Ancora una volta

di SoltantoUnaFenice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordi di carta ***
Capitolo 2: *** Dai quattro angoli del loro mondo ***
Capitolo 3: *** Il dolore della luce ***
Capitolo 4: *** Nel vuoto ***
Capitolo 5: *** Ombre ***
Capitolo 6: *** Speranze spezzate ***
Capitolo 7: *** Caramelle ***
Capitolo 8: *** Buoni e cattivi ***
Capitolo 9: *** Un po' meglio e un po' peggio ***
Capitolo 10: *** Cadere o volare ***
Capitolo 11: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 12: *** Bianco e rosa ***
Capitolo 13: *** Quasi tutto come prima ***
Capitolo 14: *** Attraverso il cielo ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Ricordi di carta ***


Touma aveva una busta in fondo al cassetto del comodino. Era una busta di carta gialla, un po' ruvida, e conteneva qualche decina di fotografie. Per prenderla bisognava spostare un po' di cose – la scatola che conteneva l'orologio di suo padre, un blister di compresse per il mal di testa, un quadernetto nero tutto sgualcito e anche due o tre caramelle mezze sciolte che avevano troppi anni per essere ancora commestibili - ma non era importante, perchè non gli capitava di tirarla fuori molto spesso.

Le foto dentro la busta erano tra le cose più preziose che aveva. Anche se non le riguardava quasi mai, le voleva lì, vicino a sé mentre dormiva. Il letto era il luogo in cui riusciva a pensare meglio, ad essere il più possibile sé stesso. Di giorno la confusione delle cose quotidiane lo teneva ancorato a terra. Ma la sera, nel silenzio della propria stanza, riusciva a librarsi con la mente al di sopra di tutto, e i pensieri erano meno dolorosi.
Dopo che suo padre era morto, due anni prima, Touma aveva lasciato la casa in cui era cresciuto – anche se non riusciva a decidere se venderla o meno – e si era trasferito in quell'appartamento, al settimo piano di un palazzo di nuova costruzione.
Era un appartamento semplice, ma aveva una bellissima terrazza rivolta ad est, in cui soffiava sempre il vento.
Se nella propria camera era Touma, in piedi al centro della terrazza lui era Tenku.
Da molto tempo aveva smesso di cercare di scindere questi due concetti, e viveva sempre oscillando, come un equilibrista che cammina su un filo sospeso a grandi altezze, ed in continuazione deve spostare il proprio baricentro ad ogni cambio di vento.
Quel giorno aveva girato attorno al cassetto del comodino già un paio di volte. Era stato tentato di estrarre la busta gialla, sfogliare una per una le sue foto e metterle via, ma entrambe le volte aveva rinunciato. A volte trovava davvero faticoso il modo in cui funzionava il proprio cervello, benchè sapesse di essere migliorato molto. Associargli la saggezza, un tempo, non era facile. Era così contraddittorio, così difficile di carattere, che spesso si era chiesto perchè mai fosse quella la sua virtù. Ma per fortuna la saggezza è una cosa che si accresce con l'età, e pian piano vi si era riconosciuto sempre di più.
In questo si riteneva piuttosto fortunato: la fiducia di Shin, ad esempio, era una virtù molto più difficile da coltivare. Essere fiduciosi – nel futuro, negli altri – è una cosa facile per un bambino o un ragazzino. Ma con il tempo le delusioni, i brutti ricordi... la vita stessa, soprattutto la vita di un guerriero, soffoca la fiducia quasi fino a farla scomparire.
Per questo motivo Shin era quello che più di tutti aveva rischiato di perdere sé stesso. Ma l'acqua è l'elemento più istintivo, quello più facile da percepire, da cui farsi avvolgere. Quando aveva smesso di opporsi al proprio destino, ed era tornato a vivere vicino al mare, l'acqua l'aveva sempre protetto dal dolore più forte.
Touma pensò ai suoi nakama, ancora una volta lontani. Era almeno un mese che non vedeva nessuno di loro, non avrebbero tardato molto a ritrovarsi.
Dopo tanti dubbi, dopo aver rifiutato le armature e con esse tutto ciò che li legava, avevano capito di non poter vivere gli uni senza gli altri. E anche se vivevano in città diverse, il loro legame era ormai così tangibile e forte da non farlo sentire mai solo.
C'era stato un tempo in cui la paura e la sofferenza portate dalle Yoroi li avevano portati a fuggire l'uno dall'altro. Erano così provati da rifiutare il loro legame, come se fosse tutt'uno con la battaglia, il dolore, il mondo delle armature.
Dopo che le Yoroi erano state riformate avevano deciso di accettare ciò che erano. C'erano state altre battaglie, altro dolore... ma non erano tornati più indietro.
Touma sospirò. Per la terza volta passò davanti alla camera, gettò uno sguardo obliquo al comodino, poi si diresse in bagno per prepararsi per la notte.
Lo specchio sopra al lavandino gli restituì un'immagine immutata. Quell'anno avrebbe compiuto trentanove anni, ma non ne dimostrava più di ventidue o ventitré.
Il suo aspetto aveva smesso di cambiare da moltissimo tempo, ormai. Tutti loro erano cresciuti fino a raggiungere la maturità fisica, poi si erano come cristallizzati. La prima volta che se ne era reso conto era stato una sera, mentre passeggiava in un parco. Aveva riconosciuto una vecchia compagna di scuola che giocava con una bambina. Si era avvicinato per salutarla, e lei era rimasta di sasso.
“Touma Hashiba! - aveva esclamato – non sei cambiato di una virgola!” E lui aveva pensato che lei invece era cambiata molto. Era sposata, aveva una bimba. Portava una pettinatura un po' fuori moda e sembrava un po' appesantita, un po' stanca... Avevano ventotto anni, allora, e lei gli disse di essere di nuovo in cinta: ancora non conoscevano il sesso del bambino, ma era molto felice.
Tornato a casa si era guardato allo specchio, proprio come stava facendo ora, e si era reso conto della differenza incredibile tra il suo aspetto e quello della sua coetanea.
Allo stupore era seguita la consapevolezza che solo le Yoroi potevano aver prodotto una cosa simile. E la spiegazione era una sola: le armature volevano che essi vivessero a lungo, forse per sempre, per poterli vestire e portarli a combattere ancora e ancora...
Si erano incontrati, e ne avevano parlato. Tutti erano arrivati alla stessa conclusione di Touma, ma in fondo erano convinti già da tempo di non poter sfuggire a questo destino. Solo, si erano illusi che prima o poi la morte li avrebbe liberati, ed ora non sapevano neanche più se sarebbe stato così.
Il loro incontro aveva portato anche ad un'altra decisione. Avevano parlato, più di una volta, di provare a vivere tutti assieme. Se non nella stessa casa, almeno nella stessa città, o quasi. Non era facile essere separati da chilometri e chilometri dalle uniche persone con cui si può condividere il proprio destino.
Ma se erano destinati a vivere a lungo, forse per sempre, se dovevano sopravvivere a tutti i loro cari... allora era giusto che si godessero le proprie famiglie finchè era possibile, e si ricongiungessero alla fine, quando ognuno di loro non avrebbe avuto nient'altro che gli altri quattro.
Touma si sciacquò velocemente la faccia. Indossò il pigiama, tornò in camera e si arrese all'impulso di tirar fuori quelle fotografie. Afferrò una coperta e ci si avvolse, poi uscì in terrazza. Erano i primi giorni di ottobre. Quell'anno l'autunno stava arrivando presto, e l'aria della sera era quasi fredda.
Tirò fuori le foto e guardò la prima. Erano Ryo e Shu, spalla contro spalla, su una riva sabbiosa. Sullo sfondo della foto si vedeva anche Shin, decisamente imbronciato.
L'avevano scattata a marzo del '97, sulla riva del lago Suwa. Si erano trovati tutti a casa di Ryo, per festeggiare il compleanno di Shin.
Il giorno precedente avevano cominciato ad organizzare la gita sul lago, e Ryo e Shu erano saltati su a parlare di pesca, erano tutti esaltati all'idea di pescare e poi grigliare tutto il pesce per fare un bel pranzo all'aperto. Naturalmente era tutto uno scherzo: Shin amava profondamente tutte le creature dell'acqua, e non mangiava pesce quasi mai. Seiji aveva lanciato loro più di un'occhiata di avvertimento, mentre il Samurai dell'acqua si inbronciava sempre più, e gli altri due continuavano imperterriti nella loro farsa. Touma aveva cercato di farli smettere, almeno all'inizio. Poi si era lasciato prendere, e aveva finito col fare peggio degli altri.
Erano arrivati al lago pieni di borse e zaini, e per rendere tutto più credibile si erano persino fatti prestare da un vicino del padre di Ryo l'attrezzatura per pescare. Alla fine del sentiero Shin era talmente serio e silenzioso che avevano avuto paura di aver esagerato.
Ma poi lo avevano mandato a cercare un po' di legna per accendere un fuoco, e lui aveva accettato subito, probabilmente per non dover assistere allo scempio dei poveri pesci. Ma quando era tornato era rimasto di sasso. Niente pesci e niente grigliata. Sulla riva del lago i suoi Nakama avevano allestito uno spettacolare pic nic, con tovaglie colorate, coperte, ogni genere di squisitezza (nemmeno un grammo di pesce) e persino decorazioni di carta colorata tra i rami degli alberi!
“Buon compleanno!!!” avevano gridato saltando fuori da dietro ad un cespuglio, e Shin era rimasto immobile, senza riuscire a dire una parola. Poi gli occhi gli erano diventati lucidi, e se il loro legame non fosse stato così forte da fare sentire a tutti quanto era felice, avrebbero di certo pensato che era offeso. Lo avevano abbracciato tutti, mentre lui continuava a mormorare “grazie...” sottovoce, e poi si erano lanciati sul cibo, allegri e un po' imbarazzati.
Era stata una giornata bellissima. Era ancora troppo freddo per rimanere fuori a lungo, e il sole era tramontato presto. Ma la sera si erano raccolti tutti attorno al fuoco del camino, nella sala della casa di Ryo, e avevano riso e parlato fino a tardi, addormentandosi tutti insieme sui divani e per terra, vegliati da Byakuen.
C'erano altre due foto di quel giorno. In una c'era Shin che bisticciava con Shu, ma Touma non riusciva a ricordare il perchè... Nell'altra si vedeva Ryo, accovacciato davanti al camino ad accendere il fuoco. Alle sue spalle Seiji, che sistemava sul divano un po' di coperte, e lui sull'altro divano, già mezzo addormentato.
La bocca gli si piego in un sorriso un po' sghembo. Quanto lo avevano preso in giro, ogni volta che era crollato addormentato in giro, o che si era svegliato ore dopo tutti gli altri! Quando ripensava al suo sé stesso adolescente, non poteva fare a meno di provare un po' di imbarazzo. Per fortuna con il tempo il suo fisico era maturato, il metabolismo adulto lo rendeva più energico, e una volontà più matura gli aveva permesso orari più sensati ed una vita più regolare.
Solo i suoi Nakama avevano potuto accettarlo per quello che era allora, senza farsi respingere da tutti i suoi difetti e la sua scontrosità. Era soprattutto per loro che aveva sempre cercato di migliorare, grazie a loro che non era diventato una persona astrusa come suo padre, sempre perso altrove.
La foto successiva era meno allegra. L'avevano scattata in ospedale, pochi giorni dopo che Seiji si era risvegliato dal coma, dopo l'incidente. Era una delle foto più vecchie tra quelle che aveva, e non la guardava mai troppo a lungo. Risaliva ad un periodo piuttosto negativo, in cui non riuscivano a restare vicini senza provare inquietudine. E il dolore e la spaventosa paura che aveva provato quando Seiji era stato in bilico tra la vita e la morte gli facevano bruciare gli occhi ancora adesso dopo tutti quegli anni.
Nella foto c'era Seiji, magrissimo e ancora più pallido del solito, ma ugualmente serio e infastidito dalle buffonate di tutti loro, che scherzavano davanti alla macchina fotografica, un po' per sdrammatizzare ed un po' per il sollievo incredibile provato quando finalmente avevano saputo che ce l'avrebbe fatta.
C'erano altre foto. Alcune gli strappavano sempre un sorriso. In altre si fermava incuriosito a guardare uno dei suoi Nakama, a stupendosi di come potesse scorgere ogni volta qualcosa di diverso, come un riflesso cangiante e sempre nuovo in ognuno di loro, e di come gli bastasse pensarli per decidere che alla fine era valsa la pena di tutto, che il loro destino forse era duro e faticoso, ma non poteva davvero dirsi infelice. Scorse ad una ad una tutte le foto, le rimise nella busta, lisciando con le dita il bordo adesivo che aveva smesso di restare attaccato molto tempo prima, e rientrò in casa.
Si mise a letto, e decise che il giorno dopo li avrebbe chiamati e li avrebbe invitati tutti a casa sua. Era davvero troppo che non si vedevano, e il suo compleanno era un ottimo pretesto per ritrovarsi insieme ancora una volta...

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Capitolo 2
*** Dai quattro angoli del loro mondo ***


“Zio Shu, tu sei più vecchio della mamma?”
“Sì, Tamaki. Ho tre anni in più.”
La bambina, in ginocchio sulla sedia e con i gomiti puntati sul tavolo, scrutò Shu con aria critica.
“E allora perchè sembri più giovane?”
Il samurai deglutì, in difficoltà.
“Ehm... perchè sono un tipo atletico?”
“Tamaki, lascia stare lo zio!”
“Ma mamma, che ho fatto di male?!”
“Niente, ma ora vai a cercare tuo cugino e andate a giocare fuori, che noi abbiamo da fare!”
La bambina si avviò, visibilmente insoddisfatta, non prima di averlo squadrato di nuovo da capo a piedi.
Shu si gettò all'indietro sullo schienale, sospirando rumorosamente.
“Questi bambini di oggi sono davvero impertinenti!”
“Ah, certo. Tu invece eri un agnellino, no?”
“Che c'entro io?!”
“Tu c'entri sempre, Shu!”
“Ah, sì?”
“Sì – fece pragmatica la sorella, sedendoglisi di fronte – primo, perché sei tu che hai viziato così Tamaki. Le hai sempre lasciato fare qualsiasi cosa!”
“Beh, questo solo perché è la mia nipotina preferita!” Sorrise Shu. Il padre di Tamaki lavorava in un'altra città, e così lei e la madre passavano molto tempo nella casa dei nonni. Tra tutti i suoi numerosi nipoti, lei era stata la prima, e anche quella con cui aveva trascorso più tempo.
“Secondo, perché tu sei il fratello maggiore – e qui gli strizzò l'occhio – e quindi la colpa di qualsiasi cosa è sempre la tua!!”
“Ah, beh, certo...”
Rinfi rise, poi si fece seria. “Senti Shu... - Si allungò attraverso il tavolo per toccargli una mano. - quando sei con Tamaki, con gli altri bambini... e anche quando stavamo tutti insieme, da piccoli. Ho sempre pensato che fossi nato per avere una famiglia numerosa, pensavo che saresti stato il primo di noi a sfornare figli in grandi quantità, e invece...”
“Rinfi, io ho una famiglia numerosa. Anche troppo...”
“Shu, sai benissimo cosa voglio dire. Una famiglia tua, con una moglie, dei figli...”
“Ne abbiamo già parlato, lo sai che non è possibile.”
Rinfi sospirò. Shu era sempre gentile con lei, la sapeva capire così bene. Per tutta la loro infanzia tra loro c'erano stata un'intesa ed una confidenza complete. Ma poi lui aveva trovato quell'armatura, aveva cominciato a passare tanto tempo fuori casa... ed ogni volta che tornava era un po' più stanco. Un po' più vecchio. C'era una parte di suo fratello che adesso non le era più accessibile, e col tempo quella parte era diventata sempre più grande.
“Tutto quello che so, è che tu non mi vuoi spiegare il perché.”
Shu si mosse sulla sedia, a disagio. Un tempo sarebbe scattato in piedi urlando che lei non poteva capire. Ora si sentiva solo un po' triste. Molto tempo prima si era creata una barriera tra lui e il resto del mondo. Ad eccezione dei suoi Nakama, solo sua madre riusciva a capire almeno un po', anche se lui non le aveva spiegato mai nulla.
“E' un discorso complicato, e alla fine diresti sicuramente che non ha senso.”
“Shu, io non capisco molto di quello che fai quando non sei con noi, però... un giorno mi hai detto che tu sei come la terra. E la terra, non è fatta per essere fertile e dare vita a mille cose nuove?”
“Lo è, Rinfi. Ma la terra in me è stata fecondata dal seme di un albero molto grande e prezioso. Sotto di esso non può nascere nient'altro, perché prosciuga tutto ciò che la terra può offrire.”
“Non sembra una cosa bella, però.”
“A volte lo è. A volte no.” e detto questo si alzò, dandole un bacio sulla guancia.
Apprezzava quello che lei stava cercando di fare. Ma non poteva capire fino in fondo. Quel seme che era stato piantato dentro di sé ed era cresciuto fino a quel punto, era fatto di guerra, sacrificio, paura... ma anche amore, condivisione, fiducia... e la possibilità concreta di fare qualcosa di buono. Il prezzo di tutto questo era una vita che correva parallela al mondo, senza poterlo intersecare davvero. Non esisteva una donna che avrebbe potuto condividere quella vita con lui. E come avrebbe potuto combattere per gli altri, sapendo che la sua discendenza sarebbe stato un bersaglio fin troppo facile per chiunque avesse voluto piegarlo? No, tutti loro avevano compreso da tempo tutto questo, anche se nessun altro poteva farlo.

 

“Domattina esponi un avviso per gli allievi, mi raccomando. Scrivi che il Dojo resterà chiuso fino a giovedì.”
“Certo.”
“E non lasciare che i bambini di Yayoi entrino nel Dojo.”
“Certo, Seiji. E ti prometto che anche Kuni-chan non verrà.”
“Tuo figlio è un bambino rispettoso, lui può entrare.”
“Seiji, se nostra sorella ci sentisse, penserebbe che consideri i suoi figli delle pesti!”
“Sono bambini, e sono vivaci... sai bene che voglio loro un gran bene.”
“Ma Kuni-chan è il tuo preferito.”
“Non è vero... è solo che, beh, vedo qualcosa in lui. Qualcosa che mi ricorda me stesso alla sua età. Vorrei poter essere per Kuniyaki quello che è stato per me il nonno.”
Si fermò a pensare. La sua infanzia non era stata facile. Non brutta, non arida. Ma sicuramente non facile. Il suo carattere ribelle aveva messo a prova la pazienza di suo nonno, ma lui non aveva mollato, e gli aveva insegnato tutto quello che poteva. Per Seiji era stato un dono impagabile.
Agli occhi di un altro bambino le attenzioni rigide e imperterrite del nonno sarebbero potute sembrare quasi una persecuzione. Per lui, che desiderava essere migliore non sapeva come riuscirci, che troppe volte aveva sentito dire: “Ci rinuncio, Seiji, sei davvero impossibile!”, erano solo la dimostrazione che suo nonno lo amava così tanto da non abbandonarlo a se stesso.
Si riscosse da quei pensieri.
Anche la sorella era evidentemente persa nei propri ricordi. Seiji estrasse dalla tasca un foglietto diligentemente piegato in quattro e glielo porse.
“Se aveste bisogno di qualsiasi cosa, puoi trovarmi a questo numero. E' il telefono di casa di Touma, dovrei essere lì entro l'ora di cena.”
“Seiji, se tu ti decidessi a comprarti un cellulare, non dovresti spargere qua e là foglietti...”
“Lo sai, non li sopporto quegli affari. Sono...”
“...troppo rumorosi e troppo invadenti, lo so. - Lo interruppe la sorella. – Me lo hai detto un milione di volte. Per fortuna il tuo amico Shin è stato così gentile da lasciarmi il numero del suo, l'ultima volta che è stato qui.”
Seiji sorrise.
“Non disturbarlo se non è necessario, però. Solo se è una cosa urgente e non ci hai trovato a casa, d'accordo? Shin è troppo disponibile, e non voglio che abbia fastidi per causa mia.”
“Lo so, non preoccuparti. Tu, piuttosto. Cerca di sfruttare questo viaggio per rilassarti un po', d'accordo? Stai diventando un'inquietante incrocio tra un monaco e la signorina Yamashita, e questa cosa mi mette i brividi!”
Paragonarlo ad una acida zitella vecchio stampo che li aveva terrorizzati da bambini... Seiji fu indeciso se sorridere o arrabbiarsi. Si limitò a posare un bacio sulla guancia della sorella, raccogliere il proprio bagaglio ed uscire. Era una bellissima alba, bianca e rosata. La strada era silenziosa, solamente il canto di alcuni uccelli arrivava dal giardino dei vicini.
Il resto della sua famiglia stava ancora dormendo, avrebbe pensato la sorella a salutarli da parte sua. Lo aspettavano molte ore di treno, durante le quali di certo avrebbe finito con l'immergersi nei ricordi accumulati in tutti quegli anni. Gli succedeva ogni volta che partiva per incontrare i propri Nakama. Il viaggio gli richiamava alla mente tutti gli altri viaggi che aveva fatto per raggiungerli, e ripensando a ciò che era stato, pregustava l'istante in sarebbe stato di nuovo con loro...


Ryo entrò nello studio del padre, al piano superiore della villetta in cui era cresciuto. Lo vide seduto al computer, mentre riordinava le foto scattate durante l'ultima spedizione scientifica. Aveva percorso una vasta zona dell'Africa nord orientale, con una equipe che stava preparando un documentario sulla Rift Valley.
Le foto ritraevano alcuni profondi crepacci ricoperti di vegetazione. Alcune cascate erano talmente alte da dare la vertigine, ed il paesaggio variava in maniera brusca da una foto all'altra, pur essendo state scattate a pochi km di distanza. Il samurai si avvicinò alle spalle del padre, e si fermò ad osservare le foto, con una mano sullo schienale della sedia.
“Sono davvero molto belle.”
“Grazie. Per il mio ultimo viaggio ho voluto fare qualcosa di speciale...”
“Ultimo?” Ryo provò subito una leggera inquietudine.
“Ryo, quest'anno compio sessantotto anni, lo sai?”
Il ragazzo sussultò. Sapeva che il padre sarebbe invecchiato, e sapeva che non avrebbe girato il mondo per sempre. Soltanto, non si era reso conto che quel momento fosse arrivato.
“Comincio a sentire troppa fatica durante questi viaggi. Non me li godo più nemmeno come un tempo, ormai è tempo che io smetta.”
“Ma... sarai felice?”
“Beh, non significa che mi chiuderò in questa villetta fino al mio ultimo respiro! Girerò un po' il Giappone, farò qualche foto da queste parti... Quello che voglio dire, Ryo, è che non ti lascerò più solo così a lungo.”
Ryo lo guardò senza sapere cosa dire. Quella conversazione stava prendendo una piega inaspettata.
“Lo so che detto da me sembra sbagliato. Voglio dire... ti ho lasciato solo così tante volte per via del mio lavoro... anche quando eri solo un ragazzino e forse ti ho caricato di una responsabilità così grande. Ma non avevo paura, allora. Sapevo che eri un bambino speciale, ho sempre avuto la sensazione che tu fossi al sicuro, anche senza di me. - Fece una pausa. Forse si aspettava che Ryo dicesse qualcosa, ma il Samurai era troppo confuso per replicare. – Ma ultimamente... beh, negli ultimi anni io speravo... non so, ogni volta che tornavo credevo che sarebbe cambiato qualcosa, ma la verità, Ryo, è che mi sembri sempre più solo. Sempre più diverso da tutti gli altri, da tutto il resto del mondo...”
Ryo si animò. “Papà, io non sono solo. E lo so che sono... beh, diverso. Voglio dire, mi basta guardarmi allo specchio, no?”
E non era solo l'aspetto esteriore, questa innaturale giovinezza fisica che strideva così forte a confronto di tutto il resto che invece invecchiava e scompariva. La differenza maggiore – e questo Ryo lo sapeva, lo leggeva uguale negli occhi dei propri Nakama – era la sua età interiore. Se le Yoroi avevano rallentato, forse fermato, il loro invecchiamento fisico, avevano accelerato quello interiore. Era come se la sua anima dovesse sostenere due corpi: quello fisico e quello dell'armatura. E per farlo, bruciava al doppio della velocità.
“Lo so, mi hai spiegato qualcosa. Non credo di poter capire fino in fondo, però...”
Fu interrotto dal suono del cellulare di Ryo, che lo estrasse dalla tasca posteriore dei jeans, fermandosi un istante ad osservare la scritta che lampeggiava sul display.
“Touma?”
Ascoltò per qualche istante, approfittandone per allontanarsi dal padre e cominciare a scendere le scale. Era il suo modo per dire che la loro conversazione, per quanto lo riguardava, era finita. Amava suo padre, ma quel tipo di discorsi non portavano a nulla, se non al risultato di farlo sentire ancora più stanco e solo.
Dopo qualche minuto si affacciò di nuovo dal pianerottolo delle scale.
“Papà, vado ad Hirakata per qualche giorno. Parto subito, ci vediamo quando torno!”
“Una fuga in grande stile, eh? - Mormorò il padre, più che altro a sé stesso. Poi, alzando la voce per farsi sentire – Non credere di sfuggirmi, Ryo! Quando torni parliamo, ok?”
“D'accordo...” Era già sulla soglia, ma si pentì. Torno su, abbracciò velocemente il padre e uscì di casa.
C'era sicuramente un treno che lo avrebbe portato a destinazione prima di sera.
Se non c'erano ritardi, quella sera avrebbero cenato tutti assieme. Touma aveva l'abitudine di avvertire ognuno di loro in modo che avessero modo di arrivare più o meno nello stesso momento, e visto che lui era quello che poteva partire con meno preavviso degli altri, di certo era l'ultimo che si era preoccupato di chiamare.

 

Shin si sistemò meglio sul sedile, dopo aver riposto il bento nel borsone. Aveva pranzato, aveva controllato che sul cellulare non ci fossero messaggi, e si era alzato per fare quattro passi lungo la carrozza del treno, che per fortuna era quasi vuota. Lo aspettavano almeno altre tre ore di viaggio, ed era impaziente di arrivare. Ricontrollò per l'ennesima volta il biglietto del treno, poi si fermò a guardare il pacchettino blu e verde che conteneva il regalo per Touma. Ovviamente si trattava di un libro. Tutti loro, tutti gli anni, regalavano a Touma per il compleanno un libro. Era un po' uno scherzo ed un po' una sorta di tradizione tutta loro, e aveva l'innegabile vantaggio che era quasi impossibile che il destinatario non apprezzasse il regalo. Quando si trattava di letture, il Samurai del Cielo era praticamente onnivoro, purchè fosse un testo con un minimo di qualità di scrittura e non trattasse di cucina.
Oltre al libro, (questa volta Shin aveva scelto un testo sull'influenza della cultura giapponese nelle arti pittoriche europee di inizio Novecento), c'erano anche quattro segnalibri di carta ripiegata, uno per ogni libro che Touma avrebbe ricevuto quel giorno. Li aveva comprati da una signora anziana che viveva nella sua stessa via, e integrava la magra pensione vendendo oggettini in carta o stoffa fatti da lei. Aveva ricevuto una educazione tradizionale, le classiche arti femminili giapponesi, e componeva anche Ikebana talmente poetici ed eleganti che Shin ne comprava uno per la madre ed uno per la sorella ad ogni compleanno. In realtà comprava da lei ogni volta che ne aveva l'occasione, perchè sapeva che senza quelle piccole entrate e quelle piccole soddisfazioni, quella signora dall'età indecifrabile e dal sorriso gentile avrebbe avuto ben poco di cui vivere.
Ogni volta che Shin andava a scegliere qualcosa da lei, entrambi iniziavano un balletto delle parti un po' ridicolo, tutto volto a fingere che si trattasse di una visita di cortesia.
Il samurai aveva intuito fin da subito che la signora era un po' umiliata dall'essere costretta a vendere le sue piccole creazioni, e così si affacciava per un saluto. Lei lo invitava a prendere il tè, e mentre lei preparava, lui si guardava intorno, chiedendo notizie su cosa avesse creato di nuovo in quei giorni. Quando individuava quello che avrebbe fatto al caso suo, cominciava a decantarne le lodi, e chiedeva se poteva averlo, insistendo per poterle ripagare almeno il materiale. Visto che lei affermava ogni volta di non ricordare quanto aveva speso, Shin faceva un calcolo su quanto potesse costare la carta o la stoffa, triplicava la cifra e per sicurezza aggiungeva un altro 20%. Le lasciava i soldi sul mobile, senza dir niente, e poi si godeva il tè e la conversazione.
Lei gli raccontava del suo passato, e si interessava sempre a lui, ma con molta discrezione. All'inizio Shin aveva raccontato della madre, della sorella e dei nipoti. Del lavoro nel laboratorio di famiglia e di quello alla riserva marina.
Poi un giorno, quasi senza accorgersene, aveva cominciato a parlarle delle armature. Delle battaglie, dei suoi Nakama. Nemmeno alla sua famiglia aveva mai spiegato davvero come stavano le cose, ma quella volta non era riuscito a fermarsi.
L'acqua è così: una volta aperta una fessura, non vi è più modo di controllarla.
Appena Shin si era reso conto di cosa aveva fatto, si era bloccato, una mano sulla bocca e la convinzione di aver appena commesso un errore immane.
La vecchia signora lo aveva guardato con gli occhi lucidi, come se stesse pensando: povero ragazzo, sembrava così gentile e invece è un po' tocco...
E invece gli aveva preso la mano e aveva detto soltanto: “Grazie, sapevo che sei una persona che fa cose speciali, e sono contenta di averti conosciuto. - Poi era diventata più allegra, quasi maliziosa – Prima che io muoia, un giorno mi mostrerai la tua armatura?”
Lui l'aveva abbracciata, facendola arrossire, e le aveva promesso di sì.
Ripose il pacchettino nella borsa, cercando di capire quanta strada mancasse ancora. Sospirò. Doveva essere paziente, tra poco avrebbe abbracciato tutti i suoi Nakama, ancora una volta.

 

 

 

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Capitolo 3
*** Il dolore della luce ***


Touma spense l'aspirapolvere, osservando soddisfatto il pavimento di legno della camera degli ospiti. Quando aveva cominciato a cercare un appartamento, aveva stabilito due caratteristiche irrinunciabili: che fosse in alto, meglio se con un bel terrazzo, e che avesse una camera da letto in più. Per ospitare sua madre, quando tornava dall'America, ma soprattutto per poter invitare i suoi Nakama ogni volta che avesse voluto.
Nell'appartamento che aveva scelto c'erano due camere da letto. Aveva tenuto per sé la più piccola delle due – in fondo a lui bastavano un letto, una scrivania ed un armadio – e aveva lasciato l'altra per gli ospiti: era abbastanza grande da ospitare cinque futon affiancati, ed era esattamente quello di cui aveva bisogno.
Sul lato corto della stanza aveva posizionato un armadio, che aveva lasciato quasi completamente vuoto.
Quando si ritrovavano tutti insieme a casa dell'uno o dell'altro, dormivano tutti accatastati da qualche parte. Touma non usava certo il proprio letto, quando i suoi Nakama erano a casa sua: il grosso delle chiacchiere, delle risate e degli scherzi avvenivano di sera, quando si infilavano tutti sotto le coperte, e lui non voleva perderseli.
Il copione delle loro serate casalinghe era pressochè sempre lo stesso: una lunga, lunghissima cena infarcita di reciproci resoconti, e poi tutti a letto, continuando a parlare e fare i cretini fino a che non crollavano tutti addormentati. Quelle serate sembravano una sorta di Pigiama Party colossale, in cui ognuno si infilava in un futon a caso, per migrare poi da un posto all'altro, a seconda di dove li portava la conversazione, o il cibo, o di chi raccontava cosa, per ammassarsi tutti da un lato, disperdersi, fregarsi il posto a vicenda quando l'altro si alzava per andare a prendere un po' d'acqua o per andare in bagno... era uno dei pochi momenti in cui riuscivano ancora ad essere i ragazzini spensierati che erano stati, e Touma sapeva quanto ognuno di loro ne avesse bisogno, di tanto in tanto.
Tornò in cucina ed esaminò con aria critica il contenuto del frigorifero: aveva cercato di comprare quello che piaceva ad ognuno di loro, anche se ogni volta aveva sempre la sensazione di aver dimenticato qualcosa.
In ogni caso, frigo e dispensa erano strapieni, qualcosa di buono lo avrebbero mangiato sicuramente.
Dalla scrivania della sua camera cominciò a suonare il cellulare.
“Ciao Touma!”
“Shin! A che punto sei?”
La voce dell'amico gli arrivava un po' coperta dal rumore del treno.
“Tra una mezz'ora dovrei essere in stazione. Prima ho sentito Ryo, arriva dieci minuti prima di me e mi aspetta lì, così facciamo insieme la strada fino a casa tua.”
“Ottimo, vi aspetto! Shu dovrebbe essere già arrivato, ma ancora non si è visto...”
“Mi ha chiamato un'oretta fa, il suo treno aveva un po' di ritardo... se arriva in tempo, aspettiamo anche lui e veniamo tutti insieme.”
“Ok! A dopo, allora!”
Chiuse la comunicazione, e fece un rapido conto su quando sarebbe arrivato Seiji.
Visto che continuava a rifiutarsi categoricamente di usare un telefono cellulare, tutto quello che Touma poteva fare era aspettare che arrivasse. Sollevò gli occhi al cielo, ridacchiando: Seiji Date, l'unico giapponese al di sotto dei novant'anni a non possedere un cellulare nel 2012!
In quell'istante il campanello suonò, e dopo pochi minuti Touma si trovò faccia a faccia proprio con il nakama a cui stava pensando.
Seiji indossava una giacca nera su una camicia altrettanto scura, che contrastava con il biondo insolito dei suoi capelli.
Ormai da diversi anni li portava un po' più corti: il ciuffo era più leggero e irregolare, e finalmente entrambi gli occhi erano liberi e ben visibili. Quando era sovrapensiero, o teso, finiva col piegare la testa in modo che i capelli ricadessero di nuovo a nascondergli l'occhio destro, e Touma era convinto che si trattasse di un gesto inconscio, fatto forse per difesa.
“Benarrivato!” Esclamò sfilandogli di mano la valigia.
“Grazie.” Ansimava leggermente, probabilmente per i sette piani di scale, e Touma ebbe l'impressione che avesse evitato il suo sguardo.
“Lo sai che questo palazzo ha l'ascensore?”Llo provocò.
“Volevo sgranchirmi le gambe, dopo tutte quelle ore di treno.” Riposta neutra, pronunciata con voce atona.
Nella testa di Touma cominciò a trillare un campanello di allarme.
Seiji lo superò senza aggiungere altro, entrò nella stanza degli ospiti e cominciò a svuotare la valigia e sistemare nell'armadio le cose che si era portato. L'altro si poggiò allo stipite della porta, ad osservarlo.
Anche se Seiji gli dava la schiena, poteva chiaramente vedere nella sua posa i segni che con il tempo aveva imparato a riconoscere. Le spalle tese, il collo rigido, i movimenti piccoli e troppo misurati con cui faceva ogni cosa...
Touma si avvicinò lentamente alle sue spalle. Posò la mano sinistra sulla sua, per farlo fermare, e con il braccio destro lo avvolse, poco sopra all'ombelico.
Seiji fece esattamente quello che Touma si era aspettato: si rilassò istantaneamente contro di lui, lasciando persino cadere la testa contro la sua spalla. Era come se il suo corpo avesse tenuto duro fino a quel momento, imprigionato nella ferrea volontà della sua mente, aspettando solo il momento di tradirlo ed abbandonarsi in quel modo.
Touma aspettò. Sapeva che appena avesse aperto bocca, Seiji si sarebbe staccato da lui, riprendendo il controllo. E invece voleva che godesse ancora di quel calore per qualche istante. Sentì un sospiro mezzo soffocato, e non riuscì più a trattenersi.
“Non impari proprio mai, vero?”
Come previsto, Seiji si irrigidì all'istante.
“Cos'è che non imparo?”
“A lasciarti toccare. Anche dagli altri, intendo.”
“Non capisco cosa vuoi dire. – Il tono si era fatto subito pericoloso – io non faccio proprio niente che...”
Touma lo interruppe.
“Sai benissimo di cosa parlo. Ti lasci toccare solo da noi quattro. Lo vedo da come reagisci quando ti sfioriamo, e l'ho osservato quando siamo venuti a casa tua. - Ora Seiji si era staccato completamente e si era girato a guardarlo negli occhi. Il suo sguardo prometteva tempesta. - Lo so che con il tempo stiamo diventando tutti più chiusi e rigidi, ma tu stai costruendo un muro attorno a te, e io sono preoccupato.”
Era da un po' che lo teneva d'occhio, ed era certo che anche gli altri se ne fossero accorti. Seiji era sempre stato quello che tra loro aveva più difficoltà a lasciarsi andare. Sembrava non potesse rinunciare a pretendere da sè stesso sempre e soltanto la perfezione. Touma si era ripromesso da tempo di parlargli, e sembrava che fosse arrivata la giusta occasione.
Per un istante sembrò che Seiji sarebbe esploso, ma poi si limitò a girarsi di nuovo verso l'armadio, senza nemmeno rispondere. Touma strinse le labbra: a quanto pare il suo nakama era ancor meno disposto del solito a dargli ascolto. Occorreva rincarare la dose.
“Non sfuggirmi, Seiji. Sai di cosa parlo e sai anche perché lo faccio.”
Si fermò un attimo a cercare le parole giuste per abbattere le sue difese sempre più spesse, ma si trovò invece sbalzato a terra da un movimento così rapido e violento che non era nemmeno riuscito a vederlo. Ora Seiji era steso sopra di lui, tenendolo fermo a terra con tutto il proprio peso, quegli occhi terribili che sembrava volessero ucciderlo. Touma cercò di divincolarsi, senza successo.
Non era la prima volta che si intestardiva a provocarlo in quel modo: in un certo senso era abituato a tormentarlo. Ogni volta che si ritrovavano tutti insieme, in un modo o nell'altro trovava il modo di dargli sui nervi. In genere finiva che Seiji gli rispondeva male, a volte gli aveva anche urlato contro.
Touma lo faceva ogni volta, spesso intenzionalmente. Più vedeva il suo Nakama soffocare sotto il peso di quella condotta che si era imposto, più sentiva l'impulso di farlo arrabbiare. Aveva bisogno di controllare che sotto a tutta quella rigidezza, Seiji ci fosse ancora, che non si fosse spento del tutto.
Stavolta però era diverso: Seiji non era mai, davvero mai arrivato alle mani. Touma ebbe quasi paura. Non che lui potesse fargli del male. Paura di quanto il suo cuore potesse essere ormai danneggiato.
Cercò di nuovo di sollevarsi, ma fu sospinto ancora a terra con tanta forza che battè la testa. Per un attimo la vista gli si annebbiò, dalla nuca era partita una fitta di dolore.
Quando si riprese, vide qualcosa che lo fece raggelare. Seiji era immobile sopra di lui. E stava piangendo.
Touma pensò che il mondo si fosse appena rovesciato. Seiji che piangeva era ancora più spaventoso e destabilizzante di Seiji che lo aggrediva. Fece l'unica cosa che gli sembrò sensata. Lo circondò con le braccia e lo tirò giù, cercando di abbracciarlo più forte che poteva.
Seiji piangeva così silenziosamente che Touma poteva avvertire solo i singhiozzi muti che di tanto in tanto lo scuotevano.
“Che cosa è successo, puoi dirmelo? Perchè stai così male?”
Seiji ci mise così tanto a rispondere, che Tenku stava per chiedere di nuovo, ma poi nascose ancora di più il viso contro il suo petto e sussurrò: “Mio nonno. E' morto.”
“E'... morto? - Possibile? - Quando? Quando è successo, Seiji?”
“Venti giorni fa.” Touma cercò di guardarlo negli occhi, ma lui si ritrasse.
“E come è possibile che noi... che nessuno di noi se ne sia accorto?!” Il legame era rimasto muto, e per Touma era incomprensibile.
Seiji si rifiutò di rispondere. L'altro lo sollevò, stavolta senza incontrare resistenza.
“Guardami negli occhi. Guardami e spiegami perché non lo abbiamo percepito!”
Ancora silenzio. Touma cominciò a fare due più due, e sentì la rabbia che rapidamente cresceva: Seiji era l'unico tra loro a possedere un tale autocontrollo da poter filtrare e reprimere le proprie emozioni. Era arrivato al punto di poter eludere il loro legame e tenere per sè ciò che stava passando?
“Tu! Ti sei isolato e non ci hai lasciato entrare in contatto con il tuo cuore! - Man mano che Touma parlava il suo tono di voce si alzava. – Non hai voluto che lo sapessimo, perché!?”
In quel momento suonò il campanello, e Touma si trattenne dall'imprecare. Si alzò, aprì porta e portone e tornò in camera, senza nemmeno verificare chi fosse. Come prevedibile, Seiji stava già cercando di ricomporsi, segno che non lo avrebbe lasciato entrare più di così.
 

 

Shin, Shu e Ryo si guardarono negli occhi, perplessi. Touma non aveva risposto al citofono, ed ora non li aveva nemmeno accolti sulla porta. La sala era buia e vuota, e dalla porta della camera degli ospiti filtrava una lama di luce.
“Ehm... Touma?”
“Siamo qua – Urlò dalla camera – e Seiji sta piangendo!”
I tre rimasero impietriti. Non riuscivano a decidere se era più sconvolgente quello che Touma aveva appena detto – Seiji stava piangendo? Possibile? - o il tono con cui l'aveva urlato, come se li stesse informando su cosa ci sarebbe stato per cena .
Dal canto suo, a quell'urlo Seiji era sobbalzato, trafiggendolo con uno sguardo tra l'indignato e il terrorizzato.
“Perché mai hai detto una cosa simile!?”
“Perché altrimenti tu farai finta di niente con loro, e non ho nessuna intenzione di lasciartelo fare!”
Tre volti piuttosto perplessi si affacciarono nella stanza. Seiji era inginocchiato per terra. Non stava piangendo, ma aveva gli occhi rossi e gonfi, e teneva le braccia tese in avanti, i pugni sulle ginocchia. Touma era seduto a terra accanto a lui, con l'aria di chi si sta trattenendo a stento.
“Per la miseria, – Borbottò Shu, grattandosi la nuca. – se non vi vedessi con i miei occhi, non ci crederei!”
“Oh, piantala, Shu!!” - Lo sgridò Shin, avvicinandosi a Seiji, e circondandogli le spalle con un braccio – Cosa sta succedendo? Come ti senti?”
Ryo gli si inginocchiò di fronte, improvvisamente preoccupato.
“Avanti Seiji, – Sbuffò Touma – dillo anche a loro.”
“Non è niente di così grave. Mi dispiace di avervi fatto preoccupare. E, Touma, sono mortificato per come mi sono comportato. Ho perso il controllo, e...”
Touma sbuffò, al limite della pazienza.
“Quindi?” Lo incalzo Ryo.
“Io...” Seiji si sentiva come un animale braccato, e non capiva il perché. Non c'era motivo di nascondere una cosa del genere ai suoi nakama, e non gli piaceva farlo: quella mattina era partito per Hirakata pieno di speranza, convinto che insieme a loro sarebbe riuscito a sciogliere il gelo che lo attanagliava da giorni e giorni. Ma arrivato a destinazione aveva sentito il cuore ancora più pesante, e non era riuscito a fare nient'altro che chiudersi in sé stesso ancora di più. Cercò di rilassarsi, prese un respiro e buttò fuori tutto d'un fiato:
“Venti... venti giorni fa è venuto a mancare mio nonno. Era una persona molto anziana, ormai, e sapevamo da tempo che era malato, quindi... davvero, non è nulla di cui dobbiate preoccuparvi. Io credo... di essere un po' sotto pressione, tutto qui.”
Si sollevò un coro di domande ed esclamazioni. Quando tornò il silenzio, Touma prese la parola.
“Prima che me lo chiediate, l'ho scoperto anch'io poco fa. A quanto pare il vostro amico ha trovato un modo per tagliarci fuori.”
Shin sospirò: non amava molto quel tono, ma si trattenne dal riprendere Touma. Ormai aveva capito che a volte era l'unico modo per ottenere qualcosa da Seiji, soprattutto negli ultimi anni.
“Io non vi ho tagliato fuori. - Seiji sembrava stranamente disorientato. - Io... non so cosa sia successo. Credo semplicemente di non aver ancora... ”
Non riuscì a finire. A dire il vero, non sapeva davvero come spiegarsi.
Shu sorrise, posandogli una mano sul polso. “Per essere la luce, a volte sei davvero poco illuminato!”
“In che senso?!” Seiji si chiese quando i suoi nakama avessero preso a prendersi tutte quelle libertà.
“Oh, Seiji... - Shin gli prese l'altra mano. - Cosa c'è di strano a soffrire per una cosa del genere?”
Ryo lo fissò negli occhi: “Non ti rendi conto di quanto siano irragionevoli le pretese che hai verso te stesso?”
Touma si alzò, uscendo dalla stanza.
“Dove vai?”
“A preparare la cena, no? Spiegateglielo voi, io ho già fatto la mia parte.”
Si chiuse la porta alle spalle, sorridendo. Rimase un attimo ad ascoltare i suoi Nakama che spiegavano a Seiji cose che in realtà sapeva già. Cose come “Sappiamo tutti quanto tuo nonno sia stato importante per te”, “Non puoi pretendere di affrontare ogni cosa come una battaglia” e “Lasciarci fuori non ti aiuterà”.
In questo erano sicuramente più bravi di lui. Per come la vedeva, la cosa in cui poteva dare il meglio di sè era scuotere di tanto in tanto quello zuccone, per essere sicuro che non finisse col soffocare sé stesso.
E di certo più tardi non si sarebbe fatta sfuggire l'occasione di farlo sentire in colpa per averlo sbattuto a terra come un sacco. Poteva fingere di avere ancora male alla nuca. Tanto Seiji, al contrario degli altri, si sarebbe accorto nel giro di poco che stava bluffando...

 

 

Seiji sospirò impercettibilmente, nell'oscurità della stanza. Avevano cenato, e Shu e Ryo si erano dati da fare perchè fosse una cena allegra e rumorosa. Avevano chiacchierato a lungo, ma senza tornare più sull'argomento, poi erano crollati sotto le coperte. Poco prima di addormentarsi, Shin aveva afferrato la sua mano e se l'era portata al cuore. Ora dormiva praticamente sopra al suo braccio, mentre Touma lo aveva abbracciato alle spalle, probabilmente in un gesto istintivo fatto nel dormiveglia. La mano gli si stava informicolendo, e Touma gli stava sostanzialmente russando dentro un orecchio, ma non gli importava. Per la prima volta dopo mesi, sentiva il cuore farsi leggero. E caldo. Si abbandonò alla sensazione, grato di non essere solo. I suoi Nakama lo avevano salvato da sé stesso, ancora una volta...

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Capitolo 4
*** Nel vuoto ***


L'aria era calda, e soffocante. L'unico rumore era una sorta di rombo sordo, in lontananza, e c'era una strana polvere grigiastra che aleggiava ovunque, come nebbia solida. Ryo era in piedi, in mezzo a tutto quel niente grigio, senza sapere come ci fosse arrivato.
Si era addormentato con i suoi Nakama, a casa di Touma, e si era risvegliato lì. Forse stava sognando. Eppure tutte le sensazioni che il corpo gli restituiva, tutte le domande troppo lucide che si stava facendo, gli facevano pensare a qualcosa di molto reale. Mosse qualche passo, e i suoi piedi sollevarono nuvole di polvere. Sembrava quasi cenere.
Il rumore dei suoi passi rimbombava, come se si trovasse in un luogo dal soffitto molto alto. Un capannone, o forse un hangar... all'improvviso esplose un coro di sibili acuti, da tutte le direzioni, e Ryo cadde in ginocchio, le mani sulle orecchie. Una terribile angoscia lo avvolse, soffocando ogni pensiero, senza che riuscisse a capire il perchè.

- o -

Touma depose il coltello sul tagliere, con la netta sensazione di essere osservato. Shin era in bagno e stava facendo la doccia. Shu sonnecchiava sul divano, davanti ai notiziari del mattino, e Ryo non si era ancora alzato.
Seiji era in piedi alle sue spalle, immobile.
“Cosa c'è di così interessante nel sottoscritto che prepara la colazione?”
“Scusami. Volevo solo... chiederti scusa. Per averti colpito, ieri sera.”
Touma riprese in mano il coltello, senza alzare gli occhi dal proprio lavoro.
“Ne abbiamo già parlato ieri, non mi hai fatto niente.”
“Non è vero. Ti ho aggredito, senza motivo. Mi sono comportato in maniera inaccettabile, e intendo scusarmi.”
“Seiji, io non sono arrabbiato. E non dovresti esserlo nemmeno tu. Con te stesso, intendo. - sollevò lo sguardo, fissando negli occhi il compagno - Se tu imparassi a perdonarti, non ci troveremmo nemmeno in queste situazioni...”
Seiji non rispose: era evidente che non era d'accordo. Touma sbuffò.
“Ascoltami. E' da quando ci conosciamo che ti tormento. Ti ho punzecchiato e provocato in tutti i modi possibili, e tu mi hai sopportato stoicamente. Chiunque altro mi avrebbe chiuso la bocca a forza di calci nel culo vent'anni fa, e tu ti stai scusando per essere esploso soltanto adesso?”
“Beh, la maggior parte delle volte non sei così terribile.”
“No?”
“No. A dire il vero, tu... - arrossì leggermente, abbassando lo sguardo – tu sei esattamente quello di cui ho bisogno. Tutti voi lo siete.”
Touma sorrise con calore. Strinse il suo braccio, appena sopra al gomito, e lo fece avvicinare un po'.
“Tutto ciò che mi interessa, è che tu stia bene. Che tutti voi stiate bene. Se serve a farti stare meglio, puoi sbattermi a terra tutte le volte che vuoi.”
Lo sguardo di Seiji si fece improvvisamente acceso da un qualcosa di indecifrabile. Si avvicinò di un altro passo, e Touma noto come riuscisse ad apparire minaccioso anche se stava chiaramente scherzando. “Touma, non mi tentare. - Il tono era serio, ma gli occhi ridevano. - Come hai appena detto, hai parecchi anni di insolenza che devi ancora scontare.” “Davvero? Credo di essere in grado di dfendermi, sai?" Incorciò le braccia al petto, cercando di apparire altrettanto intimidatorio, ma Seiji ebbe il coraggio di scoppiargli a ridere in faccia.
E Touma non potè trattenersi: afferrò lo strofinaccio appeso accanto al lavandino, lo arrotolò e lo usò per sganciare una sonora frustata sulla sua coscia. “Ahi! Marmocchio impertinente!”
Prima di poter rispondere in qualsiasi modo, Touma si ritrovò di nuovo a terra, come la sera prima. Ma stavolta era deciso a combattere, e finì che cominciarono a rotolarsi sul pavimento, spingendosi l'un l'altro e cercando di colpirsi, senza troppa convinzione.
“Razza di... bastardo! …devi sempre avere... aaah... avere l'ultima parola, eh?!”
“Certo! - anche Seiji era a corto di fiato – soprattutto... quando sei una...preda così...ouff...facile!”
Shin uscì in quel momento dal bagno, strofinandosi i capelli con un asciugamano. Vide i suoi Nakama a terra, avvinghiati, che cercavano di colpirsi.
“Ma cosa state facendo, fermi! - si gettò tra loro – siete impazziti!?”
I due litiganti si fermarono, Touma a terra, con il bavero del maglione di Seiji stretto nel pugno, e l'altro sopra di lui, con una mano alzata pronta a colpire.
Videro la preoccupazione evidente sul volto di Shin: di certo la sera prima aveva intuito che avevano discusso, ed ora pensava fossero passati ai fatti.
Touma cercò di trattenersi, ma fallì miseramente: scoppiò a ridere come un matto, seguito a ruota da Seiji. Risero così a lungo che Shu emerse dal letargo, affacciandosi dallo schienale del divano, e Shin cominciò a pensare che fossero definitivamente impazziti.
“Scusa... - bofonchiò Seiji, cominciando a ricomporsi ma senza smettere di sorridere – scusaci, Shin. Non volevamo spaventarti. Stavamo solo giocando, mi spiace...”
“Giocando?”
“Sì... - Touma si rimise in piedi, sistemando la camicia dentro ai pantaloni e ridacchiando – facevamo.. beh, a botte. Come i bambini. E comunque è colpa di questo... Sbruffone! Si diverte alle mie spalle.”
Shin non sapeva se sentirsi sollevato o arrabbiato.
“Voi due! Dovreste cominciare a prepararvi per la crisi di mezza età, invece di farmi preoccupare inutilmente facendo i bambini!”
Seiji fece spallucce, con l'eleganza di un felino che si stiracchia. “Non posso farci nulla se questo imbranato mi ispira in questo senso.” Poi andò ad sedersi accanto a Shu, come se niente fosse.
Shin guardò Touma sorridendo, lo sguardo caldo che significava “Sta meglio, vero?”
Touma si limitò ad annuire, soddisfatto.
“Va bene, farò finta di non aver assistito a questa scena penosa – disse Shin a voce volutamente alta – vado a svegliare Ryo.”
“Strano che dorma ancora, – Osservò Touma – di solito a quest'ora è già talmente irrequieto che ci ha già trascinati tutti fuori di casa!”
In quel momento si sentì un grido dalla camera degli ospiti, la voce di Shin che chiamava Ryo.

- o -

I sibili strazianti erano cessati. Ryo non sapeva dire quanto fossero durati, ma la testa gli scoppiava e cominciava a sentirsi come se tutta quella polvere grigia gli stesse entrando nei polmoni e cercasse di soffocarlo. Si passò una mano sulla fronte sudata, e si accorse di essersi sporcato il viso con la cenere che aveva sulle dita. I contorni del luogo in cui si trovava cominciavano a sembrare ancora più indefiniti, ed una serie di pensieri angoscianti, che non gli appartenevano, cominciarono a vorticargli in testa.
Non so dove sono.
Sono solo.
Non uscirò mai più da qui.

Scosse la testa. Si era trovato in situazioni ben peggiori, e non era andato nel panico in quel modo. C'era qualcosa in quel luogo che gli impediva di essere lucido. Cercò di richiamare l'armatura, ma non ebbe nessuna risposta, come se gli fosse stata strappata. Se l'aveva ancora in sé, c'era qualcosa che la rendeva muta.
Rimase così, immobile, per un tempo indefinito.
Poi qualcosa di caldo cominciò a muoversi nel suo petto, una specie di richiamo. Lo sentiva come se provenisse da dietro ad un muro, ma riusciva a dargli il senso di una direzione da seguire.
Gli sembrava di sentire delle voci, voci gentili e preoccupate, che lo chiamavano. Erano i suoi Nakama, ne era certo. Cominciò a correre verso quelle voci, cercando di ignorare tutto il resto. Una voragine nera priva di contorni gli venne incontro, e Ryo precipitò senza fare rumore.

- o -

Aprì gli occhi. Era steso su un pavimento di legno, e c'era qualcosa davanti a lui. Cercò di mettere a fuoco la vista, e sospirò di sollievo. Seiji era chino su di lui, una mano sospesa sopra al suo petto. Dietro vedeva Touma, Shu e Shin, che lo studiavano preoccupati.
“Sei qui!” fu sollevato a sedere con cautela. “Come ti senti?”
“Io... non so. Stordito, credo. Cosa è successo?”
“Non riuscivamo a svegliarti. Ti contorcevi. All'inizio credevamo stessi sognando, ma non riuscivamo in nessun modo a farti svegliare.”
“Vi ho sentito, però. Ho seguito il vostro richiamo.”
“E' stato Seiji. Ha canalizzato le nostre voci dentro di te.”
Ryo si tirò in piedi, ancora un po' barcollante.
“Grazie. Non dovete preoccuparvi, sto bene. Probabilmente è stato solo uno strano incubo.”
Touma strinse le labbra, mentre Ryo si infilava in bagno.
“Un incubo? Io non credo...”
Di incubi ne avevano avuti tanti, ognuno di loro. In certi periodi era peggio di altri, a volte invece scomparivano per mesi. Ma succedeva sempre e rigorosamente quando erano soli. In tutti quegli anni, non era mai capitato loro di fare brutti sogni quando erano tutti insieme.
“Già. - Confermò Seiji, serio – Quando ho cercato di raggiungerlo, ho sentito qualcosa tra noi e lui. Come un muro, o un sigillo.”
Shin strinse impercettibilmente le spalle. Era di nuovo tempo di guerra, lo sentiva già. Quella storia non sarebbe mai finita, e ogni volta era sempre più difficile da accettare. Shu gli posò una mano al centro della schiena, senza dire nulla.

- o -

Un'ora dopo erano tutti seduti nella terrazza. Avevano fatto colazione in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, ed ora aspettavano. Sapevano che, qualunque fosse stato il problema, si sarebbe fatto vivo senza bisogno che loro andassero a cercarlo.
Ryo era seduto a terra, pensieroso. Shin e Seiji erano seduti al piccolo tavolo rotondo al centro della terrazza, e Shu era steso sul lettino da giardino in un angolo del terrazzo. Alzò lo sguardo per la terza volta verso Touma, seduto sul parapetto di cemento, una gamba posata a terra, l'altra pericolosamente piegata contro la pancia. Continuava a fissare il cielo nuvoloso, come se nascondesse qualcosa di strano.
“Non potresti venir giù da lì, per favore? Mi metti ansia.”
“Shu, lo sai che ho un ottimo equilibrio. - Il tono petulante del suo nakama l'aveva punto sul vivo e quando era teso Touma sapeva essere parecchio suscettibile. - Non tutti soffrono di vertigini come te.”
“Io non soffro affatto di vertigini. - Si difese. – Semplicemente preferisco le cose ben piantate a terra.”
Stava mentendo, e lo sapeva. In realtà le vertigini erano diventate un problema per lui, al punto di riempire i suoi incubi di precipizi infiniti e cadute nel vuoto. Era iniziato tutto quel giorno di moltissimi anni prima, quando si era lasciato cadere da quel palazzo.* Non era stato vedere la morte avvicinarsi metro dopo metro: quella l'aveva guardata in faccia così tante volte, prima e dopo di allora...
No, la vertigine per lui aveva assunto un nuovo significato. Era la consapevolezza di quanto potesse essere violento, folle e assoluto il suo cuore. Di cosa poteva portarlo a compiere, di quanto fosse indissolubilmente legato ad altri quattro cuori, al punto da perdere completamente ogni guida e controllo. Quel giorno aveva capito che anni prima aveva preso la propria felicità, la propria sicurezza, e le aveva messe nelle mani dei propri Nakama.
Da quel volo nel vuoto, da quel giorno in cui aveva vestito di nuovo l'armatura del Diamante, ogni volta che Shu si affacciava da una altezza, che fosse un terrazzo, una montagna o un burrone, provava di nuovo fortissima la sensazione di poter perdere sé stesso in qualsiasi momento, e di non avere mezzi per opporvisi. Sospirò, e si girò su un fianco, troncando la conversazione.
All'improvviso si alzò un vento molto forte e polveroso. Faceva turbinare le foglie degli alberi fino a quella altezza, come se nascesse da terra invece che dal cielo. Graffiava la pelle, sembrava che trasportasse sabbia rovente, e proveniva da ogni direzione.
Prima di poter fare qualsiasi cosa, furono tutti percorsi da una sorta di scarica, una nube densa e crepitante che li avvolse uno per uno, facendoli contorcere a terra. Ryo annaspò, tutte le sensazioni che gli arrivavano erano distorte e amplificate. Era come vedere doppio, ed ogni suono, anche le grida dei suoi compagni, era carico di echi sovrapposti. Non riusciva ad orientarsi, e nemmeno a percepire la presenza della Yoroi dentro di sé. Cercò di aprire gli occhi, e ciò che vide davanti a sé fu Touma, piegato su sé stesso, sul bordo di quel maledetto parapetto. Vide i suoi occhi serrati, i denti digrignati dietro le labbra ridotte a due linee sottili e pallide, la sua schiena tesa in una posa innaturale. Cercò di muoversi verso di lui, ma era troppo lontano. Non sapeva nemmeno se si stava davvero muovendo, quando lo vide perdere definitivamente l'equilibrio e cadere giù, nel vuoto.

- o -

Touma sapeva che stava cadendo. Sentiva l'aria gelida sulla faccia, e riconobbe per la prima volta in vita sua la sensazione angosciosa della vertigine. Cercò di richiamare l'armatura, o almeno la facoltà di volare che essa gli forniva. Per due volte riuscì a ricreare la sfera di energia attorno a sé, e per due volte la perse. Il suo corpo compì una strana traiettoria. Rallentò, come se rimbalzasse nel vuoto e poi ricominciò a correre verso il basso. Si fermò di nuovo per pochi istanti, per poi compiere gli ultimi cinque o sei metri in caduta libera.
Nell'esatto istante in cui toccò terra, il vento si fermò.
Seiji fu il primo a riaversi. Si guardò attorno e vide Shin e Shu che cercavano di rialzarsi. Vide Ryo aggrappato al parapetto, che cercava di guardare giù. E vide che Touma non c'era. Sentì una ondata di panico partirgli dalla nuca e scaricarsi giù per la schiena, e si gettò accanto a Ryo.
Per un istante non ebbe il coraggio di affacciarsi dal terrazzo, ma fu solo un istante.
Poi lo vide. Touma era immobile sull'asfalto del giardino, steso su un fianco. Accanto ad un ginocchio e sotto al viso si stavano lentamente allargando due chiazze rosso scuro.
Prima di rendersene conto, stavano tutti correndo giù per le scale, i passi sui gradini fatti quattro a quattro che facevano eco al rimbombo del sangue nelle orecchie.
Seiji sbucò per primo fuori dalla porta che dava sul retro, la luce obliqua di ottobre gli ferì gli occhi mentre cercava di capire dove andare.
“Fa che sia ancora vivo, ti prego. Fa che sia ancora vivo. Lascia che io possa curarlo ancora una volta...”



* Nell'OAV "Message", Touma e Shin sono scomparsi,e gli altri Samurai non sanno cosa fare e dove cercare. Shu non riesce ad accettare di aspettare senza risposte e senza agire, così decide di scoprire a modo proprio se dietro alle sparizioni ci sia il mondo degli spiriti e delle armature. Totalmente privo di protezione, non avendo più una armatura, si lascia cadere da un palazzo altissimo, per vedere se qualcosa o qualcuno interverrà per salvarlo. Quando la sua caduta viene fermata a meno di un metro da terra da una forza invisibile, ha la conferma ai propri sospetti.

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Capitolo 5
*** Ombre ***


Svoltarono l'angolo della casa, e finalmente trovarono il cortiletto piastrellato che si vedeva dal terrazzo. Touma era immobile al centro, gli abiti strappati in più punti, il sangue che cominciava a intridere la stoffa dei jeans e della camicia. Si chinarono attorno a lui, stando ben attenti a non toccarlo. Nonostante il pallore spettrale e le labbra scure, era ancora vivo. Emetteva leggeri suoni soffocati, come rantoli. Si stavano formando diversi ematomi, attraversati da graffi più o meno profondi. Appena sotto il ginocchio sinistro l'osso si era spezzato, lacerando la pelle.
Seiji cercò di recuperare la freddezza, doveva capire come stava e doveva intervenire prima possibile.
Quando aveva scoperto di possedere poteri curativi, anni prima, aveva cominciato ad agire guidato dall'istinto, canalizzando fuori di sé l'energia positiva che gli veniva dalla luce e dal proprio cuore.
Per ferite semplici o visibili dall'esterno era più che sufficiente, ma col tempo aveva capito che in condizioni più gravi aveva bisogno di un metodo, una sorta di immagine in cui tradurre ciò che percepiva.
Chiuse gli occhi, allungò la mano destra davanti a sé, e cercò di visualizzare lo stato in cui versava Touma. Il corpo del suo Nakama gli apparve come un oggetto nero, opaco, attraversato in più punti da crepe rossastre, o bianco dorate, da cui filtrava una luce pulsante. Le interpretò come fratture, ma nessuna di esse sembrava più grave di quella visibile sulla gamba. C'erano però due chiazze rossastre che lo misero in allarme. Una si allargava dalla tempia destra, l'altra occupava metà del petto. Si concentrò ancora di più, e percepì una forte pressione, insieme alla sensazione di qualcosa di umido e gorgogliante. Capì che si trattava di un polmone. Due costole si erano spezzate, perforandolo, e stava collassando. Si concentrò sulle costole. Spinse su esse la propria energia, fino a riportarle nella loro posizione originale. La luce bianca che stava immettendo nel corpo di Touma crepitò lungo le due ossa, rinsaldandole. Poi cercò di sanare la lesione del polmone. Cominciava a sentirsi stanco, sentiva nelle ossa gli strascichi dell'attacco subito poco prima, e la testa cominciava a pulsargli. Ma non poteva ancora fermarsi. Visualizzò il sangue che si era riversato nel polmone, e cercò di imprimergli una spinta verso l'esterno. Posò la mano sul petto di Touma e pensò intensamente “Vai.”
Il sangue risalì la gola e si riversò fuori dalla bocca di Touma, che si contorse in uno spasmo. La stessa spinta con cui aveva espulso il sangue gettò Seiji fuori dalle proprie percezioni. Sbattè gli occhi più volte, cercando di mettere a fuoco. Vide davanti a sé Shin che teneva Touma tra le braccia. L'aveva sollevato nel momento in cui si era contorto per espellere il sangue, e lo osservava con apprensione. Seiji percepì anche un paio di braccia attorno al proprio petto. Era Shu, che lo stava sostenendo alle sue spalle. Si accorse di essere coperto di sudore freddo, e privo di equilibrio.
“Come sta?” chiese Ryo.
Seiji scosse la testa. “Non ho ancora finito.”
Cercò di nuovo la concentrazione, e si immerse nell'immagine rosso scuro che percepiva sul lato destro della testa. Cera un danno, ma non riusciva a crearne una immagine logica. Forse era un trauma cranico. Cercò di visualizzare qualcosa che lo guidasse, ma sentiva solo confusione e malessere, e la sensazione di essere schiacciato sotto una pesante coltre. Cominciava a sentire le forze venire meno, così cercò di farsi guidare dall'istinto. Richiamò tutta l'energia che potè, e la riversò su Touma. La vide agitarsi e contorcersi all'interno della testa. Quando non riuscì più a contenerla, la lasciò fuggire lungo tutto il corpo. Usò le ultime energie per uscire da lì, poi non sentì più nulla.
 

- o -

 
Ryo era seduto alla scrivania della camera da letto, a cavallo della sedia, in modo da poggiare i gomiti sullo schienale e poter osservare il letto su cui avevano adagiato Touma. Pochi minuti dopo che Seiji aveva perso i sensi si erano raggruppate nuvole nere e dense, e aveva cominciato a piovere fortissimo. Quello che agli altri abitanti della città poteva apparire come un improvviso temporale, per loro era chiaramente collegato alle misteriose forze da cui erano stati attaccati. C'era qualcosa di elettrico in quella pioggia, che li faceva sentire deboli.
L'energia liberata da Seiji sembrava aver guarito molte delle ferite di Touma. Solamente quella al ginocchio era ancora visibile, anche se meno scomposta, e avevano cercato di steccarla. In altre condizioni avrebbero aspettato conoscere meglio le condizioni dei compagni prima di arrischiarsi a spostarli, ma erano certi che fosse pericoloso rimanere lì fuori, esposti a quella pioggia ed a possibili altri attacchi, così erano tornati in casa, senza sapere cosa aspettarsi.
Shin entrò nella stanza, portando una bacinella piena di acqua ed alcuni asciugamani bianchi. Si sedette sul bordo del letto, facendo attenzione a muovere il materasso il meno possibile, e cominciò a lavare via il sangue incrostato di polvere dalla pelle pallidissima del compagno. Ryo osservava entrambi, come ipnotizzato dalla delicatezza dei tocchi con cui pian piano stava facendo scomparire ogni traccia di sporco.
Accanto al letto, su uno dei futon presi dalla camera degli ospiti, giaceva Seiji.
Seduto a terra accanto a lui, Shu gli accarezzava distrattamente i capelli, sovrappensiero. Avvicinò le labbra alla sua fronte, un gesto che aveva visto fare a sua madre mille volte.
“Ha un po' di febbre.”
“E' molto debole... forse dovremmo dargli qualcosa.”
“Non so...  - Shu si allungò a prendere una delle salviette sul letto – vado a bagnare questa.”
Shin guardò Ryo. Da quando erano rientrati non aveva ancora detto una parola. “Dovresti riposare”
“Dovremmo farlo tutti. Ma non voglio lasciarli soli.”
“Non ti preoccupare. Resterò io qui con loro. Quando sarò stanco vi chiamerò.”
“Certo, come no! - Sbuffò Shu, rientrando nella stanza e cominciando a tamponare la fronte di Seiji con la salvietta fresca – Shin, tu non farai il primo turno.”
“E perché no, scusa?”
“Perché ti conosco, e so che alla fine ci lascerai dormire e non riposerai nemmeno un minuto.”
“No, io...”
“Tu andrai di là a stenderti un po' con Shu, – Lo interruppe Ryo – qui resterò io. Ho tanta di quell'adrenalina in corpo che non riuscirei comunque a chiudere occhio.”
“Ma...”
“Avanti, filate di là. Giuro solennemente che tra un paio d'ore vengo a chiamarvi.”
Prima che Shin potesse obiettare ancora, Shu lo sollevò per un braccio e lo spinse verso la camera degli ospiti.
 

- o -
 

Quando Shu uscì dal bagno, Shin era in piedi davanti alla finestra. Aveva ancora i capelli bagnati di pioggia, e sembrava immerso nei propri pensieri.
“Avanti, vieni a stenderti un po'.”
“Forse... forse dovrei andare a controllare se la febbre di Seiji è cresciuta.”
Shu sollevò gli occhi al cielo. “C'è Ryo. E tu hai promesso che avresti riposato. – Gli sfilò la maglietta bianca, intrisa dell'acqua che gocciolava giù dalla zazzera. – Andiamo.”
“Vai tu, Shu. Io non riesco...”
“Shin! Possibile che ogni volta ti si debba obbligare ad occuparti di te stesso?!” gli buttò un asciugamano in faccia, ma lui si limitò a prenderlo tra le mani, senza usarlo. Shu si avvicinò a grandi passi, lo fece inginocchiare sul futon e cominciò a strofinargli i capelli con vigore. “A volte mi chiedo come tu possa sopravvivere quando nessuno di noi ti tiene d'occhio!”
“Smettila...”
Voleva essere una risposta seccata, ma si rese conto che, come sempre, la tensione alla fine stava avendo la meglio su di lui. Shu gli infilò dalla testa una maglietta pulita, e Shin si rese conto che di quel passo non sarebbe riuscito a trattenere oltre le lacrime. Odiava piangere, ma le attenzioni di Shu  erano la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. Quando qualcuno si occupava di lui, soprattutto se si trattava di uno dei suoi Nakama, si sentiva ancora più debole e vulnerabile. Era come dover ammettere di aver bisogno degli altri, e ne era terrorizzato.
Si premette una mano sulla bocca, cercando inutilmente di non singhiozzare.
Shu si limitò ad abbracciarlo alle spalle, senza dire nulla, e posò la fronte sulla sua nuca.
“Mi dispiace...”
“E di cosa?”
“Lo sai. Vorrei essere più forte di così, ma...” Vedere i suoi nakama in queelle condizioni era l'aspetto peggiore di quella loro strana esistenza, e Shin faceva sempre più fatica ad attingere alla propria virtù.
“Shin, siamo stati attaccati da qualcosa che non conosciamo, Touma e Seiji stanno male, non sappiamo cosa aspettarci... cosa c'è di male ad essere tesi? Lo siamo tutti”
“Già. Ma voi non vi sciogliete in lacrime come faccio io!” Più che sciogliersi, Shin le stava già ricacciando indietro, e Shu strinse le labbra con disapprovazione.
“Stronzate! Ognuno reagisce a modo suo. Io ho le mani che mi prudono talmente tanto che uscirei là fuori per fare una strage di qualsiasi cosa ci aspetti, e Ryo è di là immobile da mezz'ora e si sta sicuramente macerando in chissà quali angosciosi pensieri... avanti, perché non la smetti di dire sciocchezze e non ti stendi un po' qui con me?”
Shin sospirò, ma non si mosse.
Shu si buttò all'indietro, trascinandolo con sé, poi coprì entrambi. Lo fece girare in modo che poggiasse la testa sulla sua spalla. Rimase ad ascoltare il suo respiro che pian piano tornava regolare, concentrandosi solo su quello per riuscire a riposare un po'.
 

- o -
 

Ryo girò il collo per scioglierlo un po'. Era immobile e teso da così tanto tempo che le spalle gli facevano male. Controllò la fronte di Seiji, e fu contento di trovarla più fresca. Anche Touma aveva un colorito meno cinereo, anche se sotto gli occhi erano comparsi due segni scuri e scavati.
Voltò il palmo della mano destra verso l'alto, e lasciò che vi si materializzasse la sfera della Yoroi. Il kanji della virtù pulsava di una luce debole e sfocata. Presto sarebbe stato di nuovo il momento di combattere.
L'ultima volta che avevano dovuto indossare le armature era stato un anno e mezzo prima, il giorno del terribile terremoto che aveva sconvolto il loro paese. Il pensiero di tutti loro era subito corso a Sendai, ma avevano sentito dopo poco che Seiji era vivo e stava bene, nonostante tutta la rabbia e lo sconcerto che potevano percepire attraverso il loro legame.
Dopo poche ore, però, avevano sentito tutti il fortissimo impulso di correre là. Era stato facile capire che si trattava di un impulso dettato dalle armature. Avevano corso di notte, lungo le strade interrotte e tra le case distrutte. Avevano fatto violenza a loro stessi per non fermarsi ad aiutare, il rintocco delle Yoroi che ripeteva loro che era un altro il compito che gli spettava.
Si erano fermati sulla costa: era tutto talmente irriconoscibile che credevano non avrebbero mai trovato Seiji, ma all'improvviso si erano riuniti tutti, senza sapere nemmeno dove. In un largo spazio aperto, forse un piazzale per lo scarico delle merci, avevano saputo perché erano lì.
Nel terreno si era aperta una voragine enorme, che vomitava Spiriti della Terra. Uscivano a decine, vorticando e sibilando così forte che l'aria era torbida e irrespirabile. Si nutrivano della paura e della disperazione delle persone, aleggiando sulle macerie.
Unendo i loro poteri i Samurai erano riusciti a ricacciarli da dove erano venuti, e Shu era riuscito a liberare un Gen Tessai talmente potente che aveva richiuso la terra, riempiendo la voragine e lasciando al suo posto un enorme cratere profondo pochi metri che era apparso inspiegabile a chi aveva lavorato per ricostruire l'area.
Ryo sobbalzò al tocco di una mano su una spalla.

“Shu. Non dovevi riposare un po'?”
“Ho sonnecchiato per due ore. Ora vai un po' a stenderti tu, ok?”
“D'accordo. In realtà ho anche un po' fame.”
“A questo penso io!”
Shu si diresse in cucina, l'idea di uno spuntino era già qualcosa per tirarsi su il morale. Aprì il frigo e rovistò nei vari box che la madre aveva preparato per lui e i suoi amici. Nel vedere tutte quelle squisitezze gli venne un po' di magone. Era partito da casa soltanto il giorno prima, ed erano successe così tante cose che gli sembrava già un passato lontano. Ma Shu era un carattere positivo e ottimista, così afferrò un po' di cose buone, se ne cacciò in bocca una e si disse che se la sarebbero cavata anche quella volta, e quel passato lontano sarebbe tornato ad essere il suo presente.
 
 

- o -
 
 

Ryo si avvicinò alla finestra. Continuava a piovere forte, le nuvole erano così fitte e così nere che sembrava quasi notte. Il cielo cominciò ad essere scosso dal rimbombo di tuoni così forti e vicini che i vetri delle finestre tintinnarono. Si accorse subito che stava di nuovo cambiando qualcosa. Sentì il rintocco della Yoroi farsi sempre più forte e veloce, e con la coda dell'occhio avvertì presenze sfuggenti fuori dalla casa. Sembravano ombre che si allungavano sulle facciate dei palazzi circostanti, divenendo più nitide e spaventose ad ogni lampo che illuminava il cielo.
Capì che erano attirate dalle loro armature. Il sogno di quella mattina gli fece pensare che cercassero la sua in particolare. Guardò Touma e Seiji, e seppe che doveva allontanarsi da lì.
Indossò l'undergear. Corse in sala e da lì nella terrazza. Saltando da un balcone all'altro fu a terra in pochi istanti, poi prese a correre lungo la strada, cercando di mettere più distanza possibile tra sé e la casa.
Si fermò in un largo spiazzo, un parco in cui Touma li aveva portati diverse volte. L'undergear nera come la pece, la pelle scura e i capelli intrisi d'acqua e lucidi come ali d'uccello lo facevano sembrare una creatura della notte.
Sentì che stavano arrivando, e si preparò ad indossare l'armatura, ancora una volta...
 
 
 
 
Un paio di note, di cui una aggiunta mooolto dopo:
0) Quando ho scritto questa storia, ormai 3 anni fa, non conoscevo così a fondo questo anime e tutti i risvolti derivanti da libri, drama cd, etc. Avevo trovato in giro la tradizione fandomica del potere di guarigione di Kourin, e l'ho adottato nella trama. Ho chiesto in giro, ma non sono riuscita a tisalire al nocciolo della questione. Ed essendo un tipo un tantino impaziente, non me ne sono preoccupata più di tanto, perché ancora non avevo idea della forma che avrebbe preso il mio universo narrativo. A dire il vero, non immaginavo che avrei finito con lo scrivere tutte storie appartenenti allo stesso universo, e che quindi avrei fatto i conti con questa scelta anche nelle mie storie successive. Quando ho scoperto che questi poteri curativi in realtà non sono canon, avrei voluto eliminarli dalla storia (sì, sono un po' pignola), ma l'avrebbero modificata davvero troppo, e ho dovuto rinunciare. Ma il pallino m'è rimasto, ed alla fine ho trovato una soluzione a modo mio. Perciò ho deciso che questi poteri si siano manifestati dopo la distruzione della Kikoutei (e dopo smillanta capitoli e varie ff ho spiegato anche il perché), e ho finito col toglierli a momento debito (se andrete avanti a leggere le mie storie, scoprirete come. ^__-)
Ed ora, torniamo alle note originali:
1) Ho cercato di documentarmi un po' a proposito dell'opera di “guarigione” di Seiji. Resta il fatto che di medicina capisco poco, quindi se per caso ho scritto delle fesserie, siete caldamente invitati a farmelo notare!
2) Sono stata indecisa all'infinito se inserire o meno l'attacco degli spiriti della terra. Il fatto è che continuavo a chiedermi se parlare di una tragedia come il terremoto del Giappone in una cosa ludica come una fic potesse essere di cattivo gusto. Spero di non essere stata superficiale nel parlarne, ai lettori l'ardua sentenza...
Grazie a tutti! ^___^
 
 
 

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Capitolo 6
*** Speranze spezzate ***


“Shin! Shin, svegliati!”
Aprì gli occhi: Shu lo stava fissando con un'espressione che lo mise subito in allarme.
“Cosa succede?”
“Ryo. E' uscito di corsa senza dirmi nulla, credo volesse combattere...”
“Combattere? Da solo?! - Si tirò a sedere di scatto. - Perchè non l'hai fermato, Shu?!”
“Perché non me ne ha dato il tempo! Volevo seguirlo, ma tu dormivi e non volevo che Touma e Seiji rimanessero senza protezione!”
“Hai ragione, scusami. - Shin si passò una mano sugli occhi, cercando di ragionare. – Credi che stiano arrivando? O che sia andato a cercarli?”
“Non lo so. Ma di sicuro non possiamo lasciarlo da solo. Rimani tu con loro, io provo a raggiungerlo.”
“D'accordo. Cerca di riportarlo qui, non è proprio il momento di restare separati...”

- o -

Seiji aprì gli occhi in un luogo che non conosceva. Era quasi completamente buio, e l'aria aveva qualcosa che la rendeva pesante e polverosa. Si tirò su a sedere e cercò di abituare gli occhi all'oscurità, ma non riuscì a distinguere nulla. Non riuscì nemmeno a richiamare da Kourin un po' di luce per proiettarla attorno a sé, così capì di trovarsi intrappolato in una sorta di sogno, come quello da cui avevano tirato fuori a forza Ryo, quella mattina. Si inginocchiò in posizione di meditazione, cercando la via che potesse condurlo fuori da lì, ma non riusciva a concentrarsi. Pensieri angosciosi si accavallavano nella sua mente, impedendogli di rimanere lucido.
Rivide Touma, disteso a terra sul proprio sangue.
Era riuscito a guarirlo?
Non riusciva a percepire il suo cuore, né quello degli altri.
Più cercava di concentrarsi, più l'oscurità che aveva attorno copriva tutto.
I pensieri cominciarono a vorticare fuori controllo.
Sua sorella che stringeva la sua manica al funerale del nonno.
Il sotterraneo in cui era stato prigioniero insieme a Shin e Shu.
il Tohoku distrutto e ricoperto d'acqua.
La morte di Kaosu.

Respirò a fondo e si impose di riprendere il controllo.
Non poteva lasciarsi vincere da quel luogo e non poteva lasciare soli i suoi Nakama: non sapeva come, ma sarebbe uscito da lì.

- o -

Ryo ruotò lentamente su sé stesso, guardandosi attorno. Come immaginava, in pochi minuti era stato accerchiato. Pioveva sempre più forte, al punto che l'acqua rimbalzava sulla Yoroi, separandosi in una nuvola di piccolissime gocce, sospesa attorno al suo corpo come un'aura spettrale.
Anche i suoi nemici avevano lo stesso aspetto incorporeo. Sembravano ombre dalle forme grottesche e dai volti simili a maschere furiose o piangenti. Non indossavano armature, sembravano piuttosto corpi nei quali armi e corazze fossero direttamente innestate. Era un piccolo esercito di ombre grigie e minacciose, e stava cominciando a stringere il cerchio attorno a lui.
“Chi siete? - Gridò sopra al rombo della pioggia. – Perché ci attaccate?”
Non ebbe risposta. Si limitarono a strisciare verso di lui, come se non toccassero davvero il terreno.
Quando furono abbastanza vicini, il samurai fece un balzo in avanti e ne colpì un paio con le spade. Ebbe come la sensazione di affondare il colpo nel vuoto, ma li vide comunque dissolversi in uno sbuffo di fumo.
Le ombre cominciarono ad attaccare, ma riuscì a distruggerne altre cinque o sei prima di essere atterrato dalle altre.
Si rialzò e tornò a colpire, liberando l'energia della Yoroi. Una dopo l'altra, le ombre grigie vennero investite dai suoi colpi e si dissolsero.
Pur combattendo contro nemici dalla consistenza evanescente, si stava stancando velocemente.
Le ombre restanti si avvicinarono ancora, e Ryo si rese conto che ora apparivano più scure e concrete. Più ne abbatteva, e più le altre diventavano forti e materiali, come se l'essenza di quelle distrutte andasse a riversarsi nelle altre.
Si fermò, ansimando. Ancora una volta aveva agito d'istinto, senza pensare. Cominciò a dubitare delle proprie forze, ma fu distratto da un rumore che ebbe il potere di rinsaldare la sua volontà.
Un ruggito potente come un tuono coprì il rumore della pioggia. Pochi istanti dopo sentì il familiare peso della testa di Byakuen battere con delicatezza contro la sua gamba.
“Sei qui!” Sussurrò con gratitudine, accarezzandogli il capo.

- o -

Shin stava controllando la febbre di Seiji, quando lo vide sobbalzare e contorcersi in preda ad uno spasmo. Cercò di svegliarlo, ma come era accaduto quella mattina per Ryo, non ottenne nulla.
Controllò le condizioni di Touma. Non reagiva, ma il viso era di nuovo pallidissimo e sofferente.
Capì che Seiji, o forse entrambi, erano prigionieri di un altro incubo, ma non sapeva come raggiungerli: era solo, e non aveva le capacità mentali necessarie per oltrepassare la barriera. Cercò di riflettere con calma, e pensò che Seiji stesso avrebbe potuto farlo, se avesse avuto qualcosa da cercare, qualcosa che potesse dargli una direzione. Prese la sua mano e se la portò al petto. Poi aprì il più possibile la sua mente ed il suo cuore, come gli era naturale fare. Se quella famosa empatia che i suoi Nakama gli attribuivano era vera, forse Seiji sarebbe stato in grado di raggiungerlo.

- o -

Touma si guardò attorno, spaesato. Si trovava in un luogo stretto e chiuso, come una sorta di cavità nel terreno. Dal soffitto pendevano radici sottili e contorte, e qua e là filtrava una stretta lama di luce, nella quale si agitava un pulviscolo rossastro.
Come ci era arrivato? Sentiva la mente intorpidita e confusa, e non riusciva a ricordare nulla.
Si guardò attorno in cerca di un'uscita, e vide una piccola galleria. Vi strisciò dentro a fatica, per sbucare in un'altra grotta poco più piccola della precedente, e ancora più soffocante. Anche da lì si dipanavano alcune gallerie strette e contorte, ma dopo pochi tentativi capì che non si trovava in un luogo reale e che probabilmente, anche continuando a muoversi, non sarebbe arrivato da nessuna parte. Gli mancava il respiro, quella sorta di tana in cui riusciva a malapena a stare in piedi lo faceva sentire in trappola. Cercò di nuovo di ricordare. Era con gli altri, si erano incontrati tutti il giorno prima. Si era svegliato assieme a loro e poi... Seiji che lo provocava, il grido di Shin, lo strano sogno di Ryo... Erano di nuovo in guerra, no? Era stato catturato e portato là sotto? Più cercava di concentrarsi e più aveva la sensazione che la sua mente si rifiutasse di collaborare.
Poi un'immagine, improvvisa e più vivida di tutte le altre, gli attraversò la mente.
Era caduto dal parapetto della terrazza.
Si era schiantato da quell'altezza? Il cuore cominciò a martellargli nel petto, mentre il terrore lo invadeva.
Era morto. Non poteva essere sopravvissuto, e questa polverosa tana in cui era rinchiuso era di certo la sua tomba. Era destinato a restare là sotto per sempre, senza mai più vedere nemmeno uno spicchio di cielo? Era la punizione che aveva guadagnato con le proprie azioni? Dunque aveva sbagliato tutto.
Combattere, indossare le armature, seminare distruzione, uccidere... poco importava se aveva creduto di combattere per qualcosa di giusto. Aveva impugnato il potere del cielo e se ne era servito, ed ora il cielo gli sarebbe stato negato per sempre?
Ora gli appariva inequivocabile di essere stato punito. Per le sue scelte, e per la sua arroganza. Rivide i suoi Nakama, accanto a lui pochi istanti prima che cadesse. Ricordò le parole di Shu. E cosa gli aveva risposto? Lo sai che ho un ottimo equilibrio. Non c'è che dire, davvero un bello sbruffone.
Vergogna, paura e angoscia cominciarono a turbinargli nella mente con una tale violenza che cadde in ginocchio gridando. Rimase immobile, totalmente in balia della disperazione, poi scivolò nel buio e non sentì più nulla.

- o -

Ryo strinse l'impugnatura della spada. Altre ombre erano cadute sotto i suoi colpi, ed ora ne rimanevano tre o quattro. A dire il vero, non era più possibile distinguere quante fossero. Ce ne era una al centro, proprio di fronte a lui. Era alta quasi il doppio di una persona, e ormai totalmente corporea. Accanto a questa ve ne erano poche altre, dalle forme sempre più indistinte. Da esse si sollevava una sorta di polvere, che veniva assorbita da quella centrale. Sembrava fumo risucchiato da un camino.
“Chi sei?” chiese di nuovo a quella figura grande e scura. L'ombra mosse un passo in avanti. Sembrava racchiudere in sé l'aspetto di tutte le altre: le sue braccia erano coperte da una doppia fila di pugnali ricurvi. Dalla sua fronte si alzavano due corna lunge e contorte, e accanto due più piccole e tozze.
La bocca si apriva con due fila di denti aguzzi e feroci, come fauci di lupo.
“Noi siamo lo spirito che nasce dai sogni infranti. - Rispose con voce bassa e cupa, simile allo scroscio della pioggia con cui si mischiava. – Siamo le illusioni degli uomini, i desideri traditi, le speranze distrutte e perse.”
Ryo represse un brivido. Quella voce gli dava quasi la sensazione di vivere tutte insieme le disillusioni di cui parlava. L'angoscia provata in sogno quella mattina assunse un significato diverso.
“E cosa volete da noi?”
“Non lo capisci? Eravamo quasi scomparsi... Dopo la sconfitta di Arago e la distruzione del nostro mondo abbiamo fluttuato come morti. Ma poi siamo stati di nuovo nutriti, gli uomini sono così fragili e pieni di illusioni...”
Ryo si chiese se tutti gli Youia fossero in grado di riformarsi allo stesso modo.
“Ora è persino meglio di prima. – Una sorta di risata metallica risuonò all'interno delle parole. – Siamo forti e solidi, e desideriamo un corpo! Lo abbiamo trovato nelle armature che portate, e ce lo darete.”
“Non puoi averle! - Gridò Ryo. – Non te le lasceremo prendere! E se anche riuscissi a strapparcele, non potresti usarle. E' l'armatura che sceglie il cuore da vestire, non puoi forzarla”
“Questo è quello che pensi. Non esiste volontà che io non possa piegare!” E con un balzo si avventò contro di lui, gettandolo a terra.
Byakuen si gettò contro lo Youja, ma venne respinto con violenza.
Ryo si trovò schiacciato sull'erba, del tutto impreparato al peso ed alla forza di quella creatura, fino a poco prima quasi immateriale.
Lo Youia avvicinò il volto al suo orecchio e lui dovette reprimere un conato di vomito all'ondata di sensazioni sgradevoli ed angosciose che quel gesto gli provocava.
“Questa mattina ho cercato di separare le Yoroi da voi, ma non avevo capito quanto forte fosse il legame. Ora non sarò così delicato!” E mentre ancora parlava si chinò sul suo petto, e vi affondò il capo.
Nonostante l'armatura, Ryo potè percepire i denti del mostro entrargli nella carne e mordere. Il dolore gli si irradiò per le viscere. Li sentiva scavare, come se cercassero qualcosa. Gridò, mentre sentiva le forze venirgli meno velocemente.
Quando stava per cedere, sentì una voce gridare il suo nome.
“Ma che cosa... - Shu era in piedi accanto a loro, e indossava l'armatura. Ansimava per la corsa. – Lascialo subito, bestia schifosa!” si lanciò sullo Youja, ma venne respinto con facilità. Ryo gettò la testa all'indietro, contorcendosi: solo il bianco degli occhi era visibile. Shu provò una familiare furia invadergli il cuore.
Raccolse tutta l'energia che Kongo poteva donargli in quel momento, e la spinse lungo il proprio braccio, e poi su nel bastone.
“Gen Tessai!” gridò. Il colpo li investì.
Shu fece appello a tutta la concentrazione di cui era capace per proteggere Ryo dalla propria stessa forza. Lo Youia venne scaraventato via, poi si dissolse in una sorta di sabbia scura, che venne lavata via velocemente dalla pioggia.

- o -

Seiji era immobile, in ginocchio. Con uno sforzo di volontà era riuscito a zittire tutte le voci che gli rimbombavano nella mente, ed era in ascolto. All'improvviso un'immagine gli balenò davanti agli occhi. Era un'immagine che conosceva bene: riverbero di luce sull'acqua increspata dal vento, mille piastrelle a specchio tra un'onda e l'altra... era l'immagine con la quale la sua mente traduceva il contatto tra il suo cuore e quello di Shin. Si aggrappò con forza a quella sensazione di calore, e cercò di seguirla.
Non potè fare a meno di chiedersi perché percepisse soltanto il cuore di Suiko e non quello degli altri, ma ricacciò l'inquietudine in un angolo della mente e si sforzò di non perdere il contatto.
All'improvviso percepì attraverso il legame sorpresa. Poi allarme e rabbia, e infine più nulla.
Cosa stava succedendo? Shin era stato attaccato? Ed era solo, come gli era sembrato di sentire?
Una profonda frustrazione lo prese, mentre sentiva la rabbia crescere dentro di sé. Con un rombo, dal suo corpo cominciarono a sollevarsi mille raggi di luce che fendevano l'oscurità, come crepe che a poco a poco la sbriciolavano, fino a farla collassare. Tutto esplose, gettandolo a terra.
L'immagine successiva che fu in grado di mettere a fuoco fu Shin, steso a terra a pochi passi da lui, che respingeva alcune creature dall'aspetto simile ad ombre.
Dalla finestra distrutta entrava odore di pioggia e fumo, e il cielo era squassato dai tuoni.
Indossare l'undergear e lanciarsi contro una di quelle ombre fu un unico gesto fulmineo, di cui quasi non si rese conto. Rotolarono assieme fino a che non riuscì a spingerla contro il muro, dove la vide dissolversi come fumo.
“Ma cosa...?”
Shin ne distrusse un'altra. Stava riprendendo fiato, quando si accorse che un'altra ancora si era come materializzata nella stanza, ed era accovacciata sul letto, addosso a Touma. Stava aprendo la bocca, che improvvisamente sembrò ricoperta di fauci appuntite, e si chinò in avanti, come se volesse mordere il samurai.
“Nooo!” gridò Shin, lanciandosi avanti, ma prima ancora di riuscire a toccarla la vide svanire, come risucchiata da qualcosa.
“Cosa...cosa è successo?” Ansimò Seiji, avvicinandosi al letto e cercando di capire come stessero i suoi due nakama.
Suiko si sedette sul letto, affaticato.
“Stavo cercando di raggiungerti. Eri prigioniero di uno di quei sogni, vero? - Seiji annuì, serio – All'improvviso sono entrate quelle creature dalla finestra, e ho perso il contatto.”
“Stai bene?”
“Sì, non devi preoccuparti. Tu, piuttosto, come ti senti?”
“Un po' stanco. Ancora un po' confuso. Ma sto bene. - Seiji si decise a fare la domanda che lo preoccupava di più. - Perchè sei solo? Dove sono Ryo e Shu?”
Shin abbassò gli occhi.
“Ryo è scappato via poco fa. Shu lo sta cercando.”
Non aggiunse altro, Seiji aveva già capito. Stavano combattendo, sicuramente. Non sapevano dove fossero, e non potevano andare a cercarli.
Shin si alzò, cercò di abbassare la tapparella per chiudere fuori il freddo, dato che vetro e infisso ormai erano inservibili. Si mosse a disagio per la stanza, cercando di sistemare quel disastro, mentre Seiji sfiorava la fronte di Touma, controllandone le condizioni.
Non parlarono, poiché tanto stavano pensando entrambi la stessa cosa. Anche se sapevano tutti bene che era la cosa peggiore che potevano fare, la verità è che erano stati separati, ancora una volta.

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Capitolo 7
*** Caramelle ***


Shu si precipitò su Ryo: sembrava quasi che non respirasse più. Fu sollevato quando lo vide socchiudere gli occhi, per poi gettarsi in avanti in preda ad un violento attacco di tosse.
“Come ti senti?”
“Non è... niente. Non preoccuparti. - Tossì di nuovo. – vorrei solo... togliere l'armatura. Mi sta soffocando.”
Shu lo guardò con aria scettica. Come sempre, Ryo stava minimizzando.
“Credo che tu possa farlo. Quella cosa schifosa se ne è andata. - Si guardò attornò con circospezione. – Ma cosa è sucesso? Sembrava quasi che ti avesse morso!”
Ryo lasciò svanire anche l'undergear con un sospiro di sollievo e Shu gli sollevò con delicatezza la maglietta. Lasciò andare il respiro che aveva trattenuto fino a quel momento quando vide che non vi era nessuna lacerazione.
In compenso si stava formando un grosso ematoma proprio sotto lo sterno, ed aveva l'aria di essere parecchio doloroso.
Si mise in piedi, sollevando Ryo di peso e portandolo tra le braccia.
“Andiamo, ti riporto a casa.”

- o -

 

Shin depose Touma su uno dei due divani, poi lo avvolse con cura in un plaid. Seiji era seduto sulla poltrona di fronte. Aveva poggiato la testa indietro sullo schienale e teneva gli occhi chiusi.
“Ti sei sforzato troppo.”
“Sto bene. Volevo controllare le ferite di Touma.”
“Se continui ad abusare delle tue facoltà, non darai il tempo al tuo corpo di riprendersi.”
Seiji strinse le labbra, ma non rispose. Shin si rassegnò a non ottenere niente di più.
“Preparo un po' di tè, ti farà bene.”
Armeggiò un po' in cucina, stupendosi di come riuscisse a trovarsi a proprio agio in ciascuna delle case dei propri nakama, anche se ci passava ogni volta poco tempo. Pochi minuti dopo Seiji fu riscosso dal suo torpore dal profumo pungente di un ottimo tè verde.
“Grazie.”
Prese la tazza con entrambe le mani, ma ignorò i biscotti e le altre cose che Shin aveva preparato.
“Devi mangiare. Non puoi...”
“D'accordo, d'accordo. Non puoi darmi tregua, vero?”
“Non mi dai scelta.”
“Va bene, mangerò. A condizione che tu faccia altrettanto.”
“Ma io sto bene!”
“Non ne dubito. - Anche quando la sua voce era affaticata come in quel momento, Seiji non perdeva mai del tutto il suo tono da “giovane maestro”. - Ma non cambio le mie condizioni.”
“Va bene. Tanto hai sempre l'ultima parola su tutto.”
Seiji alzò lo sguardo, chiedendosi se Shin fosse offeso. Stava sbocconcellando un biscotto e sembrava più che altro preoccupato.
“E' quello che dice sempre anche Touma...”
Guardarono entrambi il loro compagno. Sembrava riposare, ma l'aspetto era ancora piuttosto sofferente.
“Come sta?”
“In realtà... non lo so. Le ferite al petto sono completamente guarite, ma non si è ancora svegliato. Ha preso un brutto colpo alla testa, e anche se cerco di visualizzarlo, non riesco a capire se è guarito.”
“Credi che ci sia qualcosa che non va?”
“Non lo so. Ogni volta che uso i miei poteri curativi, in realtà, credo di imporre al corpo un ritmo di guarigione innaturale.”
“Intendi dire troppo veloce?”
“Forse... e poi ci sono questi strani sogni in cui siamo caduti. Credi che fosse così anche per lui?”
“Quando siamo stati attaccati mi è sembrato di sì, ma non reagiva come te e Ryo. È come se... come se fosse addormentato molto più profondamente.”
Seiji si incupì.
“Il cervello è una cosa così delicata e complessa... Io...”
“Non ci pensare nemmeno.”
“A cosa?!”
“Seiji, so cosa stai pensando. - Gli poggiò una mano sul ginocchio. – Hai fatto il meglio che potevi, e sono sicuro che sia impossibile che qualcosa che viene dal tuo cuore possa avergli fatto del male!”
Seiji si limitò ad annuire, ma non sembrava troppo convinto.

- o -

Shu entrò nell'atrio del palazzo, seguito da Byakuen. Ryo sembrava essersi assopito con la testa sulla sua spalla.
Per fortuna non c'era nessuno, così si infilarono indisturbati nell'ascensore. Quando cominciarono a salire, Ryo si rianimò.
“Grazie... Ora puoi mettermi giù.”
“E perchè? Non pesi nulla, potrei portarti anche senza l'aiuto della Yoroi!”
“Sì, ma non voglio che i ragazzi mi vedano così. Si preoccuperebbero inutilmente.”
Shu sollevò gli occhi al cielo. “Magari farebbero bene.”
Ryo non rispose, limitandosi a divincolarsi e mettersi in piedi. Le gambe gli cedettero subito, e Shu si rassegnò a passarsi un suo braccio dietro alle spalle e sostenerlo per la vita.
“Testone!” Mormorò a denti stretti. Byakuen emise un ringhio sommesso di disapprovazione.
Suonò il campanello e dopo pochi istanti si ritrovò davanti Shin. Il suo volto passò dal sollievo alla preoccupazione, quando vide le condizioni di Ryo.
“Cosa è successo?”
“Ryo è stato attaccato. - Lo aiutò a stendersi nel divano libero. – Non so di cosa si trattasse, bestiacce simili ad ombre.”
Shin annuì, ma preferì non dire nulla, almeno per il momento. Si avvicinò invece a Ryo.
“Come stai? Sembri ferito.”
“Non è nulla, soltanto un livido. Shu è arrivato in tempo.”
Shu non potè fare a meno di arrossire e distogliere lo sguardo.
Seiji si alzò, per nulla convinto. Ryo era piuttosto pallido, e ansimava vistosamente pur essendo steso.
“Fammi vedere.”
“Ho detto che non è niente!”
Seijji gli sollevò la maglietta. L'ematoma si era esteso per buona parte del torace, ed era già rosso e violaceo. “Ma cosa è successo?”
Posò una mano sul livido: appena cercò di sondare sotto la superficie, una fitta dolorosa gli esplose nella testa. A nessuno sfuggì la sua smorfia di dolore, anche se aveva cercato di mascherarla.
“Lo vedi? - Brontolò Ryo. – Non devi sforzarti, sto bene.”
Seiji lo guardò duramente. Gli erano rimaste poche energie, e non voleva usarle per discutere con lui.
Premette con poca grazia due dita al centro del livido, e Ryo si gettò all'indietro, gridando. Il dolore era quasi paragonabile a quando era stato ferito.
Shin si morse il labbro per non intervenire.
“Sei... uno stronzo...” mormorò Ryo tra i denti.
“Sì, d'accordo. Adesso sta' zitto e lasciami lavorare.”
Chiuse gli occhi e cercò di vedere la ferita.
I muscoli del torace sembravano contusi e lacerati. “Ma che cosa...?” Guardò interrogativamente Shu.
“Quel mostro lo ha... beh, praticamente lo ha morso. Però l'armatura deve averlo protetto.”
“No. Il morso c'è, ma è sotto.”
Shin e Shu repressero un brivido di orrore.
“Come è possibile?”
“Quella creatura aveva una consistenza strana, vero? Come un fantasma, o uno spirito.”
“Sì. Come lo sai?”
Seiji scosse la testa. “E' come se prima lo avesse attraversato e poi lo avesse morso. Non capisco che senso abbia.”
“Stava cercando di strapparmi... la Yoroi.”
“Te lo ha detto lui?”
“Sì.”
“D'accordo. Adesso mettiti giù e rilassati. Più tardi parleremo con calma.”
Ryo obbedì. Non aveva più forze per ribattere, e comunque ormai era evidente che Seiji non si sarebbe fermato. Si abbandonò alla sensazione di calore che si irradiava dalla sua mano, e dopo pochi minuti si assopì.
“Ecco. - Seiji si alzò e si lasciò cadere su una poltrona. - Credo che in poche ore si riassorbirà del tutto.”
Shin si sedette sul bracciolo e gli passò delicatamente una mano sulla fronte.
“Come stai? Hai un bel mal di testa, vero? Perché non prendi un analgesico e non ti stendi un po'?”
“Forse... forse dovrei.”
Shin e Shu si scambiarono un'occhiata significativa. Seiji odiava prendere quel tipo di medicine, diceva che gli alteravano lo stadio di meditazione per giorni. Se era disposto ad usarle, significava che aveva un mal di testa insopportabile.
“Vado a cercarlo. – Shu si diresse verso il bagno. – sicuramente Touma ha qualcosa.”

- o -

Shu sbuffò, spazientito. Aveva esaminato con cura l'armadietto del bagno che conteneva le medicine, ma non c'era nulla contro il mal di testa. Eppure era sicuro che Touma ne avesse, perché spesso si lamentava che il troppo leggere gli procurava l'emicrania. Poi si ricordò che leggeva spesso a letto, e pensò che potesse tenerle nel comodino.
“Eccole!” esclamò appena aperto il cassetto. Stava per richiudere e tornare in sala, quando con la coda dell'occhio notò qualcosa di colorato. Erano 3 caramelle dall'aspetto piuttosto malandato. Sembravano così vecchie che si erano sciolte e solidificate di nuovo, e la plastica trasparente che le avvolgeva si era appiccicata al fondo del cassetto.
“Ma cosa se ne fa Touma di questa roba? - Eppure gli sembrava di averle già viste. Ne prese una, e la osservò meglio. - Ma... come è possibile?”
Erano caramelle artigianali alla frutta che aveva mangiato tante volte da piccolo, le faceva una vicina di sua madre e le vendeva nella sua gigantesca drogheria. Lui e i suoi fratellini avevano passato un sacco di tempo lì dentro.
Era sicuro che fossero quelle, perchè al centro avevano il disegno di un fiore stilizzato, dello stesso colore del bordo esterno. Come faceva Touma ad averle? Oltretutto la signora era andata in pensione da almeno dieci anni! Poi un ricordo gli attraversò la mente. Era stato tantissimi anni prima, forse non avevano nemmeno vent'anni. Si erano trovati tutti insieme a Tokyo per passare un po' di tempo assieme, e lui si era portato da casa un sacchetto enorme di quelle caramelle. Era finita che lui e Touma avevano bisticciato perchè Shu sosteneva che l'altro ne mangiasse in continuazione, mentre lui le aveva portate per tutti. Touma si era offeso a morte, e non ne aveva voluto toccare più nemmeno una.
Sbollita la rabbia, Shu si era sentito in colpa. Così, al momento di salutarsi, un attimo prima che Touma salisse sul treno, lo aveva spinto per scherzo e gli aveva fatto scivolare nello zaino tutte quelle che gli erano rimaste. La volta successiva che si erano sentiti, Touma non aveva detto niente a proposito di quelle caramelle, così Shu aveva pensato che non le avesse trovate, o che semplicemente se ne fosse dimenticato.
Ed ora invece le ritrovava in quel comodino e non sapeva cosa pensare. Touma le aveva conservate per tutti quegli anni, come qualcosa di prezioso? Shu sapeva che l'affetto tra loro era forte e non faceva preferenze o distinzioni. Sapeva che Touma gli voleva bene quanto ne voleva agli altri. Però era come se non avessero mai trovato il modo di dimostrarselo apertamente. Tra tutti loro, erano di sicuro i due caratteri più diversi in assoluto. Erano all'esatto opposto per tutto: temperamento, abitudini, famiglia...
Forse proprio per questo, la maggior parte delle volte finivano col mettersi in contrasto, e Shu ne aveva sempre sofferto un po', perchè invece con tutti gli altri Touma aveva un rapporto diverso, più affettuoso.
Forse anche il suo nakama provava la stessa sensazione, ma come lui non sapeva come cambiare le cose? Gli si formò un groppo alla gola. “Touma...” Sussurrò, passandosi una mano sugli occhi.
“Coraggio... - La voce di Shin alle sue spalle lo fece sobbalzare. – Vedrai che tra poco si sveglierà. Staremo bene.”
Shu annuì, nascondendo l'accenno di lacrime. Shin guardò dubbioso la caramella che aveva in mano, ma non disse nulla. Shu se la infilò in tasca, senza sapere il perchè, poi uscì dalla stanza.
“Trovate le medicine!” annunciò trionfante entrando in sala e cercando di mostrarsi sereno.
Seiji mandò giù una compressa, poi Shin lo sospinse dolcemente verso la camera degli ospiti.

- o -

Touma emerse di nuovo dal buio in cui era sprofondato. Sentiva ancora la mente completamente avvolta da quella sensazione di ansia e disperazione, ma non era più nella grotta sottoterra. Confusione e malessere continuavano a pervaderlo, ma pian piano gli sembrò di percepire anche qualcosa di diverso.
Una voce familiare borbottava poco distante. E c'era un buon profumo. Cercò di aprire gli occhi, ma le palpebre erano pesanti da sollevare come saracinesche. Rimase in ascolto, cercando di snebbiarsi il cervello.
“Preparo qualcosa da mangiare, ti va?” era la voce di Shin.
“Certo! Ho una fame da lupo. Oggi sono andate tutte storte dall'inizio, e infatti non ho mangiato niente!” Touma sentì un'ondata di sollievo ubriacarlo. Questo era Shu, e la cosa morbida sotto di sé era probabilmente il suo divano. Con uno sforzo aprì gli occhi.
Girò appena un po' la testa, ed il movimento non passò inosservato.
“Shin! Corri!”
Dopo un istante due volti felici e commossi entrarono nella sua visuale. Touma fece uno sforzo per sorridere. Era riuscito a tornare da loro, ancora una volta...

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Capitolo 8
*** Buoni e cattivi ***


Touma era seduto al centro del divano, un plaid avvolto attorno alle spalle ed una tazza di tè caldo tra le mani. Essere a casa propria, vivo, tra i suoi Nakama... all'inizio il sollievo era stato così forte che gli era sembrato di poter impazzire.
Ma dopo pochi minuti aveva cominciato a sentirsi diverso. Una strana inquietudine lo pervadeva, come se non riuscisse a distinguere la realtà dall'immaginazione. Come se non fosse riuscito a lasciare del tutto il luogo sotterraneo in cui era stato imprigionato.
Shin era seduto accanto a lui e lo stava coprendo di premure: con quel modo di prendersi cura dei suoi nakama senza risultare soffocante. Touma aveva sempre trovato conforto nei modi del suo Nakama. Ora invece si sentiva quasi a disagio.
E Shu.
Shu lo fissava da quando si era svegliato. Lo fissava e distoglieva lo sguardo appena Touma lo guardava. Era come se, dietro gli occhi, nascondesse qualcosa che Touma non capiva.
Ryo era steso sull'altro divano. Un paio di volte aveva aperto gli occhi, ma si era riassopito subito. Touma aveva già cercato di farsi spiegare cosa fosse successo. Come stesse Ryo e perchè Seiji non fosse lì con loro, ma era stato zittito con dolcezza, come un bambino piccolo, con la promessa di tutte le spiegazioni quando fosse stato meglio.
Non era una novità, facevano sempre così: ogni volta che uno di loro stava male, il gruppo si chiudeva istintivamente attorno a lui a fargli da scudo, proteggendolo da tutto, anche dai brutti pensieri.
Ma stavolta Touma non poteva fare a meno di sentirsi indispettito, e davvero non riusciva a capirne il perchè.
Seiji uscì dalla camera degli ospiti, massaggiandosi le tempie. Quando alzò lo sguardo e vide Touma, meravigliosamente sveglio e vigile, il suo viso si illuminò di gioia. Touma gli sorrise istintivamente. Era così bello e raro vedere quel viso così aperto... eppure quando Seiji si sedette accanto a lui, il samurai del cielo provò l'istinto di ritrarsi.
Più si rendeva conto dei propri sentimenti, più si arrabbiava anche con sé stesso. Ma questo non gli impediva di continuare a sentirsi un po' arrabbiato anche con loro, anche se razionalmente sapeva di non averne motivo.
Quando finalmente anche Ryo si svegliò, l'intera casa entrò in fermento.
Come sempre, pensò Touma, e cercò di alzarsi.
“Dove vai?”
“Cosa c'è, non posso usare il mio bagno?!” La voce gli era uscita aspra e troppo alta, ma non era riuscito a frenarsi. Shin fece un passo indietro, ritraendo la mano come se si fosse scottato, e Touma si sentì una merda. Girò i tacchi ed entrò in bagno, ancora un po' barcollante. Si chiuse dentro a chiave, poi si accasciò contro la porta, chiedendosi cosa ci fosse nella sua testa che non andava.

 

- o -

 


Seiji si era alzato. Aveva fatto due o tre passi in direzione del bagno, poi si era fermato.
“Mi sono perso qualcosa?”
Shin scosse la testa. “Non ne ho idea. E' da quando si è svegliato che è strano. Non sembra nemmeno lui.” Seiji gli strinse la spalla.
“Coraggio, adesso tornerà. C'è un po' di tè?”
Shin annuì, si diresse in cucina e controllò che quello che aveva preparato poco prima fosse ancora caldo. Aveva anche iniziato a cucinare qualcosa, ma quando si era svegliato Touma si era interrotto.
Osservò i suoi Nakama, mentre riprendeva a tagliare le verdure.
Shu era stranamente pensieroso, Ryo era chiaramente turbato, e Seiji aveva cercato di mostrarsi rassicurante, ma era evidente che si stava arrovellando. Shin sospirò.
Shu lo raggiunse e cominciò a tirare fuori un po' di stoviglie. Quando tutto fu apparecchiato sul tavolino del salotto, Shin si avvicinò alla porta del bagno.
“Touma, vieni a mangiare qualcosa con noi? O almeno a finire il tuo tè. - Da dentro non proveniva nessun rumore. – Touma?”
Un attimo prima che andassero tutti nel panico, la chiave girò, e Touma uscì. Superò Shin senza guardarlo in faccia ed andò a sedersi nel divano.
Per un po' nessuno disse nulla. Si limitarono a mangiare, osservandosi di sottecchi l'un l'altro. Alla fine Seiji prese la parola.
“Ryo, ci puoi spiegare di nuovo chi era quella creatura e cosa ti ha detto?”
Ryo riassunse il discorso dello Youia, cercando di ricordare più particolari possibili.
“Quindi, - Riflettè Shin. - anche le ombre che sono state qui poco fa erano probabilmente parte di quella che ti ha attaccato.”
“Sono state... qui?! - Il tono di Ryo si alzò velocemente. – Siete stati attaccati! Perchè non mi avete detto nulla?!”
“Perchè sapevamo che l'avresti presa così.” Tagliò corto Seiji.
“Siete stati attaccati... - Come sempre, la rabbia di Ryo era scemata in un attimo, lasciando il posto alla tristezza. – Non avrei dovuto lasciarvi soli.”
Shu alzò gli occhi al cielo.
“Ryo, guarda che lo sappiamo che l'hai fatto proprio per evitare che fossimo attaccati. Però è vero, non avresti dovuto scappare in quel modo, hai messo in pericolo soprattutto te stesso.”
Ryo stava per ribattere, ma Seiji lo prevenne.
“Cerchiamo di restare in argomento. - Si rivolse a Shin. – Grazie per essere riuscito a strapparmi da lì: ho seguito la tua traccia.”
Shin sorrise, poi ripensò a ciò che aveva visto quando le ombre erano entrate in camera di Touma. “E' successo anche a te, vero? - Chiese al samurai del cielo. - Mi è sembrato che anche tu fossi prigioniero di uno di quei sogni...” Touma sbiancò. Tutto quello che riuscì a fare fu annuire seccamente un paio di volte, poi fu salvato da Shu che spostò l'attenzione su altro. Cominciarono a parlare di come lo Youia si fosse dissolto sotto il colpo di Shu e di come ci fossero poche speranze che fosse stato sconfitto definitivamente, ma Touma non riusciva più a seguire i discorsi. Il cuore aveva preso a battergli all'impazzata e gli sembrava di soffocare. L'aria gli mancava, il suo animo era ancora prigioniero di quella grotta sudicia, e non sapeva come uscirne. Si alzò di scatto. Balbettò qualcosa per giustificarsi e si diresse a grandi passi verso camera propria. Quando aprì la porta, rimase impietrito. La finestra era distrutta. Dalle fessure della tapparella entrava l'aria fredda, e tutti i libri della mensola erano stati raccolti frettolosamente da terra ed accatastati sul tavolo. Il copriletto era stato tagliato in più punti dalle schegge di vetro e la sedia, cadendo, si era spaccata in un angolo dello schienale. Si sentì perso: casa sua, il suo rifugio, era stata violata. Accanto ai suoi Nakama provava rabbia e disagio, e non riusciva ad immaginare un solo luogo in cui sentirsi al sicuro. Sentì la gola chiudersi in un pianto che però non riusciva ad uscire. Si lasciò cadere sul letto per poi rannicchiarsi su un fianco: mai in tutta la sua vita si era sentito così solo, nemmeno da bambino.


- o -

 

Era rimasto così per almeno un'ora. Avevano cercato di farlo uscire diverse volte, ma si era rifiutato, e alla fine sembrava che avessero rinunciato.
Sentì di nuovo dei passi avvicinarsi alla porta.
“Lasciatemi solo. Per favore...”
Per un po' non sentì nient'altro. Pensò che sarebbero andati via, poi la porta si aprì. Si voltò per gridare che non voleva nessuno, ma le parole gli morirono sulle labbra. Ryo entrò e si chiuse la porta alle spalle. Lo fissava come se volesse trapassarlo, e aveva quel fuoco negli occhi...
“No. - Si stese accanto a lui, abbracciandolo. – Non mandarmi via. Io... non me ne andrò.” Sembrava un misto tra una minaccia, una promessa e una richiesta di scuse.
Touma cercò di soffocare un singhiozzo. Si girò, dandogli le spalle, ma Ryo non lasciò la presa.
“Touma, cosa succede? Dicono che dobbiamo darti tempo di riprenderti, ma io non ce la faccio. Voglio sapere cosa c'è che non va.” Ci aveva provato seriamente a rimanere di là con gli altri, ma era qualcosa decisamente al di sopra delle sue possibilità. Ryo non era fatto per l'attesa.
“Io... non lo so.”
“Ti senti male? Abbiamo fatto qualcosa che...”
“No! No... voi non c'entrate, sono io che non riesco a ragionare. Mi dispiace...”
Ryo intensificò la stretta, poi si pentì. A volte aveva la sensazione di essere troppo. Troppo forte, o irruento. Troppo intenso. Seiji gli aveva raccontato che nel suo sogno tutto era oscurità. In quello di Ryo, tutto era coperto di cenere. Se ogni sogno li aveva intrappolati in ciò che più temevano, la cenere era paura di questo? Di perdere il controllo, bruciando tutto ciò che aveva attorno? Avrebbe voluto chiedere a Touma come era stato il suo incubo, ma qualcosa gli diceva che non era il caso.
“Non importa. Io sono qui. Gli altri sono qui. Non avere paura...”
Touma sentì il cuore stringersi al contatto con il calore di Rekka. Ryo era il fuoco in tutto e per tutto. Nella furia e nell'amore. Ma per Touma, questa volta, era come assistere ad un meraviglioso tramonto rosso e dorato da una finestra chiusa da sbarre. Sentiva il suo calore, ma non riusciva a toccarlo davvero. Provò l'istinto di fuggire, ma riuscì a controllarsi. Strinse gli occhi. Se non poteva avere più di quello, se lo sarebbe fatto bastare. Doveva solo credere che sarebbe passato. Doveva solo riprendersi, e tutto sarebbe tornato come prima.


- o -


“Voglio solo controllare come stai!”
“Lasciami stare, ho detto! - Touma si accorse di aver urlato, e subito abbassò la voce. – Ho detto che sto bene. Non c'è nulla che tu possa fare.”
Seiji alzò gli occhi al cielo. Cercò di mostrarsi sereno, ma tra tutti loro, era quello che provava la maggiore inquietudine di fronte al nuovo Touma.
“D'accordo. Non è che io voglia... assillarti. Sono soltanto preoccupato. Hai subito ferite gravi, e sono passati solo due giorni.”
“Mi hai curato, no? - Seiji sobbalzò, nello sguardo quasi un'ombra colpevole. Touma non capì il perchè, ma la sua rabbia comunque non scemò. - Ti chiedo solo di lasciarmi stare.”

Per l'ennesima volta, dopo aver sbottato con uno dei suoi Nakama, si sentì all'istante una vera schifezza.
Cercò di allontanarsi, ma fu intercettato da Shin.
“Cosa sta succedendo?”
“Non mettertici anche tu, per favore!”
Si guardò attorno, in trappola. Aveva bisogno di aria. Istintivamente si mosse verso la terrazza, ma appena uscito fu preso dal panico. Fece dietro front e si gettò fuori di casa, ignorando le voci degli altri.
Era talmente agitato che non prese nemmeno l'ascensore. Fece le scale di corsa, poi uscì fuori, senza nemmeno sapere dove andare. Erano passati due giorni da quando si era svegliato, e si era comportato così male con tutti che ogni volta gli sembrava di non poter far peggio. E la volta dopo si smentiva da solo.
Razionalmente sapeva che non aveva senso, ma sentiva questa terribile furia che gli montava dentro e che non era assolutamente in grado di controllare.
E peggio di tutti si era comportato con Shu. La sua sola presenza lo mandava in crisi. Shu lo guardava, e il cuore alterato di Touma vedeva nei suoi occhi un muto rimprovero. Le parole di Shu gli rimbombavano nelle orecchie. Non potresti scendere da lì, per favore? Touma si sentiva stupido. E cattivo. Ma non ne veniva a capo. Svoltò un paio di strade, e non si stupì di essere finito nel piccolo parco in cui andava sempre a passeggiare. Si fermò proprio al centro, il fiato corto e la fronte imperlata di sudore. L'erba era solcata da bruciature, e la terra e persino l'asfalto erano spaccati in vari punti. Riconobbe l'effetto delle Yoroi di Ryo e Shu. Cadde in ginocchio e si coprì il volto con le mani.
Dopo poco sentì una mano passargli lentamente sul capo e poi scendere a stringergli una spalla. Non ebbe nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo.

Touma...”
Non rispose. Non ce la faceva.
Shin lo abbracciò, poi lo costrinse ad alzarsi. Lo accompagnò ad una panchina poco distante, e si sedette accanto a lui.
Touma aveva quel maledetto groppo di pianto che aspettava da due giorni di essere liberato, e quando finalmente incontrò il suo sguardo, le lacrime e i singhiozzi decisero che era arrivato il momento di uscire. Shin si limitò ad abbracciarlo ed aspettare. Quando Touma sembrò più calmo, gli fece alzare il volto, senza allontanarlo.

Touma, va tutto bene. Andrà tutto bene.”
No, non andrà bene. Io non so cosa mi succede, capisci?! Io... ho cercato di farmela passare, ma non ci riesco! E vi sto facendo stare male tutti.”
Touma, quando si sta male è difficile controllarsi, si fanno cose di cui ci si pente subito. Il dolore a volte rende cattivi. Credimi, io lo so...”
Shin aveva pronunciato queste ultime parole con voce rotta, e Touma riuscì ad emergere dalla propria disperazione abbastanza da coglierlo.

Cosa...vuoi dire? Shin, tu non sai nemmeno cosa voglia dire essere cattivi.”
No. Lo sono stato, invece, e molto. Stavo male... così male che ho dimenticato chi ero e chi eravate voi. Ho esitato così a lungo che stavo per farvi uccidere, e non posso perdonarmelo.”
Shin... - Stava parlando di... - Shin, non parlerai di quando abbiamo combattuto contro Mukara?”
Si limitò ad annuire, con gli occhi bassi, e Touma sospirò. Tutti loro sapevano che per Shin era stato un brutto colpo, e di certo aveva impiegato molto a ricostruire il proprio rapporto con Suiko. Ma dopo tutti quegli anni... dopo tutto quel tempo, Touma non poteva accettare che si tormentasse ancora per quella storia.

Non è vero. Tu avevi capito, avevi soltanto capito tutto prima di noi. Noi siamo stati ciechi riguardo alle Yoroi, e quello che è successo poi ci ha confermato che non c'era più niente di buono in esse.”
Ma vi ho abbandonato! Ho lasciato che i dubbi e la paura mi frenassero, e vi ho messo in pericolo...”
Touma invertì le posizioni, abbracciandolo. “Ma sei tornato. E ci hai salvato.”

Poteva essere troppo tardi. Potevo essere soltanto un po' più debole, – Due grosse lacrime gli scesero lungo le guance. – e sarebbe stato troppo tardi.” Se ripensava alle conseguenze che avrebbe potuto avere il suo gesto, Shin provava ancora un terrore irrazionale che gli faceva girare la testa e gli copriva la schiena di sudore freddo.
Non sei debole. Io non ho mai avuto dubbi. Non li avevo allora e non li ho adesso. E non posso credere che tu ci stia ancora pensando!”
Non ci penso quasi mai. - Tirò su col naso – Oddio, sono un vero disastro. Ero venuto per aiutarti, e alla fine son qua a frignare come al solito!”
Tu non frigni. - Lo punzecchiò. – Tu versi virilmente lacrime di commozione.”
Shin lo spinse via, ridendo. Poi lo abbracciò di nuovo.

Ecco, questo è Touma.”
Mi dispiace...”
Non è colpa tua, lo sai. Seiji dice che avevi un trauma cranico, e ho letto che può avere come conseguenza sbalzi d'umore e scatti d'ira. E questi sogni in cui siete stati trascinati hanno fatto il resto...”
Lo pensi davvero?”
Ma certo! Io credo che in quel momento la tua mente fosse troppo indebolita per opporvisi, e così stai impiegando più degli altri per uscirne. Ma passerà, ne sono sicuro. - Si mise in piedi e sollevò Touma con sé. – Coraggio, torniamo dagli altri.”
“Shin, non credo di farcela. Sono stato una vera merda, e dubito che possano essere comprensivi come te. E appena apriranno bocca sono sicuro che darò il peggio di me, e non voglio.”
Non dire stupidaggini. Nessuno è arrabbiato, sono solo preoccupati.”
No, non credo. Soprattutto Shu. Se non mi rivolgesse più la parola, so che me lo meriterei.”
Shin ridacchiò. “Touma? Vedi niente di strano su quell'albero?”
Touma sollevò lo sguardo, e vide la figura di Shu, acquattata tra i rami, che li spiava con aria attenta.

Ma... da quanto tempo è lì?”
Più o meno da quando sono arrivato. Credo che ci abbia seguito appena siamo usciti.”
E... perchè?”
Perchè è preoccupatissimo per te. Ed è convinto che tu ce l'abbia con lui, ma non capisce il motivo.”
Touma si passò una mano sugli occhi. “Sono un vero cretino.”

Smettila, e vai da lui.”
Si avvicinò all'albero, e con un balzo Shu fu di fronte a lui.

Io... - Touma si sforzò di alzare lo sguardo – Scusami. Mi dispiace.”
Shu non sapeva cosa dire, così non disse nulla. Lo abbracciò con un tale slancio che per poco non caddero entrambi a terra. Touma rispose all'abbraccio, e Shu finalmente sentì la tensione scivolare via. Era tutto inutile. Se con uno dei suoi Nakama c'era qualcosa che non andava, lui non poteva essere felice.
Era un dato di fatto, e ne aveva avuto la conferma, ancora una volta.

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Capitolo 9
*** Un po' meglio e un po' peggio ***


Touma osservò con aria critica i libri di nuovo allineati con ordine sullo scaffale sopra alla scrivania. Con un po' di pazienza, era riuscito a ridare alla sua camera un aspetto quasi normale. Sfilò uno dei volumi e passò le dita sul dorso un po' consumato. Si chiese se fosse arrivato il momento di rileggerlo per l'ennesima volta. Due sere prima, dopo che erano rientrati dal parco, Shin l'aveva spinto in camera e l'aveva praticamente messo a letto, come un bambino. Lui l'aveva lasciato fare: il calo dell'adrenalina dopo quell'ultima sfuriata era stato il colpo di grazia alla sua condizione già fragile, ed era crollato addormentato nello stesso istante in cui Shin si era richiuso la porta alle spalle.
Mentre dormiva, i suoi Nakama dovevano aver stabilito una sorta di condotta da tenere nei suoi confronti, perchè da quel momento discussioni e tensioni erano cessati completamente.
Touma, da parte sua, aveva cercato di rimanere solo per il maggior tempo possibile. Si sentiva ancora piuttosto scombussolato e teso, e non voleva rischiare di dare ancora spettacolo.
Stava quasi tutto il tempo chiuso in camera, a leggere o a riposare. Quando era uscito per mangiare o prendere qualcosa, i suoi compagni si erano tenuti a debita distanza.
Non che l'avessero lasciato solo: sentiva i loro sguardi attenti su di sé. Non l'avevano perso di vista un istante, limitandosi a qualche fugace tocco affettuoso ogni volta che era stato a tiro. In due giorni trascorsi in quel modo aveva fatto il pieno di coccole e di silenzio, e cominciava a sentirsi abbastanza tranquillo.
Probabilmente era arrivato il momento di tornare nel mondo. Tra poco sarebbe stata ora di cena: poteva leggere qualche pagina, e poi provare a mangiare con loro. In fondo non ne poteva più di pasti consumati alla scrivania, col solo sottofondo del proprio cervello sempre in movimento.

- o -


Ryo allungò le braccia sopra alla testa. Allargò un po' le gambe, poi con cautela si piegò all'indietro, tendendo il più possibile i muscoli del torace. Rimase così per qualche istante, poi si rilassò, soddisfatto. Finalmente il dolore era cessato, e riusciva a muoversi liberamente.
Nonostante l'intervento di Kourin, era rimasto indolenzito e dolorante più di quanto aveva sperato.
In realtà succedeva sempre: era come se il corpo si ribellasse a quella guarigione troppo veloce.
Si buttò sul divano, e si accorse che Seiji lo stava osservando dalla porta.
“Mi sembra che tu stia meglio.”
“Sto benissimo. Grazie a te, come sempre.”
Seiji alzò impercettibilmente le spalle, poi andò a sedersi accanto a lui. Shin li osservava dalla cucina, e Shu gli stava ronzando attorno con la scusa di apparecchiare, ma con l'intento di spiluccare qualcosa prima che la cena fosse in tavola.
“Ormai sono passati quattro giorni da quando siamo stati attaccati. Mi chiedo se torneranno a farsi vivi.”
“Temo di sì. Non è mai successo che ce la cavassimo con così poco, e comunque mi sembra di percepire ancora gli strascichi di quello strano sogno. E' come se ne avessi ancora un pezzetto dentro.”
Shin posò il mestolo ed andò a sedersi di fronte a loro.
“Anche per te è così, Seiji?”
“Purtroppo sì. Ogni volta che ho provato a meditare, in questi giorni, ho sentito come un'interferenza. E fatico ad addormentarmi.”
Anche Shu si unì a loro, la bocca vistosamente piena nascosta dietro ad una mano.
“E' davvero strano. - Biascicò. – Quando l'ho colpito sembrava fatto di niente, eppure mi ha tolto un sacco di forze.”
Ryo annuì, sovrappensiero. Ricordava bene come si fosse stancato velocemente, pur combattendo contro creature apparentemente deboli.
“E' diverso da qualsiasi altro youja che abbiamo affrontato in questi anni, - Rifletté Shin. – sarà meglio essere cauti.”
“Beh, io non ne posso più di aspettare! Sarà meglio che si facciano vivi, così ci toglieremo il pensiero!”
“Shu, come sempre sei troppo irruento!”
Seiji annuì, confermando le parole di Shin.
“Non dobbiamo sottovalutare questo Youia. Anche se all'apparenza potrebbe sembrare debole, non dobbiamo dimenticare che ci ha messo in difficoltà.”
“Beh, questo solamente perché...” Shu fu interrotto dalla voce di Touma.
“Solamente perché tra noi cinque c'è un coglione che si è quasi ucciso stando seduto sul bordo di un terrazzo, no?”
Sobbalzarono: non si erano accorti che fosse lì.
“Non è questo che volevo dire!”
“Ma è quello che è successo! Vi ho messo in pericolo perché non so badare a me stesso! Deve essere davvero una gran fortuna avere un compagno a cui dover fare da balia, no?!”
Ryo e Shin si alzarono, cercando di fermarlo, ma Touma sparì nuovamente in camera da letto. Si chiuse la porta alle spalle, ma quando cercò di girare la chiave si accorse che l'avevano tolta. Gridò di rabbia e frustrazione, e diede alla porta un pugno così forte che il legno scricchiolò. Si diresse a larghi passi alla finestra, sporgendosi fuori e cercando di respirare profondamente.
Guardò in alto, verso le nuvole. Aveva bisogno di Tenku, ma non voleva sapere se guardando giù avrebbe sentito le vertigini.
Avrebbe pianto se ci fosse riuscito, ma la gola era di nuovo serrata in una morsa che non riusciva a sciogliere.
“Maledizione...” Sussurrò, coprendosi gli occhi. Si era illuso che le cose cominciassero ad andare bene, era così sicuro di stare meglio!
Ma poi, appena uscito dalla stanza, li aveva sentiti parlare dello Youia e di cosa era successo, e si era reso conto di non aver risolto nulla. Sentì bussare delicatamente e poi la porta si aprì. Accidenti a Shin e alla sua mania di aggiustare sempre le cose!
Ma non era Shin. La testa bionda di Seiji fece capolino nella stanza. Era pallido, e sembrava quasi insicuro.
“Posso entrare?”
“Posso impedirtelo? Avete persino tolto la chiave... - Deglutì, odiando la propria voce strozzata – Il prossimo passo quale sarà? Farete sparire gli oggetti affilati e i lacci delle scarpe?”
“Touma, smettila...”
“Perché non mi lasciate perdere e basta? Sono certo che sarebbe un sollievo per tutti!”
Seiji lo raggiunse in un attimo, gli prese le mani e lo costrinse a sedersi sul letto.
Pensi di poter smettere di dire stronzate? - Touma aprì la bocca per parlare, ma Seiji lo zittì con un gesto. - Adesso ascoltami. Non è colpa tua se sei caduto. Nessuno lo pensa, e nessuno ti fa da balia. Cerchiamo di aiutarti, come abbiamo fatto mille volte per ognuno di noi. Come tu... tu stesso hai fatto per ognuno di noi. Abbiamo tolto la chiave perché avevamo paura che tu fossi di nuovo catturato in uno di quei sogni e non volevamo dover sfondare la porta per poterti raggiungere.”
Touma non rispose. Era immobile, e fissava le mani di Seiji strette attorno ai propri polsi.
“Mi dispiace che i nostri discorsi ti abbiano turbato. Se avessimo saputo che eri lì, non ne avremmo parlato.”
“Non voglio essere trattato come se fossi di porcellana.”
Seiji si accorse che la mano di Touma era rossa e un po' gonfia. “Adesso cerchi anche di romperti una mano?”
Touma scrollò le spalle con poca grazia. “Tanto sono inservibile in ogni caso...”
“Inservibile può esserlo un oggetto, un attrezzo. Tu sei una persona. Tu sei Touma, e sei Tenku...”
“Io non so più cosa sono. E' come se non mi riconoscessi più...”
Seiji lasciò la presa. Si scostò appena, chiaramente turbato.
Il primo pensiero di Touma fu di averlo talmente deluso da averlo allontanato. Ma poi si rese conto di quanto fosse a disagio, sembrava lui quello a sentirsi in torto. Come gli era successo con Shin, riuscì a vincere il proprio malessere per raggiungere l'amico. Si disse che forse era un buon segno.
“Cosa ti succede? Sembri preoccupato...”
“Io... Niente. Non voglio turbarti ulteriormente con cose che... niente, lascia perdere.”
“Ah, no. Voi potrete anche trattarmi come un infante e cercare di proteggermi, ma se hai un problema voglio saperlo. Soprattutto perché sono convinto che la cosa riguardi anche me.”
Seiji sospirò. “D'accordo. Ma cerca di non farti condizionare da questa cosa, perché sicuramente è una paranoia mia, e non ha nessun senso. Va bene?”
Touma contò fino a dieci. La rabbia di poco prima stava scemando e non voleva che tornasse fuori. “Promesso. Ma adesso spiegami.”
“Quando... beh, quando sei caduto. Avevi una ferita alla testa. Un trauma cranico, credo. Ho cercato di curarti, ma non avevo mai fatto nulla del genere, non riuscivo a capire come stavi... e poi ho cominciato a perdere le forze, non riesco nemmeno a ricordare bene cosa ho fatto, e...”
Si fermò. Man mano che parlava, la voce si era fatta sempre più tesa. Touma sbattè gli occhi un paio di volte. Non sapeva se arrabbiarsi o ridere.
“Stai cercando di dirmi che... hai paura di avermi curato male?!”
“No! Io...”
“Tu hai paura di avermi rincretinito.”
Seiji aprì la bocca per negare, poi la richiuse. “E' quello che ho detto, vero?”
“Sostanzialmente...”
“Mi dispiace. Non volevo insinuare questo... ma tu hai cominciato ad essere così diverso, e io non riuscivo a smettere di pensare che...”
Touma lo fermò, mettendo le mani sulle sue.
“Ascoltami, faremo così. Quando questa storia sarà finita, rifarò il test per misurare il Q.I. Se verrà fuori che son rimasto scemo, e perderò il posto come ricercatore all'università, salderai questo tuo debito assumendomi al Doujo come inserviente, d'accordo?”
Seiji lo fissò a bocca aperta per qualche secondo. “Non... non posso credere che tu possa scherzare su una cosa del genere!”
“Ed io non posso credere che tu l'abbia pensata. - Gli circondò le spalle con un braccio. Sorrise, ma era un sorriso triste. - Dovresti essere contento che io riesca a scherzare. E' segno che forse per me c'è ancora speranza...”
“Smettila. Starai bene molto presto, ne sono sicuro.”
“Non lo so. Anche dopo aver parlato con Shin mi sembrava di stare meglio, ma guarda come è finita.”
“E' finita che hai avuto uno scatto d'ira. E forse ne avrai altri. E pian piano passerà, e quando riusciremo a spazzare via questo maledetto Youia staremo tutti meglio.”
“E questo è un ottimo incentivo a farlo fuori il prima possibile!” Si voltarono entrambi verso Ryo, che era poggiato allo stipite della porta, con le braccia incrociate.
“Non lo sai che origliare è una cosa da maleducati?” Lo rimbeccò Touma.
“Io non origlio: io vi tengo d'occhio. E comunque Shin ha detto che la cena è pronta, venite a mangiare?”
Touma rimase un attimo indeciso. Seiji si alzò e lo tirò in piedi.
“Coraggio. Puoi sempre rintanarti qua alla prossima sfuriata.”
Touma alzò gli occhi al cielo, ma lasciò che Ryo lo prendesse sottobraccio e lo trascinasse allegramente in cucina.

- o -

“Esci?”
Shin si voltò, un piede già fuori dalla porta. “Touma! Non pensavo fossi già sveglio...”
“Ieri sera mi avete messo a letto alle dieci...”
“Come ti senti?”
“Meglio. Dove vai?”
“A fare un po' di spesa. Anche se avevi stipato la casa di provviste, ormai ci siamo mangiati quasi tutto.”
“Ryo dov'è?”
“E' andato a correre al parco. Seiji l'ha costretto al riposo per quattro giorni, e stava impazzendo... Comunque in casa ci sono Shu e Seiji, e io non tarderò molto.”
“Non ne posso più di stare chiuso qui dentro. Ti accompagno a fare la spesa, così ti mostro le mie bancarelle di fiducia.”
“Non so... Non sono sicuro che sia una buona idea.”
“Shin, io sto bene. E comunque ci hanno attaccato anche qui, no? Se vogliono trovarci lo faranno comunque, e se saremo fuori casa, almeno mi risparmierò di far cambiare un altro infisso...”
“Uff... e va bene. Ma devi promettermi che se non ti senti bene, me lo dirai e torneremo a casa.”
“Promesso.”
“Chiederò a Shu se vuole venire con noi. Così potrà scegliere cosa cucinare per pranzo.”
Touma sollevò gli occhi al cielo. Shu mangiava praticamente qualsiasi cosa, non avrebbe fatto alcun commento sul menu... la sua reale funzione era di rinforzo alla scorta, ma opporsi non sarebbe servito a nulla. E comunque, dopo tutto quello che era successo, passare un po' di tempo con lui gli sembrava un'ottima idea.
Dieci minuti dopo erano tutti in strada a chiacchierare del più e del meno. Touma aveva esaminato con cura la vetrina di una nuova libreria che aveva aperto da poco, e aveva sentenziato che aveva solo roba dozzinale e di moda.
Shu aveva studiato il menu del ristorante cinese che c'era lì accanto e non aveva commentato. Era superfluo. Il primato del ristorante della sua famiglia era intoccabile, almeno a detta sua.
Shin stava quasi cominciando a rilassarsi, quando tutti e tre sentirono il rintocco delle Yoroi cominciare a risuonare, prima sommessamente, poi sempre più forte. Shin si avvicinò istintivamente a Touma, che era impallidito: anche se cercava di mostrarsi calmo, sentiva il cuore battere all'impazzata.
Svoltarono in un vicolo stretto da due case, e da lì in un piccolo cortile su cui si affacciava il retro di un negozio. Indossarono le armature.
Poco distante, altre due Yoroi avevano suonato. Ryo e Seiji corsero in strada, il cuore e la mente tesi a localizzare i compagni. Dovevano essere veloci, e riuscire a riunirsi tutti, ancora una volta.

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Capitolo 10
*** Cadere o volare ***


Come cinque giorni prima, il tempo mutò improvvisamente. Grosse nuvole scure si raccolsero sopra ai palazzi, e un vento forte e polveroso si sollevò, avvolgendoli.
Shu, Shin e Touma si strinsero a cerchio, schiena contro schiena. Era metà mattina, e le strade erano piene di gente. Si chiesero se le persone sarebbero state coinvolte nello scontro, o se lo Youia fosse interessato soltanto a loro ed alle loro Yoroi.
In ogni caso non fecero in tempo a fare nulla in proposito, perché vennero circondati dalle stesse ombre grigie che già li avevano attaccati. Le videro materializzarsi una dopo l'altra attorno a loro, ma prima ancora di poter sfoderare le armi, vennero colpiti da una spinta fortissima. Una sorta di onda d'urto si liberò dal cerchio di Youia e li gettò contro i muri del cortiletto, separandoli. Sbalzati in quel modo, attraversarono alcune ombre, dissolvendole.
Il contatto con quei corpi di fumo e polvere gli trasmise un brivido, poi ricaddero a terra, tramortiti.
Nonostante la protezione della Yoroi, Shin sentì che la mente gli si stava annebbiando. Non era soltanto il colpo subito, ma anche una sorta di forza che veniva esercitata sulla sua mente.
Vide le ombre avvicinarsi e chinarsi su di lui e sui suoi compagni, ma non riusciva a rimanere lucido. Un braccio scuro entrò nella sua visuale. Lo vide che si allungava verso il suo viso come se si muovesse al rallentatore, poi non riuscì a distinguere più nulla.
 
- o -
 
Nell'istante in cui i loro tre Nakama furono investiti dall'onda di energia, Seiji e Ryo percepirono la stessa onda dentro di sé. Per un attimo le gambe gli si fecero molli, e dovettero fermarsi ad aspettare che passasse.
Per quanto il loro legame fosse forte e capace di trasmettere sensazioni, non accadeva quasi mai che qualcosa di materiale come un colpo venisse percepita in quel modo. Seiji si passò una mano sugli occhi, come a snebbiarsi la mente.
“Dobbiamo sbrigarci.”
Ryo annuì secco, poi riprese a correre: se non altro ora gli sembrava di sentire più chiaramente dove si trovassero gli altri.
Svoltarono in un grande viale pieno di negozi, e da lì individuarono il vicolo che conduceva al cortiletto chiuso. Quando arrivarono videro quello che temevano: Shu, Shin e Touma a terra, ed ombre nere su di loro, a decine. Indossarono le armature.
Seiji fece per sfoderare la spada, ma prima ancora di averla afferrata si sentì attraversare da qualcosa di doloroso e immateriale. Un'ombra  scura lo passò da parte a parte, dandogli la sensazione di strappargli le viscere e trascinarle via con sé. Sentì i sensi venire meno, ma non riuscì ad opporvisi.
Ryo fece per gettarsi su Seiji, ma venne fermato.
Si avventarono su di lui. Non erano forti sul corpo, ma spingevano sulla sua mente, come a volerla aprire e riempire dei loro aliti grigi.
Il legame con gli altri era praticamente scomparso. In pochi istanti fu sopraffatto e scivolò nel buio come i suoi Nakama.
 
- o -
 
Shin aprì gli occhi in un luogo sconosciuto, ed in pochi istanti seppe di essere stato portato in uno di quei sogni. Si trovava in una sorta di landa estesa all'infinito e completamente spoglia e brulla.
Il terreno luccicava e scricchiolava sotto i suoi passi, e chinandosi a toccarlo si rese conto che era un deserto di sale. Se quello fosse stato un luogo reale, forse gli sarebbe sembrato anche bello.
Ma trasformato in un sogno, riusciva a trasmettergli solo solitudine e tristezza. Era un luogo morto, privo di confini e opprimente.
Sulla sua testa il sole splendeva violento. Non era una luce calda, ma una sorta di minaccia che gli feriva gli occhi riverberando sul sale e che gli bruciava la pelle.
L'armatura era scomparsa. Shin ebbe la sensazione che il suo corpo si stesse asciugando rapidamente, e per proteggersi aveva soltanto gli abiti con cui era uscito di casa. Sollevò il cappuccio della felpa per coprirsi il capo, e si sedette a terra, cercando di pensare a come uscire da lì.
 
- o -
 
Seiji era di nuovo immerso nella oscurità più innaturale, il dolore all'addome che gli riverberava ancora dentro. Quando capì cosa era successo, un'ondata di rabbia lo fece scattare in piedi. Se la volta precedente era riuscito a sfuggire grazie al contatto con Shin, stavolta difficilmente avrebbe potuto farci affidamento. Quasi sicuramente erano tutti nella stessa situazione, separati gli uni dagli altri da una coltre di incubi.
Si arrabbiò con sé stesso: stava perdendo la calma,  e non poteva permetterselo. Qualcosa strisciò velocemente accanto a lui. La sentì che gli sfiorava il polpaccio per poi allontanarsi.
Rimase in ascolto, poiché non poteva fare nient'altro: in quel buio completo non era possibile distinguere nulla.
Dopo poco sentì un altro tocco leggero sulla spalla, e subito dopo qualcosa gli sgusciò tra il braccio ed il fianco, poi con un tonfo si acquattò ai suoi piedi. Poteva sentirne il respiro, assieme ad altri rumori sussurrati e scricchiolii sommessi tutto attorno a sé.
Il fatto di non poter vedere nulla rendeva il tutto più inquietante. Si accorse con disappunto che il cuore aveva preso a battergli forte. Si mise in posizione di difesa, ma sapeva che non gli sarebbe servito a molto.
 
- o -
 
Shu aprì gli occhi e quando vide dove si trovava dovette trattenere una risata isterica.
Quel maledetto Youia era un vero maestro degli incubi, niente da dire. Nemmeno in quelli che Shu faceva sempre nei mesi successivi al suo lancio nel vuoto, la sua mente era riuscita a creare uno scenario che lo inquietasse così tanto.
Si trovava in cima ad una sorta di pinnacolo di pietra, che si slanciava altissimo in mezzo al nulla.
Tutto attorno si stagliavano le cime indefinite di montagne lontanissime, e il cielo era grigio e immobile.
Shu provò ad affacciarsi giù, le mani che tremavano impercettibilmente.
Sotto di lui, a decine e decine di metri, la torre era circondata da nuvole bianche e filamentose, che nascondevano quello che c'era sotto. Avvicinandosi al bordo, fece staccare una scheggia di pietra, che cadde giù, attraversando le nubi e scomparendo in un istante.
Shu rimase in ascolto, cercando di capire quanto avrebbe impiegato a toccare terra. Quando capì che non avrebbe sentito nessun suono, si chiese quanto avrebbe impiegato prima di farsi prendere dal panico.
Si sedette a gambe incrociate. Lo spazio a sua disposizione era talmente stretto che non avrebbe potuto nemmeno stendersi senza rischiare di cadere.
“Coraggio Shu, pensa. Pensa a qualcosa per uscire da qui, perché altrimenti stavolta non ci caverai le penne!”
 
- o -
 
Ryo si alzò in piedi, di nuovo prigioniero di quel grigio polveroso. Stavolta quel luogo gli sembrava leggermente diverso. A terra, qua e là, c'erano diversi oggetti. Non riusciva a distinguere di cosa si trattasse, perché erano completamente coperti da un grosso strato di cenere.
Si chinò a raccoglierne uno e vide che era il suo vecchio coltellino a serramanico.
Quello successivo era una macchina fotografica annerita e deformata dal calore.
Non era difficile capire quale fosse il gioco dello Youia.
La lasciò cadere, non era disposto a lasciarsi torturare.
Ma quando intravide la sagoma di un elmo spezzato, non potè fare a meno di chinarsi e sfiorarlo. I dubbi che lo avevano tormentato per tante volte tornarono a galla, e stavolta non sapeva come arginarli.
Respirò profondamente due o tre volte, provando a svuotare la mente come aveva cercato di insegnargli Seiji. Ma appena gli sembrò di stare un po' meglio, si alzò il vento. Subito la cenere cominciò a sollevarsi e turbinare attorno a lui. Cercò di proteggersi il viso con le mani, ma la cenere si insinuava ovunque, cercando di soffocarlo.
 

- o -
 
 

“No! Non di nuovo, no!!” Touma aveva aperto gli occhi e gli erano bastati tre secondi per cadere preda del panico. Era di nuovo là sotto, e stavolta la grotta gli sembrava ancora più stretta e soffocante. Era così bassa che era costretto a restare accovacciato a terra, e filtrava pochissima luce.
“Maledizione...” si strofinò le mani sulle braccia diverse volte, cercando di reagire. Non sapeva se era più forte l'angoscia o la rabbia per essere una preda così facile.
Si sforzò di pensare in maniera costruttiva. Cosa aveva detto Shin? Che la sua mente era stata colpita così duramente dal sogno perché era ferito? beh, era credibile.
Sì, doveva essere così.
E se adesso lui era guarito, non si sarebbe fatto soggiogare facilmente come la volta precedente.
“Ascoltami! - Gridò alle pareti della grotta. - Stavolta non mi lascerò vincere con così poco, hai capito? Non sono più così debole!”
La sua voce riecheggiò per un po', poi il silenzio coprì tutto.
Non era cambiato molto, ma almeno gli sembrava di sentirsi più calmo e forte. “D'accordo. Adesso devo solo capire come uscire da qui.”
In quel momento, però, la terra cominciò a tremare. Touma cadde seduto, e si accorse che diverse zolle e pietre si stavano staccando dal soffitto della grotta, per poi franargli addosso.
Si sollevò un rombo simile a quello del terremoto: tremava tutto così forte che Touma non riusciva nemmeno a ripararsi.
La terra lo stava ricoprendo rapidamente, così rapidamente che non riusciva a sollevarsi. Nonostante questo, non si era aperto nessuno spiraglio sopra di lui. Semplicemente, sopra alla terra ce ne era altra, e poi altra ed altra ancora.
Un paio di sassi più grandi degli altri lo colpirono, e all'improvviso fu attraversato da un pensiero.
Stavolta non si trattava di tenerlo prigioniero. Quel maledetto Youia stava cercando di ucciderlo. E siccome probabilmente era troppo debole per riuscire a farlo nel mondo reale, li aveva trascinati nel proprio territorio, dove lo scontro era completamente a suo favore.
Inutile chiedersi cosa sarebbe successo ai loro corpi, se le menti fossero state spente in quel modo. Sarebbero morti all'istante, o forse avrebbero resistito ancora un poco, giusto il tempo di essere sbranati da quel mostro. Magari là fuori ci stava già provando, e lui era fermo lì a farsi domande e lasciarsi seppellire dal fango.
La sua mente prese a lavorare freneticamente.
Quel luogo non esisteva davvero. E se stava sognando, allora doveva semplicemente svegliarsi.
Ma se da solo non ci riusciva, allora doveva cercare qualcosa. Qualcosa che lo richiamasse fuori di lì.
“Avanti Touma, è il momento di afferrare una di quelle tue verità illuminanti!”
Lui non era mai stato una persona costante. Non aveva la forza di volontà di Seiji, ad esempio, o la passione di Ryo. Lui alternava periodi di calma piatta a momenti in cui le cose improvvisamente gli apparivano chiare e limpide, ed imparava – dalla vita o dai libri – qualcosa di nuovo ed estremamente importante.
Come la volta in cui aveva scoperto di saper volare e aveva capito di dover pretendere da sé stesso qualcosa di più. O come quando si era rassegnato a lasciare entrare i suoi nakama non soltanto nella sua vita, ma anche nella parte più intima e chiusa di sé.
E loro erano lì. Lo erano anche in quel momento, anche se là sotto sembrava impossibile sentirli.
Ma Touma sapeva che c'erano, doveva solo fare silenzio, moltissimo silenzio, e avrebbe ascoltato il loro flebile richiamo.
Tutto si fermò. La terra smise di tremare, e pian piano tutto si fece bianco. Touma si aspettava da un momento all'altro di riaprire gli occhi in quel cortiletto, ma non fu così. Il bianco scemò, si trasformò in grigio fumoso, e vide che stava volando. Sentiva un richiamo, un richiamo disperato. Volò attraverso un cielo fumoso e grigio, tra montagne lontane e minacciose.
 
 
- o -
 
Shu si infilò le mani in tasca, frustrato. E gli sfuggì un sorriso quando le dita si appiccicarono alla vecchia caramella bianca e verde che aveva trovato nel cassetto di Touma.
Cosa avrebbe dato, per rivederlo. Voleva i suoi nakama.
Li voleva tutti, ma più di tutti voleva lui, perché da quando aveva trovato quella caramella sentiva che doveva dirgli qualcosa. Non sapeva nemmeno bene cosa, ma sapeva che doveva farlo.
E se crepava in cima a quello spuntone di roccia, non ci sarebbe riuscito, e non era giusto.
Fece un balzo quando sentì la roccia cominciare a tremare sotto di sé. Si acquattò sulla pancia, cercando di tenersi stretto il più possibile, ma non era sufficiente. Soprattutto perché la torre cominciò a sgretolarsi, perdendo schegge e massi che precipitavano uno dietro l'altro.
Stavolta era davvero finita. - Pensò. - Che morte del cazzo.
Se non avesse avuto voglia di piangere, quasi quasi avrebbe riso.
Uno scossone più forte degli altri gli fece scivolare la caramella dalle mani. Rotolò via, e Shu la vide cadere nel vuoto.
Fu come aver perso la speranza.
O l'ultimo pensiero bello, che poi è la stessa cosa.
Sentì le mani perdere la presa, e scivolò lentamente giù.
Un attimo prima di precipitare del tutto, sentì qualcosa che lo afferrava per un polso.
Sollevò lo sguardo, e vide il sorriso calmo di Touma. Volava sospeso sopra di lui, e gli tendeva l'altra mano.
Shu sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
Era ancora vivo, ed era merito dei suoi nakama, ancora una volta.
 
 

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Capitolo 11
*** Di nuovo insieme ***


Pochi istanti dopo che Touma aveva afferrato Shu, la torre di pietra crollò. Si spezzò al centro e si ripiegò su se stessa, andando in mille pezzi con grande fragore. Si sollevò una nuvola di polvere che li investì con tale violenza che istintivamente si strinsero l'uno all'altro.
Quando la polvere si diradò, erano di nuovo avvolti dal bianco, fluttuando nel nulla.
Shu indossò l'armatura.
“Cosa facciamo adesso?”
“Dobbiamo cercare di raggiungere gli altri e uscire tutti da qui. Sono convinto che ci resti pochissimo tempo. Te la senti di separarci?”
“Certo! Soltanto che... - Shu arrossì – non so come devo fare.”
“In realtà non lo so nemmeno io. Tutto quello che ti posso dire è di cercare di ascoltare il loro richiamo: io ho fatto così.”
Shu chiuse gli occhi. Per un po' non sentì nulla, e sbuffò. Quando si trattava di quel genere di cose, aveva sempre la sensazione di partire in svantaggio.
Ma non si sarebbe arreso al primo tentativo, né al secondo. Non si sarebbe arreso comunque, se si trattava di loro.
All'improvviso sentì una voce. Era roca e disperata, e si stava spegnendo.
Sentì cambiare l'aria attorno a sé, e in un istante non era più lì.
Touma lo vide svanire dal suo abbraccio, e capì che aveva trovato una traccia da seguire.
“Coraggio – Disse a sè stesso. – trova un'altra via!”

- o -

Shin cercò di aprire gli occhi ancora una volta. Non riusciva più a tenersi sollevato, e cadendo a terra si era trovato con il viso ricoperto della parte più fine del sale. Gli occhi gli bruciavano. La gola era così secca che non riusciva più a deglutire. Le labbra erano spaccate e coperte di grumi di sangue.
In condizioni normali avrebbe impiegato ore o forse giorni a ridursi in quello stato, ma in quel luogo erano bastati pochi minuti perché il suo corpo si disidratasse pericolosamente.
Cercò di sollevare una mano escoriata per proteggere lo sguardo dal sole. Avrebbe dato qualsiasi cosa per un angolo di ombra ed un po' d'acqua, anche solo un goccio.
La lontananza dall'acqua era sempre stato un problema per lui, ma non avrebbe mai immaginato di poterne morire. Era sempre stato convinto che sarebbe morto in battaglia, e aveva sempre affrontato l'idea pensando che i suoi Nakama sarebbero stati lì accanto a lui.
E invece si stava spegnendo senza poter combattere, solo come un cane. Era così ingiusto che sentì la rabbia montare dentro di sé.
Avrebbe urlato, se ci fosse riuscito, ma emise poco più di un rantolo.
Stava ormai perdendo i sensi, quando sentì il terreno tremare sotto di sé. Una crepa si allargò nel sale, formando un cerchio attorno al suo corpo.
La terra si spaccò, sollevandosi e formando un muro di spuntoni di roccia, che lo circondò.
Si ritrovò finalmente all'ombra, protetto dai raggi del sole. Vide una sagoma forte e conosciuta stagliarsi contro il bianco del sale.
“Shin...”
Shu lo sollevò. Passò delicatamente una mano sul suo viso, cercando di togliere il sale.
Shin avrebbe voluto rispondere. Avrebbe voluto almeno sorridere, ma sentì di non riuscire a fare nemmeno quello.
Chiuse gli occhi.
“Shin! Apri gli occhi per favore, ascoltami. Aspetta, aspetta... - Shu lo scosse delicatamente – non mollare adesso, Shin! Resta sveglio, per favore, perché altrimenti come cavolo faccio a portarti via da qui? Shin!”
Shu sentì crescere il panico. A cosa serviva averlo trovato se non riusciva a strapparlo da lì? Lo stava perdendo, e non c'era più tempo.
Si premette una mano sulla bocca, cosa poteva fare?
Due grosse lacrime gli scivolarono giù dagli occhi, percorsero le guance e poi caddero giù.
Per un istante Shin riaprì gli occhi. Vide quella goccia cadere, e senza sapere come, trovò la forza di sollevare una mano per raccoglierla al volo.
Nell'attimo in cui la lacrima toccò il suo palmo, tutto si fece bianco.

- o -

Seiji cadde a terra con un tonfo. Le presenze che lo avevano circondato erano diventate così tante che l'intera oscurità ne sembrava pervasa. Non facevano nulla di più che avvicinarsi e toccarlo, ma premevano contro il suo corpo e contro i suoi pensieri come se volessero assorbirlo.
Era una sensazione innaturale e folle, eppure aveva la certezza di averla sempre provata.
Non era altro che la sensazione stessa di perdere il controllo, dotata di mani e aliti e occhi che lo scrutavano, mentre lui non poteva vedere loro...
Sentiva il cuore battere all'impazzata, come forse non aveva mai fatto, e per quanto si sforzasse, non riusciva né a ricacciarle né a ritrovare lucidità.
Il controllo... quell'eccessivo controllo che Touma gli rinfacciava ogni volta, come se fosse una malattia.
Beh, forse era vero: non era una cosa molto sana, ma era tutto ciò che aveva.
L'equilibrio, la serenità. Quella mente illuminata che tutti gli attribuivano... nessuno sapeva a quale prezzo li guadagnasse ogni giorno, nessuno capiva che erano frutto di una costante, ferrea volontà.
Del dominio inflessibile sulle proprie emozioni.
E se perdeva quello, cosa restava di lui? Si rese conto che da anni viveva con la sottile paura di crollare e perdere ciò che aveva costruito. Di veder riemergere ciò che era stato.
Mani prive di artigli e corpi morbidi e viscidi come tentacoli risalivano lungo i suoi fianchi e attorno al suo volto. Ebbe la sensazione di affogare in quel nero e di divenirne parte.
C'era qualcosa di confortante nello scomparire lì dentro, come se finalmente gli venisse concessa tregua da sé stesso e da ciò che testardamente perseguiva.
Prese due o tre boccate faticose, poi la pressione sul petto e sul volto gli fecero chiudere gli occhi.

- o -

Touma passò dal bianco accecante al nero più cupo. L'aria era immobile e silenziosa, e non riusciva a distinguere nulla. Si chiese se avesse imboccato la via giusta o fosse finito di nuovo nel niente, senza riuscire a raggiungere i propri compagni.
Poi ad un tratto gli sembrò di vedere qualcosa, il riflesso di un bagliore dorato in mezzo al buio. Corse in quella direzione e perse un battito quando vide una mano, pallidissima, ed un solo occhio, coperto in parte da una ciocca di capelli biondi. Era come se Seiji stesse affondando in un liquido denso e nero.
Si gettò verso di lui, ma cadde sulla dura terra, come se all'improvviso l'oscurità fosse passata dallo stato liquido a quello solido, respingendolo.
Quando vide Seiji scomparire del tutto, fu preso da una tale disperazione che gli sembrò di esplodere.
Dal suo corpo si sollevò un vento fortissimo che turbinando squarciò il nero come se fosse fatte di nubi o di vapore. Dall'alto cominciarono a liberarsi raggi di luce, che penetravano la coltre nera facendola ritirare.
Pian piano il corpo di Seiji riemerse, e Touma si chinò su di lui, sollevandolo.
“Seiji! Svegliati per favore.”
Respirava flebilmente, ma non reagiva alla sua voce.
“Avanti, torna qui. Non c'è più tempo, svegliati!”
Seiji si mosse appena, il volto affaticato e sofferente, ma poi si abbandonò di nuovo.
Perché mi chiamate ancora? Cosa volete da me?
“Seiji!”
Sono stanco...così stanco... lasciatemi stare...
“Seiji... Oh, merda! - Touma si alzò in piedi di scatto, sollevandolo con sé e strattonandolo con poco garbo. - Avanti! Non mollarmi qui adesso perchè ti ammazzo! Hai capito? Giuro che ti vengo a cercare ovunque tu ti sia rintanato e te la faccio pagare!”
Niente.
Seiji non reagiva e Touma non sapeva davvero più cosa fare. La rabbia scemò.
Si lasciò cadere in ginocchio, abbracciandolo, e si chiese se almeno gli altri fossero riusciti ad uscire da lì. Ma se non riuscivano a riunirsi tutti, sarebbe comunque stato inutile.
Stava fallendo. Per un attimo, quando la luce aveva spazzato via il buio, aveva creduto di...
Un momento. La luce? Probabilmente era riuscito a generare lui il vento, ma di sicuro non era in grado di richiamare luce in un luogo come quello!
Si chinò di nuovo sul suo nakama.
“Seiji! Seiji, ascoltami... - La sua voce era di nuovo dolce, ora – Io lo so che sei stanco di combattere. Lo so, lo siamo tutti. Ma tu non vuoi spegnerti davvero. Ne sono sicuro, perché sei stato tu a portare qui la luce, hai capito? Quindi, apri gli occhi per favore, perché non possiamo resistere ancora a lungo qua dentro...”
Il viso di Seiji si contrasse di nuovo in una smorfia di dolore. Strinse gli occhi, poi li aprì appena.
Era poco più di una fessura, ma Touma si sentì di nuovo pieno di speranza.
“Così! Avanti... resta con me, Seiji. Resta con noi!”
Sollevò le palpebre ancora un po', quanto bastava per vedere il volto di Touma scomparire, inghiottito dal bianco.

- o -

Quando Shu atterrò nel luogo in cui era stato portato dall'istinto, la prima cosa che sentì fu lo schiaffo del vento sulla pelle. Istintivamente fece un passo indietro, ma cadde a terra. Sentì Shin rotolare via dal suo abbraccio e accasciarsi poco lontano.
La cenere turbinava così violentemente che non riusciva quasi a tenere gli occhi aperti. Strisciò verso di lui, guidato dal suono dei colpi di tosse che lo stavano squassando.
Gli afferrò una mano. Doveva portarlo via da lì al più presto, perché era ancora troppo debole...
Lo sollevò e se lo strinse contro il petto, cercando di proteggerlo dalla cenere e provando a tenere gli occhi aperti.
Sobbalzò violentemente quando qualcosa gli toccò la spalla, ma per fortuna vide subito che era Touma.
Era accovacciato accanto a lui, e sorreggeva Seiji per la vita.
“Dove credi che siamo?” gli chiese, cercando di sovrastare il boato del vento e coprendosi la bocca on una mano.
“Manca soltanto Ryo, – Riflettè Touma. – quindi questo sarà il suo incubo, credo.”
“Bene! Allora troviamolo e andiamocene da qui, perché comincio ad averne le palle piene!”
Touma annuì, cercando di guardarsi attorno nonostante le raffiche di vento.
“Shin, Seiji, ce la fate ad indossare l'armatura?”
“Ma sono troppo deboli!”
“No, io credo che stavolta li aiuterà.”
Shin lo guardò stupito, ma si decise comunque a provare. Appena la yoroi lo avvolse, si rese conto di sentirsi meglio. Era tutt'uno con Suiko, sentiva l'acqua scorrere in essa e placare la sete terribile che aveva dilaniato il suo corpo fino a quel momento. Per la prima volta dopo anni, riuscì ad eseguire la vestizione senza provare quel moto di repulsione che lo accompagnava ogni volta che era costretto a combattere.
Seiji fece lo stesso. Indossò Kourin ed all'improvviso si sentì più lucido e vigile. “Andiamo.” disse soltanto, alzandosi in piedi e cercando qualcosa che potesse farlo orientare.
Shu guardò Touma stupito, ma decise che avrebbe chiesto spiegazioni una volta fuori da lì.
Camminarono nel grigio.
“Oh, no! - Gridò Shin, correndo verso un corpo disteso a terra e coperto da uno spesso strato di cenere. – Ryo!” Si chinarono tutti attorno a lui. Era immobile, le ciglia e i capelli incrostati di polvere, la bocca socchiusa da cui non sembrava uscire nessun respiro.
Seiji fu il primo a reagire. Non permise a sé stesso né agli altri di farsi domande di cui non voleva sentire la risposta. Dovevano uscire da lì subito, nient'altro sarebbe stato utile.
“Avanti! - Gridò, nonostante la cenere che cercava di entrargli nei polmoni. – Distruggiamo questo posto!”
Si misero in cerchio, ognuno con la schiena rivolta verso il corpo di Ryo. Sguainarono le armi e liberarono contemporaneamente tutti i loro poteri.
La terra cominciò a tremare violentemente.
Una pioggia fittissima cadde dall'alto, portando giù con sé polvere e cenere.
Poi il vento diradò le nubi, e una luce calda e cristallina avvolse tutto.
Si strinsero gli uni agli altri, mentre la luce diventava sempre più bianca, fino ad inglobare ogni cosa.
Quando gli occhi tornarono a vedere, erano di nuovo fuori.
Voci e rumori, odori e sensazioni del mondo reali li pervasero, provocandogli quasi un moto di nausea.
Velocemente si liberarono delle ombre chine su di loro, schizzando in piedi. Si cercarono con gli occhi gli uni con gli altri, e soltanto uno sguardo mancò all'appello.
Al centro del cortile, Ryo era ancora immobile, con gli occhi chiusi.
Di nuovo gli fecero scudo con i propri corpi.
Shin lo sollevò appena, con un sospiro di sollievo vide che respirava ancora.
“Coraggio. - Gli sussurrò. – Ti prometto che ce la faremo ancora una volta...”

 

 

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Capitolo 12
*** Bianco e rosa ***


Touma gettò uno sguardo alle sue spalle. Shin annuì: avrebbe protetto lui Ryo, mentre gli altri combattevano.
“Avanti! - Gridò Shu. – Finiamola con questa storia!”
Di nuovo sfoderarono le armi e si scagliarono contro le ombre, restando comunque il più possibile gli uni vicini agli altri.
Quando i primi colpi affondarono ed i primi corpi di fumo si dissolsero, Ryo sussultò.
Shin gli strinse una mano, cercando di capire se si stesse svegliando.
Le ombre svanivano una dopo l'altra e, come la volta precedente, la loro essenza andava riversandosi nei corpi delle altre, rendendole più nitide e forti.
Man mano che la battaglia si faceva più violenta, Ryo cominciò a contorcersi e lamentarsi.
“Ma cosa...” Shin lo scosse delicatamente, chiamandolo. Era rigido e sofferente, sembrava quasi che subisse l'eco dei colpi inferti ai loro nemici.
“Aspettate! - Gridò ai compagni. – Fermatevi!”
I colpi si interruppero. Anche le ombre fermarono la loro lenta avanzata verso di loro.
“Cosa c'è, Shin?” Shu ansimava.
“Non... non lo so, sembra quasi che la nostra battaglia lo faccia star male.”
“Cosa?!”
“Forse... - Touma cercò di riflettere velocemente. – Forse è rimasto collegato allo Youia.”
“E' una cosa possibile?” Seiji si avvicinò di più a Ryo, studiandone il volto sofferente.
“Quando mi sono svegliato, - Touma fissò con attenzione le ombre che ora avevano preso a confluire spontaneamente le une nelle altre – ho avuto a lungo la sensazione di essere ancora intrappolato...”
“Ma com'è possibile! - Shu si infervorò. - Abbiamo distrutto quel posto!”
“Però Ryo non si era svegliato. - Rifletté pacatamente Shin. – Forse era troppo debole e non è riuscito a tornare qui...”
“Merda. - Mugugnò Shu – E quindi ora cosa facciamo?”
“Non farete nulla.” Una voce dalle sfumature stridenti parlò alle loro spalle. Nell'istante in cui tutti e quattro si erano girati verso Ryo, le ultime ombre erano andate a consolidare il corpo dello Youia nella sua forma più forte. La stessa che aveva aggredito Ryo, e che ora li guardava con aria di trionfo.
“Lui è ancora dentro di me, – Sogghignò, o almeno mosse le fauci in una sorta di macabro sorriso. – e soprattutto, io sono ancora dentro di lui. Se volete ostinarvi a combattere, dovrete decidervi a sacrificarlo.”
Quando aveva sondato i loro animi, nutrendosi di ciò che più li terrorizzava per creare un luogo in cui chiuderli, aveva trovato molto.
Brutti ricordi.
Rabbia, rassegnazione, inquietudine...
Ognuno di loro aveva delle ferite, ed ognuno di loro era profondamente diverso dagli altri nel proprio modo di soffrirne e di affrontarle. Conosceva molto bene quella parte dell'animo umano, e poteva dire di non aver mai visto cinque caratteri così diversi tra loro. Eppure, identico in ognuno di loro, c'era il riflesso di una unica immagine che sovrastava tutto il resto, mitigandolo.
Aveva riconosciuto il loro legame, e dapprima ne era stato infastidito. Sembrava quasi in grado di indebolire il suo potere.
Tuttavia, aveva presto capito che esso era insieme la loro più grande forza e la più temibile debolezza.
“Avanti. - Sussurrò, quasi dolcemente. – Mettetemi alla prova.”
E detto questo, si lanciò contro Ryo e contro Shin, che era accovacciato accanto a lui.
Istintivamente, Shu, Seiji e Touma gli si pararono contro, respingendolo. Nell'istante in cui le loro armi colpirono lo Youia, Ryo gridò e si inarcò così forte che Shin quasi perse la presa su di lui.
“Maledizione!” Touma fece battere a terra una delle punte dell'arco, in un moto di stizza.
Lo Youja perse per un attimo la propria consistenza, poi si riaddensò.
Sembrava leggermente diverso da prima. Più grande, o forse più minaccioso.
“Mi credete, adesso?”

- o -

Ryo si guardò attorno, spaesato. Il dolore era cessato, ed ora era immobile, al centro di un bianco infinito.
Non si sentiva né triste né sereno. Sapeva di aver provato rabbia e inquietudine, ma era come se le stesse dimenticando velocemente. Ogni cosa si faceva sbiadita ai suoi occhi, coperta da uno struggente senso di perdita e malinconia.
Cercò di concentrarsi: voleva ricordare perché era lì, ma gli era difficile ricordare anche perché avrebbe dovuto essere altrove.
Era come se tutto quello che aveva sofferto e sentito fosse stato consumato da qualcuno che se ne era nutrito, senza però lasciargli in cambio alcun senso di liberazione.
Si accasciò come un sacco vuoto, poggiando la testa sulle braccia distese a terra. Piegò le gambe verso il busto, e rimase fermo. Era sicuro di essere già rimasto a lungo in quella posizione, tantissimo tempo prima, ma non riusciva a ricordare quando, né tanto meno il perché.
Con la coda dell'occhio vide qualcosa volteggiare in aria e scendere lentamente su di sé, compiendo piccoli cerchi irregolari.
Si posò a pochi centimetri dal suo viso. Il suo respiro lo fece vibrare appena.
Ryo sollevò un po' il capo per poterlo mettere a fuoco, e vide che era un fiore di ciliegio.
Era il fiore più perfetto che avesse mai visto. Una sola corona di cinque petali tutti identici, tutti intatti.
Non uno sgualcito o ammaccato. Nessuna piega, o buco.
Bianchi alle estremità, e più rosati al centro. Ed i pistilli erano tutti ugualmente lunghi, tutti armoniosamente rivolti verso il centro, ognuno con il suo piccolo grumo di polline intatto.
Ryo era certo che l'albero da cui si era staccato non fosse riuscito a creare nessun altro fiore più bello di quello, eppure era stato proprio quello a cadere.
Ryo sentì chiaramente quanto ogni cosa fosse inutile e destinata a finire. Chiuse gli occhi, e dimenticò ogni altra cosa.

- o -

Shu grugnì per la frustrazione. Erano tutti immobili da diversi minuti, senza riuscire a decidere cosa fare, e lo Youja si era limitato a fissarli, senza più provare ad attaccarli.
Sembrava spassarsela un mondo, mentre loro si dibattevano nella rete in cui li aveva catturati, senza trovare una soluzione.
“E' impossibile! - I problemi senza via d'uscita erano una eventualità che il suo animo positivo rifiutava ostinatamente. – Già una volta abbiamo...”
Si fermò. Non aveva voglia di ricordare quel giorno, quando avevano scelto consapevolmente di colpire Arago, senza poter sapere se così facendo avrebbero ucciso anche Ryo.
Essere stati costretti ad una scelta del genere era una delle prove peggiori a cui erano stati sottoposti, e nessuno di loro riusciva a perdonarselo davvero fino in fondo.
Ed ora si trovavano di nuovo allo stesso bivio, ed era così ingiusto che gli sembrava di impazzire.
“E' diverso. - Mormorò Touma con voce incolore. – Arago e Ryo erano collegati attraverso l'armatura, mentre questo Youia si è insinuato nei nostri animi in un modo che non conosciamo. Non possiamo sapere cosa accadrebbe davvero se lo attaccassimo.”
“E allora torniamo laggiù e svegliamolo!”
“E come? - Touma si stava scaldando. – Non siamo stati noi a scegliere di andarci, sappiamo a malapena come uscirne! E poi cosa accadrebbe qui, mentre noi ci perdiamo là dentro?!”
Shu si ammutolì. Ma comunque non si rassegnava. Doveva esserci un modo!
Seiji si accovacciò accanto a Ryo. Touma e Shu si misero tra loro e lo Youia, che comunque non diede segno di voler far nulla.
“Aiutatemi. Voglio provare a raggiungerlo.”
Come la volta precedente, aprirono i propri cuori il più possibile, rivolgendoli verso Seiji. Lui se ne lasciò riempire, poi cercò di spingere tutto quel calore dentro al cuore di Ryo.
La sensazione che provò in risposta fu un vuoto talmente grande che ebbe l'impressione di esserne risucchiato a precipitarvi dentro.
Cercò di resistere, ma stava perdendo l'orientamento. Si ritrasse di scatto e cadde all'indietro. Dovette sostenersi con una mano, e il rumore dell'armatura che batteva a terra si mischiò alla risata metallica dello Youia.
“Siete certamente interessanti da osservare, ma credo che non attenderò oltre.”
Restò immobile ancora per qualche istante, poi di nuovo si scagliò contro di loro.

- o -

Ryo si piegò in avanti. Un calore improvviso gli era avvampato nel petto e lo aveva fatto rizzare a sedere. Per qualche istante immagine multiformi e cangianti avevano danzato dietro ai suoi occhi, riportando a galla cose dimenticate, ma poi tutto si era spento, e le sue spalle si erano curvate di nuovo, prive di forza.
Il vuoto stava velocemente cancellando i colori che per un attimo gli era sembrato di riconoscere. Ancora un istante, e sarebbe diventato di nuovo tutto bianco, fuori e dentro.
Ma quel calore era così bello.
Così dolce.
Così saldo, e sicuro, e aveva il sapore di un rifugio silenzioso ai confini della tempesta, e di mille mattine limpide, e notti piene di stelle e tante altre cose che improvvisamente gli apparivano nitide e vere più di tutto quel bianco.
Lo rivoleva indietro. Rivoleva tutto, e lo voleva così disperatamente che gridò. Strinse i pugni urlò con tutto il fiato che aveva.
Sentì il palmo della mano destra bruciare all'improvviso. La aprì di scatto, e vide il fiore di ciliegio.
Lo aveva stretto così forte che lo aveva rovinato. Un petalo si era staccato, e gli altri erano tutti stropicciati. Il polline era caduto, e gli aveva macchiato di giallo la pelle.
“Mi dispiace... - Mormorò, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime. – Mi dispiace così tanto...”
Tutto ad un tratto il fiore non gli sembrava più una cosa che era andata perduta benché fosse perfetta.
Ora gli appariva come un dono prezioso, giunto fino a quel luogo per lui.
E lui l'aveva rovinato.
Prima che la disperazione potesse sovrastarlo, vide il fiore muoversi. Vibrò appena nella sua mano, poi si sollevò. Fluttuò dritto poco al di sopra del suo palmo, e cominciò a girare su sé stesso.
Ryo sussultò, senza sapere cosa fare.
I petali si distesero, il fiore tornò ad essere perfetto. Salì ancora un po', fino all'altezza degli occhi di Ryo, e dal suo centro cominciò a sprigionarsi la luce.
Seguimi.
Ryo sollevò la mano per sfiorarlo, ma il fiore cominciò a salire velocemente. Si allungò per raggiungerlo, e si accorse che anche il suo corpo cominciava a risalire, come se tornasse a galla dopo essere sceso fino ad un fondale spoglio e cieco.

- o -

Touma cadde a terra, sotto una raffica di colpi. Poco distante da lui giaceva il suo arco, che aveva scagliato a terra per vincere l'istinto di utilizzarlo. Dalla parte opposta c'era Shu, steso su un fianco. Per due volte era stato colpito, e per due volte si era alzato. Al terzo colpo era rimasto giù, gli occhi chiusi e un sottile rivolo di sangue che dalla tempia gli attraversava il volto fino all'angolo opposto.
Era stato il primo a gettare le armi, seguito subito dagli altri.
Se non potevano combattere e non potevano salvare Ryo, sarebbero rimasti tutti insieme, fino all'ultimo respiro.
Seiji si chinò su Touma, aiutandolo a rialzarsi. Poi si avvicinò a Shu, sfiorandogli la fronte con le dita.
Lo Youia si separò in due parti. Una più alta e ricurva, come un arco proteso in avanti, l'altra più tozza e robusta, dalle lunghe braccia che sfioravano terra.
I due corpi grigio fumo si lanciarono su di loro, colpendo con violenza.
Seiji si mise tra lo Youia ed il corpo di Shu,ma venne sbalzato lontano. Cercò di rialzarsi, ma fu schiacciato di nuovo giù, finchè non smise di opporre resistenza.
Il loro nemico diventava ogni istante più forte, al contrario di loro, che erano stati stremati dalla prigionia.
Anche Touma fu colpito duramente, e cadde poco distante da Shin, che teneva tra le braccia Ryo.
“Portalo...via da qui...” mormorò Touma, prima di chiudere gli occhi.
Shin indietreggiò, in preda all'incertezza. Non poteva abbandonare i suoi nakama, ma poteva rinunciare alla possibilità di salvare Ryo?
Quando lo Youia fu vicino, tentò di allontanarsi con un balzo. Fu fermato dall'altra ombra, che lo afferrò alle spalle, riportandolo a terra. Lo strinse sotto le braccia, costringendolo ad allargarle. Ryo cadde a terra, e l'altra ombra lo fece rotolare via con un calcio.
“No!” gridò Shin, cercando di divincolarsi e di raggiungerlo, ma entrambe furono su di lui, e non lo lasciarono finché non smise di muoversi.
Si ricongiunsero tra loro, tornando ad essere una. Lo Youia così ricreato si chinò su Ryo. Lo sollevò per un braccio come se fosse fatto di pezza, e lo osservò.
“Finalmente...” sibilò.

- o -

Ryo respirò a pieni polmoni. Man mano che risaliva gli sembrava di sentirsi più libero e leggero. Il cuore gli si stava riempiendo di nuovo delle mani, degli occhi e delle parole dei suoi Nakama, come aveva fatto a dimenticarli?
All'improvviso però la risalita cominciò a sembrargli troppo lenta.
Era percorso da un senso di allarme così forte che ogni istante gli sembrava un'eternità. I suoi compagni erano in pericolo, lo sentiva così chiaramente!
“Avanti! Devo uscire di qui, maledizione!”
Allungò la mano verso il fiore, che ora vorticava su di lui come una trottola. Con uno sforzo lo raggiunse, e quando riuscì a toccarlo, tutto scomparve.
Riaprì gli occhi, e vide le fauci dello Youja a pochi centimetri da sé. Sentì il suo alito fetido, e la pressione dei suoi artigli sull'avambraccio.
Vide i corpi dei suoi nakama a terra, immobili.
Pregò che non fosse troppo tardi.
Alimentato dalla rabbia che gli stava esplodendo dentro, si liberò.
In un balzo fu in piedi, ed indossò l'armatura, che vibrò dentro e attorno a lui più forte che mai.
Sguainò le spade. Lo Youja fece per attaccarlo, ma stavolta Ryo non gliene diede il tempo: caricò la furia del fuoco dentro il suo petto, la fece avvampare lungo le braccia e infine la concentrò nelle spade.
“Sou En Zaaaaan!” Gridò, e dalla doppia Katana si liberò tutta la potenza di Rekka, che lo Youja non era riuscito a spegnere.
Il colpo lo investì con una tale violenza che si dissolse in nulla.
“Questa volta... - Mormorò Ryo. – non riuscirai a tornare.”
Poi si sentì improvvisamente svuotato di ogni forza. Cadde in ginocchio, e poi giù, col viso contro l'asfalto.
Sentì l'armatura svanire.
Si abbandonò al nulla, ancora una volta...

 

 

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Capitolo 13
*** Quasi tutto come prima ***


Touma si rigirò su un fianco, affondando il viso nel cuscino. Una fitta alla spalla lo fece sobbalzare, costringendolo ad uscire dal dormiveglia.
Socchiuse gli occhi, mugugnando e massaggiandosi il braccio, decisamente indolenzito. La stanza era inondata di luce, e il tepore del futon era così piacevole che sarebbe stata un'impresa decidersi ad uscirne. Gli altri quattro futon erano vuoti, ma sentiva un chiacchericcio sommesso provenire dalla sala da pranzo, così decise che non era il caso di preoccuparsi.
Si sentiva intorpidito e dolorante. Fece l'inventario mentale delle parti ammaccate: la spalla destra, decisamente. E la gamba sinistra, dal ginocchio fino al fianco.
Si toccò uno zigomo e se ne pentì all'istante. Era escoriato, e sotto c'era un livido che sicuramente arrivava fin sotto all'occhio.
Sbuffò e cercò di tirarsi a sedere. Il secondo risveglio era sempre il peggiore, tutte le volte.
Quando avevano ripreso conoscenza la prima volta, dopo la battaglia, la prima sensazione che li aveva investiti era stato il sollievo per ritrovarsi ancora tutti insieme.
Mentre a fatica cercavano di tirarsi in piedi, avevano sentito il ruggito di Byakuen in lontananza. Dopo pochi istanti la tigre era balzata tra loro, passando da uno all'altro con urgenza, come per controllare che stessero bene.
Sembrava terrorizzato, e in particolare non riusciva a staccarsi da Ryo.
Li aveva aiutati a tornare a casa senza dare nell'occhio, ed era rimasto a vegliarli quando si erano buttati nei futon, ancora completamente vestiti.
Sul momento Touma non si era fermato a rifletterci, ma in effetti ora gli appariva strano che Byakuen non fosse stato lì con loro, durante la battaglia. Forse quella dimensione irreale in cui erano stati intrappolati gli aveva impedito di percepirli e trovarli, e solo dopo che lo Youja era stato distrutto, era riuscito a raggiungerli.
Come se avesse sentito i suoi pensieri, lo spirito tigre entrò nella stanza. Gli girò attorno, osservandolo con aria critica, poi gli strofinò il muso contro il collo, emettendo un pacato brontolio.
“Sì, Byakuen, sto bene...” affondò il viso contro il pelo morbido del suo collo, grattandolo appena dietro al muso. Era una cosa che riusciva sempre a rilassarlo. A volte gli sembrava di sentire il suo pelo sotto le dita per giorni, anche dopo che Ryo e Byakuen se ne erano andati già da un po'.
Sollevò la testa e rimase un attimo ad osservare quei grandi occhi castani.
“Cosa ne dici, torniamo dagli altri?”

- 0 -

Shin ridacchiò, osservando Ryo che usciva in terrazza in cerca di un po' di privacy,  parlottando al cellulare.
Anche se non era al livello di rifiuto totale raggiunto da Seiji, anche Ryo non amava troppo il telefono.
E quando parlava con suo padre, finiva sempre col diventare insofferente.
Shin diede un colpetto con il piede a Shu, seduto sul divano accanto a lui, ammiccando in direzione di Ryo.
"Secondo te quali terribili segreti dovrà nascondere?”
Shu sorrise, ma evitò di ridere più apertamente. Aveva metà faccia indolenzita, e un grosso taglio appena sopra alla tempia che gli faceva male ad ogni movimento.
Seiji li studiò di sottecchi. Erano tornati a casa tutti e cinque ammaccati, ma nessuno si era lasciato avvicinare da lui. Il patto, in vigore da molti anni, era che poteva intervenire solo se erano ferite gravi o situazioni critiche.
Non ci provare nemmeno, è solo un graffio!” era la frase che si era sentito dire più spesso in tutto quel tempo, e alla fine si era reso conto che probabilmente era meglio così.
Ryo chiuse la comunicazione, sbuffando sonoramente.
“Allora? Cosa ti ha detto tuo padre da innervosirti così tanto?”
Ryo fece spallucce, ma un leggero rossore sulle guance lo tradì.
“Ah! Qualcosa di imbarazzante! Avanti, sputa il rospo!”
“Ma niente... - Si guardò attorno, rendendosi conto che non lo avrebbero lasciato stare. – mi ha riferito i saluti di una nostra vicina...”
“Quale? - Shu era curioso come una scimmia, quando si trattava di questioni del genere. – Quella Takako che si è presentata a casa tua l'ultima volta che siamo venuti a trovarti?”
Ryo mugugnò una specie di risposta affermativa.
Shin scoppiò a ridere. “Tuo padre cerca ancora di farvi innamorare?”
“Già. – Ryo storse la bocca con aria infastidita. – Lui la incoraggia, e lei non mi lascia in pace...”
“Forse... - La voce divertita di Touma li fece voltare tutti verso la porta – se tu non ci fossi andato a letto, lei non sarebbe così tenace!”
“Cosa?! - Il rossore di Ryo si accentuò decisamente – No! Io non ho...”
La storia di Ryo era costellata di donne più o meno giovani - affascinate dal suo aspetto selvatico e dai suoi grandi occhi chiari - e dai loro tentativi di sedurlo.
E dai suoi tentativi più o meno riusciti di sfuggire loro, argomento che gli era valso una gran quantità di prese in giro dai propri nakama.
“Oh, insomma, Touma!”
Scoppiarono tutti a ridere, mentre Ryo borbottava qualcosa di poco educato.
Touma attraversò la sala per andare a sedersi accanto a Seiji, che non potè fare a meno di notare come zoppicasse lievemente.
“Pensa per te!” Gli sussurrò Touma spingendo appena con un dito sul suo braccio destro, coperto da un bel livido bluastro.
“Ahi! Accidenti a te, Touma, la prossima volta farò a meno di preoccuparmi per te!” Gli ringhiò, coprendosi la parte dolorante.
Byakuen andò ad acciambellarsi in un angolo della sala, apparentemente appisolato, ma comunque con le orecchie tese.
“E così alla fine ti sei svegliato! - Shin aveva una predilezione per questo argomento. - Come sempre, mezza giornata dopo di noi.”
“Avevo bisogno di riprendermi!”
“Non sei stato certo l'unico a combattere...”
“Ma io ero già convalescente da altre ferite, l'hai dimenticato?”
“La verità è che sei il solito pigrone!”
Touma finse di imbronciarsi, ma in realtà si sentiva davvero bene.
Dopo giorni in cui si era sentito schiacciato da qualcosa che non lo faceva sentire sé stesso, quella mattina si era svegliato con la sensazione di essere di nuovo libero. Tutto gli appariva più limpido, e luminoso, e l'aria frizzante dell'autunno era piena di promesse.
Il fatto che Shin si divertisse a metterli in imbarazzo, invece di preoccuparsi per loro, era la conferma definitiva che andava tutto bene.
“Shin ha ragione! - Protestò Shu. – E' quasi ora di pranzo, non ti avrei aspettato ancora molto per mangiare!”
“In effetti, – Touma si passò una mano sullo stomaco. – ho parecchio appetito anch'io. Però in casa non c'è praticamente nulla da mangiare, stavamo andando a fare la spesa, quando...” Lasciò il discorso in sospeso. Non aveva ancora voglia di parlare di quello che era successo.
“Non ti preoccupare, la dispensa è stata ben rifornita! - Esclamò allegramente Shin. – Mentre tu dormivi, io e Shu siamo andati a fare la spesa.”
“Cosa?! Shin, ma perchè non riesci a riguardarti un po'? Non devi portare pesi! - E così dicendo Touma si allungò verso di lui, alzandogli la maglietta e mettendo in mostra tre grossi ematomi. - Ecco, credevi che non li avessimo visti?”
Shin si coprì, in imbarazzo. “Non sono un incosciente! Le sporte le ha portate Shu... - Sorrise. - Lui è ferito solo alla testa, e quella non l'ha usata.”
“Ehi! La prossima volta ti lascerò andare da solo, razza di ingrato!” Sbottò Shu, piccato sul vivo.
“E con questo fanno tre! - Touma si lasciò di nuovo cadere sul divano. - Mi chiedo se sei talmente di buon umore da osare mettere in imbarazzo anche il quarto...”
Seiji si alzò, con uno sguardo sornione che non prometteva nulla di buono. Si mise alle spalle di Shin e si chinò in avanti fino a sfiorare il suo orecchio.
“Non ho ancora deciso se sei più adorabile quando ci accudisci o quando ci prendi in giro, - Sussurrò, facendolo arrossire vistosamente. - ma non provarci nemmeno, chiaro?”
Shin si limitò ad annuire, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé. Quella mattina si era svegliato piuttosto spavaldo, ma sapeva quando era il momento di fermarsi...
Gli altri tre scoppiarono a ridere, mentre Seiji spariva nella camera degli ospiti.
“In ogni caso, - Shin si ricompose in fretta. – non potevamo certo festeggiare senza cibo, bevande...”
“...qualcosa con cui brindare, - Gli fece eco Shu. – e soprattutto senza una bella torta!”
“Festeggiare?”
“Touma, sveglia! Oggi è il tuo compleanno!”
“Il mio... - Sbatté le palpebre un paio di volte. – l'avevo completamente dimenticato!”
“E' per questo che ci siamo noi!” Esclamò Ryo.
In quel momento Seiji tornò in sala, portando quattro pacchetti dalle carte colorate e dai fiocchi sgargianti. “Credo di averli trovati tutti.”
A Touma non sfuggì che li portava con la mano sinistra, così come non gli era sfuggito il taglio che gli attraversava la guancia, anche se aveva cercato di nasconderlo sotto i capelli.
“Coraggio, festeggiato! - Shin si alzò e lo spinse verso il bagno. - Vai a renderti presentabile, mentre noi prepariamo tutto!”

- 0 -

Touma uscì dalla doccia, decisamente rigenerato. L'acqua calda gli aveva fatto rilassare i muscoli indolenziti, e la spalla gli sembrava un po' migliorata.
Si asciugò velocemente i capelli, si controllò allo specchio lo zigomo, e si infilò qualcosa.
In cucina erano tutti affaccendati. Shu e Shin stavano cucinando, Seiji impiattava con cura, e Ryo era stato relegato in un angolo a piegare tovaglioli di carta, impilare bicchieri colorati e tirare fuori piatti di plastica dalle confezioni. Shin e Shu avevano una vera predilezione per le cose colorate e vistose, e così finiva sempre che i loro compleanni sembravano più adatti ad un bambino delle elementari che a cinque uomini adulti. Touma sorrise: in ogni caso non avrebbe cambiato una virgola di tutte quelle buffe tradizioni che erano andate formandosi negli anni.
Si fermò ad osservare Ryo cercando di non farsi notare. Come già gli era sembrato prima, anche se non mostrava ferite esterne come le loro, appariva piuttosto pallido ed affaticato. Sicuramente anche Shin se ne era accorto, dato che l'aveva messo a fare un lavoro di tutto riposo.
“Bene, direi che ormai ci siamo. - esclamò Shin – Direi che possiamo cominciare ad apparecchiare. Shu, potresti cominciare a portare un po' di cose in terrazza?”
Touma sobbalzò. “Mangiamo... fuori?”
“Certo! - Shu gli circondò le spalle con un braccio. - E' una bellissima giornata, bisogna approfittarne prima che arrivi l'autunno!”
E prima che Touma potesse replicare, afferrò tre vassoi, e con l'abilità acquisita crescendo dentro ad un ristorante, li portò fuori senza rovesciare una briciola.
In pochi minuti la terrazza fu addobbata ed il pranzo allestito. Touma cercava di non darlo a vedere, ma sentiva la tensione crescere ad ogni istante.
Decisamente non era ancora pronto ad uscire là fuori. Non voleva affacciarsi da quel parapetto, non voleva ripensare a quel giorno, e soprattutto non voleva sentire la vertigine.

“E' pronto!” Gridò Shu.
Touma provò a fare qualche passo verso la porta a vetri, ma il cuore cominciò a battergli così forte che dovette fermarsi subito.
Non voleva deludere i suoi nakama, ma non riusciva a calmarsi. La schiena gli si coprì di sudore freddo, e la vista gli si stava appannando.
Sentì un braccio circondargli la vita, e la voce calma e gentile di Seiji che lo chiamava.
“Avanti, ci siamo noi con te.”
Touma lo guardò senza riuscire a rispondere. Dunque se ne erano accorti subito...
“Non vorrai rinunciare a Tenku?”
“Co-cosa? No...”
“Touma, c'è un motivo per cui hai scelto questo appartamento, ed è lo stesso per cui abbiamo deciso di mangiare fuori.”
Touma non sapeva cosa dire.
Shin si avvicinò dall'altro lato, passandogli un braccio attorno alle spalle e sorridendo.
“Sappiamo che non sarà facile, ma più aspetti e meno coraggio avrai. Ti conviene farlo finchè siamo qui anche noi, no?”
Touma annuì un paio di volte. Mise di nuovo un passo dietro l'altro, ma si bloccò ancora. Si sentiva ridicolo, ma dovette ammettere di essere in preda al panico. Gettò uno sguardo a Shu, che era fuori, seduto sul lettino. Sembrava a disagio quanto lui, e teneva gli occhi bassi.
Ryo gli venne incontro. Prese le mani di Touma e cominciò a tirarlo, camminando all'indietro e fissandolo negli occhi.
“Coraggio. Ti fidi di noi?”
“Che domanda è?! Certo che mi fido, l'ho sempre fatto!”
“E allora... - lo costrinse a fare ancora un passo ed uscire fuori nel vento – non devi far altro che fidarti ancora una volta.”

 

 

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Capitolo 14
*** Attraverso il cielo ***


Touma inspirò un paio di volte a fondo. Non riusciva a vedere nulla, ma non sapeva dire se fosse per la luce radente del sole, o se i suoi occhi si rifiutassero di funzionare.
Ryo lo trascinò ancora di qualche passo, poi lo fecero sedere al tavolino, letteralmente ricoperto di cibo e bevande.
Shin gli abbracciò le spalle, mettendo il viso vicino al suo.
“Ecco fatto. Hai visto che non era difficile?”
“Se lo dici tu...” Borbottò Touma mentre cercava di imporre al cuore un ritmo un po' più naturale.
Si guardò attorno, mentre pian piano tutto tornava nitido. Il cielo era di un bell'azzurro intenso, completamente sgombro da nubi. Non era il colore acceso e caldo dell'estate, ma era comunque limpido e brillante. Tirava una leggera brezza, ma a quell'ora della giornata era ancora piacevole.
Il terrazzo era addobbato e pieno di cose, e anche se non avevano trascinato fuori un altro tavolo – rimproverandosi l'un l'altro perché non facessero sforzi – non mancava nulla.
Ryo gli mise in mano un bicchiere pieno, e mentre si perdeva ad osservare le bollicine della bibita che risalivano in superficie, Touma cominciò a sentirsi più calmo. Chiuse gli occhi e rimase ad ascoltare le chiacchiere scherzose dei suoi nakama, ed i rumori ovattati della città che arrivavano fin lassù.
Shin si allungò verso di lui e poggiò qualcosa di fianco alla sua mano.
“Ecco. Per fortuna tieni sempre tutto nello stesso posto...”
Touma la prese in mano e la osservò. Era la sua vecchia macchina fotografica, un modello anni novanta da cui non riusciva a separarsi. La maggior parte delle foto che conservava nel comodino erano state scattate con quella, e anche se nel frattempo aveva comprato anche una piccola digitale, in queste occasioni preferiva quella vecchia.
C'era stato un momento, qualche anno prima, in cui aveva creduto di doverla buttare. Il meccanismo di apertura dell'obiettivo si era rovinato e non chiudeva più del tutto. Facendo sviluppare le foto scattate durante una passeggiata, le aveva trovate tutte rovinate da un alone bianco al centro.
Il fotografo aveva cercato di convincerlo a buttarla via, ma poi era riuscito a trovargli un pezzo di ricambio e l'aveva aggiustata. E almeno finché in città c'era qualcuno in grado di sviluppare e stampare rullini, Touma avrebbe continuato ad usarla.
Sollevò lo sguardo verso Shin, che alzò le spalle, sorridendo.
“Non hai ancora scattato nemmeno una foto, pensavo che se te ne fossi dimenticato ti sarebbe dispiaciuto.”
Touma gli sorrise in risposta, alzando una mano per stringergli appena la punta delle dita. A quanto pare stava tornando davvero tutto come prima...

- o -

Shu si servì un'altra generosa fetta di torta, poi tornò al suo angolino preferito, sul lettino vicino alla finestra. Al terzo boccone si accorse che Touma lo stava fissando, così gli fece cenno di avvicinarsi.
“Cosa c'è?”
“Devi dirmelo tu: mi stavi guardando.”
“Chissà, magari puntavo alla tua torta...”
Shu grugnì, infilandosi in bocca un'altra forchettata.
“Come no. Avanti, sputa il rospo.”
“Beh... - Touma si sedette accanto a lui, un po' a disagio – ho notato che non ti sei mai avvicinato al parapetto. Come me, d'altronde...”
Shu rimase con la forchetta a mezz'aria, senza sapere cosa dire.
“E' un po'... troppo alto, quassù.”
“Shu, forse non ti ricordi che sono entrato nel tuo incubo? E sembrava proprio adatto a qualcuno che teme l'altezza.”
“E allora? - Shu cominciava a sentirsi nervoso. – Non posso soffrire di vertigini?”
“Certo che puoi! Il fatto è che... - Touma si chiese come fare la domanda che gli frullava in testa da anni, ormai. Da quando si era accorto della paura di Shu. - E' solo che quando ci siamo conosciuti, tu non ne soffrivi.”
“E come faresti a saperlo?”
“Avanti, ne abbiamo fatte di cose assieme! E potrei citarti diverse occasioni in cui non hai mostrato nessun senso di vertigine. Visto quello che è successo stavolta, - Cercò di essere più gentile - vorrei che tu mi dicessi che cosa è cambiato...”
Shu fu tentato di negare, ma sapeva che non l'avrebbe passata liscia. Così rilanciò.
“D'accordo. Io confesso se tu vieni con me!” E mentre ancora parlava si tirò in piedi e sollevò Touma, spingendolo verso il parapetto.
“Cosa? Ma che cavolo...” Touma cercò di opporre resistenza, ma si rese conto che in fondo era la cosa più sensata.
Si avvicinarono al bordo del terrazzo, poggiarono i gomiti sul parapetto e guardarono giù. Erano entrambi così rigidi e pallidi che guardandosi negli occhi finirono con lo scoppiare a ridere.
“Siamo un po' ridicoli, eh?”
“Credo anch'io...”
Touma si guardò alle spalle. Come previsto, gli altri stavano facendo di tutto per fingere di ignorarli.
“Allora?” Chiese, tornando a guardare Shu.
“Ecco, è... difficile da spiegare. E' successa una cosa. Tanto tempo fa. - Shu si chiese se era arrivato il momento di confessare il suo salto nel vuoto. Decise di no. - E io sono cambiato. Ma non è proprio l'altezza il problema.”
“Ne so meno di prima, sai?”
“Te l'ho detto, è difficile!”
“Se non è l'altezza, qual'è il vero problema?”
“E' che... uff. E' che io... – Shu arrossì violentemente – Voi siete la cosa più importante che ho! E non so come gestire questa cosa. E ho paura.” Abbassò lo sguardo verso terra, senza riuscire a rialzarlo.
Per fortuna la pioggia aveva lavato via le chiazze di sangue.
Touma rimase a fissarlo un attimo. Si chiese cosa c'entrasse l'altezza col troppo amore, ma si disse che poteva sorvolare su questo dettaglio. Mise un braccio attorno alle spalle di Shu e lo avvicinò a sé.
“Shu, non sei mica l'unico, sai?”
“Davvero?”
“E' una domanda?”
Shu sorrise.
“Beh, in effetti mi sa che lo sapevo già. - Si infilò la mano nella tasca dei jeans, tirò fuori la caramella e gliela mostrò. – Ehm, da qualche giorno...”
Fu la volta di Touma arrossire fino alla radice dei capelli.
“Dove... Dove l'hai presa, quella?!”
“Nel tuo comodino. Non stavo curiosando, eh! - Si agitò un po', sempre più imbarazzato. - Stavo cercando delle compresse per Seiji, e... l'ho vista. Non volevo farmi gli affari tuoi, davvero.”
Touma nascose il viso tra le mani.
“Che vergogna...” bofonchiò.
“Vergogna? E di cosa, scusa? - Shu non era un gran oratore, ma in genere sapeva bene cosa voleva dire. - Io sono contento che tu l'abbia tenuta. Beh, se è quello che penso, ecco.”
Touma si scostò appena un po', quanto bastava per osservare il suo nakama. Cercò qualcosa di intelligente da dire, ma non trovò nulla. Così coprì la mano di Shu con la propria, facendogliela chiudere attorno alla caramella.
"Tienila tu. Io... ne ho altre due.”
Shu lo abbracciò, un sorriso che si allargava sulle labbra. Anche se aveva gli occhi chiusi, poteva sentire addosso gli sguardi degli altri tre nakama.
“Andiamo. - Brontolò, scostandosi. – Per oggi credo di essere stato abbastanza coraggioso.”

- o -

Seiji entrò in sala, cercando di fare meno rumore possibile. Posò la valigia vicino alla porta di ingresso, poi si diresse in cucina. Accese solo le due piccole lampade che illuminavano il piano cottura e mise a bollire un po' d'acqua per il tè, poi ispezionò la dispensa in cerca di qualcosa da mangiare.
“Te ne vai di notte, come un ladro?”
La voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.
Si voltò verso Shin, che si stropicciava un occhio con la mano destra, per metà coperta dalle maniche troppo lunghe del pigiama.
“Non è notte, Shin. Sono le sette del mattino. E comunque volevo solo fare colazione.”
“Primo, sono le sei e un quarto. Secondo, credi che dopo tutto questo tempo io non ti conosca? So benissimo che stai cercando di svignartela senza salutarci.”
Seiji abbassò gli occhi, con sguardo colpevole. “Non è che io voglia essere scortese, ma... il viaggio è lungo, vorrei arrivare a casa prima di cena, e...”
“Seiji... - Shin sbuffò, ma i suoi occhi erano dolci. - Guarda che lo so che non ti piacciono i saluti. Tutte le volte che ci separiamo sembri un bambino in punizione, e cerchi sempre di svignartela prima di tutti noi. Ma non credevo che arrivassi ad andartene mentre noi dormiamo!”
Seiji si sedette sullo sgabello del bancone. Aveva lo sguardo basso, fisso sulle proprie mani immobili in grembo.
“Io... Mi dispiace. Avrei aspettato che vi svegliaste. Davvero.”
“Ma non saresti rimasto a lungo, vero? Seiji, a nessuno di noi piace andar via. Cosa sta succedendo?”
“In realtà... non lo so. Questa volta è stato diverso. - Fece un gesto vago della mano, come ad indicare tutto quello che era successo. - E ci sono delle cose che devo capire. Di me, soprattutto.”
“E se la soluzione non fosse correre via per affrontare sempre tutto da solo?”
“In genere funziona.”
“Magari esiste qualcosa che funziona ugualmente e che è meno faticoso. O meno doloroso. - Shin gli si sedette accanto, guardando davanti a sé. - O che semplicemente non ci taglia fuori dalla tua vita.”
Seiji sollevò appena lo sguardo su di lui. Shin aveva la capacità di farti sentire in difetto senza accusarti di nulla.
“Ma io vi voglio, nella mia vita!”
“Tu ci vuoi solo quando ormai hai già risolto tutto da solo. E come direbbe Shu, è una cosa che non ti fa bene. - Si alzò, strofinandosi le braccia e sbadigliando. – Io torno a letto. E quando mi alzerò di nuovo, mi aspetto di trovarti ancora qui.”
Seiji sospirò. Guardò la porta che Shin si era chiuso alle spalle, chiedendosi come facesse ogni volta a fargli cambiare idea. Versò l'acqua bollente e si preparò il tè, poi si accoccolò nel divano a berlo, aspettando che si facesse davvero giorno.

- o -

Ryo chiuse la cerniera del giubbotto. Il borsone che si buttò in spalla era così sdrucito che sembrava dovesse perdere il contenuto per strada.
“Siamo pronti. Andiamo in stazione insieme, così ci facciamo un po' di compagnia mentre aspettiamo. Sei sicuro di non volerci accompagnare?”
Touma fece di no con la testa.
“Grazie, ma odio guardare i treni che partono.”
Ryo sorrise. Shu entrò in sala un po' affannato.
“Eppure era qui! Ryo, mi fai suonare il cellulare, per favore?”
“E' qui, razza di disordinato! - Shin sbucò alle sue spalle, agitandoglielo davanti al naso. - Quando sei di cattivo umore non ne combini una buona...”
“Senti chi parla! Tu stamattina non hai nemmeno fatto colazione.”
Shin lo ignorò. Si limitò ad abbracciare Touma.
“Riguardati, mi raccomando. - Lo fissò negli occhi, con disappunto. - Non mi sento tranquillo sapendo quanto tempo passi da solo.”
“Non ti preoccupare, lo sai che ci sono abituato.”
E anche se avessi cinquanta persone per casa, non sarebbe come se voi foste qui...
“Spostati, voglio salutarlo anch'io!” Shu si fece largo, ma quando fu di fronte a Touma non seppe cosa fare. “Beh, ciao.”
Touma scoppiò a ridere. “Ciao.” disse soltanto.
Ryo abbracciò velocemnte Touma. Strinse forte, questa volta senza dubbi. Poi si girò verso il quarto di loro. “Sei pronto, Seiji?”
“Andate pure. Arrivo tra un attimo.”
Touma osservò i suoi tre nakama uscire e chiudere la porta. Mentre ascoltava il rumore dell'ascensore che saliva al piano, si issò a sedere sul bancone della cucina. Dalla spalla gli si irradiò una fitta di dolore, ma era troppo di cattivo umore per limitarsi nei movimenti, e comunque non voleva dare nell'occhio.
Osservò Seiji che si avvolgeva la sciarpa verde scura attorno al collo, formando un anello al centro e passandoci dentro le due code.
“E così stavolta te ne vai per ultimo invece che per primo...”
Seiji sorrise, senza alzare lo sguardo.
“Hai parlato con Shin?”
“Non proprio... mi ha detto soltanto che questa volta non ti avremmo dovuto placcare.”
“Già. A quanto pare l'ha già fatto lui stamattina...”
Touma gli fece segno di avvicinarsi. Quando fu a portata di mano, lo afferrò e lo abbracciò, circondandolo con le braccia e con le gambe. Anche se era seduto, il suo viso era più in alto di quello di Seiji.
Gli mise una mano sotto alla guancia, infilando le dita sotto ai capelli. Passò il pollice sul taglio che la attraversava. I lembi della ferita erano discosti e gonfi, e minacciava di lasciare una bella cicatrice.
“Dovresti farci qualcosa.”
“Se non sono gravi le vostre ferite, non vedo perché dovrebbero esserlo le mie.”
“Come la spiegherai alla tua famiglia?”
Seiji scrollò le spalle.
“Dirò che siamo stati coinvolti in una rissa.”
Touma assottigliò gli occhi, in segno di avvertimento.
“Seiji...”
“E va bene, proverò a curarla. Non capisco che fastidio ti dia.”
Stavolta fu Touma a scrollare le spalle, allentando appena un po' la presa attorno all'amico.
“Ti preferisco intero, tutto qui.”
Poi gli afferrò la testa e se la premette contro una spalla.
“Mi prometti che la smetterai?”
“Di fare cosa?”
“Sempre la stessa cosa. Chiuderti in te stesso fino ad implodere. - Si staccò da lui e lo fissò negli occhi. - Non sei solo, Seiji. Vorrei soltanto che te ne ricordassi.”
“Lo so. Davvero. - Avrebbe voluto promettere che sarebbe cambiato, ma non faceva promesse che non era sicuro di mantenere. Si godette ancora per qualche istante quel calore, poi si allontanò. - Devo andare.”
“Vai. Se ti sbrighi puoi raggiungere gli altri.”
Seiji si limitò ad annuire. Infilò la giacca, prese la valigia ed uscì. Passò qualche minuto prima che Touma si decidesse a saltar giù dal bancone.
Uscì in terrazzo, le mani erano ancora un po' tese quando le poggiò sul parapetto.
Si costrinse ad aprirle bene e le premette sul cemento. Il terrazzo si affacciava sul retro dell'edificio, così non poteva vedere i suoi nakama mentre si incamminavano lungo la strada. Touma guardò invece in alto, verso le nuvole grigie che si stavano radunando velocemente. In fondo era sempre stato attraverso Tenku che era riuscito a percepirli chiaramente, ed a sentirli accanto a sé anche quando erano lontani.
Inspirò a fondo, mentre il vento gli scompigliava i capelli che cadevano sulla fronte. Era ora di tornare alla sua vita di ogni giorno, ancora una volta...

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


Touma si chiuse la porta dell'appartamento alle spalle. Buttò le chiavi nella coppa di vetro azzurro che era sul mobile dell'ingresso, e il tintinnio del vetro contro il metallo gli fece sembrare ancora più intenso il silenzio che regnava in casa.
I suoi Nakama erano partiti ormai da una settimana, ed ancora non si era abituato ad essere solo. Possibile che il senso di mancanza dovesse durare ogni volta addirittura di più del tempo in cui erano stati insieme? Fece per togliersi giubbotto e sciarpa, ma poi cambiò idea.
Entrò in camera, aprì il cassetto del comodino e tirò fuori la busta gialla. Passò dalla cucina, dove mise a bollire un po' d'acqua per il tè, poi uscì in terrazza. Posò la busta sul tavolino, e di fianco mise un'altra busta di carta, dai colori sgargianti, che aveva appena ritirato dal fotografo.
Tornò dentro e preparò il tè. Uscì ancora in terrazza, con la tazza fumante tra le mani, e finalmente si decise a sedersi ed aprire la busta con le nuove foto che aveva fatto sviluppare.
Erano disposte al contrario, sicchè la prima che vide fu quella che era stata scattata per ultima. Erano lui e Shu, di spalle, poggiati al parapetto del terrazzo. I volti erano di profilo, voltati per metà verso la macchina fotografica, e nonostante l'inquadratura a figura intera, si vedeva bene il rossore che ancora aleggiava sulle guance.

Touma ripensò a quello che si erano detti, e per riflesso arrossì di nuovo, appena un po'.
La foto successiva era stata scattata mentre spegneva le candeline. Per fortuna avevano messo tre candeline più grandi, blu, e nove più piccole, azzurre. Se avessero messo tutte e trentanove le candeline corrispondenti ai suoi anni, la torta sarebbe stata un incendio.
Poi c'era una foto del brindisi. Era fatta con l'autoscatto, e infatti era un po' mossa. I volti sorridenti contrastavano con i tagli e i lividi che li segnavano, ma era qualcosa che lo faceva sentire insieme triste e sereno. Era il segno che se l'erano cavata di nuovo, e quella mattina era più disposto a sentirsi fiducioso che rassegnato.
Posò anche quella, e guardò la quarta foto. C'era Ryo, sul lettino del terrazzo, e Shin, seduto tra le sue gambe. Aveva la testa poggiata sulla sua spalla, e gli occhi chiusi. Sembrava che dormisse, ma in realtà si stava solo facendo coccolare un po'. Ryo stava parlando con Seiji, che si intravedeva di spalle, e dietro alla gamba piegata si vedevano le sue dita intrecciate a quelle di Shin.
La quinta foto era piuttosto buffa. Erano Shin e Shu che bisticciavano su come disporre le candeline sulla torta. Alle loro spalle c'era Seiji. Aveva nella mano sinistra il coltello per fare le fette, ma dalla sua espressione esasperata e dal modo in cui lo teneva sollevato sembrava piuttosto che fosse tentato di usarlo sugli altri due.
L'ultima foto gli fece salire un nodo alla gola, anche perché non si era nemmeno accorto che gliela avessero scattata. Era lui, in piedi al centro della terrazza. Alle sue spalle c'era Seiji, un braccio avvolto attorno alla sua vita e l'espressione tesa e concentrata di chi sta maneggiando un oggetto estremamente fragile.
Touma faticava a riconoscersi nella foto: lo sguardo un po' perso, il viso pallido, i pugni stretti... il panico provato in quel momento minacciò di risalirgli nel petto, ma lo scacciò. Lo sostituì con la sensazione della presa salda di Seiji su di lui, con il calore del suo fianco, fatto aderire con forza alla sua schiena. E con gli sguardi dolci e pieni di fiducia dei suoi nakama, quando lo avevano costretto ad uscire e gli erano rimasti accanto.
Touma sospirò. Se non lo avessero forzato e sostenuto in quel modo, probabilmente adesso non sarebbe stato lì a contrastare il vento freddo con il calore di un buon tè verde. Sarebbe stato barricato in casa, provando un brivido ogni volta che avesse provato a guardare fuori...
Mise anche l'ultima foto sulle altre. Le battè dolcemente sul tavolino per allinearle, poi aprì la busta gialla e ce le infilò, in modo che rimanessero dietro a quelle più vecchie.
Le sfilò di qualche centimetro dalla busta, indeciso se riguardare anche quelle, ma le infilò di nuovo dentro, e la richiuse. Rientrò in casa, poggiò la tazza vuota sul fondo del lavandino, si tolse la giacca e tornò in camera da letto. Infilò la busta gialla piena di fotografie in fondo al cassetto del comodino e lo richiuse.
Sorrise, pensando che sarebbero rimaste lì, ad aspettare il giorno in cui avrebbe avuto bisogno di riguardarle ancora una volta.




FINE




Ebbene sì, ce l'ho fatta a scrivere questa benedetta parola in fondo alla fic! Ammetto che cliccare sul campo “conclusa” mi fa un certo effetto.
Questa fanfiction è stata importante per me, per tutta una serie di motivi.
Soprattutto perchè mi ha fatto riscoprire qualcosa che avevo amato molto ma che avevo dimenticato per anni, e perchè mi ha spinto a ricominciare a scrivere, mi ha fatto conoscere persone nuove e mi ha tenuto compagnia in un periodo piuttosto movimentato.
E' stato divertente scriverla, anche perchè era dotata di volontà propria. Ha continuato ad espandersi e cambiare man mano che la scrivevo, e alla fine sono arrivata a 15 capitoli, invece che 10 come avevo preventivato.
Il che va benissimo, visto che sono talmente NERD che mi ero messa in testa di fare un multiplo di 5, in modo da dedicare il finale di ogni capitolo ad ognuno di loro. In realtà non ci sono riuscita a seguire del tutto lo schema, temo che ci sia qualcuno che si è allargato rispetto agli altri...XD
Lol, quando mi metto a fare queste cose mi faccio paura da sola!!! O___o
bene, concludo qui.
Ma prima vorrei ringraziare chi ha letto questa storia fino alla fine, (questo è uno di quei casi in cui si applica alla perfezione il vecchio adagio dei pochi ma buoni) e chi ha commentato.
In particolare vorrei dire GRAZIE a:
Sakura Ikaru per la sua puccettosità e per l'incoraggiamento costante.
PerseoeAndromeda perchè si è fatta coinvolgere e commuovere fino alle lacrime.
Kourin, per i suoi commenti chilometrici ed arguti, fonte di ispirazione.
E' tutto.
Alla prossima!
Soltanto Una Fenice

 

 

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