Little Things

di Cip_
(/viewuser.php?uid=81358)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Little Things


Inizio col fare una premessa, è da quasi due anni che avevo voglia di scrivere una storia così ma non mi sono mai mollata realmente. Adesso ho deciso che vale la pena provare..  So benissimo che è tutto frutto della mia immaginazione, non ho certo bisogno che qualcuno venga a dirmi “tesoro mio, quello che scrivi non si avvererà mai” perché lo so benissimo, ma semplicemente mi andava di scrivere questa storia e di sognare per un po’. In fondo, che male c’è? Sono qui inoltre per qualsiasi chiarimento sulla storia o domanda, anche su di me, magari inizieremo a conoscerci o a conoscerci meglio, chi lo sa! Non è la prima volta che pubblico una storia qui su efp, proprio come l’estate scorsa, adesso torno a scrivere. Spero di non deludervi e che vi piaccia. Fatemi sapere che ne pensate, accetto tutte le critiche ovviamente, esclusi gli insulti hahaha. Per qualsiasi cosa, potete contattarmi con un mp sul sito o su twitter, il nickname è lo stesso :)

Dedico questa storia a tutte le persone che non smettono mai di credere nei propri sogni, sarebbe un mondo più buio senza sogni e senza speranza, non credete anche voi? Inoltre dedico questa storia a tutte le persone che mi hanno sempre incoraggiata, ascoltata e sostenuta in questi ultimi due anni. Vi ringrazio, non ha prezzo.

Capitolo Primo


“Why, Sir, you find no man, at all intellectual, who is willing to leave London. No, Sir, when a man is tired of London, he is tired of life; for there is in London all that life can afford.”
— Samuel Johnson

Ero alla continua ricerca di qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita, alla disperata ricerca di segnali che ormai avevo imparato a collezionare da tempo, come piccoli tasselli dispersi di un puzzle ancora incompleto. Non dimenticherò mai quell’estate.

***

I giorni che ho trascorso a Londra sono sempre stati troppo pochi e mai abbastanza. Vorrei poter essere qui per restare, ma so che questo è solo un assaggio, una breve anticipazione della vita che vorrei vivere, nel secondo posto al mondo in grado di essere chiamato casa. Quale migliore stagione dell’estate per viaggiare? E se la parola giusta non fosse proprio “viaggiare”? Viaggiare è qualcosa che implica la scoperta di nuovi posti, mentre per me ormai è come un rito, ritornare a casa dopo molto tempo, in una città che ormai conosco quasi a memoria, ma sotto una luce diversa. Sono impaziente, quasi euforica, ho voglia di ritrovare gli innumerevoli aspetti della città che amo, i colori caldi dell’estate e quelli della fine di una stagione che negli altri paesi europei viene vissuta al mare, sotto il sole cocente e sulla sabbia fine e delicata che rimane sulla pelle e non va più via, proprio come certi ricordi. Mi ha sempre fatto questo effetto Londra, viaggio dopo viaggio, emozione dopo emozione, follia dopo follia. Sono sempre stata quel tipo di ragazza che si affeziona ai posti che visita in base alle emozioni che le sanno dare, o alle esperienze che vive, a ciò che accade e che la segna un po’ per sempre. Londra è uno di questi posti, ed è forse il più prezioso al mondo per me. Ritornare significa rivivere le emozioni passate, ma ritornare significa anche viverne di nuove, sapendo che forse il momento migliore è proprio quello dell’attesa. Restare delusi è un rischio che nella vita a volte bisogna correre, e se non si corre quando si è giovani, allora quando? Sono sempre stata innamorata dei suoi rossi alti autobus, che fanno pendant con le famose cabine telefoniche, dei viali verdeggianti e dei numerosi parchi che si ritagliano il loro angolo tra le case vittoriane. Del lungo Tamigi, che ho sempre sognato di percorrere a piedi, del Big Ben e dei suoi forti rintocchi. Ma anche dello shopping, un po’ ovunque, dai grandi negozi di Oxford Street al mercato di Portobello, con le sue note case variopinte. Delle stranezze di Camden Town, con i suoi colori, sapori e odori provenienti da tutto il mondo. Dei musical e gli spettacoli, i concerti e i numerosi eventi sportivi. Una città che mi rende libera, dove posso essere me stessa senza essere sottoposta ai giudizi della gente. Una città che adesso ho la possibilità di vivere ancora una volta, totalmente. Ripartire, ricominciare, fuggire dalla realtà opprimente di tutti giorni anche solo per un po’, senza voltarsi indietro.

Quando metto piede in terra britannica tutto cambia. Sarà l’emozione, l’euforia, tutta l’adrenalina che ho in corpo, ma riesco a sentirmi diversa, come nuova. Riesco a provare emozioni vere e ad amarmi un po’ di più, riesco a sentirmi a casa. Ogni cosa mi incuriosisce e mi emoziona, tutto ciò che c’è ancora da scoprire e che non ho ancora scoperto. Amo gli aeroporti, amo viaggiare, amo l’attesa di uscire dalle porte di vetro e prendere il pullman per la capitale inglese. Amo ciò che ho già conosciuto di Londra, ma amerò anche ciò che farò per la prima volta. Le lunghe passeggiate sul Tamigi, i pomeriggi sul prato dei più famosi parchi. Ho sempre amato camminare a piedi e mi sono imposta di girare tutta la città senza l’uso di quella fantastica invenzione che è l’underground di Londra. Ho quasi paura questa volta, ho paura e non so perché.

Ho sempre pensato di essere un po’ sensitiva, o forse ho solo un grande intuito. Riesco a percepire quando accadrà qualcosa e so che questa è la volta buona, sarà il viaggio più indimenticabile di tutti. Forse sto solo cercando di autoconvincermi, forse lo penso davvero, ma i miei pensieri vengono interrotti bruscamente dall’arrivo del pullman che dall’aeroporto di Stansted mi porterà a Victoria Station, sto davvero per tornare a Londra. Si torna a casa.
Il viaggio non è molto lungo, ma come ogni volta vengo accompagnata da una colonna sonora, che sia la radio o che siano i brani casuali del mio lettore musicale. Non c’è mai stata una volta in cui non abbia sentito la canzone giusta al momento giusto. Se solo la vita potesse andare allo stesso modo, se fosse così facile proprio come quando senti la canzone perfetta nel momento più giusto al mondo. Se solo le persone che incontriamo, le esperienze che viviamo accadessero al momento giusto. Se solo ci innamorassimo delle persone giuste al momento giusto, e non nel momento più sbagliato al mondo. Ma cos’è la vita se non un susseguirsi di errori e sbagli e ancora errori? Perché se si potesse tornare indietro e cancellare il tempo, rivivere i ricordi, allora sarebbe tutto troppo facile. Perché il destino a volte gioca brutti scherzi. Incontri una persona, sai che è quella giusta, non hai mai provato niente di simile al mondo, senti che tutta la tua vita sta per cambiare, e quando te ne rendi conto è già sparita. Il momento è finito, andato, perso per sempre. Non abbiamo una macchina del tempo, ma forse possiamo lottare per recuperare ciò che è andato perso, per ripartire da dove c’eravamo fermati prima, che sia stata colpa nostra o del destino. Non tutto è perduto, possiamo ancora lottare. E finché siamo giovani sappiamo che il destino è nelle nostre mani. Sta a noi cambiarlo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Capitolo Secondo


“Degli amori mancati per un soffio non ne parla mai nessuno. Nessuno capisce che non sempre si continua a vivere come prima se pure il proiettile ti schiva e cambia traiettoria, che ciò che ferisce a volte non è mai accaduto, non sempre è il prodotto di una fine. È solo troppo difficile da raccontare per essere credibile e così diventa un segreto che muore con te.”                    
— Massimo Biasotti

Apro gli occhi. Il soffitto è chiaro, luminoso come il resto del monolocale. Non ho avuto bisogno di una sveglia, perché ogni volta che vengo qui è l’emozione a svegliarmi. Non che io abbia davvero chiuso occhio la sera prima.. Sollevo il lenzuolo leggero che ho usato per proteggermi da un minimo abbassamento di temperatura, cerco le mie pantofole e, come ogni volta, mi avvicino alla grande finestra che illumina tutta la stanza. Ormai è un rito per me, la prima cosa che faccio appena sveglia è quella di avvicinarmi alla finestra, guardare il cielo, le strade ed i passanti, spalancare le imposte e lasciarmi avvolgere dalla brezza mattutina. Questa volta il cielo è limpido, qualche nuvola sparsa qua e là. L’aria londinese mi coglie in pieno, mi cattura. E’ l’inizio di una nuova giornata, e davanti a me ho le tipiche case bianche, con le ringhiere nere, alte e sottili, o ancora delle palazzine basse, mattoni che si incrociano, che vanno dal marrone al rosso o arancio chiaro. Mi era mancato tutto questo. Mi dirigo verso l’angolo cucina, la mattina non riesco mai a svegliarmi del tutto senza preparare un buon caffè. Credo che sia una delle cose che più amo dell’Italia. E’ anche l’odore forte e intenso del caffè italiano che riesce a svegliarmi, solitamente. Ma un caffè meno forte e più annacquato serve oggi a ricordami che ormai l’Italia è lontana, sono finalmente a Londra.
Cammino per le strade in silenzio, macchina fotografica al collo e occhi attenti. Amo catturare ogni singolo dettaglio della città che si è appena svegliata, non voglio lasciarmi sfuggire nulla. Ci metto poco ad ambientarmi anche in quelle vie, sono già stata a Kensington prima d’ora, ed è una delle mie zone preferite. Decido di camminare senza una meta ben precisa, lasciandomi guidare dall’istinto e dalle emozioni, nonostante abbia una forte paura di dove queste ultime possano condurmi. Londra è una miniera di ricordi per me, di posti dove ho lasciato il cuore tanto tempo fa, senza mai riaverlo indietro, senza speranza, senza neanche una scelta.

Dopo qualche ora decido finalmente di lasciarmi guidare dal mio cuore. Non ho dubbi, so già dove mi porterà. Non ho alcun dubbio al riguardo. E più cammino, più mi rendo conto di quanto ho desiderato tornare in questo posto, e di quanto mi piaccia camminare da sola per le strade di Londra. So che questo posto non è un granché, ma so anche che lì è cambiato tutto, iniziato tutto e anche finito tutto. Primo sguardo, primo incontro, prime parole scambiate. Alcuni dicono che basta un secondo per innamorarsi. Altri dicono che prima di innamorarsi di qualcuno bisogna conoscere realmente quella persona. Io ho sempre pensato che forse lo amavo già, prima di incontrarlo.

Going back to the corner where I first saw you

Sto per uscire dalla metropolitana. C’è qualche negozio, siamo ad Hammersmith. Riconosco le stesse catene: Claire’s, Starbucks, Tesco. Ho quasi paura di mettere il naso fuori dalla metropolitana. Mi faccio coraggio. Cammino, poi alzo gli occhi. Il traffico è rumoroso, ma non ci sono più i lavori in corso di una volta. Attraverso velocemente la strada. Mi costringo a guardare l’edificio che si innalza davanti ai miei occhi. E’ un teatro, ma non uno antico. O almeno da fuori non sembra. E’ magico, almeno per me. Ha le classiche insegne chiare e luminose, con su scritto il nome e l’ora del prossimo spettacolo, a caratteri rossi e blu. Fuori non c’è anima viva, nessuna transenna, né persone in fila. No, certo che no. Cerco di ricacciare indietro le lacrime, mentre i ricordi si fanno sempre più vividi nella mia mente. Non pensavo che ritornare mi avrebbe fatto così male, ma era una tappa obbligatoria, non può mancare. E all’improvviso mi ricordo ogni cosa di quel giorno, perfino quei particolari che credevo di aver dimenticato. Ogni piccolo dettaglio prende forma e colore, di nuovo, nella mia testa. Il mio cappottino nero coi bottoni dorati, preso in prestito dall’armadio di mia mamma. Le mie scarpe blu, innocenti anche se rialzate e per niente volgari, perfettamente abbinate al vestito scelto per l’occasione, anch’esso blu. Il giacchino nero che da quel giorno non ho più messo. Incredibile come il profumo di una persona in così poco tempo possa rimanere su un capo di abbigliamento che adesso si trova nel mio armadio e non è mai più uscito da lì. Mi ha fatto compagnia durante molte notti insonni, per circa qualche settimana, dopodiché anche lui ha perso ogni ricordo, e il profumo che per tanti giorni aveva conservato per me è sparito. Nonostante fosse gennaio non avevo affatto freddo. Non avevo idea di come la mia vita sarebbe cambiata per sempre, o forse sì. Ricordo le mie mani tremanti e a detta di tutti avevo gli occhi che brillavano. Ricordo la felicità, quella felicità che non puoi ancora vedere, toccare. Quella felicità che precede un momento che insegui da tanto tempo. E la paura, anche. Ricordo ogni cosa di quel giorno. Il colore del cielo mattutino, ogni fermata della metropolitana. I lavori in corso fuori dal teatro. La mia borsa marrone e nera, con alcuni dettagli dorati. Il cuore in gola ad ogni singolo minuto che passava. Non voglio ricordare, voglio solo tornare indietro. Sapevo che non ne sarei uscita e sapevo che mi sarei fatta male ma non mi era importato granché.

Avevo già deciso tutto mesi prima, nella mia testa. Ero già disposta a tutto pur  di farlo accadere e così era stato. Non avevo mai desiderato tanto qualcosa in vita mia, e forse adesso capisco perché non riesco più a ottenere niente di ciò di cui ho bisogno realmente. Perché alla fine è ed era questo il mio motto, no? Se davvero vuoi qualcosa vai e lotta per ottenerla, senza pensare alle conseguenze. Come chi si avvicina troppo al sole e poi si scotta, quelle bruciature che ti segnano e non vanno mai via. Lui è rimasto così, indelebile per giorni, settimane, mesi e addirittura anni, quasi due anni della mia vita.
Avevo diciassette anni ed ero ancora una ragazzina, si cresce meno velocemente di quanto si possa credere quando si è adolescenti. Non ero affatto matura, ero la sognatrice di sempre. E qual è il guaio peggiore per chi sogna se non quello di avvicinarsi ai propri sogni più del dovuto, senza mai raggiungerli veramente?
Non pensavo che sarei cambiata di una virgola o che mi sarei spenta così. E nonostante il vuoto, le lacrime e la tristezza, avevo sempre quel barlume di speranza negli occhi che le persone attribuiscono a lui.
 
Ho sempre ritenuto difficile l’essere innamorati di qualcuno. Difficile ancor di più ritenersi innamorati di qualcuno che non si ha mai avuto veramente, e che non si potrà mai avere. Qualcuno distante anni luce da me, la cui vita può scorrere parallela alla mia, senza però far si che si scontrino mai i nostri cammini. E forse mento a me stessa se dico così, ma non sono mai riuscita a rassegnarmi del tutto. E starei meglio se non lo avessi mai visto, se non avessi mai sperato, sognato e fantasticato. Starei ancora meglio se non avessi mai pianto, se non fossi mai crollata, se non avessi speso ore della mia vita ad immaginare cosa avrei potuto dirgli se solo lo avessi rivisto, o a contare ogni giorno i kilometri e le ore che la vita poneva tra di noi.
Ma non avrei idea di come sarebbe la mia vita adesso se non l’avessi mai incontrato.
 
Probabilmente se fumassi mi accenderei una sigaretta. Mi siederei su uno dei gradini, sporchi e grigi, fuori dal teatro e fulminerei con lo sguardo tutti i passanti che mi guarderebbero male, per poi imprecare e prendermela con me stessa. Finirei per piangere.
Ma invece non faccio nulla di tutto ciò se non sedermi per terra a gambe incrociate, per sentirmi ancora più stupida. Come se non fossi sentita già abbastanza stupida in tutto questo tempo. Come se già ogni persona che conosco non mi avesse fatto capire quanto fosse stupido, sbagliato ed impossibile e quanto prima avrei già dovuto smettere.
 

***

Across the room your silhouette starts to make its way to me

Mi tremano le mani. Sono frastornata. Siamo in tanti in questa stanza, e per me siete tutti davvero speciali. Alzo gli occhi e faccio un bel respiro. Un passo, un altro passo. Ti guardo. “Ho una cosa per te” mormoro. E poi pronuncio anche il tuo nome. Finalmente ho catturato la tua attenzione, faccio parte dei tuoi pensieri anche se solo per poco tempo. I tuoi occhi si posano su di me. Sei curioso, forse un po’ incredulo. “Per me?” chiedi. Vorrei abbracciarti, vorrei un abbraccio come si deve ma forse non ne ho il coraggio. Vieni verso di me e lo faccio anche io. Ci incontriamo a metà strada, ho in mano la busta che ho preparato per te. La apriamo insieme ed ecco che quel piccolo oggetto fa il suo primo volo verso il pavimento. Ti chini a raccoglierlo o forse sono io, non ricordo. E’ in ottone, color oro. E’ un plettro. Sapevo che ti sarebbe piaciuto. Sei stupito, ti appoggi ad uno dei divani di pelle nera ed io con te. E’ quasi surreale, non credi? Lo fai cadere, ancora e ancora. Ridiamo. Non l’hai ancora guardato per bene così ti faccio notare le cinque lettere incise sulla superficie. Una enne, una i, una a e per finire due elle. Sei stupito, posso leggere lo stupore nei tuoi occhi, come quello di un bambino felice che riceve il suo regalo preferito alla vigilia di Natale. “C’è il mio nome” esclami. Ti alzi in piedi e chiami gli altri per farglielo vedere. Sei davvero entusiasta, più di quanto avessi mai potuto immaginare. Ed io me ne sto lì, incredula, orgogliosa e felice, incantata come non mai, aspettando che torni da me. Vieni a sederti di nuovo accanto a me, stiamo in disparte, mi regali un po’ del tuo tempo. Parliamo di tutto, di me, di te, di musica specialmente. Mi chiedi se puoi mettere al collo il plettro che ti ho regalato, se puoi farne una collana. E nonostante tu non lo farai mai, io ti ho già perdonato. Sono forse gli attimi più belli di tutta la mia vita, in cui per la prima volta so di essere dove devo essere.
Ci allontaniamo un minuto ma quella breve lontananza viene presto spezzata dalla tua voce. Mi sento chiamare per nome, stai chiamando proprio me. Il mio nome pronunciato da te ha tutto un altro effetto, sai? Mi dici di andare da te, e cosa più bella, lo fai nella mia lingua, “Vieni qui”. Non perdo tempo e ti raggiungo subito, ancora intimorita. Mi abbracci, ma non è l’abbraccio che vorrò da te in futuro, quell’abbraccio che desideri quando una persona ti manca come l’aria, per troppo tempo, e non puoi fare più niente per riportarla indietro. Sei tu ad abbracciare me ed io ti sto accanto. Sto benissimo, lo sai? Non andrei mai più via. Mi accarezzi le spalle per rassicurarmi. Sei dolce. Ti guardo, so che mi capisci e riesci anche a leggermi dentro. Ti abbraccio anche io e allora tu mi sorridi e mi abbracci più forte.

***


E non posso fare a meno di pensare ad una delle mie canzoni preferite dei The Script, quelli che piacciono anche a te. Le parole della prima strofa di quella canzone così preziosa e personale per me rimbombano nella mia testa. E credimi se ti dico che se avessi un po’ di coraggio lo farei veramente. Mi accamperei davvero qui. Non avrei paura di niente, né della pioggia né del freddo. Niente è come la paura di averti ormai perso e di non poterti riabbracciare mai più. Mi accamperei qui, in mezzo alla strada, non mi allontanerei un solo attimo. Resterei qui, in attesa di farmi trovare da qualcuno. E perché no, anche da te. Perché se solo scrivessi un cartello in cui dico che ti sto cercando ed avessi in mano una tua foto, allora non passerei più inosservata. Ma lo farei davvero, pur di farmi notare da te, pur di finire sui telegiornali. E potrebbero anche apostrofarmi come pazza, ossessionata. Nessuno capirebbe veramente, tranne te. Perché sono soltanto innamorata.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Eccomi qui con un nuovo capitolo! Per prima cosa vorrei ringraziarvi per le recensioni splendide.. spesso torno a rileggerle quando mi annoio e mi sento davvero bene.. e poi un'altra cosa, lasciatemi il vostro nickname di twitter così vi avviso quando pubblico e vi seguo! :)) e.. grazie, davvero! non riesco a credere di aver ricevuto recensioni così belle... mi hanno fatto stare più che bene. E se all'inizio ero titubante e non volevo né pubblicare né continuare questa storia, adesso sono invece convinta del contrario. Alla fine qui su efp possiamo essere liberi di inventare, di lasciar spazio alla nostra fantasia.. quindi perché non scrivere?
Ps: in questo capitolo incontriamo anche un altro punto di vista..  fatemi sapere cosa ne pensate!


Capitolo Terzo


 “Non c’è niente di più brutto che aspettare qualcuno che non correrà mai verso di noi, aspettare un messaggio che non arriverà, un telefono che non squillerà, una chat che non si aprirà, un amore che non sboccerà. Niente di più brutto che continuare a sperare solo un po’, anche se si dice il contrario, anche se non sembra. Niente di più brutto che restare a vivere di ricordi, a pensare a cosa avresti potuto fare, ma non hai fatto o a cosa hai fatto, ma non dovevi fare.
Niente di peggiore che credere in qualcosa che non esiste”

— Anonimo
 
Penso spesso a come sarebbe stare con lui, il mio raggio di sole nelle giornate più buie, il piccolo fiocco di neve tutto biondo per cui ho un debole da anni e che immagino di conoscere bene, più di quanto conosca me stessa. Ho provato spesso a buttare giù qualche riga, a scrivere ciò che lui significa per me. La risposta è cangiante, proprio come il tempo, gli anni, le stagioni e i colori con le loro mille sfumature e sfaccettature. Non ho ancora capito cosa significhi lui per me, ma so soltanto che l'amore che ho per lui mi fa sentire viva, mi distrugge ma mi tiene in vita, e una volta dentro non posso che proseguire questo mio cammino perché la curiosità mi spinge ad andare avanti, per cercare di capire dove mi porterà. Conduce la mia vita, le mie emozioni. E' un amore impossibile, di quelli che ti riempiono la vita. So che la speranza non mi abbandonerebbe mai. Anche quando crescerò, quando arriverà il momento di essere grandi per davvero, quando dovrò costruirmi una vita vera senza di lui, quando non farà parte del mio futuro. La speranza non mi abbandonerà mai. In cuor mio so che ci spererò un po’ per sempre. E so che alla fine sceglierei sempre lui. Anche tra dieci, venti, trent'anni. Sceglierei sempre lui.
 

***

 
Fa caldo, non che sia una novità in Sicilia. Me ne sto in disparte, cercando l’angolo più fresco della casa, ad ascoltare musica. E’ la tipica giornata di giugno. Il sole è caldo, forte, i suoi raggi penetrano anche dentro le mura di casa. Non me ne accorgo neanche, ma mia nonna si avvicina a me, ha qualcosa da raccontarmi. La ascolto, ha fatto un sogno. “Che sogno?” chiedo. Lei non sa, ma le sue parole mi lasciano a bocca aperta. Mi ha sognata, e mi ha sognata insieme ad un ragazzo. Era più alto di me, con i capelli biondi, e non era italiano. Andavamo a trovarla, qui al mare. Eravamo una coppia. “Tanto sono single” ribatto. Cerco di minimizzare, di non far capire quanto il racconto di quel sogno mi abbia scossa. Non me ne capacito. Non sa di me, perché ha fatto questo sogno? Perché il ragazzo del sogno era proprio biondo, straniero, più alto di me? E soprattutto, perché nella mia mente riesco a vedere solo una persona mentre lei mi racconta del suo sogno?
Finiamo di parlare e subito decido di andare a dormire. Sono solo le quattro di pomeriggio, ma non c’è niente di meglio di un bel sonnellino pomeridiano, per non pensare a nulla. Il sonno a volte riesce a curare tutti i dolori,  dormiamo per non pensare, per non piangere. Quando mi sveglio ho gli occhi ancora umidi. Quel sogno ha lasciato il segno.
 
Ho provato, che dire, a farmi scegliere. Ho sperato. Dovevo.
Era una possibilità, capisci?
Come fare a metterla via, a dimenticarla. Forse aspettando, forse non era il momento. Forse io e te abbiamo un altro tempo.
Sono sicuro che con qualche giorno in più, ora in più, ti avrei portato via con me.
È l’idea che almeno una volta succeda, no?
Hai presente? Quell’idea invasiva e sotterranea che si inabissa o si palesa e lo fa una volta sola per tutte e se l’avverti non puoi far finta di niente se hai un po’ di senno.
Come un sibilo fluttuante e sinuoso. A me è successo questo: non sono riuscito a fare finta di niente, non volevo, in fondo.
Non potevo far altro che cercare di portarti con me, dal profondo, per egoismo quasi, per farmi stare bene.
Anche se sapevo di non potere.
Anche se era rischioso.
Anche se tu non vuoi, anche se, infine, la tua felicità non dipende da me. E non posso fare a meno di chiedertelo di nuovo. Solo per essere sicuro.
Verresti?
—Italo Calvino
 

N
 

Apro gli occhi, un rumore fastidiosissimo ha appena interrotto il mio sonno. Non ho idea di cosa sia né da dove provenga, ma avrei dormito volentieri ancora un po’. E' giorno, la luce che illumina la stanza è forte, mi stordisce. Non ho voglia di alzarmi. Allungo una mano sul comodino per cercare il mio cellulare e quando guardo il display, sbadigliando, mi accorgo che qualcuno deve aver impostato una qualche strana sveglia. Sarà stato uno scherzo dei ragazzi. La giornata inizia così col piede sbagliato, non c'è niente di peggio di un cattivo risveglio. Merda! esclamo, mentre il mio telefono riprende a suonare. Cerco di disattivare la sveglia, ma finisco per spegnerlo. Avrei voglia di tornare a letto, di dormire ancora un po’, ma una volta sveglio non resisto alla tentazione di andare giù in cucina a mangiare qualcosa. Il mio stomaco sta brontolando, a volte ho quasi paura che anche i vicini possano sentirlo! Scendo dal letto in modo maldestro, riesco ancora a stento a sopportare la luce del mattino. Non che sia presto, è circa mezzogiorno, ma per me lo è decisamente. Dormirei per tutto il giorno se ne avessi la possibilità! Inciampo in due o tre paia di Supra sparse qua e là per il pavimento. Casa mia è un disastro, ogni volta che mia mamma viene a trovarmi devo sorbirmi le sue lamentele. Sono un ragazzo, non posso mica mettermi a sistemare, no? Mi faccio largo tra vestiti e oggetti sparsi per il pavimento, poi raggiungo la cucina, lì è anche peggio. Non che non sistemi mai casa, questo no. Sono solo abbastanza pigro da occuparmi delle faccende domestiche una volta a settimana, o forse una ogni due... non saprei dirlo con precisione. E' per questo motivo che periodicamente qualcuno viene e sistema un po’ dappertutto, fa le pulizie e tutti i lavori domestici. Apro il frigorifero e lo richiudo in fretta. Avanzi delle sere passate, nulla di buono o che possa soddisfare i miei bisogni. Apro la credenza e gli occhi mi si illuminano. C'è qualcosa di commestibile in casa, per fortuna. Biscotti, snack di ogni genere, prendo un po’ di tutto pur di placare la fame. Torno in camera da letto col bottino, quasi inciampando tra le cianfrusaglie sparse per la stanza. Casa di una star della musica? Non si direbbe proprio. Una donna impazzirebbe qui, in mezzo a tutta questa confusione. Non ci penso neanche, non adesso. Ben venga il divertimento, gli amici, la musica, la mia carriera. E non lo dico perché non mi andrebbe, ma non ho ancora trovato la persona giusta, e dubito di poterla trovare così, da un giorno all'altro, in questa vita stressante che non mi lascia neanche respirare. Per adesso, l'amore non è completamente nei miei piani.
 
 

F

 
E vorrei saperlo davvero. Vorrei sapere dove sei, se porti qualcuno nel cuore proprio come io porto te nel mio. Vorrei sapere cosa ti passa per la mente ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Vorrei poterti leggere nella mente, e scoprire che l'oggetto dei tuoi pensieri sono solo io e nessun'altra. Vorrei che sapessi ciò che significhi per me, non solo vorrei essere un libro aperto per te, ma vorrei anche essere il tuo libro preferito. Quello che leggi e rileggi quando ti senti solo, quando hai bisogno di qualcuno. Vorrei essere la tua canzone preferita, il tuo migliore risveglio.
 

***

 
Apro gli occhi ogni mattina e così fa anche lui. Così vicini, eppure così lontani. Sapevo di andare incontro a questo quando ho scelto di tornare a Londra, sapevo di andare incontro a queste emozioni ma anche al dolore, alle lacrime. Non sono mai stata una persona pessimista, sono sempre stata quel tipo di persona che cerca sempre di trovare il meglio nelle cose, gli aspetti positivi, forse è anche per questo che sono qui. Ci saranno migliaia di ragazze al mondo come me, ma è lui a fare la differenza. Mi ha portato qui, inconsapevolmente, un’altra volta ancora e voglio ringraziarlo. Voglio passare del tempo con lui, e quando dico “con lui” non intendo realmente insieme a lui. So che probabilmente non mi capiterà di rivederlo ancora, è questo il prezzo da pagare quando ti innamori di un cantante, e che per di più fa parte della band più famosa al mondo. Mi basta sapere che per una volta, dopo tanto tempo, siamo di nuovo vicini. Lontanissimi, si, forse perfino anni luce, ma realmente vicini. Sono a Londra, ed anche lui lo è. Lo è ogni centimetro del suo corpo. I suoi occhi sinceri e profondi, chiari, in cui annegherei ogni giorno della mia vita se ne avessi la possibilità. I suoi capelli, a volte più scuri, altre volte più chiari, tra cui affonderei le dita. Il suo sorriso spontaneo e gioioso, capace di illuminare una città intera. Una città che risplende per lui. Riesco a cogliere la sua presenza per strada, anche se non mi è concesso di vederlo. E’ lui, o forse sono solo io? Cammino per le strade col cuore in gola, e cerco i suoi occhi tra la folla, tra la gente. Non che lo faccia di mia spontanea volontà, sia chiaro. Riesco a vederlo, a immaginarlo. Immagino come sarebbe fare ogni cosa con lui al mio fianco, e forse risplendo anche io un po’ di più. Immagino di sentire la sua risata,  la sua voce calda e confortante, rassicurante, di cui avrei bisogno. Immagino come potrebbe comportarsi, cosa farebbe e cosa direbbe. Immagino il modo in cui sorriderebbe, il modo in cui mi sorriderebbe, anche. Con quegli occhi belli come poche cose al mondo, il suo sorriso splendente e vero. Immagino ogni cosa di lui, lo immagino così tante volte che forse alla fine spero davvero che tutto questo mi conduca da lui. In un modo o nell’altro.
Ogni giorno è sempre la stessa musica, vivo Londra, si, ma la vivo attraverso i suoi occhi.
 
Taxy cabs and busy streets that never bring you back to me
I can’t help but wish you took me with you
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1944804