Crescere

di GoodnightLynne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap. 01: Dolore... ***
Capitolo 3: *** Cap. 02: Sono con Te. ***
Capitolo 4: *** Cap. 03: La Fuga! ***
Capitolo 5: *** Cap. 04: Cambiare... ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo: Crescere.
Cosa vuol dire fino in fondo "crescere"?
Essere liberi di fare ciò che si vuole, non preoccuparsi del giudizio degli altri, non piangere, non soffrire... ma perché, quando si cresce, succede tutto quello che non avevi sperato e non volevi fosse andata in quel modo...
Ma succede, succede comunque, è la vita...

Crescere...

Che strana parola.

_

Mikey si sente a disagio perché è il più piccolo e si sente inutile proprio per questo.
Ma se un'amicizia sboccia, crescere non è poi cosi male!

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Capitolo 2
*** Cap. 01: Dolore... ***


Ognuno si guardava intorno, attentamente e senza muovere un muscolo; dovevano fare assolutamente silenzio.
Raphael guardava Donatello, Donatello guardava Leonardo e Leonardo guardava Michelangelo, poi viceversa.
"Qui facciamo notte!" aveva urlato d'un tratto la tartaruga dalla benda rossa, scagliandosi contro un Leo alquanto calmo che si spostò con facilità "Mancato!" aveva poi affermato.
"Solo fortuna!" il rosso rispose e, sopra di lui, un Donatello stava per dargli un bel colpo assestato del suo Bo in testa. Raph guardò su e sghignazzò, per poi parare il colpo con solo uno dei suoi pugnali Sai. "Credevo fossi più veloce, Don!"
Il viola sorrise e Raph capì, troppo tardi, che qualcuno stava per attaccarlo alle sue spalle: Michelangelo,  facendo allungare la catena di una della sue nunchaku, stava per intrappolare la sua preda nella trappola!
Infatti, i tre fratelli, volevano unire le loro forze per far abbassar la guardia a quell'arrogante di Raph e una volta "incatenato", Leo gli avrebbe dato il colpo di grazia (per cosi dire...).
Raph si abbassò e poggiò entrambi i palmi delle mani in terra, come se stesse facendo delle flessioni, poi un balzo e si rimise nuovamente in piedi, deviando ovviamente il colpo...
"Non sapete attaccarmi un per uno, eh?!" aveva poi sbraitato contro i suoi fratelli e, quest'ultimi si guardarono l'un l'altro.
"Accidenti Mikey, eri cosi vicino!" non ascoltando la domanda seccata del "focoso", Don si rivolse a Michelangelo un po' deluso.
Leonardo annuì, d'accordo con Donnie.

"Basta, per oggi abbiamo finito." Il Maestro Splinter aveva parlato e ciò significava che l'allenamento era giunto al termine... poi si alzò, aiutato dal suo bastone e con una mano dietro la schiena, decise di lasciare un po' da soli i suoi figlioli.

Raphael si sentiva tradito da quella strana tattica ed era molto adirato.
"Bel coraggio avete avuto!" sbraitò contro Leonardo, avvicinandosi a lui "E ti consideri il nostro Leader?" aveva aggiunto alla fine.
"Smettila Raph, era quello che ti meritavi e comunque ringrazia solo che Mikey abbia mancato il bersaglio!" la risposta del blu suonava molto sarcastica, ma non lo era, per niente.

Mikey non spiccicò parola e strinse i pugni.
Perché proprio Leo stava dicendo quelle parole?

"Figuriamoci se un moccioso di 14 anni mi farebbe qualcosa! Tsk, ma smettetela!"

Moccioso di... 14 anni?
E lo stava completamente ignorando; lui era lì, con loro, proprio vicino a Leonardo!

L'arancione socchiuse gli occhi in un due fessure.
"Ti stai sentendo? Credo proprio di no! Non hai assolutamente il diritto di prendertela con lui!"

Mikey non ci stava capendo niente: prima lo umiliava e poi, lo difendeva?
Fece per aprir bocca ma fu puntualmente interrotto dalla brusca risposta di Raphael, che ringhiò noncurante delle proprie parole: - "Davvero? Non dovrei farlo?" si girò di guscio e adirato continuò "Beh, che cresca da solo, allora! Io non ho intenzione di fargli da balia! Se poi tu e Donatello siete cosi idioti da farlo, non è affar mio!" poi lasciò il dojo, con passi forti e veloci.


Cosa aveva fatto ora Mikey? Solo perché aveva sbagliato, Raph aveva iniziato a dire quelle brutte parole nei suoi confronti.
La sua domanda era ancora: Perché? Perché gli aveva riservato un trattamento simile?
L'arancione non se ne rese nemmeno conto: lacrime amare stavano solcando il suo viso verde chiaro e i suoi occhi azzurri stavano facendo diventare la vista sempre più appannata.
Cercò di respingere le lacrime... ma lui era solo un moccioso e i mocciosi... piangono per tutto, no?
E' cosi: lui era debole e soprattutto, piccolo.

Abbassò lo sguardo, sotto gli occhi increduli dei suoi due fratelli rimasti, e poi, una frase inaspettata "Ok, ho capito..." solo questo, ma li lasciò comunque senza parole...

Mikey girò i tacchi e corse via, corse via per uscire sulle strade notturne di New York City...

"Raph ha davvero esagerato..." affermò Leonardo, guardando il viola che si limitò solo ad annuire, ora si sentivano in colpa per quello che avevano fatto.

* * *

Michelangelo non correva, non questa volta, si limitava a camminare e saltare di tetto in tetto, con i singhiozzi che trattenava nel sussurrare.
Raph ha ragione, in fondo... gli sto solo d'intralcio!
Si mise seduto sul bordo di un tetto e iniziò a squadrare l'orizzonte: poi un lungo sospirò.


"PRENDETELA!"
D'un tratto, una voce maschile ma non adulta, aveva urlato: ciò stava a significare che Shredder non c'entrava nulla in tutto questo e nemmeno i Dragons.
Michelangelo balzò in piedi e notò che cinque ragazzini che potevano avere più o meno la sua età, stavano importunando una loro coetanea, forse più piccola.

"Guarda guarda chi si vede... Coffee!" il capo della banda di bulli aveva appena pronunciato il cognome della ragazzina: lei stava con la schiena al muro di quel strettissimo vicolo e non avava via di fuga.

"Sta mattina non ti abbiamo vista a scuola... ci siamo preoccupati, come mai Coffee? Avevi paura di me?" disse sarcasticamente per poi mollarle un sonoro schiaffo sulla guancia: la ragazzina cadde in terra, ma la cosa strana era che cadendo, non aveva emesso nessun suono.

"Che c'è, Coffee? Ti hanno mangiato la lingua?" c'era una sorta di ironia nelle sue parole...
Il capo ciccione del gruppo, stava avvicinandosi alla ragazza con l'intenzione di mollarle un bel calcio nello stomaco, ma...
Un Mikey atterrò proprio davanti a lui e lo guardo con sfida: il ragazzino sgranò gli occhi e sembrava terrorizzato, con appresso anche i suoi compagni.
"U-una r-r-ra..."
"Tartaruga. E sai di cosa si nutrono le tartarughe mutanti?" chiese avvicinandosi a lui, il ragazzino e i suoi compagni indietreggiavano "beh, è semplice! Di..." fece un ultimo passo e alzò le braccia, assumendo un'espressione terrificante "carne umana!"

Il ragazzaccio cadde e si rialzò subito in piedi, fuggendo urlando "Aiuto! Una rana parlante! Aiuto! Aiutoo!"

L'arancione sghignazzò e si girò verso la ragazzina, che sembrava tremare.
"Tutto ok?" le aveva domandato, porgendole una mano per aiutarla.
La ragazzina annuì e, anche se un po' titubante, l'afferrò: sembrava abbastanza timida e forse aveva anche un po' di paura, ma quella pensandoci... era più che normale per un'umana.

Mikey rimase ammirato, doveva ammettere che era proprio carina! : Portava due codine scompigliate e allacciate da due elastici, che avevano anche due piccole sfere rosse attaccate, per ognuno di loro.  Gli occhi erano grigio-verdi. Poi, rimase abbastanza colpito da delle cicatrici e dai cerotti sul viso... chi poteva far del male ad una 13enne?
Forse... quei bulli che aveva cacciato qualche attimo prima? Mikey aveva qualche dubbio.
La ragazzina portava anche una felpa rossa e sopra di quella un gillet verde militare, poi un paio di pantaloncini fino al ginocchio, calze rosse che ricoprivano tutto il ginocchio e scarpe ginniche bianche-rosse.

La ragazzina sospirò più volte, si vedeva che faceva fatica a parlare: da lì l'arancione capì.
"Gr..." si fermò un secondo "Gra... gr.." sospirò e poi cercò di continuare "graz...z...z..." un altro respiro "zie..."
la castana si strinse forte il petto e guardò negli occhi azzurri del mutante, che era rimasto a bocca semiaperta:
Quella ragazzina... era balbuziente?


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Capitolo 3
*** Cap. 02: Sono con Te. ***


By Mikeychan.
Michelangelo restò basito dalla scoperta appena fatta: quella ragazzina era balbuziente e, come se non bastesse, aveva segnate sul viso le proprie sofferenze; all'arancione perve anche di vederle e rabbrividì.
"Non c'è di che!" cercò di restare il più neutrale possibile e, quindi, le sorrise a trentadue denti. La ragazzina lo guardò, ma stavolta sembrava curiosa e non spaventata come lo era prima. Possibile che non lo temesse?
"I-io..." stava per dire la castana. Mikey allora si ricordò di un insegnamento dato sia a lui che ai suoi fratelli tempo addietro dal Maestro Splinter: -
La forza non serve a nulla se non usate prima lo spirito e la mente. Ricordatelo sempre...
Ricordava anche che quella volta, il Sensei aveva insegnato loro il "linguaggio dei segni"; quindi, pensandoci, visto che la balbuzia era davvero faticosa, magari la ragazzina aveva imparato ad usare quel tipo di comunicazione, anche se a New York, era davvero raro trovare qualcuno che lo conoscesse...

L'arancione le fece segno di fermarsi e la castana iniziò a sbattere le palpebre, fissandolo con attenzione.
Allora Mikey iniziò a parlare con il linguaggio dei segni: - Sai farlo? - stava toccandosi la nuca e poi faceva degli strani segni con le mani, sembrava che gesticolasse... per uno che non li conosceva.
Alla ragazza iniziarono a luccicare quegli occhi grigio-verdi di felicità: - Conosci il linguaggio dei segni? -
Il minore dei fratelli Hamato annuì e continuò: - Non hai paura? - "disse", per poi indicarla.
- Perché dovrei? Non hai fatto niente di male... - e gli sorrise a bocca chiusa.
A Mikey mancò un battito, dimenticando persino quello che era successo con Raphael qualche ora prima.

"C-c-c-comun-n-...que..." iniziò a parlare la castana "M-m-mi chi-chi-amo... Ra-ra...rami....ramisa..." poi sospirò, porgendogli la mano guantata sinistra, essendo mancina.
Mikey era davvero felice di aver incontrato una nuova amica, quindi senza pensarci due volte, afferrò la manina della ragazza: - "Io sono Michelangelo!"
Sapeva benissimo di dover stare attento agli umani, ma quella era una ragazzina, una 13enne per la precisione e non sembrava essere una minaccia...

* * *

L'arancione ci pensò su e decise di togliersi un dubbio che lo stava tormentando, mentre sia lui che la ragazzina camminavano per le strade buie e desolate di New York: tanto desolate no, c'erano ubriachi da ogni dove ed era piena di pericoli... ma ai due sembrava non importare.
Tra l'altro, se fossero stati in paricolo, ci avrebbe pensato lui a proteggere Ramisa!

Si fermò e Ramisa si girò per guardarlo, allora Mikey iniziò a "comunicare": - Come mai ti trovi qui nel bel mezzo della notte? - il suo sguardo sembrava abbastanza preoccupato: anche se si erano conosciuti da poco, sentiva che qualcosa non andava.
Mikey era un tipo davvero emotivo, si lasciava trasportare cosi facilmente dalle situazioni difficili...
La castana abbassò lo sguardo, non riuscendo più a rialzarlo a causa delle lacrime che stavano solcando il suo viso e senza nemmeno vedere cosa stava facendo, iniziò anche lei a comunicare con la Tartaruga: - Sono scappata di casa. Mia madre pensa solo ai soldi e non si prende cura di me, mio padre è morto. E il nuovo compagno di mia madre invece cerca di... - non riuscì a continuare, si portò entrambe le mani sul viso e continuò a piangere, i singhiozzi si facevano sempre più forti.
Gli occhi azzurri del minore divennero lucidi e avvicinandosi alla ragazza, le mise una mano sulla spalla: la ragazza alzò finalmente lo sguardo grigrio-smeraldino e lo fissò, aveva paura...
Mikey l'abbracciò forte e iniziò a cullarla: - "E' tutto apposto, tranquilla..." le sussurrò dolcemente, accarezzandole il capo.
Ramisa si lasciò cullare e piano piano iniziò a calmarsi, prendendo lunghi respiri.

Michelangelo ora capiva il perché di quei lividi sul viso: qualcosa gli ribollì il sangue. Determinazione?
Voleva aiutare una ragazzina incontrata quella stessa sera?
Sì, lui era fatto così...

"Ti aiuterò io, te lo prometto..." le aveva sempre sussurrato, stringendola a sé.
Ramisa non sapeva cosa dire, però una cosa era certa: con lui si sentiva protetta.
Perché...?

Non lasciarmi...
la mente della castana stava giocando brutti o... piacevoli scherzi?




_______________________________

Note dell'autrice:

Eccomi! Che ve ne pare? :D
Diciamo che Ramisa e Mikey si somigliano molto, per questo li trovo davvero adorabili! E spero che li troviate anche voi-! è___é
Mh-mh, ci vediamo al prossimo capitolo, tartartarughine belle!
Bah-baaaaaai! ;)

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Capitolo 4
*** Cap. 03: La Fuga! ***


ATTENZIONE!!

A partire da questo capitolo in poi la storia avrà un tema violento e splatter, con scene poco adatte ai deboli di stomaco. Per tanto, l'autrice sconsiglia la lettura per chi è troppo sensibile...

Grazie! :)


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Una calda mattinata era appena giunta a New York, il cielo era azzurro e le nuvole circostanti passeggiavano lentamente una accanto all'altra, come pecorelle.
In un'importante casa non molto lontano da lì viveva una ragazzina, il suo nome era Ramisa Coffee. Purtroppo suo padre era venuto a mancare l'Agosto scorso, lasciando in eredità alla moglie la sua villa di proprietà e i suoi averi, più dei milioni in contanti: i Nonni di Ramisa erano da sempre contrari alla loro unione e la ragazzina piano piano stava iniziando a capire il perché...
Sua madre la odiava e nemmeno la considerava. Aveva avuto anche la sfacciataggine di trovarsi un altro compagno... da lì iniziò l'agonia.

Ramisa era una ragazzina semplice, non aveva troppe pretese, anzi, non chiedeva mai nulla... Aveva solo un difetto: Amava la musica, suonare la chitarra e scrivere anche delle canzoni, cercando addirittura di cantarle, ma era un sogno fin troppo irrealizzabile; cosi, si limitava a strimpellare dolcemente le corde della sua chitarra.
Sua madre odiava quella chitarra, si lamentava sempre.
Una volta aveva cercato di sbarazzarsene, buttandola dentro un enorme bidone della spazzatura: ma Ramisa l'andò a recuperare comunque.

Sua madre si chiamava Brandi O'Neil e aveva allontanato ogni contatto con qualsiasi membro della sua famiglia, aprendo un'attività in proprio. All'inizio aiutata dal suo ormai defunto marito.
Poi si aiutò con l'eredità, giustamente...
Un salone di bellezza, molto grande e spazioso, con prodotti di marca e tutto in regola.
Un vero e proprio paradiso. No? Brandi non aveva mai tempo per la figlia.
Solo per picchiarla, lo aveva...
Ramisa non poteva andare a giocare come gli altri ragazzini della sua età, no: doveva lavare la casa, studiare e, addirittura, doveva cucinarsi da sola...
A volte anche per il compagno di sua madre!

Si chiamava Loui Johnson.
Ramisa aveva puro terrore per Loui: la fissava e non sapeva nemmeno perché, c'erano giorni che addirittura la seguiva fino a scuola, di nascosto.
Allora la ragazzina iniziò avere davvero paura. 
A scuola avevano cominciato a prenderla di mira ed era diventata vittima di bullismo in poche settimane... quei ragazzini pretendevano sempre di più, finché un bel giorno decise di scappare di casa.

Non c'era nessuno: sua madre lavorava anche di notte, come secondo lavoro faceva la cameriera in un Night Club, le aveva sempre detto che se dovevano campare a lungo, allora doveva lavorare, lavorare e lavorare: Certo, e l'eredità del marito?
Non era certo stupida!
Ma tutti pensavano che lo fosse...

Ramisa stava sistemando il minimo indispensabile dentro ad uno zainetto color vermiglio: un quaderno, una penna, tre o quattro panini e due bottigliette d'acqua.
Era tutto pronto.
Si caricò lo zainetto sulle spalle e spostò lo sguardò sulle sua chitarra... le dispiaceva lasciarla lì tutta sola...
Sospirò e si diresse verso l'uscita di casa, ma appena arrivata alla soglia sentì una risata sinistra.
Roteò gli occhioni grigrio-smeraldini e notò la porta della cantina semi-aperta.
Il cuore iniziò a tamburellarle forte in petto.
Tum-tum. Tum-tum. Tum-tum.

Deglutì e prense un grande respiro, poi aprì piano piano la porta della cantina...

Scese lentamente gli scalini, ma era buoio marcio e quindi non vedeva assolutamente nulla.
Si sistemò dietro l'enorme muro biancastro e con la coda degli occhi vide una scena davvero macabra: il corpo di suo padre, anzi, il cadavere... gli occhi spalancati e vetrei, la bocca aperta come se stesse emettendo un urlo.
In volto aveva delle cicatrici quà e là, ma disinfettate e pulite con cura.
Ramisa si toccò lo stomaco che stava per rivoltarsi dall'orrore e si portò una mano sulla bocca, per paura di fare il minimo rumore.

Poi una figura, Loui...
Aveva un camice e dei guanti bianchi e affianco a lui una barella d'acciaio con tanti strumenti medici sopra. Poi dei pennelli e una ciotola piana di qualcosa...
Ma cosa?

L'uomo prese un pennellino e lo inzuppò nella ciotola:
Era cera.

"Scusa amico, mi servi come cavia" disse con voce sarcastica e tremante di follia "ma non preoccuparti, mi prenderò cura io di tua figlia... come una bambolina di cera..." gli occhi fuori dalle orbite e lo sguardo fisso sul viso del cadavere, sulle labbra un sorriso "dolce"...
"Ti somiglia... sai?" con l'indice iniziò a seguire le linee perfette che l'uomo possedeva sul viso.
Loui mormorò qualcosa di incomprensibile con stizza. E affondò il pennellino nell'occhio destro ormai privo di vita del cadavere, facendolo sanguinare non poco.
"Merda!" esclamò Loui, prendendo una salvietta da sopra la barella e iniziando ad asciugare il viso del morto con attenzione.
"Mi dispiace" mormorò "non volevo farti del male..." poi soffocò una risatina e, subito dopo, scoppiò in una psicopatica risata da pazzoide.

Dietro il muro la ragazzina tremava e iniziò ad indietreggiare, per poi girarsi e correre via a perdifiato.
Per fortuna l'uomo stava ridendo cosi forte da non sentirla...
Si affrettò ad uscire fuori di casa, correndo, correndo velocemente... L'unico problema? La meta.
Paura. Ne aveva molta.

Piangeva, piangeva.
Non riusciva a smettere...
Suo padre...
Le avevano detto che era morto di crepacuore.
Allora... perché?

No, non era vero!
NON LO ERA!!!








___________________

 

Note dell'autrice:

Ecco il terzo capitolo...
Ramisa ha passato una vita difficile ma, dopo l'incontro con Michelangelo cosa succederà?
Leggete il prossimo capitolo e lo scoprirete! ;)




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Capitolo 5
*** Cap. 04: Cambiare... ***


Dopo una lunga chiacchierata, Michelangelo aveva proposto alla ragazza se volesse andare a stare da lui e i suoi fratelli per un po'; e con suo grande stupore Ramisa non se lo fece ripetere due volte; anzi, sembrava entusiasta e, almeno, non avrebbe passato la notte fuori... La Grande Mela era conosciuta anche per i suoi numerosi omicidi e incidenti; questo, infatti, la rendava ancora più misteriosa e entusiasmante.

Una volta arrivati alla tana, Mikey si portò l'indice sulle labbra, facendo segno di non fare assolutamente rumore. La castana annuì e, piano piano, raggiunsero entrambi la stanza del minore.
Michelangelo fece accomodare la ragazzina, chiudendo con leggerezza la porta, subito dopo.
-Tu dove dormi?- con dei gesti si toccò l'orecchio e indicò il letto, abbastanza confusa.
La Tartaruga dalla benda arancione fece spallucce e poi gesticolò, -Non preoccuparti.- sorridendo ampiamente.

La ragazza arricciò il nasino all'insù, un po' contrariata. Ma poi ricambiò il grande sorriso. In fondo, doveva ringraziarlo per la sua gentilezza e cordiale ospitalità...

Michelangelo disse lei di aspettare qualche minuto, doveva andare a comunicare ai suoi famigliari la sua presenza.
Anche a Raphael... doveva affrontarlo, purtroppo.

Ramisa annuì e si sedette sul letto. Subito dopo un Klunk tutto coccoloso gli saltò sulle ginocchia, facendo le fusa e pretendendo coccole.
La castana restò per un primo momento sorpresa, ma dopo sorrise con dolcezza e poggiò il palmo della mano destra sulla testolina pelosa del micino. «C-che c-c-carin-n-no...» commentò con affanno, mentre il gattino miagolava contento.

* * *

Intanto Mikey era giunto nel Dojo, lì ancora c'erano il Maestro Splinter, Leo e Donnie. Ma di Raphie nessuna traccia...
Michelangelo sospirò pesantemente e accalerò il passo verso la sua famiglia, ora divisa a metà dall'assenza del Focoso.
«Michelangelo!» gridarono in coro Leonardo e Donatello, andandogli incontro «Tutto apposto, fratellino?» aggiunse il genio.
L'Arancione annuì.

Il blu si grattò la nuca con estremo imbarazzo e con gli occhi verso il basso, cominciò: - «Devi scusarci per prima,» poi il viola intervenne, continuando la frase - «Siamo stati degli idioti...» e aggiunse «E la reazione di Raphael non è stata corretta!» sbottò, arrabbiato, però, più con se stesso che col fratello dalla benda rossa.

Michelangelo annuì ancora una volta e con un tono di voce un po' rauco, rispose: - «Non avete niente di cui scusarvi!»
Il silenzio calò per almeno quattro o cinque secondi: Mikey teneva lo sguardo fisso su i suoi fratelli maggiori, per poi annunciare: - «Raphael ha ragione.» terminò.

Leonardo e Donatello rimasero senza parole, sembrava che il loro fratellino avesse capito di doversela cavare con le sue forze!
Però, lui rimaneva sempre il loro piccolo Michelangelo e loro l'avrebbero protetto finché sarebbero stati ancora vivi; soprattutto Raphael. Lui non pensava quelle parole, era solamente impulsivo. Non pensa prima di sparare insulti o parole forti da quella sua lingua tagliente come le tre punte appuntite dei suoi pugnali Sai.

Parlando del diavolo... Raphael si era messo a guscio al muro, con le braccia incrociate e le orecchie tese in ascolto.
Gli occhi color miele erano lucidi dai sensi di colpa.
Come aveva potuto ferire in quella rude maniera il suo adorato fratellino?

Ad un tratto, il Maestro Splinter diede un falso colpo di tosse, per richiamare l'attenzione dei suoi figlioli: - «Michelangelo,» lo chiamò «Ho notato che dalla tua passeggiata notturna» e con un sorriso dolce e paterno, continuò: - «Non sei tornato da solo.»
L'Arancione abbassò il capo e chiuse gli occhi, con rispetto.
Voleva aiutare la sua amica e questa volta si sarebbe comportato da adulto.
Da vero Ninja.
«Sì.» confessò, alzando lo sguardo azzurro, serio e vivo.

Raphael restò di stucco a quella reazione, con gli occhi sgranati e il capo girato verso la sua famiglia; la bocca semiaperta evidenziava maggiormente il suo stupore.
 
Anche Donatello e Leonardo erano molto stupefatti, e nemmeno Splinter era da meno.

Il minore dei fratelli Hamato continuò: - «Si chiama Ramisa» disse deciso «E' una ragazza balbuziente che ho conosciuto oggi. Vi assicuro che non è una minaccia e lo so, è stata una follia portarla nel nostro nascondiglio...» e stringendo i pugni, fece due passi avanti verso suo padre. «Ma ha davvero bisogno di noi!»
Ha bisogno di ME!

Splinter lo guardò, allisciandosi il mento, pensoso.
Poi si girò, stringendo il proprio bastone nella mano destra e abbassando lo sguardo, per non far vedere l'espressione fiera e piena d'orgoglio che aveva in quel momento; più che altro, per non far vedere le lacrime che stavano pian piano scendendo dalle sue gote. «Va bene, figlio mio.» La voce del Maestro era solenne.
«Raccontaci ogni cosa.» subito dopo, si girò, sorridendogli con dolcezza e accarezzandogli il capo. Poi, disse a Raph di uscire dalla sua postazione; egli fece con dettogli e guardò il suo fratellino.
Faceva un male dell'anima ricordare quello che aveva detto...

L'Arancione annuì, iniziando il suo racconto e cercando di ignorare lo sguardo del fratello maggiore dalla benda rossa su di sé.
Doveva aiutare la sua amica!

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