A Passion for the Absolute

di pirateforhire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Penso si sia intuito che ho un piccolo debole per Courfeyrac, perciò ecco un'altra traduzione, un po' più lunga. I personaggi sono caratterizzati talmente bene che mi sembrava un peccato non far conoscere questa ff al fandom italiano di Les Mis :3

A voi il link per l'originale : http://www.fanfiction.net/s/5513243/2/A-Passion-for-the-Absolute


Buona lettura!
Le recensioni sono sempre gradite, anche se negative!



1.

A posteriori, pensò Courfeyrac, saltando da una finestra del secondo piano di un appartamento in Rue de les Clefs e poi nella strada dietro all’edificio, Combeferre aveva ragione.

Combeferre aveva frequentemente ragione, il che lo faceva diventare davvero insopportabile alle volte, perché lui non si prendeva nemmeno il disturbo di confutare le spiegazioni altrui, lui trovava, senza alcuno sforzo, una frase pungente che faceva crollare qualsiasi spiegazione di chi gli stava davanti. Combeferre aveva, dunque, fatto notare che dopo il duello con il monarchico il martedì precedente, Bahorel doveva tenere un profilo basso per almeno una settimana invece di andare da un simpatico commerciante che sapeva come creare polvere da sparo.
In più non era davvero necessario trovare cartucce, fino a che avevano la polvere da sparo; Courfeyrac non aveva da dire niente a proposito delle nuove restrizioni sulla liberà di stampa e la piega che avevano preso gli eventi politici e, sfortunatamente, Combeferre non aveva opinioni a proposito del fallimento della polizia; tutta quella discrezione aveva convinto Courfeyrac, Jehan, Bahorel, Bossuet e Joly a trovare qualcos’altro da fare quella sera, il che aveva portato alla volontaria defenestrazione di Courfeyrac.

Mentre Joly era ad informare Enjolras dei loro progressi e a scoprire a quale gruppo di lavoratori Enjolras avesse chiesto aiuto per la realizzazione di dette cartucce, Courfeyrac, Jehan, Bahorel e Bossuet avevano scoperto che il loro commerciante aveva fatto due grossi errori: uno, aveva comprato salnitro e zolfo invece di rubarli dal laboratori degli studenti e due, aveva menzionato in un Café che non capiva come mai i ricchi proprietari terrieri avessero ottenuto due voti e il lavoratore medio nessuno. Non sembravano errori pericolosi, e tutti loro, ad eccezione di Bahorel, furono estremamente sorpresi di scoprire che la polizia aveva messo insieme correttamente quei due stracci di prove, concludendo che il commerciante era coinvolto in una rivolta armata. La figlia dell’ostessa, che aveva un imbarazzante cotta per il commerciante, corse di sopra per informarli che sua madre aveva lasciato entrare la polizia nel foyer. L’ostessa fu sconcertata dall’arrivo della polizia che la interrogò, lei disse solo che il commerciante a cui erano tanto interessati aveva un paio di amici come ospiti e niente più, poiché Jehan interruppe il racconto per informarli che c’era qualcuno che saliva le scale.

Fu allora che Courfeyrac saltò fuori dalla finestra con due fiaschette di polvere da sparo, inutilizzata.

A posteriori fu una cosa estremamente stupida, ma ancora, l’intero pomeriggio fu stupido a posteriori. Diavolo, la maggior parte delle cose che Courfeyrac fece risultarono stupide, il tutto sempre a posteriori. Guardare le cose a posteriori era come avere un Combeferre in miniatura dentro la testa, che viveva solo per fargli notare che aveva l’elasticità mentale di un tricheco.

«Jehan! Le cartucce!» sibilò Courfeyrac una volta alzatosi in piedi.
Jehan apparve alla finestra, gli occhi spalancati, gli si poteva leggere il panico in volto. Dietro di lui il commerciante urlò «Sapevo che avrei solo ottenuto urina fetida, lo sapevo!»
«D-d’accordo» disse Jehan. «Bossuet e Bahorel stanno bruciando i volantini fingendo di fare un toast. Posso venire con te? L’ostessa ha detto solo ‘un paio di amici’ quindi solo due di noi devono restare.»

Courfeyrac iniziò a nascondere le fiaschette nelle tasche interne della sua giacca. «Si, passami le cartucce!»

Bahorel spinse Jehan di lato e fece cadere la federa di un cuscino, piena di cartucce, proprio accanto a Courfeyrac. «Le hai prese? Qui c’è il tuo cappello, ed ecco il tuo cappotto…» Courfeyrac si slanciò per prendere tutto, e si tolse da sotto la finestra, proprio mentre Jehan cadeva sgraziatamente sul terreno.

«Tutto bene?» chiese Courfeyrac cercando di issare in piedi Jehan, tenendolo per un gomito.

Jehan annuì. «Come ha fatto Satana? Cadere è piuttosto doloroso!»

«Attraverso la composizione di liberi versi.», rispose Courfeyrac, avvolgendo il suo cappotto attorno alla federa, per nasconderla. «Se non ci affrettiamo saremo noi i prossimi a cadere.»

«Non c’è niente di terrificante nella tomba,» lo rimproverò Jehan, facendosi strada lungo Rue Gracieuse. «E’ un sonno sublime, una caduta infinita dentro l’abisso, dove la produzione di ver- » Courfeyrac non era sicuro se Prouvarie intendesse vermi o versi, o entrambi  poiché lo interruppe. «…la strada è sgombra.»

I due percorsero lungo Rue Gracieuse e cercarono di apparire normali, per quanto potevano, dato che Jehan era vestito come un cosacco e, nonostante il freddo, Courfeyrac portava il cappotto appoggiato sul braccio invece che sulle spalle. Il ragazzo doveva lottare per non tremare.

Non c’erano molte persone che potessero notarli; era un venerdì sera, era freddo e i Cafè e i bar nelle vicinanze di Rue Mouffetard erano aperti.

«Rue Mouffetard.» disse Courfeyrac,  ma immediatamente serrò la mascella per  impedire ai denti di battere. «Sai, questo tempo è più freddo degli sguardi di mia zia Mathilde. Se solo le strade fossero più corte! Ho disperatamente bisogno di un bicchiere di vino!»

«Siamo seguiti?» chiese Jehan, guardandosi alle spalle.

Courfeyrac, senza dare nell’occhio, rallentò, fingendo di essersi perso e diede una rapida occhiata alla strada. C’era un fattorino, diversi portoni più indietro, che chiacchierava con un altro uomo, un ragazzo di stalla dall’aria annoiata tratteneva i cavalli frementi e….Oh diavolo, un gendarme stava camminando verso di loro. «Più veloci che possiamo, via dalla strada.» borbottò Courfeyrac.

«Vorrei che Bahorel fosse qui,» disse Jehan. «Lui odia perdersi una rissa.»

Courfeyrac fece una smorfia. «Vorrei poter condividere questa opinione. Ho promesso solennemente a me stesso che questo mese non avrei perso nessun capello, e sono certo che lo perderò scappando da questa guardia.»

Jehan tirò Courfeyrac lungo la strada. «Mouffetard è da questa parte. Anche se odio farlo, dobbiamo confonderci con la massa di studenti di legge ubriachi.»

«Oh diavolo, ci sono Joly, Enjolras e…Combeferre» Courfeyrac trasalì; erano alla fine di Rue Mouttefard anche loro, e non c’era nessuna folla in cui confondersi. «E Combeferre aveva ragione, ancora una volta, lascerà correre o dovrà girare il coltello nella piaga?»

«Penso che il gendarme si stia avvicinando.» disse, ignorandolo, Jehan, studiando attentamente l’ombra della guardia e quella di Courfeyrac stagliarsi contro il muro di pietra. «L’ombra della morte incrocia le nostre. Courfeyrac, uno degli insegnanti mi ha detto che Enjolras era già su una lista-»

«Saint-Michel, vecchio compagno!», esclamò Courfeyrac  guardando Enjolras, che li aveva visti e aveva iniziato a muoversi verso di loro; Combeferre e Joly erano rimasti fermi sotto la luce di una lampada appesa.
«Non indovinerai mai che cosa mi ha seguito a casa- un vecchio bassotto che devo scrollarmi di dosso.» sussurrò.

Enjolras, Combeferre e Joly vennero avanti.

«Chi siete voi?» chiese Joly

«Colui che fa cadere sempre inchiostro sulle mie notte di letteratura di Blondeau.» rispose Enjolras fingendo uno sguardo sprezzante. «Ignoratelo, signori.»

«Con piacere,» disse Combeferre, fingendo di sgranchirsi le braccia portandole sulla testa, e puntò al vicolo più vicino. «Penso che dovremmo chiamarla ‘la notte dopo l’ultimo sigaro’.»
 
«Penso di averne un po’ » disse Joly, che, facendo un gran consumo di sigari, si mise a cercare nelle sue tasche mentre Courfeyrac portava Jehan in una parte più affollata della strada. Non era ancora riuscito a raggiungere i pochi studenti quando sentì una mano sulla sua spalla.

Courfeyrac quasi fece cadere le cartucce. «Oh Dio!»

«Non esattamente, » disse il gendarme esaminando Courfeyrac, sospettoso. «Vi ringrazio comunque per il complimento.»
 
«Prego.» disse Courfeyrac cercando di stamparsi sul volto uno dei suoi sorrisi più convincenti. «Mi avete davvero spaventato, la mia amante mi ha beccato a letto con la sua migliore amica e ha cercato di uccidermi per giorni! Sono saltato giù dalla finestra del mio appartamento, poco fa, per cercare di evitarla. Nonostante tutto mi ha trovato.»

«Mi state mi state dicendo che…» disse il gendarme, «…Per evitare la vostra amante sareste saltato giù da un palazzo in Rue des Clefs?»

«Si.»

Il gendarme non aveva rimosso la sua mano dalla spalla di Courfeyrac, il che rendeva il ragazzo molto nervoso e ora guardava Jehan. «E avete pensato di portare un amico con voi?»
 
«Vi correggo, la migliore amica,» disse Courfeyrac, lasciando sorpreso Jehan. Il giovane ammiccò al gendarme e abbassò la voce come si fa quando si cospira. «Una ragazza affascinante, ha lasciato che la travestissi come volevo.»

«La vostra amante è davvero mascolina.»

«Be, non avete tutti i torti, ma al buio non importa che volto abbia, dico bene?»

«Mascalzone!» squittì Jehan, nascondendo il viso nelle proprie mani. «Voi eravate quello che mi voleva vestita da uomo!! Vi ho detto che tutti avrebbero pensato che fossi un ragazzo, ma noooo, se andava bene per le eroine di Shakespeare..!»

La guardia rimase scettica. «Quindi non avete salnitro o zolfo con voi?»

«Dopo tutto questo dramma romantico,» rispose Courfeyrac «non sarebbe male finire a Saltpeterie*»

«O forse, con la vostra storia, finirete semplicemente a La Force, » risposte il gendarme spingendo Courfeyracc dentro al vicolo. «E’ stata una rappresentazione interessante, ma vi consiglio di studiare il saggio di Coleridge sulla sospensione del credito dato ad una persona.»
Courfeyrac sentì il suo sorriso congelarsi sul volto. «Ammetto che sia difficile da credere ma-»
«Ma credo che l’ufficiale in comando la troverà ancora più difficile da credere,» replicò la guardia, «Venite con me.»

«Preferirei di no,» disse Courfeyrac mentre Jehan, terrorizzat, guardava verso Joly, lungo la strada. Combeferre si sbracciò per far voltare Courfeyrac verso destra. Al ragazzo ci volle solo un momento per interrompere il contatto visivo con il fin troppo intelligente gendarme; c’era un vicolo alla sua destra, appena illuminato e correntemente occupato da uno studente ubriaco.
 
«Come preferite,» disse il gendarme gettando un’occhiata a Jehan, «Non ho potere decisionale in
questo. Ma so che avete qualcosa da nascondere sotto quel cappotto. Potete consegnarmela oppure no, in tal caso mi limiterò a perquisirvi portandovi via anche i vostri volantini illegali.»

Courfeyrac non voleva davvero finire in prigione e aveva qualche difficolta a spiegarlo al gendarme che, tenendolo con forza, aveva iniziato a trascinarlo lungo la strada.

«-vi siete fatto davvero un’idea sbagliata di me; liberalismo e libertinismo non sono intercambiabili-»

«Oh, finirete decisamente a La Force,» disse il gendarme, spingendo lo studente ubriaco via dalla strada e causando al poveraccio la caduta della sua bottiglia sul selciato, dove si frantumò. Lo studente imprecò ma li lasciò passare e il gendarme, invece di cogliere al volo l’opportunità di sbattere Courfeyrac contro il muro, imprecò e balzò indietro, mentre grandi gocce di vino finivano sulla sua uniforme. Courfeyrac colse l’opportunità per scartare di lato.
Il gendarme sobbalzò, vedendo Jehan che cercava di mantenere l’equilibrio.
Jehan si mantenne in piedi, raccolse le cartucce e corse dietro Courfeyrac.

«Corri!» urlò Courfeyrac, prendendo le cartucce dalle mani di Jehan. La veste da cosacco si rivelò sorprendentemente utile in questa occasione, aveva moltissime tasche nascoste , utili per portare via le cartucce e la polvere da sparo.
«Sposatati!» Enjolras afferrò Courfeyrac per un braccio e lo tirò di lato.

Combeferre gli avrebbe in seguito spiegato, con il tono calmo da dottore che usava quando aveva difficoltà a controllare le proprie emozioni, che il gendarme si era drizzato in piedi, aveva tirato fuori una pistola e puntato su Jehan.
Courfeyrac si ricordava solo vagamente quei momenti, o meglio, aveva solo dei piccoli flash, sapeva che il gendarme stava facendo qualcosa e che Jehan era nei pasticci quindi lui, Courfeyrac, doveva intervenire. Tutto ciò era poi finito in un’idiota corsa in avanti mentre il gendarme premeva il grilletto.

Siccome Enjolras aveva spinto Courfeyrac da parte, il proiettile si era piantato nella sua coscia anziché nel suo stomaco, ma la gamba di Courfeyrac cedette sotto il suo peso e lo fece cadere sui cocci della bottiglia frantumata.

In quel momento, comunque, Courfeyrac non si accorse di niente di tutto questo. Il gendarme si era mosso, Courfeyrac aveva avuto l’improvvisa impressione che Jehan fosse in pericolo e poi c’era stato un improvviso dolore e, oh Dio, la sua gamba andava a fuoco, cosa diavolo era quello? Oh, c’era anche del vetro in mezzo a tutto quel sangue e faceva male da morire. Per di più era per terra, senza il suo cappello (Dannazione, sarebbe riuscito a tenerne uno per più di un giorno?!). Il giovane strinse i denti per non gridare.

«Lasciate la vostra arma.» disse Enjolras e Courfeyrac realizzò a malapena che era in corso una sorta di rissa. Enjolras respirava velocemente, cosa che raramente accadeva. «Avete sparato ad un civile disarmato, lasciate la vostra arma.»

«Chi siete v-»

«Tre.»

Il gendarme imprecò, ma ormai aveva già sparato ed era troppo buio per ricaricare la pistola.

«Due.»

«Ma voi-»
«Il vostro tempo è finito.» disse Enjolras e, evidentemente, fornì qualche argomento non verbale e piuttosto convincente dato che il gendarme fece cadere la sua arma e corse via. Courfeyrac non era completamente certo di cosa stesse accadendo, qualcuno lo girò improvvisamente e lui colse odore di sapone fenico.

Ah, Joly e Combeferre, gli studenti di medicina al salvataggio, pensò Courfeyrac, aggrappandosi disperatamente ad ogni sorta di buonsenso che gli rimaneva.

Joly iniziò nervosamente a parlare. «I negozi sono chiusi a quest’ora della sera e siamo gli unici sulla strada. Nessuno ha visto ad eccezione dell’ubriaco e penso che dubiti di tutto ciò che vede, date le sue condizioni.»

«Dove ti fa male?» chiese Combeferre, mettendo una mano sulla fronte di Courfeyrac, per cercare segni di contusioni o bernoccoli.

 «Oh, nel profondo, nella mia anima.» disse Courfeyrac «Ho perso un altro cappello e avevo giurato solennemente a me stesso che avrei cercato di tenermi questo!»

«Stabile, cosciente, ferito da un proiettile alla coscia destra.» mormorò Joly, facendo scivolare via le mani di Courfeyrac dalla sua gamba. «E…Oh cielo Courfeyrac, come hai fatto? Ci sono pezzi di vetro nella gamba.»

«Non andare alla cieca,» disse Combeferre, «Potresti allargare la ferita ed aumentare il sanguinamento. No, no! Non provare ad alzarti Courfeyrac! Joly, aiutami a portarlo.»

Joly e Combeferre si erano messi subito a lavoro con una serietà che avrebbe fatto sorridere Courfeyrac se solo la sua gamba non fosse bruciata come l’inferno, e se non ci fosse stato il balbettio ansioso di Joly. Lo studente di medicina spinse Courfeyrac contro il muro sistemandogli il cappotto sotto la testa, per cercare di tenerlo comodo e iniziò a cercarsi dentro le tasche.

«Luce, luce! Dove sono i miei fiammiferi?!»

Courfeyrac tossì all’odore di bruciato e subito una fiammella comparve davanti ai sui occhi. La luce nel vicolo era poca e Combeferre e Joly avevano preferito non rischiare che i passanti vedessero Courfeyrac, quindi non lo avevano portato sulla via principale. La luce mostrò il volto preoccupato di Joly e quello calmo di Combeferre.

«Dove sei stato colpito esattamente?» chiese Combeferre mettendosi più vicino alla gamba di Courfeyrac. «Laccio.»

Enjolras apparì, si slacciò la cravatta e la mise nelle mani di Combeferre che riuscì a stringere la cravatta sulla coscia di Courfeyrac mentre Joly cercava di tenere lontano il sangue dalla ferita con il suo fazzoletto.
 
«Davvero una gran perdita di sangue ma non zampilla, quindi il proiettile non ha preso l’arteria.» disse Joly con un’occhiata a Combeferre per essere sicuro di non aver sbagliato la diagnosi. Combeferre annuì, stringendo ulteriormente la cravatta  attorno alla coscia di Courfeyrac, che  gemette di dolore.

«Servirà a rallentare il sanguinamento.» spiegò Combeferre. «Enjolras, spero proprio che quella guardia non si sia dimostrata così testarda a tal punto da costringerti a donargli un po’ di buonsenso…» Enjolras non rispose, Combeferre sospirò e lo scrutò «Una ferita alla testa, vero?»

«Non una pericolosa.» rispose Enjolras prendendo un fiammifero da Joly e accendendolo. Combeferre fece qualcosa di assolutamente doloroso alla gamba di Courfeyrac e lui non poté trattenersi dal gemere più volte.

«Gonfiore, ferita profonda, rallentamento del sanguinamento e più ferite superficiali causate dal vetro, ad eccezione di…» Combeferre guardò il frammento più grande, conficcato nella parte superiore della coscia di Courfeyrac. Per il ragazzo ferito questo fu troppo ed iniziò ad avvertire una vaga sensazione di nausea. La scheggia non era particolarmente grande ma brillava sinistramente, emettendo bagliori del colore del sangue, sporgeva fuori dalla sua gamba, lì dove non aveva diritto di stare.

«Non voglio rimuoverlo qui, alla fin fine ha mancato l’arteria. Ah già! L’arteria! Devo prendere la pulsazione. Courfeyrac, con permesso…» Courfeyrac annuì e dovette mordersi le labbra per non far uscire un grido mentre Combeferre avvicinava il capo alla coscia.

Joly gli pizzicò la caviglia. «L’hai sentito questo?»

«…Si?.»

«Nessun danno ai nervi, dunque, solo un po’ di insensibilità, spero.» Joly si strofinò il naso. «Muovi la gamba, Combeferre? Pensavo che quella tecnica si potesse applicare solo al petto.»
«C’è un’arteria nella gamba,» replicò Combeferre. Prese l’orologio ed Enjolras, senza che gli venisse chiesto, avvicinò il fiammifero all’orologio di Combeferre. «puoi applicare lo stesso principio. Se me lo permetti, Courfeyrac, dovrei controllare l’altra gamba, per vedere se le pulsazioni sono le stesse.»

«Qualsiasi cosa significhi…» disse Courfeyrac.

«Joly, va’ e vedi se riesci a trovare una carrozza. Dammi la tua fiaschetta prima, che c’è dentro?»
«Brandy,» disse Joly, frugandosi nelle tasche di nuovo. Tirò fuori la boccetta e la tese a Combeferre, «E’ un buon anno, non sprecarlo.»

Joly corse via, lasciando Courfeyrac il quale aveva terminato il brandy in un solo sorso, facendo sospirare Combeferre.

Courfeyrac abbandonò la propria testa contro la parete, grato per il cappotto di Joly, e si costrinse a respirare più lentamente che poteva. Dannazione, la sua gamba faceva male. Era difficile pensare a qualcosa di intelligente da dire. Cercò di ricordarsi la trama di quella novella gotica che aveva letto il pomeriggio prima,  lasciata al punto in cui l’eroe (che nell’immaginazione di Courfeyrac, assomigliava molto a Courfeyrac stesso. ) salvava, vittorioso, l’eroina priva di qualsiasi caratterizzazione, se la stava ripetendo per la terza volta quando realizzò che Combeferre e Enjolras stavano parlando di lui.

«-rischieremmo troppo.»

«Coumbeferre, hai detto tu stesso che quelle ferite richiedono un intervento chirurgico. Io mi fido di te e Joly, ma avete gli strumenti necessari per una cosa di questa delicatezza?»

«Potremmo cercare di entrare al Necker,» disse Combeferre esitante, «ma cosa diremmo? Che Courfeyrac è....rimasto coinvolto in una scazzottata al bar?! E’ sulla lista di coloro che vengono guardati a vista, Enjolras, ci saranno molte guardie qui, tra poco, che cercheranno un potenziale ribelle in Rue Mouffetard, e anche se riuscissimo a portarlo via prima dell’arrivo della polizia non potrei portare dentro qualcun con ferita da arma da fuoco, risulteremmo sospetti.»

«Ci sono dei gendarmi alla fine della strada,» disse Joly, ansante, la sua voce quasi soffocata dal passaggio di una carrozza. «Avranno sentito lo sparo e stanno cercando da dove proveniva, penso che Jehan stia bene, si starà nascondendo da qualche parte. La carrozza è qui.»

Enjolras disse «Combeferre, andate in carrozza fino al Necker, prendi i tuoi attrezzi ma aspettate un po’ ad uscire dall’ospedale, ci incontriamo…»

«Al mio appartamento?» si offrì Joly.

«Ah, mi ospitate anche, dottore?» mormorò Courfeyrac rivolgendosi a Joly, la sua gamba faceva male da morire e lui voleva disperatamente smettere di pensarci. «Combeferre, mio vecchio amico, sei troppo gentile.»

Combeferre strinse la mano di Courfeyrac. «Sarò di ritorno appena potrò.»

Courfeyrac aprì gli occhi per vedere Combeferre alzarsi e avanzare verso la carrozza, fermandosi solo quanto bastava a Joly per dire «Va’ senza di me. conosco Rue Mouteffard. Cioè, non quanto Grantaire ma la conosco. Se andiamo da questa parte raggiungeremo Rue Nouveau de Saint Genevieve e prenderemo un’altra carrozza o vicino all’ospedale o anche in Rue d’Ulm se Courfeyrac riuscisse a camminare.»

«Che orrendo scherzo,» disse Courfeyrac, spingendo il cappotto di Joly via da sotto la sua testa per passarglielo. «Va’, Combeferre. La polizia non mi ha completamente privato dell’uso delle gambe.»

«Trattieni la carrozza fino a che non saremo avanzati almeno un po’» disse Enjolras sottovoce, afferrando Combeferre per un braccio.

Combeferre annuì ed uscì dal vicolo. Courfeyrac iniziò a cercare di alzarsi e di stare in posizione eretta senza poggiare peso sulla gamba ferita. «Dov’è il tuo appartamento Jolllly?»

«All’Hotel Saint-Jacques…Courfeyrac, mi prometti di non provare a sedurre Musichetta?»

«La tua amante vive con te, Jolllly? Che spudorato.»

«Si, vive con me. Passiamo ogni notte assieme, come lei sottolinea sempre, dovresti saperlo. E’ anche molto meno costoso pagare per l’appartamento in due, invece che da solo. So che non lo faresti mai di proposito, Courfeyrac, ma mi prometti di non portarmela via? Sai che effetto fai alle ragazze e per questa io vado davvero pazzo.»

«Obietto, Jolllly! Metti in guardia me quando Bossuet flirta con lei spudoratamente?»

Joly arrssì, «Con Bossuet è diverso.»

«Ah, dici diplomaticamente che io sono più bello di lui.»

«No quest- Courfeyrac?»

Courfeyrac si era alzato in piedi, ma era inciampato non appena si era staccato dal muro. Non poteva appoggiare il peso su entrambe le gambe e la sua testa girava come se avesse appena preso parte ad una gara a chi beveva di più con Grantaire. Courfeyrac avvertì la mano di Joly sulla spalla, lo reggeva in piedi e qualcuno gli poggiò una mano sulla sua vita che il ragazzo, piuttosto stordito, pensò essere quella di Bossuet, perché dove c’era Joly c’era Bossuet e perché Courfeyrac era abituato alla compagnia di quei due.

«Bene,» cercò di dire Courfeyrac. «un poco…ah, passami il….le tue ali, Jolllly, mio caro compagno. Dopo questo nostro scontro con il governo non ho che una gamba su cui reggermi in piedi.»

Sentì Joly scivolare sottò il suo braccio. Joly era più basso di Courfeyrac e stava precisamente sotto la sua spalla e il ragazzo poteva appoggiare la guancia sulla testa di Joly. La differenza di altezza era meno evidentemente con Bossuet, ma Courfeyrac perse il filo di quella comparazione perché provò a mettere un po’ di peso sulla gamba ferita e, diavolo, fu veramente una pessima idea. C’era Joly sotto il suo braccio sinistro, come doveva essere, odorava di sapone fenico e brandy, e dall’altra parte c’era….non era Bossuet, c’erano capelli. Questo significava che non era Bossuet.

«Non sono abbastanza ubriaco per affrontare tutto questo.» disse Courfeyrac «e le fiaschette che ho nelle tasche contengono solo polvere da sparo.»

«La generazione futura loderà il tuo sacrificio.» disse Enjolras. Courfeyrac non riuscì a capire se Enjolras fosse divertito o meno e realizzò, stupidamente, che era stato Enjolras e prenderlo per la vita e ad aiutarlo lungo la via. Courfeyrac iniziò a sentirsi parecchio stupido, il che non era mai una sensazione piacevole, soprattutto unita al dolore pazzesco che provava alla gamba.

Courfeyrac non sapeva perché non avesse pensato ad Enjolras, prima, e imputò la cosa al fatto che stava diventando incredibilmente arduo pensare a qualcosa che non fosse il dolore che provava. Quello stato di semi-coscienza lo faceva riflettere su cose incredibilmente stupide come la prima volta che lui ed Enjolras erano incontrati, Courfeyrac aveva scambiato l’atteggiamento distaccato dell’altro per una totale chiusura nei suoi confronti e aveva capito che ad Enjolras non piaceva affatto essere toccato da altre persone, ecco perché non avrebbe dovuto avere il braccio attorno alla vita di Courfeyrac.

Comunque, il braccio di Enjolras era lì, e Courfeyrac iniziava a sentirsi vagamente delirante perché la sua gamba bruciava ogni momento di più. Strinse i denti e si sforzò di pensare a qualcosa di diverso.
I capelli di Enjolras – che avevano bisogno di essere tagliati, Enjolras lo dimenticava sempre – strusciavano contro la guancia, poteva pensare a questo.

Enjolras era sorprendentemente delicato e comunicativo nei gesti. Poteva trasmettere tanto con un tocco sulla spalla, uno strattone al braccio o una stretta di mano. Courfeyrac era rimasto sorpreso da quel particolare perché, secondo lui, Enjolras era molto restio a toccare la gente. Non si muoveva se non era necessario, non parlava a meno che non avesse qualcosa da dire. C’era sempre stato un muro tra Enjolras e il resto del mondo, muro che poteva essere scalato solo menzionando la Repubblica. La Repubblica occupava interamente la realtà di Enjolras; gli dava ideali e principi su cui basarsi. Chiunque poteva parlare con un uomo così, poteva ammirarlo, poteva scherzarci e discuterci ma un uomo così non poteva essere toccato da chiunque. Courfeyrac, appoggiandosi quanto più poteva a Enjolras, cercò di mantenersi in piedi.
Andava bene arruffare i capelli di Prouvarie, o appoggiare la testa sulla spalla di Bossuet, o aggrapparsi alla schiena di Combeferre come una sorta di cozza, ma non poteva fare le stesse cose con Enjolras. Non sarebbe stato giusto, sarebbe stata come una violazione.

Courfeyrac fu, comunque, molto compiaciuto nel vedere Enjolras migliorare sotto questo aspetto, dopo un po’ di settimane di amicizia aveva toccato la spalla di Courfeyrac in un silenzioso invito a parlare. Courfeyrac comunicava spesso con i gesti, ma non aveva mai realizzato che Enjolras potesse fare lo stesso. Era un affare delicato – un bacio invece di una stretta di mano, un sorriso invece di un ‘si’, un colpetto sulla spalla invece di ‘Enjolras!’, per attirare la sua attenzione. – ma alla fine aveva avuto successo.

Enjolras ora sorrideva quando Courfeyrac gli prendeva il braccio per una passeggiata al Lussemburgo e offriva volontariamente la sua guancia ogni volta che vedeva il giovane avvicinarsi.

Era strano, pensò, come quei piccoli gesti compiuti dall’alto ed elevato Enjolras, potessero rendere Courfeyrac, di gran lunga più impetuoso, felice.
 Era come se Enjolras riconoscesse il modo di Courfeyrac di interagire con il mondo, era stata una lenta accettazione, come se lo capisse.

«Dovremmo prendere la carrozza qui.» disse Joly fermandosi alla fine del vicolo. Courfeyrac scivolò addosso ad Enjolras, in qualcosa che poteva assomigliare ad un abbraccio, era veramente grato della sua presenza.

Joly, con molta cautela, sfilò via da sotto il braccio di Courfeyrac, assicurandosi che Enjolras riuscisse a reggere il suo peso prima di correre a cercare una carrozza. Courfeyrac, il proprio braccio destro attorno alle spalle di Enjolras, affondò il volto nel colletto del cappotto dell’altro uomo.

Enjolras strinse la presa sui fianchi di Courfeyrac e dopo un momento appoggiò la propria guancia sulla testa del giovane.

Non disse niente ma, forse, fu meglio così. Courfeyrac era troppo stanco per parlare il che era un evidente segno che qualcosa non andava ed era estremamente grato per quel briciolo di contatto. Quando era triste o malato, Courfeyrac cercava disperatamente contatto. Doveva toccare, abbracciare, venire coccolato da qualcuno che gli dicesse che tutto andava bene, che non era solo ed era amato.

Courfeyrac voleva davvero ringraziare Enjolras, ma non riusciva a trovare le parole per farlo. Strinse leggermente la presa attorno alle spalle di dell’amico, invece, ed Enjolras sembrò capire dato che strinse più forte Courfeyrac.

Courfeyrac sentì i passi di Joly, veloci, leggeri e leggermente ansiosi, poi udì un paio di cavalli nitrire e un rumore di zoccoli battere sulla strada.  «Eccola, andiamo.» disse Joly. «Grazie Enjolras – Vieni Courfeyrac, metti un braccio attorno alle mie spalle e…oh diavolo, le scale! Salgo prima io, poi lo aiutiamo a salire, penso sia meglio.»

Fecero come Joly suggeriva, il che funzionò ma fece scivolare Courfeyrac lungo disteso contro la pelle screpolata del sedile della vettura. La carrozza iniziò a correre lungo il selciato sconnesso.
Courfeyrac mantenne gli occhi chiusi mentre sentiva scivolare via la presa dalla sua coscienza.

«Vi ringrazio sinceramente per tutta la vostra sollecitudine, signori,» disse Courfeyrac, nel tono più aristocratico e gentile che riuscì a trovare, «ma temo di dover ripagare la vostra compagnia con grande maleducazione e svenire.»

Courfeyrac fece prontamente ciò che aveva detto.


*In inglese salnitro si dice ‘saltpeter’, quello che Courfeyrac fa sarebbe, in Inglese, un gioco di parole.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Il link per l'originale di questa bellissima ff lo trovate nel primo capitolo!
Buona lettura. :3


2.

Courfeyrac riuscì a riscuotersi dal sonno. L’orlo della camicia strusciava contro la coscia, che bruciava enormemente, e aveva freddo. Cercò a tentoni la coperta che teneva in fondo al letto e realizzò che non era a casa sua, il ragazzo iniziò quindi a cercare la ragazza che sarebbe dovuta essere a suo fianco, come d’abitudine.

Chiuse la mano attorno a qualcosa simile a…peli di topo? No, troppo solidi per essere peli di topo. Courfeyrac aprì gli occhi: calamite?

«Non sono così idiota,» disse il ragazzo, affondando il volto nel cuscino che sapeva di profumo da donna e sapone. Cercò di ricordare cosa aveva fatto la sera prima. «non sono un così pessimo amico. Non ho-»
 
«No, non l’avete fatto.» arrivò la voce divertita di Musichetta.

Courfeyrac guardò attraverso la stanza e lei era seduta accanto al letto, su una poltrona, che cuciva i pantaloni del giovane. Musichetta era di una bellezza quasi esotica, avvolta in scialli dai vaghi motivi orientali con i capelli neri raccolti in una treccia e gli occhi color nocciola luccicanti alla luce della candela. C’era solo un poco di verde nel suo sguardo, quando sorrideva.
Mise giù il suo lavoro, spostò le coperte di Courfeyrac per mostrargli la ferita medicata sulla sua gamba. «Siamo riusciti a pulirla dal sangue e quell’amico di Joly….qualunque sia il suo nome, è riuscito a portarmi qualcosa con cui ricucire la ferita.»

«Questo è disgustoso e formidabile allo stesso tempo.» disse Courfeyrac, «Mi dispiace di avervi tenuta troppo occupata.»

«Non è stato un problema,» disse Musichetta, riprendendo in mano i pantaloni del ragazzo. «Mi calmo sempre cucendo e stavolta ho anche ricucito la vostra gamba.» gli sorrise debolmente. «Mi è piaciuto più di quando avrebbe dovuto. Dovrei trattenermi dal dirvi qualcosa che le vostre amanti vi avranno di certo già detto, ma se non fossi sicura che Joly si butterebbe nella Senna se lo lasciassi…»

Courfeyrac rise. «Ah, mi ha specificatamente chiesto di non provare a sedurvi e portarvi via da lui. A proposito, dov’è?»

«A mettere ossessivamente in ordine l’attrezzatura in salotto e sta parlando con…Ange qualcosa? Quello che sembra essere uscito dai mosaici di una vetrata portando con sé l’aureola. Prima ho passato dieci minuti solo guardando i suoi capelli, come fa a non usare niente per farli brillare così? L’altro studente di medicina che vi ha procurato questi strappi nei pantaloni si sta prendendo un meritato riposo nella stanza di Bossuet. Oh, vi sentite bene? Avete iniziato a svegliarvi subito dopo che….oh qual è il suo nome? Quello di cui blatera sempre Joly! L’altro studente in medicina. Ha cercato di rimuovere il vetro. Avete iniziato a muovervi e quindi Joly è entrato nel panico e vi ha sedato con il protossido d’azoto.»

Courfeyrac sgranò gli occhi «Avevate finito il brandy?»

«Ad essere onesti, si.»

Courfeyrac sorrise. «Ecco com’è fatto Jolllly, cerca sempre di infonderci ottimismo! Ho terribilmente freddo, ma per il resto sto bene.» A quel punto Courfeyrac decise di mettersi seduto e di muovere, quindi, la coscia, quella fu la cosa più stupida fatta dal pomeriggio precedente, compreso il salto dalla finestra e la corsa di fronte ad una guardia pronta a sparare. «Ritiro tutto.»

Musichetta gli offrì un sorriso compassionevole, «Ricordatevi, avete un paio di punti e Joly mi ha detto che non dovevo chiudere completamente la ferita lasciata dal proiettile, quindi quella è ancora aperta.»

«Affascinante.» disse Courfeyrac, «Penso che stiano ancora sanguinando.»

«O forse avete appena riaperto la ferita?» chiese Musichetta.

«Preferisco la mia versione dei fatti.» rispose Courfeyrac spostando ancora una volta le coperte per controllare. «Penso di aver sporcato le coperte in maniera disdicevole, ma facciamo finta che io abbia sanguinato tutto il tempo; farà sembrare la cosa almeno un minimo sensata e mi farà mantenere un briciolo d’orgoglio. »

Musichetta rise facendo scivolare uno degli scialle che teneva sulle spalle, il che rivelò ciò a cui non aveva fatto altro che pensare Courfeyrac, uno scorcio piuttosto gradito del decolleté della fanciulla. «Se la finzione servirà a guarire le ferite del vostro orgoglio allora così sia. Devo chiamare Joly?»

Courfeyrac annuì. «Mi dispiace così tanto buttarvi fuori dal letto e disturbare sia voi che il vostro compagno ma- ah, fa veramente freddo!»

Musichetta si tolse uno degli scialli, simili a quelli di una zingara, e lo mise sulle spalle di Courfeyrac. «Intanto tenete questo, io andrò a vedere se Bossuet è riuscito a tagliare un po’ di legna o se le sue dita sono finite di nuovo nel mezzo.»

«Odio davvero disturbarvi così tanto.» disse Courfeyrac mentre cercava di capire come tenere uno scialle mantenendo un minimo della sua mascolinità.

«Non mi dispiace, davvero.» replico lei e, impietosendosi, gli prese lo scialle dalle mani mettendoglielo sulle gambe, così sembrava quasi una coperta e a Courfeyrac non dispiaceva. «Mi piace prendermi cura delle persone. Se non mi piacesse sarebbe arduo vivere con Joly, non credete?»

«Giusto.» fu d’accordo Courfeyrac. «Un po’ d’acqua per favore, oh Estia, dea della casa e della terra.»

«La vostra allusione è banale- chiamatemi… Rebecca, piuttosto, colei che si reca al pozzo.»

Courfeyrac si buttò la fine dello scialle sulle spalle, con aria drammatica. «Ditemi, Iris, adorna di tutti colori, messaggera degli dei. Penso che qualcuno dovrebbe interpretare Apollo non può mancare, ma non si addice proprio a Joly…Più ad Enjolras. Ehm, bene, sono andato anche troppo oltre.»

«Coraggio,» disse Musichetta con una luce maliziosa negli occhi color nocciola, «non vi siete spinto troppo oltre, ve lo garantisco.»

«D’accordo.»

Musichetta ritornò da Enjolras e Joly i quali sembrarono compiaciuti e sollevati di sapere che Courfeyrac era vivo.

«C’era qualche dubbio che non lo fossi?» chiese Courfeyrac.
 
Joly esitò solo un momento di troppo. «Io…Be’, no, non proprio dato che eri magneticamente allineato con i poli, quindi le tue energia dovrebbero circolare correttamente.»

Nonostante nel salotto ci fosse una stufa a carbone, in camera di Joly c’era comunque un caminetto. Enjolras era in piedi davanti ad esso, i suoi capelli brillavano nella luce mentre guardava Courfeyrac. Il ragazzo ricambiava lo sguardo con un sorriso quasi forzato.

«Stai bene.» disse Enjolras con un pizzico d’incertezza nella voce.

«Più o meno,» confermò Courfeyrac «Non c’è altra legna per il camino? Ho un freddo del diavolo.»

«Del diavolo?» chiese Joly tastando la fronte di Courfeyrac con aria accigliata.

«Certo. Il diavolo è immerso nel ghiaccio, sai, sopra la testa di Giuda Iscariota e….conosco quell’espressione. Stai tentando di nascondermi qualcosa.»

«No,» disse Joly, con un’espressione colpevole in volto, la stessa che assumeva ogni volta che mentiva. «Non…non è niente.»

«Mi hai toccato la fronte e poi hai fatto quella faccia, ho la febbre?»

«…Si.»

«E’ un brutto segno?»

Joly esitò. «Be’, abbiamo operato piuttosto di fretta, avvolto la gamba nei bendaggi non appena Musichetta ti ha ricucito e Combeferre era esausto, dal momento che aveva dovuto rimuovere pezzi del tuo pantalone dalla ferita ma alcuni sono rimasti lì mentre siamo riusciti a prendere la pallottola. Io poi stavo cercando di mantenere costante il dosaggio di protossido d’azoto così che non ti potessi muovere mandando all’aria l’intera operazione e non c’erano abbastanza persone per tenerti fermo e…sanguinavi molto quindi probabilmente è per quello che hai la febbre.»

Courfeyrac fece una smorfia. «Suppongo che vorrai usare su di me quelle sanguisughe…»

«Dai, Courfeyrac, non c’è niente di sbagliato nell’usare le sanguisughe! Dio ha fatto correzioni nella natura, le fa tutti i giorni. Vedendo che l’uomo era nato con troppo sangue in corpo ha inventato le sanguisughe.»

«Che fortuna,» disse Courfeyrac. «Si da il caso che le trovi semplicemente disgustose.»

«Ma sono utili. Chiudi gli occhi e pensa solo che dopo starai bene. Non so se si possa ravvivare il fuoco, ma sono certo di avere un barattolo di sanguisughe sulla mia scrivania. Forse…hm, l’energia viene immagazzinata nelle tue gambe e stimola la circolazione del sangue, non c’è da meravigliarsi se hai la febbre allora! Alcune sanguisughe e poi andrà meglio.»

 Courfeyrac fece un’altra smorfia. «Sto già sanguinando. Possiamo evitare le sanguisughe?»

«Stai già sanguinando?» domandò Joly allarmato. «Posso dare un’occhiata?»

Courfeyrac annuì e Joly scostò le coperte per vedere i bendaggi impregnati di sangue attorno alla coscia del ragazzo.

«Non è un buon segno, vero?» Quando Joly sorrise lievemente in risposta, Courfeyrac insistette. «Quindi ho la febbre quando non dovrei averla e sto sanguinando quando non dovrei, magnifico.»

«Potrebbe essere solo la reazione del tuo corpo per riparare a ciò che è successo.» disse Joly voltandosi verso il tavolo e tirando fuori diversi fazzoletti.

Courfeyrac esitò. «Joly, starò bene, vero?»

Il sorriso di Joly sembrò infrangersi. «Io…» si strofinò nuovamente il naso. «Io lo spero, Courfeyrac. Lascia che ti applichi le sanguisughe, aiuterà e…Penso che dovremmo spostare le calamite in fondo al letto, così le energie attraverseranno correttamente il tuo corpo. Richard Mead ha sviluppato questa teoria sui magneti e le energie non visibili e D’Elson ci ha detto che il corpo ha dei poli. Conosco un modo per cercare di tenere bassa la febbre…hai fame? Cibo freddo e secco, dovremmo avere un po’ di frutta, da qualche parte, in dispensa. Musichetta, ti spiace?»

La ragazza annuì. «Posso portarti una pera, se vuoi. Il padre di Joly ne ha mandate un po’ dal suo frutteto.»

«Dovrei farmi sparare più spesso,» disse Courfeyrac, nonostante iniziasse a sentirsi in maniera terribile e a malapena riuscisse a sorridere. «Non si prendevano così tanta cura di me da quando avevo dodici anni.»

«Devi mangiare solo cibo secco e freddo,» ripeté Joly con una smorfia di disapprovazione. «Devi mantenere le tue energie equilibrate e il magnete non basta.»

«Sei semplicemente geloso del fatto che Musichetta ha un paziente più affascinante del solito.» replicò Courfeyrac con disinvoltura, non riusciva ancora a sorridere, ma riuscì a darsi un’aria di superiorità. «Dovresti solo accettar- Ah! AH! Santo cielo!!»

«Non dovresti scherzare troppo con l’uomo che maneggia le tue bende.» replicò Joly con aria di sufficienza. Musichetta gli stampò un bacio e scomparì in cerca di altre coperte.  Joly riuscì a togliere tutte le bende e iniziò ad esaminare la ferita; Courfeyrac fu piuttosto allarmato dallo scoprire che non aveva una, non due, ma ben tre cicatrici evidenti e mise su il broncio mentre Joly gli spiegava come il proiettile fosse stato rimosso e avesse tagliato un pezzo del muscolo, rendendo più difficile la rimozione della scheggia di vetro. «C’era un netto taglio nella pelle, solo un piccolo danneggiamento al muscolo.» disse Joly, indicando i punti. «Il proiettile è stata la parte peggiore e per di più ti sei appena tolto la crosta, perciò di sicuro avrai una cicatrice lì.»

Courfeyrac continuò con il suo broncio.

«Posizionerò le sanguisughe vicino alla ferita del proiettile per togliere qualsiasi traccia di sangue infetto e se nemmeno questo aiuta dovremo aprire la vena – anche se una vena aperta potrebbe essere un duro colpo per la tua vanità, data la cicatrice che lascerà, e poi potrebbero essere tutti vani tentativi di farti sentire meglio, nonostante tutto.»

«Revoco il tuo privilegio di fare battute fino a che non avrai imparato a non abusarne.» Disse Courfeyrac.

Joly sorrise in risposta e se ne andò per prendere le sanguisughe. Courfeyrac chiuse gli occhi per quella particolare operazione – sapeva che non c’era nulla di male nell’usare sanguisughe, ma lo disgustavano molto. – e serrò i denti fino a che non fu finita. La perdita di sangue l’aveva lasciato stranamente snervato, tanto che si mise un braccio sugli occhi con aria drammatica.

«La febbre dovrebbe abbassarsi tra non molto,» disse Joly, il quale stava facendo qualcosa di strano con le calamite, qualcosa che Courfeyrac era troppo esausto per capire.  «Ad ogni modo, entro domani mattina tutto dovrebbe…risolversi da solo.»

Courfeyrac chiuse di nuovo gli occhi, non sapendo che altro fare. Si sentiva veramente in maniera terribile e la gamba gli faceva male, per di più aveva ancora freddo nonostante Enjolras, nel suo modo competente e silenzioso avesse trovato un po’ di legna nell’appartamento e avesse ravvivato il fuoco. Musichetta gli aveva, invece, sistemato sopra un paio di coperte invernali.

Non gli piacque il tono con cui Joly parlò, che significava che tutto si sarebbe ‘risolto da solo’?!

Significava forse che -

Quel particolare pensiero era troppo orribile per essere espresso a parole. Courfeyrac, con un’indefinita ed insidiosa paura che non si sarebbe mai più mosso da quel letto, iniziò a rigirarsi inquietamente, aspettando il momento in cui si sarebbe sentito meglio; questo non fece altro che allarmare di più Joly, e per poco Courfeyrac non riaprì le proprie ferite.

«Ecco,» disse Joly mettendo un cuscino sotto al ginocchio del ragazzo. «Mettiti a faccia in giù se proprio devi, ma smettila di agitarti come un pesce morente! Sto cercando di riequilibrare le tue energie.»

«Strano, mi sento praticamente privato delle mie energie!» Courfeyrc strinse contro il petto l’altro cuscino che gli era stato dato, cercando di calmarsi. Triste la scelta di parole fatta da Joly, ma non significava certo che -

Courfeyrac gettò fuori dalle coperte l’altro braccio, solo per assicurarsi che funzionasse ancora e sentì qualcuno prendergli la mano. Il ragazzo guardò in quella direzione e trovò Enjolras seduto accanto al letto, con un sorriso calmo e rassicurante. Courfeyrac affondò la testa nel cuscino e strinse la mano di Enjolras con disperazione. Quella stretta era solida e reale, quello era Enjolras, il pilastro di marmo su cui tutti si poggiavano, l’uomo che li conosceva intimamente e sembrava sempre apprezzarli.

Joly finì ciò che stava facendo con i suoi dannati magneti e sistemò le coperte su Courfeyrac, dopodiché sembrò aver finito le cose da fare. Come se fosse un peccato, lo studente in medicina disse «Be’, penso…penso che dovresti dormire un po’.»

«Dovresti dormire anche te.» disse Enjolras, lasciando la mano di Courfeyrac. «Io sto bene, posso vegliare Courfeyrac per un po’.» Quando Joly esitò Enjolras intervenne nuovamente, «Hai consigliato a Combeferre di dormire, ora io faccio lo stesso con te.»

Courfeyrac si ricordava solo vagamente di quella conversazione, attraverso la sonnolenza indotta dai prodotti chimici usati su di lui qualche ora prima; sentì Joly aggiungere qualcosa al dialogo, qualcosa riguardo al fatto che non c’era più niente da fare perciò sarebbe andato a riposarsi anche lui. Courfeyrac sperò che quella fosse solo un’allucinazione.

Il laureando in medicina sistemò ancora una volta le coperte del ferito, «Se vi serve qualcosa io e Musichetta siamo nella stanza accanto.»

«Te e Musichetta….Bossuet non è tornato?» chiese Courfeyrac, cercando di guardare Joly.

L’espressione di Joly parlava da sola. «No, nessuno l’ha più visto dopo l’episodio di Rue de les Clefs. » Joly sembrò realizzare in quel momento che non era possibile rincalzare ulteriormente quelle coperte, dato che c’era Courfeyrac sotto di loro. «Jehan sta bene, comunque. Feuilly ha pensato che lo sparo significasse guai e una ritirata verso uno qualunque dei nostri appartamenti, infatti ha mandato uno dei ragazzini di strada. Musichetta l’ha ricevuto. Sto solo blaterando, scusa, ora dormi. Non discutere, devi dormire anche te Courfeyrac, ti farà bene.» Joly se ne andò chiudendo le porta alle sue spalle.

Courfeyrac cercò di rimettersi sdraiato e provò a dormire un po’, ma era terrorizzato dall’atto di addormentarsi in se, sentiva che se avesse chiuso gli occhi non li avrebbe riaperti mai più.
Forse dormicchiò, di certo perse qualsiasi filo logico dei propri pensieri. C’era solo una vaga paura che non riusciva a placare con il sarcasmo e poi un sacco di altre stupide preoccupazioni: dove erano i suoi genitori, per esempio? Forse avrebbe dovuto scrivere, la sua lettera mensile era in ritardo…Come al solito, d’altronde.
Sentì una mano sulla sua fronte ed Enjolras sussurrò «Courfeyrac, tutto bene?»

«Penso che morirò.» disse Courfeyrac, tremando in maniera incontrollabile. «Che maniera stupida di morire! Non uno straccio di gloria sulle barricate, non una denuncia in un tribunale e una folla di donne singhiozzanti mentre la luce abbandona i miei occhi verdi, nessuno sciame di nipoti viziati che si litigano le mie proprietà e l’elezione suppletiva per l’Assemblea Nazionale, non una donna sconvolta che cerca di farsi una ragione della morte del suo amato. Solo un proiettile nella gamba, i miei genitori da qualche parte al sud, mentre Joly ha un esaurimento nervoso perché gli ho chiesto se andava tutto bene e lui non ha saputo rispondermi. Morirò?»

Nemmeno Enjolras aveva una risposta, ma prese la mano gelida di Courfeyrac tra le sue e la tenne fino a che non fu di nuovo calda.

«Che modo di morire,» riprese Courfeyrac, sorridendo debolmente. «Be’, ho Jolllly che mi darà le ali e tu sarai il mio ange-aux-graces**, non importa quanto risulti stupido e Bossuet, se mai ritornerà, povero amico sfortunato, comporrà una bellissima orazione per il mio funerale. Un uomo non può pretendere amici migliori.» Courfeyrac tremò di nuovo, si sentiva talmente male che gli venne da domandarsi se un uomo si potesse sentire così male e rimanere vivo. «Per favore, distraimi Enjolras. Non posso sopportare ciò che penso, al momento.»

Enjolras guardò la mano di Courfeyrac, aggrappata alla sua in maniera disperata e disse «Che devo….Courfeyrac nessuno di noi può conoscere il futuro. Possiamo ipotizzarlo, possiamo cercare di costruirlo tramite le azioni del presente e le lezioni del passato ma non possiamo sapere cosa ci riserverà…Stai tremando.»

«Ho molto freddo.» disse Courfeyrac, cercando di mettersi seduto, ci riuscì solo con l’aiuto di Enjolras, vanificando il lavoro precedente di Joly, dato che gli caddero di dosso gran parte delle coperte. «Non intendevo interrompere il tuo discorso, sembrava bello. Ora che ti sei fermato, comunque, ti spiacerebbe passarmi l’acqua che Musichetta ha lasciato sul tavolo?»
 
Enjolras fece ciò che gli era stato chiesto e Courfeyrac cercò disperatamente di non tremare mentre prendeva il bicchiere. L’altro giovane non disse niente, né mostro di essersi accorto di niente, posò semplicemente la sua mano su quella tremante di Courfeyrac, così che il bicchiere stesse fermo poi lo posò nuovamente sul tavolo, una volta che il ragazzo ebbe bevuto.

«Posso fare altro?» chiese Enjolras, sedendosi sul bordo del letto, accanto a Courfeyrac.

«Parliamo di qualcosa di leggero.» disse il ragazzo, poiché si era sempre chiesto se Enjolras ci riuscisse.

Enjolras lo guardò con un sorriso, «Non ho molto talento per questo.»

«No? Allora ti insegnerò io. Prendi un argomento a piacere, qualcosa che ti piace.»

«Fraternité

Courfeyrac alzò un sopracciglio. «Oh, è un inizio. Hai fratelli?»

«Certo, tu, Combeferre, Jehan, Bahorel, Bossuet, Joly, Feuilly-»

Courfeyrac quasi sorrise. «Intendo di sangue.»

«No.»


«Sorelle?»

«Nessuna.»

«Ah, dovevi essere un bambino solitario. Eri come Prouvarie? Solo libri, la compagnia degli insegnanti…O sei andato a scuola?»

«In un collegio, si.» Enjolras sembrò realizzare che la situazione richiedeva che lui dicesse qualcosa in più . «Prima mi hai chiamato ange-aux-graces. Mi chiamavano così, o in maniera simile quando andavo a suola.» Sorrise lievemente, e gli mostrò i propri capelli. «Perché i miei capelli cadevano giù quasi a boccoli.»

«Tutto questo è molto affascinante. Davvero ti chiamavano ange-aux-graces?»

«Non esattamente, ero anche piuttosto robusto, di costituzione.»

«Ah! Quindi ti chiamavano…fammi indovinare… Ange-au-gras***!»

«Esatto, almeno fino a che non ho compiuto quattordici anni e ho iniziato a perdere peso per non metterne su mai più, come adesso.»


«Perché ti dimentichi di mangiare.» Disse Courfeyrac quasi divertito. «Scommetto un franco che a quattordici anni hai trovato la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, o qualche libro di Rousseau.»

Enjolras sorrise. «Era una raccolta di discorsi fatti da Robespierre.»

«Ah, so anche che sei uno spadaccino, è così che ti ho incontrato, alla scuola in Rue de Cotte e tu continuavi a incontrare Bahorel per farti insegnare il pugilato.
Dovevi essere meraviglioso…Non che tu ora non lo sia, ma spero che i Gesuiti siano stati gentili con te, quantomeno indifferenti.»
 
«I Gesuiti non sono mai stati un problema.» Replicò Enjolras.

«E gli altri ragazzi?»

Enjolras esitò. «Si, diciamo che ho imparato a porgere l’altra guancia. Io picchiavo.»

Courfeyrac quasi scoppiò a ridere. «Enjolras, sei al di là di ogni speranza! Al collegio tutti si baciavano tra loro, non c’erano ragazze. Tutti hanno baciato un altro ragazzo, ad un certo punto; i Gesuiti ci hanno sempre detto che si, tutti lo avevano fatto, anche loro lo avevano fatto con i ragazzi più carini, ai quali non era permesso dirlo ai genitori; ma se proprio volevi baciare un ragazzo dovevi avere la decenza di farlo in privato. Mio padre mi ha sempre detto che è una fase che tutti attraversano, non posso credere che tu non l’abbia fatto.»

«Combeferre una volta mi sorprese a picchiare uno che aveva tentato di baciarmi e, dopo averci separati, gli disse di non confondere i cherubini di Ezechiele con il Cherubino di Beaumarchais. Nessuno mi ha più disturbato dopo quell’episodio, penso che abbiano realizzato che non avrei mai fatto niente del genere. Datemi amicizia, vera amicizia, ma non l’incessante drammaticità del contatto fisico.»
 
«Suppongo che tu abbia trovato l’amicizia vera con Combeferre.»

Ad Enjolras spuntava sempre un sorriso felice ogni qualvolta qualcuno gli parlava di Combeferre. «Esatto.»

«Invidio la vostra…’Amicizia Romantica’,» disse Courfeyrac «Non ho mai avuto niente del genere con nessuno. Se sopravvivo a questo penso che proverò con Marius, o forse con Feuilly se mi lascia fare. Dato che te e Combeferre siete già stati presi e non c’è modo di separare Joly e Bossuet potrei tentare con Bahorel, ma non capirebbe e non sono abbastanza presuntuoso da provare a capire Jehan. Mi manca solo uno dei tratti distintivi della nostra epoca. Mi spiace disturbarti, Enjolras, ma sono più freddo delle battute di Combeferre.»

Dato che Musichetta si era ripresa i suoi scialli, Enjolras si tolse la giacca, senza fiatare, e aiutò Courfeyrac ad indossarla.

Era ancora tiepida e Courfeyrac si rannicchiò dentro ad essa come un gattino, tirando a sé il tessuto fino a che gli fu possibile. Enjolras lo guardò, divertito.
 
«I miei genitori non sapevano come gestirmi, a dire il vero, ed ecco perché sono andata a scuola molto preso.» disse Courfeyrac «Mia madre, che sia benedetta, è ancora molto affezionata a me e riesce sempre a convincere mio padre a darmi un assegno, quando mi serve. Ma una volta non avevo nessun controllo di me stesso e mi hanno rifilato ai Gesuiti non appena hanno potuto. Quando hai iniziato a frequentare la scuola?»

«Perché lo chiedi?» chiese Enjolras.

«Perché non me l’hai mai detto.» rispose Courfeyrac. «Posso dire uno ad uno i nomi dei fratelli e delle sorelle di Joly, posso elencare i precettori di Combeferre, posso descrivere tutte le amanti di Bahorel meglio di Bahorel stesso ma di te…Be’, so quello in cui credi e questo viene prima di qualsiasi altra cosa. Grazie.»

Enjolras gli strinse la mano, era ancora seduto sul bordo del letto, una gamba piegata il cui ginocchio sfiorava la gamba scoperta e sana di Courfeyrac.
Il ragazzo chiuse gli occhi e appoggiò la propria testa sulla spalla di Enjolras, sentendosi improvvisamente esausto e così male da non poter stare sveglio un minuto di più.

«Penso di averti chiesto tutto questo ora perché…temo che non chiedendolo stasera non potrò saperlo mai.»

Enjolras prese la mano di Courfeyrac e portò un braccio attorno ai fianchi del ragazzo. Courfeyrac premette disperatamente la fronte bruciante contro il collo di Enjolras.

«Sarebbe stupido chiedere di vedere un prete?» chiese Courfeyrac, non appena iniziò a sentire di stare addormentandosi.

«No.»

«No?»

«Io non detto la religione di nessuno.» disse Enjolras, «Se vuoi un prete ti porteremo un prete.»

«Nascondi la propaganda per la Repubblica, prima; non voglio morire in prigione.» disse Courfeyrac.

«Non morirai.» replicò Enjolras.

«Un giorno moriremo tutti quanti» replicò Courfeyrac melodrammaticamente «E penso proprio che il mio giorno arriverà prima del tuo…E questo mi spaventa più di quanto immagini.»

Enjolras premette la fronte contro quella di Courfeyrac, una mano appoggiata sulla nuca del ragazzo. Non aveva niente da dire, appoggiò solo la sua fronte fredda contro quella calda di Courfeyrac e il giovane si sentì un poco più calmo, permise ad Enjolras di aiutarlo a sdraiarsi e rispose con un mite ‘Signor si, signore’ al consiglio di Enjolras di riposare.
Non lo fece comunque, si girò solamente per guardare Enjolras uscire dalla stanza e prendere posto in salotto; Il ragazzo aveva dimenticato di chiudersi la porta alle spalle, quindi Courfeyrac riusciva di nuovo a vedere Musichetta avvolta nei suoi scialli seduta su una poltrona e Joly addormentato, la testa sulle gambe di lei.

«Courfeyrac vuole un prete.» disse Enjolras.

Joly, disturbato, affondò il volto nel grembo di Musichetta mentre essa gli accarezzava i capelli.

«Va bene, lasciami acconciare i capelli ed andrò. Jolllly, mi servono dei soldi per pagarlo. Sono nel cassetto della scrivania?»

«Il cassetto a destra, la chiave è sul mobile.» mormorò Joly mentre Musichetta gli donava un bacio sulla fronte.

Enjolras scomparì alla vista di Courfeyrac e poi ritornò dando a Musichetta un borsellino. «Volete che vi accompagni, cittadina?»

«Joly, potresti per favore portarmi il vestito che ho in camera di Bossuet? E dovresti anche svegliare il tuo amico.»

Joly si alzò, quasi grato di doversi rimettere in azione per soffocare l’ansia, e si avviò verso la camera di Bossuet. Musichetta alzò il proprio sguardo su Enjolras.

«Sta così male?»

«Non posso dirlo.»

«Non potere e non volere sono diventati un tutt’uno?» Musichetta scosse la testa, i suoi capelli caddero sciolti sulle spalle in un solo movimento, poi iniziò ad annodarli sulla sommità del capo. «Penso che Joly dovrebbe venire con me, non sarebbe utile a nessuno qui. Non sa dove sia Bossuet e non può fare niente per Courfeyrac se rimane qui scaverà un buco nel pavimento per l’ansia. Rimarrà con voi… oh qual è il suo nome?! Dovrei averlo imparato! Joly non fa altro che dire quanto sia brillante.»

«Combeferre.»

«Proprio lui. Porterò Joly con me, c’è qualche prete a cui vanno le vostre simpatie?»

«No.»

Musichetta sbuffò. «Courfeyrac frequenta una chiesa specifica?»
 
«Non penso proprio.»

«Be’, io sono talmente peccatrice da poter dire di essere pagana e Joly è un deista. Immagino che nemmeno voi perdiate tempo con le istituzioni religiose.»

«No. Non ho nessun interesse a diventare parte di una religione.»

Joly apparì reggendo in mano tessuti di diverso colore. «Combeferre si sta svegliando, darà un’occhiata a Courfeyrac non appena si sarà vestito. Ti ho preso tutto Musichetta?» le chiese dandogli i vestiti.

«Hai sbagliato la sottoveste, tesoro.» disse Musichetta guardando i vestiti.

«Ho sbagliato? Come fai a dirlo?»

«Lo so, Jolllly, che sei abituato a veder sparire le mie sottovesti ma io so come sono fatte.

Un momento dopo una sottoveste, quella giusta, strusciò dalla camera al salotto.

«Oh, siete molto gentile!» disse Musichetta, raccogliendola. «E se vedete i miei guanti da qualche parte-»

Un paio di guanti atterrarono di fronte ai piedi di Musichetta. «Grazie infinite, siete stato molto dolce.»

«Combeferre, come sapevi dove erano quelle cose quando nemmeno io sapevo dove fossero?» chiese Joly, ricevendo solo un click della porta in risposta. Enjolras sorrise e si voltò mentre Musichetta si cambiava. Courfeyrac non fu così gentile e mentre Musichetta lanciava un sorriso divertito attraverso la porta aperta penso di avere tutto il permesso di guardare l’amante di Joly in quella situazione di déshabillé. Joly sapeva che stava guardando e aiutò Musichetta a vestirsi, in tutta fretta.

«Siete vestita?» chiese Combeferre attraverso la porta.

Joly terminò di allacciare il corpetto del vestito e fece per rispondere quando Musichetta gli dette un bacio. «Come sempre, potete venire fuori.»

Combeferre obbedì, sembrava confuso ed esausto. Era in qualche modo riuscito a mettersi i pantaloni al contrario e aveva rinunciato a gilet, cravatta e giacca. «Vi prego di perdonare il mio abbigliamento informale, cittadina-»

«Avete il mio totale permesso di girare per casa in pigiama, se volete.» disse Musichetta. «Purtroppo non sono una grande casalinga, abbiamo forse un po’ di caffè, se lo volete.»

«Oh, grazie, potrebbe essere una buona idea e…ho sentito qualcosa a proposito di un prete?»

«Dovreste andare dall’amico di Marius.» Urlò Courfeyrac «L’abate Mabeuf. Marius mi ha detto che approva la nostra visione politica ed è anche un curato…o lo era suo fratello… »

«Ah, l’autore di ‘Floradei dintorni diCauteretz’» disse Combeferre. «Penso che il fratello sia il curato, ma anche se viene a visitarlo, poco importa.»

Joly e Musichetta se ne andarono, lasciando Combeferre che tentava di aprire la vena (Courfeyrac non fu molto contento di avere quattro cicatrici a causa dell’avventura della sera prima) e obbligò il giovane e bere il laudano che gli veniva  dato.
La visita del curato fu strana, Courfeyrac era un po’ stordito a causa del laudano e si rifiutò di parlare fino a che Combeferre non fu sicuro che il curato (un amico di Marius, dopotuto) era d’accordo sulla Costituzione Civile e che aveva simpatie repubblicane.

«Mio fratello ed io ci occupiamo di questo.» disse il curato. «Approviamo le vostre simpatie politiche ma ci sono persone che non sanno quando fermarsi. I vostri amici hanno detto che la guardia vi ha sparato alla gamba a causa di un conflitto a proposito di politica, giusto? Questo mi addolora molto, una volta la gente discuteva mai gendarmi non sparavano certo addosso agli studenti di legge a causa delle loro opinioni politiche. Penso che tutto sia cambiato qui a Parigi, ma pensavo che almeno la polizia fosse rimasta la stessa. Voi siete fin troppo giovane per morire difendendo ciò in cui credete.»

«Strano, la penso proprio allo stesso modo.» disse Courfeyrac, «Credo di dovermi confessare, ma non riesco a pensare a niente. Ho amato il mio prossimo come me stesso e sono devoto all’Essere Supremo…voglio dire, a Dio. I nomi alla fine sono quasi intercambiabili, non credete? Non riesco nemmeno a ricordare ciò che dovrei confessare.»

«Be’, non importa,» disse il curato,  posizionando un flacone di olio, una fiaschetta di vino e un’ostia sul comodino. «La memoria di Dio è più lunga della nostra e nonostante tutto ci perdona le nostre colpe. Ora -» disse tirando fuori la Bibbia, «Dove è il mio crocifisso? Dovreste baciarne uno prima di continuare.»


«E’ proprio necessario?» chiese Enjolras, un poco perplesso.
 
«Non avete mai visto dare l’estrema unzione? Oh, bene, dobbiamo proteggere le tradizioni e i gesti fanno anche più di una lunga confessione. Ah, ecco.»

Una volta che il curato ebbe guidato Courfeyrac nelle preghiere e lo ebbe marchiato con l’olio disse «Che Dio sia con voi, figliolo.»

«Temo che ci sarò io con Lui, a breve.» disse Courfeyrac, «Dovrei portare qualche messaggio a San Pietro da parte vostra?»


«Nessuno che non possa portare da solo, quando verrà il mio momento.» rispose il curato, «Ma voi siete giovane, e se Dio vuole vi guarirà. Ora vi benedirò e poi penso che dovreste dormire.»


«Dovrei dormire? Forse dormirò per sempre.»

Il curato non seppe cosa rispondere, inizialmente. «Dovete dormire, non c’è nessun bisogno di temerlo.»

Courfeyrac era scettico a riguardo, nonostante tutto chiuse diligentemente gli occhi, ma si rifiutò di lasciarsi scivolare nell’incoscienza. Il pensiero di non svegliarsi mai più era troppo reale e troppo terrificante per non suscitare in lui alcuna reazione. Courfeyrac si aggrappò quasi disperatamente a questa paura che lo avrebbe certamente tenuto sveglio, e vivo…Magari dolorante, ma vivo. Era così stanco che, per un momento, pensò quasi che il sonno sarebbe stata la via per guarire ma non poteva arrendersi così facilmente, così si concentrò sulla conversazione nell’altra stanza.


Joly, da volteriano che era, dette al curato una copia di ‘Maometto’ per ringraziarlo, «Per vostro fratello, il guardiano della chiesa.» disse provocando qualche battuta pungente da parte di Combeferre.

«E’ il libro meglio conservato, in questo appartamento.» replicò Joly, «Avevo persino dimenticato di averlo, ad essere onesti. Non avevo niente da dargli!»

«Almeno non era ‘Tartuffe’,» aggiunse Musichetta, «Notizie di Bossuet?»
 
«No.» disse Enjolras , «Ma non abbiamo ricevuto richieste per una cauzione o per un dottore, quindi suppongo che stia bene.»

Joly non sembrava completamente convinto, lanciò uno sguardo alla stanza di Courfeyrac dove il ragazzo giaceva esausto, senza muoversi, con gli occhi semi chiusi, «Non possiamo dire lo stesso di Courfeyrac. Sto diventando pazzo, non possiamo fare niente più di quel che abbiamo già fatto.»
 
«Non possiamo fare niente, ma non vuol dire che tutto sia perduto, è ancora lucido-» disse Combeferre, quasi mormorando.
 
«Non vuol dire niente! E’ solo il primo giorno che ha la febbre! » disse Joly, cercando di soffocare il tono preoccupato attraverso colpi di tosse. Courfeyrac serrò gli occhi e strinse più forte il cuscino. Si sentiva meglio stringendo qualcosa anche se il cuscino contro il suo ginocchio iniziava a dargli fastidio.

«C’è sempre speranza.» disse Combeferre, anche se con un briciolo di dubbio. «Vedremo domani mattina. Enjolras, ti dispiace vegliare Courfeyrac?»

«Certo che no, voi riposatevi.»

Courfeyrac sentì la porta chiudersi e i passi di Enjolras risuonare nella stanza. Il ragazzo serrò la mano sulle lenzuola trattenendosi dal gridare o imprecare, doveva riuscire a trattenersi, nonostante si sentisse estremamente debole e stordito.

Enjolras, delicatamente, strinse la mano di Courfeyrac.

«Confesso di non aver sempre agito pensando alla repubblica.» disse Courfeyrac premendo la propria fronte contro il dorso della mano di Enjolras, e probabilmente lasciandovi sopra un po’ dell’olio usato in precedenza. «Comunque ho sempre provato ad amarla con tutto il mio cuore. Posso avere un amante qui, più lontano, ovunque, ma non ho mai amato la repubblica meno di loro. Ho sempre amato il mio prossimo come me stesso e qualche volta anche di più e così…ho creato una piccola repubblica, se non Giacobina, almeno fatta di amore, in cui vivere. Non riesco a pensare ad altri atti di poca fede ad eccezione di orgoglio, ipocrisia, impazienza, indifferenza ah, vanità. Sono veramente colpevole di quest’ultimo…E questo è tutto, mi perdonerai?»

«Non devo perdonarti di nulla.» disse Enjolras, «Non hai commesso alcun atto contro la repubblica, Courfeyrac.»

«No? Ringraziamo l’Essere Supremo allora,» rispose Courfeyrac, «Penso di essere migliore come rivoluzionario che come cristiano. Non si può essere indifferenti alla sofferenza del prossimo quando si è parte di una rivoluzione organizzata segretamente e volta all’eliminazione della miseria dalla società. Dio, mi sento malissimo.»

Enjolras rimosse i capelli di Courfeyrac dalla sua fronte, le dita erano sorprendentemente fresche contro la pelle ardente, molto più di quelle del curato che avevano segnato una croce su quella stessa fronte.

Courfeyrac strinse il cuscino mentre vi affondava dentro il viso, non stava piangendo, no, non stava piangendo. Stava solo tremando. Sarebbe stato coraggioso fino alla fine e avrebbe affrontato la morte facendo lo spiritoso ed il sarcastico, come sempre.

Enjolras toccò la spalla di Courfeyrac, con incertezza.

«Ho freddo, ecco tutto.» cercò di dire Courfeyrac in mezzo a quelle che non erano assolutamente lacrime.

Enjolras rimosse la propria mano solo diversi minuti dopo e Courfeyrac sentì qualcuno salire sul letto, assieme a lui, quel qualcuno doveva essere Enjolras, ma era davvero tutto molto strano.


Quel qualcuno, che doveva proprio essere Enjolras a meno che Musichetta non avesse deciso di preferire lui a Joly, strinse Courfeyrac al suo petto, un petto decisamente troppo piatto per essere quello di Musichetta, e lo circondò con le braccia. Courfeyrac si girò su un fianco, prima giaceva prono, un cuscino sotto il ginocchio per tenere la sua gamba ferita alzata, e un cuscino contro il petto.
In quel momento iniziò a sentire di poter iniziare a rilassarsi, era confortevole stringere qualcosa di caldo, anche se non riusciva a capire chi fosse.

Doveva essere Enjolras, il quale non si esprimeva molto se non a riguardo della repubblica, ma quando lo faceva non occorreva dirgli niente, un suo gesto valeva più di qualsiasi cosa. Courfeyrac sussurrò un timido «Grazie.»

Enjolras non disse niente, strinse solo la presa attorno al braccio del giovane.

«E’ buio fuori.» disse Courfeyrac, tanto per dire qualcosa.

«Saremo noi a brillare allora.» Disse Enjolras, probabilmente scambiando i discorsi febbricitanti di Courfeyrac con un’elaborata osservazione sulle condizioni umane. Ecco qual era il problema nel conversare con Enjolras, scambiava sempre discorsi semplici con metafore o ragionamenti complessi. Courfeyrac si rassegnò, quindi, a riflettere sul calore dell’abbraccio di Enjolras, il quale stava sicuramente dicendo qualcosa di brillante, Courfeyrac ne era certo, ma era anche estremamente caldo e il ragazzo trovava conforto tra le sue braccia.
La sua gamba ancora bruciava come l’inferno, ma la voce di Enjolras, che di solito tuonava come la tromba di Gabriele che chiamava gli addormentati a svegliarsi per vedere l’alba, era stranamente calma e il suo respiro muoveva appena i riccioli di Courfeyrac. Enjolras era lì, pensò il giovane, e quindi tutto sarebbe andato bene.

«-Tutte le cose vengono dalla luce e tutte le cose ritorneranno lì. Non c’è niente da temere nel buio che precede l’alba…»

Courfeyrac chiuse gli occhi; suppose di aver dormito, ma sognò solo il sorgere del sole. L’alba però non lo svegliò, si svegliò automaticamente alle undici, la sua solita ora, e si sentì vagamente sorpreso dal fatto di essersi svegliato. Si sentiva debole e la gamba faceva ancora male, ma stava molto meglio.

Grazie a Dio era vivo. Ci volle un momento per realizzarlo ma si, era vivo. Era vivo (la sua gamba non avrebbe fatto così male se fosse stato morto) ed era fantastico essere vivi e per di più senza febbre (Courfeyrac si tastò la fronte per esserne sicuro.) ed era così felice di essere sveglio e del tepore che lo aveva fatto sentire così sicuro –Ah, Enjolras era lì, ancora accanto a lui, che dormiva relativamente sereno. Quindi il ragazzo era rimasto per la notte ed era piuttosto fiducioso che la mattina dopo Courfeyrac non sarebbe stato un cadavere e un compagno di letto piuttosto spiacevole. Che amico meraviglioso, pensò Courfeyrac sorridendo mentre guardava il profilo addormentato di Enjolras.

Courfeyrac si innamorava molto spesso, lo chiamava amore perchè non aveva altro modo per descrivere l’affetto che provava per gli altri e ora lo sentiva.

Mentre guardava Enjolras, ancora un poco abbracciato a lui, con i capelli biondi sparsi sul materasso (Courfeyrac aveva ancora il controllo di entrambi i cuscini) che brillavano alla luce del sole, il ragazzo sentì un impulso così forte da non poterlo trattenere e immediatamente baciò Enjolras sulla fronte.

Enjolras aprì gli occhi guardando Courfeyrac, il qual era contento di essere vivo, ma ancora più contento che Enjolras si fosse svegliato lì, con lui per veder sorgere il sole, o meglio per vedere il sole di metà mattino, ma non importa. Non c’era modo per Courfeyrac di descrivere tutta la felicità, la gratitudine e l’affetto che provava per Enjolras, così si limitò a sorridere.

Enjolras sembrò disorientato, fissava Courfeyrac attonito, con un po’ di stupore. Impercettibilmente strinse il proprio braccio attorno alla vita di Courfeyrac e lo guardò. Il ragazzo pensò che Enjolras fosse una di quelle persone che aveva bisogno di un po’ di tempo per svegliarsi.

«Sorpreso di vedermi vivo?» chiese Courfeyrac, alzando un sopracciglio. «Sono molto sorpreso anche io.»
 
«Sei di nuovo te stesso.» disse Enjolras con un piccolo sorriso, causato dalla veloce ripresa di Courfeyrac.

Il giovanotto poggiò la propria fronte contro quella di Enjolras. «Certo, quando mai non lo sono stato?»

«Mai.» disse Enjolras.

«Forse avevo perso un po’ del mio solito calore.» disse Courfeyrac sottraendosi al tocco dell’altro giovane con un sorriso. «Ma hai sicuramente rimpiazzato la mia luce, mio caro, caro amico. Mi sento debole come un gattino, e la mia gamba fa male qualsiasi movimento io faccia ma…»

«Sorridi come prima.» disse Enjolras sottraendo il suo braccio dalla vita di Courfeyrac per posargli una mano sulla fronte, cercando di capire se avesse la febbre. «O forse anche di più, sorridi perché la febbre si è certamente abbassata?»

«O forse sorrido solo perché ci sei tu.» rispose Courfeyrac, sfacciatamente.

Enjolras sorrise e scese dal letto, con grande disappunto di Courfeyrac il quale ghignò nel vedere Enjolras, tra tutti, con la camicia sbottonata e la cravatta allentata.

«Che giorno è?»

«Venerdì.» disse Enjolras, abbottonandosi.

«Allora non ho lezioni da perdere. Ah, salterò il pranzo con il povero Pontmercy! Non penso che mangi se non ci sono io a ricordarglielo; e poi dovrei anche andare a giocare a tennis con Grantaire ed alcuni della facoltà di legge prima che diventi troppo freddo per uscire senza giacca. Presumo che rimarrò qui anche stasera; di solito vado da Feuilly o da alcuni amici e andiamo a cena assieme. Suppongo che sia una fortuna non avere un’amante in questo periodo, nessuna domanda scomoda a proposito di che fine ho fatto.» Courfeyrac fece una smorfia. «E questa è l’unica cosa positiva di questa avventura. Però verrò lasciato da solo tutta la sera e diverrò molto triste.»

«Una serata da solo ti disturba così tanto?» chiese Enjolras infilandosi la camicia nei pantaloni.
 
«Certo, e una notte da solo sarà ancora peggio! Detesto stare da solo, specialmente quando sono malato. Non c’è niente da fare, se non sentirti escluso dal resto del mondo.»

Enjolras si mise la cravatta, indifferente alle pieghe prese dalla sua camicia. «Non ho nessun appuntamento stasera, posso rimanere qui se vuoi.»
 
Courfeyrac gli lanciò uno sguardo. «Speravo che lo avresti fatto, c’è qualcosa in te, caro amico, che ispira fiducia. Non hai insistito perché io dormissi come hanno fatto i nostri cari dottori o il curato, mi hai solo messo nella condizione di farlo.»

«Mi stai dando troppi meriti.»

«Avanti, permettimi di essere un po’ superficiale!» esclamò Courfeyrac, «Sono vivo e penso di doverti dire grazie.»
 
«Non ce n’è bisogno.»


«Lo voglio fare e sono anche peggio di Jehan, quando c’è qualcosa che desidero fare non puoi fermarmi. Penso di doverti ripagare in qualche modo.»
 
«La tua frase sembra quasi una minaccia.» disse Enjolras sorridendo.
 
Courfeyrac rise, «Forse lo era. Attenzione Enjolras, potrei tentare di farti felice come tu hai fatto felice me.»



** Letteralmente: Angelo nelle Grazie.

*** Letteralmente: Angelo del grasso.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Il link per l'originale di questa bellissima ff lo trovate nel primo capitolo!
Lasciate qualche recensione, se volete :3

Buona lettura. :3


3.

Poco dopo che Enjolras se ne fu andato Joly tornò dalla propria lezione con una torta comprata alla trattoria poche strade più in là e Musichetta la posò sul tavolo, posizionando poi due sedie per mangiare nelle vicinanze del letto. Joly non permise a Courfeyrac di toccare la torta anche se lui stesso non era così stupido da pensare che un convalescente potesse riprendersi completamente senza mangiare cibi caldi.

«La febbre tornerà e allora dove sarai?» Domandò Joly con aria concentrata, misurando la dose di laudano da somministrare a al ragazzo.

«Sempre nel tuo letto.» rispose Courfeyrac con un tono che fece ridere Musichetta; la ragazza chiese poi se non si fosse sbagliata nel vedere Courfeyrac ed Enjolras dormire insieme, poco prima.

«Sono un paziente terribile.» Ammise il giovane, buttando giù la dose di laudano e guardando la torta posata sul tavolo con desiderio, «L’unico modo in cui Enjolras poteva costringermi a riposare era bloccarmi fisicamente.»

Joly offrì una pera a Courfeyrac, «Suppongo che potesse essere l’unico in grado di riuscire in tale impresa. Ti azzuffi con Bahorel troppo spesso per arrenderti facilmente senza riaprirti le ferite.»

«Io non mi azzuffo, io affermo la mia autorità.» replicò Courfeyrac.

«Ed ecco perché, infatti,» arrivò la voce di Bossuet dal corridoio, «finisci sempre con il venire sbattuto contro il muro mentre Bahorel ti scompiglia i capelli.»

«Bossuet!» gridò Joly, saltando su dalla sedia. Bossuet sembrava esausto, ma comunque privo di ferite, era in piedi nel corridoio con la giacca logora e il cappello consumato. Joly si buttò tra le sue braccia.

Musichetta fu egualmente contenta di vederlo anche se si riservò dal dimostrarlo. Bossuet riuscì a farsi strada verso la camera, anche con Joly aggrappato a lui e Musichetta che tentava di baciargli le guance.

«Hai preso il mio ritorno da una possibile morte con molta calma.» la rimproverò lui.

«Ah, ti dimentichi che io leggo i tarocchi.» sorrise Musichetta, «Le carte di solito dicono il vero e mi hanno detto che, con un po’ di fortuna, saresti stato lontano da una morte imminente.»

«Superstizioni, forse,» disse Joly baciando Musichetta, «Ma non sono mai stato più contento di essermi sbagliato.»

«Oh, la frase che tutte le donne vorrebbero sentir dire dal proprio amante.»

«Ammetterò un milione di volte che avevo sbagliato e tu avevi ragione.» disse Joly gioiosamente, guadagnandosi una risata da Bossuet e un altro bacio da Musichetta.

«Confido che tu sia riuscito a scappare indenne.» ghignò Courfeyrac.

«Tu, ahimè, mi hai privato del mio compagno dalle quattro ali per un po’» disse Bossuet, lanciando un sorriso affettuoso verso Joly, «Ma Bahorel è comunque un temibile avversario, ci sono stati minuti poco piacevoli in cui abbiamo creduto che saremmo stati portati alla stazione di polizia, ma la figlia dell’ostessa ha gridato in maniera talmente agghiacciante e realistica, insinuando che ci fossero dei ladri di sotto, che ci hanno lasciato perdere, che sia benedetta quella ragazza.
Sembra un miracolo che io sia tornato incolume mentre tu, quello che sembrava il più fortunato di tutti, sei stato bloccato da una guardia. Non sei proprio riuscito a tirartene fuori, eh?»

«C’ho provato, disperatamente.» replicò Courfeyrac. «Ho persino costretto Jehan ad interpretare la mia amante, ad un certo punto.»

Bossuet rise prendendo un pezzo di torta dal piatto di Joly. «Povero Jehan! Sono andato a trovarlo prima di venire qui, era così preoccupato per te! Ha detto che ti hanno sparato.»

«Nella coscia.» precisò Courfeyrac cupamente. «Ho tre cicatrici, tre!! Per non parlare di quella tortura che mi hanno inflitto, le sanguisughe. Da ora in poi, qualsiasi amante avrò, sempre che possa averne ancora una, mi troverà deforme.»

«Penso che saranno distratte dalla vista di altro.» disse Musichetta sorridendogli debolmente.

«Musichetta, mia cara,» replicò Joly mentre Bossuet gli stringeva la vita con un braccio, «Sono troppo felice ora per essere geloso.»

«Come puoi essere così scortese?» chiese Musichetta, imbronciata.

Joly scivolò dalla presa di Bossuet per stringere Musichetta. «Meglio?»

«Suppongo di –ehy, che stai facendo?»

Bossuet prendeva, infatti, anche la torta lasciata a metà da Musichetta. «Sopravvivo grazie agli avanzi.»

«Che stupido! Joly ha portato a casa un’intera torta, prendi un piatto dalla cucina, te ne meriti un pezzo intero.»

«Che anima generosa!»

«Potreste condividerla anche con me?» chiese Courfeyrac, con aria tragica.

Joly scosse la testa. «Non lasciare che ti convinca. Cibo freddo e secco, così la febbre non tornerà.»

«Niente torta?» domandò il ragazzo.

«No.»

«Sei un tiranno.»

«Diventerà dottore.» disse Musichetta, piuttosto orgogliosa, mettendo una mano attorno alla vita di Joly. «Devi tenere di conto la sua formazione, e nel peggiore dei casi diventerà un despota.»

Courfeyrac mangiò obbedientemente la pera e il pane che gli erano stati concessi ma si rifiutò di abbandonare la discussione. Doveva provare la tirannia di Joly mettendo in risalto la sua scolarizzazione.

«Sei andato in collegio, vero?»

«Non per molto, » disse Joly, che aveva cambiato posizione, ora Musichetta gli era seduta in braccio. Lui e Bossuet avevano abbandonato ogni tentativo di sembrare civilizzati, come ogni studente universitario che si rispetti, nemmeno loro avevano voglia di lavare i piatti ed ora mangiavano la torta senza nemmeno un piatto. «Non riesco a sopportare quando gli altri si lamentano del proprio padre, io con il mio vado splendidamente d’accordo. Si è preso cura della maggior parte della mia educazione e mi ha mandato in collegio con la promessa di tornare a prendermi ogni fine settimana e l’ha sempre mantenuta. Mia madre è sempre stata chiara su quel punto, ero nato prematuramente e cagionevole di salute quindi non era probabile che vivessi oltre il mio quinto compleanno ma ero comunque abbastanza grande da venir rovinato dalle idee di mio padre, che secondo lei erano strane, oppure se fossi stato fortunato, avrei avuto anche più anni da vivere e due, ero l’esperimento di mio padre nell’allevamento dei figli, dopo sei precedenti rifiuti lei non poteva più esimersi dal fargli sperimentare su un figlio la sua buona coscienza.»

«Non è molto lusinghiero per le facoltà paterne di tuo padre.» disse Bossuet

«Ed è ancora meno lusinghiera per tua madre» aggiunse Courfeyrac.

«Pensavo che Combeferre avesse dichiarato proibite le offese alle madri.» disse Bossuet, «dopo che tu avevi preso la frase ‘Mi scoperò tua madre’ un po’ troppo seriamente e Bahorel non ti ha rotto una bottiglia di Bordeaux sulla testa.»

«Be’, tecnicamente Combeferre lo ha detto perché Enjolras continua a chiamare ‘madre’ la repubblica.» lo ignorò Courfeyrac, «E la, anche se metaforica, seduzione della Repubblica da parte di uno di noi lo confonderebbe. Parlando di Enjolras, stavo parlando con lui ieri sera e volevo solo essere sicuro di una cosa: tutti voi siete passati attraverso la fase del bacio tra ragazzi, vero?»

«Aspettate, cosa?» disse Musichetta, che stava giochicchiando con i capelli di Joly e non aveva seguito la conversazione.

«Baciare ragazzi. Non c’erano fanciulle al collegio, quindi dovevi fare come potevi.»

«Naturalmente.» disse Bossuet, «Uno deve sapersi arrangiare, sono comunque sorpreso del fatto che tu abbia parlato con Enjolras di questo, dovevi avere la febbre piuttosto alta! Lui sembra essere uscito dalla testa della Repubblica stessa.»

«No, ha passato momenti terribili in collegio, a quanto sembra. Al collegio che frequentavo io ci sarebbero state risse solo per condividere il calamaio con un ragazzo come lui!»

«Non era lo stesso alla sua scuola?» Chiese Musichetta.

«Non esattamente. Enjolras tendeva a iniziare risse con chiunque realizzasse che era bello. Cioè, è facile scambiare un compagno per una ragazza alle volte, se non lo guardi bene e non lo conosci abbastanza da riconoscerlo non appena lo vedi.» Courfeyrac alzò le spalle.

Joly trasalì. «Povero Enjolras.»

«Sono più dispiaciuto per chiunque abbia provato a toccarlo.» disse Bossuet, «L’uomo ferisce profondamente anche con uno sguardo.»

«Davvero?» domandò Musichetta, «Sembrava tanto affascinante ieri, che coccolava Courfeyrac. Vedo legioni di scolari innamorarsi per la prima volta, di quell’amore che legò Davide a Jonathan, la più pura manifestazione di una profonda amicizia tra due uomini…»

«La ‘sodomia da collegio’,» disse Joly, disapprovando vagamente, «non è quel paradiso erotico che stai dipingendo, Musichetta. Uno dei miei amici più stretti, a scuola, veniva sottoposto a cose terribili se non faceva come i ragazzi più grandi volevano. Non era sempre manifestazione di amicizia. Può essere anche terribile.»

«Hai mai baciato un ragazzo?» chiese Musichetta, azzerando la parte più profonda della riflessione di Joly.

«Non ho potuto evitarlo.» disse facendole una smorfia, «Ed ero un dodicenne innocente che non sapeva come confortare un amico o come esprimere affetto, che altro dovevo fare? Era perfettamente innocente. Una volta ho detto a mio padre che ero diventato talmente amico di un certo Jules che c’eravamo baciati sulle labbra e ha quasi sputato il suo brandy.»

Musichetta fissava Joly, «Davvero?»

«Era perfettamente innoc-»

Non riuscì a finire, Musichetta aveva improvvisamente deciso che doveva baciarlo. Courfeyrac, da vero uomo maturo, fece un fischio.

Joly si esibì in un gesto della mano davvero poco carino dato che Musichetta lo stava ancora trattenendo dal parlare ma si fermò quel tanto che bastava per fare l’occhiolino a Courfeyrac.

«Be’, se tutto era così innocente,» disse Musichetta, «penso che sarebbe un’espressione d’affetto perfettamente normale se ora tu baciassi Bossuet, vero Jolllly?»

«Eh?» Joly sembrava vagamente stordito e Courfeyrac non gliene faceva certo una colpa. «Probabilmente al collegio. Ora ho altri modi per esprimere affetto.»

«Lo baceresti se questo potesse esprimere il tuo affetto per me?» chiese Musichetta dolcemente, intrecciando le proprie braccia attorno al collo di Joly.

Bossuet e Courfeyrac iniziarono a ridere, o meglio, Courfeyrac rideva mentre Bossuet aveva cominciato a giochicchiare con la sua torta.

«Non penso di stare seguendo il tuo ragionamento.» disse Joly, «E poi c’è Courfeyrac nella stanza.»

«Puoi baciare anche lui, credo nell’amore libero.» disse Musichetta, per niente turbata.

«Siete, senza ombra di dubbio, l’amante più originale che ho mai avuto il piacere di incontrare.» disse Courfeyrac, «Potrei non lasciare più questo letto.»

Bossuet colse la nota di paura nelle parole di Courfeyrac. «Io…ah.»

«Be’, riutilizziamo le sanguisughe, se può aiutare.» disse Joly, con una finta allegria nella voce. «Alla fin fine la febbre è passata, ma può sempre ritornare. Se ti riposi ritroverai certamente le forze.»

Courfeyrac non ne era molto sicuro. «Ho riposato tutta la mattina, non mi serve riposare ancora.»

«Si, ti serve.» obiettò Joly.

«No, non serve!» disse Courfeyrac, dimostrando le sue grandi abilità nel dibattito.

«C’è qualcuno alla porta.» intervenne Musichetta, alzandosi dalle gambe di Joly. «Vado a vedere chi è, non ti arrendere Joly, sei tu che hai ragione. Ah, salve…»

«Perdonatemi, mademoiselle.» disse qualcuno rigidamente. «Sto cercando Courfeyrac.»

«Marius Pontmercy!» gridò Courfeyrac, girando il collo per vedere la porta d’ingresso. «Come diavolo mi hai trovato? Sei più che benvenuto!»

Marius oltrepassò Musichetta, il cappello consumato in testa e una baguette tra le braccia. «Ciao Courfeyrac, non sei venuto e quindi ho pensato di andare al tuo appartamento.»

«Dove non ero.»

«Esatto.» Marius si dondolava da un piede all’altro, era terribilmente dolce alle volte, ma anche dannatamente inconsapevole di esserlo. Musichetta gli sorrideva divertita.

Courfeyrac lo interruppe. «Come hai saputo che ero qui?»

«Non lo sapevo.»

Ma che conversazione illuminante. Courfeyrac tagliò Marius fuori dalla lista dei potenziali ‘Amici Romantici’. Se Courfeyrac avesse esalato gli ultimi respiri tra le braccia di Marius il ragazzo sarebbe stato certamente a guardare le nuvole, confrontandole tra di loro, senza prestare attenzione alle ultime parole di Courfeyrac.

«Ho pensato che Lesgle potesse sapere dove eri.» aggiunse Marius quando diventò terribilmente evidente che doveva dire qualche altra cosa per mandare avanti la conversazione.

«Infatti lo so.» disse Bossuet indicando Courfeyrac, «Eccolo lì. Come stai, Pontmercy?»

«Bene, grazie, e te?» replicò Marius.

«Meglio di Courfeyrac,» rispose Bossuet. «Di solito evita di farsi male e…Joly, devi proprio tirare fuori le sanguisughe?!»

«Non capisco perché tutti siate tanto schizzinosi!» disse Joly, cercando di aprire il barattolo. «Sono creature utilissime. Salve Marius, che piacere vederti. C’è un po’ di torta, se la vuoi.»

Marius indicò la propria baguette. «No, grazie.»

Courfeyrac guardò la torta. «Sei sicuro Marius? Be’, potresti portarla qui, nel caso-»

«Nel caso tu ne riesca a rubarne un pezzetto mentre Marius non guarda.» lo interruppe Joly, con uno sguardo di disapprovazione. «Siediti e togli le coperte, ti metto addosso queste sanguisughe.»

«Sei molto gentile.» disse Courfeyrac, seguendo le istruzioni di Joly. «Mi domando perché tu non sia così premuroso con Bossuet che sicuramente ha subito percosse peggiori delle mie-»

«A chi è stato sparato nella coscia?» domandò Bossuet.

Courfeyrac non seppe come rispondere e si rassegnò a trasalire mente Joly applicava le orrende bestie sulla sua gamba. Bossuet, per fare ammenda, si offrì di andare a prendere a Courfeyrac qualche camicia pulita che gli stesse ma il ragazzo si rifiutò di togliere la casacca di Enjolras.

«E’ calda.» obbiettò Courfeyrac.

«Ovviamente, dato che ci hai dormito dentro.» disse Bossuet, «Penso che se ne sia andato con la tua, stamattina. Strano, sembrava piuttosto a suo agio.»

«Tutti quanti voi state semplicemente cercando di tenermi confinato a letto.» si lamentò Courfeyrac, resistendo ai tentativi di Joly di portargli via la casacca. «E’ come se non mi potessi alzare autonomamente – tutte le volte che muovo la gamba spero che tu ti dimentichi, in qualche modo, quando mi hai dato la mia dose di laudano, Joly, e che me ne dia un’altra.»

«Penso di potertene dartene un'altra.» disse Joly, leggermente dubitante. «Se però inizi a vedere le imponenti e grandiose cupole di Xanadu…»

Courfeyrac, gemendo per il dolore del dover muovere la sua gamba per sedersi ed esausto a causa del sangue perso, disse, «Sarai la prima persona che avviserò se dovessi venire cacciato dai Malesi.»

«Stavo parlando di Coleridge non di De Quincey.» obiettò Joly

«Oh, so che lui se n’è andato lontano.» intervenne Bossuet, «Stai volontariamente ignorando la particella?»

«Meglio un De Quincey che un De Courfeyrac.» replicò, «Marius, ho paura che ti stiamo spaventando con questi riferimenti repubblicani.»

«N-no.» balbettò Marius, continuando a dondolare da un piede all’altro.

«Bossuet, ti potrei essere eternamente debitore se mi portassi della biancheria pulita» disse Courfeyrac prendendo dalle mani di Joly un bicchiere che conteneva un accurato dosaggio di laudano. «Marius, siediti al posto di Bossuet e dimmi, come sta andando la tua ultima traduzione?»

«Bene.» disse Marius, sedendosi dove gli era stato indicato.

Che conversazione affascinante. Joly si stava mordendo le labbra per non ridere. Courfeyrac gli lanciò uno sguardo d’intesa.

«Dammi la casacca e promettimi di dormire un po’, dopodiché lascerò te e Marius in pace.» disse lo studente in medicina.

«Si da’ il caso che mi piaccia questa casacca.» disse Courfeyrac cominciando a sentire (finalmente) gli effetti del laudano. «E’ calda, posso avvolgermela intorno piuttosto facilmente e mi ricorda di Enjolras, che, ad ogni modo, è riuscito a rassicurarmi molto meglio di te, Jolllly.»

Joly scosse la testa. «Non avevo idea che tu fossi così sensibile agli oppiacei. Be’, suppongo che non ci sia modo di discutere, promettimi solo di dormire.»

«No.»

Joly si strofinò il naso, come faceva solitamente quando pensava. «Sei un paziente assolutamente intrattabile, avrei dovuto aspettarmelo. Significa che darò ad Enjolras le istruzioni che ti riguardano.»

Se ne andò dopo quell’ultimo avvertimento, dato che Musichetta lo aveva reclamato portando le proprie braccia attorno al suo collo, baciandolo e spingendolo nella stanza accanto per fare qualcosa che probabilmente era più interessante della conversazione con Marius, dato che il ragazzo non aveva alcuna voglia di parlare.
Marius era imbarazzatissimo per qualche ragione sconosciuta, fino a che Courfeyrac non menzionò che, nonostante le apparenze, Joly e Musichetta si stavano prendendo cura di lui splendidamente.
Marius arrossì enormemente al nome di Musichetta.

«Eh?» disse Courfeyrac.

«So che mi vesto poveramente,» iniziò Marius, «ma vivo in maniera onesta e non ho mai chiesto niente a nessuno. Solo una volta ho chiesto soldi a te, una volta sola. Non sono indebitato con nessuno, vivo liberamente e preferisco la mia libertà a dei bei vestiti.»

«Ci deve essere proprio una scelta tra le due cose?» chiese Courfeyrac, in tono lamentoso. «Io…oh. Pensi che Musichetta stesse ridendo per quello, quando sei entrato?»

Marius strinse le labbra e abbassò lo sguardo verso la propria baguette.

«Musichetta rideva perché sei un bel ragazzo.» disse Courfeyrac, con aria di rimprovero, «Non perché sei vestito male. Bossuet si veste molto peggio di te e Musichetta è sempre contenta di vederlo. Marius, davvero, dovresti iniziare a pensare che vale la pena di darti un’occhiata invece di scappare via dalle donne che ti guardano da sotto le loro lunghe ciglia - »

«Bossuet ha detto che sei stato ferito.» lo interruppe Marius, leggermente imbarazzato.

«Ho delle cicatrici.» rispose Courfeyrac tragicamente.

«Era di questo che parlavate quando sono entrato?» chiese Marius.

«No, parlavamo del collegio, o meglio della sodomia da collegio.» disse Courfeyrac.

«Come prego?» domandò il ragazzo, irrigidendosi.

«Non te ne andrai prima di aver fatto almeno una conversazione imbarazzante con me.» rispose Courfeyrac, «Sono sorpreso che tu non ti sia ancora abituato.»

Marius arrossì.

«Sei passato dalla fase in cui si baciano i ragazzi?» chiese Courfeyrac, iniziando a sentirsi disorientato.

«Certo che no!»

«Non sei andato in collegio?» domandò l’altro.

«No, avevo dei tutori. Vivevo con mio nonno e mia zia.»

«Ah,» disse Courfeyrac, «Penso che abbia senso…» Nonostante iniziasse a sentire, addirittura, di perdere il controllo del proprio corpo a causa del laudano, riuscì a trattenersi dal dire «Penso che mio padre avesse ragione, serve attraversare quella fase, altrimenti finisci adulto, ancora vergine e con il terrore delle donne.»

Marius era già sospettoso e guardò Courfeyrac attentamente. «Cosa ha senso?»

Courfeyrac provò a sembrare innocente. «Niente, ti va di giocare a carte? Il laudano sta facendo effetto e penso di non poter fare molto altro.»

Marius, sollevato dalla fine della conversazione, acconsentì e passarono almeno mezz’ora a giocare a vingt-et-un****. Bossuet tornò poco dopo, con un po’ di biancheria per Courfeyrac e un Grantaire quasi sobrio. Marius, molto educatamente, lasciò Courfeyrac alle loro cure, poiché Bossuet e Grantaire avevano pensato che sarebbe stata una magnifica idea portare Marius in un bordello e al ragazzo era quasi venuto un attacco di panico al pensiero.

«Ti ho portato questa.» mormorò Grantaire, una volta che Bossuet si fu assicurato che Joly fosse altrimenti occupato. Grantaire si fece avanti e tirò fuori da sotto la giacca una crêpe, ricoperta da zucchero e burro.

Courfeyrac avrebbe potuto baciarlo.

«Sapevo che questi dottori ti avrebbero proibito di mangiare questo genere di cose.» disse Grantaire, guardando Courfeyrac divorare la crêpe con soddisfazione. Grantaire era capace di essere molto dolce, quando si ricordava di poterlo essere. Non credeva in nulla, non aveva principi, ma si affezionava alle persone. «Povero Courfeyrac, Bossuet mi ha detto che Joly ha pure osato mangiare della torta davanti a te.»

«E’ stato orribile.» disse Courfeyrac, mangiando la crêpe. «Ti sono debitore, Grantaire. Dovrei dichiararti amore eterno, è deliziosa.»

«E probabilmente ti farà tornare la febbre.» disse Bossuet, chiudendo la porta e prendendo il posto lasciato vuoto da Marius.

«Ne sarà valsa la pena.» replicò Courfeyrac.

«Pur di assaggiare l’ambrosia si rischia anche l’ira degli dei.» disse Grantaire, sedendosi sul bordo del letto. «Basta che tu non sacrifichi a loro tuo figlio in cambio della loro ospitalità. Potresti aprire il vaso di Pandora.»

«Aprirei il vaso di Pandora solo avendo un figlio.» disse Courfeyrac, leccando via lo zucchero dalle proprie dita. «Non posso immaginare cosa direbbe mio padre. In effetti non riesco nemmeno ad immaginare cosa direbbe mio padre di questo. Dovrò dirgli che qualcuno mi ha sparato in un duello.»

«Almeno avrai una buona scusa per saltare gli esami.» disse Bossuet. «Sono sicuro che troveremo una spiegazione per questo disastro. S’interessa di politica?»

«Se ne interessa molto.» disse Courfeyrac accigliato. «Ha regalato una bottiglia di champagne ai servitori in occasione dell’incoronazione di Carlo X.»

«Potremmo dire che sei stato sorpreso mentre tentavi di sedurre una marchesa.» suggerì Grantaire. «Non ho letto “Le relazioni pericolose” fino a che non ho iniziato ad annoiarmi in collegio, ma sono sicuro che potremmo rubare qualche idea da quel libro, come Prometeo rubò il fuoco agli Dei.»

«La prosa di Laclos è meglio della mia?» chiese Courfeyrac tristemente. «Be’, potrebbe sempre essere utile…Hai detto che hai frequentato il collegio, Grantaire?»

«Certo che si.»

«Quindi sei passato dalla fase in cui si baciano i ragazzi, giusto?»

«Vero, quando il fatto che Zeus indugiava nelle passioni umane.»

«Grazie per la metafora, Grantaire. Cioè, tutti ci siamo passati ad eccezione di Marius e Enjolras, i quali sono completamente sconcertati dal fatto che esista una creatura chiamata ‘donna’.»

Bossuet rise. «Hai più laudano che sangue in corpo ma ancora cerchi di capire Enjolras?»

«Mi da fastidio non capirlo.» disse Courfeyrac. «Non lo capisci nemmeno tu, Bossuet, abbiamo avuto abbastanza conversazioni riguardanti il nostro capo per farmi giungere a questa conclusione.»

«Cos’ha a che fare Enjolras con questo?» chiese Grantaire, facendosi attento improvvisamente.

«Prendeva a pugni chiunque tentasse di baciarlo, a scuola.» disse Courfeyrac. «Dato che divenne improvvisamente attraente all’età di quattordici anni grazie a quella che potremmo definire ‘la dieta di Robespierre’, questo accadeva spesso. Non capisco perché gli desse fastidio. Enjolras comunica con i gesti esattamente come me, nonostante non lo dimostri spesso. Penso che capisca che un bacio è una cosa bella.»

Bossuet si appoggiò allo schienale della sedia. «Chissà, Enjolras non mi hai mai dato l’idea di una persona che mette impegno per costruire una relazione a meno che l’altra persona interessata non abbia le sue stesse idee e le sostenga. Rimango comunque perplesso. Magari ha sofferto per questo e ora ricambia l’affetto con la violenza?»

«Come l’hai scoperto?» chiese Grantaire, avvicinandosi un poco.

«Quando stavo delirando, la scorsa notte, ho costretto Enjolras a parlare con me.» disse Courfeyrac. «Non penso che capirà mai come conversare normalmente, ma è riuscito a parlarmi un po’ del collegio. L’ho costretto a fare qualcosa che odia eppure è rimasto tutta la notte con me, lo ammiro molto.»

«E’ questo Enjolras.» intervenne Bossuet. «Pensi che sia una statua di marmo e poi se ne esce con cose del genere. Mi chiedo chi non vorrà essere a suo fianco sulla barricata, quando tutto avrà inizio.»

«Sei stato con Enjolras tutta la notte?» domandò Grantaire, fissando Courfeyrac.

«Non c’è bisogno di essere invidiosi.» replicò Courfeyrac. «Ho passato la maggior parte della notte soffrendo e delirando. Penso di avergli anche chiesto l’assoluzione, ad un certo punto.»

«E lui la persona a cui chiederla.» disse Grantaire, amaramente. «Il nostro casto devoto solo alla libertà, il nostro sacerdote della Rivoluzione. Se solo avesse elargito la sua assoluzione così generosamente!»

Courfeyrac sentì che Grantaire li stava portando in una conversazione molto più profonda di quella che avrebbe voluto intrattenere e gettò un’occhiata a Bossuet.

«Devi chiederla nel modo giusto.» disse Courfeyrac, iniziando a sentirsi poco a suo agio. In generale, a Courfeyrac tutti stavano simpatici e Grantaire non faceva eccezione. Fino a che non iniziava a parlare di Enjolras tutto andava bene, ma una volta che iniziava…

Bossuet cercò di cambiare argomento. «Una persona comunicativa, Enjolras…Le azioni dicono più delle parole. Parlando di parole, hai sentito dell’ultimo progetto di Combeferre? Sta tentando di tradurre ‘Amleto’ all’impronta.»

«Oh si!» disse Courfeyrac. «Me l’ha detto qualche giorno fa. Mi chiedo dove trovi tempo per avere colloqui a proposito della fisica con Sadi Carnot, le lezioni, le letture extra e il tirocinio al Necker - »

Non funzionò.

«E suppongo che l’atto di chiederla fosse già abbastanza per te.» continuò Grantaire, in un tono che Courfeyrac conosceva ed odiava: “Enjolras mi odia, la mia vita non ha senso, voglio da bere, mai innamorarsi di uno studente anche se non dirò niente di esplicito a riguardo, vi farò semplicemente riferimento attraverso l’uso di metafore classiche che nessuno potrà capire.” Courfeyrac di solito metteva fine a quel genere di conversazione portando Grantaire ad un ballo e lasciandolo scorrazzare dietro ad ogni sottana che lo aggradava. Ma, visto che Courfeyrac era costretto a letto, i suoi soliti metodi non avrebbero funzionato e dubitava che Musichetta si sarebbe offerta come distrazione. Non c’era competizione tra Grantaire e Joly e se Musichetta era solo tentata di lasciare Joly per Courfeyrac, non c’era chance che avrebbe lasciato Joly per Grantaire.

Grantaire si gettò a capofitto in quel nuovo umore quindi Bossuet iniziò a fissare il soffitto mentre Courfeyrac descriveva, nuovamente, la novella gotica lasciata a metà. Stava giusto raccontando la parte in cui l’eroe sconfigge l’antagonista quando si fermò per guardare Grantaire.

«Grantaire, caro amico.» disse Courfeyrac, pazientemente, mentre annotava il punteggio Grantaire contro Logica, 0 a 456. «L’ho detto prima e lo ripeterò ancora…Non condividi gli ideali di Enjolras, quindi non ti senti vicino a lui. Cioè, solo poche persone possono, non tutti riescono a sopravvivere sulla “montagna” e ancora meno riescono ad arrivare alla cima dove c’è Enjolras. Diavolo, è stato uno dei miei primi amici quando sono arrivato a Parigi e ancora non riesco a capire come funzioni. Ma comunque, dovresti provare - »

«Quindi dovrei provare a portarlo al mio livello?» chiese Grantaire.

«Penso che Enjolras non te lo permetterebbe.» replicò Bossuet.

«No, io lo rispetto di più poiché mi disprezza, sai?»

Courfeyrac e Bossuet si scambiarono uno sguardo preoccupato. «Grantaire, vecchio amico, sei sobrio?» domandò Courfeyrac.

«Certo.» rispose Grantaire passandosi una mano tra i capelli già spettinati. «Questo è solo metà del problema, non è vero?»

«No, il problema è…Mi stai ascoltando?»

Grantaire chiaramente non lo stava facendo, stava cercando la propria fiaschetta dentro le tasche della giacca.

Courfeyrac si arrese al fatto che non avrebbero intrattenuto alcuna conversazione minimamente razionale se essa avesse continuato a ruotare attorno ad Enjolras. I tre condivisero la fiaschetta (che conteneva del vino di Bordeaux.) lavorando alla lettera per il padre di Courfeyrac fino a che Feuilly non li interruppe. Bossuet andò ad inviare la lettera e Grantaire cedette il posto di sentilla/intrattenitore a Feuilly che si chiese molto spesso a cosa diavolo Courfeyrac stesse pensando, o se stesse pensando.

«Le rivoluzioni sono pericolose, si.» disse Feuilly, togliendosi il cappello e passandosi una mano tra i capelli, «Ma perché tu attiri il pericolo come attiri le fanciulle ai balli?»

«E’ una seduzione del tutto involontaria, te lo assicuro.» disse Courfeyrac. Gettò lo sguardo al di fuori della porta della camera e vide Musichetta nella stanza accanto, che cucinava la cena. «Diteglielo, Musichetta.»

«Pensate che io abbia qualche influenza su Feuilly?» chiese la fanciulla senza alzare gli occhi dalla pentola. «Non sono polacca.»

«Ah, ah.» rispose Feuilly sarcastico. «Io non giudico ciò che ti piace, o sbaglio?»

«Ti sbagli.» obiettò Musichetta. «Quando Joly ti parlò la prima volta di me tu dicesti che lui era strano e decisamente al di sotto dei miei standard.»

Feuilly si passò nuovamente la mano tra i capelli. «Intendevo la scienza, non Joly. Tu leggi sempre -»

«Anche tu!»

«Non leggo romanzi!»

«Cosa hai contro i romanzi? Ti ho sentito piangere sulle pagine finali di Julie ou la Nouvelle Héloïse. Le pareti erano sottili, Feuilly.»

Il ragazzo arrossì. «Non stavo piangendo! I-io…avevo un brutto raffreddore, ecco tutto!»

Musichetta incrociò le braccia sul petto, abbandonando la cucina. «Certo. Comunque, ora leggo articoli scientifici così come i romanzi che, comunque, non sono il grosso delle mie letture. Hai comunque ancora qualcuno dei miei libri, specialmente quelli di filosofia.» rise improvvisamente. «Oh! E’ a causa di Madame Stael, vero? Permettimi di scegliere quali libri aggiungere alla tua collezione.»

«Stavo cercando di liberarmene.» si lamentò Feuilly. «Ti ho detto che avremmo dovuto risparmiare per un’enciclopedia ma no! Tu dovevi assolutamente avere la tua copia di Delphine.»

«Mi piace Delphine.» disse Courfeyrac. «Trovo che sia un brillante esame delle aspettative di un borghese.»

«Si, te sei colui che pensava che saltare da una finestra fosse una buona idea.» puntualizzò Feuilly.

«Giusto.» gli concesse Courfeyrac. «Avevo anche una cotta per Delphine.»

«C’è una sana dose di scoperte scientifiche per bilanciare l’esplorazione del cuore umano.» sostenne Musichetta. «Sto leggendo la traduzione di Newton de ‘La Marchesa di Châtelet'. Leggere non è solo un piacere personale, non so se lo sai, ma ci sono altri modi per sfogarsi che attraverso rivoluzioni per strada! Non che quello non sia efficace. Ci sono altri modi per liberarsi dalle catene della società e Delphine ne evidenzia i pericoli. E’ praticamente un libro su come la società provi a regolare ciò che non può regolare, mio caro.»

In quel momento di sarcasmo tra Feuilly e Musichetta, Courfeyrac si dimenticò delle sue osservazioni sulle infatuazioni per gli studenti fino a che, quella sera dopo cena, quando Feuilly e Musichetta ripresero a punzecchiarsi riguardo a qualche esperimento finito in disastro, Courfeyrac notò che Enjolras ancora non c’era.

In qualsiasi altra circostanza, con qualsiasi altra persona, Courfeyrac avrebbe trovato un bordello che soddisfacesse i gusti dell’amico ancora vergine e passato la serata lì, ma Courfeyrac era confinato a letto, almeno per quella sera, ed Enjolras aveva passato troppo tempo con Combeferre per sopportare qualsiasi forma di prostituzione, persino quelle che Courfeyrac giudicava pulite e inoffensive. Courfeyrac stesso preferiva alle donne di bordello dal sangue freddo e i pochi sentimenti, le attrici o le ballerine le quali erano ragazze ben dotate che capivano il suo gioco e ne erano lusingate, non perché dovevano ma perché volevano. Comunque, uno doveva iniziare pur da qualcosa (almeno, così diceva il padre di Courfeyrace e il giovane non ne aveva mai dubitato.) e, pensò Courfeyrac, Enjolras era ben lontano dal non essere desiderabile.

Enjolras era spesso reticente. A meno che qualcuno non tentasse di arrivare a lui attraverso idee o ideali che fossero i suoi, altrimenti Enjolras non vedeva l’utilità di conoscere meglio detta persona.
Poteva essere affascinante ed educato, donare un sorriso riservato, ma poteva anche essere evasivo e troppo occupato nella realizzazione dei suoi ideali per notare chiunque altro.

Courfeyrac non seppe mai esattamente come e quando Enjolras fosse entrato nella stanza, dal momento che era praticamente incosciente, ma quando arrivò si salutarono con un bacio sulla guancia. «Ti senti meglio?»

«Certo, grazie. Te com-»

Enjolras insistette: «Hai riposato come avevano detto Combeferre e Joly?»

Courfeyrac fece un sorriso colpevole. «Ho avuto visite, Enjolras.» poi proseguì con una punta di orgoglio. «Marius è venuto a trovarmi, si è accorto, anche se con due ore di ritardo, che non sarei andato al pranzo con lui e così mi ha portato una baguette e ha giocato a vingit-et-un con me.»

«Questi sono dei veri progressi.»

«Sono felice che tu lo riconosca.» disse Courfeyrac sorridendo allegramente. «Davvero Enjolras, dovresti essere fiero d me.»

Enjolras tastò la fronte di Courfeyrac con aria di disapprovazione. Joly aveva rinunciato ore prima a cercare di gestire Courfeyrac e aveva, prima che Enjolras entrasse nella stanza, grattato il proprio naso dicendo che il giovane sarebbe diventato esausto a causa degli sforzi eccessivi e qualcuno avrebbe dovuto farglielo notare.

«Io non mi stanco troppo!»

«Io non ho detto niente.»

«Si, ma non devi necessariamente parlare per farti capire.» disse Courfeyrac. «Per esempio, ora hai quel sorriso che fai quando la mia energia ti diverte, ma non vuoi incoraggiarmi giacchè sono malato.»

Enjorlas alzò un sopracciglio, nonostante continuasse a sorridere. «Così tanta saggezza in un ragazzo così giovane?»

«Smettila, te sei più giovane di me. Ecco, un’altra cosa. Non cambi mai espressione anche se stai scherzando, hai sempre quel piccolo sorriso che si riflette nei tuoi occhi, è questo il tuo personale senso dell’umorismo. Leduc che è nella mia classe di diritto, pensa che tu non abbia senso dell’umorismo, ma se tu non l’avessi probabilmente non saremmo amici, giusto?»

«Giustissimo.» replicò Enjolras, sorridendo ancora.

«Ah ah! Ecco! Pensandoci, Marius non ha senso dell’umorismo, ma è comunque mio amico…Non ho idea del come.»

«Hai altre fantastiche abilità oltre a quella di saper divertire la gente, Courfeyrac.»

«Come sei gentile ad averlo notato.»

«E’ difficile non notarlo. Una cosa che è piuttosto evidente è che sei testardo. Non hai risposto alla mia domanda. Hai dormito come Combeferre e Joly ti hanno detto?»

Courfeyrac mormorò qualcosa a proposito delle visite, a quel punto Enjolras cominciò a togliersi giacca e cravatta.

«Non devi per forza dormire con i pantaloni.» disse Courfeyrac, scurendosi in viso. «Oh, ti ridò la tua casacca.» se la tolse di dosso e la passò ad Enjolras. «Cosa stavo dicend- Ah! Bossuet ha portato qui un po’ della mia biancheria, delle camicie, qualche giacca e sicuramente anche qualche pigiama; puoi prendere in prestito uno di quelli, se vuoi.»

Enjolras esitò.

«Forza Enjolras, siamo entrambi uomini.» Courfeyrac afferrò uno dei pigiami in fondo al letto e lo lanciò ad Enjolras. « Non c’è ragione per cui tu debba stare scomodo tutta la notte solo perché sono stato uno stupido e mi sono fatto ferire e tu sei così gentile da farmi compagnia.»

Enjolras prese l’articolo di vestiario e decise che quella notte avrebbe dormito a proprio agio e si girò dalla parte opposta a Courfeyrac per cambiarsi.

Non c’era niente di cui discutere, Enjolras era un bellissimo ragazzo. Non c’era traccia di imperfezioni nel suo corpo magro, solo linee eleganti, muscoli ben tracciati sotto la carnagione chiara. Enjolras si muoveva in maniera talmente aggraziata che era facile rimanere incantati da tanta perfezione.

Enjolras fece passare la testa attraverso la maglia del pigiama e Courfeyrac fece finta di provare a dormire.

«Combeferre ti ha ordinato di dormire.»

«Si, be’, la parole di Combeferre non è legge.» disse Courfeyrac. «Non sono un bambino di dieci anni che deve essere forzato a dormire.»

Enjolras salì sul letto, accanto a lui, e nonostante non avesse detto nulla Courfeyrac si sentì in dovere di chiudere gli occhi.

«Va bene, hai vinto. Sono esausto.»

«Sono felice che tu non sia cieco alla realtà.» Enjolras spense la candela e si posizionò a suo fianco, il che era quasi brutto, come se Enjolras non ci fosse stato affatto.

«Enjolras?»

«Si?»

«E’ una domanda stupida: sei mai stato baciato?»

«No.»

«Enjolras, ti stai perdendo una delle migliori cose della vita!» disse Courfeyrac.

«E vado benissimo avanti anche senza.» replicò Enjolras, disinteressato. «Buonanotte Courfeyrac.»

«Ma-»

«Buonanotte, Courfeyrac.»

Courfeyrac scivolò su un fianco, cercando di non muovere la gamba ferita. «Enjolras, io volevo solo…Io sono del Sud, ed anche tu e, be’, abbiamo sicuramente un sangue più caldo di quelli dei parigini. Quando ti bacio le guance per salutarti voglio solo dire che sono felice di vederti, non volevo invadere il tuo spazio personale.»

«Non l’ho mai pensata così.» replicò Enjolras. «Ora dovresti dormire.»

«Quindi non prendi un mio bacio come un attacco alla tua persona?»

«No.»

Courfeyrac era sospettoso. «Sicuro?»

«Si, Courfeyrac, sono sicuro. Ho capito abbastanza bene come sei fatto e so che non costringeresti mai nessuno alla tua presenza, in nessuna maniera, sei quel genere di persona che non si fa strada nel cuore della gente violentemente, ma lentamente e gentilmente.»

«Ah, bene allora.»

Enjolras si voltò per guardare il volto di Courfeyrac alla poca luce della luna. «So che non ti piace pensare di essere malato o invalido, ma dovresti davvero dormire.»

Courfeyrac fece una smorfia. «Mi fate sembrare un bambino che cerca di non andare a letto. Chiedo perché mi interessa e non….non perché ho paura di non svegliarmi. Proprio no. Nemmeno un po’. Io…Cioè…ad essere onesti, non voglio che un ‘Ti voglio bene, amico’ diventi un ‘Non rispetto i tuoi diritti e la tua persona.’ O ‘Il mio metodo di espressione è superiore al tuo’ o ‘Vali qualcosa solo eprchè sei bello, non perché la tua anima brilla a tal punto che la si può vedere.’»

Enjolras non replicò, strinse semplicemente Courfeyrac a se; il ragazzo fu sorpreso ma compiaciuto e si avvicinò ad Enjolras, la sua testa sul petto dell’altro e le braccia di Enjolras attorno alla sua vita.

«Non è questo il modo per discutere.» disse Courfeyrac, ma in realtà gli faceva più che piacere il tocco delle braccia di Enjolras e la loro protezione. Il ragazzo era caldo in maniera confortevole e il ritmo del suo respiro guidò Courfeyrac in uno stato di dormiveglia. «Non hai mai baciato nessuno davvero? A parte i baci sulle guance.»

«No.»

«Non ti sei mai fidato abbastanza di nessuno?»

Enjolras rafforzò la presa attorno a Courfeyrac. «Stai dipingendo un quadro della situazione molto triste, Courfeyrac, diciamo che ho modi migliori per dimostrare il mio affetto.»

«Mi sembra ragionevole.» disse Courfeyrac, nonostante stesse già dormendo. «Sai benissimo come esprimerlo a me. Non ho mai dubitato della tua amicizia e non ne dubiterò mai più. Ah, è piuttosto strano, ora che ci penso, affronterei la morte per te così come sono sicuro che faresti lo stesso per me.»

Enjolras scivolò un poco.

Courfeyrac cercò di seguirlo nel movimento. «Penso di aver capito, alla fine, e sono veramente contento di essere la tua eccezione alla regola.»

«Ma tu sei…» Enjolras si zittì.

«Ah, non negarlo.» disse Courfeyrac con un sorriso. «Tutto acquista un senso. E io provo molto affetto per te, mio caro, caro amico. Oh, io sono capace di essere terribilmente affascinante, lo sai.»

«Lo so anche troppo bene.» disse Enjolras premendo piano le sue labbra contro i capelli di Courfeyrac.

Courfeyrac, mezzo addormentato, non rispose immediatamente.

«Courfeyrac?»

«Mm?»

Courfeyrac quasi non percepì il «Hai perfettamente ragione.»



****Letteralmente è Ventuno ma è meglio conosciuto come BlackJack

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