L'amicizia per sempre

di birdix82
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordi... ***
Capitolo 2: *** Camus e Katos... ***



Capitolo 1
*** Ricordi... ***


CAPITOLO 1: Ricordi

CAPITOLO 1


Ricordi



Pioggia, sempre, solo, ancora pioggia! Da quanti anni ormai gli inverni al Santuario erano caratterizzati da interminabili giorni di precipitazioni….il fenomeno si verificava sempre allo stesso modo, iniziava sempre lo stesso giorno…

Già! Quel maledetto giorno… Di tanti anni addietro…

Quella sanguinosa corsa contro il tempo costata vite umane, amicizie perse per sempre…

Dietro ai vetri delle finestre dall’ ottava casa, colpite dalle raffiche di vento, Milo, suo custode, osservava, triste, il cielo grigio piangere…

Piangere, come il suo cuore, al pensiero di dover partecipare ancora una volta alla cerimonia in onore e ricordo della scomparsa dei suoi compagni.

Tanti erano periti nel corso delle battaglie. Ormai rimanevano in pochi Gold Saint a protezione del Santuario… Lui, Aioria, Mu, Aldebaran, Shaka ed un rinnovato Kanon, ora Saint dei Gemelli.

E dal suo luogo di meditazione, alle cascate di Goro Ho, il vecchio maestro Doko, Gold Saint della Bilancia.

Tutti gli altri cavalieri, delle caste minori, erano momentaneamente in congedo. Ora nessuno minacciava la tranquillità del mondo.

Ovviamente Milo li avrebbe rivisti di lì a poche ore, alla commemorazione, e la cosa non lo dispiaceva affatto. Il legame di amicizia che li univa si era rafforzato negli anni a combattere insieme e ora li considerava come fratelli e sorelle… la sua famiglia.

Tra tutti era Hyoga quello a cui voleva più bene, probabilmente in virtù di una promessa fatta a Camus, maestro d’arme del ragazzo, nonché suo migliore amico.

Lui che era stato il signore dei ghiacci, padrone delle arti del gelo…

Milo distolse lo sguardo dal panorama visibile dalla sua camera da letto, gettò una breve occhiata all’orologio da parete di fronte a lui…14.30…doveva sbrigarsi. Alle 15.30 Saori iniziava la funzione, giù nell’arena, dietro la casa del Montone Bianco.

Si sfilò la veste da notte, lasciandola cadere sul pavimento, aggiungendola alla disordinata serie di oggetti sparsi per ogni dove. L’ordine personale non penetrava nelle sue priorità; come il non rispettare orari e regole… ed infatti si era appena svegliato!

Si fissò un attimo nello specchio… era ancora un giovane, eppure dentro di sé si vedeva molto più vecchio… un animo e un ego cresciuti troppo in fretta… appesantiti dalle responsabilità derivanti dal suo rango, dalle missioni affrontate in tanti anni di servizio e dagli innumerevoli avversari abbattuti in combattimento.

Un ruolo importante, nella sua formazione, lo aveva anche la sua sfortunata infanzia.

Era nato in una umile famiglia di contadini… Così gli aveva raccontato colui che era stato il suo allevatore. I suoi veri genitori lo avevano abbandonato ancora in fasce davanti alla sua porta…

Oh si! Fin dai suoi primi attimi sulla terra la sorte era stata crudele con Milo!

Il cavaliere terminò il pensiero, raccolse il mantello indicativo del suo status di Gold Saint e uscì dalla stanza.

Fuori, all’entrata, lo attendevano gli uomini della sua guardia! Soldati dall’aspetto possente, corpi muscolosi, abbronzati, segnati dalle cicatrici, ricordi delle numerose battaglie. Fedeli come nessuno e pronti al sacrificio per il loro comandante.

Lo salutarono con un inchino e si disposero alle sue spalle… in due file ordinate.

L’armatura dello Scorpione brillava, lucente, sotto la pioggia battente, nonostante la poca luce della giornata.

Partirono, a passo di marcia, per coprire la distanza che li separava dal luogo della cerimonia. Il tempo non accennava a migliorare.

“Che strazio” pensò Milo “se fosse neve almeno…”

La neve, bianca, morbida, pura…

In quel momento avrebbe dato se stesso per vederne un po’…

Per la “sua” neve, perfetta, ogni cristallo uguale, regolare, geometrico!

Si! La neve che solo Camus sapeva creare, le forme che gli dava, il modo in cui la faceva scendere…quasi una danza!


- Camus! - al ricordo del suo amico si sentì mancare.


Da quando era scomparso non un solo fiocco di neve aveva più toccato le terre del Santuario. Durante le stagioni fredde cadeva solo pioggia . I giorni erano grigi, umidi…

Perso nei suoi pensieri il cavaliere dello Scorpione non si accorse nemmeno di trovarsi già alla sesta casa, il cui custode, Shaka lo aspettava per scendere insieme.

Si scambiarono un saluto frettoloso, poche parole e ripresero il cammino.

In quel giorno nessuno aveva voglia di parlare. Si lasciava spazio ai ricordi, alle emozioni, ai sentimenti… il partecipare alla cerimonia valeva più di mille discorsi.

Un’improvvisa raffica di vento gli gonfiò il mantello fino quasi a staccarlo dagli spallacci della corazza. Milo lo afferrò per tempo e se lo richiuse nuovamente addosso. Un ricordo attraverso la sua mente… anche il giorno dell’investitura a cavaliere di Scorpio c’era vento forte. Quella volta però il mantello gli scivolò di mano… Per fortuna Aiolos lo raccolse in tempo, con un sorriso glielo porse, negli occhi la luce inconfondibile del coraggio e della sicurezza che lo contraddistingueva da tutti gli altri Saint. Era di pochi anni più grande, abile in combattimento, veloce e potente e oltremodo saggio, riflessivo per un ragazzo così giovane. Anche se cavaliere di Atena!

Gran giorno quello…l’investitura, un traguardo tanto atteso, quanto meritato, raggiunto dopo anni di duro addestramento tra i monti della Greca… praticamente isolato dal mondo. Quanti ricordi!




Tutto ebbe inizio quando i suoi genitori lo abbandonarono appena nato davanti alla porta di un ricco proprietario terriero. L’uomo, conosciuto per la sua antipatia e cattiveria, trovandosi per le mani un bebé andò su tutte le furie, ma nonostante tutto decise di tenerlo. Una volta cresciuto avrebbe fatto lavorare per lui il bimbo, per rifarsi del tempo e del denaro speso per il suo mantenimento.

Così Milo si ritrovò alla servitù di quel signorotto avido e borioso.

Incredibile che nell’età moderna esistesse qualcuno che ancora rendeva servi le persone.

Soprattutto in un paese progredito come la Grecia, meta turistica internazionale, con la sua storia e il suo patrimonio culturale.

Eppure! Tutto per un tozzo di pane e un bicchiere di latte.

All’età di 3 anni, Milo già faceva lavori da adulto, pesanti perfino per uomini maturi e abituati a sopportare la fatica! Sembrava incredibile eppure le sue braccia esili e le gambette ossute possedevano un’inesauribile forza ed energia! Gli adulti lo guardavano con sospetto…Tra loro girava la voce che il bimbo fosse figlio del demonio. Non aveva amici il piccolo, era l’unico bambino presente nella fattoria! Era un bel fanciullo, occhi grandi, espressivi, capelli ricci, di un inconsueto colore blu!

Questa sua bizzarda caratteristica non lo aiutava di certo e aumentava di giorno in giorno la paura che i contadini avevano di lui! Solo il padrone sembrava non dare peso alle sue doti straordinarie e al suo aspetto da folletto! A lui bastava che producesse quanto richiesto. Per lui era una macchina da lavoro e basta, da sfruttare al meglio.

Milo passava gran parte del suo tempo ad accudire il bestiame: cavalli, buoi, mucche, porci, muli, oche, galli e galline… e quanto altro ci fosse che non somigliasse ad un uomo!

Lui si divertiva tra gli animali, anche se lo facevano faticare, in un certo qual modo comunicava con loro. Voleva loro bene e li trattava con riguardo e rispetto! Dopo tutto lui si cibava con il latte della mucca, le uova delle galline, la carne dei maiali e per questo gliene era riconoscente. Insomma uno scambio equo; questo pensava!

Non aveva quasi mai tempo per giocare o divertirsi ma nonostante ciò aveva sviluppato un carattere esuberante, burrascoso…era un monello! Appena gli si presentava l’occasione tirava brutti scherzi ai manovali al lavoro nei campi! Si appostava sugli alberi e con una grossa fionda li bersagliava con piccole pietre o le ghiande dei pini. Poi si nascondeva tra le fronde dei rami più alti a cinguettare come un uccellino per non farsi trovare. Che spasso… I volti contorti in smorfie di dolore e sorpresa e le urla imbufalite degli uomini lo riempivano d’orgoglio! Ma nessuno quanto il padrone… con il suo enorme sedere, la pelata luccicante al sole e i baffoni grigi.

Per lui sceglieva sempre le pietre più grosse e le ghiande più acerbe perché più dure!

Aaah! Che musica soave sentir imprecare quell’ammasso di ciccia senza cuore… che poesia la sua voce gutturale urlata al vento contro un attentatore invisibile.

Quanto odiava quell’uomo, anche se lo aveva cresciuto. Era un continuo maltrattamento, insulti, calci, pugni, sputi.

Ma un giorno l’avrebbe fatta finita, se ne sarebbe andato, per il mondo, alla ricerca di un luogo tranquillo dove ricominciare a vivere.

E forse non avrebbe dovuto aspettare molto! Si avvicinava infatti la consueta visita annuale a tutte le case della regione del Grande Sacerdote della città di Atene! Una mistica figura mascherata, ammantata da un velo di magia e santità!

Milo non se lo ricordava bene, era troppo piccolo gli anni precedenti, ma in lui era viva la sensazione provata quando quell’uomo lo aveva tenuto in braccio ancora in fasce e lo aveva benedetto con la sua preghiera! Aveva sentito un enorme calore irradiare dall’animo del sacerdote, una pace angelica nel suono della sua voce.

Ancora una volta lo avrebbe incontrato e la cosa lo riempiva inspiegabilmente di euforia, di impazienza.

Contava i giorni che lo separavano dalla vista, maledicendo il tempo perché non scorreva più in fretta. Ad una settimana dall’arrivo del pontefice ateniese Milo era diventato totalmente irrequieto, non ce la faceva più ad aspettare… Qualcosa lo spingeva ad accorciare i tempi… e così gli venne in mente un’idea.

Al termine di una normale giornata di lavoro scese nelle cucine della casa patronale, riempì furtivamente una sacca di cibarie e si rifugiò nella sua stanza. Quella notte sarebbe scappato!

Attese in silenzio, fingendo di dormire fino a che tutti si furono coricati. Come si spense l’ultima luce dentro la casa Milo mise in atto il suo piano.

Aprì dolcemente la finestra della sua camera e si sporse sul davanzale per controllare che non ci fosse nessuno in giro; con un balzo si appese alla vicina grondaia e cominciò a calarsi verso terra.

Aveva con sé solo la sacca con il cibo e una borraccia per l’acqua… Altro bagaglio lo avrebbe solo intralciato.

La notte era buia, grandi nuvole scure coprivano la luna e le stelle. Il vento fischiava forte e copriva il rumore dei suoi passi nel cortile.

Per una volta, il tempo era dalla sua parte. Passato il cancello d’ingresso della casa patronale si lanciò di corsa lungo i prati fino all’estremità della proprietà. Scavalcò il recinto e si ritrovò sulla strada principale.

Era davvero un bimbo prodigio… Solo tre anni e mezzo e già pronto per l’avventura.

Si incamminò seguendo la strada verso destra. Non era sicuro della direzione da prendere, in fondo non era mai uscito prima dalla fattoria. Lo guidava il suo istinto, era sicuro di essere diretto dalla parte giusta!

L’aria era impregnata dell’odore delle piante bagnate dalla rugiada, inconfondibile gli giungeva al naso il profumo delle pinete che formavano i boschi circostanti.

Avanzava lesto, a passi piccoli ma cadenzati… Se teneva quel ritmo si sarebbe allontanato molto dalla sua “prigione” prima che fosse mattino! Già immaginava il viso furibondo del padrone una volta scoperta la sua fuga… sogghignò divertito!

Perse presto la cognizione del tempo e poco dopo anche l’orientamento… Non vedendosi stelle non aveva punti di riferimento. Ci volle poco perché si insinuassero nella sua testa sottili trame di paura! Si ritrovò all’improvviso a ricordare alcune favole raccontategli dalle cuoche della fattorie, storie narranti di enormi lupi che vivevano nelle foreste della Grecia in cerca di prede per sfamarsi.

Iniziò a guardarsi intorno furtivo, sempre meno sicuro di sé.

Cosa stava facendo? Si chiese. Dove si trovava?

Un rumore alle sue spalle lo fece trasalire… Senza pensare iniziò a correre senza meta, lasciò la strada ed entrò nella foresta con l’idea di rifugiarsi su un albero in attesa del giorno. Zigzagava veloce e leggero tra i grandi tronchi, superando i rami che lo frustavano al volto e sulle braccia... La sacca che portava si impigliò nella vegetazione, strappandosi e spargendo il contenuto sul terreno. Milo non si fermò e continuò a correr a perdifiato. Il cuore gli martellava nel petto, la mente persa nell’incubo di essere braccato da un lupo affamato! Non si accorse di essere arrivato ad un pendio. Gli mancò la terra sotto i piedi e dopo un breve volo si ritrovò a rotolare a testa in giù! Nella caduta urtò sassi, radici, rovi. Le vesti gli si erano lacerate in più punti e fitte di dolore lo attraversavano ad ogni colpo preso.

Infine stramazzò al suolo, in una piccola radura erbosa tra quattro pini immensi.

Cercò di alzarsi, le forze gli vennero meno. Aveva il respiro affannoso, credeva di soffocare! La testa gli doleva e gli occhi gli bruciavano. Aveva la bocca piena di erba e terriccio e lo stava assalendo un sete tremenda! Tutto, intorno a lui, roteava vorticosamente e non sembrava volersi fermare. Vomitò, in preda a convulsioni addominali. Si lasciò cadere a terra supino e chiuse gli occhi. Un insolito torpore iniziò ad aggredirlo… Non doveva addormentarsi, pensava... Stai sveglio!, si ripeteva.

Quel poco che riusciva a vedere stava lentamente sfocando…

Gli sembrò di sentire una vocina chiamarlo…


- Ehi! Tu, tutto bene? - ora aveva anche le allucinazioni uditive, pensò.


Gli sembrò che qualcosa gli sfiorasse la fronte. Socchiuse gli occhi un attimo, prima di cadere nel sonno. L’ultimo ricordo di quella notte furono due grandi occhi azzurri…

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Capitolo 2
*** Camus e Katos... ***


CAPITOLO 2


Camus e Katos



Il vecchio lo percuoteva con un sottile ma resistente bastone di quercia... Ad ogni colpo la sua pelle si copriva di escoriazioni e ferite.

In poco tempo il sangue inzuppò i suoi vestiti...


- Lavora, piccolo vagabondo impertinente... Devi guadagnarti la cena di stasera - urlava l’uomo menando bastonate.


Il bimbo piangeva per il dolore, ma non voleva abbassare lo sguardo da quel volto odiato.

Il suo orgoglio era superiore al male fisico...


- Ti odio, ti odio maledetto vecchio... Puoi avere il mio corpo ma non avrai mai la mia anima, né il mio rispetto -


L’uomo colpì il fanciullo al volto, buttandolo a terra... Un rivolo di sangue sgorgò dall’arcata sopraccigliare sinistra...


- Un giorno te ne pentirai maledetto vecchio, io mi vendicherò... Sarò libero di fare una vita normale -


Il contadino, furibondo, lo afferrò per il collo sollevandolo da terra... La stretta potente lo soffocava.


- Lasciami - disse faticosamente - Aiutatemi - pregò disperato... Poi si fece buio...


- Nooooooooo!!! -


Milo si svegliò di soprassalto, sudava, aveva la bocca asciutta e le mani gli tremavano.

Era un incubo, stava solo sognando... Eppure sembrava così reale.

I suoi occhi si abituarono poco a poco al buio... Ma dove si trovava? Non riconosceva il luogo in cui era... Stava seduto sopra un giaciglio di paglia e fieno con una coperta di lana grezza che lo copriva. La stanza era molto piccola, dall’aspetto povero e rustico... Non c’erano mobili, solo un catino ed un’anfora in un angolo... Un mozzicone di candela sprigionava una debole luce che illuminava appena l’ambiente.

Una porta di legno dall’aspetto robusto e pesante era al centro della parete opposta al punto in cui si trovava lui...

Era disorientato... Si sentiva debole e affamato e aveva una sete folle. Fitte di dolore attraversavano tutto il suo corpo al minimo movimento. Si passò una mano sul volto per asciugare il sudore e si accorse di avere una rozza fasciatura intorno alla testa...

Cosa lo aveva ridotto così? I suoi ricordi erano appannati... Fece uno sforzo per alzarsi ma le gambe gli cedettero e ricadde sul letto... Infreddolito si ridistese e si coprì con la coperta.

Non aveva più indosso i suoi vestiti... Di chi erano gli abiti che vestiva? Una maglia di lana a maniche lunghe e una paio di pantaloni tipo tuta sportiva... Erano parecchio consunti ma comodi e di misura... Dovevano appartenere ad un bambino... Ma chi? Non conosceva nessuno all’infuori degli uomini della fattoria...

I pensieri gli affollavano la mente... Che confusione! Continuava a chiedersi dove fosse e come c’era arrivato... Da quanto si trovava lì? Che giorno era? Che ora?

Ricordò all’improvviso la fuga dalla casa del suo padrone, la corsa nel bosco, la caduta, il dolore, la paura... Si! Doveva aver perso i sensi in seguito allo scivolone nella foresta... Qualcuno lo aveva soccorso... Il vago ricordo di occhi che lo osservavano prese forma... Un’immagine lontana e appannata... Chi poteva essere?

La sua attenzione fu attirata da alcune voci, comparse all’improvviso, al di là della porta della camera! Un uomo e una donna... Il tono di lui lasciava trasparire un misto tra preoccupazione e curiosità, quello di lei tranquillità e dolcezza.

Milo allungò le orecchie per capire cosa dicessero...


- Lo abbiamo raccolto nel bosco, non lontano da qui. Era privo di sensi, tremava, sanguinava copiosamente dalla fronte... Ho curato le numerose ferite superficiali, però ho bisogno del tuo occhio esperto per capire se ha riportato fratture o danni interni - era l’uomo a parlare - Da quando è qui non si è mai svegliato, ogni tanto si lamenta nel sonno... I primi giorni gli è salita la febbre, poi si è stabilizzato... In questo momento è di là che dorme -


- Non hai idea di chi sia? - gli chiese la donna - Da dove provenga? Nessuno in paese ha chiesto di lui? -


- No, nessuno! Nessun reclamo o avviso di scomparsa! Non c’è paesano che lo conosca! Nemmeno dall’orfanotrofio proviene! Questo bimbo è un mistero! -


- Posso vederlo? Devo fare un attento esame per capire le sue reali condizioni di salute! -


La voce della donna giungeva distorta a Milo attraverso le assi di legno della parete.

Era lì da giorni? Si domandò... Quanti? Per quanto tempo aveva dormito?

La serratura della porta scattò e la luce di una lampada fece capolino! Lentamente la stanza venne illuminata... Milo chiuse gli occhi per difendersi dal bagliore che lo infastidiva.

Socchiuse appena le palpebre... Un uomo entrò, non vedeva bene i suoi lineamenti, né il suo aspetto... Era di corporatura media, spalle larghe. Quando fu più vicino al letto notò una chioma di capelli scuri, folti, raccolti in una coda... Una sottile barba incorniciava un viso stanco, abbronzato. Aveva il naso e le labbra sottili, occhi scuri, grandi, sopracciglia folte ma ordinate! Vestiva una maglia di lana nera, girocollo e con le maniche lunghe, un paio di pantaloni di velluto con due grosse toppe sulle ginocchia e delle scarpe da montagna!

L’espressione sul volto dello sconosciuto era preoccupato, ma gli occhi trasmettevano bontà e forza... Avrà avuto all’incirca una quarantina d’anni.

L’uomo si accorse di essere osservato...


- Ci siamo svegliati finalmente, giovanotto! Stavo perdendo ogni speranza sai? -


Milo si coprì fino alla fronte per non farsi vedere...


- Ebbene? Non dici nulla? Spiegami cosa ci faceva un bimbo come te nel bosco di notte? Non sai che alla tua età si va a dormire presto? -


- Non lo aggredire in quel modo! - intervenne la donna, alle spalle dell’uomo - Non vedi che è impaurito? Sarà sicuramente disorientato! -


- Scusa hai ragione, perdonami. È che ero in apprensione! Dai, piccolo, vieni fuori da lì... Questa signorina è qui per te! -


Piano piano gli occhi blu di Milo comparvero da sotto la coperta... E si fermarono sulla figura della donna... Il corpo era interamente nascosto da un lungo mantello nero, da cacciatore. Poteva vedere appena i piedi e la testa... Aveva capelli lunghi fino alle spalle, di un biondo oro... Ma il volto? Non poteva vederlo perché coperto da una maschera.

Si, una maschera argentata con gli occhi contornati di azzurro e una stella sulla guancia sinistra. La domanda gli uscì spontanea...


- Ma siamo già a carnevale? -


Le due figure in piedi vicino al letto si scambiarono una breve occhiata, poi scoppiarono in una fragorosa risata...


- Sei spiritoso bimbo? - commentò l’uomo - Davvero divertente! -


- No, piccolo! Non porto la maschera per gioco, ma per scelta... è mio dovere indossarla, ma ti spiegherò tutto un’altra volta. Ora lascia che ti visiti! Su, esci da quel letto! Non avere timori, sarò gentile... Non sentirai nulla -


La donna si inginocchiò vicino a lui e lo aiutò a sedersi...


- Come ti chiami? - gli chiese


- Io sono Milo - rispose il fanciullo - E voi chi siete? - li squadrò entrambi...


- Io sono Katos e sono un taglialegna... Vivo in questa casa con mio nipote, che poi conoscerai! -


- Io invece sono Jurua , curatrice di Atene! Guarisco le persone, le aiuto... Come con te ora. E siamo entrambi molto curiosi di conoscere la tua avventura piccolo Milo! -


Mentre parlava sfiorava il bimbo con le palme delle mani, senza però posarsi mai in qualche punto.

Milo non capiva cosa stesse facendo. Com’era strana quella donna, perché si copriva il volto? Era forse brutta? Poteva essere... S’immaginò un viso da strega orribile, e si convinse che la maschera ci voleva tutta...


- Beh, cosa posso dirvi! Sono scappato dalla casa dove vivo perché il mio padrone mi costringe a lavorare senza sosta per lui... Non ho mai conosciuto i miei genitori... Sono cresciuto alla fattoria! Ma ora voglio andare ad Atene per conoscere il Santo Sacerdote!! -


- Vorrai dire il Grande Sacerdote? - rise Katos


- Si, vabbé, quello. Chiamalo come ti pare! Devo assolutamente incontrarlo! Io voglio essere come lui! -


La ragazza terminò il suo “esame”... - Stai bene Milo! Nulla di rotto, nessuna ferita interna! Sei sano come un pesce! -


Iniziò a togliergli la fasciatura dalla testa... - Ora diamo un’occhiata alla ferita. Vediamo se si sta rimarginando bene -


Appena sciolse le bende i capelli blu del bimbo gli ricaddero sulle spalle...


- Blu! - esclamò Jurua - Colore insolito! Ho sentito dire che chi ha capelli come i tuoi è legato agli dei dell’Olimpo! -


- Agli dei? - Milo la guardava incredulo e meravigliato - Dici davvero? Magari il mio babbo è Zeus - si afferrò una ciocca di capelli e la osservò più da vicino...


- Non esaltarti bimbo, sono tutte dicerie! - il taglialegna lo riportò bruscamente alla realtà - Hai capelli strani, è vero, e con questo? Io ne ho visti altri come te! Uno è mio nipote Camus -


- Suo nipote? - ripetè Milo - Ma è un bimbo come me? Allora sono suoi questi vestiti che indosso! Ma dov’è? Lo posso conoscere? -


- In questo momento è a giocare nei boschi qui vicino insieme al nostro cane! Più tardi te lo presenterò! Ora pensa a riposare... Avrai fame immagino. Sono giorni che non mangi! -


In effetti Milo si sentiva piuttosto leggero ed ora che ci pensava avrebbe gradito un po’ di latte caldo e qualche tozzo di pane!


- Ma per quanti giorni ho dormito? - chiese ai due


- Una settimana, caro ragazzo - rispose Katos - La ferita alla fronte era profonda e hai perso molto sangue! Mi hai fatto spaventare sai? Per fortuna quella notte il cane ha fiutato il tuo odore e ti ha trovato, sennò chissà cosa poteva accaderti! Ti ha soccorso Camus per primo... è lui che ha arrestato l’emorragia, appena in tempo! Mi chiedo ancora come abbia fatto senza sporcarsi almeno un po’! Mah! Cosa ne dici, ti vanno due frittelle dello zio Katos? Le ho fatte poche ore fa... Sono certo che ti piaceranno! -


Detto ciò sparì oltre la porta e si diresse in cucina... Tornò poco dopo con un grande vassoio di legno lavorato, carico di frittelle ed una tazzona di latte fumante.

Milo, appena lo raggiunse il profumo dei dolci ne afferrò uno e lo divorò in un baleno! Aveva molta più fame del previsto e in un batter d’occhio spazzolò via tutto mangiando avidamente... Terminato anche l’ultimo sorso di latte posò soddisfatto la tazza sul vassoio ringraziando cortesemente il suo ospite...


- Ora caro Milo, devi riposare! - gli disse la guaritrice - Ti consiglio di rimanere a letto ancora per i prossimi due giorni! Mangia più che puoi per rimetterti in forze! Se vuoi davvero andare fino ad Atene non puoi trascurare la salute! -


Gli accarezzò la testa e si alzò... - Verrò a trovarti la settimana prossima per giudicare le tue condizioni... Stammi bene! -


Si allontanò dal letto seguita da Katos. I due si scambiarono saluti e ringraziamenti, poi la donna lasciò la casa...


- Ed ora a noi ometto! Siamo rimasti soli... Adesso facciamo due parole tra maschietti ok? Spiegami bene cosa ti ha spinto ad avventurarti da solo, di notte nella foresta! Non sai che pullula di lupi? -


Milo cominciò a raccontare la sua vita, dove abitava, cosa faceva, come passava il tempo... Spiegò brevemente all’uomo come mai non avesse i genitori, perché odiasse il vecchio fattore, il motivo della sua fuga, il desiderio di incontrare il Sacerdote.

Il racconto era un po’ confuso, spesso ripeteva le cose ma Katos sembrò afferrare il nocciolo del discorso...


- Quel brutto pezzo di m...! Approfittare di un bambino, farlo ammazzare di lavoro così piccolo. E guarda come sei magro... Per forza! Nutrito a pane e latte per tre anni... Quasi quasi vado alla fattoria a prenderlo a calci nel c...! -


Milo rideva per il linguaggio colorito del taglialegna, sentiva di potersi fidare dell’uomo... Provava le stesse sensazioni di quando era circondato dai suoi amici animali.

Si stava affezionando in fretta a Katos... Era simpatico e divertente e trasmetteva onestà e bontà...


- Sono a casa zio! -

Una voce di bambino interruppe i suoi pensieri... Doveva essere il famoso Camus.

La sua curiosità si riaccese...

Un bimbetto poco più basso di lui entrò correndo nella stanza buttandosi al collo dell’uomo...


- Allora, monello! Che giochi hai fatto oggi insieme a Idias - il cane da pastore, chiese Katos al bambino sollevandolo sopra la testa e mettendolo seduto sulle sue spalle - Avete rincorso qualche povero animaletto? O hai dato la caccia ai passerotti? -


- Siamo andati giù al lago zio - rispose Camus - Abbiamo nuotato tutto il pomeriggio... Idias è meglio dei pesci in acqua... Mi batte sempre quando gareggiamo! Poi ho pescato due trote e ce le siamo mangiate arrostite -


- Hai acceso il fuoco? Lo sai che non voglio, è pericoloso... Quando sei solo non devi giocare con le fiamme -


Il volto di Katos ora era severo. Guardava fisso il nipotino negli occhi.

Non gli piaceva quando Camus disobbediva ai suoi insegnamenti... Non lo aveva educato perché facesse di testa tua...


- Che non si ripeta mai più! E sottolineo “mai più”! Non costringermi a punirti... Sai che non c’è cosa che mi renda più infelice del doverti punire! Ti ho sempre detto che facendo il bravo puoi ottenere da me quello che vuoi, a patto che non ti prendi gioco di me! -


Il sorriso di Camus si spense, comprendeva la gravità del suo sbaglio.

Aveva paura delle punizioni dello zio... Solitamente erano severe e di lunga durata...


- Scusami zio! Non ho pensato alle conseguenze, in caso il fuoco fosse scappato al mio controllo - singhiozzò - Sono pronto a subire la punizione che riterrai più opportuna! -


Milo assisteva ammutolito alla scena... Katos, un attimo prima sereno e divertente ora era paonazzo in volto, le labbra serrate e le sopracciglia inarcate. Era chiaro che tenesse al bambino più di ogni altra cosa! La sua ira era giustificata... Probabilmente aveva paura che potesse farsi male...


- Penserò più tardi al modo migliore per farti passare la voglia di giocare col fuoco! In questo momento abbiamo altro a cui pensare... Come puoi vedere il qui presente Milo - e indicò l’ospite a letto - Si è svegliato! È molto affamato pertanto devo dedicarmi a preparare la cena! Mentre sarò in cucina tieni compagnia al nostro malato, sii educato e gentile! E non affaticarlo, ha bisogno di assoluto riposo! -


Poi si rivolse a Milo... - Cosa ti va di mangiare? Carne, verdura, formaggio? O preferisci una bella zuppa calda? Magari con qualche crostino di pane casareccio! Eh? Cosa ne dici? -


- Si, si, la zuppa! - saltellò Camus - Scegli quella! Zio Katos la prepara in modo superbo... E poi con questo freddo è l’ideale per scaldarsi lo stomaco! Sentirai che bomba! -


- Non sei tu a decidere Camus! - lo rimproverò l’uomo - Oggi decide lui... Tu sei in disgrazia! Ringrazia che non ti mando a dormire a digiuno! -


- Va bene la zuppa signore - disse Milo... Non gli piaceva vederli litigare - Io adoro le zuppe! Di qualsiasi tipo... Alla fattoria se ne mangiava spesso d’inverno. Soprattutto quella di fagioli o lenticchie con pezzi di carne -


- E sia ragazzi! Vi preparerò la mia famosa zuppa di verdure e maiale... Ho giusto comprato dell’ottimo stinco di suino oggi in paese. Mi metto subito all’opera! -


Si allontanò per dedicarsi ai fornelli.

I due bambini rimasero soli. Si osservavano incuriositi in silenzio.

Camus parlò per primo...


- Come hai detto di chiamarti? -


- Milo - rispose l’altro


- Bel nome! Io sono Camus, piacere di conoscerti! Ti ho trovato io alcuni giorni fa, insieme al mio cane! Ha un gran fiuto sai? È stato lui ad indicarmi il luogo dove ti trovavi. È un ottimo segugio... il mio compagno di giochi! Siamo cresciuti insieme. Lo zio lo ha preso quando io ero appena nato... Si può dire che abbiamo la stessa età! -


- Davvero? Anche io sono cresciuto in mezzo agli animali! Sono stati gli unici amici che abbia avuto... Mi mancano ora! Spero che stiano bene -


I due fanciulli raccontarono l’uno all’altro le proprie avventure, l’esperienze di vita! Era interessante scambiarsi informazioni e pensieri.

Camus rideva divertito al racconto delle sassaiole di Milo ai danni del suo vecchio padrone, soprattutto quando lo colpiva sul sederone e sulla pelata!


- Anche io mi diverto con la fionda! - gli disse Camus - Faccio il tiro al bersaglio contro i lupi del bosco quando sono a caccia in branco! Non sopporto che facciano del male agli animali più piccoli ed indifesi! -


- Giusto! Non è corretto che facciano i prepotenti solo perché più forti e grossi - commentò Milo


I due si scambiarono un’occhiata d’intesa! Il loro modo di vedere le cose era incredibilmente simile... Era sorprendente quanto riuscissero ad intendersi... Eppure erano solo pochi minuti che parlavano.

Entrambi però sapevano per istinto che sarebbero presto diventati amici.

Milò lo osservò attentamente: Camus era poco più basso di lui, di corporatura esile, fine... Lineamenti perfetti, dolci, occhi verde mare, capelli azzurro - verdi, lunghi fino alle spalle, lisci, tutto il contrario dei suoi, ricci e ribelli! Le sopracciglia era sottili, quasi femminili, gli occhi grandi, vispi, espressivi, gioiosi... Aveva la sensazione di averli già visti! Si certo! Ora ricordava... La notte della fuga... Prima di perdere i sensi...


- Sai che sei davvero simpatico Camus? Sei il primo bambino che conosco, l’unico che abbia mai visto! -


- Lo stesso vale per me sai? - disse Camus - Ho sempre vissuto qui nella foresta con zio Katos! Lui si prende cura di me... è il fratello maggiore della mia mamma! Lei ora vive in Francia con il babbo. Io sono nato là sai? Purtroppo i miei genitori non possono stare con me per via del loro lavoro... Sono scienziati e spesso viaggiano e stanno lontani da casa molti mesi! Li vedo pochissimo... Però mi scrivono spesso! -


Un velo di tristezza si affacciò nelle pupille del bimbo... Milo se ne accorse subito...


- Sono certo che ti vogliono molto bene! Quando sarai più grande riuscirai a vivere assieme a loro... Viaggerai per il mondo e conoscerai tante cose nuove, visiterai paesi, città e imparerai usanze di molti popoli della terra! -


- Spero che tu abbia ragione Milo! È un bel sogno... Desidero fortemente che diventi realtà! E tu, non hai mai conosciuto i tuoi? -


- Purtroppo no! Mi hanno lasciato sulla soglia della fattoria appena nato! Sono stato allevato da quel farabutto di cui ti ho detto! Ma non ho mai perso la speranza di ritrovarli un giorno -


Ora era il volto di Milo ad essere velato dalla tristezza.

I due bimbi avevano parecchio in comune. La sorte era stata piuttosto dura con entrambi...


- A tavola! La cena è servita! - Katos li chiamava dalla cucina - Lavatevi le mani prima di sedervi a mangiare! -


Camus aiutò Milo a mettersi in piedi, insieme si diressero al bagno per poi recarsi in cucina.

La stanza era di forma rettangolare. Un grande tavolo di legno grezzo stava alla destra della porta di ingresso appena sotto la finestra. Quattro sedie della stessa fattura erano disposte intorno ad esso, una per lato! Nell’angolo opposto, in un camino di mattoni, scoppiettava un allegro fuoco che sprigionava un piacevole calore. Lungo la parete lunga della cucina si stagliava un vecchio angolo cottura a gas. Su uno dei fornelli una grossa pentola di terra ribolliva sommessamente. La famosa zuppa di Katos! Il profumo che ne proveniva era davvero invitante.

Katos li invitò a sedersi. La tavola era apparecchiata in modo semplice. Tre piatti fondi di terracotta, tre cucchiai di legno, tre bicchieri, una vecchia brocca di ceramica colma d’acqua, un’altra simile con del vino rosso. Al centro stava in bell’esposizione un’alzata in vimini con della frutta dall’aspetto fantastico. Un grosso pane appena sfornato e fumante aspettava di essere tagliato in tre parti per accompagnare la zuppa.

Il taglialegna posò il pentolone sul tavolo e iniziò a riempire i piatti.

Alla prima cucchiaiata Milo impazzì di piacere! Diamine, non aveva mai assaporato nulla di simile, nemmeno nei suoi sogni più sfrenati...


- È fantastica, mitica, unica! Nessuna zuppa di quelle che ho mangiato finora ha un sapore simile! È idilliaca! Non trovo le parole giuste per definirla! Sei un cuoco magnifico, migliore di tutte quelle vecchie racchie che ingombravano la cucina della fattoria! -


- Mio dio, quanti complimenti... Sono lusingato - rise Katos - Non avevo mai ricevuto un simile consenso. Vedi Camus? Milo si che sa apprezzare la buona e sana cucina! E tu che mi trovi sempre da dire -


- Non è vero! - protestò Camus - È solo che ogni tanto ti capita di far cadere qualche pizzico di sale in più! -


L’osservazione aveva un tono ironico e Katos l’accettò di buon grado.

Proseguirono la cena in tranquillità, mangiando altra zuppa col pane e ridendo e scherzando. Katos era anche un gran bevitore oltre ad un bravo cuoco e svuotò la brocca del vino un bicchiere dopo l’altro.

Per finire consumarono qualche frutto!

L’atmosfera era accogliente, familiare. Milo non riusciva a credere di vivere un’esperienza tanto gratificante. Dopo tutto il tempo trascorso a lavorare e soffrire finalmente un po’ di pace e serenità! Provava sensazioni per lui nuove... Era forse questa la felicità? Probabilmente si. E la cosa non gli dispiaceva affatto!

Camus e Katos erano persone speciali. Semplici d’animo e d’idee. Già li adorava!


- Allora fanciulli! È ora di andare a dormire! Si è fatto tardi e domani la giornata sarà lunga, almeno per me! Quindi mentre riassetto la cucina, voi fate toilette e filate a letto! Dopo passerò a controllare! -


I due bambini si alzarono da tavola annuendo con la testa. Camus sosteneva Milo e lo scortò fino al bagno! Dopo una rapida rinfrescata lo riportò nella sua stanza...


- Appena starai meglio ti sposterai nella mia cameretta! Così potremo parlare e divertirci prima di prendere sonno! Mi devi ancora spiegare cosa ci facessi nella foresta l’altra notte! -


- Vero! E tu devi dirmi come hai fatto a fermare l’emorragia alla testa! Tuo zio dice che non capisce come ci sei riuscito senza usare tamponi e senza sporcarti un minimo! -


- Mio zio è un gran chiacchierone! Non sa stare zitto a volte! - commentò Camus - Ma non ti preoccupare... Un giorno te lo farò vedere! È una cosa che so fare da sempre. Non so come mai, né cosa sia! È in me! So solo questo -


Milo lo guardava incuriosito... - Aspetterò! Sono impaziente... Sono sicuro che è una cosa meravigliosa -


- Certo! - annuì il bimbo dagli occhi azzurro mare - Ora però pensa a recuperare le forze! Quando potrai uscire ti farò vedere le terre intorno alla casa, il lago, il bosco e gli animali che lo abitano! Giocheremo insieme a Idias e correremo sui prati! Buonanotte Milo -


Si scambiarono una stretta di mano, poi Camus uscì chiudendo la porta dietro sé.

Milo rimase solo, perso nei suoi pensieri. Era talmente su di giri che non prestava nemmeno più attenzione al dolore delle ferite! Quanto aveva desiderato una vita simile. Una famiglia vera! In cuor suo pregava che le cose non cambiassero più. Perfino il suo progetto di andare ad Atene ora non gli importava molto! Anche se ancora non vedeva l’ora di incontrare il Gran Sacerdote.

Sbadigliò... Era sazio e un leggero sonno cominciava ad impossessarsi di lui. Caspita quanto aveva mangiato! Non ricordava di aver mai consumato un pasto così abbondante e tanto buono.

La porta si aprì. Era Katos...


- Allora piccolo! Immagino che la tua pancia ora stiamo meglio! Sono felice di sapere che apprezzi i miei piatti! Immagino che tu e mio nipote abbiate fatto conoscenza nel tempo passato insieme! Cosa ti dicevo? Hai notato che non sei il solo ad avere un aspetto insolito? Jurua sostiene che siate destinati a qualcosa d’importante... Non ne sono sicuro. L’importante è che vi teniate lontani dai guai! -


L’uomo si avvicinò al letto, gli sistemò il cuscino dietro la testa e gli rimboccò la coperta. Gli passò una mano tra i capelli e accucciandosi lo baciò teneramente sulla fronte!


- Riposa! Domani è un giorno nuovo, ricco di sorprese e novità! Fa sogni d’oro! -


Milo rimase sorpreso dal gesto di Katos... Arrossì imbarazzato. Si sentì improvvisamente caldo... Era affetto per l’uomo quello che provava? Ma se lo conosceva appena.

Indubbiamente però gli faceva piacere ricevere quelle attenzioni...


- A domani Katos! Grazie di tutto - lo ringraziò Milo - Buonanotte! -


- Altrettanto a te piccolo -


Poi l’uomo si alzò e spense la candela nell’angolo. Arrivato alla porta gli lanciò un’ultima strizzata d’occhio e chiuse la porta.

Al buio e immerso nel silenzio Milo si passò le dite sulla fronte ancora umida per il bacio.

Era al settimo cielo! Per la prima volta nella vita era contento di essere nato!

Si raggomitolò sotto la coperta per trovare un po’ di caldo! Si lasciò scivolare tra le braccia di Morfeo... L’ultimo pensiero della giornata rivolto ai suoi nuovi amici!

Ringraziò gli Dei di averli incontrati...


- Vi voglio bene! - sussurrò... Poi si addormentò!

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