Hunger Games

di I am in love with a train
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'll never let them hurt you, I promise ***
Capitolo 2: *** It's not over 'till you're underground, Zacky ***
Capitolo 3: *** Caught here in a fiery blaze, won't lose my will to stay ***
Capitolo 4: *** I find the answers aren't so clear: wish I could find a way to disappear ***
Capitolo 5: *** Look around, ain't no R.I.P. signs here: we don't rest in peace, we just disappear ***
Capitolo 6: *** I'll hold your heart and never let go ***
Capitolo 7: *** It ain't the money and it sure as hell ain't just for the fame: it's for the bodies I claim and lose ***
Capitolo 8: *** I finally figured out myself for the first time ***
Capitolo 9: *** I fell for you ***
Capitolo 10: *** Life's so reckless, tragedy endless ***
Capitolo 11: *** The end is knocking ***
Capitolo 12: *** If life ain't just a joke then why are we laughing? ***
Capitolo 13: *** I hope you had the time of your life ***



Capitolo 1
*** I'll never let them hurt you, I promise ***


Ehm, Ehilà! Come va la vita? A me bene, tanto che sono tornata molto presto con una nuova ff e ora sono qui, a presentarvela :D beh, è nata per caso, io e il moscerino adimensionale stavamo parlando ed è saltata fuori l'idea per questa storia e... ho preso al'istante il computer e ho iniziato a scriverla :3 ah, e soprattutto mi è venuta la grande idea di farla diventare una crossover... e niente, spero vi piaccia, anche perchè ci sto mettendo tutta me stessa per scriverla :3 in ogni caso, se dovesse farvi tanto schifo, le recensioni sono sempre ben accette, così da capire dove sbaglio e poter migliorare! :D
Ora vi lascio al primo capitolo, ci vediamo!




1- I’ll never let them hurt you, I promise

 
Billie Joe Armstrong si rigirava tra le coperte del suo letto, nel bel mezzo di uno dei suoi incubi abituali. Oramai non ci faceva più caso, tanto erano numerose le notti in cui lo coglievano. Sempre le solite immagini gli balenavano davanti: la foresta, il lago dall’acqua così limpida, gli spari. E poi solo morte, la morte che attendeva dietro l’angolo, forse dietro uno dei tanti alberi che lo circondavano. Era solo ormai.
        

Billie’s P.O.V.
    

    

Appoggio i piedi sul legno freddo e scricchiolante di camera mia, o meglio, della stanza che condivido con mia madre, e resto fermo ad aspettare, che cosa non so, ma aspetto; è mattina presto, e gli unici suoni udibili sono quelli dei fringuelli che cantano e del vento che lieve entra dalla finestra posta di fronte a me, scompigliandomi i capelli. Respiro a pieni polmoni quell’aria fresca e finalmente decido di alzarmi: mi infilo gli stivali e esco di casa, non prima però di aver rivolto uno sguardo a mia madre, per assicurarmi che stia ancora dormendo.
 
Percorro velocemente le stradine strette del mio Distretto, finché non raggiungo la rete elettrificata che mi separa dall’ appuntamento di questa mattina come quasi tutte le mattine degli ultimi quattro anni; senza grandi difficoltà passo sotto essa, visto e considerato il fatto che non viene attraversata da una minima scarica elettrica da qualcosa come dieci anni.
 
Mi inoltro nella foresta, sicuro di dove sto andando, e per qualche attimo riesco a liberare la mente da ogni genere di pensiero, preoccupazione; sì perché quel posto ha qualche strano potere, ha la capacità di farmi sentire più leggero, più libero. Già, libero, perché da anni a questa parte ormai siamo tutti intrappolati, o se non altro tenuti sotto stretta sorveglianza da loro; siamo imprigionati nelle nostre stesse case, e messi alla prova ogni anno che passa. Ma qui, in questa foresta al di fuori di ogni confine di qualsiasi Distretto, mi sento finalmente scoperto da qualsiasi legge, tranne quella indiscutibile della natura.
 
Sono quasi arrivato allo spiazzo dove ci troviamo sempre, il nostro piccolo angolo di paradiso che nessuno al di fuori di noi due conosce; è un promontorio che si affaccia sulla piazza della città: da quell’altezza però nessuno riesce a vederci, così possiamo restare lì e osservare la vita che si svolge di sotto senza venir scoperti.
 
Scorgo il mio compagno seduto a terra, rivolto in direzione opposta rispetto alla mia; mi avvicino cautamente, non voglio distrarlo da qualsiasi cosa stia facendo, anche se si sta semplicemente rilassando, e una volta vicino a lui mi inginocchio e gli scompiglio i corti capelli scuri.
 
-Ehi Zacky- esordisco; lui si volta verso di me facendo incontrare i suoi occhi verdi e così glaciali con i miei, né spaventato né minimamente sorpreso: probabilmente mi aveva sentito arrivare.

-Ciao BJ..-

-Che c’è? Paura per domani?- gli chiedo passandogli un braccio attorno alle spalle; subito si incupisce e distoglie lo sguardo da me, prendendo a giocare con i fili d’erba vicino alle sue gambe.

-No… è solo che mi preoccupa il fatto di poter venir scelto e… dover lasciar la mia famiglia senza più alcuna fonte di sostentamento… mi capisci, no? Anche tu sei nella mia stessa situazione…- è realmente preoccupato, non l’avevo mai visto così… annuisco piano e lo stringo in un abbraccio, tentando di trasmettergli un po’ della sicurezza di cui ha bisogno.

-E poi… questo è il primo anno di mio fratello, Matt… ho troppa paura, non voglio che peschino lui-

-E non accadrà. Il suo nome è dentro solo una volta, non ci sono possibilità che venga scelto lui. Io piuttosto, il mio di nome è dentro 14 volte…-

-E il mio 17. Quindi, ho le mie ragioni per aver paura…- ridacchia. Anche in momenti del genere riesce ad allentare la tensione e buttarla sul ridere.

-Comunque, questo è il tuo ultimo anno alla Mietitura, eh Billie?-

-Già… in un certo senso ne sono contento, ma dall’altro non potrò più avere le tessere per il grano…-

-Troverai altri modi per procurartelo. Il fornaio, lui è sempre stato ben disposto nei tuoi confronti… magari ti darà una mano. A proposito, questa mattina sono sceso in città- Zacky mi porge un sacchetto di iuta, al cui interno trovo pane fresco e un biglietto: “Per questa volta gratis, alla prossima mio padre vuole rivedere la selvaggina  -Mike”.

Mike? Chi è questo Mike? E poi, suo padre? Non credevo che John il fornaio avesse un figlio. Non importa, in questo momento ho altro per la testa; prendo una pagnotta e la spezzo dandone metà a Zacky.

-E comunque, non ti preoccupare, vedrai che andrà tutto bene- questo perché farò in modo io che non gli succeda nulla.

-Sì, lo spero. Ancora due anni devo sopravvivere, poi potrò non pensarci più a questa storia-  

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Capitolo 2
*** It's not over 'till you're underground, Zacky ***


Eccomi di nuovo! :D Allora, non starò qui a spiegare mille cose al posto di farvi leggere il capitolo... quindi niente, buona lettura e ci vediamo alle recensioni! :3
P.s. ah, se non si era capito, i titoli dei capitoli sono messi un po'... alla cazzo? No, non del tutto, diciamo che quando scrivo ho magari in mente alcune canzoni, quindi prendo una frase significativa di queste e la uso come titolo u.u quasi sempre è così, il resto delle volte sono messi davvero alla cazzo. Quindi, non cercate un nesso tra titolo e capitolo, perchè spesso non c'è u.u e vabbè, mi sembrava giusto dirvelo u.u




2- It’s not over ‘till you’re underground, Zacky

 

Billie's P.O.V.

La giornata passa, e così anche la mia notte tormentata, e presto è mattina. Io e mia madre ci prepariamo nel totale silenzio, e ci incamminiamo verso la piazza, dove avverrà anche quest’anno la Mietitura.
Intravedo Zacky tra la folla, sta parlando con suo fratello, forse lo sta incoraggiando… mi posiziono insieme agli altri della mia età, e aspetto che sul quel piccolo palchetto arrivi qualcuno e faccia finire velocemente questa tortura.
 
Dopo qualche minuto, come se mi avessero letto nel pensiero, vedo arrivare un uomo, sulla quarantina: Tré Cool, l’accompagnatore del Distretto 12. Ogni anno è sempre la solita solfa: arriva, annuncia i tributi, e, poco prima di sparire con questi ultimi, augura dei felici Hunger Games a tutti. Come se uno può davvero rallegrarsi sapendo che un proprio caro sta andando incontro alla morte.

Siamo tutti tesi mentre infila il braccio dentro l’enorme barattolo la prima volta, per poi estrarre il fogliettino con il nome del malcapitato. Lentamente lo apre e con un sorriso annuncia: -il nome del primo tributo di questa settantaquattresima edizione degli Hunger Games è…- trattengo il respiro per qualche secondo, ho tanta, troppa paura -Billie Joe Armstrong!-

No. Non è vero. Non proprio quest’anno, era l’ultimo, cazzo! Sono bloccato mentre tutti si girano a fissarmi, mi sento la testa pesante, non riesco a muovere neanche un muscolo.

Dopo una seconda chiamata di Tré Cool, per spronarmi a mostrarmi, muovo qualche passo, e mi dirigo tremante verso il palco; poco prima di allontanarmi, però, noto del movimento, e voltandomi vedo Zacky che, con sguardo terrorizzato, si fa strada in avanti; no, oh no. Non te lo permetterò.

Nonostante le guardie mi stiano spingendo, riesco a girarmi e fermarle entrambe.

-Zacky no!! Non farlo!!- urlo. Non voglio che si offra volontario. Hanno scelto me e me avranno. Non lui.

-Billie!!- è straziante. Vederlo lì, con le lacrime agli occhi. Non voglio stia male, ma non voglio neanche che muoia nell’arena.

Proseguo, e finalmente arrivo vicino a Cool, che a sua volta si allontana ed immerge una seconda volta il braccio nel barattolo.

-Il secondo tributo sarà… Michael Ryan Pritchard!- Pritchard? Questo cognome… il fornaio! Ma… che sia il figlio? Vedo avanzare verso di noi un ragazzo su per giù della mia età, solo un po’ più alto, dai capelli biondi e con uno sguardo smarrito. Come biasimarlo? Anch’io sono terrorizzato, so che non tornerò più a casa.

Gli rivolgo uno sguardo d’intesa, ma lui è troppo spaventato per ricambiare. Alla fine Tré espone una delle solite frasi di circostanza e si allontana obbligandoci a seguirlo.

Zacky’s P.O.V.

Perché? Perché proprio lui?? Non voglio che finisca là dentro… una volta lì, le possibilità di sopravvivere sono pochissime. Ma io mi devo fidare. Billie è forte, non si lascerà andare al destino tanto facilmente, non lascerà la morte fare il suo corso. So che combatterà con tutti i mezzi a sua disposizione prima di capire che è finita. “Non è finita finché non sei sotto terra, non è finita finché non è troppo tardi” mi ripeteva sempre. Ce la può fare.

Ci stanno portando a Capitol City, dove potremmo vedere un’ultima volta Billie; sono in compagnia di sua madre e dei genitori del ragazzo del pane. Perché sì, l’altro tributo è il figlio del fornaio. I suoi genitori sono distrutti.

-Sembra un ragazzo forte, vedrete che ce la farà- ma che faccio, mi contraddico da solo?

-Ce lo auguriamo…  non potremmo sopportare di vedere Mike morire in quell’arena… ma purtroppo è spacciato- cosa??

-Non riuscirebbe a competere con quelli degli altri Distretti, tantomeno con… Billie. E poi, se dovesse uscirne vivo, quello che morirebbe sarebbe Billie. Beh, non potremmo sopportare neanche questo. Lui è come un figlio per noi, da quando suo padre è morto anni fa ci prendiamo cura noi di lui, anche se non direttamente…-

Una volta arrivati, fanno entrare Ollie, la madre di Billie, dentro una stanza, dove appunto potrà salutare suo figlio. Dopo dieci minuti viene fatta uscire e tocca a me.

Richiudo la porta alle mie spalle e mi blocco sull’uscio, con gli occhi che iniziano a farsi lucidi; lui è lì, in piedi di fronte a me che mi fissa a braccia aperte: mi fiondo subito nel suo abbraccio e singhiozzo, non voglio lasciarlo.

-Non piangere…- mi accarezza i capelli e tenta di rassicurarmi con un tono troppo fermo per uno che sta andando incontro alla morte; ma lui è così, è consapevole di ciò che sta succedendo e lo accetta per quello che è.

-Billie… promettimi di tornare- incateno i suoi occhi nei miei, seri.

-Zacky…-

-Promettimi che questa non è l’ultima volta che ci vediamo!!- urlo, e le lacrime riprendono a rigarmi il viso, senza alcun controllo.

-I-io… te lo prometto. Ti prometto, Zacky, che tenterò di vincere. Ci proverò con tutto me stesso- mi sento come liberato da un peso, e lo abbraccio con tutte le mie forze.

-Baker, però tu mi devi promettere che non piangerai più. E che non tenterai più cazzate come quella di ieri, non voglio perderti- aggiunge con un piccolo sorriso malinconico, tenendomi fermo per le spalle.

-Te lo prometto-

Billie’s P.O.V.

Dopo i saluti a familiari e amici, ci portano a conoscere il nostro mentore nonché unico vincitore degli Hunger Games del nostro Distretto: Matthew Charles Sanders, anche conosciuto come Matt Shadows per via del suo atteggiamento un po’ ombroso e distaccato, un uomo di circa trent’anni dai lineamenti seri e con due occhi verdi molto espressivi; sembra quasi mi voglia trasmettere l’orrore di ciò che ha passato con un semplice sguardo.

-Voi siete i tributi quindi?-

-Io sono Billie Joe- mi faccio avanti.

-E io sono Michael-

-Si bene… allora, dobbiamo metterci subito a lavorare. Non voglio farvi entrare nell’arena impreparati- e detto questo si allontana, lasciando me e Michael abbastanza confusi. E con ciò? Cosa dobbiamo fare noi? Seguirlo? Il ragazzo del pane mi pizzica un braccio per attirare la mia attenzione, e con un’occhiata mi porge la stessa domanda che mi sto facendo anch’io.

-Boh- senza aggiungere altro raggiungo Matt. 

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Capitolo 3
*** Caught here in a fiery blaze, won't lose my will to stay ***


Eccomi di nuovo! :D Ci avviciniamo sempre di più al momento in cui i nostri tributi entreranno nell'arena, e lì ne vedremo delle belle *si nasconde per paura di spoilerare* Cooomunque! Vorrei ringraziare tutte le persone che leggono, quelli che recensiscono, quelli che hanno messo la storia tra le preferite e chi tra le seguite! Insomma, grazie mille a tutti quelli che seguono questa mia storia! Ora vi lascio al capitolo e... beh, ci vediamo alle recensioni! :3





3- Caught here in a fiery blaze, won't lose my will to stay



Billie's P.O.V.

-Oggi allenamento. Incontrerete gli altri tributi. Osservate le loro mosse e scoprite i loro punti deboli. Non createvi inimicizie ancor prima di entrare nell’arena. Buona fortuna- il nostro mentore non è un tipo di molte parole… beh, non ci resta che incominciare ad allenarci.

Siamo all’aperto, in un campo recintato. Ci sono diverse postazioni, ognuno può scegliere dove andare e a cosa dedicarsi. Vedo gli altri tributi: sembrano tutti un po’ spaventati, sono quasi tutti più piccoli di me e abbastanza gracili. Tutti tranne quelli dei Distretti favoriti (di quelli che immagino provengano da quei Distretti); uno in particolare attira la mia attenzione: a prima vista incute un certo timore.

-Quello è Synyster Gates, del 2, stagli alla larga- non mi ero accorto che un altro tributo mi si era affiancato, per questo quando inizia a parlare salto in aria allarmato.

-Ehi, non ti spaventare- mi sorride, e io mi volto ad osservarlo; a prima vista ho quasi un tuffo al cuore per la sua incredibile somiglianza a Zacky, ma poi focalizzo meglio la sua figura: capelli corti e scuri, occhi grandi ed espressivi di un verde hazel, e un sorriso tanto dolce da farti sciogliere. È spiccicato al mio piccolo Baker, l’unica differenza è l’altezza: questo ragazzo è alto quanto me, e ciò dice molto.

-Piacere Frank Iero, Distretto 11- mi porge la mano, ma io esito qualche istante: sono ancora incantato dal suo viso.

-Ehm, Billie Joe Armstrong, del 12- gli stringo la mano e d’istinto gli porgo una domanda: -Quanti anni hai?-

-16- ecco, ora è uguale in tutto e per tutto a Zacky.

-Ehm, scusami ma ora devo andare ad allenarmi… ci vediamo- annuisco e mi allontano anch’io: dovrò pur fare qualcosa, no?

Mike’s P.O.V.

A cena c’è ogni genere di ben di Dio da mangiare: dalla pasta agli aromi tartufati, alle carni speziate, alle crostate ai frutti esotici. Gran parte delle pietanze sul tavolo non so neanche cosa siano, ma me lo spiegano vedendo il mio sguardo confuso.

Assaggio abbastanza riluttante ciò che mi portano (non amo provare nuovi cibi e in più ho lo stomaco chiuso) e intanto osservo Billie: è di fronte a me, e continua a grattare le punte della forchetta sul fondo del piatto ancora pieno; sembra concentrato su qualcosa, forse sta pensando, o forse sta escogitando un modo per ammazzarci tutti una volta nell’arena.

Ma in questo momento non mi interessa conoscere le sue elucubrazioni; piuttosto, mi rendo conto che è molto cambiato negli anni: ricordo quando andavamo a scuola insieme, da bambini, a com’era spensierato e felice; ricordo molto bene anche suo padre, che lo portava nei boschi quando ancora era possibile andarci. Credo che lui non si ricordi di tutto ciò, credo non si ricordi nemmeno di me, ma io sì, e non è questo che conta?

Ora è cresciuto, e non solo per quanto riguarda l’aspetto e il numero di anni che effettivamente ha, ma anche mentalmente; da quando suo padre non c’è più e sua madre è caduta in depressione, è lui che è costretto ha portare a casa la pagnotta; e se dovesse morire dentro l’arena… no. So che non accadrà.

-Pritchard, cos’hai da guardare?- mi domanda acido Billie; io distolgo velocemente lo sguardo dal suo viso e rosso in volto mi riconcentro sul mio piatto. Lo sento sbuffare e scuotere la testa, per poi riprendere a mangiare anche lui.

-Ragazzi, mangiate, dovete essere nel  pieno delle forze per i giochi!- esclama Tré Cool, in uno dei suoi soliti sprazzi di gioia.

Sia io che Billie mugugniamo qualcosa in risposta, e iniziamo a mangiare sul serio.

Finito di cenare vado nella mia camera: non ho la forza di fare nulla, e ho una gran voglia di vomitare tutto quello che ho ingerito. Mi getto sul letto e chiudo gli occhi.

Dopo un po’ sento la porta aprirsi e, convinto che sia uno degli inservienti di quel posto, non ci do molto peso.

-Ehi, Michael- quando sento la voce di Billie sobbalzo mettendomi a sedere, ho il volto in fiamme.

- È una tua prerogativa arrossire ogni qualvolta guardi negli occhi una persona?- sorride e mi si avvicina, fino ad arrivare a sedersi in punta al letto, vicino a me. Ricambio il sorriso e lo fisso serio negli occhi smeraldo.

-Come mai qui?-

-Niente, è solo che… non avevo voglia di trascorrere le mie ultime sere nel mondo civilizzato da solo- dopo qualche attimo di silenzio scoppiamo entrambi a ridere, non sappiamo il perché, lo facciamo e basta.

-Non sarai solo nell’arena-

-Là dentro non esistono alleanze, se vuoi uscirne vivo, devi affidarti solo a te stesso e alle tue capacità. Ventiquattro entrano e solo uno si salverà-

-Mh, lo terrò da conto se dovessi perdere ogni speranza- riprendiamo a ridere e lui mi tira una gomitata scherzosamente.

-Ehi, dai, non sto scherzando. Certo che mi sembra impossibile che ora siamo qui a parlare e scherzare e tra tre giorni tenteremo di ucciderci a vicenda in una lotta all’ultimo sangue- abbassa lo sguardo sulle sue scarpe, e ,sì, in quel momento lo vedo per quello che realmente è: un ragazzo fragile e sensibile. Voglio fare qualcosa, non sopporto vedere le persone così affrante, così gli strofino una mano sulla schiena per un po’, ancora troppo in soggezione per spingermi a qualcosa come un abbraccio.

-I-io ho paura. Cioè, non voglio che tu mi prenda per un fifone, però ho paura di non tornare più a casa, di non rivedere più le persone a cui voglio bene. Io non voglio che finisca così- una lacrima solitaria si fa strada sul suo viso pallido, per poi andare a confondersi nel leggero tessuto della sua maglietta.

-Non so perché in questo momento mi stia confidando con te, insomma, con questo non intendo dire che non mi fidi di te, è solo che di solito non mi apro in questo modo a persone che non conosco. Forse il motivo è che sei l’unico qui ora, o forse è che sai cosa provo in questo momento, poiché in questa merda ci sei immerso anche tu fino al collo- si ferma un momento a riprendere fiato, e sospira, lasciando cadere qualche altra lacrima, che prontamente raccolgo con le dita. Lui mi fissa un attimo sconvolto, e rimaniamo qualche minuto in silenzio ad osservarci.

-E… io ti ringrazio, anche solo per avermi ascoltato ora. Sentivo-sentivo il bisogno di sfogarmi. Scusa se ti ho recato fastidio o ho tolto tempo ad un qualche tuo genere di attività- e detto questo si ricompone e si avvia verso la porta; preso dall’agitazione mi alzo di scatto e lo fermo.

-E-ehi! Guarda che… cioè, non mi dai fastidio. E non mi disturba doverti ascoltare. Insomma, ti comprendo, so cosa provi… ma sai una cosa? Secondo me ce la farai. I-io ne sono sicuro. Uscirai da quell’arena e tornerai a casa-

Ho come la sensazione di aver detto qualcosa di estremamente stupido, perché Billie prende a fissarmi con una strana smorfia impressa sul volto. Ma quando si avvicina a me a grandi passi capisco il vero motivo di quell’espressione: stava tentando di non piangere, cosa che in ogni caso fallisce non appena si aggrappa alle mie spalle in un abbraccio disperato.

Restiamo così per un bel po’, finché Billie non si calma e torna nella sua stanza congedandosi con un tenero bacio sulla guancia. 

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Capitolo 4
*** I find the answers aren't so clear: wish I could find a way to disappear ***


4- I find the answers aren’t so clear: wish I could find a way to disappear
 

Billie’s P.O.V.

Non so che mi sia venuto in mente. Aprirmi senza problemi con-con… il ragazzo del pane??! Non riesco a riconoscermi. Non è da me mostrarmi fragile di fronte a sconosciuti! Cosa cazzo mi prende?? Io sono Billie Joe Armstrong, non un… no. Questo sono io, è inutile tentare di nasconderlo. Ho bisogno di qualcuno che mi ascolti, mi comprenda e mi voglia bene. Sento il bisogno di essere amato, ecco perché mi sono sfogato con Michael. Lui ascoltava senza fiatare, e questo per me era un pretesto bell’e buono per continuare a parlare. E più parlavo più mi sentivo meglio, mi liberavo da un peso. Non che in ogni caso abbia parlato chissà quanto, ma mi sento meglio ora. Sto bene, nonostante l’ansia per gli Hunger Games. Sto bene grazie a Michael.

La prima notte qui, e non riesco a dormire. La mattina mi vengono a svegliare degli inservienti, che poggiano il mio cambio per la giornata sul letto. Mi lavo, mi vesto e scendo a colazione.

-Buongiorno, Bella Addormentata- mi schernisce Matt. Michael invece mi rivolge un sorriso e mi fa segno di sedermi vicino a lui. Che abbia interpretato erroneamente quello che è successo ieri sera? No, si deve mettere in testa che non ho intenzione di intraprendere stupide relazioni amorose ora che c’è in gioco la mia vita. E in più non è il mio tipo.

-Allora, oggi incontrerete il vostro stilista. È un tipo in gamba, non dategli filo da torcere. Fate quello che vi dice, anche se non siete d’accordo. E preparatevi psicologicamente all’intervista di questa sera- certo, semplice e coinciso.

Poco dopo siamo già di fronte a questo nostro stilista: è un… tipo. A prima vista sembra un vampiro: la pelle diafana che risalta nettamente sui capelli neri, in tinta con i suoi vestiti, e gli occhi oliva che sembra vogliano guardarti dentro e rubarti l’anima. E poi i denti piccoli e bianchissimi, che ti spiano da sotto quel nasino all’insù.

-Salve ragazzi! Io sono Gerard Way, il vostro stilista- ora che ha iniziato a parlare, mi ha tranquillizzato un po’. No perché la sua figura ispirerebbe un regista di film horror.

Durante il pomeriggio ci sono i preparativi per questa sera, quindi passiamo gran parte del tempo con Gerard: ci ha detto di aver preparato dei vestiti su misura per noi, anche se fatico a capire in che modo visto e considerato il fatto che lo abbiamo incontrato per la prima volta qualche ora fa.

Ce li mostra: niente pretese, camicia e jeans aderenti per me, maglietta, giacca e jeans uguali ai miei per Michael. Credo che questo tizio sia leggermente fissato col nero: i vestiti sono tutti scuri fatta esclusione della t-shirt di Michael.

-Dovete distinguervi. Niente vestiti eleganti o con mille fronzoli, voglio che rispecchiate al meglio il vostro Distretto: e quando uno pensa al 12, si ricorda del grigiore, del velo di mistero e oscurità che caratterizza il luogo e la sua storia. E soprattutto, del suo squallore; senza offesa ovviamente. E quindi, cosa c’è di più squallido e prevedibile di un abito monocolore?- ci spiega, come se mi avesse letto nel pensiero.

-Ma allora non sarebbe andato bene un altro colore, tipo… chessò, il blu?- controbatto.

-Sì, in parte hai ragione, ma io volevo rendervi l’ombra di voi stessi. Cercate di capirmi, la vita nei Distretti è dura e imprevedibile. So cosa avete passato, ve lo si legge in faccia. Quindi che colore meglio del nero può evidenziare una vita passata confinati, ai margini della società?- sì, ha ragione. Ma non capisco ancora una cosa.

-Sì, è vero, ma tu che ne sai di come si vive nei Distretti? Che ne sai di quello che abbiamo passato e dobbiamo ancora oggi sopportare? Tu hai passato la tua vita qui a Capitol City, tra gli agi e il benessere, non sai cosa significa dover fare miracoli per sfamare la propria famiglia. Non sai cosa significa vedere i propri cari portati via da questi fottutissimi giochi- sono sull’orlo delle lacrime, ma devo resistere. Voglio tener testa a questo Gerard e vedere cos’ha da dire.

-Fidati, io ne so molto più di quanto tu possa pensare- i suoi occhi si piantano su di me, in un’espressione mista tra il torvo e il triste. Cosa sta farneticando? Lui non capisce e mai capirà.

Mancano pochi minuti all’inizio della trasmissione, e sono agitatissimo. Perché? Per il semplice motivo che se quel presentatore dovesse fare un minimo passo falso, se dovesse dire una mezza parola sbagliata, so già che lo aggredirei verbalmente. È vero, non mi so trattenere. Ma il fatto è che mostrandomi poco disponibile e di conseguenza rendendomi antipatico al pubblico, non avrei speranze di possibili doni o favoreggiamenti nell’arena.

Le telecamere vengono accese, e il presentatore fa la sua comparsa: è un uomo serio e dalla parlantina veloce, con capelli corti e una barba un po’ incolta, entrambi dello stesso color rossiccio. Pare si chiami Bob Bryar.

Ogni tributo ha cinque minuti, nei quali gli vengono poste domande, nei quali deve intrattenere il pubblico. Inizia il Distretto 1, con uhm… Bryar ha appena detto che si chiama Jared Leto. Non ci credo che quel tizio tutto imbellettato entrerà nell’arena. Sembra appena uscito da un vicolo di Capitol City, è il classico belloccio, ma di sale in zucca deve averne davvero poco. Tanto meglio, sarà facile farlo fuori.

Da quel momento in poi non do più molta importanza a quello che mi accade attorno, a ciò che dicono i tributi, mi limito a fissare il loro susseguirsi e a estraniarmi dal resto. Poco dopo sale quello del 2, Synyster: più lo osservo più mi fa paura. Sarà il doppio di me, e non a caso viene da uno dei Distretti favoriti. Loro si allenano fin dalla nascita per questo avvenimento. Sono contenti di venir buttati nell’arena e morire da eroi. Sì, eroi, tempo due mesi e nessuno si ricorda più di loro.

Vedere salire sul palco l’altro tributo del 2, mi fa quasi ridere: in confronto a quello di prima, mi fa tenerezza. Nonostante sia indubbiamente più alto di me, è abbastanza gracilino, e in più quel taglio di capelli così -gonfio? Un caschetto venuto male, con ciuffi corti e altri più lunghi, lo avvicina di più all’idea di bravo ragazzo, di quello che non farebbe male ad una mosca; ma sotto questa maschera, so che nasconde altro: glielo si legge negli occhi. Sì, Dominic Howard, mi ricorderò di questo nome.

E in men che non si dica, è arrivato il mio turno.

-Ecco Billie Joe Armstrong, signori e signore!- prendo posto nella poltrona libera di fianco a Bob, con un sorrisino imbarazzato e un po’ forzato stampato sul viso.

-Allora Billie, come ti sembra Capitol City?- come mi sembra? Artificiale, completamente fuori luogo, arrivista. Ma la vista dal palazzo in cui alloggiamo è fantastica!

-Uhm… diversa. È molto diversa dal mio Distretto- rispondo sarcastico.

-Oh beh, posso immaginare! Comunque…- si interrompe di colpo, riassumendo quel fare serio e fissando la telecamera posta di fronte a lui -Ti dispiace inquadrare lui? Devi riprendere lui non me. Forza, gira quella telecamera- indica il mio volto al cameraman, e il pubblico scoppia in una fragorosa risata. Voci mi avevano detto che era strano, ma non pensavo in questo senso. A quanto pare odia essere ripreso, ma conduce gli Hunger Games. Bel controsenso, eh?

-Tutti immagino si ricordino di quello che è accaduto alla Mietitura. A chi erano rivolte quelle parole urlate?-

- Ad un-un… mio amico. Voleva offrirsi come tributo ma… non gliel’ho permesso. Hanno scelto me e me dovevano avere, lui- io gli voglio bene. In qualsiasi caso non lo avrei permesso- le immagini della Mietitura mi riaffiorano in mente, stordendomi. Chissà come sta Zacky, chissà se mi sta guardando in questo momento nel megaschermo allestito in piazza. Chissà se sta provando le stesse emozioni che provo io in questo momento, con le lacrime che spingono per uscire, ma che prontamente ricaccio dentro.

-Coraggioso da parte tua. Insomma, ti si è presentata l’occasione di non partecipare agli Hunger Games, ma tu hai declinato l’offerta per salvare la vita di un tuo caro. Bisogna fartene atto-

-Grazie, Bob-

-E questo ragazzo è venuto a trovarti?-

-S-sì. Era a pezzi. Ma gli ho fatto promettere di non tentare più un suicidio come quello della Mietitura- inizio a ridere, e alcuni nel pubblico paiono rispondere alle mie risate.

-Gli hai detto altro?-

-Gli ho promesso che tornerò a casa- il silenzio cala nello studio; tutti sanno che in 74 anni di giochi solo una persona nel nostro Distretto è riuscita a vincere, quindi sembra impossibile che un ragazzino come me arrivi ed esca illeso da tutta questa storia: ma io ci proverò davvero, non mi lascerò andare.

-E te lo auguro-

Mike’s P.O.V.

È il mio turno, e prendo posizione dove fino a pochi secondi fa si trovava Billie.

-Allora Michael! Hai progetti per dopo i giochi?- questo interrogativo suscita l’ilarità generale; sgrano gli occhi, non posso credere che mi abbia realmente posto una domanda di tale cattiveria.

-Prima di tutto, se dovessi uscirne vivo, credo andrei a controllare sui quotidiani per vedere se è tutto vero oppure me lo sono sognato-

-Ahahah! Beh, credo lo farebbe chiunque! Comunque Michael, parlami un po’ di te. A casa ti aspetta la tua ragazza?- un coro di “oh” si solleva dagli spettatori: ma cosa credono? Che in questo momento abbia voglia di parlarne? Mah, valli a capire questi qui.

-Oh, no…-

-Ma come? Un bel ragazzo come te? Non ci credo! Ci sarà almeno qualcuno, non so, che ti piace…-

-Beh, una persona per-per cui ho una cotta da… un po’ ci sarebbe…-

-Allora vinci i giochi e torna a casa da lei a dichiararti!-

-Oh, non credo funzionerebbe- mi blocco, indeciso se spiegare oltre o meno. Bob inizia a osservarmi curioso -Se dovessi vincere, questa persona non avrebbe l’occasione di venire a conoscenza dell’amore che provo-

-O-oh… caspita… insinui che..?-

-Sì, è qui con me…-  come poco prima è accaduto con Billie, gli spettatori rimangono in silenzio.

-Mi spiace. Non posso far altro che augurarti il meglio per questi giorni- 









Eeeehilà! :D Piaciuto il capitolo? Mi volete ammazzare perchè l'ho fatto fermare proprio qui? Bene! Cioè, non bene... ma vabbè! Comunque, ho inserito quattro nuovi personaggi! I tributi Leto e Howard (:D) mi saranno abbastanza utili una volta nell'arena... no, non entrambi allo stesso modo, ma... vabbè, mi cucio la bocca sennò spoilero tutto!! E poi vabbè, Gerard Way era l'unico a cui potevo far fare lo stilista. Oh e sì, a differenza del libro qui lo stilista è uno per entrambi i tributi di ogni Distretto. Ma fa niente, piccolo piccolo cambiamento u.u e poi Bob Bryar, il meno adatto a fare il presentatore ma l'unico a cui non avevo ancora trovato nulla da fare u.u eh vabbè!
Per il resto niente, a parte che nel prossimo capitolo si scopriranno un po' di cose... *si nasconde dietro la sedia su cui è seduta*
Ora vado, adios chicos! Oh e: recensite! Non vi mangio mica eh!
P.s. il titolo del capitolo ammetto che è messo completamente alla cazzo, ma il fatto è che mi piace quella canzone :3 per chi non lo sapesse, è One Step Closer dei Linkin Park, questa canzone per intenderci http://www.youtube.com/watch?v=pmUTBDuUGz8 

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Capitolo 5
*** Look around, ain't no R.I.P. signs here: we don't rest in peace, we just disappear ***


5- Look around, ain’t no R.I.P. signs here: we don’t rest in peace, we just disappear
 

Billie’s P.O.V.

Sono scioccato. Sono completamente e realmente scioccato. Cosa cazzo è venuto in mente a quel coglione?? Pensava di-di… farsi passare per il poveretto innamorato e guadagnare più sponsor perché “povero cucciolo, è giovane, gli batte il cuore per la prima volta”?! Sono furioso!

Non appena vedo Michael svoltare l’angolo lo tiro bruscamente per un braccio e lo sbatto contro il muro più vicino, schiacciandolo il più possibile alla parete con il mio corpo e premendogli contro la gola un mio avambraccio.

-Cosa pensavi di fare??! Mi vuoi far apparire debole, eh??! Mi sono aperto una sera con te e pensi di sapere tutto di me, ma non è così!!!- si dimena come un forsennato sotto la mia stretta, che si fa sempre più forte; in qualsiasi caso lo dovrò ammazzare, tanto vale portarsi avanti. Non ha idea della rabbia che mi scorre nelle vene in questo momento: potrei rompergli l’osso del collo se solo gli mettessi una mano dietro la nuca, non me ne accorgerei neanche.

-B-illie! P-os…-

-Zitto!- faccio ancora più forza sulla sua trachea ma Matt e Gerard arrivano a fermarmi prima che gliela possa sfondare.

Matt da solo mi prende da sotto le braccia e mi scaraventa contro il muro opposto, facendomi sbattere la testa; rimango stordito qualche secondo.

-Ma che cazzo fai??! Lo volevi ammazzare, idiota??!- il nostro mentore è a pochi centimetri dal mio volto e mi urla addosso, sempre e comunque tenendomi bloccato a terra. Non ho la forza di reagire, la botta è stata più forte di quanto pensassi.

-Ora alzati in piedi, vai in camera tua e non farti più vedere fino a domattina!!- mi indica con un dito l’ascensore, e io senza dire niente mi incammino; nella cabina con me si infila all’ultimo secondo Gerard, schiaccia il numero con il piano e prende a fissarmi.

-Non guardarmi così, ho reagito d’istinto-

-Non mi sembra comunque un buon motivo per un tentato omicidio- incrocia le braccia al petto e corruccia le labbra in un’espressione veramente buffa, ma mi trattengo dal ridere, poiché sembra realmente arrabbiato.

-Sì… ma, cazzo, anche se fosse vero quello che ha detto, era il caso di andare a dichiararsi in diretta mondiale?? La privacy non sa proprio cosa sia quel ragazzo!- Gerard esplode in una risata acuta, da bambino; ma cosa cazzo ha da ridere?? Io sono incazzato in fin dei conti!

-Non dire così, magari lo ha fatto perché non aveva il coraggio di dirtelo di persona… sempre che sia vero!- aggiunge ridendo, dopo che gli ho riservato un’occhiataccia finto-arrabbiata.

-Ora va a dormire, e non pensare a questa storia. Pensa piuttosto al fatto che potrebbe farti avere più sponsor. Quindi magari… stai al gioco- l’ascensore arriva, e, prima di andarsene, Gerard mi rivolge uno sguardo malizioso; ma cosa pensa, che io davvero sia disposto a stare con quello, anche se per finta? No, non voglio, non deve accadere- ma forse se voglio tornare a casa sano e salvo, sarò costretto a farlo.

Combattuto e demoralizzato, vado a dormire.

Mike’s P.O.V.

La giornata passa in fretta: l’unica attività che svolgiamo sono gli allenamenti, ma è più che ovvio, visto che domani dovremmo affrontare il primo giorno nell’arena. Il solo pensiero mi fa salire l’ansia.

Siamo a tavola, ma, a differenza di ieri, si nota molta tensione: so che è colpa mia, ma non ci posso fare niente. Non so perché mi sia esposto così, ieri sera, ma il fatto è che… ciò che ho detto lo penso davvero. Lo provo davvero. Ma lui non è della mia stessa idea. Forse mi devo rassegnare… ma ho bisogno di parlargli. Devo sistemare le cose prima dell’inizio dei giochi, non voglio morire senza aver risolto con lui.

-Non ho fame. Vado a letto- dice Billie alzandosi bruscamente dalla sua sedia. Fisso le persone sedute attorno al mio tavolo e loro fanno lo stesso con me -Vado a parlargli-

Lo inseguo per i corridoi, fino ad arrivare alla terrazza: si accoccola vicino a un vaso, cercando di non far vedere le lacrime che gli scorrono in viso: non vuole farsi vedere debole un’altra volta.

-Billie…- mi avvicino cautamente, ma i suoi singhiozzi mi bloccano.

-Vattene! Nessuno ti ha chiesto di seguirmi e di venirmi a consolare! Non sono un cucciolo in cerca di attenzioni!- non mi do per vinto: mi inginocchio in parte a lui, e tento un abbraccio molto goffo. Ma Billie non è d’accordo, per questo punta le sue mani contro il mio petto, facendo una lieve pressione: il suo orgoglio mi vuole allontanare, ma lui mi vuole vicino, forse. Credo abbia bisogno di affetto.

-Billie… non mentire a te stesso.  Non devi continuare a nasconderti. Ho capito come sei, mostrarti forte non cambierà le cose- alla fine cede, e si lascia abbracciare.

-Michael… spiegami…perché?- nonostante la sua domanda non abbia soggetto, so benissimo a cosa si sta riferendo.

-Io… quello che ho detto, vedi… non l’ho fatto per gli sponsor. Io credo davvero in ciò che ho detto, io credo davvero di… essermi innamorato di te- lo fisso dritto negli occhi lucidi, e devo dire che visto così sembra ancora più bello: è sera, la poca luce data dai lampioncini della terrazza e della luna illuminano il suo viso mettendone in risalto ogni minimo particolare, dalla fronte un po’ ampia, al naso, ai piccoli smeraldi posti ai suoi lati, alle labbra rosse e leggermente carnose, così invitanti, quasi fatte apposta per essere baciate… no. Non posso.

Vedo i suoi occhi confusi, che cercano in tutti i modi di non finire dritti nei miei, e le sue guance prendono un colore leggermente rosato. Cos’è tutto questo imbarazzo, Armstrong? Dov’è finito il ragazzo forte che tentavi di essere? Lo sapevo che non eri tu quello che mostravi.

Però le vecchie abitudini tardano a scomparire, e in poco si libera dalla mia presa e in fretta e furia torna dentro, lasciandomi qui fuori a osservare il punto in cui fino a pochi secondi fa si trovava il suo corpo, sconsolato.

Poco dopo però, Matt mi viene a chiamare, dicendo che stanno per mandare i punteggi degli esami svolti quest’oggi: sì, oltre all’addestramento oggi c’è stato l’esame di fronte agli strateghi; io non penso di aver fatto grande colpo, mi sono limitato a far vedere un po’ di nodi e ho costruito una trappola, niente di che. Billie invece, pare abbia fatto un gran casino: dice di aver quasi fatto lo scalpo con un coltello volante al capo stratega, Ray Toro. Ho paura che per questo gli abbiano dato un punteggio molto basso.

Quando ci riuniamo tutti in una stanza di fronte al televisore, mi prendo qualche secondo per vedere come sta Billie: si è ricomposto un poco, ma è ancora giù; anche lui mi osserva, ma io, troppo imbarazzato, non gli permetto di far incrociare i nostri sguardi.

La voce di Bob Bryar alla tv mi riporta sulla terra, e le foto dei tributi con affianco i punteggi iniziano a scorrere sullo schermo; quelli dei Distretti favoriti hanno totalizzato punteggi molto alti, da sette a nove su un massimo di dodici. Arrivati a uno dei due ragazzi del Distretto 5, vedo Gerard esultare senza farsi notare: non faccio molto caso al nome nel tributo, ma in ogni caso non capisco il perché di tutto questo entusiasmo per l’otto di un perfetto sconosciuto. Una volta arrivato al nostro Distretto, trattengo il fiato prima di scoprire quanto ho fatto, ma alla fine riesco a cavarmela con un otto. Non male.

Tutti però siamo ancora tesi per Billie, se dovesse prendere un tre o un quattro per quello che ha fatto, non avrà speranze nell’arena. La sua foto compare, e sfumando compare anche il punteggio: undici. Porca miseria, gli hanno dato il punteggio più alto!

-M-ma che…- esordisce Billie, interrompendo il silenzio che si era formato.

-Li hai colpiti. In tutti i sensi- il buon umore di Gerard colpisce tutti, e iniziamo a ridere.

Bene, tutto sommato è andata meglio di quanto mi aspettassi. Ora non ci resta che andare a dormire e attendere che ci chiamino per venir spediti nell’arena e non uscirne mai più. Bella prospettiva che ho.

Billie’s P.O.V.

Manca un quarto d’ora all’inizio dei giochi, e io sono agitatissimo. Sento l’adrenalina che mi scorre dentro, e il mio cervello me la vuole fare usare nel migliore dei modi: “scappa!” mi urla. Peccato non si sia reso conto che non ho via di scampo. Il mio destino è là dentro, e lo affronterò a testa alta.

-Billie- è Matt. Forse mi vuole dare qualche dritta. Mi supera, e mi fa segno di seguirlo.

-Là dentro sarà dura, la prima cosa che dovrai fare sarà cercare una fonte d’acqua. L’acqua è indispensabile. Non ti gettare nella mischia verso la Cornucopia, rischieresti solo di venire ucciso. Prendi il minimo indispensabile e scappa verso la foresta. Fai affidamento solo su te stesso. All’inizio verranno a formarsi dei gruppi, ma quando rimarrete in pochi questi si disferanno e le alleanze che si erano formate si concluderanno in un bagno di sangue quando meno te lo aspetti. Ergo, non allearti con nessuno. Vai avanti per la tua strada e uccidi quanti più tributi puoi. Io credo in te- mi prende per le spalle e si abbassa leggermente alla mia altezza, fissandomi negli occhi.

-Non ti preoccupare, farò del mio meglio per vincere- mi lascia e proseguo per il corridoio scortata da due guardie, che mi portano in uno stanzino chiuso che dà sugli ascensori per l’arena: Gerard mi sta aspettando.

Mi fa segno di avvicinarmi e mi porge una specie di ciondolo.

-Tienilo tu. Consideralo un piccolo regalo- me lo allaccia dietro al collo, e io osservo quello strano simbolo: è d’oro, e sembra raffigurare un fulmine. Alzo lo sguardo sullo stilista, ringraziandolo ma allo stesso tempo domandandogli il perché. Posa una mano sulla mia guancia carezzandomela con fare paterno e con grande fatica inizia a parlare.

-Ricordi… quando mi chiedevi come potevo sapere della vita nei Distretti, di come si sta?- io annuisco, preso da questo suo discorso.

-Beh… quel ciondolo viene dal Distretto 5. Lo volevo regalare a mio fratello, ma non ho fatto in tempo a salutarlo- ho capito che non vuole andare oltre a spiegare, ma io voglio sapere di più.

-T-tu… vieni dal Distretto 5? Come fai ad essere qui a Capitol City?-

-Sono qui perché… sono riuscito a farmi conoscere nel campo della moda, e mi hanno offerto un lavoro qui agli Hunger Games, ad alcune condizioni però- si ferma un attimo per riprendere fiato, i suoi occhi si fanno lucidi -La mia famiglia è rimasta nel Distretto 5. È da... tanto che non rivedo più mia madre, mio padre e… mio fratello. Ma non molto tempo fa l’ho rincontrato, almeno lui… anche se non nel modo che avrei voluto-

-Tuo fratello… sta per entrare nell’arena con noi, vero?-

-Già… ma non ha chance. Lui è un ragazzino troppo debole e non avrebbe mai il coraggio di uccidere qualcuno. So che non lo rivedrò mai più- Gerard si allontana da me e si volta. Vorrei fare qualcosa, consolarlo, dire che andrà tutto bene, ma so che non sarà così. Se voglio vincere e tornare da mia madre, da Zacky, dalla mia vita di tutti i giorni, il fratello di Gerard dovrà morire.

-Mi-mi spiace… vorrei poter fare qualcosa, ma sarebbe da ipocriti prometterti che tornerà a casa sano e salvo quando magari sarò io stesso ad ucciderlo-

-Sì, ti capisco. Tu non puoi farci nulla purtroppo. Così doveva andare, è la vita. Mi spiace solo che Mikey non abbia potuto godersela appieno… ma io voglio che sia tu ad uscirne. Esci dall’arena vivo. Fallo per me, fallo per Mikey- lo fisso negli occhi, convinto che ciò che sta dicendo sia vero, accadrà realmente. Sì Gerard, te lo prometto. Non è finita qui. Niente e nessuno mi farà mollare. 








Aaaaah, sono tornata!! :D Dopo quattro giorni di vacanza, sono salita su efp solo per mettere su questo capitolo! :D E beh, spero vi sia piaciuto, anche se sono abbastanza convinta che vorrete uccidermi per aver fatto fermare la storia proprio poco prima dell'inizio dei giochi :3 ma è ok u.u
Insomma, ora sappiamo del fratellino di Gerard e del fatto che entrerà nell'arena. Billie lo incontrerà? Sarà lui stesso a farlo fuori? Non si sa u.u
E poi, cosa più importante... il nostro caro Michael si è finalmente dichiarato come si deve :333 ma Billie è sconvolto. Vabbè u.u
AnyWay, vi saluto! :3 Alla prossima gente e come al solito: recensite! :D
p.s. sì, anche questa volta titolo alla cazzo. Ho dato questo titolo al capitolo perchè mentre scrivevo stavo ascoltando City of Angels dei Distillers, questa canzone per intenderci http://www.youtube.com/watch?v=omH71HaYeDI 
Vi consiglio di ascoltarla perchè credo meriti davvero, questa come tutte le altre canzoni di questo gruppo :3

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Capitolo 6
*** I'll hold your heart and never let go ***


  
6- I'll hold your heart and never let go
 6- 666666

 
Billie's P.O.V.
 
Ansia. Gli ascensori si muovono, tutt’intorno a me è buio.
 
Il cuore batte forte, sembra voglia uscirmi dal petto e fuggire il più lontano possibile. Ma ho ancora bisogno di lui, e lo tengo a bada all’interno della cassa toracica.

La luce mi acceca, socchiudo gli occhi. Mi ritrovo in una foresta, di fronte a me uno spiazzo e gli altri ventitré tributi. La Cornucopia. 

Tendo le orecchie, appena sentirò il fischio d’inizio devo correre. I muscoli bruciano di adrenalina e agitazione, devo farcela.

“Billie… promettimi di tornare”

Mi guardo intorno, gli altri ragazzi stanno scrutando tra i vari zaini e armi posti di fronte a loro, alla ricerca di ciò che più li interessa.

“Zacky…”

La tensione è così palpabile nell’aria che potrei tagliarla con un coltello; è ovvio che tutti stiamo facendo il conto alla rovescia. Meno 10, 9, 8…

“Promettimi che questa non è l’ultima volta che ci vediamo!!”

5, 4, 3, 2, 1…

“I-io… te lo prometto”

Un rumore continuo mi perfora i timpani e mi fa scattare in avanti; non riesco a sentire nulla, sono sotto shock, l’unico suono che riesco a percepire è quello continuo e regolare del mio cuore che per inerzia pompa sangue nelle vene, e l’unica cosa che riesco a fare è correre. Corro finché non riesco ad afferrare uno degli zaini, e, poco prima di venir sgozzato dal coltello di uno dei tributi, me la svigno verso il bosco.

Vado avanti a correre e correre, muovo le gambe senza rendermene conto, finché non prendo una discesa e cado. Inizio a rotolare giù per il pendio, graffiandomi anche il viso con diversi rami che spuntano dal terreno. Non faccio caso al dolore, anche perché proprio non riesco a percepirlo. Capisco di essermi fatto male solo quando, una volta in piedi, sento qualcosa di caldo che mi cola su una guancia; tasto sullo zigomo sinistro e i miei polpastrelli rivelano un liquido rosso su di esso. Ora però non ho tempo per pensarci.

Riprendo a correre, non guardo dove sto andando, anche perché non so dove stia andando; non me ne accorgo e vado a sbattere contro qualcosa. Mi volto a vedere. No, è qualcuno.

Un ragazzo, sembra fatichi a vedere. Siamo entrambi congelati nella nostra posizione, all’erta; mi fissa spaventato con i suoi piccoli occhi nocciola spalancati. Nonostante il contesto orrendo, non posso fare a meno che osservare questo ragazzino: ha un non so che di familiare. Quel viso scarno, il nasino piccolo… Gerard! Lui dev’essere per forza Mikey!

Gli faccio segno con la testa di scappare, e sembra risvegliarsi dallo stato di catalessi in cui era caduto: esita qualche secondo, ma poi fugge via alla velocità della luce.

Mi allontano ancora un po’, fino a trovare un posto un po’ appartato sotto ad un albero; qui inizio a rovistare nel mio zaino: ci trovo un coltello, una borraccia (vuota), una corda e una fionda. Tutto qui? Neanche, chessò, un sacco a pelo? Un fottutissimo pezzo di stoffa per coprirsi la notte?? Vabbè, era ovvio, sono gli Hunger Games, ci vogliono mettere in difficoltà.
Rimetto tutto a posto, e mi incammino per trovare una pozza d’acqua. Credo ce ne sia una nei paraggi, qui in giro c’è molto verde, e mi pare ci sia anche del muschio. Infatti, come previsto, circa mezzo chilometro dopo trovo un piccolo fiume; ne approfitto e riempio la borraccia.

Dei rumori però mi destano da ciò che sto facendo: che qualcuno mi abbia visto? Rimango immobile e attendo. Poi però noto che lo scricchiolio di foglie secche che sentivo è causato da un coniglio che saltella indisturbato sull’altra sponda. Se solo avessi qualche munizione potrei provare a ucciderlo con la fionda…

Trovo un sasso sul fondo del fiume, e provo ad usare quello: lo poso sulla toppa al centro dell’elastico, punto e lo lancio. La mia mira è infallibile, infatti sono riuscito a prenderlo in pieno. L’unico problema è che gli ho spappolato il cranio, augh…

Fortunatamente il fiume non ha il fondo basso, sennò mi sarei infradiciato tutto: l’acqua mi raggiunge a malapena le ginocchia. Lo attraverso e raccolgo il corpo morto della piccola lepre, o coniglio che sia, e lo infilo dentro lo zaino; questa sera diventerà la mia cena.

Ora che il bagno di sangue alla Cornucopia è cessato, si sentono gli spari che annunciano i caduti: dodici sono morti, quindi ne rimangono altri dodici, compreso me. Questa sera, quando manderanno in cielo le foto dei deceduti, vedrò se Michael è ancora in vita… ma no, è meglio se l’hanno fatto fuori subito, non vorrei ritrovarmi faccia a faccia con lui alla fine ed essere costretto ad ucciderlo con le mie mani. Non credo che ci riuscirei… ehi, forse le sue parole di ieri sera hanno avuto il loro effetto! Vabbè, anche se fosse, non ci posso fare nulla: ci verrà dato l’appellativo di “innamorati sventurati” o cose del genere e attireremo più sponsor; questo significa anche più doni qui nell’arena, cosa che credo di avere davvero bisogno ora che sono qui.

La sera, come mi ero ripromesso, accendo un piccolo fuoco (non vorrei dare troppo nell’occhio con fumo e fiamme varie) e metto a cuocere il coniglio; poi, mi preparo una sorta di giaciglio su un albero, in alto, così che gli altri fatichino a trovarmi, e cerco di riposarmi. No, non dormire, non credo ci riuscirei anche se ci provassi. Sono costantemente all’erta, agitato, non mi rilasso neanche a volerlo. Appena mi appisolo leggermente, c’è un qualche rumore che mi fa tornare vigile e attento.

D’improvviso, un urlo agghiacciante squarcia il silenzio che finalmente si era venuto a formare: hanno trovato qualcuno, ed era anche qua vicino. L’agitazione che in parte era scomparsa torna e più forte di prima; mi schiaccio con la schiena contro il tronco dell’albero e trattengo il fiato. Tempo qualche minuto e sento dei passi che si avvicinano, passi e risate. Questo significa che si sono già formate delle alleanze.

Non ho il coraggio di guardare giù mentre passano sotto di me, mi limito a restare immobile con il fiato corto. Solo quando li sento allontanarsi mi rilasso. Ho capito che non posso abbassare la guardia nemmeno un secondo.

La mattina, prima di calarmi giù dall’albero, attendo; non si sa mai, magari salta fuori qualche tributo e mi taglia la gola.

Scendo e decido di incamminarmi da qualche altra parte; faccio qualche metro, e non so come ma incrocio lo sguardo di un altro tributo: subito mi ritrovo a correre per salvare la pelle.

Sono in tanti, e a quanto pare sono quelli di stanotte; velocemente mi arrampico su di un tronco, e più in fretta che posso salgo nel punto più alto. Ad uno di loro però, è venuta la grande idea di seguirmi, quindi ora mi ritrovo aggrappato con le braccia ad un ramo e il cuore in gola per paura di non fare in tempo a tirarmi su; proprio quando trovo l’appoggio adatto, sento arpionarmi una caviglia e vengo malamente strattonato giù. Fortunatamente non cado, ma sono comunque in pericolo, perché ora che non sono più in movimento quelli di sotto potrebbero benissimo centrarmi con una freccia.

-Dai Synyster, tiralo giù che ci divertiamo!- guardo in basso e non posso fare a meno di saltare dallo spavento: il mio peggior incubo agli allenamenti ora è qui e sta tentando di trascinarmi verso la morte. Mi dimeno, e nella foga di liberarmi riesco a tirargli un calcio in pieno viso; ora sono libero e lui s’è preso una bella botta al culo cadendo a terra.

-Idiota! Ci penso io- il tizio che riconosco essere quello del Distretto 1, Jared, prende la mira verso di me con l’arco, e per poco non mi prende in fronte.

Guardo di nuovo in basso, e noto che sembrano aver rinunciato. Sono lì in cinque, e mi accorgo con grande stupore che tra di loro c’è anche Michael.

Mi fissa spaventato, e poi annuncia: -Lasciatelo lì. Tanto prima o poi dovrà scendere, noi aspetteremo qui-

Gli altri gli danno ragione e iniziano ad accamparsi sotto l’albero. 

Non so perché, ma ho una gran voglia di piangere; mi ha ferito e anche molto con ciò che ha detto. A lui non importa niente di me, ecco la verità. Mi ha preso in giro per tutto il tempo.

Mike’s P.O.V.

Questa notte questi quattro deficienti non mi hanno fatto dormire; hanno preferito andare in giro tutto il tempo ad ammazzare tributi. Ora dicono di essere stanchi, e si sdraiano a terra tutti ammucchiati per recuperare qualche ora di sonno. Poveri scemi, non si rendono conto che a fare così Billie, sopra le nostre teste, potrebbe ucciderci uno a uno. Ma io non dico nulla, che facciano quello che credono, io rimarrò all’erta finché non si sveglieranno.

Anzi, credo farò di meglio: quando mi rendo conto che stanno già tutti dormendo, me la svigno.

Mentre vago per il bosco, trovo uno dei tributi che come me, senza meta, girovaga tra le piante; però lui pare intento a fare una strage: impugna una spada e prosegue con un’espressione assetata di sangue.

Mi giro senza farmi notare e corro via, ma questo mi vede e mi insegue.

-Ehi tu! Fermo!- sì, ti piacerebbe!

-Fermo! Non voglio farti del male! Ho bisogno di sapere una cosa!- non so se fidarmi o meno, ma nonostante tutto lo ascolto e cautamente mi volto verso di lui.

-Hai per caso visto l’altro ragazzo del mio Distretto? Basso, con i capelli corti…- sembra disperato. Come mai tutta questa apprensione per un altro tributo?

-Ehm, veramente non credo- sono ancora abbastanza terrorizzato, mi fa strano il fatto che questo sia qui a parlarmi civilmente e non voglia ammazzarmi.

-Ok, senti, se lo vedi digli che io sono qui. Prova a fargli del male e sei morto-

-Sì ok ma… tu sei?-

-Matthew Bellamy, digli di stare attento e cercarmi-

-O-ok- non faccio in tempo a rispondere che è già scappato via. Non capisco: stare attento? Non dovrebbe essere un uno contro tutti e ognuno pensa per sé? Forse anche lui come me tiene di più che esca vivo dai Giochi il suo compagno di Distretto.  A proposito, meglio tornare indietro per vedere cosa è saltato in mente a Billie.

Billie’s P.O.V.

Mentre me ne sto qui appoggiato al ramo, sento qualcuno chiamarmi; cerco con lo sguardo la persona, e scorgo nascosto tra gli alberi il ragazzo che avevo conosciuto agli allenamenti, Frank. Gli faccio un cenno come per dirgli che può parlare e lui mi indica un punto un po’ più in alto rispetto a dove mi trovo io: lì c’è un alveare, sembrano vespe, molto probabilmente geneticamente modificate per via della loro dimensione fuori dal normale, e capisco subito cosa intende. Quegli insetti credo che, se presi a gruppi, siano capaci di uccidere.

Salgo fino a raggiungerlo, tiro fuori il coltello dallo zaino e inizio a segare avanti e indietro il legno; è duro, ci metterò molto tempo.

Frank silenziosamente mi raggiunge, e mi dice di levare la lama dal solco creatosi: mi toglie dalle mani il coltello e infila la punta nella profonda v che ho provocato, facendo leva.

In poco tempo il ramo cade a terra e l’alveare esplode, facendo fuoriuscire centinaia di vespe incazzate che prendono ad inseguire i tributi che si erano accampati qua sotto.

La loro corsa verso la salvezza è accompagnata da decine di urla spaventose (e spaventate), ma a quanto pare non tutti riescono a scappare: Jared è stato preso in pieno dall’alveare e, dopo aver emesso svariate grida e gemiti di dolore, ora giace tra le foglie con il corpo completamente tumefatto. Così impara a tentare di farmi fuori. Non si libereranno di me tanto facilmente.

Nello scendere dall’albero però io e Frank non siamo scampati alla furia di quegli insetti, e adesso abbiamo diversi pungiglioni conficcati nella carne, che presto dovremo togliere se non vogliamo che il veleno entri nel nostro organismo.

Non appena mi avvicino all’ormai cadavere di Jared sento uno sparo a conferma della sua morte; tiene ancora stretto tra le dita l’arco, quindi penso bene di prenderlo insieme alla faretra che porta ancora sulla schiena con dentro ancora qualche freccia.

Le ferite provocate dai pungiglioni prudono da morire, ma Frank mi fa segno di non grattarmi.

-Restiamo qui o proseguiamo?- proprio mentre lo domando, sento un gran trambusto alle mie spalle.

-Scappate!- Michael sta correndo verso di noi.

-Billie, scappa!!- mi dà uno spintone per spronarmi ad andarmene, e solo in quel momento capisco il perché: Synyster e Dominic, i due del Distretto 2, compaiono pochi metri più in dietro brandendo due coltelli e con tutta l’intenzione di vendicarsi.

Prendo Frank per il polso e lo trascino via con me; quando mi giro un’ultima volta per capire cosa sta succedendo, vedo Michael a terra inerme, e gli altri due che lo fissano dall’alto con i pugnali sporchi di sangue. Spaventato continuo a correre senza più voltarmi.

Tempo un minuto, e si sente uno sparo: con le lacrime che minacciano di uscire, scappo via quanto più velocemente le mie gambe me lo permettono da quel posto e dal mio cuore vagabondo che ha preferito restare là, insieme al corpo del ragazzo che ha dato la vita per salvarmi.






ALT!! So che mi volete uccidere, ma vi prego, non fatelo! Sennò non potrete scoprire come andrà a finire...
E poi non avreste mai il coraggio di stroncare una giovane piena di sogni e ambizioni come me, no?? *fa occhioni dolci*
Eheheh, comunque ^-^" questo è quanto. Non sono molto contenta di questo capitolo, ma ho preferito non rifarlo da capo perchè avrei rischiato di stravolgere le cose o farlo peggio ^-^""
Beh non ho altro da aggiungere :3 se non che il titolo del capitolo questa volta ha un minimo di senso! :D Nel caso non lo sappiate, è preso da Stray Heart dei nostri tre nani verdi :3 non amo molto quella canzone (da quando la trasmettono 39493034 volte al giorno su un qualsiasi canale musicale inizio ad odiarla anche) ma è stata la prima che mi è venuta in mente mentre scrivevo le ultime righe, quindi ok :3
Ora me ne vado, ci vediamo alle recensioni per insulti/minacce di morte/maledizioni sulla mia anima :D
Adios! 

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Capitolo 7
*** It ain't the money and it sure as hell ain't just for the fame: it's for the bodies I claim and lose ***


7- It ain't the money and it sure as hell ain't just for the fame: it's for the bodies I claim and lose

Billie's P.O.V.

Ci fermiamo a riprendere fiato poco distanti dal fiume; le mie gambe cedono e nel giro di qualche secondo mi ritrovo inginocchiato a terra in preda ad un pianto disperato: non può essere morto cazzo, non può essere vero! Sono sotto shock, era lì che mi urlava di scappare, e cinque secondi dopo era steso tra le foglie a perdere sangue. No, non doveva succedere!

 Non so, mi ero affezionato troppo a Michael, gli volevo bene, io… lo amavo. No, lo amo ancora. È duro da ammettere ma è la verità. Anche se senza rendermene conto, mi ero innamorato. Ma ho sbagliato, ho sbagliato eccome. Ora lui non c’è più, e io non posso far altro che piangere disperato.

Non c’è più.Non c’è più.

È una litania che si ripete nella mia testa. Cerco di farmene una ragione ma non ci riesco.

Continuo a singhiozzare e a farfugliare cose senza senso; sì, perché non hanno un senso neanche per me: sono una sorta di lamenti sconclusionati, un modo per liberarmi di questo dolore.

Frank si avvicina a me, mi toglie le mani da davanti gli occhi e mi abbraccia stretto.

-Non piangere…- mi accarezza gentilmente con una mano la schiena e con l’altra i capelli, parlando da sopra la mia spalla -piangere non risolverà di sicuro le cose…-
-Perché?? Perché??!- devo risultare davvero patetico, sono qui a piangere sulla spalla di un ragazzino per uno che quasi non conoscevo, mi faccio schifo da solo.

-Le cose nell’arena vanno così, se vuoi vincere prima o poi sarebbe dovuto… morire…- mi aggrappo con tutte le mie forze alla sua schiena; mi sto soffocando con i miei stessi singhiozzi, so benissimo che Frank mi sente, eppure non ho il coraggio di farmi vedere in faccia, non voglio che osservi le mie lacrime cadere inesorabili lungo le mie guance, non voglio che mi veda e capisca che effettivamente sono un debole.

-Ssh, dai, non puoi rimanere qui per sempre… se ci trovano siamo finiti- nonostante tutto, ha ragione… mi alzo di scatto e mi dirigo verso il fiume per sciacquarmi il volto: per nessun motivo mi volterò a guardarlo, non mi vedrà in questo stato, con il viso arrossato e gli occhi gonfi.

-D-dobbiamo cercare qualcosa da mettere sotto i denti, non possiamo vivere d’aria- Frank annuisce piano, forse insicuro a proposito del mio stato d’animo, ma senza dargli la possibilità di dire alcunché, raccolgo l’arco che avevo sbattuto a terra poco prima e mi allontano.

-Non far finta di essere quello forte e dal cuore di pietra, hai pianto come un bambino fino a due minuti fa- mi sputa acido, e io sento la rabbia montarmi dentro; qualche passo e sono di fronte a lui, e visto che ci sono lo spingo verso il tronco dell’albero più vicino non lasciandogli via di fuga. Strano come in così poco tempo sia passato dal disperato all’incazzoso.

-Non parlarmi in questo modo. Sai, io ora sono qui, mi sto alleando con te, ci stiamo dando fiducia reciproca, ragazzino. Ma non puoi mai dire di essere al sicuro, neanche con me. Fammi girare i coglioni un’altra volta e ti spezzo l’osso del collo- credo che con questo mio piccolo “rimprovero” sia riuscito a trasmettere l’effetto che volevo: trema, povero. No, di sicuro mi dispiace di avergli detto queste cose, ma mi ha fatto infuriare. Meglio che impari subito, perché io non mi so controllare. Se mi fa incazzare di nuovo, potrei impalarlo ad un albero e pace all’anima sua. Fine.

La sera arriva velocemente, e come è successo ieri accendo un fuoco e mantengo la fiamma bassa; cuocio i due scoiattoli che siamo riusciti a cacciare oggi io e Frank e mi siedo a terra vicino a lui a gustarmi la cena.

-Ehi, scusami per oggi, io… non ero in me- ammetto in un momento di totale silenzio.

-Non ti preoccupare, capita a tutti di avere dei momenti no- mi rassicura invece lui mentre è tutto concentrato sul corpicino dell’animale che ha tra le mani, sventrandolo e rosicchiando le ossa una volta che la poca carne è finita.

-Piuttosto…- si blocca, osserva pensieroso il cranio dello scoiattolo che ha brutalmente staccato, e ridacchia. Poi però ci ripensa, e si fa tutto cupo.
-Ma è-era vero… cioè, quello che c’era tra di voi…?- lo osservo per un po’, senza però vederlo davvero; sono assente, sto pensando ad altro. Era vero. Già, lui non c’è più.

-Umphf… non so. Forse sì. Ma ora non ho voglia di parlarne…- abbasso il tono di voce, e mi fisso gli stivali. Lui capisce e torna a torturare la carcassa del roditore.
-Sai… oggi mentre ero per i boschi ho notato una cosa interessante. Pare che Synyster e gli altri abbiano raggruppato tutte le loro provviste non molto lontano dalla Cornucopia. Solo che sono circondate da una rete di esplosivo… se metti male i piedi fai saltare in aria tutto- si volta con tutto il corpo verso di me, per mettermi  al corrente della sua scoperta. Bene, potremmo…

-Ah sì? Allettante. Sarebbe divertente far esplodere tutta quella roba- scoppiamo entrambi a ridere, ma siamo costretti a smettere quando iniziano a mandare in cielo i volti dei caduti. No. Non voglio avere la conferma una volta per tutte. Preferisco…

Si vedono il tributo dell’1, quello morto per le punture, quella del 4 che era nel gruppo che ho incontrato questa mattina, uno dell’8 e… basta. C-cosa?? Questo significa che…

Un urlo strozzato esce involontariamente dalla mia gola. Frank prende subito a fissarmi preoccupato, ma io gli faccio segno che è tutto ok. Non ci posso credere. Come ha fatto?? A che genere di dio si è appellato per venir risparmiato?? Si è tipo smaterializzato poco prima che il pugnale di uno dei due lo colpisse al cuore?? Come cazzo è potuto succedere??

Ma non importa. È vivo. È vivo!! Ma… ugh, le cose non cambiano molto lo stesso. Lo dovrò comunque uccidere. Già, a meno che… beh, non decida di far tornare lui a casa. Se è questo che voglio lo devo trovare il più presto possibile. Forse è ferito, forse… non.lo.so. Pensare in questa maniera sconclusionata non mi porterà da nessuna parte.

-Billie! Visto? È ancora vivo!-

-Già…- abbraccio Frank, finalmente tranquillo -e che ne dici se ora proviamo a dormire? Ne ho bisogno, la notte scorsa non ho chiuso occhio…- annuisce convinto, e mi dà una mano a portare la nostra roba su di un albero al sicuro. Come sempre, ci sistemiamo su un ramo, questa notte con un piccolo cambiamento: Frank ha un sacco a pelo, quindi ci stringiamo un po’ dentro a questo e cerchiamo di dormire.

Frank pare non abbia problemi a prendere sonno, poiché si addormenta dopo qualche minuto abbracciato a me, mentre gli carezzo i capelli; sto sviluppando un certo attaccamento per questo ragazzo, forse perché è l’unico che riesce in qualche modo a riportarmi con i piedi per terra in questo momento, a non farmi impazzire. E poi, la sua incredibile somiglia con Zacky mi fa sentire in dovere di proteggerlo.

Lentamente, sento le palpebre farsi pesanti e finalmente riesco anch’io a godermi qualche ora di riposo.

Il mattino dopo siamo decisi: abbiamo escogitato un piano per far esplodere tutte le provviste degli altri. Frank li attirerà con del fumo, così io potrò agire indisturbato; farò saltare in aria tutto, non so ancora come ma troverò un modo.

-Quindi, ora tu dai fuoco alle cataste di legna che abbiamo preparato. Io vado- poco prima di potermi girare e correre via, Frank mi blocca in un abbraccio quasi disperato; lo stringo a me e con entrambe le mani gli faccio sollevare il viso -Ehi. Ci rivediamo tra qualche ora. Vicino al fiume. Ok?- annuisce, ma non sembra tanto convinto.

Mi allontano e trovo finalmente la montagnola con tutte le provviste; tempo qualche secondo e i tributi, che fino a poco prima stavano chiacchierando come se niente fosse, si accorgono del fumo proveniente dalla foresta e corrono verso quella direzione. Lasciano a guardia un tipo mingherlino di non so che Distretto.

Faccio mente locale e mi guardo attorno, alla ricerca di un qualsiasi oggetto in grado di distrarre il ragazzo; mentre penso, vedo qualcuno passare senza problemi tra l’esplosivo nascosto sottoterra, pare abbia studiato per bene la sua posizione, raccogliere uno zaino e scappare via. Credo fosse Mikey.

Comunque, il ragazzo che controllava le provviste lo nota e parte al suo inseguimento; che idiota.

Io ne approfitto e provo a lanciare un sasso, ma pare che la pressione esercitata da questo non sia sufficiente. Guardo in giro e trovo appeso sopra tutte le casse e gli zaini un sacco con dentro delle mele; afferro l’arco e una freccia e miro ad esso. Dopo due tentativi le mele finalmente cadono, e non appena atterrano sull’erba fanno scattare le mine, facendo saltare in aria tutta l’area.

Anch’io vengo sbalzato all’indietro, e rimango per un attimo stordito. Non sento più nulla, solo un leggero fruscio che mi avverte del ritorno dei tributi.

Vedo sfocato, non capisco cosa stia succedendo, riesco appena ad alzarmi in piedi e scappare; faccio giusto in tempo a vedere uno dei ragazzi rompere il collo a quello che credo sia stato il tipo di guardia.

Incespicando, proseguo e ritrovo la strada per il fiume, e lentamente riprendo possesso di tutti i miei sensi; vista, tatto, olfatto… l’udito solo in parte, non sento più nulla dall’orecchio sinistro. Piano anche la salivazione torna ad un livello normale e proprio quando sono tornato quasi pienamente in me sento delle grida d’aiuto.
No, non normali grida, questo è Frank. Urla il mio nome e chiede disperatamente aiuto. Cosa gli è successo non lo so, ma non ho tempo per pensare: per quel poco che capisco, inizio a correre nella direzione da cui provengono le urla.

-Frank!- è caduto in una trappola, è sotto una rete e non riesce a liberarsi. Mi avvicino ed estraggo il coltello, iniziando a rompere la corda.

Lo libero e lui mi abbraccia tremante, ma lo allontano subito, o almeno poco prima che una freccia colpisca uno di noi due.

Un tributo è a pochi metri da noi, con un arco in mano e tutta l’intenzione di ucciderci. Mi alzo in piedi e brandisco l’arco pure io, schivando per un soffio l’ennesima freccia e prendendo finalmente la mira su quel ragazzo. Non avrei voluto, ma preso dalla foga lo trafiggo, e lui si riversa a terra senza vita.

Un mugolio alle mie spalle, però, attira la mia attenzione: mi volto tremante d’adrenalina e… oddio.

Frank mi fissa con gli occhi lucidi e la bocca socchiusa, per poi perdere le forze e cadere in avanti; lo prendo al volo e lo sorreggo, posandolo delicatamente a terra.

-F-Frank…- lui poggia delicate le mani sullo stomaco, nel punto in cui la freccia poco prima da me schivata lo ha colpito, come a rendersi conto del fatto che, sì, è tutto vero. Tutto orribilmente vero.

Mi inginocchio e prendo il suo capo in grembo, cercando di farlo calmare e accarezzandogli i capelli come avevo fatto la notte precedente. Lo fisso negli occhi arrossati dalle lacrime e asciugo con un pollice tutte quelle che sgorgano dai suoi occhi ormai opachi, dai quali la vita sta fuggendo lentamente.

-È tutto ok, non ti preoccupare…- il tremolare della mia voce tradisce le mie stesse parole, sottintendendo cose che non avrei voluto. È ovvio che non è tutto ok, che ,Frank, stai perdendo troppo sangue e che dolorosamente stai morendo. È crudele tutto ciò, io che mi ero così affezionato a te non ho neanche più parole.

-N-no…- gli intimo dolcemente di fare silenzio, e per quel poco che riesco lo stringo a me, nascondendo il viso e iniziando a versare lacrime amare.

Voglio uscire di qui, voglio andarmene e tornare alla vita di tutti i giorni, svegliarmi da questo orribile incubo e far finta che nulla sia accaduto, dimenticare.

-B-Billie… promettimi che sarai tu a vincere- annuisco convinto e stringo le palpebre fino a farmi male. Perché devo essere così sensibile? Perché devo affezionarmi così velocemente alle persone? So che poi, in un modo o nell’altro, volontariamente o non, mi faranno soffrire. E allora perché continuo a riporre fiducia nel prossimo? Sono un idiota, un completo idiota.

-Te lo prometto, Frank, vincerò per te- mentre pronuncio quelle parole sento il suo respiro farsi sempre più debole e lento, fino a scomparire quasi del tutto. Faccio incontrare i nostri occhi per un’ultima volta, poco prima che serri le palpebre per il riposo eterno.

È finita. La corsa di Frank termina qui. 










*Si asciuga una lacrimuccia* ciao a tutti! Aaaallora... sì, ho fatto morire Frank. Ma se non ora più avanti sarebbe dovuto succedere lo stesso, quindi... non uccidetemi.
Ma, notiziona!! Michael è ancora vivo e vegeto e vaga sperduto per l'arena :3 staremo a vedere cosa succederà poi :3
Ora, sono sincera se dico che questo capitolo non mi piace affatto. Credo sia un po' troppo veloce, e credo di non essere riuscita a... ricreare ciò che avevo in mente. So, scusatemi se fa tanto schifo.
Comunque, non penso di avere altro da dire... AH!! Come al solito, piccolo angolo-titolo. Questa volta è preso da I Never Told You What I Do For A Living dei My Chemical Romance :3 non so, non c'entra (quasi) un cazzo con il capitolo, ma AMO quella canzone. E come al solito vi metto il link per ascoltarla perchè trovo sia davvero bellissima -> http://www.youtube.com/watch?v=QnsFN-lX6Aw 
Alla prossima amigos (??)! :D
Bye!

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Capitolo 8
*** I finally figured out myself for the first time ***


 

8- I finally figured out myself for the first time

Billie's P.O.V.

Non so dove abbia trovato la forza di abbandonare lì il corpo senza vita di Frank e proseguire per la mia strada. Credo di essere rimasto abbracciato a lui per qualcosa come un quarto d’ora, continuando a piangere silenziosamente.

È impossibile, impensabile per me. Come sono riuscito ad affezionarmi così tanto a lui in pochi giorni? E, tra l’altro, ora? Con Frank affianco avevo la possibilità di stare con un altro essere umano qui nell’arena, scollegare il cervello anche solo per pochi secondi e confidarmi con qualcuno che mi capiva.

Credo ne uscirò pazzo da quest’esperienza. Ho paura di tornare a casa (sempre che riuscirò ad andarmene di qua) e rendermi conto di non essere più quello di prima. Ho paura… ho paura di tutto.

Se uscirò dall’arena vivo, come mi accoglieranno la mia famiglia, i miei amici? E se ne uscissi così sconvolto e emotivamente distrutto da finire per suicidarmi? Tutti gli sforzi che ora sto facendo non sarebbero resi vani?

Oddio, sono terrorizzato. Non riesco a muovermi, i miei pensieri si accavallano e mi tengono bloccato sotto le fronde di questo albero, rannicchiato con le ginocchia strette al petto e un’espressione persa in volto.

Salto dallo spavento quando sento una voce rimbombare nell’aria; dev’essere un annuncio o qualcosa del genere, devo trovare la forza di concentrarmi su ciò che sta venendo pronunciato.

-A tutti i tributi: c’è stato un piccolo cambiamento nel regolamento. Da ora, i vincitori potranno essere due e non più uno, a patto che provengano entrambi dallo stesso Distretto-

Ho assimilato ogni singola parola, ma ancora fatico a capire il vero significato della frase.

Regolamento. Il regolamento è stato cambiato! Due, due vincitori… stesso Distretto?

-Michael!- devo trovarlo.

Faccio appello a tutte le mie forze e mi alzo da terra, destinazione: fiume.

Perché proprio lì? Per il semplice motivo che ogni persona con un minimo di buon senso si tiene vicino ad una fonte d’acqua, senza allontanarsi troppo. Poi in più, credo proprio che Michael sia ferito; ricordo quando l’ho visto, ieri, e ricordo anche molto bene il liquido scarlatto di cui erano bagnati i pugnali di Synyster e Dominic: ok tutto, ma se non suo, di chi era quel sangue? Quindi, non penso sia riuscito ad andare molto lontano.

Una volta arrivato, sto all’erta e mi guardo in giro, poiché, per prima cosa, Michael potrebbe essere nascosto ovunque, e poi perché potrebbero anche esserci altri tributi nei paraggi.

Dopo un po’ che esploro la zona, sento chiamarmi; la prima reazione è quella di abbassarmi e coprirmi la testa, ma poi mi rendo conto di quello che ho fatto e mi do mentalmente dello stupido: uno che sta per uccidermi mi chiamerebbe per nome? Non credo proprio.

Ancora una volta sento quella voce provenire dall’alto, e alzo lo sguardo: appollaiato su un ramo c’è Michael. Lo fisso sbalordito, di cosa non so poi, e resto di pietra per qualche minuto.

Nel frattempo lui, con un po’ di fatica, scende dalla sua postazione e mi viene in contro zoppicando, e fermandosi di fronte a me serio, senza sapere che fare.
La mia maschera di serietà cade, e qualche secondo dopo mi ritrovo a stringerlo tra le braccia, sollevato dal fatto di averlo ritrovato.

-Ieri pensavo fossi morto- gli confesso, le parole ovattate dal tessuto della giacca che indossa.

-Per qualche secondo l’ho pensato pure io- risponde tranquillo, abbracciandomi a sua volta e poggiando il mento sui miei capelli corvini.

-Come hai fatto a liberarti di quei due?-

-La ragazza del 4, del gruppo in cui ero ieri, mi ha coperto le spalle attirando Synyster e Dominic verso di lei. Purtroppo però non è riuscita a scappare, e quei due si sono vendicati-  spiega, fissandomi negli occhi.

-L’hanno uccisa?-

-Sì- annuisce.

Con molta fatica affermo che ho avuto una paura fottuta di perderlo, e lui pare rimanere piacevolmente sorpreso di ciò.

Resto qualche secondo ad osservarlo in imbarazzo: in quel momento mi ricordo di un piccolo particolare, e faccio scivolare il mio sguardo lungo la sua gamba destra.

-Oddio!- indico la macchia di sangue raggrumato sui suoi pantaloni, poco sopra il ginocchio.

-Oh sì, ehm… non è che ne sono uscito proprio illeso dallo scontro con Synyster e Dominic…-

-Ouh… ma ti fa tanto male?- mi avvicino per constatare da me la gravità dei danni; scosto leggermente il pezzo di tessuto strappato, e mi ritrovo di fronte ad una ferita abbastanza profonda ma soprattutto non ancora cicatrizzata. Se dovesse sbattere la gamba contro qualcosa, o se facesse movimenti troppo bruschi il taglio si riaprirebbe e il sangue scorrerebbe a fiotti. Il solo pensiero mi fa rabbrividire.

Sento Michael sibilare tra i denti quando poggio due dita poco sopra, dove vedo che la pelle è ancora rosea e non macchiata di liquido scarlatto o un po’più scura.

-Ok, ti fa male- cercando di capire come abbia fatto a scendere dall’albero, gli faccio segno di mettermi un braccio intorno alle spalle, così da potersi sorreggere mentre troviamo un posto al riparo.

Durante il tragitto nessuno dei due fiata, finché non troviamo, nascosta da alcuni cespugli, una sorta di grotta, quasi una specie di tettoia fatta in pietra, ma al sicuro da possibili attacchi di altri tributi.

Ci facciamo strada tra la vegetazione e entriamo, scoprendola profonda circa tre metri e larga poco più; non molto, ma a noi basta.

-Ora tu te ne stai qui mentre io vado a caccia- faccio sedere Michael sul fondo della grotta, con la schiena appoggiata contro la pietra umidiccia; però, poco prima che possa rimettermi in posizione eretta, mi blocca tenendomi per un polso e facendomi ricadere in ginocchio.

-No, non te ne vai la fuori da solo-

-Non ti preoccupare, torno subito- tento di alzarmi una seconda volta, ma di nuovo Michael mi tiene ancorato a terra con la sua stretta.

-Non è detto, e se non torni? Se ti trova uno dei tributi??- sbotta agitato, ma io gli dico di calmarsi, perché prima o poi dovremo mangiare, non possiamo non uscire più di qui solo per il rischio che ci scoprano gli altri.

Alla fine cede, e io torno fuori alla luce del sole.

Faccio solo qualche passo però, perché un  tintinnio mi coglie di sorpresa.

Mike’s P.O.V.

Ho lasciato andare Billie, ma ho paura. E se, proprio ora che l’ho ritrovato, dovessi perderlo? Prima di tutto non mi darei pace, e poi morirei di sicuro anch’io, nelle condizioni in cui mi trovo.

Però forse dovrei smetterla e fidarmi di lui. Dopotutto, lui è cresciuto in mezzo alla foresta, io invece nel retrobottega di un panettiere: di sicuro sa come cavarsela.

Vedo Billie tornare, neanche dopo due minuti da quando è uscito, con in mano un pacchettino.

Lo fisso perplesso mentre inizia ad aprirlo: all’interno una pagnotta e un biglietto. Solo tre parole su di esso: “Dal Distretto 11”.

Non capisco, perché mai il Distretto 11 dovrebbe mandarci un dono? Cosa abbiamo fatto di così speciale?

Rivolgo lo sguardo alla ricerca degli occhi smeraldo del mio compagno, i quali vedo tristi; un sorrisino malinconico spunta sulle sue labbra, per poi riprendersi e spezzare quella pagnottina dandone una metà a me.

- È ancora caldo, mangia- dice dolcemente. In silenzio, ci rifocilliamo un poco con quel pezzo di pane; è buono, il suo profumo mi riporta a quando ero bambino e passavo le giornate a osservare mio padre impastare e mettere a cuocere decine e decine di prodotti da forno, tentando di assimilare ogni suo singolo movimento per imparare i trucchi del mestiere.

Bei tempi quelli. Ora invece sono qui, a rischiare la vita per divertire quei bifolchi di Capitol City.

Restiamo ancora un bel po’ così, seduti uno accanto all’altro persi nei nostri pensieri, finché non sentiamo le trombe che precedono le foto dei caduti suonare.

Chiedo a Billie se mi può dare una mano ad alzarmi per andare a vedere, ma lui mi dice che, onestamente, non ha voglia di sapere.

-Oggi tre sono morti. Secondo i miei calcoli siamo rimasti in sei, io, te, Synyster, Dominic, Mikey e… in realtà non so chi sia il sesto-

-Il sesto è il tributo dell’11. Oggi, poco dopo l’annuncio, l’ho visto passare vicino al fiume- Billie risponde con un “ok” sussurrato -ma… curiosità, chi è Mikey?-

-Uhm… il tributo del 5, è…-

-È…?- lo sprono a proseguire.

- È il fratello di Gerard- cosa? Come… come è possibile? Piano la mia mente collega tutto: sì, ha un senso. Però dovremo ucciderlo molto probabilmente.

Non chiedo altro, e da tacito accordo ci sdraiamo per tentare di prendere sonno; Billie però si rialza subito e raggiunge uno dei due zaini che aveva appresso, e ne tira fuori un sacco a pelo.

La tensione e l’imbarazzo salgono quando mi rendo conto che dovremo dormire appiccicati lì dentro; è sì abbastanza spazioso, ma comunque non adatto per due persone.

Vorrei declinare l’offerta di stare al coperto, ma purtroppo le temperature qui in questa grotta, per via dell’umidità, sono piuttosto basse, e io non ho nulla con cui scaldarmi.

Lo apre e mi fa cenno di sdraiarmi; faccio come mi chiede e subito dopo si mette vicino a me, volgendomi le spalle e chiudendo la cerniera del sacco a pelo.
Si agita un po’ per sistemarsi e, fortuna che non mi vede, credo di essere arrossito terribilmente.

Non riesco a respirare così costretto dentro questo tessuto e con la schiena di Billie che aderisce completamente al mio petto: spero vivamente non si sia accorto del mio cuore che balla la samba nella cassa toracica, altrimenti avrei un motivo in più per vergognarmi.

Tossicchio che tentare di alleggerire la situazione e Billie volta leggermente il capo per darmi la buonanotte: a vederlo a così pochi centimetri di distanza dal mio viso manca poco che svengo.

Ma è normale che sia così? Mi sento terribilmente stupido e imbarazzato.

Si prospetta una notte lunga questa. 










Uhm, in questo capitolo non è successo nulla di particolare, lo so. Prendetelo come una sorta di capitolo di passaggio.
Billie: non dire cazzate, stai solo cercando una scusante alla tua mancata fantasia u.u
Me: zitto tu è.é
Comunque u.u il nostro Michelo è tutto imbarazzato a stare con Billie :3
Mike: dopo tutto quello che ho passato non mi dai neanche una ricompensa? Un piccolo bacio a Billie, non chiedo di più!
Me: c'è tempo e luogo per ogni cosa, ma non ora u.u
Mike: grazie mille prof. Oak ._.
E niente u.u
Ah! Angolo- titolo, come al solito u.u
Questa volta il titolo è preso da Coming Clean dei Green Day, altra canzone che adoro :3 è questa -> http://www.youtube.com/watch?v=hg97ZJDOGSg 
E basta, la smetto di scassare e me ne vado :3 prima però ringrazio tutti quelli che leggono e recensiscono, con i vostri complimenti mi date motivi in più per andare avanti a scrivere :3
Eh vabbè, alla prossima allora! :D

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Capitolo 9
*** I fell for you ***


9- I fell for you
 

Billie’s P.O.V.

Ammetto di non aver quasi chiuso occhio con la costante presenza di Michael alle spalle. Mi sentivo al sicuro, ma al tempo stesso messo sotto esame, come se lui fosse in grado di leggermi nel pensiero. Solo, diverse ore dopo, quando ho sentito il suo respiro farsi pesante, mi sono deciso a rilassarmi e cercare di dormire.

Credo che anche lui si sia sentito in soggezione a passare la notte così attaccato a me; diciamo più che altro che lo spero, perché sennò posso considerarmi un caso perso. Ormai sono consapevole di essere andato, che sono completamente cotto di Michael, e sono anche quasi riuscito a farmene una ragione. So anche che lui ricambia, e la cosa mi spaventa leggermente.

Insomma, l’ho aggredito-pardon, quasi ucciso quando s’è dichiarato di fronte alle telecamere facendogli capire chiaro e tondo che lui non mi interessava, e ora di colpo cambio idea. Se lo venisse a sapere, come prima reazione credo mi riderebbe in faccia, poi magari urlerebbe di gioia e infine mi stuprerebbe lì sul posto per farmela pagare. No ok, sono sempre il solito esagerato.

Fatto sta che ora è mattina e non so se Michael è già sveglio, e nel caso in cui lo fosse non so che fare.

Fa niente, meglio fingere indifferenza verso il prossimo (come mio solito, dunque) e aprire questo fottuto sacco a pelo che non mi dà la possibilità neanche di muovere le dita.

Beh, diciamo però che la colpa non è del sacco a pelo poco capiente, bensì di Michael che ha fatto in modo che lo spazio risultasse più piccolo ingombrandolo con il suo corpo; però c’è anche da dire che, in un certo senso, non mi ha dato poi così fastidio…

Non appena riesco a districarmi ed uscire di lì, già mi manca la sensazione di calore che il ragazzo del pane mi dava.

Ehi, era da un po’ che non lo chiamavo più in questo modo. Oh beh, in questo momento non mi importa.

Mi alzo e mi volto, incontrando all’istante due bellissimi occhi cobalto che mi osservano divertiti.

-Pensavo volessi poltrire tutto il giorno- dice portandosi a sedere e sollevando le sopracciglia in un’espressione sorpresa.

-Ah ah ah, come sei spiritoso, Michael- rispondo invece io. Mi fa segno di avvicinarmi, visto che  fa fatica ad alzarsi. Mi inginocchio affianco a lui e corruccio le labbra.

-Non era una battuta- mi dice in un misto tra il serio e l’offeso -e comunque non chiamarmi Michael, non mi piace. Chiamami piuttosto Mike-

Indugio qualche secondo sulla risposta, ma poi affermo: -Ok… Mike-

Per qualche minuto il silenzio è sovrano nella grotta, e i nostri sguardi volteggiano lungo le pareti di pietra pur di non incontrarsi: in questo momento, ad esempio, trovo molto interessante il percorso che sta seguendo il piccolo ragnetto qua affianco a me.

-Forse… forse è il caso che esca a caccia, ieri non-non sono andato alla fine…- sussurro indietreggiando lentamente sulle ginocchia.

Mike (che strano chiamarlo così) annuisce e tiene gli occhi puntati su di me finché non scompaio oltre i cespugli; lo sento, sento il suo sguardo pesarmi addosso: credo mi stia fissando il fondoschiena. Oh beh, se gli piace, fissi quel che gli pare.

 Mi aggiro per i boschi per quella che credo sia un’oretta, trovando qua e là qualche bacca o radice commestibile e un uccello che non riesco a classificare, ma abbastanza grosso e grassoccio, e non sembra uno dei classici scherzi geneticamente modificati di Capitol City. Poi sono costretto a rientrare perché l’area pare un po’ troppo movimentata: c’è di sicuro un tributo qui nei paraggi a giudicare da ciò che ho sentito, ma non ho visto chi fosse. O magari era solo suggestione e in realtà non c’è nessuno. In ogni caso, per non rischiare, torno indietro alla grotta.

-Ciao… tutto bene in mia assenza?- vedo che Mike non si è mosso di un millimetro da dov’era, che giocherella con un coltello; faccio una smorfia disgustata alla vista del pugnale: la sete di sangue pare essere dipinta anche sul volto d’angelo di questo ragazzo.

-Sì!- esclama contento, forse di vedermi -mi sono sentito tanto solo senza di te…- conclude malizioso.

Scuoto la testa camminando e eliminando velocemente i metri che ci dividono, sedendomi di fianco a lui e mostrandogli ciò che ho trovato. Metto da parte quella specie di piccione che ho ucciso e gli porgo il resto.

Facciamo un piccolo spuntino, una sorta di… beh, colazione.

-Cosa facciamo ora? Proseguiamo o stiamo ancora un po’ qua?- bella domanda. Non so onestamente, anche perché non credo sia sicuro per lui andare in giro in queste condizioni, avrebbe bisogno, prima, di far guarire la ferita… ci sarebbe bisogno di un cicatrizzante o cose del genere.

Mentre io sono perso nei miei pensieri lui continua a fissarmi speranzoso: non vuole essere un peso per me, ecco perché vorrebbe seguirmi fuori di qui. Ma io non gli permetterò di muoversi.

Punto lo sguardo su di lui, e in quel preciso istante prende vita un temporale molto forte, nato così dal nulla; probabilmente i grandi di Capitol City si stavano annoiando.

Serro le palpebre al rombo di un fulmine, e di colpo vengo scosso da un brivido: la temperatura pare essere scesa, inizia a far freddo e io tremo.

Mike allunga le braccia verso di me e mi afferra per le spalle, avvolgendomi e stringendomi a sé nel tentativo di trasmettermi un po’ del suo calore, e devo dire che ci sta riuscendo benissimo.

Sorrido senza farmi vedere e dico: -Senti, in ogni caso finché non si esaurisce il temporale non possiamo andare molto lontano… poi ci penseremo-

Poi ci penseremo. Quelle tre parole, uscite senza problemi dalla mia bocca, continuano a rimbalzarmi nel cervello, perché io sto pensando davvero ad una soluzione. Se non ne trovo una subito, Mike vorrà venire a tutti i costi con me la prossima volta che dovrò andare a caccia, o se dovrò uscire per un qualsiasi motivo.

Come ho già detto, c’è bisogno di un cicatrizzante o una pomata che faccia guarire la sua ferita.

La consapevolezza del fatto che l’unico modo per averla sia attraverso un dono mi colpisce come una secchiata d’acqua gelida. Con tutto il secchio al seguito.

La gente che guarda gli Hunger Games vuole spettacolo, intrattenimento, e io so come darglielo. Non so però come mettere in atto la cosa.

Mi sistemo meglio nel suo caldo abbraccio, così confortante e protettivo. Sto bene tra le sue braccia, con il volto schiacciato contro il suo petto e un sorriso ebete stampato in viso, che non se ne va neanche a volerlo.

-Un po’ meno freddo, principessina?-

-Mi sfotti, Pritchard?- ridacchio, trovando finalmente una soluzione.

Mi libero dalla sua stretta e gli poso le mani ai lati del collo, dandomi l’appoggio per sistemarmi a cavalcioni su di lui.

Mike spalanca gli occhi imbarazzato, non capendo dove voglia arrivare con ciò. Piego verso l’alto un angolo della bocca, e gli sfioro quasi impercettibilmente una guancia con i polpastrelli, avvicinandomi nel frattempo col viso con una lentezza estenuante.

Le sue gote cambiano improvvisamente colore velandosi di una leggera tonalità rosata e il suo cuore prende a battere ad una velocità assurda, proprio com’era successo ieri sera. Con le dita traccio dei piccoli cerchietti sullo zigomo destro, mentre i miei occhi si piantano sull’altra mano, scesa sulla nuca per carezzarla dolcemente.

La smetto con questi inutili convenevoli e dallo zigomo salgo fino ai capelli, che afferro e tiro leggermente.

-Non si sfotte Billie Joe Armstrong… potresti pentirtene sai…?- mi piego ancor di più in avanti, andando a premere le labbra all’angolo della sua bocca e facendo aderire completamente i nostri corpi; Mike sobbalza e trattiene il fiato al contatto, ma si fa coraggio a lascia cadere morbide le mani sui miei fianchi.

Tempo pochi secondi e non resisto più neanch’io, e con la lingua vado a lambire il suo labbro inferiore: un brivido mi percorre tutta la schiena quando finalmente gli do il tanto agognato bacio. Faccio incontrare le nostre bocche con timore, tradendo così tutta l’audacia dimostrata fino a poco fa.

Lo avvicino ancora a me, premendo le mani sul retro della sua testa e portandolo di conseguenze a socchiudere le labbra; ne approfitto e infilo in mezzo la lingua facendomi largo all’interno di quella cavità umidiccia. In quel preciso istante Mike stringe tra le dita i miei fianchi, e io, preso alla sprovvista, libero gran parte dell’aria che ho nei polmoni attraverso il naso in una sottospecie di sospiro.

Mi sento strano, credo di non aver mai provato emozioni del genere; sto andando a fuoco, ho una gran voglia di liberarmi dell’impiccio della giacca e finalmente respirare, ma evito, perché non ho davvero voglia di staccarmi da Mike e mettere fine a questo momento.

Il suo gusto suona come una novità per le mie papille gustative, una novità assai gradita e attesa. Assaporo il suo palato dolce ma al contempo così stuzzicante, tanto da volerne sempre di più, e faccio scivolare la lingua sotto la sua, accarezzandola e vezzeggiandola in tutti i modi possibili.

Anche lui non è da meno, e continua a far volteggiare quel muscolo bagnato dentro la mia bocca e a solleticarmi l’interno di essa.

L’ossigeno però comincia a scarseggiare e, quasi come d’accordo, ci stacchiamo con uno schiocco e prendiamo a fissarci intensamente negli occhi, affannando.

Un lampo attraversa le iridi turchesi di Mike, che abbassa lo sguardo e torna a baciarmi; mi morde il labbro inferiore e con le labbra traccia una scia umida fino al mio collo, che prende a leccare e a pizzicare con i denti; non si spinge tanto oltre, ma devo dire che l’atmosfera si sta scaldando un po’ troppo: non era ciò quello che volevo, il bacio era più che sufficiente.

Faccio scorrere i palmi lungo le sue braccia muscolose, e li faccio posare sulle sue mani; mi sollevo leggermente sulle ginocchia e metto ancor di più il mio collo a sua disposizione, lasciando cadere all’indietro la testa. Ogni genere di inibizione è andata a farsi benedire.

Lui porta ancora più vicino a sé i miei fianchi e incolla definitivamente le sue labbra sulla mia pelle diafana, lasciandoci un segno violaceo ben evidente, mentre io mi risiedo e molto lentamente inizio a far sfregare i nostri bacini in preda ad un’estasi mai provata.

Non riesco a pensare, sento che tutto il sangue ha abbandonato la mia testa per raggiungere altre zone; mi rendo conto che il mio cervello è ormai andato a puttane mentre deglutisco a vuoto con la gola inspiegabilmente secca.

Mike geme piano, e con due dita mi allarga leggermente l’orlo dei pantaloni e mi accarezza la cute che ricopre le ossa sporgenti delle anche, come per vedere una mia possibile reazione; in quel momento ritorno improvvisamente in me: mi fermo e blocco anche lui, socchiudendo gli occhi imbarazzato.

Ansimo e controvoglia allontano le sue mani, facendogliele posare ai lati delle mie gambe; restiamo per qualche minuto così, in imbarazzo e respirando affannosamente per tentare di riprendere un battito regolare.

Alla fine poso il mio sguardo su di lui, fissandolo di sottecchi e con la bocca socchiusa.

-Forse non è il caso con mezzo mondo che ci guarda in diretta-

Mike’s P.O.V.

Sento Billie strusciarsi lascivo su di me, e a quel punto perdo la testa: sul collo che fino a pochi secondi fa stavo tempestando di baci lascio un succhiotto bello evidente, e gemo senza neanche accorgermene per il suo continuo ondeggiare.

Mi sembra surreale tutto questo, forse sto semplicemente sognando, fatto sta che vorrei rimanere per sempre qui con lui, tra baci, carezze e tutto questo genere di, uhm…attenzioni.

Forse mi sto spingendo un po’ troppo oltre a infilare indice e medio di entrambe le mani poco sotto i suoi pantaloni ma, cazzo, questa sorta di puffo è la cosa più sexy che abbia mai visto e io… io lo amo. Sì, forse amare è un verbo un po’ avventato, ma realmente non ho mai provato nulla del genere nella mia corta ma orrendamente intensa vita. Mi basta incrociare il suo sguardo e il mio cervello va in tilt, seriamente.

Poi se si comporta in questo modo… non aveva mica detto che non ricambiava? Mah, a me sembra sia stato lui a prendere tutta ‘sta iniziativa. Forse alla fin fine non gli dispiaccio.

Billie sobbalza e allontana subito entrambe le mie mani, rosso in viso.

Io deglutisco un paio di volte per tentare di assimilare il tutto e ricollegare il cervello che subito parte a formulare migliaia di pensieri: oh porca… se non mi avesse fermato molto probabilmente non avrei saputo resistergli e saremmo finiti a fare sesso. Non che la cosa mi sarebbe dispiaciuta, ma devo anche ricordare a me stesso che siamo ripresi ventiquattr’ore su ventiquattro da migliaia di telecamere, e non sarebbe stata proprio una cosa molto edificante. Soprattutto al pensiero che tutti i miei amici e i miei genitori mi avrebbero visto, e che comunque hanno assistito anche a tutto ciò.

Credo non esista cosa più imbarazzante.

-Forse non è il caso con mezzo mondo che ci guarda in diretta- mi sussurra Billie, tentando di metterla sul ridere. No, non c’è nulla di divertente in questo.

Punto i miei occhi dritti nelle sue iridi smeraldo, e mi mordicchio un labbro; con lo sguardo gli chiedo scusa, anche se poi non so di cosa: in fin dei conti, anche lui sembrava apprezzare.

Sospiro e mi sistemo meglio a sedere, mentre Billie lentamente si toglie da sopra me; peccato, era piacevole sentire il suo calore, senza di lui è come se una ventata d’aria fredda mi abbia colpito d’improvviso.

No, non è che sembra, è che proprio fa un freddo cane e io me ne rendo conto solo ora, lo sento solo in questo momento.

Si lascia cadere con la schiena lungo la pietra umida della grotta, vicino a me. Fuori la tempesta imperversa ancora, e un leggero tintinnio mi fa drizzare le orecchie.

Anche Billie se ne accorge e corre verso i cespugli per vedere cosa sia. Fruga in mezzo alle foglie e ne tira fuori una specie di contenitore in metallo; interessante, i nostri sforzi sono stati ricompensati. 







:D
...
:D
Non so formulare pensieri diversi da questo.
:D
Aiutatemi voi a trovare degli aggettivi adatti per definire questo capitolo! Perchè io non ci riesco D: però sono contenta :D
Non so che dire.
Se non che mi dispiace avervi fatto attendere un po' per questo capitolo, ma purtroppo sono impegnata in questi giorni... è già tanto che sia riuscita a concludere in così poco tempo questo capitolo e trovare il tempo per pubblicarlo u.u quindi, dovete solo ringraziarmi u.u
Lalalalalalalala *si mette a cantare* uhm, comunque. Ora basta, me ne vado. Se mi volete lasciare una recensioncina ne sarei felice, perchè mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questo capitolo D: u.u
Ora adios! u.u
...
ma anche no.
Angolo-titolo:
nel caso qualcuno non lo avesse capito, la canzone da cui è preso il titolo è Fell For You, codesta (ma che paroloni u.u) canzone -> http://www.youtube.com/watch?v=9_5xJSL3YUE 
 
Ora bye davvero! Alla prossima! :D

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Capitolo 10
*** Life's so reckless, tragedy endless ***


 

10- Life's so reckless, tragedy endless
 

Billie’s P.O.V.

Spero che il contenuto di questo barattolo sia del fottutissimo cicatrizzante, sennò potrei dare di matto.

Lo apro, e per poco non mi rovescio addosso tutta la minestra che si trova dentro.

Ma porca di quella…! Minestra?? Questo è il massimo che riescono a darci??

Attaccato al paracadute c’è un bigliettino, c’è scritto: “Vedo che hai finalmente capito cosa vogliono gli spettatori  -Matt”

Ah, ah, ah. Sono bravo a dare spettacolo, eh?

-Cos’è?-

-Minestra. La metto da parte- il contenitore è termico, quindi la infilo dentro ad uno zaino insieme alla gallinella, o piccione, insomma, quella cosa che ho ucciso.

Ritorno di fianco a Mike, sedendomi a gambe incrociate sul terreno. Non so che dire, o cosa fare, spero solo che a lui non venga in mente di chiedermi qualcosa in merito a ciò che è successo poco fa…

Insomma, cosa vuole che gli dica? Non mi sarei esposto così tanto se non ce ne fosse stato bisogno. Il problema è che io non ammetterò mai la verità, ma non posso neanche in parte mentirgli dicendogli che l’ho fatto per i doni. Gli spezzerei il cuore, e mi renderei più spregevole di quanto già non sia. Devo solo sperare che non apra bocca, anche se prima o poi il discorso salterà fuori…

-Uhm… Billie…? Posso-posso chiederti una cosa?- bene, come non detto.

-Sì, certo- indugia qualche secondo prima di pormi la domanda, durante i quali lo fisso intensamente negli occhi, in attesa.

-Perché… mi hai baciato prima…?- oh, come se lo avessi solo baciato. Ho fatto lo stronzo e l’ho stuzzicato un po’, poi però l’ho fermato poco prima che mi potesse scopare sul pavimento. Forse ha eliminato qualche passaggio.

-Non ho spiegazioni da dare…- sì, sono idiota. Ma cosa mi è saltato in testa per dire una cosa del genere?

-No, io voglio sapere. Se l’hai fatto per dar spettacolo dillo subito, così non mi illudo…- oddio, e ora che faccio? Non resisto di fronte al musetto triste che mi ha piantato.

Ehi, ma che pensieri faccio? Tutto d’un tratto sono diventato mieloso e mi lascio facilmente intenerire, che mi succede?

Questo ragazzo mi ha fottuto il cervello, ecco cosa.

-Ma che dici? Io non l’ho fatto per dar spettacolo…-

-E allora per cosa l’hai fatto?-

-Per i sentimenti-

-Cosa significa?-

-Sono loro ad avermi fatto agire d’impulso-

-Che genere di sentimenti?-

-Amore- oh, mi sento tanto un grande poeta. Alla fine gliel’ho detto… con qualche gioco di parole ma gliel’ho detto. E spero vivamente che Mike abbia capito.

-Nei miei confronti?- mamma mia come la fa difficile. Mi sembra più che ovvio che sia amore nei suoi di confronti. Sennò di chi?

Sbuffo, e con uno slancio in avanti premo le mie labbra sulle sue, in un piccolo bacio a stampo.

-Lo prendo come un sì- ridacchia mentre io mi rimetto seduto e lo fisso con un finto broncio.

Ma quanto sono rincretinito nel giro di poche ore? Tanto. Forse non mi rendo conto che sono ancora nell’arena a combattere per la vita. Da quando c’è Mike qui con me non ci faccio più caso.

D’improvviso, la voce di un annunciatore irrompe nell’aria, squarciando il silenzio che si era venuto a creare: -A tutti i tributi: tra un’ora ci sarà un festino alla Cornucopia. Ognuno di voi ha bisogno di qualcosa, quindi vi conviene approfittare di questa occasione-  e con l’annuncio, di colpo anche il temporale finisce.

-Tu non ci andrai- ordina serio Mike, non ammette repliche.

-E invece ci andrò- dico, mentre già inizio a raccogliere arco e frecce.

Proprio quando mi sto per alzare, mi afferra per le braccia e mi riporta col viso alla sua altezza: dai suoi occhi traspare preoccupazione mista a determinazione.

-No! Non capisci che questo festino è stato architettato apposta per far uccidere tra di loro i tributi?? Non voglio che tu vada!-

-Ma tu hai bisogno del cicatrizzante! Come possiamo vincere se non riusciamo neanche a muoverci da questa grotta??- sto urlando. Ma io voglio andare, voglio che Mike torni in forze e possa aiutarmi, voglio vincere e tornare a casa con lui. Me la so cavare, so che tornerò indietro sano e salvo.

Mi fissa dritto negli occhi, deciso ma al contempo tentennante.

Oh… oh no… se pensa che acconsentirei a farlo restare qui e lasciarlo morire per poter proseguire senza pesi ha sbagliato a capire. Ma cazzo, non l’ha capito che lo voglio con me? Non voglio perderlo.

-Non ti devi penare per me… devi pensare a te e tentare di salvare la tua di vita, non la mia-

-No. Io ci andrò punto e basta. Sei… non ci credo che queste parole stiano per uscire dalla mia bocca, ma tu sei importante per me, non ti voglio perdere- ammetto, appoggiando il palmo della mano su una delle sue che ancora mi tengono fermo.

-Anche tu sei importante per me, Billie. Per questo ti dico di proseguire senza di me e vincere. Sto offrendo la mia vita, non capisci che io morirei per te?- i suoi occhi luccicano, non so se per un pianto imminente o per semplice emozione, fatto sta che questo bagliore lo fa sembrare ancora più bello, fragile.

Ho mai detto che è bello? Credo di no, ma ora che lo osservo non lo posso più negare. Dai suoi occhi azzurri e colmi di sentimenti lascio vagare il mio sguardo su tutto il suo viso, che lo accarezza come vorrebbero fare le mie mani in questo momento: osservo il naso adunco, le sopracciglia che quasi si confondono con la sua pelle, i capelli che sembrano paglia sia per quanto sono spettinati che per il colore, poi la fronte un po’ spaziosa, sulla quale si trova un piccolo graffio ancora rosso; e infine scendo sulle labbra sottili, sulle quale lascio l’ennesimo bacio.

Mi concentro qualche secondo sul suo sapore dolce, per imprimermelo bene in mente: se proprio dovrò morire, voglio che uno dei miei ultimi ricordi sia qualcosa di felice.

-Se io fossi davvero importante per te, e se ci tenessi ai miei sentimenti, tu non vorresti morire per me, bensì vivere per me- e con questa frase su cui riflettere, lo lascio per dirigermi alla Cornucopia.

Lungo la strada non incontro nessuno, fortunatamente, e una volta arrivato mi apposto dietro ad un albero al limitare della piccola radura, al cui centro è posto un tavolo con gli zaini per i vari Distretti.

Individuo subito quello con su scritto “12”, ma attendo che qualcun altro si faccia vivo, per constatare se il campo è libero da imminenti scontri a sangue.

Come un fulmine vedo passare Mikey, che afferra di corsa il suo zaino e si reimmerge nella vegetazione sul lato opposto. Quel ragazzo è troppo veloce, e finora non si è fatto molto vedere: credo stia usando come tattica la fuga e non l’attacco, aspettando che tutti gli altri tributi si ammazzino tra di loro.

Do un’ultima occhiata in tutte le direzioni, e volo letteralmente verso il tavolo tanto vado veloce. Acchiappo senza fermarmi quello che mi spetta e con uno scarto rapido torno indietro: peccato che, proprio dove mi trovavo prima, mi aspetti Dominic.

Si avvicina e lancia un pugnale nella mia direzione, non colpendomi per davvero poco.  Ho paura, cavolo, credo di essere al capolinea; per schivare il coltello ho perso l’equilibrio e sono caduto miseramente a terra, senza più possibilità di rialzarmi. Dominic mi raggiunge e mi sale sopra, inchiodandomi al terreno.

Mi agito disperatamente nel tentativo di scrollarmelo di dosso, ma lui si inginocchia proprio sui miei polsi, per tenermi fermo, e tira fuori un nuovo coltellino a serramanico, lucente e affilato, che mi preme sulla gola.

Mi blocco di colpo, spalancando gli occhi: solo un miracolo potrebbe salvarmi ormai, penso di essere spacciato.

Io non ho paura di morire, non ho mai avuto paura della morte, piuttosto diffido da essa e la ripudio; lei è così misteriosa, ma al contempo affascinante… non ci si può fidare di lei, perché non sai cosa ti potrebbe dare. Eppure è sempre lì che bussa alla porta: potrebbe metter fine alla tua vita in qualsiasi momento, in qualsiasi modo.

Ecco come ha deciso di porre fine alla mia di vita. Infilzato da un coltello, che bella prospettiva. O magari Dominic prima mi tortura e poi mi uccide. Sì, diciamo che mi terrorizza di più l’idea del dolore.

-Allora, dov’è l’altro innamorato? Attende il tuo ritorno? Oh beh, credo aspetterà per il resto dei suoi giorni- mentre parla avvicina il viso al mio; so che non dovrei farlo, ma ormai non ho più nulla da perdere: con una smorfia di disgusto e rabbia stampata in volto, gli sputo in un occhio.

Spalanca la bocca schifato e si asciuga la mia saliva di dosso, per poi aggiungere: -bene, a quanto pare sei masochista. Non ti meriti di morire e basta tu, prima devi soffrire-

Il modo in cui l’ha detto mi spaventa, ritornando improvvisamente serio.

Solleva il coltellino dalla mia gola, ma ovviamente non per riporlo in tasca: la sua mano entra nel mio campo visivo, impugnando il manico con il pollice rivolto verso il fondo e avvicinandolo pericolosamente alle mie labbra.

-Chissà quante cose hanno toccato le tue labbra in questi giorni…- sogghigna perfido, mentre mi sfiora poco sotto il naso con la lama -… puttana. Hai vissuto anche fin troppo per i miei gusti-.

Con una lentezza straziante affonda la punta del coltello nella carne e inizia a tracciare il contorno della mia bocca; il dolore che mi provoca mi attraversa da parte a parte, facendomi venir voglia di urlare: ma so che non posso, se lo facessi l’unica cosa che guadagnerei sarebbe un taglio più lungo e profondo. E poi, non mi devo far vedere debole di fronte a una persona come lui, anche se le lacrime iniziano a bagnarmi gli occhi. Le ricaccio dentro e cerco di lottare contro il bruciore e l’orribile sensazione di pelle strappata a metà che lascia scorrere al suo esterno fiotti di sangue, colando lungo il mio mento e sotto, finendo tra i capelli o sull’erba verde.

-Sai Frank, il tuo amichetto? Beh, lo abbiamo ucciso noi- spalanco gli occhi dopo quest’affermazione: questo stronzo merita di morire nella maniera più lenta e dolorosa esistente.

Muovo le braccia in un ennesimo tentativo di liberarmi, e Dominic pare stufarsi di questa tortura, infatti riporta la lama alla mia gola e si prepara a squarciarla con un movimento secco.

È la fine per me, anche se non l’avrei mai immaginata così. I polmoni mi giocano brutti scherzi, non volendo più far entrare aria al loro interno; sono paralizzato, anche il cuore ha smesso di battere all’impazzata, rallentando fino quasi a fermarsi per l’ansia che mi è salita addosso.

Sì, lo ammetto, non è vero che non ho proprio paura… mi spaventa l’idea di cosa mi aspetta dall’altra parte.

Mi spaventa l’idea di dover abbandonare tutte le persone a cui voglio bene, facendole soffrire e non rivederle mai più.

Io… credo di essere ancora giovane. Non ho avuto il tempo di godermi la vita, ho passata diciotto anni tra delusioni e sofferenze, e ancora prima di potermi definire propriamente adulto vengo ucciso in questo barbaro modo. Ma è così, in centinaia ci sono già passati prima di me, e di sicuro alla gente di Capitol City non interesserà dell’ennesimo povero pezzente che muore nei loro Giochi. Questo è ciò che vogliono, li sto rendendo felici in un certo senso.

-Bon voyage, piccoletto- sussurra Dominic, mentre io stringo gli occhi preparandomi al peggio.

Addio mondo, che sei sempre stato così crudele con me.

Addio Zacky, eri come un fratello per me.

Addio Mike, che mi hai fatto vivere alcune delle emozioni più belle mai provate.

E addio Dominic, ci vediamo all’inferno lurido pezzo di merda.

Un urlo mette in allerta il mio aggressore, mentre un sasso lo prende in pieno sulla nuca, facendolo voltare con un grugnito a dir poco adirato.

Un altro, tributo, che mai ho visto prima, me lo leva di dosso buttandolo a terra e lottando contro il suo coltello, che tenta di puntare contro di lui ora.

Mentre io sollevo la schiena da terra e indietreggio spaventato, i due continuano a combattere tra di loro, urlando parole incomprensibili e rotolando tra la terra in uno scontro alla pari.

Io vado avanti ad osservare la scena scioccato, senza riuscire a muovermi.

-Tu hai ucciso Frank!!- grida questo ragazzo a me sconosciuto, riuscendo finalmente a far smettere di agitare Dominic.

-N-no- risponde lui, con gli occhi sgranati finalmente privato del suo prezioso coltello.

-Sì! Era il suo nome!-

-N-no! Synyster! Aiuto!- questa è l’ultima cosa che riesce a pronunciare in un urlo disperato, prima che l’altro, senza ripensamenti o indecisione, gli recida la gola da parte a parte.

La scena che mi si presenta davanti è orribile: il sangue che in base agli ultimi lenti battiti del cuore esce dal profondo taglio più lentamente o più velocemente mi fa socchiudere la bocca in un muto grido di terrore.  So che farò la stessa fine, me ne rendo conto mentre lo stesso ragazzo, con il coltello che gocciola di quel liquido rosso, si avvicina a me.

-Tu! Ti risparmio solo perché hai tentato di proteggere Frank. Ora va!- le sue parole mi fanno scattare come una molla; raccolgo lo zaino abbandonato lì vicino e scappo via, mentre nell’aria rimbomba lo sparo che testimonia la caduta di un altro tributo.

Siamo in cinque ora. Il gioco si fa sempre più duro. 








Sì, lo so. Scusatemi. Questo capitolo fa altamente cagare. l'ho rifatto due o tre volte, ma veniva sempre peggio, così ho deciso di pubblicarlo come veniva. Quindi scusatemi *congiunge le mani e si inginocchia*
Ehm, vabbè. Insomma, non ho nulla da dire.
Ah no. Il titolo. Sì, ogni volta vi scasso con la canzone da cui è preso il titolo. Questa volta la malcapitata è Welcome To The Family degli Avenged Sevenfold, eccola a voi in tutto il suo splendore -> http://www.youtube.com/watch?v=1OZs7IoWTvc
E niente. Ci sentiamo agli insulti alle recensioni! :3
Alla prossima! :D
 

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Capitolo 11
*** The end is knocking ***


11-The end is knocking

Billie's P.O.V.


Per tornare indietro impiego più tempo del previsto: mi sembra di aver perso il senso dell’orientamento dopo quello che è successo , come se la vista di tutto quel sangue mi avesse di colpo fatto dimenticare dove mi trovo e perché.

Dopo svariati tentativi di ritornare sui miei passi, scorgo da lontano l’esterno del tetto in pietra della grotta e i cespugli che ne nascondo l’entrata: corro a perdifiato finché non la raggiungo, e con fretta oltrepasso il fogliame. Manca poco che inciampo su Mike, che si era appostato proprio lì dietro, forse in attesa del mio ritorno.

Si volta lentamente verso di me, spalancando occhi e bocca e tendendo le braccia, aspettando solo che io mi getti nel suo abbraccio.

Senza pensarci due volte cado letteralmente nella sua stretta, che da calda e rassicurante presto si trasforma in ansiosa e frenetica, mentre fa scorrere le mani lungo la mia schiena e tra i miei capelli per tentare di farmi alzare il viso dal suo petto e potermi finalmente osservare da vicino.

Alla fine congiunge i palmi a conca sotto il mio mento e di forza mi solleva il capo, ispezionando con lo sguardo ogni centimetro di pelle, e soffermandosi su quel taglio ancora aperto lungo più di metà del mio labbro superiore.

-Chi è stato?- chiede in un sussurro.

-Non è importante ora- rispondo, mentre sento che gli occhi stanno iniziando a riempirsi di lacrime per la seconda volta. Sono troppo sensibile.

-Ho avuto paura quando ho sentito lo sparo. Cazzo, te l’avevo detto che non era sicuro andare!- mi scuote per le spalle, facendomi sentire ancora più piccolo e insignificante di quanto già non sia.

-Mike calmati!- mi porto il dorso di una mano in volto, strofinandolo per asciugare le piccole lacrime che spingono per uscire -sono qui, vivo, non è sufficiente?-

Di colpo mi lascia andare, interrompendo quella stretta che iniziava a farmi male, e indietreggia strisciando sul terreno: ho capito che, no, non gli è sufficiente. È incazzato, gliel’ho si legge in faccia, e, forse, si sente in colpa. In colpa per avermi lasciato andare, ovvio.

-Almeno sei riuscito a prendere quello di cui avevamo bisogno?- incurva la schiena in avanti in un tentativo di sporgersi e afferrare lo zainetto, ma io lo prendo al volo poco prima di lui e lo apro.

Tiro fuori un piccolo contenitore, uguale identico a quello della minestra solo di dimensioni più ridotte, e svito il coperchio: dentro c’è una specie di crema bianca e traslucida, quasi come un gel.

Faccio cenno a Mike di mettersi più vicino e scopro la ferita: immergo due dita dentro il barattolino e ne spalmo un po’ sopra al taglio.

La sensazione non dev’essere delle migliori, perché lo vedo stringere occhi e denti: forse brucia.

Non gliene metto troppa, al massimo se ce ne sarà ancora bisogno ripeterò ciò che ho fatto anche più tardi, o domani. Quando sto per richiudere il tappo, Mike mi ferma, togliendomi tutto dalle mani.

-Aspetta, serve anche a te- mi chino a quattro zampe per terra, e lui fa come ho appena fatto anch’io: prende un po’ di crema, meno di quanta ne ho usata io per lui, e la fa assorbire dalla pelle massaggiando piano la ferita sopra il labbro, mentre io lo ritiro dentro la bocca per tenerlo tirato.

-Così dovrebbe guarire- è serio, né un accenno di sorriso né un pizzico di dolcezza nella voce; piatta, è ancora arrabbiato.

Sussurro un “grazie”, che quasi si soffoca nella mia gola, triste. Mi ritraggo, sedendomi sui talloni, con lo sguardo basso.

Dopo quelli che credo siano dieci minuti, mi ritrovo a giocherellare con qualche sassolino, in ansia perché so che non possiamo trascorrere la giornata senza fare nulla: o ci muoviamo e facciamo succedere qualcosa, o ci scagliano addosso uno dei loro esseri geneticamente modificati e fanno divertire il pubblico. E non credo sia il caso che accada, proprio ora che siamo quasi alla fine.

Fine. Ancora poco e potrò tornare a casa. Mi sembra incredibile; ancora altri tre tributi e potrò dire di essere sopravvissuto agli Hunger Games. Io e Mike saremo i vincitori, ormai ne sono sempre più convinto, e verremo acclamati da tutti. Probabilmente passeremo alla storia come la prima coppia -nei Giochi e nellavita- ad essere uscita viva dall’arena. E in più, proveniamo dal Distretto 12; è circa quindici anni che non vince qualcuno del 12, e tra l’altro l’unico che prima di noi è riuscito ad uscirne è stato Matt. Matthew Sanders, Matt Shadows: insomma lui.

Non ricordo praticamente nulla dei Giochi a cui ha partecipato, credo avessi tre o quattro anni… lui invece ne aveva sedici. Dai racconti che ho sentito in giro -che tra l’altro, credo debbano essere presi con le pinze, spesso tra compaesani ci sono malelingue o incomprensioni che portano al crearsi di puri pettegolezzi, con niente di fondato- pare che sia stato più che altro grazie alla fortuna che ha vinto: il secondo classificato a quell’edizione era morto cadendo per sbaglio in un fiume in piena, affogando. Inoltre, si dice che quando tornò a casa attraversò un periodaccio: i genitori, non sapendo come gestire il suo momento di fama post-Giochi, lo abbandonarono a sé stesso, e lui di conseguenza si isolò nel suo mondo; molti dicono che abbia passato più di due anni senza parlare, ma esprimendosi attraverso gesti o evitando addirittura il contatto umano per non doversi far capire. Alcuni con cui mi è capitato di parlare lo descrivevano come un ragazzino problematico e ora come un uomo pieno di rimorsi e sogni infranti.

A pelle, quando l’ho incontrato la prima volta quelle che credo siano state… due settimane fa? No, molto meno, mi è sembrato un tipo scontroso, e… sì, ammetto che se solo penso a quella specie d’armadio a due ante che è mi viene la tremarella. Non credo farei grandi affari a farlo arrabbiare.

Di colpo mi risveglio da questi miei ragionamenti, e mi volto ad osservare di sottecchi Mike.

Sospiro e silenziosamente mi avvicino gattonando verso di lui, appropriandomi senza chiedere del suo braccio, accoccolandomi al suo fianco.

-Mike… perché continui ad essere arrabbiato? Sono tornato sano e salvo, e il bastardo che ha tentato di uccidermi è morto. Non ti devi più preoccupare, non è successo nulla ed è bene che sia così, no?-

-Sì… hai ragione… scusami- ammette, puntando i suoi occhi nei miei.

-E di cosa? Dai, ora non pensiamoci più…- concludo, abbracciandolo e sorridendo come un ebete.

Mike annuisce, e appoggia il mento sui miei capelli; subito dopo, però, si allontana, dicendomi di restare lì, raggiungendo gli zaini: ne tira fuori uno dei pugnali, e torna da me.

Non capisco cosa voglia farne di quel coltello, ma per ora l’importante è che non gli venga in mente di piantarmelo nello stomaco: anche perché, alla fine, non ne avrebbe motivo.

Si risistema nella stessa posizione di prima, tirandomi a sé e accarezzandomi sovrappensiero un braccio; io lentamente e senza accorgermene chiudo le palpebre, cadendo in un sonno tranquillo e privo di sogni.

Mike’s P.O.V.

Sento il respiro di Billie appesantirsi, segno che si è addormentato.

Resto un po’ a vegliare su di lui, stando attento a ogni minimo fruscio che sento provenire dall’esterno e nel frattempo osservando le sue palpebre che ogni tanto pigre vibrano sotto il movimento degli occhi, ma alla fine anch’io mi lascio andare tra le braccio di Morfeo.

Quando mi sveglio, non ho idea di che ore possano essere, ma molto probabilmente è pomeriggio; fuori c’è ancora il sole, quindi di sicuro non è tardi.

Non posso muovermi, Billie è praticamente accasciato su di me; non tento neanche di sfilarmi dalla sua stretta, perché sarebbe inutile.

Mi ricordo il perché di quella piccola sosta, e sposto il tessuto squarciato dei pantaloni, notando con mia grande sorpresa che del brutto taglio è rimasto solo un piccolo segno rosa, che quasi non fa più male.

Incredibile. Ma… che cos’era quella cosa che ci hanno dato? Mai visto un cicatrizzante agire così in fretta. A Capitol City hanno medicinali molto strani.

Curioso, alzo delicatamente il viso di Billie, appoggiato sul mio petto: anche della sua ferita non è rimasto quasi più nulla, una piccola ombra e un’increspatura della pelle al tatto, niente di più.

Mentre passo un pollice sopra quella lineetta, sento due occhi puntarsi su di me: alzo lo sguardo e incontro il suo, smeraldo e mezzo assonnato.

-È guarita?- biascica con la voce impastata.

-Non si vede quasi più- sembra contento, o fiero, e barcollante si alza; mi porge entrambe le mani, invitandomi a mettermi in piedi dopo ormai una giornata o più che non lo faccio.

Congiungo i suoi palmi con i miei, tirandomi su con la sola forza delle braccia: non ho ancora il coraggio di appoggiare il peso sulle gambe.

Quando sono finalmente in posizione eretta, constato con stupore che il dolore è scomparso, a meno che non cammini, perché allora sento come se qualcuno mi stesse schiacciando i nervi contro la rotula; ma per quanto poco piacevole possa essere, è decisamente sopportabile.

Solo che questo dolore mi mette in all’erta, poiché potrebbe darsi che la ferita in superficie sia guarita, ma all’interno ci sia qualcosa di lesionato.

In ogni caso, non ho tempo per pensarci ora, anzi, anche se così fosse non potrei farci proprio nulla.

Decidiamo di andarcene di qua ora che sono in forze: prendiamo uno zaino ciascuno, Billie raccoglie il suo arco e le frecce, e cominciamo a perlustrare la foresta, essenzialmente alla ricerca di una fonte d’acqua (che comunque, non deve essere molto lontana) e cercando di mantenerci alla larga dai tributi rimasti.

Mi sento tanto un idiota, perché nonostante stiamo cercando di fare il meno rumore possibile, io continuo a strascicare leggermente la gamba dolorante tra le foglie secche, facendo un casino immane in mezzo a quel silenzio di tomba. Se ci scoprono, sarà tutta colpa mia.

Billie di colpo mi ferma, chinandosi verso un cespuglio: raccoglie delle bacche, sono nere e assomigliano molto ai mirtilli.

-Guarda: Morsi della Notte- mi dice, mostrandomi ciò che ha trovato.

-Uhm… cosa c’è di così tanto speciale?-

-Sono bacche velenose- sussurra, come per paura di venir sentito.

-E tu a che scopo vuoi portarti a dietro delle bacche velenose?- aggiungo sconcertato.

-Per l’evenienza…- sorride malizioso, lasciando in sospeso nell’aria qualcos’altro, un qualcosa che non vuole dire; oh beh, lo scoprirò prima o poi…

Proseguiamo ancora un po’, ma alla fine, quando il sole sta iniziando a calare, troviamo un posto per accamparci: accendiamo un fuocherello e ci buttiamo a cuocere la sorta di piccione catturato da Billie oggi, e “ceniamo” con quello.

Mentre aspettiamo che le ultime fiammelle si spengano e ci beiamo ancora per un po’ del loro tepore, Billie si allontana con uno zaino, non prima di averlo svuotato, e torna indietro senza.

Non gli chiedo il perché di quel gesto, non ho la forza di stare a dietro alla sua mente contorta; piuttosto, mi volto verso di lui, con una domanda che spinge in gola pregando di essere risolta, e ci osserviamo.

-Billie… quando usciremo di qui… saremo- insomma, saremo amici…?- domando, acutizzando leggermente le ultime vocali per far intuire un continuo.

-Certo, Mike. Cosa credi, che una volta usciti di qui ti abbandonerò? Io… cioè, se vuoi essere mio amico ok…- risponde; noto una punta di delusione nelle sue parole, so benissimo il perché.

-Ma tu vuoi, uhm, essere mio amico?- ci sono attimi di imbarazzante silenzio dopo quello che ho detto, durante i quali Billie fissa assente un punto indefinito di fronte a sé.

-Mike… tuo amico? A esser sincero io non voglio essere tuo amico- afferma convinto, con un pizzico di rabbia nella voce -a me piacerebbeandare oltre la semplice amicizia, pensavo si fosse già capito…-

Tossicchia, concedendosi di guardami dritto negli occhi.

Billie caro, io credevo si fosse già capito che anche a me non dispiacerebbe provarci. Noi due, no? Non ci vedo nulla di male.

Resto zitto, non so che dire. Questo ragazzo riesce sempre a lasciarmi senza parole con cui controbattere, facendomi fare la figura del povero scemo.

-Poi, non so se tu vuoi…- conclude infine.

-Ovvio, Billie. Non credo ci sia neanche da chiederlo-

Bene, ora non so che fare. Forse io… forse dovrei baciarlo? Onestamente non so, sono piuttosto timido sotto questo aspetto.

Mi faccio più vicino a lui, circondandogli le spalle con un braccio, ma tenendo comunque il suo viso di fronte al mio, in modo da poterlo osservare.

Lui mi scruta con uno sguardo indifeso, come a volermi dire “sono alla tua mercé”; non me lo sarei mai immaginato, ma è un ragazzo davvero fragile, cresciuto troppo in fretta e ora alla costante ricerca di affetto. I suoi occhi ne sono una prova.

Inconsciamente mi avvicino, facendo appena sfiorare le nostre labbra: peccato che lo sparo che annuncia un nuovo caduto ci desti, riportandoci alla realtà.

Proprio pochi secondi dopo parte la sigla introduttiva alle foto dei morti di oggi; dal Distretto 2 Dominic Howards, e dal 5 Mikey Way.

Rimango qualche secondo a bocca spalancata, non sapendo se rallegrarmi sapendo di essere ad un passo più vicino alla fine dei Giochi, o dispiacermi per Mikey e tentare di immedesimarmi in Gerard, il nostro stilista, che molto probabilmente ora starà piangendo per il suo fratellino.

Sento Billie irrigidirsi, ma poi d’improvviso un sorriso spunta sul suo volto.

-La trappola allora ha funzionato… Mike veloce vieni!- di colpo si alza e si mette a correre trascinandomi via con lui, fino a raggiungere, sì, il corpo senza vita di Mikey. Non l’hanno ancora portato via.

Billie inizia a maneggiare con qualcosa sotto la sua maglietta e dietro al collo, e slega un ciondolo dorato, a forma di fulmine, ben fatto.

Tentenna qualche secondo tenendolo a mezzaria, un’estremità del cordoncino in ogni mano, e poi si china, riannodandolo alla bell’è meglio al collo pallido di Mikey.

-Ti rendo ciò che ti spettava, fai buon viaggio- pronuncia questa frase rialzandosi, senza che io possa capirne il significato.

Silenziosamente indietreggiamo e torniamo indietro, sui nostri passi.

A pensarci sembra incredibile, ma solo due tributi ci separano dal tornare a casa ora.
  









Ehm, rieccomi. Sì, ho fatto morire Mikey ç.ç non ho parlato molto di lui in questa storia ma mi dispiace lo stesso ç.ç
Eh boh. La mia mente non ha la forza di formulare pensieri riguardanti il capitolo. Quindi evito di scassarvi le palle e me ne vado.
Prima però voglio ringraziare tutti, tutti voi, dal primo all'ultimo. Chi solo legge, chi ha messo la storia tra le preferite, chi tra le seguite e chi recensisce. Voi ultimi poi, mi riempite di complimenti ad ogni capitolo che sento di non meritarmi ç.ç grazie a tutti *W*
Ah sì, giusto.
Il titolo :3
In questi giorni mi sono fissata con gli Avenged Sevenfold, e anche questa volta la canzone da cui è preso è loro :3 è Lost -> http://www.youtube.com/watch?v=_VUrskFjfhc 
Bene non ho più altro da dire :3
Quindi, alla prossima! E beh... ci vediamo alle recensioni :3
Bye!

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Capitolo 12
*** If life ain't just a joke then why are we laughing? ***


12- If life ain't just a joke then why are we laughing?


Billie’s P.O.V.

Mike non ha fatto domande, anche se immagino abbia capito che sono stato io ad uccidere Mikey. E pare tra l’altro che non l’abbia presa molto bene; diciamo pure che non mi ha parlato per il resto della serata, se non per darmi la buonanotte.

Possibile però che non capisca? Era inevitabile, se non io sarebbe stato qualcun altro, e credo sia meglio morire avvelenati piuttosto che trafitti da una freccia o sgozzati da un coltello, tra dolori atroci e sofferenze.

Ma lui non riesce a cogliere la differenza molto probabilmente, e va avanti ad ignorarmi.

Anche quando ci infiliamo nel sacco a pelo, o la mattina quando ci svegliamo, preferisce non toccare questo argomento; non c’è più di sicuro l’imbarazzo di ieri, ma la tensione si potrebbe tagliare con un coltello. È fastidioso tutto ciò, soprattutto perché non capisco cosa abbia mai fatto di così male.

E quando raccogliamo la nostra roba e proseguiamo, è uguale. Ok tutto, ma io non ne posso più, mi sta facendo sentire in colpa.

-Mike, smettila di fare l’incazzato. So che ce l’hai con me, quindi tanto vale che mi insulti e mi prendi a sberle, ma piantala con questo tuo voto del silenzio- sbotto d’improvviso.

-Ah, perché tu credi davvero che qualche bestemmia e due sberle possano risolvere tutto-

Evidentemente è idiota. Smetto di camminare e mi volto verso di lui: -Ma non capisci tu, vero? Possibile che non ci arrivi che se non fossi stato io, sarebbe stato uno degli altri due rimasti? Almeno non lo abbiamo fatto sperare più del dovuto di riuscire a tornare a casa, ma lo abbiamo ucciso subito-

-Abbiamo, Billie? Abbiamo?! A me sembra che sia stato TU a progettare tutto ciò. Io non c’entro un cazzo, non mi ci mettere in mezzo- stizzito, riprende a camminare a passo spedito -e tanto per fartelo sapere, sei un essere ignobile. Farlo sperare più del dovuto? Allora tanto valeva che lo uccidessi alla Cornucopia, il primo giorno di Giochi. Così non gli avrei neanche dato il tempo di formulare pensieri per quando sarebbe uscito, no?-

Lo seguo, mentre affogo nei sensi di colpa. Ho un groppo in gola che mi sta facendo capire che sto per cedere, che non avrei dovuto uccidere Mikey, perché non è da me. Io non sono quel genere di ragazzo che, a sangue freddo, taglia la gola al primo malcapitato. Non ne sono capace, e questa voglia di piangere ne è la dimostrazione.

Cavolo però, sarà almeno la quarta volta in due giorni che mi ritrovo sull’orlo delle lacrime. Non so che mi prende, l’arena mi sta facendo a pezzi lentamente, e credo che presto crollerò. Molto, molto presto.

-Mike!- urlo quasi, e lui si volta di scatto -tu devi capire che noi qui siamo costretti ad uccidere! Devi togliere la vita ad altri tributi se vuoi che loro non ti privino della tua. È così che funziona! Non credere che non mi sia dispiaciuto per quel poveretto che ho avvelenato, sarò anche spregevole ma non del tutto senza cuore. Mi sento in colpa, tanto-

Mike rimane di sasso, con gli occhi sbarrati verso di me, mentre già sento i miei farsi lucidi.

Fottuta fragilità.

-Ok, hai ragione, ma i sensi di colpa non perdonano di certo per quello che hai fatto. E ora non piangere-

-Non sto piangendo- dico, passandomi due dita sulle palpebre inferiori, per cacciar via le lacrime che, senza che me fossi accorto, erano scivolate via dai miei occhi.

Non c’è più nulla da dire, a quanto pare, e allora vado avanti a seguirlo senza fiatare.

Ora però anch’io sono incazzato. Non riesco proprio a capire cosa ho fatto. È normale,  no? Non è bello, ma negli Hunger Games bisogna uccidere. Non si può fare la parte dell’anima buona che risparmia tutti quelli che incontra sul suo cammino, perché prima o poi qualcuno ti vede indifeso e ne approfitta. E poi sei morto, non hai più occasioni per tornare a casa. Non esistono seconde chance.

Tempo neanche due minuti, e riesco a vedere il sole, posto proprio di fronte a me nascosto dalla vegetazione, correre e fare tutto un mezzo giro, fino a che non arriva dalla parte opposta, dove dovrebbe essere posizionato la sera.

-Che succede?- scuoto il capo, per fare intendere che non ne ho la minima idea.

Mentre andiamo avanti sentiamo versi e lamenti strani, di sicuro non riconducibili a quelli di un essere umano; sembrano quasi… lupi. Però qui non ce ne sono…
Un urlo agghiacciante ci fa bloccare, è anche molto vicino; dopo di questo uno sparo e, come se il sole fosse già completamente calato, la foto in cielo: Distretto 11, Matthew Bellamy.

-Corri!- scappiamo più veloce che possiamo di lì, finché non raggiungiamo lo spiazzo con al centro la Cornucopia; qui rallentiamo un po’ il passo, rimanendo però sempre all’erta.

Altri ululati, e dopo pochi secondi salta fuori dai cespugli un… animale? Non saprei come definirlo, sembra sì un lupo, il pelo è grigio e la conformazione è la stessa, solo che… è enorme! È almeno il doppio di me.

Questo quasi mi prende in pieno, ma Mike mi sposta, facendoci ruzzolare entrambi a terra.

Non è stata una grande idea, poiché quel mostro avrebbe avuto tutto il tempo per raggiungerci di nuovo, ma fortunatamente riatterrando ha picchiato la testa prima che le zampe raggiungessero il terreno, e ora è un po’ rintontito.

Mi rialzo velocemente tirando con me anche Mike, mentre mi rendo conto che altri di questi esseri stanno uscendo dal nulla e venendoci incontro.

La loro corporatura pare renderli impacciati, infatti non riescono a correre abbastanza velocemente per prenderci. Tanto meglio così, non ci tengo a venir sbranato da uno di quei cosi.

Arrivati ai piedi della Cornucopia, Mike mi dà un appoggio con le mani per spingermi sopra, e io a mia volta allungo quanto più posso le braccia per trascinarlo qui con me; quando gliele porgo, le mie mani tremano, forse per l’agitazione di non riuscire a fare in fretta.

Mentre lo isso su continuo a guardarmi in giro, non so, mi sento osservato; ho il terrore che anche l’ultimo tributo sia qua con noi, o comunque nei paraggi. Se fosse qui… credo sarebbe in grado di ammazzarci entrambi. Però è anche vero che noi siamo in due, lui è solo. Forse avremmo qualche possibilità.

Meglio non pensarci però, non è detto che lui sia qui…

Quando finalmente riesco a portarlo sopra con me, ci buttiamo distesi sopra il freddo metallo di quella costruzione, per riprendere fiato. Ma non appena serro le palpebre per tentare di far scemare l’ansia e l’adrenalina che mi scorre nelle vene e mi fa tremare, mi sento afferrare per le spalle da una stretta dolorosa, e vengo sbattuto nuovamente a terra poco più lontano; sono bloccato, proprio come ieri, quando Dominic mi stava per sgozzare.

Non ho ancora il coraggio di aprire gli occhi, anche se so perfettamente chi è quello che ora sta tentando di strozzarmi con un braccio.

-Lascialo in pace!- sento urlare Mike, e subito dopo il peso che ho sul petto se ne va, trascinato via.

Lentamente apro uno spiraglio alle mie pupille, permettendomi di vedere; osservo scioccato i due agitarsi e rotolare, tentando di uccidersi con l’unico mezzo che hanno a disposizione, ovvero le mani.

Mike però non riesce a sovrastarlo e Synyster finisce per schiacciarlo sotto il suo peso; allora, in un tentativo di allontanarlo, gli punta i piedi sullo stomaco e lo spinge via, riuscendo a rialzarsi.

Solo in quel momento mi risveglio dallo stato catatonico in cui ero caduto, e afferro l’arco, puntando una freccia contro Synyster che, approfittando dei miei riflessi sempre più lenti, prende con sé Mike, avvolgendogli il collo con un braccio.

-Forza, che aspetti? Uccidimi. So che attendi questo momento fin dall’inizio. Scaglia quella freccia e sarai tu il vincitore- dice, tranquillo -ovvio però… che non garantisco nulla per il tuo amichetto qui- conclude, indicandolo con il capo.

Mike si divincola, ma lui aumenta ancor di più la stretta: -Dove credi di andare? Non ti lascerò  così facilmente. Tu mi seguirai giù di qui, in pasto ai lupi-

Scuoto la testa, non so più che fare. Se colpisco Synyster lui si porta a dietro Mike, mentre se non faccio nulla Mike è comunque spacciato.

Li vedo avvicinarsi sempre più al bordo e guardare di sotto; non voglio che si butti. Io non voglio che Mike muoia, punto.

-No!- urlo senza volerlo, e faccio qualche passo in avanti.

-Oh no. Sta lì dove sei! Sai quanti ne ho uccisi finora? Far fuori anche il tuo ragazzo non mi farà né caldo né freddo!-

Il… il mio ragazzo? Ammetto di non averlo mai guardato sotto questo aspetto. Sì è vero, lui mi… mi piace? Sì, e non mi sono fatto problemi a farglielo capire apertamente con quel bacio, ieri. Poi me l’ha chiesto e senza troppi giri di parole gli ho detto che vorrei stare con lui. Ma allora perché mi viene così difficile immaginarlo come il mio ragazzo?

In ogni caso, non è il momento per pensare a queste cose.

Synyster va avanti a ciarlare, ma ormai non riesco più ad ascoltarlo per la rabbia e lo stato di confusione in cui mi trovo. Mike alza un braccio, e inizia a tracciare dei piccoli cerchietti sul dorso della mano che lo tiene bloccato sul lato del collo. Non riesco a capire cosa intenda; continuo a far vagare lo sguardo dal suo viso tirato per lo sforzo di liberarsi e quel dito che continua a rigirare.

Ma certo! Quello è il mio bersaglio.

Velocemente scocco la freccia verso quel punto, prendendolo in pieno.

Synyster, preso alla sprovvista, molla la presa su Mike e lui ne approfitta per buttarlo giù dalla Cornucopia, dove i lupi stanno aspettando per poter sbranare qualcos’altro.

La caduta è dolorosa, e quelle creature si danno subito da fare: non avrei il coraggio di avvicinarmi tanto le urla sono strazianti se non fosse per Mike. Corro da lui, che è inginocchiato e sfinito, e faccio la prima cosa che mi viene in mente di fare: lo abbraccio, mentre con lo sguardo sbircio le atrocità che si stanno compiendo più in basso.

All’ennesimo grido d’aiuto devo serrare le palpebre, è orribile. Posso quasi sentire al posto suo la carne perforata che viene strappata dalle ossa.

Mike mi fa distogliere lo sguardo, premendo i palmi ai lati del mio viso, a tapparmi le orecchie, e portandolo verso il suo petto, stringendomi.

Quando, dopo diversi minuti, noto che Synyster è ancora vivo, mi alzo e decido di porre fine alle sue sofferenze; sarà stata anche una persona ignobile, ma non si merita di patire ancora.

Prendo l’ennesima freccia e, non appena scorgo la sua testa in mezzo a quell’ammasso di pellicce e denti affilati, gliela pianto dritta in fronte.

Dì lì a poco odo un nuovo sparo, l’ultimo.

In pochi secondi fanno passare la notte, ed già è mattina.

L’ultimo.

Abbiamo vinto, finalmente.

Stento a crederci… ero fermamente convinto che saremmo tornati a casa, ma ora che ce l’ho fatta… non mi sembra vero.

Scendiamo dalla Cornucopia, e in silenzio attendiamo che annuncino i vincitori, noi due.

Tremo dalla gioia e dall’ansia di riabbracciare i miei cari. Non vedo l’ora di correre da Zacky e fargli vedere che io le promesse le mantengo, e sono ancora qui. Voglio tornare da mia madre, dalla mia vita di tutti i giorni.

Però ci stanno mettendo un po’ troppo. Non dovrebbero già essere venuti a prenderci, portarci fuori di qui?

Cazzo, niente scherzi. Io voglio uscire.

-Avvisiamo tutti i tributi che… la modifica fatta al regolamento è stata… beh, revocata. Il vincitore… potrà essere uno solo-

Il sangue mi si gela nelle vene, mentre Mike si volta allarmato cercando di capire il perché di questo.

Ora credo di aver capito perché non riesco ad immaginarlo come il mio ragazzo.

Mike’s P.O.V.

-Avvisiamo tutti i tributi che… la modifica fatta al regolamento è stata… beh, revocata. Il vincitore… potrà essere uno solo-

C-cosa? No, no! E io che ho sperato di poter finalmente tornare a casa! Ma no, è finita per me. Non sarei capace di uccidere Billie, quindi è ovvio che sarà lui a sopravvivere. Deve sopravvivere. Ne ha un motivo, io no.

Ho paura di morire, ma non posso fare altrimenti.

Il cuore batte forte, lo sento ovunque, nella cassa toracica, sul collo, nelle tempie. Prendo un profondo respiro, per darmi coraggio, e mi volto.

Noto un’espressione accigliata e decisa sul suo viso, e mi rendo conto che anche lui ha preso una decisione.

i miei occhi incontrano subito la punta luccicante di una freccia, quella che Billie tiene ferma nell’arco teso, e che sta puntando contro di me. Vuole vincere, ad ogni costo.

È giusto che sia così. 








Beh, yep. Billie vuole far fuori Mike, che bella cosa eh?
No comunque. Io... ho la fortissima sensazione che questo capitolo faccia schifo ai maiali (????). L'ho rifatto qualcosa come tre o quattro volte ma il caldo non mi dà la possibilità di mettere in piedi una frase di senso compiuto che sia una ç.ç ho le idee ma poi quando mi metto al computer stacco subito perchè scalda da morire e io non ho neanche la forza di battere sui tasti ç.ç quindi, mi scuso anticipatamente per questa obbrobriosità di capitolo ç.ç
Ma... basta ora u.u parliamo di quello che ho scritto.
Matthew e Synyster ora sono stati fatti fuori e c'è stato un nuovo cambiamento: il vincitore può essere uno solo *ta ta ta tan!!*. Riusciranno i nostri eroi a scamparla anche questa volta? Lo scopriremo insieme nella prossima puntata u.u sempre qui, su EFP! Non mancate!
Ehm, comunque. Ammetto che inizialmente questo doveva essere un capitolo di passaggio... ma poi si è infilata in mezzo questa cosa che sarà più che necessaria per la conclusione e niente *si tappa la bocca per non fare ulteriori spoiler*. Sigh, il prossimo capitolo è l'ultimo ç.ç ma non si può mai sapere che magari mi vien voglia di fare un seguito... si vedrà u.u
E niente, mi sto dilungando troppo D:
Ora vado ad ammazzare qualche mosca, alla prossima! :D

p.s. il titolo è preso da Dead, dei My Chemical Romance ->http://www.youtube.com/watch?v=OhvWRXl_Ex0 

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Capitolo 13
*** I hope you had the time of your life ***


Ehm... quanto tempo è passato? Una settimana? Di più? Ok, scusatemi veramente tanto ç.ç è che è stato un parto scrivere questo capitolo. Che tra l'altro è l'ultimo *sigh*. Mi sembra così strano mettere la parola fine a questa storia ç.ç MA! A questo proposito avrei una piccola proposta da farvi.

*Quindi vi prego di leggere qua sotto.*
Avevo in mente di fare un seguito di questa storia, seguendo a grandi linee quella che è la trama del secondo libro di Hunger Games. Voi cosa ne pensate? Vi piacerebbe leggere un seguito? Fatemelo sapere nelle recensioni :)

E nel caso in cui dovessi farlo, non lo pubblicherò con questo account, poiché questo non è quello mio personale, ma lo condivido con un'amica. Bensì lo trovereste scritto da una certa Longview , ovvero me u.u
E niente, ora vi lascio all'ultimo capitolo *si asciuga una lacrimuccia* spero sia di vostro gradimento


13- I hope you had the time of your life

Mike’s P.O.V.

-Forza. Billie, non aspettare, uccidimi-

Lui rimane fermo e un po’ tremante a fissarmi. Io invece cerco di mantenere un tono deciso, perché deve sbrigarsi.

-Billie, devi farlo-

Assottiglia lo sguardo e si prepara a scagliare la freccia dritta nel mio petto; chino il capo e serro le palpebre, preparandomi al dolore che presto mi colpirà.

Tentenna ancora qualche secondo, e respira lentamente: vedo la sua cassa toracica che si muove pesante sotto lo strato di pelle e vestiti, facendomi credere che anche lui sia agitato, e stia tentando di calmarsi.

-B-Billie… fatti solo dire che ti…- deglutisco, facendo perdere tempo a Billie -… io ti voglio bene-

Toglie le dita che tenevano ferme sul legno curvo dell’arco la freccia, e con uno schiocco la rilascia: sento chiaro lo spostamento d’aria dovuto al suo passaggio, e sento anche la punta conficcarsi con un suono sordo non so bene dove.

Niente mi trapassa, non provo dolore.

Riapro gli occhi sbalordito e mi guardo in giro, ritrovando la freccia bloccata nella corteccia di un albero, in orizzontale.

Mi volto nuovamente verso Billie, che sta frugando freneticamente all’interno della sua giacca.

Ne tira fuori delle bacche e si avvicina a grandi passi a me, aprendo il palmo sul quale si trovano e prendendo tra le sue la mia mano sinistra.

Solo in quel momento le riconosco: sono Morsi della Notte, quelli che ha utilizzato per avvelenare Mikey.

La prima reazione che ho è quella di sottrarmi dalla stretta leggera che sta esercitando sulle mie dita, ancora troppo sconvolto e non capendo dove vuole andare a parare.

-Mike, dammi la mano e fidati di me!-

Mi fido di lui? Sì, quindi non posso fare a meno di dargli ascolto.

Fa scivolare sul mio palmo una manciata di quelle piccole bacche violacee, e, con la mano libera, mi solleva il volto per cercare un qualche genere di appiglio nei miei occhi, un qualcosa che gli dica che sta facendo il giusto. Un mio consenso, forse.

-Loro dicono di volere un solo vincitore, giusto?- il suo sguardo si fa più ampio e piano annuisce, invitandomi a fare lo stesso -noi invece non gli daremo la soddisfazione di prelevare l’unico sopravvissuto da questo posto, ok?-

Tiro indietro il viso liberandomi dalle sue dita, che ancora mi tenevano ferme il mento, e scuoto la testa.

Non può. Capisco il ragionamento da lui fatto, ma non posso permettergli di metterlo in atto. Io mi ero ripromesso di farlo vincere, non può cambiare tutto all’ultimo momento.

-No, Billie tu devi andartene di qui!-

-In ogni caso me ne andrò, anche se non da vincitore. Ora zitto e fa come ti dico-

Non ribatto, so che sarebbe inutile con lui. Mi limito ad accarezzargli dolcemente una guancia qualche secondo, prima che Billie distolga lo sguardo dispiaciuto e mi ordini di mettermi di spalle.

Sento la sua schiena poggiarsi alla mia e lasciarsi andare, senza più forze ormai. Ci prendiamo un po’ di tempo: chiudo gli occhi e penso alla mia famiglia, a mio padre che mi riteneva spacciato ancor prima che entrassi nell’arena. Deglutisco in un tentativo di mandar giù il groppo che ho in gola, che però non accenna ad andarsene. Mia madre, che l’ultima volta che l’ho vista era in lacrime, disperata perché non accettava il fatto di perdere il figlio così giovane. Anche per lei ero morto già allora. Poi ripenso ai vari ragazzi che frequentavo, gli unici che forse potevo considerare amici, ma che appena una difficoltà si presentava all’orizzonte scomparivano nel nulla senza farsi più sentire.

E alla fine un brivido mi percorre dalla testa ai piedi, quando Billie comincia far vagare la mano in cerca della mia e mi sfiora con i polpastrelli; io la afferro saldamente facendo intrecciare le nostre dita, mentre passo con delicatezza il pollice sul dorso della sua mano.

-Al mio tre-

Chiudo gli occhi reclinando la testa, così da poterla appoggiare sulla sua e esalo un flebile “ok”.

-Uno-

Respiro lentamente, per calmare il cuore, e penso che, molto probabilmente, sta cominciando una rivolta contro Capitol City con questo nostro piccolo gesto. Che poi proprio piccolo non è, visto che si parla della nostra vita.

Io lo faccio per Billie, perché non sarei in grado di vederlo morire, ne uscirei con la coscienza sporca. Lui invece? Lo fa per me? Per i miei stessi motivi? Qualcosa mi dice di sì, ma, non so, non ne sono pienamente certo.

 Forse lui sa che facendo così piazzerà il trampolino di lancio per una futura rivoluzione. La speranza che questi saranno gli ultimi Hunger Games a cui la gente dovrà assistere. Noi due gli ultimi a morire all’interno dell’arena.

-Due-

Incastro definitivamente le nostre dita, affondando le unghie nel dorso della mano di Billie: lui fa altrettanto.

Mi porto la bacche alla bocca, pronto ad ingurgitarle non appena sarà il momento.

Sento qualcosa che mi spinge in gola, parole mai dette prima e che mai verranno sentite. Vorrei dirglielo e morire senza rimpianti, ma la vergogna supera il coraggio, in questo momento. Non sarei in grado di proferire parola. Purtroppo.

-Tre-

Entrambi gettiamo, con un rapido movimento del braccio, la manciata di Morsi della Notte sulla lingua, e velocemente prendiamo a masticare: il sapore è dolce, ma ancora non voglio ingoiare il loro succo. Una vocina dentro di me mi dice di non farlo.

Però oramai ci siamo quasi, meglio sbrigarsi e finirla velocemente.

-FERMI!-

Un grido mi fa bloccare all’istante, e anche Billie sento che s’irrigidisce; desidero con tutto me stesso che non le abbia già mandate giù, proprio ora che un piccolo barlume di speranza sembra si stia facendo largo.

-Fermi!! Non fatelo!-

Il cuore smette di battere, neanche lui vuole rovinare questo momento con il suo incessante rumore che mi rimbomba nelle orecchie.

Forse… forse abbiamo vinto su Capitol City.

-Signori e signore… ecco a voi i vincitori dei settantaquattresimi Hunger Games-

Lo dice con poca convinzione, ma io sto scoppiando di gioia.

Io e Billie ci lasciamo e sputiamo a terra tutto ciò che avevamo in bocca; lui mi passa tremante la borraccia con l’acqua, non dopo aver fatto qualche gargarismo frenetico.

Faccio lo stesso, senza quasi riuscire a respirare, e alla fine ci rialziamo entrambi ansanti e ancora scioccati.

Credo di aver bisogno di un po’ di tempo per assimilare il tutto.

Billie’s P.O.V.

Da quando siamo usciti dall’arena tutto mi sembra così poco reale, come se l’intero pianeta fosse avvolto da un’aura mistica che mi fa vedere ogni cosa con gli occhi di un bambino di tre anni, che sta scoprendo il  mondo e si sorprende di fronte a tutto, dai palazzi alti appena fuori dal portone di casa, al battito d’ali di una farfalla.

Sento che ogni minimo dettaglio è stato creato apposta per me, per le mie esigenze e per continuare a sbalordirmi senza mai stancarmi.

È stato incredibile, perché siamo stati accolti come eroi. Io non mi vedo come un eroe. Io sono me stesso, Billie Joe. Il cacciatore del Distretto 12. Non voglio che la gente mi consideri in un modo diverso solo perché sono uscito vivo dagli Hunger Games.

Io voglio dimenticare quest’orribile esperienza, e loro così non fanno altro che riportarla vivida alla mia mente, anche se poi si è conclusa solo pochi giorni fa.

Ora infatti siamo sul treno che ci riporterà a casa, ma solo provvisoriamente: ci daranno il tempo di riabbracciare i nostri cari, e poi dovremo partire per il Tour dei  Vincitori; attraverseremo tutti i Distretti, dal primo all’ultimo, presentandoci alle folle. Non so dove troverò il coraggio per guardare negli occhi i genitori dei ragazzi che sono morti, che magari ho ucciso proprio io.

Mi alzo dalla poltrona sulla quale sono seduto, e mi dirigo verso un finestrino: mi perdo a osservare il paesaggio che sfreccia a una velocità assurda, del quale riesco a distinguere solo alcuni colori, come il verde, il giallo e l’azzurro, che in sottili linee scorrono sotto i miei occhi.

-Tutto bene?- con Mike non ho più parlato in questi giorni, non mi sento pronto ad intraprendere un discorso con lui, non dopo quello che ho tentato di fargli.

-S-sì…- so di suonare poco convincente, poiché in una misera sillaba la voce mi si spezza a metà, portandolo ad insinuare una mano tra i miei capelli per consolarmi, facendomi però solo rabbrividire.

-So come ti senti… i Giochi mi hanno cambiato, purtroppo. Hanno lasciato un brutto segno in me, che mai riuscirò a cancellare…-

-Io non la penso così. Tutto quello che hanno lasciato in me… voglio eliminarlo. Io voglio dimenticare, Mike, non potrei vivere il resto dei miei giorni con i ricordi del tempo passato nell’arena- abbasso lo sguardo ai miei piedi, e lui fa scorrere le dita lungo la mia schiena, fino a riportare il braccio molle lungo la sua figura.

-Io invece non voglio dimenticare tutto, Billie- mi guarda diretto negli occhi, capisco al volo a cosa si sta riferendo.

Ovvio che nemmeno io voglio scordarmi di quello che c’è stato. Ma qualcosa in me mi dice di non rischiare, di tornare a casa proprio come ero partito.

Niente paure, niente morti sulla coscienza.

Niente Mike.

-Michael…- solo dal tono che ho utilizzato, e dal fatto che l’ho chiamato col suo nome per intero, credo abbia capito. Infatti il suo sguardo si fa più truce e si mette sulla difensiva. So di stare per spezzargli il cuore, e forse di star per distruggere in mille frammenti anche il mio, proprio come quella volta che pensavo di averlo perso per sempre sotto la lama di quel coltello. Ma non ci do peso.

-C-cosa?- silenzio, non dico nulla, non ne ho la forza.

-Billie… mi hai preso in giro per tutto il tempo, vero?-

-Volevo che tornassimo entrambi a casa- non ci credo nemmeno io.

-Se è solo per questo allora tanto valeva che mi lasciassi morire lì dentro, ne sarei stato più felice-

-No Mike, io…- faccio vagare lo sguardo, e tiro fuori tutto il coraggio che ho per pronunciare queste parole -se lo avessi fatto, il nostro Distretto mi avrebbe considerato per sempre un ignobile egoista-

-È per questo che lo hai fatto??- serra la mascella per non esplodere, ma è arrabbiato, e si vede. Sto sbagliando e lo so, ma sento di non poter fare altro.

-B-bene. Quindi è finita. No anzi, in realtà non è vero, visto che tra noi non è mai iniziato nulla. Addio- mi volta le spalle, mentre io mi sento corrodere dentro. Prima che possa aggiungere altro ci raggiunge Matt, che appoggia una mano sulla spalla di ognuno.

-Cosa sono ancora queste facce da funerale? Avete vinto gli Hunger Games, su con la vita- annuisco a vuoto, senza neanche aver compreso pienamente le sue parole. Sono ancora troppo concentrato su Mike, che piano ora si sta allontanando, e non solo in senso fisico.

Penso, e una piccola parte di me mi urla di non lasciarmelo scivolare via dalle mani. Ma non faccio nulla per non permetterlo, resto lì a fissare la sua figura camminare e scomparire dalla mia visuale. Forse per sempre.

 So di aver appena commesso l’errore più grave di tutta la mia vita.

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