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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Life's getting started ***
Capitolo 2: *** School Fight ***
Capitolo 3: *** Meet the Family ***
Capitolo 4: *** Nightmares ***
Capitolo 5: *** First Mission - part 1 ***
Capitolo 1 *** Life's getting started ***
Erano tre notti che Erika non riusciva a dormire, nonostante le gocce,
e le tisane che sua madre le dava tutte le sere, prima di coricarsi,
quando lei era ancora davanti al suo computer a guardare siti web, alla
ricerca di informazioni utili o interessanti.
Come al solito, la madre entrò in camera sua:
- Erika, però se non molli il pc non riuscirai mai a
dormire, prova a stenderti, e a rilassarti, non stare sempre seduta a
quella scrivania
Erika scosse la testa prendendo in mano la tazza:
- Devo finire una cosa per Kyle, devo consegnargliela domattina, ma ho
quasi terminato, adesso vado subito a letto
La madre annuì:
- Va bene, ma cerca di non stressarti troppo, è anche per
quello che non riesci a dormire.
- Si, ok mamma, buonanotte!
- Buonanotte!
Erika aveva mentito, il lavoro per Kyle lo aveva terminato da ore, e
non stava facendo nulla di importante al pc, almeno, nulla di
importante per qualcuno che non fosse lei.
Stava semplicemente leggendo, leggendo per dimenticare, dimenticare le
cose terribili che vedeva da quando non riusciva a dormire la notte, e
che non riusciva a spiegarsi, aveva passato tutta la giornata a cercare
di capire cosa volessero significare quei sogni, o visioni, o qualunque
altra cosa fossero, aveva cercato informazioni su internet, in
biblioteca, ovunque potesse cercare, ma niente, non aveva trovato
niente di niente, e adesso, a mezzanotte e mezza, era troppo stanca per
continuare a leggere di “occultismo” e quindi si
stava dedicando alle sue letture preferite.
Dopo un’altra mezz’ora, pensò di uscire
fuori in giardino, a prendere un po’ d’aria, faceva
caldo, e a lei iniziava a girare la testa, poiché nonostante
la finestra fosse spalancata, quel lato della casa era protetto dal
vento, e non passava nemmeno un filo d’aria.
Fece attenzione a non fare rumore, non voleva svegliare i suoi
fratelli, e scese al piano di sotto, in cucina, prese una bottiglia
d’acqua fresca e si diresse in giardino, dove
l’aspettava la sdraio.
Era sempre difficile per lei stare su quella sdraio in giardino durante
le ore di sole, dato che i suoi due fratelli e la sua sorellina
più piccola se la contendevano tutto il giorno, e
così quando loro tre erano finalmente a letto, lei poteva
godersi la comodità della sdraio e la frescura della sera
della sua città.
Black Cave Town era una specie di piccolo paradiso
americano,una grande città attorniata per quasi tre quarti
dalla Black Cave, un enorme montagna piena di grotte e caverne, che
proteggeva la città a sud, ma si estendeva con i suoi boschi
anche ad est e ad ovest, dunque il centro urbano era verso nord
lasciando a sud la zona residenziale, dove abitavano tutte le persone
che potevano permettersi una bella casa, magari con la piscina, e tre
macchine parcheggiate in bella mostra nel vialetto di casa.
Erika detestava appartenere a quella cerchia, non che non le piacesse
la sua vita agiata, anzi, sapeva di essere fortunata, non le mancava
nulla, ed era felice per questo, odiava però
l’atteggiamento delle persone di quella zona, se
non eri importante e non avevi i soldi, non eri nessuno, tutti ti
snobbavano, e ti trattavano con freddezza.
E questo era uno dei tanti motivi per cui, pensò Erika
bevendo un bicchiere d’acqua fredda, in quel momento era
lì da sola nel giardino di casa sua a bere acqua, e non
nell’appartamento di fronte, dove Lynn, la sua vicina di
casa, stava dando una festa con tutti i “ricconi”
di Black Cave, per festeggiare la partenza in vacanza dei genitori.
Quei ragazzi stavano facendo un casino infernale, e infernale fu
proprio la parola giusta, perché Erika dopo dieci minuti,
udì uno schianto, e vide un ragazzo volare attraverso la
porta a vetro che dava sul giardino di Lynn, mandando il vetro in
frantumi.
Erika saltò dalla sdraio, infilò le infradito ai
piedi e corse dall’altro lato della strada:
Anche Lynn, in lacrime, corse fuori. Erika si chinò sul
ragazzo, non sapeva bene cosa fare, così
controllò che il cuore gli battesse ancora, poi
urlò a Lynn per coprire il suono altissimo dello stereo che
proveniva dalla casa:
- Che diavolo è successo??
Lynn scosse la testa balbettando qualcosa, Erika alzò le
testa e attraverso il vetro rotto, vide una marmaglia di gente poco
raccomandabile, e parecchi di loro la stavano osservando, mentre altri
ballavano, e sembravano non essersi accorti di lei.
La prima cosa che l’istinto le suggerì di fare, fu
di caricarsi addosso il poveretto, e trascinarlo nel giardino di casa
sua urlando per svegliare i suoi genitori, ma con quella musica non
l’avrebbero sentita, così afferrò Lynn
per il braccio e trascinò lei nel giardino di casa sua,
salirono di volata le scale, e si chiusero dentro, poi Erika compose il
911 e chiamò la polizia e un ambulanza per quel poveretto.
Quando ebbe allertato tutti, corse a svegliare i suoi genitori, che
preoccupati chiesero a Lynn cosa fosse successo, e chiamarono di nuovo
la polizia, dato che le persone nella casa di fronte erano ancora
lì, e non sembravano né aver notato
l’assenza della padrona di casa, né tanto meno
volersene andare.
Il padre di Erika corse nel giardino di fronte a soccorrere il ragazzo,
e lo portò in casa, lasciandolo alle cure della moglie,
mentre lui attendeva fuori l’arrivo
dell’autoambulanza.
Lynn cercò di spiegare fra i singhiozzi:
- Sono degli amici di Will, lui mi ha chiesto se poteva portare un
po’ di gente, e io ho detto di si, ma hanno iniziato a fare
cose strane, si tagliavano, e bevevano il sangue, Micheal ha cercato di
farli smettere, perché stavano spaventando tutti, ma loro lo
hanno lanciato fuori…si riprenderà vero??
Erika annuì appoggiandosi al tavolo “Ecco cosa succedeva a fidarsi di
quelli che credi amici” pensò.
La madre di Erika era sconvolta dalla notizia che quelle persone
stavano bevendo il loro sangue, e aveva iniziato a pregare.
Erika scosse la testa: “un branco di esaltati”
disse a voce bassa, e si avvicinò alla porta a vetri per
guardare fuori, quando all’improvviso sentì una
voce maschile chiamarla:
- Erika…
La ragazza scattò, sia Lynn che sua madre erano immerse in
preghiere, e Micheal era ancora svenuto, ma lei era convinta di non
averlo immaginato.
Rimase voltata ancora un po’, scossa da quello che aveva
sentito, stava per girarsi di nuovo, quando sentì la stessa
voce chiamarla ancora:
- Erika…
Ora iniziava davvero a spaventarsi:
- Chi è?? Mamma l’hai sentito anche tu??
Sua madre non rispose, rispose la voce invece:
- Lei
non può sentirti ora Erika, vieni da me, sono in camera
tua…
La ragazza sentiva il cuore martellarle il petto, che significava che
sua madre non poteva sentirla?
“Chi sei?? Cosa vuoi da me??”
- Sali
sopra, incontrami…ti spiegherò tutto…
Ingoiando saliva invisibile, la ragazza si mosse e salì le
scale, lentamente, come se stesse andando al patibolo, non aveva la
minima idea di quello che stava succedendo, le sembrava di essere
finita per sbaglio in uno dei suoi libri di fantasia e non sapeva se la
cosa le piacesse o meno.
La porta della sua camera da letto era socchiusa, e la luce era accesa,
la ragazza si fermò, era sicura di averla lasciata spenta;
sporgendosi un poco verso sinistra, riuscì ad intravedere un
paio di gambe accavallate, l’uomo era seduto sul suo letto, e
la stava aspettando.
Erika esitò, iniziava ad avere paura, e pensò
bene di tornare sui suoi tacchi ed andare ad avvertire suo padre:
- Tanto non ti sentiranno, Erika, è inutile, entra, non aver
paura, non ti farò del male!
La voce dell’uomo la sorprese ancora, ma stavolta era
naturale, non amplificata come l’aveva sentita prima, Erika
non si mosse, non ne aveva la minima intenzione, e rimase fissa
dov’era.
- Andiamo
Erika, vieni, hai la mia parola che non ti succederà niente,
sono tuo amico, puoi fidarti.
Erika allora capì perché la voce
dell’uomo prima le era apparsa diversa, le stava parlando
nella testa, per questo la sentiva amplificata.
Ebbe paura, molta paura e scappò, stava per raggiungere il
passamano delle scale, quando l’uomo le riparlò
nella mente:
-
Ferma, puoi fidarti,davvero, non ti farò alcun male!
È una promessa.
La ragazza prese un profondo respiro, si girò e senza
fermarsi, né esitare, per paura di perdere il coraggio
accumulato entrò in camera sua.
Il ragazzo le sorrise, Erika lo fissò, era molto bello,
snello, ma muscoloso, i capelli castani scendevano mossi fino alle
spalle, era vestito con un pantalone nero, e un cappotto nero a
doppiopetto, nonostante fuori ci fossero stati almeno 30 gradi.
Notando lo sguardo stralunato della ragazza lui rise, la sua risata era
bassa, calda, ma cristallina allo stesso tempo:
- Si, non soffro il caldo, almeno non in questo momento, Io sono
Adrian, molto piacere
Tese la mano, Erika senza pensarci la strinse, era calda:
- Io sono Erika,ma a quanto pare, lo sai già…
Adrian rise di nuovo:
- Si, lo so…e so anche che adesso ti devo un po’
di spiegazioni…non è così?
Erika annuì, e Adrian le fece cenno di sedersi.
La ragazza si sedette alla sedia della scrivania, iniziando a far
andare su e giù le rotelle per il nervosismo, mentre il
ragazzo si risedette sul letto con una calma invidiabile,
guardò di nuovo Erika sorridendo, e la ragazza
pensò che era davvero molto bello, poi iniziò a
parlare.
- E’ una storia molto lunga, ma inizierò
dall’inizio, come ti ho detto, mi chiamo Adrian, e anche se
non sembra, ho compiuto esattamente centoventuno anni due mesi
fa…
Erika rise:
- Mi prendi in giro? Non ti do più di ventidue anni, al
massimo ventitrè, ma non uno di più!!
Adrian sorrise, e annuì:
- E’ qui che volevo arrivare, è stato
commesso un errore, uno dei tanti, e invece di nascere nel 1986, come
avrei dovuto, sono nato nel 1886, in un’epoca completamente
sbagliata da quella in cui avrei dovuto vivere, così per
rimediare all’errore, mi hanno fatto dono, per
così dire di vita eterna, fino a questo
anno,dall’anno prossimo comincerò a crescere, o
meglio, ad invecchiare normalmente, esattamente come te
Adrian si fermò, per permettere ad Erika di assorbire le sue
parole, e di immagazzinare quelle informazioni che sarebbero potute
sembrare assurde a chiunque.
- Chi ha fatto questo errore, e poi che significa epoca sbagliata??
Cioè mi stai dicendo che esiste un preciso anno di nascita
prestabilito per ognuno di noi?
Adrian sorrise e annuì di nuovo:
- Non solo un anno, ma anche un mese, un giorno e un orario preciso,
ogni cosa è stabilita perfettamente, da quelle che
sinceramente chiamo Forze del Bene, ma solo perché non so
come si chiamino davvero, come ti ho detto, non è
l’unico errore, e lo capirai da sola molto presto, il Bene
commette sempre tanti errori, è il male che paradossalmente
non ne commette mai.
Erika scosse la testa:
- E la religione allora?? Che mi dici di Dio, del Paradiso, dei Santi
Adrian alzò le spalle:
- E’ più complicato di come lo vediamo noi da qui,
Per alcuni esiste solo Dio, ma non è così,
è una Forza del Bene, ma è la Forza del Bene
legata alla sfera religiosa, ce ne sono altre, altre Forze del Bene,
così come ci sono Altre Forze del Male, non legate
direttamente a Satana, ma altrettanto potenti e malvagie, forse anche
di più, quello che sto cercando di dirti, è che
Dio è una forza del Bene, che si occupa degli uomini, li
protegge, li guida, li ascolta, decide se quando trapassano vanno in
paradiso o no, ma sto anche cercando di farti capire, che è
una Forza del Bene, che non ha niente a che vedere con noi, non
è lui che ha fatto l’errore con me.
- Cioè il Bene è a più
settori? Come se fosse un supermercato coi reparti?
Adrian rise:
- Si, il paragone è grossolano, ma può andare,
Dio e tutto ciò che concerne la religione cattolica, e tutte
le altre religioni, fanno parte del reparto religione appunto, mentre
le persone come me, e te…beh noi siamo gli addetti del
reparto difesa.
- Me e Te? Difesa?
- Hai un grande potere, un potere che eri destinata ad avere prima che
nascessi, esattamente come me.
Erika rise nervosamente:
- Potere? Io non ho nessun potere…me ne sarei
accorta…
- Giace dentro di te, dorme, per così dire, e io sono qui
per aiutarti a risvegliarlo
La ragazza scosse la testa:
- Non capisco, che potere?
- Il potere di difendere il bene, vieni, ti mostro che intendo.
Adrian si alzò e la prese per mano, la trascinò
di sotto, sua madre e Lynn erano esattamente come le aveva lasciate, e
anche suo padre fuori al giardino sembrava pietrificato.
Quando Adrian la condusse fuori, Erika si avvicinò a suo
padre, e gli passò una mano davanti al volto, niente,
nessuna reazione.
- E’ bloccato, ho dovuto farlo, per non rischiare che
rimanesse coinvolto.
Erika si voltò a guardare il ragazzo:
- Coinvolto in cosa? Starà bene, vero? Staranno tutti bene?
Adrian annuì:
- Certo, ma ora vieni con me, dobbiamo fermarli.
Disse indicando col mento la casa di fronte, dove la festa
non si era fermata.
Erika capì trasalendo:
- Bevevano il loro sangue…non mi dirai che sono vampiri?? I
vampiri non esistono!!
Adrian le si avvicinò per la prima volta, e lei
notò arrossendo che i suoi occhi erano di un bellissimo
verde, che a prima vista poteva sembrare semplicemente castano chiaro.
- I vampiri esistono, eccome, ma anche fra di loro ci sono le
differenze, fra buoni e cattivi, ma questo è un argomento di
cui ci occuperemo più avanti. Per adesso ti basti sapere che
quelli sono malvagi, e che dobbiamo pensare a liberare quella casa.
Seguimi!
Erika lo guardò con occhi sgranati, aveva paura, ma la sua
curiosità era troppo forte, e sebbene intimorita
seguì il ragazzo.
Adrian si fermò davanti alla portafinestra e si
voltò verso Erika:
- Stammi dietro, e non avere paura, ti difendo io!
E sorrise, poi entrò, seguito a ruota dalla ragazza.
Nella stanza, la musica era assordante, ma sembrò che
nessuno si fosse accorto di loro, poiché Adrian si diresse
verso lo stereo senza incontrare nessun tipo di ostacolo.
Erika si guardò in giro, molte persone stavano ballando come
in trans, mentre altre erano sedute sui divani e bevevano sangue da
ferite che si erano inflitti da soli.
Erika li guardò, e si rese conto, che non sentiva nessun
tipo di disgusto, o sconvolgimento particolare, era come se quelle
persone stessero facendo qualcosa di normale, come leggere un giornale:
“Sono pazza,
sono diventata totalmente pazza”
pensò.
Adrian, le prese la mano, e la portò più vicina a
sé, poi spense lo stereo.
Un centinaio di occhi arrabbiati si voltarono di scatto verso di loro.
Erika si strinse istintivamente ad Adrian, che rise leggermente:
- Signori, la festa è finita, se non vi dispiace, dovreste
lasciare questa casa all’istante!
Una risata giunse da dietro la folla, una risata di donna, ed Erika
vide la folla davanti a lei aprirsi, per far passare la donna che aveva
riso, era bionda e vestita di nero, come la maggior parte delle persone
che Erika aveva potuto vedere, ma adesso, al di là della
folla di “persone in nero” e dietro la ragazza che
aveva riso, vedeva i suoi amici, i ragazzi della sua scuola, tutti
ammassati in un angolo, spaventati, e alcuni di loro feriti e
sanguinanti.
Rabbia e timore le salirono in gola.
La ragazza bionda parlò:
- Chi diavolo sei tu? Se non vuoi fare una brutta fine, ti conviene
andartene, anzi, perché non scappi, così ci
divertiamo ad inseguirti.
La ragazza soffiò come una gatta, mostrando i canini.
Erika strinse ancora di più la manica di Adrian, che le
posò una mano sulla sua,per rassicurarla ma senza
mai distogliere lo sguardo dalla vampira bionda.
- Temo di non poterlo fare, e ad ogni modo, l’illusa sei tu,
non ti conviene metterti contro di me.
- Ma senti che ragazzo coraggioso!
Un altro uomo, molto alto, molto muscoloso, e con la faccia molto molto
cattiva, uscì allo scoperto dalla marmaglia di persone
accalcate in quel salotto.
- E sentiamo, ragazzo coraggioso, come pensi di sconfiggerci? Noi siamo
un branco, tu sei da solo, ci tiri dietro la ragazzina impaurita?
Adrian rise:
- Molto spiritoso, ma dovreste avere più paura di lei, che
di me, ad ogni modo, vi darò una dimostrazione, siete pronti?
I due vampiri risero, Adrian si volse verso un gruppetto che rideva
accanto alla donna, erano in sei.
Adrian li guardò e poi disse:
- Polvere!
Fu un micro secondo, appena Adrian ebbe pronunciato la parola, i sei
vampiri si polverizzarono.
- Fermi!
Urlò Adrian subito dopo,Erika stava ancora guardando la
polvere cadere sul pavimento, quando l’urlo di Adrian le fece
notare che tutti gli altri vampiri erano partiti improvvisamente
all’attacco, ma ora erano fermi, come se non potessero
muoversi.
La ragazza bionda strillò:
- Bastardo!! Chi diavolo sei!!! Lasciami andare!!
Cercava di dimenarsi come un invasata, ma era tutto inutile.
Adrian sorrise e alzò il mento, e seguendo il movimento del
suo viso, anche la vampira, si sollevò da terra.
Erika non riusciva a crederci, era impossibile!!
Quando la vampira fu abbastanza in alto, Adrian si voltò a
guardare la folla immobilizzata, poi alzò il braccio libero
dalla morsa di Erika, indicò un gruppo di vampiri alla sua
destra, fece un cerchio con la mano, e una dozzina di vampiri furono
circondati da un filo rosso sottilissimo. La mano di Adrian allora fece
un gesto verso l’alto, e loro si sollevarono da terra,
andando a finire accanto alla vampira bionda.
Poi sciolse gentilmente il braccio destro dalla morsa di Erika,
guardandola sorridente:
- Scusami, mi servono entrambe le braccia ora, non aver paura, sei al
sicuro!
Erika lo lasciò andare annuendo.
Adrian puntò i palmi verso il vampiro muscoloso, e poi lo
alzò.
Anche il vampiro che cercava di dimenarsi ringhiando finì
sul soffitto assieme agli altri.
Il ragazzo poi abbassò le braccia,e si voltò
verso gli altri vampiri:
- Tutti gli altri, Polvere…Ora!
La stanza si riempì di polvere non appena gli altri venti
vampiri si distrussero, Erika si coprì il volto con le mani,
tossendo.
I vampiri sul soffitto urlarono impotenti.
Quando la polvere si fu diradata, Erika vide Adrian muovere ancora la
mano, e raggruppare con la forza del pensiero, tutti i coltelli
presenti nella casa al centro del pavimento, per poi spostarli accanto
al divano.
Si voltò verso Erika, e le si avvicinò fino a
parlarle nell’orecchio, la ragazza arrossì di
botto, e sentì il suo cuore accelerare
all’impazzata.
- Ora dovrò fare delle cose che mi toglieranno parecchie
energie, penso di riuscire ad arrivare fino alla tua camera, anche se
con qualche difficoltà, tu per favore, sorreggimi, e se non
ce la faccio, portami lì più velocemente che
puoi, né i tuoi, né i poliziotti devono vedermi,
ok? Pensi di potercela fare?
Erika annuì e ripeté:
- Sorreggerti e portarti in camera mia se non ce la fai, ricevuto!
Adrian sorrise e le accarezzò la guancia con due dita:
- Brava ragazza!
Erika a quel contatto sentì una morsa allo stomaco.
Il ragazzo si voltò, e fece scendere i vampiri in volo.
Si avvicinò a loro, e sempre coi palmi aperti, ma stavolta
verso l’alto disse:
- Ora vi sistemo io per le feste!
Si concentrò, e Erika sentì sulla sua pelle
l’energia che stava sprigionando.
Poi i vampiri iniziarono ad urlare, urla disumane, che la
terrorizzarono.
Erika notò che più i vampiri urlavano,
più dalle loro bocche usciva un fumo grigio-blu che si
dirigeva alle palme di Adrian e gli entrava nelle mani.
La ragazza non poté fare a meno di restare
lì impietrita a fissare la scena, cosa gli stava facendo?
Quando finalmente i vampiri smisero di urlare, guardarono il ragazzo
così male, che Erika vide in quegli sguardi tutto
l’odio del mondo.
Adrian non si mosse, abbassò le braccia, ma restò
lì fermo ad occhi chiusi.
Erika non sapeva cosa fare, e quando finalmente decise di avvicinarsi,
anche Adrian si mosse.
Si inginocchiò davanti a loro, Erika era al suo fianco, e lo
guardava.
Vide i suoi occhi versi coprirsi di nero, e lo sentì parlare
con una voce diversa, ancora più bassa, ma roca, come se
venisse da un altro mondo.
- Ora resterete qui, bloccati e fermi, fino all’arrivo della
polizia, direte di essere stati voi a combinare questo casino, e vi
consegnerete a loro, e passerete gli anni che vi restano in
prigione…è un Ordine!
I Vampiri lo guardarono come imbambolati, e poi annuirono
all’unisono.
Adrian si alzò e si avvicinò ai ragazzi impauriti
ammassati nell’angolo opposto del salone.
Si chinò su di loro, e sempre con quella voce ultraterrena
ordinò:
- Dimenticherete tutto quello che avete visto, e confermerete la
versione che ho appena raccontato…Ora!
Anche i ragazzi annuirono esattamente come avevano fatto i vampiri.
Adrian chinò la testa, e con la sua voce normale
chiamò:
- Erika…
La ragazza corse verso di lui, e lo aiutò ad alzarsi, e a
camminare, lui si appoggiava totalmente a lei, e respirava
affannosamente.
Era pesante, ma Erika lo portò comunque in camera sua, lo
fece stendere, e gli tolse il cappotto, rivelando una camicia bianca
con i primi tre bottoni aperti.
Erika scosse la testa, e passandogli una mano sul volto gli
parlò:
- Adrian, Adrian, stai bene??
Il ragazzo si girò a fatica, e parlò sottovoce:
- Si, ho solo bisogno di riposare, ma tu devi scendere
dov’eri prima, i tuoi genitori, Lynn e i soccorsi si
sbloccheranno fra poco, e tu devi essere dove eri prima.
- Ma non posso lasciarti qui da solo…
Adrian sorrise:
- Io starò bene, e quando tornerai, mi troverai qui dove mi
hai lasciato, non preoccuparti, ma ora devi tornare lì, per
loro sono passati si e no tre secondi, e se non ti trovassero
dov’eri, la copertura salterebbe…capisci?
Erika annuì, e Adrian la guardò:
- Ora va! Corri!!
Erika si alzò, e chiudendosi la porta alle spalle corse
giù, di nuovo davanti alla portafinestra del salone.
Dopo qualche secondo, sentì le sirene dei soccorsi, polizia
e autoambulanze, e vide il padre fuori fare cenni.
Sembrò che fossero passati secoli.
Erika confermò la versione di Adrian, e dei vampiri
all’interno della casa, Micheal e Lynn furono portati in
ospedale, i genitori di Lynn vennero avvertiti, e i vampiri portati in
prigione.
Quando finalmente tutto fu tornato tranquillo, la madre di Erika le
propose di prendere una camomilla, immaginando che fosse scossa, ma lei
rifiutò, dicendo che voleva dormire, e dimenticare tutto,
non poteva perdere altro tempo, doveva andare a controllare Adrian.
Impiegò tutte le sue forze per non correre, non voleva che i
suoi si insospettissero, ma appena fu fuori dai loro sguardi, corse a
perdifiato, e si chiuse in camera sua.
Adrian era sul letto, seduto e la guardava sorridendo:
- Sei stata Bravissima!
Senza pensarci, la ragazza corse ad abbracciarlo.
Adrian la strinse, e le accarezzò i capelli.
Quando Erika si rese conto di quello che stava facendo, si
staccò di scatto, arrossendo.
- Che…come…come ci sei riuscito??
- E’ questo il potere di cui ti parlavo prima, possiamo
sconfiggere il male, dobbiamo solo inventarci il modo
- Inventarci il modo?
- Già, tu sai come muoiono i vampiri?
Erika annuì:
- Beh, luce del sole, paletto di legno conficcato nel cuore,
decapitazione, alcuni dicono l’argento, ma non ne sono tanto
sicura
Adrian annuì:
- L’argento non è fatale, ma non gli fa comunque
molto piacere
- Si, ma tu li hai uccisi parlando!!!
Adrian rise:
- No, non parlando, vedi, erano troppi per trafiggerli, e il sole non
sarebbe spuntato prima dell’alba, così mi sono
concentrato, e ho fatto esplodere i loro cuori dall’interno,
come se fossero stati impalati.
- Come ci sei riuscito?
- Beh, è una cosa che imparerai anche tu…la
concentrazione ti permetterà di individuare il loro cuore, e
di farlo esplodere
- E’ magia?
Il ragazzo rise ancora
- Si, è magia, ma non il tipo di magia che pensi tu, questa
è molto meglio, è la pura essenza, è
il potere di fare qualunque cosa, semplicemente volendolo, è
un potere immenso, e molto pericoloso, io ho avuto più di
cento anni per svilupparlo e imparare a conoscerlo, tu purtroppo non
hai tutto questo tempo, ma in compenso, hai un maestro molto esperto
che ti darà una mano a svilupparlo e controllarlo.
Erika lo fissò:
- Chi?
- Io, ovviamente!
Adrian sorrise, Erika arrossì, poi un’altra
domanda le salì sulle labbra:
- Cosa è successo poi?
- Ho risucchiato i poteri ai vampiri, li ho fatti tornare normali,
niente più forza, né velocità,
né morte col sole, sono umani, ma non lo sono.
Erika spalancò gli occhi:
- Anime di vampiri, condannate in un corpo umano
- Già, e non sarà divertente per loro.
- E il cambio di voce?
- Oh, quella è un’altra storia, te la
spiegherò domani, ora devo andare, e tu devi dormire, sono
le tre passate, domani hai scuola, ci vedremo lì!
- Sei iscritto al college??
- Certo, nella tua classe, mi presenteranno come un ragazzo nuovo, che
si è trasferito da poco, mi avrai intorno, per un bel
po’ di tempo, abituati a me!
Disse ridendo, poi aggiunse:
- Ah, domani sei ufficialmente impegnata per l’ora di pranzo,
mangiamo insieme,ok?
Erika annuì.
Adrian sorrise:
- Beh allora a domani! Buonanotte Erika!
Le mise una mano sulla testa, scompigliandole i capelli, e poi
uscì da camera sua.
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Capitolo 2 *** School Fight ***
La sveglia suonò
prestissimo quella mattina, ma Erika era
sveglia già da un po’.
Si alzò, si
vestì e scese a fare colazione, salì in macchina
e arrivò al parcheggio del college in perfetto orario.
- Buongiorno!
Erika sospirò:
- Ciao Betty!
- Ho saputo di ieri sera!! Della
rissa a casa di Lynn! Sei
stata coraggiosissima, tutto il college non fa altro che parlare di te!
- Beh, ho solo chiamato i soccorsi e
i miei genitori, tutto
qui. Sai come sta Micheal?
- La professoressa Torrin dice che si
rimetterà, ha subito
un trauma cranico, ma non è niente di grave.
- Menomale…
Si avviarono verso l’aula e
Betty cambiò argomento con la
velocità di un razzo:
- Sai cos’altro mi ha detto
la prof?
- No, spara!
- C’è un ragazzo
nuovo nella nostra classe.
Erika sentì lo stomaco
contrarsi, no, non era stato un
sogno, era tutto vero.
- Ah, davvero??
- Si!!! Non è
fantastico??La prof mi ha detto che si
chiama Adrian
Faber, e che si è trasferito
qui dall’Inghilterra!
- Wow! Lo hai già
incontrato?
- No, purtroppo no, non
l’ha incrociato nessuno,
probabilmente è in sala professori per le ultime scartoffie.
Entrarono in aula, ed Erika
notò subito il banco in più,
messo lì apposta per Adrian, sospirò, e
cercò di calmarsi.
Quando la Professoressa Torrin
entrò in aula, Erika vide
Adrian aspettare sulla soglia della classe, nascosto dallo stipite.
- Ragazzi, un momento di silenzio per
favore, come
sicuramente già sapete, da oggi avrete un nuovo compagno di
classe, si è
trasferito qui dall’Inghilterra un paio di settimane fa,
spero che voi siate
cordiali e gentili con lui, ma so già che lo sarete,
quindi…
La professoressa fece un cenno ad
Adrian, ed Erika sentì le
ragazze sbavargli addosso, scosse la testa.
Adrian indossava un jeans chiaro,
scarpe da ginnastica e una
maglia rosso scuro a maniche corte, molto attillata.
- Ragazzi, lui è Adrian
Faber, il vostro nuovo compagno di
classe.
Dall’aula si
alzò un “Benvenuto” generale, ma Erika
non
disse nulla, lo guardava e lui ricambiava il suo sguardo. Betty non
tardò ad
accorgersi dell’intesa.
- Grazie, per il benvenuto, spero ci
troveremo bene assieme!
La professoressa indicò ad
Adrian il suo posto, e la lezione
iniziò.
Durante i dieci minuti di spacco,
Adrian si alzò, e andò a
sedersi vicino ad Erika, tutti gli sguardi della classe erano su di
loro.
- Ciao, dormito bene??
Erika lo guardò:
- Eh?
Poi aggiunse sottovoce:
- Non credi che prima dovresti
presentarti? Io e te non ci
conosciamo ancora Adrian…
Adrian sorrise, ad Erika era mancato
il suo sorriso:
- Hai
ragione…scusa…
Erika annuì.
- Come ti senti?
La ragazza lo guardò:
- Un po’
scossa…ma sopravvivrò…
Adrian sorrise ancora:
- Oh, ti assicuro che lo
farai…
Erika accennò col capo ai
suoi vestiti:
- Oggi il caldo lo soffri?
Adrian rise e la sua risata
riempì l’aula, Erika arrossì e
si guardò in giro, perfetto, Bruce li stava guardando,
proprio l’ultima persona
che Erika avrebbe voluto mettere in mezzo.
- Si, oggi si, ma ti spiego a pranzo,
Erika mi stai
ascoltando?
Erika guardò Bruce
avvicinarsi, e si posò una mano sulla
fronte…perfetto.
- Ehi, tipo nuovo, Mettiamo le cose
in chiaro, questa è la
mia ragazza!
Erika sbatté le mani sul
banco, e si alzò di scatto.
- No, Bruce, la tua EX ragazza, sono
stufa marcia di
ripeterti che è finita fra noi, ok?? Mettitelo in testa,
è finita, FI-NI-TA!
Bruce rise senza ascoltarla:
- Tu sei mia baby, qualunque cosa tu
possa dire, oramai mi
appartieni!
Adrian si alzò:
- Le persone non sono oggetti, non
appartengono a nessuno, Bruce.
Adrian scandì il suo nome
con una velatura di minaccia,
l’ultima cosa che Erika voleva era che quei due finissero a
litigare.
- Ma sentilo quello nuovo, chi credi
essere? In questa
classe, comando io, chiaro??
Adrian rise:
- Wow, abbiamo un maschio dominante,
credi di essere in una
giungla? Da un paio di anni siamo governati dalla Democrazia, ma forse
non sai
nemmeno cos’è…
Erika si voltò verso
Adrian:
- Adrian, per favore, lascia stare,
non voglio guai…
Adrian, la guardò, e
sorrise:
- Non preoccuparti, io e Bruce stiamo
solo parlando…
Bruce per tutta risposta,
sorpassò Erika e gli diede uno
spintone, facendolo finire contro il banco opposto.
Adrian sospirò:
- Non vuoi batterti con me, Bruce,
lascia stare
- Oh si che voglio battermi, pivello,
a ora di pranzo, nel
prato del college, se sei un uomo, fatti vivo!
Adrian lo guardò alzando
un sopracciglio:
- Temo di essere impegnato ad ora di
pranzo, mi spiace.
Bruce rise:
- Impegnato?? Ragazzi avete sentito??
Il pivello, è stato
sfidato, e dice che è impegnato!!!
Tutta
la classe rise,
Erika si mise in mezzo:
- Bruce, smettila!
- Zitta tu!
Adrian si rabbuiò:
- Non parlarle in quel tono!
- Ohhhhhh il pivello ha una cotta per
Erika!! Ma guarda un
po’, ci hai parlato per tre minuti, e già ne sei
innamorato? Bene, facciamo
così…
Bruce prese Erika al collo, quasi
soffocandola e le mise una
mano sotto la maglietta.
Adrian come un fulmine, fu al fianco
di Bruce e gli premette
due dita sulla spalla, il ragazzo gemette e si inginocchiò a
terra, permettendo
ad Adrian di tirare a sé Erika:
- Facciamo che la smetti di rompere
se non vuoi che ti
faccia male sul serio, eh Bruce? Tu lasci in pace Erika e me, e io non
ti
spezzo il collo, sono stato chiaro??
Bruce era quasi in lacrime dal
dolore, e riuscì ad annuire.
Adrian lasciò andare
Bruce, appena in tempo, perché la
professoressa era appena entrata.
Ad ora di pranzo, Adrian si
avvicinò di nuovo ad Erika
sorridendo:
- Andiamo?
Erika annuì e si
avviò al suo fianco:
- Che hai fatto a Bruce prima?
Adrian la guardò:
- Non ho usato il potere, se
è questo che temi, so
difendermi benissimo anche senza, e inoltre, è contro i miei
principi usarlo
contro quelli che non hanno come difendersi.
Erika gli sorrise, ma il suo sorriso
si spense quando Adrian
le chiese:
- Parlami di lui.
Sospirando, iniziò a
raccontare:
- Siamo stati insieme per due mesi,
l’ho lasciato quando ha
cercato di farmi andare a letto con lui con la forza.
Adrian si fermò:
- Ha tentato di violentarti?
Erika abbassò gli occhi:
- No, voleva costringermi a farlo, ma
io non ho voluto, e
sono scappata via.
Adrian scosse la testa:
- Erika, non importa come la metti,
è sempre violenza!!
Brutto figlio di…
- Adrian, per favore…non
voglio più pensarci
Il ragazzo la guardò,
chiedendosi come avesse fatto a
restare nella stessa classe con lui, per così tanto tempo.
Le mise un braccio attorno alle
spalle:
- Ora ci sono io qui.
Erika sorrise.
Si sedettero sotto un albero nella
zona pranzo del prato, e
Erika fece tantissime domande ad Adrian, e lui rispose, senza mai
perdere la
pazienza, le spiegò che aveva bisogno di esercizio per
risvegliare i suoi
poteri, e che avrebbero iniziato quello stesso giorno.
- C’è
un’altra cosa…
- Dimmi pure.
Disse lui addentando il panino.
- Da un po’ di notti ho dei
strani sogni, assomigliano più a
delle visioni, non mi fanno dormire, ma non riesco a capire di cosa
trattano.
Adrian sorrise:
- E’ il potere che inizia a
svegliarsi, quando ti succede,
respira profondamente e concentrati, scompariranno da sole.
- Concentrarmi su cosa?
- Sul nulla, su te stessa, su un vaso
di fiori, su qualunque
cosa tu voglia, l’importante è concentrarti.
Erika annuì.
Poi gli chiese:
- Chi ti ha mandato qui? Da
me…ora?
- Nessuno in particolare,
cioè, ci sarebbe Dennis, che è il
nostro contatto diretto con le forze del bene, ma non volevano che ci
incontrassimo.
- Che intendi?
- E’ uno dei tanti errori
che il bene commette, il libero
arbitrio, secondo loro; io parlo di lasciare i loro guerrieri nelle
mani del
male, ma non mi vogliono credere, vedi, se fosse dipeso da loro avresti
dovuto
scoprire da sola i tuoi poteri, e capire da sola che eri destinata a
servire il
bene, svilupparli da sola e distinguere bene e male sempre senza
l’aiuto di
nessuno, io ho fatto così, e credimi, è stata
molto dura. Per questo ho deciso
di raggiungerti e darti una mano.
Erika sgranò gli occhi:
- Quindi sei qui disobbedendo al
volere dei Capi?
Adrian rise:
- Beh, effettivamente tu non lo sai
ancora, ma io sono il
ribelle del reparto.
Erika lo guardò:
- Che intendi per ribelle?
Adrian rise ancora:
- Beh, in cento anni, ho
dato più problemi io alle forze del
bene, che nemmeno il male, loro hanno delle regole precise, ma la
maggior
parte, sono stupide e inutili, lo scoprirai col tempo,penso che non mi
abbiano
cacciato, perché sono potente, e so fare il mio lavoro.
- E se ti mandano via da me?
- Oh, non lo faranno, oramai siamo
insieme, stai tranquilla.
Erika stava per aggiungere altro, ma
Bruce afferrò Adrian
per il colletto e lo spinse al centro del prato.
Erika cercò di
raggiungerlo, ma un ragazzo molto più grande
di lei, la trattenne, spingendola poi in mezzo al prato, dove Bruce
stava
raggiungendo Adrian, e dove una folla di ragazzi curiosi si stava
ammassando
per godersi la rissa.
Adrian sospirò prima di
alzarsi, e rassettarsi, Bruce gli
stava davanti, e si
stava massaggiando
le nocche, come per sottolineare la sua volontà di
combattere:
- Ti avevo avvertito
Pivello…me l’avresti pagata…Erika
è
mia!
Adrian scosse la testa:
- Vuoi proprio prenderle Bruce?
- Prima mi hai preso di sorpresa, non
capiterà più!
- Ehi ragazzo nuovo! Non ti conviene
metterti contro Bruce,
è il ragazzo più popolare delle scuola,
nonché campione della squadra di Football!!
Una ragazzina bionda,palesemente
innamorata di Bruce aveva
urlato l’avvertimento verso Adrian, che sorrise:
- Stavo pranzando, posso sapere cosa
diavolo vuoi?
Bruce rise:
- Voglio vendetta per quello che hai
fatto in classe, e
inoltre, Erika è la mia ragazza, e nessuno ci pranza assieme
a parte me, la
aspettavo al nostro tavolo e tu le hai impedito di venire.
Adrian stava iniziando ad arrabbiarsi:
- Ok, va bene, prima cosa, lei ti ha
lasciato, e se non
l’hai capito brutto bastardo, ti ha lasciato
perché hai cercato di
violentarla,secondo, lei non ti appartiene, è libera di
pranzare con chi vuole,
e se devo farti per forza uscire il sangue dal naso per fartelo capire,
amen,
tutti quanti qui sono testimoni che la rissa l’hai iniziata
tu, e che io ho
tentato di evitarla.
Bruce non gli permise nemmeno di
finire la frase, si lanciò
verso di lui urlando, con i pugni protesi in avanti, Adrian lo
schivò
facilmente, ma non lo colpì.
Erika si rese conto che quello ad
essere in pericolo, era
Bruce, nonostante Adrian non stesse usando i poteri, era dieci volte
più veloce
di lui, e questa era una cosa che lei non sapeva spiegarsi.
Bruce non si perse d’animo,
e si lanciò di nuovo
all’attacco, anche questa volta, Adrian scartò di
lato,evitandolo.
Bruce stava iniziando ad arrabbiarsi
seriamente, non capiva
come facesse ad essere così veloce, lui dopotutto era il
campione imbattuto
della scuola in qualunque sport avesse frequentato.
Prese fiato, e si rialzò,
solo per poi ripiegarsi di nuovo e
dargli la carica urlando.
Come i primi due, anche il terzo
tentativo fallì, Adrian lo
evitò ancora:
- Ti sei stancato, o giochiamo alla
corrida per tutto il
pomeriggio? Abbiamo lezione fra poco e vorrei finire il mio pranzo, se
non ti
spiace.
Bruce era furente, sentiva il sangue
andargli al cervello
per la rabbia, e l’unica cosa a cui riusciva a pensare era
spaccare quel bel
muso che il suo avversario si ritrovava:
- Combatti codardo!!!
Urlò e si gettò
di nuovo alla carica, come un toro
impazzito.
Mentre l’altro ragazzo
tratteneva a stento la rabbia, se
c’era una cosa che destava era essere chiamato codardo, e
quel bulletto lo
stava davvero irritando.
Adrian stavolta non si mosse, ma gli
mise una mano sulla
spalla, e fece pressione, mandando Bruce a terra, sfruttando la forza
della sua
stessa rincorsa.
Il ragazzo si ritrovò con
la schiena a terra senza nemmeno
sapere perché.
- Va bene Bruce, se proprio hai
voglia di finire in infermeria,
accomodati pure, mi hai stancato, sei solo uno stupido mulo, e se
proprio
l’unico modo per farti capire che devi lasciarmi in pace,
è con le mani,
pazienza! Non dire che non ti ho avvertito!
Erika sempre trattenuta da uno degli
amici di Bruce, si
dimenava per liberarsi, non voleva che Adrian finisse nei guai.
Cercò di pensare
più in fretta che poteva, ma non le venne
in mente nulla, e così presa dalla disperazione,
pestò un piede al suo
carceriere, che preso di sorpresa la lasciò andare per
massaggiarsi il piede
ferito, Erika finalmente libera, corse fra le persone radunate ad
assistere,
accelerando la corsa più che poté quando si
ritrovò finalmente libera dalla
folla.
Corse verso Adrian, e gli strinse le
braccia:
- Non farlo, non ne vale la pena!!
Adrian sorrise:
- Non gli farò del male -
si fece serio - almeno non gliene
farò quanto vorrei fargliene.
Erika non capì subito cosa
intendesse il ragazzo, ma scosse
la testa:
- Finirai tu nei guai, fidati, tutta
questa gente dirà che è
stata colpa tua, e il preside crederà a loro, non reagire.
Bruce attaccò di nuovo, ma
stavolta Adrian gli lanciò solo
un’occhiata, poi avvolse un braccio attorno alle spalle di
Erika, si voltò e se
ne andò, lasciando Bruce da solo sull’erba del
prato.
Il ragazzo restò
lì fermo,per la sorpresa, poi li rincorse,
e mise una mano sulla spalla di Adrian, preparandosi a colpirlo.
Adrian si girò, e gli
fermò il pugno con la mano, con una
velocità sorprendente, Erika poi lo sentì parlare
con una voce non sua:
- Lasciaci in pace…Chiaro??
Bruce, in trans annuì e se
ne andò.
- Mi spiace Erika, non volevo usare
il mio potere, ma o
così, o gli mettevo davvero le mani addosso.
Erika scosse la testa:
- Va bene così, se
l’è cercata!
- Ci vediamo fra un’oretta
allora?
- Si, certo, passo a prenderti a
casa, andiamo con la mia
macchina.
- Va bene, a dopo allora!”
Adrian annuì:
- A dopo Erika!
Le passò una mano a
scompigliarle i capelli, e si allontanò
dalla macchina.
Erika mise in moto e tornò
a casa, aveva bisogno di una
doccia, e di cambiarsi.
- Erika?? C’è
qui un tuo amico!! Sbrigati a scendere!!!
Erika si affacciò dalle
scale e urlò:
- Arrivo!!
La signora, si avvicinò ad
Adrian:
- Mi dispiace, è sempre in
ritardo!
Adrian sorrise:
- Non si preoccupi, sono io che sono
arrivato in anticipo.
- Posso offrirti qualcosa?
- Oh, no, la ringrazio, sto bene
così,
In quel momento, la sdraio in
giardino si ribaltò, e la
signora lanciando un urlo corse fuori, Adrian la seguì
corredo:
- Mary!!! Mary!! Oddio come pesa!!
- Lasci, l’aiuto io!
Adrian alzò la sdraio, e
la bambina bionda, finita sotto di
essa, iniziò a piangere, la madre la sollevò in
mezzo secondo, e la strinse fra
le braccia, mentre il ragazzo rimetteva la sdraio a posto.
- Sta bene??
La Signora annuì.
- Si, si è solo
spaventata, grazie mille!
- Ma si figuri, non ho fatto niente,
come ha fatto a
tirarsela addosso?
La madre di Erika si
guardò in giro:
- James!! Thomas!!! Dove diavolo
siete! Venite subito qui!
Urlò poi diretta a nessun
punto in particolare.
Adrian vide due gemelli avvicinarsi
con sguardo colpevole
alla loro madre, e non poté trattenere un sorriso.
- Che è successo??
Uno dei due alzò le spalle:
- Giocavamo ai pirati…
La madre alzò un
sopracciglio:
- E??
Sempre lo stesso bambino
continuò incerto:
- E la nave è
affondata…
L’altro intervenne in tutta
fretta:
- Non è colpa nostra, ci
hanno attaccati!! E’ stata Mary a
dire che voleva fare la Sirenetta!!!
Mary pianse ancora:
- Ma lolo volevamo me mosso!!!
Il secondo bambino la
rimproverò:
- Non potevi essere il capitano!!
Siamo già noi i capitani!!
L’altro aggiunse:
- Si, ci serviva un mozzo!!!
La madre sbuffò e scosse
la testa:
- Potevate farle male! Filate in
camera vostra! Subito!!
- Ma mamma….
- Niente MA!! Ora!
I due ragazzini a testa bassa
entrarono in casa, seguiti
dalla madre, e dal ragazzo.
- Accomodati, Erika ne
avrà per molto temo…
Adrian rise:
- Grazie!
- Sei un suo compagno di scuola?
- Si, frequentiamo la stessa classe.
La Signora si fece sospettosa:
- Sei un amico di Bruce?
Adrian scosse la testa:
- No, assolutamente, sono nuovo,
Erika è stata tanto gentile
da offrirsi di farmi da guida per conoscere la città, e io
per ricambiare mi
sono offerto di passarla a prendere.
- Ti sei appena trasferito?
- Si, l’altro giorno,
dall’Inghilterra
- Posso chiedere come mai?
- I miei genitori avevano comprato
una casa qui, e quando
sono morti, ho voluto cambiare aria, per ricominciare a vivere, sono
l’unico
erede, e mi giravano tutti intorno, così ho deciso di
trasferirmi qui, e
iniziare una nuova vita.
- Oddio mi dispiace, così
giovane e già tutto solo…
- Abito col mio tutore, è
una persona fidata, mi aiuta a
gestire l’eredità, e mi fa da zio, per
così dire”
- Spero ti troverai bene qui!
Adrian sorrise:
- Ne sono sicuro.
- Eccomi!!
- Erika! Finalmente!!
La madre la rimproverò con
lo sguardo:
- Scusa, ho fatto tardi!
Adrian sorrise:
- Non preoccuparti,sei pronta?
Erika annuì:
- Perfetto, andiamo allora, Grazie
per la compagnia Signora
Grandet, è stato un piacere conoscerla
- Ma figurati, il piacere
è stato mio!
Uscirono, e Erika fissò
Adrian:
- Che c’è?
Chiese lui, lei sorrise:
- Hai fatto colpo su mio madre!
Lui rise:
- Si, piaccio molto alle mamme.
Le aprì la portiera dal
lato passeggero e la fece accomodare
in macchina sorridendo. |
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Capitolo 3 *** Meet the Family ***
**Faccio
così per spiegare delle cose, sperando di non incasinare
l'html,da questo capitolo iniziano a mischiarsi la parte "orginale" e
la parte "FanFict" quindi, ci tenevo a precisare che Henry e Vicky non
sono personaggi miei, ma di Tanya Huff :) siccome sono stata ispirata
sia dal libro che dal telefilm, mi è sembrato naturale farli
entrare nella storia così,spero non sia troppo campato in
aria! Un ultima cosa, Il nome Vicky è scritto nel libro
della Huff con la i normale alla fine, ma non riesco a scriverlo
così, e quindi ho usato la Y spero vi piaccia!**
Adrian portò Erika in un centro commerciale in centro,
parcheggiarono e salirono dal parcheggio sotterraneo al primo piano,
con le scale mobili.
- Come mai un centro commerciale?
Il ragazzo sorrise:
- E’ il posto migliore, puoi trovarci di tutto, e inoltre
è al chiuso.
- Al chiuso?
- Si, non puoi aspettarti di trovare vampiri per strada alle 5 del
pomeriggio, col sole alto nel cielo!
Erika sgranò gli occhi:
- Siamo a caccia di vampiri?
Adrian rise rumorosamente:
- No sciocchina, non è come in Buffy
l’ammazzavampiri, non siamo a caccia, devi solo imparare a
riconoscerli per ora.
- Riconoscerli?
- Si, è per questo che ti ho portata qui,
c’è di tutto, vedrai!
La prese per mano, e la condusse prima in un bar, a prendere un
frullato, e poi al centro di un settore, su una panchina.
- Allora Signorina, il ragazzo che ci ha servito al bar, che
impressione ti ha fatto?
Erika lo guardò pensierosa:
- Era carino, ma non era il mio tipo…
Adrian rise ancora:
- Nessun altra impressione in particolare?
Alzando gli occhi al soffitto Erika pensò:
- No, era cortese, ma niente di più.
- Era un demone.
Erika si affogo col suo sorso:
- Cosa??
Adrian le batté la mano dietro le spalle:
- Stai bene??
- Come un demone???
- Si, te l’ho detto, i demoni non devono essere per forza
cattivi, e lo stesso vale per i vampiri, che sono solo una razza di
demoni,noi dobbiamo saperli innanzitutto riconoscere, e saper
individuare quelli potenzialmente pericolosi.
- Devo saperli riconoscere, ricevuto, come faccio?
- Concentrati, guardati intorno, e dimmi cosa vedi.
Erika poggiò il suo bicchiere di frullato accanto a lei, e
respirò profondamente guardandosi in giro:
- La signora col cappotto rosso davanti alla gioielleria
Adrian la guardò:
- Si, cos’ha?
- Non lo so…mi ha colpita.
- Suppongo sia il suo bel cappotto, perché non ha niente che
non va, è umana.
Erika sbuffò, Adrian le prese la mano:
- Dai, prova ancora!
Erika annuì e continuò a guardarsi intorno,
guardò ogni singola persona che attraversava il suo campo
visivo, ma niente, non riusciva a sentire niente:
- Non ci riesco Adrian, per me sono tutti uguali, forse hai sbagliato
ragazza.
Adrian scosse la testa:
- Impossibile, ascolta, è come un calore, che hai nel
profondo, dentro di te, raggiungilo, chiudi gli occhi e raggiungilo, e
quando lo trovi aprili.
Erika chiuse gli occhi, e respirò, concentrandosi ancora, si
sentiva molto stupida, nonostante tutto quello che aveva visto la sera
prima, sentiva tutto come un gioco, non riusciva a credere che stesse
succedendo davvero, che tutto quello che aveva letto e visto nei suoi
film e libri preferiti fosse reale.
Adrian sussultò all’improvviso, senza che lei se
ne rendesse conto, e cercando di mantenere la voce stabile le
parlò:
- Vicky Nelson?
Erika lo guardò stralunata:
- Che c’entra la protagonista di Blood Ties?
- Non lo so, ci stavi pensando tu, non io.
Erika sgranò gli occhi:
- Leggi nel pensiero?
Adrian rise:
- Certo che no, sciocchina, è una cosa molto
più…come dire…intrigante…
La ragazza alzò un sopracciglio:
- Intrigante??
Adrian annuì:
- Che tu lo voglia o no, noi siamo una squadra…una
coppia…come Batman e Robin, e più lavoriamo
insieme, più saremo…come
dire…telepatici!
Lo sguardo di sorpresa si accese negli occhi della ragazza, prima che
lei se ne rendesse conto:
- Telepatici??
- Si, non te ne sei accorta ieri sera? Avevi la mia voce nella tua
mente, era un inizio di telepatia.
Erika scosse la testa, questo era troppo:
- Adrian, sei molto simpatico, sei un essere sorprendente, ma
nonostante tutto quello che ho visto, non riesco a prendere questa cosa
sul serio, non ci riesco, è come se stessi sognando, forse
non sono io quella che cerchi…forse la tua ragazza
è qualcun’altra.
Adrian rise di gusto, e si chinò poggiando i gomiti sulle
ginocchia e la testa sulle mani giunte:
- Ecco perché allora…
Disse guardandola di traverso, Erika ebbe un secondo di blackout,
sebbene si fosse abituata al suo aspetto mozzafiato, di tanto in tanto
notava qualcosa che la lasciava di sasso.
Quando si riprese gli chiese:
- Allora cosa?
- Devo essere sincero, ho passato tutta la notte scorsa a cercare una
spiegazione per le tue reazioni, tutto quello che ti ho detto, ti ha
lasciata totalmente indifferente, come se ti stessi parlando di
matematica, o di storia, qualsiasi altra persona avrebbe avuto reazioni
più…come dire…beh, sarebbe rimasta
sconvolta.
Erika sospirò:
- Sono scettica, e finché continuerò ad esserlo,
non avrò mai i miei poteri…
Adrian rise di nuovo:
- Tu?? Scettica?? Erika andiamo! Non ero io quello che da piccolo
sognava di essere la strega più potente del
mondo… non ero io quello che si attorniava di tutte le
creature più interessanti che popolavano i libri e i film
fantastici che vedeva quando era ragazzina!
Erika si alzò e corse via, Adrian restò un
secondo a contemplare il posto vuoto dove prima era seduta, poi si
alzò, prese il frullato che lei aveva lasciato
lì, e la seguì.
Non era difficile rintracciarla, ma Adrian perse tempo di proposito, da
un lato voleva lasciarle un po’ di tempo per stare da sola,
ma dall’altro restò sorpreso del legame che si
stava consolidando fra loro, non la conosceva abbastanza da prevedere
la fuga, ma sentiva distintamente il suo dolore, sapeva di averlo
scatenato con le sue parole, era consapevole che avesse bisogno di
tempo per stare da sola, e sapeva esattamente dov’era e cosa
stava facendo.
Aveva sospettato che la loro collaborazione sarebbe stata fondata sulla
conoscenza reciproca, ma non aveva idea che potesse essere
così simbiotica, Dennis non gliene aveva mai accennato, e
nemmeno suo padre…presto avrebbe avuto bisogno di parlare
con loro.
Il ragazzo trovava Erika molto tenera, era dolce, era una graziosa
principessa da difendere, una specie di sorellina a cui badare.
Sorrise pensando a queste sue sensazioni, i ventuno anni passati ad
allenarsi, erano serviti alla grande, era pronto a farle da maestro, ed
era sicuro che avrebbe fatto di lei, la più grande guerriera
che il Bene avesse avuto l’onore di avere al suo servizio.
Poi, fu un attimo, tutte le sue certezze, tutti i pensieri che lo
avevano distratto fino a quel secondo, svanirono, crollarono
all’improvviso.
Corse da lei, la prese fra le braccia e la tenne stretta a
sé, consolandola per asciugare via le lacrime che le stavano
correndo lungo le guance:
- Perdonami, sono stato un’idiota…ti prego Erika,
perdonami…è tutta colpa mia!
La ragazza china a terra fra le sue braccia singhiozzava:
- Come facevi?? Come facevi a saperlo? Non ho mai detto a nessuno dei
miei amici segreti…a nessuno…
Adrian la strinse:
-Calmati ora, te lo spiegherò, ma devi calmarti, non
sopporto di vederti piangere, non voglio che tu soffra…ti
prego Erika!
Erika si rese conto al rallentatore di quello che stava succedendo, non
piangeva da mesi ormai, ed ora era crollata per una sciocchezza, e in
più, un ragazzo bellissimo la stava stringendo fortissimo a
sé e le aveva appena detto di non volerla vedere
piangere…in più, per quello che aveva capito, era
una specie di strega…
Tutte le emozioni represse degli ultimi due giorni, la assalirono, la
paura per il pericolo passato, il disgusto nel vedere i vampiri bere il
loro sangue, la sorpresa nel vedere i poteri di Adrian, lo stupore per
la sua bellezza, i brividi nello stargli accanto.
Stretta a lui si rese lentamente conto che quella era la
realtà, quella era la sua realtà, Adrian era
vero, era come il Principe azzurro che aveva sognato da
piccola, solo centomila volte meglio, ma aveva paura, aveva tanta
paura, vedeva tutto chiaramente, la crisi di pianto le aveva schiarito
la mente, continuava a piangere, ma i singhiozzi andavano scemando, e
un calore nuovo le saliva al viso, la metà di esso
– lo sentiva chiaramente – proveniva
dall’emozione di essere stretta ad Adrian, ma
l’altra…l’altra forse era la
magia…il potere di cui lui le aveva parlato.
Erika si concentrò, e all’improvviso, vide tutto:
- Adrian!
Lui le alzò la testa, e la guardò, asciugando col
palmo le ultime lacrime.
- Adrian, li sento!! Li sento!!!
Lui le sorrise di gioia e la strinse a sé abbracciandola di
nuovo.
Erika chiuse gli occhi:
- Sono così tanti…tantissimi…mi gira
la testa Adrian…sono stanca.
Adrian annuì e la sollevò in braccio.
- Rilassati Erika, per oggi l’allenamento è
concluso, dormi pure.
Erika si sentiva spossata, come dopo una lunga giornata
faticosa…era stanchissima, e sentiva un gran bisogno di
dormire.
Cullata dal movimento dei passi di Adrian, si lasciò andare,
e si addormentò in un baleno.
Adrian sorrise, e la adagiò piano in macchina, sul sedile
anteriore, abbassando lo schienale per farla stare comoda, e
allacciandole la cintura di sicurezza.
Poi si diresse verso casa sua, era presto, i genitori di Erika sapevano
che lei avrebbe passato il pomeriggio in giro per la città,
c’era molto tempo a disposizione, e non doveva preoccuparsi.
Arrivò a casa in un baleno, e con molta cura prese Erika in
braccio e la portò dentro.
La adagiò sul divano, e nonostante fosse caldo, la
coprì con una coperta.
- Oh Santo cielo!! Cosa è successo a questa ragazza??
La voce di un signore di mezza età lo fece voltare:
- Sssshhhh!!!! Non provare nemmeno a svegliarla Dennis! Sono
stato chiaro, vieni con me! Devo parlarvi, a tutti e tre!!!
Dennis lo guardò stralunato:
- Ma gli altri dormono! È presto per loro!! Sono le cinque!!
- Non mi interessa! Vieni giù!
Adrian lo afferrò per la manica e lo trascinò
giù per delle scale, scesero due piani, finché si
ritrovarono in una cantina piena di vini e quadri, illuminata da alcune
lampade dalla luce soffusa e gialla. Infondo alla sala, dopo gli
scaffali della piccola enoteca si intravedeva un camino spento
circondato da due divani e due poltrone, e alla sinistra del piccolo
salottino, c’era una porta che conduceva ad
un’altra stanza.
Adrian la aprì senza pensarci un attimo e accese la luce:
- Che diavolo significa tutto questo??
Urlò nella stanza all’improvviso.
Due figure si alzarono lentamente dal letto collocato infondo alla
stanza, l’uomo sbadigliò guardandosi intorno
distratto:
- Ma che ore sono??
Adrian rimase appoggiato al muro:
- Le cinque
La donna bionda lo guardò:
- Adrian, tesoro, che ti succede? Perché ci tiri
giù dal letto a quest’ora?
Adrian era furioso:
- LUI!- disse indicando l’uomo a torso nudo che ancora
sbadigliava – non mi aveva avvertito di come sarebbe stato
sul serio!!! Non è come diceva!!! E’ tutto
sbagliato!! Tutti gli anni passati ad osservarla sono stati uno
sbaglio, e ora lei si arrabbierà con me! E io non voglio
maledizione!! Non voglio!! NON VOGLIO!!!
Adrian sbatté un pugno nello stipite della porta, facendo
tremare tutta la casa.
La donna guardò il suo compagno:
- Henry, per l’amor del cielo, che sta succedendo?
L’uomo rise, della stessa risata leggera e cristallina di
Adrian:
- Ti sei innamorato Figliolo? Caspita, ci hai messo più del
previsto, io mi innamorai di tua madre nei prime cinque minuti, e lei
era svenuta!
La donna colpì il braccio del suo consorte:
- Henry!! Sii serio! Parlate di Erika?
Entrambi annuirono, poi Henry continuò:
- Credo che nostro figlio si sia innamorato,Vicky!
Adrian scosse la testa:
- Non può essere!
Henry rise ancora:
- Non può essere? Ma cosa credevi? Che il fatto che
l’hai tenuta d’occhio per ventuno anni ti rendesse
come se fossi suo padre? O suo fratello maggiore? Nessuno di noi
l’aveva previsto, ma ammettilo, lei ti piace!
Adrian guardò l’uomo - beh, ragazzo visto che non
sembrava molto più giovane di lui- riducendo gli occhi a due
fessure:
- Certo che mi piace papà, ma il fatto che lei mi piaccia,
non vuol dire che io ne sia innamorato!
La donna bionda, si infilò la vestaglia, mentre scendeva dal
letto, e disse pacatamente:
- Per queste cose ci vuole tempo Amore, non è sempre una
questione di colpi di fulmine, aspetta di conoscerla meglio, prima di
giudicare.
Dennis che osservava la scena da appena fuori la porta della camera da
letto rise sommessamente, ancora una volta, Vicky era riuscita a
zittirli tutti e due con una frase rivolta a entrambi e a nessuno in
particolare. Supponendo quello che sarebbe successo dopo,
tornò di sopra, e oscurò le finestre, con le
pesanti tende scure, e accese qualche lampadina elettrica, la ragazza,
notò, dormiva ancora.
Intanto di sotto Henry non voleva cedere:
- Lui è come me Vicky, io lo sento.
Vicky rise:
- Ha il tuo sangue, è tuo figlio Amore, è ovvio
che sia come te.
Adrian sbuffò, odiava quando parlavano come se lui non ci
fosse:
- Ragazzi? Io sono qui…e no papà, non sono come
te, almeno non così tanto come tu vorresti.
Vicky rise ancora, poi decise di cambiare argomento:
- Com’è andata con Erika?
Adrian sbuffò:
- Le si sono risvegliati tutti all’improvviso, è
svenuta credo, l’ho portata qui, dorme sul divano.
Vicky assunse un’espressione sconvolta, urlò:
- ADRIAN!!! LEI E’ SVENUTA AL PIANO DI SOPRA E NOI SIAMO QUI
A PARLARE DI QUESTE STUPIDAGGINI?
Senza attendere risposta, scomparve dalla vista, correndo ad una
velocità impercettibile a occhio umano.
Adrian e suo padre la seguirono, una volta in salone, Vicky sorrise a
Dennis, grata, se non ci fosse stato lui, la vita sarebbe stata
molto,molto più complicata.
Si avvicinò ad Erika, fece per toccarle la fronte, ma
all’ultimo si ritrasse, e alzandosi, tirò fuori da
una cassettiera, un paio di guanti, li infilò e
tornò vicino alla ragazza, per accertarsi che stesse bene:
- Sta solo dormendo Adrian, è tutto ok - disse
accarezzandole dolcemente la fronte e osservandola – devo
ammettere che è molto più bella di quanto mi
aspettassi.
Anche Henry si avvicinò ad Erika, osservandola, il suo
commento fu molto più pungente:
- Figliolo è uno schianto, chi diavolo aspetti?
Adrian fece per ribattere, ma in quel momento, Erika parlò
nel sonno, o almeno così credeva lui.
Per la ragazza fu come svegliarsi da un coma, anche se sapeva che stava
solo dormendo, sentiva delle voci, e aveva avvertito delle dita morbide
e delicate sfiorarle la fronte, provò ad aprire gli occhi,
ma prima che potesse farlo percepì qualcosa, a occhi chiusi,
vedeva delle fiamme, e sentiva che non era un frutto della sua
immaginazione, o tanto meno la pressione degli occhi sulle braccia, che
le faceva vedere le lucine tanto simili a costellazioni, quelle fiamme
erano reali, erano nella stessa stanza in cui si trovava lei, erano
rosse e nere, terrificanti, non ebbe dubbi, e la sua volontà
di tenere gli occhi chiusi di fece più salda, dettata anche
da un istinto di sopravvivenza che era ignara di possedere, man mano
che i secondi passarono il terrore si faceva strada in lei, non voleva
aprire gli occhi, non poteva parlare, ma un gemito uscì
dalle sue labbra, prima che potesse rigettarlo indietro:
- Adrian…
Sentì la sua stessa voce come lontana, impaurita, anzi no,
terrorizzata, ma durò un secondo.
Adrian le fu accanto e la prese fra le braccia:
- Va tutto bene Erika, sono qui!
Le disse calmo, e quando la sentì stringersi a sé
convulsamente, capì che era sveglia, e gli ci volle un
attimo per afferrare la situazione, ricambiò la stretta,
accarezzandole la schiena, e con la testa fece cenno a sua madre di
allontanarsi, la donna indietro fino ad essere al fianco del marito,
che non perse tempo e le cinse la vita con un braccio, era protettivo
anche quando non serviva, ma lei lo adorava.
Adrian sussurrò piano nell’orecchio di Erika:
- Va tutto bene Erika, sono buoni, concentrati su di loro, usa i tuoi
poteri, lo capirai, fidati di me, non ti faranno del male!
Erika affondò il viso nel collo di Adrian, e cercando di non
pensare a quella vicinanza, provò a concentrarsi, con sua
grande meraviglia, vide davanti ai suoi occhi – quelli della
mente ovviamente – le due fiamme ardere con più
grazia, non più come fuochi devastanti e incontrollati, ma
come due fiammelle di candele, per nulla spaventose, anzi, rassicuranti
e amichevoli; anche il loro colore cambiò, dai toni
spaventosi di rosso sangue e nero pece, diventarono bianche, anzi
splendenti, tanto che la luce che irradiavano, illuminò
un’altra figura, che prima lei non aveva notato, non era una
fiamma come le altre due, sembrava la sagoma di un uomo, ma era scura
coi bordi che rilucevano leggermente di un verde scuro, visibile appena.
Pianissimo e con tutta la cautela che possedeva, aprì gli
occhi e si ritrovò in un comunissimo salone, illuminato da
lampadine elettriche, l’arredamento era moderno, di colore
chiaro, Erika osservò una credenza davanti a lei, dietro le
porte a vetri c’erano tantissimi libri che sembravano molto
antichi.
Poi all’improvviso si rese conto di essere letteralmente
avvinghiata ad Adrian, e arrossendo, si scostò gentilmente,
finalmente si guardò intorno, e vide le altre persone
presenti ed ebbe l’ennesimo shock della giornata: una donna
bionda, con gli occhi chiari, bellissima, stava abbracciata a quello
che sembrava il fratello gemello di Adrian, stessi capelli solo un
po’ più lunghi, stessi occhi, stessa forma del
viso, l’estraneo era leggermente più basso, forse
di tre o quattro centimetri ed era più magro, ma la cosa
incredibile era il sorriso, lo stesso identico sorriso mozzafiato di
Adrian. Era il suo gemello, non c’era ombra di dubbio.
L’altro uomo, doveva essere Dennis, il tutore di Adrian e di
suo fratello.
Tutti e tre le sorridevano, e lei ricambiò i sorrisi,
arrossendo, imbarazzata all’idea di aver dormito sul loro
divano, e di aver abbracciato Adrian in maniera così stupida.
La situazione era ferma e la donna sospirò dicendo:
- Adrian, dove hai lasciato le buone maniere?
Adrian si ricompose e alzandosi, prese le mani di Erika fra le sue:
- Posso fare le presentazioni?
La ragazza annuì.
Adrian prese fiato e disse:
- Beh lui è Dennis, è il nostro angelo custode e
mio tutore, ci protegge e veglia su di noi, e ogni tanto ci fa anche da
cameriere – rise – ma solo perché oramai
è parte della famiglia, mentre loro due… - Adrian
si fermò incerto – Loro due sono la mia mamma e il
mio papà.
A quelle parole Erika si voltò sorpresa:
- Che? Ma che dici? Sono troppo giovani! – Si
voltò verso il gemello di Adrian – Hai almeno
diciotto anni?
Henry rise di gusto:
- Effettivamente ne ho 17.
Erika si voltò scettica verso Adrian, e lui
guardò il padre sconsolato, cosa che ebbe come unico
risultato quello di farlo ridere ancora di più.
- Forse sarebbe meglio che invece dell’età, tu gli
chiedessi come si chiama, Erika.
Disse rassegnato, questa era la parte più difficile.
Erika si voltò di nuovo verso quello che lei vedeva come un
ragazzino:
- Come ti chiami?
Henry sorrise ed Erika restò imbambolata, sia lui che Adrian
erano bellissimi, la sua voce la riportò alla
realtà:
- Henry Fitzroy, molto piacere!
Erika sbatté le palpebre tre volte al suono di quel nome:
“Henry Fitzroy? Quel Henry Fitzroy?” No, era
omonimia, ma il colpo più duro – lei non lo sapeva
– doveva ancora arrivare.
La donna bionda, sciogliendosi con grazia dall’abbraccio del
suo compagno le tese la mano:
- Io invece, dato che nessuno si è curato di presentarmi,
sono Vicky Nelson, piacere Erika!
Era troppo…quello era davvero troppo, restò con
gli occhi sgranati, mentre si voltava verso Adrian:
- Cosa….???
Lui sorrise e riafferrandole le mani la portò a sedersi:
- Dennis, potremmo avere dell’acqua? Siediti Erika,
è una storia lunga, e se hai pazienza te la racconteremo
tutta .
Erika annuì, e si sedette, il suo sguardo avido passava da
Adrian ai due giovani senza sosta.
Adrian si sedette di fronte a lei, e senza lasciarle le mani,
iniziò a spiegarle:
- Si, Erika, sono loro, sono davvero loro, vedi la maggior parte dei
personaggi che vedi in tv, beh almeno quelli fantastici, sono reali,
esistono davvero,ovviamente sono molto diversi dagli attori che li
recitano in tv, ma il succo è che esistono.
Erika scosse la testa:
- Ma loro erano in un libro…
Adrian annuì:
- Si, ma chi credi abbia dato l’ispirazione a Tanya Huff?
– rise leggermente – è stato mio padre,
si incontrarono, e lui le ispirò la storia, anzi, le storie,
ed è stato sempre lui ad insinuare la scelta degli attori
quando si parlò di fare il telefilm che ti piace tanto.
Erika guardò Henry e lui sorrise:
- Il sorriso di Kyle non ti rende giustizia, il tuo è molto
più bello!
Adrian e Henry sorrisero, e il vampiro disse:
- Grazie mille!
- Ma quindi…voi siete vampiri??
Vicky annuì:
- Si, lo siamo, ma non ti faremo del male, sta tranquilla.
Erika scosse la testa:
- Ci sono delle cose che non mi tornano, come vi nutrite? E come
è possibile che abbiate avuto un figlio, i vostri corpi
sono…beh…morti…
Adrian sorrise e le disse dolcemente:
- Due minuti di pazienza e ci arrivo, ok?
Erika annuì di nuovo:
- Scusa, ti ho interrotto!
Adrian scosse la testa e le accarezzò la guancia con la
punta delle dita, brividi percorsero entrambi:
- Non preoccuparti, è normale che tu abbia tante domande,
cercherò di risponderti meglio che posso, allora, si, loro
si nutrono di sangue umano, ma non uccidono, e gran parte del merito
è di Dennis, vedi lui è una specie di
mago-alchimista, ed è riuscito a ricreare in
“provetta” per così dire una copia
esatta del sangue umano, una specie di surrogato, certo, non
può essere ancora usato per le trasfusioni, ma non manca
molto, e l’unica cosa che ci rimettono le persone
è qualche capello rubato per strada, per la scienza
è impossibile ricreare questa formula, ma
l’alchimia è un strumento potentissimo, e Dennis
è uno degli ultimi grandi maestri di questa scienza-magia, e
grazie a lui abbiamo risolto molti problemi
“alimentari” per così dire –
Erika si sforzò di non fermarlo, voleva sapere tutto, e lui
continuò – passiamo a me, come tu stessa sai, i
vampiri sono tecnicamente persone morte, e perdono molte delle loro
funzioni da umani, ma alcune ci mettono più tempo ad
abbandonare i copri, ovviamente non c’è una regola
fissa, cambia da vampiro a vampiro, e mio padre ha perso la
capacità di riprodursi dopo parecchio tempo dalla sua
trasformazione, per due secoli ci era stato attento, più per
abitudine che per paura di lasciare incinta una delle sue compagne
occasionali, e proprio quando ha smesso di badarci, beh, sono nato io,
la cosa straordinaria è che ho molti dei suoi poteri, oltre
a quelli che condivido con te in veste di “guardiano del
bene” per così dire.
Erika sobbalzò:
- I tuoi occhi…ieri sera…erano come i suoi
– indicò Henry – e anche la tua
voce… cioè…come l’Henry del
telefilm!
Vicky rise:
- Si, quello è uno dei tanti particolari molto vicini alla
realtà.
Erika la guardò con sguardo indagatore e Vicky si
sentì leggermente a disagio:
- Cosa ti è successo? È stato Henry a
trasformarti? Pensavo non fosse d’accordo!
Henry sospirò:
- Non lo ero infatti, avevo paura di non riuscire a starle
più accanto, ma lei mi stava lasciando e io ho dovuto
tenerla con me in qualche modo, non sono riuscito a lasciarla andare,
la amo troppo.
Disse stringendo la donna accanto a lui, lei ricambiò la
stretta e continuò:
- Ero ferita a morte, e avevo perso quasi del tutto la vista, ero
più di la che di qua, Henry mi ha salvato la vita, e Dennis
ci ha salvato entrambi con il suo sangue, non abbiamo più
l’istinto della dominazione del territorio, e possiamo vivere
insieme tranquillamente, e sfoghiamo l‘istinto di cacciatori
nella foresta, cacciando animali selvatici.
Adrian rise:
- In questa casa trovi la migliore cacciagione del paese!
Erika si unì volentieri alle risate collettive:
- Sono così felice che voi due siate insieme adesso!
Henry e Vicky la guardarono stralunati, Erika sorrise imbarazzata:
- Beh, per me è come il finale perfetto, seguivo la vostra
favola, e ora so che finisce con un Per Sempre felici e contenti, e
credo proprio che sia per sempre-sempre!
I due vampiri le sorrisero affettuosi, Dennis si avvicinò al
gruppo, e propose:
- Perché non le fate vedere la casa?
Henry sbadigliò:
- Io torno a dormire, o stanotte non riuscirò a svegliarmi,
Amore mi segui?
Vicky annuì e gli prese la mano:
- Scusaci Erika, ma per noi è davvero notte fonda! La casa
può mostrartela Adrian, tanto non abbiamo segreti da
nascondere, a parte quelli che conosci già ovviamente
– disse ridendo – Buonanotte!
Erika sorrise:
- Buonanotte!!
Quando anche Dennis fu uscito, cogliendo al volo l’intenzione
dei due vampiri di lasciare i ragazzi soli, Erika si girò
verso Adrian entusiasta:
- Sei il figlio di Henry Fitzroy!!! È incredibile!!!
Ma…tua madre??
Disse con tono leggermente più triste, il ragazzo le sorrise:
- Quella biologica è morta partorendomi, non mi sono mai
mancate attenzioni, mio padre all’epoca si nutriva ancora di
compagne occasionali, e mi riempivano tutte di attenzioni, ma considero
solo Vicky come la mia vera madre, mio padre non mi ha mai nascosto la
sua vera natura e nonostante fossi un bambino ero molto più
adulto, non piangevo mai, ero abituato alla vista del sangue, non avevo
paura di niente, sapevo che mio padre era il più forte, e
che non avevo niente da temere, ho smesso di piangere a quattro anni, e
non ho ricominciato finché Vicky non è entrata
nella nostra vita, con lei mi sono risentito bambino, è
stata l’unica che mi abbia risvegliato quelle emozioni che
avevo perso tanto tempo fa, per questo considero lei, e solo lei mia
madre, è difficile da spiegare, ma è
ciò che sento.
Erika sorrise commossa, e senza pensarci, strinse Adrian a
sé, senza dire niente.
Adrian sentì il suo cuore accelerare al massimo, e
serrò ancora di più l’abbraccio, non
capiva cosa stava succedendo, ma sentiva di non volerla lasciare, e
infatti fu lei a sciogliere l’abbraccio:
- Allora, mi mostri la tua casa o no?
Adrian rise e prendendola per mano, le fece vedere casa sua, Erika
restò sbalordita, era immensa, avevano tre piani e una
mansarda, senza contare il sotterraneo con l’enoteca immensa,
il salotto e la camera da letto dei genitori di Adrian.
Si entrava dal pian terreno, dove c’erano il salone dove lei
era stata “parcheggiata” mentre dormiva, due bagni,
lo studio di Adrian, la sua camera da letto, una cucina ancora
più immensa che era anche sala da pranzo, e
l’accesso sul giardino del retro che nascondeva –
Erika restò scioccata – una piscina! Il primo
piano, era tutto di Dennis, Erika non voleva curiosare, ma Adrian
insistette per mostrarle le stanze, rassicurando la ragazza che non
c’erano problemi, e così Erika si trovò
ad ammirare le sei stanze dell’alchimista, laboratorio
compreso: Non era come se lo era aspettata, anzi, era esattamente il
contrario, le pareti erano ricoperte da pietre scure, come se fosse
l’interno di un sotterraneo di un antico castello, i mobili
erano di pesante legno antico, il bancone al cento, era pieno di strani
macchinari di vetro e ferro, ed era rovinato da segni che la ragazza
pensò essere bruciature di esplosione.
Dennis era seduto alla scrivania dall’altro capo della lunga
stanza rettangolare, alle sue spalle c’era uno scaffale pieno
di libroni enormi, e l’uomo era intento proprio in quel
momento a sfogliarne uno, Adrian lo salutò:
- Ehy Dennis? Cerchi ancora il dolce per stasera?
Dennis annuì:
- Pensi che sia meglio AB positivo, o 0 negativo??
Adrian non ci pensò un attimo:
- AB +, Zero meno è amaro!
- Grazie figliolo!
- Figurati!
- Ah, Erika, ceni con noi stasera vero?
Erika sorpresa guardò Adrian, lui le sorrise, e lei non
poté resistere:
- Volentieri, grazie Signore!
- Signore??- disse Dennis con tono scandalizzato - Chiamami
Dennis, per carità!
I ragazzi risero:
- Va bene, grazie Dennis!
Uscirono, e Adrian le mostrò il resto delle stanze, poi
salirono sopra, al terzo piano e il ragazzo le mostrò gli
studi dei genitori, una sala giochi maschile con videogames e una
carambola, in cui lui e suo padre passavano il tempo da
“uomini”, una stanza dove Vicky aveva insidiato i
suoi attrezzi da palestra, e una camera da letto con un bagno enorme
dentro che faceva da camera degli ospiti, ma la cosa più
strabiliante fu la mansarda, era stata soffittata ed era a misura
d’uomo, e una delle pareti, quella ad est era completamente
di vetro, la luce in quella stanza era insopportabile persino per lei:
- Che ci fa una stanza come questa in una casa dove abitano due vampiri?
Chiese curiosa, Adrian rise:
- E’ stato mio padre a volere questa stanza, gli piace
guardare l’alba finché riesce a resistere senza
bruciare, il sole è la cosa che gli manca di più
della sua vita da mortale, a volte sta così male che solo
Vicky riesce a stargli vicino, anche a lei manca molto il sole, loro
salgono qui ogni mattino prima dell’alba, e guardano il sole
sorgere finché possono.
- Ma non è pericoloso??? Non ci sono posti in ombra in
questa stanza!!
Adrian sorrise ancora:
- Guarda!
Le disse mostrandole un piccolo telecomando con due pulsanti a forma di
frecce, una puntava su, l’altra giù
premette la freccia verso il basso, e la ragazza osservò una
tendina nera coprire lentamente il muro-finestra lanciando ombre lunghe
e rassicuranti nella stanza, tirò un sospiro di sollievo.
Adrian la vide, e il cuore gli si sciolse, era talmente preoccupata per
la sua famiglia da fargli tenerezza, le passò una mano
dietro la schiena, e le disse dolcemente:
- Scendiamo, i miei si sveglieranno fra poco, e avranno una fame
da…vampiri!
Erika rise, era incredibile come si sentisse a suo agio in quel posto,
mentre scendevano prese il cellulare e avvertì sua madre che
sarebbe rimasta a cena da Adrian, sentì la madre molto
contenta, a quanto pare, Adrian le piaceva davvero. |
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Capitolo 4 *** Nightmares ***
La mattina dopo, presentarsi a scuola con Adrian fu la cosa
più naturale del mondo, dopo cena si erano dati appuntamento
per l’indomani al parcheggio della scuola, e entrarono in
classe insieme.
Erika sentì gli sguardi della classe su di loro e non
poté fare a meno di arrossire, stava bene con lui, e non
aveva intenzione di evitarlo solo perché i suoi compagni di
classe li guardavano ad occhi sgranati, e poi aveva
l’impressione che lui non l’avrebbe comunque
permesso.
Bruce fece per alzarsi quando Erika gli passò accanto, ma
Adrian le cinse la vita con il braccio e le fece cambiare direzione a
velocità supersonica, lei si voltò a guardarlo e
gli sussurrò:
- Non mi sembra il caso di usare la tua supervelocità da
mezzo vampiro in classe Adrian, tua madre non sarebbe
d’accordo!
Adrian sorrise:
- Ma mio padre si, anzi, se sapesse cosa ti ha fatto quell…
- Erika vide il suo volto contrarsi – Scusami un secondo, ho
bisogno d’aria…
La ragazza restò immobile mentre Adrian si
allontanò di fretta, incrociò la professoressa
Torrin che tentò di fermarlo, ma tutto quello che lei
riuscì a sentire fu un: “Certo, certo, vai
pure!”.
Durante le tre ore successive Adrian non si fece vivo, Erika era in
pensiero e non riusciva a seguire la lezione, non capiva cosa fosse
successo, e non le piacevano gli sguardi che Bruce le lanciava di tanto
in tanto. Aveva il numero di Vicky, lei le aveva lasciato il suo
biglietto da visita, ma dubitava seriamente che una vampira fosse
sveglia in pieno giorno.
Proprio quando lei si era decisa a chiamare Vicky, ed esattamente 15
minuti prima della pausa pranzo, Adrian riapparve in classe,
ringraziò la professoressa e si sedette al suo posto.
Erika continuava a guardarlo, e lui le sorrideva, rassicurante.
C’era però qualcosa di diverso
nell’aula, Erika non ci fece caso, finché Betty
non glielo chiese:
- Erika senti anche tu questo rumore??
La ragazza guardò l’amica:
- No, che rumore?
Betty alzò le spalle:
- E’ leggerissimo, come la vibrazione di un cellulare, o il
motore di un’auto in lontananza.
Erika si concentrò meglio, e in effetti si, lo sentiva anche
lei, decise di approfittarne, chiuse gli occhi, e cercò di
sfruttare il suo nuovo potere, non l’aveva ancora mai usato
in situazioni del genere, ed era curiosissima.
Il rumore si fece più forte,e più distinto, ma
non riuscì a percepirne bene la provenienza.
- Erika, potresti gentilmente tornare fra noi?
La voce della professoressa la richiamò all’ordine.
Erika rinunciò, magari durante lo spacco, o l’ora
del professor Wells sarebbe riuscita a fare di più.
Aveva capito, che quando chiudeva gli occhi e si concentrava, le uniche
cose che le apparivano, sottoforma di luci, o sagome colorate, erano
gli esseri con poteri sovrannaturali: i vampiri erano fiamme, gli
alchimisti sagome indistinte attorniate da colori scuri, ma brillanti,
mentre Adrian…beh Adrian era l’unica cosa che
riusciva a vedere chiaramente, non lo vedeva sottoforma di luce o
sagoma, vedeva lui, il suo viso, il suo sorriso, lo vedeva esattamente
come lo vedeva ad occhi aperti, e la notte prima, aveva anche scoperto
– con un po’ di imbarazzo – che riusciva
a localizzarlo anche a distanza, infatti se chiudeva gli occhi e si
concentrava riusciva a vederlo anche da casa sua, e lo stesso valeva
per i due vampiri e Dennis, non l’avrebbe mai ammesso davanti
a lui - specie perchè lui sicuramente l’aveva
sentita guardarlo col suo potere immenso – ma
l’aveva spiato. Non quando era sotto la doccia, no, quello
non era riuscito a guardarlo, ma a parte quel momento, da quando si
erano lasciati sotto casa di lei, fino a che Vicky ed Henry
non erano andati a salutarlo per la buonanotte,
l’aveva seguito con la mente. Ed era stato bellissimo, aveva
imparato a controllare leggermente anche il campo di visuale, e con un
po’ di sforzo in più riusciva a vedere anche le
cose che toccava, o che aveva nelle immediate vicinanze, come lo
specchio del bagno mentre si lavava i denti.
Era stato faticoso, e lei era andata a letto stremata come dopo una
corsa di dieci chilometri, ma ne era valsa la pena.
Appena la campanella annunciò il pranzo, Erika fece per
alzarsi, ma Adrian fu un lampo ad essere accanto al suo banco:
- Andiamo Erika, pranziamo al solito posto.
Lei lo guardò:
- Adrian cosa è successo?
Lui le sorrise incoraggiante:
- Te lo spiego dopo, andiamo via di qui per favore.
Le cinse ancora la vita con il braccio e tirandola vicino a
sé la spinse fuori dall’aula.
Purtroppo Bruce era fuori che li aspettava, Erika si sentì
stringere ancora di più da Adrian, e percepì che
il ragazzo-vampiro era agitato, ma non capiva perché,
dopotutto Bruce era sistemato.
- Ma guarda, ehi Erika, mi hai già rimpiazzato col nuovo
arrivato? Che razza di ragazza sei?
E fu in quel momento che lo sentì.
Il rumore di poco prima in aula, proveniva da Adrian, lui stava
ringhiando!
Stupita lo guardò, i suoi occhi erano più
scuri…il nero cerchiava quasi completamente le iridi, e
minacciava di coprirne il meraviglioso verde.
Perché era così agitato? Perché stava
perdendo così il controllo? Non era da lui! Non poteva
permetterglielo, No.
Si voltò verso di lui, e gli posò una mano sulla
guancia:
- Adrian, calmo, va tutto bene, guardami, sono qui, è tutto
ok, ora ce ne andiamo.
La risposta che ebbe fu un altro ringhio, e una stretta ancora
più salda alla sua vita, cercò di farlo ragionare:
- Adrian, andiamo a pranzo, per favore…lascialo stare, non
ne vale la pena, ti prego!
Lui annuì e la portò via.
Solo quando arrivarono sotto l’albero del giorno prima Adrian
si rilassò, i suoi occhi tornarono chiarissimi, e il
ringhiare cessò.
La ragazza aspettò, non sapeva cosa chiedergli di preciso, e
fu lui a sciogliere il ghiaccio:
- Scusami, non so cosa mi prende oggi.
Erika lo guardò:
- Stai male?
Lui annuì:
- Sono le mie emozioni, ogni tanto mi fanno dei brutti scherzi, ho
centoventuno anni, e negli ultimi quaranta non riesco più a
controllarle come dovrei – rise – tutta colpa di
Vicky.
- Perché?
Adrian si rilassò appoggiandosi al tronco:
- Da quando c’è lei, l’amore
è diventata una presenza constante nella nostra famiglia,
prima eravamo solo io e mio padre, e io non credevo in questo tipo
d’amore…mio padre si, non l’aveva mai
sperimentato, ma lui è un romantico, per lui tutte le storie
finiscono con un “per sempre felici e contenti”.
Nelle sue storie d’amore però, era solo lui a
restare per sempre, e ci soffriva tantissimo, poi è arrivata
Vicky, e l’amore da favola è entrato nelle nostre
vite, lei è una tosta solo per i primi 10 centimetri,
superati quelli…è una tenerona.
Erika annuì:
- Si, è più profonda di quanto vuole far credere,
ma cosa c’entra questo con te?
Adrian sorrise e chiuse gli occhi:
- Mi ha insegnato l’amore, nel mio rapporto con lei
c’è un intesa speciale, forse più forte
di quella fra madre e figlio, mentre guardando lei e mio
padre…beh, puoi immaginare, si amano alla follia, lei sa
difendersi meglio di lui ormai, ma lui continua a trattarla come un
umana indifesa, è iper-protettivo, e geloso alla follia. E
io ogni tanto ho paura…capita a volte che senta come delle
fitte terribili di paura e angoscia, che possa succedere qualcosa alla
mia famiglia, che qualcuno possa metterli in pericolo e portarli via da
me, anche a mio padre capita, Dennis dice che fa parte
dell’essere vampiro-maschio, o mezzo vampiro-maschio nel mio
caso, che non è niente di grave, ma quando arrivano questi
momenti, posso solo assecondarli, e accertarmi che nessuno minacci la
felicità della mia famiglia.
- Ma cosa c’entra questo con Bruce?
Al suono del suo nome, Erika vide il volto di Adrian contrarsi ancora:
- E’ quello che voleva farti, ieri sera ne abbiamo parlato
sai? Doveva essere una sorpresa, ma papà ha detto che non
è importante…sei parte della nostra famiglia ora.
La ragazza sussultò:
- Ma…
Adrian sorrise e scosse la testa:
- Niente ma, non posso controllare le mie emozioni, e per me sei
decisamente – ci rifletté un pochino –
qualcosa da difendere.
Si sporse leggermente e le diede un bacio sulla guancia, Erika
sentì il cuore batterle all’impazzata, non pensava
che potesse reggere un battito così veloce senza
scoppiare…eppure…
Quando lui la guardò sorridendo, non riuscì a
fare né dire altro, e sorrise a sua volta.
Il momento che ne seguì fu tremendamente complicato, si
guardavano negli occhi, sorridendo, ma nessuno dei due riusciva a dire
qualcosa per spezzare il silenzio, e forse nessuno dei due voleva
davvero, Erika però si fece coraggio, e abbassando lo
sguardo gli chiese:
- Stai meglio ora?
Adrian alzò le spalle:
- Non so, se lui non è nelle vicinanze sto bene,
mentre ero via sono tornato a casa, per calmarmi e controllare che i
miei stessero bene, ne ho parlato con mio padre, non gli ho detto cosa
ha tentato di farti, ma lui mi ha risposto “se ha tentato di
farle del male, sgozzalo” però sinceramente non
credo sia il caso di ucciderlo a scuola.
Erika trasalì:
- No Adrian, lascia stare, è successo mesi fa,
io…io sto bene ora, davvero!
Il ragazzo l’avvicinò a se, e la strinse forte:
- Non c’è bisogno di fingere con me, Erika, io
sento il tuo dolore, è la simbiosi che abbiamo, legata ai
nostri poteri, so che stai male quando sei in aula e lui è
così vicino a te, non riesco a credere che tu sia stata
così forte da reggere tutto questo tempo, e personalmente
fossi stato tuo padre, lo avrei denunciato…perché
non l’avete fatto? Perché hai lasciato che se la
cavasse così?
Mentre parlava le accarezzava delicatamente i capelli, Erika
sospirò:
- Non volevo che fosse così reale…denunciarlo,
ammettere quello che ha tentato di farmi, sarebbe stato come ammettere
che è accaduto davvero, e io non voglio, non voglio
affrontarlo, mi ucciderebbe…
Toccò ad Adrian sospirare:
- Andrà tutto bene, adesso con te ci sono io, e ti assicuro
che non ti toccherà più!
Erika chiuse gli occhi, godendosi il momento di pace e protezione che
stava vivendo, poi si ricordò di una cosa:
- Stavi ringhiando!!!
Disse staccandosi da lui.
Adrian rise:
- Si, altra caratteristica che ho preso da mio padre,non riesco a
controllarmi, spero non ti dia fastidio…
Erika arrossì:
- No, anzi, mi piace!
Adrian rimase stupito:
- Davvero?
La ragazza annuì:
- Davvero…mi piace!
- Certo che sei davvero strana! - disse scompigliandole i capelli
– Però mi piaci!
Il resto della giornata, trascorse piacevolmente, Erika adorava sentire
Adrian ringhiare sommessamente in aula, non che le piacesse il fatto
che lui fosse agitato, ma in un certo senso, il sapere che
lui era sulla difensiva, la faceva sentire protetta.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma i mesi trascorsi erano stati
duri, Bruce la guardava appena poteva, soprattutto quando Betty non
c’era, e lei aveva passato dei momenti terribili.
Betty era l’unica a sapere di cosa aveva tentato di fare
Bruce, lo avrebbe denunciato, se Erika non l’avesse
scongiurata di non farlo, non voleva che si sapesse, non voleva
ammettere a sé stessa che era accaduto.
Ma ora, con Adrian era tutto diverso, credeva che dopo il controllo
mentale che Adrian aveva fatto su di lui il giorno prima Bruce era
sistemato, ma evidentemente quel potere non era duraturo.
Quando alle quattro furono liberi da scuola, Adrian
l’accompagnò alla sua macchina e le chiese:
- Vicky ed Henry vogliono sapere se verrai da noi per il loro
“dopocena” hanno in programma di cacciare stasera,
e porteranno del cinghiale a Dennis, ti assicuro che lui è
bravissimo a cucinarlo!
Erika si fece pensierosa:
- Mi piacerebbe, ma di solito vedo mio padre solo a cena, e
già ieri non sono stata a casa.
Disse un po’ triste, anche Adrian si intristì e
lei si sentì in dovere di fare qualcosa:
- Non preoccuparti, sarò comunque con voi!
Lui la guardò accigliato, e lei realizzò che lui
non aveva sentito il suo “sguardo” addosso la sera
prima, imbarazzata cercò di spiegare meglio che poteva:
- Ieri sera, ho fatto un po’ di prove col mio
potere…ero così ansiosa di provarlo…e
ho scoperto una cosa…riesco a vederti, anche se non siamo
nella stessa stanza, e vedo anche i tuoi e Dennis!
Adrian la guardò malizioso:
- Mi ha spiato signorina??
Disse ironico, Erika andò in paranoia:
- No! No! No!...io cioè…io non…
Adrian rise:
- Tranquilla, è una cosa bellissima, così ti
avrò vicina! Grande!
Erika arrossì di colpo, e Adrian rise di più:
- A domani Erika! Disse baciandole una guancia.
Erika in trans salì in macchina e guidò verso
casa, durante il tragitto pensò ad Adrian, era sicura che le
piacesse, era un ragazzo da urlo, ma lei a lui piaceva? Tutta questa
storia della protezione, le stava facendo una confusione nel
cervello… dopo l’esperienza con Bruce aveva
pensato a chiudere definitivamente coi ragazzi, ci aveva pensato nelle
notti da sola in camera sua, mentre piangeva quando il ricordo di
quella sera terribile le tornava in mente.
“Niente
più ragazzi, a meno che non arrivi il mio
principe azzurro” sapeva che quella
condizione
coincideva con “per sempre” perché era
certa che una vita sola non le sarebbe bastata per trovare il suo
principe azzurro…e invece, a quanto pareva le erano bastati
2 mesi, e ora non sapeva davvero come comportarsi…Adrian non
era il tipo di ragazzo che di solito guardava quelle come lei, lui era
uno che poteva puntare in alto, ad esempio Adrian di regola sarebbe
stato benissimo accanto ad Isabelle, la ragazza più bella
della scuola: alta, bionda con gli occhi azzurri, era esattamente il
tipo di ragazza che normalmente Adrian avrebbe corteggiato.
Certo sempre se Adrian fosse rientrato nella categoria
“normalmente”, Erika sapeva che lui era speciale, e
che ora anche lei era speciale, ma sarebbe bastato questo? Non lo
sapeva.
Si stava quasi convincendo che col tempo Adrian si sarebbe accorto di
lei, quando la vista di quattro volanti della polizia davanti casa sua,
sua madre in lacrime con Mary in braccio e i gemelli stretti alle sue
gambe, non le fece perdere il controllo, parcheggiò
più in fretta che poté e corse da sua madre:
- Mamma!!!- Gridò – cosa succede???
La donna in lacrime abbracciò la figlia e parlò
con voce impaurita e rotta dal pianto:
- C’è stata una rapina in banca, tuo padre
è tenuto come ostaggio…hanno già
ucciso tre persone!!
Il terrore la invase, stava per farsi prendere dal panico, quando
un’agente della polizia le disse:
- Si calmi signorina, andrà tutto bene, sua madre deve
venire con noi, porteremo lei e i suoi fratelli da sua zia,
andrà tutto bene!
Erika scosse la testa:
- No, io…io preferirei andare da un amico…per
favore…
L’agente guardò la madre che annuì:
- Va bene Erika, ma ti prego, resta sempre disponibile ok?
Erika annuì, abbracciò sua madre e i suoi
fratelli e corse a prendere la macchina, quando fu da sola la paura
prese il sopravvento e iniziò a piangere e a tremare,
raccolse tutte le sue forze per accendere la macchina e arrivare a casa
di Adrian.
Parcheggiò e bussò, cercando di calmarsi, ma le
lacrime continuavano a scendere.
Fu Dennis ad aprire la porta, ma Erika con lo sguardo basso non se ne
rese conto finché non sentì la sua voce:
- Erika, bambina mia che succede?? Adrian! – tuonò
– vieni subito qui!!
Adrian impiegò mezzo secondo per essere sulla porta, e Erika
percepì il suo abbraccio prima di sentire la sua voce:
- Erika che cosa è successo??
Finalmente al sicuro Erika si lasciò andare ai singhiozzi
senza ritegno.
Dennis corse a svegliare Vicky ed Henry nonostante lei continuasse a
ripetere di non farlo.
Adrian la stringeva a sé e cercava di farla ragionare:
- Erika, cosa è successo? Qualcuno ti ha fatto del male?
La ragazza sentì fra i suoi singhiozzi il ringhiare del
mezzo-vampiro e scosse la testa.
- Ne sei sicura??
Stava per annuire ma la voce rassicurante di Vicky la distrasse:
- Adrian, Tesoro, così la soffochi, lasciala respirare, deve
calmarsi.
Erika non voleva staccarsi da lui, ma dovette ammettere che la vampira
aveva ragione, l’aria fresca sul suo viso era meno protettiva
del battito del cuore di Adrian, ma l’aiutò a
riacquistare un po’ di lucidità, e appena vide gli
sguardi preoccupati che l’attorniavano, si decise a
parlare, anche se la voce non fu ferma come avrebbe voluto:
- Mio padre lavora in banca, e oggi pomeriggio c’è
stata una rapina… - cercò di concentrarsi per
finire la frase – lui è fra gli ostaggi, e ne
hanno già uccisi tre...e io...
Non riuscì a continuare, i suoi singhiozzi presero di nuovo
il sopravvento, ma furono coperti dai ruggiti furiosi di due vampiri e
di un mezzo vampiro.
La voce di Henry quando parlò non era la stessa:
- Dennis, occupati di lei, noi andiamo a sistemare questa
cosa…
Erika stava per urlare “No!” ma loro erano
già spariti.
- Devi fermarli Dennis!!!
Lui rise:
- Oh no, non ho la minima intenzione di mettermi contro due vampiri e
mezzo furiosi, tranquilla piccola, loro non rischiano niente,
anzi…a rischiare sono quei criminali…ho quasi
pietà per loro…hanno fatto un grosso errore a
mettersi sulla tua strada – si avvicinò a lei e le
accarezzò i capelli – Hai tre angeli custodi molto
speciali bambina!
Erika scosse la testa:
- No…è giorno…prenderanno fuoco!!
Dennis si sedette accanto a lei, e cercò di rassicurarla:
- Non è la prima volta che muovono di giorno, non
preoccuparti, hanno dei passaggi sotterranei…beh diciamo
pure fogne, tu puoi vederli no? Chiudi gli occhi e guarda, non gli
succederà niente! Sta tranquilla.
Erika annuì, ma era ancora scossa e Dennis decise che era il
caso che si calmasse un po’ di più.
- Vado a prepararti qualcosa da bere, ti rilasserà, tu
aspetta…anzi no, vieni con me, passeggiare ti
farà bene!
La prese delicatamente per mano, e la condusse in cucina:
- Che ne dici una bella camomilla?
- Si grazie!
Mentre Dennis si affaccendava con l’acqua il cellulare di
Erika squillò:
- Pronto mamma?? Hai novità?? Oh, capisco, io sono da
Adrian, si sono al sicuro tranquilla…ti prego fammi sapere
qualcosa appena puoi, ok ciao!
Dennis guardò la ragazza, lei alzò le spalle:
- E’ in una volante della polizia, stanno cercando di
negoziare, ma loro minacciano di uccidere un altro
ostaggio…ho paura!
L’uomo le mise la tazza di camomilla fra le mani:
- Vieni, andiamo di sopra, ti farò capire che una volta che
i Fitzroy entrano in azione, non c’è
più niente da temere…beh sempre se fai pare dei
buoni, ovvio – rise – vieni Erika, andiamo.
Dennis la portò nel laboratorio, e sollevò uno
spesso panno nero da sopra una grande palla di vetro, Erika
sgranò gli occhi:
- Una sfera di cristallo??
Dennis rise:
- No, è solo una palla di vetro, la magia ce la metto io, ho
provato con gli schermi al plasma, ma sfalsano tutti i colori.
Erika restò accigliata ad immaginare uno stregone fare magie
con uno schermo al plasma.
Dennis passò la mano sulla sfera, controllò il
riflesso e poi appoggiò entrambe le mani sul vetro:
- Mostrati!
E all’improvviso nella sfera comparvero le immagini dei due
vampiri e di Adrian che correvano a velocità impressionante
nelle fognature di Black Cave.
Il gruppo si fermava ogni tanto, Adrian chiudeva gli occhi come per
concentrarsi, mentre Henry annusava l’aria, Vicky aspettava
in silenzio che i suoi uomini avessero finito, durava tutto meno di 5
secondi, dopodichè continuavano a correre.
Si fermarono tutti e tre all’improvviso e con un salto
sfondarono la parete di cemento che li sovrastava e entrarono in una
stanza buia, Erika riusciva a distinguere solo gli occhi dei due
vampiri, che al buio brillavano come fari. Fecero dei movimenti fra di
loro, e Vicky aprì una porta che Erika non era riuscita a
vedere a causa del buio e appiattendosi scivolarono nel cono di luce
che la porta aveva lasciato entrare nella stanza buia.
Erika si ritrovò all’improvviso nella banca dove
lavorava suo padre, sussultò appena lo vide, era steso a
terra, dietro un bancone e faceva segni dei segni a Catherine per farla
smettere di piangere e farla calmare.
Henry e Vicky fecero il giro della stanza, alle spalle del rapinatore,
facendo segno di stare zitti agli ostaggi che li avevano visti entrare,
erano talmente silenziosi, che i due rapinatori non si accorsero di
niente, e i due vampiri riuscirono a nascondersi dietro il bancone
opposto a quello in cui Adrian aveva raggiunto suo padre.
Erika vide Adrian prendere un blocchetto e una penna dalla tasca,
scrisse qualcosa e lo porse a suo padre che lo fece leggere anche a
Catherine per farla calmare e poi annuì al ragazzo.
Dopo di ché non successe nulla.
Passarono quasi 15 minuti, e gli unici movimenti nella stanza erano
quelli dei rapinatori che andavano avanti e indietro parlando
a dei cellulari.
Erika ne aveva visti quattro, due erano nella stanza al momento
dell’irruzione mentre gli altri due erano entrati cinque
minuti dopo che i due vampiri ed Adrian erano entrati nella stanza.
- Ma cosa aspettano?
Disse Erika impaziente, Dennis la rassicurò:
- Che il sole tramonti, non possono consegnare i rapinatori e bruciare.
Erika arrossì, non ci aveva pensato.
Quando finalmente il sole tramontò, fu tempo
d’azione.
Adrian fece strada a Catherine e suo padre fino alla porta, sgombrando
il passaggio da oggetti che potessero intralciare e fare rumore.
Poi tornò indietro, e a qual punto, Henry e Vicky erano
già in piedi, i canini in bella mostra, e gli occhi neri
come la notte.
I rapinatori non fecero in tempo a sfoderare le pistole, che i due
vampiri gli furono addosso, mentre Adrian concentrandosi, faceva in
modo che gli osteggi non andassero in panico, e lo seguissero fino alla
via d’uscita.
Erika assistette alla lotta, e rimase senza fiato, Henry e Vicky non
avevano nemmeno permesso che urlassero, gli erano saltati alla gola
come due leoni furiosi, li avevano atterrati e ne avevano uccisi due
spezzando loro il collo, mentre gli altri due terrorizzati assistevano
impietriti alla vista dei due mostri che uccidevano i loro compagni.
Quando Adrian tornò, si avvicinò ai due
rapinatori ancora vivi, e Erika lo vide operare di nuovo il controllo
mentale su uno di loro, mentre Henry faceva la stessa identica cosa
all’altro.
Alla fine, i due rapinatori uscirono con le mani alzate, e i poliziotti
li arrestarono, gli ostaggi tornarono dentro la banca, e i poliziotti
li soccorsero, mentre i veri salvatori tornarono indietro attraverso le
fogne.
In quel preciso momento, la madre chiamò sul cellulare di
Erika, due parole:
- Papà è salvo!
Poi la comunicazione si interruppe perché la donna era corsa
ad abbracciare suo marito.
Cinque minuti dopo, i vampiri tornarono a casa, Henry reggeva Adrian
che sembrava esausto.
Erika corse ad aiutarlo, anche se sapeva che non ce n’era
bisogno.
Posarono Adrian sul divano, Vicky corse a prendere dell’acqua
e Dennis una fialetta in laboratorio.
La ragazza rimase commossa vicino a lui e il vampiro ripetendo
“grazie, grazie grazie”
Henry sorrise:
- Tranquilla Erika, è stato un piacere per noi, volevamo
andare a caccia e questo è stato decisamente meglio.
- Ma Adrian??
Henry accarezzò la fronte del figlio, spostandogli i capelli
dalla fronte:
- Lui sta bene, è solo esausto, è molto forte e
potente, ma non è un vampiro, e cacciare assieme a noi lo
stanca, sai tenere il nostro passo, quando ha l’adrenalina in
circolo, per lui è una passeggiata, ma quando si
tranquillizza, ha solo tanta voglia di dormire, Vicky e Dennis gli
porteranno degli “integratori magici” e poi lo
metteremo a dormire, si sveglierà domani mattina
più in forma che mai. E fra qualche mese, quando entrambi
sarete al pieno dei vostri poteri, potrete seguirci a caccia tutti i
giorni, senza stancarvi così.
Erika si accigliò:
- Pensavo che Adrian fosse già al pieno dei suoi poteri.
Henry scosse piano la testa:
- No, li ha sviluppati tutti, e ha imparato a controllarli alla
perfezione, ma non sono tutti al pieno della loro potenza,
perché siccome non era il suo tempo, non ha mai dovuto
usarli per combattere davvero, è complicato, non so se
capisci…
Erika annuì:
- Si, l’errore dell’anno della sua nascita ha
cambiato le cose…ma se fosse nato nell’anno
giusto…sarebbe stato sempre figlio tuo?
Henry annuì:
- Mio e di Vicky, prima che la trasformassi, ma probabilmente le cose
sarebbero andate in maniera totalmente diversa, probabilmente, lei
sarebbe ancora umana.
Erika sbiancò:
- Questo loro non lo sanno, vero?
Henry sospirò:
- No, non lo sanno, è una cosa che mi disse Dennis subito
dopo che trasformai Vicky, avevo i sensi di colpa per quello che avevo
fatto, e paura di perderla per lo stupido istinto di caccia dei
vampiri, Dennis mi raccontò cosa sarebbe successo se Adrian
fosse nato nell’epoca giusta, e probabilmente è
stato meglio che sia andata così, ora li ho entrambi, e se
non il bene non avesse sbagliato con mio figlio a quest’ora
Vicky sarebbe morta.
Erika prese la mano di Henry e la strinse:
- E’ andato tutto bene alla fine, e anche la mia famiglia
è salva grazie a voi, come potrò mai ringraziarvi?
Henry abbracciò la ragazza:
- Tranquilla, l’importante per me e Vicky è che il
nostro bambino sia felice, e se tu sei felice, lo è anche
lui, e lo siamo anche noi.
Dopo i ringraziamenti anche a Vicky e Dennis, Erika tornò a
casa a riabbracciare suo padre.
A casa, passarono una di quelle “serate in
famiglia” che ad Erika piacevano fino ad un certo punto, era
stra-felice di avere suo padre sano e salvo, ma era innaturale vedere
Mary e i gemelli andare così d’accordo, in un
certo senso, sentiva che quella non era la sua famiglia, ma ovviamente
un po’ di pace non faceva male a nessuno.
Sua madre aveva anche concesso a lei e ai suoi fratelli di restare a
casa da scuola il giorno dopo, ma Erika doveva vedere Adrian, prima di
tutto per essere certa che Henry non si sbagliasse, e che lui stesse
bene davvero, e secondo perché doveva ringraziarlo.
I sui fratelli ovviamente non se lo fecero ripetere due volte e in meno
di dieci minuti organizzarono per la mattina dopo una gita ad uno dei
numerosi laghetti che popolavano le foreste a est e ovest della
montagna:
- Sei sicura che non vuoi venire Erika?
Suo padre la guardava incuriosito, forse perché non si
aspettava che sua figlia fosse così zelante a scuola.
Erika annuì e si sporse a dare un bacio al padre:
- Scusa papà, ma la Torrin ha messo un test domani, e non mi
va di perderlo, ci rifaremo in campeggio quest’estate!
- Va bene Piccola, l’importante è avere ancora del
tempo da passare insieme!
Erika annuì:
- Davvero non ricordi niente del litigio fra i rapinatori?
Steven Grandet scosse la testa:
- Catherine era sconvolta, non ci avevano ancora visti, cercavo di
calmarla, ero così concentrato che non so perché
due di loro hanno ucciso gli altri due, è stata una giornata
orribile…quelle tre persone morte…due erano miei
clienti…
Erika vide che il padre si rattristava e gli prese la mano:
- Dai papà, l’importante è che tu stia
bene!
Disse poi abbracciandolo.
Rimasero svegli fino all’una, poi lei decise che era il caso
di andare a dormire, e salutò la sua famiglia, per andare in
camera sua.
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Capitolo 5 *** First Mission - part 1 ***
**Note: Mi scusa
per l'assenza prolungata, ma ho una specie di blocco, e andare avanti
è un pò difficile *sob* Comunque,
l'incantesimo è totalmente inventato da me, e
forse anche male, ma non sono brava con le poesie, e ho sempre pensato
che alla magia non servissero formule magiche (per questo Dennis
è alchimista e non stregone o mago) Beh
è tutto ^_^ spero di ricominciare a scrivere presto,
perchè questa storia è quella che fino ad ora mi
ha dato più soddisfazioni... Enjoy ^_^**
- Adrian!
Lui le sorrise, e lei senza pensarci gli si fiondò addosso
abbracciandolo:
- GRAZIE! Non riuscirò mai a ringraziarti abbastanza per
quello che hai fatto per me!
Il ragazzo rise:
- Ma ti pare, non avrei mai lasciato che succedesse qualcosa di male
alla tua famiglia, è stato un dovere!
- Grazie mille! Farò del mio meglio per ricambiare, te lo
prometto!
Adrian le scompigliò i capelli ridendo:
- Non preoccupartene più, dai andiamo, o faremo tardi!
Arrivarono in classe, ma la trovarono chiusa, un avviso diceva che i
professori erano tutti assenti, per motivi personali, e che gli
studenti potevano tornare a casa:
- Non capisco, cosa succede?
Benjamin si accostò a loro:
- La rapina di ieri, una delle vittime era la madre del Preside, e i
professori sono tutti al funerale.
Erika trasalì e si portò una mano alla bocca,
Adrian le strinse le spalle e quando Benjamin se ne andò,
saltellando felice per la giornata libera, le disse:
- Non è colpa tua, eravamo a scuola quando è
successo, se l’avessimo saputo prima sarebbero tutti vivi, ma
non lo sapevamo Erika, non sentirti in colpa.
Erika sospirò per calmarsi, ma il fiato le tremò
in gola e non disse nulla:
- Vieni, andiamo al bar, ti offro qualcosa da bere, che ne dici di una
camomilla?
Erika rise dimenticando per un attimo la sua tristezza:
- Nella tua famiglia offrite solo camomilla?
Adrian la guardò confuso:
- Eh?
Erika alzò le spalle e disse:
- Anche ieri, quando siete andati via, Dennis mi ha offerto una
camomilla, e ho pensato fosse una specie di tradizione.
Adrian rise:
- No, ma non ci sei andata lontano, è più che
altro abitudine, io e mio padre siamo vissuti in epoche dove non
c’erano ancora i medicinali, e la camomilla era un rimedio
per quasi tutti i mali.
Erika arrossì:
- Cavoli, è vero, non ci avevo pensato! Tendo a dimenticare
che sei così vecchio!
Terminò la frase con una linguaccia e Adrian fece finta di
offendersi:
- Vecchio a chi? Al massimo accetto un “maturo”.
Erika rise:
- Beh ok, Signor Maturo, posso chiederti una cosa?
- Certo!
- Ti va di accompagnarmi al funerale? Penso di doverlo a quella Signora.
Adrian annuì serio e fu colpito da quella richiesta, non
aveva idea che Erika fosse così sensibile.
- Certo, ma prima ti offro qualcosa…mmmhhhh magari una
cioccolata? Gira voce che quella del distributore in mensa sia ottima!
Erika sorrise:
- Va bene! Grazie!
Adrian sporse il braccio per farla passare e lei sorrise, da quando
camminavano insieme, nonostante dimenticava spesso che aveva
centoventuno anni, aveva la sensazione di essere tornata
davvero nel medioevo, Adrian le apriva le porte e gliele reggeva aperte
per farla passare per prima, le porgeva la mano per scendere i gradoni
di pietra più alti sulle scale che portavano al parcheggio e
ogni volta che erano in posti più affollati del normale, le
metteva una mano dietro la schiena per guidarla fra la folla senza
perderla dal suo fianco.
Erika andava in confusione ogni volta che sentiva la mano di Adrian
posarsi delicatamente sulla sua schiena, e docilmente seguiva quella
guida leggera, assecondando le leggere pressioni che le indicavano in
che direzione camminare.
Arrivarono a mensa, e mentre Adrian prendeva la cioccolata al
distributore, Erika si guardò intorno, la mensa era quasi
vuota, ad eccezione di quei pochi studenti che avevano approfittato dei
tavoli della mensa per studiare, in attesa delle dieci, ora in cui le
aule studio e la biblioteca avrebbero aperto le porte.
La ragazza si stava ancora guardando distrattamente intorno, quando
vide Betty seduta da sola in un angolo della mensa, e le
sembrò piuttosto triste.
- Ecco, tieni!
Erika prese il bicchiere senza smettere di guardare Betty, era strano,
non l’aveva mai vista così.
- Erika, qualcosa non va?
La voce di Adrian la riportò alla realtà per
mezzo secondo, lui le si era avvicinato col viso piegato leggermente
verso sinistra, era stupendo.
- Ehm…si, è solo che…guarda Betty, non
ti sembra tristissima? Vorrei andare a vedere cos’ha.
Adrian annuì:
- Vai pure, ti aspetto qui!
Erika scosse la testa:
- No, vieni anche tu, Betty era ansiosa di conoscerti, magari le
tirerai su il morale!
Adrian alzò le spalle:
- Va bene, ma credi che si confiderà davanti ad un estraneo?
Erika sorrise:
- Non la conosci, è una ragazza che non si fa problemi, non
è chiusa o timida, se vuole parlare, parlerà.
Si avvicinarono, ma la ragazza non li degnò nemmeno di uno
sguardo, era seduta al tavolo con i gomiti poggiati e la testa fra le
mani, Erika poté sentire la tristezza diramarsi da lei e
raggiungerla:
- Betty, che succede?
Quando l’amica alzò lo sguardo Erika vide che
piangeva, istantaneamente posò la cioccolata, e si sedette
accanto a lei.
Adrian indietreggiò di qualche passo per lasciare
più privacy, ma Betty fraintendette:
- Sono così orribile che il nuovo arrivato scappa via?
Disse asciugandosi gli occhi, il ragazzo si avvicinò:
- No, affatto, pensavo solo che voleste un po’ di privacy,
non volevo offenderti.
Betty rise amaramente:
- Sono in mensa, se volevo privacy andavo nel bagno delle ragazze, o a
casa mia.
Erika scosse la testa:
- Betty, non c’è bisogno di rispondere
così male, che ti succede, non sei più tu!
La ragazza sospirò:
- Ci sono cose che ti cambiano da un momento all’altro, Erika.
- Non ne vuoi parlare con me? Andiamo, sono tua amica.
Betty fece un cenno con il mento verso Adrian:
- Lui sa di Bruce?
Erika guardò il ragazzo e annuì:
- Si, gli ho spiegato tutto, dopo la rissa ho dovuto.
- Hai fatto bene, beh, quello che sto per dirvi muore a questo tavolo
d’accordo? Io non ho rivelato il segreto del tuo ex maniaco,
voi non rivelate il mio.
Erika alle parole “ex maniaco” sentì dei
brividi, ma ingoiò saliva per calmarsi e annuì,
Adrian guardò Betty e le disse:
- Hai la mia parola d’onore.
Betty fece una smorfia:
- Ma da che secolo vieni?- Poi scosse la testa - Ieri sera, mio padre e
mia madre hanno litigato, non era mai successo, si amano alla follia,
ricordi che il mese scorso siamo stati a Las Vegas per ri-celebrare il
loro matrimonio, ma quello che è successo ieri sera
è stata follia pura, siamo entrati in casa dopo essere stati
a cena fuori, e faceva freddo, e appena varcata la soglia mamma e
papà hanno iniziato a litigare, papà accusava
mamma di aver lasciato una finestra aperta, ma non era vero, mamma
cercava di giustificarsi, ma lui non
l’ascoltava…hanno iniziato ad urlare io e Paul
abbiamo cercato di fermarli, di calmarli, ma non ci ascoltavano, dopo
nemmeno mezz’ora è scoppiato l’inferno,
mio padre ha iniziato ad alzare le mani, Paul si è messo in
mezzo, non capivo più niente, ero sconvolta, gli ho lanciato
un vaso di fiori dietro e gli ho urlato di sparire, e lui è
scappato via, ho dovuto portarli al pronto soccorso. Ho passato
l’intera notte a cercare una spiegazione razionale, un
motivo, una giustificazione…lo odio…lo ODIO!
Erika aveva trattenuto il fiato, abbracciò
l’amica, e le promise tutto l’aiuto possibile,
consolandola.
Adrian era diventato serio e teso, e rimase in silenzio.
Erika accompagnò Betty alla macchina, continuando ad
esprimerle solidarietà e aiuto, non si era resa conto di
quanto Adrian si fosse innervosito e quando l’amica
partì lei si voltò verso di lui e la sua
espressione la sorprese:
- Adrian, che succede? Ho detto qualcosa che non andava??
Lui scosse la testa:
- No, ma Erika, credo che Betty sia stata attaccata da un demone.
La ragazza sbiancò:
- Cosa??
- So che ti ho detto che ti avrei accompagnato al funerale, ma possiamo
andare a casa mia? Ho bisogno di parlare con Dennis.
Erika scosse la testa:
- Certo, assolutamente! Betty ora ha la priorità,
porterò dei fiori al cimitero appena avrò un
po’ di tempo.
Adrian come al solito la cinse con le spalle e la accompagnò
alla macchina:
- Ci vediamo da me allora?
Lei annuì.
Adrian arrivò prima di Erika a destinazione, e
l’aspettò davanti all’entrata.
La ragazza non disse nulla, e lo seguì in casa.
Durante il tragitto in macchina dalla scuola a casa del ragazzo aveva
pensato alle implicazioni della frase “credo che Betty sia
stata attaccata da un demone” lei non era capace di
combattere…non ancora, l’unica cosa che riusciva a
fare era individuare vampiri e alchimisti, che aiuto poteva dare? E
inoltre non voleva che ancora una volta i vampiri e il suo
“amico” rischiassero la vita.
Appena furono in casa, e Adrian urlò:
- DENNIS! SCENDI SUBITO!
Dennis scese correndo le scale,ed Erika guardò male Adrian:
- Che bisogno c’è di urlare? Così lo
spaventi e poi non è carino dargli ordini!
Adrian rise:
- No, anche lui mi chiama così, è il nostro modo
di capire quando c’è un pericolo.
- Adrian che succede? Abbiamo ospiti!
Dennis era affannato, Erika scosse la testa:
- Dovreste cambiare codice, rischiate di farvi venire degli infarti!
Dennis guardò il ragazzo:
- Tua madre sta lavorando Adrian, non spaventarla, ok?
Adrian annuì e Erika si accigliò, lavorando? Ma
non era mattina? Guardò Dennis.
- Credevo che Vicky dormisse col sole… - sussurrò
per non farsi sentire dagli ospiti di cui l’alchimista li
aveva avvertiti – Che ci fa sveglia?
Adrian le rispose muovendosi verso la libreria con la porta a vetri:
- Mamma va a dormire più tardi, alle undici più o
meno, perché dalle otto di mattina riceve i clienti, fa
ancora l’investigatrice, non ci sono state molte differenze,
a parte l’orario per i clienti prestabilito, è da
quando conobbe papà che lavora sui casi solo di notte,
quindi… ma adesso pensiamo a noi, Dennis, credo che una
nostra compagna di scuola sia stata attaccata da un demone.
Dennis si fece serio:
- Cosa te lo fa pensare?
- Erika ha detto che è una ragazza allegra e solare, e
stamattina era decisamente cinica e tagliente, inoltre quando ci ha
raccontato l’origine del suo cambiamento, ha dato la colpa ad
un comportamento del padre, ha raccontato che i genitori andavano
d’amore e d’accordo, ma ieri hanno litigato per una
sciocchezza ed è finita male…molto
male…lui ha perso il controllo, è diventato
violento con la moglie, e il figlio maggiore ci ha rimesso per
difenderla. Nella storia c’erano dei dettagli importanti, la
loro casa, quando sono tornati era fredda, è stata questa
l’origine del litigio: il freddo e lei ha terminato il
racconto con “lo odio”.
L’alchimista annuì preoccupato:
- Un demone dell’odio, ma quale?
Adrian scosse la testa:
- Non ne ho idea, ce ne sono tanti, e ne nascono di
continuo…credo che anche questo sia nato da poco, ha agito
troppo in fretta, una notte sola…di solito impiegano anni o
mesi…questo è stato troppo, troppo veloce.
Erika ascoltava, aveva tante domande, ma non voleva interrompere, si
sentiva così inutile.
Dennis annuì:
- Se è nuovo, dobbiamo agire prima che si nutra troppo, per
quello che sappiamo ha colpito solo due persone fino ad ora, ma se ho
immaginato bene la scena, le altre due non sono molto lontane alla
conquista…
Adrian prese un libro dalla libreria:
- E’ una cosa nostra, non voglio coinvolgere mamma e
papà, se non è strettamente necessario.
Dennis scosse la testa:
- Non sarà così facile, Erika non ha ancora
chiari i suoi poteri, Henry e Vicky vi servono almeno finché
lei non sarà in grado di combattere.
Adrian guardò Erika, e lei sentendosi in colpa
abbassò lo sguardo e mormorò:
- Mi dispiace…
Adrian abbandonò la maschera di preoccupazione e
tornò a sorridere, avvicinandosi a lei e posandole un
braccio sulle spalle:
- Ehi, non è una colpa, stai imparando in fretta, e so per
certo che diventerai bravissima! Fidati di me ok?
Erika annuì, ma era poco convinta, Il ragazzo-vampiro se ne
accorse e scosse la testa ridendo:
- Erika? Come si attacca un demone dell’odio?
Erika alzò il viso ad incontrare gli stupendi occhi di lui e
rispose senza riflettere:
- Con l’affetto.
Lui sorrise:
- Visto? Sai già tutta la teoria, è dentro di te,
devi solo riuscire ad applicare la pratica ai poteri, e il gioco
è fatto.
Erika si accigliò:
- Ho risposto bene?
Dennis rise e la strinse:
- Ma certo che hai risposto bene piccola mia! E dentro di te, sei una
di noi, lo sei sempre stata, sai bene di cosa stiamo parlando, devi
solo crederci!
Erika si soffermò su quelle parole, sul loro significato, e
si sforzò di crederci con tutta sé stessa:
“Sono una di loro, sono una di loro, so cosa fare, conosco
questo demone” all’improvviso spalancò
la bocca:
- Il freddo!! Non è solo! Sono in due!
Adrian annuì:
- Esattamente come me e te, il demone anziano ha ripulito la casa per
il demone giovane, ma lui è stato più frettoloso
del dovuto.
Erika annuì a sua volta:
- Il ripulire la casa dall’amore che la impregnava
ha fatto scatenare quello giovane, lui non ha ancora questo potere, lo
acquisirà col tempo, ma stare in una casa infettata da un
demone anziano gli ha montato la testa, e lui si è lasciato
sfuggire la situazione di mano.. – si, era chiaro, Erika
sorrise, sapeva tutto ora – come lo fermiamo?
Adrian le porse il libro:
- Incantesimi d’amore, la prima cosa da fare è
rendere quella casa abitabile prima che Betty, sua madre e suo fratello
siano prosciugati dal demone.
Dennis sorrise e si fece da parte mentre Erika sperimentava la
consapevolezza della sua “conoscenza innata”
- Si, questo lo indebolirà, ma lo farà anche
arrabbiare molto, e se arriva anche il demone anziano? Ci serve un
metodo sicuro per confonderlo…e forse ho un’idea
carina…
Adrian la guardò così intensamente che lei
arrossì:
- Che c’è? Ho…ho detto qualcosa di
sbagliato?
Lui scosse la testa:
- Così mi piaci ancora di più, decisa e
combattiva, questo è il tuo mondo…il nostro
mondo, fino ad ora lo hai solo osservato, adesso ti ci sei buttata
dentro, e mi piace averti finalmente davvero al mio fianco.
Erika sentiva che il cuore aveva smesso di batterle…
rifletté il più velocemente possibile e poi
decise di sorridere e di cambiare argomento, non poteva pensare ai suoi
sentimenti, non ora almeno.
- Ascolta la mia idea, e dimmi che ne pensi – lo prese per il
braccio e lo trascinò in cucina – I demoni
dell’odio, si nutrono dell’odio che riescono a
scatenare nelle persone ma solo di quello scatenato da loro, mentre
quello che le persone creano da sole, li fa nascere e rafforzare
finché non hanno abbastanza potere da poterlo scatenare e
crescere… - Adrian annuì confermando ogni sua
singola parola –… il nostro primo problema
è ripristinare la casa al suo livello iniziale senza che il
demone ci attacchi o possa chiamare rinforzi, anche se quello anziano
lo ha lasciato, non possiamo correre rischi, quindi quello che ci serve
è un diversivo, qualcosa che faccia…impazzire il
demone talmente tanto da non fargli notare l’incantesimo che
stiamo facendo.
Adrian la guardò:
- Si, il piano così sarebbe perfetto, ma esiste qualcosa di
simile? E’ complicato…il demone
combatterà un diversivo creato dall’amore, e se ne
creiamo uno dall’odio, giocherà a sfavore del
nostro incantesimo…
Erika sorrise:
- Andiamo Adrian! I confini fra bene e male, amore e odio non sono
sempre così netti, e tu meglio di chiunque altro dovresti
saperlo…
Adrian la guardò e il suo sguardo complice gli fece capire
tutto:
- Henry e Vicky!!!
Lei sorrise gioiosa, aveva capito…era fantastico!
Annuì:
- Il male, che genera amore…lo farà
impazzire…
Il ragazzo scosse la testa per la sorpresa ridendo:
- E’ incredibile, come ho fatto a non pensarci
prima…hai perfettamente ragione!
- Sei abituato a vederli come “bene” sono i tuoi
genitori, ma i vampiri sono pur sempre dei demoni…e quindi
come creature appartengono al male, anche se combattono per la luce.
Con la punta delle dita le sfiorò una guancia:
- Benvenuta fra noi Erika.
Le disse dolcemente sorridendo.
Lei non poté che ricambiare il sorriso e rispondere col
cuore in gola:
- Grazie.
In quel momento Adrian realizzò che sua madre aveva ragione:
Erika era davvero molto bella.
Scosse dalla testa quei pensieri, e
continuò a parlare del piano:
- Ora che abbiamo il nostro diversivo, occupiamoci
dell’incantesimo! Vieni!
La condusse per mano nel laboratorio, dove Dennis stava liberando il
grosso bancone di legno da un’apparecchiatura piena di tubi e
contenitori di vetro contenti liquidi di diversi colori, per fare
spazio a ciotole e pestelli e strani aggeggi di cui la ragazza ignorava
il funzionamento.
Adrian portò Erika al bancone, e aprendo il libro lo
sfogliò cercando qualcosa:
- Credo che per andare sul sicuro, sarà meglio fare questo.
Indicò una pagina sulla quale si era appena fermato, Erika
lesse:
Happily Ever After
6 Gocce e ½ di rugiada
19 Foglie di rosa bianca
4 Petali di magnolia
40 Spruzzi di spuma d’oceano
30 Lacrime di gioia
8 Abbracci caldi
8 Sorrisi gioiosi
Foglie e petali con gocce e spruzzi, 4 abbracci con 15 lacrime, 4
sorrisi con 4 abbracci, 15 lacrime con 4 sorrisi.
Perché
nessuno merita di stare solo
Il calore non
può essere negato
Che queste parole siano
monito
L’amore regna
sovrano
Ora e per sempre.
Erika fissò la pagina per un po’, poi chiese ad
Adrian:
- Abbiamo otto sorrisi gioiosi?
Lui alzò le spalle:
- Io non ho mai capito questi incantesimi, gli altri sono anche
eseguibili, ma questi d’amore proprio…
Dennis rise:
- Giovani senza speranza…questa non è una ricetta
per una torta…questa è magia!! Lasciate fare a
me, o non avrete nessuna speranza contro quel demone…via!!
Via di qua!
Rise scacciandoli con le mani dal bancone.
Guardò la pagina, concentrato, e poi si sporse a prendere
gli ingredienti necessari dall’ enorme scaffale pieno di
bottigliette, sacchetti e ciotoline dietro di lui.
Erika notò che oltre alle foglie e ai petali, gli altri
ingredienti erano tutti liquidi, e si ritrovò a chiedersi
come fosse possibile liquefare otto abbracci caldi,
l’immagine inquietante di un grande forno in cui venivano
buttate dentro persone abbracciate si fece strada a spallate nel suo
cervello.
Scosse la testa per farla andare via, e non voleva perdersi Dennis
all’opera.
L’uomo versò i contenuti di due boccette in una
ciotola assieme alle foglie e ai petali, Erika riconobbe la prima parte
delle istruzioni, fin lì era facile.
Dennis prese poi un cucchiaio di legno, e mescolò
delicatamente il contenuto, ad occhi chiusi, e con sua meraviglia Erika
vide del fumo levarsi pigro e lento dalla ciotola, ma non
c’era fuoco, e non pensava che gocce di rugiada e schiuma
marina potessero essere corrosive! Ma il meglio doveva ancora arrivare,
lentamente, mentre continuava a mescolare con una mano, con
l’altra versava altri liquidi nella ciotola e il fumo
cambiava colore, bianco poi rosa, poi azzurro poi
viola…infine rosso.
Dennis posò il cucchiaio sul piano e prese la ciotola fra le
mani, aveva sempre avuto gli occhi chiusi e Erika fra le tante domande
che aveva in testa, si chiese come avesse fatto a indovinare le
bottigliette da versare.
Si portò la ciotola all’altezza del viso e
aprì gli occhi, Erika saltò dallo spavento nel
vederli completamente bianchi.
Adrian lo guardava concentrato, probabilmente abituato allo spettacolo.
Gli occhi senza pupille né iridi dell’uomo erano
alla stessa altezza della ciotola quando Dennis pronunciò la
poesia dell’incantesimo:
- Perché nessuno merita di stare solo. Il calore non
può essere negato. Che queste parole siano monito.
L’amore regna sovrano. Ora e per sempre.
La sua voce era diversa, aveva lo stesso timbro, ma le parole appena
pronunciate avevano qualcosa di diverso…era come se fossero
state ordinate alla ciotola, per quanto stupido potesse essere, Erika
pensò che era quello ciò che Dennis aveva appena
fatto.
Il fumo nella ciotola si fece rosso più scuro, e si divise
in due lingue che oscillarono avanti e indietro prima di svanire nel
nulla.
La ragazza era allibita, non aveva mai visto nulla di simile, era stato
fantastico.
Dennis chiuse gli occhi, appoggiò la ciotola sul tavolo e
poi li riaprì: erano tornati normali.
Guardò la ciotola soddisfatto e – rivolto
più a sé stesso che ai due ragazzi –
disse compiaciuto:
- Sapevo che quelli sarebbero stati i migliori!
Si voltò e riempì quattro fialette del liquido
rosso contenuto nella ciotola, poi le porse a loro, due per ognuno:
- Due dovrebbero bastare, è molto potente, ma se dovesse
succedere qualcosa, usatele pure tutte e quattro, il peggio che
potrebbe accadere è che siate tutti molto affettuosi per due
o tre giorni.
Erika lo guardava estasiata:
- Dennis è stato grandioso!!
È…è… non trovo le parole!
Fantastico!!
Lui rise:
- La magia è grandiosa, e si basa sulle sensazioni umane,
l’uomo ha in sé la magia, ma oramai ha dimenticato
anche che esiste.
- Sarò in grado anche io di fare queste cose??
Adrian sorrise guardandola così eccitata e curiosa, Dennis
annuì e prendendola a braccetto la condusse giù,
iniziandole a raccontare storie meravigliose di quando era
più giovane.
Il ragazzo li lasciò andare, non aveva voglia di ascoltare
quelle storie per la centesima volta, e così invece di
seguirli andò a trovare sua madre.
Bussò alla porta e aspettò che lei rispondesse:
- Avanti!
Entrò e la trovò sola a sbadigliare nella stanza
semibuia.
- Ciao Tesoro – lo salutò – come va?
Lui la rimproverò con lo sguardo:
- E’ tardi mamma, dovresti essere a letto a recuperare le
forze!
Vicky rise:
- Ehi, la mamma qui sono io chiaro?
Lui scosse la testa ma sorrise:
- Eddai Vicky, lo sai che mi preoccupo, hai mangiato almeno?
La vampira si alzò dalla sedia con le rotelle e facendo
attenzione ad evitare la luce solare che filtrava dalla tenda mezza
aperta andò a sedersi sul divano, facendo segno al ragazzo
di sedersi accanto a lei.
Lui obbedì e lei lo abbracciò, facendogli posare
la testa sulle sue spalle e accarezzandogli i capelli, Adrian si
lasciò andare, il tocco freddo della vampira era la cosa
più materna che avesse mai conosciuto, e paradossalmente lo
riempiva di calore:
- Odio quando mi chiami per nome!
Gli disse imbronciata e lo sentì ridere sul suo petto:
- Odio quando mi fai preoccupare…mamma.
Fu lei a ridere stavolta:
- Mi basta tuo padre Adrian, sai benissimo che so badare a me stessa,
sapevo farlo anche da umana con la malattia agli occhi e tutto il
resto, figuriamoci ora che sono così…
Adrian la stinse forte e guardò la finestra lasciata chiusa
solo a metà che lasciava entrare il sole caldo di giugno,
minacciando la vita dell’unica donna che lui avesse mai amato
come una madre.
- Ti manca molto il sole vero?
Lei sospirò:
- Più di quanto immagini, oh…così ho
tuo padre e lo avrò per sempre…e ho te, voi due
siete le cose più belle che mi siano capitate sia da viva
che da morta, e non vorrei perdervi per niente al mondo, ma a volte
è così difficile vivere
nell’ombra…
Il ragazzo sbuffò contro la sua pelle fredda:
- Non è per cattiveria…ma il sole è
cattivo mamma, e né io ne papà vogliamo che ti
porti via da noi…devi restare con noi per sempre!
Vicky rise leggermente:
- Per sempre è un sacco di tempo…
Lui annuì:
- Si, e noi ti vogliamo per sempre!
- Mi avrete per sempre, state tranquilli, e smettetela di fare gli
iper-protettivi!
Disse stampandogli poi un bacio sulla fronte.
Lui rise ancora affondando nel suo petto, adorava stare così
e sentirsi un bambino di sei anni in braccio alla mamma:
- Sai bene che è impossibile, io posso anche darmi una
regolata, ma papà non lascerà mai che ti accada
nulla e non riuscirà mai a smettere di preoccuparsi per te!
Lei continuò ad accarezzargli i capelli:
- E’ per questo che lo amo, mi ha sempre fatta sentire al
sicuro, e mi fa sentire l’unica donna dell’universo.
- Un giorno anche io farò sentire la donna che amo
così…e anche lei starà con me per
sempre.
- Certo, tuo padre ti ha insegnato bene – rise –
hai avuto un ottimo maestro in questo! E sentiamo, questa
donna…hai già qualche candidata??
Adrian capì subito dove la vampira volesse andare a parare e
sbuffò ancora, sistemandosi meglio in braccio a lei.
- Su Piccolo mio, non fare così, ho visto come la guardi,
come ti muovi quando sei con lei…conosco te e conosco tuo
padre e tu hai gli stessi atteggiamenti che lui ha con
me…sono inconfondibili, non vi rendete conto di come siete
con la persona che amate, ci sono dei piccoli gesti che vi smascherano
subito.
- Ma non è vero…
Lei rise ancora:
- Oh si che è vero, ma aspetta e vedrai, se è
come penso, ti renderai conto di amarla prima di quanto immagini, non
prenderla come un’imposizione che ti abbiamo dato io e tuo
padre – rise - …noi la notiamo, e sai
dall’esterno è tutto sempre più chiaro,
non è colpa nostra se lei ti ha colpito così
tanto!
- Io sento qualcosa, ma non so cos’è…e
non voglio pensarci, è presto, non la conosco
infondo…
- Va tutto bene Adrian, è normale avere dei dubbi, dai tempo
al tempo e capirai quello che senti davvero per lei, io in ogni caso
avrò una figlia femmina!
Adrian rise:
- Mamma, devo dirti una cosa…ci serve il vostro
aiuto…abbiamo scovato un demone.
Vicky prese Adrian per le spalle e lo fece alzare per guardarlo negli
occhi:
- Come un demone?
Lui annuì:
- Si, ieri sera ha attaccato un’amica di Erika, abbiamo
già un piano, ma voi dovreste darci una mano, non sappiamo
ancora bene come, ma ve lo diremo stasera, adesso andiamo a dormire ok?
Mi servi in forze…mamma!
La vampira annuì e si alzò dal divano seguita dal
suo figlioccio, che la prese per mano e la accompagnò a
dormire.
Passando per il salotto salutarono Erika e Dennis, ancora impegnati in
fantastiche storie di magia e scesero in cantina, oltrepassarono
l’enoteca e Vicky aprì la porta della camera da
letto:
- Ci vediamo stasera Adrian! - Gli diede un bacio sulla guancia
– sta attento mentre siamo via ok?
Lui annuì e la spinse in camera:
- Basta mamma, dormi ora!
Lei rise ed entrò, Adrian richiuse la porta dietro di lei.
In camera Vicky cercò di essere più silenziosa
possibile, ma sapeva che Henry era sveglio, non dormiva mai davvero
finché lei non arrivava, all’inizio la cosa le
dava sui nervi, avevano bisogno di dormire, lei amava il suo lavoro
però, e non era riuscita a sacrificare quella parte della
sua vita, ma non trovava giusto che anche suo marito si
sforzasse di restare sveglio per lei.
Si spogliò e si mise al letto, non fece in tempo nemmeno a
posare la testa sul cuscino, che un braccio l’avvolse alla
vita:
- Henry dovresti dormire…
Lui rise:
- Me lo dici ogni volta, ma sai bene che non ci riesco se non ti ho qui.
- Sei strano, te l’hanno mai detto?
La vampira sentì la risata del suo compagno sulla spalla, e
non si sorprese nel sentirsela baciare subito dopo:
- Si, me l'hanno detto...una donna, qualche anno fa...me la ricordi
molto sai?
Lei si girò e lo guardò negli occhi, ma prima che
potesse dire qualcosa per ribattere, lui le chiuse la bocca baciandola.
Quando Vicky fu libera dal bacio, non voleva più dire
niente, solo addormentarsi fra le sue braccia, e sperare che il giorno
arivasse in fretta per passare ad "altro tipo" di coccole, ma Henry
accarezzandole i capelli le chiese:
- Che succede ad Adrian?
- Una loro compagna ha un demone in casa, e si preparano a combatterlo,
hanno bisogno di noi, e ci spiegheranno stasera come, ora dormiamo
Henry, lui sta bene, non credo uscirà di casa, e Dennis
è con lui.
- Erika?
Lei rise:
- C'è un momento della tua esistenza in cui non pensi
all'amore?
- Mmmmhhhhh no... - rise anche lui - mi conosci, sono un tipo romantico.
- Si...certo...beh comunque è confuso, e ha deciso di non
pensarci per adesso.
Il vampiro sbuffò:
- Ma siamo proprio sicuri che non è figlio tuo?? Ti
assomiglia troppo a volte.
Lei rise:
- Quando lui nacque, i genitori dei miei bisnonni ancora non
esistevano, quindi si, siamo sicuri che non è figlio mio.
- Beh, ma di certo non ha ereditato da me l'abitudine di mettere da
parte i sentimenti.
- Si in effetti quella è una mia caratteristica!
- Già...beh, prima o poi L'Henry Fiztroy che c'è
in lui si ribellerà alla Vicky Nelson del suo corpo, e le
cose si aggiusteranno.
La donna scoppiò in una lunga risata:
- Va bene, ma adesso Principino, dormiamo, altrimenti domani non
riusciremo ad essere d'aiuto! Buonanotte Henry, Ti amo!
Lui le baciò la fronte:
- Notte Mia Vicky! Ti amo anche io.
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