nient'altro che noi

di dreamey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Azzurro come te, come il cielo e il mare ***
Capitolo 2: *** meravigliosa creatura ***
Capitolo 3: *** quella luce negli occhi ***
Capitolo 4: *** l'incanto di te ***
Capitolo 5: *** quel nostro non conoscersi ***
Capitolo 6: *** e come un girasole, giro intorno a te ***
Capitolo 7: *** un legame semplicemente destinato ad esistere ***



Capitolo 1
*** Azzurro come te, come il cielo e il mare ***


Le sei del mattino. Il trillo della sveglia desta Callie dal suo sonno agitato..i pochi raggi del  sole filtrano dalla finestra illuminando debolmente la stanza. Un nuovo altro giorno di lavoro comincia.
Ansia, panico. Ecco che di nuovo l'agitazione la invade e diventa padrona del suo corpo della sua mente. Era arrivato il giorno.. uno di quei giorni  che segnano  la propria carriera di lavoro e ti fanno diventare uno degli esponenti più importanti del tuo ramo, ma a Callie questo non tanto importava.
Lei, che aveva scelto la sua  strada anni  prima.  Nella sua prima esperienza nei corpi di pace. Frequentava la facoltà di fisica quando decise di entrare a farne parte. E nel viaggio di ritorno a casa, presa da un impeto improvviso, passò dalla sua università e si iscrisse a medicina.

Ed era diventata un medico fantastico. Non aveva mai avuto alcun dubbio che la sua specializzazione sarebbe stata ortopedia. La sua scelta sembrava non essere molto in sintonia col suo carattere apparentemente forte fuori  ma invece così delicata e sensibile  dentro.  Perchè lei era così, una bellissima mora, alta  e  vigorosa nel mostrarsi agli altri ma delicata ed emotiva quand'era sola.
E ora era capo del reparto di chirurgia ortopedica e quand'era in sala operatoria non smentiva mai il suo temperamento energico nel rimettere  a posto delle ossa rotte, atteggiamento che cozzava col suo modo di essere così fragile nell'affrontare situazioni sgradevoli che spesso la vita ti mette davanti a volte anche senza riserve. E questo a Callie era capitato più e più volte.
E proprio in uno di quei  momenti della sua vita, nel quale si era completamente gettata nel suo lavoro che tanto amava e che sembrava l'unica cosa a darle soddisfazione, che passo dopo passo, esperimento dopo esperimento era riuscita a portare a termine il suo progetto sulla cartilagine. Una scoperta che avrebbe dato più lustro alla sua carriera, e ora era arrivato il giorno di presentare agli esponenti più importanti  della ricerca americana, i suoi studi. Per giorni aveva preparato il suo discorso, aveva lavorato al computer, ma ora dopo ora in cui si avvicinava il giorno della conferenza, il solo pensiero di dover parlare in pubblico le scatenava un senso improvviso di nausea e agitazione che sembrava non volessero darle tregua.
Quasi con fare meccanico si era preparata la colazione e cercò di mandar giù qualche boccone anche se il suo stomaco aveva deciso di rifiutare ogni cosa solida lei potesse ingerire.  Si era messa il suo giubotto di pelle ed era uscita di casa diretta verso l'ospedale, il suo luogo di lavoro, il suo posto felice.
Abitava a due passi dall'ospedale, e ci andava ogni mattina a piedi. Camminava dritta e sembrava non curarsi del freddo di Seattle che invadeva la città in quel mattino di febbraio..  
" Lo sapevo, avrei dovuto continuare a studiare fisica all'università.. certamente adesso non mi sarei trovata in questa situazione.. no no, anzi no.. quella sera in cui mi è venuto in mente l'idea del progetto l'avrei dovuta abbondonare ancora prima di iniziare.. ma chi lo credeva che sarei riuscita ad arrivare sin qui? se lo avessi saputo certamente nemmeno ci avrei pensato lontanamente a questa cosa così assurda. E invece eccomi qui, fra poco meno di due ore dovrò parlare ad un microfono davanti a dei medici che nemmeno conosco e dei quali non mi importa assolutamente niente. Come non mi importa niente di tutti i convenevoli che ne seguiranno. Sono solo Calliope Torres accidenti, sistemo solo delle ossa, é questo che mi piace fare. Mi sono cacciata in questo guaio da sola e ormai ne sono in mezzo e vorrei solo fuggire."
Con ancora in testa questi pensieri si fece spazio tra le porte scorrevoli dell'ospedale ed entrò.

E fu in quel preciso istante che la vide. In quel momento niente più sembrava importarle nè la conferenza e nè tanto meno l'idea di fuggire altrove.
Ferma immobile in mezzo all'atrio non riusciva a staccare gli occhi di dosso da quella sconosciuta.  Non l'aveva mai vista prima da allora.  Non aveva mai visto una donna così bella, riuscì solo a pensare.
 I piedi le si erano piantati sul pavimento il suo corpo e il suo sguardo non accennavano a distaccarsi dall'azzurro di quegli occhi, di quell'azzurro come il cielo, come il mare.
La donna, bionda, era ferma vicino l'ascensore, con aria noncurante aspettava che le porte si aprissero.
E un istante prima che entrasse, il sorriso spontaneo che le si formò sul viso fece quasi mancare un battito al cuore di Callie.
Solo per una misera frazione di secondo i loro sguardi si incrociarono e fu in quel momento che le sorrise, forse sentendo su di se come una calamita gli occhi dell'altra.

- dottoressa Torres! oggi è il gran giorno, pronta? il nostro ospedale non poteva essere più orgoglioso di una strutturata del suo calibro!
La voce del capo Webber riportò Callie alla realtà.
E di quella donna non c'era già più nessuna traccia.
 

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Capitolo 2
*** meravigliosa creatura ***


 
"Seattle"  la prima parola che pronunciò Arizona quella mattina appena sveglia, con la bocca ancora impastata dal sonno rigenerante della notte appena trascorsa. Si era destata prima che la sveglia facesse il suo dovere, l'aveva impostata alle 6 per quella mattina; e questo le capitava molto di rado perchè, sin dai tempi della scuola lottava con se stessa per riuscire ad  abbandonare con immenso rammarico il suo amico letto e non riusciva a trovare niente di più odioso del suono assordante della sveglia mattutina. Ma quella mattina cominciava per lei una nuova vita, in un'altra città. E l'euforia e quel suo spirito aperto, pronto a tutto, specie alle nuove sfide, le aveva fatto aprire gli occhi con largo anticipo. Non  riuscì più a riprendere sonno e si alzò,col sorriso sulle labbra e gli occhi che le brillavano al solo pensiero che di li a poco una nuova esperienza l'attendeva, e si tratava del suo lavoro, che amava e che svolgeva con una passione che apparteneva a pochi.

Aveva deciso di diventare medico quand'era ancora una bambina.  Il suo temperamento forte, il suo carattere orgoglioso, quasi ingestibile  la caratterizzavano da sempre, anzi col tempo si era rafforzato e la sicurezza in se stessa non era mai venuta meno, mai, nemmeno per un attimo. Aveva affrontato tutti gli esami universitari nella tranquillità più assoluta, senza tensioni che invece perceviva nei suoi compagni di corso che a quel punto quasi derideva. Ma non riusciva mai a risultare antipatica, si faceva amare in ogni caso e il dono di avere quel sorriso così dolce e raro giocava certamente tutto a suo vantaggio.
Era la migliore del suo corso,  fu nominata anche specializzando capo, carica che sembrava essere fatta su misura per lei, per il suo modo di essere. Non aveva propblemi ad impartire ordini e a farsi "ubbidire" , perchè riusciva ad essere forte ed amabile nello stesso momento.  E nel suo lavoro questo lo dimostrava sempre.
 E proprio per questo suo carattere così apparentemente duro,  quando comunicò la scelta della sua specializzazione fece rimanere tutti di stucco.
"Chirurgia pediatrica"  è la mia vocazione! amo fare cose grandiose, e farò grandi cose sui piccoli umani!"
Molti dei suoi compagni di corso avevano invece scommesso che la sua scelta sarebbe caduta su chirurgia ortopedica, ma evidentemente tutti avevano perso la scommessa.  E contro Arizona Robbins, chirurgo so tutto io di serie A, come amava definirsi lei, molti perdevano.
"I chirurghi pediatrici sono senza cuore"  si sentiva ripetere costantemente. Ma lei un cuore lo aveva, aspettava solo la persona giusta per poterlo riempire comemeritava.
Aveva amato parecchio, senza mai impegnarsi in una relazione stabile e duratura.  La passione per il suo lavoro la colmava pienamente, non aveva bisogno di altro, se non accrescere la sua esperienza lavorativa.  E non esitò nemmeno per un istante ad accettare la proposta dall'ospedale di Seattle di rimpiazzare il posto di capo di chirurgia pediatrica.  Fece i bagagli e si trasferì nella nuova città.

Si era preparata una colazione abbondante, il cibo costituiva per lei la sua seconda passione. 
Poi, coperta sino al collo era uscita di casa diretta all'ospedale, il suo nuovo posto di lavoro. Aveva deciso di non prendere la macchina, dato il largo anticipo, decise di andare a piedi.
Passeggiava tranquilla, vagando con lo sguardo di qua e di là anche se un pò ne risentiva di quell'aria fredda di un mattino di febbraio a Seattle.

Era arrivata all'ingresso, e prima di entrarvi si fermò a guardare l'immenso stabile nel quale avrebbe trascorso buona parte delle sue giornate.  Varcò la soglia con un sorriso stampato in faccia e con questo pensiero nella testa.

Si diresse all'ascensore e mentre aspettava che le porte si aprissero continuava a guardarsi intorno..

E la notò, proprio li, proprio prima di entrare in quell'ascensore le cui porte le strapparono poi dagli occhi l'immagine di quella donna stupenda, alta, mora, con due occhi magnetici che si era fermata nel bel mezzo dell'atrio. Ma si accorse troppo tardi di lei,   vi era già entrata per metà dentro e non le restò che schiacciare il numero del piano del suo reparto, e non si rese nemmeno conto di aver sorriso a quella meravigliosa creatura che aveva richiamato la sua attenzione purtroppo solo per un breve istante..
 

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Capitolo 3
*** quella luce negli occhi ***


 
- Non dovresti torturarti le mani in quel modo , sai?  Al suono di quella voce, Callie staccò lo sguardo dal punto fisso che ormai stava guardando da diversi minuti.

Era uscita fuori al terrazzo dell'ospedale per prendere una boccata d'aria. Prima di quel fatidico momento in cui sarebbe stata sola, su di una pedana, con un microfono davanti alla bocca e visi sconosciuti che la guardavano ed ascoltavano.

Si girò , e la vide, in piedi dietro di lei, che la guardava con occhi comprensivi e quell'aria sicura di sè.
-co..cosa?riuscì solo a balbettare, non capendo se non riusciva a parlare per l'ansia che si portava dietro da giorni a causa della conferenza, o per quella donna, per quella luce che aveva negli occhi e per il suo sorriso che le sembrava così magico in quel momento.. 
- le tue povere mani -ripetè Arizona, indicando col dito il gesto quasi compulsivo dell'altra che non accennava a smettere di stritolarle.
- ah, si.. le mani- rispose Callie impacciata ed imbarazzata, mettendole nelle tasche del camice..
- beh, suppongo che ti servano e ti serviranno per almeno un'altra trentina di anni, Calliope.

A Callie non piaceva sentirsi chiamare col suo nome per intero, " troppo impegnativo " lo definiva sempre, e si presentava a tutti col diminutivo che si era scelta sola. Ma il suono che emise quella donna, mettendo insieme quelle lettere, lettere che formavano il suo nome, a Callie sembrò il suono più dolce e bello che avesse mai potuto sentire ascoltando il suo nome per intero. Le sembrò di avere il nome più bello del mondo, pronunciato da quella donna.

-Come fai a conoscere il mio nome?-  dovette richiamare tutte le sue forze per riuscire a non sembrarle impacciata nel porle quella domanda.
-"La ricerca fa un passo avanti" grazie agli studi della dottoressa Calliope Torres, primario di chirurgia ortopedica del Seattle Grace hospital" - le rispose in tutta calma indicandole il cartellone che indicava la data della conferenza.
-Ma non c'è una mia foto li, come fai a sapere che sono proprio io?-  continuò a domandarle abbozzando lievemente un sorriso.
- Intuito-  la rimbeccò ricambiandole il sorriso. -mi basta poco.
Callie rimase un momento a fissarla non sapendo che altro dirle. Avrebbe voluto un pizzico della sua aria sicura di sè quella mattina.
Arizona continuò a parlare.
-Pensa a qualcos'altro quando sei li, sulla pedana. A qualcosa che ti fa sentire bene e ti calmi. Un luogo in cui vorresti essere, la persona con la quale vorresti stare. Insomma evita di pensare a dove sei in quel momento e immagina altro. Ti può aiutare.
Non le lasciò nemmeno il tempo di rispondere, improvvisamente come era apparsa dietro di lei, se ne stava andando, indietreggiando strizzandole l'occhio.

... Si era come incantata, nella sua testa risuonavano queste domande: Chi era quella donna? che ci faceva li? lavorava li?
 
..-Sono un chirurgo ortopedico di professione e lavoro con la cartilagine quindi ho passato molto tempo ad interrogarmi su cosa ci tiene insieme quando tutto il resto sembra crollare...

Uno scroscio di applausi  sanciva la fine della conferenza.  Callie era circondata da medici che le facevano complimenti sinceri, ed altri che aspettavano in fila per chiedere ancora chiarimenti colpiti dalla sua scoperta.

Tirò un sospiro di sollievo.Ci era riuscita, aveva parlato in pubblico riuscendo a portare a termine, con visibile successo, il suo discorso. E questo grazie a lei, ad una sconosciuta della quale non conosceva nemmeno il nome.

All'inizio l'ansia sembrava sovrastarla, ma poi le venne in mente lei.  Il suo discorso, i suoi consigli. "pensa alla persona con cui vorresti stare"  aveva detto.  Le parole le cominciarono ad uscire fuori, il suo discorso prendeva forma,  e non si rendeva per niente conto dei visi ammirati di fronte che la stavano ad ascoltare.
L'unica immagine che si faceva spazio, con prepotenza, nella sua testa, erano i suoi occhi, l'espressione dolce del suo volto, la luce che riusciva ad emanare.
Un sole, il suo sole che aveva rischiarato la sua giornata.

Nessun giorno è uguale all’altro,
ogni mattina porta con sé un particolare miracolo,
il proprio momento magico,
nel quale i vecchi universi vengono distrutti e si creano nuove stelle.
Paulo coelho

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Capitolo 4
*** l'incanto di te ***


Alla nostra dottoressa Torres!!  
Tutti i medici del Seattle Grace  in piedi con i calici rivolti in alto,brindavano alla loro collega partecipando con affetto sincero al suo grande traguardo.
Tutti insieme erano come una famiglia, e per Callie erano la sua famiglia, gli amici a lei più cari oltre che a stimati colleghi.
Finito ognuno il proprio turno di lavoro, si erano dati appuntamento  al bar di Joe, il loro bar, che aveva visto nascere storie d'amore,  dimenticare qualche brutta giornata affogando i problemi con un bicchierino di troppo, o, come quella sera, tra battute scherzose, risate e abbracci sinceri,brindare al grande giorno che ogni medico brama per la propria carriera.

Callie era davvero molto felice, circondata dai suoi amici, rideva e scherzava con loro, e per la prima volta dopo mesi, era ritornata la Callie che tutti conoscevano, serena e determinata.
Aveva appena finito di ballare con Mark ,le piaceva ballare, e non provava mai nessuna vergogna nel farlo, stava ritornando al suo posto con ancora gli applausi concitati dei suoi colleghi, e la rivide.
Di nuovo.

Era entrata con un gruppo di amici. Non c'erano molte possibilità di non notarla, aveva quella stessa aria luminosa della mattina quando le si era avvicinata per parlarle.
Si era diretta con il gruppo che l'accompagnava,  verso un tavolo ancora mezzo vuoto e si era seduta in mezzo ai suoi amici.
 
Aveva appena finito il suo primo giorno di lavoro a Seattle, era nel suo spogliatoio e con ancora il camice addosso rispose alla telefonata in arrivo.
 -Arizona? noi siamo appena arrivati , ti aspettiamo giù nell'atrio e sbrigati che non manca proprio nessuno.

I suoi amici, i suoi ormai ex compagni di corso, che lavoravano lì a Seattle, al Mercy west hospital, erano stati i primi che Arizona aveva chiamato, per condividere con loro la notizia che sarebbe diventata primario di chirurgia pediatrica a Seattle anche se non nello stesso loro ospedale. Ma si trovavano nella stessa città e questa era la cosa  che a loro importava.
Si cambiò in tutta fretta, e con grande emozione abbracciò tutti i suoi amici uno per uno non appena li raggiunse nell'atrio. E c'era anche julia, la sua ex ragazza negli anni di studio.
Tra congratulazioni e risate si erano diretti a piedi al bar vicino l'ospedale. Anche lei al bar di Joe, ignara che se la sarebbe ritrovata li.

La vide non appena si sistemò al suo tavolo.  I loro tavoli erano lontani ma non così tanto da non poter notare Callie, seduta anche lei con i suoi colleghi a festeggiare qualcosa.  Il suo traguardo di quella mattina, la sua scoperta.
Attirata come una calamita, Arizona la guardava con  occhiate intermittenti dalla parte opposta del bar.
Era così bella seduta tra i suoi amici, e poteva perdersi nei suoi occhi ogni volta che sorrideva.
La guardava, e sarebbe rimasta li a fissarla per ore.
E nell'ennesima occhiata che le aveva lanciato quella sera, riuscì ad incrociare il suo sguardo. 
Le sorrise, e sollevò il bicchiere che aveva in quel momento in mano, per salutarla.
Il modo in cui le sorrise e il gesto che poi ne seguì, quasi immobilizzarono Callie, che con il cuore che le martellava nel petto ricambiò il saluto con lo stesso gesto.
Anche Callie non poteva far a meno di guardarla e anche se rivolgeva il suo sguardo nella sua direzione, per brevi istanti, riuscì a notare quella naturalezza leggera che aveva quando si girava verso qualcuno dei suoi amici per ascoltare o dire qualcosa o semplicemente sorridere . La sua luce speciale, sembrava trasmettersi a tutte le persone che le stavano intorno. Ed arrivava sino a lei.

 -Torres! ti sei incantata!-  la voce di Mark la fece sobbalzare.
-Bella eh? continuò il suo migliore amico. -Arizona Robbins, il nuovo primario di chirurgia pediatrica.
- co.. come fai a conoscere il suo nome? é tutto il giorno che cerco di avere notizie su di lei.
- Sono Mark Sloan, Torres! il golden boy dell'ospedale. E quando ci sono in giro nuove prede, il cacciatore è sempre in agguato!.. Ma..
-Ma?..  lo incitò Callie desiderano di potersi sentir dire quello che nel suo cuore sperava.
 Anche se si era ripromessa di stare lontana da un'altra possibile relazione che magari l'avrebbe fatta nuovamente soffrire .
-Ma sembra che tu ti possa far avanti-  le rispose l'amico, -sempre se non vuoi ritornare da quest'altra parte della barricata- aggiunse con un sorriso alquanto eloquente.
Le erano sempre piaciuti gli uomini, aveva avuto solo un'unica esperienza con le donne. Esperienza che l'aveva lasciata con l'amaro in bocca.

"Forse le donne sono peggio degli uomini"  si ripeteva ogni tanto, più che altro per convincersi a lasciar perdere qualsiasi relazione le sarebbe potuta capitare da li in avanti.
"La mia prossima relazione sarà quella definitiva" ripeteva agli altri e a se stessa. " Ma non ora, fra qualche anno magari, si, con un uomo che mi completi, ci sposeremo e avremo dei bambini, tanti bambini. Perchè io li adoro e lui li adorerà e sarà quello perfetto,sarà  un matrimonio perfetto, una vita perfetta. Ma non ora."
 
E poi era arrivata lei,  proprio quando non si aspettava niente, in un momento in cui era presa da tutt'altro.
Era arrivata lei e in un solo giorno le aveva stravolto i suoi piani, le sue finte convinzioni. Non solo era riuscita a stravolgere la sua giornata, ma sentiva che quella donna, dagli occhi color del cielo, quel sorriso che le toglieva il respiro, le avrebbe potuto stravolgere la vita.
 
Nella vita capita spesso di trovare sempre quello che non si cerca. 
E nessuna delle due in quel momento stava cercando l'altra parte di sè.
L'incontro inaspettato arrivò per entrambe, quella mattina di febbraio in un posto che rappresentava la loro seconda casa.
 

”Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prima ancora che i corpi si vedano.
Generalmente essi avvengono quando arriviamo ad un limite.
Quando abbiamo bisogno di morire e rinascere emotivamente.”

Paulo Coelho

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Capitolo 5
*** quel nostro non conoscersi ***


-Un cappuccino, grazie-  con un tono non dei più allegri, Callie ordinò la sua colazione e col bicchiere in mano  ancora fumante, andò a sedersi ad un tavolo del bar dell'ospedale.
Aveva lo sguardo perso nel vuoto.  E triste. Di nuovo.
Colpa delle tue false speranze ,le risuonava nella testa.  Era riuscita di nuovo a cacciarsi in quella situazione.  Le sembrava di avere una calamita, a volte, per storie impossibili.
 Sono un'idiota! Ma l'hai vista?!  Mezzo tavolo le sbavava dietro, attirava sguardi da ogni parte del bar, uomini e donne, e tu ti sei illusa che potesse essere libera, senza legami!  
La frase le riportò alla mente il ricordo della sera prima. Quando fuori dal bar l'aveva vista con quella ragazza, che le parlava, le sorrideva e.. l'accarezzava.
 
Aveva bisogno di prendere una boccata d'aria, i diversi bicchieri di tequila che aveva  mandato giù con i suoi colleghi  e soprattutto in compagnia di Mark, le cominciavano a fare uno strano effetto. Forse perchè, in fondo, non era poi così tanto abituata all' alcool.
Uscì fuori, a respirare l'aria fredda, invernale di Seattle.  E quei pochi minuti di solitudine le sembrarono così preziosi.  Dopo la conferenza, non era riuscita a trovare un attimo per sè.
Stava guardando in alto, il cielo di Seattle che quella sera le sembrava più stellato che mai.
Sentì richiudere la porta del bar, e si girò di scatto,  e vide uscire quella che le sembrava la stella più luminosa che potesse mai risplendere.
Per un attimo nutrì il desiderio che fosse uscita per lei. Ma pochi secondi dopo non ne fu poi così tanto convinta.
Una donna, alta, che non le sembrò così tanto bella, fece capolino dietro la pediatra che, sentendo chiamare il suo nome e sentendosi tirare per il braccio, fu costretta a voltarsi indietro, staccando a malincuore gli occhi di dosso da quella bellissima donna, in piedi ,poco più avanti che le aveva appena accennato uno dei sorrisi più accattivanti.
-Arizona-  Chiamò Julia, la sua ex ragazza prendendola per il braccio. -Non abbiamo avuto nemmeno cinque minuti per poter parlare, sole. Accennò uno sguardo che ad Arizona era familiare, uno sguardo ancora innamorato di lei.
Erano passati ormai due anni dalla fine della loro storia.  Un flirt, lo definiva Arizona ma per Julia, era stato tutt'altro, si era illusa che potesse essere la donna della sua vita. Ma ad Arizona non interessava ancora avere una relazione seria e duratura e per non continuare ad illuderla aveva messo fine alla storia, accettando ,malvolentieri, su continue preghiere dell'altra almeno di restare amiche.
-Così ho visto che uscivi e ne ho approfittato.
"Tempismo perfetto", pensò ironicamente Arizona tra sè.
Aveva seguito con lo sguardo Callie, e quando vide che si era alzata, dirigendosi verso la porta del bar, senza pensarci due volte aveva fatto altrettanto.
 Pur non avendo ancora chiaro in mente che cosa le volesse dire o fare.
 
-Allora, sul serio, come stai?- continuò Julia avvicinandosi sempre di più, accarezzandola sul viso e sorridendole senza riuscire a staccare lo sguardo da lei.
Arizona, consapevole, che la donna che l'aveva attirata li fuori,era proprio lì,a qualche metro dietro di lei,sperava in cuor suo che non fraintendesse la situazione.
Non capiva nemmeno perchè lo sperava così tanto, dato che avere una storia, in quel periodo, non era di certo in cima alla sua lista.
 
Callie, aveva assistito a tutta la scena, la distanza e la musica che proveniva dal bar non le permisero di  sentire la conversazione che ci fu tra le due, ma il modo di accarezzarla,e il modo che aveva l'altra di guardarla, non le lasciarono alcun dubbio. Anche se in quella posizione non riusciva a vedere Arizona se non di schiena.
Il cielo, così luminoso, che pochi istanti prima, stava ammirando quasi estasiata, ad un tratto le fu insopportabile. Ed entrò di nuovo nel bar.
 Lasciando fuori la sua stella risplendere per un'altra donna che non poteva essere lei.
 
Mark, vide uscire Callie dal bar, e capì che la sua amica aveva bisogno di qualche minuto di solitudine. Subito dopo, notò la bella pediatra che si dirigeva verso la porta del bar seguita da una donna alta. Ed ebbe un brutto presentimento.
La vide rientrare, qualche minuto dopo, e gli bastò guardarla per un breve istante per capire il duro colpo che aveva incassato la sua migliore amica.
La raggiunse, vicino al bancone e le sfoderò uno dei suoi sorrisi bonari. L'abbracciò con tenerezza e le sussurrò qualcosa nell'orecchio.
 E Arizona entrò proprio in quel momento per assistere a quella scena che le provocò una fitta di gelosia che le fece tremare lo stomaco.
Non l'aveva messo in conto. Non aveva messo in conto, che magari, quella donna,  con quegli occhi magnetici che l'avevano attratta come una calamita, potesse avere al suo fianco già la sua persona, e che questa persona  fosse anche un uomo.
Non aveva speranze, si rese conto, non aveva niente a suo favore.
 
-Ehi Torres, allora lo bevi o no quel cappuccino?
La voce di Mark distolse Callie dai suoi spiacevoli pensieri, ed accennò un sorriso all'amico.
-Ci puoi scommettere, Mark, il caffè sarà la mia salvezza oggi.
-Notte in bianco eh?  le rivolse la domanda non avendo dubbi che l'amica capisse a cosa si potesse riferire.
-lascia perdere, Mark. Storia finita. Si fermò per un attimo rendendosi conto di quello che aveva appena detto, sorrise e continuò -come può finire una storia che non è nemmeno mai iniziata? Sul serio, sono a posto, sto bene e per fortuna oggi mi aspetta un'intera giornata in sala operatoria.
 Cercava di convincere l'amico che la guardava ancora con occhi dubbiosi.
Qualcosa attirò la sua attenzione dall'altra parte del bar, una donna bionda si era appena diretta al bancone delle brioches, sfrecciando su un paio di scarpe con le rotelle.
Non ci mise che una frazione di secondo a riconoscerla. Era lei, la pediatra e la vide per la prima volta col camice addosso.
E una cruda realtà le si parò davanti. 
Lavoravano nello stesso posto, stesso lavoro, e questo significava doverla vedere tutti i giorni, più volte al giorno o addirittura ritrovarsi nella stessa sala operatoria.
 
Aspettava che le fosse servito il suo pound cake, e la notò seduta al tavolo. E di nuovo non era sola, era con quell'uomo la cui sola vista la irritava.
Si sarebbe dovuta abituare a vedersela in giro per l'ospedale, ma sopratutto doveva abituarsi a vederla accanto a quell' uomo.
 
Callie, era in piedi vicino al tabellone degli interventi, era intenta a leggere quale sala operatoria le era stata assegnata per l'intervento, la sua attenzione fu distolta dal suono di una risata, quel suono le sembrò il più dolce e bello  che avesse mai potuto sentire.
Alzò gli occhi dal tabellone, per vedere a chi apparteneva quella risata.
 E c'era lei, a braccia conserte, con quel suo sorriso stampato in faccia che chiacchierava con Teddy e Derek.
I tre le si avvicinarono.
 - Callie, - Disse Derek sorridendole, sempre accompagnato dal suo fascino, -hai già conosciuto la dottoressa Robbins? è il nuovo primario di chirurgia pediatrica- continuò
Si era letteralmente impalata.  E in pieno disagio.
La pediatra l'anticipò, sfoderando il suo sorriso e tutta la sua calma.
 Una calma apparente in quel momento, perchè le sembrava di avere un temporale nello stomaco.
-Ho già avuto l'immenso piacere di parlare con lei, anche se non abbiamo avuto modo di presentarci prima- esordì in tono formale.
Continuò -Arizona Robbins, piacere- le porse la mano improvvisando un fare sicuro.
- Ca.. - stava cercando di non balbettare, ma fu interrotta prima di poter pronunciare il suo nome.
-Calliope Torres,- l'anticipò la bionda- lo sò-  aggiunse sollevando le spalle e inclinando leggermente la testa di lato.
L'aria diventò elettrica non appena si strinsero la mano.
Disarmante. Quella donna era completamente disarmante.
-Ora devo scappare in sala operatoria, è già tutto pronto per l'intervento.
E scappò.  Letteralmente da quella donna.
Girò l'angolo e finalmente riprese a respirare.
L'ospedale è grande, ci sono le scale, tanti posti in cui nascondersi. Posso riuscire ad evitarla, e soprattutto devo riuscire ad ignorarla.  Ignorare il suo sguardo,  quei suoi occhi.

Ma più di tutto, doveva riuscire a fare a meno di quel sorriso, che ogni volta che le si parava davanti poteva sentire male al cuore.
 
 

Tutti gli amanti, maschi o femmine,
devono essere avvertiti che l’amore,
oltre a costituire una benedizione,
è anche qualcosa di estremamente pericoloso e imprevedibile,
capace di arrecare seri danni.
Di conseguenza, chi si propone di amare
deve sapere che sta per esporre il proprio corpo
e la propria anima a ferimenti di vario tipo,
e in nessun momento potrà incolpare il partner,
giacchè il rischio è identico per entrambi.
Paulo Coelho

 
 
Arrivata al 5 capitolo. Se ne avete voglia, potete scrivermi cosa ne pensate della storia, se vi piace o cosa non vi piace.  Qualsiasi recensione, anche critica è ben accetta :)

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Capitolo 6
*** e come un girasole, giro intorno a te ***


Le squillò il cercapersone.  Aveva appena concluso l'ennesimo intervento della giornata.
Doveva essere l'ultimo, e già si stava pregustando il meritato riposo che l'attendeva alla fine dell'intervento, dopo quasi un'intera giornata trascorsa in sala operatoria.
Almeno l'aveva evitata.  Aveva evitato di vedersela sbucare da qualche parte, magari su quelle strane scarpe con le rotelle, aveva evitato di guardarla e perdersi nei suoi occhi, aveva evitato di rimanere incantata dal quel sorriso, aveva evitato di far perdere battiti al suo cuore.
- Richiudi tu piccola Grey-  disse, non appena sentì suonare il cercapersone, e capì che poteva dimenticarsi il suo meritato riposo.
  Entrò nella sala operatoria dove era attesa. Non sapeva ancora nulla sul caso. 
L'infermiera le stava porgendo la cartella del paziente,  la lesse mentre si preparava per l'operazione.
Si mise davanti al tavolo operatorio per iniziare.
Le erano sfuggiti dei particolari. Non aveva letto l'età del paziente, non si era ancora resa conto del piccolo corpo steso sul tavolo operatorio.
Lo notò non appena si avvicinò. E questo significava una sola cosa.
Il paziente era un bambino di sei anni.  Frattura del bacino e perforazione dell'intestino.
Non sarebbe stata l'unico medico in quella sala a doverlo operare.
Le si gelò il sangue non appena collegò tutto.  Se la sarebbe ritrovata lì, in quella sala operatoria ad operare insieme a lei. 
E proprio alla fine di una lunga giornata in cui già si sarebbe immaginata a casa sua, a consumare la cena sul divano guardando un film magari.
 
In piedi dall'altra parte del tavolo operatorio,  Arizona la stava fissando.
Il suo viso era per metà coperto dalla mascherina che indossava, ma quegli occhi li avrebbe riconosciuti ovunque. 
-Dottoressa Torres, vedo che ha già letto tutte le informazioni sul caso, possiamo iniziare con l'intervento.
Io mi occuperò della perforazione, lei contemporaneamente si occuperà del bacino.
-Procediamo-  esclamò Callie  intenta a voler concludere l'intervento al più presto.
Non si scambiarono nessuna parola, entrambe, sicure della propria competenza, portavano avanti l'intervento.
I bip che provenivano dai monitor segnalavano che qualcosa stava andando storto.
-La saturazione sta calando, il paziente  sta andando in arresto. Avvicinate il defibrillatore.-
Dimostrando tutta la calma di cui era dotata in situazioni di emergenza, Arizona cominciò ad impartire ordini.
Riuscì a rianimare il paziente. 
Callie,  si stava nuovamente avvicinando al tavolo operatorio per continuare la ricostruzione del bacino. Ma la voce di Arizona la fermò.
-Dottoressa Torres, le condizioni del paziente sono troppo deboli per continuare contemporaneamente l'operazione.  Sarebbe meglio che continuasse non appena sistemo la perforazione.-
-Dottoressa Robbins- Rispose di rimando Callie,-  Il paziente ora è stabile, i battiti e la saturazione sono ritornati ai valori fisiologici. Credo che possiamo continuare entrambe.
Il tono di Arizona divenne ancora più formale e alto.
-Dottoressa Torres, siamo nella mia sala operatoria, è un mio paziente e gradirei che i miei ordini fossero eseguiti. Si allontani dal tavolo operatorio, ora!
-Mi richiami non appena la dottoressa Robbins avrà finito col suo intervento-  esordì Callie rivolgendosi ad una delle infermiere presenti in sala. Il suo tono era freddo come il ghiaccio. Sparì dalla sala operatoria.
 
 
Aveva appena concluso l'intervento. La ricostruzione del bacino era riuscita perfettamente.
Entrò nella stanza riservata agli strutturati, aveva disperatamente bisogno di un caffè.
Evidentemente non era l'unica ad averne bisogno. 
La trovò in piedi davanti alla macchinetta del caffè intenta a farla funzionare.
Arizona si voltò non appena sentì richiudere la porta della stanza, e la sua vista le provocò una fitta nello stomaco.
-Ci vorrebbe una laurea per capire come funziona questa dannata macchina-  le rivolse la parola abbozzando un sorriso.
-Basta selezionare e schiacciare un pulsante-  le rispose Callie con quasi lo stesso tono che aveva usato in sala operatoria prima di uscire.
Arizona sembrò sorpresa.  Non si aspettava quel tono da lei, quell'aria così sicura che aveva dimostrato anche in sala operatoria quando l'aveva contraddetta.
 
Non ammetteva mai di sbagliare, era sempre sicura di quello che faceva, soprattutto quando era in sala operatoria.  Impartiva ordini, metteva sotto pressione, e voleva che tutto nella sua sala operatoria filasse liscio. Non ammetteva errori, non ammetteva essere contraddetta.
Si sentiva l'unica responsabile quando c'era lei in sala operatoria, e aveva reagito come era solita fare.  E aveva reagito così anche con Callie. Non aspettandosi la sua reazione.
in fondo non era abituata ad essere contraddetta, ma Callie, quella sera lo aveva fatto.
 
Sembrava le volesse dire qualcosa, ma l'altra non le diede il tempo.
-Dottoressa Robbins, -cominciò con tono duro e formale -questa sera glielo ho lasciato fare, ma gradirei che la prossima volta non si rivolgesse a me più in quel modo.  Poteva anche essere la sua sala operatoria, ma era anche un mio paziente. E' stato poco professionale da parte sua rivolgersi ad un altro strutturato come lei, in quel modo.
Uscì, sbattendo la porta, non lasciando all'altra possibilità di replica.
Era riuscita, era riuscita a parlarle anzi ,a gridarle contro,  con fermezza e determinazione e anche un pò di rabbia.
Come poteva, quella donna, dal viso che la faceva sembrare un angelo,l'unica, ad averla rassicurata pochi istanti prima della conferenza,  con quegli occhi e quel sorriso che riuscivano ad incantare chiunque, ad essere così determinata e dura?
 
Il suo tono raggelò Arizona che rimase impalata ad ascoltare. Per la prima volta, non riuscì a controbattere, per la prima volta qualcuno l'aveva messa a tacere.
E si trattava proprio di quella donna che l'aveva incantata, quella donna che le era sembrata così vulnerabile il primo giorno che le si avvicinò a parlarle.
Le si formò un sorriso sulle labbra. Quella donna la faceva impazzire.
 
Arizona era rimasta tutta la notte in ospedale.  Il suo senso di dovere e responsabilità, la sua mania di avere tutto sotto il suo controllo, non le permisero di tornare  a casa dopo l'operazione.  Aveva trascorso la notte nella stanza del medico di guardia, andando di tanto in tanto a controllare il piccolo paziente che aveva operato qualche ora prima. E sperava in cuor suo di poterla rivedere, durante uno dei suoi controlli, che magari anche lei sarebbe andata a controllare le condizioni del piccolo paziente che avevano operato insieme.
Ma Callie, esausta, era ritornata a casa subito dopo la sfuriata. Il suo turno era finito da un pezzo in fondo.
 
La mattina seguente, fu meno pesante da sostenere,  operazioni di routine, e pochi traumi.
Era ormai pomeriggio e si stava godendo i pochi minuti di pausa in compagnia del suo caffè. E di Mark.
Non l'aveva vista per l'intera mattinata a lavoro.  Non aveva il turno di mattina quel giorno.
 
La vide entrare dalle porte scorrevoli dell'atrio, insieme a Teddy. 
Senza camice, stretta nei suoi jeans che le calzavano alla perfezione, quella maglietta blu che le lasciava la spalla sinistra scoperta, i suoi capelli biondi che le ricadevano sulle spalle un pò spettinati dal vento e quell'aria luminosa che si trascinava ovunque. 
Quel giorno il cielo di Seattle era grigio, come lo era spesso, ma quando vide entrare quella donna in ospedale, le sembrò ad un tratto che il sole , che si era nascosto tutta la mattina, avesse deciso di risplendere.   Si rese conto, a suo malgrado, che quella donna riusciva a far risplendere qualsiasi luogo in cui si trovava, riusciva a rischiarare anche una giornata piovosa e grigia.
E rimanendo incantata nel guardarla, si dimenticò della discussione della sera prima.
 
In quel periodo la vita di Callie era cupa e grigia, proprio come il cielo di Seattle, e per un momento, quando la vide entrare, desiderò con tutta se stessa, che Arizona potesse essere il suo sole, che potesse brillare solo per lei, nel suo cielo.  Che potesse essere proprio quel sole, l'unico in grado di rischiarare la sua vita.
Il suo desiderio fu disatteso, non appena le tornò alla mente che quella donna non era libera, era già legata ad un'altra che non era lei.
 
-Il turno di pomeriggio è davvero straziante- affermò Teddy mentre si dirigevano all'ascensore per raggiungere ognuna il proprio reparto.
-Non posso che darti ragione Teddy, preferisco persino il turno di notte- continuò Arizona.
La vide seduta al bar non appena aveva superato le porte scorrevoli dell'entrata.  I suoi occhi la trovavano sempre.
- Come fa a stare con uno come lui? Un chirurgo plastico, con quell'aria da don giovanni-  Rivolse questa domanda a Teddy cercando di usare un tono disinteressato, mentre aspettavano che l'ascensore arrivasse al piano.
-Intendi Callie Torres?- Un sorriso divertito si dipinse sul volto di Teddy. -Ma non stanno insieme- esclamò, non notando l'espressione incredula dell'altra che quasi sentì fermare il proprio cuore.
-Possono sembrare una vera coppia, trascorrono la maggior parte del tempo insieme, ma sono solo migliori amici.  Sei nuova- continuava a parlare Teddy, ma Arizona non era più tanto convinta di starla a sentire, la sua mente era riuscita ad incamerare solo la prima frase. Quei due non erano una coppia.
Intanto erano entrate nell'ascensore.
-Non sai niente dei pettegolezzi che girano- le sorrideva bonaria mentre le parlava.
Il cuore di Arizona stava riprendendo a battere, fino a quando non udì l'ultima frase dalla sua nuova amica.
-E poi, l'ultima storia di Callie è stata con una donna, anche se la loro relazione non è durata molto.-
Non appena udì quella notizia, il cuore della pediatra, fece una capriola, i battiti divennero sempre più veloci,  per fortuna era in compagnia di un cardiochirurgo in quell'ascensore. E per un momento le era sembrato che ne avesse bisogno.
Dovette richiamare tutte le sue forze per rimanere con i nervi saldi.
Forse aveva qualche speranza.
 
Anche il turno di Arizona fu tranquillo, e aveva deciso quella sera di ritornare a casa, di non rimanere in ospedale.
 
-Ci vediamo domani, Mark-  Gridò in modo che l'amico la sentisse attraverso la porta chiusa degli spogliatoi.
Era terminata anche la sua giornata di lavoro.
Si stava dirigendo all'ascensore per raggiungere l'atrio, e la vide schiacciare il pulsante, anche lei pronta per andare via.
Non ci pensò un secondo di più e decise di prendere le scale.
Doveva evitarla ad ogni costo,  doveva stare lontano da quella donna, perchè le sensazioni che provava ogni volta che la vedeva non le piacevano.
Non poteva innamorarsi di lei, non di una donna che aveva già una relazione.
Non poteva innamorarsi di nuovo, e permettere ad un'altra donna di farla soffrire, di rovinarle la vita come le era già successo.  Anche, se si rendeva conto, che quello che sentiva quando la vedeva, non era nemmeno lontanamente paragonabile alle sensazioni che aveva provato nella sua relazione precedente.
E questo le faceva avere ancora più paura, la terrorizzava.
 
-Calliope!-  si stava avvicinando all'uscita, e quel modo di sentir pronunciare il suo nome, non le lasciarono dubbi  su chi la stesse chiamando.
Si voltò e come aveva previsto, si immobilizzò.
-So che sei a piedi, sono a piedi anch'io, ti va di fare un tratto di strada insieme?
-Abito proprio a due passi da qui, non posso impedirle di seguirmi, la strada è di tutti-
Cercò di mantenere un tono che fosse il più formale possibile. Non poteva permettere a quella donna di avvicinarsi troppo.  E comunque non avevano più parlato dopo la discussione della sera prima.
Ma l'altra sembrò non curarsene. -Beh, a quanto pare dobbiamo andare nella stessa direzione- le rispose seguendo Callie che si era già incamminata.  E le si parò al suo fianco accelerando il passo.
- A molti non piace Seattle, si lamentano che piove sempre, che  c'è caos- cominciò a parlare con il suo tono allegro, -ma lo fanno perchè non si rendono conto delle bellezze che potrebbero trovare, se solo sapessero cercare meglio, e capitare nei posti giusti.- 
Callie non fece caso al tono non tanto casuale che aveva usato l'altra.
Continuava a camminare cercando, invana, di creare un pò di distanza da quella donna.
Non parlava.  Si limitò ad annuire distrattamente.
Non che Arizona si aspettasse una risposta.  Pensava che l'altra fosse ancora risentita per il comportamento che aveva usato con lei la sera prima in sala operatoria.
-Calliope,- continuò a parlare -sto cercando di chiederti scusa. Per ieri.
-Scuse accettate,  dottoressa Robbins- rispose l'altra ancora col suo tono formale.
Poi invece continuò, senza smettere di camminare, era quasi arrivata alla sua destinazione.
-C' è una sorta di dicotomia in te o cosa?- esordì con tono ancora acido ma dandole per la prima volta del tu.
-Cosa?- rispose l'altra , evitando di fermarsi per non perdere il passo.
-Sembri due persone in un corpo solo, si due persone in una. Insomma, la prima volta che mi hai parlato eri.. quale Arizona eri? Quella dolce e simpatica! che si è avvicinata a parlare con una sconosciuta, per consolarla, e senza conoscere il mio nome sapevi già chi ero! Ieri eri così diversa, dura e sembravi..
-Senza cuore..-  la interruppe l'altra.
-Beh, non volevo proprio dire questo-
-Tranquilla, me lo sono sentito ripetere spesso!- continuò con tono quasi scherzoso riportando quello che spesso dicevano sul suo conto "Ma come può essere così? Così dura ad impartire ordini e nello stesso tempo gira con i pattini a rotelle, le trecce ai capelli, l'orsacchiotto sul camice e.."
- E le farfalle sulla cuffia-  la interruppe Callie abbozzando leggermente un sorriso.
 
Mezzo minuto dopo si fermarono entrambe sotto lo stesso palazzo.
-Grazie della compagnia, io sono arrivata, buonanotte a domani-  esordì Callie entrando nel portone.
-Sono arrivata anch'io- le rispose Arizona disegnando un sorriso sul suo volto ancora sorpreso.
Era sorpresa, felicemente sorpresa. Ma non sorpresa quanto Callie che non riuscì a mascherare il suo disagio, la sua incredulità.
-Appartamento 503, mi sono trasferita il giorno prima di iniziare al Seattle Grace. Il tuo qual'è?-  continuò col suo tono che in un altro momento sarebbe stato contagioso. Ma non per Callie, non in quel momento.
-502- riuscì solo a risponderle.
 
  Era incredula, quella donna le sembrava una calamita. Evitarla sarebbe stato quasi un'impresa titanica.
L'ospedale era grande, poteva prendere le scale se lei prendeva l'ascensore, c'erano tante stanze, c'erano reparti diversi, e soprattutto ognuna aveva il proprio.
 
Ma il loro pianerottolo, non era grande quanto un ospedale, e il loro palazzo non disponeva di un ascensore. O di altre scale d'emergenza.
 
 
 
 
 

È facile capire come nel mondo esista sempre qualcuno che attende sempre qualcun altro,
che ci si trovi in un deserto o in una grande città.
E quando questi due esseri s'incontrano e i loro sguardi s'incrociano tutto il passato e tutto il futuro non hanno più alcuna importanza.
Esistono solo quel momento e quella straordinaria certezza che tutte le cose, sotto il sole, sono state scritte dalla stessa mano,
la mano che risveglia l'Amore e che ha creato un'anima gemella per chiunque lavori, si riposi e cerchi i proprio tesori sotto il sole,

perché se tutto ciò non esistesse non avrebbero più alcun senso i sogni dell'umanità.

Paulo Coelho

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Capitolo 7
*** un legame semplicemente destinato ad esistere ***


Salivano le scale, una dietro l'altra, una, la mora, visibilmente a disagio, l'altra sorrideva.
Erano arrivate al loro piano.
- Ti andrebbe di entrare? le chiese Arizona ferma davanti alla sua porta mentre cercava di far entrare la chiave nella toppa.  Di solito ci riusciva a primo colpo ma non fu così quella sera.
Vedendo che l'altra tardava a rispondere continuò
-Beh, dovrai perdonarmi prima o poi , se non ti sono bastate le mie scuse, magari posso prometterti che farò di tutto per non farlo più accadere.. si fermò un attimo, e inclinando leggermente la testa e alzando le spalle, continuò -beh, almeno con te, posso impegnarmi ad essere meno mostro in sala operatoria almeno con...
Continuava ad infilare una parola dietro l'altra, a sorridere mentre le pronunciava,  cercava di colmare il silenzio di una Callie che la guardava estasiata.
Quell'Arizona un pò impacciata, logorroica, con quell'espressione così tenera negli occhi e quel volto così adorabile in quel momento, piaceva molto di più a Callie.
Non accennava a smettere di parlare, si rese conto Callie, e avvicinandosi sempre di più a lei, spezzò quel logorroico discorso tappandole la bocca con un bacio.
Cogliendo di sorpresa entrambe.
Le cinse la vita con un solo braccio, la fece indietreggiare di qualche passo sospingendola delicatamente contro il muro, e fissando con i suoi occhi magnetici, quelli blu di lei, la baciò.
E l'altra si fece baciare. Non finì più la sua frase, il discorso non se lo ricordava nemmeno più.
Una tempesta, non poteva reggere il confronto con le sensazioni che entrambe provarono in quel momento.
I loro corpi incollati uno all'altro, le loro labbra in contatto, erano come due sorgenti elettriche in interazione, capaci di generare un'elettricità, un magnetismo, tali, da diffondersi nell'aria con una intensità che superava di gran lunga ogni legge della fisica.
E i loro cuori, in quel campo magnetico, stavano viaggiando alla velocità della luce uno verso l'altro.
 
Si staccò da lei qualche istante dopo, fissando ancora il suo volto visibilmente sorpreso.
La lasciò li in piedi, con alle spalle la porta del suo appartamento, e indietreggiò verso la sua porta che era proprio li di fronte.
-Buonanotte ,Arizona- pronunciò aprendo la porta e sparendo dietro di questa.
Così come lo aveva iniziato, improvvisamente mise fine a quell'attimo così magico.
Lasciandola senza parole.
Per la seconda volta, in poco tempo, quella donna l'aveva messa a tacere.
 
Non le restò che girare la chiave che aveva già inserito prima nella toppa, ed entrare nel suo nuovo appartamento.  Di fronte a quello della donna che l'aveva letteralmente rapita.
Rapito il suo cuore, i suoi occhi, la sua mente.
Forse, per la prima volta in vita sua, Arizona Robbins, chirurgo pediatrico senza cuore, si stava innamorando.
O già, le era appena successo.
 
Non si videro per due giorni. Non si incrociarono sul pianerottolo,  non si incrociarono per le scale, sotto al portone,  non si trovarono per strada, la stessa strada che dovevano percorrere entrambe verso il loro ospedale.
E avevano persino turni diversi.
Senza che una sapesse dell'altra, si stavano evitando a vicenda.
 
-Callie, non puoi evitarla a vita- le ripeteva Mark costantemente,  e l'ultima volta che lo fece, Callie si era appena nascosta dietro di lui vedendola gironzolare per l'ospedale.
-Beh, per ora ci sto riuscendo, sono già due giorni che riesco ad evitarla.
E si rese conto non appena finì la frase, che riuscire nel suo intento non la rendeva poi così tanto felice.
Le mancava.  Quella mezza sconosciuta, che aveva generato un vortice dentro di lei, le mancava.
E questo le faceva avere paura,  pian piano si rese conto che si stava innamorando di lei.
Si rese conto che si stava innamorando di lei, quando pur cercando di evitarla, rimaneva delusa ogni volta che non la incrociava per le scale o per strada, si rese conto che si stava innamorando di lei ogni qualvolta passava davanti alla sua porta e si soffermava per un attimo per cercare di afferrare ogni minimo rumore potesse provenire dal suo appartamento.
-E quando non potrai più giocare a nascondino, quale tattica userai?- le fece presente Mark col suo sorriso divertito, distogliendola dalla realtà così viva dei suoi pensieri.
 
Stava camminando nel corridoio dell'ospedale insieme a Teddy, quando ad un tratto la prese per un braccio e la fece entrare nello stanzino, che per fortuna si ritrovò in quel tratto che stava percorrendo.
- La sto evitando- disse rispondendo alla domanda palese che si era disegnata sul volto dell'amica.
-Era la Torres lì ferma davanti al tabellone degli interventi-  disse l'altra ancora confusa.
-Appunto, lei. Sto cercando di evitare proprio lei, la Torres- Ci siamo baciate, cioè lei mi ha baciata- continuò Arizona per niente in imbarazzo ma in preda all'agitazione.
-E..? rispose l'altra divertita, poi continuò -Ci avete messo un  pò per farlo succedere- e rideva ancora divertita.
Non le fu necessario che Arizona le dicesse che le piacevano le donne, lo aveva capito ogni volta che la vedeva incantarsi spostando improvvisamente lo sguardo da lei, attratta come una calamita da qualcosa, e ogni volta che succedeva, nel campo visivo della sua amica c'era sempre lei, Callie.
Fu Arizona questa volta ad essere confusa.
-Anche un cieco poteva accorgersi dell'alchimia che c'è tra voi due, Arizona- le disse Teddy ,notando la faccia interrogativa della donna che aveva di fronte a sè.
-Ma non capisco perchè la stai evitando- continuò
-Perchè ho paura- le rispose, ammettendolo per la prima volta anche a se stessa.
-Ho paura di essermi innamorata sul serio questa volta. Ho paura di una relazione seria. Non saprei come gestirla, non sono tagliata per queste cose. Mi basta ogni tanto una storia, purchè sia breve, ma non cerco un legame che duri tutta la vita.
Questo, questo mi spaventa, mi spaventa quello che provo per quella donna, ciò che mi succede ogni volta che la guardo.-  Concluse.
-E credi che la soluzione migliore sia evitarla- le rispose l' amica.
- Si- disse di rimando Arizona accompagnando la risposta con un cenno della testa.
-Ma non riesci a far a meno di guardarla-  toccò di nuovo a Teddy.
-Già- ammise l'altra sospirando.
  E si rese conto, che forse si era già innamorata di lei.
 Si rese conto di essersi innamorata di lei ogni volta che i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dal suo viso, anche se la vedeva da lontano; si rese conto di essersi innamorata di lei quando doveva lottare con tutte le sue forze per riuscire ad evitarla;si rese conto che si era innamorata di lei quando ,passando dalla sua porta per raggiungere la sua, sentì provenire  dall'interno della musica,la immaginò ballare, e desiderò essere lì dentro a muoversi su quelle note con lei.
 
Erano passati due giorni, ed erano riuscite ad evitarsi.
Erano entrambe degli ottimi medici, e avevano imparato  a tenere sotto controllo ogni operazione, ogni emergenza. E per un pò erano riuscite anche a tenere sotto controllo un aspetto importante delle loro vite, riuscendo a non trovarsi.
 
Ma riuscire a tenere sotto controllo il destino è un' impresa che non si può governare.
 Perchè, le anime sono destinate a trovarsi prima o poi.

E si rincorrono.
 
Esausta, dopo un'intera notte passata in ospedale,  Arizona, entrò in ascensore per raggiungere l'atrio e poter finalmente tornare a casa e riposare. Le emergenze di quella notte l'avevano distrutta.
Schiacciò il pulsante e a braccia conserte aspettò che le porte si chiudessero.
Il suono leggerò di un campanello l'avvisò che era arrivata al piano terra.
Rimanendo a braccia conserte, e con la testa abbassata, stava per varcare le porte.
Andò a sbattere contro qualcosa, contro qualcuno. Alzò la testa per chiedere scusa, e rimase senza fiato.
La vista di quella donna riusciva ogni volta a toglierle il respiro.
 
Il suono della sveglia la destò.  Doveva alzarsi e cominciare un nuovo altro giorno di lavoro.
Si preparò la colazione, si vestì e in tutta fretta uscì di casa. Era leggermente in ritardo, il suo turno di lavoro sarebbe dovuto iniziare già da qualche minuto quella mattina.
In pochi minuti raggiunse l'ospedale, e senza passare dal bar, si diresse all'ascensore.
Stava per schiacciare il pulsante, ma qualcuno l'aveva anticipata di mezzo secondo.
Non si preoccupò di cambiare ascensore, la freccia che si illuminò sopra, segnalava che stava scendendo.
Aspettava che giungesse  al suo piano e improvvisamente si rese conto che era uscita di casa di corsa e non ricordava se avesse preso le chiavi.
Era con la testa china a frugare nella borsa, sperando di trovarle,  sentì il campanello suonare e avanzò per entrare nell'ascensore. Ma qualcosa l'arrestò.
Alzò lo sguardo, e si rese conto che era andata a sbattere proprio contro di lei.  Contro la donna che stava disperatamente evitando.
 
Abbozzando un sorriso imbarazzato si chiesero  scusa entrambe all'unisono.
-Calliope-  esordì Arizona non riuscendo ad aggiungere altro.
-Devo scappare, sono in ritardo- esclamò Callie approfittando della pausa dell'altra per eludere qualsiasi cosa stesse per dire la donna di fronte a sè, e poter riuscire a fuggire via.
E  sparì dietro quelle porte.
 
Dopo essersi riposata, approfittando del pomeriggio libero, Arizona sistemò gli ultimi scatoloni rimasti del trasloco.
Si era ormai fatto pomeriggio inoltrato e andò di corsa a prepararsi per il suo turno di notte.
Le capitava spesso di dover affrontare turni massacranti. In chirurgia pediatrica si correva sempre.
Uscì dal portone e osservando il cielo al tramonto, si incamminò verso l'ospedale.
 
Aveva finito il suo turno, che le sembrò interminabile quel giorno, e come ogni volta che finiva di lavorare a quell'ora, uscì dall'ospedale in fretta per non perdersi quello spettacolo che si dipingeva nel cielo.
Adorava camminare al tramonto,  e ogni volta, sulla strada di ritorno per casa i suoi occhi si perdevano tra i colori che si mescolavano all'orizzonte.
 
Si incrociarono a metà strada, la seconda volta in un solo giorno.
Il cuore di Callie accelerò i battiti.
 Le sembrava più bella di come l'avesse mai vista,  i suoi occhi si incollarono su un altro spettacolo della natura. 
 
Camminavano sulla stessa strada in direzioni opposte,  lo sguardo di Arizona non riuscì ad evitarla,il tramonto rendeva la sua Calliope ancora più bella.
 
Si salutarono e ognuna continuò per la propria strada, lasciando dietro di loro una scia piena di cose non dette.
 
Nei giorni successivi si videro solo all'ospedale. Trascorrevano lì la maggior parte del loro tempo.
 
 Il pomeriggio in ospedale procedeva tranquillo, fino a quando non iniziarono ad arrivare nuove emergenze.
Ci fu un incidente mortale a pochi isolati dall'ospedale.  L'unico sopravvissuto allo schianto era un bambino di sette anni.
Riportò fratture plurime ed emorragie interne. 
Suonò ad entrambe il cercapersone, e corsero al pronto soccorso.
Arrivarono quasi insieme.  E corsero in sala operatoria per salvare quella piccola vita.
- Non gli è rimasto più niente. Quando si sveglierà, se riusciremo a salvarlo, si renderà conto di aver perso le persone più importanti della sua vita. Di essere rimasto solo. La sua vita non sarà più la stessa, un fottuto istante l'ha stravolta. - Cominciò a parlare Callie, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Sarà sballottato da una famiglia all'altra, o rimarrà all'orfanotrofio fino alla maggiore età-
- O troverà una famiglia che lo adotterà, gli vorrà bene, avrà altri fratelli e la sua vita sarà bella lo stesso-  Continuò Arizona notando il tono non casuale di Callie. Aveva percepito qualcosa nella sua voce.
- Il lieto fine esiste solo nelle favole- le rispose Callie con tono cinico. -Il punto è che la realtà non va mai come vorremmo.  Spesso è sempre peggio-
- In ogni istante della nostra vita abbiamo un piede nella favola e l’altro nell’abisso-continuò ancora Arizona- Ma sta a noi scegliere dove camminare. Io credo che possiamo scegliere di vivere la favola, soprattutto se incontriamo sul nostro cammino chi riesce a tirarci fuori dalle delusioni.-
Si guardarono negli occhi. Si persero una nell'altra.
 
-Mi stai evitando-le sopraggiunse da dietro la voce di Arizona.
Avevano appena finito la lunga operazione.
-Mi hai baciata l'altro giorno, all'improvviso sul nostro pianerottolo. E ora mi stai evitando.
- Lo hai fatto anche tu- le rispose Callie non voltandosi a guardarla.
Erano ancora nell'anticamera della sala operatoria ed entrambe si stavano lavando le mani.
-C'è qualcosa che spaventa entrambe- incalzò ancora Arizona.- Ma oggi, insieme, abbiamo dato la possibilità a quel bambino di poter andare avanti. Si deve andare avanti nella vita Calliope.Oggi lo abbiamo dimostrato. Magari la vita non è poi così tanto crudele, magari in un istante può cambiare e se riusciamo a guardare meglio ci accorgiamo che può anche essere più bella di come la vorremmo. La vita ci può sorprendere sempre- Terminò il suo discorso, e si rese conto che si riferiva proprio all'istante in cui i suoi occhi si erano posati su quella donna che le aveva stravolto la vita.
- O magari invece ti delude sempre-le rispose Callie voltandosi a guardarla. -Magari proprio quando speri che stia finalmente cambiando, ti accorgi che ti stava solo prendendo in giro. Dal primo istante in cui ti ho vista, Arizona, ho sperato che tu potessi essere la mia svolta, il mio cambio di direzione. Eri, sei, bella come il sole, e ho sperato che tu potessi essere il mio sole. Ma, quella sera, fuori quel bar, tu eri con un'altra, e con me c'era di nuovo la disillusione di una vita migliore. A me restano solo le delusioni, Arizona.-
Uscì dalla stanza, lasciando l'amore della sua vita ancora lì in piedi a fissarla.
 
 
Arizona si era incamminata verso casa, aveva un'aria triste e vuota.
In quei giorni in cui le era stata lontana, si sentiva persa. E ora, dopo il suo discorso lo era ancora di più.
Si era sentita persa, ogni volta che la vedeva da lontano e non poteva avvicinarsi perchè aveva percepito anche la distanza dell'altra; si era sentita persa ,ogni volta che la vedeva parlare con un'altra persona e quella persona non era lei, si era sentita persa, ogni volta che lei sorrideva e quei sorrisi non erano per lei; ma soprattutto si era sentita persa quando notava che quegli occhi tanto magnetici, distoglievano, in un lampo, lo sguardo dal suo ogni volta che i loro sguardi si incrociavano.
 
La vide ferma vicino al piccolo muretto a qualche metro dal loro portone.
Aveva la testa rivolta in alto a guardare la luna piena.
E guardandola stare lì da sola, capì che quella donna era stata fatta per lei, aveva incontrato l'altra parte di sè.
 Tutti i suoi dubbi all'improvviso svanirono in qualche modo...  le si mosse incontro,ogni passo  più vicina.
 
-Ok, immagina solo questo- cominciò a parlare giungendole alle spalle.
Callie sussultò sentendo la sua voce e si girò per guardarla.  E in quel momento si perse nei suoi occhi lucidi, un vuoto improvviso le si formò nello stomaco, non riusciva ancora ad abituarsi all'estrema bellezza di quella donna, non riusciva a mettere a tacere ciò che provava per Arizona.
Era entrata dentro di lei con prepotenza, in un attimo, e si rese conto che non sarebbe riuscita a farne a meno per tutta la sua vita.
-Sono cresciuta con un colonnello a casa, mi ha educata per essere forte e determinata, a sapermi difendere, ed essere indipendente. E sono diventata tutto questo, ambiziosa, forte, determinata.
Il mio lavoro era tutto quello di cui mi importava, la mia passione, la mia vita.
Non cercavo legami, non cercavo storie serie. Avevo tutto quello di cui avevo bisogno.
Ma non sapevo di desiderare qualcos'altro, per me, per la mia vita.
Ma tu, tu Calliope, mi hai aperto gli occhi, mi hai fatto scoprire che voglio di più, che mi mancava qualcosa.
E non sapevo nemmeno di volerlo così tanto prima di incontrare te, Calliope.
Non sapevo di volere l'Amore per me.
 Fino a quando ho capito che tu sei tutto quello che mi manca. Sei tutto ciò che voglio.
Ed eccomi qui, sarò coraggiosa,per entrambe.
Ogni respiro, ogni ora, ha portato a questo, Il tempo ha portato il tuo cuore da me.-
 
Non riuscì a ricacciare indietro le lacrime. Aveva assorbito ogni parola che aveva pronunciato quella donna,  in piedi di fronte a lei, con quegli occhi così intensi, con la voce tremante. Quella donna, che aveva parlato senza mai fermarsi a respirare.
 E non aveva respirato nemmeno lei per l'intera durata del suo discorso.
-Ti amo ,Arizona-  era solo riuscita a dire.  Le lacrime cominciarono a rigarle il volto.
- Penso che ti abbia amata dal primo istante in cui i miei occhi si sono posati su di te, ti ho amata sempre di più ogni volta che ti vedevo, ogni volta che sbucavi all'improvviso e mi facevi bloccare il respiro, ogni volta che mi sorridevi e mi perdevo in quella magia che il tuo sorriso  riusciva a sprigionare.
Ma avevo paura, avevo paura che ciò che provavo per te mi potesse fare male, volevo con tutta me stessa che tu fossi per me, ma ti ho visto fuori al bar con quella ragazza, e mi è sembrato di morire dentro sapendo che invece ti aveva lei. E non potevo innamorarmi di nuovo e soffrire. La mia vita è caduta in pezzi troppe volte.
 E non ho fatto altro che evitarti, e nessuno può capire quanto mi sia costato fare a meno di te.-  Parlava, e i suoi occhi non smettevano di cercarla.
-Sono qui per te, Calliope solo per te.  E lo sarò sempre e per sempre.
Questa volta fu lei a baciarla. Non resisteva più dal farlo, sotto il riflesso della luna,  si scambiarono il bacio più intenso che in tutta la loro vita erano riuscite mai a dare o ricevere.
Ed entrambe rimasero per più di qualche minuto senza fiato.
Il loro cuore batteva veloce, e i loro battiti erano pieni di colori e promesse.
 
 

 Ci completiamo l'un l'altra con la perfezione consentita
solo a coloro che pongono l'amore al di sopra di ogni cosa.
Te lo ripeto: senza di te, io non esisto.
 Paulo Coelho.
 

 Arrivata all'ultimo capitolo della storia..
Ci terrei a ringraziare tutte voi che avete letto, e tutte voi che avete letto e recensito.
Sperando che per voi sia stata una buona lettura :)

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