L'armonia del silenzio

di Luthien_13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Sorprese mattutine ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: La sua cosa?! ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Ripresa delle vecchie abitudini ***



Capitolo 1
*** Prologo: Sorprese mattutine ***



 


Words like violence
Break the silence
Come crashing in
Into my little world
(Enjoy the silence – Depeche Mode)(1)
 
Aprii gli occhi desiderando di potermi crogiolare ancora un poco nel caldo delle coperte. Con un gesto secco spensi la sveglia e mugolando strofinai la guancia sul cuscino.
Frustrata scostai le coperte esponendo il corpo al freddo mattutino di Londra e mi guardai intorno in cerca delle ciabatte.
Lasciai scorrere lo sguardo per tutta la stanza dove il disordine regnava sovrano ma, vani furono i tentativi di scorgerle. Molto probabilmente erano sommerse sotto mucchi di vestiti, scarpe e fogli di vario genere.

Rassegnata mi avviai a piedi nudi verso la cucina. Passando dinanzi allo specchio del corridoio, mi accorsi delle condizioni in cui erano i capelli e portai subito una mano a districarli.
Cercai di renderli presentabili e tirai la maglia lungo le gambe così da coprirmi il più possibile. Sbadigliai e, nel momento in cui socchiusi gli occhi, urtai sbadatamente contro lo stipite della porta e il dolore mi strappò una mera imprecazione.
Massaggiando la parte lesa, mi avvicinai al bancone della cucina e misi frettolosamente un pentolino a bollire.

Mentre preparavo l’occorrente per fare il tè, ripassai con la mente tutto quello che avrei dovuto fare in giornata: c’era da fare la spesa, sistemare la casa e dovevo anche andare al colloquio di lavoro presso una famiglia in centro.
Per riuscire a fare tutto, sarei dovuta uscire in casa prima delle dieci altrimenti, avrei dovuto fare tutto di corsa e come al solito, avrei combinato qualche pasticcio.

Controllando il pentolino capii che l’acqua stava bollendo e mi affrettai subito a prendere una mug(2) per poi versarci dentro il contenuto e inserirvi la mia bustina di tè preferita.
Facendo attenzione a non scottarmi, afferrai anche la scatola dei biscotti e mi  accomodai nell’isolotto al centro della cucina decisa a fare una lauta colazione.
Afferrai una tovaglietta nel cassetto e la posizionai al disotto della mug per non sporcare il ripiano e afferrai il cestino della frutta per cercare una banana.
Dopo tutti i preparativi,  mi accomodai intingendo i biscotti nel tè e nel frattempo, sfogliai una rivista dimenticata sul tavolo la sera prima.

Un colpo di vento fece spalancare la finestra alle mie spalle e avvertii subito un colpo d’aria fredda investirmi. Di corsa mi alzai per chiuderla e gettai uno sguardo al paesaggio.
La finestra dava sul parco dove, sebbene fosse molto presto, già c’era qualcuno che portava a passeggio il proprio cane per i bisognini mattutini.
Il cielo era coperto da qualche nuvola ma quella non era di certo una novità, gli alberi avevano assunto delle tonalità che davano sull’arancione e il marroncino e si apprestavano a perdere le prime foglie.
Sorrisi in direzione della mia amata città e ritornai alla mia occupazione.

Mentre sorseggiavo la bevanda ancora calda, una chiazza di colore mi distrasse. Probabilmente prima a causa del sonno, nemmeno ci avevo fatto caso ma, impigliato tra gli strumenti della cucina, c’era un pezzo di stoffa.
Incuriosita mi avvicinai per vedere cosa fosse e mi ritrovai a stringere tra le mani un perizoma di pizzo nero.
Me lo rigirai più volte tra le mani, constatando che di certo non apparteneva a me a giudicare dalla trasparenza nella parte davanti che, a mio avviso, era alquanto volgare.
Quindi, se quel pezzo di stoffa non era mio ma, si trovava nella mia cucina, poteva esserci una sola spiegazione: -Nathan!- strillai furiosa e il mio grido risuonò nel silenzio spettrale in cui era avvolta la casa.

Marciai verso la camera di quel decerebrato del mio coinquilino portandomi dietro la prova con cui avrei potuto accusarlo.
Spalancai la porta della sua camera senza preavviso pronta a dirgliene di tutti i colori ma, la scena che mi ritrovai davanti mi portò a tentennare.
Una ragazza bassina, con i capelli tutti arruffati e ancora il segno del cuscino, se ne stava dritta davanti a me, con solo il reggiseno a coprire il suo corpo.
Per il resto era tutta completamente nuda.

Mi guardò senza scomporsi mentre io sgranai gli occhi e imbarazzata cercai di posare lo sguardo su una qualunque cosa che non fosse lei. Si portò una mano alla testa come se fosse confusa e poi la vidi avanzare verso di me.
-Grazie! Le hai trovate.- disse tranquillamente sfilandomi dalle mani il perizoma che, a quel punto, apparteneva a lei. E sempre con molta tranquillità se le infilò davanti a me lasciandomi allibita.
Sentii qualcuno ridacchiare in sottofondo e spostai lo sguardo sul letto dove, tra l’ammasso di coperte, troneggiava la figura di Nathan avvolta in un lenzuolo.
Lo fulminai con un’ occhiataccia e lui mascherò la risata con un colpo di tosse. Fece per alzarsi dal letto ed io, onde evitare visioni di altre parti intime, lasciai la stanza permettendo loro di prepararsi senza disturbo.


********


Dopo circa una decina di  minuti, sentii le loro voci irrompere nel corridoio e alzai lo sguardo dal lavabo giusto in tempo per vederli passare davanti alla porta della cucina.
Lei, finalmente vestita del tutto, alzò una mano come a volermi salutare ed io le feci un gesto con il capo imbarazzata ma Nathan, insoddisfatto, senza farsi vedere da lei mi fece il gesto di avvicinarmi e così, fui costretta a raggiungerli.
Mi asciugai in fretta con lo strofinaccio e presi la mano che la ragazza mi porse in segno di saluto.
-Scusami per la scena di prima!- disse sorridente .
-Non preoccuparti. È colpa mia, avrei dovuto bussare e non irrompere nella stanza in quel modo!- replicai arrossendo fino alla punta dei capelli.

Nathan divertito da quella situazione dovette dapprima reprimere nuovamente una risata e poi posò una mano dietro la schiena della ragazza sospingendola verso la porta. Questa lo seguì e lui sorprende domi le aprì anche la porta di casa.
-Ciao, Nate! Sono stata bene stanotte!- disse con fare sensuale avvicinandosi a Nathan, o meglio “Nate”, per lasciargli un bacio a fior di labbra.
Lui le sorrise sghembo e si addossò alla porta.
-Ci si vede in giro Sarah!- ribatté lui con voce roca.
Vidi la ragazza cambiare espressione in un solo istante; afferrò la giacca che lui le stava porgendo e se la infilò con fare irritato.
-Mi chiamo Julie, idiota!- sibilò prima di uscire a passo di marcia e lanciarsi di corsa giù per le scale.

Portai una mano davanti alla bocca ridacchiando sommessamente. Nathan chiuse la porta e si girò lentamente rimanendo sorpreso di trovarmi lì come spettatrice.
Ci guardammo in silenzio e poi lui con fare annoiato mi superò entrando in cucina.
-Non. Una. Parola.- mi intimò dinanzi alla mia espressione divertita ma, invece di costringermi al silenzio, mi istigò ancora di più a lasciarmi andare ad una risata.  
 

 
(1)Enjoy the silence – Depeche Mode: “Le parole amano la violenza/rompono il silenzio/arrivano schiantandosi/nel mio piccolo mondo”
(2)Mug: tipica tazza inglese favorita dai britannici per la consumazione del tè

 

SPAZIO AUTRICE
Salve a tutti! ^-^
Innanzitutto ci presentiamo: siamo Ashwini e MeliIiIi, due autrici che scrivono sul sito di EFP e che, poco tempo fa, hanno deciso di scrivere, insieme, una storia a quattro mani, quale è questa, di cui avete appena letto il prologo.
Speriamo vivamente che vi sia piaciuto ed aspettiamo con trepidazione i vostri giudizi, siano essi positivi o critici, non fatevi problemi, ogni recensione è ben accetta.
Questo prologo è soltanto l'inizio di una storia che è nata per stupire.
Con l'andare avanti dei capitoli, infatti, le sorprese ed i colpi di scena non mancheranno. Speriamo solo di riuscire, col vostro aiuto ed il vostro sostegno, nel nostro intento.

Detto questo, vi salutiamo calorosamente.


Per eventuali domande, aggiungeteci su facebook dove abbiamo creato un gruppo interamente dedicato a questa storia. (Cliccate sulla parola in rosso!:D)
Questi, sono i nostri contatti:

MeliIiIi

Aswhini

Baci,
Luthien_13 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: La sua cosa?! ***


 



Alzai il volume della radio al massimo preparandomi con le note di Wonderwall degli Oasis. Cercai di trovare  un abbigliamento sobrio ma, allo stesso tempo giovanile e mi misi un filo di trucco.
Guardai tra i fogli sperando di trovare in fretta la cartellina rossa, contenente il curriculum e tutti i riconoscimenti ottenuti negli anni, che presentavo ad ogni colloquio lavorativo.
La scorsi sotto il computer portatile e subito la riposi nella borsa. Avendo ancora del tempo a disposizione, pensai bene di riassettare un poco la stanza. Esaurita in breve la voglia di sistemare, rinunciai a lottare contro il disordine e decisi di uscire prima di casa.
Lasciai la stanza per avvisare Nathan ma, lo scrosciare dell’acqua, mi avvertì che si stava facendo la doccia. Così, gli lasciai un bigliettino sul tavolo.

Sbuffai ricordandomi che sarei dovuta andare a piedi ma, passando nel corridoio, scorsi le chiavi dell’automobile di Nathan lasciate incustodite e pensai che forse lui non si sarebbe arrabbiato così tanto se, anche senza il suo permesso, le avessi prese.
Controllando che lui fosse ancora in bagno, le afferrai ed uscii di casa ridacchiando al pensiero di una sua possibile espressione dopo aver scoperto il mio misfatto.
Salii in macchina e risistemai il sedile adattandolo alle mie dimensioni. Misi in moto e attentamente mi immisi nel traffico londinese. Sebbene fosse presto, già circolavano diverse autovetture e i tipici bus rossi a due piani.
Seguii per un tratto il percorso del Tamigi e poi svoltai diretta verso una zona più periferica. Mi fermai allo stop ed osservai i passanti. C’era gente vestita elegante e con le valigette alla mano, studenti ancora assonnati, signore anziane con i carrelli della spesa e gente in veste ginnica che si dedicava alla corsa mattutina.

Ognuno era perso nei propri pensieri ed io non ero da meno , tant’è che nemmeno mi accorsi che il semaforo aveva cambiato nuovamente colore e le macchine dietro di me dovettero suonare più volte richiamandomi alla realtà.
Imprecai agitando un braccio verso di loro. Erano tutti così impazienti!
Mi guardai intorno facendo attenzione a svoltare nelle vie giuste che mi venivano indicate dal navigatore. Sembrava un quartiere tranquillo con quell’atmosfera pura e indisturbata. Da entrambi i lati della strada, si dipartiva vano due lunghe file di alberi che conferivano all’ambiente un’aria così magica.

Abbassai il finestrino ed accostai per chiedere informazioni ad un passante ma quello dovette scambiarmi per una malintenzionata visti i modi con cui mi aveva cacciata. Stupita mi rimisi in moto e sperai di trovare qualcun altro a cui chiedere. Fortunatamente, c’erano alcuni ragazzi che si mostrarono molto disponibili.
Ripresi la guida svoltando ancora in diverse vie secondarie  e poi, come ero stata precedentemente consigliata, parcheggiai l’auto a ridosso di un parco e percorsi l’ultimo centinaio di metri  a piedi.
Svoltai l’angolo irrompendo in un viale costeggiato da diverse villette indipendenti. Frugai nella borsa in cerca dell’appunto che avevo preso su un foglietto stropicciato che poi, si rivelò essere nella tasca dei pantaloni.
Rilessi l’indirizzo e mi guardai intorno per trovare l’ abitazione giusta. Superai diversi numeri civici prima di giungere dinanzi a quello indicato e, prima di suonare il citofono, controllai nuovamente il biglietto per essere certa.
Ricevuto il consenso, aprii il cancello e risalii lungo il vialetto guardandomi intorno. Il giardino era piccolo ma molto curato; addossate nel sottoscala, stavano due biciclette da bambini e disseminati qua e là, c’erano giocattoli di vario tipo.

Bussai alla porta e sentii dei passi avvicinarsi e una voce squillante chiedermi di pazientare. Riassettai i vestiti in fretta e controllai che fosse tutto in ordine per poi aprirmi in un sorriso rassicurante.
La porta si aprì rivelando una donna sui quarant’ anni che mi sorrise cordialmente.
-Buongiorno. Sono Alicia Bones e sarei qui per il colloquio come baby-sitter.- esclamai porgendole la mano che lei strinse con molta foga.
-Prego, si accomodi.- replicò lei lasciandomi entrare.
L’ingresso dava su un piccolo atrio dal quale si dipartivano le altre stanze ed una scala che portava al piano superiore. Il tutto era ben arredato; mobili in stile retrò, quadri raffiguranti paesaggi della campagna e scogliere marine, non una cosa un disordine.
La signora Moore mi fece fare un breve giro della casa e poi ci recammo nel salotto.
-Accomodati.- disse lei gentilmente dopo aver chiesto il permesso di darci del tu; mi raggiunse portando un vassoio, su cui c’erano una teiera da tè e dei dolci fatti in casa.
-Serviti pure!- disse spingendo una tazza verso di me e servendosi a sua volta.
-Allora, per quanto riguarda il colloquio, hai con te il curriculum?- chiese guardandomi ed io annui rovistando  nella borsa in cerca della cartellina rossa che le porsi. Lei iniziò a leggere i vari fogli e si complimentò per alcuni risultati che avevo ottenuto. Aveva l’aria soddisfatta e sperai che ciò stesse a significare che avevo buone possibilità di ricevere quell’incarico.
Dopo che ebbe visionato tutto mise da parte la cartellina e fu il suo turno di presentarmi un documento.
-Ho avuto modo di vedere che hai avuto diverse esperienze lavorative che hai svolto al meglio e hai anche un ottimo percorso scolastico. Posso sapere cosa stai studiando all’università?- domandò consegnandomi il foglio che strinsi nelle mani sudaticce per l’ansia.
-Architettura. -  risposi prontamente gettando un occhio su quanto c’era scritto.
-Facoltà interessante. Comunque, considerando il tuo curriculum non posso che ritenermi soddisfatta. Quindi, a me farebbe davvero piacere concederti questo incarico!- disse sorridendomi e porgendomi una mano come a voler sigillare il patto.
La strinsi felice e mi sciolsi un poco felice del risultato raggiunto.
-Quando posso cominciare?- chiesi impaziente.
-Allora, considerando il tutto, credo che , già dalla prossima settimana, puoi iniziare.- iniziò a dire lei, -I tuoi turni dovrebbero aggirarsi intorno alle otto ore distribuite nell’arco della giornata. Catherine ha quattro anni e frequentando ancora l’asilo, vorrei che tu venissi qui il mattino presto perché io e mio marito usciamo prima per andare a lavorare mentre, Evelyne e Matt, che sono più grandi, hanno l’autobus presto. Quindi tu dovresti prepararla accompagnarla a scuola e poi andare a riprenderla e occupartene fino alle quattro del pomeriggio.- spiegò affabile consegnandomi dei fogli dove aveva scritto i miei compiti nei dettagli.
-Come avrai modo di vedere anche tu, è una bambina molto calma. Poi tranquilla, se avrai  bisogno di una giornata libera, non ti resta che dircelo e non ci organizzeremo in qualche altro modo. - continuò lei disponibile alle trattative.

Continuammo a discutere riguardo la paga e i vari giorni lavorativi per circa una mezz’ora poi, fummo interrotti dal suono del campanello. Si alzò scusandosi e lasciò la stanza. Sentii i suoi passi riecheggiare nel corridoio e nel frattempo, controllai il cellulare per vedere che ora fosse.
Appena la schermata si illuminò, rilevò la presenza di un messaggio da parte di Nathan.
Dopo facciamo i conti signorina!”. 
Ridacchiai tra me  e me e ignorando anche le sue chiamate senza risposta, riposi il telefono nella borsa e rimasi in ascolto sentendo delle nuove voci provenire dall’ingresso.
 -Non correre Catherine!- disse la signora Moore ma, la bambina, non le diede ascolto e irruppe nel salotto bloccandosi subito dopo avermi notata.
Aveva un vestitino a fiori, le ballerine ai piedi, un cerchietto in testa che le teneva indietro i lunghi e lisci capelli neri e gli occhi verdi.
Abbozzò un sorrido mostrando la dentatura priva di qualche dentino che la fece sembrare alquanto buffa e aveva le mani e la bocca sporche di cioccolato.
Le sorrisi e la invitai a farsi avanti.
Lei si avvicinò timidamente e con voce sottile mi salutò.
-Sei la mia nuova tata?- domandò dondolandosi sul posto. Annuii e lei si voltò sorridendo verso i coniugi Moore.
Avevo come il presentimento che lavorare in quella famiglia mi sarebbe piaciuto molto.

********


Uscì dalla porta in legno d'acero con un radioso sorriso in volto. Sin dall'inizio ero sicura che sarei stata presa per badare alla piccola Catherine, dato il mio impeccabile curriculum e la mia buona fama nel quartiere.
Infatti, badavo già ad un'altra bambina, Amy, che abitava proprio a pochi isolati dall'abitazione dei Moore e, dopo pochi mesi, la mia ottima preparazione aveva fatto il giro del quartiere tramite i soliti pettegolezzi fra donne, facendomi ricevere la lieta telefonata della signora Moore pochi giorni prima. 
Mi serviva proprio un'altra bambina a cui badare, adesso, il sogno di avere un'auto tutta mia non era più così lontano, pensai con un'espressione sognante in viso, già immaginandomi a guidare la mia nuova auto rosso fiammante. 
Inoltre, ero contenta di accudire le due bambine, erano due adorabili pesti. Ero certa che anche con Catherine avrei istituito un ottimo legame, così come era avvenuto con la piccola Amy, ci saremmo sicuramente divertite insieme. Anche perché, io adoravo i bambini ed un giorno, avrei tanto voluto crearmi una famiglia tutta mia, molto numerosa. 
Mi venne da ridere non appena pensai al viso di Nathan quando gli avevo rivelato questo mio desiderio. Era rimasto a dir poco scioccato.

<< Ehi Nathan. >> dissi pensierosa, cercando di richiamare l'attenzione del moro seduto comodamente al mio fianco.
<< Mmmh. >> mugugnò lui, troppo concentrato a seguire la partita fra la sua squadra preferita di football e quella avversaria, per formulare una frase logica migliore.
Sbuffai: << Nate sto parlando con te! >>
<< Si! Che cazzo c'è?! >> rispose con la sua caratteristica finezza.
<< Hai mai pensato ad avere un bambino? >> chiesi con gli occhi luccicanti mentre pensavo ai giochi fatti insieme alla piccola Amy poche ore prima.
In risposta lo vidi sputare elegantemente la birra che stava sorseggiando dal boccale, gli occhi strabuzzati per lo stupore.
<< Alicia ma che accidenti stai dicendo?! Siamo giovani per Dio, abbiamo tempo per queste cose. Quindi adesso stai zitta e fammi guardare la partita. >> rispose tornando a dedicare la sua più completa attenzione al mega schermo televisivo che avevamo in soggiorno.
<< Tipo scopare dalla mattina fino alla sera? >> replicai piccata.
Lui si girò un'ultima volta verso di me, per poi affermare col suo caratteristico ghigno: << Si. E faresti meglio a cominciare a farlo anche tu dato che stai somigliando sempre di più alla vecchia acida che abita al piano di sopra. >>
Io lo guardai scandalizzata per poi rifilargli una delle mie peggiori occhiatacce. Me ne andai quindi via da lì, offesa ed arrabbiata con lui. Possibile che con quel decerebrato non si potesse mai affrontare un discorso serio? 


Scossi la testa. Non sarebbe mai cambiato quel ragazzo, era un venticinquenne bello e fatto ed un brillante studente di medicina eppure, quando si parlava di maturità... no, decisamente non si potevano mettere vicini il nome Nathan con l'aggettivo maturità. Risi del mio stesso pensiero, immaginando la faccia infuriata del mio amico se avesse saputo cosa avessi appena pensato. Una sua peculiarità, infatti, era che diventava stranamente rosso in volto quando si arrabbiava, gonfiava le guance e in tal modo gli si formavano delle adorabili fossette ai lati della bocca, uno dei tanti motivi in cui lo sfottevo sempre, insomma. Anche se adoravo quelle fossette, cosa che mai gli avrei rivelato, consapevole del suo enorme ego.

All'improvviso, dopo aver percorso il viale ed esser uscita dal cancello, venni afferrata per il braccio destro da una presa ferrea. Mi girai, allora, stizzita per il modo rude usato, trovandomi davanti la faccia da schiaffi di Nate, per nulla turbato dalle frecciatine che avevo iniziato a mandargli.
In seguito, dopo essere riuscita, con non poca fatica, a liberarmi dalla sua presa, osservai meglio il mio amico. Si era appoggiato con il busto ad un muretto lì vicino, assumendo quella che a me parve una posizione decisamente erotica: aveva, infatti, una gamba piegata leggermente, mentre l'altra era distesa. Una mano poi, si era andata a posizionare su di una coscia al contrario dell'altra che invece si era andata a sistemare dietro la testa. Sembrava tanto un modello uscito da una rivista di PlayBoy in quel momento. 
Spaccone di un esibizionista, anche in mezzo alla strada doveva far vedere a tutto il mondo quanto era sexy ed impossibile. Aspetta... che diavolo sto pensando adesso? Sono forse impazzita? E cosa più importante: da quando avevo cominciato a pensare che fosse sexy?!

<< Non hai risposto al mio messaggio. >> mi accusò, facendomi ridestare dai miei pensieri su di lui che erano diventati decisamente poco casti.
Dio, io non ero mai stata così... lo guardai male. Era tutta colpa sua, accidenti!
<< Non l'ho ritenuto necessario. E poi io, al contrario di te, ho cose ben più urgenti da fare che rispondere ad uno stupido messaggio. >> risposi a tono, riversando tutta la mia frustrazione su di lui, che poi era il diretto interessato.
<< Senti, lasciamo perdere. Ho fame, andiamo a casa. >> mi disse prendendomi per mano e voltandosi per andarsene, sapendo bene quanto me che avremmo rischiato di dare spettacolo perfino in strada se la discussione fosse proseguita oltre.
<< Eh no carino, pretendo delle scuse prima! >> obbiettai con decisione, divincolandomi dalla presa della sua mano. 
Lo fidi girarsi a fissarmi esasperato, per poi alzare gli occhi al cielo.
Si caro il mio Nathan, daremo spettacolo quest'oggi! E non sarò io ad uscire sconfitta da questo nostro scontro, puoi giurarci. 
<< Certo, come se io avessi mai chiesto scusa in vita mia. E poi, non ne capisco il motivo. >> disse incrociando le braccia al petto, accettando la mia sfida silenziosa.
Faceva anche il finto tonto, adesso, il signorino.
<< La ragazza di stamattina non ti ricorda nulla? >> gli suggerì, cominciando ad alterarmi.
Lui alzò, allora, gli occhi al cielo, sbuffando: << Ce l'hai ancora con me per questo? Andiamo Alicia, sono anni che ho quest'abitudine! >> 
<< Appunto Nathan, appunto. Non so se l'hai notato, ma adesso tu ed io condividiamo lo stesso appartamento ed io non gradisco che passino ragazze nude per casa mia ogni santo momento della giornata e tutti i santi giorni! >> dissi puntandogli un dito contro il petto muscoloso. Ritraendolo subito dopo per via della potente scossa che mi aveva percorso l'intera spina dorsale.
<< Guarda che non ti ho costretta io a venire ad abitare da me, sei stata tu ad insistere dicendo che sarebbe stato divertente dividere l'appartamento. >> puntualizzò, credendo di avere la vittoria in pugno.
<< Brutto deficiente io... >> cominciai, interrotta dalla squillante suoneria del mio IPhone.

E adesso chi diavolo era?! Stavo per battere il mio migliore amico/nemico per Dio! 
Avevo appena estratto il telefono dalla mia borsa a tracolla quando, con uno scatto fulmineo, Nathan mi prese il telefono dalle mani per poi corrucciare il viso non appena ebbe letto il nome nel display.
<< Chi cazzo è William? >> quasi urlò, fumante di una rabbia immotivata, a parer mio.
<< Perché accidenti te la prendi tanto, scusa? >> chiesi mettendomi le mani sui fianchi.
<< Tu osi chiedermi il perché? >> domandò, facendo scattare pericolosamente un sopracciglio in alto.
<< Beh, si. Illuminami ti prego. >> risposi sarcastica.
<< Un ragazzo Alicia, un ragazzo. Dio, non puoi permetterti di avere una relazione adesso che hai iniziato l'università, sarebbe una distrazione! >> mi rispose ovvio.
Che cosa? Lui si permetteva di dire a me che non potevo avere un ragazzo quando lui si era praticamente portato a letto metà della popolazione femminile della città? Da non credere.
<< Senti da che pulpito viene la predica. Ricordo male, o sei proprio tu quello che va a medicina e allo stesso tempo fa sesso dalla mattina fino alla sera in casa mia. >> mi difesi.
<< Casa nostra! >> disse, sottolineando l'ultima parola ed avvicinandosi pericolosamente al mio volto, facendo così scontrare i nostri nasi.
Da quella distanza ravvicinata potei osservare con maggiore attenzione il suo volto angelico, in netto contrasto con la sua reale indole impulsiva. Gli occhi erano di un azzurro impossibile, sembravano quasi di ghiaccio per quanto erano chiari. Le labbra invece erano piene, carnose e sensuali, la solenne promessa di una serie di baci che andavano ben oltre le comuni aspettative. 
E quando l'azzurro cielo incontrò il ghiaccio freddo dei suoi occhi, il mondo parve dissolversi in una bolla di sapone. Inutile cosa difronte la profondità e l'intensità dei nostri sguardi, che si erano allacciati indissolubilmente, come desiderosi di mantenere il più a lungo possibile quel nuovo ed inaspettato contatto. 
No diamine! Non potevo essere abbindolata da lui anche io come una delle sgualdrine che si portava a letto, io non ero come loro e non intendevo certo diventarlo!

Distolsi quindi lo sguardo per prima, interrompendo quel gioco che si era creato fra i nostri occhi. Nathan, all'inizio, mi parve disorientato da una così improvvisa interruzione, ma fu solo un' istante, perché ben presto riprese la sua solita maschera indifferente. Cosa che, inspiegabilmente mi ferì. Ma lui non doveva assolutamente notare ciò, o per me sarebbe stata un'umiliazione troppo grande da sopportare così, armata di un nuovo spirito battagliero, aprì la bocca per ribattere, ma non feci in tempo a rispondere che, ancora una volta, il cellulare squillò, richiamando la furia di Nathan. Il quale, quasi non stritolò il cellulare fra le mani mentre portava velocemente l'oggetto in questione all'orecchio destro per rispondere alla chiamata.
<< Non osare contattare più la mia ragazza, bastardo! >> urlò al telefono per poi chiudere bruscamente la telefonata, senza neanche attendere una qualche risposta dall'interlocutore.
E certo, rispondere male ad un povero innocente era la soluzione miglio... aspetta un momento. Io ero la sua cosa?!



SPAZIO AUTRICE
Salve a tutti ^-^
Siamo Aswhini e MeliIiIi e, come prima cosa, vorremmo ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, le ricordate o le preferite. E vorremo ringraziare anche la ragazza che ha lasciato la recensione al prologo.
Detto ciò, ecco a voi il primo capitolo della storia!
Fateci sapere cosa ne pensate attraversouna recensione e non vi fate problemi a dare il vostro giudizio, accettiamo le critiche in quanto aiutano a migliorare e a non ripetere errori!


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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Ripresa delle vecchie abitudini ***


 



Nathan fece per restituirmi il cellulare ghignando.
Io, che mi ero incantata a guardare un punto indefinito sopra le sue spalle, restai muta come un pesce a soppesare le sue parole.
Spostai lo sguardo su di lui e lo vidi sorridere divertito con la mano stretta intorno al cellulare sospesa a mezz’ aria. Stizzita glielo strappai di mano e lo guardai furente.
- Sei forse impazzito? No spiegamelo, perché davvero non saprei cosa pensare! - sbottai alla fine portando le mani ai fianchi e battendo ripetutamente il piede per terra.
Lui alzò un sopracciglio guardandomi  intensamente per poi fare un gesto infastidito con la mano e superarmi come se niente fosse.
- Nathan! - esclamai con voce stridula richiamandolo senza successo dato che continuava a camminare con passo sicuro incurante di me.
- Nathan fermati. Ora! - dissi rincorrendolo e tirandolo per un braccio.
- Che c’è? - disse con fare infastidito mandandomi in bestia.
- Non ci provare! Non ti azzardare a fare quello infastidito, perché non sei nella posizione giusta per farlo! - dissi puntandogli un dito contro con fare minaccioso.
A quel puntò lui  si mise a braccia conserte per nulla scalfito dal mio tono irato e per un attimo nessuno parlò, entrambi eravamo presi dallo studiarci a vicenda.
- Andiamo, era tanto per scherzare. Non fare la guastafeste LicyLicy! - provò a dire lui alla fine utilizzando il soprannome tanto odiato dalla ragazza ma che, lui, appena poteva, recuperava dai ricordi dell’infanzia.
 
 
-Prova a prendermi. Tanto non ci riesci. Lumaca, lumaca, lumaca!-dissi io correndo per tutto i parco sotto gli occhi vigili di mia nonna.
Alle mie spalle stava Nathan che, pur mettendocela tutta, non riusciva a raggiungermi.
Avevamo circa sei anni e la nonna era venuta a prenderci all’uscita della scuola portandoci al parco. Noi felici , dopo aver mangiato lo zucchero filato, avevamo provato tutte le attrazioni e poi, stanchi di condividere i giochi con gli altri bambini, ci eravamo messi a giocare per conto nostro rincorrendoci.
In quel momento ero io in vantaggio.
-Bambini fate attenzione! - esclamò la nonna ma, nemmeno il tempo di finire la frase che io inciampai in un sasso e caddi a faccia avanti scorticandomi un po’ tutta.
Sentii la nonna alzarsi preoccupata e avvicinarsi a me per soccorrermi ed anche Nate mi chiamò spaventato. Da sola mi misi a sedere e guardai i palmi delle mani che erano scorticati così come lo erano le ginocchia.
Alla vista del sangue, iniziai a piangere dicendo di volere la mamma.
-Tesoro su da brava, non piangere. Vedi? Non è nulla. Un bacino e tutto passa. - disse la nonna accarezzandomi i capelli spettinati e passando un po’ di acqua sulle ferite.
Io però, testarda come non mai, non ne volevo sapere di calmarmi e continuai a piangere e a strillare come una forsennata.
La risata di Nathan mi distrasse e smisi di piangere solo per guardarlo mentre si contorceva in terra guardandomi.
Gli diedi un calcio e lui riportò la sua attenzione su di me.
-Perché ridi?-chiesi con il broncio.
-Sei così buffa. Licy la frignona!-disse lui riprendendo a ridere come un matto per ciò che aveva detto.
-Io non sono una frignona! - replicai offesa a morte.
-Si invece.-disse quello tutto convinto.
-Non è vero!-ribattei io indispettita.
-Taci LicyLicy!-concluse Nathan ridendo e allontanandosi per andare a recuperare la palla.
Incrociai le braccia al petto e voltai la testa di lato imbronciata.
 -Stupido! - bofonchiai.
 
 
Irritata, lo colpii con un pugno sulla spalla e lui simulò un espressione addolorata.
- Idiota! Non devi chiamarmi così! - lo minacciai guardandolo torva. Lui rise buttando indietro la testa e abbozzai un sorriso anche io vedendolo così allegro, cosa che capitava assai di rado, ma, cercai subito di reprimerlo perché, teoricamente, io dovevo essere arrabbiata con lui.
Appena si accorse di stare ridendo da solo si fece serio e guardò.
- Dai Alicia, fattela una risata che non muore nessuno. E poi non puoi essertela davvero presa perché ho risposto male al tuo spasimante! - disse lui prendendo tutto alla leggera come al solito.
Gonfiai le guance e puntellai un piede in terra come fanno le bambine capricciose quando non ottengono quello che vogliono.
- Smettila di fare l’immaturo e non assumerti le responsabilità delle tue azioni! - dissi scocciata.
Lui sbuffò esasperato e poggiò una mano sulla mia spalla.
- Cresci Alicia. La gente ogni tanto scherza, non fare la guastafeste. - disse con tono serio e dandomi un buffetto sulla guancia.
- E poi, non fare tanto la tizia arrabbiata perché lo so che non è il fatto che io abbia trattato male quello al telefono che ti fa rabbia. Più che altro, è il pensiero che tu avresti voluto che quello che io ho detto a quel ragazzo scherzando vorresti che fosse la realtà. E come darti torto. Cioè mi hai visto? Sono un ragazzo bellissimo! - concluse poi con fare teatrale e vantandosi.
Sgranai gli occhi sempre più stupita dal suo atteggiamento.
- Egocentrico! - sputai fuori questa parola con rassegnazione e lui mi guardò come se io fossi una pazza.
Mi superò come se niente fosse ma si bloccò subito dimentico di qualcosa.
Si girò allungando una mano verso di me come se dovessi restituirgli qualcosa.
Non capendo scossi la testa e lui alzò gli occhi al cielo.
- Le chiavi, donna. - esclamò.
Gliele restituii e lui senza molti complimenti le prese avviandosi verso la sua auto e lasciandomi come una fessa in mezzo strada. Rimasi a guardarlo mentre procedeva con passo strascicato e le mani nelle tasche dei pantaloni.
- Muoviti Licy! - strillò lui che oramai era arrivato a metà strada, facendomi sobbalzare. Mi riscossi e correndo lo raggiunsi in un attimo. D'altronde non ero io la lumaca!
Attesi che togliesse la sicura e poi salii in macchina dal lato del passeggero mettendo la cintura di sicurezza e togliendo subito le scarpe per poggiare i piedi sul cruscotto.
Lui si bloccò con una mano sulle chiavi pronto a partire e mi rivolse un’occhiataccia.
- Togli i piedi da lì! - decretò scandendo bene parola per parola e dandomi una botta.
Io imperterrita finsi di non sentirlo e accesi la radio impostandola su un canale rock a tutto volume. Abbassai il finestrino e posizionai la tesata sul sedile in modo da poter sentire l’aria dritta in faccia.
Con la coda dell’ occhio lo vidi scuotere la testa rassegnato e mettere in moto la vettura.
Ci immettemmo nel traffico e per un po’ nessuno parlò più.
- Ti va un hot-dog? - chiese lui spezzando il silenzio e indicandomi un carretto posto all’ angolo della strada. Il mio stomaco scelse proprio quel momento per fare la sua comparsa e il suo brontolio fu facilmente udibile.

Così senza nemmeno attendere una mia ulteriore risposta, Nathan accostò la macchina e scese per andare a prendere qualcosa da mangiare.
Lo osservai mentre prendeva le ordinazioni e scambiava due chiacchiere con il venditore ambulante. Si avvicinarono al carretto anche due ragazzine che dovevano avere intorno ai sedici anni. Mi raddrizzai sul sedile e divertita osservai la scena di quelle due che ammiravano di nascosto Nate ridacchiando tra loro e lanciandogli delle occhiatine maliziose.
Quel tonto naturalmente non si accorse di nulla perché non dava loro attenzione reputandole di certo troppo piccole. Porse dei soldi al tizio e, quando quello gli diede il resto, delle monetine dovettero cadere perché vidi una delle due ragazze affrettarsi a raccoglierle per poi porgergliele.
Lui le sorrise gentilmente e poi senza farsi molti problemi gli diede le spalle lasciandola delusa.
Nathan ritornò alla macchina con i due hot-dog fra le mani e una busta con le bibite stretta al polso. Dovetti aprirgli la portiera e poi lui mi passò tutte le cose per riprendere a guidare.
Ci allontanammo dal caos della città raggiungendo un’ area più tranquilla circondata dal verde dove eravamo soliti andare quando volevamo rilassarci. Ci sedemmo su delle rocce osservando la città che si estendeva ai nostri piedi e tra una chiacchiera e l’altra mangiammo.
 
 

********

 
 
Entrai in bagno ed impugnai le pinzette per darmi una sistemata alle sopracciglia. Le canzoni dei Coldplay allietavano l’atmosfera e ero talmente impegnata a canticchiarle che non mi accorsi subito che Nathan mi stava chiamando.
- Alicia! - all’ennesimo urlo sobbalzai graffiandomi vicino all’occhio e lanciai un’ imprecazione raggiungendolo nella mia stanza.
- Che c’è? - chiesi scocciata massaggiando la parte lesa e lo trovai a fissare la mia camera con disgusto.
- Come fai a dormire qui dentro? - disse alla fine sollevando con un dito una mia maglietta appoggiata alla maniglia della porta e fissandomi dubbioso.
Mi guardai intorno e mi strinsi nelle spalle. È vero, c’era un po’ di disordine, ma a me andava bene così! Insomma le cose erano incasinate ma ormai in quel caos sapevo come muovermi.
- Contenta te. Comunque ti dispiacerebbe abbassare il volume della radio? Io starei studiando! - disse lui spiegando il motivo vero per cui mi aveva cercato e si avvicinò alla radio spegnendola del tutto senza farsi molti problemi.
- Ehi! Io stavo ascoltando le canzoni. - mi difesi cercando di far valere i miei diritti e lui si difese a sua volta sventolandomi sotto al naso il libro di medicina.
Lasciò la stanza con fare teatrale.
- Nel frattempo, vedi di dare una sistemata qui. Questa stanza è peggio di un porcile.-  la sua voce mi raggiunse dal corridoio.
Alzai gli occhi al cielo e senza ascoltarlo tornai in bagno per riprendere la mia vecchia occupazione pestando una scatola della pizza che era abbandonata lì da molto tempo.
Dopo un bel bagno rilassante durato la bellezza di un’ ora e mezza, uscii dal bagno avvolta in un asciugamano e andai in cucina a prendere una lattina di coca-cola prima di dedicarmi ad una sessione di studio no-stop.
Distratta ad aprire la lattina senza far cadere il liquido sul pavimento, quasi non mi accorsi di Nate che si era addormentato sul divano con il libro sul petto. Mi avvicinai in punta di piedi e gli sventolai una mano davanti agli occhi appurando che stesse veramente dormendo.
Così intenerita dalla sua espressione pacifica, con molta delicatezza presi un plaid dalla poltrona e glielo stesi addosso sfilandogli dalle mani il libro e posandolo lì vicino. Mossa da non so cosa, gli lasciai anche un bacio sulla fronte e poi corsi via rifugiandomi nella mia camera.
Quando ebbi terminato di studiare anche l’ultimo capitolo che mi ero prefissata per quel giorno, chiusi il libro e sfilai gli occhiali  gettandomi indietro sul letto.
Mille nozioni tra la testa e un cervello in completo stato confusionale, ecco come stavo in quel momento.

Afferrai il cellulare per controllare la segreteria telefonica quando un lieve bussare alla porta mi distrasse.
- Avanti! - dissi mettendomi a sedere.
La porta si aprì rivelando un Nate con i capelli tutti arruffati e ancora assonnato.
- Ehi! - disse con voce roca avvicinandosi al letto e sdraiandosi al mio fianco coprendosi la faccia con un braccio.
- Nate! - lo richiamai io scuotendolo, - Non dormire. Ti sei appena svegliato e poi è ora di cena! -continuai facendolo alzare.
Lui sbadigliò e so lasciò cadere con la testa sulla mia spalla sbilanciandomi e rischiando di farci cadere giù dal letto.
- Ma che fai? - chiesi spaventata recuperando l’equilibrio ci guardammo e poi scoppiammo entrambi a ridere.
- Fish&Chips? - chiese lui porgendomi il volantino di un nostro fast food di fiducia vicino casa che offriva il servizio take away. Annuii allettata da quella proposta e lui prese il telefono per ordinare la cena.
Appena chiuse la chiamata, si alzò per andarsi a dare una sistemata ma io lo rincorsi e gli saltai sulle spalle cogliendolo di sorpresa. Barcollò un poco e si aggrappò alla porta.
- Ma sei impazzita? - urlò guardandomi in cagnesco.
- La gente ogni tanto scherza, non fare il guastafeste! - lo scimmiottai io facendo con una replica assai patetica del suo tono di voce.
Lo colpii con fare amichevole alla spalla e poi lo lasciai da solo in mezzo al corridoio.
Apparecchiai la tavola e mi buttai sul divano guardando le repliche di x-factor e i dietro le quinte del programma.
Il cellulare squillò e distrattamente mi allungai sul divano per afferrarlo senza mai distogliere l’attenzione da una concorrente che in quel momento stava cantando in modo strepitoso una canzone di Celine Dion.
- Pronto? - risposi.
- Alicia? Ma dove eri finita oggi pomeriggio?-la voce squillante di Lucinda mi fece sobbalzare. Era una ragazza vulcanica, sempre con il sorriso sulle labbra e la battuta pronta.
- Stavo studiano Lucy e così ho staccato tutto.-spiegai affabile mordendomi una pellicina del pollice e facendo uscire il sangue. Imprecai piano e incastrai il telefono tra l’orecchio e la spalla così da riuscire a prendere un fazzoletto.
- Va bene! Senti stasera sei dei nostri? Gwen voleva andare fuori nel nuovo locale che hanno aperto in centro. - chiese lei parlando a raffica.
Proprio in quel momento suonarono alla porta ma proprio non potevo alzarmi così chiamai Nathan che irruppe nel salone brontolando che era sempre lui che doveva far tutto.
 Gli rifeci il verso e lui mi fulminò con lo sguardo mentre Lucinda trattenne il fiato.
- Nathan è lì? Salutamelo! - disse tutta concitata e io alzai gli occhi al cielo esasperata anche se lei non poteva vedermi.
- Si Lucy, poi te lo saluto. Ci vediamo stasera. Ciao.-disse chiudendo la chiamata e andando incontro a Nate che rischiò di far cadere le nostre ordinazioni inciampando in una mia scarpa lasciata incustodita.
Aprii i sacchetti rovesciando il contenuto nei piatti e Nathan accese la televisione impostandola sul canale del notiziario e subito ci furono annunciate una serie di disgrazie.
- Che schifo! - commentò Nathan in seguito alla notizia di un uomo che aveva violentato una giovane ragazza nel parcheggio di un centro commerciale.
- Veramente! - acconsentii io con la pelle d’oca sentendo parlare un’ amica della ragazza che impotente aveva dovuto assistere a quello scempio.
Poi le notizie si spostarono sulle partite di calcio e la Confederation Cup e Nathan mi fece sobbalzare con le sue imprecazioni.
- Tanto vince il Brasile! - sentenziò lui puntandomi contro la forchetta.
- La Spagna è più forte. - replicai io convinta e sempre decisa ad andargli contro.
- Il fatto che, secondo te, alcuni giocatori di una certa squadra siano belli, non fa di quella squadra la più forte!-disse lui ripetendomi sempre il solito ammonimento.
Ma io nemmeno lo sentii troppo impegnata a fissare le immagini trasmesse nel notiziario di alcune Furie rosse a dir poco adorabili, come: Piqué, Torres, Ramos e qualcun’ altro.
- Come non detto! - disse Nate scuotendo la testa e così facendo si rimediò un calcio negli stinchi. Ignorai il suo gemito di dolore e gli porsi una mano che lui fissò dubbioso.
- Scommessa? - chiesi maliziosa.
Lui annuì divertito e la strinse con foga.
- Se vince la Spagna, io dovrò pagare un pegno. Mentre se vince il Brasile, sarai tu a doverlo fare. - esclamò lui intuendo le condizioni della mia scommessa.

- …e la partita finale di questa Confederation Cup si disputerà la prossima domenica verso mezzanotte. I critici si dividono e partono le scommesse. Alcune vedono la Spagna, come campionessa indiscussa, trionfare sull’avversario, altre invece, riportano la vittoria del Brasile. - e così con il vociare del notiziario in sottofondo la nostra scommessa fu stipulata.
 
 

********

 
 
- Alicia, allora ci sentiamo stasera dopo cena? - mi urlò dietro la mia amica, affacciandosi dal finestrino del suo fidato maggiolino azzurro.
- Certo, ti chiamo io! - le risposi salutandola con un cenno della mano.
Lei, poco prima di girare l'angolo della strada, diede i soliti due colpi di clacson in segno di saluto.
Sorrisi fra me e me: a quell'ora tutti gli studenti che vivevano nel quartiere le stavano sicuramente imprecando contro a causa della sua continua abitudine di salutarmi così dopo ogni passaggio a casa.
Il bello era che lei, dopo aver saputo di questo loro malcontento, lo faceva con ancora più gusto, offrendosi sempre più spesso di riaccompagnarmi a casa dopo le nostre uscite fra amiche.
Scossi la testa. Quella ragazza era capace di un sadismo incredibile quando ci si metteva. E dire che proveniva da una famiglia molto religiosa e dedita alle buone azioni verso il prossimo. Oh beh, c'era l'eccezione in ogni famiglia, no?

 
A passo lento mi diressi verso l'alto cancello bianco che segnava l'entrata nel mio condominio, subito dopo aver oltrepassato il curato viale di rose che lo precedeva.
Io e Nathan abitavamo in uno dei tanti condomini presenti nel quartiere, tutti abitati dai giovani studenti frequentanti le varie facoltà universitarie della metropoli londinese. Quello dove alloggiavo, in particolare, era uno dei più nuovi, fresco di costruzione.
Sei anni fa Nathan cercava un appartamento dove abitare, possibilmente vicino alla sua facoltà, medicina, in modo da lasciare definitivamente l'imponente villa dei genitori. E trovò appunto l'avviso di vendita del nostro attuale appartamento, firmando subito il contratto d'affitto e non lasciandosi così sfuggire l'offerta.
Vi aveva abitato da solo per quattro anni poi io, che dovevo appunto iniziare l'università di architettura, gli feci la proposta di vivere insieme dato che credevo sarebbe stata un'indimenticabile esperienza.
Mai opinione fu sbagliata, pensai sconsolata con un sospiro frustrato. A quanto pare andavamo d'accordo solo se non stavamo vicini ventiquattr'ore su ventiquattro. 
Arrivata al cancello misi una mano nella tasca anteriore dei jeans, frugando per trovare le chiavi di casa. 
Sbiancai quando mi accorsi che non c'erano, né lì né nelle altre tasche. Provai, allora, nella piccola borsa a tracolla ma niente nemmeno là. Merda e adesso? Come accidenti sarei entrata in casa?
Quel depravato di Nathan, dopo essere uscito dall'università, sarebbe di sicuro andato in qualche locale con la prima sventola che gli cadeva ai piedi. 
Col cavolo che sarei rimasta là ad aspettare il suo ritorno o e non potevo chiamare le mie amiche per andare da loro: dovevo studiare per un esame e i libri li avevo tutti nella mia camera! 
Decisa, presi quindi il cellulare dalla borsa e, trovato il numero di telefono del mio amico, pigiai con forza il tasto verde di chiamata. Gli squilli andavano a vuoto. Maledizione a lui!
Riprovai ancora e quella volta sentii il suono di una suoneria a poca distanza da me. Che diavolo...
Mi girai, voltando frenetica la testa da ogni parte per cercare di capire da dove provenisse quel suono.
All'improvviso mi sentii prendere possessivamente per i fianchi e la voce suadente di Nathan mi parlò vicina all'orecchio.
 - Non dirmelo: hai dimenticato le chiavi. Di nuovo. -
- E allora? Non mi sembra sia illegale! - grugnii infastidita.
Lui in risposta alzò gli occhi al cielo, dirigendosi verso il cancello e tirando fuori un mazzo di chiavi con un batuffolo rosso come pendente. 
Aspetta! Quelle erano le MIE chiavi!
- Brutto stronzo, allora le hai prese tu! - lo accusai, avvicinandomi minacciosamente a lui.
- Quando sono uscito stamattina le ho prese accidentalmente. Non mi ero accorto che le mie erano già nella cartella che mi porto sempre all'università. Così, immaginando le imprecazioni isteriche che avrebbe fatto la mia nanetta per non poter entrare in casa, sono venuto a restituirle. - spiegò con sufficienza.
- E mi hai anche fatto credere di averle scordate ancora! - gli dissi incrociando le braccia al petto e assottigliando lo sguardo.
- Sai che mi diverte sfotterti. - fece con un'alzata di spalle.
Io ero pronta a dirgliene di santa ragione quando lui mi bloccò con una mano davanti alla bocca.
 - Devo andare, ho il mio solito appuntamento serale. Non aspettarmi alzata. -
Detto questo se ne andò senza neanche salutarmi, infilandosi subito dentro la sua Audi R8 e sgommando verso chissà quale famoso locale.
Sbuffai. Odiavo quando faceva così. Ok, era la sua vita e poteva farne quello che voleva ma questo era decisamente troppo!
 Non capivo per quale assurdo motivo non si volesse impegnare in una relazione seria con qualcuna. Certo, prima sarebbe dovuto andarsi a cercare una donna decente e non una delle sgualdrine che era solito frequentare per le sue notti di fuoco.
 Potevo presentargli Lucinda magari... lei era single da tempo e sapevo che Nathan un po' le piaceva... 

 

********

 
 
- Miss Bones? - mi chiamò titubante il signor Brooks, il giardiniere che curava il giardino del nostro condominio.
- Buonasera Bill, c'è... qualche problema? - risposi piuttosto confusa dal suo comportamento.
Il signor Brooks, Bill per noi ragazzi del condominio, era sempre stato un uomo pieno di vitalità e spirito, doveva essere successo qualcosa di grave se adesso veniva da me con quel tono sottomesso e... Dio, era forse rossore quello che vedevo sulle sue guance? 
- Ecco, io stavo dando una sistemata ai cespugli nel retro come ogni venerdì e... ho trovato delle cose nel cespuglio di rose sotto la sua finestra. Non voglio insinuare nulla ma... l'edificio si sviluppa in orizzontale e queste cose possono esser solo vostre... - disse a testa bassa imbarazzato.
Ma che diavolo stava farfugliando quel vecchio? 
Alla mia espressione che si andava facendo sempre più confusa il vecchio Bill rispose con una piccola busta arancione in plastica data di slancio, quasi si vergognasse anche solo di toccarla. 
Per evitare che cadesse rovinosamente a terra l'afferrai saldamente al petto e, alzando un sopracciglio, guardai titubante al suo interno per individuare l'oggetto incriminato. 
Oh cazzo.
Un volgare reggiseno trasparente in pizzo e varie bustine di preservativi facevano bella mostra di se all'interno delle busta. 
Dentro di me si scatenarono, potenti, vergogna, imbarazzo, mortificazione e... rabbia, rabbia cieca.
- Da parte di Nathan, le chiedo scusa per il terribile incidente, signor Brooks. Provvederò io stessa ad un'adeguata strigliata per il signorino, non si preoccupi. Solo mi permetta di assicurarle che questi cosi, non sono miei ma suoi. - dissi gelida e con tono fermo, irriconoscibile perfino a me stessa.
- Certo, Miss Bones. - mi rispose con un debole sorriso.
Lo salutai, sforzandomi di apparire calma e controllata quando invece, dentro, ero un vulcano in ebollizione. Le mie erano solo parole buttate al vento, era inutile dirgli di stare attento a certe cose, lui continuava imperterrito per la sua strada, fregandosene delle persone che lo circondavano e a cui poteva dar fastidio il suo comportamento. 
Dio, mi aveva fatta passare per una ninfomane che butta il suo intimo dalla finestra in preda all'eccitazione!
Per non parlare dei preservativi!
Ah, ma a lui non poteva importargliene di meno con la sua faccia di bronzo.
Qua, l'unica che ci rimetteva la reputazione ero io. Oh, ma me l'avrebbe pagata, dovevo solo stare buona e trovare l'occasione giusta per colpire.
Sorrisi sadica. In effetti, una cosa c’era.


Entrata finalmente nel mio appartamento, posai il cappotto sull'appendiabiti vicino all'entrata e la borsetta sul divano in soggiorno. In seguito, mi diressi nella mia camera, togliendo poi le scarpe in modo da riporle nel piccolo armadio a loro adibito, accanto alla porta del bagno.
Dopo essermi concessa una lunga doccia rilassante per calmare i nervi a fior di pelle, mi misi infine a studiare per l'esame imminente. 
Il suono del campanello mi distrasse dal mio attento studio sull'architettura classica e, con sorpresa, mi accorsi che avevo studiato tutto il tardo pomeriggio, svolgendo buona parte del lavoro in sospeso. Ormai erano le nove e mezzo di sera. 
Andando ad aprire, pensai con stizza che Nathan non era ancora rientrato.
 Risi nervosa. Ovvio, era venerdì sera e lui il mattino dopo non avrebbe avuto lezione, molto probabilmente sarebbe rimasto fuori per la notte, rientrando solo in tarda mattinata. Beh, che facesse pure ciò che cavolo voleva, a me non poteva importarmene di meno.
- Chi è? - chiesi educatamente, guardando nel frattempo dallo spioncino sulla porta in ebano. 
Oh, pizza!
- Sono il fattorino delle pizze, signorina! - rispose il brufoloso ragazzo.
Mi affrettai ad aprire e gli rivolsi un sorriso.
 - Buonasera. Ecco, credo che tu abbia sbagliato porta, io non ho ordinato niente. Seppur adesso che ci penso, una bella pizza non mi dispiacerebbe. - dissi.
Il ragazzo corrucciò la fronte e leggendo attentamente un bigliettino scarabocchiato rispose: - Qua dice ''condominio numero 12, camera 299''. L'ordine è stato fatto da un certo Nathan Hill. -
Nathan?! 
- Oh, si capisco, ecco me le porga. Quanto le devo? - dissi imbarazzata. Quell'idiota poteva pure avvertirmi che aveva ordinato la pizza invece di farmi fare l'ennesima figura di merda della giornata!
- Sono dieci sterline, grazie. - disse dandomi il cartone di pizza.
Mmmh, aveva davvero un buon odore. La pizza era ideale dopo una giornata di pesante studio. 
Questo bel gesto però non toglieva il fatto che si fosse comportato da maleducato e che ero ancora molto arrabbiata con lui. Ruffianismi come quello non attaccavano con me e lui lo sapeva perfettamente, ma allora perché si era scomodato tanto?
Porsi i soldi al ragazzo e, dopo un breve saluto, mi chiusi la porta alle spalle.
Pancia mia fatti capanna!

 
Ebbi appena il tempo di apparecchiare e sistemare la maxi pizza in un piatto che sentii il rumore familiare della porta d'ingresso che si apriva per poi chiudersi con un leggero tonfo. 
Nathan? Possibile?
- Idiota, sei tu? - chiesi affacciandomi dalla cucina.
- Ovvio, aspettavi visite forse? - rispose con una smorfia di disapprovazione il suddetto idiota, ignorando il mio insulto.
Uh, aveva forse fatto cilecca quella sera? Nah, impossibile.
 Ogni ragazza degna di questo nome sarebbe caduta ai suoi piedi. Voglio dire, tutte tranne me, ma questo è sottinteso...
- No, stavo studiando. - dissi assottigliando lo sguardo.
- Bene. Adesso mangiamo che ho fame. - disse dirigendosi verso i ripiani della cucina e mettendo sul lungo tavolo ovale un altro piatto ed un altro bicchiere. Disponendo infine le posate. Tutto con fin troppo silenzio. Strano.
Mangiammo in silenzio, guardando oziosamente un film sulla televisione al plasma. Francamente neanche stavo seguendo il filo delle battute, troppo impegnata a pensare a cosa frullasse nella testa del mio amico.
Ad un certo punto lo vidi alzarsi e spostarsi nella sua camera. Tutto con un continuo e sospettoso silenzio. Non mi aveva neppure insultato per il mio pigiama di flanella rosa con i coniglietti che usavo per le dure serate di studio solitario come quella di quel giorno, per Dio! Era più grave di quanto immaginassi.
Lo seguii e, sporgendo la testa dalla porta, chiesi: - Tutto bene, Nathan? -
- Certo. - rispose semplicemente.
Sbuffai ed entrai.
- Come mai sei rientrato così presto? Di solito non torni che nelle mattinate quando esci il venerdì sera. -
- Stavolta sono tornato prima, ok? - mi aggredì all'improvviso.
Spalancai la bocca, oltraggiata. Era peggio di una donna in quel periodo del mese! 
- Se sei di cattivo umore non prendertela con me. - risposi a tono.
- Se non vuoi che me la prenda con te smetti di intrometterti in cose che non ti riguardano. - mi scimmiottò, girandosi di spalle e chiudendo violentemente la porta del suo bagno privato. 
Oh, se pensava che sarebbe finita là, si sbagliava di grosso. Nessuno poteva permettersi di scimmiottare in quel modo Alicia Bones.
Indispettita, mi sedetti con le braccia incrociate sotto al seno sul suo letto matrimoniale in fondo alla stanza, aspettando che uscisse.
Poco dopo sentii il rumore di acqua corrente e, alzando gli occhi al cielo, pensai che quella sarebbe di certo stata una lunga nottata.


Mi sentii accarezzare una guancia e, aprendo debolmente gli occhi, mi sforzai di mettere a fuoco il luogo in cui mi trovavo. Diavolo, dovevo essermi addormentata. Mi alzai di scatto dal letto, procurandomi un leggero giramento di testa, in cerca del cretino patentato. 
Dio Santo, ero sotto le coperte del suo letto!
Sentii una risata sommessa e, girandomi verso sinistra, vidi Nathan sdraiato sotto le morbide lenzuola bianche del letto matrimoniale, ad un passo da me.
 Arrossii violentemente. 
- Adesso arrossisci pure? Alicia, abbiamo dormito centinaia di volte insieme. - disse lui alzando gli occhi al cielo.
- Sono passati due anni dall'ultima volta, Nathan. - spiegai, ricadendo pesantemente sul letto e mettendomi le mani in grembo.
Beh, almeno indossava il pigiama anche se rimaneva comunque maledettamente sexy. 
Mi maledii per quei sciocchi ed inopportuni pensieri.
 Dovevo smetterla di pensare certe cose sul conto di Nathan. Era... sbagliato.
Lui allora si mise di lato, poggiando la testa sul palmo di una mano.
 - Che c'è? -
- È strano. - risposi continuando a fissare il soffitto blu notte della camera.
- Potremmo ricominciare a farlo. - disse dopo un tempo che a me parve infinito.
Per poco non mi stozzai con la mia stessa saliva. Che cosa?! 
- Mi pare che stessimo parlando del perchè tu sia tornato tanto presto stasera. - dissi. Ecco, meglio arginare l'argomento.
- Io però voglio parlare del fatto di ricominciare a dormire insieme. Lo facevamo quasi ogni sera prima, o a casa tua o nella mia. Ricordo che ti piaceva. Perché questo rifiuto adesso? - chiese duro.
- Nathan, siamo... grandi per questo genere di cose. E poi per quale motivo dovremmo farlo, eh? - grugnii, girando la testa verso il suo lato.
- Perché mi va. - rispose ovvio.
- Ah, certo. Al signorino Nathan Hill tutto è dovuto, per carità! - dissi alzandomi di scatto dal letto per poi mettermi in ginocchio su di esso.
- Alicia smettila. È notte fonda ed io vorrei dormire. Rimettiti sotto le coperte. - ordinò.
Alzai il mento il segno di sfida.
- No. - dissi. 
Lo vidi alzare un sopracciglio ed assumere un'espressione minacciosa.
 - Forse ho capito male, Alicia. Potresti ripetere? -
Io mi stesi zitta, ben decisa a non dargliela vinta così facilmente.
 Poi però lo vidi alzarsi con il busto ed avvicinarsi con uno scatto felino a me, fino ad arrivarmi ad un palmo dal viso. 
Misi, allora, le mani in avanti per tentare di ristabilire le distanze di sicurezza, balbettando.
 - Allora... dormiamo? -
Ok, forse ero stata troppo arrendevole ma cavolo, avevo un dio greco accanto a me e, come se non bastasse, eravamo insieme in un letto che si era surriscaldato all'improvviso.
 Come potevo anche solo pensare di ribattere al meglio delle mie facoltà mentali quando queste erano tutte miseramente evaporate in un sonoro ''Puff''?
 E poi, potevo pure lasciarlo vincere per una volta, tanto non sarebbe più ricapitato. Si, dal giorno dopo tutti nel proprio letto. 
Annuii energicamente, come ad enfatizzare i miei stessi pensieri.
Lui sorrise malizioso in risposta e, scompigliandomi i capelli, rispose: - Brava la mia coniglietta. -
- Eh? Coniglietta a chi?! - chiesi guardandolo truce. 
- Devo dirtelo Alicia, questo è senz'altro il mio pigiama preferito, è così... - si interruppe, come per cercare le parole adatte - ... sexy e provocante. - terminò scoppiando in una sonora risata.
Gli feci la linguaccia, inferocita. Bastardo. 
Mi girai in un sol colpo dal lato opposto al suo, offesa, facendolo così scoppiare in un'altra fragorosa risata.
Voleva dormire? Bene. Avremmo dormito allora!
Ma che se ne fosse rimasto a debita distanza o giurai che non avrei risposto delle mie azioni!
Avevo parlato troppo presto, evidentemente la strana inquietudine di poche ore prima gli era passata facendolo tornare il deficiente di sempre.
A quel pensiero, però, sorrisi birichina.
Il mio Nathan era tornato.




SPAZIO AUTRICE
Salve a tutti ^-^
Siamo Ashwini e MeliIiIi e, come prima cosa, vorremmo ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, le ricordate o le preferite. E vorremo ringraziare anche coloro che hanno lasciato delle recensioni.
Detto ciò, ecco a voi il secondo capitolo della storia!
Ci sono molti confronti tra i due: da un lato abbiamo la vivace Alicia, dall'altro il tenebroso Nathan.
Fateci sapere cosa ne pensate attraversouna recensione e non vi fate problemi ad esprimere il vostro giudizio, accettiamo le critiche in quanto aiutano a migliorare e a non ripetere errori!
Avremmo due cose da chiedervi:
- La lunghezza del capitolo:va bene così o è esagerata!
- Volete avere delle foto dei personaggi?

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