Cinderella

di denna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ciao a tutti! Poiché mi sono resa conto che è passato un quantitativo di tempo spropositato da un mio ultimo aggiornamento, e dato che, come al solito, non ho ancora niente di pronto, ho pensato di farmi perdonare pubblicando questa storiella, nata dopo la visione del film di Cenerentola durante la sessione d'esame invernale (cosa può fare lo stress...).  Ci vediamo alle note in fondo, Buona lettura! :)
 






Cinderella

 

C’era una volta, in un regno molto molto lontano, una bambina, figlia di due nobili. La piccola aveva perduto il padre in tenera età e la madre, che desiderava che la figlia crescesse con accanto entrambi i genitori, si risposò con un altro uomo, vedovo anch’egli. Costui aveva due figlie, avute da un precedente matrimonio, coetanee della piccola. Tuttavia, la povera donna morì poco dopo in circostanze misteriose, lasciando la bambina sotto la tutela del patrigno che iniziò a trattarla come una serva. Passarono gli anni e la bambina crebbe, continuando a lavorare come una schiava nella sua stessa casa, sopportando le angherie delle perfide sorellastre, invidiose della sua bellezza. Poiché la poverina si sporcava spesso con la cenere del camino che era costretta a pulire, le fu affibbiato il soprannome di “Cenerentola”.

***

«Svegliati, svegliati! Il sole è già alto!»  urlò una voce, rompendo il silenzio e il sonno della fanciulla.
«Mhh… Ancora cinque minuti, per favore.» mugugnò lei, nascondendosi sotto le coperte.
« Sai che se fosse per me, dormiresti quanto vuoi; ma dubito che il tuo patrigno e le tue sorellastre sarebbero d’accordo.» asserì il ragazzo biondo, scuotendo delicatamente la ragazza per la spalla, impedendole di riaddormentarsi.
« Datevi una mossa! Sennò chi le sente quelle due streghe!» strillò una seconda voce.
«Non dovresti chiamarle così.» replicò la fanciulla, sbucando da sotto il lenzuolo.
«Se lo meritano!» replicò il ragazzo corpulento, entrando nella camera.
«E’ vero, sono due megere.» gli diede ragione  il biondino, sedendosi sul letto. «Non so come fai a sopportarle.»
«Il gran capo poi, fa davvero paura.» affermò l’altro, rabbrividendo.
«Sono comunque la mia famiglia, lo sai, Pesche.» ribatté la ragazza , scendendo dal letto.
«Tu sei troppo buona.» commentò il ragazzo biondo, scuotendo la testa.
« Può darsi.» disse lei, senza scomporsi. «Ora uscite, per favore.»
«Non volevo offenderti!» gridò allarmato Pesche.
«No, devo vestirmi.» spiegò lei. «Non siamo in ritardo?»
«Ah, si, scusa.» disse lui, arrossendo «Ti aspettiamo fuori. Andiamo, Dondochakka.»
Lei ridacchiò e andò verso il comò. Tirò fuori uno degli abiti meno logori dal cassetto e lo mise sul letto. Riempì la ciotola d’acqua e si lavò il viso con cura. Indossò l’abito, con qualche difficoltà. Era vecchio, come tutte le sue cose, e iniziava a starle stretto, soprattutto al petto. Il suo patrigno non le comprava mai nulla, pensava solo a soddisfare i capricci delle sorelle. Non ricordava nemmeno l’ultima volta in cui le aveva regalato un vestito, forse quando sua madre era ancora in vita, ma non gli serbava rancore per questo. Il fatto che quell’abito non le stesse più bene era un segno tangibile che il tempo passava e magari, un giorno, la situazione sarebbe migliorata.
«Perché la colazione non è in tavola?» tuonò una voce dal piano di sotto, facendo sobbalzare la ragazza.
«Ti sei addormentata? Muoviti, Orihime!» le fece eco una seconda voce ancora più acuta.
«Sono pronta! Arrivo subito!» gridò la fanciulla, abbandonando subito la camera.
Un giorno, ma non oggi.
***
Intanto, al palazzo reale…
Il re sospirò, mentre attraversava il giardino con passi strascicati; si fermò, sospirò ancora e fece rotta verso la sala del trono. Il consigliere al suo fianco lo osservò di sottecchi, chiedendosi se il sovrano lo avrebbe messo al corrente, o se aspettasse che fosse lui a chiedere il perché di quel comportamento. Non ottenendo altro indizio che un ulteriore lamento, decise di farsi avanti.
«Vostra Maestà.» esordì. « Qualcosa vi turba?»
«Ah, Shinji!» gemette il re. «Non puoi capire!»
« Farò del mio meglio, sire.» insistette l’uomo. « Il mio compito è ascoltarvi e aiutarvi a risolvere i vostri problemi, nelle mie possibilità.»
«Stavolta, dubito che tu ci riesca.» replicò tristemente il sovrano. «Tu non hai figli!»
Il biondo trasalì.
«Avete qualche problema con il principe?»
Il re annuì tristemente.
«Ma, re Isshin!» esclamò il consigliere. « Il principe è una brava persona e sarà un ottimo sovrano, un giorno. E’ gentile, altruista e ha a cuore il benessere dei suoi sudditi e del regno.»
«Inoltre, guardi come si impegna ogni giorno nel dare la caccia ai criminali e proteggere il reame dagli attacchi degli Hollow! Da quando si è unito alla guardia reale, non ho più visto una di quelle bestiacce all’interno dei confini.» proseguì, incurante dei singhiozzi del monarca.
«Quindi, non capisco cosa abbia da…»
«NON HA UNA MOGLIE!!!!» urlò il sovrano, spaventando un gruppo di cameriere che passava di lì.
Shinji spalancò gli occhi.
«Voi siete preoccupato perché il principe non è sposato?» disse incredulo.
«Sapevo che non avresti capito!» pianse il re.
«Sono solo sorpreso.» si giustificò il biondo.
«E’ normale per un padre desiderare che il proprio figlio si sposi e si sistemi.» dichiarò con voce grave il sovrano.
Il biondo consigliere restò in silenzio, invitandolo a continuare.
«Gli anni passano anche per i re, e mi piacerebbe avere dei nipotini, prima che giunga la mia ora.» ammise.
«Maestà, forse state esagerando.» intervenne il consigliere. «Non siete così vecchio! E  non dimenticate che avete anche due figlie: potreste aspettare che le principesse Karin e Yuzu si sposino…»
«Ed essere avvelenato con un tortino alla lampreda nell’attesa?» sbottò Isshin.
«Siete troppo melodrammatico.» affermò l’altro, guadagnandosi un’occhiataccia.
  «Non è un po’ presto per pensare al matrimonio? Il principe ha solo diciassette anni!» esclamò il biondo, tentando di mantenere la calma. Far ragionare il sovrano era un’impresa ardua, certe volte.
«Io alla sua età ho conosciuto l’amore della mia vita e l’ho sposato!» replicò con fierezza il testardo monarca. «Lui, invece, non fa altro che girare per il regno a dare la caccia a quei mostri! Moglie! Dove ho sbagliato con lui?» ululò, inginocchiandosi davanti ad un immenso dipinto ad olio raffigurante una giovane donna dal sorriso gentile.
Ci risiamo- pensò il consigliere, scuotendo la testa.
«Perché non provate ad avere un po’ di pazienza…» tentò di persuaderlo.
«Ne ho avuta fin troppa!» tuonò il re. «Se non si decide, lo farò io per lui!»
«Vuole costringerlo a sposarsi contro la sua volontà ?» esclamò Shinji, scandalizzato.
«Che hai da stupirti? Lo fanno tutti.» replicò Isshin, sulla difensiva.
«Sire,  riflettete.» implorò il biondo consigliere, con scarsi risultati, poiché il re era già preso dal suo progetto diabolico. «Pensate a vostra moglie!» gridò.
Il sovrano si voltò, degnandolo di nuovo della sua attenzione. Shinji sospirò sollevato, prima di ricominciare il discorso.
«Il desiderio più grande della regina Masaki è sempre stato la felicità dei vostri figli; cosa avrebbe detto se avesse saputo che suo marito vuole obbligare il principe a passare la vita con una persona che non ama?»
«Che è un completo idiota.» rispose una voce alle loro spalle. «Ancora mi chiedo come abbia fatto a sposarti!»
«Buongiorno, lord Ryuken.» salutò il consigliere, chinando il capo.
«Sempre gentile.» borbottò il monarca, risentito.
« Dico solo la verità. Comunque, sono d’accordo con il consigliere Hirako.»  continuò l’albino.
«Si tratta di mio figlio, non sono affari tuoi!» sbottò il re.
« In parte si: è tuo figlio, ma è anche il figlio di mia cugina; quindi, mi sento in obbligo di intervenire.» fu la replica pacata di Ryuken.
«Se usi quest’approccio, otterrai l’esatto opposto.» continuò, ignorando lo sbuffo irritato del cognato.
«Esatto! Potrebbe decidere di rimanere scapolo!» intervenne il biondo.
Isshin rabbrividì al suono dell’ultima parola.  
«Mhhh…  avete ragione, mi sono fatto trasportare.» ammise. «Lascerò che sia lui a decidere.»
Il consigliere tirò un sospiro di sollievo.
Ah, meno male.
« Ma devo trovare il modo di accelerare i tempi!»
Shinji si sbatté una mano sulla fronte.
« Non si può accelerare l’amore! Cosa vorrebbe fare? Fargli sfilare davanti tutte le ragazze del regno finché non ne troverà una di suo gradimento?» gridò esasperato.
Isshin spalancò così tanto gli occhi che il biondo temette di vederli cadere e spappolarsi al suolo.
«Shinji, amico mio, sei un maledettissimo genio!» strillò entusiasta il sovrano.
«Non vi seguo.»
«Organizzeremo un ballo!»
«Un ballo, che bello!» trillò la principessa Yuzu, entrando nella sala insieme alla sorella e fiondandosi tra le braccia del padre.
 «Dove saranno invitate tutte le ragazze in età da marito» proseguì Isshin, improvvisando un valzer con la figlia.«Così potrà scegliere quella che più gli piace!»
«Dovrà pur esserci in tutto il regno una ragazza in grado di attirare la sua attenzione: è pur sempre un uomo.» commentò Ryuken, con un lieve sorriso.
«Che inizino i preparativi!» ordinò il re. 
«Ma sire…» protestò debolmente Hirako.
«Non ci sono “ma” che tengano!» lo interruppe il re «Dov’è mio figlio?»
«Io non l’ho visto.» disse Ryuken.
«Nemmeno io.» ammise Shinji.
«Noi l’abbiamo visto!» esclamò Yuzu. «  Ichi-nii è andato via circa dieci minuti fa. Gridava qualcosa  riguardo il fatto che mai e poi mai si sarebbe sposato contro la sua volontà; non ho ben capito…»
I tre uomini trasalirono.
«Avreste dovuto vedere come andava di fretta, non ha nemmeno sellato il cavallo.» affermò Karin.
«Deve averci sentito!» strillò Hirako, con un’espressione orriplata. «O magari ha ascoltato solo la prima parte della conversazione!»
« Io l’avevo detto. Bel lavoro, maestà.» commentò sarcastico l’albino.
«Shinji! chiama le guardie, che lo riportino qui!» gridò il re.
«Si, sire!»
Ryuken scosse il capo.
Che inizio incoraggiante. 

Note di chi ha bisogno di un bravo psichiatra:

Spero che vi siate divertiti e che l'idea vi piaccia. Attendo con ansia di sapere se sia stato davvero un "inizio incoraggiante" XD.
grazie per essere arrivati fino in fondo (perchè siete arrivati fino in fondo, vero?), ci vediamo al prossimo aggiornamento (in data da definirsi -_-)
Un bacione!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Ciao a tutti! Lo so, fa strano anche a me. È passato più di un anno da quando ho pubblicato il primo capitolo per tirare su il morale ad un’amica. Tuttavia, dopo l’inizio incoraggiante, la mia vena creativa ha subito un calo (come si può ben vedere dai Luuuunghi tempi con cui aggiorno) ed è stata questa storia a subire le conseguenze peggiori. Ammetto che più di una volta sono stata tentata di cancellare la storia e dedicarmi completamente all’altra mia ff, ma non ce l’ho fatta. Quindi, anche grazie al film di cenerentola che ha rinvigorito la mia anima disneyana, sono riuscita a trovare il coraggio di aggiornare. (E poi, in realtà, le cose lasciate in sospeso proprio non le sopporto XD)

Buona lettura!


Capitolo 1

Orihime procedeva con passi svelti, rallentata tuttavia dal grosso cesto di mele appeso al braccio. La giornata non era iniziata nel migliore dei modi: le sorellastre avevano mostrato scarsa tolleranza per il ritardo con cui aveva servito la colazione ed avevano anche dimostrato di non aver gradito. Si massaggiò il bernoccolo sulla tempia, dove Loly l’aveva colpita con una tazza: l’unico colpo andato a segno, grazie al cielo. Pesche e Dondochakka non erano stati altrettanto fortunati.  Si era rifugiata nel frutteto,  al confine della tenuta, ed aveva raccolto qualche mela, nell’attesa che la collera delle sorelle adottive sbollisse. Il lord suo padre si sarebbe certamente adirato, se avesse scoperto che non aveva ancora svolto la maggior parte delle sue faccende. Sospirò sconsolata.

Una figura ammantata a cavallo attirò la sua attenzione. Sembrava andare di fretta, da come spronava il povero animale. Man mano che si avvicinava, la sua attenzione si spostò sul destriero. Trasalì, prima di essere pervasa da un disappunto che mutò presto in rabbia. Afferrò  una mela , prese con cura la mira e la scagliò contro il cavaliere. Sorrise soddisfatta, vedendo il pomo centrare la testa dell’uomo e disarcionarlo. Corse subito verso di lui.

«Ladro!» strillò, tirandogli addosso un’altra mela. «Quello è il cavallo di mia madre! Come ti permetti di rubarlo?»

«Posso spiegare!» gridò l’uomo incappucciato, mentre tentava di ripararsi dai colpi, con scarso successo, poiché un frutto lo colpì con precisione millimetrica sul naso.

«Smettila!»

Il proiettile successivo gli portò via il cappuccio, rivelando la zazzera arancione.

Orihime congelò sul posto, lasciando cadere la mela che aveva in mano. In tutto il regno esisteva un’unica persona con capelli di quel colore.

«Perdonatemi, altezza!» strillò, crollando in ginocchio e poggiando la fronte a terra. «Non vi avevo riconosciuto!»

«L’ho notato.» commentò Ichigo, massaggiandosi il naso dolorante. «Hai una mira spaventosa!»

«Sono desolata, so di meritare la morte…» pigolò la fanciulla, senza azzardarsi ad alzare il volto.

«Eh?» fece lui, rimontando a cavallo. «Ah, ehm… io ti perdono.»  disse, cercando di assumere un atteggiamento solenne.

«Vi ringrazio per la vostra misericordia.» mormorò Orihime, rivolta a una pezzetto di terra a un centimetro dal naso. « Abbiamo cavalli più giovani, se lo desiderate.» aggiunse.

«No, questo va bene. Me ne serviva solo uno fresco e bardato.» affermò lui, mentre frugava tra le pieghe del mantello. Ne tirò fuori un sacchetto e lo gettò davanti alla ragazza.

«Tieni. Per il cavallo, e per il tuo silenzio. Tu non mi hai visto, chiaro?» disse serio.

«Signorsì!»

Il principe abbozzò un sorriso.

«Bene.»

Spronò il destriero e partì di gran carriera.

Dopo qualche minuto, Orihime si decise ad alzare la fronte da terra.

Era successo davvero, o era una delle sue solite fantasie divenuta troppo realistica? O forse, aveva fantasticato talmente tanto da rimanere intrappolata in una dimensione tra sogno e realtà? Il sacchetto gonfio era ancora lì, lo raccolse con dita tremanti.

Ho colpito in testa il principe con una mela – pensò scandalizzata. E ho ancora la testa sulle spalle- rifletté abbandonandosi ad una risatina.

Che strana giornata. Si chiese cos’altro le sarebbe capitato. Una folata d’aria calda e umida le arruffò i capelli sulla schiena, seguita da un basso ringhio.

Forse doveva smettere di farsi certe domande.

Ichigo spronò ancora il cavallo, ottenendo un nitrito di protesta. Doveva sbrigarsi e mettere quanta più distanza possibile tra lui, le guardie e quel mentecatto di suo padre. Come gli era venuta in mente un’idea simile? Sposarsi? No. Non era pronto per un passo del genere, e forse non lo sarebbe mai stato. Il vecchio avrebbe dovuto farsene una ragione, pena la perdita del suo unico figlio maschio. Un grido interruppe la sfilza di pensieri. Proveniva dalla direzione opposta.

Quella ragazza.

Senza pensarci due volte, voltò la cavalcatura e affondò i talloni nei fianchi del destriero. La fanciulla che lo aveva aggredito sbucò fuori da una macchia di cespugli, seguita da un grosso Hollow sbavante. Il principe incitò ancora il cavallo, mentre sguainava Tensa Zangetsu. La ragazza inciampò su una pietra e cadde a terra.

Merda.

Ichigo si mise in piedi sulla sella e saltò, nello stesso istante in cui la bestia si avventava sulla fanciulla indifesa. Conficcò la lama nella schiena del mostro, che lanciò un urlo terrificante. Caddero entrambi a terra, l’Hollow si agitò per qualche secondo, poi smise di muoversi.

«Sei ferita?» disse immediatamente il ragazzo, mentre si rialzava.

Orihime si girò piano. Sbiancò, alla vista del cadavere del mostro, così vicino a dov’era inciampata.

«No, sto bene.» riuscì flebilmente a rispondere.

«Meno male.» commentò il principe, con un lieve sorriso, prima di porgerle la mano. «Sarà meglio che ti riaccompagni a casa: potrebbero essercene degli altri nei paraggi.» affermò  serio.

Orihime annuì e si affrettò a recuperare le mele cadute fuori dal cestino. Mentre raccoglieva i frutti, ne approfittò per guardarlo. Se ne stava con la spada poggiata sulla spalla, a scrutare concentrato il bosco, in cerca di eventuali pericoli. Era un po’ buffo con quell’espressione imbronciata, le sopracciglia aggrottate che quasi si toccavano.

E bello da togliere il fiato.

Nascose il viso tra i capelli per celare il rossore sulle guance. Allungò tremante la mano per afferrare quella del principe, ancora tesa verso di lei.

Gli occhi castani del ragazzo tornarono a posarsi su di lei.

Un secondo Hollow saltò fuori dai cespugli e caricò verso di loro, lanciando un ruggito che le fece venire la pelle d’oca.

«Merda, lo sapevo!» esclamò il principe. «Dietro di me, presto!» ordinò.

Orihime obbedì e si spostò alle spalle del ragazzo, mentre questo si metteva in guardia. La mostruosa creatura non era arrivata nemmeno a metà della corsa, quando una freccia si piantò nel suo cranio. L’hollow si accasciò a terra privo di vita.

«Ma chi…» disse perplessa Orihime.

«Vostra altezza!»

Oh, no - pensò Ichigo, girandosi nella direzione del colpo con sguardo allarmato.

Un gruppetto di uomini a cavallo sbucò dalla boscaglia. Inoue riconobbe immediatamente l’uniforme bianca e nera che rappresentava il gruppo di guerrieri d’elite che proteggeva il sovrano e i suoi cari.

La guardia reale

Il ragazzo alla guida del gruppo fermò il suo immenso cavallo da guerra e smontò. A differenza degli altri, non aveva l’uniforme, ma era vestito con abiti molto eleganti, che mettevano in risalto il suo lignaggio. In mano stringeva un arco di legno bianco.

«Ishida?» esclamò stupito il ragazzo dai capelli arancioni.

Il giovane lanciò una breve occhiata soddisfatta all’Hollow ucciso, prima di rivolgersi al principe.

«Come al solito, tocca a me tirarti fuori dai guai.» affermò, mentre si sistemava gli occhiali.

«Me la stavo cavando benissimo anche senza di te!» sbottò Ichigo.

Un secondo uomo a cavallo si avvicinò. Inoue riconobbe immediatamente il vicecomandante della guardia reale, Renji Abarai.

«Vostra altezza, suo padre ci ha ordinato di ricondurla al castello.»

«Non voglio tornare al castello!» ribatté il principe.

«Suo padre vuole parlarle.» insistette Renji.

«Io non ho niente da dirgli!» fu la replica ostinata del principe.

Ah, ora voleva parlare?

« Forza, vieni con noi e non fare storie.» disse Uryu, che iniziava a perdere la pazienza.

«Credevo che almeno tu fossi dalla mia parte!» disse Ichigo, esasperato.

Non andavano d’accordissimo, ma Ishida era suo cugino, ed era una delle poche persone, insieme allo zio e talvolta al consigliere Hirako, con un minimo di buonsenso in quel covo di pazzi che chiamava casa.

«Lo sono. Credo che tu abbia i tuoi buoni motivi per voler scappare. Tuttavia, tuo padre, il re, ha dato l’ordine di riportarti a casa, a qualunque costo. E ti è andata bene che il consigliere e mio padre lo abbiano convinto a mandare me insieme alla guardia reale.»

Notò che il cugino lo guardava con aria scettica.

« Tuo padre voleva mandare il capitano Zaraki!» aggiunse.

Ichigo  impallidì. Zaraki Kenpachi, il rissoso capitano della guardia cittadina, il gruppo di guerrafondai che si occupava di far rispettare la legge nel regno.

«Io almeno, sto provando a farti ragionare. »

Aveva ragione: il capitano Kenpachi lo avrebbe preso e portato da suo padre, anziché provare a ragionare con lui. Ed era anche probabile, conoscendo la natura bellicosa di Kenpachi, che al castello non ci sarebbe arrivato illeso.

Uryu lo guardò con quella che ad Ichigo sembrò compassione.

«Torna al castello. Parla con tuo padre. Se scappi peggiorerai solo le cose.»

Già. Suo padre non si sarebbe lasciato scoraggiare da quel tentativo di fuga. Conoscendolo, gli avrebbe sguinzagliato dietro non solo il capitano Zaraki, ma anche l’intero corpo di guardia, pur di riportarlo indietro e realizzare il suo folle piano di vederlo impalmato.

Ma che aveva fatto di male per meritarsi un simile genitore? – pensò sospirando.

Tuttavia, lui era l’erede al trono. Un giorno sarebbe toccato a lui governare e prendersi cura del suo popolo. Non poteva permettere ai suoi problemi famigliari di ostacolare i suoi doveri di futuro sovrano. Non poteva fuggire quando aveva un regno da proteggere.

 «Va bene, verrò» cedette.  «Ma prima devo riaccompagnare a casa questa ragazza.» affermò, indicando Orihime.

La fanciulla chiamata in causa scattò sull’attenti, come se il terreno sotto i suoi piedi avesse preso fuoco.

«Non vi preoccupate, posso tornare da sola: non abito lontano.» disse, mentre si chinava frettolosamente a raccogliere il cesto di mele, per non rivelare il volto scarlatto.

« Sei sicura?» fece perplesso il principe.

Ma lei era già partita di gran carriera, sparendo nel bosco.

 «Bene.» commentò Renji. «Ora possiamo tornare al palazzo.»   

***

Orihime corse, finché non arrivò al castello; corse finché le gambe non le cedettero e non ebbe più fiato. Con un ultimo sforzo, si rialzò ed entrò nella cucina. Si lasciò scivolare a terra, poggiandosi contro la porta chiusa. I ricordi di quanto avvenuto quella mattina continuavano a ripetersi nella sua mente, ogni volta più vividi, come se stesse rivivendo ogni volta quanto era accaduto.

Aveva incontrato il principe. Era stata quasi divorata da un Hollow. Il principe l’aveva salvata. Ed aveva ancora tutti i lavori di casa da sbrigare. Ed era mezzogiorno. E il principe… era così bello…

Orihime svenne.

«Oi! Oi! Svegliati!»

Qualcuno iniziò a scuoterla.

«Non così forte!» strillò una seconda voce più acuta.

«Sta male?» domandò una terza voce, colma d’apprensione.

«Orihime?» la chiamò qualcuno con tono gentile.

«N-nel?» rispose Inoue, mentre rinveniva.

La fanciulla dai capelli verdi sorrise sollevata. «Stai bene, Orihime?»

«S-si, avevo solo bisogno di sedermi un attimo.» la tranquillizzò la ragazza.

«Davanti alla porta chiusa? Sul pavimento?» disse Nel, inarcando un sopracciglio.

«Come state voi, piuttosto?» esclamò Orihime, non badando alla domanda dell’amica. Pesche e Dondochakka erano piuttosto malconci, e la loro vista la fece sentire tremendamente in colpa.

«Tranquilla! Va tutto bene! Stiamo benissimo!» si affrettò a tranquillizzarla Pesche, che aveva notato l’espressione affranta dell’amica.

«E’ ordinaria amministrazione questa, non lo sai?» disse Dondochakka.

I due cominciarono ad esibirsi in uno dei loro balletti strampalati che riuscivano quasi sempre a rallegrare la ragazza nei momenti più tristi.

«Pesche e Dondochakka mi hanno raccontato cos’è successo stamattina.» disse Nel, mentre la aiutava ad alzarsi. «Dove sei scappata?»

«Nel frutteto vicino al bosco…» rispose Orihime. «Oh, Nel! E’ successa una cosa incredibile!» esclamò, afferrando le mani dell’amica. «Ho…»

La porta della cucina si spalancò con violenza.

«Eccola, finalmente!»

Due ragazze apparvero sulla soglia.

Orihime deglutì, ma mantenne i nervi saldi.

Pesche e Dondochakka iniziarono a tremare e si nascosero dietro Nel.

«Orihime» esordì la ragazza con i capelli scuri. «Pensavi davvero che la fuga di stamattina ti avrebbe salvata?»

«Fossi stata in te, non avrei più fatto vedere la tua brutta faccia!» aggiunse la  ragazza bionda.

«L-loly, Menoly, mi dispiace…» disse Orihime, abbassando lo sguardo.

«Preparati ad essere punita!» tuonò Loly.

«Voi tre, andatevene!» disse Menoly, guardando minacciosa Nel, Pesche e Dondochakka. I tre obbedirono. Prima di abbandonare la cucina, scambiarono un ultimo sguardo colmo di apprensione con l’amica.

«Bene.» disse Loly mentre un ghigno sadico le deformava il volto.

Orihime iniziò a tremare. Era in trappola.

«Mie signore»

Le due ragazze sobbalzarono e si voltarono.

Un ragazzo pallido era entrato nella cucina senza il minimo rumore.

«Ulquiorra.» disse Loly, digrignando i denti.

«Il lord vostro padre desidera vedere la ragazza.» gli occhi verdi del ragazzo si posarono su Orihime. «Adesso.»

«Ma…» protestò Loly.

«Ho detto adesso.» ripetè Ulquiorra. Le ragazze esitarono. Malgrado fosse un servitore, Loly e Menoly sapevano che  la sua autorità era superiore alla loro; poiché Ulquiorra agiva per ordine diretto del loro padre e disobbedirgli equivaleva non seguire gli ordini del genitore, che, come avevano imparato, portava sempre a spiacevoli conseguenze.

Loly e Menoly si spostarono per far passare Orihime.

«Buona fortuna.» sussurrò sarcastica Loly, poco prima che Orihime uscisse.

La ragazza seguì in silenzio Ulquiorra lungo le scale che portavano alla stanze del signore di Las Noches. Il ragazzo non le disse nulla sul perché il suo patrigno l’avesse convocata, ma, in realtà, non era che Ulquiorra parlasse granché.

Il ragazzo aprì la porta della camera da letto del patrigno e le fece cenno di entrare. Lei obbedì. Ulquiorra la seguì e si chiuse la porta alle spalle.

La stanza era buia. L’unica fonte di luce era un raggio di sole proveniente da uno spiraglio tra le due tende di broccato, che illuminava l’uomo al centro della camera.

«Buongirno, Orihime. O forse dovrei dire buon pomeriggio?» esordì il suo patrigno, non appena mise piede nella stanza.

La fanciulla chinò il capo.

«Buon pomeriggio, lord Aizen.»

«Ho saputo che hai fatto una gita nel bosco, stamattina.»affermò il suo patrigno, con lo stesso tono pacato con cui l’aveva accolta. «Invece di fare il giro delle stanze.»

«No, lord Aizen»

«Né hai sbrigato le tue altre faccende.»

«No, mio signore.»

«Eppure, queste sono state comunque svolte dal resto della servitù. Nel, Pesche e Dondochakka hanno svolto tutte le tue mansioni in modo impeccabile.»

Orihime sgranò gli occhi. L’espressione sul suo viso sembrò divertire lord Aizen.

«Quindi non sono arrabbiato con te.» affermò quest’ultimo, con un lieve sorriso. Si accomodò sulla poltrona vicino al tavolino da tè. Orihime indugiò sul posto. Non era stata congedata, ma il lord non dava segno di voler continuare la conversazione. Dopo un silenzio che le sembrò interminabile, il suo patrigno parlò.

« Orihime,vorrei che tu sbattessi il tappeto dell’ingresso, lavassi le finestre al piano di sopra e pulissi la tappezzeria e le tende.» ordinò posando di nuovo lo sguardo su di lei.

Orihime si sentì gelare, sentendo la lista precisa dei lavori che aveva saltato a causa della sua fuga.

« Ma, se lo hanno fatto già gli altri...» tentò di replicare.

«Fallo di nuovo.»

Orihime ammutolì.

«Poi rastrellerai il giardino, laverai il terrazzo, spazzerai le stanze e le scale; pulirai i camini e ti occuperai del bucato.»

«Si, lord Aizen.» disse la ragazza con un filo di voce.

Aizen sorrise.

«So che posso sembrarti severo, ma è per impartirti una lezione su quanto sia stato sbagliato ed egoista il tuo comportamento di oggi. Delegare il tuo lavoro ad altri, per sparire,vagare chissà dove, senza dire nulla alla tua famiglia. Ti sembra un comportamento appropriato?»

Orihime arrossì ed abbassò il capo.

«No, lord Aizen»

Il lord fece un cenno di approvazione.

«Bene, ora vai. Passa anche dalle mie figlie: avranno sicuramente dei lavori per te.»

«Si, lord Aizen»

« E, Orihime, se sorprendo di nuovo uno di quei tre ad aiutarti, potrei arrabbiarmi sul serio, mi sono spiegato?»

«Si… Lord Aizen.»

Orihime oltrepassò Ulquiorra ed uscì dalla stanza. Decise di iniziare con il rimettere a posto le mele che aveva lasciato in cucina. Appena entrata, si guardò intorno perplessa.

Dov’era il cesto?

«Pesche! Dondochakka!» provò a chiamare.

«Non posso fermarmi!» strillò Dondochakka, entrando trafelato. «Devo preparare un sacco di cose e non ho tempo!»

«Hai visto il cesto di mele con cui sono rientrata?»  domandò la ragazza, mentre sentiva l’agitazione crescere dentro di lei.

Il ragazzone si fermò un secondo a riflettere.

« Mhhh…. Non mi pare. Forse lo hanno preso le tue sorellastre: sono state le ultime ad uscire.»

Oh, no. Lo avevano preso. Avevano preso il cesto e il sacchetto che le aveva dato il principe.

Le venne da piangere.

Quella non era decisamente la sua giornata.



Note

Spero che vi sia piaciuto, anche se so che nessun capitolo vale un anno di attesa XD. Se vi va, fatemi sapere che ne pensate ;)

Bene, ci vediamo nel 2016! (sto scherzando, ovviamente!) *Fugge inseguita da una folla inferocita*


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