Non so cosa voglia da me, non so perché mi perseguita.

di Everlong
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quelle foto nel cellulare. ***
Capitolo 2: *** Una mattina sprecata. ***
Capitolo 3: *** Non più solo. ***
Capitolo 4: *** Chi era? ***
Capitolo 5: *** "Mi abbracciò, un po' strana come cosa" ***



Capitolo 1
*** Quelle foto nel cellulare. ***


Stavo bevendo il latte, inzuppando ogni tanto dei biscotti per mangiarli. Non sapevo ancora cucinare quindi non pranzavo con pasta o roba del genere, una volta finito e aver messo al proprio posto tutto andai nel bagno per lavarmi, diedi una sciaquata veloce alla faccia e lavai i denti in modo abbastanza superficiale. Una volta asciugatomi mi diressi verso la mia camera, che a differenza di quella che avevo in Italia non era tappezzata di poster raffiguranti emblemi del Punk Rock, mi misi addosso una maglietta raffigurante quella specie di rana che faceva parte di un cartone animato molto in voga negli anni novanta, un paio di jeans letteralmente stracciati e le mie carissime All Star. Uscii  di casa, volevo respirare l'aria Londinese e farmi un giro per il quartiere, magari potevo incontrare qualche persona interessante. Non andò così, tornai a casa la sera, ero stufo di stare seduto su una panchina fissando un negozio di skateboard. Accesi la TV della mia camera, mi stesi sul letto e iniziai a vedere qualche puntata di Scrubs, mi sganasciai dalle risate! Durante la pubblicità squillò il cellulare e quindi allungai il braccio per prenderlo visto che prima l'avevo appoggiato sul comodino accanto alla porta. Risposi dopo un solo ring : "Si?Chi è?". Rispose un gemito, era un pianto, un urlo e una risata messi insieme. Non diedi molto corda a ciò e terminai la chiamata e, convinto che fosse uno scherzo di cattivo gusto, continuai a vedere le bravate che facevano Turk e J.D. Intanto si fece tardi e mi addormentai, lasciando a mio sfavore la televisione accesa. La mattina successiva mi svegliai che era ancora l'alba, mi alzai dal letto e solo in quel momento mi accorsi che la notte precedente mi scordai di svestirmi e indossare il pigiama, andai a preparare il caffèlatte e mentre si riscaldava nel microonde mi feci una foto per postarla su twitter con una frase sciocca come "Mi sono appena svegliato!". Andai nella galleria per pubblicarla ma apparirono tre fotografie di cui non sapevo nemmeno l'esistenza, erano tre e scattate tutte mentre dormivo. Si vedeva proprio il mio corpo racchiuso tra le coperte! A questo punto furono due le ipotesi: o ero pazzo oppure non vivevo da solo.

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Capitolo 2
*** Una mattina sprecata. ***


Ero preso dall'agitazione. Non sapevo che fare, non potevo rivolgermi nessuno. Cosa diavolo avevo fatto di male per meritarmi ciò? Decisi di lavarmi in meno tempo possibile ed andare a fare colazione fuori, magari avrei potuto assaggiare uno di quei magnifici cornetti che sforna il bar qui dietro l'angolo e che di sicuro mi avrebbero fatto dimenticare questa brutta storia. Non erano nemmeno dieci minuti che ero sveglio e già ero in ascensore, usai quel lasso di tempo che ci voleva per arrivare fino al piano terra per cancellare le foto, almeno fino a quando non rimasi bloccato tra il terzo e il secondo piano. Spinsi subito il pulsante per allarmare tutto il condominio e mi accasciai in un angolo quasi chiudendo gli occhi, lasciai la tracolla piena di libri che dovevo leggere per l'università in un altro angolo. Infatti quella mattina ero diretto proprio all'università, volevo fermarmi a quel bar perché ero di circa un'ora in anticipo. Passò un'ora, i posti dell'aula magna di sicuro stavano iniziando e riempirsi ed io ero ancora bloccato lì, non proprio cosciente. Le luci si spensero e svenni, non capisco tutt'ora se svenni per mancanza d'ossigeno o perché si fece buio tutto d'un tratto. I vigili del fuoco che mi vennero a salvare dissero che sembravo morto, ero disteso a terra con un solo occhio chiuso e la bocca aperta. Hanno dovuto chiamare anche altri esterni visto che il neon che c'era nell'ascensore non si era fulminato, ero proprio andato in frantumi. I numerosi tagli sulle braccia ne erano la prova. Ripresi i sensi nel primo pomeriggio e pensai seriamente al trasferimento. Purtroppo vivevo con un lavoro part-time e arrivavo appena a fine mese quindi era un'idea da scartare. Mi sedetti su uno scalino, nella mia testa rimbombavano bestemmie, ero colto dalla disperazione, volevo piangere ma non ci riuscivo.. anche perché farlo a vent'anni mentre tutto il condominio ti contemplava non faceva una bella figura. Ed io ero un tipo molto orgoglioso. Tornai nel mio appartamento e mi buttai sul letto, ero ancora scosso dall'esperienza e volevo dormire, però questa volta lasciai il telefono sotto il cuscino. Con il sonno leggero che avevo avrei sentito di sicuro una presenza vicina a me. Spesi tutto il pomeriggio a dormire e quando mi svegliai il sole era già calato. Ero interessato a sapere che ore fossero precisamente quindi misi la mano sotto il cuscino per prendere il telefono. Lì non trovai il mio cellulare, ho trovato solo un pezzo di vetro appuntito, doveva coprire la luce che quel dannato ascensore dava. Quindi mi ritrovai senza cellulare e con un pezzo di vetro in mano nel pieno della notte.

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Capitolo 3
*** Non più solo. ***


Quella notte restai sveglio, non solo per la paura ma anche per saperne di più su questa faccenda, avrei potuto vedere questo qualcuno o qualcosa che mi vuole morto. Buttai quel pezzo di vetro nella spazzatura. Per restare sveglio presi un po' di caffè e accesi la televisione, fui schiavo di quell'aggeggio e ci passavo molte ore davanti. C'erano gli MTV Awards e come sempre sperai in qualche distrazione. I partecipanti fecero schifo musicalmente, forse perché non rispecchiarono i miei gusti musicali, fu così noioso che solo dopo trenta minuti dovetti andare a mettere dell'altro caffè nella tazza. Quando entro o vado dalla mia camera sono solito a vedere i miei poster, c'erano i Ramones, i Sex Pistols, gli Offspring, i Descendents e altri magnifici gruppi. Il mio preferito fu quello dei Pistols, quello della regina Elisabetta II che ha la bocca e gli occhi coperti dalla scritta "God Save The Quenn - Sex Pistols". Mentre me ne stavo per andare vidi i suoi occhi, non sembravano i suoi, anzi non furono i suoi, mi fissarono spalancati! Mi prese un nodo alla gola, feci finta di niente e andai in cucina, mentre versavo la mia "droga" sentii una porta chiudersi violentemente...fu quella della mia stanza. Lasciai la tazza lì e mi avviai, la porta non si aprì più e sembrò come se qualcuno da dietro spingesse, calciai più volte ma niente da fare. Poi sentì il televisore spegnersi, delle carte strapparsi e la rottura della mia povera finestra, solo dopo questo fracasso riuscì ad entrare mentre il vicinato si lamentò per tutto questo macello alle tre del mattino. Accesi la luce, ho trovato i miei libri di narrativi frammentati per terra, il televisore con i cavi staccati e la finestra rotta, non avevo nemmeno l'assicurazione. Mi stesi sul letto a piangere come un infante, tante domande mi passarono per la testa e non riuscii a trovare le risposte. Mi ripresi e ruppi gli ultimi pezzi di vetro rimasti intatti, preferii rimanere senza finestra che con una rotta. Fino all'alba restai seduto sulla mia poltrona a pensare, con lo sguardo perso nel vuoto, dopo mi preparai per andare all'università, mi promisi di non usare più l'ascensore. Uscì dall'edificio e fino a quel momento tutto andò bene, dovevo farmi la strada a piedi ma questo non era un problema, arrivai al campus in circa venti minuti. Mi diressi subito in aula, c'erano dentro più o meno dieci persone. Una ragazza buttò uno sguardo su di me, come se volesse esaminarmi, dovette essere più grande di me di massimo due anni. Si avvicinò a me e mi chiese se mi piacessero i The Exploited visto che quel giorno indossai una loro maglia. Confermai. A quanto pare anche lei andò matta per l'hardcore punk, indossò degli anfibi e dei jeans strappati che parvero i miei. Si chiamava Susie. Parlammo di musica fino all'inizio della lezione, mi sentii più sereno. La mia pronuncia inglese non era ancora perfetta ma riuscimmo a comprenderci. La lezione fu noiosissima, non capisco ancora perché scelsi Giurisprudenza, passai tutta la lezione a disegnare mostriciattoli sul mio quaderno. Quando uscimmo mi presentò i suoi amici, anche loro avevano ottimi gusti musicali, erano 4 maschi e un'altra ragazza, sembravano tutti miei coetanei tranne uno che parve avere trent'anni, portava gli occhiali e aveva dei capelli lunghi fino al collo. Mi invitarono a pranzo, vivevano tutti insieme. Ovviamente accettai, meno stavo a casa e meglio era.

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Capitolo 4
*** Chi era? ***


Salii nel loro furgoncino, era malmesso ed emanava anni novanta dappertutto. Il ragazzo con gli occhiali, Deryck, si mise a guidare mentre noi dietro iniziammo a fare baccano. Mi offrirono della Marijuana, non avevo mai avuto a che fare con essa in precedenza, ma di sicuro aiutò a sollevarmi il morale nonostante quel che successe la notte precedente. Arrivammo alla villetta in più o meno trenta minuti o forse di più, tornai lucido solo dopo aver iniziato a pranzare, il cibo era squisito. Iniziai ad apprezzare il cibo inglese e la droga. Durante il pranzo volevo confessare tutto ciò che mi successe fino a quel momento. "So che non mi crederete" - dissi angosciato. - "Ma qualcuno mi perseguita, mi ha distrutto la camera, mi ha rubato il cellulare e mi ha bloccato in ascensore ieri!" Udì qualche risatina. "Daniel.." - ribatté il tizio dal dilatatore enorme. - "E' evidente che sei ancora sotto l'effetto della Marijuana,, non esistono i mostri!" Non ci rimasi male, fu più che scontato che non ci credessero. Dopo aver mangiati feci la conoscenza del cucciolone di casa, un bel labrador bianco di due anni, si chiamava come me, Daniel. Iniziai a giocare con lui, avevo la passione per i cani, era molto educato e silenzioso, dopo essersi messo a pancia in su iniziò a parlarmi. "Dovresti ucciderli tutti, non credi Daniel?" - sussurrò. -"Sarebbero un bello spuntino per questo cucciolone". Mi alzai subito dal pavimento e me ne andai inventandomi un motivo. Tornai a casa impiegando il doppio del tempo che ho dovuto metterci con il furgone. Mentre attraversai le strisce pedonali che separavano casa mia dal supermarket un auto in corsa cercò di prendermi, menomale che arrivai al marciapiede in tempo. Prima di salire controllai se il postino lasciò qualcosa per me, niente. Dopotutto, mi chiesi che senso avevo farlo. Aprì la porta, buttai la tracolla sul letto, accesi la televisione per "non sentirmi solo" e presi della biancheria intima e dei vestiti, poi mi diressi verso il bagno, era una giornata particolarmente soleggiata e nell'università faceva pure caldo quindi ero tutto sudato. Presi la maniglia ed spalancai la porta, ero felice. Purtroppo quell'emozione non durò a lungo. Trovai sotto il lavandino il cadavere di una ragazza, doveva avere circa diciotto o diciannove anni, aveva i capelli di un biondo acceso, erano legati. Urlai dallo spavento e feci cadere tutto a terra. Era in una pozza di sangue e il lavandino era intasato di sangue, galleggiavano anche delle lamette. I suoi polsi erano pieni di tagli. Indossava solo una maglietta con ovviamente la sua biancheria, era vestita come per stare in casa. Ha alzato lo sguardo, mi ha visto e ha poggiato la testa alla parete. Il mio cuore batteva fortissimo e non sapevo che fare, non avevo nemmeno il cellulare per chiamare l'ambulanza quindi decisi di chiedere ai vicini, suonai più volte ai campanelli ma nessuno mi rispose, non c'era una persona tranne me e lei nel palazzo. Esausto tornai a vedere se respirava ancora ma non la trovai più. Cercai per casa ma niente, scomparsa. Scomparsa come la mia sanità mentale. Eppure le pozze di sangue rimasero lì quindi non me lo sognai. La domanda su chi fosse lei mi apparve in mente ogni giorno della mia vita fino al mio ultimo battito.

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Capitolo 5
*** "Mi abbracciò, un po' strana come cosa" ***


Mi rinchiusi in un angolo del salotto bestemmiando qualsiasi Dio mi venisse in mente.Voletti usare quella pozza di sangue e quelle lamette come prova, forse con ciò i miei amici mi avrebbero creduto. Quindi dovetti rifare tutta la strada da capo, stranamente quando scesi vidi quella macchina che mi voleva prendere. Era parcheggiata e aveva il cartello vendesi appeso, era un modello vecchio e non sembrava in forma, non doveva valere tanto. Rifeci tutta la strada da capo correndo più che potevo. Arrivai lì e suonai, mi accolse l'altra ragazza, di cui non sapevo nemmeno il nome, era fatta, mi trattenne alla porta ma vidi ugualmente tanto fumo dentro. Poi la raggiunse Susie che pareva lucida. "Daniel.."- disse con un sorrisetto -"Che ci fai ancora qui? Il mostro ti ha fatto di nuovo paura?" "Proprio così!" - confermai. - "Beh non è stato lui a farmi spaventare, ma una ragazza m-mezza morta sotto il mio lavandino! E'-è scomparsa m-ma se venite v-vi faccio vedere le pozze di sangue." Non smisi mai di balbettare. "Che perdita di tempo" - sussurrò scocciata - "Va beh, vengo, tanto qui non ho niente da fare" Venne solo lei, durante il tragitto non ha fatto altro che chiedermi quando saremmo arrivati, risposi sempre dicendo che saremmo arrivati in poco tempo. Quando raggiungemmo la porta mi sentì un po' in imbarazzo, il mio appartamento era una topaia in confronto alla loro villetta. Ero ancora in stato in stato di shock e feci fatica a mettere le chiavi, mi aiutò lei. Appena entrammo la puzza di pesce ammuffito dominava l'ambiente, in quei giorni di sicuro non pensai a pulire. Andammo in bagno e fortunatamente la pozza c'era ancora. "Ciò non significa niente" - affermò scettica. -"Potrebbe stare anche da prima che tu ti trasferissi qui" Avevo un asso nella manica "E allora guarda nel lavandino" - risposi fiero. "E' pieno di lamette e di sicuro le avrei notate prima, non credi?!" "Calmati Daniel" - disse cercando di rassicurarmi. - "Non so nemmeno io che dire, è tutto alquanto ripugnante, posso vedere camera tua? Voglio levarmi subito questo pensiero e per favore chiudi la porta di quel cesso!" Feci come mi fu chiesto e andammo in camera mia, la sua espressione quando vide i miei poster fu di uno stupore inimmaginabile. "Dio! Quanti poster!" - gridò sorpresa - "Conosci i Descendents? Sono uno dei miei gruppi preferiti, ehi ma perché non c'è la finestra?" "Ecco, vedi?! - dichiarai un tono che passava dalla paura dalla rabbia - "E' stato il mostro, giuro! Ti dico che è stato il mostro!". Si mise a braccia conserte e alzò le sopracciglia, quello sguardo per me significò "Tu sei solo un pazzo in cerca di attenzioni". Poi la porta si chiuse all'improvviso, Susie spalancò gli occhi "D-Daniel? - pronunziò - "E' uno s-scherzo?". Feci il cenno di no, ormai non mostrai più nessuna emozione, iniziai ad accettare il fatto che dovetti convivere questa maledizione fino alla fine. Prese le mie spalle e iniziò a scuoterle "Fai qualcosa cazzo!" - ordinò in preda al panico. - "Fai qualcosa!" "Cosa pensi che possa fare?" - chiesi prendendo le sue mani e togliendole dal mio corpo. - "Non possiamo mica buttarci dalla finestra!" Avemmo la via d'uscita a due passi ma non potevamo buttarci. Si sedette sulla mia cara poltrona e scoppiò in lacrime. Provai compassione per lei, non mi è mai capitato di vedere la sosia di Hayley Williams piangere. "Dai non piangere" - consigliai standole vicino. -"In questa situazione c'entro solo io, alla fine ti lascerà uscire." Mi abbracciò, un po' strana come cosa visto che ci conoscemmo solo la mattina stessa di quel giorno, sarà stata colpa del panico.

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