hell.

di afewmistakesago
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologue - arielle. ***
Capitolo 2: *** him&her. ***
Capitolo 3: *** words will be just words. ***



Capitolo 1
*** prologue - arielle. ***



         blondine


Arielle 
(prologue).


'free and forced '
 


Arielle sapeva sbucciare una mela, camminare con dei libri in equilibrio sulla testa, parlare correntemente il francese e suonare al piano forte tutte le sinfonie di Beethoven. La domenica assisteva spesso ad alcuni spettacoli di Shakespeare e sotto la doccia recitava sempre tutte le parole del dizionario dalla ‘a’ alla ‘d’.
Arielle ogni mattina mangiava una fetta di torta alle mele, sua preferita, e già sapeva che dopo il diploma avrebbe studiato legge al college.
Arielle ogni pomeriggio dopo i compiti di scuola veniva accompagnata dalla madre al conservatorio. Lì si esercitava per ore, in una stanza con solo un piano a coda, poi la domenica doveva esibirsi davanti alla famiglia e mostrare i progressi fatti durante la settimana.
La sera, Arielle, leggeva nella sua camera sempre le stesse pagine di Orgoglio e Pregiudizio, era solita spingere con un dito gli occhiali grandi e neri che pendevano sul naso, e spegneva la luce della sua abatjour sempre alla stessa ora.
Arielle portava sempre i capelli legati con un fiocco, in una coda bassa.
Arielle ripiegava sempre la camicetta color pesca nei jeans a vita alta e indossava sempre le Clarks di camoscio beige che suo padre le aveva regalato a Natale.
Arielle sedeva con la schiena rigida e le mani posate sulle ginocchia, quando ogni venerdì le amiche di sua madre si riunivano in salotto per bere il the. Sorrideva educatamente e non interveniva nelle conversazioni.
Arielle concordava con i genitori quando dicevano che delle ragazze della sua età dovessero concentrarsi sulla cultura e sul futuro, e che non potevano permettersi di stare dietro a sciocchezze come trucchi o fidanzati.
Ma Arielle non era libera, ed era l’unica cosa che desiderava. Aveva accantonato troppi sogni e, forse, non si sarebbe mai decisa a realizzarli.

Avrebbe voluto un’altra identità, forse un doppia.
Per non deludere nessuno.



 Arielle.






Hola pipol :)
ecco il prologo della mia seconda long *si commuove* 
eeeh, che dire? è abbastanza anonimo, lo so, ma è importantissimo ogni particolare di Arielle (che si legge Arièll).
Interpretata, poi, dalla bellissima Taylor Swift, che secondo me è perfetta per questo ruolo.
Allora, introducendo un po' la storia,  posso dire che è abbastanza particolare e, poi non so se è così, ma non mi sembra di 
avere mai letto un cosa del genere. Ne vado abbastanza fiera, di questa idea. 
Una cosa importante da dire è che forse, dico forse, non ci sarà una stroia d'amore .. so che la volete, ma è un po' noioso scrivere
sempre delle stesse cose no? Anche perchè poi sembra che si voglia avere solo rapporti amorosi con il personaggio
famoso in questione, anche se, in realtà, solo conoscerlo sarebbe una fortuna, a parer mio.
Spero di aver suscitato un po' di curiosità in voi, spero che questa fan fiction avrà ancora più successo della prima, e di non deludervi. 
Sinceramente non ho ancora pensato quanto sarà lunga, ma penso non troppo. 
ppoi, pubblicità:
ho scritto una mini oneshot a cui tengo troppo, si chiama Overdose d'amore e, a meno che non abbiate i pollici in cancrena,
vi supplico di leggere e commentare.
Per chi non lo avesse ancora fatto, ho pubblicato il decimo capitolo di Emotion are messy e, a chi la segue, vorrei dire che non la trascurerò, 
anzi è in arrivo una specie di colpo di scena.
Ho anche altre due oneshot, in cui ho messo l'anima: And i miss you e I'm (br)ok(en). 
Fatemi sapere, un bacio. 
Martina :)


ps. dovrebbe arrivare presto un banner ahah 


@ladykiIIer su twitter, si ho cambiato nick (mi raccomando le I).


 

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Capitolo 2
*** him&her. ***




 xheimalik 




Him&Her.
(1.)

 

'and girl you and I,

we're 'bout to make some memories tonight'





Quella mattina la professoressa Hill entrò nella sua amata aula di Psicologia con ampio ritardo.
L'auto non partiva, perse la metro e litigò per almeno cinque minuti con la macchinetta del caffè che, come al solito, non voleva darle il resto.
Il frastuono degli alunni era così elevato che solo in pochi videro e sentirono la grassa insegnante inciampare nei mocassini arancioni, prima di arrivare alla cattedra. Sospirando rassegnata dalla mancata attenzione, firmò il registro e lo sfogliò annoiata.
La prima ora del lunedì mattina era la più dura in assoluto, e si sentiva un bambina a sbadigliare più frequentemente dei suoi allievi svogliati.
Nella classe si era ristabilito un certo ordine quando la mano rugosa della Hill si passò tra le mani il gesso bianco, lo posizionò tra pollice e indice e scrisse.
“Lui&Lei” lesse Louis in un sussurro.
Tirò una leggera gomitata al biondino accanto a lui, che per poco non dormiva.
“Niall, Lui&Lei” si lamentò ancora; in risposta l’amico farfugliò qualcosa di sicuramente poco casto su una certa Marylin di terzo, che lo fece amareggiare ancora di più.
Louis lo aveva sempre odiato quello stupido progetto del quale, poi, non capiva proprio l’importanza. L’anziana Hill ripeteva ogni hanno che fosse un ottimo esercizio di comunicazione e che valeva la pena ‘divertirsi’ per cinque mesi con la ricompensa di un posticino nell’annuario.
“Ritirerete le informazioni sul vostro compagno in segreteria” disse come fosse un ordine “il prima possibile”.
Passò velocemente il cancellino polveroso sulla scritta bianca che sparì subito, poi prese a parlare di Freud.
Louis estrasse il libro dallo zaino rovinato e, per il resto dell’ora, scarabocchiò gli angoli ingialliti delle pagine.
Al suono della campanella gli toccò svegliare Niall, che ormai stava anche sognando, per trascinarlo a Biologia.
Nei corridoio si respirava la classica aria scolastica: armadietti aperti, bacheche strapiene di volantini inutili, che riempivano i muri tinteggiati di un giallo tenue e studenti indaffarati che si spostavano frequentemente da un’aula all’altra.
Prima di entrare nella classe dell’ora dopo, Louis e l’amico, vennero intrattenuti da una strana ragazza che parvero conoscere.
Si era avvicinata quasi saltellando e rivolgendo un sorriso tiratissimo aveva intavolato una noiosissima conversazione, comprendente anche squallide battute a cui rideva da sola.
“Chissà se capitiamo insieme anche quest’anno, Louis!” lo guardò accuratamente “sarebbe divertente, no?”.
Aspettò che il ragazzo annuisse e, richiamata dal suono della campanella, schizzò nella prima porta che trovò.
Ecco uno dei motivi per il quale Louis odiava quel progetto: non sapevi mai con chi saresti capitato.
In primo anno era in coppia con quella rossa e magrolina, quella che aveva sempre maglione e scalda muscoli coordinati, quella che lo aveva avvicinato prima. Era spaventosamente noiosa, isterica e tutti a scuola erano ormai convinti lei avesse una cotta sproporzionata per Louis. Forse era per questo che ogni anno, appena annunciato l’inizio del progetto, lei lo raggiungeva e recitava il suo triste teatrino.
“Amico tutte tu” sghignazzò Niall, mentre lui si dimenava sulla scomoda sedia dell'aula di Biologia.
“Peggio di quella, nessuna” rispose a tono.






Arielle camminò svelta verso la segreteria, che pullulava di gente, senza staccare mai il naso dal libro che stava leggendo.
Aspettò il suo turno, inebriandosi dei dolci versi che Dante dedicava alla sua Beatrice.
Un colpo di tosse le fece chiudere lo spesso libro con uno scatto veloce, per poi farglielo riporre nella cartella.
“Mi servirebbe conoscere il nome del corrispondente Lui, del progetto di Psicologia, di Arielle Hamilton” compose la frase con estrema risolutezza.
La giovane segretaria abbassò il viso sullo schermo e le dita picchettarono per qualche minuto sulla tastiera del vecchio computer. Aveva la pelle rosea, i capelli gialli con un’evidente ricrescita scura e gli occhi vitrei. Le iridi erano contornate da un intenso strato nero, mentre il centro era celeste con striature bianche. La pupilla era grigio sporc e sembrava non riuscisse davvero a vedere Arielle. Ma in realtà la scrutava, lo vedeva dalla posizione del viso e dagli angoli della bocca, curvi verso il basso.
“Ecco a lei” fece scivolare il post it verde sulla scrivania e chiamò il ragazzo successivo.
Arielle prese tra le mani il foglio e lo spiegò per leggere. C’erano un numero di telefono, un indirizzo, la classe e il nome.
Ripose i contatti nel diario, abbottonò il cappotto di lana grigia e sistemò la sciarpa su bocca e naso.
Fece pochi metri nel parcheggio della scuola e poi salì sull’auto di sua madre, che l’aspettava da un po’.
“Dove ti eri cacciata, ma petit?”  le chiese coperta dal ruggito del motore che si accendeva “mi stavo preoccupando”.
Maman, sto bene. Dovevo solo chiedere in segreteria il nome del mio compagno per il progetto Lui&Lei, ricordi?”.
“Uhm e chi ti è capitato?”
“Uno di quinto, mai visto in giro” rispose pensierosa.
“Stai attenta, ma chérie” un cipiglio preoccupato infastidì Arielle.
Momie, devo passarci solo un pomeriggio” si lamentò nei limiti nei quali le fosse permesso.
La signora Hamilton parcheggiò nel vialetto e incoraggiò sua figlia a salire in casa, lei avrebbe preso la spesa e l’avrebbe raggiunta.
Arielle si chiuse in camera e studiò. Rivide sua madre per un breve pranzo e quando fu l’ora di andare al conservatorio.








Louis aveva deciso che sarebbe andato a cercare lasua ragazza durante la pausa pranzo.
Harry, suo amico del quarto anno, aveva raccolto notizie per lui e non c’era nulla di positivo nelle sue conclusioni: noiosa, secchiona, francese, parla poco.
“Non ci si può ritirare dai corsi di psicologia, Louis” sbuffò Harry.
“Devo trovare un modo” sbattè la testa contro il muro scritto degli spogliatoi maschili “Devo trovare una via d’uscita”.
“Prova a chiedere alla Hill se si possono cambiare coppie” provò il riccio mentre allacciava gli scarpini.
“Già provato. Mi ha cacciato dalla sala professori urlando che non sarei mai diventato un buon sociologo” fece una smorfia. “Ma chi cazzo ci vuole diventare? Mi sono iscritto a psicologia perché speravo di poter dormire un po’ sul banco” fece ridere l’altro ragazzo “Non lo voglio un futuro così” concluse deciso.
“Portatela a letto, no?”
“Si, magari è anche vergine Harold” lo rimproverò “O solo racchia”.
Gli diede un pugno sulla spalla, spronandolo a raggiungere il resto della squadra di calcio già in campo.
Un'ora dopo uscì dagli spogliatoi con i capelli ancora un po’ bagnati, la borsa che gli pendeva su un fianco e gli scarpini consumati al collo.
Estrasse dalla tasca dei jeans bassi un angolo di foglio accartocciato e avanzò nei corridoi, cercando la classe giusta.









Una mano delicata toccò la sua spalla, lei alzò lo sguardo chiaro dal quaderno e si voltò. La sua amica Lydia era in piedi accanto a lei e le sorrideva.
“Mangi qualcosa con me?” domandò cortese.
“No grazie. La Thomson interroga su i promessi sposi.” deglutì “Devo ripassare”. 
Tornò a leggere in silenzio. Ormai era sola in classe e, a dir la verità, si spaventò un po’ quando lo stridio di un banco riecheggiò nella camera vuota. Si agitò sulla sedia e punto gli occhi su un ragazzo appena dopo l’uscio.
“Sai dove posso trovare Arielle Hamilton?” sorrise l’altro ragazzo con gli occhi glaciali.
“Perché?” la bionda si alzò in piedi, si appoggiò al banco e incrociò le braccia sul petto.
“Lui&Lei” rispose “Allora la conosci?”.
“Mh sono io” accennò un sorriso.
Louis si sentì sollevato. La sovrastava in altezza, era minuta e a suo agio in un maglione con un taglio semplice; i capelli biondi erano legati ordinatamente in una coda che le ricadeva sul seno desto, sui grandi occhi blu non c’era un filo di trucco e i lineamenti del viso erano dolci.
“Comunque si legge Arièlle” lo riprese marcando l’accento sulla prima ‘e’.
“Oh, giusto.” prima pessima figura “E’ francese, dimenticavo”.
“Come lo sai?” si incuriosì la ragazza.
“Si parla anche di te in questa scuola” lui non riusciva proprio a decifrare la sua espressione.
“Si parla di tutti in questa scuola”. Due a zero per la francesina.
“Mangiamo qualcosa insieme?” chiese con gentilezza il moro, per rompere il silenzio tagliente.
“Niente da fare, ho l’interrogazione di letteratura dopo” la campanella suonò in aiuto di Arielle “Ci si sente Louis”.
Uscì sorridendo e lasciò il ragazzo a pensare quanto fosse fico il suo nome con l’accento straniero.



 

 ....swift, bitches.



I'm back, people bkjhvf .
Come state? Siete ancora vivi? ahahah no dai, il mio ritardo è dovuto solo al numero di recensioni nel prologo.
ecco, volevo aspettare che almeno una decina di persone lo leggessero, quindi ringrazio le 14 meraviglie che lo hanno recensito :')
anyway, il capitolo? so che non ve lo aspettavate un incontro del genere hehe
e so anche che forse non ci avrete capito nulla di questo famoso progetto, ma è tutto calcolato (sese). 
ah, colgo l'occasione di precisare che questa long sarà completamente diversa di ogni mia storia mai scritta :) 
direte "finalmente qualcosa di non depresso" hahahah, ci sarà da ridere non vi preoccupate. 
vi fartò scoprire una 'nuova' me, promesso kjbhv. 
giusto un'altra cosa: le recensioni. 
allora, io apprezzo tutto quello che mi dite, ma non me ne faccio niente di chi mi dice solo 'bellissimo *.* continua', perchè dovrei sapere 
cosa c'è che non va in quello che scrivo e cosa vi spinge a dire che sono brava (gbihvjfc).
colgo l'occasione per spronare i lettori silenziosi (so che ci siete!). vi prego di sprecare solo un minuto della vostra esistenza 
per dirmi che ne pensate. 
mh, a sì sono molto grata a tutte quelle ragazze che continuano a seguirmi nonostante i commenti non sempre positivissimi (?) alle loro storie. 
si tratta di essere maturi, grazie mille. 
aaah, visto che mi chiedete di passare da voi ma io mi scordo sempre, ho deciso di farmi una lista di persone dalle quali passare lol
scrivetemi 'mettimi nella lista' e state certi che, prima o poi, passerò cc: 
per chi aspetta il 13esimo di emotions are messy, abbiate fete ce l'ho tutto in testa e presto arriverà. 
più che alle storie mi sono dedicata alla bio (di efp) in questo periodo, lol *si nasconde*
cciao gente bellissima,
Martina :)

ps. la didascalia è ovviamente presa da live while we're young c': 


@ladykiIIer on twitter, contattatemi se vi va! 



 

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Capitolo 3
*** words will be just words. ***





Words will be just words
(2.)



 

Louis a scuola non ci voleva andare, proprio no. Non quella mattina almeno.
La sveglia aveva scombussolato il suo sonno, fin troppo; la maglietta, quella rossa che piaceva a lui, era ancora bagnata e il caffè, diamine il caffè, era finito.
Alla fine ci era arrivato a scuola, con le occhiaie evidenti e la maglia grigia, triste, ma ci era arrivato. Appena entrato si catapultò nel bagno dei ragazzi, sciacquò il viso insistentemente, come per togliersi dagli occhi quel fumo denso e grigiastro che sporcava ogni mattina il cortile dell'edificio, poi si guardò allo specchio e si impose di non sembrare un cadavere con un cuore scalpitante. L'sms di Zayn, poi, di sicuro non gli aveva migliorato la giornata: quell'idiota del suo migliore amico aveva deciso di saltare le lezioni, ancora, e Louis erano mesi che pregava Dio affinché non lo steccassero.
Sarebbe stata una giornata lunga, decisamente, e a Louis sudavano già le mani.






Arielle non lo sapeva come si sentiva quella mattina. Andare a scuola era un'azione meccanica, come il conservatorio, come il teatro e il rispetto delle regole rigide della sua famiglia. Se ad Arielle chiedevi perché andava a scuola, lei, rispondeva 'perché così si fa', non perché mi costringono e non perché è costruttivo. Come quando da bambini ti insegnano che si esce dall'acqua quando sui polpastrelli si formano le grinzette, ecco, si fa perché lo hai sempre fatto. Ad Arielle nessuno ha insegnato ad amare sopra ogni cosa, però le hanno inseganto che le parole sono troppo importanti per non soppersarle. Quindi lei ci pensa prima di parlare, ci pensa molto e troppo e sbaglia e poi ci ripensa ancora.
Da bambini ti insegnano ad essere grandi: come ti senti, se ti va di farlo o no, be non interessa a nessuno.



 
Quelle prime ore erano passate velocemente e senza imprevisti. Lo stava raccontando Lydia mentre Arielle sfogliava un libro, seduta con compostezza in mensa. Le due "amiche", anche se Arielle preferiva l'etichetta "compagne di studio", si erano riunite all'ora di pranzo per raccontarsi aneddoti più o meno divertenti delle poche ore che non avevano in comune. Lydia era una ragazza allegra, che parlava sempre con l'entusiasmo giusto per l'argomento che trattava, perciò l'altra si preoccupò quasi quando smise di parlare tutto d'un colpo. Osservò i suoi occhi che si erano dilatati leggermente e che si muovevano rapidi, poi si voltò e vide un Louis Tomlinson e un Niall Horan che si dirigevano a passo spedito verso il loro tavolo.
Lydia si chiese cosa si stessero dicendo, ignorando totalmente la possibilità che il moro stesse pregando l'amico di non lasciarlo solo. Patetico.




 
Louis si sedette con disinvoltura accanto ad Arielle, che fece finta di non notarlo e continuò a leggere Il Giovane Holden, finché lui non si schiarì la gola. "Arielle" e quasi sussurrò per non sbagliare pronuncia "ciao" e acquistò sicurezza, incoraggiato dal bel sorriso spuntato sul volto della ragazza. "Ciao Louis" chiuse il libro e fissò quegli occhi cerulei nei suoi altrettanto chiari. Pensò, poi, che appena tornato a casa quella sera avrebbe ringraziato sua madre, per avergli dato quel nome così perfetto per quelle labbra rosee.
Niall, nel frattempo, mangiava con gli occhi Lydia. Era una ragazza con i capelli mossi e castani, dello stesso colore degli occhi da cerbiatta. Le labbra erano carnose e le guance tinteggiate dall'imbarazzo del momento. Lui non si presentò nemmeno e per lei fu okay, le andò bene finché smise di guardarla e abbandonò il tavolo.



 
"Carina vero?" Ammiccò Louis all'amico, quando ormai furono abbastanza distanti dalla mensa.
"Meravigliosa" senza un minimo di imbarazzo, poi gli offrì una sigaretta come se fosse la cosa più normale dell'intero mondo. Camminarono verso il cortile, per godersi quegli ultimi cinque minuti di pausa che gli erano concessi.
"Tu con Arielle?" e Louis lo corresse, spostando l'accento sulla vocale giusta.
"Ci vediamo oggi dopo scuola, dice che faremo presto" e intanto pensò a quanto fosse impossibile conoscere una persone in un pomeriggio solo "meglio così" aggiunse per concludere. La campanella suonò, si alzò spolverandosi gli skinny jeans che indossava. "Algebra?" domandò al biondo, che lo guardò spaesato "Merda, non studio da mesi! Ci vediamo domani amico” , e che detto ciò scomparve verso la palestra.
Algebra mh, neanche lui la studiava da mesi ma, Louis , il vigliacco non lo voleva fare. Entrò in classe, si sistemò e pregò che andasse tutto bene. Si promise che avrebbe recuperato ogni argomento, ma sapeva che non l'avrebbe fatto finché non sarebbe arrivato il 4 all'interrogazione.




Poi altro che equazioni, in testa aveva solo un pensiero: l'incontro che a breve avrebbe avuto con Arielle.
La curiosità lo mangiò vivo per tutta l'ora seguente.
Com'era lei davvero? Chi?
Arielle era tutte le parole che non aveva detto.
Fine

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