Winter winds.

di Shellyng
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** 1. Was it love or fear of the cold? ***
Capitolo 3: *** 2. Let the memories be good. ***
Capitolo 4: *** 3. Winter winds. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Titolo : Winter Winds
Fandom: Glee
Personaggi/Pairing(s):  
Quinn Fabray/Santana Lopez
Avvertimenti:  femslash, post 4x14, future fic.
Note: i personaggi hanno la sfortuna di non essere miei. Nessuno mi paga per scrivere questa roba, molti lo farebbero per farmi smettere

Prologo.

«Non posso, Quinn»

La stilettata arriva veloce e potente nel petto di Quinn. Vorrebbe piangere, vorrebbe davvero, ma le sembra così surreale, quella situazione, che persino le lacrime stentano a scendere.

«Cosa- cosa significa che non puoi? »

La voce spezzata, il petto che si alza e si abbassa velocemente. Le mani le tremano lungo i fianchi, gli occhi fissi sul volto di Santana.

«Significa che non posso. Non dopo Britt. Non posso»

Santana è rigida, davanti a lei. Ha le braccia incrociate sotto il seno, la spalla tesa, il volto contratto. Quinn lo sa che sta lottando a sua volta per non piangere. Ma non riesce a non odiarla. La odia con la stessa intensità con la quale si è innamorata di lei.

Con la quale Santana l’ha fatta innamorare di lei. Con tutti quei messaggi, e quei viaggi a New Heaven. E i fiori. Quinn non avrebbe mai pensato che Santana potesse essere capace di tanta dolcezza.

E poi le notti insieme, e le risate e i gemiti e le loro mani intrecciate.

Quinn sospira, gli occhi chiusi.

«Che ci fai ancora qui allora? »

La voce le esce fuori più acida di quanto avrebbe voluto. Il sapore acre sulla lingua le dice che tra poco non riuscirà a trattenerle più, le lacrime.

Santana si avvicina e tende una mano, ma Quinn si ritrae, scottata.

«Quinn ti prego.. »

Scuote la testa, allontanandosi. Gli occhi fieri e fiammeggianti della vecchia Quinn Fabray. Santana non li aveva più visti, quegli occhi. Non dopo il matrimonio del signor Schuester.

«Esci dalla mia stanza Santana. Torna a New York»

Santana stringe i denti. Mesi prima avrebbe lottato, contro quell’atteggiamento. Ma ora. Ora significa solo che l’ha persa, per sempre forse.

SI passa la manica della giacca sugli occhi e annuisce. Prende il trolley pronto sul pavimento e si avvicina alla porta.

«Troverai qualcuno che sarà capace di amarti davvero Quinn. E non sarò io a impedirtelo. Non posso darti quello che vuoi. Non ci riesco. Non dopo Brittany. Non posso fare tutto di nuovo. Non sono capace. Non posso più innamorarmi»

Sente Quinn ridere istericamente, e poi si chiude la porta alle spalle.

Si poggia al legno con le lacrime agli occhi.

“Stupida Santana, tu ti sei già innamorata di lei”

***

«Signorina Lopez, ecco il suo caffè macchiato, e sulla scrivania le ho lasciato le pratiche da sbrigare oggi. Il signor Nolan vuole vederla nel suo ufficio. Ha detto che è importante. »

Santana annuisce, la fronte aggrottata e il caffè bollente tra le mani.

«Grazie, Hope. Puoi andare adesso. »

La ragazza dai capelli rossi fa un cenno di saluto con il capo e si fionda fuori. Strano, pensa Santana, quanto ancora il suo solo tono di voce possa provocare quella paura. Sorseggia il caffè, scivolando sulla comoda poltrona in pelle del suo ufficio. La targa con il suo nome che risplende sul legno lucidato. Schiocca la lingua. Quel caffè è sin troppo bollente.  Hope avrà bisogno di una strigliata.

Sfoglia annoiata la pila di fogli accatastati, poi si volta dalla finestra. Le sembra impossibile essere arrivata ad essere uno dei più temuti avvocati di New York. Ma suo padre gliel’aveva sempre detto.

Tu sarai una stella, Santana”

E lei aveva fatta avverare quella predizione.

Si alza, sistemando la gonna e allisciando le pieghe della stoffa. La camicia che abbraccia il suo corpo in maniera sinuosa.

Il suo ufficio è accanto a quello del signor Nolan, il capo Nolan, come si diverte a chiamarlo Santana.

Arthur Nolan ha cinquantatre anni e due figlie. Hope e Stella, venti e dodici anni. Due ex mogli e tanti soldi.

Quando Santana bussa alla sua porta, la voce di Arthur tuona allegra.

«Vieni avanti, Santana. »

Santana ride. Come faccia quell’uomo a sapere sempre chi c’è aldilà del legno, per lei rimane un mistero.

«Come va boss? » Cinguetta allegra. Arthur la guarda e ride, dietro quei folti baffi grigi. Le indica la sedia di fronte alla sua e versa due bicchieri di scotch, allungandogliene uno.

Santana lo sorseggia appena. Non le piace bere di mattina, nemmeno il migliore degli scotch.

«Allora, Santana. Ho due cose da dirti. Primo, complimenti per il caso Wade. Credo di non aver mai sentito arringa più brillante di quella. »

Santana alza le spalle, fintamente disinteressata. Un piccolo sorriso che le si disegna sulle labbra.

«Secondo, ho bisogno che tu ti occupi di un nuovo potenziale cliente. E’ Americana ma ha passato gli ultimi due anni in Europa, in Francia o in qualche posto del genere. E sta per aprire la sua prima galleria fotografica qui a New York. Ho bisogno che tu la convinca a prendere in considerazione l’idea di firmare con la nostra società. Potremmo aiutarla in qualunque momento. Ed è molto famosa, aldilà dell’Oceano, per cui mi aspetto che la sua notorietà attiri altra gente»

Santana rimugina sulla questione mordendosi le labbra. Poi scuote le spalle e annuisce, l’espressione felina sulla bocca.

«Non preoccuparti boss, ti farò avere un nuovo cliente entro la fine della giornata»

Arthur annuisce e ride, buttando giù l’ultimo sorso di scotch e alzandosi in piedi.

«Sapevo che non mi avresti deluso Lopez. Sei l’avvocato migliore qui dentro. Quella Fabray non avrà scampo»

Santana tossisce. Le labbra serrate e gli occhi spalancati.

Quella COSA?

«Mi scusi? »

«E’ il suo nome, qualcosa come Quan, Quinn. Non lo ricordo. Ma che importa? La farai innamorare di te entro la fine della giornata, no? »

Angolo degli alcolisti anonimi.

AHAHHAHA WHAT A JOKE.
Si, sono tornata. Ma non per molto comunque. L’idea è che sia una storia a 3, massimo 4 capitoli. Giusto una cosa veloce ‘cause I miss them. #brbsobbing
E niente *shrugs* io sono già innamorata di Hope, voi no? #redheadkink erriwhere.
Basta, that’s it. Vi lascio a rimuginare sulla porcheria che ho scritto o sul senso della vita. IDK. *abbraccia tutti*

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Capitolo 2
*** 1. Was it love or fear of the cold? ***


1.    Was it love or fear of the cold?

 

«Signorina Fabray, siamo lieti che lei abbia accettato il nostro invito. »

Santana sospira, le dita che scivolano sulla maniglia e il cuore che le batte talmente forte che lo sente nella gola.

“Devi entrare, Santana. Non puoi rimanere qui per sempre” si dice, rimuginando sulla possibilità di fingere un malore e tornare a casa. Ma rivederla dopo tutto quel tempo è una prospettiva così allettante.

Allettante quanto paurosa. Santana non ha idea di come Quinn potrebbe reagire, a quell’incontro.

La mano spinge verso il basso e con un’ultima occhiata al corridoio decide di entrare.

La prima cosa che vede è l’ampio sorriso si Arthur, dietro la sua scrivania con in mano una pila di fogli che Santana immagina siano le clausole per un eventuale contratto.

«Oh, Santana, eccoti. Signorina Fabray, mi piacerebbe presentarle il migliore degli avvocati della mia società. Santana Lopez. »

Quinn le da le spalle, ma Santana può comunque vedere la sua spalla irrigidirsi leggermente. Fa qualche passo avanti, gli occhi socchiusi. Il tempo che le sembra andare a rallentatore come in uno di quegli odiosi film da quattro soldi che passano in televisione durante i periodi natalizi.

Quando si gira, Santana non può fare a meno di constatare che è perfetta.

Ha i capelli corti e leggermente disordinati, come durante il loro ultimo anno di liceo. Se lo ricorda ancora, quel giorno, quando Brittany aveva proposto un taglio di capelli per farla distrarre dalle sue delusioni d’amore.

Sia dannato Finn.

Le labbra rosee, un leggero ghigno che le inclina verso l’alto. Gli occhi verdi dietro un paio di occhiali da vista. Un leggero vestitino addosso. Lei e i suoi dannati vestitini.

Poi succede qualcosa che Santana fatica a capire.

Quinn allunga una mano verso di lei e sorride.

«Piacere signorina Lopez. Io sono Quinn Fabray. »

Santana rimane per qualche secondo a fissare la pelle chiara delle dita di Quinn tese verso di lei. Sente lo sguardo di Arthur su di sé e si schiarisce la voce. E’ un movimento meccanico, il suo.

Le mani si sfiorano. Poi si stringono. Santana scatta all’indietro, ritirandola quasi istantaneamente.

«Piacere mio, signorina Fabray. »

***

L’ora successiva della vita di Santana le sembra una puntata di qualche telefilm sovrannaturale. Sembra quasi essere stata catapultata in un’altra vita. Dove quello che è successo tra lei e Quinn, in realtà, non è mai successo e realmente si sono conosciute solo quel giorno.

Quinn continua a sorridere ad Arthur, annuendo ogni volta che Santana le chiarisce un punto del contratto.

Le domande arrivano puntuali e puntigliose. Santana sembra quasi essersi staccata dal suo corpo. Ma quello è il suo lavoro. E Quinn è solo un altro cliente.

Anche se..

Quando Quinn chiede ad Arthur un po’ di tempo per decidere se accettare l’accordo, il capo di Santana sorride e annuisce, grattandosi con la mano il mento e complimentando l’altra per il suo successo nel campo della fotografia.
Quinn lo ringrazia e Santana vede qualcosa in lei. Qualcosa che le ricorda dolorosamente la fierezza che aveva negli occhi quel giorno di tanti anni prima.

Quinn le stringe la mano quando si congeda e Santana vorrebbe urlare e chiederle che diavolo sta facendo. Ma non può. Quantomeno non davanti al suo capo.

«Mi sembra un bel tipo. »

La voce di Arthur la riporta alla realtà.  Santana annuisce, distratta e il suo capo la congeda, ricordandole un paio di casi che dovranno risolvere entro la settimana.

Santana lo rassicura e poi esce, il cuore che sembra volerle uscire dal petto.

Il vestito di Quinn ondeggia nel corridoio, fermandosi davanti all’ascensore.

Lo scatto di Santana è istintivo. Arriva alle porte dell’ascensore prima che possano chiudersi e si getta dentro col fiato corto.

Quinn la guarda, quel dannato sopracciglio sparato in alto e l’espressione curiosa e infastidita allo stesso tempo. Quando le porte si chiudono, Santana si poggia alla sbarra di metallo sul lato della cabina e respira lentamente.

«Sta bene, signorina Lopez? »

COSA?

Santana alza gli occhi, studiando l’espressione della ragazza di fronte a lei.

«A che gioco stai giocando? »

Le parole le escono dalla bocca prima che possa pensare a qualsiasi modo per fermarle. Quello è sempre stato l’effetto di Quinn su di lei. Le gioca brutti scherzi alla ragione.

Quinn sorride. O meglio ghigna. Un sorriso che fa rabbrividire Santana. Poi le sue spalle si abbassano e gli occhi si fissano in quelli neri di Santana.

«Ciao San.. »

La sua voce è talmente flebile che Santana pensa di esserselo immaginato, quel saluto.

«Quinn io-»

Quinn scuote la testa. Le mani che stringono la borsa in maniera quasi dolorosa.

«Se sei preoccupata per il contratto, non esserlo. Lo firmerò. Non sono stupida. Questa è una delle società migliori di New York e il contratto è praticamente un affare per me. Mi piace solo tenervi  un po’ sulle spine. Anche se immagino che non appena tornerai in ufficio andrai a dirlo al tuo capo. »

Santana apre la bocca un paio di volte per risponderle ma le parole sembrano essersi cristallizzate nella gola. Il viso di Quinn è leggermente inclinato, la bocca sciolta in un sorriso. Si schiarisce la voce e tenta una risposta.

«Non era- non volevo parlarti di quello. »

Quinn si acciglia, fissando i numeri sul display dell’ascensore.

«Non abbiamo nient’altro da dirci, mi pare. »

«Quinn-»

«Torna a lavoro Santana. »

Prima di avere la possibilità di rispondere, le porte si aprono e Quinn si fionda fuori, lasciando Santana immobile al centro della cabina.

L’ultima immagine che Santana ha di lei è la sua gonna che svolazza attorno alle sue gambe che la portano a passo svelto fuori dall’edificio.

***

«E quindi è andata via così? Senza dire altro? »

Santana rotea gli occhi e butta giù l’ultimo sorso di birra nel bicchiere. I gomiti poggiati sul bancone di legno e lo sguardo perso tra le mille bottiglie dello scaffale di fronte a sé.

«Quale parte di “Non voglio parlarne, Sebastian” non hai capito? E comunque non dovresti essere col tuo ragazzo a fare compere per la vostra nuova casa? »

Sebastian schiocca la lingua, arricciando le labbra.

«Mio marito» la appunta  «è a lavoro. Isabelle ha telefonato stamattina scusandosi di averlo disturbato nel suo giorno libero, in realtà doveva scusarsi di averlo disturbato in molto altro»

Santana sbarra gli occhi, inorridita.

«Niente dettagli, risparmiami almeno questo»

Sebastian ridacchia sorseggiando il suo bicchiere di vino.

«Comunque, è dovuto andare via. E non è ancora tornato» Sbuffa, un piccolo broncio disegnato sulle labbra sottili. Santana non può fare a meno di trovarlo adorabile, anche se sa perfettamente che è solo una facciata. Eppure, Sebastian si è guadagnato la sua fiducia, durante gli anni. La sua relazione con Kurt l’ha portato sempre più spesso a New York, fino a quando Santana non ha potuto fare altro che accettare di vederlo girovagare dentro casa quasi tutti i giorni.

Sente Sebastian sgranocchiare le patatine, osservando i clienti nel locale.

«Puoi masticare a bocca chiusa, Smythe? Prima che ti infili queste cannucce nel naso e ci giochi a shangai? »

Sebastian sorride. Un sorriso mellifluo e accomodante che a Santana mette i brividi.

«Qualcuno è nervoso. » Mormora.

«Qualcuno dovrebbe farsi i fatti suoi» Sibila in risposta Santana.

Un leggero colpo di tosse li distrae.

Puck è dietro il bancone che li osserva con uno sguardo accusatore. Le braccia incrociate e il grembiule di traverso sulla spalla.

«Sapete, i vostri continui battibecchi sarebbero accettabili se voi pagaste effettivamente tutto quello che bevete. »

Sia Sebastian che Santana aprono la bocca, indignati.

«Ma se siamo i tuoi migliori clienti. »

Puck punta un dito verso entrambi e assottiglia la voce.

«Smettetela di fare i bambini. »

Sebastian si lamenta, muovendosi in maniera scomposta sulla sedia. Santana si limita a fissare il suo migliore amico, alzando le spalle. Puck la osserva. Ha i capelli rasati, Santana ce l’ha fatta alla fine, a fargli tagliare via quel gatto morto che si ritrovava in testa.

E’ cresciuto, Puck. Paradossalmente più di tutti loro.  Il suo bar è diventato uno dei più rinomati di New York e loro non perdono mai occasione di andare a trovarlo, quando i loro lavori gli lasciano il tempo necessario.

«E’ colpa di Santana. E’ nervosa per via di Quinn. »

La testa della ragazza si gira talmente in fretta a fissarlo, che Sebastian può giurare che sia un miracolo che non le si sia staccata dal collo. Abbassa lo sguardo e Santana sa che si sente in colpa. Non ne ha parlato con Puck, non ancora.

«Oh. »

“OH”? Pensa Santana “Che diavolo significa OH?”

OH.

La realizzazione le fa spalancare gli occhi.

«Aspetta un attimo, TU LO SAPEVI? »

Puck si ritrae lentamente , fino a toccare con la schiena lo scaffale dietro di lui. Lo sguardo negli occhi di Santana non promette niente di buono e negli anni ha imparato come affrontare certe tempeste.

Sebastian li guarda entrambi e si mette in piedi.

«Io direi che vado a cambiare l’acqua alle olive»

Santana geme, fissandolo.

«Ma perché devi essere sempre così idiota? » Ringhia.

Sebastian scrolla le spalle e le bacia la fronte.

«Perché mi ami così come sono Lopez. »

Sinuoso come un gatto si allontana lasciandoli da soli. Santana riporta lo sguardo su Puck, intento a preparare un paio di drink da servire a uno dei tavoli alle loro spalle.

«Da quanto lo sai? » Chiede. La voce ridotta ad un sussurro rauco.

«Da qualche giorno. Mi ha chiesto se potevamo andare a trovare Beth una volta che fosse atterrata a New York. »

Santana annuisce. Doveva aspettarselo. Una fitta di gelosia le attraversa lo stomaco. Sa che è infantile e stupido, ma quel legame che intercorre tra il suo migliore amico e Quinn la infastidisce. Perché è un legame difficile da spezzare, un figlio.

«San lo so che avrei dovuto dirtelo, ma mi ha chiesto di non farlo. »

Santana si morde le labbra. Gli occhi che si riempiono di lacrime.

«Avete parlato? »

La ragazza scuote la testa, fissando il fondo vuoto del suo bicchiere.

«Non me ne ha dato la possibilità. »

Puck aggrotta le sopracciglia.

«E da quando Santana Lopez aspetta che siano gli altri a darle una possibilità? » Chiede, confuso.

Santana ride e batte il bicchiere di vetro sul legno.

«Mi dai un’altra birra o no? »

***

«Santana? »

La voce di Quinn viene fuori alta e stridula. Ha gli occhi spalancati mentre si tiene alla maniglia della porta. Santana la fissa con la sua solita aria strafottente. O almeno ci prova. Prova a mascherare il sudore sulle mani, o il tremolio delle sue gambe.

«Ciao. »

Si guarda intorno. Quinn non si muove. E non sembra volerlo fare.

Quella è stata sicuramente una cattiva idea.

Maledetto Puck e i suoi maledetti consigli.

«Vuoi dare spettacolo al pianerottolo o mi fai entrare, Q? »

Quel nomignolo suona talmente familiare e tenero che entrambe non possono fare a meno di sorridere. Quinn si risveglia dal torpore, accostandosi e permettendole di entrare.

Casa sua è esattamente come Santana se l’era immaginata. Piena di libri e fotografie. Piccola e accogliente. E così ordinata che Santana stenta quasi a credere che lì dentro ci viva effettivamente qualcuno.

«Come mi hai trovata? »

Alza le spalle, osservando le fotografie alle pareti.

«Faccio l’avvocato Q, ho i miei informatori. »

Non la vede, ma capisce che Quinn sta sorridendo.

«Vuoi qualcosa da bere? Niente di alcolico però, quello mi pare che tu l’abbia già bevuto. »

Santana inarca le sopracciglia.

«Solo un po’ di coraggio liquido. Non sono ubriaca, se è questo che ti spaventa» Risponde, la mano che sfiora i bordi di una cornice appesa alla parete. Il soggiorno di Quinn è poco illuminato e non estremamente grande. Ci sono solo un paio di poltrone e un divano, di fronte al quale è sistemato un televisore , incastonato nell’enorme libreria sulla parete.

«Coraggio per fare cosa? »

Lo sa. Certo che lo sa. Quinn l’ha sempre saputo.

«Per chiederti scusa»

Il sospiro di Quinn è talmente greve che Santana sente il petto stringersi in una morsa dolorosa.

«Ascolta, mi dispiace va bene? Lo so che sono passati sei anni e ho mandato tutto a puttane ma mi dispiace Q. Ero spaventata. Mi stavo innamorando di te ed è successo tutto così in fretta. »

Le parole sembrano uscirle di bocca in un unico fiato.

«E Brittany mi aveva lasciato solo da pochi mesi. E se la distanza aveva rotto il nostro rapporto, cosa poteva fare a me e a te che ci siamo prese a schiaffi praticamente da sempre? Dovevo scegliere Q e farlo in fretta. E tentare mi spaventava talmente tanto che ho preferito mollare tutto. Ma mi dispiace. Ho sbagliato. »

Gli occhi di Quinn sono rossi e lucidi. La voce di Santana flebile e spezzata.

Sono ai lati opposti della stanza, eppure, Santana non l’ha mai sentita così vicina.

«Sei anni Santana. Ho dovuto aspettare sei anni per sentirtelo dire. »

Poi qualcosa si spezza. Quella bolla scoppia non appena il rumore di una chiave nella toppa non si fa spazio in quel silenzio rassicurante.

Santana volta lo sguardo. Un ragazzo alto e dai lineamenti marcati entra in casa. Una camicia a quadri e un sorriso sulle labbra.

Solo allora Santana nota la piccola fascetta d’oro all’anulare della mano sinistra di Quinn.

E quando realizza è ormai già troppo tardi. Quinn sta parlando.

«Ehi Ted. Questa è Santana, il mio avvocato. Santana, questo è Ted, mio marito.»

Angolo degli alcolisti anonimi.

Mi chiedevo, no, si può pubblicare a distanza di tre giorni? Poi mi sono detta, massì, chissene frega, tanto la storia è quasi già tutta scritta. Che cosa devo aspettare, la manna dal cielo?
AH, E IO VI RINGRAZIO TUTTI PERCHE’ SIETE DELLE PERSONE MEGLIO. Sapevatelo. Mi esplode il cuore per tutto il seguito e i complimenti per la storia. Siete tutti troppo buoni. *scuoricina A LOT*
E uhm, che altro devo dirvi? Ah, si. NON ODIATEMI VI PREGO VI SUPPLICO. E non odiate nemmeno Ted *lo pettina*
E basta, spero che tutto ciò abbia senso. E se non ce l’ha ditelo liberamente. Sarebbe strano il contrario u_u
Perdonate eventuali errori /o\ ho letto e riletto e spero non sia sfuggito nulla, in caso fustigatemi a sangue.
VI SCUORICINO AGAIN E VI RINGRAZIO. <3 PS: Il kurtbastian non so da dove sia saltato fuori. Però platonicamente mi garba molto, ecco. Don't look at me like that. TEARS.

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Capitolo 3
*** 2. Let the memories be good. ***


 

2. Let the memories be good.

La città le sembra diversa, quella sera. I contorni più sbiaditi, le voci più ovattate, gli odori meno pungenti. Santana non lo sa, perché, certo è che la terra sotto i suoi piedi sembra più instabile.

Tutta la sua vita sembra più instabile.

Quando si fa spazio tra i corpi che ballano nel locale, la bottiglia di birra stretta in mano, Santana sente il bisogno di urlare. Farli fermare, chiedergli che cazzo stanno facendo.

Le verrebbe voglia di scuotere quella coppia di ragazzini sui vent’anni che in un angolo, sulle poltrone in pelle nera, si sorride in maniera zuccherosa.

‘Poveri illusi’, pensa, buttando giù l’ennesimo sorso di bevanda.

Come diavolo ha fatto, a non capirlo prima, è un mistero.

Certo che è sposata, non poteva mica aspettare te, Santana.

Continua a ripetersi, mentre i corpi al centro della pista le si attaccano addosso. Un paio di ragazzi la accerchiano, portando le loro mani sui fianchi della ragazza.

La testa di Santana è più leggera, con tutto l’alchol ingerito, e quel tocco non sembra sortire nessun fastidio. Butta la testa indietro, lasciandosi accarezzare da quelle mani, fingendo che quella sensazione che le opprime lo stomaco non esista.

Il corpo che sinuoso si muove tra quello degli altri due ragazzi, amplificando la sensazione di leggerezza. Un paio di labbra si posano sul suo collo, i denti che graffiano leggermente la pelle ambrata.

Poi succede tutto troppo in fretta, e Santana si ritrova una mano di Puck stretta intorno all’avambraccio, quasi a farle male. Ha lo sguardo corrucciato e attento, il grembiule leggermente sbilenco sulla vita.

Santana lo guarda, mordendosi le labbra, gli occhi bassi.

Puck non parla. Fa solo un cenno del capo verso i due ragazzi che si dileguano, la stretta ancora ferrea sul braccio della sua migliore amica.

La trascina fuori attraverso l’uscita d’emergenza. Il metallo della scala che tintinna sotto i loro passi pesanti. Puck la lascia andare, ma rimane muto a guardarla e Santana sente l’aria rinfrescarle il viso.

Il sapore di bile nella bocca. SI piega in avanti quel tanto che basta a poggiarsi al muro, mentre rigetta il troppo alchol mandato giù. Puck le è accanto, tenendole i capelli e strofinandole la schiena.

Santana si rialza qualche minuto dopo, le lacrime agli occhi e il respiro pesante.

«Mi dispiace Puck.. »

Non le è mai piaciuto, chiedere scusa. Eppure, in una sola giornata ha dovuto farlo con il suo migliore amico e con Quinn.

Il solo ricordarlo le stringe lo stomaco. La mano di Ted sul fianco della ragazza. I loro sorrisi, la loro confidenza, i loro silenzi. La dolcezza di Quinn nel sfiorargli le labbra.

La porta cigola facendoli voltare entrambi. Quinn è in piedi, l’espressione concitata. Ha le guance rosse e il respiro accelerato.

Ha corso, pensa Santana.

«Quinn! » Puck la abbraccia, e la ragazza sorride, ricambiando la stretta.

Santana li guarda attentamente interagire. Se non fossero stati così ciechi, e se Quinn avesse dato a Puck una seconda possibilità, al liceo, sarebbero stati la coppia perfetta.

Belli abbastanza da far abbassare lo sguardo a tutte le altre coppie nel giro di chilometri. Puck avrebbe combattuto per lei, l’avrebbe fatta sentire come una regina.

Non sarebbe mai stata la seconda scelta di nessuno.

Il rimorso di non averle dimostrato nulla, di averla sempre delusa, nel corso degli anni, porta Santana a rimettere nuovamente. Questa volta le mani attorno alla sua vita sono più sottili. La voce che le parla all’orecchio, decisamente non è quella di Puck.

«Va tutto bene, va tutto bene»

***

«Mi stai dicendo che le hai lasciate da sole lì fuori? »

Kurt apre la bocca un paio di volte, sbigottito. Puck continua a strofinare i bicchieri, passandoli poi alla cameriera bionda che gira per i tavoli, mentre di fronte a loro il dj comincia a chiacchierare allegramente con il pubblico.

Sebastian ghigna divertito e un po’ sbronzo, le mani che giocano con il ciuffo dei capelli di Kurt, che infastidito gliele prende, posandole sul legno del bancone.

«Vuoi stare fermo!?

Sebastian ride, abbastanza divertito da tutta quella situazione. Ha sempre conosciuto Santana, in un certo senso, si è sempre rivisto un po’ in lei. Quella stessa voglia di prevalere sugli altri. Quella paura nascosta di non essere mai abbastanza.

E sa esattamente che l’unico motivo per cui Santana quella sera ha bevuto fino a star male, non è stato per dimenticare, no. Santana ha bevuto per attirare l’attenzione.

Perché si è sentita messa da parte. Da Puck, che non le ha rivelato l’arrivo di Quinn pur essendo il suo migliore amico. E da Quinn, perché, nella sua piccola e stramba visione del mondo, Santana aveva sperato che l’avrebbe aspettata per sempre.

Che si sarebbero riviste, un giorno, e che quella storia lasciata a metà anni prima, sarebbe ripartita esattamente da dov’era rimasta. Due donne innamorate e troppo spaventate.

Ma Sebastian ha imparato a conoscere anche Quinn, dai racconti degli altri.

Affrontare tutto quello che lei ha affrontato, alla tenera età di quindici anni, l’aveva forgiata. Quinn era una dura, Sebastian poteva dirlo. Non c’era niente che potesse spaventarla. Ed era intelligente, sicuramente.

Ma tra i difetti di Quinn, bè, tra i difetti di Quinn c’era quella paura, insensata, di rimanere da sola.

Si era aggrappata a Puck, a Finn, a Sam.

Aveva trascinato tutti nella sua follia. Aveva cambiato look, amici, abitudine per cercare sé stessa. Per cercare quella parte mancante, quella che la lasciava sola, svuotata.

Quella parte che era andata via con Beth.

Puck e Kurt stanno ancora parlottando quando la voce di Sebastian, alta e rude si fa spazio tra di loro.

«Secondo me dovreste farvi i cazzi vostri»

Entrambi i ragazzi, le fronti aggrottate e gli occhi sbarrati si voltano a guardarlo.

Sebastian si alza, scuotendo le spalle.

«Sono due donne grandi e vaccinate. E se non ve ne siete accorti, sono perse una per l’altra. Non sarà un marito di turno a fermare quello che c’è tra loro»

Kurt sorride, le fossette che si disegnano sulle sue guance. Gli prende il viso tra le mani e gli schiocca un bacio sulle labbra, un bacio che sa di alchol e passione e amore.

«Questo è mio marito! »

Trilla, felice.

Puck scuote la testa, pregando che Sebastian abbia ragione.

***

«Quindi come sei finita a fare l’avvocato? »

Sono sedute entrambe sulla scala antincendio. Una accanto all’altra. Santana ha la testa poggiata sulla spalla di Quinn e sospira.

Il solo rialzare il viso le sembra un’impresa impossibile, ma le piacerebbe guardare Quinn negli occhi e parlarle. Chiederle scusa per tutte le volte che le ha mentito, o l’ha fatta sentire poco importante.

Chiederle scusa per non aver capito, anni prima, quanto avesse bisogno di sentirsi dire che si, possiamo provarci a stare insieme.

Le stringe una mano e sorride quando l’altra non la ritira.

Poi la sua fronte si aggrotta, pensando a come rispondere alla domanda della bionda al suo fianco.

«E’ una storia buffa»

Biascica, fissando il cielo scuro.

«Abbiamo tempo. »

Santana annuisce, arricciando il naso. L’odore nauseante di quel vialetto le entra nelle narici, facendole contorcere lo stomaco. La mano di Quinn stringe la sua un po’ più forte. I loro sguardi si incrociano e Santana scuote la testa, rassicurandola.

«Facevo la spogliarellista, lo sai…» Quinn schiocca la lingua, il sopracciglio alzato e un mezzo sorriso bastardo sulle labbra.

«Una sera questo tizio mi mette le mani addosso, cercando di.. sai.. »

Entrambe abbassano gli sguardi. Quinn piena di rabbia e rancore verso quell’uomo che ha tentato di fare male a Santana. Se solo fosse stata lì..

«Il buttafuori è arrivato e ovviamente me l’ha staccato di dosso. E poi non so perché mi sono messa a urlare contro quell’eunuco che cosa avrebbe rischiato se solo avessi fatto quattro passi fino alla centrale di polizia»

Quinn aggrotta la fronte, confusa.

«Bè, quella sera nel locale c’era il signor Nolan. Mi ha lasciato il suo biglietto da visita e mi ha detto ‘Sa, signorina, se un giorno volesse studiare legge, avrebbe un futuro assicurato’. »

La risata di Quinn rompe il silenzio. Cristallina, aggraziata, vera. Santana si morde le labbra e la fissa, sorridendo a sua volta nel vederla così spensierata.

«Quindi, hai trovato un lavoro mentre ti comportavi da stronza! »

«Ehi, quel maniaco mi ha messo le mani addosso! » Ribatte Santana, e Quinn torna seria e le scosta una ciocca di capelli dal viso.

«Fortunatamente non è successo nulla»

Le dita cominciano a formicolarle non appena vengono a contatto con la pelle di Santana. E’ una scossa, le ritrae veloci, quasi come se si fosse scottata, lasciando l’altra ragazza confusa e imbarazzata.

Quinn si alza, sospirando profondamente. Aveva sperato che quella dannata sensazione sarebbe passata. L’aveva giurato a sé stessa sei anni prima, quando Santana era uscita dalla sua vita lasciandola sola per l’ennesima volta. Si era ripromessa che mai, mai Santana l’avrebbe fatta sentire di nuovo così vulnerabile.

E invece no, ora era lì, in balia delle sensazioni che il suo corpo non riesce a combattere. Ottenebrata dalla risata di Santana. Dalla sua voce.

«E tu? Come ci sei finita sposata tu, Quinn? »

La bionda si passa le mani tra i capelli, posando una mano sulla maniglia della porta.

«E’ una lunga storia, Santana. Torniamo dentro, saranno preoccupati»

***

Sono sensazioni, ricordi, frammenti di una vita passata che tornano in un momento che non ti aspetti.

Quando è notte fonda, e la persona accanto a te ti abbraccia. La barba ruvida che strofina sulla tua schiena e per la prima volta dopo anni ti infastidisce.

E’ l’odore di un profumo che non è quello del tuo compagno. E’ un profumo più dolce, più intenso, più vero. E’ un profumo che hai sentito solo qualche ora prima e che ti è rimasto addosso, nelle ossa.

Quinn si rigira tra le lenzuola, scostando il braccio di Ted dalla sua vita.

Il ricordo dell’ultima notte con Santana. Della sua bocca, delle sue mani, del suo corpo. La loro storia le torna alla mente nitida e chiara come un film appena visto.

Quella prima volta durante il matrimonio del signor Schuester. Quella risata sarcastica quando le aveva detto che no, l’amore con una donna non era una cosa che faceva per lei.

Santana l’aveva sempre presa in giro per una sua presunta cotta nei confronti di Rachel. Ma Quinn non ci aveva mai fatto caso. Era Santana, dopotutto e la sua vita consisteva per una buona parte nel renderle insopportabile gli anni di scuola.

E poi quella sera, quella fatidica sera in cui erano finite a letto insieme, Santana gliel’aveva sussurrato appena.

«Sono sempre stata gelosa di come guardi Rachel. »

Quinn arriva in salotto quasi meccanicamente, le mani che si stringono attorno al telefono cellulare. Il numero di Santana sullo schermo.

Sarebbe così facile, perdersi nei ricordi, lasciarsi guidare. Chiamarla e tornare a dov’erano rimaste.

Sarebbe tutto così facile.

Ma quando la voce di Ted la strappa fuori dai suoi pensieri, preoccupata e assonnata, Quinn ripone il cellulare e pensa che, forse, i ricordi possono bastare.

Angolo degli alcolisti anonimi.

Io buh. Avevo scritto tutt’altra cosa. Poi, suddenly, in una notte buia e profonda, mi viene voglia di scrivere e viene fuori questa cosa.
Vi giuro che non riesco neanche a commentarla.
Ma non credo di poter far di meglio, ad essere onesti. Sono in una crisi mistica da ispirazione che non se ne vien fuori XD quindi buh, spero che non faccia schifo, ecco /o\
Grazie a tutti, tutti, tutti. Siete bellerrimi <3
(Ovviamente scusatemi eventuali errori. Fustigatemi in caso io abbia scritto cavolate \o/)

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Capitolo 4
*** 3. Winter winds. ***


3. Winter winds.

La galleria è piena di gente con il petto in fuori e l’aria di esperti critici di fotografia. Quinn sa che la metà di loro non ha neanche idea di che cosa sia, in realtà, la fotografia. Sono lì per vedere qualche celebrità e comparire su qualche rivista di gossip.

Scuote la testa mentre manda giù un altro sorso d’acqua e sorride verso suo marito che, imbarazzato, continua a parlare con il direttore del posto.

Quinn ama il suo sorriso timido. Il suo broncio adorabile quando lei gli propina un documentario sugli animali del centro Africa invece di lasciargli guardare al partita. Ama il suo leggero mormorio mentre dorme, sdraiato sulla pancia.

Ama molte cose, di suo marito, ma in realtà non è sicura di amarlo.

Il sospiro che le sfugge dalla gola è malinconico. Non dovrebbe pensarle certe cose, soprattutto non ora. Con una mano si sfiora il ventre coperto da quell’abito verde che risalta i suoi occhi.

Un paio di braccia la circondano e Quinn scoppia a ridere.

«Quinn Fabray. Sei sempre stata la donna del momento»

Puck le sussurra all’orecchio, solleticandole la pelle esposta, lasciata scoperta dai capelli che sono raccolti in una coda alta.

«Puck, sono una donna sposata!” borbotta Quinn voltandosi per abbracciarlo. Le grandi mani di Puck si chiudono intorno ai suoi fianchi mentre le sfiora la guancia.

«Non è mai stato un problema per me, tesoro»

Si becca una gomitata giocosa, mentre Kurt e Sebastian raggiungono Quinn per complimentarsi dell’evento.

«Quinn, sei sempre stata l’unica con un senso artistico decente»

«Grazie Kurt, detto da te è davvero un complimenti» i due ragazzi si abbracciano. Quinn saluta Sebastian, che piacente si congratula per l’ottimo lavoro, per poi tornare a prendere la mano di suo marito trascinandolo in lungo e in largo per la galleria.

Puck scuote la testa, mentre un braccio ambrato si fa spazio sulle sue spalle. Santana sbuca dietro di lui e sorride, rilassata. I suoi occhi incontrano quelli di Quinn che si morde le labbra, impacciata.

«E’ davvero grandioso Fabray. Devo congratularmi con te»

«Grazie, Santana»

 

Il sorriso che si scambiano è così genuino, che Puck sente immediatamente di essere di troppo in quella scena. Lentamente si defila, scusandosi con le due ragazze, portandosi accanto ad una giovane donna intenta a fissare una delle fotografie esposte.

Nel frattempo, Santana si è fatta più vicina, porgendo a Quinn un calice di champagne. La bionda ride e scuote la testa.

«Non posso San»

L’altra aggrotta le sopracciglia, stupita. Poi il leggero movimento della mano di Quinn sul suo torace le fa capire. E la sensazione di felicità mista a tristezza si allunga in tutte le sue membra.

E’ felice per Quinn. Come, davvero felice. Ma nello stesso tempo, quel piccolo gesto ha sancito la loro fine.

«Sei incinta»

Non è una domanda.

E quella di Quinn non è una risposta.

«Già»

***

Ted arriva in salotto con il fiatone e il viso rosso. Ha gli occhi lucidi e per un attimo Quinn pensa che sia successo qualcosa di grave alle loro famiglie, ma poi vede tra le mani un pezzo di carta.

Non ha idea, di cosa sia. O meglio, spera che non sia quello che sta pensando.

«Che cos’è? » chiede, lentamente.

Ted aggrotta la fronte, per poi posare la lettera sul tavolino basso.

«E’ Santana vero? E’ sempre stata Santana” »

Quinn sospira. Sapeva che sarebbe successo, prima o poi. Tenere quella lettera lì, dopo tutti quei mesi. Si era sentita fortunata tutti i giorni, fino a quel giorno.

Fino a quel momento.

Ted si siede accanto a lei, le mani intrecciate e il respiro pesante.  Ha gli occhi chiusi, e Quinn vorrebbe fare qualcosa, ma in realtà sa che qualsiasi cosa lo renderebbe solo più triste e deluso.

Quella lettera, scritta da Santana la stessa sera della mostra, le aveva donato l’ultimo vero, momento di felicità in quei mesi.

“TI amo Quinn e lo farò per sempre. Mi dispiace”

Se solo avesse avuto il coraggio di lottare, anni prima. Se solo non fosse stato tutto così complicato tra di loro. La loro relazione era stata costruita su una base ipotetica fatta di se e di ma. Ed era crollata, come un castello di carte viene spazzato via da una folata di vento.

E ora non avevano niente.

O meglio lei stava aspettando una bambina da un uomo che era convinta di non meritare. Ted era troppo  sin troppo buono. Meritava qualcuno che lo amasse con la stessa intensità con cui lui era capace di amare.

E quel qualcuno non era Quinn.

«Quando ci siamo conosciuti, in Francia, anni fa, avevi gli occhi tristi e mi hai raccontato di qualcuno a cui non riuscivi a smettere di pensare. Era Santana? »

Quinn annuisce leggermente, le lacrime che bruciano dietro le palpebre.

«Va da lei Q.. »

Quinn apre la bocca per rispondere, ma lo sbuffo infastidito di Ted la interrompe.

«Cos’è che mi hai sempre detto? Che bisogna essere coraggiosi? E perché sei ancora qui? Ho sempre pensato di non essere abbastanza per te»

«Ted.. »

«Quinn non posso tenerti incatenata in un matrimonio che non vuoi.  Voglio solo che ricordi una cosa.. »

La ragazza accenna un sì con il capo, e poi si massaggia la pancia, coperta da una leggera camicia lilla.

«Lo so che è tua figlia Ted. Non potrei mai dimenticarlo. Sarai parte della sua vita e della mia, se lo vorrai»

Le sue braccia forti si stringono intorno a Quinn, mentre lui le posa un leggero bacio tra i capelli biondi.

«Mi dispiace Ted»

«Va tutto bene»

***

Il coraggio di presentarsi a casa di Santana, Quinn lo trova solo mesi dopo quella discussione, dopo aver visto una di quelle commedie romantiche e drammatiche in tv, davanti a una vaschetta di gelato.

Ted va a trovarla regolarmente una volta a settimana, e contro tutte le loro aspettative, il loro rapporto è rimasto quasi immutato. A parte, bè, a parte il lato fisico ovviamente.

Quinn si nasconde nella giacca e arriva a casa di Santana che il sole ha già iniziato a scomparire, colorando il cielo di un rosso intenso. E’ estate e il suo pancione è ora ben visibile.

Bussa per quella che le sembra un’eternità. Ma non c’è nessuno dall’altro lato della porta ad aprirle. Sta per gettare la spugna quando una voce roca alle sue spalle non la sorprende.

«Quinn? »

Santana ha i capelli raccolti, un top e un paio di pantaloni da corsa. L’addome contratto e una leggera patina di sudore sulla pelle.

«Ehi.. »

Si guardano per un attimo, poi Santana si fa spazio e apre la porta, invitandola ad entrare. L’interno è abbastanza spazioso e illuminato. E anche abbastanza disordinato.

«Io.. mi dispiace per il disordine»

Quinn accenna una risata.

«Come se ti fosse possibile fare altrimenti»

«Ehi» risponde l’altra, offesa pizzicandole un fianco. Quinn alza le spalle e si accomoda sul divano in pelle nera al centro del soggiorno di fronte al camino spento.

«Ti prendo qualcosa da be-»

«San»

«Dovrei fare una docc-»

«Santana. »

Quinn la interrompe nuovamente, le mani incrociate posate sul ventre rotondo. Santana sbuffa e si lascia cadere sul divano, chiudendo gli occhi.

«Non so se voglio chiederti perché sei qui» borbotta a bassa voce, senza guardare la ragazza accanto a se.

Quinn rotea gli occhi, pur sapendo che l’altra non può vederla. Si issa sul divano e si schiarisce la voce.

«Sono venuta qui per parlarti. Per cui sta zitta e ascoltami»

Santana rimane immobile ad occhi chiusi, con la fronte leggermente aggrottata.

«Ho lasciato Ted»

Quinn la vede sbarrare gli occhi di colpo e boccheggiare qualcosa.

«Mi disp-“

«Santana, quale parte di ‘sta zitta’ non ti è chiara? »

«Scusa» mormora.

«E’ successo qualche mese fa.  Ha trovato la tua lettere e prima che tu possa dire qualcosa, no, non è stata colpa tua. Non mi ha lasciata perché tu hai scritto quella lettera Santana. Mi ha lasciata perché l’ho tenuta. »

Santana si morde le labbra e si muove scompostamente sul divano, evidentemente a disagio.

«Merita qualcuno che lo ami più di quanto possa fare io San. E io non posso farlo per colpa tua. Perché non ci riesco. MI sei entrata nel cervello e hai staccato i fili, Santana. Sei COSI fastidiosa. »

Santana abbozza un sorriso, guardandola negli occhi per la prima volta da quando l’ha trovata sulla soglia di casa. Allunga la mano e la posa su quelle di Quinn, giocando con le sue dita.

«Ho lasciato tutto di nuovo, Santana. E prima che tu decida qualsiasi cosa, voglio che ci rifletti. Sto per avere una bambina e non ho intenzione di farti entrare nella mia, nella nostra vita, se non ne sei sicura. Non mi romperai di nuovo Santana, non stavolta»

Santana manda giù il groppo di lacrime che le si è fermato in gola, deglutendo a vuoto per un paio di volte. Vorrebbe dirle che le dispiace e che, da quel giorno di tanti anni prima, non ha mai smesso di pensarci ma Quinn non le da la possibilità di spiegare qualsiasi cosa perché si alza e le sfiora la fronte con le labbra avviandosi verso l’uscita.

Quando il rumore della porta che sbatte riempie la casa Santana si alza.

Non ha bisogno di decidere, ha già deciso.

Da sempre.

***

A Dicembre di quello stesso anno, in un ospedale vicino la nuova casa di Santana, mentre il vento invernale soffia sulle finestre, Quinn da alla luce la piccola Sawyer, mentre sua madre le tiene la mano e le accarezza i capelli.

Santana e Ted, gettati sulle scomode panche della sala d’attesa si tormentano le mani, osservando l’arredamento come se da un momento all’altro potesse inghiottirli.

Hanno entrambi lo sguardo attonito e stralunato e quando Puck entra per dare loro la notizia, ci mettono un po’ a capire che è tutto finito.

Santana salta in braccio al suo migliore amico, mentre Ted strilla qualcosa in francese e agita in aria i pugni.

Quando entrano nella stanza, Santana si precipita al fianco di Quinn sfiorandole le labbra con le proprie e sussurrandole qualcosa all’orecchio mentre Ted coccola la piccola, infagottata tra le coperte.

Santana guarda negli occhi la sua ragazza e mormora qualcosa. Qualcosa che fa fermare tutti quelli che sono lì in quel momento.

«Sposami Quinn»

Quinn sgrana gli occhi e boccheggia.

«Hai sempre avuto un pessimo tempismo. Ho appena fatto una figlia, sai»

«Chissene frega. Sposami»

La risposta non arriva, perché Santana la bacia e il sorriso sulle labbra di Quinn è l’unica conferma che le serve.

Intreccia le dita con quelle della sua ragazza e sospira, baciandole la fronte e osservando la signora Fabray e Ted giocare con quella che è anche un po’ sua figlia. Sorride e si morde le labbra, sentendo una lieve eccitazione invaderle il corpo. Una sensazione piacevole e spaventosamente felice.

Guarda Quinn, mezza addormentata sulla sua spalla e sorride.

Non la lascerà scappare, non di nuovo.

Non stavolta.

 

Angolo degli alcolisti anonimi.

No gente, vi ho messo paura eh?
Io sono ancora sconvolta dal fatto che ho fatto finire qualcosa in maniera carina e tenera e non in tragedia. E’ tipo UN EVENTO PER ME.
Siamo tutti d’accordo su questo vero? Il primo che dice qualcosa su Ted si becca un calcio rotante di Chuck Norris. Don’t.
Vi svelerò un segreto *abbassa la voce* a me il capitolo non piace, però SH.
Per il resto ringrazio VERAMENTE tutto per aver letto/recensito/seguito/qualsiasicosa-ito. Vi amo tutti. *Sparge amore e giuoia*

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