizabeth fu colta dal panico e l'unica cosa che potè fare in quel momento fu quella di prendere Catherine da sotto le ascelle, sollevarla e tentare di trasportarla fuori da quella stanza. La ragazza le rigurgitò sulla spalla ed Elizabeth trattenne il fiato finchè non riuscì a condurla fino in camera sua. Adam ripeteva incessantemente quelle parole, come colto da un attacco di panico, oscillando avanti ed indietro come un pazzo. Pazzo, forse lo stava diventando.

Liza riuscì ad adagiare il corpo di Cat sul letto, che continuava a non sbattere le palpebre e a fissare il vuoto con fare demoniaco.

- Smettetela Adam, calmatevi!- Urlò Liza a pochi centimetri dal volto dell'ufficiale, scuotendolo per le spalle.

Adam fu percorso da una scossa che sembrò riportarlo con i piedi per terra ed il buonsenso lo spinse a fare la cosa migliore: sedersi e tacere.

Elizabeth corse in bagno tornando con una piccola ciotola di porcellana e riuscì a far bere a Catherine diverse scodelle d'acqua tiepida. Poi la svestì e la trasportò fino in bagno, dove riuscì ad adagiarla dentro la vasca. Non si spiegò come fosse riuscita a trasportarla di peso. Forse era dimagrita a tal punto da esser trasportabile perfino da Liza.
Aprì l'acqua calda e lasciò che la vasca si riempisse. I capelli di Catherine erano unti ed incrostati di sporco e...sangue. Notò anche che la sua camicia da notte, che Liza aveva arrotolato e gettato in una cesta, era macchiata al centro da una chiazza rossa. Doveva aver avuto il ciclo mestruale mentre giaceva a letto. Anche le sue unghie erano incrostate di sangue e si spiegò i capelli intrisi della stessa sostanza solo quando Cat prese a tirarsi furiosamente i capelli e a grattarsi il capo, tirando via ciocche e lembi di pelle.

- Ferma!- Elizabeth strattonò la sua debole figura riuscendo a placarla.

Catherine si abbandonò alle mani di Liza, sussurrando parole non comprensibili. Solo una riuscì a cogliere Elizabeth: Jonathan.

Le lavò il corpo ed i capelli, togliendole lo sporco di dosso. Svuotò la vasca e le asciugò i capelli dentro quest'ultima. Infine le fece indossare la propria biancheria intima ed una sua camicia da notte. In tutto questo non fece nemmeno caso ad il rigurgito che le si era seccato sulla spalla. La fece avanzare lentamente fino al letto e lì la fece stendere, carezzandole il capo e trovando Adam nella stessa identica posizione in cui l'aveva lasciato, che fissava la sorella con aria disperata.

- Diamine! Fate qualcosa! Dove sono finiti tutti?- Imprecò Elizabeth sbattendo i piedi - Perchè il buon Dio mi ha lasciato sola ad affrontare tutto questo con un essere simile?!

Adam rivolse il suo sguardo su di lei ed arricciò il naso con aria disgustata. In quell'istante Elizabeth ritenne opportuno cambiarsi, emanava un odore atroce ed il suo aspetto era altrettanto orribile. Entrò nuovamente in bagno e nel giro di poco ne uscì pulita e con in dosso un semplice vestito color del cielo, dalla gonna morbida e le maniche lunghe, lo stesso che aveva indossato il giorno della partenza. Si era legata i capelli in un'acconciatura pratica, in modo tale che non le dessero fastidio. Rientrò in camera e stavolta Adam era seduto sul letto vicino alla sorella che si dimenava debolmente in un lamento flebile, quasi fosse un sussurro.

- Mi avete mentito. Mi avete ripetuto più volte di stare badando a lei.- Gli rimproverò Elizabeth a bassa voce.

- Voi non capite, ho provato ad aiutarla. Non è la prima volta che succede. E' così fragile...ho pensato che lasciarla in pace fosse la cosa migliore da fare.- Ammise l'ufficiale.

Liza incrociò le braccia al petto e fissò a lungo i due.

"Uno più disperato dell'altra" Valutò in silenzio.

- Lasciatemi morire...- Sussurrò infine Catherine, rigirandosi nel letto e dando un lieve pugno sul torace del fratello.


- Siete terribilmente tragica, Catherine! Suvvia, Jonathan è un ragazzo forte e se la caverà senza complicazioni, ne sono sicura.- La esortò Liza.

Davvero era così sicura?

Ruotò su se stessa e si affrettò ad aprire le finestre, scostando le tende e facendo entrare la luce del sole, quasi completamente coperto dalle nuvole di quella giornata, nella sua camera. La ragazza dai capelli rossi ebbe un sussulto e si divincolò tentando di coprirsi gli occhi con il lenzuolo. Elizabeth la fece agitare per un poco, fino a quando Catherine non ebbe più la forza di muoversi. Così fece alzare il generale con un gesto secco della mano e riuscì, con l'aiuto di quest'ultimo, a far posizionare Cat con la schiena leggermente rialzata. Facendola mettere seduta con il busto appoggiato alla testata del letto.
Catherine chiuse gli occhi e ammise di avere fame.

Liza si affrettò giù per le scale, e corse in cucina dove si mise alla ricerca di un pezzo di pane da dare alla ragazza. Oltre a non trovare nulla di tutto ciò, non vide l'ombra di nessuno all'infuori di quella di Adam, che l'aveva seguita fino in cucina.

- Dove sono finiti tutti?- Domandò con fare isterico.

- Le vostre sorelle e vostra madre sono andate a fare compere al mercato assieme al piccolo Robert e mio cugino e vostro padre sono usciti a cacciare nei boschi. Non credo faranno ritorno prima di questo pomeriggio.- Rispose l'ufficiale, riacquistando il suo solito tono pacato. 


- Non è possibile, non me ne va una giusta. Per l'amor del cielo! Sola a badare a quella che è vostra, e sottolineo vostra, sorella.- Continuò imperterrita lei, rovistando nella vasta credenza di legno.

Finalmente riuscì a trovare un pezzo di pane abbastanza grande da poter sfamare Catherine.

Rientrarono in camera di Elizabeth e trovarono la ragazza che dormiva sonni tranquilli, respirando pesantemente. Liza ritenne opportuno non svegliarla e posò il pane sul comò di fianco al letto. Avrebbe mangiato in seguito al suo risveglio.
Il clima era estremamente rigido per essere estate, notò Liza, che attizzò il fuoco nel caminetto del salone. L'ufficiale era seduto su un divanetto di fianco al camino ed Elizabeth si accasciò su una sedia accanto a lui, tirando un lungo sospiro e spostandosi dalla fronte una lunga ciocca di capelli castani.

- Vi ringrazio.- Queste furono le uniche parole che sfuggirono dalle labbra di Adam.

- Non lo faccio per voi, sia chiaro, Catherine è così graziosa.

- Lo so.- Ribatté lui, toccandosi con la mano sinistra le ciocche di capelli bagnati. Si sedette davanti al camino, sperando che il calore li facesse asciugare con più facilità.

Elizabeth trovò a dir poco pietosa quella scena e si decise a prendere un panno dalla cucina ed inginocchiatasi davanti a lui, che ora era seduto sul pavimento di fronte al camino, glielo passò sui morbidi riccioli biondi.

- Siete davvero pessimo.- Lo stuzzicò Liza, passandogli il panno sulla testa.

- Anni fa, eravamo dei bambini, Catherine ebbe un piccolo svenimento.- La ignorò lui iniziando un nuovo discorso - Io, che fin da piccolo sopportavo ogni tipo di malessere e che non mi impressionavo o impietosivo per nulla, io quel giorno non feci nulla per aiutarla. Mi misi a piangere in un angolo come una bimbetta. Avevo dieci anni. Vi giuro su me stesso che Catherine mi è estremamente affezionata, l'amore che nutro nei suoi confronti è immenso. Forse è proprio per questo che vederla stare male mi uccide. Non biasimatemi per questo, sono solo un uomo. E come uomo commetto tanti errori.

"Errori come lasciare vostra sorella o baciare la mia, di sorella..." Pensò tristemente Elizabeth, continuando ad asciugargli i morbidi riccioli color del grano.

- Non ho dubbi riguardo a questo. Vi credo. Commettiamo molti errori.- Si limitò a rispondergli.

- Mi sento immensamente ridicolo.- Gli disse lui abbassando lo sguardo.

- Per quale motivo?- Elizabeth si finse noncurante. Moriva dalla voglia di sapere altro su di lui.

- Mi state asciugando i capelli come un bambino. Questo basta.- Rispose l'ufficiale, mantenendo lo sguardo basso.

Quelle parole ferirono Liza, che pensò di aver sbagliato un'altra volta, ma capì che non v'era alcuna intenzione di recarle offesa nell'istante stesso in cui lui le sorrise con una semplicità che la spinse a parlare.

- Voi siete un bambino, Adam.- Elizabeth fece accenno alle svariate volte che lui le aveva dato della bambina.

Liza posò il panno a terra ed incominciò a passargli le dita affusolate tra le ciocche bionde, permettendo a queste di asciugarsi meglio.

- Perchè avete baciato Anne?- Continuò lei, puntando il suo sguardo sulla sua chioma.

- Non capisco per quale motivo quell'episodio vi tormenta. E' stata vostra sorella a baciare me e non ho ritenuto "elegante" rifiutare l'offerta che mi era stata fatta.- Rispose Adam percorrendo l'ingessatura con le dita lunghe.

Liza spostò il suo sguardo sul viso dell'ufficiale, che la fissava intensamente e fu costretta a guardare da un'altra parte, per evitare di arrossire come una bimbetta.

- Elizabeth, dovreste piuttosto domandarvi per quale motivo ero sul punto di baciare voi.

Quella domanda spiazzò Elizabeth che si era resa conto di aver tramutato i movimenti delle mani tra le ciocche di lui in delle carezze amorevoli, così ritirò la mano e portandosela sotto il mento guardò il fuoco che ardeva a pochi centimetri dalle loro figure. L'ora di pranzo era ormai passata. Ma Elizabeth sentì di non avere fame.

- Lo avete fatto per ripicca. Perché quel giorno vi risposi male, ricordate?- Replicò lei, alzando la voce.

- Ne siete così sicura?- Quasi sussurrò l'ufficiale, portandole una mano sotto il mento e voltandole il viso, in modo tale che potesse guardarlo negli occhi.

- Perchè mi fate questo? Ve lo sto domandando con tutta la sincerità che posso, senza essere maliziosa e senza un secondo fine. Ma rispondetemi con altrettanta sincerità e ve ne sarò grata.- Si ritrovò a dire Elizabeth, fissando le sue iridi azzurre.

L'ufficiale spostò il busto in avanti e per un istante il suo solito fare derisorio scomparve.

- Io sto solo cercando di comprendervi. Volete totale sincerità da parte mia? Ebbene, voi mi affascinate Elizabeth. Siete terribilmente testarda ed estremamente permalosa, lasciatemelo dire. Probabilmente è colpa del vostro carattere incomprensibile o del vostro bel faccino, ma io vi desidero. Vi desidero con tutto me stesso. Credete che non vi abbia riconosciuta il primo giorno che vi ho vista? Eravate voi nella carrozza, eravate voi quella sciocca incosciente che si sporgeva ed eravate voi la malcapitata che ho quasi ucciso. Le circostanze vi hanno portato a detestarmi e vi hanno reso una sfida per il sottoscritto. Io vi detesto, Elizabeth, ma vi desidero al tempo stesso. E forse la vostra inesperienza vi rende ancora più affascinante, più vera. Vi ricordate la notte in cui abbiamo danzato? Vi avrei preso quella sera stessa se voi foste stata un diverso genere di ragazza. So per certo che vi ha infastidito vedermi con vostra sorella e non per il fatto che voi teniate a lei, ma perchè tenete a me. Questo mi ha fatto sentire immensamente bene. Anche se non volete ammetterlo io credo che per voi sia lo stesso. E sappiate che per la prima volta in vita mia, anche dialogare con voi mi affascina e mi spinge a scoprire sempre di più sul vostro contro. Siamo in totale confidenza, Elizabeth, potete parlare liberamente con me e dirmi ciò che pensate. Io ho fatto lo stesso con voi. Dunque, ditemi, cosa pensate al riguardo?

Elizabeth si ritrovò a fissarlo con gli occhi sgranati in un misto di indignazione e piacere nel sapere che l'ufficiale era attratto da lei. Sapeva anche che non avrebbe mai più avuto la possibilità di aprirsi in quel modo con lui, così disse ciò che realmente pensava. O quasi.

- Reputo voi siate fin troppo sicuro di voi stesso. Sono consapevole di avere un carattere alquanto complicato, ma voi non siete da meno. Siete capriccioso ed infantile, ahimè. Inoltre, Adam, non avete alcun pudore e la cosa mi disgusta.- Elizabeth si sporse in avanti verso la sua figura e si ritrovò a sussurrare - E sì, sono stata infastidita dall'idea che voi abbiate baciato Anne. E quel giorno ho desiderato le vostre labbra più che mai ed anche io mi sono sentita immensamente bene nel sapere che vi siete morso la lingua pur di non dire che vedermi assieme a Matthew vi ha turbato. Sono terribilmente affascinata da voi, ma solo in alcuni istanti. Vi reputo estremamente sensibile, dolce ed acuto quando lo volete. Ed è in quei momenti che vorrei poter credere che voi siate diverso da come effettivamente siete. E sempre in quei momenti vi desidero come non ho mai desiderato nessuno. E la sola idea che voi mi stuzzichiate e che non riusciate ad avermi mi spinge a continuare ad ignorarvi e a non concedermi a voi.

I due si fissarono a lungo immobili, distanti pochi centimetri l'uno dall'altra. Adam sorrise.

- Questo è uno di quei momenti? Quelli in cui mi desiderate.- Chiese.

- Non mi avrete, Adam.

- Concedetemi un solo bacio e vi prometto che vi renderete conto che sarete voi a volermi vostro.- Rispose l'ufficiale sorridendo sghembo e portando una mano sulla guancia di Liza.

In quel momento Elizabeth avvertì un calore sconosciuto pervaderle il ventre e dovette lottare per scacciare i pensieri che le avevano offuscato la mente. Lottò e vinse quella battaglia, alzandosi in piedi.

- Non concedo nulla.- Fu l'unica cosa che riuscì a dire.

- Vi prometto che un giorno assaggerò le vostre labbra.- Rise l'ufficiale, rimanendo accucciato di fronte al camino.

Elizabeth lo guardò un' ultima volta poi gli diede le spalle e salì il primo gradino.

- Sono fiduciosa che un giorno lo farete, pregate solo che sia ricambiato.

Detto questo salì la scalinata, Catherine ormai sarebbe dovuta essere sveglia. Diede un ultimo sguardo all'ufficiale e reputò quel loro scambio di battute davvero malizioso ed inopportuno. Prese un lungo respiro e le scappò un sorriso, pensando a quanto potesse essere sfacciato quell'uomo e chiedendosi come potesse divenire in alcuni istanti tanto premuroso e gentile.

Ed a come, l'istante precedente, fosse più che mai desiderabile.



Dalla scrittrice ai lettori: Cari lettori, scusate se vi ho fatto aspettare tanto e perdonatemi se il capitolo non è tutto questo splendore. Ci tenevo a riportare questa scena, perchè finalmente i nostri protagonisti hanno modo di conoscersi un po' meglio e di dirsi quanto siano attratti l'uno dall'altra. Che inizino a provare qualcosa? Mmh.. In ogni modo, questo capitolo è interamente dedicato alla povera Catherine della quale nessuno si occupa (in realtà Adam si sarebbe dovuto occupare di lei) e che è caduta in una forte depressione per la partenza di Jonathan e a Liza ed Adam che per la prima volta dialogano senza offendersi. Spero che la cosa non risulti troppo ingarbugliata e che vi sia piaciuta. 
Baci, Felem ♥

P.s: se avete tempo passate qui e lasciate una recensione! Grazie.

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Capitolo 15
*** Allegria travolgente ***


Image and video hosting by TinyPic   Capitolo XV "Allegria travolgente"


Finalmente una giornata di sole in quell'estate a dir poco bizzarra.

Elizabeth si era svegliata con un velo di eccitazione mista ad allegria, non riusciva a comprendere il motivo di tanta felicità, se così la si poteva chiamare. La spigliata conversazione avuta il pomeriggio precedente con l'ufficiale l'aveva resa gioiosa e probabilmente più sicura di sè, dal momento che la consapevolezza di essere un minimo desiderabile si era insinuata in lei. La sera precedente era passata a dare da mangiare a Catherine, che quella mattina sembrava già essere rinsavita e Liza ritenne opportuno avvisare gli altri coinquilini della situazione critica, non solo psicologica, della ragazza. Ma il resto della famiglia pareva non curarsene troppo, erano tutto impegnati ad occuparsi dei propri affari.

Così, tra un sorriso e l'altro, quella mattina scrisse sul suo taccuino una parola che poco le si addiceva, ma che quel giorno sembrava esser parte di lei: allegria.

Dal momento che la stanza della povera Catherine era completamente a soqquadro, la giovane aveva dormito in camera sua ed Elizabeth le aveva tenuto compagnia, appisolandosi sulla poltrona di velluto azzurro vicino alla finestra di quella camera troppo affollata.

Liza era uscita a fare la sua solita passeggiata mattutina alla quale, durante l'ultima settimana, aveva dovuto rinunciare per via del clima sfavorevole. Fin da quando era bambina aveva scoperto il piacere del camminare e delle lunghe passeggiate nei luoghi isolati. Amava stare per conto proprio, a differenza delle sue sorelle che sembravano prediligere la vita mondana ed i vezzi. Anne quella mattina soleggiata indossava un delizioso completo color panna con delle bordature azzurre lungo le maniche ed il corpetto, rigorosamente allacciato attorno alla vita della ragazza. Aveva lasciato i capelli di un biondo lucente sciolti, ad accezione di due ciocche le quali dalle tempie giravano attorno al capo, unendosi al centro di quest'ultimo e tenute ferme da un fiocco del medesimo colore delle rifiniture dell'abito. La vezzosa frangia, caratteristica della capigliatura di Anne, le era cresciuta a tal punto da arrivare a coprirle quasi del tutto le sopracciglia sottili. Dopo aver mangiato assieme all'intera famiglia, invece che seguire Liza nella sua passeggiata, Elizabeth ringraziò Dio per questo, optò per adagiarsi su una panchina in giardino con un ventaglio tra le mani e con l'intenzione di prendere il sole invitò Adam a farle compagnia. L'ufficiale, che quella mattina indossava un completo grazioso e pratico, da buon "gentiluomo" quale era, non rifiutò l'invito e si accomodò accanto alla sua esile figura in giardino. Quel dì, inoltre, i signori Lodge sembravano essere parecchio indaffarati con le varie scartoffie riguardanti le pratiche che i due avevano lasciato aperte in città, poichè giravano impazientemente per l'abitazione alla ricerca di fogli sui quali annotare i propri calcoli. David sembrava essere contagiato dalla stessa allegria che aveva invaso l'animo di Elizabeth. Indossava una camicia di flanella ed i pantaloni stirati a dovere, un po' troppo larghi per lui (nonostante fosse di costituzione robusta), e rigorosamente tenuti su da un paio di bretelle con dei ricami verdi e rossi, provenienti da un qualche paese nordico. La moglie di questo, la quale probabilmente doveva avergli dato la lieta notizia della gravidanza, a giudicare dall'allegria, appariva terribilmente emozionata. Per un istante Elizabeth fu tentata di andare a fare gli auguri ad entrambi, ma preferì non rischiare, nel caso in cui Mary ancora non lo avesse informato di nulla. Ed in quel momento pensò anche che forse lei ne era l'unica a conoscenza. Questo le fece spuntare un lieve sorriso sulle labbra. Nell'ultimo periodo la sorella maggiore le era apparsa particolarmente fredda e restia nei confronti dell' "amicizia" creatasi tra lei e l'ufficiale e sapere che le aveva confidato questo amabile segreto la rendeva estremamente lieta. Infine notò che il piccolo e dolce Robert, che era stato allontanato distrattamente dal signor Lodge, sempre più indaffarato con le pratiche, giocava a terra con il suo soldatino di piombo, scavando piccole buche nella terra bagnata dalle precedenti giornate uggiose ed inserendo dentro queste ultime il povero giocattolo, simulando una trincea.

Chissà dove si trovava in quel momento Jon.

Fu dopo aver osservato i propri coinquilini che Elizabeth si decise ad incamminarsi per la propria passeggiata, aveva bisogno di riflettere. Indossava lo stesso abito azzurrino del pomeriggio precedente. I capelli questa volta, le fluivano delicatamente sulla schiena in una moltitudine di boccoli castani. Camminò per circa mezz'ora, inoltrandosi in una stradina sterrata di campagna, decise che sarebbe rientrata nel primo pomeriggio e che si sarebbe fermata a mangiare qualcosa per strada. Infatti, in un fagotto portatosi dietro, aveva infilato un tocco di pane ed un po' di frutta, giusto per placarsi lo stomaco, inoltre aveva con sè una borraccia piena d'acqua fresca.
Il grano immaturo assumeva una meravigliosa colorazione verde-oro, che inondava le campagne come un mare in tempesta. Elizabeth decise che si sarebbe fermata a riposare lungo la stradina sterrata, così si appoggiò su una pietra grande abbastanza per potercisi sedere.

Respirò a fondo e si arrotolò le maniche dell'abito, chiudendo gli occhi e rivolgendo il volto al cielo, sperando di acquisire un po' di colorito.

Ripensò alla sua vacanza, quella villeggiatura che si era rivelata ancor più bizzarra del previsto. Ripercorse col pensiero l'ultima settimana ed immediatamente le tornò in mente Catherine, che pareva essere abbandonata da tutti. Si domandò se suo fratello Jonathan, quel mascalzone, provasse gli stessi sentimenti che la giovane nutriva nei suoi confronti. E si augurò che fosse così, non avrebbe potuto immaginare un'eventuale reazione della povera Cat nel caso in cui il suo folle amore per Jon non fosse stato corrisposto. Per un istante immaginò i due intenti a conversare e riuscì persino a vedere nella sua mente i due baciarsi con foga ed altre scene scabrose che ritenne opportuno cancellare dai suoi pensieri. Immaginò i due tenersi per mano e desiderarsi come non mai, trascinati in un vortice di passione, che per un istante travolse anche lei, quando scambiò il volto di suo fratello con quello dell'ufficiale e quello di Catherine, ahimè, col suo.

Aprì gli occhi di scatto, rovistando impazientemente nel fagotto e tirando fuori la borraccia, bevve a piccoli sorsi l'acqua contenuta al suo interno, con la quale poi si bagnò le mani ed il volto. Le si era chiuso lo stomaco e sentì di non avere più fame.

La conversazione avuta la sera prima con Adam le aveva come smosso qualcosa dentro. Non sapeva come spiegare quella sensazione, ma sentiva di ammirare profondamente la schiettezza di quell'uomo. Era impeccabile. Perfino nel vederlo impazzire di disperazione per la propria sorella, Elizabeth aveva notato una grazia ed una compostezza nei suoi movimenti terribilmente perfetta, innaturale.

Tra i fili verdi e dorati delle campagne intravide un ragazzo correre all'impazzata, con un pacco sotto le braccia esili. Correva da dove lei era venuta e quella strada portava da una sola parte: dagli Evans.

- Ragazzo, fermo! Fermati! Vieni qui!- Urlò Liza a squarcia gola, agitando le braccia per segnalare la sua posizione.

Il ragazzino, che pareva averla notata, deviò la sua corsa, avvicinandosi sempre di più alla sua figura accaldata.

- Signorina, cosa vi serve? Devo consegnare la posta.- Le disse col fiatone il giovane.

Indossava un completo lercio, rattoppato qua e là e portava sul capo un cappellino grigio. Il volto era bruciato dal sole ed entrava in pieno contrasto con i capelli rossi, tipicamente inglesi.

- Sei diretto a quella villa là giù, sbaglio?- Domandò Elizabeth indicandogli con il braccio teso la direzione verso la quale il ragazzo stava correndo.

- Non sbagliate, signorina. Consegno la posta!- Si giustificò il ragazzino mostrandogli le lettere che portava sottobraccio, tenute insieme da un nastro rosso.

Elizabeth fu colta dalla curiosità. Erano giorni che attendeva disperatamente notizie di suo fratello e si domandò come procedesse la vita militare.

- Sono Elizabeth Lodge, c'è una qualche lettera indirizzata a me?

Il giovane dai capelli rossi si accovacciò per terra, sbuffando ed asciugandosi la fronte madida di sudore con la manica. Sciolse il nastrino rosso ed iniziò a rovistare tra le varie lettere.

- Non so leggere, sto imparando. Solo qualche parola. Come si scrive Elizabeth?- Chiese gentilmente ed evidentemente in imbarazzo.

- Lascia fare a me.

Liza si chinò sulla sua figura, scorrendo con le dita tra le lettere. Si chiese cosa le avesse scritto Jonathan. Trovò una sola lettera scritta dal ragazzo e tirò un sospiro di sollievo, fin quando non lesse il nome del destinatario: Catherine Evans.

"Diamine!" Pensò Elizabeth "Possibile che il mio stesso fratello preferisca dare notizie alla sua amata, piuttosto che alla sua famiglia?"

Cercò ancora tra i pezzi di carta e quando finalmente lesse il proprio nome rimase perplessa nel sapere che ad inviare quella lettera era stato chi, in quel momento, meno desiderasse.

- Trovata!- Si finse entusiasta la ragazza.

Aiutò a risistemare le lettere e poi lo congedò, ringraziandolo per il suo servizio. Nel giro di pochi minuti, la figura del ragazzo dai capelli rossi, scomparve all'orizzonte.

Elizabeth si affrettò a strappare la busta e non perse tempo a leggere la lettera.

3 Luglio, 1807 (Madrid)

Cara Elizabeth, come state? Spero con tutto me stesso che la vita proceda bene. Dopo circa dieci giorni, mi hanno finalmente permesso di inviarvi una lettera. Sapete, vi ho pensata subito. La vita da soldato è estremamente dura e di certo meno agiata che la spensierata vita da medico.
La penisola Iberica è in subbuglio e la situazione non è per nulla stabile. Le truppe francesi di quel Napoleone di cui si parla tanto, si sono imposte al governo spagnolo e noi siamo qui per delle alleanze strette in precedenza.  Non allarmatevi per questo, mia cara.
Nonostante vostro fratello abbia rifiutato le cortesie del nostro superiore Arthur Wellesley, egli è pur sempre una sicurezza in più. Jonathan sta bene e non fa altro che pensare alla sua dolce Catherine e a voi, ovviamente. Vi ho scritto per chiarire delle situazioni rimaste in sospeso. Vi ho conosciuto non molto tempo fa, l'estate era appena iniziata, ed ora che il mese di Luglio è giunto, sta per finire. Speravo che avrei potuto passare un ulteriore mese in vostra compagnia ed in questo modo approfondire la nostra amicizia, se di amicizia si tratta. Ed è appunto questo il dubbio che mi affligge e che continua ad affollare la mia mente: Elizabeth, cosa provate per me? 
Lo confesso, sono immensamente attratto da voi, dalla vostra persona e dai vostri modi aggraziati ed estremamente eleganti. E mi scuso se quella notte sono stato così audace da spingermi oltre alla semplice conversazione. Forse per questo vi ho turbata e vi domando ancora scusa.
Credo che Adam Evans non nutra profonda stima nei miei confronti, come biasimarlo, è palesemente chiaro che egli è follemente pazzo di voi. Questo non lo nego. Ma ora, ora che non so se farò ritorno a casa, credo sia arrivato il momento di chiedervi oltre a cosa voi proviate per me, cosa voi proviate per lui. Mi disgusta dover essere così diretto, ma non ho altra scelta. Ho bisogno di sapere. Non potrò mai morire con l'incognita che voi abbiate provato per me anche per un solo secondo lo stesso affetto che io nutro nei vostri confronti.
Vi ricordate quel giorno nel bosco? Eravate così preoccupata per l'ufficiale e devo dire che siete stata molto coraggiosa ad assistere interamente alla mia operazione.
Nonostante io vi abbia porto fin troppe domande, credo di conoscere già la risposta.
Ed è per questo, dal momento che dubito potrò mai avere il vostro amore, che vi chiedo umilmente la vostra amicizia. Vogliate voi essere una mia gradevole conoscenza e, in caso lo voleste, sareste disposta a cancellare ciò che è avvenuto quella sera? Vi supplico, ditemi che potete ed io potrò dormire sereno.
Perdonatemi se questa lettera è così breve, ma il tempo a disposizione è poco ed i quesiti sono troppi.
Passate una meravigliosa estate, Elizabeth, e scrivetemi se ne avete tempo. Come ultimo favore vi chiedo di pensare a me qualche volta e di pregare per il sottoscritto.

                                                                                                                                      Vostro amico, Matthew



Matthew.
Lesse quelle parole più volte, cercando di fare ordine nella sua testa e tentando invano di rispondere a quelle domande che la stavano immensamente turbando. Si accasciò sul manto pungente di spighe e chiuse gli occhi per qualche istante. Nonostante le domande fossero davvero troppe ed Elizabeth non riuscisse a rispondere a nessuna di esse, una sola affermazione continuava ad aleggiare nei meandri del suo cuore.



"Credo che Adam Evans non nutra profonda stima nei miei confronti, come biasimarlo, è palesemente chiaro che egli è follemente pazzo di voi."




                                                                                         **********



Mary quel giorno era estremamente emozionata. Avrebbe finalmente annunciato al suo amato sposo la lieta notizia.

Era seduta in giardino ed Elizabeth ormai si era allontanata da tempo. Più volte aveva intravisto l'ufficiale scrutare l'orizzonte alla ricerca di Liza. Ciò non le piacque. Quell'uomo non le piaceva, non le era mai piaciuto. Si ripetè più volte quanto fosse stata stupida a ripetere a sua sorella che Adam era un bravo ragazzo. Non avrebbe mai pensato che i due si sarebbero stuzzicati in quel modo. Lei lo sapeva bene, i litigi alla fine portano alla pace e, nel loro caso, Mary sapeva benissimo in cosa sarebbe consistita la "pace".

Si ricordò della prima volta in cui lo vide. Elegante ed estremamente affascinante, come sempre. In quel periodo aveva appena conosciuto il suo attuale marito ed egli le aveva presentato l'intera famiglia, cugino compreso. Quel suo fare così maledettamente sicuro sulle prime aveva fatto invaghire anche lei, ma la ragione l'aveva riportata con i piedi per terra. Le sue erano solo illusioni. Il fatto che l'ufficiale fosse così gentile non era dovuto ad un interesse nei suoi confronti, bensì ad un semplice modo di essere. In verità, non riusciva a spiegarsi per quale motivo quell'uomo si comportasse così con Elizabeth. Nonostante il civettare con le donne facesse parte di lui, con Liza era totalmente diverso. Oltre all'attrazione fisica pareva esserci un interesse di fondo che si spingeva ben oltre l'aspetto fisico. Questo la turbava. Avrebbe preferito che Adam nutrisse delle attenzioni nei confronti della sua più spensierata sorella Anne. In effetti i due parevano piacersi. O meglio: Anne era totalmente presa dall'uomo in divisa.
La sorella glielo aveva confidato e lei l'aveva spinta a farsi avanti. Anne aveva preso alla lettera quelle sue parole ed il giorno dopo le aveva confidato di aver baciato l'ufficiale.

Mary sperava in un matrimonio. Liza non era fatta per un uomo come lui, assolutamente no.

Si accarezzò i boccoli biondi, molto simili a quelli della sorella minore Anne, e sistemandosi le pieghe del vestito che indossava quel giorno. Si girò delicatamente verso il marito e rimase ad osservare per qualche istante il suo profilo. Il naso importante di questo spiccava sul viso gioviale, le labbra sottili erano parzialmente coperte da un bel paio di baffi ramati, che gli conferivano un'aria elegante. La cosa che più Mary amava di quell'uomo erano i suoi occhi, di un celeste cristallino. Essi messi a confronto con quelli dell'ufficiale, però, risultavano molto più "acquosi".
Gli posò una mano sul braccio e David si voltò nella sua direzione.

- Sì, cara? Qualcosa ti turba?- Le domandò lui, mantenendo il suo solito fare allegro.

- Nulla potrebbe turbarmi in questo momento, mi seguiresti dentro?- Gli rispose lei, sbattendo le ciglia chiare, del medesimo colore dei capelli.

- Oh, Mary, e lasciare soli tua sorella, Adam e il piccolo?- con un vago gesto della mano indicò Robert - E' urgente ciò che hai da comunicarmi, cara?

- Estremamente urgente, tesoro.- Affermò infine Mary, ridacchiando e sfoggiando un sorriso meraviglioso.

Prese il marito sottobraccio e diede un ultimo sguardo all'ufficiale, che pareva asfissiato dalla presenza ingombrante di Anne, che lo guardava estasiata.

"Dovrò dirle di essere meno affettuosa" Pensò Mary portandosi una mano sotto il mento "Adam non è il tipo d'uomo che apprezza troppo romanticismo."

Tra questi pensieri nel giro di pochi istanti si ritrovò dentro casa, nella propria camera da letto. Fece sedere David su quest'ultimo.

- Cara, non comprendo questa tua agitazione. Che sarà mai successo di così grave? E' per caso venuto a meno qualcuno?- Domandò lui, senza perdere il suo tono gioviale.

Mary camminava avanti ed indietro per la stanza, cercando le parole adatte per annunciare la lieta notizia.

- Non si tratta di morte, - Fece una breve pausa - ma di vita.- Concluse accennando un timido sorriso.

- Continuo a non capirti Mary, parla per carità!- David si alzò di scatto avvicinandosi alla moglie.

- Noi....David, io....oh, caro, non so come dirlo.- Si lamentò lei portandosi un mano alla fronte.

Il caro marito le si avvicinò ulteriormente, portandole una mano sotto il mento.

- Qualsiasi cosa avrai da dirmi, potrà solo rendermi ancor più lieto.

David, dopo questa frase, che quasi commosse Mary, che posò entrambe le mani sui fianchi. E quando questa fu sul punto di proferire parola, lui le baciò la punta del naso, poi scese e ripose un altro casto bacio sulle labbra della donna. Mary non potè far altro che ricambiare il bacio e ben presto si ritrovarono ad "approfondire" ciò che candidamente avevano incominciato. Quel casto bacio era divenuto ben presto un susseguirsi di carezze e di toccate sfuggenti, mentre le lingue dei due erano intente a farsi spazio l'una nella bocca dell'altro.

"Diglielo!" Urlò una voce nella mente di Mary.

Mentre il marito le faceva scendere le mani al di sotto dei fianchi, fino a posarsi sui glutei di lei, che iniziò a sbottonargli la camicia e a calare le bretelle che in quel momento indossava.

- Da quando la tua famiglia è venuta a trovarci non ho potuto toccarti...- Sussurrò David tra un bacio e l'altro.

Le slacciò il corpetto con degli abili movimenti delle mani e quando finalmente ebbe libero accesso al seno sudo, Mary represse a stento un gemito di piacere.

"Mary diglielo!" Le urlò nuovamente quell'irritante voce nella sua testa. Quella voce che iniziava ad assumere sfumature famigliari.

David le torturava il seno destro, mentre con la mano libera si faceva spazio tra i pizzi ed i merletti della biancheria intima, cercando disperatamente di raggiungere il centro della passione di lei. E quando ci riuscì, perse ogni controllo.
David si sfilò velocemente i pantaloni e lei non perse del tempo prezioso a spogliarsi completamente, così si privò unicamente della biancheria e del corpetto, rimanendo con la lunga gonna di stoffa.

Si era ormai dimenticata quanto effettivamente desiderasse il corpo del suo nuovo sposo. Era da quasi un mese che non avevano alcun tipo di rapporto. Ciò glielo aveva imposto Mary, quando la sua famiglia era giunta, per paura che in qualche modo i propri parenti li avessero potuti sorprendere nella loro stanza. Non ci sarebbe stato nulla di male, era una donna sposata, ma Mary era sempre stata eccessivamente pudica, se non con David, con la propria famiglia.

Quando David la prese in braccio e la depose sul letto con estrema facilità, Mary non trattenne una risata, che ben presto si tramutò in un sussulto quando lui posò il proprio corpo sopra il suo e si fece strada dentro di lei, muovendo avanti ed indietro il bacino senza mantenere un ritmo regolare, ma iniziando a penetrarla con colpi decisi e del tutto fuori controllo.

Mary ne fu totalmente compiaciuta ed iniziò a gemere, mentre lui, durante la penetrazione lottava con le stoffe della gonna di lei. Le era mancato sentirlo dentro di sè e, a giudicare dalla foga dell'atto che si stava svolgendo, anche a lui doveva essere mancata.

"Mary, diglielo, ora!" Le impose un'ultima volta quella voce, che ora le pareva essere quella della sorella Elizabeth.

- Da...David...oh, Dave..oooh!- Continuò a gemere lei, non riuscendo a completare la frase, travolta da quel vortice di passione.

"Sono incinta"

Si aggrappò alle spalle di lui, mentre David, eccitato dal sentire pronunciare il suo nome a quel modo, appoggiò la testa sulla spalla di lei, accarezzandole con i baffi ramati l'incavo del collo. Quel lieve solletico, procurò a Mary una lunga scarica di brividi lungo la schiena diafana. Sentì il calore farsi spazio nel proprio ventre, assieme al membro di David.

"Sono incinta"

- De....devo dirti...u..una co..ooh..- Riuscì a stento a dire lei, mentre il calore che avvertiva crescere a dismisura si espandeva nella propria intimità.

Quei movimenti strazianti continuavano ed i loro corpi strofinavano l'uno contro l'altro incessantemente. Finchè non raggiunsero entrambi l'apice del piacere, sfociato in un ultimo lamento. E mentre David era ancora dentro di lei e le respirava pesantemente sul collo umido, Mary gli accarezzò i capelli e col fiatone ed il sorriso sulle labbra riuscì a dire ciò che necessitava di esser detto.

- Sono incinta, Dave.

Il marito rotolò su un fianco, stendendosi col petto rivolto al soffitto, mentre il seme di lui le colava lungo la coscia, Mary ne fu compiaciuta e chiuse gli occhi allegra.

Poi gli rivolse uno sguardo attento e David le sorrise. Malgrado ciò, Mary non poté fare a meno di notare una certa malinconia nel suo sguardo.







Dalla scrittrice ai lettori: 
Cari lettori, ho cercato di pubblicare il prima possibile! Sono felicissima del notevole aumento delle recensioni, siete davvero spettacolari! Grazie mille ad ognuno di voi, dal semplice (non per questo meno importante) lettore all'accanito recensore. 
In particolare pongo un ringraziamento speciale a Diesis_Girl che ha recensito ogni singolo capitolo! 
Baci, Felem ♥

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Capitolo 16
*** Amore e Odio ***


                               
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                                               Capitolo XVI "Amore e Odio"






Elizabeth non aveva perso tempo e la sera stessa, dopo aver ricevuto la lettera, la fece leggere a Catherine, cercando di confermarle il fatto che Jon stesse bene.
La ragazza lentamente si stava riprendendo, anche se si rifiutava ancora di parlare con l'ufficiale.

- Vi sentite meglio?- Domandò Elizabeth volgendo la propria attenzione su Catherine.

- Meglio...- Biascicò questa spostandosi una ciocca di capelli rossi dalla fronte ampia.

- Anche stasera dormirete nella mia stanza.

- Siete troppo buona con me.

Liza si sedette sul letto assieme alla sorella dell'ufficiale e, colta da una curiosità più grande di lei, si lasciò sfuggire una domanda che sapeva avrebbe potuto far dispiacere Cat.

- Catherine, mi domandavo e vi chiedo perdono per la mia indiscrezione, come stesse mio fratello. Devo ammettere che il fatto che non abbia tenuto conto del resto della famiglia nello scrivere una lettera mi dispiace, ma per voi deve essere senza dubbio un'ulteriore dimostrazione del suo affetto.

- Vostro fratello sta bene e la vostra indiscrezione è perdonata, mia cara. Anzi, Liza, devo dirvi che mi mortifica dovervi mostrare questo mio lato debole. Mi lascio trasportare dalle emozioni, mia madre mi ha sempre definita una persona spesso vittima della depressione. Non so come combatterla, Elizabeth. Sento di non avere alcuno scopo, alcuna ambizione o ragione di vita. Mio fratello si è sempre rifiutato di aprire gli occhi. E' sempre stato così: ignora ciò che non può affrontare.
Mi sento persa, inutile ed è come se rappresentassi un peso anche per me stessa.- Catherine si alzò a fatica dalla propria posizione, per sedersi anche lei sul bordo del letto.

- Penso che voi abbiate un ruolo importante nella vita di molti, Catherine. Non siete costretta a perdonare vostro fratello per avervi trascurata, ma potete pur sempre capirlo ed accettare questa sua debolezza. Magari, col tempo, anche lui sarà in grado di accettare la vostra.

Elizabeth non credeva alle proprie parole. Stava davvero mettendo una buona parola per l'ufficiale?

- Non credo, Elizabeth. Mio fratello è sempre stato un uomo difficile. Si finge forte, ma alle volte è così debole... e la cosa scioccante è che sono proprio io a farvi questo discorso!- Catherine trattenne una debole risata.

Elizabeth avrebbe voluto ribattere in qualche modo, ma non sapeva con quali argomentazioni potesse difendere l'onore dell'ufficiale. Come difendere quella figura imponente, che si stava sgretolando sotto i suoi occhi ad ogni parola pronunciata da Cat? Più pensava a cosa dire e più ogni piccolo pregio che aveva potuto notare in Adam svaniva, offuscato dalla miriade di difetti che egli stesso mostrava orgoglioso come tanti piccoli trofei. Ognuno di noi possiede quel pregio, quel carattere predominante che denota la nostra indole e che rende ciascuno in qualche modo degno di lode. Ma Liza pensava a quel pregio e questo non si faceva avanti. Che l'ufficiale non ne avesse?
Che ogni buon comportamento fosse in realtà una meschina finzione per rendersi amabile agli occhi altrui? Elizabeth considerò questa ipotesi e la reputò valida.

- Dormiamo.- Questa l'unica cosa che riuscì a dire.

Così si infilarono entrambe sotto le coperte, dopo aver deciso di dormire insieme ed in quell'istante, tra le lenzuola, ad Elizabeth parve di essere con sua sorella Mary.

- Vi ha sedotta?- Domandò forse un po' troppo indiscretamente Catherine appoggiando la folta chioma rossa sul cuscino.

- Chi?- Si affrettò a chiedere Liza, divenuta rossa.

- Oh, sciocchina, quel mascalzone di mio fratello! Il vostro ha sedotto me, ma vi auguro di non esser stata sedotta dal mio.

- Per quanto mi sforzi di capirlo, vostro fratello continua a rimanermi indifferente.- Sussurrò con noncuranza Elizabeth, nascondendo il viso tra le coperte.

- Percepisco la vostra disapprovazione nei suoi confronti eppure, alle volte, è come se voi cercaste di difenderlo.- gli occhi cristallini incontrarono quelli di Liza.

- Il disprezzo che provo per lui è attenuato dalla pena che il poverino suscita in me ogni volta.

Catherine non rispose, si limitò a sorridere e poi chiuse gli occhi. Sembrò calare improvvisamente in un sonno profondo, mentre la luce delle candele illuminava il suo profilo delicato. Liza spense le poche candele accese per la stanza e si abbandonò sulla morbidezza del materasso.
Il respiro di Catherine era calmo e regolare e la rassicurava. Pensò alle parole della ragazza. Quale era il motivo degli svariati tentativi da parte sua di difendere l'ufficiale?


"Credo che Adam Evans non nutra profonda stima nei miei confronti, come biasimarlo, è palesemente chiaro che egli è follemente pazzo di voi."

Non riusciva a darsi una spiegazione, mentre si rigirava prima su un fianco, poi sul dorso, poi ancora sulla pancia. Erano stati pochi gli istanti in cui aveva davvero tollerato l'indole di Adam, nonostante ciò si era sentita offesa quando Catherine ne aveva parlato in termini non propriamente gentili. Cosa le stava accadendo, cosa le aveva fatto quell'uomo?


"... come biasimarlo, è palesemente chiaro che egli è follemente pazzo di voi."

Tra pensieri inquieti e domande in sospeso, decise di rileggere la lettera del suo amico Matthew. E così, mentre il suo sguardo inseguiva le parole che correvano veloci sotto i suoi occhi, trovò la risposta che cercava da tutta la serata.


"... è palesemente chiaro che egli è follemente pazzo di voi."

Trovò sì una risposta, che però non le piacque affatto. Che la sua opinione sull'ufficiale stesse mutando, poiché influenzata dalla stupida considerazione di Matthew?
Così temeva. Elizabeth considerò che reputava affascinante l'ufficiale, ma sapeva che egli trovava in lei solo una fanciulla inaspettatamente troppo difficile da comperare con delle sciocche lusinghe. Lui non era pazzo di lei, ma solo dell'idea di farla sua. Non era forse così?

Elizabeth era combattuta. In un mese era riuscita a provare per una singola persona più emozioni di tutte quelle che sarebbe mai stata in grado di provare in vita sua. Tra queste l'odio, la rabbia, la mortificazione, l'allegria e l'am... no! Quello era un sentimento che si era promessa non avrebbe mai provato per l'ufficiale, mai!

Eppure era quel tipo di affetto incontrollabile che si stava insinuando nel suo cuore.

Amore.

Quel tipo di sentimento così profondo che agli occhi poteva sembrar odio, ma talmente forte da essere qualcosa di diverso.

Amore.

Non aveva scelta, doveva arrendersi a questo destino infelice. L'amare un uomo meschino, deplorevole e privo del senso del pudore.

Amore.

Era a quel destino infelice ad ogni direzione che doveva o abbandonarsi o abbandonare, essendo infelice e pentita in entrambi i casi.

Elizabeth si alzò da letto senza preoccuparsi di svegliare Catherine. I capelli sciolti ed arruffati le cadevano sulla schiena in una moltitudine di boccoli castani e nell'uscire dalla propria stanza urtò un paio di oggetti. Dovette sollevarsi la camicia da notte poco sopra le caviglie per non rischiare di inciamparvi ed il percorso lungo il corridoio le sembrò una corsa infinita, priva di traguardo. Ma un traguardo c'era ed era proprio di fronte a lei. La porta della camera dell'ufficiale, dalla quale filtrava una luce fioca, segno che egli era sveglio. Fu questione di pochi passi ed Elizabeth si trovò di fronte alla porta di legno.

Respirò a fondo. Non aveva scelta.


"Vi prometto che un giorno assaggerò le vostre labbra."

L'aveva maledetta con quelle sue parole. Sapeva di non essere la prima alla quale aveva fatto tale promessa. Posò la mano sul pomello d'ottone ed una fitta le attanagliò lo stomaco. Sentì di dover vomitare. Chiuse gli occhi ed ancora cercò di farsi forza e di affrontare questo suo destino.

Amore.

Girò il pomello ed aprì la porta quel poco che bastava per scorgere la figura di Adam mentre fumava un sigaro, affacciato alla finestra.

- Entra.- Disse lui con estrema calma, continuando a fissare il cielo notturno.

Quella richiesta la colse di sorpresa ed allora si rese conto di ciò che realmente era. Lui conosceva i suoi sentimenti repressi e ne era compiaciuto. Ma due innamorati si accolgono con baci ed abbracci, si richiedono amore a vicenda e non ordinano all'altro di farsi avanti, consapevoli di avere il pieno controllo della situazione. Lui non le stava lasciando scelta, la voleva sua e dopo ciò che lui si augurava sarebbe accaduto, l'avrebbe abbandonata. Lui non le lasciava scelta.

Amore.

Ma lei ce l'aveva una scelta e mai si sarebbe abbandonata ad un destino che non avesse scelto. 

Odio.


Ruotò su se stessa e non oltrepassò mai la soglia della sua camera.



                                                                                                   

                                                                                     **********




Elizabeth quella mattina si sentiva stranamente riposata. La cosa era alquanto strana, dal momento che dopo l'episodio della sera precedente non aveva quasi chiuso occhio. Dopo una notte insonne, infine, era giunta alla conclusione che il miglior modo per non provare alcun sentimento nei confronti dell'ufficiale era la più totale indifferenza, resa più eccitante da un pizzico di odio ed antipatia. Aveva aperto gli occhi che il sole splendeva attraverso il vetro delle finestre e Catherine ancora dormiva, aveva mantenuto la stessa identica posizione per tutta la notte.

Liza si alzò in piedi e dopo le dovute abluzioni decise di indossare un semplice vestito bordeaux, che sua zia le aveva regalato per il precedente compleanno. le belle giornate stavano tornando e tutto, o almeno quasi tutto, sembrava esser tornato alla normalità.

Giù in sala da pranzo la aspettava l'intera famiglia, che si aveva già cominciato a mangiare anche senza la sua presenza. I coinquilini si informarono sulle condizioni di salute di Catherine ed Elizabeth rispose educatamente, dicendo che si stava riprendendo. Anne, che quella mattina sembrava essere ancora più raggiante del solito, lodò Liza con mille complimenti per le cure che stava avendo nei confronti della povera Cat. Indossava un vestito verde chiaro, che si intonava con i suoi occhi ed i capelli sciolti erano ornati di nastri e nastrini delle medesime tonalità dell'abito. L'ufficiale era rigorosamente seduto al suo fianco e per un istante Elizabeth si sentì osservata. Adam la guardava compiaciuto e  mostrando un sorriso sghembo sotto i baffi dorati le fece cenno di sedersi accanto a lui.
Liza avrebbe volentieri accettato, ma doveva rispettare le promesse che aveva fatto a se stessa ed avvicinandosi all'ufficiale prese una fetta di pane che egli si era appena messo nel piatto e se la portò alla bocca, addentandola.

- Se non vi dispiace, farò colazione fuori. Mi sembra sprecata una giornata così bella passata dentro casa!- Esclamò Liza sistemandosi in maniera goffa l'acconciatura che era riuscita a stento a farsi.

Il signor Lodge le lanciò un'occhiata perplessa, lasciando da parte il giornale, poi reputò più interessanti le notizie del giorno e riprese la lettura. La signora Lodge era appena salita in camera di Liza, per fare un po' di compagnia a Catherine, il piccolo Robert giocava sul pavimento, Mary le sorrideva toccandosi il ventre e David aveva un'aria esausta ed avvilita. Ciò era alquanto insolito per David Evans, ma Liza non gli diede più di tanto peso.

Mentre ancora masticava la fetta di pane dell'ufficiale, il viso di Adam era mutato in un'espressione divertita, che Elizabeth trovò irritante. Si voltò ed uscì a grandi falcate dalla sala da pranzo, recandosi in giardino per la sua solita passeggiata. Si inoltrò tra le vaste campagne e raggiunto un nuovo sentiero all'ombra degli alberi scossi da un leggero vento estivo, si levò le scarpe e continuò per la sua strada.

Passando sotto gli alberi, l'erba era sempre più fresca ed il clima estremamente gradevole. Era una così bella giornata che nemmeno l'odio che si era promessa di provare in eterno per l'uomo che non poteva permettersi di amare avrebbe potuto rovinarla.

Camminò a lungo, fino a quando le gote non divennero rosse e la fronte madida di sudore. Camminò senza riuscire, nonostante i suoi sforzi, a smetterla di pensare all'ufficiale.
L'amava e pensava a lui, l'odiava e quel pensiero era ancora più forte!

- Siate dannato!- Esclamò rossa in viso, scalciando un ramo.

Improvvisamente una mano le si posò sulla spalla ed il cuore le smise di battere per un istante.

- Ce l'avevate con me?- domandò scherzosamente Adam, che a giudicare dal viso rosso, doveva averla rincorsa per tutta la sua passeggiata.

- Mi state seguendo?!- Si ritrovò quasi ad urlare Liza, domandandosi per quale motivo fosse così petulante.

- Non siete la sola a passeggiare per le campagne.- Rispose, scostandosi una ciocca bionda dal viso sudato.

- Ma non mi dite, che amabile coincidenza! Mi stavate cercando, è evidente, avete il viso paonazzo.- Ribatté con una punta di acidità nella voce.

- Il caldo è decisamente eccessivo, quasi rimpiango le poche giornate di pioggia. E poi, mi chiedo, ma vi siete vista? Siete dello stesso colore del vostro vestito!

Questo era certamente troppo rude ed Elizabeth si sentì offesa.

Lo odiava.

Accelerò il passo e continuò a camminare, cercando di ignorarlo il più possibile.

- Avanti, non sentitevi offesa!- Sdrammatizzò lui inseguendola per un breve tratto, per poi ritrovarsi di nuovo al suo fianco.

Elizabeth si sentiva osservata. Non aveva mai provato disagio al solo pensiero che qualcuno potesse vederla stanca, affaticata, brutta. Nonostante ciò, non riusciva ad incontrare il suo sguardo, poiché temeva che avrebbe potuto fare altre considerazioni sul proprio aspetto.

- Ad ogni modo, cosa volevate da me l'altra sera?- Continuò lui.

Sapeva cosa voleva.

- Devo aver sbagliato stanza.- Ci tenne a precisare Elizabeth mantenendo lo sguardo basso sui propri piedi scalzi.

Adam aveva smesso di parlare e Liza ne fu sollevata. Solo quando avvertì una stretta al braccio e si trovò con la schiena appoggiata contro un albero ed il torace dell'ufficiale contro il suo, si rese conto che quella conversazione non era ancora terminata.

- Volevate un po' di compagnia?- Le disse lui mostrando i denti bianchissimi.

Elizabeth si sentiva oppressa da quella presenza che incombeva su di lei e cercò più volte di divincolarsi, fallendo. Anche con un braccio ingessato, riusciva comunque a dominarla.

- Di certo non la vostra.

Stava mentendo.

L'ufficiale le portò una mano sul viso e la costrinse ad incontrare le sue iridi azzurro cielo.

- Eppure quella sera, davanti al fuoco, avete gradito la mia compagnia.- Rispose premendo il suo bacino sempre più contro quello di Elizabeth.

- Non osate tanto! E non toccatemi!- Si ritrovò ad urlare Liza, non appena si accorse che quella strana vicinanza non le dispiaceva affatto.

Diede una spinta all'ufficiale, facendo pressione proprio sul braccio ingessato, ciò gli procurò un gemito di dolore e fu costretto a fare qualche passo indietro. Elizabeth avrebbe voluto scusarsi per quella sua reazione, ma non lo reputò opportuno data la situazione.

Il volto di Adam era tornato bianco ed i capelli biondi gli ricadevano sulla fronte ancora leggermente sudata, come i fili di grano della campagna riscaldati dal sole. Ma i suoi occhi ghiacciati attenuavano quel calore, che altrimenti avrebbe rischiato di contagiare anche Elizabeth.
Indossava una camicia di seta decisamente troppo elegante per una passeggiata, ulteriore dimostrazione che non era intenzione dell'ufficiale passeggiare per le campagne, e le sue solite brache beige. La camicia, notava Liza, era troppo larga per il suo fisico slanciato, ma gli consentiva meglio il movimento del braccio ferito.

Il volto di Adam Evans rimaneva immutato, mantenendo quell'espressione ironica che lo caratterizzava e che faceva venir voglia ad Elizabeth di strozzarlo.

- Mi ordinate di non toccarvi, Elizabeth, ma sappiamo entrambi che lo desiderate.

Non aveva tutti i torti.

- Abbiamo precedentemente affrontato l'argomento e vi ho già spiegato che l'unica cosa che provo nei vostri confronti è ribrezzo.- Sussurrò Elizabeth, come per paura che qualcuno potesse udirla.

- Dite davvero?- Adam si avvicinò nuovamente a lei - allora erro quando dico che vorreste essere voi al posto di vostra sorella? Erro quando provo ad indovinare cosa passa nella

vostra mente, mentre vi immaginate Anne gemere tra le mie braccia? Fremete ogni volta che vi tocco e prendo la libertà di potervi anche solo sfiorare, perché so che se davvero la

 cosa vi disturbasse, avreste già chiesto aiuto a vostro padre, o magari a vostro fratello per liberarvi di questo "mascalzone" che sono io. E so per certo che son io ad aver ragione,

dal momento che se avessi detto cose non vere, voi mi avreste smentito alla mia prima affermazione.- Concluse infine sorridendo.

Troppa verità in un' unica frase. Questo era il motivo del suo silenzio. Adam lo sapeva.

- Non prendetevi gioco di me.- Fu l'unica cosa che riuscì a dire.

- Lasciate che vi dimostri che mai mi prenderei gioco di voi.- Continuò, divenendo improvvisamente serio.

Elizabeth decise che l'ufficiale doveva una volta per tutte smetterla di pensare che anche lei lo desiderasse, per quanto questo desiderio potesse essere vero, così disse le uniche parole che sperava avrebbero potuto allontanarlo.

- Io vi odio, Adam, pensavo che arrivati a tal punto ve ne foste accorto, ma evidentemente siete troppo sciocco per arrivarci da solo.

Liza non credeva all'audacia delle proprie parole e per un attimo ne fu anche compiaciuta, finché non vide l'espressione sul volto dell'ufficiale scurirsi e divenire improvvisamente iraconda.

- Sapete, Elizabeth, o come vi fate scioccamente chiamare "Liza", non siete una donna abbastanza coraggiosa per un uomo come me. Siete inferiore in tutto e per tutto ad ogni donna che io abbia mai degnato di attenzione, quindi non sentitevi autorizzata ad esprimere tutto il vostro odio nei miei confronti solo perché siete troppo spaventata dall'idea che io sia troppo per voi!

Di che cosa stava parlando! Era forse impazzito? Le parole di Liza dovevano averlo realmente ferito, poiché non sarebbe stato da lui insultarla a quel modo.

- Non permettetevi...- Tentò di ribattere lei ancora più arrabbiata.

Adam la interruppe.

- E per chiarirvi ulteriormente la situazione. Non vi ho seguita per chissà quale motivo, non sprecherei mai il mio prezioso tempo dietro ad una donna come voi, se il motivo non fosse realmente importante. se stamani non ve ne foste corsa via, come impazzita, forse avreste fatto in tempo ad udire l'annuncio di vostro padre che necessita di tornare a Londra prima del termine della villeggiatura per delle pratiche!- Continuava ad urlare Adam.

Liza non lo aveva mai visto così irritato.

- Avete sentito bene, mia cara Elizabeth. Per mia e, fidatevi, non per vostra fortuna a breve lascerete casa di mio cugino e di vostra sorella e tornerete alla vita di città e se Dio vuole noi due non ci rincontreremo mai più!

Elizabeth lo osservava incredula sia per la sua reazione, sia per la notizia che le era appena stata data. Sarebbe tornata a Londra dopo poco più che un mese. Da una parte sarebbe dovuta essere felice, ma dall'altra...

- Ne sono felice.- Biascicò Elizabeth.

Aveva imparato a mentire da quando conosceva l'ufficiale.

- Ora che vi ho raggiunta e vi ho portato la notizia, come mi è stato chiesto da vostro padre, posso anche tornare indietro, senza che voi pensiate che sia venuto qua per porvi chi sa quali lusinghe. E, dato che mi odiate così tanto, vi prometto che non vi importunerò più, anzi, vi domando un po' di tempo da solo con vostra sorella.- Disse con un'espressione amareggiata sul viso.- So che non le dispiacerà affatto!- Concluse, dandole le spalle ed andandosene.

"Mi odiate, oh che gioia, mi odiate!" Canticchiava allontanandosi sempre di più dalla sua vista e lasciandola, perplessa, alla sua solita passeggiata.

Davvero gli importava così tanto che lei lo odiasse? Ma ora un quesito più importante prendeva posto nella mente di Elizabeth.

Sarebbe dovuta tornare a casa.









Dalla scrittrice ai lettori:

Carissimi lettori, sono risorta! Non come Gesù Cristo, io ci ho messo sei mesi. 
Come state, tutto bene? Molti di voi mi hanno chiesto di aggiornare e per questo vi ringrazio. Purtroppo ho avuto un piccolo incidente, per il quale ho perso appunti su appunti riguardanti i capitoli che avevo intenzione di scrivere. Per questo ho dovuto ricreare una storia tutta nuova. Questo capitolo mi serviva un po' come 'spunto' per questo nuovo destino che ho scritto per i miei personaggi. Se mi capita, ho deciso che alla fine di ogni capitolo (se non durante) potrei anche inserire delle gif o delle immagini tanto per rendere più interattiva la lettura. Vorrei che recensiste in molti e che mi deste un parere anche su questa proposta dell'inserire musiche ed ogni tanto immagini. 
Bacini, baciò.
Grazie mille di tutto!
Felem ♥

Ho creato una pagina Ask nella quale potrete farmi delle domande riguardanti le mie storie. 
http://ask.fm/FelemEFP

 

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