Il giocattolo rotto

di usagainst_theworld
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'altra faccia della medaglia ***
Capitolo 2: *** La caccia al tesoro ***
Capitolo 3: *** Inizia a correre ***



Capitolo 1
*** L'altra faccia della medaglia ***


Il giocattolo rotto

 

1. L'altra faccia della medaglia

Il ticchettio della pioggia si faceva sempre più insistente. Minuscole gocce che sbattevano contro il vetro della finestra producevano un rumore irritante. E, con la stessa velocità che impiegavano per toccare il suolo, se ne andavano. Il vento s’inseriva anche tra le più piccole fessure, provocando un suono simile all'ululato di un lupo. Ormai era una certezza: l'inverno che era alle porte sarebbe stato il più duro degli ultimi anni.
La casa aveva ormai raggiunto una temperatura glaciale, così Mathias decise di abbandonare per un attimo la sua comoda poltrona e si convinse a chiudere la finestra del salotto. Poi si concesse un po' di tempo per guardare fuori. Gli sembrò che la pioggia di pochi istanti prima si fosse già trasformata in grandine. Il vento piegava in due i rami degli alberi, completamente spogli, e spazzava via il tappeto di foglie che giaceva sui marciapiedi. La Senna s’ingrossava sempre di più, decisa a portare via qualsiasi cosa si trovasse lungo il suo percorso. Il sole, nascosto per bene dietro alle nuvole, stava ormai lasciando quella parte del mondo scomparendo dietro una collina e le ombre della notte avanzavano indisturbate. A quell'ora la città si trasformava. Forse era proprio quello il segreto della sua magia.
"Parigi, la città dell'amore!" si ripeteva continuamente, ma in fondo al suo cuore sapeva che non esisteva niente di più falso. Certo lui l'amore l'aveva trovato, di fronte Notre-Dame, ma poco dopo lo aveva perso, sempre allo stesso punto. Così imparò a considerare Parigi come una medaglia, con due facce.
Di giorno, le sue strade brulicavano di turisti e gente sempre di fretta che correva da una parte all'altra del fiume. Un'atmosfera surreale avvolgeva costantemente la città e coloro che vi entravano, giurandole amore eterno. Ogni piazza, ogni palazzo, ogni vicolo aveva una sua storia, per quanto essa potesse sembrare stupida agli occhi di un comune mortale. Le persone che s’innamoravano nelle sue strade venivano catturate da una specie d'incantesimo. Così Parigi divenne famosa, come ritrovo di tutti gli innamorati d'Europa e luogo in cui dirigersi per incontrare l'amore della vita.
Ma lui, che usava uscire al crepuscolo, sapeva dell'esistenza dell'altra faccia della medaglia, la Parigi di notte, da cui tutti si tenevano alla larga. Le stesse piazze, gli stessi palazzi, gli stessi vicoli che di giorno trasudavano di gioia e felicità, quando la luna era alta in cielo rappresentavano un oscuro pericolo. I boulevard si riempivano di ombre, senza nome, senza volto e senza identità. Nel migliore dei casi, potevi imbatterti nei clienti abituali dei locali notturni, generalmente gente dell'alta società parigina che sfogava i propri dispiaceri in un bicchiere di whiskey. Quando gli capitava che qualcuno di loro si avvicinasse, non si degnava neanche di alzare lo sguardo e proseguiva per la sua strada. Poi c'erano quelli che aspettavano mezzanotte per riunirsi in qualche spazio angusto e iniziare un nuovo giro di poker. Coloro che si nascondevano dalla mogli e cenavano con le amanti. Coloro che avevano perso tutto e si rifugiavano nei portoni di qualche antico palazzo. Infine, ladri, truffatori e assassini aspettavano la notte in attesa della prossima vittima. Solo che molto spesso trovavano un paio di manette.
Mancava una sola settimana e avrebbe dovuto lasciare la sua città. Forse sarebbe stato meglio dirle addio il più presto possibile, invece di continuare a pensarci su. Si allontanò quindi dalla finestra e si gettò nuovamente sulla sua poltrona di velluto. Era buio, ma non si degnò nemmeno di accendere la luce. Invece, si accese una sigaretta e restò a contemplare il silenzio che regnava nella stanza. Tutto questo finché non suonò il telefono. Nessuno lo chiamava a casa, neanche nei casi più urgenti.
Non si prospettava nulla di buono.

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Capitolo 2
*** La caccia al tesoro ***


Il giocattolo rotto

2. La caccia al tesoro

Quel rumore martellante e fastidioso continuava a ripetersi all'infinito. Chiunque lo stesse chiamando, doveva avere proprio una buona ragione. Mathias fissò il telefono ancora per un attimo, poi lo afferrò di colpo e lo portò all'orecchio, ma in quel preciso istante la persona dall'altra parte della cornetta riattaccò. "Se si è arreso, non doveva essere poi così importante" si disse. Ritornò alla sua sigaretta e quando questa finì, si diresse verso la camera da letto. Percorse il lungo corridoio completamente al buio e una volta entrato nella stanza, si lasciò cadere sul letto senza neanche preoccuparsi di mettersi il pigiama. Cinque secondi dopo, il suo russare era l'unico rumore che rompeva il silenzio della casa.

Una cantina buia e polverosa. Mathias si guardò intorno spaesato. All'improvviso una dolce ninna nanna risuonò nell'ambiente. Una voce soave sussurrava quelle parole al suo orecchio. Lentamente, i suoi occhi si chiusero, i muscoli si rilassarono e la mente lo abbandonò. Pian piano, riuscì a capire persino il testo di quell'antica canzone. Rabbrividì. Non era una ninna nanna, ma un canto di morte. Un rumore quasi impercettibile lo riportò alla realtà, simile a uno spillo che cade per terra. O un giocattolo che si rompe.
Mathias, per la prima volta nella sua vita, ebbe paura. E c'era un unico modo per sconfiggerla: affrontare chi, o cosa, lo voleva morto. Si mosse cautamente verso un angolo della cantina, da dove gli era sembrato provenisse quella voce. Ma da sotto una parete iniziò a scorrere un liquido denso e scuro. Si chinò per osservarlo meglio. Sangue, tanto sangue. Corse dall'altra parte della stanza, senza staccare mai gli occhi da quella pozza che si stava estendendo sempre di più ai suoi piedi. Poi però inciampò in qualcosa, che evidentemente prima non aveva notato. Alzò lo sguardo e fu allora che le vide. Una lunga schiera di piccole bare bianche poste una accanto all'altra. Nove. Più in là, la decima. Ancora aperta. Sentì un pianto, un singhiozzo di un bambino e raggiunse la decima bara. Ci guardò dentro. Vuota. Poi avvertì un colpo alla testa. Buio.

Mathias si risvegliò ansimando. Si sedette al centro del letto e costatò che era tutto sudato. "Un brutto sogno, era solo un brutto sogno" continuava a ripetersi. Diede uno sguardo fuori dalla finestra: la luna era ormai alta in cielo. Tentò di riaddormentarsi, ma tutti i suoi tentativi furono vani. Si alzò per accendere la luce nella stanza ma, si accorse che qualcuno stava bussando alla porta. E con una certa insistenza. Aprì un cassetto del comodino di fianco a letto e vi trovò la sua pistola. Avanzò nel buio puntando l'arma verso la porta, attento ad ogni rumore sospetto. Arrivato nel piccolo ingresso, Mathias attese qualche minuto. Niente, chiunque ci fosse fuori, continuava a colpire con violenza la porta. Con la mano libera afferrò la maniglia, ma proprio in quel momento qualcuno sfondò la porta.

- Mathias? Tutto bene? - disse una voce a cinque centimetri dalla sua faccia. Il ragazzo aprì gli occhi e cercò di mettere a fuoco, ma la sua vista era annebbiata. Una fitta alla nuca lo persuase a richiudere gli occhi. Forse quando li avrebbe riaperti, si sarebbe trovato di nuovo nel suo letto.
Ma quella voce ripeté: - Mathias? Mathias Dupont? -
No, questo non era un altro dei suoi strambi sogni. Si fece forza sulle braccia e si mise seduto. Si guardò intorno: la porta sfondata giaceva accanto a lui, mentre una figura lo fissava dall'alto con una faccia piuttosto preoccupata.
- Yohann? Sei stato tu a sfondare la porta? - disse Mathias con voce tremante.
- L'ho dovuto fare! Sono due ore che cerco di rintracciarti! Mi raccomando, la prossima volta non scomodarti a rispondere al telefono o ad aprire la porta. - rispose l'amico.
- Stavo per rispondere al telefono e...anche aprire la porta ma... - balbettò Mathias, ancora in stato confusionale.
- Non importa. Aspetta, perché hai una pistola in mano? - chiese Yohann.
- È l'abitudine - disse ridendo. Anche l'altro iniziò a ridere e cinque minuti dopo i due erano a terra, mantenedosi la pancia dalle risate. Poi Yohann si fece improvvisamente serio e si alzò, dando una mano all'amico per mettersi in piedi. - Quasi dimenticavo quello che ti dovevo dire. Su, muoviti, abbiamo un nuovo caso. - Mathias lo squadrò dalla testa ai piedi. I capelli neri erano in completo disordine, gli occhi gonfi e arrossati coperti da occhiali scuri, nonostante fosse notte fonda. Portava due calzini di colore diverso. Anche lui era stato svegliato nel cuore delle notte e, a giudicare dal suo umore, non ne era stato affatto felice.
Yohann uscì dalla casa, ma Mathias esitò. - Perché io?Insomma manca una settimana alla mia partenza... - ma non finì la frase che l'amico replicò - Si tratta di percorrere soltanto 100 metri. E poi lo sai, non decido io -
- Ma a 100 metri da qui non c'è niente! Tranne... - disse titubante Mathias. Un'idea inizio a farsi strada nella sua mente. In effetti, sapeva cosa ci fosse in quel punto, ma non avrebbe mai pensato che...
- L'antiquario Matisse. Non ti preoccupare, lui sta bene. - cercò di tranquillizzarlo Yohann. Mathias lo guardò, cercando di capire se stesse mentendo. Anche se i suoi occhi erano coperti, il suo viso sembrava rilassato. Decise che poteva fidarsi di lui. - Di che si tratta allora? - disse.
- Una rapina finita male, o così sembra. Conserva le domande per dopo. E se ora mi fai il piacere di seguirmi... -
- Dopo mi ripaghi la porta però - scherzò Mathias.

I due si avviarono verso la casa dell'antiquario senza scambiarsi una parola. Non c'era bisogno di parlare, loro si capivano con un solo sguardo. E a Yohann bastò un attimo per capire che per l'amico non era un buon momento. Sapeva quanto fosse importante per lui quell'uomo. A volte, era persino geloso del loro rapporto. Ma non poteva farci niente.

Poco dopo arrivarono sul luogo del delitto. Mathias si fece strada tra i poliziotti e i medici che affollavano quella casa. Yohann lo seguì senza esitare, chi meglio di lui poteva conoscere quel labirinto infinito di stanze e corridoi? Saliti al secondo piano, superarono un lungo corridoio finché non si ritrovarono di fronte a una porta bianca. Il medico legale stava uscendo proprio in quel momento. Yohann vide per primo un corpo senza vita disteso su un letto matrimoniale e coperto da un telo immacolato - È la domestica. Se vuoi, entro solo io. - disse per tranquillizzare l'amico. Mathias, dal canto suo, desiderava solo capire cos'era successo, così fece un respiro profondo e oltrepassò la porta. Osservò la stanza, dalle pareti bianche e i mobili nuovi, e il primo pensiero che ebbe fu quello che era tutto in ordine. Troppo in ordine. Il letto era stato appena rifatto e a prima vista non c'erano tracce di sangue sul lenzuolo bianco. Mathias si avvicinò lentamente al corpo della donna, mentre la scientifica trafficava avanti e indietro in cerca di prove. Sollevò delicatamente il telo bianco, ma quello che vi trovò sotto lo sorprese. Qualcuno si era divertito con lei prima di ucciderla. Il viso era completamente sfigurato, tanto che era difficile riconoscere i tratti somatici della donna. La bocca... aveva qualcosa di strano. Indossò dei gaunti e con le mani aprì le labbra - o meglio quel che restava delle labbra - della giovane. Rabbrividì. Le avevano tagliato la lingua. Si ritirò di scatto e in quel momento si accorse di un particolare che prima non aveva notato. Un libro, sul comodino di fianco al letto. Nulla di strano, se non fosse l'unico oggetto presente nella stanza. In quel momento si avvicinò Yohann per dire qualcosa - La cassaforte è stata trovata aperta e completamente vuota. Dovevano sapere già la combinazione. - ma Mathias aveva la testa tra le nuvole. Continuava a fissare quel libro, dalla copertina sbiadita e strappata, e aspettava che questo, in qualche modo, gli parlasse. - Amico tutto okay? -
- Yohann, davvero credi che questa sia stata una rapina finita male? - disse tutto d'un tratto il giovane ispettore.
- Certo. Non ci sono segni di effrazione, probabilmente i ladri conoscevano i proprietari. E mentre ripulivano la cassaforte, sarà entrata la nostra povera vittima. A quel punto, non hanno avuto altra scelta e l'hanno uccisa. Insomma, tutto combacia. - rispose il collega, certo dell'attendibilità delle sue informazioni. - Tu che ne pensi? - aggiunse poi.
L'altro soppesò la domanda e continuò - Sappiamo almeno com'è morta? -
- Sai com'è fatto il dottor Lambert, prima dell’autopsia non rivela mai niente. Dobbiamo attendere un po'. Ma a me sembra tutto già chiaro. - disse Yohann, non capendo i dubbi del collega.
- Credo che dovresti vederla allora. - prese il braccio di Yohann e lo fece avvicinare al corpo della donna. Scoprì nuovamente il suo volto e aspettò di vedere la reazione dell'amico. Un misto di stupore e timore gli si dipinse sul viso, mentre Mathias guardava la scena soddisfatto. - Nessun rapinatore si scomoda tanto per un testimone. -
- Mi hai convinto. Questo va oltre la crudeltà di un normale assassino, questo è... sadico. - disse Yohann spaventato.

Uscirono dalla stanza per fare un sopralluogo della casa, ma mentre si apprestavano a scendere le scale, incontrarono un collega della scientifica con la faccia preoccupata. - Hai scoperto qualcosa amico? - esordì Mathias.
- Sì, non dovrei dirvelo ma... - disse il giovane titubante.
- Io credo che se sai qualcosa dovresti dircelo. In fondo siamo colleghi, no? Tu aiuti noi, noi aiutiamo te. Funziona così - spiegò l'ispettore.
- Si forse hai ragione ma... - esitò ancora. Il capo aveva detto di tacere se quello che aveva visto. Non ne conosceva il motivo, ma lui non voleva disubbidire agli ordini.
- Sputa il rospo! - s'intromise d'un tratto Yohann, spazientito dal comportamento del giovane.
- Okay, stai calmo, ora vi dico tutto! Il problema è che non abbiamo trovato niente. Non una traccia, non una sola impronta digitale in tutti e tre i piani. Fatta eccezione per uno stupido libro nella stanza da letto. Come se i ladri avessero avuto il tempo di ripulire tutto. - stava mentendo, ma sperò che i due poliziotti non si accorgessero delle sua bugia. Insomma, non che avesse proprio mentito. Aveva semplicemente omesso una parte della storia. Una mezza verità poteva andare bene a tutti.
Per sua sfortuna l'ispettore Dupont si accorse subito dell'inganno, osservando i suoi occhi e la tensione dei muscoli sotto la pelle, si avvicinò pian piano all'orecchio e sussurrò - So che non hai detto la verità, non tutta almeno. Non so perché stanno cercando di infangare questa storia e sinceramente non mi interessa. Ma questo è il mio lavoro e ho il dovere di scoprire la verità. Non penso che tu creda alla favoletta della rapina. Vuoi che si risolva questo caso? - l'altro annuì debolmente, poi Mathias riprese a parlare - Bene. Allora devi raccontarmi tutto quello che sai. Non qui però. Il tuo capo ci sta osservando. Adesso ridi e fa finta che io ti abbia raccontato qualcosa di divertente. - si scostò e attese che le sue istruzioni venissero eseguite. Vide il commissario della scientifica allontanarsi con fare circospetto. Quando fu sicuro che nessuno li ascoltasse né vedesse, guidò gli altri due compagni dentro una stanza e chiuse la porta a chiave. Riconobbe subito quella camera, era la camera di un bambino. Non era cambiato niente da quel giorno.

- Spara. - disse freddo Yohann.
- Quello che vi ho detto è vero. In effetti, non abbiamo trovato nulla di sospetto nella casa. Ed è strano, perché non ho mai visto una scena del crimine così perfettamente immacolata. E non conosco il motivo di tutta questa segretezza. Forse pensavano che potesse essere un caso di poco conto. O forse volevano evitare che si alzasse un polverone inutile, in fondo questa è sempre la casa di un uomo importante a Parigi. Io stavo solo eseguendo gli ordini - poi si fermò di colpo, perché udì un rumore di passi che si avvicinavano alla porta. Fece cenno ai due ispettori di tacere e solo quando fu sicuro che non ci fosse più nessuno là fuori, continuò - Ma l'avete vista la vittima? Tutta? Cioè tutto il corpo intendo. -
- No, ora che mi ci fai pensare, lui mi ha mostrato solo la testa. - disse pensieroso Yohann.
- Era già spaventoso guardarla in faccia. Non credevo fosse importante il resto del corpo. - si difese Mathias.
- Lo immaginavo. Allora credo che dobbiate vedere queste foto. - porse loro una pesante macchina fotografica e i due iniziarono subito ad esaminare gli scatti. Una grossa “x” sul ventre del cadavere disegnata col sangue era il soggetto principale di tutte le foto. Ma cosa significava?
- Bene! Ora non solo dobbiamo catturare un criminale sadico e maniaco delle pulizie, persino la scientifica ci ostacola! - urlò Yohann, mentre Mathias era assolto nei suoi pensieri. Una finta rapina, l'omicidio di una semplice domestica, il suo viso sfigurato e mutilato, l'assenza di prove, il silenzio della scientifica... ed ora questa “x” priva di significato... uno stupido libro... Ecco, il libro! Come aveva fatto a dimenticarsene?
Aprì con violenza la porta e corse verso la camera da letto - Voi non mi muovete! - urlò agli altri due, che erano rimasti impietriti di fronte alla reazione del collega. Entrò nella stanza e vide che stavano finalmente portando via il corpo della donna. Ma quel libro era ancora lì, troppo insignificante per essere considerato una prova. Eppure Mathias era convinto che sarebbe servito a qualcosa. Indossò dei guanti bianchi, afferrò il libro e iniziò a sfogliare le pagine. A prima vista, nulla di strano. Lo richiuse e tentò di leggere il titolo, anche se la copertina era piuttosto vecchia. "La caccia al tesoro". Lo riaprì e il suo sguardo cadde sulla prima pagina che conteneva una dedica. La lesse ad alta voce: “Mio caro ispettore, il titolo di questo libro ti dà un indizio. È proprio quello che dovrai fare tu, una caccia al tesoro. Sempre se vuoi arrivare a scoprire chi sono. Ma so per certo che tu sei uno che fugge dai problemi, invece di affrontarli. Se mai ci incontreremo, ricordati di queste parole. Mi dispiace tanto di aver rimandato la tua partenza con quest’omicidio. Salutami l'antiquario, non appena lo vedi.“
Lasciò cadere il libro a terra, terrorizzato. Poi lo riprese, con mano tremante, e lo infilò dentro ad una sacca. Ritornò nella stanza dove aveva lasciato Yohann e il ragazzo della scientifica con una faccia cupa. Avrebbe voluto rivelar loro tutto, ma intuì che l’assassino aveva lasciato quel libro solo per lui. Yohann capì subito che fosse successo qualcosa, ma l'altro, impaziente, disse - Trovato quel che cercavi? -
- No, mi sbagliavo. Ora è meglio che tu ritorni dal tuo capo. Ti starà cercando. - rispose serio l'ispettore.
- E se noi due andassimo a fumarci una sigaretta fuori? Per passare il tempo, dobbiamo ancora aspettare che i signori Matisse rientrino, erano fuori per lavoro. - propose Yohann. Mathias annuì poco convinto. Forse però una sigaretta era proprio quello di cui aveva bisogno.

Uscirono tutti dalla stanza, poi i due poliziotti scesero le scale e si diressero verso l'esterno della casa. Un vento fresco inebriò le loro narici e la luce dell'alba illuminò i loro volti.
- Abbiamo passato tutta la notte qui - osservò Yohann.
I primi giornalisti iniziavano ad arrivare a piccoli gruppi. Telecamere, microfoni, macchine fotografiche li circondarono in poco tempo, ansiosi di catturare la notizia del giorno. Mathias li cacciò con un semplice "No comment". E mentre stava per accendersi un'altra sigaretta, se ne accorse. Due occhi di ghiaccio lo stavano osservando. Una donna bellissima, dal fisico esile, la carnagione chiara, i capelli rossicci e mossi che le ricadevano sulle spalle. Teneva in mano un piccolo block-notes e scriveva. Gli sorrise. La prima impressione di Mathias fu quella che una donna del genere gli avrebbe portato solo guai.

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Capitolo 3
*** Inizia a correre ***


Il giocattolo rotto
3. Inizia a correre

Verso le otto del mattino arrivarono i signori Matisse, proprietari della casa. Mathias e Yohann osservarono la scena dalla finestra della cucina, mentre bevevano l’ennesimo caffè. Un grosso suv nero entrò a tutta velocità nel vialetto della villa e si fermò appena davanti all’ingresso. La portiera del passeggero si aprì violentemente e Ambre Matisse uscì dalla macchina, raggiunta subito dopo dal marito. La donna aveva sul volto i segni di una notte insonne e la preoccupazione era visibile nei suoi occhi. In quanto all’antiquario, non sembrava particolarmente sconvolto. I due entrarono nella casa accolti da due poliziotti della scientifica che li informarono dell’accaduto. Mathias non dimenticò mai la scena che vide quel giorno.
La povera signora riuscì a percepire appena poche parole, come “rapina”, “morte” e“domestica”, prima di scagliarsi contro il marito urlando a squarciagola e colpendolo con dei pugni al petto. Tutti i presenti furono sorpresi dalla reazione della donna. Ma nessuno di loro poteva capire il dramma che si stava preparando ad affrontare quella famiglia.
Ad un certo punto, quando la donna si fu sfogata, qualcuno le disse che dovevano controllare se mancava qualcosa oltre ai gioielli della cassaforte. Ambre fece per parlare, ma la sua voce si spezzò in gola e lei riprese a singhiozzare. Al suo posto parlò Robert Matisse, che fino a quel momento era rimasto in silenzio: - Non manca niente qui. Solo… solo… - prese fiato prima di finire la frase, come se ciò gli costasse uno sforzo enorme – solo nostro figlio. – E in quel momento la signora Matisse perse i sensi.
Yohann chiamò immediatamente un’autoambulanza e la maggior parte dei presenti assistettero la povera donna. Mathias invece, mantenendo i nervi saldi nonostante la notizia appena appresa, condusse l’antiquario in un’altra stanza per parlare da solo con lui. E non una stanza qualsiasi, ma la camera da letto del bambino.

Si sedettero sul letto del figlio e per una buona mezz’ora Mathias ascoltò in silenzio le lacrime di Robert, che fino a quel momento avevano faticato ad uscire. Nessuno li venne a disturbare o si curò di loro. Rimasero lì, senza dirsi una parola. Quando in lontananza si udì il rumore della sirena dell’autombulanza, attutito dai vetri spessi della camere, il signor Matisse si decise a parlare: - Perché Mathias? La vita non mi darà un’altra possibilità. Ho sbagliato tutto. Due volte. Non sono degno di fare il padre. - Mathias, abbracciò l’uomo con tutta la forza che aveva e sussurrò al suo orecchio: - Non hai sbagliato niente. Prometto che te lo riporterò. Vivo. - Sul viso dell’uomo si dipinse un sorriso ironico - Ti prego Mathias, so meglio di te come vanno queste cose. Non fare promesse che già sai di non poter mantenere. –
E la cosa peggiore era che Robert aveva ragione. Un assassino che si diverte a sfigurare una povera donna, può mai provare pietà per un bambino? Probabilmente si trattava di un malato, di un sadico e anche lui, nel profondo del suo cuore, non credeva alle sue stesse parole. Ma avrebbe rischiato la sua vita, pur di riportare il bambino a casa.
-Cosa avete trovato?- la voce del signor Matisse lo scosse dai suoi pensieri. - Scusa, Robert, ma le indagini sono appena iniziate e io non potrei... – non finì la frase perché la riteneva fuori luogo, ma quella era la prassi. - Allora significa che non hai bisogno di me … - si alzò bruscamente dal letto e fece per dirigersi verso la porta, ma tempestivamente l’ispettore lo bloccò. – No! Si tratta di tuo figlio, hai tutto il diritto di sapere. Sono uno sciocco, perdonami. – si schiarì la voce prima di continuare, mentre l’altro stava riprendendo posto accanto a lui – Vedi, è tutto complicato. All’inizio sembrava una rapina ed infatti la vostra cassaforte è vuota. Tutti hanno pensato che la domestica si trovasse lì per puro caso e che i ladri l’abbiano uccisa per non avere testimoni. La realtà dei fatti è risultata ben diversa. Chi è entrato in questa casa aveva l’unica intenzione di uccidere, e non di rubare qualche gioiello come ci voleva far credere. –
- Quindi tu pensi che la rapina sia stata solo un diversivo? – chiese esitante l’antiquario.
- Ne sono certo. – rispose seccamente l’ispettore. – Ma c’è di più. La domestica… - Robert lo interruppe – Pari, si chiamava Pari. –
- Va bene, possiamo dire che l’assassino si è divertito con Pari prima di ucciderla. – disse tutto d’un fiato. In questi casi odiava proprio il suo lavoro. Sperava che Robert non facesse altre domande. Ma naturalmente, non fu così.
- Non capisco … si è divertito? – chiese perplesso l’uomo.
- Sì insomma … a quanto pare abbiamo a che fare con una personalità piuttosto strana perché … il viso della domestica – l’altro gli lanciò un’occhiataccia – sì, di Pari, è stato ritrovato completamente sfigurato e all’interno della sua bocca mancava qualcosina. Beh, non proprio qualcosina … le ha tagliato la lingua. Poi c’è la questione del ventre, dove l’assassino ha lasciato un segno. Una “x” fatta di sangue. – il padrone di casa a udire queste parole getto gli occhi al cielo e si coprì la bocca con le mani – Mon dieu, mon dieu, mon dieu … - continuava a ripetersi tra sé e sé. Mathias lo fissò attentamente mentre l’uomo continuava la sua cantilena. Sembrava un uomo vecchio, molto di più rispetto alla sua effettiva età, e stanco, come gli operai che hanno trascorso tutta la loro vita chiusi in una fabbrica. La debole luce che filtrava dalle finestre attraverso le spesse tende e illuminava per metà la stanza permetteva di scorgere ogni particolare del suo volto. Le rughe, le occhiaie, i capelli e le sopracciglia ormai bianche, i muscoli della sua possente mascella, persino le minuscole cicatrici dell’incidente di quella notte … Mathias ordinò ai brutti pensieri di lasciarlo in pace.
- Avete almeno qualche pista? – chiese l’antiquario improvvisamente.
- No, in realtà no, è per questo che… - ma l’altro iniziò ad urlare – Non avete un sospetto? Neanche uno straccio di prova? Ma è il vostro lavoro! Mio figlio è nelle mani di un pazzo e voi non sapete da che parte iniziare? – Mathias fu costretto a sua volta ad urlare per sovrastare la voce del signor Matisse – Aspetta! Non ho finito! Fammi parlare! – lui si calmò ed annuì debolmente – La scientifica non ha trovato nulla. Qualcuno ha ripulito tutto prima di andarsene. Significa che l’assassino, o gli assassini, sapevano di aver tanto tempo a disposizione perché i padroni di casa erano in viaggio. Ma evidentemente non si aspettavano di trovare una domestica e il figlio dei proprietari in casa. Non rientrava nei loro piani. –
- E’ perché uccidere Pari in un modo così brutale? E il mio piccolo Léo? Perché l’hanno portato via? Come fai ad essere sicuro che siano più persone? – domandò a raffica.
- Procediamo per gradi. Alla prima domanda ancora non so rispondere, ma credo che l’autopsia ci chiarirà molti dubbi. Probabilmente Léo è stato rapito per avere un riscatto e per ultimo, non credo che una sola persona sia capace di architettare e compiere tutto questo. Hai nemici, qualcuno che ti ha giurato vendetta? – chiese Mathias.
- Siamo a Parigi, ragazzo. Persino il mio postino mi ha giurato vendetta, come dici tu. Sono un uomo importante nella capitale e ho tanti rivali, ma non credo che nessuno di loro possa spingersi a tanto. – rispose Robert.
- Sono convinto che si tratta di qualcuno che ti conosce bene. E conosce bene me. E che probabilmente sa dell’incidente. – azzardò l’ispettore.
- Cosa ti spinge a pensare a questo? – commentò pensieroso. - Lo so, lo so, perché … - prese il libro dalla sacca e strappo la prima pagina e la porse all’uomo. Aveva deciso di non mostrarlo a nessuno, ma per lui poteva fare un’eccezione. D’altronde il biglietto diceva esplicitamente “Salutami l’antiquario quando lo vedi” quindi era obbligato a metterlo al corrente di quel piccolo segreto.
Robert lo lesse tutto d’un fiato e quando ebbe finito un’espressione indecifrabile comparse sul suo volto.
- Lui sa. – disse semplicemente.
- O loro sanno. – lo corresse Mathias – l’ho trovato sulla prima pagina di un libro, nella stanza da letto dov’è stata ritrovata Pari. Nessuno lo aveva ritenuto un particolare importante e invece al momento è l’unica prova che abbiamo. –
- Di che libro si trattava? – chiese l’antiquario.
- Un libro molto vecchio e consumato. Il titolo era quasi illeggibile, ma io sono riuscito a capirlo: La caccia al tesoro. – spiegò l’ispettore.
- Non ho mai letto né tantomeno comprato un libro del genere. – si alzò di scatto e andò ad affacciarsi alla finestra. Anche Mathias si alzò ma si diresse verso l’uscita – Abbiamo finito per ora. Adesso vai a trovare tua moglie in ospedale, ha bisogno di te. –
Sull’uscio, la voce del signor Matisse lo bloccò – Léo ha poche speranze. Sarà una corsa contro il tempo. Inizia a correre, Mathias. -
L’ispettore non si voltò a guardarlo, ma proseguì per la sua strada come se non avesse sentito .E invece quelle parole gli si impressero nella mente e, lui non poteva ancora saperlo, non sarebbe stato facile mandarle via.

Al piano terra lo stavano aspettando Yohann e un ragazzo della scientifica. Il poliziotto si diresse subito verso Mathias, non appena lo vide, con un’espressione piuttosto adirata.
– Ma sì, prendiamocela con comodo, sono solo più di quattro ore che siamo qui! –
-Yohann stavo chiedendo a… - l’altro l’interrupe – Per fare due domande non ci vuole tutto questo tempo, neanche per gli interrogatori dei criminali peggiori! Adesso dovremo attraversare tutta la città e se arriveremo in ritardo sarà solo colpa tua! Tua, Mathias! –
- Calmati, amico. Mi assumo tutte le responsab… Aspetta, dov’è che dobbiamo andare? – chiese il giovane.
- In commissariato! So che la tua testa è già altrove, ma ti ricordo che fin quando sei in questi confini hai un superiore a cui ubbidire! – continuò alterato Yohann.
- Va bene, ora usciamo, prendiamo la tua macchina… - l’altro rispose con un’occhiataccia e Mathias subito aggiunse – guido io così non ti stanchi e speriamo di arrivare il più presto possibile.D’acord?
- D’acord. – rispose con aria indifferente.

Lasciarono insieme il luogo del delitto e in poco tempo arrivarono sotto casa di Mathias. Non si scambiarono una parole. “Certo che Yohann è proprio un osso duro” pensò.
La macchina di Mathias era una lussuosa Maserati Granturismo nera. Di certo un normale poliziotto con il suo misero stipendio non avrebbe mai potuto permettersela. E infatti quello era un regalo paterno, un tentativo di convincere il proprio figlio a lasciare il sogno di entrare in polizia e diventare invece un ricco banchiere. Se in quel momento Yohann era seduto affianco a lui, significava che suo padre non era riuscito nell’intento. In più, erano soldi sprecati, dato che lui odiava guidare. Perciò Mathias ne approfittava sempre.”Non capita tutti i giorni di poter sfrecciare tra le vie parigine con una Maserati” si ripeteva continuamente.

Il viaggio non fu specialmente movimentato. O divertente. O qualsiasi altra cosa.
Bloccati nel traffico della capitale, i due si limitarono a scambiarsi le informazione relative al caso. Mathias apprese che non c’era alcuna novità sull’autopsia della giovane domestica, né alcuna chiamata da parte dei rapitori del bambino. Insomma, la mattinata era stata un’inutile perdita di tempo.

Quando finalmente giungerso a destinazione, Margot Colin, il commissario, li aspettava sulla soglia dell’edificio. La donna li vide arrivare da lontano e si apprestò a scendere le scale. – Finalmente siete arrivati! Non vi avrei mai affidato questo caso se avessi saputo di dover aspettare tutto questo tempo. –
- Mea culpa. – disse Mathias mettendosi una mano sul cuore.
- Informatemi.- disse seccamente la donna.
I due gli raccontavano tutto quello che erano riusciti a capire, cioè un bel niente, e la pista che pensavano di seguire. Mathias ovviamente omesse il piccolo particolare del biglietto destinato a lui e all’antiquario. Lo avrebbe rivelato solo in condizioni estreme.
Dopo un quarto d’ora in cui stettero a parlare su come procedere per le indagini, il commissario disse di dover andare via per svolgere una commissione urgente. Prima di andarsene però, si avvicinò all’orecchio di Mathias e bisbigliò: - Stasera hai qualche impegno? Vorrei discutere con te del tuo trasferimento… - Mathias divenne rosso in viso – Sì… cioè no… Margot è inutile, non mi farai mai cambiare idea. – disse imbarazzato.
-Tu intanto passami a prendere alle otto. – gli diede un bacio sulla guancia e se ne andò, sotto lo sguardo divertito di Yohann.

- Adesso vado anche io. Devo fare… -
- Devi preparati per l’appuntamento di stasera assolutamente professionale e che non finirà per nessuno motivo al mondo in un letto con il tuo capo? – lo scimmiottò l’amico.
- Yohann, smettila. Sai che non posso rifiutare. Tanto tra una settimana io me ne andrò e tu diventerai la sua nuova preda. – affermò Mathias.
- La nostra cara Margot ha occhi solo per te… - continuò l’altro.

Mathias si allontanò infastidito senza neanche salutare Yohann, che almeno sembrava meno arrabbiato di prima. Oppure era troppo divertito dalla scena a cui aveva assistito per ricordarsi il motivo del loro litigio. Era comunque un notevole passo avanti.
Non appena girò l’angolo andò a sbattere contro qualcuno a cui caddero diversi fogli per terra. Si abbassò per prenderli, ma quando alzò lo sguardo per restituirli e chiedere scusa incontrò di nuovo quegli occhi di ghiaccio che l’avevano rapito quella stessa mattina. Senza pensarci due volte, aiutò la ragazza a rialzarsi e si presentò: - Piacere Yohann, devi scusarmi ma andavo di fretta e non ti ho visto. –
- Il piacere è mio. Mi chiamo Lara. – disse, abbozzando un lieve sorriso e pronunciando quella frase con un accento piuttosto buffo.
- Lara, non sei francese vero? – chiese da gentiluomo l’ispettore.
- No, vengo dall’Italia.- rispose con un filo di voce la donna.
- Allora Lara, se mi scusi io dovrei pr… - non ebbe il tempo di terminare la frase – Sei libero stasera? – chiese timidamente.
“No Mathias, hai un appuntamento con il tuo capo e non puoi darle buca. Questa ragazza è per di più una sconosciuta, non puoi andare a cena con una sconosciuta.” si ripetè mentalmente. Ma non bastò.
Perché c’era qualcosa in quella ragazza, nel suo sguardo, nella sua bocca, nel suo atteggiamento, qualcosa di misterioso, di magnetico. E lui era un ispettore, non spettava a lui risolvere i misteri?
Senza rendersene conto annuì con la testa. – Bene, questo è il mio numero. – gli porse un bigliettino – Chiamami quando vuoi. – e continuò per la sua strada senza voltarsi indietro.

Mathias rimase impietrito con quel fogliettino in mano, incapace di dire, fare o pensare qualunque cosa.

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