Neverland

di oO_Keira_Oo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I sogni di una bambina ***
Capitolo 2: *** Ricordi di Sogni ***
Capitolo 3: *** Londra e Neve ***
Capitolo 4: *** Vecchie Conoscenze ***
Capitolo 5: *** Yo ho! Yo ho! E una bottiglia di rum! ***
Capitolo 6: *** Orsetti, Monete e Incontri inaspettati ***
Capitolo 7: *** Ti fidi di uno sconosciuto? ***
Capitolo 8: *** La Festa dei Fuochi ***
Capitolo 9: *** La storia del vecchio Hummat ***
Capitolo 10: *** I Giochi dei Fuochi ***
Capitolo 11: *** Notte Di Luna ***
Capitolo 12: *** Il lato oscuro dell'isola ***
Capitolo 13: *** La verità. Parte I: Evelin's Port ***
Capitolo 14: *** Nota Autore ***
Capitolo 15: *** La verità. Parte II: The End - Epilogo ***
Capitolo 16: *** Nota Autrice n.2 ***



Capitolo 1
*** I sogni di una bambina ***


Neverland


Ho sempre cercato la magia, poi un giorno, inaspettatamente, lei è venuta a trovarmi.

La sera era fredda, come molte altre a Londra d’inverno. Nulla era speciale, né diverso dalle altre sere: c’erano gli uomini che tornavano dal lavoro ansiosi di riabbracciare le loro mogli; c’erano gli ubriaconi nei pub che cantavano allegramente; le famiglie riunite a cena; e poi c’era la torre dell’orologio, con il suo instancabile ticchettio, che segnava le nove di sera.
In una casa poco lontana dal Big Bang c’era una bambina, troppo piccola per cenare così tardi, che la mamma aveva messo a letto da una mezz’oretta. La bambina, che di nome faceva Julie, aveva lunghissimi capelli castano-biondi ricci alle punte, gli occhi del colore dei prati in primavera, le labbra a cuore rosa che avevano una piccola fessura sul lato sinistro che si manifestava quando sorrideva dolcemente. Quella fessura l’aveva ereditata dalla madre; una delle donne più belle e conosciute di Londra, che in gioventù aveva fatto molti cuori infranti.
La bambina stava guardando il cielo appoggiata alla ringhiera del balconcino della camera che condivideva col fratello maggiore, che, più grande di lei di sette anni, stava ancora cenando con la famiglia. Ma a Julie non importava di star con gli adulti fino a tardi, lei guardava il cielo cercando due stelle speciali. Due stelle molto luminose vicine l’una all’altra.
Sapeva che c’erano lì, da qualche parte. E sapeva anche che se le avesse trovate un ragazzo dai capelli marroni, dal sorriso sfacciato e, stranamente senza ombra, sarebbe venuto da lei.
Sapeva...
Il cielo, però, era così grande e lei era così piccola, come sarebbe riuscita a trovare le stelle? Le aveva cercata a tal punto che, a volte, pensava che non esistessero, ma rattristata, scacciava il pensiero poco felice e continuava la sua ricerca.
Quella sera, come ogni sera, sapeva che ci sarebbe riuscita, che le avrebbe trovate.
Stava scrutando il cielo quando decise di fare una cosa che non aveva mai fatto: salì sulla ringhiera e poi sul tetto arrampicandosi lungo la grondaia come un ragnetto. Arrivò in cima, si sedette sulle tegole un po’ bagnate dall’umidità e volse di nuovo lo sguardo al cielo.
Non molto lontano, un ragazzo volava annoiato, cercando qualcosa d’interessante da fare, quando si accorse della bambina, seduta pericolosamente sul tetto. Il ragazzo aveva abiti per così dire selvaggi, capelli arruffati, un cappello verde come i vestiti e un’espressione incuriosita sul volto.
“Che ci fa una bambina piccola seduta su un tetto? Potrebbe cadere e non credo che sappia volare..” Disse ad una piccola luce vicino a lui. La lucina era piccola e luminosa, dalle aluzze fragili ma forti che la facevano svolazzare qua e là.
La bambina seduta sul tetto sentì la voce proveniente da non molto lontana e, un po’ spaventata, un po’ curiosa, si girò verso l’individuo sconosciuto; ma nel farlo perse l’equilibrio e ruzzolò giù dal tetto.
Chiuse gli occhi per la paura ed aspettò l’impatto con il suolo, che non arrivò. Sentì delle braccia che la prendevano e aprì gli occhi: un ragazzo col viso dai tratti morbidi la teneva in braccio a “mo da sposa”.
Il ragazzo atterrò sulla ringhiera del balconcino di camera della piccola tenendola ancora in braccio. July lo guardava con gli occhi sgranati per l’incredulità, lui ricambiava il suo sguardo con un sorriso. Poi, volò dentro la casa della bambina e l’appoggiò finalmente atterra nella sua cameretta.
“Ciao.” Le disse.
“Ciao.” Rispose July.
“Oh,” Disse il ragazzo come se si fosse ricordato qualcosa, poi s’inchinò dicendo: “Il mio nome è Peter il Pan, ma per gli amici Peter.”
Anche la bambina s’inchinò profondamente. “Il mio nome è July Marie Anne.”
“July per me va bene!” In quel momento una lucina svolazzò dentro la camera. “Lei invece si chiama Campanellino Trilli.”
La bambina era eccitatissima. Veramente tutto questo stava avvenendo?
“Tu vieni da Neverland?” Chiese.
“Sì.” Rispose. Poi grattandosi la testa chiese: “Ma tu come la conosci?”
“C’è una leggenda su Neverland. Io ci ho sempre creduto, ma qui tutti pensano che sia solo una storia. Non la conosci?”
“No. Ma la gente deve assolutamente pensare che sia solo questo.” Disse più cupo.
“Perché?” Gli chiese.
“Sai, se la gente pensa che sia solo una storia, nessuno la cercherà. Ma se la gente la cercasse o peggio dovesse trovare Neverland, lì non ci sarebbe più pace. Tutti vorrebbero venirci e farne chissà cosa, forse la metterebbero in vendita.” La informò sedendosi sulla parte superiore della spalliera di una sedia.
Ci fu una pausa che sembrò durare in eterno, poi Peter Pan disse: “Scusa, ma tu che ci facevi sul tetto?”
“Io cercavo le stelle che portano a Neverland.” Ammise July.
“Ma non le si possono vedere qui. Le stelle di Neverland sono invisibili a Londra per via delle luci della città.”
“Ah... ecco perché non riuscivo mai a trovarle.” Disse lei. “Comunque, grazie per avermi salvato.”
“Prego.” Disse semplicemente, poi si girò verso la finestra alzandosi “Ora però devo andare-”
“Portami con te!” Lo interruppe lei prendendogli il braccio con le mani piccole.
“Quanti anni hai?” Chiese lui
“Io ho sei anni.” Disse un po’ timida lei.
“Sei troppo piccola per venire, Neverland può essere divertente, ma ci sono anche i pirati.” Con questo stava per andarsene con Trilli (che lo tirava per la maglia), ma vedendo la faccia triste e delusa della bambina pensò di fare qualcosa per lei: “Facciamo così” iniziò “quando sarai più grande, ma non adulta,” specificò “ti verrò a prendere e ti porterò a Neverland, July.”
“Promettilo! Dammi la tua parola che verrai.” Pretese lei spaventata dal fatto che potessero essere solo tutte parole.
“Te lo prometto.” Disse sincero Peter, e s’inchinò. Anche July s’inchinò facendo la riverenza come le principesse e pochi secondi dopo, il tempo di alzare il capo, vide volar via Peter Pan con Trilli al seguito, verso Neverland.
“July!” Disse la signora Matilde entrando in camera della figlia. “Cosa ci fai ancora sveglia?”
“Mamma sai chi c’era qui poco fa?” Chiese sapendo che la mamma non avrebbe mai indovinato.
“No tesoro, non lo so.” Disse facendo segno alla bambina di andare a letto.
“Mamma,” disse July piena d’entusiasmo “prima qui c’erano Peter Pan e Trilli, e mi hanno detto che quando sarò più grande mi verranno a prendere e mi porteranno con loro a Neverland!”
July entrò nel letto caldo ed accogliente, che d’inverno era il miglior rifugio dal freddo.
“Davvero? Che bello! E quando tornerai, mi racconterai tutto!” Disse la mamma rimboccando le coperte alla figlia
“Sì! Ti dirò delle sirene e dei pellerossa e dei pirati e dei bimbi sperduti...”
“Va bene tesoro, ma per il momento è meglio che tu dorma.” Disse dando alla figlia un’amorevole bacio sulla fronte. “Buona notte.”
“Buona notte, mamma.” La salutò la bambina.
La mamma uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Appena questa fu chiusa, July prese il diario che i genitori le avevano regalato per far in modo che si esercitasse a scrivere, accese il lumino sul suo comodino, aprì una nuova pagina, intinse la penna nel calamaio, anch’esso sul suo comodino, e iniziò a scrivere...

21 dicembre 1923

Caro diario,
oggi ti scrivo di un avvenimento importante:
Peter Pan mi ha fatto visita e mi ha promesso che quando sarò più grande, mi porterà finalmente a Neverland!
... e scrisse fedelmente, tutto quello che era successo quella sera.
Quando il grande orologio ebbe battuto le undici di sera, July decise di chiudere tutto e di addormentarsi...


N/A:

Ragazzi ancora non ci credo di averla scritta :O però diciamo che sono orgogliosa, daltronde sono solo una ragazzina di 13 anni SCARSISSIMI!!!!!

Wow già inizio a levarmi gli anni!
Comunque, ringrazio di cuore chiunque abbia avuto il coraggio di leggera questa "cosa" ^-^ , mi scuso per gli eventuali

probabili errori di ortografia e... altro? Ah si giusto... Perfavore mi mandate una recenzione, accetto anche le critiche costruttive e per ogni persona che lascia una recenzione scriverò una citazione :). E' tutto per ora. Con affetto la vostra July (il mio vero nome è Giulia u.u ma mi firmerò July/J)

P.S. Ho dimenticato di dire che se volete potete chiedere informazioni e fare interviste direttamente ai "personaggi" che vi risponderando in base al loro punto di vista :D

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Capitolo 2
*** Ricordi di Sogni ***


 Ricordi di Sogni 

Solo chi sogna impara a volare.

-Jim Morrison.

 

La stanza era in ordine, i letti erano stati fatti, gli armadi chiusi con i vestiti riposti dentro in modo accurato, la scrivania era libera da ogni libro e sopra vi era stato messo un bellissimo vaso di vetro dalle decorazioni colorate in cui erano immersi tre bellissimi gigli, sui mobili di legno della casa era impossibile trovare un granello di polvere . Tutto era perfetto, anche se agli occhi di July sembrava finto. L’intera famiglia sarebbe venuta per la cena della vigilia e, poiché come diceva la mamma “La buona impressione sulle persone è ciò su cui oggi si basa la società”, il modo di vivere della sua famiglia, quel giorno, sarebbe dovuto essere impeccabile. July era stesa sul letto a guardare il soffitto, pensando a cosa fare quella sera, cosa dire, come comportarsi. Se fosse stata troppo sfacciata, avrebbero pensato che fosse una poco di buono, se al contrario, sarebbe stata troppo timida, avrebbero pensato che fosse una con la testa tra le nuvole.

“Uffa, il mondo degli adulti è troppo difficile, porta solo scocciature...” pensò “Ed io sto per metterci piede!”
 Quell’ultimo pensiero le fece venir voglia di chiudersi in camera per il resto della vita, ma sapeva che non sarebbe stato possibile, così si girò e affondò la faccia nel morbido e profumato cuscino del suo letto, ma non riusciva a respirare perciò, stressata e nervosa, decise di alzarsi dal letto. Ma poi dove andare? La sua camera era il suo unico rifugio, il posto giusto per pensare, nonché l’unico.

Senza farci caso, si stava dirigendo verso il balconcino di camera sua. Aprì la finestra ed espirò il profumo di cibo cotto che usciva dalle cucine dei palazzi vicini e dai ristoranti, questo era un altro segnale che diceva con sicurezza che l’orda di cugini, zii e parenti vari stava per arrivare, ma scacciò quel pensiero e si godè l’aria, anche se non propriamente pura ma fresca quanto familiare di Londra. Non era il massimo ma era l’aria di casa sua e questo le bastava. Fece qualche passo avanti, si appoggiò alla ringhiera di ferro lucido e guardò lo sconfinato oceano che si tingeva di rosso e blu sulla sua testa, in cui non nuotavano pesci, ma volavano uccelli di varie specie. Proprio in quel momento ne vide passare uno stormo, non sapeva di quale specie, infatti non era mai stata particolarmente interessata di animali all’infuori di cani, gatti e canarini.
Chissà quali sensazioni magnifiche deve trasmettere volare senza aerei, ma da soli, liberi.” In quel momento si ricordò che quando era piccola, aveva il grande desiderio d’imparare a volare. “Che cosa stupida, una persona non può volare!” Come pensò questo, una parte molto remota del suo cuore le chiese: “Perché no"? Chi ha detto che una persona non possa imparare a volare?”  “Beh, perché nessuno sa volare, non esistono cose in grado far volare l’uomo, all’infuori di aeri e dirigibili.” Disse mentalmente a se stessa. “No? Proprio nessuno?” Ribatté il cuore.
In quel momento entrò nella stanza la madre di July con qualcosa nascosto dietro la schiena.
“July,” salutò la figlia “avrei scommesso di trovarti fuori a quel balcone.”
“Ciao mamma.” Disse la ragazza girandosi.
“Tesoro, stavo mettendo le decorazioni di Natale inutilizzate a posto e guarda cosa ho trovato!” Disse rivelando da dietro il vestito un libricino molto semplice, con la copertina marrone senza scritte. July andò verso la madre e prese il libricino tra le mani, le sembrava familiare in qualche modo.
“Cos’è?” Chiese incuriosita alla madre.
“E’ un diario di quando eri piccola, in realtà serviva per farti esercitare con la scrittura, ma lo prendevi molto sul serio. Poi un giorno lo smarristi e io l’ho ritrovato solo ora in cantina.” La informò Matilde. Poi guardando la figlia disse:
“Ma July, sei ancora con i vestiti da casa. Vieni subito a cambiarti!” E senza ascoltare ragioni la afferrò per mano e la portò all’armadio. Le tolse i vestiti, le mise la sottotunica e la cosa che July, come tutte le altre donne di Londra odiava: il micidiale corsetto che le impediva di respirare. Le mise su un vestito azzurro con fiori viola e blu e le fece indossare delle scarpine basse azzurre con un fiocco bianco sulla punta. Finita la “prima parte”, la madre fece sedere la figlia su una sedia per pettinarle i capelli lunghi.
“Mamma, i parenti devono proprio venire a cena da noi oggi?” Chiese con tono quasi implorante alla mamma.
“Mia cara, guarda il diario che ti ho fatto vedere prima” July guardò la scrivania in mogano, dove la madre aveva poggiato l’oggetto. “Da quando l’hai scritto l’ultima volta sono passati sette anni quasi, ciò significa che hai tredici anni. La tua è l’età perfetta per introdurti nella società e per iniziare, devi conoscere bene tutta la tua famiglia, imparare a comportarti in modo appropriato con loro, e poi, con il resto dell’alta società inglese.”. Chiarì alla figlia.
“Ma perché devono venire loro da noi? Cioè, vorrei dire, non sarebbe meglio per me che io andassi a casa di uno di loro? Per imparare intendo.” Disse con la sincerità di una fraudolenta.
“No.” Disse seccamente la madre finendole di pettinare i capelli, ma decidendo di lasciarli sciolti.
Matilde posò la spazzola nel cassetto privato della figlia e la guardò con sguardo amorevole; era cresciuta davvero molto e stava diventando una donna bellissima.
Una lacrima le scese lungo la guancia. July che fino al momento aveva giocato con la manica destra del vestito, alzò il volto ed incontrò lo sguardo della madre.
“Mamma... stai piangendo?” Disse alzandosi ed andando ad abbracciarla.
“Scusa tesoro, ma vedi, stai diventando una gran bella donna e, non so, mi sembra ieri che ti trovavo alla finestra a guardare il cielo. Allora eri così piccola ed ora guardati: sei... adulta.”
“Mamma, se continui a dire così, inizierò a sentirmi vecchia.” Replicò July facendola ridere.
All’improvviso si sentì il suono del campanello.
“Saranno arrivati. Meglio che io inizi a scendere per dare il benvenuto, anche se dubito che siano tutti. Tu se vuoi puoi rimanere un altro po’, poi manderò tuo fratello Arthur a chiamarti quando sarà arrivata l’ora per te di scendere, ok? ”
“Va bene, mamma”
E con questo si salutarono, la mamma uscì dalla stanza e scese giù per le scale di legno dalla moquette rossa, mentre July si sedeva sul letto della sua camera tornando al pensiero che l’aveva assillata tutto il giorno.
“Cosa farò?”Pensò“Qui l’unica cosa che potrebbe salvarmi sarebbe un miracolo!”
Pochi minuti dopo il fratello entrò nella camera che i due avrebbero condiviso solo fino alla fine di quella giornata. Lui era uno degli scapoli più ambiti di Londra, tutte le ragazze in età da matrimonio lo volevano per se. Come dar loro torto, d'altronde? Arthur era alto aveva dei bellissimi capelli castani e profondi occhi verdi – azzurri. Inoltre era intelligente, galante, sicuro si sé, ma modesto e soprattutto, ricco.
“Ehi, scusi signora, ha per caso visto una ragazza sul metro e sessanta, con i capelli mossi un po’ biondi e con la testa sempre fra le nuvole?” La prese in giro.
“Ah ah, divertente.” Disse sarcastica July.
“Ma come signora, io sono un rispettabile uomo di Londra, crede davvero che mi permetterei di prenderla in giro?” Replicò lui.
“Dai Arthur, arriva al punto. Devo scendere?” Indovinò lei.
Il fratello maggiore mosse lentamente la testa su e giù e July si alzò dal letto con un’espressione che ricordava un condannato a morte. Passò davanti al fratello e si fermò sulla scalinata aspettando che lui fosse vicino a lei. Dopo aver chiuso dietro di se la porta, Arthur si avvicinò alla sorella aspettando, da gentiluomo, che lei per prima iniziasse a scendere la scalinata. Lei scese con testa alta ed eleganza fino all’ultimo scalino, poi si diresse verso il salone dove si stava discutendo di qualcosa di probabilmente noioso. Cosa? Non ne aveva idea.
“Oh, eccola la mia bambina.” Disse la mamma alzandosi e venendo ad abbracciarla. “Signori, questa è la bambina che avete visto tutti l’ultima volta qualche anno fa, a parte i nonni naturalmente, che sono qui ogni anno.”
July fece la riverenza a tutti e sentì qualcuno che bisbigliava dicendo che sicuramente era una ragazza seria.
“Bene, la serata si preannuncia promettente” pensò July alzandosi.
“Quanti anni hai ora, mi cara?” Chiese con la “r” moscia una delle signore li sedute, vestita con una grande pelliccia grigia probabilmente di lupo.
“Quasi tredici, zia...?” Rispose.
“Adelaide, tesoro.”
“Oh, ma che sbadata.” Disse la signora Matilde. “Dimenticavo le presentazioni. Come tutti sapete lei è mia figlia July Marie Anne.” Poi rivolgendosi alla figlia: “Loro sono la zia Adelaide e lo zio Justin con il loro figlio Marcus.” Marcus era un ragazzo con un gran sorriso sul volto e gli occhi neri come i capelli. “Qui invece abbiamo la zia Teresa ed il marito Anthony.” Disse indicando un divano vicino alla parete. Sembravano due vecchietti molto simpatici e carini e poi, davano l’impressione di essere molto felici insieme anche solo a prima vista.
“Scusaci, cara July, ma nostro figlio, ormai grande, ha deciso di trascorrere il Natale con i suoi figli e sua moglie.” Si scusò zia Teresa a nome anche del marito.
“Non preoccupatevi, sono sicura che la sua decisione di restare, oggi, con la famiglia che si è creato, sia giusta.” Rispose educatamente.
“Poi lì abbiamo i nonni  Mary e Samuel, e Daniel e Wendy, che conosci molto bene,” indicando un divano su cui quattro vecchietti erano seduti. July aveva sempre avuto un bel rapporto con i nonni, in particolare con la nonna Wendy. Ed anche la donna più anziana l’adorava fin da piccola: veniva sempre a trovare la nipote e le raccontava storie sempre entusiasmati di posti esotici ed eroi coraggiosi. Era l’idolo della nipote. “Ed invece lei è la zia Beatrice, la sorella di tuo padre.” continuò la mamma guardando verso una signora seduta da sola su una poltrona. La zia si alzò con l’aiuto di un bastone nero. Aveva capelli, un tempo neri ed ora grigi, abbastanza lunghi tirati su in una pettinatura alta, indossava vestiti neri dall’aspetto costosissimo quanto triste. Il viso era una maschera dall’espressione dura ed impassibile pronta a giudicarti fin dal primo momento, gli occhi erano scuri e dall’aspetto spento e le labbra piccole e lineari piene di rossetto. Un brivido percorse la spina dorsale di July.
“Vieni qui, Marie.” Chiamò verso July.
“Zia, forse vi siete confusa, il mio nome è July.” Disse lei andando verso la donna.
La sala era muta, sembrava che tutti avessero timore della severa zia.
“Non ha per caso detto, la tua sbadata madre, che il tuo nome è July Marie Anne?” Chiese con tono di superiorità.
“Sì esattamente, ma...” Cercò di spiegarle.
“Beh, io reputo che dei tuoi nomi, Marie sia il più adatto per una ragazza inglese del tuo rango.”
July decise che almeno per una volta, nonostante non le piacesse quel nome, si sarebbe fatta chiamare così.
“Ora, fai un giro su te stessa.” Le ordinò.
July ruotò su se stessa con un po’ d’imbarazzo.
“Hai un bel corpo, per tua fortuna. Vieni più vicino, fatti vedere bene in viso.” July si avvicinò di più alla donna finché furono ad una decina di centimetri di distanza.
Si guardarono dritto negli occhi, in quel momento Beatrice capì molto di sua nipote. Capì che il suo carattere in realtà era ribelle, pieno di voglia di libertà. Capì che July non aveva paura di lei e che farsi rispettare da quella ragazza, sarebbe potuta essere un’impresa ardua. Ma tornò in se stessa e continuò ad esaminarla. Ne scrutò i tratti,  la forma dei begli occhi, il loro colore verde prato, la pelle morbida e candida, poi vide la bocca, le labbra e avvistò qualcosa che in realtà pochi avevano notato: una piccola fossetta stava all’angolo delle labbra di July, la fossetta che sua madre Wandy chiamava “Il bacio nascosto.” Rimase sorpresa anche perché né lei né suo fratello avevano ereditato un così particolare segno dalla madre, ma ancora, non era solo figlia del fratello, ma anche di Matilde ed anche lei aveva questo particolare "segno".
La sala era rimasta col fiato sospeso, impaziente quanto spaventata di conoscere il giudizio della spietata zia, soprattutto il papà di July, che era seduto su una poltrona anche lui da solo.
“Il tuo corpo ed il tuo viso ti rendono una possibile moglie per ogni uomo di Londra e, perché no, anche di Parigi.”  Pronunciò la signora. Tutti rimasero a bocca aperta: il giudizio era positivo, ma parlare di matrimonio..?
“Moglie?” Chiese July stravolta.
“Ma Beatrice, mia figlia ha ancora 13 anni. Non le sembra un po’ prematuro parlare di matrimonio?” Chiese Matilde in stato di choc.
“Io non sposerò nessuno!” Affermò la ragazza come se non avesse sentito la madre. “Non voglio essere segregata in casa per il resto della mia vita, stando agli ordini di un uomo.”
Girò le spalle e corse in camera sua con la testa bassa per non incontrare la delusione negli occhi dei suoi genitori. Arrivata al piano superiore si chiuse la porta alle spalle sbattendola.
Come poteva una donna che non aveva mai conosciuto, permettersi di venire in casa e mettersi a dettare leggi, dire a sua madre come comportarsi e scegliere per lei un futuro; cosa che non avevano fatto per lei nemmeno i suoi genitori?
Istintivamente aprì la finestra, inspirò l’aria della sera a pieni polmoni e poi la fece uscire calmandosi e svuotandosi di tutto il nervosismo che quella sera le aveva portato.
Si appoggiò alla ringhiera bagnata dall’umidità e, non sapendo perché, guardò il cielo. Questo gesto da sempre le dava sicurezza, lo faceva anche quand’era piccola, ma non ricordava come mai; poi un flash dalla memoria: cercava qualcosa.
“Ma cosa?” Si chiese. Pensò al diario che la mamma aveva trovato; lei aveva detto che ci aveva scritto tutto, forse c’era anche la risposta alla sua domanda. Lo prese dalla scrivania e lo sfogliò alla luce della luna. Non c’era scritto nulla che le sembrasse importante, poi la sua attenzione si soffermò su una pagina, la data era il 21 dicembre 1923: sette anni fa. Cercò di decifrare la sua calligrafia, che in realtà sembrava più un’insieme di scarabocchi astratti, ma con un po’ d’impegno riuscì a leggere.
Caro diario,” iniziava “oggi ti scrivo di un avvenimento importante: Peter Pan mi ha fatto visita e mi ha promesso che quando sarò più grande, mi porterà con se a Neverland!
Mentre scrutavo il cielo in cerca delle stelle che mi avrebbero portato lì, ho sentito la voce di qualcuno e girandomi son ruzzolata giù dal tetto. Pensavo di schiantarmi al suolo, malui mi ha preso atterrando sulla ringhiera. Poi ci siamo presentati e mi ha detto di Neverland, dei bimbi sperduti e di Hook. C’era anche Trilli ed era così bella! Dopo un po’ però se ne sono dovuti andare, avrei dato qualunque cosa per andare con loro, ma Peter mi ha detto che sono troppo piccola, ma sarebbe venuto quando sarei stata più grande.”
Con questo, l’ultima pagina di diario finiva, non c’era più nulla.
July pensò: ricordava che una volta aveva fatto un sogno simile.
In realtà non era stato un sogno e lei lo sapeva, ma col passare del tempo, visto che il suo eroe non arrivava, iniziò a credere di aver fatto solo un sogno. Chiuse il “diario” e alzò il viso al cielo.
“Che strano...” pensò. “eppure, sarebbe bello se esistesse d’avvero un mondo in cui non bisogna dar conto a nessuno, in cui ci si debba solo divertire. D'altronde, chi ha detto che non esiste? Sarebbe possibile? No, probabilmente no. I miei sono pensieri di una bambina e tutti sanno che i bambini hanno idee strane.”
Nonostante i suoi pensieri e nonostante il vestito, appoggiò nuovamente il libretto sulla scrivania e salì per la piccola grondaia arrampicandosi sul tetto. Si sedette ed alzò ancora una volta la testa rilassandosi. Iniziò a fare qualcosa che non faceva da anni, guardò il cielo cercando due stelle molto vicine e più luminose delle altre. Dopo poco tempo le parve di vedere qualcosa, uno strano bagliore che si dirigeva verso di lei, si sporse più avanti per vedere cosa fosse, ma come si tese, le mani le scivolarono e cadde dal primo piano del palazzo.
Non immaginava che cadere potesse essere così... bello quanto spaventoso. Mentre cadeva semplicemente chiuse gli occhi: ora si sarebbe liberata di tutte le pressioni, di tutti i suoi doveri verso il genere umano adulto, verso la madre, verso il padre... e poi... si sentì avvolgere da qualcosa di caldo e morbido, che la teneva stretta a se e fermava la sua caduta. Lentamente aprì i suoi occhi solo per trovarne altri color dei prati in primavera quasi come i suoi ma più vivaci, che la guardavano con un misto di curiosità e divertimento.
“Secondo me tu hai istinti suicidi.”Disse il ragazzo.
“C-come hai fatto a prendermi? Chi sei tu?” Chiese July in stato di choc.
“Davvero non ti ricordi di me?” Replicò lui.
“Dovrei?” Domandò ancora lei.
“Sai, quand’eri piccola eri meno pesante da prendere al volo.” Scherzò di nuovo il ragazzo.
July lo guardò intensamente, poi qualcosa scattò e due semplici parole le vennero alla bocca, uscendo come un sussurro senza che lei se ne rendesse conto. “Peter...Pan...?”
Un grande sorriso si dipinse sul voto del quattordicenne.
 

N/A 
Sono tornataaaa!!!! Hahaha il vostro incubo peggiore è quì!!! 
Spero che la storia sia piaciuta e se non vi è piaciuta, mi dispiace, ma mi aspetto molte critiche costruttive (se non piace)
e se piace critiche positive :)
Ad ogni modo, RECENZIONIIIIIIII!!!!!!!!!!!! 
APPROPOSITO, voglio dedicare questo capitolo 
a truedirectioner97 con tantissimo affetto!!!
Questo è tutto per ora, con affetto 
                                                               -July
P.S. Mi è venuta l'idea di scrivere una citazione in base ad ogni recinzione. Percui:

TRUEDIRECTIONER97: 
Volevo solo provare i confini della realtà... Ero curioso di vedere cosa sarebbe successo. Tutto qui: solo curiosità. (Jim Morrison)

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Capitolo 3
*** Londra e Neve ***


Neverland

Londra e Neve


“Se puoi sognarlo, puoi farlo.”
Cit. Walt Disney

 

L'aria fredda della sera pungeva il viso ed il cielo iniziava ad annuvolarsi.
July, sulla schiena di Peter con le mani intorno al suo collo, non riusciva a smettere di pensare alle parole della vecchia zia. Voleva sapere cosa fosse successo, cosa avesse scaturito tanto odio da una donna adulta per un ragazzino di più o meno l’età di July; perché nonostante Beatrice avesse esagerato, non poteva aver inventato ogni cosa
La voce entusiasta di Peter, che sembrava aver scordato quasi completamente la discussione, la risvegliò dai suoi pensieri.“July guarda, nevica!”
Solo in quel momento July si accorse che piccoli fiocchi bianchi iniziavano a cadere, si toccò la testa e li sentì tra i capelli, le spalle e ne aveva anche lì, poi guardò in basso e vide che Londra iniziava a tingersi di bianco; tutto veniva ricoperto da quel candore che creava una perfetta atmosfera natalizia. Per definire quello spettacolo c’era solo una parola...
“È… splendido.”
 “Ti va di vedere meglio?” Propose Peter, girando la testa di lato per cercare di vederla.
July incontrò i suoi occhi, e gli rivolse uno sguardo incuriosito: dove voleva arrivare?
“In che senso vedere meglio?” Gli chiese.
“Preparati a vedere Londra come non l'hai mai vista.” Le disse lui in risposta.
All'improvviso Peter scese in picchiata verso terra e July strinse la presa intorno al suo collo nascondendo il viso nella sua schiena.
“Non aver paura July” Disse Peter “guarda...”
July, un po' titubante, alzò la testa e vide che stavano sfrecciando tra i palazzi; guardando dentro vide che le persone stavano cenando e pensò che se tutto fosse andato secondo i piani ora sarebbe anche lei a cenare con la famiglia, ma non si rattristò a quel pensiero, né le venne la malinconia, perchè questo, era molto meglio.
Dalla sua schiena, Peter sentì July ridere forte, e non sapendo come né perchè, iniziò a ridere anche lui, in modo isterico.
Da un palazzo con una grande finestra aperta, si vedeva uscire una densa nube di fumo, a causa di un gruppo di anziani seduti su delle poltrone che al posto di cenare fumavano grossi sigari. Peter vi passò vicino e, all'altezza della finestra lanciò un grosso grido che assomigliava di più ad uno strano verso, che fece saltare dalle poltrone i fumatori e ridere di gusto July.
“Ora prova tu!” Le disse Peter. July non se lo fece ripetere due volte e, passando vicino ad un altro palazzo, lanciò anche lei un urlo che fece sobbalzare la piccola famigliola riunita a cena che, intanto, stava pregando. Sia July che Peter risero e, al palazzo dopo urlarono entrambi ed anche al seguente, e ad un altro e così via, finché Peter, qualche minuto dopo, non disse:
“Bhe se questo è divertente, devi vedere cosa c'è sull'isola.”
“Allora che ci facciamo ancora qui, Peter?”
“Proprio non lo so.” Le rispose.
E, presto fatto, Peter sfrecciò verso il cielo, in alto fino ad incontrare una stella luminosissima.
“Chiudi gli occhi!” Ordinò a July, che ubbidì. Anche lui fece giusto in tempo a chiuderli che una luce abbagliante li colpì, inglobandoli e facendoli scomparire... da questo mondo.
 
*&*&*&*&*&*&*&*&
 
“Ora li puoi aprire.” La voce di Peter era bassa, quasi un sussurro delicato che le annunciava l'arrivo di una dolce sorpresa. July, lentamente, aprì gli occhi e ciò che vide fu lo spettacolo più bello che avesse mai potuto immaginare.
“Benvenuta, July.  Benvenuta all'isola che non c'è. Benvenuta a Neverland.”
 

 

N/A
Ecco ragazzi, come promesso il 4° capitolo pubblicato questo stesso giorno!!!! La prima cosa da dire è: che mi dispiace un sacco che il 4° e 3° capitolo siano così corti, ma permetto un capitolo lunghissimo entro la fine della settimana!!

Amica: Ma tu sei pazza! Quelli ti uccidono! Non ce la farai mai!
Io: Lo sò.. è una missione suicida.. *Giulia fa testamento*

Scusate, allora... devo dire che Peter Pan non è MIO (Provvederò presto a cambiare la situazione!! >:D ), per il momento possiedo July, Matilde, Arthur, tanti altri personaggi di cui devo ancora scrivere e... Beatrice. Si, lo so, mi darete in pasto ai leoni per averla creata, ma Beatrice è un personaggio importante!
Comunque, potrei aver rivelato fin troppo, per cui, DIAMO SPAZIO ALLA BACHECA DELLE CITAZIONI!!
Lo so, non siete in molti, perciò ho solo una persona a cui dedicare la citazione:
logan4ever che, non solo ha lasciato una recensione magnifica *-*, ma ha anche messo la storia tra le seguite ç.ç !!!!

logan4ever: Un cretino può scrivere un saggio, ma non viceversa. (Daniele D'Amato).
Altro? sì!!! RECENZIONI RECENZIONI RECENZIONI RECENZIONI!!! Mwaahahah *riprende contegno, anche se la dignità è andata*
Comunque, questo è tutto per ora. Adios Amigos!!
-July



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Capitolo 4
*** Vecchie Conoscenze ***


Neverland

Vecchie Conoscenze

Chi rinuncia ai sogni è destinato a morire
-Jim Morrison

 
“Ma... è impossibile” disse July presa alla sprovvista dagli avvenimenti di quella sera. “Tu...non esisti, sei solo un personaggio delle favole.”
Peter Pan era così shoccato, che cadde a terra nel balconcino insieme a July, con un gran tonfo.
“Scusami, seppure non esistessi, ci sarebbero due cose da dire; primo:” disse rialzandosi e contando sulle dita “come avrei fatto a prenderti? E secondo: come vedi sono qui perciò se mi vedi, ma come dici, non esisto, hai qualche rotella fuori posto” continuò roteando un dito vicino alla tempia.
July, che intanto era ancora a terra, si alzò, indignata dal commento del giovane. “Ehi!” esclamò stizzita. “Comunque scusa se ho detto che tu non esisti, non volevo offenderti; soltanto che non capita spesso di... beh di incontrare un personaggio delle favole. Ad ogni modo, per curiosità, cosa esattamente fai qui?” Chiese lei andandogli incontro un po’ titubante e scandendo bene le ultime parole. Peter si grattò la nuca imbarazzato.
“Quando eri piccola ti ho promesso che un giorno ti avrei portato a Neverland e Peter Pan mantiene sempre la parola data.” Disse l’ultima frase improvvisamente più serio. July guardò il ragazzo negli occhi e lui ricambiò lo sguardo. Si sentiva come se quel ragazzo fosse sempre lì per proteggerla, come un angelo custode.
“Aspetta, io… mi ricordo. Tu venisti qui quando ancora ero una bambina, promettendomi che un giorno mi avresti portato a Neverland, con Trilli e-  Aspetta, lei dov’è?” Chiese July curiosa.
“Trilli è rimasta all’isola con i bimbi sperduti. Allora, July, ti andrebbe di venirci con me?” Chiese Peter a sua volta.
Mi sta offrendo l’occasione di andare in un mondo fantastico, dove poter vivere avventure entusiasmanti come quelle che si leggono solo nei libri. Quante volte ho desiderato viverne una ed ora… ho il coraggio di prendere al volo l’opportunità?
Improvvisamente la porta della camera di July si aprì e si vide sbucare Beatrice, che scorse i due sul balconcino e rimase stupita.
“Zia Beatrice...” iniziò July “posso spiegarvi.”
“Non c’è nulla da spiegare July. Ciao Peter.” Disse quasi sorridendo chiudendosi la porta alle spalle.
“Beatrice? Beatrice Darling?” Vedendola sorridere Peter continuò. “Sei... diventata adulta.”
Una risata amara sfuggì dalla bocca dell’anziana donna. “Un modo carino per dirmi che sono diventata vecchia; molto più vecchia di quanto tu possa immaginare, Peter. Cosa ci fai qui? Non credo che tu sia venuto per me dopo tutti questi anni.” Disse triste fingendo interesse per un portagioie sul comodino di July.
“No, è venuto perché mi aveva fatto una promessa e le promesse si mantengono sempre.” Si intromise quest’ultima, cercando di calmare le acque.
“Ma certo…” alla donna sfuggì un altro sorriso amaro. “Come dicevi Peter: Io non vengo mai meno alla parola data ?”  Rispose Beatrice alzando gli occhi dal portagioie e posandoli con rancore su Peter, che abbassò lo sguardo. “Ora cosa vuoi fare Peter? Portarla all’isola che non c’è, a Neverland, farle vivere grandi avventure e poi cosa? Riportarla a casa e scordarti di lei? È una vecchia storia Peter, sempre la stessa. Non dico che non le guarderai le spalle, che non la difenderai a costo della tua stessa vita, che le insegnerai a combattere e le farai vivere la più grande esperienza della sua vita, la più entusiasmante che si possa desiderare, ma dopo?” Disse il tutto facendo gesti eclatanti con le mani. “Hai pensato a cosa succede dopo? Al fatto che rimarrà a pensarti ogni giorno, ad aspettarti ogni giorno alla sua finestra e tu invece a scorrazzare senza renderti conto del vuoto che lasci ovunque passi?” Ad ogni domanda, ovviamente retorica, il suo tono si alzava, la sua voce era più arrabbiata ed il viso che, più furioso, mostrava le rughe dovute al tempo che nessuno era stato in grado di rallentare… o fermare.
“Non è vero! Non ho mai fatto nulla del genere!” Si difese Peter. July poteva vedere che nei suoi occhi iniziavano a formarsi lacrime, non sapeva se perché la zia lo stesse accusando ingiustamente o, semplicemente, perché la donna aveva ragione, ma non voleva credere ad una cosa simile.
Sul volto di Beatrice la maschera furiosa divenne improvvisamente molto più calma, pacata, malinconica.
“Sappiamo entrambi com’è andata, Peter, il punto è: cosa farai con lei? Ma soprattutto, cosa vuole fare July?”
La ragazza quasi sobbalzò a sentire nominare il suo nome. Volse lo sguardo prima alla zia, che la fissava, e poi a Peter, che trovava molto interessante il pavimento.
Io voglio andare, voglio volare anch’io, voglio vivere quelle avventure di cui mi parlava nonna Wendy, e che avrà sicuramente vissuto Beatrice e… aspetta, tutte loro sono andate all’isola che non c’è?! Ed io? Vorrei andare con tutta me stessa ma, ciò che ha detto zia Beatrice… No lei non può aver detto il vero, deve aver mentito, d'altronde nonna Wandy mi ha sempre parlato bene di Peter Pan e io credo molto più a lei che alla “zia”.
“Io… vengo con te.” Disse rivolgendosi a Peter.
L’espressione di Beatrice fu dapprima indignata, poi fredda e distaccata. “Bene, se è questo ciò che vuoi, và, non sarò certo io a fermarti. Ma ricorda, quando sarà il tempo, non venire a piangere da me, perché non ti consolerò. Ora vado, di certo non starò qui a guardarti mentre fai la scelta sbagliata, Marie.”
Fece per andarsene ma July la fermò: quelle parole furono la goccia che fece traboccare il vaso.
“Se sei venuta qua solo per insultarlo, per insultare la mia famiglia e me, la tua presenza non è gradita né ora né mai; inoltre non sei nessuno per giudicare le mie scelte e, per l’ultima volta,il mio nome è July.” Sbottò lei senza contenersi, senza pensare, semplicemente dando sfogo a tutta la sua rabbia, la frustrazione e il fastidio che aveva provato verso quella donna che in una sera era stata in grado di farsi vedere come la persona peggiore che July avesse mai incontrato.
Beatrice sorrise, di uno di quei sorrisi meschini che nascondono cose, molte cose, e uscì dalla stanza silenziosamente, chiudendosi la porta alle spalle.
 
*&*&*&*&*&*&*&*&*
 
Il silenzio nella camera non era opprimente, ma riparatore delle ferite provocate quella sera da una donna rancorosa, che, secondo July, aveva fatto scelte sbagliate e ne attribuiva la colpa ad un ragazzo della sua stessa età.
Il sospiro di Peter fu il primo suono dopo un tempo che sembrò lunghissimo. “July, se non vuoi venire-”
Fu interrotto da July che gli prese la mano, lo guardò dritto negli occhi e con sicurezza disse “Andiamo, Peter Pan. Portami all’isola che non c’è; dove non dovrò mai, mai, mai più preoccuparmi degli adulti.” Disse ricordando le parole della nonna Wendy, quando le raccontava di Peter Pan. “Portami a Neverland.”
Peter le sorrise e disse “Andiamo.”
 
 
 

 

N/A:
Allora, qui ho scritto che devo dire che Peter Pan non l'ho creato io, e nemmeno la storia originale. Poi, volevo dire come sarebbe andata a finire la storia se l'avessi scritta io, ma potrebbe farvi immaginare il finale, perciò lo cancello. Infine, VOGLIO MANDARE UN BACIO ENORME A Ginger Campbell e mari23 che hanno messo la mia storia tra le seguite e Benniall che l'ha messa tra le preferite. Ed ora via con le frasi:
Ginger Campbell: Ama ragazza, ama perdutamente e, se ti dicono l'amore è peccato, ama il peccato e sarai innocente. (Jim Morrison)
mari23: Se ami qualcosa lasciala andare via, solo se torna sarà veramente tua. (Jim Morrison)
Benniall: I sogni sono come le stelle, basta alzare gli occhi e sono sempre là. (Jim Morrison)
Ed ora: l'annuncio.
IL PROSSIMO CAPITOLO SARA' POSTATO QUESTO STESSO GIORNO PERCHE' L'HO GIA' SCRITTO. Dite la verità non siete felici!!?? xD xP Comunque, grazie per aver dato un'occasione a questa storia penosa. E' tutto per ora, grazie tante a tutti ed un saluto speciale a truedirectioner97 e BabyMe che sono state rispettivamente la prima a mandarmi una recenzione e una ragazza conosciuta quì che scrive una storia bellissima e mi ha nominato sua recensitrice (si dice così o.O) personale ^.^ *-*

NO FERMI TUTTI!!! c'è un altro punto sulla tabella di marcia; dice che devo scrivere:

PERFAVORE MI LASCIATE UNA RECENZIONE ANCHE COME MESSAGGIO PERSONALE O CRITICA COSTRUTTIVA?
 Ora sono libera di dire che questo è tutto gente un bacio :* dalla vostra

July

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Capitolo 5
*** Yo ho! Yo ho! E una bottiglia di rum! ***


Neverland
 

È qualcosa di divertente fare l'impossibile
 

Cit. Walt Disney.
 


 
“L'isola che non c'è” era un'immensa distesa verde con al centro un vulcano, piena di baie e costeggiata da un mare cristallino. Nel cielo, terso con tinte arancioni e rosse che si sfumavano nel naturale azzurro, si potevano vedere in lontananza, poche nuvole dal colore roseo.
A largo di una delle baie, in una grande nave in legno, dalle vele bianche e dai rilievi accuratissimi, un uomo da capelli corvini, ricci, lunghi fino alle spalle attendeva con ansia che un vecchio nemico venisse a fargli visita, sicuro che, questa volta, la fortuna fosse a suo favore. Uncino, che si trovava da solo all'interno della sua cabina, vestito soltanto dei pantaloni rossi e degli stivaloni neri che gli arrivavano al ginocchio, era seduto sulla poltrona, anch'essa rossa e dai contorni in ottone, intento a lucidare il suo marchio: l'uncino che quel pestifero, insolente ed immaturo, quanto prestigioso ragazzo, gli aveva “regalato”.
Sembrava che nella sua mente non ci fossero pensieri particolari, che, in realtà, non stesse pensando a nulla, Uncino sembrava quasi rilassato... Ma in realtà la sua mente stava elaborando una lunga serie di ignobili torture, meschini sotterfugi, ingannevoli trappole e, in generale, il modo peggiore ed allo stesso tempo migliore di assaporare, con gusto, la dolce vendetta che attendeva da troppo tempo, ormai.
Sul ponte si potevano sentire gli scricchiolii del legno, dovuti ai passi del povero Spugna che, fin da diverse ore prima dell'alba, quando il sole ancora non dava cenno di voler alzarsi, pattugliava, camminando avanti e indietro. Il Capitano gli aveva dato ordine di riferirgli la notizia della ricomparsa “Del Pan”, non appena questo fosse tornato dal suo viaggio sulla Terra. Naturalmente Spugna non aveva esitato ad accettare quella che, all'inizio, suonava come una proposta da parte del Capitano; pensate che egli era stato anche magnanimo dal momento che Spugna avrebbe ricevuto persino una piccola ricompensa: una lingua per parlare e godere del sapore dei cibi; la lingua che il Capitano non gli avrebbe tagliato se avesse accettato. Nella mano destra, il poveretto teneva un cannocchiale, ricevuto come “piccolo aiuto per questa sua nobile missione”, ed intanto borbottava...
“Vorrei capire perché io! Gli uomini sulla nave sono almeno un centinaio ed il Capitano chi sveglia? Me: un pover'uomo maltrattato da tutti, l'ultimo nella catena alimentare della nave! Persino quel sudicio pappagallo dorme ed io no! Ed io che pensavo che la storia della ricompensa fosse vera, povero ingenuo! Ma cosa credevo: lui è Giacomo Uncino, Capitano della Jolly Roger, la nave più temuta di tutta l'isola! Ma cosa vogliamo far credere, la nostra è l'unica nave pirata dell'isola! Trovare quel ragazzo volante, poi, è impossibile! Anche con il cannocchiale sembra poco più di un puntino! E la cosa peggiore è che se io non vedo Peter Pan di ritorno e lui invece è tornato, scommetto che la lingua, io la perdo comunque!”
Sconsolato, Spugna si sedette a terra con la schiena contro l'albero maestro e prese la bottiglia di Rum che si trovava poco lontano.
“Beh, visto che io e te staremo insieme ancora per poco,” disse alla sua lingua “vogliamo passare il tempo rimasto godendoci le gioie della vita?”
Tristemente alzò la bottiglia di Rum come per brindare e ne bevve il contenuto; quando sentì che il Rum era quasi finito, aprì gli occhi tenendo comunque la bottiglia alla bocca, e vide di sfuggita qualcosa di molto piccolo che si muoveva nel cielo. Ansioso prese il cannocchiale, si alzò in piedi e guardò in direzione dell'oggetto sconosciuto. ..
 

Il cannocchiale cadde a terra con un tonfo sordo e rotolò lontano; l'espressione scioccata di Spugna, piano piano la si vedeva trasformare in un sorriso che diventava sempre più grande. Spugna iniziò a saltare e ballare sul ponte, prese la bottiglia di Rum e la baciò ripetutamente, mentre continuava a ballare. Di colpo si fermò ricordando una cosa importante. “Devo dirlo al Capitano!” E si avviò verso la cabina gridando “Capitano, Capitano!!!”




*&*&*&*&*&*&*&*&*




 

July si stava rilassando sulla schiena di Peter, mentre lui volava sorvolando l'isola ed indicandole vari posti, ognuno più bello dell'altro: partendo dalla Cava dei Cannibali, per poi passare all'Accampamento degli Indiani, alla Laguna delle Sirene, la Tana del Coccodrillo, la Roccia del Teschio e la Tana dei Bimbi sperduti.
“July” Peter chiamò la ragazza che si era appisolata sulle sue spalle “volevo chiederti, se sai raccontare le storie, perché se non lo sai fare, è un problema.”
July non aveva mai raccontato una sola, singola storia in vita sua. Aveva letto moltissimi libri, ma non aveva mai riportato ciò che aveva letto, magari mettendoci del suo. D'altronde, a chi avrebbe mai potuto raccontare una storia? Sua madre aveva una sorella ed un fratello, ma la sorella aveva ben tre figli più grandi di lei, ed il fratello viveva lontano, in America e veniva lì a Londra a trovare tutta la famiglia di rado; mentre il padre... beh, fino a poco tempo prima non sapeva nemmeno dell'esistenza della vecchia zia.
“Peter, io non so se sono in grado...”
Peter rimase spiazzato da tale risposta: si aspettava di tutto, anche un no, ma non questo.
“Che significa che non lo sai? O lo sai fare o non lo sai fare, non c'è una via di mezzo!” Poi calmandosi continuò “Com'è possibile che tu non lo sappia?”
“Peter, io non ho mai raccontato una storia a nessuno, non so se sono in grado di raccontarla come la nonna Wendy, ma ci proverò.”
“Fidati July, se sei davvero la nipote di Wendy, sei sicuramente in grado raccontare delle storie: ce l'hai nel sangue!”
July era onorata di quel commento, ma non era comunque sicura delle sue capacità quanto Peter.
“Allora, dove si va?” Chiese July a Peter.
“Dipende da te, sei tu l'ospite.”
July ripensò alle storie della nonna; le sirene erano le ultime che avrebbe voluto vedere: da quello che le aveva raccontato Wendy era solo delle pettegole vanitose e sicuramente, stando con loro non si sarebbe esattamente divertita. La Cava dei cannibali era da scartare: rischiare di fare da pasto principale a qualcuno non era nelle sue priorità lì. L'accampamento degli indiani non l'attraeva più di tanto anche se John, fratello della nonna Wendy purtroppo morto da tempo, le raccontava sempre di quanto intelligente e brava con le armi fosse una certa Giglio Tigrato
Cos'altro le rimaneva? Aveva pensato a tutto, no? Cosa c'era sull'isola che poteva interessarle così tanto? I Pirati? Per loro ci sarebbe stato tempo. Cosa rimaneva?
Che sciocca! Come ho fatto a non pensarci prima
“Io vorrei vedere i bimbi sperduti e Trilli.”


Peter in realtà non era tanto sorpreso dalla risposta: ormai aveva capito benissimo che i bambini erano la passione di quasi tutte le ragazzine; il problema che lui ormai conosceva era Trilli. Nonostante July fosse ansiosa di rivedere Trilli e, in realtà, altrettanto era per la fatina, sapeva che tra le due, vi era la possibilità che scoppiasse un gran putiferio.
Se ne vedranno delle belle.
“Va' bene July, però ricorda che hai scelto tu. Io non mi prendo alcuna responsabilità!”


July era un po' sorpresa dalla frase del ragazzo, ma non diede troppo conto alle sue parole: era lì per rilassarsi e divertirsi, come fosse in vacanza, e non voleva dar conto a piccoli turbamenti come questi.




 
*&*&*&*&*&*&*&*&*


 


Il silenzio era opprimente e carico di attesa. Tra i cinque bambini, seduti a terra con le gambe incrociate, regnava il silenzio. Due bimbi, invece, dormivano beati poco più lontano, su delle pelli che fungevano da cuscino.
Dall'altra parte della stanza, sul bordo di una finestra in alto, sedeva annoiata una piccola fatina, dai capelli lunghi e biondi raccolti in una coda alta ed il vestito verde. Quando il capo della piccola banda aveva detto ai bambini di non fare confusione e rimanere lì buoni, lei non si aspettava che questi avrebbero rispettato gli ordini in modo così impeccabile ed ubbidiente... evidentemente le minacce di Peter avevano fatto effetto.
Il tempo sembrava non passare mai, non che lì, di solito, il passare del tempo pesasse, ma la noia rendeva tutto più pesante.
Quando si era offerta di rimanere con i bambini sperduti all'isola, non si aspettava di certo di affrontare Uncino, ma almeno di partecipare a qualche gioco.
La calma fu interrotta dall'urlo disumano di Orsetto: “Io non ce la faccio più! Ma quando arrivano? Io mi sono scocciato di aspettarli!” disse saltando in piedi.
“Zitto Orsetto!” lo ammonì Volpe alzandosi anche lui. “Così sveglierai Piccolo e Zoey!”
Ma era troppo tardi: iniziavano già a sentirsi grugniti e sbadigli provenienti dai due più piccoli del gruppo, una stropicciandosi gli occhi e l'altro sbadigliando, si mettevano seduti sulle pelli.
“Sono tornati?” Chiese la piccola Zoey con voce assonnata.
“Non ancora Zoey.” La informò Pennino.
“Io ripeto: mi sono scocciato! E Peter pretende che noi stiamo qui ad aspettarli mentre loro fanno un bel viaggetto con tutta calma?” Ribadì Orsetto.
“Ha ragione!” Dissero insieme i Gemelli scattando in piedi.
Un sorriso d'orgoglio si stampò sul volto di Orsetto che disse:
“Io intendo protestare contro questa ingiustizia! Chi è con me?!”
“Noi!” Si fecero avanti i Gemelli.
“Io!” Si unì Volpe.
“Anche io!” Tutti si girarono a guardare Piccolo che, di un metro e dieci scarso, voleva unirsi alla lotta e persino Trilli, si sedette sulla spalla di Volpe, facendo intendere di essere d'accordo con i cinque.
Rimanevano solo Pennino, seduto a terra, e Zoey, sulle pelli.
“Pennino,” lo chiamò Volpe “unisciti a noi!”
“Assolutamente no! Avete idea di cosa possa fare Peter, se sapesse di questo ammutinamento? Se lo venisse a sapere, Peter non avrebbe pietà per nessuno di voi!”
I cinque più Trilli, non fecero in tempo ad abbassare il capo colpevoli, che Peter Pan entrò di soppiatto nella tana volando.
“Se sapessi cosa?” Disse fermandosi alle spalle dei quasi ammutinati, facendoli sobbalzare.
“Peter!” Gridò Volpe.
“Sei tornato!” Continuarono i Gemelli.
“Dov'è lei? L'hai portata con te, vero?” Chiese impaziente Pennino.
“Com'è? È simpatica?” Chiese Orsetto.
“E le storie? Le sa raccontare?” Chiese ancora Piccolo.
Zoey si alzò e, facendosi spazio tra la piccola folla, riuscì ad arrivare difronte a Peter
“Dai, ce la fai vedere?”
Lui la prese in braccio e disse guardando prima lei e poi tutti gli altri bambini
“Perché, avrei dovuto portarvi qualcuno?”
“Sii!” Dissero in coro i bambini e Trilli scosse la testa avanti e indietro.
“Davvero? Io non mi ricordo...” Continuò ancora il ragazzo.
“Dai Peter, non fare scherzi! Siamo curiosi! Tu non ci hai detto niente su com'è...” Insistete Pennino.
Un “Già” generale si levò dai bimbi sperduti.
“E poi è un sacco che aspettiamo.” Continuò Orsetto.
“ORSETTO!!” Esclamarono i bimbi.
Peter rise, e poi più serio, ordinò: “Restate qui.”
E, messa Zoey giù, scomparve da dove era venuto.


 
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Il vento soffiava dolcemente tra i rami degli alberi lì intorno.
Questi, alti e robusti, dalle chiome folte e verdi, offrivano una copertura perfetta, in grado di oscurare ogni possibile avvistamento dall'alto e rendere quella zona della foresta, difficile da attraversare.
Ma la delicatezza e la calma di quel vento primaverile, stonava con il tumultuoso animo di July; possibile che dei bambini potessero fare agitare qualcuno in quel modo?
Un cambiamento della corrente d'aria dietro di lei la fece voltare, ed incontrare ancora gli occhi giocosi del ragazzo più grande ed il suo sorriso.
“Dai vieni, ti stanno aspettando!” Peter le disse prendendola per mano e conducendola verso quella che sarebbe dovuta essere l'entrata, ma July impiantò i piedi per terra bloccandosi ed iniziò a torturarsi le mani; Peter sorpreso da quel gesto si girò.
“Qual è il problema?”
“E se a loro non dovessi piacere?”
Delle povere mani della ragazza ormai rimaneva ben poco.
“Neah, non preoccuparti, a loro piacerai. A noi, d'altronde, basta solo qualcuno che sappia raccontare bene le storie.” Le rispose lui riuscendo a schiodarla e portarla verso l'entrata.
July non era molto sicura; quando la nonna Wendy gliele raccontava, era in grado di cambiare la voce a seconda delle situazioni che si presentavano, di descrivere oggetti e posti utilizzando anche i gesti, era in grado di farti tremare sotto le coperte o di sgranare gli occhi quando l'eroe era in pericolo oppure in un combattimento mortale... ma ormai era passato moltissimo tempo da quando la nonna metteva a letto i suoi nipotini e raccontava loro storie avventurose di imprese eroiche, e July non rammentava più come Wendy facesse, non che l'avesse mai veramente saputo, ma ormai di quelle serate da bambini ricordava poco e nulla.
L'entrata verso la quale Peter stava conducendo la ragazza, consisteva in una porta senza maniglia fatta di rami e viticci intrecciati, incastrata nel tronco di un albero cavo lì vicino.
I due entrarono camminando lentamente, Peter spavaldo come sempre e July a testa bassa; solo dopo, molto lentamente, la ragazza alzò lo sguardo, incontrando otto paia d'occhi che la osservavano alcuni curiosi ed altri sorpresi, ma tutti, eccetto una bambina dai boccoli neri, avevano la bocca aperta per la sorpresa. Trilli soprattutto, che come prima cosa si aspettava una bambina di nove o dieci anni, o comunque più piccola di July ed inoltre, come gli altri, non si aspettava fosse così simile a lei...




 
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Un bussare insistente lo risvegliò dai suoi pensieri.
“Cosa vuoi?” chiese dalla poltrona su cui era seduto con tono burbero, che fece tremare le pareti.
La domanda, come il tono, era inutile, dal momento che sapeva benissimo che l'uomo, per così definirlo, dietro la porta, non lo avrebbe mai disturbato se non per riferirgli la buona notizia che attendeva con assillo.
“È arrivato, Capitano...” disse Spugna con voce tremante.
Non fece in tempo a finire la frase che il Capitano apparve sulla soglia della porta, con gli occhi blu come le profondità marine, luccicanti ed assetati, non certo di Rum.
“Finalmente...” sussurrò a sé stesso ghignando e fissando alcun punto in particolare alle spalle del marinaio.
“E c'è anche un'altra notizia” continuò quest'ultimo guadagnandosi nuovamente l'attenzione di Uncino, che ritornò a fissarlo con sguardo curioso ed impaziente.
“Con lui c'è anche una giovane pulzella, Capitano.” Disse ancora Spugna sorridendo. Un ghigno malefico si dipinse sul volto di Uncino, facendo brillare nuovamente quegli occhi spaventosi quanto affascinanti.













 

N/A:
Hello my people! Mi siete mancati un mondo!
Voglio ringraziare:
ToLaura con cui voglio mettermi in
affari quando lavoreremo alla Disney xD infatti, lei scriverà la storia ed io lavorerò come regista per farla realizzare XD.
Hellen96 con i suoi preziosissimi consigli :P xD (cmq sì: mi piace cambiare le storie, pensa che una volta ho fatto rapire la Regina dai 7 nani) 
Reyna Weasley a cui auguro buona fortuna con la sua storia e la ringrazio. Non capita tutti i giorni di far innamorare qualcuno di un genere ^///^
Truedirectioner97 : Mi fa piacere che tu sia ritornata. P.S. Il 5 al cinema come altre 100000000 persone, scommetto ;)
Le mie carissime Sofia_001 e Lucy ;)  che mi hanno minacciato di uscire dalla lavapiatti e dall'armadio. Questa è stata la cosa che mi ha fatto aggiornare xD. Pensate, però che per tenermi buona una me la porto in vacanza! xP
Spaccheremo di brutto Lucy!!!! 
E.... hola1994 con le sue 'K' le "lo aggiunta" ed i 'kolori' xD ti adoro sorella. 
Te l'ho promesso per cui:
ragazzi votate: volete la varietà di colori o sempre lo stesso?
E' una questione di vita o di morte.... neah scherzo, votate e basta se vi va u.u
Ringrazio anche tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate o che semplicemente leggono. ^^
Questo è tutto gente ci vediamo tra meno di una settimana!!!!
With love
-J




 

 

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Capitolo 6
*** Orsetti, Monete e Incontri inaspettati ***


Neverland

Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

-Licia Troisi.

 

E' impressionante quanto repentinamente le emozioni delle persone, soprattutto dei bambini, possano cambiare.

Dalla gioia al dolore, dall'euforia alla malinconia in una frazione di secondo.

Sconcertante, però, è soprattutto il fatto che sia bastato uno sguardo a sconvolgere ogni cosa.

Un silenzio che turbava tutti si era diffuso nella stanza, la differenza rispetto a poco tempo prima era che nessuno si stava sforzando per mantenere questa quiete, ansi... ai cinque, nonostante gli sforzi, le parole non venivano; nessuno riusciva a formulare nemmeno una sillaba.

La piccolissima Zoey, guardò prima i suoi amici e poi la “mamma” e, non capendo cosa stesse succedendo, con piccoli passi veloci, andò nella stanza di Peter, prese il su orsacchiotto e tornò nella sala, ma trovò che nulla era mutato da poco prima. Chissà, magari Zoey si aspettava che portando con sé quell'orsacchiotto un po' spelacchiato e senza un occhio, tutto si ravvivasse. Arrabbiata con l'orsacchiotto, lo butto in malo modo a terra e mise il broncio; ma lo riprese immediatamente, stringendolo al petto.

Quell'oggetto era l'unica cosa che le faceva ricordare la sua vecchia vita, non che i ricordi fossero allegri, ma quel peluche era l'unico amico che la bambina aveva avuto per molto tempo. Nonostante stesse abbracciando il peluche, sentì, come sempre negli ultimi tempi, di aver bisogno di affetto; di qualcuno che abbracciasse lei, che la curasse, che le rimboccasse le coperte e, istintivamente, si lanciò verso la nuova mamma che l'accolse con una sorpresa che aumentò quando fu sommersa da altri cinque ragazzini urlanti ed eccitati.

Trilli guardava ancora più meravigliata di prima la scena, mentre i bambini, a quanto pare avevano già scordato tutto; ma si sa, ciò che preoccupa un adulto – o in questo caso una fatina quasi adulta - non potrà mai preoccupare un bambino.

 

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Puzza. Tutto ciò che riusciva a distinguere in quel caos era il fetore; fetore di spazzatura, di pesce, della birra che gli ubriaconi avevano appena rimesso, di vasi da notte svuotati dalle finestre e soprattutto, il fetore generale della gente del porto dei marinai.

Era la cosa più disgustosa che il suo “importante” naso avesse mai odorato, nemmeno alla Jolly Roger la puzza era mai stata così forte... e si trovava a bordo di una nave con almeno un centinaio di uomini che di rado ricordavano l'esistenza della mistica cosa chiamata sapone.

Immagino che le domande giungano spontanee: Cosa ci faceva lui, un pirata di alto rango, lì, in quel posto putrido e perché?

Persino lui se lo è chiesto, o meglio, lo ha chiesto alla persona che lo ha trascinato in quel lurido posto, ma non ha ottenuto nessuna risposta e, un po' per curiosità ed un po' per sfinimento, aveva seguito il peggiore dei topi di fogna alla scoperta di un sicuramente fastidioso ignoto.

Uncino seguì Spugna tra la folla che lo spingeva, gli pestava i piedi e lo buttava da un lato all'altro senza la minima cortesia né rispetto.

Ma cosa si aspettava? Era a Evelin's Port, il posto più squallido di tutta l'isola, situato alle spalle del grande vulcano che la divide in due parti e, come avrete capito, questa non era esattamente la parte “migliore”.

“Vedrà Capitano, ho le persone giuste per farle dimenticare tutti i problemi. E poi si sa: ora che abbiamo fatto il dovere, ci attende il piacere.” Disse Spugna precedendo il Capitano in quel marasma di gente. Lui, al contrario di Uncino, non soffriva molto ne della puzza ne del caos; forse perché era abituato al casino ed al puzzo della ciurma, oppure perché, in realtà, in quel posto ci veniva spesso a...rilassarsi.

Spugna svoltò a destra in un vicoletto stretto, fortunatamente per il capitano, meno affollato anzi, decisamente deserto, nonostante le varie case che si notavano lungo la stradina. Queste erano tutte uguali, in tufo che cadeva a pezzi, dal tetto spiovente di legno e le finestre rettangolari senza vetri, ad Uncino sembravano quasi disgustose, lui, in fondo, era abituato comunque al lusso della Jolly Roger, o almeno, al lusso della sua cabina.

Solo un edificio più lontano si distingueva rispetto agli altri: grande, in mattoni rossi, con balconi e finestre dalle vetrate lucide, e con un portone in legno nero. Hook era uomo di mondo e conosceva benissimo cosa significasse quell'edificio, in quel posto:

un Bordello.

 

*&*&*&*&*&*&*&*&*

 

“Vieni, dai! Ti faccio vedere la tua camera!”

Peter già stava salendo delle scale di pietra, July lo seguì a ruota, ma non prima di aver gettato un ultimo sguardo ai bimbi sperduti, che tutti in cerchio cercavano di mettersi d'accordo sulla scelta del gioco; cosa a dir poco ardua.

Era rimasta sbalordita quando, poco prima, l'avevano sciolta da un grande abbraccio e si erano tutti messi in riga al comando del Pan, come tanti soldatini, presentandosi.

Salì qualche altro scalino e si trovò d'avanti ad un'arcata fatta di legnetti, con una grossa pelle di animale che fungeva da porta.

La scostò ed entrò nella stanza.

Peter Pan era in piedi al centro della grande camera. July fece qualche passo avanti e vide difronte a lei una bellissima finestra di legni intrecciati, a sinistra un letto da una piazza e qualcosa con lenzuola bianche e sulla sinistra una grande libreria in legno affiancata da un armadio.

Camminò passando Peter e dirigendosi verso la finestra.

“Non è che ci sia molto, ma ci si può stare.” Commentò Peter

“Scherzi? È bellissima!”

“Mi fa piacere che ti piaccia, ma in realtà l'hanno voluta fare i bimbi sperduti, così. Per me il letto era l'unica cosa importante in una camera da letto.” Finì avvicinandosi.

Ah, ecco, mi sembrava! Il gusto non è qualcosa di comune ai ragazzi!

Pensò la ragazza, ma tenne la bocca opportunamente chiusa, limitandosi a roteare gli occhi.

“Mamma, Pennino vuole giocare a indiani e pirati, diglielo che nascondino è meglio!”

La voce squillante di Orsetto, che apparve all'uscio della porta, interruppe i pensieri della ragazza.

“Mamma, non è vero! A indiani e pirati è più divertente e poi a nascondino fanno contare sempre me, non è giusto!”
Ed ecco che apparve Pennino.

Peter si avvicinò a Orsetto.

Meno male, sistema tutto lui! Pensavo di dover fare io e mettermi uno dei due bimbi contro.

“Orsetto...” iniziò Peter “sanno tutti che indiani e pirati è più divertente di nascondino; fattene una ragione!”

Non ci credo! Ma scherziamo? E lui dovrebbe fare il papà?

“Spostati.” Disse a Peter, dandogli uno spintone e mettendosi di fronte ai due bambini. “Ragazzi, perché non fate prima uno e poi l'altro?”

I bambini si guardavano e poi sorridenti annuirono.

“Si, ma quale prima?” chiese Orsetto.

“Ma è naturale, prima indiani e pirati.” Disse Pennino mettendo le mani sui fianchi e sorridendo.

“Ah, sì? E chi lo ha detto?” Gli chiese Orsetto arrabbiato.

“Ma io, naturalmente!”

Così non si arriva da nessuna parte. E se invece...

“Peter, non è che hai una monetina per caso?”

“Una monetina?” Chiese Peter confuso.

“Sì, una moneta.”

“Dovrei averne qualcuna rubata ad un pirata!”

Rubata ad un pirata?! Il pazzo, se lo avessero scoperto, avrebbe potuto rimanere mutilato e poi al massimo, con Uncino poteva fare la battaglia a uncino di ferro.

Peter diede la moneta alla ragazza furente.

“Facciamo così: se la moneta esce...spade... facciamo prima nascondino, mentre se esce...la nave... si fa prima indiani e pirati.” Disse July girandosi la strana moneta tra le mani, esaminandola.

Guardò i volti risoluti dei due bambini, prese un respiro e lanciò la monetina in aria; quando questa stava a mezz'aria, una mano la rubò.

“Siii! Si gioca a indiani e pirati!” Annunciò Peter volando per la stanza e, subito dopo, rimise la moneta in tasca.

Pennino corse giù per annunciare la bella notizia, seguito da un Orsetto che gridava dicendo che Pennino aveva barato, un Pan sorridente e una July sospettosa.

“Peter ma davvero è uscita la nave?” Gli chiese lei e lui, con la faccia da finto ingenuo, rispose:

“La nave? Perché, scusa, indiani e pirati non era spade?

 

*&*&*&*&*&*&*&*&*

 

“Allora, cosa le ho detto, Capitano? Sapevo che sarebbe rimasto di stucco!” Disse Spugna tutto esaltato.

Il volto un po' rugoso del Capitano si contorse in una smorfia di puro dolore, fastidio, disgusto, disprezzo e rabbia; per poi calmarsi. Stranamente faceva più paura da calmo che da adirato.

“Spugna, caro, vecchio topo di sentina, Spugna. A me non importa di come spendi il tuo denaro da marinaio, di cosa ti piaccia fare nel tempo libero e se te la fai con altre tope di sentina.” Uncino disse il tutto con molta calma, guardando Spugna, che iniziava a temere il peggio, ed il peggio non era certo la morte, con Uncino, la morte era la minore delle pene, secondo Spugna.

“Ma guai a te,” gridò Uncino “se con una scusa mi riporti in un posto simile o un qualunque altro posto! E ora fila alla nave!”

 

“No, non ci posso credere! Uncino, il vecchio Capitano Giacomo Uncino! In realtà, non sei cambiato tanto.” Una vecchia voce rugosa interruppe il simpatico dialogo.

Giacomo Uncino si girò verso quella strana voce, arrivata alle sue orecchie come un getto d'acqua fredda a prima mattina. Fece qualche passo avanti.

“Noi... ci conosciamo?”

Una risata amara sfuggì da quelle labbra increspate “Beh, non si può dire che siamo mai stati amici intimi, ma sì, in certo senso, sì”.

Sia Spugna che il Capitano avevano espressioni concentrate sulla faccia: stavano disperatamente cercando di ricordare chi fosse quella persona.

“Andiamo, davvero nessuno di voi due si ricorda di me? Neanche un pochino? Che delusione...”

Si avvicinò ai due uomini camminando lentamente.

“Peccato, io ricordo entrambi. Va beh, fa nulla. È stato un piacere rincontrarvi.” E fece per andarsene.

“Aspetta!” Disse Uncino facendo fermare la persona. “Quegli occhi, quel volto, io li ho già visti...” e si fermò un minuto. “Chi sei tu?”

“Il mio nome? Davvero non lo ricordate?” Rise sommessamente e sì abbassò a fare la riverenza. “Io, signori, ero un tempo conosciuta da te, Uncino, come l'odiosa ragazzina, ma è passato molto tempo d'allora, adesso sono conosciuta come Beatrice Tarosty.”

 

N/A:
Ciao gente! Ok, come prima cosa, voglio festeggiare con voi i
quasi 200 visitatori!
!!! Sono anche davvero molto orgogliosa, non per il numero di recensioni (5) ma per le parole: tipo mi hai fatto appassionare al genere, mi hai fatto venire voglia di scrivere ecc...
Come diciamo noi a Napoli: c'h este so' soddisfazioni! (non sò se ho scritto bene)
Comunque, spero che vi sia piaciuto, ora vado,ci si sente dopo!
Con immenso affetto e co' tutt'o core

- Giulia

 

 

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Capitolo 7
*** Ti fidi di uno sconosciuto? ***


Neverland
Ti fidi di uno sconosciuto?

“E ricorda Cappuccetto Rosso, non dare mai confidenza agli estranei.”
-I fratelli Grimm, Cappuccetto Rosso.

ATTENZIONE, LEGGERE!
Volevo solo chiarire un punto importante: LA NONNA DI JULY, che se vi ricordate ho nominato nei capitoli precedenti, NON E' LA WANDY CHE CONOSCIAMO, MA LA NIPOTE DI WANDY DARLING!
Chiarirò tutto meglio nei prossimi capitoli.
Detto questo, buona lettura, spero che il capitolo piaccia e mi scuso per gli errori.



Dopo tutti questi anni, ritrovarsi lì, faceva venire in mente ogni cosa: le notti insonni piene di paura, i giochi, le battaglie, ma anche le speranze, le aspettative e le promesse; ormai tutto andato in fumo, quando all'ora pensava che quelle stesse cose sarebbero state il futuro. Non sapeva se ridere o piangere. No, piangere no, non più, mai più...
“Vorrei porle tre domande; la prima: desidera un bicchiere di brandy, Beatrice?”
La voce dell'uomo le arrivò come fosse una secchiata d'acqua al risveglio.
“No, la ringrazio, sto bene così”. Rispose senza emozione. “Preferisco sapere la ragione per la quale sono qui”.
“Cara vecchia amica,” Beatrice alzò un sopracciglio all'appellativo con cui l'aveva chiamata, ma non commentò “stavo per farle la stessa domanda, seguita da: Come siete arrivata?.” Chiese Hook mentre Spugna versava del brandy in un calice di cristallo.
“Questo non credo sia rilevante, considerando che non cambia il fatto che io sono qui seduta allo stesso posto di molti anni fa e lei mi sta interrogando...ancora. A pensarci bene, è tutto molto familiare, Uncino”.
“Caparbia come sempre” disse quasi ridendo “la mia era solo pura curiosità, considerando che all'isola ci si può arrivare solo volando... Ad ogni modo, ripeto la mia domanda: perché siete qui e per qui intendo in questo mondo” Uncino prese un sorso di liquore, assaporando il sapore alcolico.
“Negli ultimi tempi, mi sono accorta che il tempo passa con così tanta semplicità... e, prima di rimanere costretta a letto dalla vecchiaia, voglio sistemare tutte le questioni lasciate in sospeso, compreso l'argomento Pan. Per questo, sono venuta a cercarti, Giacomo Uncino”. Spiegò seria ed impassibile. Lui sbatté il bicchiere sul tavolo, arrabbiato.
“È per questo che è tornata? Per risolvere antichissime questioni amorose di ragazzini e pensa che io possa aiutarla?”
“No Uncino, credo che possa essere io ad aiutare lei”.


*&*&*&*&*&*&*&*&*


July correva attraverso la foresta. I rami le graffiavano il viso e le braccia scoperte, le strappavano il vestito il cui orlo era sporco di terra e le radici degli alberi rendevano la frenetica corsa ancora più complicata. Doveva cercare un posto dove nascondersi e doveva farlo il prima possibile. Si sentì un forte urlo proveniente dalle sue spalle; si girò in direzione della voce continuando a correre, finché il suo corpo non ne colpi uno più grosso, forte e robusto.
Era alto, dai capelli mossi neri d'ebano lunghi fino alla mascella, gli occhi blu che ricordavano le immense profondità marine e la pelle abbronzata di chi lavora per tutto il giorno al sole.
Indossava una maglietta grigia con le maniche tagliate che metteva in risalto le spalle larghe ed i possenti muscoli delle braccia.
Il sole che lo illuminava da dietro lo faceva sembrare ancora più imponente sulla figura della ragazza.
“Mi dispiace, vi siete fatta male?” Chiese premuroso lo sconosciuto.
vi siete fatta male?” Wow, strano trovare qualcuno in questo posto che sia così educato.
“No, vi ringrazio, e voi?” Rispose July.
“Nulla. Piuttosto, stavate correndo, c'è qualcuno che vi insegue?” Continuò guardando alle spalle di July se ci fosse qualcuno.
“No, non c'è nessuno. Vi ringrazio, ma in questo momento ho bisogno di trovare un nascondiglio.” Disse guardandosi intorno.
“Siete sicura che non ci sia nulla di preoccupante?” Chiese interessato.
“No, nulla. Per favore, ora devo andare.” July passò il ragazzo e continuò la sua camminata per il bosco, lasciando il ragazzo lì con la bocca aperta.
“Aspetta,” la chiamò lui venendole dietro “se hai bisogno di un posto dove nasconderti io conosco il posto perfetto.” La ragazza si fermò permettendogli di raggiungerla.
“Va bene... però smettila di darmi del voi, sono solo July”. La ragazza gli porse la mano destra.
“Io mi chiamo Jake.” Il ragazzo la strinse. “Seguimi, non è molto lontano.”
Jake la precedette attraverso la foresta, facendo strada. July camminò seguendolo senza nemmeno dar voce alle sue milioni di domande; come sotto ipnosi, voleva chiedere dove fosse questo posto, voleva chiedergli da dove venisse e perché la stesse aiutando, voleva andarsene, girare le spalle e scappare, ma c'era qualcosa che glielo impediva.
Forse perché sembrava un tipo affascinante, misterioso, un diavolo ammaliatore.
“Vieni.” July nemmeno aveva fatto caso al fatto che il ragazzo si fosse fermato. Ora le stava tendendo la mano ai piedi di un grande cavità nel terreno alla base di un grosso albero.
“Dove porta questo...passaggio?” Chiese titubante senza accennare a voler prendergli la mano.
“Dai, seguimi” vedendo la faccia poco convinta di July, continuò “Ti fidi di uno sconosciuto?”
No, no, no e poi, NO! E poi, col cavolo che io seguo un tizio appena incontrato in un buco sottoterra che chissà dove porta, chissà cosa c'è all'interno e chissà se crolla.
“Va bene, mi fido.” Gli prese la mano.
No, aspetta, COSA?
Tenendola per mano, Jake la guidò attraverso il buio e scuro tunnel sotterraneo.
July seguiva il ragazzo che stava continuando sicuro.
Poi finalmente chiese:
“Scusa ma dove porta questo tunnel?”
“Seguimi e vedrai.” Rispose lui facendo ancora strada.
Qualcosa si vedeva in fondo, come una piccola luce.
Forse si esce...
“Chiudi gli occhi, così dopo lo spettacolo è ancora più bello.” Le disse Jake girandosi a guardarla. July obbedì tenendosi alla sua mano, che la guidava.
“Va' bene, aprili!”
Si trovavano in una caverna, la più bella che July avesse mai visto.
Diamanti, smeraldi, topazi, rubini, opali, ed ogni tipo di pietra preziosa era incastonata in un punto della caverna, e tutte insieme creavano una luce che aveva i colori dell'arcobaleno.
*&*&*&*&*&*&*&*&*


“Certo che secondo me, la mamma si è nascosta proprio bene!” Disse Volpe grattandosi la testa. I bambini erano tutti in uno spiazzo della foresta, insieme a Trilli e Peter, che avevano catturato tutti... tranne July.
“Ragazzi, silenzio! Ho bisogno di pensare! Allora, abbiamo cercato per tutta la foresta, e... se i pirati l'avessero catturata?” Azzardò Peter camminando avanti e indietro, per poi fermarsi mentre pensava all'ultima possibilità.
I bimbi sperduti sobbalzarono sgranando gli occhi: la cosa era possibile.
“Peter, amico,” disse Pennino avvicinandosi “non essere catastrofico, avrà soltanto trovato un buon nascondiglio...”
“Il punto è che abbiamo perlustrato tutta l'isola che non c'è!” Continuò Peter
“Allora è questo il punto!” Gridò Orsetto. “Peter Pan è stato battuto e non lo vuole ammettere!” Tutti i bambini più Trilli scoppiarono a ridere.
“Non, è vero! Io non sono stato battuto! Solo... che non l'ho ancora trovata!” Sbotto lui voltando le spalle ai bimbi, incrociando le braccia e mettendo il muso.
“Dai, non è la fine del mondo, se vuoi possiamo aiutarti a cercarla.” Propose Pennino.
Peter si girò lentamente guardando le facce sorridenti dei bimbi.
Uff, ma perché non la lasciamo in pace nel suo nascondiglio per, circa... non so, un mese? Un anno? Per sempre?
Pensò la dolce Trilli.
“Andiamo, allora!” Decretò il Pan. I bambini esultarono, Trilli sbuffò e le ricerche ricominciarono.


*&*&*&*&*&*&*&*&*


“È... magnifico...” commentò July guardandosi in torno.
“Speravo che ti sarebbe piaciuto...” Rispose lui.
Delle voci si sentirono provenire da fuori.
“Chi è?” chiese Jake.
“Le persone da cui stavo scappando.” Disse la ragazza quasi ridendo. “Non preoccuparti, sono solo dei bambini, ma ora devo andare... è stato un piacere incontrarti.” concluse lei un po' triste di doverlo lasciare così presto, in fondo era un ragazzo simpatico e... carino, decisamente carino.
“Non preoccuparti, anche io credo di dover tonare. Ci vediamo domani qui?” Propose Jake spostandosi un ciuffo di capelli neri dagli occhi.
“ Si...” risponse July sorridendo “Ciao Jake.” Salutò con la mano.
“Ciao July, a domani.” Ricambiò Jake fissandola intensamente mentre usciva. La ragazza sentì qualcosa di caldo formarsi all'altezza delle guance, che pizzicava e scottava.
Cosa diavolo succede?
N/A:
Volevo ringraziare tutti perchè considerando tutti e due i posti dove ho pubblicato, ho avuto un totale di 27 recensioni!
Non è molto, ma fanno sempre piacere. Non scriverò "se non lasciate recensioni non scrivo più", perchè mi sembra un ricatto e poi non è vero xD.
Comunque è vero che le recensioni aiutano a scrivere. Non voglio farvi sentire obbligati, per cui chiudo qui.
Mi scuso per il disaggio di prima, io ODIO il nuovo editor!! Happy Week! (Yeah, i hate monday too... si, il mio inglese è pietoso)
-Giulia!!!!














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Capitolo 8
*** La Festa dei Fuochi ***


La Festa dei Fuochi.
 

"Donna gelosa, donna pericolosa."

-Proverbio.

Qualche passo ancora e sarebbe arrivata alla tribù; anche se il cesto di rami e foglie secche che portava in grembo non l'aiutava e, queipochi metri sembravano svariati chilometri. Tutto ciò perché "maschi ballare, femmine legna procurare!" Se avesse sentito la vecchia Budi ripetere quella frase, anche solo un'altra volta, sarebbe diventata un pirata! No, forse Giglio Tigrato non si sarebbe mai spinta fino a quel punto ma... Beh, di sicuro avrebbe fatto sentire le proprie ragioni.
L'accampamento era nel delirio più totale, esattamente come l'aveva lasciato. Vedeva alcuni degli uomini portare la selvaggina appena cacciata, altri trasportare grossi pilastri di legno, aggiustare archi, frecce e lance seduti in gruppo. Mentre le altre ragazze buttavano la legna che, come lei, avevano raccolto e cucinavano o rammendavano pelli con le più anziane. Lei... Non avrebbe mai potuto far parte di... quello. O meglio, si vedeva a cacciare, ad affilare le armi, non certo a cucire; sapeva fin da prima di ritrovarsi a Neverland, che non era quello il suo posto, ed anche all'isola le cose non cambiarono molto, finché Peter Pan non ne fece parte; da quel giorno tutto divenne un'avventura. É questo di lui che l'affascinava molto, il suo coraggio, la sua furbizia, la genialità, e beh, tutto. Fu Peter a farle conoscere ciò che le mancava: l'avventura, la libertà.
Oh, al diavolo Budi! ...E al diavolo pure quello che tutti credono di me; posso essere una principessa ma preferisco un arco alle corone di fiori!
Pensato questo, gettò la cesta a terra con tanto di rami e ramoscelli che si sparsero ovunque e, sbattendo i piedi per terra, fece retrofront e si addentrò nuovamente nel bosco, anche se sta volta la sua destinazione era un tantino diversa.

*&*&*&*&*&*&*&*&*

"Sinceramente, questo é un nascondiglio fantastico." Osservò Peter Pan davanti all'entrata della galleria. "Ma dove porta?" Peter si sporse per esaminarla meglio. July dietro di lui, si sentiva come sull'orlo di un burrone e sapeva che di li a poco sarebbe precipitata.
"Non porta da nessuna parte, é solo un vicolo cieco! E poi é pericoloso." Cercò di fargli cambiare idea, poverina non sapeva ancora che quella parola, pericolo, avrebbe soltanto infiammato di più lo spirito del Pan.
"Bene, perché se così non fosse non sarebbe entusiasmante." Spiegò lui inoltrandosi nella caverna.
O Dio, lì dentro c'é ancora Jake! Chissà cosa penserà Peter quando capirà che sono stata tutto il tempo con un ragazzo, da sola! /n.a. A quel tempo ( per tutta la prima parte del '900) era considerato " sconveniente " per una ragazza stare da sola con un maschio, soprattutto, incontrarsi in un luogo isolato non faceva ben pensare./
"Voi restate qua e non muovetevi, noi torniamo subito." Un ultimo avviso per i bimbi sperduti che la guardavano straniti prima di buttarsi a capofitto dietro Peter Pan.

Qualche passo e le tenebre presero il posto della luce.
"Peter dove sei?" I suoi occhi cercavano inutilmente la figura del Pan nel buio.
"July? Sono qui più avanti." Rispose lui da un posto non ben definito.
"Peter hai visto, non c'é nulla qui. Torniamo indietro, per favore!" Chiese lei quasi supplicando, ma continuando ad avanzare lentamente.
"Sí, dammi solo un minuto, credo di vedere qualcosa; é luminosa, ma non sembra la luce del sole, ha un colore diverso..." Disse ancora lui.
"No, Peter! Dobbiamo uscire ora!" Disse arrivando a lui.
"Dai, non fare così, ci stiamo divertendo. E poi non preoccuparti, cosa ci può essere di così pericoloso." Lui si fermò davanti a lei. In quel momento July capì che qualunque cosa avrebbe detto non sarebbe mai riuscita a dissuaderlo.
"Va bene, tanto non c'è modo di farti cambiare idea"
Peter la condusse più avanti con sé mettendole un braccio intorno alle spalle; cosa che diede a July una strana sensazione, non era brutta, ma le fece venire la pelle d'oca su tutto il corpo.
Ecco che davanti ad entrambi comparvero le pareti di pietre preziose...

*&*&*&*&*&*&*&*&*

Il vento le passava veloce tra i capelli scuri.
Giglio Tigrato aveva il suo modo personale di volare, invece di usare la polvere di fata, preferiva saltare da un ramo all'altro della fitta boscaglia; lo trovava più rilassante e trovava estremamente liberatoria la forte spinta che dava quando doveva saltare, sembrava ogni volta che si liberasse da un pesante macigno.
Mentre attraversava la foresta, le parve di sentire delle voci ridenti molto familiari. Si fermò un secondo, appoggiandosi ad un albero, riprendendo fiato e prestando attenzione al vociare. Con lo sguardo ne cercò la fonte e i suoi occhi caddero su dei bambini poco più in là rispetto al suo albero; saltando atterrò in piedi vicino al tronco e molto silenziosamente si avvicinò al piccolo gruppo.
"Cosa state facendo?" Esordì con voce squillante. I bambini sperduti e Trilli sobbalzarono: non si erano accorti minimamente di lei.
"Ciao Giglio Tigrato." La salutò Pennino.
"Ciao anche a voi. Allora, cosa fate?" Chiese ancora.
"Aspettiamo che Peter esca dalla caverna." Rispose Orsetto indicando l'entrata. Trilli si avvicinò all'orecchio della principessa e, scampanellando, le disse qualcosa che, a Giglio Tigrato, non diede propriamente a genio.
"Peter é lì dentro con chi?"

*&*&*&*&*&*&*&*&*

Peter aveva uno sguardo estasiato, mentre July... Beh, cercava Jake con lo sguardo, ma stranamente non lo trovava.
Com'è possibile che se ne sia andato, da qui non ci sono uscite e fuori dalla caverna ci siamo stati noi per tutto il tempo. Dovrebbe essere ancora qui. DEVE essere ancora qui.
"Complimenti July, é davvero un posto bellissimo." Disse Peter in un sussurro. July gli rivolse la sua attenzione, anche un po' confusa.
"In che senso?"
"Sei stata tu a scoprire questo posto e perciò, gli daremo il tuo nome." Spiegò lui convinto fissando la parete di fronte a lui.
"Beh, grazie..." Rispose distogliendo leggermente lo sguardo.
"Non c'é di ché. Piuttosto credo che dovremmo impedire che qualcuno la chiami in qualche altro modo."
"E come, scusa?" Chiese lei scettica.
"Semplice, lo scriviamo." Lui la guardò, alzando un sopracciglio, con un sorriso provocatorio a mezza bocca. Si avvicinò di più a July, la sua mano arrivò fino alla tasca destra e prese il suo pugnale, che mise tra lui e La ragazza, tenendolo per la lama.
July lo guardò intensamente, in fine prese il coltello, sorridendo anche lei e accettando la sfida. Lo passò due volte davanti ai loro volti, mantenendo il contatto visivo. L'uno scavava nell'animo dell'altro.
D'improvviso July si bloccò, appoggiò la lama del coltello sulla parete di pietra e piano piano iniziò ad incidere.
Il nome JULY, di dimensioni medie spiccava su quella parete, vicino un diamante. Il pugnale fu porto, con un sorrisetto soddisfatto, a Peter, che lo prese e scrisse a sua volta il suo nome vicino a quello della ragazza.
Ogni uno ammirava la propria opera soddisfatto. Fu allora che sentirono qualcuno chiamare del tunnel e, qualche momento dopo, si intravide la figura di Giglio Tigrato.
"Ciao Giglio Tigrato!" Peter le corse in contro salutandola con un amichevole abbraccio. Purtroppo la principessa quasi non ci fece caso, la sua attenzione era tutta per l'altra ragazza, che prima era in piedi poco lontano dal giovane Pan. Giglio Tigrato e July, in realtà, si stavano scambiando qualcosa di leggermente più aspro, arrabbiato, infastidito e geloso di un semplice sguardo curioso.
"Ciao Peter... Lei chi é, scusa?" Alla principessa piaceva arrivare al punto in fretta.
"Sono July, July Cook." Si presentò lei precedendo Peter. "E tu saresti?"
"Giglio Tigrato, unica principessa dell'Isola che non c'è." Rispose acidamente. "Curioso il tuo cognome; Cook si avvicina molto ad Hook, non sembra solo a me, Peter?"
July non fece altro che alzare un sopracciglio in segno di sopportazione. Peter provò a parlare ma July sembrava incredibilmente più veloce di lui.
"Scusami, cosa vorresti insinuare?"
"Io?" Chiese Giglio Tigrato con fare innocente. "Assolutamente nulla, volevo soltanto dire che è una strana coincidenza."

Ti prego Dio, trattienimi perché ora la picchio.

"Senti cara principessina de-"
"Come mai sei venuta a cercarmi?" Peter si intromise prima che July potesse dare inizio ad una vera e propria rissa.
"Volevo soltanto fare quattro chiacchiere con te prima della Festa dei Fuochi." Giglio Tigrato alzò le spalle con noncuranza. "Ormai, credo sia già il tramonto ed é ora di incamminarci, se non vogliamo essere in ritardo, giusto?"
"Sì, hai ragione, é meglio iniziare ad andare." Concordò il Pan. La principessa fece strada con un sorriso soddisfatto e July seguiva vicino all'unica persona pacifista lì.
"Peter scusami, ma cosa sarebbe la Festa dei Fuochi?" Gli chiese la ragazza incuriosita.
"In sostanza una festa dove ci sono sei piccoli fuochi in cerchio ed uno molto grande al centro. Capirai tutto quando lo spiegheranno alla tribù."
"Alla tribù degli indiani? Per cui ci sarà anche Miss Giglio Tigrato." Borbottò July.
"Mi sembra inevitabile, visto che é la sua di tribù. E comunque sarà molto divertente; ti farò conoscere un sacco di persone simpatiche, come Giglio Tigrato."

... July sbiancò...

*&*&*&*&*&*&*&*&*

Giglio Tigrato aveva ragione, era il tramonto e quando lei, July, Peter Pan, Trilli e i Bimbi Sperduti arrivarono all'accampamento degli indiani, il cielo era già scuro.
Durante il tragitto, i Bimbi Sperduti chiesero di sapere ogni cosa sulla caverna misteriosa, ma non avevano idea della piccola lite al suo interno e, quando Peter raccontò loro l'accaduto, romanzando un po', non ne fece minimo accenno. Quando arrivarono all'accampamento, la sera era già scesa, il suono incalzante dei tamburi rimbombava nelle orecchie, ma non era fastidioso e i fuochi creavano un magnifico spettacolo di ombre che lasciava tutti a bocca aperta.
"Certo che gli indiani hanno fatto proprio un bel lavoro..." Commentò Peter. Gli altri non risposero, troppo occupati a cercare di svegliarsi da quel sogno a occhi aperti.
"Peter vieni, ti faccio vedere come hanno decorato l'accampamento quest'anno." Propose Giglio Tigrato tirando Peter per un braccio e allontanandosi con lui.
"Trilli" July chiamò la fatina "senti, si sa che Peter é distratto e, sopra pensiero, potrebbe sai, cadere e farsi male... Perché, per sicurezza, non lo segui?"
Campanellino sorrise in modo maligno e annuendo, seguì il ragazzo e l'indiana; poi July si rivolse ai Bimbi Sperduti.
"Allora bambini, cosa si fa di solito quando gli indiani organizzano queste feste."
"Beh, si fanno molte cose" Rifletté Pennino.
"Si canta." Disse Volpe sorridendo.
"Si balla." Dissero i Gemelli imitando una strana danza.
"Si mangia." Continuò Orsetto.
"E si ascoltano le storie del vecchio Hummat." Finì Piccolo.
"Chi é il vecchio Hummat?" Chiese ancora July.
"É il saggio del villaggio." Le rispose ancora Piccolo come se fosse ovvio.
"Racconta sempre le leggende della tribù, é vecchio e molto molto saggio." Spiegò Zoey eccitata. "Guardate, sta iniziando!"
Non lontano da lì, infatti, molti indiani erano seduti a semicerchio intorno ad un vecchio uomo seduto su un tronco tagliato; i bambinicorsero estasiati a sedersi, seguiti da July che, come incrociò le gambe, fu chiamata da Zoey che le bussava sulla spalla.
"Posso sedermi lì?" Chiese indicando le sue gambe.
"Certo." Acconsentì July sorridendo anche se un po' sorpresa. Così facendo la dolce Zoey, si accoccolò tra le gambe, appoggiando la piccolaschiena contro il petto della ragazza.July si guardò intorno, vedendo i Bimbi Sperduti sparsi qua è là e, poco lontano, Peter Pan seduto vicino Giglio Tigrato, ma decise di nondavi molta importanza, rivolgendo invece la sua attenzione al vecchio Hummat che, dopo aver esaminato i presenti uno ad uno, decise diiniziare la sua storia...
 

N.A.
Salve gente, è passato un po' di tempo lo so e per cui questa non sarà sicuramente la mia performance (?) migliore.
Dico a mia discolpa che non è facie scrivere quando hai tibia, perone, caviglia e piede rotti e con dei ferri dentro.
Grazie a Dio SognatriceAdOcchiAperti mi è stata vicino, xD.
Comunque mi scuso x i sicuri errori di grammatica, ortografia e sintassi; ringrazio tutti i miei amori grandi che mi hanno lasciato un recensione nel capitolo precedente e anche quelli che si limitano a leggere.
Vi Amo Ragazzi.
Ora vado, scrivo il capitolo successivo, così mi faccio perdonare xD.
- I'll love for a thousend years... (?)
Giulia
P.S. Vi farò innamorare di Jake! *-* <3

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Capitolo 9
*** La storia del vecchio Hummat ***



La storia del vecchio Hummat.

N.A. Questo capitolo non è importante, nella storia, ma poiché avevo scritto questa parte, ho pensato di dedicarle un capitolo intero, al posto di metterla con quello seguente. Spero che questa storia vi piaccia.
-July.

"Tanto tempo fa, vi era una ragazza che viveva con i suoi sei fratelli minori, senza né madre né padre. Ogni mattina, quando i sei fratelli andavano a caccia, lei usciva di casa e si allontanava nei boschi per incontrare un orso, del quale era innamorata. Un giorno però, uno dei fratelli si accorse di aver scordato a casa le frecce, così vi ritornò per prenderle, ma si accorse che la sorella lì, non c'era; preoccupato, corse nel bosco e, dopo tanto cercare la trovò. Le chiese cosa stesse facendo e lei, dopo la sua insistenza, decise di mostrargli il segreto e lo portò a conoscere l'orso. Il fratello, però, non capendo e spaventato per sé e per la sorella, con un colpo di freccia, uccise l'orso. La sorella, distrutta, abbracciò il corpo dell'orso, macchiandosi le mani di sangue. Dopo che ella ebbe versato molte lacrime, tornò a casa con il fratello ed insieme raccontarono l'accaduto agli altri cinque fratelli. La notte però, la sorella, l'unica che aveva toccato il sangue dell'orso, si trasformò in un orsa e, senza avere coscienza delle sue azioni, uccise tre degli uomini della tribù. Questo fu per tre notti; la quarta notte i fratelli si accorsero di chi fosse in realtà l'orso e il giorno dopo lo dissero alla sorella. Ella, presa dal senso di colpa, si suicidò. I fratelli, prendendo il suo corpo in mano si macchiarono anch'essi le mani col sangue e temendo di trasformarsi in orsi a loro volta e fare del male alla tribù, si suicidarono. Gli uomini e le donne della tribù, grati per il loro sacrificio, chiesero allo sciamano di dare loro nuova vita, così egli li trasformò in stelle splendenti; la sorella divenne la Stella Polare e, con i sei fratelli, costituisce l'Orsa Maggiore."
Un grande applauso si levò da parte di tutti i presenti. 
"Ora," disse il vecchio Hammut "che ogni uno di voi si diverta, in questa notte, dove le stelle sono più splendenti e, ancora, proteggono questa tribù."



















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Capitolo 10
*** I Giochi dei Fuochi ***


I Giochi dei Fuochi

N/A: Volevo avvisare che questo capito (e anche quelli futuri) potrebbero contenere un leggero OOC. Colgo l'occasione per scusarmi per il ritardo ^///^ , evidentemente ho passato troppo tempo a chiacchierare con SognatriceAocchiAperti xD.
Il punto(ho deciso, poiché é passato molto tempo, di ricapitolare il tutto molto schematicamente, in 4 punti fondamentali.): 
1. I bambini sperduti e Trilli sono abbastanza sicuri che July abbia una faccia conosciuta; tranne per Zoey.
2. Uncino ha incontrato una "amica di vecchia data" di nome Beatrice Cook.
3. July ha incontrato un ragazzo estremamente affascinante di nome Jake.
4. July e Giglio Tigrato non vanno tanto d'accordo. 
É tutto. E come dice la mia grande maestra di scrittura, una ragazza americana, Enjoy it!
Felici Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore.
-Susanne Collins, The Hunger Games.
I tamburi messi a cerchio avevano cambiato ritmo, ma continuavano a riempire l'atmosfera di divertimenti che era la Festa dei Fuochi; il ritmo si alzò e d'improvviso, un uomo li fermò. Aveva la carnagione scura, capelli corvini, tratti maschili ben pronunciati, un po' di barba insipida sul volto e zigomi alti. Aspettò che tutti gli dessero attenzione e si zittissero, prima di iniziare a parlare.
"Amici, compagni, fratelli, ringraziamo tutti lo spirito Aquila perché anche questo anno per la Festa dei Fuochi ci siamo tutti riuniti. Per ringraziare gli spiriti, ci sfideremo tutti nei giochi di forza, coraggio e onore, I Giochi dei Fuochi."
Tutti gli uomini e ragazzi della tribù acclamarono e ulularono come lupi al chiarore della luna.
 
*&*&*&*&*&*&*&*&*

July si fece spazio tra la folla che si era formata ad ascoltare quell'uomo, cercando Peter Pan. C'erano molte cose che voleva chiedergli su questa Festa dei Fuochi. Per prima cosa era molto curiosa di sapere chi fosse ed inoltre voleva assolutamente capire cosa fossero questi Giochi dei Fuochi.
Un uomo estremamente robusto le si stagliava di fronte.
"Mi scusi, potrei passare? Lì c'è il mio amico e vorrei raggiungerlo..." Spiegò July con voce anche piuttosto intimidita.
L'uomo emise qualcosa di simile ad un grugnito primitivo.
"Come scusa? Fai il giro lungo, femmina." Rispose sputando dopo l'ultima parola.
Non l'ha detto mica davvero, spero...
"Scusami?"
"Che c'è? Oltre a essere femmina sei pure sorda? Ho detto che devi fare il giro lungo e non dare fastidio a chi è meglio di te."
Mio... Dice davvero... Peggio per lui.
July non aveva una forza soprannaturale ma probabilmente la rabbia accentua la forza delle persone, perché sennò quel gancio destro non avrebbe fatto così male al bestione. L'uomo si toccò il labbro spaccato da cui usciva del sangue e guardò July con occhi furenti; intanto le persone vicine ammiravano lo spettacolo.
"Tu! Come ti permetti? Piccola .... " Fece per schiaffeggiarla ma gli arrivò altro pugno; stavolta non era stata July...
"Forse non lo sai, ma le ragazze non si toccano." Peter si trovava tra July e lo schiaffeggiato con il pugno destro ancora chiuso e le nocche sporche di sangue.
July era lì, con gli occhi sgranati; avrebbe voluto ringraziarlo o arrabbiarsi perché si era intromesso, ma comunque avrebbe prima dovuto farsi passare lo choc.
"Tu! Inutile moscerino volante! Me la paghi, questa." Poi guardò verso l'uomo che all'inizio aveva fatto un gran discorso sulla Festa ed a gran voce disse " Io sfido Peter Pan ai giochi dei forza."

*&*&*&*&*&*&*&*&*
"Peter, non sai quanto mi dispiace." July seguiva Peter senza sapere davvero quale fosse la destinazione.
"Perché?" Le rivolse uno sguardo confuso lui.
"È colpa mia se quel bestione ti ha sfidato... A proposito, grazie per avermi difeso e tutto ma ero perfettamente in grado di gestire la situazione." Continuava lei.
"Figurati, é stato un vero piacere." 
July non capiva se Peter sentisse solo quello che voleva sentire o se scegliesse di ignorare quello che non gli andava a genio, sospirò arresa.
"Hai almeno una piccola, piccolissima idea che ti tirerà fuori da questo pasticcio?"
"No." Risposta secca e sorriso beffardo; sì, doveva essere proprio Peter Pan.
"E sai a cosa ti sfiderà?"
"No"
"Almeno sai a cosa potrebbe sfidarti?"
"Ad uno sport o alla caccia, questi sono i Giochi dei Fuochi: sfide di mezz'ora, tranne che per la caccia; nulla di particolare, ma è divertente."
Al miracolo! Peter Pan ha risposto in modo intelligente a qualcosa.
Peter continuò. "Probabilmente alla lotta." July impuntò i piedi difronte a lui.
"E giustamente tu lo dici come se nulla fosse! Perché sicuramente quello" e alzò il braccio sopra la testa ad indicare qualcosa di molto grande "si fa battere da... Te."
"Ehi! Non eri tu quella che era perfettamente in grado di gestire la situazione?"
Ma allora mi sente quando parlo! Brutto...
"E poi non preoccuparti, July. Io sono Peter Pan e me la cavo sempre; improvviserò."

*&*&*&*&*&*&*&*&*

"Forza Peter!"
"Fagli vedere Bulder!"
Gli indiani si erano divisi in due fazioni, ogni una delle quali incoraggiava il rispettivo campione. Nonostante Peter avesse dalla sua parte il maggior numero di indiani, non stava facendo una gran bella figura...
Un pugno di Bulder lo fece cadere poco valorosamente nella pozzanghera, in modo che si sporcasse tutto il viso di fango.
"Bravo Bulder!" Alcuni indiani urlavano. July si avvicinò a Peter senza però sporcarsi le scarpe col fango.
"Certo che sei proprio bravo ad improvvisare, Peter." Sul suo viso di lei era dipinto un gran sorriso beffardo. "Come va il tuo piano?"
"Ci sto lavorando." Peter si pulì il viso con le mani.
"E poi, se è così che combatti i pirati..." Lo prese in giro.
"Ehi!" Pete le rivolse uno sguardo d'accusa. Poi... Il suo volto si illuminò. "Hai ragione!" Si rimise in piedi e con un gesto nervoso si levò lo sporco dal viso.
"Ehi Bulder, hai mai visto le stelle di giorno?" Bulder non ebbe il tempo di realizzare le parole del Pan che un nuovo pugno ben assestato gli arrivò in pieno viso, lasciandolo stordito e col naso storto.
"Ora le hai viste" la folla non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
Bulder si rialzò e si avvicinò minaccioso al ragazzo. "Te le do io le stelle, mocciosetto da strapazzo"
Peter si mise una mano sul cuore, aveva uno sguardo indignato sul volto "Mocciosetto da strapazzo? Seriamente, mi sono offeso."
Peter adocchiò una pietra poco più in là, abbastanza alta, ma non più di lui. Velocemente volò sopra Bulder e vi ci si parò davanti. L'uomo si diresse verso il ragazzo con passi pesanti, preparò il pugno ma come stava pre toccare il ragazzo, Peter sgusciò di lato e la mano di Bulder andò a finire direttamente sul masso.
Il suo viso divenne rosso, mentre la mano diventava viola.
July scoppiò a ridere e vide che poco più in là anche dei bambini ridevano piegati in due, senza riuscire a contenersi.
"Pssss pssss" July si girò e vide gli occhi verdi del ragazzo "Guarda bene dove metti i piedi. " lui le fece l'occhiolino e volò via alla carica.
Cosa intende dire?
Peter si mise di fronte Bulder, ancora stordito per il dolore, e semplicemente, gli fece la linguaccia. Bulder fece un paio di passi indietro, sorpreso come tutti i presenti; Peter, volando, e continuando a fare facce buffe, lo faceva indietreggiare ancora di più.
July notò che stava casualmente indietreggiando verso la sua posizione.
Ah ecco...
Mentre Bulder stava passando davanti, il suo piede finì, guarda caso, tra quelli dell'uomo, che cadde pesantemente a terra, provocando ancora grandi risate da parte di tutti. Boulder stava per rialzarsi quando una specie di corno, ma dal suono più dolce, fece bloccare tutti.
L'uomo che aveva introdotto a tutti la Festa dei Fuochi, dall'identità ora conosciuta per July, che lo identificò come il Capo Indiano, si fece largo tra la folla.
"Bulder è a terra, Grande Aquila Volante ha vinto."
Gli indiani scoppiarono in applausi fragorosi e July capì, per esclusione, che Grande Aquila Volante doveva essere per forza Peter.
Il ragazzo si alzò in aria, si levò il cappello e si inchinò al pubblico che applaudì entusiasta.

*&*&*&*&*&*&*&*&*

Trilli, July, i bimbi sperduti e Peter Pan ritornarono al campo per trovare che la musica era ripresa, e molti degli indiani che non avevano visto i Giochi di forza, ballavano battendo i piedi e emettendo, molto realisticamente, versi simili a quelli degli animali. Volpe, che era per altro il bimbo sperduto a cui piacevano di più queste feste, chiuse gli occhi e poté vedere, nella sua immaginazione, lupi che correvano affamati per i boschi inseguendo chissà quale preda, sopra di loro una civetta stanca e annoiata che non riusciva a dormire e guardava tutto con occhi assonnati, e aquile che volavano nel cielo imbrunito. Volpe si gettò tra gli indiani seguito dagli altri bambini e, tutti insieme, imitarono a modo loro la danza e i versi indiani.
Rimasero Peter, Trilli e July a guardare lo spettacolo, indecisi sul da farsi. Fortunatamente arrivò Giglio Tigrato a rallegrare gli animi.
"Dai Peter vieni a ballare, sappiamo tutti che sei un ottimo ballerino, perché non ci fai vedere anche quest'anno?" Trilli si aggrappò al colletto di Peter, ma Giglio Tigrato lo tirò talmente forte per un braccio, che la fece volare via. La povera fatina "impuntò" i piedi e guardò il duo andarsene con la faccia rossa. Poi le venne in mente una cosa...
Ma, fermi tutti! É semplicissimo! I nemici dei miei nemici sono miei amici, per cui se mi farò aiutare dalla ragazza...... July! Si, ecco, se mi farò aiutare da July a sbarazzarmi di Giglio Tigrato é fatta! E poi dovrò preoccuparmi solo di lei, anche se non mi aspetto chissà cosa, se ne andrà dopo un po' come tutte le altre, però in tanto può farmi comodo. Devo fare la carina con lei o almeno non esagerare, e forse, ansi sicuramente mi aiuterà e poi, farà ritorno a casa sua come se nulla fossa e io avrò una Giglio Tigrato in meno di cui preoccuparmi. É geniale!
Trilli si girò verso July che fissava la festa sentendosi a disagio, come un elemento in più in quel ambiente che però non ci sta bene, come un lillà tra i gigli, appunto. A Trilli fece quasi tenerezza, ma non troppa, ricordate che le fate sono naturalmente piccole, e non hanno spazio per più di un emozione, Trilli poi, era persino bassa ed una emozione veniva facilmente sovrastata da quella dietro che, impaziente, voleva subito prendere il sopravvento.
Così ritornò al suo "piano", o almeno ci provò, visto che l'emozione di prima voleva di nuovo il suo posto; e così, visto che non riusciva a decidersi, si allontanò, decidendo che fosse più importante discutere con sé stessa il piano prima di metterlo in atto.
July si strofinò le braccia e si sedette su un tronco poco distante, aspettando la fine della festa.



N/A:
Hei, c'è qualcuno? Non so se ci siete, ma se ci siete - e io lo spero tanto- questo messaggio è per voi. Probabilmente vi aspettavate che Peter prendesse July e la coinvolgesse in una danza romantica ma non è finito così, semplicemente perché all'autrice (io, se non si fosse capito) non andava. Il momento JP (July-Peter) ci sarà nel prossimo capitolo e ci saranno anche altre curiosità.
Chiedo scusa per il ritardo anche perché dispiace a me per prima, ma ho appena dovuto superare un trauma infantile: ho scoperto che nella vera storia PP è C.A.T.T.I.V.O.
Ringrazio SognatriceAdocchiAperti per avermelo fatto superare xD.
Ad ogni modo, le recensioni fanno piacere e aiutano a scrivere; ma non sentitevi forzati, a me x prima danno fastidio le storie dove c'è scritto O LASCI UNA RECENSIONE O NON LEGGERE, è fastidioso.
P.s. Inizia da ora il programma "interviste". Voi domandate ai personaggi delle cose dal loro punto di vista, immaginate siano reali e chiedere loro ciò che preferite.
Ok, mi dileguo.
-J







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Capitolo 11
*** Notte Di Luna ***


Notte di Luna


"Wendy" disse Peter con una voce a cui nessuna donna avrebbe potuto resistere "Wendy, una ragazza vale più di venti bimbi sperduti".
-J. M. Barrie, Peter e Wendy.

Premessa: capitolo piccolo e dolcioso. Non guardate me, sono state le mie mani a farlo, perché volevano un po' di JulyxPeter time xP e... Scusate per il ritardo.

La banda era diretta all'Albero dell'Impiccato; la festa si era conclusa con una cerimonia e come simbolo di onore un copricapo di penne di uccello per i vincitori dei Giochi. 
Per tutto il tragitto Zoey tenne la mano di July, raccontando l'incontro di Peter e Bulder come se la ragazza non ci fosse stata, ma July ascoltava pazientemente:
"Hai visto l'incontro? Quel coso era grosso e spaventoso ed era tutto argg argg. Però poi papà è volato davanti e-"
"Papà?" Chiese July con aria interrogativa.
"Sì, papà" rispose la piccola Zoey indicando Peter che volava poco più avanti "e tu sei mamma" indicò July.
"Mamma?"
"Sì, sempre che tu voglia essere la mia mamma." Zoey abbassò gli occhi colpevole "Sai, l'altra mia mamma mi ha lasciato in un giardino e non è più tornata. Diceva sempre che era colpa mia che papà l'aveva lasciata da sola con me. Poi papà Peter mi ha portato qui con gli altri bimbi sperduti e qualche tempo fa gli ho chiesto una mamma. Lui aveva detto che le mamme spesso deludono i figli, che ci dimenticano, ma poi ho insistito tanto e lui ha detto sì; tanto tu rimani qui, quindi non puoi dimenticarci, giusto?"
July, seriamente toccata dalle parole della bambina, non riusciva a dirle che prima o poi avrebbe dovuto fare ritorno a Londra; così, forse per codardia o forse, in fondo, per bontà di cuore, le rispose sorridendo, non molto convinta, così "Giusto; probabilmente da ora non avrò nemmeno un secondo di vita senza te o un altro dei bimbi sperduti."
Zoey sorrise soddisfatta; qualche passo dopo, la bambina la chiamò "Mamma"
July si girò sull'attenti e la cosa sorprese la ragazza per prima "Dimmi Zoey"
"Mi fanno male le gambe, sono stanca. Quando arriviamo?"
"Presto."
"Ora?"
"Un altro po' di pazienza."
"Ora?"
"Non ancora."
"Ora?"
"Tra poco."
"Mamma..."
"Sí...?"
"Mi porti in braccio?"
"Va bene."

*&*&*&*&*&*&*&*&*


Ora che erano tutti all'Albero dell'Impiccato, July mise i bambini a letto e mentre si dirigeva verso la camera che le aveva dato Peter, intravide una figura particolarmente nervosa in cucina; July entrò senza fare rumore. Peter cercava inutilmente di pulirsi il taglio che aveva in viso ed intanto imprecava a bassa voce.
"Posso darti una mano?" July chiese quasi timidamente.
"Non ti preoccupare, ho quasi fatto." Rispose lui.
"Va bene, allora buona notte." Ritornò sui suoi passi, ma sentendo un'alta imprecazione, si voltò e avvicinandosi al ragazzo, gli tolse il panno sporco di mano.
"Devi sciacquarlo, se no la ferita non si pulisce e ti brucia solamente." Si avvicinò al lavabo sotto gli occhi sorpresi del ragazzo e sciacquò il panno, da cui caddero acqua e sangue misti a sporco; riempì due brocche d'acqua e si diresse verso il ragazzo.
"Siediti."
"Grazie July, ma so pulirmi un taglietto da solo."
"Infatti lo stavi facendo nel modo giusto. Ora siediti." Ordinò.
Peter obbedì; July mise le brocche sul tavolo lì vicino, immerse lo straccio nella prima e fece per appoggiarlo sul taglio del ragazzo, che si scansò di scatto.
"Che c'é?"
"Nulla, solo che non sono molto abituato."
"Non dirmi che hai paura di farti pulire un taglietto." July ritrasse la mano con un sorriso beffardo. Peter riavvicinò il volto e July appoggiò il panno con una smorfia di dolore da parte del ragazzo. La ragazza dovette ammettete che il taglio era abbastanza profondo e sporco; immerse nuovamente il panno pulendolo dalla nuova sporcizia e ripeté l'operazione un paio di volte.
"Hai dell'alcol?"
"Alcol?"
"Sì, vanno bene anche delle bevande alcoliche."
"Vedi lì, ci sono delle cose che abbiamo rubato dalla Jolly Roger, non abbiamo fatto molto caso a cosa c'era dentro, ma tu prova a vedere."
July si avvicinò ad una grande sacca di stoffa e tra oggetti vari trovo una bottiglietta di liquore da 20 volumi. Ritornò al tavolo e versò parte del liquido nella seconda brocca, vi ci bagnò il panno e lo avvicinò alla faccia del ragazzo, che si ritrasse di nuovo.
"Che c'é ora?"
"Mi brucerà?" Il ragazzo aveva un tono spaventato e July aveva perso la pazienza.
"Scherziamo?" Capì che non era così quando vide l'espressione seria del Pan. "No, non ti brucerà."
Tempo di appoggiare il panno sopra al taglio che Peter, che il ragazzo saltò in aria, lasciandosi a mezz'aria.
"Brucia!" Le disse indignato. "Perché mi hai detto una bugia?"
"Seriamente Peter, se ti avessi detto la verità ti saresti fatto toccare?"
"Beh, no."
"Visto? Ad ogni modo vieni qui e fatti finire di medicare." Visto che Peter non si muoveva, aggiunse "Dai, Peter! Non dico -Fai l'uomo- perché ti offenderesti, ma almeno sii coraggioso!"
Peter lentamente si risedette sulla sedia e July riprese a fare il suo lavoro; vide che Peter aveva una smorfia di dolore dipinta in viso, ma come biasimarlo? Il taglio era profondo e l'alcol brucia molto. 
Peter fissava July, che continuava facendo finta di non accorgersi di lui, e si rese conto di come la ragazza sembrasse diversa. Quando era bambina aveva gli occhi luminosi e pieni di meraviglia, poi piano piano aveva visto quegli occhi spegnersi. Sí, Peter Pan era tornato molte volte alla finestra della ragazza, non solo quando Zoey aveva fatto la sua richiesta, ma anche altre volte, per assicurarsi di non essere dimenticato. Purtroppo però aveva visto il ricordo di sé scivolarle dalla memoria, aveva visto che quella ragazza si era fatta sopraffare dalla ragione, aveva visto il suo sguardo farsi più cupo, e aveva visto quella finestra chiudersi sempre di più; finché aveva deciso che non avrebbe lasciato che qualcun altro lo dimenticasse e sarebbe stato lui stesso a riaprire quella finestra. Se non avesse visto la July bambina, diventare la July ragazza che ora aveva davanti, non avrebbe giurato che fossero la stessa persona.
L'isola che non c'é é un posto pieno di divertimento, perché lei sembra quasi non riuscire a divertirsi pienamente? Le si é anche spenta quella luce che aveva negli occhi. Se voglio che rimanga almeno un po' devo riaccenderla.
"Ho finito." July risvegliò Peter dai suoi pensieri e si diresse verso il lavabo per sciacquare ciò che aveva usato.
"July senti, visto che alla festa eri tutta sola..." Iniziò Peter da dietro le sue spalle.
Ma non mi dire, Peter. Mi ha portato ad una festa dove non conoscevo nessuno e mi hai mollato su un tronco in solitaria per andartene in giro con Miss CeL'hoSoloIo.
"E... beh, che ne dici se andiamo ad un'altra festa?" Continuò il ragazzo.
"Dí di sì!" Si sentì una voce di bambina dire da fuori la cucina. Peter alzò un sopracciglio e sorrise verso July.
"Zitta Zoey." Volpe ammonì quella voce.
"Zitti tutti e due o ci sentiranno." Disse Pennino.
July interruppe tutti. "Peter, mi dispiace ma le feste di questa isola non mi attirano poi tanto."
"No..."
"Zitto Orsetto, o ti scaglio contro Zeoy."
A Peter scappò una piccola risata. "E se ti dicessi che la organizzo io per te, per farmi perdonare?"
Un brusio indistinto si alzò da fuori la cucina. July guardò verso Peter con un sorrisetto scherzoso. "Facciamo così, se vado di là e vedo che i bambini dormono nei loro letti, possiamo andare."
Correndo e passando gli uni sugli altri, tutti i bimbi sperduti furono nei loro letti - che si trovavano nella stanza affianco - in meno di un secondo. July e Peter sbucarono dalla cucina e si diressero verso i letti dei bimbi sperduti, lì videro tutti nei loro letti che facevano finta di dormire. Mentre July guardava il dolce Piccolo nel suo letto che faceva finta di dormire, senza troppo successo, Peter le disse con un sorriso "Allora, che si fa?"
*&*&*&*&*&*&*&*&*

L'odore salino del mare inondava completamente le narici. La luce delle stelle, insieme a quella della luna, non bastava a illuminare tutto. Il mare calmo, rispecchiava quell'unica fetta di luna, ma per il resto sembrava una grande distesa buia, quasi spaventosa, diversa dal mare che costeggiava l'isola di giorno.
"Come mai mi hai portato qui, Peter?" Chiese July a Peter steso sulla schiena sulla sabbia vicino a lei.
"Pensavo ti piacessero le feste con poche persone, inoltre é bellissimo qui, no?" Disse lui.
"É uno scherzo, vero?" July alzò un sopracciglio.
"No, perché?" Rispose Peter, con un sorrisetto che July interpretò male; credendo stesse a significare una presa in giro, che sommata a come Peter aveva reso divertente l'inizio serata, la fece ribollire di rabbia; tanto che la ragazza si alzò di scatto e si diresse verso la direzione verso cui pensava fossero venuti. Peter si alzò subito e la afferrò per un braccio.
"Ehi, aspetta! Va bene, se erano delle scuse quelle che volevi, bene. Ma che avete voi ragazze? Fate sempre le offese!"
"Noi facciamo sempre le offese?" Disse July girandosi di scatto e liberandosi dalla presa del Pan "Ma ti sei reso conto di quello che hai fatto? Mi hai portato su un'isola, promettendomi un gran divertimento e poi mi hai portato ad una festa dove mi hai lasciato lì come una sciocca due volte, ad aspettare che tu tornassi, dopo essere andato a scorrazzare con quella."
"Quella?" Chiese Peter confuso.
"Sí, Quella! Dimmi esattamente perché volessi che venissi qui, perché volevi una badante? Perché sicuramente non mi sto divertendo."
Peter scoppiò a ridere. "July, sei seria?" 
"Sì, molto"
Peter smise di ridere. "Va bene, scusa... Vuoi fare una nuotata?"
July spalancò gli occhi. "No, cosa? Siamo nel bel mezzo di una discussione e tu vuoi fare una nuotata?"
"Lo prendo per un Sí..." Peter caricò una July urlante sulle spalle, corse verso il mare, si immerse fin scopra la vita e poi buttò July in acqua.
"PAN!" Urlò July quando riemerse. "Ti rendi conto di quello che hai fatto? Guarda il mio povero vestito!"
Peter cercò di nascondere una risata "Tu ti preoccupi del vestito, io mi preoccuperei dei capelli. Non sapevo fossero così crespi."
"Brutto Pan! Questa me la paghi!" July si buttò su Peter immergendolo completamente; quando si tirò su ridendo vide che il Pan non risaliva.
1... Te lo sei meritato, Peter.
2... Peter?
3... Peter? Perché non riemergi?
4... É cosí scuro, non si vede nulla...
5... Peter, dove sei?
6... Peter, mi sto preoccupando...
7... Peter, basta con questo scherzo...
8... Peter, ho paura...
9... Peter, ti prego...
10... "Peter!" Il grido della ragazza squarciò la calma di quella notte.
July si sentì afferrare le caviglie e in una frazione di secondo si vide sommersa dall'acqua fin sopra la testa, per poi riemergere pochi istanti dopo.
Si stropicciò gli occhi, cercando di levarvi l'acqua salata; quando la vista non fu più appannata, rivolse uno sguardo omicida al ragazzo ridente di fronte a lei "Peter! Perché l'hai fatto?" urlò quasi. 
"Fatto cosa, esattamente?" Replicò il ragazzo con aria innocente.
"Buttarmi in acqua, ecco cosa! E ben due volte! Poi..." July abbassò la voce e incrociò le braccia dando le spalle al ragazzo. "Pensavo fossi affogato, mi sono spaventata."
Sentì l'acqua vicino a lei muoversi e poi qualcosa molto simile a delle braccia l'afferrarono e la sollevarono.
"Oh, povera July preoccupata!" Peter la fece girare in aria tenendola ancora stretta e ridendo; mentre July rideva a sua volta tra le grida. "Mettimi giù, Peter!"
"Assolutamente no!"
"Peter!" Gridò ancora la ragazza ridendo; finché Peter non la mise di nuovo in acqua; l'abbassò fra le braccia, per non farla cadere. Quando July mise i piedi a terra, Peter la teneva ancora per la vita, sempre abbracciata da dietro. July non aveva il coraggio di muoversi, rimase immobile, sentendo il fiato caldo sul collo che la fece rabbrividire; la ragazza ruotò un po' il volto, abbastanza da incontrare gli occhi del ragazzo. Per pochi secondi, che ai due sembrarono ore, non mossero un muscolo; bastò che le stelle sfavillassero che Peter Pan abbassò lo sguardo e July ruotò la testa, facendo qualche passo avanti nell'acqua.
July guardò il debole riflesso delle stelle nel mare. Non mi sembra giusto! La serata era iniziata talmente bene...
"Peter, grazie per stasera, mi sono molto divertita." July si girò lentamente.
Peter alzò lo sguardo verso di lei, sorpreso; pensava che se la sarebbe presa, e invece...
"Anche io..." mosse qualche passo verso la bionda, che gli rivolse un debole sorriso. 
"Ti va di tornare all'Albero?" 
Peter porse il braccio scherzosamente. "Solo se lei mi accompagna, signorina."
"Come potrei mai rifiutare una tale offerta?" Rispose allo stesso modo July; mettendo il braccio sotto quello del Pan e uscendo dall'acqua, i due si diressero verso l'Albero dell'Impiccato.


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Capitolo 12
*** Il lato oscuro dell'isola ***


Il lato oscuro dell’isola.

Buonanotte, Buonanotte! Separarsi è un sì dolce dolore, che dirò buonanotte finché non sarà mattino.
-William Shakespire, Romeo e Giulietta.

“Visto? Le avevo detto che tutto sarebbe andato secondo i piani.” La voce stranamente allegra e compiaciuta di Uncino sembrava un quasi un mormorio, tra la musica e le grida che gettavano la Jolly Roger nel caos più completo. Movimenti simili a passi di ballo e salti facevano rollare la nave; cosa che a Beatrice diede molto fastidio, anche tutta l’esuberanza della ciurma la faceva decisamente innervosire, per non parlare dell’atteggiamento spavaldo del loro capitano. Beatrice guardò tutto con una smorfia di ribrezzo. Un marinaio le si avvicinò, aveva il petto simile a quello di una scimmia e la puzza… Beatrice, in tutta la sua vita non aveva mai odorato qualcosa di più disgustoso; aveva in mano una bottiglia e questo spiegava il suo andamento incerto e gli occhi addormentati.
 Arrivò davanti la donna “Ehi, bella signora, me lo dai un bacino? O anche le labbra sono invecchiate?”
Beatrice sbuffò annoiata “Siete talmente noiosi voi uomini”. La donna cacciò un coltellino a scatto dalla tasca, sotto lo sguardo di Spugna, Uncino e il marinaio. Prima che uno dei tre potesse realizzare ciò che stesse accadendo, il coltello fu conficcato nell’addome dell’uomo, che cadde a terra. La ciurma di bloccò, smise di suonare, ballare e Spugna fece cadere la scatola di sigari che teneva aperta per il Capitano. Beatrice prese un fazzoletto dalla tasca e vi pulì il coltello.
Uncino lo guardò  attentamente: c’erano già delle macchie di rosso, scuro, sangue secco. Quante persone aveva già ucciso quella notte?
Beatrice si girò verso la ciurma “C’è qualcun altro a cui piace scherzare?”
 
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July si era svegliata presto, quella mattino, grazie alla luce che entrava dalla finestra in camera sua. Si era vestita in fretta, indossando una cosa che aveva ritenuto sempre affascinante: dei pantaloncini, in pieno stile “Peter Pan” preso dall’armadio e una camicia. Era poi scesa dopo aver scritto una nota, dicendo che sarebbe andata a fare una passeggiata e sarebbe tornata in un paio d’ore. Voleva vedere l’isola ed avere un po’ di tempo da sola per pensare. Non sarebbe potuta rimanere lì per sempre, le mancava la famiglia ed era sicura che anche lei mancava a loro; ma per tornare ci sarebbe stato tempo: era lì solo da un giorno.
Un giorno, July fece il punto continuando a camminare quante cose sono accadute, in un giorno… Sono arrivata su un’isola incredibile, più spettacolare di ogni altra isola di cui abbia mai letto, ho conosciuto de bambini meravigliosi, una fatina arrogante e gelosa, con il fastidio comune per Giglio Tigrato, una principessa fastidiosa possessiva. Infine, Peter il ragazzo meraviglioso da cui ogniuna, me compresa vorrebbe un bacio ma… giustamente, come può una persona baciare un’altra che a stento conosce? Probabilmente è colpa mia; dovrei darmi una regolata.
“July!” Una voce maschile la svegliò dai suoi pensieri.
“Jake?” Lei sgranò gli occhi riconoscendo il ragazzo poco lontano “Ma come? Non ti fai più vedere e poi sbuchi così?” Continuò in una risata.
“Beh, è destino allora!” Sorrise lui avvicinandosi “Che cosa fai da queste parti?”
“Stavo facendo una passeggiata… sai, per vedere l’isola”.
“Se vuoi, posso farti da guida. Conosco posti magnifici” si offrì il ragazzo.
“Mi piacerebbe, ma non posso allontanarmi troppo. Non ho uno spiccato senso dell’orientamento e non sono sicura riuscirei a ricordarmi la strada”. Rispose July un po’ imbarazzata.
“Dai, l’altra volta il mio posto speciale ti è piaciuto un sacco, o sbaglio?” July non poté fare altro che farsi sfuggire una piccola risata. “Facciamo così” continuò Jake “se tu riesci a ricordare la strada fin qui, io ti guido e ti riporto esattamente dove siamo ora. Che dici, affare fatto?” Le diede la mano e July non poté far altro che sorridere e stringergliela dicendo “Affare fatto”.
 
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Scherzando e chiacchierando Jake condusse July attraverso un sentiero che ovviamente la ragazza non conosceva. Andando più avanti il sentiero si faceva più stretto e la foresta s’infittiva sui loro capi; Jake sembrava non farci caso, July invece vedeva man mano la luce scomparire e il paesaggio farsi più cupo, ma si fidava del ragazzo che avanzava convinto.
Jake si fermò quando la ormai buia foresta si apriva a semicerchio, e sui rami più alti degli alberi si vedevano appollaiati dei grossi uccelli scuri, simili a corvi.
“Jake, è questo il posto?” Chiese la ragazza un po’ delusa.
“Sì, fidati. Ora dobbiamo solo aspettare.” Il bruno guardava dritto di fronte a sé.
“Aspettare cosa, esattamente?” July chiese un po’ delusa.
“Noi.” Una voce profonda e matura, disse alle spalle dei due ragazzi.
July quasi non aveva il coraggio di girarsi; quando lo fece, i suoi occhi verdi incontrarono quelli freddi e spaventosi quanto affascinanti di Giacomo Uncino. La ragazza sgranò gli occhi e fece un passo indietro, sbattendo contro qualcuno. July non ebbe il tempo di capire chi fosse che un affilatissimo coltellino a scatto le fu puntato alla gola.
“Buongiorno, nipotina” La donna disse dando un amorevole bacio sulla guancia a July.
“Beatrice!” Lei quasi ringhiò “Jake, cosa…? Che stai facendo?”
Jake, rimasto in disparte a guardare la scena, puntò gli occhi sulla ragazza. “Mi dispiace July, ma ho una sorella e una madre cui badare". July parve non sentirlo e lo fissò gettando con gli occhi quanto più odio aveva in corpo. Lui mosse qualche passo verso la giovane, avvicinandosi al suo orecchio, in modo che solo lei potesse sentirlo “Spero solo che nessuno si faccia male”.
Uncino rise alla scena “Jake, che hai ragazzo? Se ci vuoi giocare, potrai farlo dopo.”
Jake si spostò disgustato in disparte vicino un albero. July cercò di liberarsi ma Beatrice la bloccò ancora di più, parlandole “Non ti conviene muoverti, dolcezza. Basta un mio piccolissimo movimento del polso e, in poco tempo, sarai morta dissanguata”.
Questo la convinse a stare ferma
“July! July dove sei?” Una voce scosse l’animo di tutti i presenti.
July provò a gridare “Pet-” Beatrice le impiantò il coltello ancor più nel collo; costringendola ad ammutolire. Uncino la interruppe “No Beatrice, lasciamo che il nostro Pan venga a salvare la sua donzella. Altrimenti dove sarebbe il divertimento?” Beatrice sorrise, fece strusciare la lama per il collo della ragazza, procurandole piccoli graffi sulla pelle.
“July!” Il grido si fece ancora più forte.
“Si sta avvicinando” commentò Jake .
Uncino guardò la ragazza con un ghigno “Che fai? Ora non gridi più?” July stava lì a fissarlo, zitta. Poi fu Beatrice a parlare in tono pazzo “Grida July, o ti farò gridare io!” Le diede una gomitata abbastanza forte da farla cadere e sbattere la testa a terra. Per un momento, che sembrò eterno, i suoni si ovattarono e il mondo divenne buio come la notte più oscura di tutte.
“July!” La voce di Peter sembrò volerla svegliare, e lei avrebbe davvero voluto rispondere, ma non ci riusciva; provò a urlare, ma la voce non arrivò e le labbra non si mossero; cercò di aprire gli occhi ma nemmeno quelli sembravano ubbidirle.
 
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Jake guardò Peter Pan scendere in picchiata verso la ragazza, dalla sua posizione vicino l’albero. Beatrice aveva gli occhi sbarrati e le pupille dilatate che emanavano pazzia, tanto che persino Giacomo Uncino sembrava spaventato, ma non abbastanza da bloccarsi. Infatti, quando il Pan toccò il suolo con i piedi, il Capitano gli fu immediatamente addosso, bloccandolo per le braccia; nonostante Peter si ribellasse, Uncino lo teneva ben stretto.
Beatrice, ai cui piedi giaceva July in stato di parziale incoscienza, schernì il ragazzo “Che hai Peter? Ti dispiace così tanto per la tua protetta, poverina?” La donna caricò e tirò un calcio  nelle costole della ragazza, facendola rimanere piegata in due e senza fiato; poi camminò verso il ragazzo, che non poteva far nulla “Non trovi assurdo quanto mi assomigli? Stessa pelle candida, stessi occhi verdi lucenti; l’unica differenza sono i capelli: i miei erano molto più belli, lunghi, mossi, corvini…”
 
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July aprì gli occhi dopo aver preso abbastanza aria da “sbloccare” i polmoni; vide Beatrice davanti a Peter, gli sentì dire delle parole “Cosa ti è successo, Bea?” sembrava dire con tono dolce e addolorato, sentì la voce di Beatrice “Sono cresciuta” ed il sussulto di Uncino e Jake; vide quest’ultimo farsi qualche passo più avanti; vide l’orrore negli occhi di tutti, tranne di Beatrice che le stava di spalle, quando la donna alzò il coltellino con cui l’aveva minacciata e vide il coltello entrare profondamente, fino al manico, nel fianco di Peter Pan.
“Peter!” Il grido le scappò in modo incontrollato. Quando la donna estrasse il coltello, il giovane si portò le braccia a coprire la ferita che sgorgava di sangue. Uncino lo lasciò fare, capendo che orami non era più una minaccia e Peter cadde a terra.
Gli occhi di July iniziarono a riempirsi di lacrime e lei nemmeno se ne accorse, non riusciva, come nessun altro tra i presenti, a realizzare cosa fosse successo, tranne che per Beatrice; lei prese dalla tasca il fazzoletto e vi pulì il coltello come se nulla fosse successo. “Andiamocene, non abbiamo altro da fare qui; paga il ragazzo e torniamo alla nave.” Si rivolse a Uncino.
L’uomo ci mise un minuto a risvegliarsi dalla trance e l’aggredì “Come ti permetti? Avevamo un accordo: il ragazzo era mio; e come osi impartirmi ordini? Io sono Giacomo Uncino, Capitano della Jolly Roger.”
“Potrai anche essere un capitano, ma ora non siamo sulla tua nave e, nessuno è in costretto ad obbedirti. Qui siamo sulla terra ferma, e vige la legge del più forte, Hook. Se poi preferisci che ti provi chi è il più forte, non lamentarti quando avrai un polmone trafitto. Il Capitano non poté far altro che seguire la donna nella fitta boscaglia, dopo aver lanciato del denaro ai piedi di Jake.
Come se ne furono andati, anche lui e July si ripresero. La ragazza si alzò in fretta in piedi e corse da Peter. La maglia era piena di sangue, così come la parte superiore dei pantaloni; l’odore acre le riempì le narici. Guardò la faccia sofferente del Pan: le sopracciglia arcuate, gli occhi chiusi e la mascella serrata in una smorfia dolente. “Peter, per favore, resisti. Dobbiamo andare a casa, ti prego alzati!” Cercò di prenderlo per le spalle, ma era troppo pesante.
Il moro si avvicinò “Aspetta, ti aiuto.”
“Non toccarlo, Jake!” Lo aggredì. “Come ti permetti anche solo di parlarmi, eh? Io mi sono fidata di te e guarda: ora è colpa tua se è ferito!”
Jake abbassò lo sguardo solo per un attimo “Lo so, ho sbagliato; ma ora, se non mi lasci la possibilità di aiutarti, non sarà colpa mia se morirà dissanguato.”
July non ebbe molta scelta, si morse il labbro e si fece aiutare.
 
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Trilli amava i bimbi sperduti: per loro era rimasta lì quando Peter, vedendo che July non era tornata per pranzo, era andato a cercarla. In effetti anche Trilli l’aveva trovato strano; ma sapeva, facendo parte della categoria, che alle ragazze piace starsene un po’ da sole. La sua preoccupazione si era fatta sentire quando nessuno dei due era tornato; i bambini le avevano chiesto quando “mamma e papà” sarebbero tornati, lei non aveva saputo rispondere.
Aveva tirato un sospiro di sollievo quando aveva sentito la porta aprirsi, ma lo aveva ricacciato subito dentro vedendo la scena.
Ora era lì, a coprirsi con le mani un grido uscitole nel vedere July e un ragazzo portare Peter sudato, tremante, incosciente e ferito in casa.
“Volpe libera il tavolo” ordinò July; il bimbo buttò tutto per terra. July e Jake non diedero importanza alle domande dei bimbi e misero il Pan sul tavolo. “Trilli!” July richiamò la fatina alla realtà che si era avvicinata volando velocemente. “Vai al campo degli indiani, lì sono organizzati, ci deve pur essere un medico o qualcosa del genere: portalo qui il prima possibile.”
“July, io posso fare qualcosa?” Chiese Jake.
La ragazza cercò di chiarire le idee. “Mi serve un coltello, bende, moltissime bende - sono nel bagno di sopra - alcol, e acqua.” Jake fu fortunato che la cucina aveva pochi cassetti in cui cercare e prese un grosso coltello affilato che porse a July, insieme ad una brocca d’acqua; poi corse sopra a prendere le bende. July prese il coltello e iniziò a tagliare la maglia intorno alla ferita: avrebbe potuto infettarla. Jake tornò dal piano di sopra con più bende che una persona sola avrebbe potuto sorreggere. July provò ad asciugare la ferita ed ordinò a Jake di prendere l’alcol dalla stessa saccoccia in cui l’aveva preso lei la sera prima; prese l’alcol e lo apri, gettandolo completamente sulla ferita. Peter gridò talmente forte che avrebbe potuto rompere i timpani.  
“Shh, lo so, va bene Peter, è passato.” July cercò di rassicurarlo con parole dolci ed accarezzandogli la faccia. “Se non smette di uscire sangue è tutto inutile” mormorò lei più a sé stessa che ad altri.
“Cosa possiamo fare?” Chiese  Jake
“Aspettare il medico o quello che è, e sperare che non faccia troppo tardi”.
Grazie alla polvere di fata, non ci mise troppo ad arrivare, con Trilli e Giglio Tigrato; ma July era troppo distratta e preoccupata per pensare a lei. Il guaritore fece uscire tutti, chiudendosi in cucina con Peter, e July andò in bagno a lavarsi le mani dal sangue; la principessa la seguì.
“Cosa gli hai fatto, strega?” Le urlò contro.
“Va’ via, Giglio Tigrato, non sono in vena”. Non le diede retta lei.
“No, finché non mi dici cosa è successo” July l’afferrò per un braccio “lasciami, come ti permetti?” La principessa sembrò disgustata; la presa si fece più forte.
“Forse non hai capito come stanno le cose: Peter è di là con un ferita che potrebbe costargli la vita e l’ultimo dei miei pensieri sei tu!”
“Ah, sì? E come mai lui ha una ferita? È colpa tua!”
July caricò uno schiaffo, ma Jake arrivò tra le due “Calmatevi leonesse. Principessa, venga con me…” Trascinò la ragazza lontano da July che salì nel bagno vicino camera sua. Si chiuse la porta alle spalle e corse verso il lavandino, aprì l’acqua con un rubinetto a pompa e si lavò le mani, sporche e incrostate; cercò di pulirle dal sangue secco, dal sangue secco di Peter che non sembrava levarsi. Le strofinava, si graffiava, ma non riusciva a lavarle bene; strinse i denti, li digrignò, gli occhi si bagnarono, si lasciò scivolare a terra e iniziò a piangere di rabbia, perché sapeva che Giglio Tigrato aveva ragione…
 
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Pennino aveva ordinato a tutti si allontanarsi dalla cucina, dicendo che poi avrebbe chiesto alla mamma cosa fosse successo; ora stavano tutti seduti nel soggiorno ad aspettare. Orsetto aveva un panino tra le mani ma, stranamente, non gli aveva dato nemmeno un morso. I gemelli cercavano qualcosa di divertente da dire o fare ma nulla sembrava colpirli. Volpe era seduto a fissare il pavimento. Piccolo si rigirava tra le mani la piccola spada in legno e Zoey pettinava una bambola come in trance. Nelle loro menti c’era un mondo, ma ora, non sapevano come esprimerlo.
Pennino vide arrivare Giglio Tigrato e l’altro ragazzo, identificato come quellocheeratornatoconmammaepapà, che si sedettero insieme a loro.
“Come state bambini?” Iniziò Jake.
“Come sta Peter?” Iniziò Pennino.
“Come ti chiami?” Continuò Orsetto.
“E Cosa è successo?” Finì Volpe.
“Già Jake, cosa è successo?” Incalzò Giglio Tigrato.
Il ragazzo si sentì con le spalle al muro e cercò di cavarsela nell’unico modo che conosceva “Sai che sei proprio una bella ragazza, principessa?” L’apostrofò passandole una mano tra i capelli.
Lei lo guardò “Non mi abbindoli e non mi fido di te”.
Si sentirono dei passi e tutti si girarono a vedere lo sciamano comparire sulla soglia.
“Vado a chiamare July” annunciò Jake.
 
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“July, lo sciamano ha finito” la voce di Jake risvegliò la ragazza.
July si alzò da terra, si pulì gli occhi con il dorso delle mani e si guardò allo specchio: gli occhi gonfi, rossi e bagnati, le labbra sporche di sangue colato dalle guance pallide, su cui spiccava un taglio profondo sul lato sinistro. Si era punita. Si era punita perché era stata colpa sua. Spostò una ciocca di capelli davanti al viso, per coprire quello scempio.
“Ci sei? Stai bene? Vuoi che lo faccia salire anche da te, lo sciamano?” Insistette lui.
“No, Jake; sto bene. Esco!” In fretta scese le scale passando il ragazzo a testa bassa, per non farsi vedere. Tutti erano raccolti in torno allo sciamano: un uomo alto, dai capelli lunghi e scuri come la carnagione, pieni di penne e monili.
Parlò nella sua lingua e Giglio Tigrato tradusse per lui “Il ragazzo è forte… ma la ferita era profonda” a July per un secondo mancò il respiro e girò la testa “gli spiriti mi hanno aiutato, ma io non sono uno di loro… deve mangiare e bere molto e stare al caldo… se il ragazzo supererà la notte, guarirà senza problemi, se no…”
“Giglio, cosa ha detto? Parla, Giglio Tigrato!” La Principessa alzò gli occhi verso la ragazza e nulla avrebbe potuto parlare più di quello sguardo, che i bimbi non seppero interpretare.
July corse in cucina, Giglio Tigrato cadde a terra, Jake le mise una mano sulla spalla per rincuorarla e Trilli si soffocò un grido con le mani e corse nella sua stanzetta a piangere.
July guardò Peter incosciente sul tavolo: la maglia era stata tolta e fasce gli avvolgevano l’addome. Si avvicinò al ragazzo; notò che aveva il viso più rilassato ma sempre sofferente, avrebbe voluto fare qualcosa ma non poteva. Chiamò Jake e si fece aiutare, insieme allo sciamano indiano, a portare Peter nel letto e July lo coprì con una coperta di pelli.
Il guaritore convinse Giglio Tigrato a seguire gli ordini del padre e tornare al campo, e July convinse Jake ad andare con loro.
La ragazza prese una sedia e si sedette vicino al letto del Pan; in quel momento entrarono i bambini e si misero tutti intorno al letto.
“Mamma, cosa è successo?” Chiese Volpe.
July non voleva allarmarli, ma non voleva nemmeno dire una buglia; così disse semplicemente la verità “Uno scontro con i pirati”.
“Chi era il ragazzo?” Chiese Orsetto.
“Un amico, più o meno…”
“Mamma…”
“Dimmi Piccolo”
“Quando si sveglia Peter?” Chiese lui con un po’ di timidezza.
“Presto…” spero “ragazzi, è tardi, andate a riposare. Peter sta bene, é solo stanco.” Mentì, sapendo bene che né Pennino né Volpe c’avevano creduto. July accompagnò i bambini a letto e li abbracciò: sperava stessero bene, nonostante la serata impegnativa. Stava per tornate in camera, ma passando davanti alla porta di Peter non ce la fece ed entrò. Prese una sedia e l’affiancò al letto, per poi sedercisi sopra. Guardò il ragazzo steso, con le braccia lungo il corpo, il viso un po’ indurito e il corpo rigido. Entrò la fatina, che si mise sul comodino dall’altro lato del letto, anche lei a fissarlo, con le ali curve.
July strinse la mano di Peter come a volergli dare la sua forza; le parole dello sciamano la tormentavano; Peter doveva superare quella notte. July sapeva che ce l’avrebbe fatta e, quando si sarebbe svegliato, tutti sarebbero stati lì ad accoglierlo; lei per prima non voleva abbandonarlo, perché l’attesa sarebbe stata ancora più dolorosa.
Sull’isola lo sapevano tutti; ogni foglia di ogni albero, ogni roccia, ogni abitante dell’isola, ogni abitante del mare e ogni abitante della Jolly Roger: quella sarebbe stata una lunga ed aspra notte… 
N/A:
Ehi ragazzi, come va? lo so, tremendo ritardo, ma la scuola mi ha tenuto molto impegnata e poi, vi ho ripagato con un ottimo capitolo ;)
Non molto altro da dire, ringrazio recensori, le persone che hanno messo la storia tra preferite-ricordate-da recensire e i lettori silenziosi.
Mi piacerebbe avere più recensioni, ma va bene :/ , mi accontento, anche se fanno scrivere più velocemente.
Spero piaccia, un bacio
-J

 

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Capitolo 13
*** La verità. Parte I: Evelin's Port ***


Nei capitoli precedenti:

Capitolo 2: Vecchie conoscenze

[…] Rispose Beatrice alzando gli occhi dal portagioie e posandoli con rancore su Peter, che abbassò lo sguardo. “Ora cosa vuoi fare Peter? Portarla all’isola che non c’è, a Neverland, farle vivere grandi avventure e poi cosa? Riportarla a casa e scordarti di lei? È una vecchia storia Peter, sempre la stessa. Non dico che non le guarderai le spalle, che non la difenderai a costo della tua stessa vita, che le insegnerai a combattere e le farai vivere la più grande esperienza della sua vita, la più entusiasmante che si possa desiderare, ma dopo?” […] “Hai pensato a cosa succede dopo? Al fatto che rimarrà a pensarti ogni giorno, ad aspettarti ogni giorno alla sua finestra e tu invece a scorrazzare senza renderti conto del vuoto che lasci ovunque passi?”

Capitolo 5: Yo ho! Yo ho! E una bottiglia di rum.

“No, non ci posso credere! Uncino, il vecchio Capitano Giacomo Uncino! In realtà, non sei cambiato tanto.” Una vecchia voce rugosa interruppe il simpatico dialogo.

“Aspetta!” [...] “Quegli occhi, quel volto, io li ho già visti... Chi sei tu?”

“Io, signori, ero un tempo conosciuta da te, Uncino, come l'odiosa ragazzina, ma è passato molto tempo d'allora, adesso sono conosciuta come Beatrice Cook.”

Capitolo 12: Il lato oscuro dell'Isola

“Non trovi assurdo quanto mi assomigli? Stessa pelle candida, stessi occhi verdi lucenti; l’unica differenza sono i capelli: i miei erano molto più belli, lunghi, mossi, corvini…”

[…]

“Cosa ti è successo, Bea?”

“Sono cresciuta”
 

 

La verità

Parte I: Evelin's Port

Le somiglianze più profonde sono le più segrete.

- Raymond Radiguet.

 

“Svegliati! Jake svegliati!” La principessa ci provava, ma il ragazzo sembrava non pensarci nemmeno a volersi svegliare; la cosa peggiore era che il suo braccio impediva alla ragazza qualunque movimento. La sera precedente, Giglio Tigrato aveva ceduto: aveva bisogno di qualcuno che la consolasse e Jake era stato gentile; le aveva accarezzato i capelli e l’aveva abbracciata finché il sonno non l’ebbe raggiunta. Ora però doveva alzarsi e vedere come stesse Peter.

Diede uno spintone sulla spalla al ragazzo “Jake, per favore”

“Ehm, cosa?” Jake disse con voce assonnata e ancora un po’ intontita.

“Dobbiamo andare, Jake. Dobbiamo andare a vedere Peter!” La ragazza cercò ancora di spostarlo ed alzarsi, senza successo.

Il moro fu come colpito da una secchiata d’acqua che lo svegliò completamente; diede un bacio sulla tempia alla ragazza tra le sue braccia, lasciandola con gli occhi sgranati “Hai ragione: andiamo” e velocemente uscì dalla tenda.

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Era mattina.

Era mattina e July si svegliò, colpita in viso dal sole che entrava da una finestra.

Era mattina e Peter non aveva aperto gli occhi.

July pigramente aprì gli occhi; si era assopita – cosa che si era promessa di non fare – poco prima dell’alba, ma per tutta la notte era rimasta a prendersi cura del ragazzo; asciugandogli il sudore dalla fronte e bagnandogli le labbra secche.

Nelle sue fantasie immaginava di vederlo sveglio, magari con il suo sorriso beffardo, a guardarla e saltarla con qualche battuta sciocca... ma nulla di ciò accadde. Vide Trilli, seduta sul comodino dall'altro lato del letto che, con faccia triste, guardava verso il ragazzo. Peter aveva ancora un'espressione sofferente, diversa dalla sera prima e né July né Trilli potevano dire se fosse un bene o un male.

Ovviamente le due non potevano saperlo, e lui non poteva dirlo, ma Peter stava decisamente peggio: aveva la mascella serrata, gli occhi chiusi ermeticamente e le nocche bianche a causa dei pugni stretti; cercava di combattere qualcosa fuori dalla sua comprensione.

July passò una mano leggera sulla fronte “Peter, apri gli occhi” le dita portarono con loro un po' della patina di sudore che incontravano “Peter, è mattina” continuò con voce flebile. Strinse le mani attorno al pugno del ragazzo, abbassando poi la testa, fino a toccare con la tempia le nocche. Non capiva: era vivo, il petto si alzava ed abbassava, ma non sveglio, e ciò era in netto contrasto con quello che aveva detto lo sciamano.

Forse devo solo aspettare: è ancora presto.

Prese il panno appoggiato sul comodino – suo fedele compagno per tutta la notte – passandolo sulla fronte del ragazzo.

Si alzò e si diresse nella cucina: <<..deve mangiare e bere molto...>> aveva detto l'indiano. Da bere gliene aveva dato in quantità, insieme a qualcosa vagamente somigliante ad una zuppa – non aveva mai cucinato: a Londra c'era chi lo faceva per lei. Prese della verdura e dopo averla pulita, la mise con dell'acqua in un grosso pentolone, accendendo il fuoco sotto; cosa che si rivelò sorprendentemente più semplice rispetto alla sera prima.

Sarà pronta per quando si sveglierà... perché lui si sveglierà.

Con un bicchiere d'acqua, presa da quella sorta di fontana, tornò da Peter, cercando di non svegliare i Bimbi Sperduti che dormivano nell'altra stanza, ancora all'oscuro degli avvenimenti di non molte ore prima...

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"Ieri sera ci hai messo molto meno" Osservò Jake, mentre camminava attraverso il bosco diretto all'Albero dell'Impiccato.

"Sì, devo ringraziare Trilli; di solito non condivide la sua polvere così facilmente" Continuò Giglio Tigrato camminando al fianco del moro. "Ancora non riesco a credere che quel presuntuoso dello Sciamano non sia venuto con noi..." La sua attenzione passò al terreno.

Jake scosse la testa, le labbra si curvarono in un sorrisetto amaro

Il medico che cura mamma e Jasmine sarà pure un pirata, ma ci ha mai lasciato nei guai...

La principessa, evidentemente persona curiosa, lo risvegliò dai suoi pensieri "Da dove vieni, Jake?"

Per un secondo, al moro si gelò il sangue nelle vene, ma come aveva imparato bene, mentì "Io vengo dallo stesso posto da dove viene July" solo un paio di secoli prima Concluse in mente, convincendosi che quelle non fossero vere e proprie bugie ma... Mezze verità.

"É un bel posto?" Chiese ancora la ragazza.

A Jake vennero i lucciconi mentre pensava a come fosse la sua vita prima di venire su questa dannata Isola senza tempo "Oh sì, decisamente bello; c'è sempre gente nuova, che viene da lontano a raccontare le proprie storie. A volte la vita può sembrare faticosa ma la positività della gente riesce sempre a portare un sorriso..."

Chissà com'è ora, quel piccolo paesino sulla Costa nord...

Giglio Tigrato abbassò di nuovo lo sguardo, mormorando "Mi piacerebbe vederlo"

Il ragazzo le rivolse un debole sorriso "Prometto che se riuscirò a tornarci, ti porterò con me".

Lei sorrise amaramente, pensando che, nonostante le nobili intenzioni del ragazzo, il padre non l'avrebbe mai lasciata andare.

Già devo ringraziare i Grandi Spiriti se mi lascia avere una tenda mia.

In quel momento arrivarono all'Albero dell'Impiccato ed il cuore di Giglio Tigrato si fece pesante, le venne in mente di non aprire la porta, perché sarebbe stato più semplice non sapere ...

Ma se non lo avesse fatto, io non avrei avuto alcuna avventura da raccontarvi...

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July salì al suo bagno temporaneo, la luce che entrava dal finestrino per un secondo l'accecò; riparandosi gli occhi, si girò chiudendosi la porta alle spalle e si avvicinò al lavandino. Con lo sguardo basso, aprì il rubinetto a pompa, per rinfrescarsi il viso.

La mano sinistra, bagnando la faccia, andò a toccare un punto preciso sullo zigomo corrispondente. Solo in quel momento July ricordò quel feroce taglio che si era fatta; spiccava sulla sua pelle come una violenta sbavatura, sul quadro di un celebre pittore. Una sbavatura livida, dolente e marcata.

Fissò il suo riflesso, mentre con la mancina tracciava il contorno della piccola ferita; le labbra strette in un'espressione disgustata: nonostante tutto, ancora non assomigliava al mostro crudele che si sentiva, per gli episodi del giorno prima.

Un insistente bussare alla porta la risvegliò; July si buttò i capelli sul viso, per coprire lo sfregio, e si fiondò giù per le scale, lasciandosi dietro il taglio, il senso di colpa e quel bagliore che, filtrando dalla finestra, sembrava volerla trafiggere con una lama di luce.

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“Novità?” Dalla bocca dell'indiana una domanda secca, che non ammetteva divulgazioni.

Dall'arco della porta July vide Giglio Tigrato, compagnia non molto gradita, insieme ad un'altra persona che secondo lei, avrebbe fatto bene a sparire dalla faccia della Terra.

Dopo aver lanciato una fugace stilettata a Jake, gli occhi verdi si posarono sulla ragazza dalla pelle scura “Ancora nessuna” la voce tagliente.

La bionda fece spazio, invitando i due ad addentrarsi nella stanza disordinata; mentre Jake entrava come se si trovasse a casa sua, la principessa si era bloccata “Cosa intendi per Nessuna?”.

July prese un grosso respiro e rispose guardando dritto negli occhi scuri della ragazza “Intendo che non si è svegliato... non ancora almeno” cercò di trasmettere con la voce, le sue speranze.

Per un momento, a Giglio Tigrato mancò il respiro; ma capendo cosa intuiva la ragazza, cercò di inspirare profondamente, entrando nella tana ad affiancare Jake.

Il ragazzo corrucciò le sopracciglia, portando la mano sinistra a mantenere il mento mentre, con espressione concentrata, mormorò “Credo che abbiamo bisogno dell'aiuto di qualcuno che ne sa più di noi”.

July lo guardò sospettosa, ma la voce di Giglio Tigrato la precedette “Cosa intendi?”.

Jake prese un profondo respiro “C'è... un uomo che vive dall'altro lato dell'isola, lui è bravo, cura molte persone. Credo che sia la nostra unica possibilità” alzò lo sguardo verso le ragazze.

Giglio tigrato sgranò gli occhi “Ma dall'altro lato dell'isola, non vivono-”.

“...I pirati” .

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Pennino era sempre stato un ragazzo intelligente; Peter l'aveva capito subito, forse per questo l'aveva messo a capo dei Bimbi Sperduti quando lui non c'era. Pennino, con i suoi capelli scuri corti e un po' indemoniati, era in grado di guidare il gruppo come un vero generale, di piazzare trappole, di distinguere le piante velenose da quelle commestibili ed era l'unico nel gruppo che sapesse leggere.

Ma non fu per le sue conoscenze, o l'ingegno, ma solo per casualità, che Pennino, quella mattina, si svegliò presto.

Dal suo letto a castello, che condivideva con Volpe, il ragazzino si stiracchiò e non si ributtò sotto le coperte come gli altri bimbi, ma poggiò le gambe fuori e si alzò, senza svegliare Volpe che dormiva sopra.

La stanza dove dormivano, nei tre letti a castello, tutti i bimbi tranne Zoey – che aveva un lettino tutto suo - era abbastanza grande, sempre piena di giochi sparsi sul pavimento, pareti sporche di pittura e chissà cos'altro. Vi erano tre finestre, che facevano entrare la luce in quella stanza, se no solo circondata da buio e terra insieme al resto della casa. Nessuno sa come Peter abbia fatto a creare una casa così grande da un albero; Pennino aveva sentito che il Pan aveva preso l'albero più grande dell'isola ed a sua volta l'aveva ingrandito. Ma queste erano solo storie da indiani, la verità rimarrà sempre segreta.

Il bambino, cauto a non pestare i giocattoli – soprattutto quelli di Zoey, che si sarebbe sicuramente arrabbiata – si avviò verso l'uscita, ma proprio lì delle voci attirarono la sua attenzione.

Jake questo è un suicidio!”

Per una volta sono d'accordo con la biondina. Come pensi che ci facciano entrare nella cittadina? Siamo un'indiana e una straniera, come minimo suoneranno un allarme vedendoci arrivare! In men che non si dica, saremo circondati da una cinquantina di pirati assassini-a-sangue-freddo!”

Pennino rimase nascosto dietro la porta, che dava direttamente sulla stanza vicino all'uscita. Stava fermo ed in silenzio, per ascoltare e non farsi sentire; ma non poté trattenersi dallo sgranare gli occhi, quando sentì Giglio Tigrato parlare di pirati.

Sentite, lo so che vi sembra una pazzia, ma credo sia l'unico modo per salvare il vostro amico”.

Cos'hai ora Jake? Ti vengono i sensi di colpa?”.

Cosa intende?”.

Niente Lily, solo... sentite, vi fidereste di me, se vi dicessi che c'è un modo per farvi entrare? Un modo sicuro, grazie al quale se indosserete dei cappucci, nessuno vi noterebbe?”.

Pennino trattenne il respiro e si mordeva il labbro, aspettando un qualunque suono proveniente dalla sala accanto. Quei pochi secondi gli sembrarono infiniti minuti.

Non credo abbiamo altra scelta. Io vengo”.

Prima di sentire la risposta di July, il bambino si fiondò attraverso la stanza, buttandosi a capofitto sulla ragazza. Strinse le gambe tra le braccia, arrivando ad appoggiare la testa poco sotto il suo petto “Dì di no!”.

July appoggiò le mani sulle braccia di Pennino in modo gentile, senza però scostarle “Pennino...”.

“No! Vi ho sentito prima parlare del porto: lì ci sono tantissimi pirati!” il ragazzino si girò a guardare l'indiana “Nemmeno tu ci devi andare!”.

Le ragazze si scambiarono un'occhiata. Pennino strinse ancora più forte le gambe, come a voler inchiodare la ragazza lì.

July posò lo sguardo sul piccolo moro “Pennino, guarda che non è vero, te lo giuro! E poi chi ha paura dei pirati? Ci metterò così poco che tu nemmeno ti accorgerai che me ne sono andata”.

La ragazza, dal canto suo, si sentiva onorata dalle azioni di Pennino: si era affezionato in così poco tempo e lei anche credeva di voler bene – almeno un po' – a quella piccola, pazza banda.

Il bambino la guardò con i suoi grandi occhi scuri “Non è vero! Almeno posso venire con voi? Tanto hai detto che non è rischioso!” .

July si morse il labbro, rivolgendo uno sguardo implorante verso Giglio Tigrato, perché era vero: l'aveva appena detto. Non riusciva a credere che un bambino di dieci anni l'avesse completamente fregata.

“Sì ma... tu mi servi qui a prenderti cura degli altri bimbi...” Non sapeva se Pennino avesse abboccato, ma evidentemente la sua scusa funzionò, perché il ragazzino lentamente si staccò da July e con la testa bassa.

“Va bene” un mormorio abbastanza infelice.

“Allora, come si chiama questo posto?” Chiese July, che come ultima arrivata, sapeva ben poco del luogo.

“Signore, vi porto ad Evelin's Port”.

*&*&*&*&*&*&*&*&*

Le piante e gli alberi che li avevano accompagnati per tutto il viaggio, iniziavano a diramarsi e pian piano, in lontananza, una grossa struttura in legno spiccava tra la vegetazione.

Questo fortino, che circondava Evelin's Port, era alto più di cinque metri; in lunghezza, invece, si estendeva a perdita d'occhio, ma ogni venti metri si distinguevano delle piccole torrette di guardia.

Fu proprio grazie ad una di queste, che i tre ragazzi riuscirono ad entrare nella cittadina.

Ogni torretta presentava due uscite: una interna, che dava sulla cittadina, ed una esterna che sbucava nella foresta. Fortunatamente Jake, ragazzo dalle mille risorse, conosceva bene la posizione di ogni torretta e quindi, di ogni uscita esterna.

Una piccola porta, in legno più scuro rispetto al resto della struttura, coperta da rami e foglie era esattamente ciò che faceva al caso loro.

Con un po' di forza, Jake riuscì ad aprirla; July e Giglio Tigrato, che avevano camminato con lui attraverso l'isola, presero un grosso respiro e si avvicinarono, non avendo idee migliori per entrare ad Evelin's Port.

La casina era buia, eccetto per la poca luce che filtrava dalle finestre, si poteva infatti vedere ben poco. Consisteva in un solo ambiente, con un letto sfatto sulla sinistra e un separé, dietro questo, che divideva la stanza in due parti.

Il moro le aveva avvertite: avrebbero dovuto fare in fretta, perché chiunque poteva entrare in qualunque momento.

Attenti a non fare troppo rumore, Jake entrò dietro July e Giglio Tigrato; l'indiana portava un mantello, che le copriva maggior parte del corpo, viso compreso, per non far riconoscere la “pelle rossa” che distingueva la sua gente in tutta l'isola.

Nella seconda parte della casa, si poteva vedere un tavolo, su cui poggiava del cibo, qualche mobile, alcuni dei quali erano aperti, e la porta; l'unico oggetto su cui si concentrarono i ragazzi.

Si mossero verso questa spostandosi come ladri: i passi erano leggeri, tanto che le tegole sotto i loro piedi, sembravano ignorare il loro passaggio; i respiri lenti e regolari, come se uno di questi potesse far volare l'intera struttura.

Ci mancava poco, pochissimo e poi sarebbero stati fuori... la porta era proprio lì, da sotto entrava un filo di luce, come a preannunciare una piccola vittoria... eccola...

E la luce scomparve, sostituita da un'ombra.

La maniglia girata.

Il sangue gelato.

Il respiro trattenuto.

La porta spalancata.

Una mano scura, pronta, stretta vicino un pugnale.

Una figura si presenta.

Una spada, puntata al collo di Jake “Cosa ci fai qui?”.

Jake scrutò meglio la figura: la carnagione nera come la notte, i capelli scuri legati in una piccola coda, che incorniciavano un volto dai tratti africani. Una camicia bianca, aperta, rivelava un petto muscoloso.

“Max, cavolo mi hai spaventato!”.

Il ragazzo scoppiò a ridere, riponendo la spada in un fodero che teneva legato alla vita. Max tirò Jake in un abbraccio fraterno. “Dov'eri finito, compare? Nessuno ti ha più visto da quando quella nave ha attraccato in porto”.

Jake sciolse dall'abbraccio “Lavoro, Max, lavoro”.

Giglio Tigrato tossì, per far notare anche la sua presenza.

“Loro sono July e Lily” Giglio Tigrato alzò un sopracciglio all'essere presentata con il suo nome, nella loro lingua.

Max si abbassò, provando a guardare sotto il cappuccio di Giglio Tigrato, che a sua volta abbassò il viso, cercando, senza successo, di nasconderlo completamente. Al corvino scappò un sorrisetto.

“È un piacere. Cosa porta una straniera e un'indiana ad Evelin's Port?” La principessa si mosse a disagio sotto lo sguardo della guardia, all'idea di essere riconosciuta, ma se Jake si fidava, non aveva motivo di spaventarsi, giusto?

“Abbiamo bisogno di un medico” spiegò July con voce ferma ma educata “Jake ci ha detto che qui possiamo trovarne uno”.

“Voglio che Ascanio ci dia un consiglio, Max. Lui è bravo e poi è un amico; saprà aiutarci” continuò Jake.

Max sgranò gli occhi “Davvero? Questo è il piano?” il silenzio che seguì gli fece da risposta “E voi siete d'accordo?” si girò verso le ragazze.

July guardò Jake con sguardo incriminante “Perché Max, dov'è il problema?”.

“Il problema, cara mia, è che Ascanio è lontano da qui e ad andare non sarà un problema, ma a ritorno le strade saranno piene di gente, perché sarà mezzogiorno e tutti tornano da lavoro per pranzare, oppure girano per accaparrarsi gli ultimi pezzi pane fresco. E la vostra amica pellerossa, non riuscirà a nascondersi da ogni abitante di Evelin's Port.” Disse indicando Giglio Tigrato.

July rivolse uno sguardo verso Jake, che come a rassicurare tutti parlò “Sono sicuro che potremmo farcela entro quell'ora”.

Max rise un po' “Se siete tanto convinti va bene, andiamo; ma poi non dite che non vi ho avvertito” e scuotendo la testa si avviò all'uscita, seguito da Giglio Tigrato.

Jake fece per avviarsi, ma una mano lo fermò, tirandolo per un braccio; July lo guardò con uno degli sguardi più duri che il ragazzo avesse mai visto “Ascoltami bene Jake, tu puoi far credere di avere la situazione sotto controllo ed io voglio anche crederci, ma se qualcosa va male in questa sorta di spedizione, sappi che tu sarai ritenuto interamente responsabile. E fidati, troverei un modo per fartela pagare”.*

*&*&*&*&*&*&*&*&*

Attraversare la città si era rivelato ancora più semplice del previsto, essendo questa completamente sgombra -come preannunciato da Max - dovevano solo attraversare un altro paio di vicoletti e sarebbe stata fatta. Il piccolo tragitto era stato pieno di domande poste da Max e di risposte vaghe degli altri tre.

Max era davanti le due ragazze, insieme a Jake “Ora mi volete dire perché stiamo andando dal medico? Un vostro amico si è sbucciato il ginocchio?”.

Il ragazzo non ebbe il tempo di capire cosa gli stesse succedendo – così come Giglio Tigrato e Jake – che un coltello gli fu piantato sul petto.

July, che prima camminava vicino Giglio Tigrato, grazie ad un gesto fulmineo, aveva estratto con la destra uno dei coltelli che la ragazza teneva alla vita, per piantarlo contro il petto di Max e spingerlo contro un muro vicino. Il coltello affilato faceva male contro il petto del ragazzo, alto almeno un metro e ottanta, che con la schiena contro il muro aveva una faccia sorpresa. Lo shock era palese anche sulle facce di Jake e Giglio Tigrato, che non credeva la ragazzina londinese capace di un qualunque gesto così deciso.

“Non provare a scherzare: tu non sai cosa è successo!” Gridò July in un impeto di rabbia, mentre gli occhi le pungevano. Max non rispose.

“July, Max stava solo scherzando, abbassa il coltello...” Jake mise una mano sulla spalla della ragazza – quella collegata al braccio che teneva il coltello - che però si scostò, bruscamente.

“Non toccarmi” la voce era piatta con un accenno di disgusto.

July riprese a camminare davanti agli altri, senza sapere bene dove stesse andando, mentre nel gruppo regnava il silenzio. Jake le disse di svoltare un paio di volte a destra, poi a sinistra e di nuovo a destra; questo fu l'unico accenno di comunicazione.

Seguendo le indicazioni, il quartetto si ritrovarono difronte una porta in scure tegole marce, con qualche buco e molte macchie. Entrambe le ragazze si chiesero, decisamente scettiche, come quella potesse essere la casa di un medico.

Max e Jake si fecero largo tra le due, portandosi difronte alla porta e, mentre il nero bussava, il moro aprì direttamente la porta.

July e Giglio Tigrato allungarono il collo per scrutare dentro; l'ambiente era inaspettatamente pulito e luminoso, anche se non molto grande. Vi erano tre tavoli – due contro le pareti ed uno al centro della stanza – contenenti utensili medici di vario genere, strani vasetti emananti un forte profumo, ampolle scoppiettanti, pentolini e moltissimi fogli scritti, lì abbandonati in modo caotico. Un paio di librerie disordinate e piene di libri erano messe una dietro l'altra, appoggiate per un fianco al muro di destra.

Seguirono i ragazzi all'interno con facce decisamente sbalordite; i due amici di Evelin's Port presero un bel respiro e, contemporaneamente, urlarono abbastanza da far tappare alle ragazze le proprie orecchie “Ascanio!”.

Un buffo uomo bassetto, con un po' di pancia, degli occhi piccoli e neri, incorniciati da un paio di occhiali, quasi senza capelli, sbucò da dietro una delle librerie, con un libro in mano ed una faccia offesa “Ragazzi, non sono sordo: non c'è bisogno di urlare!” poi volse lo sguardo verso le due ragazze “E chi sono queste due belle giovani donne?”

Giglio Tigrato decise che, utilizzando Jake la versione inglese del suo nome, che lei avrebbe fatto lo stesso, giusto per non destare sospetti “Io sono Lily e questa è July” si dovette sforzare per ricordare il nome della bionda.

Nonostante la voce chiara, Ascanio sembrò non capire, e con un sorriso caloroso disse “Cosa? Non siate timide, su” .

I ragazzi sghignazzarono mentre la principessa, non molto paziente, prese un grosso respiro “IO SONO LILY E QUESTA E' JULY”.

“Calma, calma! Perché urlate tutti? Siete sicuri di sentire bene?” Si passò una mano sul mento, mentre nell'altra teneva il libro ora chiuso.

Giglio Tigrato stava per rispondere in modo poco gentile, ma Jake la interruppe “Ascanio, un nostro amico” - July si morse un labbro per trattenersi dal inveire contro Jake sul nostro - “è ferito... gravemente. Abbiamo bisogno del tuo aiuto”.

Ascanio non vacillò la sua espressione dolce e cordiale “Certo; sarà un piacere! Lui dov'è?” Si alzò sulle punte, cercando di vedere se dietro di loro ci fosse qualcun altro.

“Non può alzarsi dal letto e non vive qui... per questo ho bisogno del tuo aiuto” spiegò ancora il moro.

L'uomo sbarrò gli occhi e la mascella gli cadde “Oh ragazzi miei, mi dispiace ma io sono un medico, mica uno che fa miracoli!” si girò per tornare alla libreria.

“Jake ha detto che sei il migliore, pensavamo che con la tua esperienza avresti potuto aiutarci comunque...” July gli rivolse la parola per la prima volta, riuscendo ad ottenere l'effetto desiderato: Ascanio si voltò si sistemò gli occhiali e, stirandosi il panciotto, disse “Beh, in effetti le mie conoscenze mediche sono le migliori qui”.

July era l'unica che in mente si permise di dissentire: i medici di Londra, con il progresso, erano riusciti a fare cose straordinarie; ma quella non era Londra e si sarebbe dovuta accontentare.

“Penso di potervi aiutare, però dovrete dirmi il più possibile” ordinò “Allora, cosa è successo?”.

Giglio Tigrato e Max voltarono lo sguardo verso July, aspettando la risposta; mentre lei si scambiava un'occhiata con Jake. Lui le rivolse un'espressione implorante e la bionda non poté fare altro che sospirare e prendere la parola, senza aggiungere troppi dettagli.

“Il nostro amico è stato accoltellato al fianco ieri, ha perso moltissimo sangue: la ferita è profonda, gli abbiamo messo delle bende e ho ci ho buttato dell'alcol, ma non si sveglia, inoltre... abbiamo chiamato uno sciamano” - La faccia di Giglio Tigrato cadde, per paura che l'intera “copertura” fosse saltata - “ha detto che se non si fosse svegliato stamane, sarebbe morto”.

Ascanio la bloccò “Non credere a quello che dicono quegli indiani, la loro conoscenza è arretrata di anni!” Si concesse un sorrisetto beffardo sul viso, mentre l'indiana – appunto – trattenne un ringhio. “Ad ogni modo, la situazione non è da sottovalutare” si passò la mano libera sulla barbetta “forse potrei usare il mio Jolly” mormorò più a sé stesso che ai quattro, che lo guardarono non capendo di cosa stesse parlando. Prima che uno di loro potesse chiedere spiegazioni, l'anziano si fiondò sul lato opposto della stanza, vicino ad cassa contenente strane erbe, e la spostò, per rivelare una specie di botola – o meglio, il suo coperchio.

Con una discreta parte della sua forza, riuscì ad alzarlo, per rivelare una scaletta di legno che dava in una cantina. Senza esitare, né degnare i ragazzi di un'occhiata, scomparve lì sotto.

Nessuno dei quattro sapeva cosa fare – oltre a stare bloccati sul posto – finché Jake, limitandosi a fare spallucce, scese le scale; gli altri, semplicemente seguirono il suo esempio.

Quella che poteva sembrare una piccola cantina era in realtà più simile ad una sala di gigantesche dimensioni, all'apparenza anche più grande della casa sopra. Non vi erano finestre, ma le varie candele già accese, compensavano la mancanza di luce. D'avanti ai ragazzi si aprivano file e file di banchi, sistemati in modo da formare tre corsie; ogni tavolo presentava, in modo discretamente ordinato contenitori di vetro di forme, colori e contenuto diverso.

Ascanio guardò con aria divertita le espressioni stupefatte dei ragazzi. Jake, che conosceva il vecchio da prima di venire sull'isola, stentava a credere ciò che gli dicevano i suoi occhi. “In tanti anni... non ho mai visto questo posto...”

Ascanio ignorò la punta di accusa ed indignazione “Vi piace? In realtà è nulla di ché; solo il lavoro di una vita” non mascherò il tono soddisfatto “Ora però torniamo a noi”.

Le ragazze sembrarono riprendersi; Max invece, continuava a sgranare gli occhi e darsi pizzicotti.

Come può una persona sola, fare tutto questo lavoro?

Forse il ragazzo non ricordava, sul momento, che Evelin's Port faceva parte di Neverland da quasi più di due secoli, ormai.

Ascanio non perse tempo e richiamò anche il suo interesse, urlando “Max svegliati, razza di idiota!” Il garbo e la pazienza non erano certo alcune delle doti più spiccate dell'anziano. Prese un bel respiro – giusto il tempo che Max si rimettesse dritto e indossasse un'espressione più intelligente – per poi incominciare a parlare. “Quello che ci serve, come detto, è il mio caro Jolly. È una medicina di mia invenzione; si chiama così perché, essendo le sue proprietà quasi infinite” esagerò passandosi una mano sulla barbetta grigia “può curare praticamente qualunque cosa”.

“Ma... non ci sarebbe qualcosa di più specifico?” si permise July.

Il viso di Ascanio divenne più duro “Guarda ragazzina che il mio Jolly è in grado di fare miracoli! Non ti permetto di dubitare di lui!”

“Io non dubito, ma-”

“Guarda cara che con quelle informazioni cosi vaghe, nessuno sarebbe in grado di darti una mano. Quindi ti conviene accettare!”

A Londra mi avrebbero aiutato di certo!

Prima che potesse fiatare, Giglio Tigrato si fece avanti con un sorriso falso “Certo che accettiamo, Ascanio!”.

Nonostante July le avrebbe mozzato la lingua, forse fu un bene che parlò: quando sei in una situazione disperata, iniziare una discussione con l'unica persona che può aiutarti, non è esattamente saggio.

"Bene" sorrise soddisfatto il vecchio "perché più siamo meglio è! Il mio Jolly è da qualche parte parte tra tutte queste boccette; voi dovrete aiutarmi a trovarla".

Max sgranò gli occhi - capitò diverse volte durante quella giornata - guardando prima Ascanio poi le file di banchi, poi di nuovo Ascanio.

"E' una boccetta piccola, con del liquido rosso dentro... no, non rosso" rifletté grattandosi la nuca "mi pare... sì! Trasparente: è trasparente!"

July voleva prendersi a schiaffi: non sapeva nemmeno il vecchio cosa stessero cercando!

Giglio Tigrato si limitò a poggiare le mani sui fianchi e soffiare un capello nero che le ricadeva sul viso "Beh, meglio iniziare..."

Ascanio sorrise soddisfatto "Questo è lo spirito!".

*&*&*&*&*&*&*&*&*

Con sguardo deciso, Giglio Tigrato fu la prima ad avviarsi verso una delle file di banchi, iniziando ad ispezionare i vari oggetti che vi ci erano poggiati. E' molto meticolosa: la sua voglia di avventura la portava a pensare che quella fosse una missione salvavita; una missione il cui esito poteva designare la vita o la morte di una persona.

No, non di una persona, ma di Peter.

La principessa dovette ammettere che non ha mai capito come girassero le cose con quel ragazzo. Lei s'ingelosiva della ragazzina di turno, lo tirava un po' qui è là, ballavano, lui qualche volta la salvava dai pirati... era la prassi.

Girando, le sue mani si aggiravano distrattamente trai diversi contenitori. Se fosse stata in se, si sarebbe rimproverata per la mancanza di concentrazione, ma la sua mente era improvvisamente così lontana che nemmeno si accorgeva di non prestare attenzione; mentre la parola rimbombava nelle sue orecchie.

Prassi... si riduce davvero tutto a questo? A delle abitudini acquisite e mai perse nel tempo.

La vita dell'indiana era sempre uguale: c'erano sempre le stesse cose da fare, sempre le stesse persone da conoscere, sempre gli stessi posti da vedere. Forse per questo Jake, sbucato dal nulla, con tutte le sue novità e i suoi acconti di un mondo diverso, le sembrava così affascinante.

L'idea della tribù è quella di una famiglia, ci si protegge a vicenda, non si rimane soli, si prendono insieme le decisioni... gli ideali erano ottimi, ma costituivano la prigione dorata in cui il padre l'aveva rinchiusa.

Questa prigione era il motivo per cui ogni mattina, quando guardava il sole fare capolino tra le montagne, si prometteva di scoprire cosa fosse nascosto da quelle cime: Evelin's Port era solo la prima tappa.

Un tocco forse un po' troppo forte, sulla spalla sinistra, la svegliò dai sogni ad occhi aperti. Saltò indietro, le mani già serrate sulle else dei pugnali, in posizione difensiva. I muscoli delle braccia e della schiena tesi e persino l'espressione del viso era indurita.

Jake sgranò gli occhi e portò le mani di fronte a sé “Hey Lily, scusa, non volevo spaventarti”.

Giglio Tigrato si rilassò, tornando dritta. “Ma che spaventata? Solo sorpresa...”

Sciolse la presa dai pugnali, e senza degnare il ragazzo di una seconda occhiata, proseguì ad esaminare le boccette; stavolta con più attenzione.

Il moro si fece scappare un sorrisetto, mormorando a sé stesso “Immagino”.

La principessa gettò una stilettata veloce al ragazzo “Di' un po'; non dovresti dare una mano anche tu? E poi devi ancora spiegarmi un paio di cose...” Jake la seguiva sorridendo a mezza bocca “Come conosci il vecchio?”

Lui abbassò lo sguardo, elaborando qualcosa di almeno lontanamente possibile, prima di rispondere “Ne ho sentito parlare quando sono arrivato sull'isola” prese un respiro “Prossima domanda?”.

Quando Giglio Tigrato si girò, fu sorpresa – per la seconda volta in poco tempo – di vedere il viso del ragazzo così vicino al suo, nonostante fosse qualche centimetro più in alto. Subito si voltò, continuando l'interrogatorio “Cosa centri tu con questa storia? E come conosci Peter e la ragazzina?” non cercò di nascondere la poca simpatia nei confronti della biondina.

Jake sospirò, passandosi una mano tra i capelli: se le avesse detto la verità, l'avrebbe ammazzato; se avesse detto una bugia, sarebbe stata July a farlo a pezzi e davvero, dopo aver visto la scena con Max, non voleva provocare la ragazza. Optò per una via di mezzo “Io ho incontrato per caso July, ed ero presente quando i pirati li hanno attaccati”.

Giglio Tigrato non era sicura se credergli o meno “Tutto qui?”

Il ragazzo fece spallucce “Tutto qui” confermò.

Ad una delle file più a destra, qualcosa cadde, frantumandosi in mille pezzi. Entrambi i ragazzi volsero lo sguardo verso la fonte del rumore. July si teneva la mano sinistra, da cui usciva un debole filo di sangue “Scusate, non ho prestato attenzione ed ho colpito una di queste che è caduta” mentì.

Ascanio si girò appena a sorriderle “Non si preoccupi signorina: di quelle ne ho tante”.

July si guardò il palmo, dove qualche scheggia l'aveva graffiata, ma fortunatamente, non aveva stretto abbastanza la boccetta da lasciare dei pezzi di vetro nella mano.

Che bugiardo...

La rabbia le salì: Jake non aveva nemmeno il coraggio di ammettere le sue colpe; si morse un labbro per cercare di scaricare il nervosismo.

Una risatina dalla sua destra la fece sobbalzare “Per tagliarti in questo modo, la boccetta deve aver lottato duramente prima di cadere”.

July represse un ringhio, e cercando di ignorarlo, proseguì a esaminare i contenitori.

Max poggiò le mani sui fianchi, con fare scocciato “Senti, mi sembri simpatica, mi dispiace per quello che è successo prima e per quello che è successo al tuo ragazzo”.

Le guance della ragazza si colorarono d'imbarazzo “Non è il mio ragazzo, solo un amico mio e di G- Lily” cercò di controllare la voce, mentre faceva il gioco di Jake chiamando l'indiana con il nome inglese.

Max abbassò la testa e rise un po' “Un amico di entrambe, eh? Questo la dice lunga...”

July lo guardò male, senza prestare attenzione a dove metteva i piedi, infatti andò a sbattere contro qualcosa di grosso e morbido. Si voltò per vedere Ascanio che, come se nulla fosse, era intento ad esaminare, da sopra gli occhiali, una boccetta contenente del liquido bluastro.

L'africano si abbassò all'altezza della ragazza, mormorando “Ma, non ha detto che il liquido che stiamo cercando è bianco?”

July si limitò ad annuire, mentre guardava l'uomo con espressione perplessa.

“Max, perché non vai a controllare che non arrivino ospiti indesiderati?” Ascanio parlò con voce atona.

Il ragazzo si limitò ad annuire, pensando che forse il vecchio avesse sentito il suo commento e si fosse offeso. Si grattò la nuca e silenziosamente, abbandonò la stanza.

July, invece, un po' stranita dai modi di fare, decise semplicemente di passare Ascanio e continuare a fare quello per cui erano venuti. Nemmeno ebbe fatto due passi che la voce dell'uomo le fece gelare il sangue nelle vene, inchiodare i piedi a terra e bloccare qualunque movimento.

“Com'è l'altro lato dell'isola?”

Ascanio fissava la boccetta, imperturbabile .

“Come, scusi?”

“Le ho chiesto com'è l'altro lato dell'isola. Io non ci sono mai stato, sono rimasto ad Evelin's Port dal momento in cui sono arrivato, sa?”

July si girò, la testa piena di domande; una in particolare era già inchiodata all'interno della sua mente

Se sa chi siamo, perché ci sta aiutando?

Pensò che forse poteva far finta di nulla e magari il vecchio si sarebbe convinto di aver sbagliato persona. Prima di rispondere, si schiarì la voce “Ehm, cosa intende?”.

Ad Ascanio venne da ridere “Sono qui da molto tempo, signorina Cook; conosco tutti. Sinceramente sono molto amareggiato che mi abbiate creduto così ingenuo; come se non avessi riconosciuto la vostra amica indiana” prese un respiro, prima di ricominciare a parlare “poi, lei le assomiglia molto...”.

La testa iniziò a pulsare e sembrava che tutto stesse girando. Con una mano si appoggiò ad uno dei banchi per mantenersi in equilibrio. Prese un grosso respiro e, con il fiatone, temendo la risposta, chiese “A lei chi?”

“Ma, a Beatrice Cook, naturalmente”.

A quel punto, July svenne.

 

 

* (N.A. E la piccola July non è così dolce e cara come vuole far credere xD )

 

 

N/A:

Non ho abbastanza scusanti per un ritardo di quasi tre mesi, davvero non so cosa dire. I primi due sono stata impegnata con la scuola e luglio l'ho passato a scrivere e ri-scrivere questo capitolo. Mi dispiace; giuro che – a parte nel caso di un'altra caduta col motorino – non si ripeterà mai più un ritardo tale.

Voglio ringraziare tutti quelli che hanno continuato a credere in questa storia, nonostante i miei ritardi.

Vi chiedo ancora scusa, ma spero che il capitolo vi sia piaciuto comunque.

Non siamo alla fine, anche perché il bello deve ancora arrivare. Non so se scrivere un seguito o fare tutto in questa storia (che poi diventerebbe di una 50ina di capitoli XP). Datemi una voce, ok?

Mi dispiace ancora

-J

P.s. Il capitolo è stato diviso in due parti; quindi il prossimo sarà pronto tra poco. ^^

 

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Capitolo 14
*** Nota Autore ***


Ehm, salve gente.
Probabilmente vi siete dimenticati di me, ma sono successe tante cose che trovo inutile (e inoltre una perdita di tempo) scriverle tutte perché la verità è che non ci sono parole per spiegare quanto, avendo abbandonato questa storia, sia stata meschina, verso di voi e verso me stessa. 
Non vi chiederò di perdonarmi, ma solamente di capirmi. 
Quando si scrive, si lascia sul foglio un'impronta di sé e... io non sapevo cosa lasciare. Possiamo chiamarla crisi adolescenziale o depressione post-traumatica, ma qualunque sia il nome che vogliamo dare a ciò che mi è successo, non cambia il fatto che mi ha impedito di fare tante cose; mi ha cambiato ma, ci crediate o meno, ne sono contenta. Nonostante tutte le lacrime, sono contenta, perché ne è valsa la pena, perché è uscita fuori la vera ME. E mi piace. 
E' ribelle, anticonformista e con un forte senso della giustizia. Per chi capisce il gergo, le mie amiche mi hanno definito un'Intrepida. Sì, anche io sono scoppiata a ridere, ma mi sono accorta che i tre aggettivi mi rispecchiano perfettamente. No, Intrepidi, Eruditi, Candidi, Abneganti, Pacifici e Divergenti non esistono, ma tutti abbiamo una sfumatura di queste "fazioni". Lo so, sembrano parole a vanvera e se state ridendo, sappiate che rileggendo il tutto sto ridendo con voi, e probabilmente mi sto pentendo di aver scritto questo papiro.
Quindi, per lasciar perdere tutte queste sciocchezze, vi spiego cosa accadrà.
Ricomincerò a scrivere. La storia sarà completamente OOC, sia per i personaggi che per gli ambienti e, da ora, non è più una storia per ragazzini con poco stomaco. Ci sarà sangue, morte, distruzione; ci saranno lacrime, risate e... un pizzico di polvere di fata.
Abbandonate i vostri pensieri felici gente, perché questo non è più un libro per bambini.

-July​ -Keira.

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Capitolo 15
*** La verità. Parte II: The End - Epilogo ***


Premessa: se non volete piangere, leggete la nota alla fine.


The End

"Il lieto fine è roba per le favole e per gli schiocchi. Si vive soffrendo, poi si muore. La vita, per definizione, non è concepita per concludersi felicemente."

-Charles Sheffield, Punto di convergenza.

Un turbine di colori, volti e scenari diversi le danzarò davanti agli occhi; a questi si aggiunsero delle voci . A volte distinte, altre molto confuse. Parole, che in quel momento le parvero insensate e futili. 
Poi tutto smise. 
Improvvisamente, come se fosse stata risucchiata da un ciclone e ora vi fosse nel centro. 
E così come s'era fermato, il mondo riprese a girare, voci sempre dalla provenienza e dal significato sconosciuti. Sentì qualcosa scivolare lungo la tempia, come una goccia di sudore, colamente che questa era rinfrescante. La goccia proseguì sullo zigomo tagliato, si fece largo sulla guancia, fino a disegnare il profilo del mento, per poi solleticarle il collo. Sulla pelle esposta, le braccia, le mani, sentiva una stoffa dura, come quella di cui erano fatti i tappeti che la nonna Wendy aveva in soggiorno. Provò ad aprire gli occhi, che come pesanti tende, coprivano la vista del mondo esterno. Figure indistinte, simili ad ombre, incombevano su di lei. 
"Ragazzi venite, si sta svegliando" La voce ovattata era maschile, ma July non sapeva distinguere a chi appartenesse. Altre due figure apparvero nel suo capo visivo. 
Lentamente le ombra presero colore, fino a diventare forme più definite. Le due figure che si erano avvicinate si rivelarono essere Jake e Giglio Tigrato – sul cui viso era dipinta un'espressione imbronciata – appoggiato al muro davanti a lei era Max che la guardava con un sorriso scherzoso, mentre seduto su una sedia alla sua destra, c'era Ascanio; dagli occhi del vecchio traspirava concentrazione.
July provò a parlare, ma nel momento esatto in cui aprì la bocca, l'aria che ne uscì sembrò graffiarle la gola; si portò una mano a massaggiarla. 
"Ecco, bevi un po' di questo"  Le disse Ascanio porgendole un bicchiere contente apparentemente  solo acqua. Il sapore le pizzicò la lingua e le fece salire un conato di vomito, ma inaspettatamente per tutti, soprattutto per sè stessa, riuscì a mandarlo giù. 
Con un balzo saltò a sedere "BLEAH! Ma che cosa? Cos'era?" Sul suo viso si dipinse una smorfia disgustata, mentre quella del vecchio mostrava divertimento; si girò verso gli altri ragazzi "Visto? Vi avevo detto che l'avrei fatta riprendere immediatamente" Inutile dire che questi scoppiarono a ridere. 
July si accertò di aver lanciato un'occhiata acida ad ogn'uno di loro per poi ritornare su Ascanio "Davvero, cos'era?". L'uomo la guardò mascherando un sorriso per poi alzarsi e iniziare a girovagare per la stanza "Fidati mia cara, non lo vuoi sapere..." Questo sembrò calmare una volta e per tutte lo spirito crioso della ragazza. Max le poggiò una mano sulla spalla "Dài non preoccuparti, in fondo non può averci messo nulla di non commestibile, giusto?" la ragazza non sapeva cosa rispondere "Insomma" continuò lui "i topi sono commestibili, o mi sbaglio?" Chiese senza rivolgersi a nessuno in particolare. July si portò nuovamente la mano alla bocca per cacciare indietro un altro conato mentre Jake e Ascanio si facevano prendere dalle risate. 
"Ragazzi zitti!" Ordinò Giglio Tigrato mentre si affacciava alla finestra giusto un po', per scrutare fuori. Il silenzio cadde nella stanza mentre due guardie passavano proprio davanti alla loro casa, così come erano passati davanti a quella di molti altri prima di loro. Solo quando vide la luce filtrare dalla finestra, July si accorse che era già il tramonto, e tutti gli eventi della giornata le piombarono addosso come un macigno. 
"Oddio, la boccetta, le guardie, i pirati, Peter dobbiamo tornare, subito!" Diede di matto e senza guardare in faccia a nessuno partì verso la porta, e ci sarebbe arrivata se a Max non fosse bastato aferrarle un braccio per mantenerla "Non fare sciocchezze, è ancora giorno".
"E con ciò" Si girò lei con tono accusatorio.
Jake le si avvicinò "Solo un decimo delle guardie e dei pirati fà il suo lavoro, la sera sono per lo più tutti in taverna, se aspettiamo che ci arrivino tutti, incontreremo meno gente per strada".
Anche l'indiana  mosse qualche passo verso di loro "Faremo l'esatto contrario di quello che abbiamo fatto stamattina". 
Ascanio li guardava con occhi dolci: sembravano il gruppetto di ragazzi di strada di cui faceva parte lui da giovane, che bei tempi, che erano! 
*&*&*&*&*&*&*&*&*

Era ormai sera quando July aprì gli occhi. Le stelle, alte nel cielo, non erano le stesse che vedeva da casa sua e il tenue bagliore della luna era l'unica luce che illuminava la stanza. 
Con aria assonnata e leggermente indolenzita scese dal letto che, solo per stanotte, aveva accettato di dividere con i bimbi sperduti. Come mai? Vi starete chiedendo. 
Tornati da Evelin's Port i ragazzi erano stremati dalla giornata nel suo complesso, non erano in grado di tornare a casa, o di muovere un altro passo in generale, così Giglio Tigrato, dopo essere riuscita miracolosamente a fare inghiottire il liquido mistico a Peter, aveva conocordato con July sul rimanere tutti lì a passare la notte. Lily si era stesa sul divano mentre i due ragazzi avevano occupato i piccoli letti di Pennino e Volpe, che a loro volta si erano infiltrati nel letto di July, seguiti dai Gemelli – almeno così i due sono riusciti ad unire i letti e crearsi un po' di spazio.
La bionda scese le scale a piedi nudi e nonostante provasse a non fare rumore, il legno non smetteva di scricchiolare; entrò nel salotto dove Giglio Tigrato riposava scomoda sul divano; passò davanti alla prima stanza – la più piccola – in cui avrebbero dovuto riposare Zoey e Piccolo. Silenziosamente scostò la porticina che divideva la stanza dagli altri ambienti della casa; e anche lì tutto taceva. July lasciò uscire un sospiro di sollievo, in quel momento, sapere che non c'era alcunchè di diverso dal normale era estremamente rincuorante, anche se – doveva ammetterlo – nessuno degli avvenimenti degli ultimi tempi rientravano nei comuni canoni della normalità. La biondina si girò pronta per uscire quando un movimento leggero quasi come un soffio d'aria, la fece girare: due occhietti curiosi la guardavano da sotto le coperte.
July scivolò dentro la stanza, avvicinandosi al letto della ragazzina e vi ci sedette sopra. "Hey, non dovresti dormire?" Iniziò a rimboccarle le coperte.
"Anche tu" Rimbeccò la bambina. 
"Touché" July abbassò il volto, in un sorriso amaro "Ad ogni modo, perchè non dormi? Hai fatto un brutto sogno?" Zoey annuì con aria triste, stringendo un peluche; la ragazza le passò una mano sulla fronte, spostandole qualche capello scuro. "Ti va ti parlarne?" 
"No..." Mormorò. 
"Posso farti compagnia finchè non ti addormenti?" Le chiese con tono dolce;  la bimbetta acconsentì con un piccolo movimento della testa.
La ragazza di stese vicino a lei, stringendola nelle braccia e girandosi su un fianco; July volgeva lo sguardo al letto difronte a quello di Zoey, separato da quest'ultimo da un comodino, e notò che Piccolo le guardava silenzioso, con gli occhi sgranati. "Vuoi venire anche tu, Piccolino?" Il bimbetto rispose alzandosi e intrufolandosi sotto le coperte dell'altro lettino così che la ragazza si trovò nuovamente circondata da bambini. Eppure, sarà stato perchè erano i più piccoli e molto dolci, ebbe una sensazione strana, che le riempì il cuore rilassandola mentre ogniuno dei due bambini poggiava il capo su una spalla ed era circondato da un braccio. 
Passò una mezz'ora buona prima che i due si addormentassero; a quel punto July si alzò, inutile dire che lei di sonno non sembrava proprio averne, quindi andò a controllare Peter nella stanza adiacente.
Spostò la pelle di animale, aspettandosi di trovarlo a dormire, invece sedeva bellamente sul letto ad esaminarsi le ferite con occhio attento, solo dopo qualche minuto, alzò lo sguardo verso la ragazza che era appoggiata al muro con le braccia incrociate. 
"July..." iniziò, per poi voltare lo sguardo "perchè l'hai fatto?"
Neanche per un attimo July si chiese dove volesse arrivare; i suoi sensi di colpa erano abbastanza forti da non farle dimenticare. "Non lo sapevo, non sapevo chi fosse quel ragazzo e non sapevo cosa ci fosse dietro la sua gentilezza."
Peter annuì,distogliendo lo sguardo per un attimo; comprendeva ogni parola della ragazza, e in parte la giustificava, ma solo in parte..."Cosa è successo?".
July non si staccò dal muro e le braccia che prima incrociava ora le usava per stringersi, proteggendo sè stessa dalle sue stesse parole."Ti abbiamo portato qui"
"Tu e chi? Dubito che tu ce l'abbia fatta da sola..." Lo sguardo accusatorio del Pan era in grado di bruciare un'intera foresta.
"Quel ragazzo, mi ha aiutata lui" 
Peter sgranò gli occhi "Che cosa? Tu hai fatto vedere l'entrata di questo posto a... a un pirata?!" Cercò di alzarsi di scatto, ma per il movimento repentino fu costrertto a ricadere sul letto. 
July si precepitò al suo fianco "Perfavore, non muoverti" si inginocchiò ai piedi del letto vicino a lui "e ti prego non arrabbiarti"
"Non arrabbiarmi? Come posso non arrabbiarmi?!" Sbraitò ancora Peter.
July abbassò lo sguardo "Ti assicuro che non è come sembra, è grazie a lui se sei guarito, è lui che ha rimediato la medicina che ti abbiamo dato"
La rabbia del ragazzo non sembrava calmarsi, ce l'aveva dipinta sul viso, così come la sera prima aveva sul viso il dolore. "E che ne sai che non era veleno?" 
"Ma non ce l'ha data lui ma un medico; siamo qandati fino ad Evelin's Port e ritorno per averla" Alzò anche lei la voce.
Il ragazzo le lanciò nuovamente una stilettata "Ti sei fidata di un pirata, di nuovo?!" 
July si morse il labbro mentre i suoi occhi iniziavano a riempirsi di lacrime di rabbia "Non era un pirata ma un brav'uomo, e dovresti ringraziare loro se sei vivo!" 
"E te se sono quasi morto!" Sputò fuori prima che si potesse fermare. Quelle parole colpirono July come un a coltellata in petto, contemporaneamente ad una doccia fredda e un calcio nello stomaco. La biondina abbassò lo sguardo e le lacrime non ebbero nemmeno il tempo di rigarle il volto che le scacciava via con una mano; solo a quel punto Peter capì quello che aveva detto, rimanendo shoccato dalle sue stesse parole "July io-"
"Buona notte, Pan" La ragazza si alzò e una fitta alle caviglie non tardò ad arrivare, a causa della fatica fatta e del poco riposo. Peter si precipitò ad afferrarle un polso "Aspetta, giutro che non lo ero serio!".
"Si che lo eri!" July tirò via il braccio, operazione estremamente semplice dal momento che il Pan non era assolutamente nel pieno delle forze, ma come a sfatare queste mie parole, Peter si lanciò sulla ragazza afferrandola per le spalle e appoggiandosi a lei - tanto che July quasi non cadde per il peso - e tirandola sul letto tra le sue braccia, in modo che potesse sussurrarle all'orecchio "Scusa".
La ragazza si lasciò andare alla dolcezza disarmante del ragazzo girandosi per nascondere il viso nel petto coperto da bende del ragazzo e stringendo con le braccia se stessa, mentre le lacrime scorrevano come un fiume in pietra e cercare di scacciarle sarebbe servito a ben poco e il viso era arrossato dal pianto e dall'imbarazzo.
Dopo qualche minuto, quando il pianto, pieno di rimorso e sensi di colpa, s'era calmato July timidamente allungò una mano verso la spalla del ragazzo stringendola debolmente "Mi dispiace. Hai ragione: è stata tutta colpa mia. Ti prego perdonami". 
Peter la strinse leggermente "Sei perdonata, però ora devo stendermi perchè non riesco più a tenerti" 
Eh? Che intende con sten- July non riuscì nemmeno a concludere il pensiero che fu tirata sul letto dal ragazzo e mentre una parte di lei malediceva la vicinanza con il ragazzo, una parte lo apprezzava perchè misto all'oscurità della stanza garantiva protezione al suo volto. Si strinse a lui stringendo la presa nella sua spalla con dolcezza e prendendo respiri profondi del suo odore di pino e bagnato, di vento da terre lontane misti a sudore.
Peter dal canto suo, la teneva stretta poggiando il mento sul suo capo e passando le dita tra i capelli, sciogliendone i nodi, mentre con l'altra la stringeva "Ora dormi".
July non replicò, troppo presa dall'offerta e dal tono ammalianti del ragazzo, e poggiò il capo sulla sua spalla e chiuse gli occhi; Peter fece lo stesso, poggiando però la testa all'indietro e continuando a passarle le dita tra i capelli finchè il sonno non portò via entrambi.
*&*&*&*&*&*&*&*&*
La mattina seguente, Peter cercò di evitare quella che ai suoi occhi sarebbe stata un’enorme condanna. Nella sua lunga e al contempo breve vita il Pan aveva avuto modo di apprezzare molte “chiacchierate”; una volta persino Zoey gli si era avvicinata e, mettendo le manine sui fianchi, aveva detto “Dobbiamo parlare!” , poi aveva mostrato una bambola con un braccio staccato, unica vera vittima di una colluttazione tra la piccola e Volpe.
Peter cercò di fare meno rumore possibile e non svegliare la ragazza che dormiva al suo fianco, come si avviò all’uscita seguito a poca distanza dalla piccola, fedele Trilli e, per qualcosa che secondo lui assomigliava a un miracolo, arrivò alla porta e proprio mentre la stava aprendo…
“Cosa pensi di fare, Pan?” Peter deglutì con forza. Come aveva fatto Giglio Tigrato a sentirlo? Ah giusto… si ricordò lei non è umana. In effetti il ragazzo era convinto che l’indiana non fosse del tutto umana, era troppo forte, troppo atletica, troppo brava nelle armi, per essere una ragazza normale. 
-In effetti avrei voluto vedere la sua faccia con l’emancipazione femminile.
-Dai continua! 
-Okey, okey.

Senza guardarsi indietro, Peter fece ciò che fanno tutti i ragazzi immaturi come lui: scappò. Scappò dai suoi amici e dai suoi problemi.
Con una grossa spinta prese il volo. Non poteva fare a meno di chiedersi cosa gli avessero dato ma, qualunque cosa fosse, aveva di certo funzionato.
Si voltò sentendo le grida di July “Torna giù!” mentre correva cercando di raggiungerlo. Sia lui che la fatina risero, solo per un momento.
“Inutile che corri tanto prima o poi deve tornare!” Le aveva gridato un ragazzo, quello moro che aveva già visto e che aveva voglia di prendere a pugni. 
July non diede loro ascolto, ma fu subito raggiunta da un gigantesco ragazzo dalla pelle scura che Peter non conosceva. Seriamente, cos’era diventata la sua tana, una specie di accampamento?
Peter volò sempre più in alto, anche se, lo sapeva, in poco tempo avrebbe dovuto toccare di nuovo terra.
*&*&*&*&*&*&*&*&*
Quella mattina il mare era calmo più del solito. 
I gabbiani non facevano altro che gridare mentre volavano in cerchio sulla nave.
Il cielo stesso non era azzurro e terso com’era normalmente, ma scuro, grigio.
Sulla Jolly Roger l’atmosfera era pesante, la ciurma era inquieta. Nessuno parlava ma a tutti, davanti a quello scenario, era venuto almeno una volta, quel brivido che parte alla base della spina dorsale, e che ti fa abbandonare la scopa, il cannocchiale, il coltello o la cima che stavi utilizzando. Che ti fa tremare le mani e ti rende difficile deglutire.
I marinai di quella nave erano esperti, ne avevano viste tante. Avevano visto tempeste, tifoni; erano usciti da bufere che li avrebbero dovuti portare alla morte. Ma quel giorno, la calma piatta, il silenzio che non si rompeva erano paradossalmente ancor più terrificanti.
La vecchia sedeva sul ponte a guardarsi intorno con un sorriso soddisfatto sorseggiando gin offerto dal capitano.
Questi invece, chiuso nella sua cabina, si massaggiava le tempie, poi si guardava allo specchio, sospirava e poi di nuovo si massaggiava le tempie. 
Era un gioco, lo è sempre stato. E lui era un ragazzino, lo è sempre stato. E in un modo o nell’altro, sempre lo sarà.
Uncino, anzi, James non era crudele. James era piagnucolone, triste, dispettoso, un po’ cattivello e, anche lui, immaturo. Forse è questo che fece nascere tutto: due bambini immaturi che non sapevano far altro che litigare. 
Improvvisamente però, tutto quel silenzio fu interrotto da un enorme trambusto che James non si preoccupò di ascoltare. Forse qualcuno si era fatto male o aveva fatto qualche sciocchezza, ma nulla che importasse secondo lui. Ma la realtà era ben diversa. Chissà come sarebbe andata a finire la nostra storia se James avesse ascoltato le grida.
-Perché cosa successe?
Mi mordo il labbro. Le bambine hanno solo cinque anni, sono troppo piccole per conoscere la storia, quella vera. Non sono contenta di mentire su qualcosa di così importante, sulla storia che mi sono portata dietro tutta una vita, ma quelle sono le mie figlie, non posso mutare così la loro infanzia raccontando cosa successe veramente quella notte. Decido quindi di cambiare tutto e raccontare la storia che ogni bambino si aspetta di sentire; purtroppo però, non ho mai avuto una grande fantasia.
- È tardi, concludiamo che domani avete scuola.
-Ma mamma possiamo non andare?
-No, domani si va punto.
Entrambe sospirano e mi guardano con occhi speranzosi. Chiedo allora scusa. Chiedo scusa a tutti i miei amici di quel tempo, ai bimbi sperduti, a quel gruppo di giovani ragazzi che si stava formando, a James Hook e a te, Peter Pan.

La nostra storia finisce come tante altre. Peter rivelò che Beatrice era uno dei suoi tanti amori e lo stesso valeva per lei, ma come succede sempre, Beatrice dovette crescere ma aver abbandonato l’infanzia fu un trauma che non riuscì a superare. Voleva ritornare bambina e l’amore e l’adorazione per Peter Pan divennero odio e invidia. I quali si fecero più forti quando capì che Peter Pan non sarebbe più tornato e quando, alla fine tornò, non era per lei. Peter aveva visto tutto ciò da una finestra che dava su una stanza perennemente chiusa e buia, ma non aveva mai trovato il coraggio di spalancarla. Per questo, quando ebbe una seconda opportunità di mantenere una promessa, non se lo fece ripetere due volte.
Per tutto il racconto Peter aveva tenuto la mano di July, nascosto sotto al tavolo al quale i cinque ragazzi erano seduti.
Velocemente elaborarono un piano per attaccare la nave del vecchio stoccafisso; le ragazze sarebbero salite sul ponte e avrebbero dato ai marinai qualche bottiglia, che questi si sarebbero scolati, poi Peter e gli altri due sarebbero saliti a bordo quando tutti si sarebbero addormentati, li avrebbero legati e poi sarebbero entrati nella cabina del capitano, lì avrebbero ridotto in brandelli i vestiti di Uncino e Beatrice e poi li avrebbero buttati in acqua.
-E li avrebbero fatti mangiare dai pescecane. 
-Esatto, Lia.
-Che cosa disgustosa!
Mi scappa una risatina, Hanna è fatta così. 
-Fecero proprio così.

Dopo due notti di canti e festeggiamenti attorno al fuoco, Jake si dichiarò a Giglio Tigrato, Max divenne uno dei guerrieri più forti della tribù e July e Peter piano piano, con qualche giorno, capirono di essere profondamente innamorati.
Una sera in cui la luna era più alta nel cielo, che sembrava persino più bella e luminosa del sole stesso, Peter portò July in quella spiaggia dove una sera aveva finto di affogare, spaventandola a morte. Si sedettero sulla sabbia e la ragazza aveva il volto rivolto al cielo ad osservare quel bellissimo spettacolo.
Anche Peter osservava qualcosa che, ai suoi occhi, era magnifico, perfetto, ma non era la luna.
“July” Iniziò; la ragazza si voltò con un sorriso verso di lui “Io… volevo chiederti una cosa…”
“Cosa?” Alzò lei un sopracciglio.
“Beh ecco…” Peter distolse lo sguardo dagli occhi della ragazza “in effetti non è nulla di importante, possiamo parlarne dopo”.
July si morse la guancia “Peter sono tre giorni che cerchi di dirmi qualcosa e te ne sei uscito sempre con una scusa. Hai persino sostenuto che Piccolo fosse cresciuto, quando siamo su un’isola dove il tempo non passa, e che Zoey fosse in grado di volare senza polvere di fata, mentre stava solo saltando sul letto.” Gli poggiò una mano sulla spalla “Me lo vuoi dire, o no?”
Peter aprì la bocca per rispondere ma July lo anticipò “È una domanda retorica” e il ragazzo richiuse la bocca. 
Prese un respiro e voltò la faccia in modo da non guardare la ragazza “Stavo pensando che sarebbe bello se tu rimanessi un altro po’ qui. Sai i bimbi sperduti sarebbero contenti e anche… io… e Giglio Tigrato e Jake e Max ovviamente…”  Certo July aveva capito che quelle parole non erano semplici da dire. 
“Tu vuoi tornare a casa?”  Le chiese.
La ragazza si prese un attimo per rispondere; dopotutto a Londra aveva la sua famiglia. I suoi genitori e suo fratello la stavano probabilmente aspettando, e non bisogna dimenticarsi dei nonni. Ma quella sera, July decise di essere egoista. Decise che, se fosse tornata a Londra la sua vita sarebbe stata tristemente ordinaria. 
July usò l’altra mano per ruotare il volto della mamma “Peter, ma io sono già a casa”.
-Che romantico!
-Shh, zitta Hanna. Continua ti prego…

July scrisse quindi tre lettere.
La prima era ai genitori che posò nella cassetta delle lettere, di notte.
Cari mamma e papà, 
sono sicura che sarete sorpresi di ricevere questa lettera. Vi scrivo per dirvi che sto bene, sono in un posto bellissimo con un ragazzo a cui voglio davvero molto bene. Sono circondata dall’affetto di molti e non potrei essere più felice.
Nonostante ciò non penso potremo più rivederci.
Vi prego di non odiarmi ma è meglio che sia così; e non crediate che sia per colpa vostra, vi prego. Voi siete stati i genitori migliori che potessi desiderare, solamente che ho capito di non appartenere a Londra, non più almeno…
Vi amo.
Vostra,
July Mary Anne 

Una per il fratello, anch’essa imbucata.
Caro Arthur,
tutto quello che c’è da sapere su di me è nella lettera indirizzata a mamma e papà.
Ho trovato l’amore e spero che tu possa fare lo stesso quanto prima.
Ti auguro tutta la felicità possibile.
Con tutto il mio affetto,
July.

E l’ultima per la nonna Wendy, abbandonata su un davanzale, insieme a un po’ di polvere dorata e qualche foglia.
Dolce nonna Wendy,
avevi ragione. Hai sempre avuto ragione.
Ti ringrazio, anzi, ti ringraziamo entrambi per le tue storie, per l’amore che ci hai dato, e per quello che, forse inconsciamente, ci hai fatto scoprire.
Prometto che un giorno ci rivedremo, perché questo non è un addio, come dice lui, ma solo un arrivederci, e a quel punto passeremo una giornata intera a raccontarci storie e ti parlerò di tutte le mie avventure, come tu a suo tempo mi hai parlato delle tue.
Grazie Wendy.
July, Peter e il resto dell’isola.

Quando Wendy lesse quella lettera molte lacrime si fecero strada sul suo volto, seguite da un enorme sorriso. Sapeva che non avrebbe rivisto nessuno dei due, ma le andava bene così; era giusto così.
-E poi?
Alzo un sopracciglio: -Che intendi, Lia?
-Dove sono i combattimenti?
-E i baci?
-E il sangue?
-E il romanticismo?
Sospiro chiudendo gli occhi: -Per stasera non c’è nulla di tutto questo, e poi è tardi, mettetevi a dormire. 
Rimbocco ad entrambe le coperte sfiorando le loro fronti con le labbra: -Buona notte Lia. Buona notte Hanna.
Ed esco chiudendomi la porta alle spalle.
Percorro il corridoio che mi porta in sala da pranzo e trovo ancora mio marito seduto al tavolo ancora al computer. Poggio delicatamente le mani sulle sue spalle, sentendolo sobbalzare: -Amore, non è ora di andare a dormire? 
Anche gli uomini vanno messi a letto.
-Sì, hai ragione.
Non se lo fa ripetere due volte; spegne l’oggetto velocemente, per alzarsi e tirarmi tra le sue braccia: -Andiamo a letto.
-Tu vai, io arrivo tra un secondo - Mormoro baciandogli una guancia –Buona Notte Jake.
Lui risponde con un bacio sulla tempia: -Buona notte Lily.
Ed ora che siamo solo noi due, penso di potervi raccontare come andarono davvero le cose. Penso lo sentiate questo presentimento che vi avverte che forse il racconto vero potrebbe non essere di vostro gradimento; quindi se volete fare come ha fatto mio marito, continuate a vivere pensando che quello che ho raccontato prima fosse il finale di questa nostra storia; se invece siete come me, continuate pure ad ascoltarmi.
Non tutte le mie parole sono false, riprendiamo da Capitan Hook. 

Come ho detto, se James avesse prestato attenzione a tutto quello che stava succedendo, la nostra storia sarebbe stata come quella raccontata; ma non fu così.
Beatrice alzò lo sguardo al cielo e vide qualcosa, o meglio qualcuno, svolazzare poco sopra le cime degli alberi. Strinse la mascella e il bicchiere che teneva in mano finché quest’ultimo non si sbriciolò in milioni di pezzi. La donna gridò di rabbia: era stata ingannata! Lui doveva essere morto! 
Urlò agli uomini di Uncino di prendere le scialuppe più grandi e resistenti, più forti e di caricare su ogni una un cannone e un uomo che avrebbe remato fino a riva.
Quella sera Giglio Tigrato, Jake, Max e i bimbi sperduti erano andati a caccia; i piccoli avevano tanto insistito per vedere le tecniche di caccia di cui Max andava tanto blaterando, e Jake aveva tanto insistito per stare un po’ con l’indiana. 
July e Peter intanto erano nella casa sull’albero, le lettere erano davvero state scritte, durante quel pomeriggio dove Peter aveva davvero raccontato la storia di Beatrice. Ma anche se non lo aveva chiesto così apertamente, aveva parlato con July, chiedendole cosa volesse fare e se volesse tornare a casa; ma la ragazza gli aveva risposto ammutolendolo con un piccolissimo bacino all’angolo della bocca, aveva iniziato a scrivere e aveva riposto i fogli in un cassetto.
Quella sera, mentre un gran gruppo era a caccia, una londinese affettava verdure lanciando occhiatine ad un ragazzo che suonava uno strano flauto, guardandola di sottecchi.
Quella sera un’indiana e un pirata facevano finta di poter camminare mano nella mano mostrando a tutti che tra loro c’era un legame.
Quella sera ogni cosa sembra normale, e per una volta il tempo sembrava davvero non scorrere e per quella sera tutti noi volevamo così.
Ma non durò.
Quella sera tutto finì. Tutto divenne complicato. E il cuore dell’isola sparì.
Quella sera ci fu un rumore assordante, di caduta e scoppio. 
Quella sera la terra tremò.
E i due ragazzi non si resero nemmeno conto di ciò che stesse succedendo, talmente erano immersi l’uno negli occhi dell’altra. Tutto cadde sui loro corpi coprendoli.
Quando ci voltammo increduli, c’erano un gran fumo e noi… noi sentimmo solo un immane silenzio rotto solo dai battiti assordanti dei nostri cuori.
Nessun bambino rimane tale per sempre. Non ci sono eccezioni né scappatoie.
Mio padre disapprovò Jake, così ce ne andammo insieme a Max e ai bimbi sperduti ad Evelin’s Port.  In seguito, tornammo alla casa sull’albero ma non c’era traccia dei due. Pensammo che si fossero in qualche modo salvati, ma sapevamo che non era così. Non eravamo abbastanza forti da alzare tutte le macerie. Trilli si era salvata per chissà quale miracolo, ma non si diede mai pace, incolpandosi per chissà quale motivo. Decise che almeno avrebbe potuto fare qualcosa per la famiglia di quella povera ragazza, così trovammo le lettere, e Trilli le consegnò. Prima però Jake ne fece una copia e ce le dividemmo: io e lui tenemmo una copia di quella destinata a Wendy, Max di quella per il fratello e i bimbi ebbero quella per i genitori. A loro volta ne ebbero una copia ciascuno.
Non so dire per quanti anni stemmo lì, finché un giorno, io e Jake decidemmo di andare a vivere in Inghilterra insieme ai bimbi sperduti e ci sposammo il 18 Febbraio 2005, avevo vent’anni. Legalmente io ho più figli di quanti la mia età me ne permetterebbe. Loro ormai sono grandi e sparsi per il mondo. Pennino è diventato scrittore. Volpe attore. Orsetto cuoco – inutile dirlo eh? I gemelli… uno studia legge e l'altro medicina... solamente che non so dire chi è chi. Zoey e Piccolo sono al college. Ovviamente i loro nomi non sono più questi – tranne per Zoey – ma che senso avrebbe scriverli?
Io ho avuto due figlie mie Hanna e Lia, nate nel 2007 e lavoro come insegnate, mentre Jake è commercialista. 
Le nostre vite sono andate avanti ma non abbiamo dimenticato i volti sorridenti, determinati e vivi dei due ragazzi. Nessuno lo ha fatto. Ora che ho condiviso con voi la vera storia, posso ritirarmi a dormire con il cuore leggero, sapendo che la loro memoria non andrà persa, perché ora c’è qualcun altro là fuori che ne conserva il ricordo. 
Vorrei solo rimangiarmi quello che ho detto perché, in fondo, loro sono rimasti ragazzi per sempre. Almeno su questo misero pezzo di carta.
Lily Regan, 20 Dicembre 2012.
...continua...


Nota: Allora scommetto che siete shoccati eh? Quindi si, se volete potete venire con forconi e torce sotto casa mia, ma prima vi dico che, se così fosse, non ci sarebbe il sequel che sto programmando di scrivere. Eh sì non è realmente finita per i nostri eroi! Quindi tenete le dita incrociate ci rivedremo a settembre! But first lemme take a selfie vi voglio ringraziare tutti, in particolare LUISA, la Perugina che ho conosciuto all'inizio della storia perché mi venerava e che ora è una delle mie migliori amiche. Ma vorrei anche ringraziare tutti voi; volevo scrivere tutti i nomi ma è mezza notte e domani mattina ho un treno quindi vi lascio a modo mio, chiedendovi di non perdere la speranza per July e Peter, con una citazione:

"La mancanza di desideri è il segno della fine della gioventù e il primo e lontanissimo avvertimento della vera fine della vita."

-Goffredo Parise, Sillabari



 
 

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Capitolo 16
*** Nota Autrice n.2 ***


Bene, bene signori!
Sono giusto venuta a chiedervi: come avete passato le vacanze? Lunghe o corte? In città, al mare o in montagna?
Da soli, in famiglia o con gli amici? Insomma, vi siete divertiti?
AH, e gli amori estivi? D'altronde, che siano con un ragazzo, con un libro, con la natura o con il beneamato letto, gli amori sono sempre belli.
A proposito di questo, lascio quì il link del secondo libro di Neverland Trapped - In Trappola 
Spero vi piaccia ^^ ciao!

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